Val Vibrata Life ediz febbraio 2015

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V al LIFE VIBRATA WWW.VALVIBRATALIFE.COM TERRITORIO CULTURA ECCELLENZE AMBIENTE SOCIETÀ FEBBRAIO 2015 MENSILE A DISTRIBUZIONE GRATUITA L’allegra allegoria

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TERRITORIO CULTURA ECCELLENZE AMBIENTE SOCIETA’

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L’allegra allegoria

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Sorridiamo quando ci prendiamo in giro. I comi-ci ed i cabarettisti sono il nostro prolungamento. Alla loro ironia, al pungente sarcasmo affidiamo tutto il nostro astio verso la politica lontana dal-la gente vicina però a certa altra gente. Quella stessa che forse ride poco, anzi per nulla, quando diventa il bersaglio preferito della satira. Eppu-re ridiamo di loro perché ridiamo di noi ma non abbiamo il coraggio di riconoscercelo. Vi pare? Scarichiamo le nostre frustrazioni sui social, twit-tiamo per opporci a certo malcostume e ad un certo sistema consociato e consolidato. Viviamo un’eterna rassegnazione ed è qui che si annida il nostro male spesso fatto di ignavia sperando che ad eradicarla sia qualcun altro. I supereroi abita-no le pagine colorate dei comics; i tratti di matita dei fumettisti sono capaci di farci sognare, vola-re. Negli eroi che sconfiggono il male riversiamo le nostre aspettative di giustizia. Quella giustizia che non c’è nel lavoro, nella tutela del rispar-mio, nella tutela delle famiglie, bambini, anziani, nell’ambiente. E, intanto, l’Italia spera.

VAL VIBRATA LIFE Anno III Numero 28

DIRETTORE RESPONSABILEAlex De Palo

HANNO COLLABORATOAlfonso Aloisi, Marvin Angeloni, Cesarina Di Domenico,

Noemi Di Emidio, Alessandra Di Giuseppe, Francesco Galiffa, Virginia Maloni, Stefania Mezzina,

Nando Perilli, Cinzia Rosati, Paride Travaglini

EDITOREDiamond Media Group s.r.l.

Via Carlo Levi, 1- Garrufo di Sant’Omero (TE)Tel. 0861 887405 - [email protected]

VAL VIBRATA LIFEReg. Trib. di Teramo n° 670\2013

GRAFICADiamond Media Group s.r.l.

STAMPAArti Grafiche Picene s.r.l.

PUBBLICITA’[email protected]

FACEBOOKVal Vibrata Life Free Press

TWITTER@VALVIBRATALIFE

RESPONSABILE TRATTAMENTO DATI Dlgs 196/03Alex De Palo

Riservato ogni diritto e uso. Vietata la riproduzione anche parziale

LE CARICATURE DI NOI STESSI

ALEX DE PALO

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IL CLARINETTO DI FEDERICO PACI

VIBRATA & PICENOIN MASCHERA

100 ANNI FA IL TERREMOTO DI AVEZZANO

ENZO FERRARI E LE PENSILINE DI GIULIANOVA

LA VAL VIBRATA MULTIETNICA

IACO: L’ ITALIAN DESIGN DI TORTORETO

QUANDO LA DISABILITÁ NON È UN PROBLEMA

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SOMMARIOFebbraio 2015

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SAN VALENTINO IERI E OGGI

IL FOGLIO NUZIALE

DIALOGO

I FILM DA NON PERDERE

IL CONIGLIO ALLA MICANTE

UNA NUOVA OPPORTUNITÁ PERLE IMPRESE: I MINIBOND

LA SATIRA DI PERILLI

GLI ABITI MADE IN VAL VIBRATA DI MIRKO DI BRANDIMARTE

COME PREVENIRE LE RUGHE

EVENTI IN VAL BIRATA

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TERRITORIO7

A furor di popolo anche nel 2015 Sant’Egidio alla Vibrata si riconferma città regina del Car-nevale in Val Vibrata e non solo. La ventottesi-ma edizione della sfilata dei carri ha coinvol-

to migliaia di persone che si sono riversate nel centro storico in un tripudio di festeggiamenti, tra maschere, musica, coriandoli, interpretazioni che hanno coinvol-to tutti presenti in una grande coreografia collettiva.Domenica 15 febbraio e martedì 17 hanno sfilato per le vie del paese i sei carri delle contrade: “C’era una volta Biancaneve” (Paolantonio), “A Spasso in Egitto (Passo del Mulino), “Abissi…l’ultima battaglia” (Ponte), “La Bella e la Bestia” (Madonna delle Grazie), “I favolo-si anni 50” (Villa Marchesa), “Far West all’italiana” (Villa Mattoni). Centinaia i figuranti in costume che hanno animato ogni carro. Presenti anche i gruppi mascherati “Gabbia di Matti”, Fuga dal Vaticano” e Circoteca”.L’edizione 2015 del Carnevale santegidiese è stata vinta dalla contrada Paolantonio con “C’era una volta Biancaneve”, il cui podio è stato decretato dal voto di un’apposita giuria.

Contrada Paolantonio sbaraglia le “cugine”

CINZIA ROSATI

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LAZZI, BURLE E IRONIANELLA SEMPLICITA’ ASCOLI FA GRANDE IL CARNEVALE

foto di Agenzia Fotospot

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Il Carnevale fa pensare a carri allegorici, coriandoli, musica, ma-schere.Per Ascoli Piceno, questo scherzo non è di Carne-vale, perchè nella diversità esprime qualcosa di speciale: è teatro nel teatro città!

Il carnevale ad Ascoli, molto sentito da tutta la cittadinanza, infatti, va al di là della concezione tipica della festa. É un lungo appuntamento unico nel suo genere con tre giorni clou: Giovedì Grasso, la domenica ed il martedì.Giovani, anziani, uomini e donne portano in scena con sarcasmo e autoironia, la quotidianità. Vengono evidenziate problematiche e chicche che non sarebbero comunque potute uscire dall’ambiguità senza le dovute tutele di Carnevale. L’ironia rappresenta la maschera di certi pettegolezzi di casa nostra a “rischio denuncia”.Certe ambiguità sommerse possono occupare posti di prestigio in palchetti di teatranti locali.Ascoli si trasforma per l’occasione nella città del Carnevale abbellita da luminarie policrome con Piazza del Popolo pronta ad accogliere le migliaia di persone che partecipano all’evento.La genialità e la bravura dell’ascolano sta nel divertirsi e nel divertire con pochi mezzi ma tanta inventiva: si può fare Carnevale anche con l’abito di tutti i giorni.Ci si organizza in gruppi mascherati o da soli. E’ la “macchietta” (la singola maschera) a dare alla manifestazione quel fascino particolare che la caratterizza, con la sua capacità di coinvolgere lo spettatore che diventa protagonista della rappresentazione, nonostante non riesca tante volte a cogliere le sfumature del dialetto, i riferimenti a cose o persone. Il carnevale ad Ascoli ha inizio ogni anno il 17 gennaio, festa di Sant’Antonio Abate ed entra nel vivo con la consegna delle chiavi da parte del Primo Cittadino a Re Carnevale Buonumor Favorito.Nella mattinata del Giovedì grasso, sono i bambini delle scuole i pro-tagonisti: alla presenza di Sua Maestà il Re Carnevale, in Piazza del Popolo festeggiano l’evento.La domenica ed il martedì il clou della manifestazione.Tra gli appuntamenti legati al Carnevale, c’è il Concorso dei Gruppi mascherati, la cui prima edizione si è tenuta nell’anno 1958.

LAZZI, BURLE E IRONIANELLA SEMPLICITA’ ASCOLI FA GRANDE IL CARNEVALE

PARIDE TRAVAGLINI

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Il Bove ed il Fuoco l’antico rito rivive nella modernità

Il Carnevale di Offida ha origini antichissime ed

è quasi impossibile risalire alla sua istituzione.

Nel Carnevale di Offida si ritrovano infatti tracce

degli antichi Baccanali greci e, più ancora, dei

Saturnali romani di origine agricola che si svolge-

vano dal 10 al 23 dicembre, comportando la so-

spensione generale delle attività pubbliche.

Il Carnevale di Offida può essere definito “storico”

poichè‚ è realmente documentato,come succes-

sione cronologica di avvenimenti, fatti, personag-

gi, nell’ambito della comunità locale,fin dal 1500

come testimoniano gli statuti del 1524.

Il carnevale di oggi è frutto di una riuscita integra-

zione tra tradizione ed innovazione.

La sera del Giovedì Grasso, le congreghe, gruppi

storici con stendardi e costumi propri, ricevono

dal sindaco le chiavi della città, che da quel mo-

mento è simbolicamente nelle loro mani.

Il venerdì la tradizione de “Lu Bov Fint”, che assie-

me ai Vlurd caratterizza il carnevale offidano.

“Lu Bov Fint” rievoca la caccia ad un bue, fino a

qualche secolo fa in carne ed ossa ed oggi costru-

ito in legno e ferro ricoperto da un panno sorretto

da alcuni uomini che lo portano per le vie del pae-

se. Una folla di giovani vestiti col tipico “guazzarò”,

una veste bianca e larga una volta usata per i la-

vori di campagna, inscena una sorta di corrida che

lo vede scontrarsi con tutti e termina col calar del

giorno con la sua uccisione.

Segue una processione del bove morto per le vie

del paese cantando l’inno del carnevale offidano.

Il martedì, dopo la festa in maschera, si tiene il rito

dei dei “vlurd”, l’accensione di lunghi fasci di canne

riempiti di paglia fatti sfilare dalle maschere lungo

le strade come un serpente di fuoco.

In Piazza del Popolo viene acceso un grande falò e

tutte le maschere vi corrono a cerchio intorno, fino

a quando il fuoco “pagano”, che incendia la piazza,

si spegne. A questo punto torna sovrano il silenzio

e si entra in Quaresima.

foto di Paride Travaglini

PARIDE TRAVAGLINI

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TERRITORIO11

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TERRITORIO 12

Carnevale sottotono quest’anno a Mar-

tinsicuro. La cittadina truentina ha ac-

cantonato la tradizionale sfilata dei carri

che tornerà invece la prossima estate. La

singolare decisione presa dall’associazione Mar-

tincarnaval è dovuta a motivazioni prettamente

logistiche. Troppo fatiscente il capannone dove

vengono realizzate le strutture di cartapesta, tan-

to da impedire di lavorare in maniera confortevole

nei rigidi mesi invernali. E così il problema, già noto

da diversi anni (tanto che già nel 2011 per lo stesso

motivo si ebbe uno stop dell’edizione invernale) si

è cronicizzato a tal punto da trasformarsi addirit-

tura in soluzione: i carri non verranno più costruiti

in inverno, ma nei più caldi mesi primaverili, per

poi sfilare nel carnevale di luglio e agosto. Le suc-

cessive edizioni invernali costituiranno quindi una

replica del dejà vu estivo. La manifestazione sarà

dunque inedita in estate ma difficilmente potrà

ricreare l’effervescenza, le aspettative e il clima di

festa che porta con sé il carnevale invernale.

I COLORI CARIOCA SOLO D’ESTATE

CINZIA ROSATI

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TERRITORIO13

T BREAK, MA DAL PROSSIMO ANNO

SAN BENEDETTO TORNA A CREARE

Il Carnevale di San Benedetto del Tronto è storico. Il docu-

mento più antico è conservato presso l’Archivio Storico Co-

munale e risale al 1828. Racconta dell’elenco dei “banchi”

riservati ad alcune famiglie sambenedettesi per assistere al

“Teatrino de Dilettanti per Carnevale”, a pagamento, messo in

scena dai “signori recitanti, orghestra e li due suggeritori”. Dal

1877, il “Circolo Unione” organizzava ogni anno un corso ma-

scherato la domenica di carnevale, con l’arrivo alla stazione

ferroviaria di “Re Carnevale”, pupazzo in cartapesta, e il circui-

to cittadino si animava anche per assistere alla corsa di fantini.

Sono poche e frammentarie le notizie relative al Carnevale a

San Benedetto del Tronto fino alla prima metà del Novecento:

precisamente fino al 1951, quando la manifestazione riprese

quota. Dunque, quella edizione è in qualche modo l’anno zero

del primo “Carnevale Sambenedettese”. Negli anni successivi

i carri sfilavano dalla Rotonda Giorgini e nel 1954 il circuito

viene delimitato e con biglietto a pagamento, accompagnato

anche da serate danzanti in hotel, che successivamente la-

scerà il posto a veglioni in teatro. Nel 1955 arriva la costruzio-

ne di un capannone su area demaniale, presso il molo nord,

per l’allestimento dei carri e dal 1959 la sfilata subisce un arre-

sto, ad eccezione del 1971. In epoca più recente, il Carnevale

riprende sul finire degli anni ‘80 e prosegue con alcune edizio-

ni replicate anche in estate. La magia del Carnevale è tornata

anche nel 2015, con l’organizzazione già attiva da diversi anni,

dell’associazione “Amici del Carnevale”, in un circuito rivisto e

ridotto, a causa di lavori in corso nell’area portuale e in nume-

ro ridotto anche in termine di grandezza dei carri. Ciò a cau-

sa della chiusura per inagibilità dei capannoni posti dietro lo

stadio “Ballarin”, che hanno impedito ai volontari di realizzare

nuove creazioni, anche se sono stati numerosi i piccoli gruppi

che hanno caratterizzato la kermesse carnascialesca. Ma gli

Amici del Carnevale e l’Amministrazione Comunale di San Be-

nedetto hanno promesso che dal 2016 il Carnevale sambene-

dettese tornerà più grande e più bello di prima.

STEFANIA MEZZINA

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Il maestro Federico Paci: ambasciatore musicale

nel mondo, delle Marche e dell’Abruzzo.

Il suo impegno quotidiano nella e per la musica,

si divide tra le due sponde del Tronto.

Nativo di San Benedetto del Tronto, Paci vive a

Grottammare e da parecchi anni è docente all’I-

stituto Braga, del quale recentemente è divenuto

direttore. Federico Paci sente forte il richiamo della musica,

sin da bambino. In realtà le note lo hanno affasci-

nato da piccolissimo, quando ha vissuto questa

passione tramite il forte interesse per la musica

del padre Giuseppe e della zia Luigia Granucci,

violinista. I primi passi li ha fatti nella Banda Musi-

cale di San Benedetto del Tronto, poi ha intrapreso

gli studi e si è diplomato in Clarinetto a Teramo,

presso l’Istituto Musicale Pareggiato Braga. I suc-

cessivi studi sono stati approfonditi con i Maestri

Vincenzo Mariozzi e Ciro Scarponi che hanno dato

il via all’attività di insegnamento come docente in

provincia di Ascoli Piceno, anche in alcune scuole

di San Benedetto del Tronto, e successivamente, a

partire dal 1994; prosegue attualmente all’Istituto

Braga, dove recentemente è stato nominato diret-

tore, con una breve parentesi al Conservatorio di

Cagliari.Una intensa attività concertistica porta Paci in tut-

to il mondo, per la maggior parte nell’ambito della

musica da Camera, che ha fatto ottenere un rico-

noscimento importante all’artista, dato a pochi

italiani: il maestro Paci è stato nominato “Clarinet-

tista ufficiale” della Selmer Paris, casa costruttrice

di clarinetti, che lo ha ritenuto “Ambasciatore nel

mondo” dei loro strumenti musicali. La carriera del

Maestro Paci si è sviluppata in oltre 15 Paesi; come

Francia, Spagna e Germania, dove Paci è tornato

più volte, avendo avviato rapporti di collaborazio-

ne. Ha suonato al Guggenheim di Bilbao, al Mozar-

teum di Salisburgo, a Edimburgo, a Mannheim, ha

registrato per il secondo canale della radio spagno-

la e, in Italia, in diretta su Radio3 Suite, eseguendo

dal manoscritto il trio di Nino Rota, registrazione

che è stata inserita in un disco per “Dynamic”, eti-

chetta discografica indipendente, insieme a regi-

PEOPLE 14

QUELLO DEL CLARINETTOFederico Paci e la sfolgorante carriera: è cresciuto fra i classici

l’artista oggi direttore del BragaSTEFANIA MEZZINA

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PEOPLE15

Una sua creatura è il FestivaLiszt di Grottamma-

re: ce ne parla? “Nel rispetto della personalità di Franz Liszt ho

fatto un progetto di festival in una prospettiva

di sviluppo di lunga durata, creando un percorso

così come Liszt ha vissuto la sua vita. L’ho fatto

studiando la sua vita e la sua produzione, di un

artista che ha fatto conoscere la sua musica e ha

trascritto anche molta musica di altri autori, tra cui

Beethoven. Grazie a questo festival, a Grottamma-

re si sono esibiti artisti come Michele Campanella

, Giuseppe Albanese, Pierre Reach, Leslie Howard,

Francois Joel Thioller. Inoltre, proprio Grottamma-

re, nel 2014 si è gemellata con l’importante “Liszto-

mania Festival”, tramite la presenza, alla manifesta-

zione francese, di una delegazione del comune di

Grottammare, e il vertice del FestivaLiszt, ovvero la

Fondazione Gioventù Musicale Italiana, con il Pre-

sidente Rita Virgili”.

Che differenze trova dal suo impegno come clari-

nettista a quella della direzione d’orchestra, alla

quale si dedica da qualche anno?

“Mi sta dando grandi soddisfazioni: amo poter co-

lorare il suono di un’orchestra, così come un pitto-

re dipinge i suoi quadri. Avviata dirigendo i fiati,

si è estesa ad orchestre sinfoniche e d’archi e da

qualche anno in collaborazione con il comune di

San Benedetto del Tronto, abbiamo anche ripreso

il Gran Gala, concerto augurale di avvio dell’anno”.

I suoi progetti per la direzione dell’Istituto Bra-

ga, assunta recentemente?

“Sono in itinere collaborazioni di vario genere e al-

tre saranno avviate, con l’Osservatorio astronomi-

co di Teramo e con la Pinacoteca, ma sono previsti

anche interventi nel sociale. Il Braga che entra nel

sociale, anche in ospedale, quindi, che si apre nel

territorio. Ciò, nonostante le problematiche enor-

mi che la realtà sta affrontando e che sono anco-

ra presenti. Abbiamo presentato un progetto alla

Tercas, chiedendo un contributo per poter svol-

gere queste attività, che dovrebbero coinvolgere

anche le case di riposo: l’obiettivo è quello di far

aprire un dialogo tra questa realtà e il sociale.

strazioni di Rota, per i 20 anni dalla sua morte. Da

qualche anno, inoltre, Federico Paci si è dedicato

con successo anche alla direzione d’orchestra, ma

al suo attivo è di rilievo anche il progetto denuncia

sugli orrori della guerra, avviato con il cinereporter

Claudio Speranza, giornalista del Tg1, centrato sui

filmati di guerra, andato in scena per tutta Italia,

tra cui Ascoli Piceno.

Quanto le piace la sua vita tra le note?

“Tantissimo. Si tratta di un lavoro che chiede un

grandissimo impegno, a livello di preparazione,

ma senza dubbio lo restituisce con tutti gli interes-

si: sul palcoscenico, di fronte al pubblico, quando

mi esibisco come solista e in formazioni da came-

ra. E’ un impegno che mi ha portato a collaborare

con artisti del calibro di Pierre Reach, Maurizio Ba-

glini, Lorenzo Di Bella, Michael Flaksman, Pierluigi

Camicia, solo per citarne alcuni”.

Quali sono le motivazioni che l’ hanno indotta a

scegliere di operare nel repertorio cameristico?

“A mio parere si tratta del genere più artistico:

interpretazione e cultura si mescolano, in una

dimensione artistica nella quale lo strumentista

riesce ad esprimere il suo intimo. C’è da dire che

dipende anche dal mio carattere: sono un irre-

quieto e amo la continua ricerca. Non a caso, mi

sono specializzato nell’utilizzo di tutta la famiglia

del clarinetto, dal piccolo al basso. Una scelta che

mi ha portato a collaborare con ensemble interna-

zionali: uno su tutti, l’esperienza assoluta, dinanzi

a circa 2000 persone, del concerto eseguito all’Au-

ditorium di Via della Conciliazione a Roma, quale

Primo Corno di bassetto, diretto dal Primo Fagotto

della famosa orchestra dei Wiener Philarmoniker”.

Tra le sue tante attività, numerose sono rivolte al

genere del Melologo: per quale motivo?

“E’ una forma in cui testo e musica si fondono in

un’unica opera d’arte, che attualizza un genere

tipico dei salotti dell’800. Da diversi anni collabo-

ro con l’attrice Vanessa Gravina, e tra i numerosi

concerti eseguiti, c’è quello all’Auditorium Parco

della Musica di Roma. Il Melologo, inoltre, vive nel

Festival “Racconti in Musica” di San Benedetto del

Tronto, che ha visto tra gli interpreti Vanessa Gravi-

na, Sebastiano Somma, Edoardo Siravo e Enzo De

Caro”.

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Cento anni fa, esattamente il 13 gennaio 1915, nella nostra regione, più in parti-colare nella Marsica, si scatenò un vero e proprio inferno. Un forte terremoto

seminò morte e paura in quella zona giungendo fino al Lazio meridionale. Quello non fu solo l’an-no in cui l’Italia entrò in guerra, ma si annovera tra i tristi ricordi anche quel drammatico evento che colpì l’intera area fucense, sede dell’epicen-tro, uno dei più catastrofici terremoti avvenuti sul territorio italiano. Causò più di 30.000 vittime su un totale di 120.000 persone residenti nelle aree disastrate. Avvenne alle ore 07:48 raggiungendo l’undicesimo grado della scala Mercalli. La scossa fu avvertita dalla Pianura Padana alla Basilicata. Si formarono scarpate di faglia, spaccature del terre-no, vulcanelli di fango, frane, variazioni della topo-grafia e cambiamenti chimico-fisici della acque.L’impianto di drenaggio dell’ex lago del Fucino sembrò non risentirne molto, ma nel 1920 si deci-se il rifacimento completo dei tratti di galleria mi-nacciati, mediante tecniche più evolute rispetto al secolo precedente. DATI STORICI - Dopo soli sei anni dal terremoto di Messina, avvenuto il 28 dicembre 1908, l’Italia tornò ad essere funestata dal violentissimo sisma di Avezzano. Fu preceduto da un’attività sismica a sciame di bassa magnitudo della durata di sva-riate settimane. L’intensità della scossa principale fu dell’XI grado della scala Mercalli. L’epicentro fu nella conca del Fucino, ma l’ondata sismica colpì anche alcune zone dell’Italia centrale al confine col Lazio e la Campania, con effetti pari o superiori al VII grado Mercalli e nei mesi successivi si susse-guirono circa 1.000 repliche.Questo terremoto fu uno dei più disastrosi del-la storia italiana. La scossa fu avvertita anche a Roma, producendo danni ad alcuni palazzi, ma, nonostante ciò, il Governo tardò, e molto, a com-prendere la vastità dell’area coinvolta e la dram-maticità delle conseguenze. L’allarme fu lanciato 12 ore dopo il sisma ed i soccorsi giunsero nelle aree colpite solo all’alba del giorno dopo.La testimonianza di un sopravvissuto operaio di Avezzano, riportata dal quotidiano Il Mattino del 14 gennaio 1915, è molto eloquente riguardo all’entità di questa catastrofe: “Non mi resi subito conto di ciò che era avvenuto; ritenni dapprima che si trattasse del crollo improvviso dello stesso

TERRITORIO 16

Il 13 gennaio di cento anni fa il fucense venne raso al suolo dal sisma che seminò morte e distruzione

“stabilimento dove lavoravo: catastrofe forse av-venuta per lo scoppio di qualche macchina. Non potevo immaginare quale orribile immane tra-gedia si fosse abbattuta sulla ridente Avezzano, così tranquilla e piena di vita. La gamba sinistra mi doleva abbastanza, ma ciò non mi impedì di trascinarmi fino all’aperto. Ma appena fuori, le mie orecchie furono straziate da mille lamenti. Guar-dai Avezzano e credetti ancora di essere vittima di un orrendo sogno: il castello Orsini, gli stabilimen-ti dagli alti fumaioli, la Chiesa dell’artistico ed agile campanile, tutto era scomparso.Avezzano era scomparsa ed al suo posto non si scorgevano che pochi muri rimasti ancora in pie-di”. Prima del sisma, Avez-zano era una cittadina di circa tredici-mila abitanti; il prosciuga-mento del lago Fucino faceva sentire i primi influssi s u l l ’e c o n o -mia dell’a-rea, non solo nell ’agricol-tura, ma an-che nel set-tore terziario. Il terremoto non colpì solo Avezza-no, ma anche

1915, APOCALISSE NELLA MARSICAL’Abruzzo ricorda

ALFONSO ALOISI

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TERRITORIO17

tutti i paesi dell’area fucense, i paesi della Valle Ro-veto e della media Valle del Liri. Avezzano venne completamente rasa al suolo: in città le vittime fu-rono tantissime, più di 9.000 su un totale di 11.000 abitanti. Tra le vittime era presente anche lo stesso sindaco. I pochissimi sopravvissuti (in gran parte feriti) rimasero senza tetto poiché tutti gli edifici crollarono su se stessi tranne uno (comprese chie-se e castelli), al quale è stata applicata targa com-memorativa di quella terribile vicenda. Il terremo-to isolò completamente la zona e la notizia del disastro fu segnalata solamente nel tardo pome-riggio; i soccorsi, partiti la sera tarda del 13 arriva-rono solamente il giorno dopo a causa dell’impra-ticabilità delle strade causata da frane e macerie. Anche il circondario di Sora fu devastato causan-do qualche migliaia di morti e gravissimi danni al patrimonio edilizio di Sora, Arpino, Castelliri, Isola del Liri, Pescosolido. Più di 9.000 uomini, fra mili-tari, enti e civili vennero impegnati per i soccorsi, il trasporti dei feriti agli ospedali e la distribuzione dei viveri. A coloro che si distinsero maggiormente fra i soccorritori, venne concessa una medaglia di benemerenza.L’evento sismico mise in evidenza l’impreparazio-ne dello Stato. Erminio Sipari, deputato del colle-gio di Pescina, portò la protesta di quelle vittime che probabilmente si sarebbero potute salvare. Nell’estate del 1914 era, inoltre, iniziata la guerra (anche se l’Italia non vi entrò fino al maggio del 1915) e ciò influì pesantemente sull’utilizzo e, so-prattutto, sulla permanenza delle truppe nella re-gione colpita. Tra le emergenze del terremoto ci fu il problema degli orfani. La gran parte di loro fu affidata all’Opera Nazionale di Patronato “Regina Elena” ed accolti presso Istituti, grazie al lavoro in-stancabile del prelato Don Orione, al quale fu affi-data la responsabilità di restituire i bambini orfani ai parenti ancora in vita. Ad Avezzano una sola casa rispettava i criteri di costruzione antisismici (fu l’unica infatti a restare in piedi) ed inoltre l’economia legata al prosciuga-mento del lago aveva favorito una diffusa specu-lazione edilizia, dove la maggior parte delle abita-zioni veniva costruita velocemente e con materiali inappropriati. E dunque anche questa fu una delle cause che contribuì ad aumentare le proporzioni del disastro.Nella città di Avezzano il sisma provocò la morte di 9.238 persone; i danni agli edifici furono così gravi da consentire il recupero solo di poche abitazioni.Avezzano perse i suoi monumenti importanti: il Castello Orsini, di cui oggi rimangono solo le mu-rature esterne, e la cattedrale di San Bartolomeo, quasi totalmente ricostruita. Per assistere od ospi-tare i terremotati furono realizzate delle strutture conosciute come “Casette Asismiche”, che sono vi-sibili ancora oggi. Col passare degli anni sono sta-te trasformate in case, stalle o rifugi ed insieme ai pochi ruderi ancora visibili del terremoto, rappre-sentano la memoria storica e tangibile dell’evento.La catastrofe suscitò un interesse ben più vasto dell’ambito regionale, trasformandosi in un avve-

nimento di rilievo storico nazionale: basti pensare che nelle vicende del terremoto furono coinvolti personaggi come Nazario Sauro, giunto con altri irredentisti in soccorso delle popolazioni colpite, il principe Torlonia, artefice del prosciugamento del Lago del Fucino, Benedetto Croce, Gabriele D’Annunzio, don Luigi Orione. A causa degli eventi politici che caratterizzarono la vita nazionale alla vigilia dell’imminente entrata in guerra, presto del terremoto rimasero soltanto deboli tracce. Già nei quotidiani del mese di febbraio poco spazio è de-dicato ai problemi dei paesi terremotati.

I DOCUMENTI

All’interno della Biblioteca “Vincenzo Bindi” sono conservate diverse testimonianze legate a quel tragico avvenimento che va sotto il nome di “terre-moto di Avezzano”. Fu lo stesso Bindi che provvide a conservare alcuni documenti, ritagli di giornale, una pubblicazione sulla condizione della Marsica dopo il sisma ed una cartolina inviata da Gessopa-lena il 1° aprile 1915. In quest’ultimo documento un amico di Vincenzo Bindi parla del “flagello” le-gato al terremoto sottolineando che “per miracolo della Provvidenza sono scampato dal terremoto”. E’ stata ben conservata anche una copia della po-esia che il tenente Francesco Crucioli, morto nel 1937 nella guerra d’Etiopia, dedicò ai marsicani nel giorno del grande lutto. Molto interessante sotto il profilo storico il volume “Marsica” (numero unico) del maggio 1915 edito “Per i danneggia-ti del terremoto abruzzese e per la Croce Rossa Italiana”. Tra i ritagli di giornali dell’epoca si trova anche la traccia di una colletta avviata all’interno della “Scuola Femminile Normale” di Capua, dove Vincenzo Bindi ricopriva il ruolo di direttore, che “contribuì con la cospicua somma di lire 508,35 a sollievo dei superstiti dell’immane disastro”. Per la gentile collaborazione si ringrazia la dotto-ressa Ludovica Raimondi della Cooperativa Il Volo di Giulianova.

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Il pilota giuliese di Formula 1 ricorda benissimo lo “storico” incontro avuto con Enzo Ferrari, pa-dre indiscusso dell’industria automobilistica di Maranello. Fu proprio nel corso di quell’incon-

tro, di carattere automobilistico-sportivo, che si parlò di Giulianova. L’episodio è venuto fuori un po’ di tempo fa nel corso di una iniziativa del Lions sulla sicurezza stradale svoltasi al Liceo Scientifico “Marie Curie” dove fu invitato a partecipare Gabrie-le Tarquini, sia come esperto conduttore che come ex allievo dell’Istituto. Fu proprio nel corso di una pausa del meeting che Gabriele Tarquini confidò a Valerio Semproni, anche lui appassionato delle quattro ruote, una circostanza sconosciuta ai più. Il pilota giuliese ricorda nitidamente quell’episo-dio. “Quando Enzo Ferrari volle sapere quale fosse la mia provenienza, mi disse prontamente che co-nosceva abbastanza bene Giulianova dove aveva lavorato da giovane all’età di sedici anni”. Le data coincidono alla perfezione giacchè Enzo Ferrari è nato nel febbraio 1898 e nel 1914 aveva appun-to 16 anni. Infatti, fu proprio alla vigilia del primo conflitto mondiale che fu realizzata, nella parte lato est della stazione di Giulianova, una pensili-na con caratteristiche “liberty” secondo la moda dell’inizio del XX secolo. La circostanza è ricorda-ta anche dalla Libera Enciclopedia on-line Wiki-pedia. Valerio Semproni, apprezzato odontoiatra, si è prontamente messo sulle tracce della notizia “allungatagli” quasi per caso da Gabriele Tarquini e così ha scoperto subito che in effetti il padre di Enzo era titolare di una ditta individuale denomi-nata “Officina Meccanica Alfredo Ferrari”. L’azienda, a quel tempo non grandissima, svolgeva appunto lavori per le ferrovie ed in particolare si occupava della realizzazione delle pensiline in dotazione alle stazioni di una certa rilevanza. Basta guardare le vecchie pensiline in metallo color verde scuro pre-

senti sulla linea adriatica e si com-prende che le va-rie realizzazioni sono frutto di una medesima mano. Te s t i m o n i a n z e sono le stazioni di San Benedetto del Tronto, Anco-na, Forlì ed altre. Sottolinea ancora Valerio Semproni: “In effetti Alfredo Ferrari si faceva aiutare dal figlio Enzo, almeno per quel che riguar-da la realizzazio-ne della tettoria liberty del 1914 posizionata alla stazione di Giulianova”. Sempro-ni ha continuato a scavare attorno alla notizia: “Al riguardo, si è instaurato con Maranello un lungo e sudatissimo carteggio a conclusione del quale l’ingegnere Piero Lardi Ferrari, figlio di Enzo, mi ha confermò che il nonno aveva realizzato la tet-toia”. Alfredo Ferrari preferiva farsi accompagnare nel lavoro dal figlio Enzo. La scelta derivava dal fatto che il Drake mostrava poca inclinazione allo studio, a differenza del figlio maggiore Alfredo jr., detto Dino, mostrava molta più propensione verso i libri di scuola. La notizia non è sfuggita a Dino Natali, presidente della Scuderia Ferrari Club di Villa Rosa di Martinsicuro, che sta percorrendo alcune strade al fine di poter apporre, a nome del sodalizio truentino, una targa ricordo nella stazio-ne di Giulianova in ricordo della presenza di Enzo Ferrari, unitamente al padre Alfredo, nello scalo giuliese. Tutto questo a cento anni dalla realizza-zione di quella pensilina che è ancora lì a far sfog-gio di sé custode di chissà quanti segreti, aneddoti e storie dei milioni di viaggiatori che in un secolo sono passati da quelle parti per raggiungere de-stinazioni diverse. Dunque, un giusto “ricordo” per la presenza di Enzo Ferrari nella nostra provincia ed in Abruzzo dove tornò dodici anni più tardi, nel 1926, per conquistare con l’Alfa Romeo la coppa Acerbo a Pescara battendo le fortissime Mercedes di allora.

QUANDO IL PAPA’ DEL “CAVALLINO RAMPANTE” FIRMO’ LE PENSILINE DELLE STAZIONI ADRIATICHE

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Giulianova, Enzo Ferrari e la storia dell’officina meccanica di famiglia che lavorò allo scalo ferroviario

ALFONSO ALOISI

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Sulla scorta di quanto raccontato da lui stesso, Enzo Ferrari nacque a Modena il 18 febbraio 1898, ma una fortissima nevicata bloccò le strade e la sua nascita fu registrata dal padre con due giorni di ritardo mutando così la data ufficiale di nascita nel 20 febbraioA differenza del fratello maggiore Alfredo Jr., Enzo aveva un rendimento scolastico piuttosto scarso e allo studio preferiva lavorare nell’officina del padre che l’avrebbe voluto ingegnere, sognando invece di poter concretizzare una delle sue passioni ado-lescenziali. Infatti avrebbe voluto divenire tenore d’operetta o giornalista sportivo o pilota automo-bilistico. Compì le prime esperienze di guida sulla Diatto di famiglia e il 16 novembre 1914 riuscì a far pubblicare il suo resoconto della partita di calcio Modena-Inter sulla Gazzetta dello Sport.Nel 1915 perse il padre a causa di una polmonite; l’anno seguente morì anche il fratello Alfredo jr., partito volontario allo scoppio della Grande guer-ra. In attesa della chiamata alle armi, il diciottenne trovò impiego, in qualità di istruttore, presso l’Of-ficina Pompieri di Modena, dove si tenevano corsi per operai da utilizzare nelle industrie ausiliarie. Nel 1917 venne arruolato nel Regio Esercito e as-segnato al 3º Reggimento d’artiglieria alpina, ma fu presto congedato a causa di una pleurite.

Ripresosi dalla malattia, dopo un lungo ricovero nella sezione “incurabili” dell’ospedale bolognese, con una lettera di raccomandazione datagli dal comandante del suo corpo, Enzo Ferrari si pre-sentò a Torino e chiese di essere assunto presso la FIAT, ottenendo un cortese rifiuto dal direttore del personale Diego Soria. Enzo Ferrari così scrisse di quel giorno: “Era l’inverno 1918-1919, rigidissimo, lo ricordo con grande pena. Mi ritrovai per strada, i vestiti mi si gelavano addosso. Attraversando il Parco del Valentino, dopo aver spazzato la neve con la mano, mi lasciai cadere su una panchina. Ero solo, mio padre e mio fratello non c’erano più. Lo sconforto mi vinse e piansi”. Non si perse d’animo e trovò occupazione nella

ENZO FERRARI, STORIA E LEGGENDA

DELL’ AUTOMOBILISMO

LE ATTIVITÁ LAVORATIVE

Carrozzeria Giovannoni di Torino, specializzata nel recupero di autocarri leggeri del tipo Lancia Ze-ta-12/15HP o Fiat Brevetti, dismessi dall’uso belli-co.

Fu durante una delle sue trasferte a Milano che, alla fine del 1919, trovò lavoro in una piccola im-presa meccanica milanese, la CMN, della quale era socio l’amico Ugo Sivocci, conosciuto casualmen-te da Ferrari nel Bar Vittorio Emanuele di via Ore-fici. Sivocci prese a cuore la situazione di quel ra-gazzo squattrinato, prendendolo come assistente al collaudo. La prima competizione importante cui Ferrari partecipò fu la X Targa Florio, ma con scar-so successo. La sua CMN 15/20HP, infatti, fu attor-niata da dimostranti durante una manifestazione politica e Ferrari riuscì a raggiungere Palermo solo quando i cronometristi avevano ormai abbando-nate le loro postazioni.Nel 1920 iniziò a correre con l’Alfa Romeo, che all’e-poca era un club per Gentlemen Driver. Nel 1923 Ferrari vinse la prima edizione del Gran premio del Circuito del Savio (Ravenna). In quell’occasione, la madre di Francesco Baracca, contessa Paolina Biancoli, gli consegnò il simbolo che l’aviatore portava sulla carlinga, un cavallino rampante e gli disse: “Ferrari, metta sulle sue macchine il cavalli-no rampante del mio figliolo. Le porterà fortuna”. A partire dal 1932 questo simbolo apparve sulla car-rozzeria delle vetture prodotte da Ferrari. Nel 1924 fu insignito del titolo di Cavaliere dell’Ordine della Corona del Regno d’Italia. Nel 1924 Enzo Ferrari partecipò alla fondazione del giornale sportivo bolognese ‘Corriere dello Sport’ dove rimase consigliere delegato della so-cietà editrice fino al 1926. Nello stesso anno vinse la coppa Acerbo a Pescara e, alla fine della stagio-ne sportiva, il pilota dovette troncare ogni attività agonistica a causa di un forte esaurimento nervo-so, che lo costrinse a ritornare a Modena per lun-ghe cure. A coronamento della sua carriera sporti-va, gli furono conferite le onorificenze di Cavaliere Ufficiale e Commendatore della Corona. Nel 1929, completamente rimessosi, venne richiamato a Milano per fondare una squadra corse, collega-ta all’Alfa Romeo e destinata a diventare celebre come Scuderia Ferrari.Ferrari convinse il grande progettista Vittorio Jano a lasciare la FIAT e ad approdare alla Scuderia Fer-rari, inseguendo con lui i suoi sogni; allora Enzo gestiva lo sviluppo delle vetture Alfa e costruì un team di oltre 40 piloti, tra cui Antonio Ascari, Giu-seppe Campari e Tazio Nuvolari. Ferrari stesso con-tinuò a correre fino alla nascita, nel 1932, del figlio Alfredo, detto Dino, che morì nel 1956 di distrofia muscolare. Per questo volle la nascita del Centro Dino Ferrari per la cura di questa malattia. In se-guito ebbe un altro figlio, Piero, nato nel 1944 da Lina Lardi. Ha trascorso una vita riservata, lontano dai riflettori concedendo rare interviste.

QUANDO IL PAPA’ DEL “CAVALLINO RAMPANTE” FIRMO’ LE PENSILINE DELLE STAZIONI ADRIATICHE

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La consultazione degli atti notarili dell’Otto-cento, finalizzata ad alcune mie ricerche, mi ha dato modo di scoprire che questi fonti conservano e forniscono informazioni che

vanno oltre l’arido e ripetitivo linguaggio tecnico, proprio di questa categoria di documenti. Questi testi, certamente, non parlano da soli, ma noi pos-siamo sempre interrogarli, scavare tra le righe, per strappare da una parola o da un aggettivo ciò che essi tacciono o semplicemente danno per sconta-to. Li comprenderemo ancora meglio tuffandoci al loro interno, nel mondo, nelle idee, nell’immagina-rio, nella cultura che li produsse. A cominciare da questo numero, sarà affrontato lo studio di alcune categorie di atti notarili meno convenzionali, che presentano aspetti di carattere storico e sociologico; per intenderci non trattere-mo le compravendite, i testamenti, le successioni ed altri rogiti che hanno carattere strettamente privato.La serie inizia con gli atti che regolano il matrimo-nio, indicati in vario modo nei repertori dei notai: “Foglio nuziale”, “Tavola nuziale”, “Sponsale”. Docu-menti di questo genere vantano una vasta lettera-tura, quasi sempre, però, riferita a famiglie patrizie; sono invece rari quelli che riguardano le famiglie del ceto popolare o piccolo borghese, categorie di cittadini a cui appartengono i protagonisti dei no-stri fogli.(1) Lo studio si basa sull’esame di otto ro-giti, redatti, tra il 1820 e il 1850, dai notai Lorenzo Cerroni di Campli, domiciliato in Nereto, di Emidio Partenope di Nereto e di Feliciantonio de Fabriti-is di Tortoreto. Per una sorte di rispetto dovuto ai protagonisti e, soprattutto, agli omonimi viventi, si omettono cognomi e riferimenti d’archivio più precisi; gli sposi contraenti saranno indicati solo col nome di battesimo. Per non essere eccessivamente ripetitivi, saranno riportati gli elenchi dettagliati di tre doti; delle al-tre si segnaleranno solo gli importi totali e si terrà conto dei dettagli nelle considerazioni generali. La scelta del campione è avvenuta sula base dell’en-tità delle doti e della consistenza dei corredi, ca-tegorie utili per la comprensione del panorama sociale ed economico in cui erano formate.

Tutti gli atti notarili, naturalmente, contengono delle disposizioni comuni, dettate dal Codice Ci-vile, le quali, all’epoca, regolavano la materia nel Regno delle Due Sicilie.

Prima di passare alla formazione della dote, le par-ti dichiaravano di aver concordato di celebrare il matrimonio «innanzi la Santa Madre Chiesa Catto-lica Apostolica Romana in conformità del Concilio di Trento e secondo le Leggi Civili». Immediata-mente dopo puntualizzavano «di voler vivere sot-to la regola del regime dotale» e, in qualche atto, è aggiunto anche «fuori di ogni comunione»; for-mula che equivale a una separazione di beni per contratto. Il padre prometteva alla figlia una somma in de-naro «per quanto suo appartenerle sopra i suoi beni giusta il calcolo che nella continenza attuale del suo patrimonio si è prudenzialmente fatto». Alla formazione della dote in denaro contribuiva, a volte, anche la madre, attingendo a risorse di sua proprietà. Il versamento dell’importo promesso, soprattutto quando era rilevante, veniva spalmato in molti anni e non erano contemplati interessi. In caso di morte della moglie e in assenza di figli, l’in-tera somma doveva essere restituita, con la stessa rateizzazione, al padre o alla famiglia d’origine. La Legge contemplava e regolava, naturalmente, al-tre situazioni familiari. Nei documenti presi in considerazione, l’ammon-tare delle donazioni varia da trenta a cinquecento ducati.

TERRITORIO 22

La Storia IneditaIl “Foglio nuziale”

FRANCESCO GALIFFA

Collana di corallo rosso, fotografata su un lenzuolo di lino ricamato a punto antico. Corredo di Cesira Ricci di Villa Ricci. (Foto di Cesarina Di Domenico)

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TERRITORIO23

RIEGILOGO DELLE DOTI

Nomi degli sposi Dote in moneta(Ducati)

Corredo(Ducati)

Candida e Emidio 100:00 114:50

Maria e Angelo Emidio 60:00 78:12

Floridea e Antonio 30:00 65:60

Teresa e Francesco 150:00 95:05

Angela e Ferdinando 70:00 67:55

Lucia e Pasquale 40:00 52:00

Veneranda e Francesco 100:00 92:00

Maria Concetta e Carlo 500:00 172:27,5

DAL FOGLIO NUZIALE DI LUCIA E PASQUALE

Lista del corredo Valore stimato(Ducati)

Un paglione di lino a quattro licci 2:40

Due coverte, una di lana, e l’altra di bambace 1:80

Tre paja di lenzuola di lino 4:80

Due paja di cuscini uno di lino, e l’altro di musolo 1:40

Tredici camice da donna di lino 7:20

Sette guarnelli di varie robbe e qualità 9:20

Cinque busti di varii colori e qualità 5:00

Sei fazzoletti da testa di varie qualità 2:80

Dieci salviette di lino colorato e una tovaglia simile 2:00

Sei paja di calzette e una libra di rete 1:70

Un pajo di casse di legno abete 4:50

DAL FOGLIO NUZIALE DI VENERANDA E FRANCESCO

Lista del corredo Valore stimato(Ducati)

Una guarnella di lino, e lino bianco 1:10

Un'altra di lana, e lana, unitamente ad altre tre simili di vari colori e qualità

6:60

Sei altri di bombace colorata 9:00

Altri quattro guarnelli di cambrich di vari diversi colori 4:20

Altri tre guarnelli di lino, e canepa colorati 2:50

Camice ventidue di lino, e lino imbiancato 13:20

Due paia di lenzuola di lino imbiancato 7:92

Quattro busti di vari colori, e qualità 2:40

Quattro mantelli di lana, e lino 1:50

Una coverta di lana colorata 4:00

Un saccone di canne sei di lino, e lino tessuto a quattro licci 1:80

Dieci fazzoletti da testa di varie qualità compresi quelli lavorati 6:00

Zinali undici di vari colori, e qualità 5:50

Sei pezzi di panno lino, e lino imbiancato detti volgarmente quatrezze 2:16

Per tre paia di guanciali ad uso di letto 1:50

Per trapizzi, e camicette per uso del collo di una donna 1:60

Per mantili, e salviette imbiancati, e lavorati 3:10

Per altre, biancherie di diversa qualità 2:60

Per un fazzoletto di panno bianco con un altro pezzo dell’istessa robba 1:10

Paia tredici di calzetti di vari colori, e qualità 2:70

Un altro zinale di colore 0:30

Libre tre di filo imbiancato 0:60

Sette camice di filo imbiancato da uomo 3:50

Una collana di coralli rossi con un rosario simile ed un paio d’orecchi-ni d’oro

2:50

Due casse di legno noce, e legno abete con serrami e chiavi 2:40

Sei libre di lana schiava, ed altre sei con un paio di scarpe di vitello 1:32

DAL FOGLIO NUZIALE DI MARIA CONCETTA E CARLO

Lista del corredo Valore stimato(Ducati)

Un saccone di canne sette di lino, e lino tessuto a quattro licci

3:15

Una imbottita ripiena di lana di cambrich 4:40

Un tornaletto di lino, e lino 2:05

Un pajo di fodere di cuscini di lino 0:90

Un materazzo ripieno di lana schiava 13:60

Una coverta di lana, e lana colorata 6:00

Un pajo di lenzuola di lino, e lino, con altre due paja

6:40

Un pajo di lenzuola di musolo 2:00

Un mantile di lino, e lino ad uso di far pane

1:80

Quindici canne di panno lino, e lino lavo-rato per uso di salviette e tovaglie

7:77,5

Un'altra tovaglia simile 1:00

Ventisei camice di panno lino nuove, ed una di tela

18:90

Nove asciugamani anche di lino, e lino 2:25

Due paja di faccie cuscini di panno lino 0:80

Quindici paja calzette di rete 2:25

Tre paja scarpine, ed un pajo cuturni 2:50

Tre gonne di musolo di diversi coloriPiù altri due ducati per le istesse tre gonne

2:502:00

Due altre gonne di dobbetto 2:00

Cinque gonne tre di pelone, e due di lana 8:50

Due guarnelli di bambace 2:00

Dodici zinali di cambrich di diversi colori 4:80

Altri tre zinali di musolo, ed uno di seta 2:80

Sedici fazzoletti da capo di musolo rica-mati

8:00

Due fazzoletti anche da testa di tullo 3:00

Due tovaglie di musolo guarnite 3:50

Ventotto fazzoletti da collo di diversi colori 3:50

Un busto di pelone e due di panno guarniti 6:00

Altri quattro busti di velluto di diversi colori

7:20

Altri due busti di seta, ed uno di raso di diversi colori, e qualità

9:60

Una collana di bottoni d’oro con ciappa dell’istesso metallo

4:00

Un pajo di orecchine d’oro con diversi lavori

4:60

Una spilla con sei anelli dell’istesso metallo 3:90

Due lacci di margaritini lavorati 1:00

Due corone con due Crocefissi d’argento 1:60

Un pajo di casse di legno noce con chiavi, e serrature

10:00

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Donna con la collana di corallo e il ”fazzoletto da testa”. (Fototeca Pasquale Rasicci)

Le tre liste riportate integralmente declinano in modo preciso ed eloquente quantità e qualità de-gli oggetti del corredo e ci consegnano un quadro ben definito sulle possibilità economiche delle fa-miglie delle spose. Il corredo era composto, prin-cipalmente, da due categorie di oggetti, ad uso, rispettivamente, della famiglia e della sposa. Alla prima appartenevano il letto (compare solo in due documenti) i paglioni o sacconi (i materassi di una volta, riempiti con le sfoglie delle pannocchie), le coperte, le imbottite, i tornaletto (da “tour de lit”, drappi coi quali si fasciava e si adornava la parte inferiore del letto), le lenzuola, i cuscini (a volte ripieni di lana), le tovaglie, le salviette, gli asciu-gamani, i mantili (teli di stoffa lungo e stretto) per fare il pane, rotoli di stoffe varie, le casse di noce o d’abete per riporre la biancheria. Per uso per-sonale, la sposa portava un numero variabile ma, comunque, quasi sempre consistente di guarnelli (gonne lunghe e ampie, fatte con un tessuto d’ac-cia e bambagia, chiamato guarnello), camice e ca-micette, zinali (grembiuli), gonne, trapizzi (copri-spalle di forma triangolare), busti, sottane, fazzoli o fazzoletti (foulard) da testa e da collo, mantelle, fazzoletti da naso, calzette, scarpe di vacchetta o di vitello, scarpine e coturni (sandali allacciati alla caviglia). Le più fortunate avevano in dote anche alcuni tra gli oggetti preziosi qui elencati: colla-na di coralli rossi, collana d’oro, spilla e orecchini sempre dello stesso metallo, laccio di margariti-ni lavorati (piccolissime palline d’oro o di corallo, che, forate, s’infilano per ricavarne una collana o un braccialetto), un rosario realizzato con grani di corallo, una corona con crocifisso d’argento. Una menzione particolare merita l’usanza di destinare

alcune camice da uomo o dei fazzoletti ai membri della famiglia presso la quale la sposa si accasava: «camice per uso di dono», «fazzoletti da dono».Gli indumenti di cui sopra erano confezionati con stoffe di vario genere e colore. In massima parte erano di lino, di lana e d’accia o canapa ed erano denominate “domestiche” perché erano prodotte in loco: ad esempio, “tela domestica”, “pannolino (panno fatto con il lino) domestico”. Insieme a queste stoffe, si trovano anche quelle provenienti da altre parti del Regno di Napoli e persino dall’e-stero: pelone (stoffa di lana), bambace (bambagia, panno realizzato col cascame della filatura del cotone), dobbetto o dobretto o droetto (specie di tessuto di Francia fatto con lino e bambagia), musolo (mussola, tessuto finissimo di cotone, di seta o di lana, per capi da tavola e per eleganti abi-ti femminili), cambrich o cambris (tela di cotone simile alla batista, bianca, o a colori; morbida e ca-scante, è indicata nella confezione di camice, abiti e bluse), velluto, tullo (tulle, un tessuto prodotto con fili che s’intrecciano in modo molto aperto, creando una rete trasparente ma molto stabile), ormesino (sorta di drappo leggero di seta, a onde), saja (panno di lana grossa, che serve al vestiario di lusso dei campagnoli), sajone (specie di tessuto di seta), amuer (stoffa morbida ricavata dal sottovel-lo di capra d’angora), refe (filo molto robusto, otte-nuto dall’intreccio di più capi), cotone, diavolone (tessuto ruvido di cotone per indumenti da fatica: il progenitore dei Jeans!), raso. Le stoffe più pregiate, come la seta, il velluto, la mussola, il tulle e l’amuer, compaiono solo nei corredi delle famiglie più facoltose, a testimoniare uno stato sociale al di sopra della media; a Nereto potevano essere acquistate «nella bottega da ne-gozio» di Gesualdo de Berardinis, situata in Piazza del Mercato.Bisogna, inoltre, far rilevare che si cercava di diver-sificare i capi d’abbigliamento ricorrendo a stoffe di tinte diverse; anche le tovaglie erano ravvivate con disegni ottenuti con l’impiego, nella fase di tessitura, di filati di almeno due colori.Dal quadro complessivo che emerge dall’esame dei documenti, si ha, comunque, la percezione di un mondo in cui si tendeva al concreto, emargi-nando il superfluo e lasciando poco spazio, salvo rari casi, alla vanità personale della sposa. C’è da fare, infine, una notazione di carattere lin-guistico; sia nella denominazione degli indumenti sia in quella delle stoffe, si fa ricorso spesso a ter-mini dialettali o dialettalizzati, alcuni di non facile comprensione. Oltre queste informazioni esplicite, i documenti ne forniscono altre “criptate”, che, una volta decodifi-cate, permettono di conoscere e di comprendere meglio la realtà economica e, soprattutto, socia-le delle famiglie dei piccoli centri verso la metà dell’Ottocento. Basta prestare attenzione e riflet-tere su alcune espressioni o, più semplicemente, su nomi e aggettivi usati nella descrizione del cor-redo. Si scopre allora che “lino tessuto a quattro lic-ci” è sinonimo di robustezza e resistenza; che “faz-

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NOTE(1) SABATINI, Gaetano, “Un corredo dotale abruzzese del 1466”, in Bul-lettino della R. Deputazione Abruzzese di Storia Patria, Serie III – Anno V, Aquila, 1914, pp. 131-140.(2) Sul tema si segnala il seguente testo: BENOIT, Saverio, “Trattati della dote e dei beni parafernali”, Stabilimento dei F.lli Pedone Lauriel, Palermo, 1858. (3) BENOIT, Saverio, Cit, p. 389.(4) Tali somme erano nettamente inferiori a quelle stabilite dalle fami-glie più importanti della Val Vibrata. Don Gaspare Flajani di Corropoli, nel 1827, destinò alla figlia Donna Grazia, sposa di Don Biase de Mi-chetti di Canzano, tremila ducati e apprestò una corredo da cinquecen-to ducati. (Cfr. A.S.Te., Archivio notarile, Notaio De Berardinis G.B., Vol. 4, Anni 1829-1832, B. 1183, repertorio n. 19, f. 98r.)Per dare dei punti di riferimento sul valore del Ducato all’epoca dei fat-ti, si specifica che per guadagnarne uno un bracciante agricolo doveva zappare per dieci giorni; a un lavoratore dell’industria ne bastavano cinque.Nel testo compaiono delle unità di misura: la canna corrisponde a metri 2,10 circa; la libra a grammi 321 circa.

TERRITORIO25

Rotolo di stoffa di canapa tessuta in casa nei primi decenni del Novecento, appartenente al corredo di Cesira Ricci di Villa Ricci. (Foto di Cesarina Di Domenico)

zoletti da capo di tullo” o “ricamati”, sono simboli di eleganza; che l’amuer è una stoffa pregiata e poco nota, quasi esotica; che le “lenzuola di muso-lo” trasmettono una sensazione di freschezza; che “un busto di seta e raso” è un capo d’abbigliamen-to prezioso ed elegante, da indossare in occasioni importanti; che la presenza nel corredo di qualche indumento “usato” è sicuramente un segnale di ristrettezze economiche ma anche di parsimonia; che una tavola imbandita con tovaglia e salviette a “vachi di pepe” attende ospiti di riguardo. Questi oggetti, all’improvviso, diventano vivi e trasmetto-no sensazioni ed emozioni. Nei giorni che precedevano la celebrazione delle nozze, la dote era trasferita a casa dello sposo; in alcune località dell’Abruzzo l’operazione avveniva in forma solenne e quasi spettacolare. Tutti i capi e l’arredo erano sistemati su un carro addobbato, sul quale si sistemava la sposa con tutti i capi del corredo. Ai nostri occhi l’operazione può sembrare una for-ma di ostentazione delle facoltà economiche della famiglia della sposa; in realtà si trattava del primo momento di condivisione con la comunità di una festa, che doveva rimanere indimenticabile per gli sposi, per i familiari e per l’intera collettività. Il se-condo momento, il più solenne, era rappresentato dal trasferimento della sposa in chiesa, dal rito nu-ziale e, infine, dal pranzo.

Il “Carro nuziale” allestito all’interno del “Museo delle Tradizioni ed Arti Contadine” di Picciano (PE).

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Sempre più numerosa e sempre più vario-pinta. La popolazione vibratiana scambia pelle e si fa multietnica ogni anno di più. Si attesta sulle 80 mila unità (dati Istat al pri-

mo gennaio 2014), con uno share di crescita de-mografica totale costante. Il risultato è certamente il prodotto del tasso di crescita della popolazione immigrata residente, a fronte di una tendenza leggermente negativa degli indici di natalità en-dogeni. Lo rivela lo studio sociale dell’Unione di Comuni. La consi-stenza del flusso migratorio “income” rappresenta un uni-cum dell’intero pa-norama provinciale, sia in relazione al novero quantitati-vo, che in relazione alla differenziazio-ne etnica dei nuovi insediamenti. Que-sto emerge dai dati elaborati dall’ufficio Sociale dell’Unione di Comuni Val Vibrata. C’è di più. Il dirigente del settore, Giuseppe Biancucci, ha ela-borato una proiezione fino al 2020 della crescita della popolazione. Le proiezioni demografiche “Cresa” prevedono aumenti un po’ in tutti i comuni e la percentuale di stranieri residenti, rispetto agli abitanti è notevolmente più alta dell’analogo dato provinciale e regionale. Se nel 2000 la popolazione vibratiana complessiva era di 67.434, al 2011 era-vamo già 80.252. Nel 2020 saremo in Val Vibrata 87.218, cioè l’8,7 per cento in più rispetto agli inizi

del nuovo millennio (fonte: elaborazione Demo Istat-Cresa Abruzzo-Unione di Comuni Val Vibra-ta). La città più multietnica, nei prossimi cinque anni, risulterà essere Martinsicuro (+15,4 per cen-to), seguita da Tortoreto (+15,1 per cento), Sant’E-gidio alla Vibrata (+13,4 per cento), Alba Adriatica (+11,9 per cento), poi Sant’Omero (+ 9 per cento) e via via gli altri. L’Ambito Territoriale Sociale “Vibra-ta” ha una popolazione di over 65 di 15.133 perso-ne di cui 6.750 maschi (44,60%) e 8.383 femmine

(55,40%) per cui la popolazione an-ziana ultra 65enne rappresenta il 20,18% dell’univer-so. “La fotografia del pianeta anziani mostra la presenza di una “rete” di ac-coglienza, di cura e sostegno alla per-sona anziana forni-

ta dalla famiglia di origine della stessa - spiega nel-la relazione, Giuseppe Biancucci - rete sviluppata e valida nelle zone interne e collinari mentre a livello costiero, dove sta scomparendo la famiglia patriar-cale per lasciare il posto a famiglie mononucleari, e dove la rete è allentata o poco presente il biso-gno di cura e sostegno dell’anziano è maggiore e richiede un più massiccio ricorso ai servizi territo-riali”. Ma in Val Vibrata si registra anche un incre-mento della popolazione immigrata del 16,19%, in due anni (2012-2014). Quasi la metà degli stra-nieri extracomunitari (oltre il 45%) della provincia

MINESTRONE ETNICO

Val Vibrata sempre più globale Cresce la popolazione straniera, diminuisce il lavoro, aumentano le richieste di aiuto sociale

ALEX DE PALO

TERRITORIO 28

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di Teramo è residente nell’Ambito Sociale 2 Vibra-ta. I minori stranieri residenti sono il 20,61% della popolazione straniera complessiva residente. La presenza straniera non può dirsi equamente di-stribuita, data la stragrande maggioranza di extra-comunitari residenti nel comune di Martinsicuro e di Alba Adriatica, Tortoreto e Sant’Egidio alla Vi-brata. I valori rimangono alti anche analizzando la percentuale degli extracomunitari sul totale della popolazione comunale; i comuni più multietnici sono Martinsicuro, Nereto, Alba Adriatica, Tortore-to e Sant’Egidio alla Vibrata. La forbice oscilla nel rapporto residenti/popolazione immigrata, tra il 10 ed il 18 per cento. La Val Vibrata ha registrato, nei dati Istat rielaborati dal servizio sociale della Città-territorio, una costante crescita con un boom fra il 2001 ed il 2009. In otto anni, la popolazione straniera è praticamente triplicata. “Per quanto ri-guarda i minori stranieri (comprendenti i minori stranieri non accompagnati senza fissa dimora) in casa famiglia, possiamo dire che nel biennio 2013 – 2014 sono stati inseriti in strutture residenziali (case famiglia per minori) 65 minori - spiega Bia-nucci illustrando il report. 65 minori ricoverati di cui 27 in essere , più 3 madri e 35 dimessi nel 2014 ad oggi (dato riferito fino allo scorso mese). Sono 21 i bengalesi inseriti in casa famiglia in quanto stranieri non accompagnati senza fissa dimora, 12 i minori inseriti in base a blitz delle forze di poli-zia che hanno portato all’arresto delle madri dei minori. L’incremento della popolazione immigrata nel nostro territorio ha portato un problema di adattamento della popolazione immigrata, talvol-

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ta, comportando difficoltà per le famiglie immi-grate a conciliare i propri modi di essere e fare, i propri costumi e tradizioni con quelli del luogo di residenza per cui capita che i minori sono quelli che soffrono maggiormente tale difficoltà di inte-grazione. Assistiamo spesso a famiglie immigrate multiproblematiche che fanno fatica ad inserir-si nei circuiti sociali ed economici del territorio. I minori sentono tale criticità delle proprie famiglie soffrendo problemi di adattamento soprattut-to nel contesto scolastico e, talvolta, entrano più facilmente nei circuiti della devianza arrivando a compiere azioni trasgressive e reati e si ritrovano spesso nel contesto della giustizia minorile. Da sottolineare – prosegue il responsabile del settore Politiche Sociali dell’Unione di Comuni - il feno-meno che si sta vivendo in Val Vibrata da alcuni anni della presenza (o arrivo) di minori stranieri non accompagnati senza fissa dimora che, seppu-re agli inizi aveva il carattere di eccezionalità, ad oggi sono un fenomeno in crescita e non possono essere più considerati una mera emergenza. Die-tro questo strano fenomeno migratorio ci sono organizzazioni criminali dedite allo sfruttamento di minori stranieri non accompagnati. Questi arri-vano in Italia in aereo all’aeroporto di Roma, dove una volta atterrati, viene loro tolto il passapor-to restando alla mercè di persone all’apparenza “buone”, persone che si adoperano per loro per inserirli socialmente e lavorativamente in Italia. In-fatti queste persone vengono accompagnate con furgoni o treni in varie parti d’Italia e, dalle nostri parti, anche a Martinsicuro e Alba Adriatica.

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Popolazione ultra 65 al 01.01.2014Totale Maschi Femmine

Alba Adriatica 2.448 1.074 1.374Ancarano 409 186 223Colonnella 775 365 410Controguerra 610 273 337Corropoli 1.006 430 576Martinsicuro 3.097 1.387 1.710Nereto 1.151 496 655Sant'Egidio alla Vibrata 1.839 838 1.001Sant'Omero 1.263 577 686Torano Nuovo 404 170 234Tortoreto 2.131 954 1.177Civitella del Tronto 1.254 548 706

Totale 16.387 7.298 9.089

Popolazione immigrata al 01.01.2014Totale Maschi Femmine

Alba Adriatica 1.683 739 944Ancarano 115 44 71Colonnella 394 190 204Controguerra 283 138 145Corropoli 555 265 290Martinsicuro 2.511 1.230 1.281Nereto 792 406 386Sant'Egidio alla Vibrata 929 445 484Sant'Omero 532 261 271Torano Nuovo 104 45 59Tortoreto 1.283 581 702

Civitella del Tronto 497 250 247

Totale 9.678 4.594 5.084

Popolazione minorile immigrata al 01.01.2014Totale Maschi Femmine

Alba Adriatica 383 201 182Ancarano 29 14 15Colonnella 87 45 42Controguerra 74 40 34Corropoli 128 68 60Martinsicuro 563 282 281Nereto 206 118 88Sant'Egidio alla Vibrata 264 131 133Sant'Omero 128 68 60Torano Nuovo 31 14 17Tortoreto 262 137 125Civitella del Tronto 120 72 48

Totale 2.275 1190 1085

Popolazione immigrata 2012- 2014

2014 2012

Alba Adriatica 1.683 1256Ancarano 115 102Colonnella 394 381Controguerra 283 235Corropoli 555 456Martinsicuro 2.511 2110Nereto 792 730Sant'Egidio alla Vibrata 929 872Sant'Omero 532 446Torano Nuovo 104 99Tortoreto 1.283 1008Civitella del Tronto 497 493

Totale 9678 8188

Dal 01.01.2012 al 01.01.2014 si è avuta in Val Vibrata un incremento della popolazione immigrata del 16,19%.

Popolazione minorile al 01.01.2014

Alba Adriatica 2.105 1.001 1.014Ancarano 288 148 140Colonnella 604 316 288Controguerra 375 200 175Corropoli 875 446 404Martinsicuro 2.855 1.474 1.381Nereto 892 488 404Sant'Egidio alla Vibrata 1.787 886 901Sant'Omero 834 457 377Torano Nuovo 238 122 116Tortoreto 1.771 925 854Civitella del Tronto 761 393 368

Totale 13.385 6856 6422

Fonte: Unione di Comuni Val Vibrata, Istat

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PEOPLE 32

Sul territorio italiano la crisi ha messo molte aziende con le spalle al muro. Centinaia i casi di chiusura di fabbriche e stabilimenti incapaci di controbattere al crollo del mer-

cato. In questo scenario che tendiamo sempre ad allontanare dobbiamo inquadrare anche la Val Vi-brata che nasconde non soltanto brutte storie ma anche realtà che dimostrano che si può reagire alla crisi benedicendola.

E’ in questi momenti che risalta il pensiero di A. Einstein: “La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno na-sce dalla notte oscura. E’ nella crisi che sorge l’inven-tiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere ‘superato “.

A citarci queste parole non è un accademico o un cinico banchiere posto sul proscenio dello show mediatico, ma un giovane imprenditore tortoreta-no, Valerio Iaconi, che insieme al fratello disegner Federico ci racconta la storia della sua piccola im-presa familiare che, attraverso un’idea e la voglia di innovarsi, riesce a sopravvivere ed a crescere.L’impresa IACO fonda la sua forza sul reinventare il design di accessori dell’Action Sport per riconfigu-rarli come oggetti di moda adatti a qualsiasi con-testo. E per farlo utilizzano nomi tratti dal dialetto che diventano essi stessi qualcosa di esotico an-che per chi fa degli inglesismi un vezzo necessario.

Quando sentiamo parlare di piccola e media im-presa, come anche di tanti altri argomenti, ten-diamo a guardare lontano senza sapere quello che abbiamo sul nostro territorio. La vostra im-

APPENDI UN CAZZARUL

AL TUO FIANCOSi chiama Iaco, l’italian

design che di british non ha nulla. L’accessorio moda

sdogana nel nome (dialettale locale) e nella forma, supera

la crisi e fa impallidire la concorrenza

presa ha profonde radici nella Val Vibrata inve-ce.Federico: In realtà la nostra è un azienda di fami-glia che ha avuto origine con nostro padre e che l’ha portata avanti per molti anni mantenendosi però come fabbricante di accessori per contoterzi; sopratutto dagli anni ottanta fin o al nostro inse-rimento nella ditta. Abbiam sempre lavorato per marchi di alto livello, sia nazionali che internazio-nali senza muoverci da qui.

Il cambio di rotta da semplici produttori a crea-tori e promotori di un accessorio originale come è avvenuto?Valerio: Diciamo che la svolta vera è propria è ar-rivata con il mio inserimento nelle attività dell’a-zienda dopo che già mio fratello si era affiancato a mio padre come responsabile. Immagine e curato-re del design dei prodotti. Di mio ho portato l’idea di quell’accessorio che poi è diventata la bandiera e l’inizio della nostra avventura sul mercato.

Parliamo del “cazzarul” vero? Che tra l’altro per noi abruzzesi ha il significato di “contenitore qualsiasi”, senza avventurarci troppo nella lin-guisticaValerio: Un’idea semplice nata da due fattori: l’a-more per il mare e l’esigenza delle persone. Ti spie-go: nel 2004-2005 come tanti ragazzi del territorio

MARVIN ANGELONI

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PEOPLE33

facevo il bagnino e avevo il problema, come molti amici e turisti, di dove mettere gli oggetti persona-li stando al mare, considerando anche il fatto che il marsupio era ormai passato di moda da tempo. Alla fine mi sono adattato con un sacchetto e la cosa mi è piaciuta. Il bello è che è piaciuta anche ai miei amici tanto da arrivare a chiedermi di pro-curargliene qualcuna. In fondo quando abbiamo deciso di sviluppare qualcosa di completamente nostro l’idea era già pronta. Mancava soltanto un nome e un design in grado di adattarsi ad ogni ambiente senza mai far dimenticare il mare.

Quindi nel “cazzarul” avete riposto anche tutte le vostre speranze. Federico: Abbiamo visto che c’era un potenziale di mercato e con la crisi oramai conclamata in Italia potevamo scegliere se rimanere legati ai bisogni di terzi cercando di sopravvivere o rischiare qual-cosa di più e provare a crescere ed ad innovarci. E non parliamo solo del lato economico. Considera che il lancio del prodotto è avvenuto soltanto nel 2012 quindi già in piena crisi economica abbiamo puntato tutto sul “cazzarul” stando attenti ad ogni più piccolo particolare, perfino la sua esistenza sulle ricerche web di google.

Intendete che avete scelto un nome da dare al prodotto che fosse assolutamente originale?Valerio: Esattamente. Il nome “cazzarul” era la cosa più naturale per noi ma ci piaceva e pensavamo che potesse risultare quasi un inglesismo per chi non ha dimestichezza con il dialetto. Abbiamo ovviamente cercato a fondo su google e non c’era nulla. Prova a cercarlo ora e capirai il perché. Oggi è fondamentale saper curare questi particolari.

E’ chiaro che avete scelto di rischiare e di fare un salto nel buio. La scelta è stata ripagata con il successo?Valerio: Abbiamo puntato tutto su un prodotto ma ne stiamo sviluppando anche degli altri. Per quanto riguarda il “cazzarul” abbiamo avuto un ri-scontro eccezionale nella nostra zona e neanche troppo lentamente siamo riusciti ad arrivare in ogni parte d’Italia. Abbiamo più di cinquanta pun-ti vendita per il nostro prodotto e sono dislocati in varie zone. Ti do qualche dato: 15 in Abruzzo; 10 nelle Marche ed i restanti sparsi nelle maggiori città italiane. Ma ovviamente noi puntiamo a cre-scere e stiamo per immettere il prodotto anche in Austria ed in Svizzera ed abbiamo in programma di espanderci ulteriormente.

Ma il vostro prodotto resta comunque legato all’action sport, o è diventato qualcosa d’altro?Valerio: No il nostro prodotto, proprio perché di-segnato sulla base di altri accessori dedicati agli Action Sports, resta comunque legato alla nicchia da cui fondamentalmente proviene. La campio-nessa italiana di Surf ha il nostro sponsor addosso e non manchiamo mai ad ogni evento nazionale ed internazionale dedicato a questo mondo, sia

come partner che come semplici visitatori. Ti pos-so dire eventi come: Stranavigli di Milano; X-Ma-sters di Senigallia; Surf Expo di Roma; Rimini Wel-lness e tanti altri.

Per un’ impresa che vuole fare design e vuole vi-vere la moda, è automatico doversi spostare in una città dove è più centrale questo mercato?Federico: Guarda, per quanto mi riguarda la moda non viene sempre e soltanto da Milano e non ab-biamo alcuna intenzione di spostarci da un territo-rio che amiamo e che non rinneghiamo. D’altron-de noi siamo ancora una piccola azienda familiare e dobbiamo compiere piccoli passi ma certamen-te non saremmo gli stessi senza la serenità data dal piccolo paese che ci permette non soltanto di vivere più tranquillamente ma di considerare il no-stro lavoro come una passione.

In un periodo di crisi è difficile trovare un’ impre-sa che riesca a crescere ed avere un progetto per il futuro. La ricetta giusta per reagire è la vostra?Valerio: Sicuramente fare qualcosa di completa-mente tuo senza dipendere più da richieste altrui ti rende più forte ed appassionato ma anche più responsabile. Anche nel nostro tempo libero il no-stro pensiero resta attaccato a quello che stiamo portando avanti e che è nostro. Dal lato econo-mico siamo stati ripagati e dall’altro l’aver creato qualcosa di nostro ci ha inorgoglito e ci permette di non sentire la crisi come una condanna. D’al-tronde sfido chiunque a dire che Einstein fosse uno stupido.

Nelle mille storie oscure della crisi fa bene senti-re qualche possibilità di lieto fine. Ma non è che pensate un giorno di puntare alla politica come fanno molti piccoli imprenditori di successo.Entrambi: Amiamo il nostro paese e la moltitu-dine di persone legate a noi. Detto questo siamo talmente impegnati nel nostro lavoro che non possiamo permetterci di fare politica. Sempre se ne fossimo capaci. Ci piace quello che facciamo e continueremo a farlo.

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Per le famiglie con ragazzi e bambini con dif-ficoltà psichiche e motorie la scuola rappre-senta spesso una vera e propria odissea con carenze, disagi ed inadempienze da affron-

tare. Un vero e proprio problema che spesso rima-ne tale senza sbocchi positivi. Non è il caso dell’Isti-tuto Alberghiero “Venanzo Crocetti” di Giulianova, al primo posto in provincia di Teramo per la pre-senza di “bisogni educativi speciali” ed al secondo posto in Abruzzo per numero assoluto di iscritti. All’ora della campanella d’entrata si assiste ad un vero e proprio fiume umano variopinto. Infatti cir-ca novecento sono gli alunni che frequentano il plesso scolastico. Tutti ragazzi volenterosi e carichi di entusiasmo alla ricerca di un valido mestiere per il futuro nell’ambito del settore turistico. Insom-ma, una scuola formativa su cui molti contano in maniera determinata. Del resto, il trend delle iscri-zioni è in continua crescita. Dirigente scolastica è Leonilde Maloni, vibratiana doc, coadiuvata dalla vice Rosanna Di Berardino. Coordinatrice e refe-rente per l’integrazione dei ragazzi con problemi particolari è l’insegnante Sonia Morelli. La respon-sabile segue ottantatre ragazzi dell’Alberghiero di cui trenta necessitano di attenzioni particolari: programma di studio personalizzato, individualiz-zato e calibrato alla potenzialità di ognuno. Gli altri cinquantatre svolgono attività di classe con obiet-tivi minimi. La scelta dell’Alberghiero da parte dei ragazzi con difficoltà è favorita, come sottolinea Sonia Morelli, dalla possibilità di svolgere attività pratiche normali e creative adatte a loro: pratica di cucina, sala bar, ricevimento e tanti progetti spe-cifici come il laboratorio di creatività, laboratorio teatrale ed ippoterapia. La teoria è ridotta al mini-mo con privilegio della formula “più classi aperte all’interno di altre esperienze di laboratorio”. Per i ragazzi con problematiche particolari, dopo la classe V, c’è la possibilità di restare nell’Istituto un ulteriore anno per seguire un progetto di vita che, nel corso della settimana, prevede: - due giorni di frequenza dei laboratori di cucina, sala bar e ricevimento;- tre giorni di inserimento, con la presen-za di un tutor scolastico, in un’azienda o struttura esterna come ristorante, bar, asilo, supermercato disponibili ad accogliere l’esperienza temporanea del ragazzo. Tutto questo con la speranza che l’impegno ope-rativo sul campo post-scuola possa rivelarsi un concreto lancio nella vita e nel mondo del lavoro. Tra l’altro, ricorrono le agevolazioni previste dalla normativa scolastica che prevede assicurazione e carichi fiscali di competenza dell’Istituto di prove-

nienza dell’alunno. Elementi questi che alleggeri-scono l’impegno economico per i titolari di attività che assumono ragazzi provenienti dall’Alberghie-ro. In molti sono però a lamentare una situazione paradossale per questi studenti particolari. Dopo la scuola finisce tutto o quasi per chi è portatore di disabilità, soprattutto nel CentroSud dove esisto-no pochissime strutture che possono accoglierli. La coordinatrice Sonia Morelli tiene molto a rin-graziare il “Tigre-Amico” di Giulianova Paese, “La Pastarella” di Giulianova Lido, “Si Con Te” di Santa Lucia di Roseto degli Abruzzi, “Scuola dell’Infan-zia di Zona Orti” a Giulianova Lido, “Tigre- Amico” di Bellante Stazione e “Rurabilandia” di Scerne di Pineto. Tutte attività che hanno consentito l’inse-rimento nel mondo del lavoro ai ragazzi “specia-li”. Per le scorse festività natalizie notevole è stato l’impegno degli alunni diversamente abili che si sono cimentati nell’allestimento dell’albero di Na-tale all’ingresso della scuola, oltre che a creare con le proprie mani articoli di addobbo destinati alla vendita all’interno del particolare mercatino pro-posto dalla scuola. Sull’aspetto dell’inserimento nella vita degli alunni Sonia Morelli, responsabile dell’integrazione, sostiene: “Se ogni supermercato o discount della provincia di Teramo prendesse a cuore il problema con l’impegno di assumere dopo gli studi un ragazzo “speciale”, si potrebbe-ro risolvere molti problemi. E per l’attività azien-dale sarebbe un valore aggiunto come accaduto fino ad ora in tutte le realtà che hanno praticato la scelta positiva di aprire le porte a questo tipo di esperienza”. Soddisfatta per l’andamento dell’atti-vità dell’Istituto Alberghiero la dirigente scolastica Leonilde Maloni che sottolinea: “Abbiamo messo in campo per i nostri alunni tantissimi progetti e tanti altri ancora ne vorremmo avviare, ma le note restrizioni economiche che hanno colpito anche il mondo della scuola ci obbligano a fare il passo secondo le oggettive possibilità. Nonostante tutto andiamo avanti con risultati soddisfacenti”. Il mi-glior riscontro è dato dal numero degli iscritti in crescita di anno in anno.

PEOPLE35

PAPILLON O TOUQUE BLANCHE?

AL “CROCETTI” TUTTI SARANNO

QUALCUNO E’ la scuola-esempio dell’integrazione in provincia dove la disabilità non è un limite

ALFONSO ALOISI

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Le difficoltà di accesso al credito possono es-sere superate attraverso canali alternativi e complementari al finanziamento bancario.Gli imprenditori hanno a disposizione diver-

si strumenti di finanziamento extra-bancario e da qualche anno possono usufruire di un modo nuo-vo per reperire fondi: i minibond.I minibond sono uno strumento di auto-finan-ziamento per le aziende non quotate in borsa e rappresentano una forma di sovvenzionamento alternativo a quello bancario, con la possibilità di beneficiare di vantaggi legali e fiscali simili a quelli delle società quotate.I minibond sono titoli di credito emessi da una azienda in cambio di un prestito e disciplinati dal Decreto Sviluppo (D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in Legge con modificazioni il 7 agosto 2012), dal Decreto Sviluppo Bis (D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in Legge con modificazio-ni il 17 dicembre 2012) e dal Decreto Destinazione Italia D.L. 23 dicembre 2013, n. 145 convertito con modificazioni il 21 febbraio 2014).Tutte le aziende (diverse da banche e micro-im-prese) non quotate in borsa possono emettere obbligazioni con scadenza fino a tre anni.Possono beneficiarne le piccole imprese (organi-co inferiore a 50 unità e bilancio/fatturato annuonon superiore ai 10 mln di euro) e le medie im-prese (organico inferiore a 250 unità e fatturato annuo non superiore a 50 mln di euro, bilancio annuale non superiore a 43 mln di euro, ma non le microimprese ovvero quelle con un organico infe-riore a 10 persone e con un fatturato annuale non

IMPRENDITORIA 36

IL MIO NOME È BOND,

ANZI MINIBONDEcco una nuova opportunità per le imprese alternativa al finanziamento bancario

ALESSANDRA DI GIUSEPPE

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IMPRENDITORIA37

I MINIBOND SONO TITOLI DI CREDITO EMESSIDA UNA AZIENDA IN CAMBIO DI UN PRESTITO

superiore ai due milioni di euro.La sottoscrizione dei minibond è riservata esclusi-vamente agli investitori qualificati:- Banche- Compagnie di assicurazione- imprese di investimento- istituti finanziari autorizzati- fondi pensione - organismi di investimento collettivo- agenti di cambio- fondi pensione- fondazioni- fondi comuni - imprese di grandi dimensioni, fondi di origine pubblica, grandi investitori privati.Come già accennato, i minibon prevedono una serie di agevolazioni fiscali, simili alle società quo-

tate, di seguito elencate: - Deducibilità degli interessi passivi per i titoli quotati su mercati regolamentati o su sistemi mul-tilaterali di negoziazione o sottoscritti da investi-tori qualificati. - Deducibilità dei costi di emissione.

- Esenzione della ritenuta alla fonte sui proventi corrisposti su titoli negoziati su mercati rego-lamentati o sistemi multilaterali di negoziazione di Stati membri dell’UE o di paesi compresi nelle white list.Consentono, inoltre, la riquali-ficazione del passivo attraverso l’allungamento della durata me-dia delle fonti di finanziamento. I mini bond possono essere emessi a scadenza medio-lunga (> 36 mesi).Per potersi avvalere di questo strumento di finanziamento, l’imprenditore deve predisporre un piano economico-finanzia-rio che consenta il rimborso dei bond ed un prospetto informa-tivo destinato ai potenziali inve-stitori con tutte le informazioni inerenti l’azienda (mercato, ca-ratteristiche, andamento econo-mico cc…).

L’azienda dovrà trovare, inoltre, uno sponsor (banca, impresa di investimento, intermediari iscrit-ti nell’elenco previsto dall’art. 107 del Testo Unico Bancario) che l’assista nell’emissione e nel collocamento dei titoli sul mer-

€cato.Lo sponsor dovrà provvedere a classificare la cate-goria di rischio dell’emittente, tenendo conto della qualità creditizia della società.Dall’11 febbraio 2013 Borsa Italiana ha creato un segmento professionale del mercato Extra Mot (ExtraMOT PRO) dedicato alla quotazione di obbli-gazioni, cambiali finanziarie, strumenti partecipa-tivi e project bond. Il mercato è internazionale e permette di entrare nell’ampio network di investitori internazionali visto che gli strumenti finanziari sono liquidabili sulle maggiori piattaforme Europee.Da due mesi, inoltre, è nato il primo portale specia-lizzato in Italia, Minibonditaly.it che sta registran-do un aumento degli accessi dall’estero (soprat-tutto da Inghilterra, Stati uniti, Francia, svizzera e Germania).Segno che cresce l’interesse internazionale verso il mercato dei minibond. Nonostante le difficoltà e le diffidenze iniziali, ad oggi il mercato italiano è il più grande d’Europa con un totale di €. 4.3 miliardi 4.3 miliardi di emis-sioni presenti nel segmento Extra-MOT PRO. http://www.borsaitaliana.it/obbligazioni/segmento-professionale/extramot-pro/extramot-pro.htm

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“Un pessimista vede la difficoltà in ogni opportunità;un ottimista vede l'opportunitàin ogni difficoltà.”Winston Churchill

Diamond Media Group s.r.l. comunicazione - concessione pubblicitaria - editoria

Via C.Levi, 1 64027 Sant’ Omero (TE) Tel 0861.887405 mail: [email protected]

Page 39: Val Vibrata Life ediz febbraio 2015

“Un pessimista vede la difficoltà in ogni opportunità;un ottimista vede l'opportunitàin ogni difficoltà.”Winston Churchill

Diamond Media Group s.r.l. comunicazione - concessione pubblicitaria - editoria

Via C.Levi, 1 64027 Sant’ Omero (TE) Tel 0861.887405 mail: [email protected]

LA SATIRADI PERILLI

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qSin dall’antichità l’amore romantico ha avuto grande fortuna espressiva nello scambio di valentine, bigliettini amorosi che nell’ ‘800 in America iniziarono ad essere stampati su

larga scala (ispirati ad una precedente tradizione inglese), corredati di immagini simboliche di cu-pidi, colombe, cuori trafitti, rose rosse, oggi forte-mente ambiti da antiquari e collezionisti. Nei paesi anglosassoni perdura questa radicata tradizione con la particolarità di inviarli anche in anonimato.In Italia questa usanza è abbastanza desueta, anzi le giovani generazioni la ignorano totalmente, tutt’al più ci si scambia qualche sms, magari citan-

do frasi pescate dal web. E’ invece solito regalare fiori, monili di bigiotteria, gioiel-li preziosi, scatole di cioc-colatini, cene romantiche, week-end in località evoca-tive. Riti classici che ormai fanno parte del patrimonio culturale occidentale. Altri riti invece, come attaccare lucchetti pegni-d’amore sui ponti delle città, consolida-no in quella data il loro sim-bolismo e si avviano a diven-tare anch’essi dei classici. La curiosità è che non sono un uso solo occidentale, ma di tantissimi luoghi nel mon-

do: va dal Sud Africa alla Cina, dal Giappone alla Corea, dall’America del nord alla Russia. Questa tradizione compie cento anni: pare sia nata allo scoppio della Prima Guerra Mondiale ad opera di un ufficiale serbo. In Italia vanno ricordati il famo-so Ponte Milvio a Roma, Ponte Vecchio a Firenze. In Francia il Pont des Arts è universalmente cono-sciuto come il ponte degli innamorati, ed essendo stati rimossi tutti i lucchetti, oggi è comunque il luogo simbolico dove farsi un selfie ed incatenare e-lock virtuali.La festa degli innamorati ha ispirato anche celebri illustratori come R. Peynet e Kim Grove che con i loro personaggi hanno alimentato il nostro imma-ginario collettivo. Ricordate la coppia di Peynet col Valentino dai capelli lunghi e la bombetta o quella fanciulla di Love is…? Se quella del primo nasce negli anni ‘40, quella di Kim (si firmava così) ha avuto un successo internazionale negli anni ’70, ma continua ad averne grazie al rilancio nell’am-bito dei gadgets e del merchandising. E’ divenuto un fenomeno iconico ed esistono molte giovani follower che ne perpetuano il mito seguendo an-che una pagina Fb attiva.

B

BBSI RINNOVA IL PEGNO D’AMORE, MA NON DITELOSOLO CON UN SMS

CESARINA DI DOMENICO

Come cambia nel tempo e nella storia dirsi “Ti amo”

CURIOSITÁ 40

Page 41: Val Vibrata Life ediz febbraio 2015

qNativo di Terni, morì martirizzato per decapitazione

il 14 febbraio del 273 d.C.. In origine, fu santificato

per un miracolo di guarigione e la conversione di

sei pagani. Fu seppellito furtivamente in un cimite-

ro suburbano ternano che divenne luogo di venera-

zione spontanea e di fondazione di una basilica già

nel IV sec.d.C..I benedettini ne diffusero il culto dal-

la Francia all’Inghilterra. Alle origini egli è descritto

come un uomo dalla spiritualità monastica ma con

la Controriforma, la sua figura ne è spogliata per ri-

vestire quelli di vescovo difensore dell’ortodossia.

La trasformazione da Santo taumaturgo a protetto-

re degli innamorati è anche dovuto alla coincidenza

calendariale del 14 febbraio. L’istituzione della festa

risalirebbe al 496, probabilmente allo scopo di cristia-

nizzare i lupercalia romani, riti pagani dedicati alla

fertilità e celebrati a metà febbraio. Il fatto che la festa

cadesse nel periodo dell’anno in cui la natura inizia il

risveglio, contribuì a trasformare il santo anche in an-

nunciatore della primavera come molti proverbi noti

testimoniano. Nel medioevo, soprattutto in Francia e

in Inghilterra,si riteneva che quella data fosse l’inizio

dell’accoppiamento degli uccelli e sembrò adatta

anche a celebrare le giovani coppie umane. Inoltre,

il 14 febbraio del 1400, a Parigi venne istituito “L’al-

to Tribunale dell’Amore”ispirato ai principi dell’amor

cortese, con lo scopo di sentenziare su controversie

legate a contratti d’amore, tradimenti e violenze sulle

donne. San Valentino è uno dei santi più venerati al

mondo.

B

Ma l’amore è ambivalente, unisce ma può anche dividere. Come dimenticare Les feuilles mortes di Jacques Prévert? Autore che ha segnato genera-zioni di persone attraverso una poetica dalle at-mosfere brumose, malinconiche, ironiche, tenere, anarchiche, interpretate dai grandissimi della tra-dizione canora francese. Le sue poesie apparen-temente semplici, sono amate e fonte di ispirazio-ne anche di un rocker come Piero Pelù che ne ha curato la prefazione ad una riedizione di qualche tempo fa.Altro fenomeno è la rubrica Questioni di cuore del Venerdì di Repubblica (tenuta da Natalia Aspesi).

Accogliere l’amato/a decorando una parete con una manciata di cuori di carta; sorprenderlo/a con una poesia d’amore recitata da cantori reclutati per l’oc-casione. I modi di festeggiare scambiabili LUI/LEI sono spesso originali.Irrimediabilmente cibocentrici, inondati da filosofie salutiste, manìe gastronomiche, menù tribali, diete vegane a chilometro zero, la festa è motivo per ce-nare nel locale scelto per qualità e pratiche culinarie.E’ ancor più chic preparare a casa una cena deliziosa, sfoderando le ricette del corso di cucina. Il cuoco in questione è proprio Lui, che accoglie la sua Lei nel castello incantato della Mousse alle bacche di Godji ! O nella foresta misteriosa dei Cupcake allo zenzero e cuoricini mignon!E perché no? il regalo per l’occasione potrebbe esse-re l’elaborata torta di cake design, realizzata seguen-do decine di tutorial sul web, e prontamente postata su Fb appena un selfie decente lo permetterà!

TANTI CUORI ROSSO VERMIGLIOA tavola con fantasia per il tête-à-tête

VALENTINO,

IL SANTO DEGLI INNAMORATI

B

Luogo di confidenze, di sofferenze sospirate, di storie travagliate dove l’amore raramente è dolce e spensierato. E dove le illustrazioni della rubrica hanno avuto un successo inaspettato anche per l’autore Mojmir Ježek; esse sono una variazione simbolica sul cuore, oggetto di mostre di successo e spesso riprodotte su biglietti fai da te.Magari è un’idea-regalo: riscrivete a mano una po-esia d’amore illustrata da un cuore di Jezek, o spe-dite una e-mail sdolcinata alla rubrica della Aspesi con la speranza di vederla pubblicata proprio il venerdì prima della festa!

CURIOSITÁ41

Page 42: Val Vibrata Life ediz febbraio 2015

Nella crisi del tessile-abbigliamento, argo-mento così sensibile per la Val Vibrata, vo-gliamo segnalare situazioni coraggiose o di eccellenza di cui si ignora l’esistenza.

La rete ha reso il mondo vicinissimo e permette di lavorare nella propria abitazione, da qualun-que luogo, e di esserne in contatto. Come per il trentenne Mirko Di Brandimarte di Torano Nuovo che, avendolo scoperto recentemente per caso sul web, attraverso sofisticate foto di alcuni suoi mo-delli sartoriali, ci stupisce di come, dietro quelle immagini di un mondo estraniante ed irraggiun-gibile, in realtà ci sia il suo lavoro e la sua passione, fisicamente così vicini ma sconosciuti ai più. E que-sto è buono e bello.Quello di Mirko è il sogno di molti: conoscere se stessi e i propri talenti e provare a realizzarli. Im-magino non sia stato e non sia affatto facile: per-corso di formazione artistico all’Accademia; Ma-ster all’Accademia dell’Alta Moda Koefia di Roma; la vittoria a quel concorso fiorentino che lo porta alla Roberto Cavalli, ufficio stile. Un anno di figu-rini disegnati per ore e ore al giorno gli rivela che forse la propria strada è un’altra. La creatività è una bestia che ha urgenza di espressione e lasciare il certo per navigare nel mare incerto delle possibili-tà è una bella sfida.Dopo una selezione tra altri emergenti realizza il suo capo più iconico: in tessuto tecnologico-avve-niristico contrastato da pizzi e decori vagamente barocchi. La sua cifra stilistica è tutta qui! costru-zioni sartoriali complesse, ricerche sui materiali e visione di una donna quasi corazzata, fasciata e baciata da molta originalità. Immagino il suo laboratorio più come una fucina artigianale che una classica sartoria. Presenta e promuove le sue collezioni attraverso il web insieme alla gestione commerciale ed alla comunicazione visiva realiz-zata da professionisti che supporta nella creazione del set fotografico.La crisi ha probabilmente operato un cambiamen-to culturale nelle nostre priorità; poco e buono è il nuovo “verbo” e la sfida di Mirko con l’uso del web potrebbe rivelarsi luminosa. Noi glielo auguriamo, felici di appartenere alla stessa terra di confine.

Il filo che cuce

ha talento vibratiano

Dalla sperimentazione coraggiosa al prestigio consolidato. Tutto il mondo ha parlato dell’insoli-to abito da sposa di Angelina Jolie; la Rai e molti giornali hanno intervistato l’azienda marchigiana di Venarotta (AP) che lo ha ricamato, ma pochis-simi sanno che questa azienda nacque a Sant’E-gidio alla Vibrata nel 1987 e che per tredici anni ha operato in società in questo territorio, prima di staccarsi ed impiantarsi nella cittadina dell’unico titolare rimasto.Lavorare per la qualità in questo settore, è proba-bilmente una ricetta lungimirante. Attualmente la Graziano Ricami è un ricamificio industriale che lavora per tutti i più grandi marchi del Prêt-a-port-er di lusso ed è una sicura eccellenza italiana . Ha una quarantina di dipendenti (con l’indotto, una sessantina), di cui alcuni storici proprio vibratiani.La passione per il proprio lavoro può spiazzare la concorrenza, magari modificando personalmente i macchinari ed ottenere un sistema che applica le paillettes in tridimensionale: ed è ciò che fece quest’azienda qualche tempo fa e che ha fatto sto-ria nell’ambiente. Ah ! l’estro e la creatività italiana, se solo fossimo un popolo più unito !Le crisi economiche compiono una selezione della specie. Due sono i dati inconfutabili: salva le eccel-lenze e stimola i coraggiosi. E così sia.

La creatività di Mirko Di Brandimarte parla al futuro ed impazzasul web

“CESARINA DI DOMENICO

MODA 42

Page 43: Val Vibrata Life ediz febbraio 2015

Il contorno occhi come le labbra è una zona estremamente delicata del viso, dove la cute è più sottile rispetto alle altre zone, inoltre non ci sono ghiandole sebacee , la circolazione san-

guigna e linfatica è più rallentata e c’è una minore quantità di fibre elastiche e collagene che insieme al fattore genetico e costituzionale e a cattive abi-tudini contribuiscono alla formazione di borse e occhiaie.Come sappiamo la pelle è sottoposta continua-mente ad aggressioni esterne nell’arco della gior-nata che nel tempo portano alla formazione delle fastidiose rughe , specialmente intorno agli occhi ( le cd. “zampe di gallina”) dove la pelle tende ad invecchiare più rapidamente. Il contorno occhi rispetto alle altre zone del cor-po richiede una cura e delle attenzioni particolari per cercare di prevenire il più possibile l’invecchia-mento.Come prevenzione è essenziale avere uno stile di vita sano, evitando il fumo, avendo una buona qualità delle ore del sonno, evitando esposizioni solari dirette e seguendo una dieta equilibrata ric-ca di vitamine e sali minerali. La pelle intorno agli occhi tende a seccarsi mag-giormente perché è più sottile e per mantenerla sempre idratata è importante detergerla e struc-carla ogni giorno con prodotti specifici. Si può utilizzare, ad esempio, un’acqua micellare “ contenente estratti vegetali lenitivi ed acido ia-luronico. E’ un acqua detergente con tecnologia micellare che grazie alla sua particolare struttura molecola-re rimuove efficacemente ogni impurità e tracce di make-up lasciando la pelle idratata e lenita. E’ consigliabile, altresì, utilizzare una crema spe-cifica per il contorno occhi dalle proprietà rige-neranti, nutrienti, antiossidanti, e anti età, ese-guendo un leggero massaggio circolare, partendo dall’interno verso l’esterno facilitando così l’assor-bimento del prodotto riattivando la circolazione con l’ossigenazione della cute attenuando e dre-nando anche le borse e occhiaie. Per una azione urto si può utilizzare prima della crema contorno occhi anche un siero anti rughe;

A me gli occhi! Meglio senza rugheCome ridurre i segni del tempo in una delle aree più scoperte e delicate

NOEMI DI EMIDIO

BELLEZZA43

un ultimo ritrovato professionale in estetica è l’u-tilizzo di un prodotto naturale “l’ apamina” che è una sostanza ricavata dal veleno d’api, simile al botulino, ha la proprietà di riattivare la circolazio-ne sanguigna, assicurare un ricambio cellulare, e stimolare la produzione di elastina e collagene, inoltre unita ad altre sostanze come l’acido ialuro-nico, mellina e vitamina E, ristrutturano la matrice rendendo la pelle più ricca e forte per difendersi

dagli agenti esterni, riempiono le piccole rughe, provocano un effetto tensore, rassodante e di-stensivo grazie alla capacità di fermare le termina-zioni nervose superficiali.Prevenire e rallentare i processi naturali di invec-chiamento con un’ adeguata e costante protezio-ne è il primo passo per aiutare a conservare la pelle giovane più a lungo.

Page 44: Val Vibrata Life ediz febbraio 2015

Val Vibrata Life - e-mail: [email protected] - Tel: 0861.887405 - Sito web: www.valvibratalife.com

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TERRITORIO CULTURA ECCELLENZE AMBIENTE SOCIETA’

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TERRITORIO CULTURA ECCELLENZE AMBIENTE SOCIETA’

La festa da sempre è stata una situazione di rag-gruppamento sociale che richiama il senso di ap-partenenza e la condivisione del “saper fare” per la propria Comunità. Nel nostro territorio vibratiano e

in tanti altri paesi è tempo di festeggiare il Carnevale, la bella festa in maschera che è capace di innalzare l’umore e la condivisione del “liber pensare” e del “liber essere” in pochissimi giorni. Ma cosa scatena il Carnevale dentro di noi e nelle nostre personalità? Il Carnevale si caratterizza per molti aspetti, dall’incontrarsi con gli altri per decide-re di mascherarsi in gruppo e decidere quale maschera da indossare, dal reperire i vestiti facendosi aiutare dalle nonne e dai genitori nell’utilizzare anche vestiti più anti-chi per creare un personaggio o un costume particolare, dall’essere premiati per la maschera o il carro allegorico più bello e festeggiare per tutto il giorno liberando la mente da pensieri e preoccupazioni. Per capire cosa tutto questo esercita una creatività o un umore diverso dentro di noi, dobbiamo ripartire dalle origini della parola “carne-vale”. Dalle fonti bibliografiche, la parola “carnevale” deri-verebbe principalmente da due vocaboli latini:1. “carrum novalis” (carro navale), cioè una catego-ria di carro allegorico, la cui struttura era forma di barca, con cui i romani erano soliti festeggiare l’inizio delle ceri-monie commemorative; 2. “carnem levare” (togliere la carne), con cui si indi-cava il banchetto che si teneva l’ultimo giorno di carneva-le (martedì grasso), immediatamente prima del periodo di astensione e digiuno della Quaresima, giorno in cui era proibito l’uso della carne.Nelle antiche popolazioni cristiane, indossare una ma-schera manifestava l’essere posseduti da uno spirito, op-pure la volontà di difendersi da una possessione. Alcune credenze diventate leggende, narrano che il mascherarsi, rappresentava un rituale spirituale e mistico che legava la fecondità e la fertilità alla reincarnazione delle anime. Affinché le anime e gli spiriti potessero visitare il villag-gio dove le persone si mascheravano, ci si vestiva indos-sando gli indumenti al rovescio, giacché si pensava che nell’aldilà tutto funzionasse al contrario del mondo ter-reno. In questo modo si dava la possibilità agli spiriti di fare baldoria in cambio di abbondanti raccolti. Le super-stizioni ataviche sembrano essere scomparse dalla nostra immaginazione, ma la ricorrenza del Carnevale, in tutte le sue sfaccettature, rimane contornata di rituali mito-logici e fantastici. Per rendere concreto tale pensiero, si può fare l’esempio della maschera di Pierrot, un ragazzo che, essendosi mascherato, è stato trascinato nell’aldilà. Si narra che avendoci lasciato l’anima avesse iniziato ad avere questo sguardo frastornato, lontano, quasi fosse un fantasma.Oggi ci mascheriamo per uscire dalla quotidianità, per vivere fuori dal nostro ruolo sociale, dimenticandoci un

attimo di noi stessi per dive-nire, in fantasia attraverso una maschera, altro da noi. Quindi possiamo lasciarci andare, ri-dere, scherzare, fare qualche marachella, indossare indu-menti e mettere in atto com-portamenti bizzarri, che nella vita reale sono frenati da tabù e dal giudizio altrui. Possiamo osare, far uscire la nostra parte “irrazionale”, quasi quasi rin-graziando il Carnevale che ci permette tutto questo. Il Car-nevale scatena le nostre fanta-sie più latenti, ecco che vedia-mo persone austere vestite in modo irriconoscibile, trucchi esagerati, uomini sui tacchi a spillo, donne vestire da du-chesse o con i baffi come nel film “Nove settimane e mezzo”. Il Carnevale è la festa di tutti, grandi e bambini perché an-che i grandi, in questo periodo, diventano bambini. Si balla, si canta, si lanciano coriandoli e stelle filanti ed è un’occasio-ne per mangiare dolci tipici. Il Carnevale scatena dentro le nostre personalità tante fantasie e divertimento. Se le fantasie sono contenute nella goliardia e nel lasciarsi andare un po’, questo infondo fa bene ad ognuno di noi, immersi come siamo in tante situazioni convenzionali, per cui un po’ di libertà è sana. Come ogni comportamento però, ci sono degli aspetti negativi. Il Carne-vale può scatenare anche delle fantasie disfunzionali e di non rispetto verso l’altro. Divertirsi e lasciare libero sfogo alla pro-pria emotività, non dovrebbe sfociare in risse aggressive o nel mettere in atto compor-tamenti poco rispettosi, co-prendosi dietro una maschera. Buon Carnevale a tutti voi!

LA MASCHERA E L’ALTRO IO

DIALOGO45

VIRGINIA MALONI *

Psicoterapeuta *

Il Carnevale cosa scatena

nelle nostre personalità?

Page 46: Val Vibrata Life ediz febbraio 2015

EVENTI IN VAL VIBRATA

ASCOLI PICENOGiovedì 5 e venerdì 6 marzo alle ore 21.00 presso il Teatro Ventidio Basso si terrà “L’Ora del Rosario” con Rosario Fiorello. Lo showman torna sul palco, in una dimensione teatrale, con un nuovo spettacolo che, come lui stesso ha dichiarato, sarà analogico, fatto di puro intrattenimento. Aneddoti, raccon-ti, gag e buona musica sono gli ingredienti di questo spettacolo, che, in perfetto stile Fiorello, darà ampio spazio anche alle consuete improvvisazioni. Sul palco con Fiorello ci sarà la band diretta dal Maestro Enrico Cremonesi ed un trio vocale scoperto durante “Fuori Programma”, la sua trasmissione radiofonica su Radio Uno. Uno spettacolo di Rosario Fiorello scritto con Francesco Bozzi, Claudio Fois, Piero Guerrera, Pierluigi Montebelli e Federico Taddia. La Regia è di Giampiero Solari.

CIVITELLA DEL TRONTODomenica 1 marzo alle ore 10.30 si terrà “Ceramisti in Fortezza” .Un’operatrice specializzata farà cono-scere ai partecipanti le diverse fasi della lavorazione della ceramica. I bambini in sede di laboratorio proveranno a manipolare l’argilla, creando e decorando un vasetto da riportare a casa come ricordo della giornata.

Domenica 15 marzo alle ore 10:30 riparte “Giochi di…Fortezza”. Primo appuntamento con “Che forte il mio papà”. Attraverso l’uso di materiali di riciclo i partecipanti saranno coinvolti in un avvincente laboratorio finalizzato alla creazione di un vero e proprio regalo per il proprio papà

GIULIANOVASabato 28 febbraio alle ore 18 si terrà la XII edizione di “Musica e Arte alla Sala Trevisan” con Corrado Di Pietrangelo al pianoforte

SANT’EGIDIO ALLA VAL VIBRATAVenerdì 6 marzo presso il Dejavù di Sant’ Egidio alla Vibrata si terrà il concerto live de “Gli Scontati”

SANT’OMEROMercoledì 11 marzo presso la Biblioteca Comunale “G. D’Annunzio” di Sant’Omero si terrà l’incontro mensile dal titolo “I traumi del conflitto: le donne e il fronte interno”. Interverrà la dottoressa Annacarla Valeriano su Manicomi e Grande Guerra

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MORTDECAIDATA USCITA: 19 febbraio 2015GENERE: Azione, CommediaANNO: 2015REGIA: David KoeppSCENEGGIATURA: Eric AronsonATTORI: Johnny Depp, Ewan McGregor, Gwyneth Paltrow, Aubrey Plaza, Olivia Munn, Paul Bettany, Jeff Goldblum, Oliver Platt, Michael Byrne

Gestire un branco di russi inferociti, i servizi segreti inglesi, una moglie dalle gambe chilometriche ed un terrorista internazionale non sarà cosa facile. Ma Charlie Mort-

decai ci riuscirà. In giro per il mondo, armato solo del suo fascino e della sua bellezza, Charlie intraprenderà una corsa contro il tempo per riuscire a recuperare un dipinto rubato, che si dice contenga il codice per accedere ad un conto bancario in cui era stato depositato l’oro dei Nazisti. Diretto da David Koepp, Mortdecai vede prota-gonista Johnny Depp nel ruolo brillante e carismatico di un ricco mercante d’arte, il Signor Charlie Mortdecai. Innamorato della sua incantevole moglie, interpretata da Gwyneth Paltrow, ma anche del lusso più sfrenato, del brandy e dei suoi baffi, Charlie Mortdecai non si fermerà davanti a nulla pur di ottenere quello che vuole.

NOI E LA GIULIADATA USCITA: 19 febbraio 2015GENERE: CommediaANNO: 2015REGIA: Edoardo LeoSCENEGGIATURA: Marco Bonini, Edoardo LeoATTORI: Luca Argentero, Edoardo Leo, Claudio Amendola, Anna Foglietta, Stefano Fresi, Carlo Buccirosso

Diego (Luca Argentero), Fausto (Edoardo Leo) e Claudio (Stefano Fresi) sono tre qua-rantenni insoddisfatti e in fuga dalla città e dalle proprie vite, che da perfetti sco-

nosciuti si ritrovano uniti nell’impresa di aprire un agriturismo. A loro si unirà Sergio (Claudio Amendola), un cinquantenne invasato e fuori tempo massimo, ed Elisa (Anna Foglietta), una giovane donna incinta decisa-mente fuori di testa. Ad ostacolare il loro sogno arriverà Vito (Carlo Buccirosso), un curioso camorrista venuto a chiedere il pizzo alla guida di una vecchia Giulia 1300. Questa minaccia li costringerà a ribellarsi ad un sopruso in maniera rocambolesca e lo faranno dando vita a un’avventura imprevista, sconclusionata e tragicomica, a una resistenza disperata ...quella che tutti noi vorremmo fare se ne avessimo il coraggio.

LE LEGGI DEL DESIDERIODATA USCITA: 26 febbraio 2015GENERE: CommediaANNO: 2015REGIA: Silvio MuccinoSCENEGGIATURA: Carla Vangelista, Silvio MuccinoATTORI: Silvio Muccino, Nicole Grimaudo, Maurizio Mattioli, Carla Signoris, Paola Tiziana Cruciani, Luca Ward

I desideri dell’uomo muovono il mondo. E ogni giorno, per riuscire a ottenere l’oggetto del nostro desiderio, modifichiamo noi stessi e la nostra realtà. O perlomeno, cerchiamo di farlo. Secondo Giovanni Canton, il cari-smatico e funambolico trainer motivazionale protagonista di questa storia, ci sono delle tecniche precise che possono aiutarci a raggiungere quello che desideriamo, sia esso il piacere, il lusso, il potere, il successo o l’amo-re. Considerato dai suoi tanti fan una sorta di profeta, e da molti altri un cialtrone che si approfitta delle debo-lezze altrui, Canton decide di dimostrare la veridicità delle sue teorie organizzando un concorso per la selezione di tre fortunate persone che verranno da lui portate in sei mesi al raggiungimento dei loro più sfrenati desideri. Ma l’intenso rapporto che si stabilirà fra il life coach e il terzetto prescelto produrrà effetti inaspettati nella vita di tutti loro, soprattutto in quella di Canton.

COMING SOON

Page 48: Val Vibrata Life ediz febbraio 2015

Il coniglio è un animale che, curiosa-mente, ha suscitato spesso sentimenti contrastanti, sin dall’antichità; la Bib-bia considerava la sua carne impura

e tale la ritengono ancora oggi ebrei e musulmani. Molto probabilmente i conigli selvatici migrarono dall’Asia all’Europa all’inizio dell’Era Terziaria. Tracce di questo pas-saggio si sono difatti trovate in Belgio, Germania e Francia. La grande glaciazio-ne dopo il Pliocene li spinse nelle regioni sud-occidentali dell’Europa e in quelle dell’Africa mediterranea, dove ebbe ori-gine l’attuale coniglio selvatico. Qui, ver-so il 1100 a.C., lo scoprirono i Fenici e poi i Romani; nel periodo imperiale si diffuse nell’Europa Meridionale e, in particola-re, nella Spagna, dove aveva trovato un habitat particolarmente accogliente, moltiplicandosi a dismisura. Scriveva Pli-nio il Vecchio nel Libro VIII [55] della sua monumentale “Storia naturale” che nelle Isole Baleari procurarono una forte care-stia divorando tutti i raccolti della terra. Per debellarli gli abitanti di queste isole chiesero l’intervento armato dell’eserci-to di Augusto. Per scovarli dai cunicoli scavati sotto terra, si servivano anche dei furetti, allevati proprio per questo scopo. Proprio il vizio di scavare cunicoli [lat. cunīcŭlus] fruttò il nome di “coniglio” a quest’animale.L’impertinente bestiola non procurava solo danni ai Romani ma offriva anche delle prelibatezze alimentari: il piatto più famoso e particolare era costituito dai “lurices”, piccoli conigli tratti di corpo alla madre, o tolti dalla poppa, cucinati e mangiati con le budella piene. Erano talmente prelibati che Gregorio Magno, papa fino al 604, autorizzò i monaci a praticare la cunicoltura e rimosse la pie-tanza dal novero delle carni proibite du-rante la Quaresima. Oltre che per la carne, il coniglio era al-levato per le pelli, le quali, debitamen-

te conciate, erano impiegate nella confezione di pellicce; con il suo pelo era prodotta una lana pregiata, simile all’angora. A proposito dell’utile che l’uomo poteva ricavare dal suo allevamento, il civitellese Generoso Cornacchia, nei “Ricordi di economia campestre” [Teramo 1831] scriveva: «il suo pelo è ricercato per le calze, guanti, e cappelli, e per altri lavori pregevoli; il suo sterco è un eccel-lente ingrasso per le erbe pratensi: il nutrimento non è dispendioso». In questi ultimi anni è diven-tata una moda allevare il coniglio, nella versione nana, come animale d’affezione. Sin dai tempi di Apicio le sue carni erano molto ap-prezzate e Giulio Cesare scriveva nel suo diario che erano consigliate come cura di bellezza alle matro-ne romane per la digeribilità e delicatezza. Oggi abbiamo una ricchissima bibliografia che illustra le ricette legate a questa carne, particolarmente apprezzata e assimilabile a quella delle altre carni bianche per la scarsa presenza di sodio e l’alta per-centuale di potassio, proprietà che tutelano il san-gue dal colesterolo. Sul modo migliore di utilizzar-

Il Presidente della Camera dei Deputati Sandro Pertini ospite, nel 1974, del Ristorante Micante.

FRANCESCO GALIFFA

La cucina della Memoria

“Il coniglio alla Micante”

RICETTE 48

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RICETTE49

la ascoltiamo ancora Generoso Cornacchia: «Colla sua carne si apprestano non disgustosi cibi. […] i piccoli conigli maschi dopo due mesi si debbono castrare estirpandosene i testicoli col taglio come negli agnelli. Castrati divengono grandi, grassi, e la loro carne si rende migliore».La carne di coniglio è proposta raramente dai ri-storatori della nostra zona, forse per l’innata dif-fidenza dei clienti a consumarla fuori delle mura domestiche. È stato, invece, il piatto simbolo del Ristorante Micante, soprannome della famiglia De Berardinis, situato all’uscita di Nereto, direzione mare. Il locale, quasi una meteora nel panorama della ristorazione vibratiana, è rimasto aperto dal 1962 al 1974, ma ha lasciato in eredità delle ricette particolari, frutto dell’inventiva di Angela, che ge-stiva la cucina, mentre il fratello Leo si occupava di tutto il resto. La ricetta, di seguito illustrata, è stata elaborata e perfezionata nel tempo; divenne presto uno dei piatti più richiesti ed apprezzati del ristorante.

Procedimento

Il coniglio, una volta ucciso e spellato, va lasciato nell’acqua, meglio se corrente, per circa due ore.Si divide a metà e ogni parte in tre pezzi: coscia, spalla, filetto. Tutti i pezzi vanno insaporiti con gli odori: un pezzetto di prosciutto, un ramettino di rosmarino, una fettina di buccia di limone, spicchi d’aglio sbucciati e tagliati a metà, un paio di foglie di prezzemolo, un piccolo pezzo di cannella e un pizzi-co di sale. Il lombo va insaporito arrotolando gli odo-ri nella pancetta e legando il tutto con dello spago da cucina; nelle cosce gli ingredienti sono inseriti in un’incisione praticata nella parte interna; nella spalla in un buchetto realizzato tra la zampetta e le costole; a volte è meglio legare con uno spago gli odori tra la zampetta e la spalla. Può essere cotta anche la testa, disponendo gli ingre-dienti tra le due parti e ricomponendola, sempre con l’ausilio di uno spago.Si fa scaldare un quarto d’olio in un tegame, pos-sibilmente di alluminio pesante, e si dispongono i pezzi di coniglio. Si copre il tegame e si lascia cuo-cere per una ventina di minuti circa; nel frattempo si sono uniti il fegato e il resto delle interiora. Si sco-pre il tegame e si aggiungono alcuni spicchi d’aglio in camicia e qualche piccolo rametto di rosmarino. Si fa rosolare a fuoco lento (ma deve sempre bolli-re), aggiungendo un po’ di vino bianco se tende ad attaccarsi. Quando il liquido comincia a ritirarsi, si aggiusta di sale (prima da una parte e poi dall’altra) e si versa ancora un po’ di vino, prestando attenzione a non farlo scendere sulla carne; se necessario, l’o-perazione deve essere ripetuta. Quando la carne ha preso colore, si cominciano a tirar fuori i pezzi già cotti, lasciando rosolare per bene gli altri. Ultimata la cottura, che richiede complessivamen-te un’ora e un quarto circa, si lascia raffreddare la carne in un recipiente d’acciaio o di vetro. Si taglia-no i filetti a rondelle, gli altri pezzi si riducono in porzioni piccole. I pezzetti si mettono a riscaldare all’occorrenza in padella o al forno, irrorati con l’olio di cottura.Esiste anche una versione della ricetta che prevede la cottura al forno. L’impiego di meno olio rende il sapore della carne più delicato. In questo caso, l’aglio e il rosmarino vanno aggiunti all’inizio.

* La ricetta è stata dettata da Angela De Berardinis. La preparazione del piatto, illustrata nelle foto di Al-berto Camplese e Francesco Galiffa, è stata curata da Loretta Fiori.

Coniglio alla Micante*

Ingredienti:Coniglio allevato in campagna Una fetta spessa di prosciutto (circa 100 g)RosmarinoBuccia di limoneUn pezzetto di cannella PrezzemoloAglioOlio Sale

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