Val Vibrata Life edizione Aprile 2014

56
LA “FORMOSA” DELLA LAGA photo credit: Nicola Cericola www.valvibratalife.com APRILE 2014 MENSILE A DISTRIBUZIONE GRATUITA ValVIBRATA life TERRITORIO CULTURA ECCELLENZE AMBIENTE SOCIETA’

description

VAL VIBRATA Life è un giornale Free Press dedicato al territorio della Val Vibrata e dintorni.

Transcript of Val Vibrata Life edizione Aprile 2014

Page 1: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

LA “FORMOSA” DELLA LAGA

phot

o cr

edit:

Nic

ola

Cer

icol

awww.valvibratalife.com

A

PRIL

E 2

014

MEN

SILE

A D

ISTR

IBU

ZIO

NE

GRA

TUIT

A ValVIBRATAlife TERRITORIO CULTURA ECCELLENZE AMBIENTE SOCIETA’

Page 2: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

ED

ITO

RIA

LES

OV

RA

PP

EN

SIE

ROProviamo a toglierci il lutto: quello dell’economia che non va,

quello della politica “selfie” che mostra sorrisi che sanno tanto di presa in giro, quella dei tristi pensieri. C’è stato nella storia solo uno che si è fatto povero ed è morto per noi: Nostro Signore. Il politico, al contrario, che si era manifestato com il “salvatore”, si è fatto ricco ed ha fatto morire noi. Ma Cristo è risorto e l’Italia ce la può fare. Basterà, per iniziare, covare la speranza che si possa cambiare. Se lo vogliamo, ovviamente. La primavera è risveglio, la natura vince sempre sull’uomo e l’uomo sul pessi-mismo. Ciclicamente lei rifiorisce sfoggiando colore, bellezza, profumi. Che a contemplarla rinfranca lo spirito. Lo stesso spiri-to che nessuno deve spegnerci.

DIRETTORE RESPONSABILEAlex De Palo

HANNO COLLABORATOAlfonso Aloisi, Federica Bernardini, Valeria Conocchioli, Anna Di Donato, Martina Di Donato, Noemi Di Emidio, Alessandra Di Giuseppe, Francesco Galiffa, Giordana Galli, Virginia Maloni,

Stefania Mezzina, Nando Perilli, Andrea Spada, Paride Travaglini

EDITOREDiamond Media Group s.r.l.

Via Carlo Levi, 1- Garrufo di Sant’Omero (TE)Tel. 0861 887405 - [email protected]

VAL VIBRATA LIFEReg. Trib. di Teramo n° 670\2013

GRAFICADiamond Media Group s.r.l.

STAMPAArti Grafiche Picene s.r.l.

PUBBLICITA’[email protected]

RESPONSABILE TRATTAMENTO DATI Dlgs 196/03Alex De Palo

Riservato ogni diritto e uso. Vietata la riproduzione anche parziale

CHE sia Pasqua Di avvEnto

ALEX DE PALO

Page 3: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

ED

ITO

RIA

LES

OV

RA

PP

EN

SIE

RO

36 42

LA PATATA TURCHESA DI CAMPLI

IL VADEMECUM DELLO SPIAGGIANTE

I COMPARI CHE VENGONO DALLA CAMPAGNA

ALLA RISCOPERTA DELL’ARTE TESSILE

LE MUMMIE DI MONSAMPOLO

LA PASqUA E LE SUE TRADIzIONIDMC: L’ANALISI DEL SISTEMA TURISTICO

6

12

16

20

24

soMMaRioAprile 2014

08

15

18

34

48

31

45

51

27

44

50

32

47

52

INTORNO A uN chIccO dI gRANO

lA cAppellA dellAmIseRIcORdIA dITORTOReTO

Il ceRAmIsTA dI cIVITellA

dAmcO: NeW JOBs

mOdA

lA sATIRA dI peRIllI

selFIe

cINemA

VAl VIBRATA BABY

AspARAgI...che delIZIA

eVeNTI

cROWdFuNdINg

BelleZZA

RIceTTe dellA memORIA

Page 4: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014
Page 5: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014
Page 6: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

La patata in “abito da sera” popola l’agro della Laga. Era in estinzione

Stava per scomparire, ma grazie ad un an-ziano agricoltore di Isola del Gran Sasso e all’impegno di un gruppo di arditi agricol-tori, la patata Turchesa può ancora dire la

sua, e metaforicamente parlando, compiacersi e vantarsi per il grande successo che sta ottenendo, dopo il suo ritorno in scena. Sicuramente sarebbe stata una grande perdita, perché se la sua forma bitorzoluta era ed è este-ticamente poco apprezzata, nonostante il suo nome quasi regale, sul fronte del gusto e per la resa in cucina può dirla lunga; in particolare è ac-clamata protagonista nella realizzazione di gnoc-chi, così come per lo straordinario contenuto di antiossidanti, senza dimenticare che si tratta di un prodotto che non ha subito miglioramenti gene-tici. Per anni, la patata Turchesa è stata tra i principali prodotti di consumo delle popolazioni montane

d’Abruzzo, ma il suo seme stava cadendo nell’o-blio, per la scarsa richiesta dovuta proprio alla sua estetica, e la Turchesa (o Viola, per via del colore della buccia), sarebbe presto scomparsa. Se non fosse stato, appunto, per questo pugno di arditi che hanno creduto in lei, che grazie ad un anziano agricoltore di Isola del Gran Sasso, del quale purtroppo non ricordano il nome, sono riusciti a riportare in auge questo straordi-nario prodotto; un prodotto che oggi è addirit-tura tutelato da un marchio registrato, mentre la sua produzione è tracciata e autocertificata, fino a poter risalire al numero di lotto.Filiberto Cioti è uno degli arditi, tra i pochi che inizialmente ha creduto a questo proget-to. All’avvio del mese di aprile nei sui campi, a Paterno di Campli, ha seminato la Turchesa, (si semina infatti da marzo a giugno, a seconda dell’altitudine e dell’andamento stagionale) che raccoglierà ad agosto. Cioti è il vice presi-dente dell’Associazione Produttori della Patata Turchesa del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, e con gli altri componenti dell’associazione ha condiviso la certezza di una rinascita della Turchesa. E giusto definire rinascita o rivalutazione di un prodotto tipico, quanto accaduto con questa specialità? I termini sono esatti; parliamo di una produzio-ne storica, che però stava scomparendo ed è stata ritrovata, di conseguenza anche rivalutata. E’ successo dieci anni fa, grazie ad un anziano agricoltore di Isola Gran Sasso che la coltivava ancora. Aveva pochi tuberi, lui non si rendeva conto della loro preziosità, avendola sempre coltivata per se stesso, mentre, al contrario,

TERR

ITO

RIO

6

SONO LADY TURCHESA E VENGO

DA CAMPLI

Page 7: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

La patata in “abito da sera” popola l’agro della Laga. Era in estinzione

STEFANIA MEzzINA

tanta gente preferiva dedicarsi ed acquistare ulteriori tipi di patata, in quanto l’estetica della Turchesa non era e non è sicuramente il massi-mo. Da quel punto, dunque, siamo ripartiti ed abbiamo avviato un percorso che si è rivelato importante e che ha dato i suoi frutti. Cosa contraddistingue la Turchesa nelle forma, nelle proprietà nutrizionali e nel gusto?

La forma bitorzoluta e la colorazione della buc-cia, viola, il contenuto è a pasta gialla e poi per proprietà nutrizionali in quanto è a basso con-tenuto di acqua e contiene più antiossidanti; inoltre non è mai stata toccata geneticamente e questo è un fatto importantissimo. Insomma, è rimasta,tale e quale alla scoperta. Da evidenzia-re anche che l’associazione non usa prodotti di sintesi chimici per coltivarla meglio. Mentre dal punto di vista dell’utilizzo in cucina, la “morte” della Turchesa è nella realizzazione degli gnoc-chi. Tutti sono d’accordo che si tratta della pa-tata ideale per realizzarne ottimi, ma se si aves-sero dubbi in merito è sufficiente provare per credere. Altro impiego apprezzato e di gusto, è la cottura al cartoccio, mentre si presta meno ad essere fritta.

Dove sono reperibili le patate Turchesa? Si possono trovare negli ortofrutta specializza-ti, in sacchetti da 2 o 10 kg, sacchetti che sono forniti di relativa scheda tecnica e tracciabilità, mentre dal 2012 è inserita nell’elenco dei pro-dotti agroalimentari tradizionali d’Abruzzo. At-tualmente, il nome “La Turchesa” ed il relativo logo sono un marchio registrato dal Parco Asso-ciazione Produttori della Patata TurchesaSi produce solo in un determinato punto del territorio? Per volere dei soci dell’Associazione dei Produt-tori della Patata Turchesa del Parco, l’area di pro-duzione è limitata ai 44 comuni i cui territorio ricadono completamente o, in parte, all’interno dell’area protetta; dentro i confini amministrati-vi del Parco della Laga del Gran Sasso, affinché questa coltivazione possa contribuire a far rifio-rire l’economia montana.

Quali sono i termini numerici della produzione di tutti gli associati?Attualmente siamo 17 associati, sul versante aqui-lano, teramano e reatino, per una produzione in-torno ai 500 quintali, o poco più, che attualmente non basta a soddisfare le richieste. In ogni caso, molti agricoltori la producono per uso familia-re. All’inizio di questo progetto, quindi nel 2008, eravamo solamente in 5 o 6, a crederci; tra questi ci sono stati dei giovani dell’aquilano che attivan-dosi subito sono stati e continuano ad essere av-vantaggiati, in quanto sono in grado di soddisfare maggiori richieste, anche fuori l’Abruzzo, nel Lazio.

L’Associazione Produttori della Patata Turchesa del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga è nata nel 2008: inizialmente contava 5/6 produt-tori, vuoi per la mancanza di seme della Turchesa, vuoi per lo scetticismo. Attualmente i produttori sono 17: il Presidente è Massimiliano Rosati, pro-duttore di Amatrice, mentre Filiberto Cioti ricopre la carica di Vice Presidente. La vita della patata Turchesa è affidata esclusiva-mente ai produttori dell’Associazione e quanti si dedicano prevalentemente a tale attività possono contare sull’acquisto incondizionato di tutto il tu-bero da riproduzione da parte dell’Associazione, previa programmazione dei quantitativi. La pata-ta da riproduzione viene scambiata tra i produt-tori aderenti all’Associazione grazie alla Legge

46/2007, che consente la libera vendita e, quindi, il libero scambio, tra coltivatori, di sementi per va-rietà da conservazione che siano coltivate da al-meno 50 anni e che siano iscritte in apposito Regi-stro Nazionale. Una particolarità dell’Associazione è quella di avere tra i propri soci anche ristoranti e punti vendita locali, che in questo modo acquisi-scono l’esclusività della vendita e della trasforma-zione in cucina della Turchesa.

TERR

ITO

RIO

7

SONO LADY TURCHESA E VENGO

DA CAMPLI

Foto di Nicola Cericola

Page 8: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

Da quando è stata inventata la fotografia, la trebbiatura è stata il lavoro agricolo più impresso sulle lastre di vetro, prima, e poi sulle pellicole; la

presenza contemporanea di diverse macchine e di tantissime persone rendeva, infatti, questo momento molto scenografico. Nel corso delle ricerche condotte sulla civiltà contadina, ho riscontrato che nessun altro lavoro ha lasciato testimonianze iconografiche così copiose; la stessa considerazione può essere fatta per quelle rintracciabili sul web. Negli ultimi anni, poi, si sono moltiplicate le feste popolari che hanno inserito nel loro programma la rievocazione storica della trebbiatura, facendola assurgere al ruolo di spettacolo; a fruirne non sono solo i nostalgici ultrasettantenni, che hanno vissuto quei momenti, ma anche un pubblico più giovane, attratto dalla

curiosità. Il persistere nell’immaginario collettivo dei ricordi legati alla trebbiatura rafforza l’importanza che la gente di campagna, e non solo, le attribuiva nel passato; essa rappresentava l’atto più solenne dell’anno agricolo per il valore del grano nell’alimentazione e nell’economia in genere delle famiglie dei contadini, di quelle dei proprietari dei terreni e dell’intera comunità; da un buon raccolto dipendeva la loro agiatezza e la disponibilità di denaro per soddisfare le esigenze più disparate, dalla dote per le figlie al mantenimento agli studi dei figli, quelli dei padroni naturalmente.Si può ben comprendere, quindi, quanto il contadino attendesse quel momento e solo quando la trebbiatrice, con tutti i suoi accessori, era arrivata sull’aia, egli tirava un bel sospiro di sollievo perché sentiva che stava per raccogliere i frutti di una lunga ed estenuante fatica, iniziata col dissodamento del terreno. In quel frangente riavvolgeva nella sua mente la pellicola e gli ritornavano in mente le soddisfazioni provate nel veder crescere bene e maturare le piante di grano ma anche tutti i patemi d’animo provocati da condizioni climatiche e atmosferiche sfavorevoli, come il vento e la grandine, il nemico numero uno del raccolto. Gli adulti, comunque, presi com’erano nell’organizzazione del lavoro, non lasciavano trasparire le emozioni che covavano nell’intimo del loro animo; i bambini, invece, si lasciavano andare alla gioia più sfrenata perché per loro la trebbiatura era un avvenimento straordinario; la vista degli imponenti mezzi, in particolare la “vaporiera”, e soprattutto il suono cadenzato delle macchine in funzione, li elettrizzava. Per loro era anche l’occasione di gustare dei cibi diversi dal solito, a cominciare dalla colazione, quando mangiavano gli stessi biscotti riservati agli operai. Se avanzavano, andavano a mangiarsene alcuni di nascosto, ammollandoli magari nel vino cotto e scappando, poi, di corsa per paura di essere scoperti. La trebbiatura era un lavoro complesso e prevedeva una manodopera considerevole, costituita dalle persone di famiglia, dai vicini, con i

INTORNO A UN CHICCO DI GRANO

Lo spettacolo della trebbiatura: i protagonisti

FRANCESCO GALIFFA

TERR

ITO

RIO

8

La binda - immagine di Fausto Camaioni

Page 9: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

quali ci si scambiavano le giornate di lavoro, e dai dipendenti delle imprese che possedevano i mezzi; era il lavoro agricolo che, per organizzazione, somigliava di più a quello di una fabbrica in quanto gli operai svolgevano dei ruoli ben distinti, assegnati in virtù della loro forza fisica e delle loro abilità.I primi soggetti a entrare in azione erano il proprietario della trebbia e i suoi dipendenti, che provvedevano a sistemare i vari macchinari sull’aia. Nell’effettuare l’operazione, si teneva conto della posizione della serra del grano e del posto destinato alla realizzazione del mucchio o della serra della paglia. La trebbiatrice era provvista d’indicatori di livello e la prima manovra era quella di disporla perfettamente in piano; se l’aia pendeva, era necessario scavare buche anche abbastanza profonde per far scendere le due ruote situate più in alto, oppure usare degli spessori per sollevare quelle posizionate più in basso. Nel compiere questi interventi si ricorreva spesso alla binda, molto simile al cric, usata per il sollevamento a modesta altezza di carichi anche rilevanti, dell’ordine delle tonnellate. L’ultima operazione consisteva nel preparare la “piazza”, il piano superiore della macchina, su cui dovevano disporsi gli operatori addetti a imbucare i covoni; essa si poteva ampliare con l’apertura di elementi mobili sui quali erano fissati dei ripari. Anche il carrello su cui era montato il motore a scoppio andava fermato; per paura che si spostasse per le sollecitazioni del motore in funzione, gli venivano bloccate le ruote, avvitando su di esse due spranghe di ferro incrociate. Tra il personale alle dipendenze del padrone, un ruolo importante era ricoperto dal motorista, che doveva mettere in funzione e badare al perfetto funzionamento del motore a vapore, prima, e poi di quello a scoppio.

Per quanto riguarda il primo, la preparazione iniziava durante la notte; la caldaia, che era sempre vuotata alla fine di ogni sezione di lavoro per alleggerirla in vista del suo trasporto, era riempita d’acqua; il “fuochista” accendeva il fuoco e lo alimentava col materiale più disparato messo a disposizione dal cliente; al sopraggiungere delle prime luci dell’alba la pressione del vapore era sufficiente per muovere gli ingranaggi della trebbiatrice. Agli addetti erano richieste competenze specifiche in fatto di meccanica e per esercitare il mestiere dovevano munirsi del patentino di “motorista”. Altre figure professionali erano i “macchinisti”, addetti al funzionamento e all’eventuale riparazione della trebbiatrice, della quale conoscevano ogni pezzo e ogni “vizio”.Altri due specialisti erano “lu taiarì” e “lu paiarì”. Il primo aveva la mansione di recidere con la falce la legatura dei “manocchi” e di passarli nelle mani del secondo, che, sistemato nella fossa prospiciente il battitore, aveva il delicato compito di infilare nella buca il fascio di grano; doveva dosare bene l’alimentazione e quando, per la fretta, “lu vazze” non era tagliato o la quantità imbucata era eccessiva, si sentiva uscire dalla trebbia un rumore profondo, sintomo di sofferenza, che faceva arrabbiare parecchio il proprietario del mezzo. Egli doveva anche rimanere sempre concentrato e non si poteva assolutamente far prendere dalla concitazione neppure quando, per esempio, l’arrivo di lampi e tuoni annunciava un improvviso e poco rassicurante cambiamento di tempo, che consigliava di accelerare i ritmi di lavoro; rischiava di incocciare la mano nella lama della falce usata dal suo collaboratore o di farsi risucchiare qualche arto dal battitore. I loro turni di lavoro erano massacranti, nonostante fossero in tre ad

9

TERR

ITO

RIO

Sistema di bloccaggio delle ruote del motore a scoppio

Page 10: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

alternarsi; a volte non dormivano per quarantotto ore di seguito. Questi lavoratori, poi, che erano generalmente piccoli proprietari o mezzadri con poca terra da coltivare, quando, ultimato il proprio turno, tornavano a casa, non potevano permettersi nemmeno di riposare qualche ora perché li attendevano delle faccende da sbrigare. Svolgevano quel lavoro per guadagnare quelle lire che permettevano di far quadrare il bilancio famigliare. Sulle trebbiatrici col battitore superiore ai 90 cm, potevano operare contemporaneamente due “paiarì”, assistiti da altrettanti “taiarì”. Prendevano posto sul piano di lavoro della trebbiatrice ampliato con l’apertura delle sponde; agivano in condizioni di sicurezza precaria perché, come si può riscontrare nelle foto, i ripari erano bassi e bastava un giramento di testa per ritrovarsi per terra. La posizione occupata, poi, li esponeva a due inconvenienti di ordine ambientale: l’eccessiva insolazione, che pativano maggiormente nelle ore più calde del giorno e dalla quale si riparavano con cappelli di paglia traforati, e la polvere, che risaliva dalla bocca della macchina. Per proteggersi da quest’ultima, usavano un grosso fazzoletto a pois, simile alle moderne bandane, disposto a protezione delle vie respiratorie; ma ben presto lo dovevano far scivolare sul collo perché la polvere intasava i forellini della stoffa ostruendo il passaggio dell’aria. Tutti gli altri addetti erano “operai generici” di diversa estrazione sociale: i famigliari, i vicini di casa, i piccoli proprietari e, non di rado, gli artigiani del paese, che, spinti dal bisogno, si adattavano anche a svolgere lavori agricoli. La loro destinazione alle varie mansioni era determinata in base alle caratteristiche di ognuno: a stendere i “manocchi” e al trasporto dei sacchi di grano andavano i più giovani, dotati di una maggiore forza fisica; si sobbarcavano i lavori sicuramente più pesanti, ma anche più puliti, perché stavano lontano dalla polvere della paglia e della “cama”. Alcuni si affrettavano a raggiungere l’aia con largo anticipo e conficcavano la forca sulla serra del grano per prenotare il posto.Una volta piazzata la trebbiatrice, il macchinista faceva suonare la sirena, azionata da una specie di dinamo accostata alla puleggia del motore; era il segnale che si poteva incominciare e che tutti gli operai dovevano raggiungere la propria

postazione. Quasi per incanto, l’aia era invasa da una folla d’operai, provenienti da ogni direzione, tutti muniti di una forca di legno, uno strumento strettamente personale, frutto della produzione autarchica dell’economia contadina. La consistenza del gruppo era proporzionale alla quantità di grano da trebbiare. Nelle campagne più grandi, quelle per intenderci che producevano tra i 150 e i 180 ql, erano necessarie dalle 30 alle 35 unità lavorative; in quelle più piccole il numero diminuiva. Nei giorni cruciali della trebbiatura, quando circolavano tutte le macchine, era difficile raggruppare tante persone, soprattutto per i coltivatori diretti, piccoli “proprietari”, che non godevano una buona fama, o per quei contadini che erano in cattivi rapporti con il vicinato; in tali occasioni era necessario che anche le donne si rimboccassero le maniche per dare una mano; queste, naturalmente, erano destinate ai lavori più leggeri, che però a volte coincidevano con quelli più fastidiosi e perciò rifiutati dagli uomini, come il maneggiare la “cama”. Nell’economia del lavoro della trebbiatura, alle donne, comunque, era affidato principalmente l’importante e delicato compito di provvedere al sostentamento degli operai. Gli impegni meno gravosi erano riservati ai soggetti cosiddetti “deboli”, i vecchi e i bambini; i primi spostavano con un rastrello la paglia e la “cama” depositate sotto la macchina e nei suoi paraggi; i secondi portavano in giro la brocca dell’acqua e il fiasco di vino per rifocillare gli operai. Una figura “passiva” era quella del padrone, spesso rappresentato dal fattore, senza la cui presenza non si poteva dare inizio alla trebbiatura; egli raggiungeva la casa del mezzadro, più che per controllare, per il gusto di assistere allo “spettacolo” e si lasciava coinvolgere volentieri nel clima della festa; il fattore, poi, si mostrava anche disponibile a chiudere un occhio al momento della pesa. A costoro era riservato, al pari dei macchinisti, un trattamento privilegiato per quanto riguardava la sistemazione e l’alimentazione: godevano di

10

TERR

ITO

RIO

Catena di alimentazione della trebbiatrice

Buca di introduzione del fascio di grano

Immagine di Fausto Camaioni

un posto all’ombra, di un piano d’appoggio e di una sedia per consumare i pasti; anche il vitto era particolare e se la donna poteva disporre in casa di un po’ di “caffè buono”, a colazione, lo offriva solo a loro!La squadra era ormai al completo, ma, prima di dare inizio al faticoso lavoro, la padrona di casa faceva servire una prima colazione, sulla quale ci sarà modo di soffermarci in una prossima puntata!

Page 11: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014
Page 12: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

Per la prossima stagione balneare, la Regio-ne Abruzzo è già intervenuta in maniera specifica a febbraio 2014, puntualizzando che la stagione balneare, per la predisposi-

zione di ciò che è necessario per il miglior svolgi-mento delle attività estive sul litorale, viene com-presa tra il giorno 8 marzo ed il 26 ottobre. Viene altresì precisato che le attività commerciali posso-no essere effettuate durante l’intero anno in linea con i piani commerciali e modalità delle relative licenze rilasciate dai comuni competenti per terri-torio come previsto dalla legge. Dal primo marzo invece è possibile avviare le attività preparatorie e di allestimento delle aree demaniali in conces-sione e delle spiagge libere. Tali interventi deve essere ultimati entro il 31 maggio. Per cause col-legate ad avverse condizioni meteo, sono neces-sarie autorizzazioni specifiche per l’effettuazione di questi lavori oltre tale termine. Ma gli obblighi per i concessionari non sono terminati. Infatti, le strutture mobili e le attrezzature balneari devono essere rimosse entro il 15 novembre. Per quanto concerne l’apertura al pubblico, i titolari delle con-cessioni sono autorizzati dall’8 marzo al 26 ottobre per l’elioteapia e dall’1 giugno al 7 settembre per la balneazione (attività di talassoterapia con servi-zi di balneazione). Per quanto concerne il servizio di salvataggio i titolari degli stabilimenti hanno

l’obbligo di attenersi al regolamento predispo-sto dalla Capitaneria di Porto anche in ordine alla fascia oraria di sorveglianza a mare. Il servizio di salvamento può essere assicurato anche in forma collettiva/associata, mediante elaborazione di un piano organico, tra stabilimenti balneari e spiagge libere contigue e deve essere comunque comuni-cato entro il 31 maggio. E’ fatto obbligo a ciascun assistente bagnanti di segnalare tempestivamen-te all’Ufficio Circondariale Marittimo di Giulianova eventuali incidenti o eventi straordinari in corso o conclusi attinenti la sicurezza della balneazione. Per quanto concerne l’attività specifica, i conces-sionari devono garantire l’assistenza almeno nei mesi di luglio ed agosto. Ma c’è anche una prescri-zione per il periodo invernale, ma solo per chi svol-ge attività commerciale. Nelle aree in concessione di questi stabilimenti aperti per la prestazione di servizi di ristorazione, gli spazi destinati a giochi possono essere mantenuti ed utilizzati. Occorre introdurre anche il discorso del posizionamento degli ombrelloni la cui prima linea non può essere inferiore a cinque metri rispetto alla battigia. Tale disposizione si applica anche per le spiagge libere i cui fruitori sono tenuti al rispetto della distanza. Qualche problema si ha nelle zone ad evidente erosione. In questo caso si applica una regola non scritta che è quella del buon senso.

I 10 “comandamenti” della guardia costiera

ALFONSO ALOISI

BENE LA TALASSOATTENTI AL SALASSOARRIVA L’ESTATE, AL SOLE E IN ACQUA SI STA SECONDO REGOLA

TERR

ITO

RIO

12

Page 13: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

Materiale di primo soccorso: in ogni stabilimento balneare, il materiale di primo soccorso deve es-sere custodito in idoneo locale all’uopo destinato, sito nell’ambito dello stabilimento, adibito esclu-sivamente a locale di primo soccorso, opportu-namente segnalato con apposita cartellonistica.

Divieti e obblighi 1-Non fare il bagno se non sei in perfette condizioni psicofisiche;

2-Anche se sei un buon nuotato-re non forzare il tuo fisico;

3-Dopo una lunga esposizione al sole entra in acqua gradualmen-te;

4-Lascia trascorrere almeno tre ore dall’ultimo pasto prima di fare il bagno;

5-Non entrare in acqua quando è esposta la bandiera rossa;

6-Se non sai nuotare bagnati in acque molto basse;

7-Non allontanarti oltre i gavitelli che delimitano la zona di sicurez-za per la balneazione;

8-Non allontanarti dalla spiaggia oltre i 50 m. usando materassini, ciambelle, galleggianti o piccoli canotti gonfiabili;

9-Evita di tuffarti dagli scogli;

10- Osserva quanto previsto nelle ordinanze per la disciplina delle attività balneari, in particolare:- non recare disturbo alla quiete dei bagnanti (schiamazzi, giochi, radio a volume elevato);- non portare animali sulla spiag-gia, ad eccezione delle zone ove espressamente previsto;- non montare tende, accen-dere fuochi, campeggiare sulla spiaggia.

BENE LA TALASSOATTENTI AL SALASSO

TERR

ITO

RIO

13

Sandro Pezzuto Comandante Circomare Giulianova

Chiunque esercita attività subacquee, al di fuori della zona di mare riservata alla balneazione, ha l’obbligo di segnalarsi in superficie secondo le modalità previste. In particolare, deve segnalare la propria presenza con un galleggiante di colore rosso recante una bandiera rossa con striscia dia-gonale bianca; di notte, con una luce lampeggian-te gialla visibile in superficie a giro d’orizzonte, con una visibilità non inferiore a 300 metri. Il subac-queo deve operare entro il raggio di 50 metri dalla verticale del segnale. Se vi sono più subacquei in immersione, è sufficiente un solo segnale qualo-ra tutti i subacquei operino entro un raggio di 50 metri dalla verticale del segnale. Qualora esista un mezzo nautico d’appoggio alle immersioni, lo stes-so dovrà essere munito di un salvagente e di una cima di lunghezza sufficiente. Il predetto segnale dovrà essere posizionato sull’unità, dove dovrà altresì stazionare una persona pronta ad interve-nire in caso di necessità. Il nuotatore che si trovi al di fuori delle acque riservate alla balneazione, ha l’obbligo di utilizzare il medesimo segnalamento previsto per l’attività subacquea (pallone galleg-giante di colore rosso recante una bandiera rossa con striscia diagonale bianca), con sagola non più lunga di 3 metri) o – in subordine – di indossare una calottina di colore nettamente contrastante con l’ambiente marino, per rendersi ben visibile. Ma esiste anche qualcosa che riguarda i fruitori delle spiagge. Infatti, per il programma “Mare Si-curo”, è stato stilato un decalogo del bagnante.

Page 14: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014
Page 15: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

MARTINA DI DONATO

Madonna della Misericordia

LA CAPPELLA DELLA MISERICORDIADONO DEI TORTORETANI SCAMPATI ALLA PESTE

TERR

ITO

RIO

15

Nel cuore di Tortoreto alto, tra Torrevecchia e Tor-renovs, sorge la Cappella della Misericordia. Fu costruita nel 1348 come segno di gratitudine nei confronti della Madonna che aveva preservato la cittadinanza di Tortoreto dalla peste nera, che colpi l’Italia intera nel 1347. All’interno della chiesa possiamo trovare i dipinti di Giacomo Bonfini ( ma molti sono dell’opinione che si chiamasse Confini) pittore di Patrignone, risalenti al 1526 e quindi ad un’ epoca di gran lunga posteriore rispetto alla co-struzione della Chiesa. Bonfini era allievo di Cola dell’Amatrice, il fu Nicola Filotesio, e probabilmen-te ha avuto un ruolo di collaborazione accanto a Michelangelo nell’affrescazione della Cappella Si-stina e con Raffaello.La parte esterna della Chiesa è fatta con matton-cini, donandole un aspetto omogeneo con quello delle altre Chiese. Le pareti sembrano narrare una storia a tappe, raggiungendo lo scopo che gli af-freschi avevano sin nelle loro prime apparizioni risalenti al Medioevo. Gli affreschi sulle pareti raf-figurano la passione di Cristo. Sulle pareti laterali e sulla parte sopra l’ingresso sono dipinte le scene dall’orto Getzemani, la cattura di Cristo, l’apposi-zione della corona di spine, Cristo fatto andare in processione con la croce in spalla davanti al popo-lo e l’andata al Calvario. Nella parte posta in fon-do, invece, sono presenti i dipinti che raffigurano la messa in croce di Cristo, con tutte le tappe. La storia prosegue per terminare sulla volta, dove è dipinta la Resurrezione di Cristo, raffigurato insie-me ai Quattro Evangelisti ( Marco, Matteo, Luca e Giovanni) e una Sibilla , la profetessa che nella tradizione culturale- religiosa annunciò la nascita di Nostro Signore. Essendo una Chiesa nata come ex-voto per la scomparsa della peste, non poteva-no mancare le raffigurazioni dei Santi tradizional-mente legati alla peste,come San Giobbe, Santa Caterina d’Alessandria, San Rocco, Sant’Antonio di Padova e della Madonna della Misericordia. Sono presenti anche affreschi dedicati alla nascita di Gesù.Accanto alla Chiesa, nasceva un ospedaletto, probabilmente utilizzato come lazzaretto in cui ospitare i cittadini colpiti dalla peste nera, succes-

sivamente fu adibito ad ospedale, attivo fino al 1800. Successivamente con il terremoto del 1939 la piccola struttura ospedaliera crollò, mettendo a repentaglio anche la sorte della Cappella, prece-dentemente ristrutturata per problemi al tetto, le-gati alle incurie della costruzione ( attorno al ‘600 venne abbandonata). I lavori di restauro definitivi risalgono ad epoca recente, sono infatti datati at-torno al 1983.Entrando in questa piccola opera d’arte si avverte una sensazione di misticismo che probabilmente i dipinti volevano trasmettere e nonostante questi portino il segno del passare del tempo, che ine-vitabilmente logora le pareti, si avvertano ancora le sensazioni di grazia che gli abitanti rivolgevano alla Madonna per lo scampato pericolo o almeno per aver aver messo in salvo gran parte della po-polazione.

Page 16: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

STEFANIA MEzzINA

E BUONANOTTE SUONATORI. MA NON TROPPOI Compari di Campagna non seguono lo spartito, vanno a orecchio. Ecco chi sono

16

Una band dal repertorio molto particolare, impazza e riscuote consensi tra la Val Vi-brata e la Valle del Tronto. Sono “I Compari di Campagna”, parenti

fra loro, decisamente un po’ fuori del comune. Con risultati entusiasmanti si improvvisano suonatori, armati di strumenti, alcuni dei quali realizzati dallo stesso gruppo, nonché cantanti e barzellettieri. I Compari sono: Giuliano Maurizi, di Controguer-ra, Domenico Pasqualini, nato e residente ad Ac-quaviva Picena, in provincia di Ascoli Piceno, Nello Di Emidio, nato a Controguerra ma vive a Nereto, Sandro Pichilli nato e residente a San Benedetto del Tronto, ma i genitori sono di origine teramana e Giuseppe (detto Peppe) Di Emidio, nato a Con-troguerra ma residente a Pagliare del Tronto. Non sono professionisti, anzi nella vita fanno tutt’altro, non sono conoscitori di musica, vanno a orecchio, bisogna dire molto buono, fino ad es-sere capaci di comporre una canzone, che ha il ti-tolo del gruppo, nella quale si racconta il mestiere e il territorio di ogni componente, il tutto con una

rima eccezionale. Una canzone abbastanza lunga, che però i Com-pari di Campagna spesso suonano solo in parte, in quanto non usando spartiti non la ricordano com-pletamente e proprio per questo il testo è molto, molto variabile, così come è a braccio anche ogni esibizione. Diciamo che, parlando di artisti, “nulla è lasciato al caso”, questo non rispecchia certamente lo spirito delle esibizioni del sanguigno gruppo. Che però, proprio per la loro genuinità è ricercatissimo e in tanti fanno a gara per averli alle loro feste. La loro fama è arrivata in tv e due dei Compari, Giuliano e Nello, nel 2011 e qualche mese fa sono stati chiamati e hanno partecipato con successo come attori a “Forum” la trasmissione delle reti Mediaset.

Giuliano Maurizi, (suonatore di du bott), quan-do nascono i Compari di Campagna? “Siamo nati nel 2004 prendendo spunto dal tradi-zionale momento di aggregazione del dopo ven-demmia, avvenuto a casa mia. Proprio con lo spiri-to della tradizione, al termine di ogni vendemmia si realizza una festa. Ci siamo ritrovati, come sem-pre, un gruppo di amici, alcuni dei quali parenti tra loro (due fratelli, Nello e Peppe e i loro cognati Sandro e Domenico ndr) e ci è venuto in mente di costituire questo gruppo popolare. Siamo partiti utilizzando il dubott, poi ogni anno al termine del-la vendemmia abbiamo aggiunto uno strumento”.

Quali sono gli ulteriori strumenti musicali?“Il cembalo, che suona il compare Peppe, succes-sivamente lu rbbcò, suonato dal compare Sandro, e infine due zrriò, utilizzati da Nello e Domenico”.

PEO

PLE

Page 17: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

PEO

PLE

Alcuni di questi li costruite voi?

Lo zrriò lo realizzano gli altri compari, utilizzando un secchio di plastica, di quelli che contengono la vernice da pittura, ponendolo capovolto e in-filando nel foro centrale un filo di nylon, di quelli utilizzati per le tende, reso rigido da un bastone di legno. Lu rbbcò è fatto con un barattolo di latta il cui fondo è vuoto, mentre la parte superiore viene tappata da una pelle di daino o agnello, quest’ulti-ma più difficile da trovare, e al centro viene legata una canna lunga 50/60 centimetri con un diame-tro da 1,5 a 2 centimetri. Queste spiegazioni sono rivolte ai più giovani, perché quanti sono più avan-ti con l’età conoscono certamente queste caratte-ristiche”.

Si arriva così alla prima foto ufficiale, scattata nel 2008 in occasione del matrimonio di Melissa Di Emidio, figlia del compare Peppe, dalla quale prende spunto anche l’idea di realizzare un calen-dario. Circostanza che si ripete ad anni alterni.

I successivi calendari dove sono stati ambien-tati?

“Gli scatti fotografici del secondo calendario sono stati effettuati a Bassano del Grappa, dove siamo andati in occasione di un gemellaggio con gli alpi-ni, perché il compare Domenico è uno di loro e il terzo, nel 2013, è frutto di una caricatura dell’arti-sta neretese Francesco Perilli”.

Per quale motivo siete così ricercati e applau-diti?

“Sicuramente perché lo spirito che ci unisce è quello del sano divertimento, tra noi e rivolto agli amici e ai familiari. Infatti i nostri incontro sono le-

gati ai momenti della vendemmia, di vita familiare, conviviali con amici. I nostri strumenti musicali ci accompagnano sempre e sono parte integrante della nostra vita. L’ulteriore è perché nel nostro piccolo cerchiamo di mantenere vive le tradizioni popolari abruzzesi e marchigiani, essendo rappre-sentativi dei due territori”.

Per le vostre esibizioni chiedete un pagamen-to?

“ Il motto del gruppo è “chiamate solo se ci si beve e ci si magna”, che rappresenta lo spirito dei Com-pari di campagna e le eventuali offerte che qual-cuno vuole fare sono devolute in beneficenza ”.

Il loro pezzo forte? Le serenate, anche queste in omaggio alle tradizioni. Perché all’ottanta per cen-to sono proprio le serenate alle coppie in procinto di sposarsi, o che festeggiano ricorrenze impor-tanti ad entusiasmare i loro fan, e la loro presenza ai matrimoni è ambita. Naturalmente a quelli di amici e parenti, ai quali il gruppo fa la sorpresa di una esibizione.

Il gruppo sta maturando, in tutti i sensi, e se in pre-cedenza, a seguito di nascite di bambini si diven-tava zii, ora si comincia a diventare nonni. Vuole la tradizione, avviata dai compari, che in caso di na-scita di bambini nell’ambito della famiglia gli stes-si strumenti utilizzati dal gruppo, vengano donati al neonato, dopo essere stati realizzati dagli stessi compari, ma in miniatura. Quasi un incitamento a proseguire il percorso in-trapreso dai parenti, per mantenere questa tradi-zione popolare.Un incitamento che si è rinnovato recentemente in occasione della nascita di Giada, prima nipote del Compare e nonno Giuliano Maurizi.

17

Page 18: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

VALERIA CONOCChIOLI

LE MANI…PARLANOSono quelle di Gaetano Mario Ron-chi pittore e ceramista

PEO

PLE

La sua parola d’ordine è sperimentare usan-do sempre materiali diversi. Lui è Gaetano Mario Ronchi, artista di Civitella del Tronto. Dopo gli studi liceali artistici, si laurea pres-

so l’Accademia delle Belle Arti dell’Aquila, spe-cializzandosi in scenografia. Nasce quindi come grafico e disegnatore e pian piano, grazie alla frequentazione di botteghe e ceramisti di Ascoli Piceno, approda a questa nuova forma artistica.Utilizzando i materiali più diversi, realizza oggetti e tele seguendo la sua ispirazione o su commis-sione. Nel suo laboratorio abbondano soprattutto le opere in ceramica che nascono seguendo una precisa lavorazione. Dapprima viene acquistato il materiale grezzo (“biscotto”) che poi è smaltato, decorato con colori (ossidi) e cotto in forno a 920° per otto ore e mezza. Prima di tirare fuori l’oggetto

è necessario aspettare un paio di giorni per far sì che la temperatura scenda gradualmente e non si creino shock termici. Una volta raggiunti gli 80° è possibile aprire il forno e tirare fuori le opere che, a questo punto, hanno assunto un aspetto diverso poiché lo smalto si è vetrificato e il colore si è defi-nitivamente fissato sull’oggetto.Per quanto riguarda le tele, l’artista realizza una pittura ad acrilico, abbastanza moderna e mate-rica. Aggiunge infatti all’opera i più svariati ma-teriali come carta, colla, corde, sabbia e segatura. In questo modo modifica il supporto della tela e su questo va poi a dipingere, seguendo molto le emozioni del momento e creando opere di getto.

Artista a tutto tondo, ama anche dipingere su le-gno con acrilici o china, sui coppi e sui vasi, o rea-lizzare sculture con la terra.Tra i soggetti delle sue opere si distinguono molti paesaggi, scorci e fiori. Non mancano poi le figure sacre, come quella che ogni anno realizza sul piat-to in palio alla lotteria del Santo Patrono di Civitel-la, Sant’Ubaldo, festeggiato il 16 maggio. Immancabile anche la presenza del suo paese: sono infatti molti gli oggetti che riproducono i suggestivi scorci del borgo civitellese. È questo il soggetto più apprezzato, non solo dai nativi del luogo ma anche dai turisti che possono apprezza-re le sue opere in bottega o durante i mercatini.Ancora una conferma, quindi, che i punti di forza del nostro territorio sono proprio le bellezze del suo paesaggio e il fascino storico dei suoi antichi borghi.

18

Page 19: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

“Un pessimista vede la difficoltà in ogni opportunità;un ottimista vede l'opportunitàin ogni difficoltà.”Winston Churchill

Diamond Media Group s.r.l. comunicazione - concessione pubblicitaria - editoria

Via C.Levi, 1 64027 Sant’ Omero (TE) Tel 0861.887405 mail: [email protected]

Page 20: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

Come è a tutti noto la Val Vibrata ha sem-pre avuto una forte produzione di tessuti, basti ricordare che fino agli anni ’60 c’era-no delle grandi coltivazioni di canapa, poi

divenute illegali, ma andava anche la coltivazione della seta. In età moderna è stata l’industrializza-zione a fare da padrona nei nostri territori, non fosse altro che la Val Vibrata era conosciuta come uno dei più grandi centri industriali di Italia, e poi il declino. Ma cosa c’era prima ancora della canapa, delle industrie? Come si vestivano le persone? Le donne, i bambini, gli uomini? Nel cuore di Civitella del Tronto c’è un luo-go che ha le risposte a queste domande, si tratta del NACT. L’acronimo sta per “ Nina museo delle Arti Creative Tessili ”, un vero e proprio museo delle fibre; qui infatti è raccolta la storia del tessuto, o almeno

gran parte di essa. A presentarcelo è il responsabile di gestione Guido

Scesi, che ha creato questo museo con gli abiti appartenenti alla

sua famiglia e con quelli che per passione ha recuperato un

po’ da tutte le parti d’Italia. Un vero e proprio tesoro gli è stato lasciato in eredità dalla nonna, Nina appunto, che gli ha trasmes-so l’amore per la moda del passa-to. All’interno del museo è possibile trovare la storia della tessitura, non solo nei manufatti ma anche nelle macchine da cucire, nelle macchi-ne per tessere. Sono conservate in-

fatti, in ottimo stato delle macchine da cucire risalenti alla seconda metà

dell’Ottocento, del ‘900, c’è anche un più moderna magliatrice, che ha lavo-

rato fino a qualche anno fa. Sono con-servati anche dei timbri nepalesi e italiani,

A Civitella del Tronto c’è la storia della tessitura che Guido Scesi ha ereditato dalla nonna

MARTINA DI DONATO

TERR

ITO

RIO

QUANDO NINA FILAVA, FILAVA LA CANAPA

Page 21: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

antenati delle no-stre macchi-ne da stampa. Non rimane difficile immagi-nare quelle donne che confezionavo vestiti per le ricche signore o magari cuffiette da giorno o da passeggio. C’è poi una seconda sala dedicata per lo più agli abiti da donna (mi spiega Guido che gli abiti da uomo venivano riutilizzati per altro, ma-gari per realizzare coperte, o magari abiti da la-voro, mentre gli abiti femminili si tramandavano

di generazione in generazione ndc). Sono presenti all’interno della sala abiti

risalenti al ‘700, che dipingono chiaramente gli usi ed i co-

stumi della classe nobilia-re e dell’epoca barocca.

I manichini, apposita-mente fatti arrivare

dall’estero, mo-strano figure esili, con delle vite da vesta che sem-brano fuori dal normale, ogni epoca poi ha la sua partico-larità: dalle ac-collature quasi soffocanti del

‘700, all’accenno di scollatura de-

gli abiti dell’800, in cui si iniziavano an-

che ad intravedere le caviglie. Ci sono anche

gli abiti delle occasioni, e quello di una sposa risalente

al 1912 donato da un privato a quello funebre del ‘900. Un accessorio

che non manca quasi mai è l’ombrello, che do-nava quel tocco in più all’abito. Ma in questo 400 pezzi di storia del costume sono presenti anche articoli maschili, interessanti sono il frac del ‘900 e gli abiti appartenenti a ufficiali.Sono presenti anche articoli di biancheria inti-ma, particolarissimi le mutande maschili, lunghe come pantaloni per evitare il contatto con la lana,

ed i corpetti da donna.L’idea che nasce con questo mu-seo è quella di recuperare la nostra tradizione tes-sile, riportando alla luce i manufatti storici, che ci permettono di conoscere anche quale lavoro svol-gevano le nostre donne magari che lavoravano la seta o lavoravano al tombolo, realizzando delle fantastiche coperte, chi poteva permetterselo le cuciva alle proprie figlie per corredo, lavorando giorno dopo giorno solo per realizzare un piccolo punto, sembra strano per noi che siamo abituati al tutto , ma entrando in questo piccolo tempio della storia del costume si riesce a capire l’importanza della storia.All’interno è stato creato uno spazio didattico per le scuole, in cui viene spiegata tutta l’evoluzione della moda e dell’artigianato, inoltre sono in ven-dita anche prodotti realizzati da artigiane locali.

TERR

ITO

RIO

21

Page 22: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

Rubini Moda ...ti veste con stile

Page 23: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

Rubini Moda ...ti veste con stile

Page 24: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

PARIDE TRAVAGLINI

RITORNO DAL PASSATO

Le mummie di Monsampolo stregano turisti e scienza

TERR

ITO

RIO

24

Page 25: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

TERR

ITO

RIO

In un museo unico di provincia, a Monsampolo del Tronto, sono conservati 20 corpi perfetta-mente mummificati. Sono stati trovati con vesti, manufatti ed ogget-

ti come rosari, medaglie ed anelli rinvenuti duran-te lo scavo archeologico.Il museo con la cappella della Buona Morte, della Chiesa Maria SS Assunta, inaugurato il 22 giugno 2013, è stato realizzato grazie ai fondi messi a di-sposizione dal POR Marche.Il progetto magistralmente condotto grazie al contributo della Provincia di Ascoli Piceno e del Comune di Monsampolo del Tronto, ha arricchito la cultura del territorio, grazie al responsabilecomunale alla cultura, Mario Plebani, a Franco Ugo Rollo, ordinario di Antropologia all’Università de-gli studi di Camerino, docente di mummiologia, a Thessy Schoenholzer Nichols esperta di tessuti e costumi antichi, a Daniele Diotallevi della Sovrin-tendenza BSAE di Urbino e all’archeologa Mara Militello. Il museo accoglie ed espone le opere d’arte rin-venute durante i lavori di restauro o attinenti alla Confraternita della Buona Morte. È utile segnalare le opere devozionali esposte ed utilizzate nei riti della Settimana Santa: l’Ecce homo e Gesù Crocifisso delle “Tre ore di agonia”. È stato restaurato l’affresco della “Pietà” e sono state aggiunte due sculture devozionali: “La Ma-donna del Rosario” ed il simulacro di “S.Teopista”.A gennaio, Italia Uno aveva presentato nel pro-gramma “Mistero”, il museo ed i percorsi ipogei sotto il castello medievale.

Ci turba ancora il danno alla volta del Cimabue nella Basilica Maggiore di Assisi per un sisma che toccò il cuore di due regioni (Umbria e Marche) e tra i comuni anche Monsampolo del Tronto, nel 1997.Nel 2003, per il recupero dei beni culturali lesi da-gli eventi sismici la Sovrintendenza archeologica delle Marche, con l’archeologa Mara Militello è in-tervenuta per lavori di riparazione e restauro della cripta della Chiesa di S. Maria Assunta.In tale occasione è stato individuato un sistema di 18 fosse circolari, in argilla, con andamento est-o-vest aventi varie dimensioni, siti di conservazione di derrate alimentari. Questi erano stati chiusi nel-la seconda metà del 500 per l’edificazione della chiesa.Le fosse, erano state in parte distrutte dalla costru-zione della chiesa con annessa la cripta ed in parte trasformate in ossari rinvenuti durante lo scavo. Gli ossari molto compromessi, all’inizio del 1800 furo-no svuotati dei corpi che vennero traslati nell’atti-gua cappella della Buona Morte e lì murati.La Buona Morte era una delle Confraternite del pa-ese, quella più umile, che si occupava del cimitero. Portava alla sepoltura tutti i defunti sia del paese che quelli residenti nelle campagne vicine, accom-pagnandoli liturgicamente e suffragandoli con il Santo Uffizio della Messa.Caduto il muro, si è avuta l’eccezionale scoperta delle 20 mummie naturali perfettamente conser-vate tra ossa umane sconnesse, con ancora gli abi-ti addosso. Quando si parla di mummie il pensiero va a quelle egizie, le cosiddette mummie antropo-

Responsabile Mario Plebani

Page 26: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

geniche o artificiali in cui il processo di mummifi-cazione avviene per intervento diretto dell’uomo (imbalsamazione).Le mummie di Monsampolo, tranne un esempla-re, appartengono invece all’altra tipologia, quella delle mummie spontanee cioè mummie prodotte per eventi del tutto naturali (ecofatti). Rollo e Thessy Schoenholzer Nichols concordano sull’eccezionalità del ritrovamento sia dal punto di vista del processo di mummificazione che della storia del costume per via della conservazione de-gli abiti. È raro infatti rinvenire bustini in canapa, ginestra e cotone, fibre vegetali che generalmen-te non resistono al degrado derivante da tanti anni di sepoltura.Come scientificamente dimostrato, nelle sepolture ordinarie per interramento, i tessuti a componente proteica, così come nel corpo umano i capelli e le unghie a base cheratinica, essendo a ph acido, in particolari condizioni di idoneità del microclima, resistono al naturale degrado. Se dunque le con-dizioni climatiche delle sepolture sono favorevoli e il tasso di umidità non è elevato, la seta e la lana, fibre di origine animale, resistono al degrado così come gli strati epidermici, i capelli e le unghie del corpo del defunto, perché uguali sono le caratteri-stiche di costituzione chimico-fisica.Il caso del ritrovamento delle mummie nella crip-ta di Monsampolo presenta condizioni opposte a quelle sopra citate, per quanto riguarda i livelli del ph riferibili ai luoghi delle sepolture, difatti la crip-ta della chiesa e le rispettive fosse granarie sono state ricavate direttamente nella pietra calcarea, a ph basico, lo stesso dunque di quello naturalmen-te riscontrabile nelle fibre vegetali. Sono queste condizioni che hanno favorito l’ottima conserva-zione dei manufatti tessili, realizzati con tali fibre.Ed è proprio la semplicità dei tessuti che tradisce l’origine umile dei cadaveri, si tratta di gente pove-ra, molto probabilmente contadini piceni.Soltanto una delle mummie indossava con tutta probabilità abiti di seta, dei quali ovviamente, vi-ste le premesse sulle condizioni microclimatiche, non è rimasta traccia alcuna. Il corpo, che potreb-be appartenere ad un alto prelato o un nobile, è stato rinvenuto privo di vesti ed è evidente la con-dizione di mummificazione artificiale alla quale è stato sottoposto in seguito al decesso.La qualità della ricerca ed il valore degli esperti hanno consentito di definire un “quadro”unico al mondo, per quanto riguarda la compresenza di così tanti elementi di questo periodo e di questo luogo geografico; la corretta datazione restituirà un’immagine completa del contesto storico, socia-le ed economico. La nascita, la morte, il lavoro, la prole, i matrimoni, le vedovanze; varie classi sociali con i rispettivi abiti e le loro decorazioni, ora son-tuose ora semplici, in uno spaccato completo della società del tempo. Vale la pena di aprire questo libro di storia specia-le, del territorio che rappresenta anche una raris-sima occasione per studiare e testimoniare la vita contadina di un’epoca della quale riappropriarsi

con nuovi dati da aggiungere alle pochissime trac-ce già reperite.Il museo della cripta sarà aperto dal 18 al 21 aprile, dal 25 al 27 aprile e dal 1 al 4 maggio con orario 16-19, il 18 aprile dalle ore 20 alle ore 23. Per il pe-riodo giugno-agosto osserverà l’orario 20-23. Info- 3939787891

I percorsi Ipogei Terra Vecchia, è il nucleo più antico di Monsampo-lo del Tronto (XIII secolo). Al di sotto c’è un mondo tutto da scoprire con pas-saggi, cunicoli, grotte, scalinate, botole, nicchie, pilastri, capitelli e archi di vario genere utilizzati nel medioevo per far fronte all’emergenza in caso di assedio.Attualmente ci sono 120 metri di camminamenti ipogei percorribili, aventi orientamento uno NS l’altro EW, situati sotto il colle di Terra Vecchia, di-sposti a strati fino a 20 m sotto la piazza.Il percorso NS ha l’ingresso in via del Castello, nell’edificio che ricorda la forma di una torre qua-drangolare.Tra le varie curiosità, la presenza di uno scivolo che arrivava fin dentro un armadio con un fondo finto all’interno di una stanza del palazzo Guiderocchi (una delle famiglie nobili di Ascoli che insieme alla famiglia Malaspina costruì tra il 1500 ed il 1600, il palazzo a ridosso delle mura). Lo scivolo rappresentava una via di fuga in caso di bisogno. Camminando si arriva al luogo più misterioso di tutto il percorso: la zona presenta portali in mura-tura, intonacati, rifiniti con una strana forma. Sono di media altezza, hanno un ripiano intermedio ed in particolare troviamo dei gocciolatoi .Il luogo è freddo,umido, difficilmente fa pensare ad un magazzino di conservazione di derrate ali-mentari, ma consente di ipotizzare situazioni mi-steriose, di personaggi della massoneria.Dei gocciolatoi alcuni storici ipotizzano sacrifici umani del mondo dei templari .A supporto di questa teoria, la testimonianza data da una formella di fattura templare presente sul portone d‘ingresso del palazzo Guiderocchi.

BIBLIOGRAFIA1- Dott.ssa Thessy Schoenholzer Ni-chols : Atti del convegno- “Le mummie di Monsampolo tra scienza e costume: analisi, studi e restauro” del 29 settem-bre 2012.

26Foto di Paride Travaglini

Page 27: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

ILLUSTRAZIONI DI GIORDANA GALLI

TESTO CLASSE IV, SCUOLA ELEMENTARE DE VALENTINI DI CALLIANO (TN)

Page 28: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

ara mamma e caro papà

vi auguro Pace e felicità,

e questo augurio lo vorrei fare

a tutto il mondo che vuole amare.

Soprattutto vorrei che la guerra

sparisse per sempre da tutta la Terra.

Vorrei trovare fiori e colombe

al posto di fucili e bombe.

Page 29: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

Vorrei vedere bambini felici

e che non ci siano più nemici,

così la Pace regni nel mondo

e ovunque ci sia un bel girotondo.

E Pasqua sia il ricordo migliore

di Chi ci ha insegnato

il perdono e l’amore

Page 30: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

RITAGLIA E COLORA

Page 31: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

La SaTIRaDI PERILLI

Page 32: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

Piattaforme on line per finanziare progetti e società di capitali

ALESSANDRA DI GIUSEPPE

Crowdfundingil finanziamento nell’era digitale

32

In Europa ci sono 20 milioni di piccole e me-dio imprese (PMI), che fatturano meno di 50 milioni di euro e con meno di 250 dipendenti. Sono imprese che danno lavoro a 90 milioni

di persone, la loro sopravvivenza è quindi fonda-mentale per l’economia dell’Unione. Il credit crunch, la difficoltà di accesso al credito, è una costante in negativo degli ultimi anni.L’80% dei finanziamenti continua a derivare dalle banche, ma il Parlamento europeo guarda con favore al crowdfunding, o finanziamento collettivo, come forma di finanziamento alterna-tiva potenzialmente migliore.Il termine crowdfunding deriva dall’inglese “crowd”: folla e “funding”: finanziamento. E’ un processo di raccolta fondi per sostenere progetti di persone ed organizzazioni attraverso l’utilizzo di siti internet (“piattaforme” o “portali”).Tutto ha inizio da un’idea creativa, in qualsiasi settore dell’economia: dalle sturt up innovative ai partiti politici, dal mondo dell’arte al volonta-riato; occorre, inoltre, stabilire delle ricompense e prefiggere un traguardo in termini di budget e tempo.

IMPR

END

ITO

RIA

Page 33: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

Piattaforme on line per finanziare progetti e società di capitali

33

Chiunque ha un’idea, un progetto, può effettuare una vera e propria raccolta fondi on-line: tante pic-cole somme (da poche decine o migliaia di euro) a fondo perduto sfruttando la viralità del web.Quando attraverso l’investimento si ottiene, non una semplice ricompensa, bensì una vera e pro-

in Italia. L’Italia vanta un record una volta tanto. E’ stato, infatti, il primo Paese in Europa a dotarsi di una normativa specifica per il solo equity crow-dfunding.Il decreto legge n. 179/2012 (convertito nella leg-ge 17 dicembre 2012, n. 221) recante “Ulteriori mi-sure urgenti per la crescita del Paese” (noto anche come “Decreto crescita bis”) ha dedicato alcune norme all’equity crowdfunding per la crescita delle start up innovative.La Consob recentemente ha emanato un rego-lamento recante disposizioni sulla raccolta di capitali di rischio da parte di start up innovati-ve tramite portali on line” ai sensi dell’articolo 50-quinquies e dell’articolo 100-ter del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 e successive modificazioni.In seguito all’adozione del Regolamento Con-sob i finanziamenti tramite crowdfunding sono aumentati cospicuamente perché è aumentata la fiducia degli investitori, anche se in Italia il fe-nomeno è ancora molto ridotto rispetto al resto d’Europa ed al Nord America.Come funziona. In primis, bisogna consultare i portali on line che si occupano di equity crowdfunding ovvero

piattaforme vigilate dalla Consob che facilitano la raccolta del capitale di rischio.I portali contengono delle schede standard pre-viste dal Regolamento Consob che forniscono le informazioni sulle start up innovative.I portali possono essere gestiti soltanto da due ti-pologie di soggetti: 1. Autorizzati dalla Consob ed iscritti in un apposito registro.2. Banche ed imprese di investimento auto-rizzati e annotati nella sezione speciale del regi-stro Consob.Come completare l’investimento.Deciso l’investimento (l’impresa che ci interessa), il gestore del portale trasmette l’ordine di adesione ad una Banca oppure ad una impresa di investi-mento.Le offerte di capitali on line emesse da start up innovative sono offerte “speciali” disciplinate dalla legge e dalla Consob.Attenzione ai rischi.L’investimento in start up innovative presenta ri-schi maggiori di quelli tradizionali. La normativa interna in tema di equità crowdfun-ding, consente di sottoscrivere partecipazioni solo delle start up innovative, un investimento rischioso visto che si diventa soci, quindi, è con-sigliabile diversificare gli investimenti, con per-centuali del portafoglio da dedicare alle attività tradizionali.Una raccomandazione: per qualsiasi offerta o pro-posta o interessamento personale rivolgersi alla Consob!!!!!Sul sito della Consob c’è l’elenco di tutti i gestori dei portali on-line.

“Il termine crowdfunding

deriva dall’inglese “crowd”: folla e

“funding”: finanziamento”

IMPR

END

ITO

RIA

pria partecipazione nella società si parla di equi-ty-based

crowdfunding, il quale necessita di maggiore at-tenzione.In Italia ci sono circa 41 piattaforme, attive e non (alcune ancora in fase iniziale).Andiamo per ordineI modelli di crowdfunding sono fondamentalmen-te quattro:- Reward based - Donation based- Equity based- Lending based1)Reward based crowdfunding. Persone che fi-nanziano un progetto attraverso donazioni con in cambio una ricompensa o premio.2)Donation based crowdfunding. Donazioni a ti-tolo gratuito per esempio per sostenere progetti sociali o di volontariato, senza ottenere nulla in cambio.3)Equity based crowdfunding. In cambio del dena-ro investito si ottengono partecipazioni azionarie.4)Lending based crowdfunding. Raccolta fondi che si basa su micropresiti tra privati. Le due parti possono contrattare il finanziamento su piattafor-me create ad hoc.Interessante, ma il modello che necessita di ulte-riore approfondimento è l’equity crowdfunding, in quanto caratterizzato da rischi maggiori nonché strettamente connesso alla realtà delle sturt up innovative ovvero piccole società di capitali (spa, srl o cooperative), nascenti e impegnate in settori innovativi e tecnologici. La disciplina normativa sull’equity crowdfunding

Page 34: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

Comunicazione, ricerca e valorizzazione dei nuovi protagonisti: sono i tasselli che compongono il mosaico della Dam.Co di Martinsicuro. Ne parliamo in quanto

realtà del territorio, i cui vertici e staff sono tutti giovani, andando a rappresentare una iniezione di positività, in questi tempi di crisi. Certamente seppur costola della più storica Mar-tintype di Colonnella del sambenedettese Giu-seppe Damiani, i figli Emanuela, amministratore delegato della Dam.Co ed Enrico, direttore com-merciale, sono stati avvantaggiati dall’essere stati già parte integrante, attiva, nella realtà operativa da oltre 30 anni operativa nel campo delle arti gra-fiche, ma questo è un altro fatto. Certamente non da demerito ma bensì da lodare, per quel voler proseguire una tradizione familiare che non tutti i giovani accettano, cercando, al contrario, nuova linfa, altrove, quasi a non voler posizionarsi sotto un’ala protettiva familiare, e cercando nuovi canali per un futuro imprenditoriale proprio, che di con-seguenza offre opportunità occupazionali.

Bisogna spiccare il volo, e i giovani Damiani lo han-no fatto, coinvolgendo quali collaboratori altri gio-vani, in questa avventura iniziale, che sta dando i suoi frutti, e in tempi di crisi come quelli odierni certamente non è di poco conto.Con il Direttore Commerciale, Enrico Damia-ni, parliamo di questo progetto professionale, partendo da quando è nato. “Il progetto Dam.Co nasce nel 2011, e si è svilup-pato in due anni; si è concretizzato alla fine del 2013, anche se la realtà imprenditoriale è nata ufficialmente nel 2012. Si potrebbe definire una costola della Martintype, ma in realtà non è così, perché seppure nata come spin off dell’azienda, in quanto la precedente era sviluppata nel cartaceo, la Dam.Co guarda al futuro, andandosi a collocare nel digitale. Dam.Co ha esteso e integrato i tradi-zionali servizi di comunicazione alla multicanalità, dando vita ad un’azienda e un team che fanno dell’evoluzione e dell’innovazione le loro caratte-ristiche distintive”.

New jobs: arte e valorizzazione di nuovi talenti la mission dell’azienda teramana che assume

STEFANIA MEzzINA

DAM.CO DAL CUORE DIGITALE

34

IMPR

END

ITO

RIA

Page 35: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

In cosa consiste il vostro lavoro?“L’azienda progetta e realizza soluzioni persona-lizzate di comunicazione integrata, generando contenuti multicanale, offrendo servizi e strumen-ti attraverso canali di comunicazione che suppor-tano e completano quelli tradizionali della grafica. In sintesi, sviluppa comunicazione in digitale, re-alizzando in tal senso cataloghi, brochure e altro, avviando così una collaborazione con aziende evolute nell’ambito della comunicazione delle ri-spettive professionalità”. Come si è concretizzato il vostro lavoro e come pensate di proseguire in futuro, in quali paesi state operando e andrete a operare?“Il nostro impegno si è concretizzato con la colla-borazione avviata con numerose aziende, quali la Melluso, Selta, Time Office, Euromobili, Las, Aran cucine, Marcuzzo From Italy”.Un mercato esclusivamente italiano?“Attualmente si, ma ci stiamo muovendo anche verso l’estero. Per farlo bisogna creare una rete commerciale, un passo importante ma impegna-tivo; in ogni caso, parliamo di comunicazione inte-grata e attualmente il mercato permette di lavora-re dalla propria sede e comunque un impegno del genere non può essere immediato, ma bisogna strutturarsi bene. Premesso questo, collaborando con aziende tipo la Las, ma anche con ulteriori, siamo già operativi con l’estero, non figuriamo in prima battuta, ma lo siamo proprio tramite la collaborazione con queste aziende. Un esempio: abbiamo effettuato un applicativo per la Selta te-lecomunicazione di Tortoreto, che ha sede a Pia-cenza, e il nostro lavoro anche se in questo caso non figura, è andato a confluire in un progetto di Telecom di prossima uscita”.Quali opportunità occupazionali avete creato e andrete a creare?“Il nostro progetto nasce insieme ai giovani, alla determinante collaborazione con il mondo scola-stico, culminata con le assunzioni di giovani laure-

35

ati che hanno una specifica competenza nel set-tore dell’evoluzione grafica e creativa, nell’ambito dei servizi di comunicazione e della multicanali-tà. La collaborazione con la scuola, in particolare con l’Accademia delle Belle Arti dell’Aquila e con la Facoltà di Architettura dell’Università di Asco-li Piceno, si è concretizzata attraverso periodi di formazione specifica di diversi giovani laureati, presso la Dam.Co. Giovani che attualmente sono in forza nell’azienda, occupandosi di grafica digi-tale, di web, grafica tridimensionale e classica e di sviluppo delle applicazioni mobili. Dello staff fa parte anche Carla Santucci, che alla Dam.Co ri-copre la carica di account manager, e la sua pre-senza risale all’avvio del progetto. Inoltre, abbia-mo recentemente inserito un ulteriore giovane di Teramo, in ambito grafico designer, e stiamo defi-nendo due figure commerciali indispensabile per il nostro lavoro. Il primo anno abbiamo seminato formazione, ora abbiamo bei progetti e la percen-tuale di probabilità di vedere commissionato un nostro progetto è altissima, va anche oltre l’80%. Il nostro lavoro non realizza pacchetti standard, ma personalizzati secondo la categoria e le esigenze del cliente stesso. Il punto forza è proprio questo: il progetto è finalizzato alle opportunità dell’azien-da, ognuna ha le sue esigenze, bisogna guardare al territorio in cui sui opera e al mercato e al target a cui è rivolto. Tocchiamo vari campi, attualmente contiamo varie aziende sull’arredamento in gene-re, dalle cucine ai mobili da bagno, sono percen-tuali altissime, offriamo pacchetti completo, dal prodotto cartaceo, catalogo, discorso applicativo, di ambientazione, ormai la fotografia si costruisce al computer, si costruisce la comunicazione e noi vorremmo estendere ad altre aziende. Si può pas-sare dal cartaceo al digitale o entrambe. La forza vendita passa ancora per il cartaceo mentre il di-gitale ha qualcosa in più e prenderà sempre più piede”.

sushi clubfusion cuisine

PESCE CARNE SUSHI APERITIVOCATERING BANQUETTING SPECIAL EVENT

www.amasushiclub.it - [email protected]

IMPR

END

ITO

RIA

Page 36: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

Giochi, gastronomia e storia religiosa nella tradizione

MARTINA DI DONATO

SPEC

IALE

PA

SQU

A

LA PASQUAVIBRATIANA

36

Secondo la tradizione, la mattina di Pasqua, mentre si sentivano le campane “scioglier-si”( cioè suonare a festa alla fine della fun-zione. Dal giovedi Santo le campane non

suonano fino al giorno di Resurrezione) si per-correva la strada del ritorno verso casa, dove ad attendere c’era una ricca colazione a base di uova sode, mazzarelle , pizza dolce e taralli a “strozzo”, così chiamati perché veniva definito un cibo anti-patico. All’ora del pranzo, invece, ci si riuniva tutti attorno alla tavola per magiare la stracciatella in brodo con la invidia, le mazzarelle, l’agnello al for-no, lo spezzatino di agnello con la salsa d’uovo, la spianata di Pasqua e dei dolci particolari come la “pupa” ed il ”cavalluccio”, fatti con farina, uova, olio,

foto di Pasquale Rasicci

latte, zucchero e lievito che portavano in grembo un uovo sodo, simboleggiante la rinascita.Il giorno di Pasqua segnava la chiusura del periodo quaresimale, caratterizzato da pasti scarsi, simbo-leggianti il sacrificio di Cristo sulla Croce, ma servi-va anche a propiziare il rigoglio dei campi. Il Lunedi dell’Angelo, cioè Pasquetta, la tradizio-ne strettamente vibratiana prevedeva una bella scampagnata a Santa Maria a Vico. Il grande prato, antistante la chiesa era un grande punto di incon-tro per gli abitanti di Sant’Omero, Nereto e Corro-poli, che pellegrinavano con tanto di cesta di vimi-ni in cui mettevano le cibarie. Una volta imbandita la tavola con l’immancabile Piazza di Pasqua, pane, affettati e quant’altro, si prendeva posizione per

Page 37: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

SPEC

IALE

PA

SQU

A

37

foto di Pasquale Rasicci

giocare a “scoccia ova”, non rimane difficile capire la dinamica del gioco. I due contendenti sbatteva-no le loro uova ( colorate per differenziarle) uno contro l’altro, con l’intento di logorare o “scoccia-re”, appunto, quello dell’avversario. Perdeva chi rimaneva con l’uovo rotto. C’era chi escogitava il trucco di farle bollire completamente, in modo tale che non si creasse il vuoto d’aria in apice che poi portava alla rotture dell’uovo. Questa tradizio-ne non è in uso solo in Val Vibrata, ma anche in India, in Bulgaria, in Romania, nei Paesi Bassi e in Grecia.E così tra il gioco dello “scoccia ova”, i bambini che saltavano la corda, le donne che imbandivano la tavolata a cui si attingeva tutti insieme, si trascor-reva il giorno di Pasquetta. Per il martedi dopo Pasqua, invece, ci si recava (e ci si reca tutt’oggi) a Corropoli, per “l’incontro di Pasqua”. La storia di questo rito risale all’incirca al ‘300. Allora la Badia era ancora un centro religioso. Il Sabato Santo per impressionare gli animi si deci-se di fare una rappresentazione teatrale dei miste-ri. Successivamente, dopo la Controrifoma, venne vietato dall’Ordinario della Badia di impersonare la figura di Cristo e della Madonna. Allora si passò alle statue in ceramica, inoltre il rito venne spostato al martedi dopo Pasqua ( data che tutt’oggi rimane). Così a mezzogiorno la statua della Madonna esce in precessione, trasportata in spalla, insieme alla statua del Cristo Risorto e di San Giovanni ( ori-ginariamente veniva portata in processione anche quella di San Pietro). La rappresentazione prende inizio con l’inchino della statua di San Giovanni verso la Madonna. Il Santo poi percorrerà di cor-sa le vie del paese dopo aver trovato il sepolcro vuoto. Successivamente San Giovanni rincontrerà nuovamente la Madonna per darle notizie e segui-ti dai fedeli in processione si spostano insieme alla ricerca del Cristo, verso la piazza principale del pa-ese. La statua della Madonna Addolorata rimane ferma in piazza, mentre San Giovanni continua le sue ricerche, fin quando trova Cristo Risorto. Il pas-saggio del cambio del velo nero della Madonna con una corona d’oro simboleggia la fine del mi-stero doloroso e l’inizio di quello gaudioso. Dopo l’inchino della Madonna e del Santo, inizia la vera processione delle statue trasportate in fila: prima quella della Madonna, poi quella del Santo ed infi-ne quella del Cristo risorto. Ad un certo punto del percorso San Giovanni si stacca per riprendere la sua corsa di annunciazione. Infine le tre statue si ricongiungono per proseguire la processione ver-so la chiesa di Santa Agnese, dove le sta dopo l’ul-timo inchino fanno rientro.

Chi ha la fortuna di essere legato alle tradizioni non sarà digiuno di informazioni sulle Spianate di Pasqua. La ricetta originale, almeno del territorio vibratiano, si preparava quando ancora in casa si era in tanti e il cibo poco, quando la vigilia era quasi un obbligo morale e quando le uniche uova di Pasqua che si conoscevano erano quelle sode, che non avevano sorprese dentro, ma se si era for-

tunati e il tempo era propizio, si potevano dipin-gere con i fiori. Soprattutto è una ricetta che risale ai tempi in cui non si pesava nulla, ma le massaie si “regolavano ad occhio” con le quantità. Questa è una ricetta è tramandata di generazione in gene-razione, ma che con il passare del tempo ha visto alcuni cambiamenti forzati.

RICETTA SPIANATE:Latte, lievito ( un tempo si utilizzava il lievito ma-dre, preparato in casa), farina, uova, zucchero, olio, canditi, scorza d’arancia, anice. Il procedimento è abbastanza lungo a causa della lievitazione; infatti si impiegavano circa due giorni per poter realizzare una buona quantità di Spiana-te.Il primo passaggio è quello di preparare il lievito, sciogliendolo in acqua calda e aggiungendo le uova, successivamente si prepara una “fontana” per l’impasto. Qui si aggiungono tutti gli ingre-dienti (anice e canditi tagliati compresi), si impasta fino a creare una palla da porre in una teglia calda per la lievitazione, una volta coperta bene si lascia riposare per almeno 3 o 4 ore. Il secondo pas-saggio è la lavorazione dell’impasto, poi posto in pentole di alluminio oleate ed infarinate. Qui ini-zia la fase della seconda lievitazione che sarà più lunga della prima, durerà infatti tutta la notte. La mattina seguente in origine ci si svegliava all’alba per cuocerle nel forno a legna o in pietra. Una vol-ta ultimata la cottura le Spianate sono pronte da gustare.

Bibliografia:1. Sviluppo locale, a cura di Everardo Minardi e Rita Salvatore2. Gastronomia Teramana, Rino Faranda 1977

Page 38: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

La Passione secondo la Confraternita dell’Addolorata rivive ogni tre anni

STEFANIA MEzzINA

SPEC

IALE

PA

SQU

A

GROTTAMMARE PORTA

LA CROCE DI CRISTO

38

La sacra rappresentazione del Cristo Morto si svolge a Grottammare ogni tre anni, con l’organizzazione della Confraternita della Passione e Morte di Gesù Cristo e dei Dolori

di Maria Vergine di Grottammare, nota come Con-fraternita dell’Addolorata, il cui assistente spiritua-le è il parroco della Chiesa di San Giovanni Battista di Grottammare, don Giorgio Carini.La prossima rappresentazione è fissata al 2015, essendo stata allestita nel 2012. Il Cristo Morto è una Processione molto sentita dalla popolazione di Grottammare ma anche dagli abitanti dei territori vicini e conta la partecipazio-ne di circa 500 figuranti in costume. E’ la più antica della zona, fu fondata nel 1738 da Padre Antonio Petrocchi O.F.M. da Castignano, con l’approvazio-ne del Vescovo dell’epoca, Monsignor Francesco Correa. Il corteo si raduna la sera del Venerdì Santo in piazza Peretti al Paese Alto, intorno alla chiesa di Grottammare di San Giovanni Battista e da qui scende verso il mare, verso la parte bassa di Grot-tammare ed effettua un percorso di circa due ore, infine, la risalita al paese alto. Tre cori composti rispettivamente da bambine, ragazze e donne ve-stite completamente di nero, al suono di tamburi e chiarine cantano inni religiosi, accompagnano i partecipanti durante tutta la rappresentazione. La processione inizia con la cavalleria romana, segno del potere sotto il quale Gesù fu condannato a morte, seguita da quattro soldati che suoneranno le chiarine, quindi la Croce, maestosa e portata da un confratello. Quindi il primo coro delle pie don-

ne, il Cristo caricato dalla pesante croce, il cireneo che aiuta Gesù a portare la Croce, i sacconi con i simboli della processione: il Calice, la borsa di Giu-da, le funi, il sasso, il gallo, la veste bianca, i dadi, la tunica rossa. Il secondo coro, la colonna dove Gesù fu flagellato, i flagelli, la corona di Spine, la Veste rossa, il Sacro volto. Gli arazzi con le quattordici stazioni della Via Crucis, poi i chiodi il martello, le tenaglie, l’anfora e la spugna.Le sette parole pronunciate da Gesù durante la passione, l’agnello, il terzo coro delle pie donne, la banda musicale, il diplomatico e il gonfalone del comune, il clero, la Confraternita dell’Addolo-rata e la sacra bara; in processione anche le statue dell’Addolorata velata a lutto, la Veronica, la Mad-dalena e San Giovanni Evangelista. Il corteo si con-clude con i fedeli e le autorità.All’origine la rappresentazione era organizzata dalle Confraternite del Santissimo Sacramento, della Madonna di Loreto, del Santissimo Rosario e dei Sacconi, che sono scomparse. Dal 10 febbraio 1757, anno di fondazione della Confraternita del-la Passione e morte di Gesù Cristo e dei Dolori di Maria Vergine, nota come Confraternita dell’Ad-dolorata, ne cura la preparazione. Si tratta di una Confraternita che fu riunita nel 1758 alla Com-pagnia del Santissimo Sacramento, già esistente presumibilmente prima del 1568 e il 19 aprile del 1758 vi fu aggregata inoltre anche la scomparsa Confraternita della Morte; in realtà, quindi, si trat-ta di tre antichissime confraternite riunite in quella dell’Addolorata.

Page 39: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

La Processione del Venerdì Santo:segno di fede e tradizione

PARIDE TRAVAGLINI

SPEC

IALE

PA

SQU

A

39

A MONTEPRANDONE RIVIVE IL RITO DELLA BARA

Monteprandone, la Processione del Cri-sto Morto, è il tradizionale appunta-mento del Venerdì Santo. Dal 1500, tanti fedeli si ritrovano nella chiesa

parrocchiale di San Nicolò di Bari di Monteprando-ne per vivere questo alto momento spirituale.Provenienti dai comuni limitrofi e da altri luoghi, per tradizione storia e fede, seguono la storica bara, per le vie del borgo storico illuminato. Le fiaccole creano una suggestiva atmosfera che incornicia persone e corteo.Da oltre 150 anni, la processione si è arricchita di un elemento: la bara, che ha integrato i simboli della Passione quali la croce, le Sette Parole det-te da Gesù ricamate in oro su splendidi gonfaloni rossi, le vergini vestite di bianco, le pie donne con i loro lamenti,le ragazze con le sette spade, la ban-da musicale con i mantelli neri, le autorità civili e religiose, la statua di San Giovanni, la bellissima e preziosa statua della Madonna Addolorata.L’elemento centrale della bara rappresenta l’orgo-glio dei cittadini monteprandonesi per la preziosi-tà e la bellezza di un’opera commissionata all’arti-sta Emidio Paci.Quest’opera divenne il vanto del paese e lo è an-

cora, grazie alla committenza della confraternita della Pietà e della Morte nel 1845. Emidio Paci realizzò in legno la bellissima statua del Cristo e l’anno successivo Sante Morelli pre-parò la bara realizzandola in legno e a misura delle stradine paesane.Nel 1851 si commissionò a Tito Boccachiodi la do-ratura e nel 1855 con il velluto, le stoffe, le frange d’oro e d’argento, i cuscini e i fiocchi si completò l’ornamento.La spesa, considerevole per l’epoca, fu di 200 scudi romani. La bara era terminata e così nel 1859 per la prima volta uscì in processione incantando coloro che la videro: maestosa, splendente, misteriosa, imponente e mistica.La bara, del peso di 400 chili, viene portata a spalle da quattro giovani vestiti di nero.La squadra di portatori, lungo il percorso si dà il cambio con altre squadre.La tradizione vuole che portare la bara fosse una benedizione per il portatore perché come diceva il vecchio parroco Don Giuseppe Caselli “chi avreb-be portato la bara si sarebbe sposato felicemente”.E c’era forte competizione tra i giovani del paese per essere un portatore.

Foto

di P

arid

e Tr

avag

lini

Page 40: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

I simboli delle offese al Salvatoreriecheggiano nella tradizione pasquale

STEFANIA MEzzINA

IL PATOS DI MONSAMPOLO NELLA FLAGELLAZIONE DI CRISTO

E’ molto sentita e molto suggestiva, nel ter-ritorio piceno la processione del Cristo Morto, Sacra Rappresentazione voluta per permettere ai fedeli di rivivere le sofferenze

e la morte di Nostro Signore. Si tratta una proces-sione che in maniera puntuale fa scorrere tutti gli elementi della passione di Gesù così come li ha tramandati la testimonianza dei vangeli. Attraver-so canti, statue, apparati decorativi e costumi, è possibile provare a rivivere le sofferenze, l’agonia e la morte di Gesù come un fatto reale e con un forte impatto emotivo. Risalgono al ‘500 le sacre rappresentazioni della Passione in Italia e Spagna, organizzate dalle locali “Compagnie”, in cui i con-fratelli percorrevano le strade delle città con lumi accesi, cantando salmi e recando una croce spoglia tra due lance. Ma è solo successivamente, nel ‘700 che i cortei si arricchiscono con corpi illuminanti, fiaccole o lampioni, con i simboli delle Confraterni-te, stendardo e pannetto, e si inseriscono i famosi “Misteri” o “Martiri”, ovvero i simboli delle offese materiali subite da Cristo. A Monsampolo la rappresentazione del Cristo Morto si tiene annualmente e si snoda per tutte le vie del centro storico e la tradizione si rinnova an-che nel 2014. Il corpo del “Cristo Morto” è deposto su un prezioso catafalco ligneo con baldacchino risalente alla fine del XVIII secolo, restaurato all’ini-zio del ‘900; “La bara” pesa più di sei quintali ed è trasportata da 12 persone.La processione si svolge in modo solenne e vi par-tecipano le cinque Confraternite che ancora oggi, pur non assolvendo a nessuna obbligazione, par-tecipano allo svolgimento del rito liturgico. Sono le Confraternite della Buona Morte, della Madonna del Rosario, del Nome di Gesù, del SS. Sacramento, dei Servi di Maria o dell’Addolorata.

I confratelli indossano tuniche con i colori che li contraddistinguono e portano in processione le insegne, i vessilli, i lampioni e le croci processiona-li, relativi ai propri ordini, risalenti ai secoli XVII-X-VIII. Il tragitto è suggestivamente illuminato da fiaccole e lampioncini di legno coperti ai lati con carta sulla quale sono disegnati i simboli della Pas-sione e sui colli circostanti il paese sono allestite manifestazioni piriche e luminarie raffiguranti cro-ci ed altri soggetti sacri. Ogni tre anni, inoltre, si celebrano anche le “Tre ore di agonia”, con il Crocifisso di Gesù, una scultura li-gnea policroma del XVIII secolo nella bara, che vie-ne custodita nella Museo della Cripta a Monsam-polo, con ulteriori opere d’arte, tra le quali l’Ecce homo, altra opera devozionale utilizzata nei riti della Settimana Santa. Le Tre ore di agonia è un rito di antichissima tradizione che viene proposto con cadenza triennale nella chiesa parrocchiale; sull’altare maggiore viene allestito un suggestivo scenario che ripropone il calvario con Gesù e con i due ladroni crocifissi. Ai loro piedi sono poste le statue della Madonna Addolorata, San Giovanni e Santa Maria Maddalena. Sette candelabri e sette cartigli neri ricordano le ultime “sette parole” det-te da Gesù prima di morire. Al termine della ce-lebrazione del venerdì santo il sacerdote sale sul calvario toglie i chiodi dalle mani e dai piedi del Crocifisso per deporlo nella bara che sarà portata in processione.

Si ringrazia per la collaborazione il responsabile dell’Ufficio Cultura del comune di Monsampolo, Mario Plebani.

SPEC

IALE

PA

SQU

A

40Foto di Paride Travaglini

Page 41: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014
Page 42: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

Le ha imposte l’Europa: a privato e pubblico il compito di promuovere il territorio ANNA DI DONATO

NASCONO LE DMC PER ESSERE VACANZA TUTTOL’ANNO

42

Nate come risposta ad un’esigenza turistica rilevante e che ha come scopo l’obiettivo di dotare le singole destinazioni di una struttura ben organizzata, le DMC (Desti-

nation Management Company) avranno il compi-to di analizzare il sistema turistico autoctono e di sintetizzarlo in promozione ed accoglienza.Fon-date in Abruzzo nel maggio 2013 ed aderenti alle PCM (Product M a n a g e m e n t Company), si occupano, nel complesso, del coordinamento turistico da svi-luppare attorno a quattro versanti: mare, montagne, borghi, congres-suale (business e grandi eventi).Al presidente della DMC “Gran Sasso Laga”, Cesa-re Crocetti, abbiamo chiesto di illustrare i progetti realizzati.

Cosa è successo dal maggio 2013 ad oggi?“Partiamo dal presupposto che per poterci met-tere all’opera, è stato necessario attendere prima la comunicazione dell’avvenuto finanziamen-

to filtrato dai fondi FAS, prima, e dalla Regione Abruzzo, poi, giunta nel dicembre scorso e, poi, la firma della Convenzione con la Regione risalente a marzo. Nonostante il lungo iter burocratico, ci siamo costituiti in società consortile favorendo l’a-desione di 104 soci ed abbiamo iniziato a stilare i progetti e partiti con Eco Tour nella prima settima-

na di aprile; il primo appuntamento era rivolto alla scoper-ta dei nostri gioielli naturalistici e con la presenza di 10 tour operator prove-nienti da Italia, Spa-gna, Belgio, Russia ed Inghilterra”.

a quanto ammonta il capitale a vostra disposizione e qua-

li sono le direttive impartite dall’Europa al fine di poter usufruire del famoso Fondo per le aree sotto utilizzate?“Ad oggi, il nostro capitale sociale è di 100.500,00 euro con possibilità di ricevere 500.000 euro per 3 anni di cui 250.000 a fondo perduto. Il 50% dei finanziamenti giunge comunque dalla Regione.Ciò che siamo chiamati a rispettare è il principio guida della Destination Management Company ossia: organizzare incontri territoriali con soci e

IMPR

END

ITO

RIA

Page 43: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

potenziali tali alla scoperta dell’esigenza di ogni socio e della comunità di riferimento, focalizzare l’attenzione su attività promo-commerciali e crea-re in rete una tipologia di pacchetti ad hoc”.

Come DMC Gran sasso Laga, in che modo avete impostato la vostra politica di marketing?“Seppure indipendenti, tutte le DMC teramane, “G.S.L.”,“Costa Dei Parchi” , “Riviera dei Borghi d’Ac-quaviva”, così come le abruzzesi in generale, han-no concentrato e proseguiranno a concentrare la sponsorizzazione di attività ed eventi utilizzando un esaustivo portale web da terminare entro otto-bre, il buzz marketing, più cliccati motori di ricerca presenti in rete, fiere e congressi”.

Chi sono i vostri soci e qual è il loro ruolo?“I soci possono appartenere a qualsiasi categorie facente riferimento ad attività turistiche ma anche culturali. Vanno dagli albergatori ai tour operator fino alle agenzie di viaggio, attività commerciali di artigiani, le cantine, le aziende e quant’altro. Il loro ruolo è quello di mettere in tavola le proprie esi-genze e nel contempo fornire supporto ai proget-ti proposti dal Consiglio d’Amministrazione, nel

quale ogni socio ha potere decisionale in base alla quota versata per entrarvi. Il minimo di ciascun so-cio per l’adesione è di 500 euro”.

Come rispondete a coloro che in passato hanno definito le DMC come uno dei tanti “carrozzoni” della politica?“Rispondiamo anzitutto dicendo che in quanto so-cietà consortile, ogni DMC si sviluppa grazie all’a-desione di singoli privati, di soggetti, dunque, isti-tuzionalmente distaccati dalla politica. Il fatto che per partire fosse necessaria l’avvalersi di soldi pub-blici si spiega con la finalità che le stesse hanno, ovvero la riqualificazione e lo sviluppo del territo-rio a livello regionale, nazionale ed internazionale. Per di più, nei prossimi 3 anni contiamo di riuscire ad autofinanziarci non più al 50 ma all’80%”.

Prossimo progetto in cantiere?“Ce ne sono diversi ma il più importante sarà si-curamente quello che riguarderà la Val Vibrata, probabilmente il più grande che sia stato mai rea-lizzato su quel territorio e che si avvarrà della par-tecipazione e dell’aiuto di due DMC”.

43

Page 44: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

VALERIA CONOCChIOLI

AM

BIEN

TE

BONTA’ SULLE PUNTE… D’ASPARAGO

È tornata la bella stagione e, con essa, si riapre la tanto attesa caccia… agli asparagi selva-tici. Basta veramente poco per trascorrere un pomeriggio diverso: una bella passeg-

giata tra campi e boschi alla ricerca di questa pre-libatezza che fa gola a molti. Pianta dalle antichis-sime origini mediterranee e asiatiche, l’asparago è conosciuto fin dal passato nella sua variante spon-tanea. È stato un alimento molto presente nelle mense dei Greci e dei Romani a tal punto da es-sere citato, come cibo raffinato, nelle opere di im-portanti autori classici. Attualmente la varietà più consumata è quella coltivata e quindi facilmente reperibile in commercio. Ottimo e dal gusto più deciso è però proprio l’asparago selvatico che cre-sce spontaneamente nelle regioni mediterranee.

La pianta ha radici che producono germo-gli (le caratteristiche punte) che

dovrebbero essere raccolti non appena spuntano

dalla terra, per-ché più teneri

e meno le-

gnosi. I loro lunghi steli verdi si trovano in genere seminascosti ai bordi di radure, nei pascoli incolti e nei boschi. Si distinguono dalle varietà coltivate per il sottile stelo e per il gusto più intenso e a trat-ti amarognolo.Ricchi di fibre, vitamine e minerali, sono molto apprezzati per le presunte proprietà diuretiche, antinfiammatorie, antiossidanti e depurative, esal-tate soprattutto attraverso i decotti.Possono essere consumati nei più svariati modi, sia crudi che cotti. Ideali da aggiungere freschi ad insalate o, in alternativa, semplicemente bolliti e conditi con olio, limone e sale. Sono spesso l’in-grediente principale di frittate, risotti, minestre, zuppe e vellutate. Ottimi anche conservati sott’o-lio così da poter essere gustati in tutte le stagioni.Sono molti coloro che, a primavera, riscoprono questo gustosissimo alimento, ma non bisogna dimenticare di agire sempre nel pieno rispetto della natura, cercando di non danneggiare la pian-ta madre. In proposito, diverse regioni italiane si sono dotate di appositi regolamenti per discipli-nare in modi e quantità questa raccolta. Esiste inoltre un’antica credenza secondo la quale da un asparago ben estirpato se ne produrranno altri dieci. Forse vale la pena provarci!

Page 45: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

DIA

LOG

O

45

Siamo in pieno risveglio primaverile e, final-mente, con le ore di luce che aumentano, si passa più tempo all’aria aperta con un notevole abbassamento del nostro livello

di stress quotidiano.E, soprattutto, si attivano i nostri organi di senso, si alzano i valori degli ormoni che regolano l’umore e la sessualità e aumenta l’attrazione tra uomo e donna. La sessualità, quale evento psicosomatico, ha risentito, nel corso degli anni, dei vari muta-menti sociali e culturali che si sono alternati, dei nuovi modelli che privilegiano l’apparire piutto-sto che l’essere, la seduzione piuttosto che il de-siderio. Un argomento che sempre più frequen-

temente sta ricevendo l’attenzione dell’opinione pubblica e dei mass-media è quello dell’erotismo sessuale spopolato online, che ha a che fare con la propria identità di genere e che è caratterizzato da comportamenti eccitanti sessualmente che lo schermo del computer, con le sue caratteristiche dell’impersonalità, sembra intensificare. La ricerca dell’anima gemella, dell’altra metà della mela è ar-rivata sul Web già da diverso tempo. E quando un cuore solitario vuole compagnia, oggi può trovar-la con una manciata di click. E’ l’espediente ideale per un timido, un infedele o anche un pigro. Possono essere svariate le tipologie di utenti che si siedono dinanzi al pc, ma sono comuni le in-tenzioni: intrecciare relazioni. L’esibizionismo ed il voyerismo sembrano spiccare maggiormente nella nostra epoca post-moderna intensificandosi sulla chat, attraverso i cosiddetti “selfie” (fotografia fatta a se stessi con un telefono e poi condivisa sui social) che immortalano ciò che si sta facendo in quel preciso istante con le proprie emozioni, con il desiderio del farsi vedere, dell’esserci in quanto tali. Le location più in voga sono, ad esempio, il bagno e la camera da letto (situazioni di intimi-tà), le discoteche ed i monumenti (situazioni di divertimento e possibilità di viaggiare in libertà). La mania dell’autoscatto richiama l’essere in primo piano, il bisogno di non essere dimenticati o co-munque essere al passo con la vita degli altri, per sentirsi meno inadeguati. Uno dei selfie che si sta stratificando è il così chiamato “aftersex” (foto scat-tate in un momento che segue al rapporto sessua-

ROBERTO DI NICOLA * VIRGINIA MALONI

SELFIE-HOT, LE FACCINE DEL

“VIRTUOSO” NELLA TRAPPOLA

DELLA RETEBasta un click per risvegliare i sensi, per toccare l’impalpabile e superare “l’io caduto”

Page 46: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

le). Tale fenomeno accomuna generalmente tutti, ma attenzione a non trasformarla in “selfite”, ossia il desiderio ossessivo-compulsivo di realizzare autoscatti per poi condividerli per compensare la mancanza di autostima e coprire lacune della propria intimità. La perversione, in questo artico-lo, è trattata in un’accezione soft, come sinonimo di ribaltamento e rivoluzione: la perversione del-la visibilità, dell’esserci, del rivedersi, del sentire i commenti altrui che rinforzino il loro autoscatto ed il loro momento. La perversione è un’organiz-zazione psicologica complessa e, per come la stia-mo descrivendo, si manifesta in una performance virtuale che mette a riparo dalle paure di fare delle brutte figure e di confrontarsi con le proprie fra-gilità e con i giudizi morali che albergano in noi e non ci rendono liberi. Così dietro un nickname si nasconde un mondo e l’immagine che forniamo di noi stessi sarà stata utile allo scopo in base a quan-to saremo stati bravi a ‘confezionarla’. Già, perché una delle caratteristiche fondamentali dell’online dating, è che si è quello che si sceglie di essere: i più onesti e sicuri delle proprie qualità offrono un autoritratto realistico e adottano un linguaggio in linea con la propria personalità ma c’è anche chi costruisce ‘un personaggio’, un ‘abito virtuale’ che, spesso, ricorda solo vagamente colui che lo indos-sa: somiglia di più a chi vorrebbe essere o rappre-senta qualcuno che crede più appetibile per i suoi potenziali interlocutori. A volte si sta così a proprio agio davanti allo schermo o al display del cellu-lare, che la chat o il sito web non sono più mezzi di comunicazione destinati soltanto ad un primo contatto tra coppie, ma diventano espressione di una realtà parallela che si fa fatica ad abbandona-re. Basta il bip di una notifica per riconnettersi con il partner e riprendere un interminabile discorso a colpi di faccine, che le normali attività del quoti-diano sembrano interrompere. La qualità di chi si esibisce è quella di accendere la tentazione e di creare un bisogno. Lo schermo

impersonale del pc, ci permette di nascondere le nostre debolezze ed i nostri difetti, sceglien-do l’immagine migliore di noi, le foto che danno quell’immagine che noi vorremmo che passasse, un’ossessione dell’uomo moderno, l’esibizionismo ad ogni costo. La perversione della visibilità, con la fisicità, con la corporeità delle immagini, con la centralità che il piccolo schermo dà al corpo, al volto, ai gesti, alle espressioni permette di sapere di quel personaggio molto di più che se si fosse letto tutti i suoi libri. La velocità del contatto vir-tuale disintegra il desiderio del corteggiare, difen-de dalla possibilità di fallire, poiché si sopporta emotivamente di più ricevere un “no visivo” da un “no virtuale”.Il confronto vis a vis tra due persone genera più paura del giudizio, mentre lo schermo azzera la vergogna, dando spazio anche a fantasie sessuali che ancora rimangono tabù per molti.La rete del terzo millennio cambia pelle continua-mente, offrendo sempre attraenti possibilità per i milioni di persone che ogni giorno si affacciano alla finestra (di dialogo) del loro browser, all’inse-gna del motto “virtuale è bello”. Succede così che ci si scambia informazioni, notizie, ricette, si con-divide, si posta e si linka…ma quando il mouse di-venta arco e scaglia frecce d’amore colpendo ora questo, ora quel profilo sui siti d’incontri, siamo sicuri di beccare il bersaglio giusto, pervasi come siamo dal furore di Cupido? I nostri bisnonni non avevano in tasca lo smar-tphone, ma un oggetto capace ancor di più di evo-care la persona amata: un fazzoletto impregnato del suo profumo che manteneva sempre viva la connessione e alimentava ancor di più il desiderio di rivedersi, ricongiungersi con la propria compa-gna…bei tempi.E voi da che parte state? Siete tradizionalisti o mo-derni? E’ primavera e Cupido è in agguato, chissà che non scelga proprio voi!

* (Psicoterapeuta)

Page 47: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

Il futuroappartienea chi credealla bellezzadei propri sogni.

Page 48: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

eccesso.Ulteriori trattamenti sono i bagni di sale sec-co dove ci si immerge in una vasca e si viene rico-perti di sale riscaldato ad una temperatura non su-periore ai 40 gradi, esso ha un effetto distensivo e rilassante di tutto il corpo, aiuta a stimolare il metabolismo lipidico, regola l’idratazione della

pelle, e ha un’ azione drenante dei liquidi; seguito dai bagni di sale freddo ha un’elevata azione riatti-vante la circolazione sanguigna.La talassoterapia utilizzata nell’antichità dai greci e dai romani consiste nell’immergersi in una vasca di acqua calda dove vi sono sciolti cristalli di sale, dove otre alle proprietà benefiche del sale vi sono anche effetti rilassanti sul corpo e la mente.Negli ultimi anni si è diffusa anche da noi la halo-terapia che sfrutta i benefici del sale con la respi-razione. Essa ricrea gli effetti positivi e benefici del tempo trascorso in riva al mare, ricreando in una stanza ricoperta di sale un clima marino adatto a tutti apportando benefici al tratto respiratorio contrastando asma, allergie e altre patologie.

* (Estetista)

I trattamenti al sale per gli inestetismi

* NOEMI DI EMIDIO

BELL

EZZA

IL BENESSERE VIEN DAL MARE

48

Il sale è un valido aiuto per la nostra bellezza, per contrastare l’ine-stetismo della cellulite

e non solo.Definito “oro bianco “ dai popoli mediterranei, il sale è diventato un ele-mento essenziale per la popolazione di tutto il mondo, il suo utilizzo ha origini antichissime.Il più utilizzato in estetica è il sale integrale del mar morto, ricco di minerali quali magnesio, potassio, iodio, calcio, ferro, zolfo utili per la salute della pelle e per contrastare la cellulite, grazie alle loro proprietà detossinanti e depurative che favoriscono il drenaggio dei liquidi in eccesso e l’ossigenazione dei tessuti rendendo la pelle più liscia e luminosa.Sono molti i trattamenti con il sale: peeling al sale, massaggi, bagni di sale caldo e freddo, talassote-rapia, grotte o stanze del sale. L’effetto peeling del sale abbinato al massaggio con oli caldi aiuta a riattivare la circolazione san-guigna, con un effetto benefico per gonfiori alle gambe, un effetto levigante e tonificante, che in sinergia agli oli essenziali, idrata e nutre la pelle in profondità. Solitamente viene lasciato in posa alcuni minuti per avere” l’ effetto osmosi”in quanto il sale sulla pelle facilita l’eliminazione dei liquidi in

Page 49: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

I pois impazzano sulle passerelle e non solo

FEDERICA BERNARDINI

TONDO E’ BELLO

MO

DA

49

Abbandonati i rigidi schemi tipici delle sta-gioni invernali è arrivato il momento di sfoggiare look più fantasiosi e stravagan-ti con colori accesi e diverse fantasie: le

righe, i fiori e soprattutto i pois.Proprio quest’ultimi rappresentano una delle grandi tendenze della primavera estate 2014 che stilisti come Burberry, Mango, Oscar de la Renta, Dolce e Gabbana hanno portato sulle passerelle.Ma qual è l’origine di questa fantasia? La storia del pois è antichissima ( il cerchio è il simbolo ance-strale della Madre Terra) ed ha avuto nel corso dei secoli connotazioni sia positive ( segni propiziatori nelle tribù africane) che negative ( nel medioevo europeo riecheggiavano cattivi presagi legati alle epidemie del tempo come il vaiolo, la peste , la va-ricella).Solo nel 1500 si iniziò a vedere dei cerchi di tessuto cuciti sugli abiti per nascondere macchie ostinate o strappi. La nascita della stampa a pois è legata alla danza popolare boema della polka ( pois = polka dot) e soprattutto ai costumi delle ballerine.La polka infatti si diffuse con gran successo in tut-ta Europa portando con sé anche la stampa a pois che entrò ufficialmente nell’immaginario colletti-vo con la gonnellina di Minnie, l’eterna fidanzata di Topolino. Negli anni 50 si avvertì un vero boom determinato da dive del tempo come Marylin Monroe, Audrey hepburn, Brigitte Bardot fino alla vera consacrazione con il movimento artistico del-la Pop Art e in particolare delle opere di Lichten-stein.Per la stagione primavera – estate 2014 anche le catene low cost come Pimkie, h&M, zara, Stra-divarius hanno incoronato i pois come fantasia dell’anno proponendola anche su numerosissimi accessori. Naturalmente le prime ad innamorarsi della stampa a cerchi sono state le star del cinema e della musica tra cui Sarah J. Parker, Beyonce, Ca-meron Diaz, Kate Middleton, Eva Mendez e tante altre. E perché non imitarle? Ma sempre con buon gusto, mi raccomando!

Page 50: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

50

EVEN

TI

GIULIANOVAIl 19 aprile, alle ore 18.30 presso l’Officina (L’arte e i Mestieri) di Giulianova Alta si terrà l’apertura della mostra d’arte dal titolo “Sfascio” dell’artista giuliese Simone Millo. La mostra sarà visitabile fino al 31 maggio. Ingresso libero.

Dal 10 aprile fino al 1 maggio, presso il Circolo culturale Il Nome della Rosa sarà esposta la mostra dell’artista abruzzese Cristian Palmieri, interamente dedicata alla figura della donna e alla sua con-dizione nella società. La mostra dal titolo “ Una porta, una finestra,due mura” è curata da Manuela Valleriani.

CIVITELLA DEL TRONTOIl 21 aprile a Civitella del Tronto si terrà il mercatino dell’artigianato. In tutto il paese saranno dislocato circa 90 espositori di oggettistica, articoli tessili, prodotti tipici locali e prodotti alimentari, che per tut-to il giorno, dalle 10 alle 22 accoglieranno chi si recherà a Civitella per la scampagnata di Pasquetta.

SANT’EGIDIO ALA VIBRATAIl 25 aprile si esibirà il gruppo indie Ex-Otago presso il DejavuDrink and Food si Sant’Egidio alla Vibra-ta. Inizio ore 22, ingresso gratuito. Mentre il 2 maggio ci sarà zibba, vincitore del Premio della critica “Mia Martini” del Festiva Di Sanremo.

SANT’OMEROIl 3 maggio presso la Sala Marchesale di Sant’Omero si terrà il secondo incontro di Mondo d’autore. Il tema di questo incontro: “Morire di austerità: l’Italia come la Grecia?”. Interverranno alla conferenza: L’economista Fiorella Kostoris, il giornalista del “Sole 24 ore” Riccardo Baarlam, il direttore del mensile “Altreconomia” Pietro Raitano ed il ricercatore di storia contemporanea Pericles Karavis. L’incontro sarà coordinato dal direttore de “Il Centro” Corrado Tedeschini. Durante gli incontri ci saranno inter-mezzi musicali di Vaghelis Merkouris. Inizo ore 18.30, ingresso libero.

COLONNELLAL’Associazione culturale PortumArtis di Colonnella organizza la prima mostra- concorso “Colonnella Art Contest, presso il Palazzo Pardi dal 13 al 19 aprile, tutti i giorni dalle 17 alle 22.

EVENTI IN VAL VIBRATA

MARTINA DI DONATO

Page 51: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

ANDREA SPADA

Il dormIglIone Usa 1973 di Woody Allen

Uno dei maggiori successi del primo periodo del regista newyorkese, quello della comicità gestuale ispirata dal muto (Buster Keaton , fratelli Marx), affiancato da una sublime Diana Keaton, narra le gesta di un musicista

jazz combinaguai che si risveglia nel futuro dopo essere stato ibernato. La modernità fa paura fra robot maggiordomi e mac-chine orgasmatiche che simulano il sesso in un mondo frigido e ligio alle regole della dittatura. Solo la rivolta potrà fermare que-sto mostruoso destino inarrestabile e il nostro protagonista sarà affiancato dalla bella Keaton.Un film che parodizza il genere fantascientifico perfetto nel rit-mo diseguale e volutamente spezzato nel ritmo da gag splendi-de che attingono dal muto e ne sviluppano le potenzialità verso il cinema dell’epoca; intellettuale e raffinato da una parte e dall’ altra irriverente e barocco. Lo humor spesso vira in una lettura critica in senso politico e in una sfiducia nella massificazione so-ciale che tende a privilegiare solo la massa a scapito del singolo

individuo, cosi come nella sfiducia verso i mass media e la loro funzione manipolatrice della mente a favore del potere .Un film feroce , anarchico che fa sbellicare ancora oggi, che parla di clonazione ( il naso clonato del dittatore è il pericolo da combattere per evitare in futuro che da esso risorga un nuovo agguerrito Kapò) e di ibernazione sta anche in questo divertente dialogo che riguarda gli italiani: “Il sesso è diverso oggi vedi, noi non abbiamo nessun problema: tutti sono frigidi. Oh ma è incredibile: gli uomini sono impotenti? Oh sì, la maggior parte … eccetto, sì, quelli che sono di discendenza italiana. Doveva essere qualcosa negli spaghetti”

non BUTTIAmoCI gIUGRAN BRETAGNA 2013 DI PASCAL ChAUMEIL

E’ uscito il nuovo film adattamento del romanzo del celebre scrittore Nick horby e di aspettative, come al solito, ve ne sono tante. Con un buon cast di stelle come Pierce Brosnam e Tony Co-

lette e una sceneggiatura ben imbastita, le premesse sono d’obbligo. Tuttavia, dalla storia di quattro perfetti sconosciuti che guarda caso si incontrano sul più alto grattacielo di Londra la notte di Capodanno per salta-re giù e farla finita, ci si aspettava anche un certo tono

narrativo e un tipo di humor perlomeno attinente e rispettoso più che una farsa poco credibile e quasi imbarazzante. Poiché il film pretende di evolversi dal dramma, come quello di chi al limite delle proprie sofferenze decide di suicidarsi, verso un lento epilogo positivo con tanto di luce e spe-ranze ritrovate dopo un certo excursus psicologico, forse manca proprio questo ai vari personaggi, uno spessore , una caratterizzazione che li faccia evolvere da quelle che sono soltanto caricature se non macchiette. Così, insomma, il film perde ogni collegamento con l’opera da cui è stato tratto sembrando piuttosto una commediola in cui qui quattro amici ne combinano di tutti i colori men-tre sono in vacanza, lontani anche dal fatto che sono in realtà degli ex suicidi. I toni drammatici e da commedia si azzuffano di continuo lasciando una certa confusione in merito a quello che è il tema centrale della pellicola ed anche una certa indifferenza nello spettatore che non sa se ridere o lasciarsi sprofondare dal tedio fino alla fine.

51

CIN

EMA

Page 52: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

La cicerchia, cenerentola dei legumi

52

In questo numero ci occuperemo della cicer-chia (Lathirus sativus), un legume da sempre poco apprezzato e quasi del tutto sconosciuto alle nuove generazioni. Si tratta di una pianta

annuale, che somiglia alla veccia; nei suoi bac-celli contiene semi ovali, più grossi dei piselli, un po’ schiacciati, quasi come i lupini. Reperti fossili riportati alla luce in siti archeologici della Meso-potamia ne attestano la presenza nell’8000 a.C. e fonti storiche ci dicono che fu domesticata verso il 6000 a.C. nella Penisola Balcanica e che trovò una larga diffusione nel Bacino del Mediterraneo. Si semina all’inizio di aprile e si raccoglie alla fine di luglio/inizio di agosto; non ha bisogno di col-ture particolari, cresce anche in condizioni difficili, resiste alla siccità, si adatta a terreni poco fertili e a temperature basse, condizioni proibitive per la maggior parte delle leguminose. Testimonianze storiche e orali confermano la sua coltura anche nelle nostre aree collinari con una produzione in-teressante in termini quantitativi; nella spartizione dei prodotti, un contadino di Montone, nel 1820, ne riconsegnava al padrone mezzo tomolo (circa 22,5 litri).Oggi è coltivata soprattutto in Asia e nell’Africa

FRANCESCO GALIFFA

RICE

TTE

DEL

LA M

EMO

RIA

Page 53: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

53

Orientale, mentre in Italia è seminata solo in pic-cole aree della Puglia, dell’Umbria, della Toscana, delle Marche, del Molise e dell’Abruzzo; nell’ultima regione è stata rivalutata soprattutto nelle zone più alte dell’Aquilano, in particolare a Castelvec-chio Calvisio, dove dal 1979 ha luogo la “Sagra della cicerchia”; un’analoga iniziativa è nata, allo scadere del passato Millennio, a Serra de’ Conti, nell’entroterra anconetano. La ristrettezza delle aree in cui si coltiva ne limita la produzione e, per una legge di mercato, auto-maticamente il suo prezzo risulta alto, anche 5-7 € al kg; esso è superiore a quello delle lenticchie e degli altri legumi, a differenza di un paio di se-coli orsono, quando, nell’Abruzzo Ultra Secondo (L’Aquila), una soma di cicerchia era pagata un du-cato e ottanta grani mentre lo stesso quantitativo di lenticchia piccola e di ceci bianchi costava due ducati e grani quaranta; nel passato, il costo di un prodotto era direttamente proporzionale al suo pregio! Come tutti i legumi, la cicerchia ha caratteristiche nutrizionali interessanti, sia per l’elevato conte-nuto di proteine, vitamine e fibre sia per la scarsa quantità di grassi. Nonostante queste proprietà, però, nell’alimentazione umana non ha riscon-trato mai un grande successo per la durezza della buccia ed anche a causa di alcune proteine danno-se che contiene; se consumata in grande quantità o ammollata e cotta in modo inadeguato, infatti, produce una sindrome neurotossica, il “latirismo” (dal nome scientifico della cicerchia), che provoca convulsioni e paralisi, negli uomini e negli animali. Per questi motivi, nel corso dei secoli, l’uomo si è nutrito di cicerchia soltanto quando non c’era al-tro da mangiare; la considerava più una biada per gli animali. A differenza di altri legumi, infatti, essa non compare nella cucina di Apicio, ma non pote-va essere altrimenti se si considerano le abitudini alimentari dei ceti sociali a cui erano destinate le sue ricette; questo chiaramente non esclude che fosse consumata, in caso di necessità, dalla par-te più povera del popolo romano, come di quel-lo greco, soprattutto da «color che duran fatica», come scrive nel Trattato della agricoltura, pubbli-cato nel XIII secolo, Piero de’ Crescenzi, il quale rac-conta anche che «Gli uomini l’usano lesse, e nella torta e nel pane con altre generazioni di biade per le famiglie». Più preciso sul modo di utilizzarla in cucina è Bartolomeo Scappi, nel Cap. CCXXIIII del Quinto Libro della sua monumentale «Opera», il più attendibile testo di gastronomia dell’epoca delle Signorie: egli detta una ricetta «Per fare torta di piselli secchi, e altri legumi (cece, fagiolo, lenta e cicerchia, ndr)». Dopo averli ammollati, si fanno cuocere i legumi e si pestano nel mortaio aggiun-gendo «per ogni libra d’essi, quattro once d’aman-dole ambrosine piste con essi, e così passisi per il foratoio, et giungasegli un poco del suo brodo grasso, e quattro once di cipollette battute soffrit-te, e una manciata di barbuccie battute, et quat-tro once d’uva passa di Corintho netta, un’oncia di

pepe, mezz’oncia di cannella, sei once di zuccaro, e zafferano a bastanza; faccisi la torta con due sfogli, e cuocasi al forno, o sotto il testo, e come è presso a cotta, facciasegli la crostata di zuccaro, e acqua rosa».Nel corso dei secoli le cicerchie sono state utiliz-zate per fare minestre, zuppe, minestroni e purea. La preparazione più comune, presente in molte re-gioni, è senza dubbio la “Minestra con le cicerchie”, molto simile a minestre realizzate con altri legumi, che M. Giuseppina Truini Palomba così descrive: «Dopo averle lasciate in ammollo per una notte in-tera, le cicerchie sono cotte in acqua e sale, insapo-rite con un soffritto di aglio, cipolla e prezzemolo in olio d’oliva, con l’aggiunta di pomodori pelati, sale. Vi si potranno cuocere dei tagliolini all’uovo oppure delle sagnette acqua e farina oppure si po-trà mangiare come zuppa su fettine di pane case-reccio strofinato con l’aglio. In quest’ultimo caso, irrorare con un filo d’olio d’oliva».Nel Salento si usa consumarle, più semplicemen-te, al naturale, condite con olio ed erbe: voglio-no solo buon olio extravergine (crudo, versato direttamente sul piatto), sale, erbe aromatiche sbriciolate all’istante (timo, serpillo, santoreggia, rosmarino, ecc.). Vanno accompagnate con pane integrale fatto in casa. In quest’area dell’estremità della Puglia, dalle cicerchie essiccate e macinate si ottiene anche una farina, chiamata in dialetto “pa-tacò”, che può essere usata per preparare polente, crespelle, focacce fritte o al forno.Anche nella Valle del Fino e in quella del Tavo, ri-spettivamente nelle province di Teramo e di Pe-scara, si usa ricavare dal nostro legume una farina finissima, che le brave e accorte massaie di una volta, abituate a fare di necessità virtù, mescolava-no ad altre farine per ricavarne la “Fracchiata”, che deve il suo nome al verbo latino “frango” (frangere, pestare). La sua storia risale sicuramente a tempi molto lontani; ne fa cenno, in un’opera dei primis-simi anni del 1800, anche Berardo Quartapelle, il quale, pur avvertendo che la cicerchia «dà un’a-limento agli Uomini di mediocre qualità», scrive: «La sua farina mescolata con quella de’ ceci serve per farne una specie di polenta, ed anche delle frit-ture, e c.». La miscela poteva prevedere anche fa-rine di altri legumi e di cereali, farro e mais soprat-

RICE

TTE

DEL

LA M

EMO

RIA

Page 54: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

La Fracchiata di mamma Angela*

PROCEDIMENTO

Riscaldare in una pentola 3 litri d’acqua, facendo attenzione che non giunga a ebollizione; salare. Nel frattempo, scaldare in una padella una parte dell’olio e dare colore all’aglio; aggiungere le foglie d’alloro e una parte dei peperoni frantumati; farli friggere per qualche secondo, avendo cura di non farli bruciare, e versare il tutto nella pentola contenente l’acqua. Iniziare a versare la farina a pioggia, girando in continuazione con un mestolo di legno o una frusta per evitare grumi; aggiustare di sale e mescolare ancora per 40 minuti circa, fino a quando il composto diventa cremoso.Nel frattempo soffriggere la parte restante dei peperoni nell’olio rimasto.Collocare una parte dei crostini di pane tostato sul fondo di un piatto da portata e versarci sopra la Fracchiata. Condire con l’olio e i peperoni fritti, che costituiscono, insieme al resto dei tocchetti di pane, la guarnizione finale.

* La ricetta e la foto del piatto sono state gentilmente fornite da Sergio Di zio, patron del ristorante “La Bilancia” dal 1974.

INGREDIENTI PER 8 PERSONE

500 g di farina di legumi (70% di cicerchia, 15% di ceci, 10% di fave e 5% di piselli);1 decilitro d’olio di frantoio;3 litri d’acqua;4 spicchi d’aglio in camicia;4 foglie di alloro fresco;100 g circa (la dose più essere aumentata a piacere) di peperoni dolci secchi, chiamati comune-mente “farfalloni”, “bastardoni” o guard’in cielo”;8 fette di pane casereccio tostato e tagliato atoc-chetti;Sale q.b.

54

tutto. La preparazione è sopravvissuta all’oblio ed è inserita nell’Atlante dei prodotti tipici abruzzesi. Essendo legato alla cultura gastronomica popo-lare, di questo piatto sono state codificate diver-se versioni, riportate nei testi di Rino Faranda, di Luigi Braccili e di altri autori, che si distinguono soprattutto per il condimento; quella più sem-plice prevede una salsa realizzata soffriggendo nell’olio, rigorosamente di frantoio, aglio e pepe-roni dolci secchi frantumanti. Le famiglie più be-nestanti aggiungevano le alici sotto sale, passate nella pastella e fritte; il connubio peperoni fritti e alici sciolte nell’olio era molto usato nella cucina contadina per condire paste o, più semplicemen-te, per ungere una buona fetta di pane cotto nel forno a legna. Una versione, forse più moderna, sostituisce le alici sotto sale con quelle fresche. Il palato di chi scrive ha avuto la fortuna di gustare la prima versione presso il ristorante “La Bilancia” di Loreto Aprutino, dove Sergio e Antonietta la of-

frono secondo la ricetta tramandata dalla madre e prima ancora dalla nonna e bisnonna, senza le sovrastrutture di ordine cultural-gastronomico di cui fanno sfoggio molti chef stellati nel “rivisitare” le ricette della cucina tradizionale. Piatto cremoso, pieno di sapori e nello stesso tempo delicato; as-solutamente delizioso! Con questa ricetta, la sapienza, la pazienza e le mani fatate delle donne di casa hanno fatto il mi-racolo di trasformare la cicerchia da Cenerentola in Principessa.

RICE

TTE

DEL

LA M

EMO

RIA

Page 55: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014

Gusto o& oNaturaInoValoVibrata,otuttooiloGustooeolaoNaturaodellaoCucinaoTipicaoAbruzzese

oconoioProdottiogenuiniodellaonostraoTerra.

Contrada Riomoro, 132 - 64010 Colonnella, TE

[email protected]

Ristorante Zenobi

(+39) 0861 70581CHIUSO il Martedì

(+39) 0861 70581

Page 56: Val Vibrata Life edizione Aprile  2014