Valvo Anna Lucia, Nota alla sentenza della Corte di giustizia c 566.10

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Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu NOTA ALLA SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA (27 novembre 2012, Causa C-566/10) Anna Lucia Valvo Professore ordinario di Diritto dell’Unione europea nell’Università Kore di Enna 1. Curioso destino quello dell’Italia che da Stato fondatore dell’Unione europea si vede, oggi, costretta a ricorrere alla Corte di giustizia per ottenere l’uso della lingua italiana quanto meno nei bandi di concorso interni all’Unione stessa. E, benché la Corte di giustizia abbia stabilito (ammesso che ve ne fosse stato bisogno) che le lingue ufficiale dell’Unione europea siano 23 1 e che la Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea deve essere pubblicata in tutte le lingue ufficiali, la sentenza in commento, che indica una vittoria più apparente che reale per l’Italia, in realtà la dice lunga su come stanno veramente le cose in Europea. La vicenda trae origine dalla pubblicazione di alcuni bandi di concorso per amministratori e assistenti nel settore dell’informazione, della comunicazione e dei media, a cura dell’EPSO (European Personnel Selection Office) che è un organismo creato nel 2002 con Decisione (2002/620/CE) del Parlamento e del Consiglio, con lo scopo specifico di occuparsi della organizzazione delle procedure di assunzione dei funzionari UE. Nel maggio del 2007, dunque, l’EPSO ha proceduto alla pubblicazione dei detti bandi di concorso nella GUUE esclusivamente in lingua inglese, francese e tedesca. Nei bandi in questione era stabilito che per l’ammissione al concorso e ai fini dello svolgimento dei test di preselezione, per l’ammissione alle prove scritte e per lo svolgimento di queste era richiesta, come prima lingua, la conoscenza approfondita di una delle lingue ufficiali dell’Unione europea e “a scelta” la conoscenza soddisfacente del tedesco, dell’inglese o del francese. I bandi, inoltre, specificavano che tutte le comunicazioni fra i candidati e l’EPSO sarebbero state nelle tre lingue indicate. Nota a sentenza pubblicata sulla Rivista della Cooperazione Giuridica Internazionale, n. 43, Roma, 2013. 1 Bulgaro, spagnolo, ceco, danese, tedesco, estone, greco, inglese, francese, irlandese, italiano, lettone, lituano, ungherese, maltese, olandese, polacco, portoghese, romeno, slovacco, sloveno, finlandese, svedese.

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dell’Università Kore di Enna

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NOTA ALLA SENTENZA DELLA CORTE DI

GIUSTIZIA (27 novembre 2012, Causa C-566/10)

Anna Lucia Valvo

Professore ordinario di Diritto dell’Unione europea nell’Università Kore di Enna

1. Curioso destino quello dell’Italia che da Stato fondatore dell’Unione europea si

vede, oggi, costretta a ricorrere alla Corte di giustizia per ottenere l’uso della lingua italiana

quanto meno nei bandi di concorso interni all’Unione stessa. E, benché la Corte di giustizia

abbia stabilito (ammesso che ve ne fosse stato bisogno) che le lingue ufficiale dell’Unione

europea siano 231 e che la Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea deve essere pubblicata in

tutte le lingue ufficiali, la sentenza in commento, che indica una vittoria più apparente che

reale per l’Italia, in realtà la dice lunga su come stanno veramente le cose in Europea.

La vicenda trae origine dalla pubblicazione di alcuni bandi di concorso per

amministratori e assistenti nel settore dell’informazione, della comunicazione e dei media, a

cura dell’EPSO (European Personnel Selection Office) che è un organismo creato nel 2002 con

Decisione (2002/620/CE) del Parlamento e del Consiglio, con lo scopo specifico di occuparsi

della organizzazione delle procedure di assunzione dei funzionari UE.

Nel maggio del 2007, dunque, l’EPSO ha proceduto alla pubblicazione dei detti bandi di

concorso nella GUUE esclusivamente in lingua inglese, francese e tedesca.

Nei bandi in questione era stabilito che per l’ammissione al concorso e ai fini dello

svolgimento dei test di preselezione, per l’ammissione alle prove scritte e per lo svolgimento

di queste era richiesta, come prima lingua, la conoscenza approfondita di una delle lingue

ufficiali dell’Unione europea e “a scelta” la conoscenza soddisfacente del tedesco,

dell’inglese o del francese.

I bandi, inoltre, specificavano che tutte le comunicazioni fra i candidati e l’EPSO

sarebbero state nelle tre lingue indicate.

Nota a sentenza pubblicata sulla Rivista della Cooperazione Giuridica Internazionale, n. 43, Roma, 2013. 1 Bulgaro, spagnolo, ceco, danese, tedesco, estone, greco, inglese, francese, irlandese, italiano, lettone, lituano,

ungherese, maltese, olandese, polacco, portoghese, romeno, slovacco, sloveno, finlandese, svedese.

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Nei successivi mesi di giugno e luglio del 2007, l’EPSO procedeva con la

pubblicazione in Gazzetta, in tutte le lingue ufficiali, di due modifiche dei bandi precedenti,

nei quali però faceva rinvio alla versione integrale dei bandi già pubblicati in lingua inglese,

francese e tedesca.

2. L’Italia ha proposto ricorso al Tribunale chiedendo l’annullamento dei bandi in

questione contestando, da un canto, la mancata pubblicazione della versione integrale di

questi nelle 23 lingue ufficiali e, dall’altro, la limitazione arbitraria della scelta della seconda

lingua alle sole tre indicate anziché a tutte le lingue ufficiali dell’Unione europea, oltre che la

limitazione alle tre citate lingue per le comunicazioni con i candidati.

A sostegno delle ragioni italiane intervenivano nel primo grado di giudizio, la Lituania

e la Grecia.

Il Tribunale ha rigettato il ricorso ritenendo che la successiva pubblicazione delle

modifiche (che, tuttavia, per la versione integrale rinviava ai bandi pubblicati in sole tre

lingue) in tutte le lingue ufficiali era da considerare come rimedio alla mancata pubblicazione

integrale; l’Italia ha impugnato la sentenza per errore di diritto dinanzi alla Corte di giustizia.

La Corte di giustizia, in accoglimento delle istanze dell’Italia, ha annullato la sentenza

del Tribunale e, decidendo nel merito, ha annullato i bandi dell’ EPSO, anche se, in ossequio al

principio del legittimo affidamento (dei candidati selezionati) ha ritenuto di non annullare i

risultati del concorso.

3. In buona sostanza, la Corte di giustizia, sul punto della mancata pubblicazione della

versione integrale dei bandi nelle 23 lingue della UE, ha stabilito che la Gazzetta Ufficiale

deve riportare le pubblicazioni nelle dette lingue sul presupposto che il regime linguistico

dell’Unione europea definisce come lingue ufficiali e come lingue di lavoro delle Istituzioni

europee tutte le citate 23 lingue. Inoltre, lo Statuto dei Funzionari dell’Unione europea

stabilisce che i bandi di concorso devono essere pubblicati nella GUUE.

La Corte di giustizia ha ritenuto che la pubblicazione integrale del bando

esclusivamente in inglese, francese e tedesco fosse discriminatoria e incongrua nei confronti

dei potenziali candidati di lingua madre differente dalle tre indicate e che questi ultimi, al di là

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delle difficoltà di reperimento della Gazzetta ufficiale in una delle tre dette lingue, sono da

ritenere svantaggiati e, dunque, discriminati rispetto ai candidati di madre lingua inglese,

francese o tedesca, sotto il duplice profilo della corretta comprensione di quanto indicato nel

bando (e, dunque, della concreta individuazione dei requisiti richiesti ai fini della

partecipazione al concorso) e dei termini entro i quali inviare la domanda di partecipazione al

concorso.

4. Sul punto della restrizione alle sole tre indicate lingue nella “scelta” della seconda

lingua come requisito di partecipazione al concorso, la Corte di giustizia si è espressa nel

senso che una limitazione di tal genere deve trovare una giustificazione nell’effettivo

“interesse del servizio” stabilendo che “eventuali regole che limitano la scelta della seconda

lingua devono prevedere criteri chiari, oggettivi e prevedibili” onde consentire ai potenziali

candidati l’esatta conoscenza, e con congruo anticipo, delle competenze linguistiche in modo

da poter partecipare ai concorsi con le adeguate conoscenze linguistiche da questi richieste.

Poiché, tuttavia, né le Istituzioni interessate ai concorsi hanno adottato specifici

regolamenti interni aventi ad oggetto le modalità di applicazione relative ai regimi linguistici

e né la Commissione ha indicato l’esistenza di atti interni relativi alla limitazione ad alcune

con esclusione di altre nella scelta della seconda lingua ai fini della partecipazione ai concorsi

e né i bandi impugnati davano adeguata contezza circa i criteri sottesi alla indicazione della

sola lingua inglese, francese e tedesca, la Corte di giustizia ha ritenuto di accogliere le

doglianze dell’Italia con conseguente annullamento della sentenza di primo grado emanata dal

Tribunale.

5. Ancora una volta la Corte di giustizia dell’Unione europea si è resa garante

dell’innalzamento degli standard di tutela dei diritti dei cittadini europei.

La circostanza, tuttavia, rappresenta ben poca consolazione per l’Italia e per il peso

che essa riesce ad esprimere all’interno di una Unione ormai indiscutibile ostaggio di una

sorta di trilaterale europea (franco-anglo-tedesca) vocata alla cura non già dei cittadini, bensì

dei centri finanziari e monetari nazionali e internazionali così ben rappresentati in Italia dal

Prof. Mario MONTI affettuosamente premuroso verso banche e banchieri (ma non bancari).