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1 Foto di Copertina:”Genitori in Gioco” Ideazione, cura del progetto e stesura del testo: dott.ssa Maddalena Liliana Orlando. Analisi dei dati: dott.ssa Rosaria Sciascia, dott.ssa Pamela Maria Crescimone, dott.ssa Maddalena Liliana Orlando. Hanno collaborato alla realizzazione del progetto: Prof.ssa Angela Tuccio, Prof. Aurelio Romano, dott.ssa Pamela Maria Crescimone, dott.ssa Rosaria Sciascia, dott.ssa Vania Romano, medico ginecologo dott.ssa Emanuela Bartoli, avvocato Sabrina Mingoia, psicomotricista Barbara Caradonna, insegnante Concetta Briffi, insegnante Rosalba Psaila, tutor Rosa Celona. Impaginazione e ottimizzazione: prof. Aurelio Romano Revisione testo: dott.ssa Pamela Crescimone e dott.ssa Vania Romano

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Foto di Copertina:”Genitori in Gioco”

Ideazione, cura del progetto e stesura del testo:

dott.ssa Maddalena Liliana Orlando.

Analisi dei dati: dott.ssa Rosaria Sciascia, dott.ssa

Pamela Maria Crescimone, dott.ssa Maddalena Liliana

Orlando.

Hanno collaborato alla realizzazione del progetto:

Prof.ssa Angela Tuccio, Prof. Aurelio Romano, dott.ssa

Pamela Maria Crescimone, dott.ssa Rosaria Sciascia,

dott.ssa Vania Romano, medico ginecologo dott.ssa

Emanuela Bartoli, avvocato Sabrina Mingoia,

psicomotricista Barbara Caradonna, insegnante

Concetta Briffi, insegnante Rosalba Psaila, tutor Rosa

Celona.

Impaginazione e ottimizzazione: prof. Aurelio Romano

Revisione testo: dott.ssa Pamela Crescimone e dott.ssa

Vania Romano

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Indice

1. Presentazione pag. 5

2. Introduzione pag. 9

3. Come nasce il progetto pag. 13

4. Punti di forza: riflessioni sul gruppo e sulla

comunicazione come strumenti di lavoro pag. 17

5. Gli obiettivi nelle varie fasi del progetto pag. 24

6. Il gioco: strumento alternativo dei processi di

apprendimento all’interno del progetto pag. 29

7. Le ricadute del progetto pag. 34

8. Il lavoro con le classi: uno studio sull’autostima.

Altro percorso attivato all’interno del progetto pag. 43

9. Visioni e condivisioni. Rassegna fotografica pag. 50

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GENITORI IN GIOCO: RESOCONTO DI

UN’ESPERIENZA

PRESENTAZIONE

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Il lavoro che mi si onora di presentare costituisce sicuramente un considerevole, originale e meritorio contributo al complesso e delicato settore/tema della prevenzione e della promozione della salute, la quale -specie nei contesti della famiglia e della scuola, fondamentali per l’integrazione nel macrosistema della società- si costituisce come il valore personale, culturale e sociale grazie al quale garantire e perseguire il benessere fisico, emotivo, relazionale, sociale, ambientale e, perché no?, spirituale. Un tale benessere è sistemico-ecologico, ma parte dalla famiglia, già nel grembo materno e con l’allattamento, specie al seno, continua nella scuola, che non può essere solo luogo di insegnamento-apprendimento, e si avvale di servizi pubblici e privati, come i consultori familiari.

È dal punto di vista e dall’esperienza compiuta nell’ambito del consultorio familiare, cui mi piace aggiungere quella di psicologa scolastica della, purtroppo dissolta, équipe socio-psico-pedagogica del comune di Gela,

oltre che di madre, che ho avuto il piacere di condividere il progetto Genitori in gioco. Percorsi di costruzione tra genitori e figli, il cui obiettivo di fondo è di stabilire una relazione positiva tra genitori e figli che presenta ricadute scolastiche con cui attuare percorsi di vero e proprio empowerment.

Certo, la mancata partecipazione dei padri al percorso è un punto di

debolezza che accentua l’eccessiva femminilizzazione dei ruoli educativi in famiglia e a scuola, ma al tempo stesso è indice di una sempre più crescente consapevolezza educativa delle madri, che della genitorialità sono le titolari naturali e della famiglia sono il pilastro fondamentale.

Il progetto si propone di costituirsi come un’esperienza, probabilmente una ricerca-azione, di consultorio a scuola, ossia come un laboratorio sociale nel quale, anche per la pregevole scelta didattica di un approccio ludico, fare sviluppare la consapevolezza su alcuni aspetti essenziali della vita, dello sviluppo dei figli, delle relazioni intra-familiari e sociali e, in definitiva, del benessere come sopra inteso.

Il progetto rappresenta un vero e proprio servizio alle famiglie per migliorarne consapevolezza, impegno e responsabilità, quindi è un primo tentativo di consultorio familiare.

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Quello della consulenza alle famiglie è un compito delicato, articolato e complesso.

Delicato, perché così come sancisce la Costituzione, il diritto-dovere di educare spetta in primo luogo alle famiglie); articolato, perché investe aspetti di tipo medico (assistenza ostetrica e ginecologica di base alle gravide e alle puerpere, accompagnamento alla nascita, sostegno IVG, contraccezione, sterilità, attività di screening del tumore del collo dell’utero con esecuzione di pap test e colposcopie, visite senologiche per la prevenzione dei tumori della mammella, assistenza alla menopausa, etc.), di tipo sociale (assistenza ai meno abbienti, alla genitorialità, ai minori, etc.) e di tipo psicologico (interventi di educazione e promozione sanitaria a gruppi, spazio giovani, sostegno all’allattamento al seno, attività psicoterapica, assistenza per le adozioni, assistenza alla genitorialità e assistenza ai minori); complesso, perché non sempre il servizio è conosciuto e accettato, non sempre le persone in difficoltà sono disposte a farsi aiutare, non sempre i servizi riescono ad operare in sinergia, non sempre si comprende che al consultorio non si va per le emergenze e per le soluzioni urgenti, ma ci si deve recare per imparare a costruire percorsi

Ecco, il progetto attuato al 4° circolo didattico è una prima, significativa tappa di un percorso formativo che, mentre favorisce la sinergia tra istituzioni e soggetti diversi, aiuta il generale processo di crescita della cultura dell’ascolto, dell’accoglienza, della comprensione, della consapevolezza, della responsabilità, della comunicazione, della libertà di scelta, dell’integrazione personale e sociale.

La salute e il benessere non sono concetti e valori di stretta ed esclusiva pertinenza della medicina, ma investono la persona nella sua integralità, per cui la scuola può concorrere in maniera determinante a educare le giovani generazioni, nel lungo periodo, alla partecipazione responsabile alla vita della società attraverso una consapevole autodeterminazione e, nell’immediato, specie considerando alcuni veri e propri vuoti curriculari individuabili nella mancanza dell’educazione affettiva e sessuale, che pure sono fondamentali, a coinvolgere le famiglie in tale processo di crescita e di sviluppo.

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Se, poi, come nel caso del progetto in questione, si avvia un processo di collaborazione tra scuola, famiglie e servizi del territorio, che vanno conosciuti, coinvolti e responsabilizzati, allora la salute ed il benessere possono diventare valori fondanti dei processi d’insegnamento-apprendimento e di maturazione integrale di ciascuna persona.

Antonia Maganuco

Dirigente Psicologo ASP Caltanissetta

Consultorio Familiare 2 - Gela

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GENITORI IN GIOCO: RESOCONTO DI UN’ESPERIENZA

IIIINTRODUZIONENTRODUZIONENTRODUZIONENTRODUZIONE

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L’idea della pubblicazione di questo testo nasce dalla volontà di condividere la positiva esperienza progettuale mettendola a disposizione di quanti volessero trarre spunto, nella convinzione che nulla debba andare sprecato e che il piccolo passo avanti di un gruppo possa divenire per altri, punto di partenza per mete e risultati più ambiziosi. L’esperienza diviene, perciò esempio e modello di buone pratiche scolastiche per costruire una comunità più propositiva intorno al complesso mondo della scuola. Ringraziamo l’Assessorato della Famiglia, delle Politiche Sociali e del Lavoro della Regione Sicilia che, con l’avviso pubblico per la presentazione di progetti sperimentali e innovativi dei consultori familiari, di cui al decreto del 26 Aprile 2010, che insieme all’Associazione di volontario “ Centro di Accoglienza ServirTi”, ci hanno dato l’opportunità di attuare il progetto “Genitori in gioco”. In verità, il progetto, all’interno della nostra Scuola, si poneva quasi come una logica continuazione di un percorso di “ attenzione” alla famiglia e alle donne, da noi, già avviato a partire dall’anno scolastico 2007/2008, percorso reso possibile dai finanziamenti dei vari progetti PON FSE. Ma oggi, grazie al finanziamento regionale, senz’altro più cospicuo, abbiamo potuto ampliare il numero delle ore e coinvolgere un maggior numero di figure professionali quali l’assistente sociale, la pedagogista e l’educatore professionale che nei precedenti progetti mancavano. L’operare in un territorio dove la presenza di contesti familiari fragili, sembra essere la regola e non l’eccezione, dove il grado di istruzione dei genitori risulta piuttosto basso ( pochi coloro con licenza media e pochissimi quelli con istruzione superiore o universitaria) dove la scuola si caratterizza come unica presenza istituzionale e rappresentativa dello Stato, i genitori, le famiglie e le donne del territorio non possono non essere compresi tra i destinatari dell’azione educativa in quanto la scuola, comunità educante per eccellenza, deve rispondere a tutte le istanze educative, provenienti dal territorio attivando ogni percorso

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possibile di sostegno genitoriale e di supporto alla famiglia. Obiettivo prioritario di ogni istituzione scolastica è, comunque, garantire il diritto di apprendimento e il successo formativo di tutti gli alunni, tenendo conto delle diverse esigenze rilevate all’interno del loro contesto e promuovere, nel contempo, azioni di collaborazione, progetti in rete con enti e istituzioni presenti nel territorio. Considerato che il successo degli alunni (performance positive) è in diretta relazione con la situazione che il piccolo vive in famiglia e fuori dal contesto scolastico e che spesso l’insuccesso scolastico è legato a disagi di cui non sempre gli alunni o le famiglie hanno consapevolezza, ci si è preoccupati, con questo progetto, di cercare di rimuovere i possibili ostacoli che possono frapporsi al raggiungimento del successo scolastico e nel contempo fare in modo che, soprattutto le donne, spesso lasciate sole, nella “gestione” della famiglia e nell’educazione dei figli possano trovare sostegno e persone competenti con cui relazionarsi in un ambiente più “neutro” e più “familiare” rispetto ad un tipico consultorio. La scuola luogo deputato alla sola istruzione dei figli diviene così luogo di istruzione familiare. Obiettivo prioritario del nostro lavoro, perciò, è stato il sostegno alla genitorialità e il superamento dello stato di solitudine sociale in cui spesso le donne vivono i loro problemi, obiettivo, certamente, non avulso da quello che la scuola deve istituzionalmente perseguire e, comunque, per quanto detto sopra, attinente alla specificità stessa della Scuola: garantire il successo formativo degli

alunni e l’apertura al territorio attraverso atti tesi a promuovere un rafforzamento nel rapporto tra mondo della scuola e società, nella consapevolezza dell’importanza del ruolo strategico svolto dall'istruzione per la crescita della persona, per la sua realizzazione e per il consolidamento e diffusione del godimento pieno dei diritti di cittadinanza per lo sviluppo civile, democratico ed economico dell’Italia stessa.

Angela Tuccio

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GENITORI IN GIOCO:

RESOCONTO DI UN’ESPERIENZA

Come nasce il Come nasce il Come nasce il Come nasce il

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“Educare i figli è un’impresa creativa,

un’arte più che una scienza”

B. Bettlheim

L’istituto “Lombardo Radice“ di Gela in questi ultimi anni è stato

molto sensibile al tema famiglia. A partire dal 2007, sono stati

attivati dei corsi di sostegno alla genitorialità che ho avuto il piacere

e l’onore di condurre. L’idea di base, maturata in questi anni, che è

il focus del progetto “Genitori in gioco”, si fonda sul principio che

relazioni familiari più serene influiscono positivamente sul

benessere del bambino e sul suo rendimento scolastico. Le attività

realizzate all’interno del progetto, si sono strutturate come servizi

rivolti alla prevenzione familiare. Rispetto a questo tema, va fatta

una riflessione a parte. Un primo problema lo pone il termine stesso

di “prevenzione” che letteralmente significa “venire prima che un

evento calamitoso si manifesti” e, quindi, contiene un’ambiguità di

fondo: rimanda implicitamente sia a un significato positivo di

promozione, sia a uno negativo di precarietà e di pericolosità. Non

a caso la prevenzione viene quasi sempre associata ad espressioni

come “disagio”, “rischio”, “devianza”, che vengono a loro volta

usate spesso in modo confuso, divenendo per questo stesso motivo

fonte di potenziale stigmatizzazione degli attori sociali, anziché

chiavi di lettura realistica dei fenomeni. Un altro importante aspetto

del problema è che la pratica della prevenzione è nata in un

contesto sanitario che, per la sua particolare ottica, tende a

collegarla a determinate condizioni di patologia. Accanto alle

motivazioni fin qui accennate, (difficilmente è possibile ricondurre

solo ad una sintomatologia medica il disagio familiare), è possibile

rintracciare alcune altre questioni che rendono difficile a tutt’oggi

riconoscere nella famiglia un soggetto bisognoso di interventi di

prevenzione. È, infatti, ancora largamente diffusa una visione della

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famiglia come luogo del “privato assoluto”1, da tenere ben distinto

dalla sfera sociale e pubblica, in particolare per quanto riguarda il

rapporto tra genitori e figli. Ciò in nome anche di una supposta

“naturalità” della funzione genitoriale (soprattutto di quella

materna) secondo la quale i “buoni genitori” dovrebbero essere

sempre in grado di trovare da sé le risposte educative più adeguate

ai semplici problemi posti dall’accudimento dei figli. In realtà, tali

problemi, che anche in passato non erano semplici, oggi sono

diventati sicuramente più complessi a causa delle molteplici

trasformazioni che hanno investito, non solo la composizione del

nucleo familiare, ma l’intero insieme delle relazioni e dei vissuti

all’interno della famiglia, così come la posizione materna e paterna,

nonché i rapporti fra le varie generazioni. L’aumento delle famiglie

mononucleari, il diffondersi del lavoro femminile, la diminuzione

delle nascite, il conseguente aumento di bambini soli e un’ineguale

distribuzione dei compiti, per cui è spesso la donna, principale care-

giver, ad essere schiacciata da maggiori oneri, sono solo alcuni dei

fattori che spiegano la fragilità e l’insicurezza degli adulti nei

confronti del ruolo genitoriale e il loro stesso desiderio di trovare,

pertanto, spazi e occasioni per confrontare la propria esperienza

con quella degli altri e acquisire nuove competenze che consentano

di essere genitori “sufficientemente buoni” 2. Dai percorsi di

sostegno alla genitorialità attivati nell’ultimo triennio, attraverso i

progetti PON della scuola “Lombardo Radice” e più esattamente con

1 Bimbi F., Castellano G., “ Madri e padri” , Franco Angeli, Milano 1990; Bimbi F.;

Rappresentazioni e politiche familiari in Italia, in AA. VV., Politiche per le

famiglie, cit., pp58-71

2 Winnicott D.W. (1984) “Il bambino deprivato” Milano, Raffaello Cortina, 1986.

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il progetto 2008 “Tutti a scuola per imparare divertendoci”, “A

scuola insieme” 2009, ed il progetto F1 - FSE – 2009 – 1343 “IO

So.....” attivato da febbraio a maggio 2010, è emersa una richiesta

sempre più forte da parte dei genitori e soprattutto dalle madri dei

bambini della scuola “Lombardo Radice” di prendere parte ai

percorsi attivati per il sostegno alla genitorialità a tal punto da non

poter accogliere tutte le istanze a causa di un sovrannumero di

richieste rispetto a quelle soddisfabili (gruppo di lavoro di 20

soggetti). Dai questionari di valutazione finale, l’85% dei

partecipanti ai vari PON ha espresso la richiesta di attivare un

servizio di supporto alla famiglia che abbia continuità nel tempo.

Quest’ultima è stata la motivazione che ha spinto la scuola e

referenti del privato sociale a fare rete per partecipare al bando per

la presentazione di progetti sperimentali innovativi, finalizzati alla

riorganizzazione dei consultori familiari, comunque individuali

denominati ed articolati, al fine di ampliare e potenziare gli

interventi sociali a favore delle famiglie, promosso dall'Assessorato

Regionale della Famiglia, delle Politiche Sociali e del Lavoro della

Regione Famiglia. Questa opportunità ha permesso di trasformare

il progetto in realtà e di fornire alla scuola e al territorio un nuovo

servizio, al fine di potenziare le risorse delle famiglie e di sviluppare

percorsi di empowerment individuali e di comunità.

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GENITORI IN GIOCO:

RESOCONTO DI UN’ESPERIENZA

- PUNTI DI FORZA -

RIFLESSIONI SUL

GRUPPO E SULLA

COMUNICAZIONE

COME STRUMENTO DI

LAVORO

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“Non si può non comunicare”

P. Watzlawick

La prevenzione familiare, così come precedentemente accennato, è

una dimensione ancora ignorata e sottovalutata nel nostro

territorio. Per tutte le loro domande i genitori hanno, di fatto, come

referente “ufficiale”, solo il pediatra che, tuttavia, in base alla

propria formazione è spesso incline a vedere i problemi di

comportamento e relazionali in una prospettiva sanitaria. Le poche

iniziative di prevenzione familiare sul territorio vengono organizzate

quasi sempre in forma di conferenze tenute da esperti (pediatra,

psicologo, ecc.) con modalità cioè che non valorizzano tanto

l’esperienza del genitore, ma tendono piuttosto a metterlo in

posizione down rispetto all’esperto. Queste considerazioni hanno

spinto a strutturare il lavoro utilizzando il gruppo come gruppo di

auto aiuto. Pur non avendo, infatti, espliciti fini terapeutici gli

incontri tra i genitori hanno presentato alcune caratteristiche

proprie dell’auto aiuto: assetto di piccolo gruppo, adesione libera,

comunicazione prevalentemente orizzontale. La vasta letteratura

sui gruppi di mutuo-auto aiuto (tra cui, Katz, Bender 1976; Tognetti

Bordogna 2002; Colaianni, Croce, Oliva, Renzetti 1995; Steinberg

2002; Doel, Sawdon 1999; Silverman 1989; Boccaccin 1998) ha

dimostrato l'efficacia di questa forma di intervento per generare

cambiamenti vissuti come rilevanti a livello individuale con

risonanza a livello sociale, culturale e transculturale (Tognetti

Bordogna 2002). Generando empowerment sia a livello individuale

che a livello sociale e di comunità (Oliva 1995) lo strumento del

gruppo di auto-mutuo aiuto può essere un modo per dar vita a

nuove espressioni di cittadinanza. All'interno del gruppo di auto-

mutuo aiuto le persone si raccontano, producono per intero o pezzi

di autobiografia dalla quale è possibile partire per ri-significare il

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senso della propria azione e del proprio ruolo. La psicologia

narrativa (Bruner 1990, 1991, 1995, 2002; Vezzani 1998, 1999;

Smorti 1997) può fornire, in questo senso, gli strumenti adatti per

generare questo processo di ridefinizione degli elementi

disfunzionali del sé e della propria identità personale, di gruppo e

sociale, consentendo di costruire una narrazione comune,

comprensiva delle eterogeneità e diversità, difficilmente

componibili ad altri livelli. Nel gruppo i genitori hanno trovato una

forma importante di orientamento e mutua assistenza rispetto al

ruolo e ai comportamenti che si sentono chiamati a svolgere. Diversi

i punti di forza di questa metodologia che hanno permesso di

registrare cambiamenti sia a livello personale che a livello

relazionale. Il percorso formativo proposto è stato strutturato come

uno spazio di educazione reciproca, dove le persone imparano a

crescere e si aiutano vicendevolmente a realizzare l’ascolto, a

comunicare, a gestire i conflitti e a cambiare se stessi. E’sembrato

importante non offrire ai genitori delle lezioni frontali prestabilite

alle quali adattarsi, ma è sembrato più opportuno, seguendo un

programma di argomentazioni ben preciso, creare uno spazio di

contatto con se stessi, di accoglienza delle loro esperienze e dei loro

vissuti, di condivisione, di rielaborazione, di confronto con le

pratiche educative degli altri genitori, in modo che le loro

esperienze, la loro creatività di persone prima e di genitori poi,

potessero essere messe in primo piano e non offuscate dall’offerta

di soluzioni preconfezionate da parte di esperti. Non si è quindi

offerto ai genitori un'esperienza di formazione con programmi già in

tutto prestabiliti, ma si è cercato piuttosto di coinvolgere le famiglie

in un percorso comune, sistematico ed attivo, riconoscendo il loro

"saper-fare", rispettando ed attivando le loro risorse, credendo

nelle capacità di cambiamento e di sviluppo dei genitori, delle

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famiglie e dei loro contesti. Il gruppo ha assunto la funzione di

un’officina, cioè luogo dove si crea; di uno spazio preparatorio dove

si può tentare e ritentare, sperimentarsi fuori dal contesto reale,

senza paura di sbagliare o di essere giudicati. L’attivazione della

sospensione del giudizio è stata la prima tappa che si è cercato di

raggiungere all’interno del gruppo facendo in modo che tutti i

partecipanti passassero da una prospettiva assolutista e spesso

svalutativa “…Il tuo comportamento non è adeguato…” ad una più

relativa e più accogliente dei punti di vista degli altri “secondo

me...”. Dare giudizi di valore sulle intenzioni o le capacità dell’altro

è una delle insidie più minacciose all’interno del lavoro di gruppo

che provoca sensazioni di disuguaglianza morale (nel gruppo c’è chi

è migliore e chi è peggiore). Non sono valutazioni in senso stretto,

ma mettono la persona sotto pressione e per questo costituiscono

una possibile minaccia all’immagine e alla stima che ognuno ha di sé

e che non desidera vedere compromessa. Il ruolo dell’esperto in

questo contesto assume la funzione di facilitatore che valorizza le

competenze dei genitori aiutandoli a metterle “in circolo”,

ottenendo il risultato di rassicurarli e di far loro acquisire nuove

competenze, mediante la discussione ed il confronto reciproco.

Accanto all’acquisizione di una prospettiva di accettazione del punto

di vista dell’altro si è cercato di sviluppare il senso di appartenenza

al gruppo, al fine di attivare processi di coesione di gruppo ed

evitare la fuga dopo qualche incontro. Questo è stato possibile solo

quando ognuno dei partecipanti ha cominciato a fidarsi e ad

affidarsi all’altro, cominciando ad abbassare le proprie difese e

sperimentando un senso di vicinanza dato dalla condivisione di

problemi simili (difficoltà nella gestione della relazione con i figli,

sensazioni legate al proprio essere genitore che poco si adattano ai

luoghi comuni di quello che viene definito istinto materno). I

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genitori durante i 15 incontri attivati si sono confrontati su alcune

tematiche che possono essere riassunte in quattro filoni:

� riflessione sul proprio stile educativo e sul modello

genitoriale interiorizzato;

� senso di autostima e di competenza genitoriale;

� conflitto e problem solving;

� sperimentazione di modalità relazionali creative.

Dopo una fase preparatoria che ha permesso ai partecipanti di

mettere in discussione l’efficacia dei propri modelli comunicativi, è

stato posto l’accento sull’importanza dell’ascolto attivo. Le mamme

del gruppo hanno imparato con facilità, grazie ad una

sperimentazione diretta attraverso giochi di ruolo e simulate, come

ascoltare sia diverso dal sentire in quanto non vengono attivate

solo le orecchie, ma la persona nella sua interezza si mette in

ascolto dell’altro (guardando l’interlocutore, interrompendo quello

che si sta facendo). Inoltre, le corsiste hanno appreso come l’ascolto

dell’altro sia una forma di riconoscimento importante che, se negata

nel tempo e in maniera ricorrente e diretta a soggetti in età

evolutiva, può creare effetti negativi nel processo di costruzione

dell’identità. La seconda tappa è stata relativa alla presa di

coscienza del canale non verbale della comunicazione e del principio

di congruenza tra messaggi verbali e non verbali3. I partecipanti

hanno preso coscienza che a volte siamo inconsapevoli di inviare

agli altri messaggi contradditori, per cui se a nostro figlio diciamo

verbalmente “ti ascolto” però continuiamo a lavare i piatti mentre

questi ci stava per dire qualcosa di importante per lui, la

3 P.Watzlawich ., Beavin J.K ., Jackson D.D., Pragmatica della comunicazione

Umana , Roma , Astrolobio,1971

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comunicazione non verbale avrà la meglio e il messaggio che

arriverà al ragazzo è che la madre è occupata e non può o non vuole

ascoltare. Dopo questa fase che ha permesso ai partecipanti di

riflettere sui propri stili comunicativi, acquisendo abilità nella

riformulazione dei messaggi e nell’invio di messaggio IO (messaggi

in prima persona), alla base dell’ascolto attivo e utili sia all’interno

del rapporto di coppia che in quello con i figli si è passato ad una

fase più introspettiva, legata ai vissuti personali che ha permesso di

scoprire parti nuove di sé e di condividerle con gli altri. Partendo da

una prospettiva positiva, volta ad accentuare più le risorse che le

difficoltà dei singoli, il gruppo ha funzionato da cassa di risonanza,

creando rinforzi positivi o attivando processi riflessivi, a seconda

della situazione. La circolazione delle idee, l’accoglienza dell’altro e

del suo punto di vista, la condivisione di problemi simili, la

sospensione del giudizio e la risonanza emotiva creata dalle

situazioni, a volte intense, attivate nel gruppo hanno permesso al

singolo di rinforzare la stima di sé, sia rispetto alle proprie capacità

personali che al proprio ruolo genitoriale. Ciò ha permesso di

potenziare la fiducia in se stessi e ritrovare uno spazio nuovo di sé,

differenziato da quello genitoriale, ma che lo alimenta e lo rinforza.

“ Non si diventa un buon genitore a pedate o frustrate,

costringendosi alla virtù. La virtù verrà naturalmente in un genitore

che sta bene nella sua pelle ed è contento della sua vita. Se il

genitore è felice e disteso (anche se occupatissimo) il suo amore

saprà espandersi e moltiplicarsi…..Crearsi per procreare…..Piacersi,

occuparsi di sé, valorizzare per avere la giusta distanza dai figli” 4

Questo è uno dei nodi principali dell’attività con i genitori che ha

permesso loro di riflettere sul conflitto tra dipendenza e autonomia,

4 C. Serrurier,.; Eloge des mauvaises meres. Paris, Hommes et Perspectives, 1992

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che prima di interessare i loro figli riguarda innanzitutto loro stessi

che debbono imparare come i porcospini di Schopenhohauer a

trovare la giusta distanza nelle relazioni significative della loro vita

per evitare gli eccessi che sono insiti nelle relazioni e che li possono

portare ai due estremi: invasività/dipendenza (troppo vicini),

distanza/estraniazione (troppo lontani). Per cercare la giusta

distanza dalle relazioni significative bisogna riscoprire quel nucleo di

autenticità del Sé5 che a volte vien sommerso dai mille impegni

della vita quotidiana ma che permette di guardare in maniera nuova

ai propri vissuti e alle proprie relazioni senza essere risucchiate da

esse. Il gruppo ha rappresentato per molte delle partecipanti uno

spazio nuovo dove sperimentarsi ed esprimere le proprie opinioni,

prima di tutto come persona e come donna e poi anche come

mamma .

5 D. W. Winnicott.; Gioco e realtà, Roma: Armando, 1974.

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GENITORI IN GIOCO:

RESOCONTO DI UN’ESPERIENZA

GLI OBIETTIVI

NELLE VARIE FASI

DEL PROGETTO

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24

“Fissare obiettivi è il primo passo necessario per trasformare l'invisibile in visibile"

Anthony Robbins

Gli obiettivi sono stati differenziati a seconda della fase progettuale.

Prima fase: costituzione del gruppo.

Gli obiettivi di questa prima fase sono stati essenzialmente

conoscitivi e preparatori all’avvio del gruppo:

• Conoscenza del territorio e della realtà scolastica ;

• Analisi del target del progetto;

• Presentazione del progetto a insegnanti, genitori e altre istituzioni;

• Formazione del gruppo.

I fattori motivanti la partecipazione al gruppo da parte dei genitori

sono stati individuati nel comune desiderio di affrontare il tema

della genitorialità fondato sul bisogno di essere “buoni genitori” o

sulla percezione di una carenza di capacità e informazioni in questo

senso. Ma altri fattori possono concorrere alla partecipazione, come

il desiderio di incontrare altre persone, di creare una rete di

contatti, il desiderio di farsi promotore di qualche iniziativa

all’interno della scuola, ecc.

In ogni caso, si è ritenuto di prospettare ai genitori una fisionomia

più chiara del gruppo che si voleva formare dopo aver terminato la

prima fase di analisi del territorio e della domanda, questo per non

“calare dall’alto” un progetto non corrispondente ai loro reali

bisogni e alle loro concrete aspettative.

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Seconda fase: costruzione del gruppo (obiettivi nel gruppo)

Questo momento ha avuto come obiettivo primario l’avvio e la

costruzione del gruppo di auto-mutuo aiuto. Il gruppo è stato in

questa fase auto-centrato per permettere la costruzione di una

cultura e di un’identità di gruppo. Durante questa fase si è cercato

di raggiungere i seguenti obiettivi:

• Analizzare le aspettative;

• Favorire la conoscenza reciproca;

• Facilitare l’emersione dei bisogni;

• Favorire la riflessione sul ruolo del genitore dai vari punti di vista;

• Incoraggiare la condivisione delle esperienze genitoriali;

• Favorire la creazione di un ambiente di fiducia e scambio.

• Favorire lo sviluppo e l’utilizzo delle risorse personali e di gruppo

in una prospettiva di “empowerment”;

• Favorire le competenze comunicative e relazionali per

incrementare la comunicazione nel gruppo, con i figli e nei

contatti sociali più in generale;

• Favorire la capacità di gestione della diversità e del conflitto;

• Riflettere sul significato relazionale e psicologico dell’essere

genitore;

• Incrementare l’autoconsapevolezza circa il proprio “essere

genitore”;

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26

• Individuare i meccanismi relazionali agiti nella relazione

genitori/figli;

• Rassicurare e aumentare la fiducia e la stima in se stessi;

• Attivare la creatività, la capacità di analisi e di soluzione dei

problemi;

• Incoraggiare la sperimentazione di nuove pratiche educative,

soprattutto grazie allo scambio di esperienze pratiche e

suggerimenti creativi fra i membri del gruppo;

• Favorire una modalità di contatto nuovo tra genitori e figli,

attraverso attività ludiche-espressive;

•Favorire le dinamiche di aiuto reciproco;

•Orientare e informare circa le principali norme del diritto di

famiglia;

•Orientare e informare rispetto ai metodi contraccettivi e alle

problematiche sessuali;

•Migliorare la relazione circolare tra scuola e famiglia.

Terza fase: progettualità esterna (obiettivi del gruppo)

In questa fase si è cercato di spingere il gruppo ad un’azione etero-

centrata. Obiettivo di questa fase è stato favorire l’iniziativa esterna

del gruppo verso la scuola e il territorio, attraverso i seguenti

obiettivi:

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27

•Incoraggiare la comunicazione tra le famiglie per rompere

l’isolamento sociale;

•Costruire una continuità di significati tra scuola e famiglia;

•Favorire lo scambio e la partecipazione alla vita scolastica e del

territorio;

•Valorizzare le competenze dei genitori;

•Favorire un ruolo attivo dei genitori all’interno della scuola;

•Attivare processi di progettazione partecipata alle politiche

familiari;

•Favorire la crescita di consapevolezza e la promozione di una

cittadinanza attiva e solidale.

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28

GENITORI IN GIOCO:

RESOCONTO DI UN’ESPERIENZA

IL GIOCO: STRUMENTO

ALTERNATIVO DEI

PROCESSI DI

APPRENDIMENTO

ALL’INTERNO DEL

PROGETTO.

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29

"Si può scoprire di più su una persona in un’ora

di gioco che in un anno di conversazione"

(Platone)

Arrivati sino a qui, il lettore potrebbe chiedersi cosa c’entra il gioco

in un corso di formazione per adulti su un tema così importante e

delicato come la funzione genitoriale? Il gioco ha assunto sin dalle

prime battute di elaborazione di questo progetto un ruolo centrale

che si evince anche dal titolo “Genitori in Gioco” che rimanda ad un

duplice significato della centralità del gioco: 1) come strumento

privilegiato di apprendimento 2) come occasione di sfida e quindi

di rischio relativo alla conoscenza di nuove parti di se attraverso il

confronto con gli altri. “...l’uomo è pienamente tale solo quando

gioca”, dice Schiller perché si ritrova e si conosce: giocando, infatti,

ogni individuo riesce a liberare la propria mente da contaminazioni

esterne, quale può essere il giudizio altrui, e ha la possibilità di

scaricare la propria istintualità ed emotività. Il percorso attivato

all’interno della scuola “Lombardo Radice” ha visto i genitori

impegnati i due momenti di sperimentazione dove il gioco è stato lo

strumento privilegiato anche se con significati e forme diverse. Nella

prima parte del corso i genitori, attraverso l’ausilio di giochi di

simulazione e role-playing si sono confrontati con gli altri su

tematiche diverse che andavano dal conflitto dipendenza-

autonomia tra madre e bambino alle strategie per la risoluzione di

problemi relativi alle dinamiche familiari. La seconda parte del

percorso ha previsto il coinvolgimento di genitori e figli che insieme

si sono sperimentati in attività ludico-espressive. La funzione

formativa dei giochi e soprattutto dei giochi di simulazione, sta

essenzialmente nel fatto che essi consentono di sperimentare, in via

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30

di metafora, situazioni reali anche molto complesse. Il gioco, in una

prima fase, ha avuto la funzione di rompere il ghiaccio e creare un

ambiente di fiducia tra i partecipanti; in un secondo momento, ha

avuto la funzione di accenderle, di incuriosirle permettendo loro di

sperimentare in un contesto protetto emozioni e sensazioni forti

che hanno lasciato delle tracce forti nella propria corporeità. Il

gioco diventa così un esercizio di vita a rischio controllato. Questo

percorso virtuoso che dal gioco conduce all’apprendimento,

coinvolge non solo gli aspetti cognitivi e logici dell’agire ma, proprio

perché si fonda sulla simulazione, investe anche il piano emotivo,

affettivo e relazionale, nonché il corpo come strumento di

conoscenza, comunicazione e rapporto con l’ambiente. La fase del

gioco di simulazione che consente di passare dal gioco

all’apprendimento è il debrienfing. Questo termine mutuato dal

linguaggio militare consente di analizzare nel particolare e

nell’insieme che cosa è avvenuto nel nostro interno e nel gruppo,

vale a dire all’interno di ciascuno degli altri, di modo che per tutti ci

sia una presa di coscienza non tanto della correttezza dei

comportamenti e delle soluzioni date ai vari giochi, quando

piuttosto delle modificazioni, quindi degli apprendimenti prodotti

dalle esperienza vissute giocando. Prendendo in prestito una frase

dello psicoanalista Bruno Bettelheim “Educare i figli è un’impresa

creativa, un’arte più che una scienza” le mamme hanno imparato

come la creatività può essere una modalità alternativa per gestire le

relazioni con i propri familiari che permette di spiazzare l’altro in

quanto viene a rompere spesso il circolo vizioso della

comunicazione, creando processi di cambiamento nella relazione

stessa. Nella seconda fase del percorso i genitori insieme ai loro figli

si sono sperimentati in attività ludico-espressive che hanno avuto lo

scopo di favorire un contatto diverso tra adulto e bambino

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31

attraverso l’ausilio di un gioco non formalizzato ma creativo e

liberatorio. Sono state utilizzate le tecniche della sagoma e della

elaborazione dei vissuti sulle esperienze fatte. In questa fase, il

gioco è stato utilizzato come attività spontanea che ha avuto lo

scopo di generare piacere ed entusiasmo. Del resto, il gioco

costituisce la modalità primaria di espressione del bambino e lo

strumento attraverso il quale egli fa le prime esperienze del mondo

che lo circonda. Esso è quindi una via per l’apprendimento. Ogni

gioco è, a suo modo, ricco di esperienze motorie e percettive e

consente di sviluppare abilità, interessi e conoscenze. Anche il

corpo, proprio e dell’altro, può essere “un gioco”, poiché attraverso

il movimento si possono sperimentare piacevoli sensazioni tattili, di

equilibrio, ecc. e i propri limiti e confini corporei in un gioco di

alternanza con l’altro. All’interno di quest’ottica il gioco ha

permesso di sperimentare alla coppia mamma/figlio modalità

alternative di relazione, facendogli vivere, oltre che un senso di

benessere e di spensieratezza, una maggiore vicinanza emotiva.

Attraverso tecniche psicomotorie è stato possibile fare emergere le

risorse autentiche della coppia. Durante la fase di debrifing di

questa attività, fatta solo con i genitori, è emersa la caratteristica

innovativa dei giochi presentati durante gli incontri con i figli che ha

permesso ai genitori di capire solo in quel momento di non aver mai

realmente giocato “in maniera attiva” con i propri figli. Durante il

focus group è emerso come i partecipanti, prima dell’attività ludica

svolta con i figli, vivevano il gioco quasi come una “perdita di

tempo”, coinvolgendosi in attività ripetitive che spesso li

annoiavano. Durante le attività molte corsiste hanno riscoperto il

piacere di giocare, facendo emergere una parte di sé da tempo

sopita (sé autentico). Questo aspetto viene confermato dai risultati

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del questionario finale somministrato al gruppo (tot. 16) come si

può osservare nel grafico che segue.

Altro elemento che merita attenzione è che i bambini, oltre ad aver

apprezzato le attività svolte, hanno scoperto una modalità nuova e

decisamente divertente di entrare in relazione con le proprie

mamme; modalità che, in alcuni casi, ha permesso di avviare una

maggiore apertura nella relazione con il proprio genitore.

completamente

d'accordo

43,75 d'accordo

56,25indeciso

0,00

in disaccordo

0,00

completamente

in disaccordo

0,00

0,00

10,00

20,00

30,00

40,00

50,00

60,00

Le attività ludiche con i miei figli mi sono piaciu te. ?

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33

GENITORI IN GIOCO:

RESOCONTO DI UN’ESPERIENZA

LE RICADUTE DEL

PROGETTO

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34

“ Percepire un aspetto nuovo di sé stessi è il primo passo verso il cambiamento del

concetto di sé”.

Carl Rogers

Cambiare è come “ viaggiare, vuol dire allontanarsi dal conosciuto

per andare verso lo sconosciuto, spingersi verso mete nuove senza

dimenticare quelle già raggiunte, smarrirsi, a volte, e poi imparare a

ritrovarsi…" 6. Ancora più arduo è il cambiamento nei sistemi

relazionali dal momento che il più delle volte si è intrappolati

all’interno di circoli viziosi attinenti la comunicazione di cui spesso

non si ha consapevolezza. Durante gli incontri, spesso le

componenti del gruppo facevano una considerazione: esse non

comprendevano perché nella relazione con il proprio figlio, le

comunicazioni terminavano tutte nello stesso modo, nonostante ci

si sforzasse di modificare le cose. Per poter avviare un cambiamento

è importante, prima di tutto, diventare consapevoli di essere

all’interno di un copione comunicativo che si ripete ed essere

disponibili a spiazzare l’altro con un messaggio completamente

contrario a quello che di solito si aspetta da noi. Da una valutazione

qualitativa, attinente alle modifiche nelle relazioni tra i partecipanti

e nel loro modo di comunicare, e da una valutazione quantitativa

riguardante il confronto dei dati tra i questionari iniziali, in itinere e

finale, è possibile affermare che sono stati attivati nel gruppo

processi di cambiamento durante il progetto “Genitori in gioco”. Il

gruppo costituito esclusivamente da donne, da mamme è risultato

essere molto eterogeneo sia rispetto al numero di figli e alla loro

età, ma anche rispetto all’età dei vari membri del gruppo (range 26-

6 Rossella Diana “Le regole del gioco”Edizioni la meridiana 2005.

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50). Nonostante queste differenze, durante il percorso si è costituito

un buon clima di gruppo che ha permesso al singolo di sentirsi parte

integrante e di condividere con gli altri anche aspetti sig

spesso dolorosi della propria esperienza personale. Que

emerge chiaramente nel questionario anonimo

somministrato ai fini dell’attività di monitoraggio.

Mi è piaciuto esprimere e confrontare con gli altri le mie esperienze?

Prima di arrivare a questo stadio è stato necessario

alcune tendenze individuali come quella di esprimere giudizi

personali che ha permesso al singolo di sentirsi più simile all’altro

piuttosto che diverso. Questo cambiamento, nel modo di

l’altro, ha reso possibile una maggiore apertura del singolo e

percezione di sentirsi libero di esprimere le proprie opinioni

personali, sperimentando un senso di accettazione nei propri modi

di essere.

0,00

20,00

40,00

60,00

80,00

completamente

d'accordo 25%

d'accordo 75%

indeciso o%

in disaccordo

0%

35

percorso si è costituito

un buon clima di gruppo che ha permesso al singolo di sentirsi parte

integrante e di condividere con gli altri anche aspetti significativi e

ale. Questo dato

anonimo conclusivo

Mi è piaciuto esprimere e confrontare con gli altri le mie

Prima di arrivare a questo stadio è stato necessario sbriciolare

come quella di esprimere giudizi

ntirsi più simile all’altro

, nel modo di accogliere

una maggiore apertura del singolo e la

di esprimere le proprie opinioni

nei propri modi

completamente

in disaccordo

0%

Page 36: Vania Romano - scuolaslow.it IN GIOCO.pdf · 6 Quello della consulenza alle famiglie è un compito delicato, articolato e complesso. Delicato, perché così come sancisce la Costituzione,

Le persone che hanno partecipato agli incontri hanno potuto sentirsi accettate nei loro diversi modi di fare, pensare e sentire?

Tutto il gruppo ha avvertito i contenuti trattati come

interessanti sperimentando un ampliamento nelle proprie

conoscenze attraverso il confronto con le altre corsiste e con gli

esperti.

Posso dire di aver ampliato le mie conoscenze?

Le simulate e le esperienze fatte all’interno del gruppo sono state

utili per attivare una riflessione e, quindi, una modifica nella

propria modalità di comunicare con gli altri. Questa percezione

0,00

20,00

40,00

60,00

80,00

100,00

completamente

d'accordo

18,75%

d'accordo

81,25%

indeciso

0%

in disaccordo

0%

0,00

20,00

40,00

60,00

80,00

completamente

d'accordo

18,75%

d'accordo

75%

indeciso

6,25%in disaccordo

0%

36

hanno partecipato agli incontri hanno potuto sentirsi accettate nei loro diversi modi di fare, pensare e sentire?

come utili e

ampliamento nelle proprie

attraverso il confronto con le altre corsiste e con gli

Le simulate e le esperienze fatte all’interno del gruppo sono state

utili per attivare una riflessione e, quindi, una modifica nella

a modalità di comunicare con gli altri. Questa percezione

completamente

in disaccordo

0%

completamente

in disaccordo

0%

Page 37: Vania Romano - scuolaslow.it IN GIOCO.pdf · 6 Quello della consulenza alle famiglie è un compito delicato, articolato e complesso. Delicato, perché così come sancisce la Costituzione,

di cambiamento è stata vissuta dall’81,25% del campione

mentre il 18,75% si è mostrato indeciso su questo aspetto.

Ho iniziato a cambiare il mio modo di comunicare?

Un altro dato importante, che và sottolineato, è che l’87,5% del

gruppo ritiene di aver acquisito nuove abilità nel proprio modo

di essere genitore.

Rispetto al mio essere genitore ho acquisito nuove abilità?

Inoltre il 97,75% ritiene di aver avuto la possibilità di migliorare

come persona grazie all’esperienza fatta.

0,00

20,00

40,00

60,00

80,00

completamente

d'accordo

6,25%

d'accordo

75%

indeciso

18,75%in disaccordo

0%

0,00

20,00

40,00

60,00

80,00

completamente

d'accordo

12,50%

d'cccordo

75%

indeciso

12,5% in disaccordo

0%

completamente

in disaccordo

37

di cambiamento è stata vissuta dall’81,25% del campione

18,75% si è mostrato indeciso su questo aspetto.

che l’87,5% del

gruppo ritiene di aver acquisito nuove abilità nel proprio modo

Rispetto al mio essere genitore ho acquisito nuove abilità?

Inoltre il 97,75% ritiene di aver avuto la possibilità di migliorare

completamente

in disaccordo

0%

completamente

in disaccordo

0%

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Come persona ha avuto la possibilità di migliorare?

Dai dati analizzati emerge una percezione di cambiamento

concreto e positivo che contraddistingue il 75% del campione.

Alla fine del corso ho notato in me dei cambiamenti positivi e

concreti?

Il cambiamento è stato avvertito in modo diverso dai componenti

del gruppo: dal sentirsi migliorata come mamm

imparato a condividere i propri problemi con gli altri, dall’aver

acquisito maggiore sicurezza nei rapporti interpersonali, a

rinforzato la fiducia in se stessi.

0,00

20,00

40,00

60,00

80,00

100,00

completamente

d'accordo

12,50%

d'accordo

81,25%

indeciso6,25%in disaccordo

0%

0,00

20,00

40,00

60,00

80,00

completamente d'accordo

12,5%

d'accordo62,5%

indeciso25%

in disaccordo0%

38

una percezione di cambiamento

concreto e positivo che contraddistingue il 75% del campione.

Alla fine del corso ho notato in me dei cambiamenti positivi e

iamento è stato avvertito in modo diverso dai componenti

orata come mamma, all’aver

imparato a condividere i propri problemi con gli altri, dall’aver

nei rapporti interpersonali, all’aver

completamente

in disaccordo

0,00

completamente in disaccordo

0%

Page 39: Vania Romano - scuolaslow.it IN GIOCO.pdf · 6 Quello della consulenza alle famiglie è un compito delicato, articolato e complesso. Delicato, perché così come sancisce la Costituzione,

Personalmente questi incontri mi hanno:

Ultimo dato che merita di essere sottolineato è che il 68,75% del

gruppo ritiene di aver notato come riflesso alla propria

dei cambiamenti concreti e positivi nella propria famiglia o nei

propri figli.

0,00

2,00

4,00

6,00

8,00

10,00

12,00

14,00

16,00

18,00

20,00

sollevata ed

allegerita

interiormente

4,76%

Fatto crescere

molto come donna

e come

mamma19,05%

Insegnato a

condividere i miei

problemi con gli

altri 19,05%

Aiutato a

migliorare i

rapporti con i miei

figli 19,05%

nessuna

risposta4,76%

Insegnato

amettermi in

gioco4,76%

Fatto acquisire più

sicurezza nei

rapporti

interpersonali

9,52%

39

il 68,75% del

la propria modifica

concreti e positivi nella propria famiglia o nei

Fatto acquisire più

Migliorato i

rapporti con i figli

e acquisito

maggiore fiducia

in me

stessa14,29%

Sollevata

emotivamente e

distratta dai

problemi

familiari4,76%

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Mi piacerebbe concludere questo paragrafo condividendo con il

lettore alcune affermazioni sul corso espresse dalle mamme.

Ornella: Mi sono sentita un’altra persona, più serena, più felice con me stessa e con i miei figli.

Cinzia: Io mi porto dietro tanta voglia di fare e di migliorare i

miei atteggiamenti nei confronti di mia figlia e di mio marito facilitando

la mia armonia

Laura: Questa esperienza mi ha dato più consapevolezza di me stessa e ha cambiato il mio modo di comportarmi nei confronti degli altri. Mi ha insegnato ad aprirmi, a fidarmi degli altri. aiutato ad affrontare

Veronica: Allegria, entusiasmo, comprensione, esperienze, nuove amicizie.

Salvina: Mi ha dato la possibilità di confrontarmi con le altre mamme e di migliorare il modo di comportarmi con la mia famiglia.

Concetta:mi ha reso molto più forte nell’affrontare i problemi con i miei figli. Sono più aperta nel confrontarmi con gli altri. È stato più

Elisa: Nuove esperienze. Ho migliorato il rapporto con i miei figli. Finalmente ci stiamo ritrovando. Socializzare con gli altri e soprattutto saper ascoltare mentre prima ero quella che voleva sempre la parola.

Silvana: Mi ha lasciato un senso di allegria, rilassamento, benessere, armonia con gli altri, amicizia e la possibilità di socializzare con gli altri. E’ stato

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Anna Maria: Entusiasmo, comprensione, allegria, armonia e socializzazione con le altre mamme.

Marzia: Mi ha reso più sicura e mi sento più capace nell’affrontare le cose.

Giusi: Mi ha reso molto sicura nei rapporti con i miei figli. E’stata molto interessante e spero di

ripetere questa esperienza.

Adele: Saper riflettere di più con un po’ di serenità e allegria. Assecondare, qualche volta,le situazione che si verificano nei confronti dei miei figli e tollerare quando si può.

Rita: Sono felice di aver avuto la possibilità per la prima volta nella vita di partecipare ad un corso del genere e socializzare con altre mamme……….questa esperienza mi ha dato armonia.

Rosalba: L’esperienza mi ha fatto ampliare le conoscenze e mi ha permesso di confrontare le mie esperienze con quelle degli altri. Si è formato un gruppo abbastanza compatto e solidale.

Rita: Sono felice di aver avuto la possibilità per la prima volta nella vita di partecipare ad un corso del genere e socializzare con le altre mamme .. .questa esperienza mi ha dato armonia.

Erika: Nuove conoscenze, amicizie, esperienze condivise, consigli spassionati ad amiche nuove.!

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GENITORI IN GIOCO:

RESOCONTO DI UN’ESPERIENZA

IL LAVORO CON LE CLASSI:

UNO STUDIO

SULL’AUTOSTIMA.

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43

“L'essenza dell'autostima è fidarsi della

propria mente e sapere di meritare la felicità”

Nathaniel Branden

L’autostima rappresenta un fattore di primaria importanza nella

costruzione e nel mantenimento del benessere sociale ed emotivo.

Un bambino con livello di autostima sano riuscirà più facilmente a

sfruttare le sue potenzialità e a formare delle relazioni positive

rispetto a un bambino che soffre di profondi sentimenti di scarso

valore personale. Bambini con bassa autostima sembrano dare poco

valore alle loro abilità e non dare alcun peso ai loro successi. Essi

trovano difficile porsi degli obiettivi e risolvere i problemi. Molti di

loro si arrendono facilmente e di conseguenza ottengono dei

risultati ben al disotto delle loro capacità scolastiche e sociali. Le

loro credenze autolimitanti diventano una profezia che si auto

avvera7. L’autostima non dipende quindi dalla riuscita in sé, ma

dalla presenza di un forte senso di valore personale che permette di

affrontare sia i fallimenti che i successi. Il percorso di costruzione

dell’autostima si struttura in maniera complessa e dipende dalle

conferme positive che il bambino riceve sul proprio valore

personale e la propria competenza dalle persone significative della

sua vita ( genitori, nonni, insegnati). A tal proposito tali messaggi

arrivano sia attraverso il canale della comunicazione verbale che

attraverso il canale non verbale (espressione facciale, postura). Se le

esperienze precoci di un bambino sono state prevalentemente

7 R. K.Merton.; “La profezia che si autoavvera” in Teoria e Struttura sociale, vol.

II. Il Mulino, Bologna 1971.

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positive rispetto allo sviluppo dell’autostima, alla fine egli sarà in

grado di interiorizzare i sentimenti di valore personale e basarsi

sempre di meno sulle opinioni degli altri per ricercare approvazione

e conferme di sé. Un bambino che crede in se stesso e che ha

sviluppato un certo grado di autonomia sarà più preparato ad

affrontare e a superare le inevitabili difficoltà della vita. Un bambino

che invece resta dipendente da fonti esterne per il mantenimento

della propria autostima troverà le difficoltà molto più ardue da

superare e continuerà sempre a basarsi sui comportamenti e sulle

relazioni degli altri per definire se stesso. Partendo dal presupposto

che livelli bassi di autostima si correlano positivamente con bassi

livelli di apprendimento, è stata attivata una piccola ricerca

esplorativa su un campione di 218 studenti ai quali sono stati

somministrai due test: il sociogramma, al fine di cogliere il clima di

gruppo ed individuare i bambini che non sono ben integrati nel

gruppo classe e il test di valutazione multidimensionale

dell’autostima di B. Bracken per individuare quei bambini con un

basso livello di autostima che possono essere a rischio di esclusione

sociale o di coinvolgimento all’interno di relazioni sociali

inadeguate. I test sono stati somministrati a tutti i bambini delle

quarte e delle quinte classi ( totale 12 classi), facenti parte dei tre

plessi della scuola Lombardo Giuseppe Radice: plesso L. Radice;

Plesso di via Fuentes; plesso di c/da Albani Roccella. Dalla

somministrazione dei test emergono che su un campione di 198

studenti a cui è stato somministrato il TMT di Braken il 10% ha

un’autostima al di sotto della media.

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Se si analizza come si distribuisce quest’ultimo valore al suo interno,

emerge come ci sia un’identica suddivisione tra maschi e femmine

(M: 10; F: 10; Tot: 198).

Il test multidimensionale dell’autostima di B. Braken, somministrato

alle classi facenti parte del campione individuato,

valutare l’autostima nelle sue dimensioni specifiche, corrispondenti

alle principali aree di esperienza del bambino: interpersonale,

scolastica, emozionale, familiare, corporea e di competenza di

controllo dell’ambiente. Tali ambiti sono legati fra loro e formano

l’autostima globale, intesa come un giudizio complessivo sul proprio

0,00

50,00

100,00Totali questionari

sull'autostima

somministrati 92%

bambini con

autostima al di

sotto della media

0,00

10,00

20,00

30,00

40,00

50,00

maschi 50%

femmine50%

45

quest’ultimo valore al suo interno,

ivisione tra maschi e femmine

somministrato

permette di

valutare l’autostima nelle sue dimensioni specifiche, corrispondenti

alle principali aree di esperienza del bambino: interpersonale,

scolastica, emozionale, familiare, corporea e di competenza di

ll’ambiente. Tali ambiti sono legati fra loro e formano

l’autostima globale, intesa come un giudizio complessivo sul proprio

bambini con

autostima al di

sotto della media

10%

femmine50%

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valore8. Dai risultati del test rispetto alla dimensione

dell’autostima emerge come il 15,58% dei soggetti ha un’autostima

scolastica al disotto della media. ( Tot: 31; M:15; F16)

Di questo 15,58% di soggetti con autostima scolastica al di sotto

della media solo il 5,58% ha un’autostima complessiva nella media,

il resto del campione risulta avere un’autostima globale negativa.

Dopo la prima fase di somministrazione dei test, di

correlazioni dei dati è stato organizzato un momento di confronto

con il gruppo docente di ogni classe per comparare i dati ottenuti

con le informazioni in possesso degli insegnanti. Da questo

confronto è emersa una correlazione positiva pari al 10

indica come i dati dei test confermino le percezioni e le conoscenze

degli insegnanti rispetto ai singoli studenti così come illustrato da

un item del questionario finale, somministrato a tutti gli i

delle classi coinvolte alla fine del percorso (item 1 questionario

finale).

8 B. Braken; “TMT-Test di valutazione multidimensionale dell’autostima”

2003.

0,00

20,00

40,00

60,00

80,00

100,00

soggetti con

autostima

scolastica al di

sotto della media

15,58%

maschi con

autostima

scolasticaal di

sotto della media

7,54%

femmine con

autostima

scolastica al di

sotto della media

8,04%

46

est rispetto alla dimensione scolastica

15,58% dei soggetti ha un’autostima

Di questo 15,58% di soggetti con autostima scolastica al di sotto

della media solo il 5,58% ha un’autostima complessiva nella media,

il resto del campione risulta avere un’autostima globale negativa.

spoglio e di

correlazioni dei dati è stato organizzato un momento di confronto

i dati ottenuti

oni in possesso degli insegnanti. Da questo

100% che ci

percezioni e le conoscenze

così come illustrato da

tutti gli insegnati

fine del percorso (item 1 questionario

Test di valutazione multidimensionale dell’autostima” Erickon

femmine con

autostima

scolastica al di

sotto della media

8,04%

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In seguito al confronto con gli specialisti, ritiene che i dati emersi

dalla somministrazione dei test abbiano confermato i suoi dati sulla

classe?

Inoltre da questo confronto, molte insegnanti (72%)

l’opportunità di scoprire nuovi aspetti o informazioni circa i propri

alunni arricchendo la propria conoscenza sulla classe (item.

questionario finale).

Dal confronto con gli specialisti ritiene di aver ampliato le informazioni sulla classe?

In seguito al confronto avuto con il corpo insegnante delle varie

classi, sono state organizzate delle attività, precedentemente

0,00

20,00

40,00

60,00

80,00 completamente

d'accordo

37%

d'accordo 63%

indeciso

0% in disaccordo

0%

47

In seguito al confronto con gli specialisti, ritiene che i dati emersi

dalla somministrazione dei test abbiano confermato i suoi dati sulla

hanno avuto

nuovi aspetti o informazioni circa i propri

a conoscenza sulla classe (item.2

Dal confronto con gli specialisti ritiene di aver ampliato le

insegnante delle varie

, precedentemente

completa,mennte

in disaccordo 0%

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condivise, dove il gioco è stato utilizzato come strumento per

favorire nuove modalità relazionali all’interno della classe (gioco

espressivo- motorio) o per far riflettere i bambini sull’importanza

delle regole all’interno dei sistemi sociali a partire dalla scuola

(gioco di regole). Nel questionario finale abbiamo chiesto alle

insegnanti se le attività svolte abbiano influenzato positivamente

clima di classe.

Ritiene che le attività svolte abbiano positivamente influenzato il clima di gruppo all’interno della classe?

Dalle risposte, come si evince dal grafico, è emerso come la maggior

parte del campione delle insegnanti intervistate (79,67% su un

campione di 19 unità) abbia notato un cambiamento positivo sul

clima di classe dopo le attività svolte. Possiamo concludere che

dalla nostra indagine esplorativa emerge come soggetti con bassi

livelli di autostima tendano ad avere un rendimento scolastico al di

sotto delle loro capacità. Si è notato inoltre come

modalità alternative di apprendimento, come il gioco nelle sue

molteplici sfaccettature (gioco espressivo, gioco di regole, gioco

ruolo) possa creare un ambiente più stimolante per attivare

processi di apprendimento.

0,00

10,00

20,00

30,00

40,00

50,00

completamente

d'accordo

33%

d'accordo

46,6%

indeciso

13,3%

48

strumento per

classe (gioco

o per far riflettere i bambini sull’importanza

ei sistemi sociali a partire dalla scuola

questionario finale abbiamo chiesto alle

biano influenzato positivamente il

Ritiene che le attività svolte abbiano positivamente influenzato il

Dalle risposte, come si evince dal grafico, è emerso come la maggior

delle insegnanti intervistate (79,67% su un

campione di 19 unità) abbia notato un cambiamento positivo sul

. Possiamo concludere che

dalla nostra indagine esplorativa emerge come soggetti con bassi

ma tendano ad avere un rendimento scolastico al di

come l’utilizzo di

modalità alternative di apprendimento, come il gioco nelle sue

ressivo, gioco di regole, gioco di

possa creare un ambiente più stimolante per attivare

indeciso

13,3%

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GENITORI IN GIOCO:

RESOCONTO DI UN’ESPERIENZA

VISIONI E CONDIVISIONI

DEL PROGETTO

RASSEGNA FOTOGRAFICA

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Attività con alunni

Attività con alunni

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Attività con alunni e genitori

Attività con alunni e genitori

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Attività con alunni e genitori

Attività con alunni e genitori

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53

Attività con alunni e genitori Attività con alunni e genitori

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Attività con alunni e genitori

Attività con alunni

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Attività con alunni

Attività con alunni

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Attività con alunni

Attività con alunni e genitori

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Il gioco della sagoma

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Il gioco della sagoma

Riunione di gruppo

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Attività con i genitori

Momenti conclusivi e buffet

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Momenti conclusivi e buffet

Foto di gruppo

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Foto di gruppo

Foto di gruppo

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Grazie a tutte le mamme che si sono

messe in gioco con il loro entusiasmo

e la loro partecipazione, rendendo

possibile la buona riuscita del progetto.

Grazie alle insegnanti della scuola per

il prezioso contributo.

Un ringraziamento speciale alla dott.ssa

Maria Vittoria Randazzo, all’ispettore

Davide Chiarenza, al dott. Salvatore

Migliore e al dott. Francesco Arcidiacono

per aver condiviso l’idea alla base del

progetto.

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Un riconoscimento a tutti i collaboratori

scolastici che sono stati sempre

cordialmente disponibili

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Finito di stampare il 07/06/2011