Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

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Corso di Laurea Magistrale Economia e Gestione delle Arti e delle Attività Culturali Università Ca' Foscari Venezia Val Comelico Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico Tratto dalla Tesi di Laurea Val Comelico, proposte di sviluppo La Rete Museale del Legno e la valorizzazione del Patrimonio Artistico A.A. 2012/2013 Laureanda: Marta De Zolt Relatore: prof. Dario Maran Correlatori: prof.essa Stefania Portinari 1

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Corso di Laurea Magistrale Economia e Gestione delle Arti e delle Attività Culturali

Università Ca' Foscari Venezia

Val Comelico Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico

Tratto dalla Tesi di Laurea Val Comelico, proposte di sviluppo

La Rete Museale del Legno e la valorizzazione del Patrimonio Artistico

A.A. 2012/2013

Laureanda: Marta De Zolt

Relatore: prof. Dario MaranCorrelatori: prof.essa Stefania Portinari

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Indice

Introduzione

Parte Prima Censimento ed Analisi del Patrimonio Culturale, Naturalistico, Artistico

Capitolo Primo La Cultura Ladina in Val Comelico

1.1 Museo della Cultura Alpina Ladina del Comelico - Padola (Comelico Superiore)

1.2 Algudnei Spazi per la Cultura Ladina in Comelico - Dosoledo (Comelico Superiore)

1.3 Trói (Comelico Superiore)

1.4 Museo Etnografico “La Stua” - Casamazzagno (Comelico Superiore)1.5 Museo Etnografico "Casa Àngiul Sai" - Costalta (San Pietro di Cadore)

Capitolo SecondoLa Natura del Comelico 2.1 Museo Paleontologico “Le Radici della Vita” - Danta di Cadore 2.2 Le Torbiere – Danta di Cadore 2.3 Il Giardino Alpino - Candide (Comelico Superiore) 2.4 Gli Abeti della Val Comelico 2.5 La Stua - Padola (Comelico Superiore)

Capitolo TerzoIl Patrimonio Artistico e Architettonico

3.1 L'Architettura in Val Comelico3.2 L'arte in Val Comelico

3.2.1 Collezioni ed esposizioni 3.2.2 Vico Calabrò e Augusto Murer: piccoli luoghi d'arte

3.3 Eventi Artistici in Val Comelico3.3.1 Costalta “Paese d'Arte”3.3.2 Arco d San Marco - Trittico di Pittura Dolomitica

Appendici

Bibliografia

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Capitoli della Tesi Non Pubblicati e Consultabili su Richiesta

Parte SecondaProgettazione della Rete Museale del Legno e proposte per la valorizzazione del Patrimonio Artistico e dell'Arte Contemporanea

Capitolo Quarto La Rete Museale del Legno in Val Comelico

4.1 Stakeholders4.2 La progettazione della Rete Museale del Legno in Comelico

4.2.1 Individuazione di un ente coordinatore: Centro Studi Transfrontaliero Comelico e Sappada e le problematiche degli enti privati4.2.2 Individuazione degli obiettivi minimi da raggiungere per ogni singolo ente per fare parte della Rete del Legno4.2.3 Analisi dell'applicazione degli standard di qualità secondo la D.G.R. n.2863 del 18.9.2003

4.3 Obiettivi e Azioni della Rete4.4 Forma Gestionale e Organigramma4.5 Finanziamenti4.6 Budget Preventivo

Capitolo QuintoIndagine sull'Arte Contemporanea in Val Comelico

5.1 Aurelio Fort5.2 Chiani5.3 Olga Riva Piller5.4 Vico Calabrò5.5 Lorenzago Aperta: Vito Vecellio5.6 Franco Baldissarutti5.7 Michela Ianese5.8 Arte Comelico Ladino e Buteiga di Mistieri5.9 Proposte per la valorizzazione del patrimonio artistico

Conclusioni

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Introduzione

“...e di borgate sparso nascose tra i pini e gli abeti

tutto il verde Comelico”

Giosuè Carducci, Ode al Cadore, 1892

Il Comelico o Val Comelico (Cumélgu, Comélgu, Comélgo in ladino) è una valle

montana in Provincia di Belluno compresa nella zona denominata Cadore. Confina ad

ovest con la Provincia Autonoma di Bolzano, a nord con l'Austria e ad est con la

Regione Autonoma del Friuli Venezia Giulia. La storia della vallata coincide in gran

parte con quella del Cadore anche se, assieme alla vicina isola germanofona di Sappada,

è sempre stata considerata zone periferiche. Composta da cinque Comuni (Comelico

Superiore, Danta di Cadore, San Nicolò di Comelico, Santo Stefano di Cadore e San

Pietro di Cadore), la vallata si distingue fra Superiore e Inferiore e ciò è dovuto sia a

ragioni geografiche che storico-amministrative. L'etimologia del nome Comelico si può

far risalire al termine “comunicazione”1 derivante dalla posizione strategica che questa

valle ha nei collegamenti con la Val di Sesto (Alto Adige), la Val Pesarina che porta in

Carnia (Friuli Venezia Giulia), i collegamenti con il Cadore, Sappada e l'Austria. Dal

punto di vista morfologico rientra nelle Dolomiti Orientali: non presenta le

caratteristiche tipiche strette della zona dolomitica, ma si distingue per terreni scistosi

che hanno favorito la costruzione di centri abitati. La valle è percorsa da due fiumi: il

Padola, nella zona superiore, e il Piave nella parte detta inferiore; nella Val Visdende,

vallata dalla natura incontaminata facente parte del Comelico, si trovano le sorgenti del

“fiume sacro alla patria”. Il Comelico è anche conosciuto per essere una valle molto

isolata, da un lato ciò ha comportato una lentezza e una chiusura verso gli eventi esterni,

dall'altro ha dato la possibilità di conservare alcune caratteristiche che nelle valli

limitrofe, molto più aperte sia geograficamente che mentalmente (e quindi anche

1 Carlo Tavaglini (1988), Il dialetto del Comelico, Ristampa a cura della Comunità Montana del Comelico e Sappada, Tipografia Castaldi, Feltre

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turisticamente), sono andate perse. Antonio Ronzon2 già nel 1877 definiva il Comelico

“isola alpina” e Olinto Marinelli3 nel 1907 osservava come questo territorio fosse un

esempio di regione isolata da limiti geografici ben definiti: “frontiere così evidenti e

segnate dalla natura, non meno che dalla tradizione del popolo, influiscono certamente

sullo sviluppo antropogeografico della regione da esse racchiusa e nel mantenerle una

ben netta individualità”. Alessandro Cucagna4 nel 1969 riconosce al Comelico una

“facies” geografica sotto molti aspetti autonoma: per l'aspetto fisico (il predominare di

terreni scistosi), per il prevalere di qualche particolarità antropica (come la presenza di

una dimora rurale lignea e la posizione di pendio di gran parte dei suoi centri) e per la

conservazione di particolari caratteri linguistici, ovvero la lingua ladina, tuttora parlata,

che si differenzia fra il Comelico Inferiore e Superiore.

Dati tutti questi aspetti la Val Comelico presenta numerose peculiarità che sono alla

base del presente studio. La ricerca, svolta in diversi anni, vuole mettere in luce le

opportunità che scaturirebbero per lo sviluppo della vallata se si potesse coordinare

l'offerta culturale anche in un'ottica turistica. La tesi è organizzata secondo due aree di

ricerca: la prima parte tratta l'analisi delle strutture museali e i luoghi di interesse che

potrebbero essere coordinati ed organizzati al fine di favorire una fruizione migliore

degli stessi e la nascita di un percorso culturale strutturato sulla Val Comelico. Il

censimento sfocia, e si concretizza, nella progettazione della Rete Museale del Legno

Val Comelico, in cui si mettono in luce potenzialità e complessità di una struttura che

qui viene ipotizzata. La seconda area è un'indagine sul ruolo dell'arte in Val Comelico,

in cui vengono censiti luoghi e peculiarità artistici e architettonici del posto. Si

propongono in conclusione una serie di interviste con artisti professionisti che operano

nella vallata nell'ambito dell'arte contemporanea. L'intento del lavoro è di delineare un

quadro generale sulla situazione attuale dell'arte contemporanea in Val Comelico per

capire che ruolo ha, o potrebbe avere, come veicolo di sviluppo dell'offerta culturale. I

due ambiti si intrecciano e vanno a confluire in un ragionamento complessivo dove

l'offerta culturale del passato si fonde con quella artistica contemporanea e non.

2 Antonio Ronzon (1877), Il Cadore descritto da A.Ronzon, Tipografia Antonelli, Venezia3 Olinto Marinelli (1907), I limiti altimetrici in Comelico, in “Memorie geografiche” (Rivista

Geografica Italiana-G.Danielli) vol. 1, Tipografia Ricci, Firenze4 Elio Migliorini, Alessandro Cucagna (1969), La casa rurale nella montagna bellunese, CNR ricerche

sulle dimore rurali in italia, Leo Olschiki Editore

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Capitolo Primo

La Cultura Ladina in Val Comelico

La Lingua e la Cultura Ladina accomunano e dividono numerose valli a cavallo fra il

Trentino-Alto Adige, il Veneto ed il Friuli. Un insieme di tradizioni millenarie, molte

ancora vive, che si identificano territorialmente sotto il nome Ladinia. Non esiste una

regione unitaria riconosciuta tale ma tra le accezioni più diffuse, a fianco di quella più

naturale che identifica la Ladinia con l'interezza del territorio in cui la lingua è parlata,

risulta diffusa quella che identifica la regione con la sola porzione di territorio

ladinofono che prima del 1918 apparteneva all'Austria-Ungheria. Alla Ladinia

apparterrebbero oggi i soli comuni di lingua ladina della Val di Fassa (TN), della Val

Badia (BZ), della Val Gardena (BZ), dell'alta Val Cordevole (BL) e dell'Ampezzo (BL),

tutti ex-asburgici, a cui vanno aggiunti tutti gli altri comuni ladinofoni riconosciuti

ufficialmente dalla legge 482/1999 sulle minoranze linguistiche. La questione del

riconoscimento è alquanto complessa, ma è innegabile l'appartenenza alla Ladinia di

molte altre vallate non ufficialmente riconosciute e caratterizzate dalla lingua di chiara

derivazione, dalle tradizioni pressoché simili e dal forte legame col territorio

dolomitico. La Val Comelico rientra fra queste, e la sua indiscutibile appartenenza alla

Ladinia si riscontra non solo nella parlata tuttora viva e da molte tradizioni che si

celebrano ogni anno con grande partecipazione; ma anche dai vari siti e musei che

ricordano tradizioni ed usi delle generazioni passate. Alessandro Sacco ha sintetizzato

le inevitabili contraddizioni di contesti culturali dall'identità fortemente marcata come il

Comelico dove, con l'arrivo della globalizzazione e la perdita di identità, soprattutto

negli anni Settanta e Ottanta, si vide la nascita di diversi gruppi culturali che si

proponevano di rianimare e valorizzare la cultura locale. "Segno, da un lato, di un

bisogno di genuino, di diverso rispetto al quotidiano, ma anche di spaesamento;

dall'altro della mancanza di sedi e momenti per usufruire e far propri contenuti di una

cultura di più ampio respiro"5. Da una più approfondita analisi di questi “luoghi della

memoria” e delle numerose associazioni che li hanno ideati e li gestiscono, emerge

5 A. Sacco "Ultra Pennas", contatti, scontri, trasformazioni di un territorio e di una società, cenni storico-geografici su Comelico e Sappada, in E.Cason (a cura di), Comelico, Sappada, Gaital, Lesachtal: paesaggio, storia e cultura. Verona 2002

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appunto una forte volontà di conservare e riscoprire il passato dimenticato e quello che

si è adeguato ai tempi moderni sfociando in nuove forme. Inoltre si fa avanti anche la

consapevolezza che il rilancio turistico può partire proprio dalla valorizzazione di

questa cultura, che non riguarda solo la parlata ma che spazia dall'architettura fino ai

rituali sacri e pagani. I Musei descritti in questa sezione non sono propriamente dei

Musei perché non rientrano negli standard normativi6 ma viene utilizzata questa

accezione con l'intento di rispettare una consuetudine affermatasi nel tempo. E' più

corretto definirli “collezioni” nel caso del Museo della Cultura Alpina e Ladina di

Padola e del Museo Etnografico di Casamazzagno. In questa sezione non entrerò nel

merito né approfondiremo il metodo scientifico con il quale sono stati allestiti ma mi

limiterò ad illustrare delle realtà che possono essere delle risorse per il territorio con i

dovuti adeguamenti.

6 Si fa riferimento agli Standard della Regione Veneto e in particolare all'Allegato 1 alla DGR n. 2863 del 18.09.2003 Individuazione di requisiti minimi gestionali per la definizione di musei, sistemi e reti museali; indirizzi di sviluppo di aree di miglioramento.

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1.1 Museo della Cultura Alpina Ladina del Comelico - Padola (Comelico Superiore)

Una ricca raccolta dal Passato

Il museo si trova vicino alla piazza centrale del paese al secondo piano della ex Scuola

Elementare “Don Bosco” di Padola, di proprietà della Regola di Padola e costruita nella

prima metà del Novecento. L'esposizione permanente, che si sviluppa su una superficie

di 500 mq, è stata inaugurata nel 1990 per volere del Comitato per il Museo costituitosi

nel 1986 che propose l'iniziativa per una realizzazione museale già nel 1982. Ma le

prime idee per un museo della cultura alpina e ladina nascono già negli anni Settanta da

parte di due appassionati di storia locale, Gilberto ed Evangelista De Martin Pinter, che

non appena pensionati misero a disposizione le loro energie al servizio del progetto.

“L'iniziativa è nata da un comitato del comprensorio, sostenuto dalla Magnifica

Comunità Cadorina e dalla Regola di Padola per promuovere l'interesse verso il

recupero delle testimonianze degli antichi usi delle genti alpine del luogo, prima di

perderne totalmente le tracce”7 spiega Evangelista che, nel 1985 con una lettera aperta,

invita la popolazione a non gettare i vecchi attrezzi e oggetti ma a donarli al nascente

museo. Si è creata così una vasta raccolta di materiali suddivisa in diverse aree

tematiche che comprendono una ricca collezione di oggetti, strumenti e attrezzature

legate alle attività del passato, oltre a numerose ricostruzioni dei vecchi ambienti

casalinghi. Quest'ultimi sono stati curati con dovizia di particolari grazie alle generose e

variegate donazioni: si possono vedere la kusinä (cuncina), la stuà (soggiorno), la

kambrä (camera) e l'asiverä (lavanderia). Si possono ammirare moltissimi attrezzi

agricoli, per l'allevamento, della latteria, dei lavori nel bosco, la segheria e la

lavorazione del legno, il bancone di una bottega e il lavoro della filatura della lana, gli

attrezzi dei mestieri in disuso come l'arrotino, l'imbianchino, il muratore, il calzolaio, il7 Evangelista De Martin Pinter e Gilberto De Martin Pinter (1998) Museo della Cultura alpina Ladina

del Comelico cellula di Padola, Santo Stefano di Cadore, Tipografia Bruno

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fabbro, lo stagnino, il falegname, il minatore e l'idraulico. Diverse sezioni sono dedicate

ai reperti bellici, ai pompieri, alle guide alpine, agli atleti dello sci e all'emigrazione.

Una stanza è occupata dalle miniature cura di Alberto De Bettin che propone la

ricostruzione su piccola scala di alcune botteghe artigiane e delle attività di un tempo: la

fucina, i mulini, la segheria. Completa la collezione di opere in miniatura la

ricostruzione della ceda (abitazione) dove si possono vedere diverse case in sezione con

tutte le stanze arredate e complete degli oggetti d'uso quotidiano. Un'altra zona è

dedicata alle miniature di Gilberto De Martin Pinter che ricostruiscono le diverse

modalità di traino e trasporto, invernale ed estivo, con cavalli e mucche del legname,

delle pietre e del fieno. Particolarità del Museo è la decorazione di un'intera parete a

cura di Vico Calabrò che vi ha eseguito un affresco murale di importanti dimensioni in

tema con i contenuti dell'esposizione. “Osservando tutto ciò che il Museo custodisce,

non soltanto con gli occhi ma con la mente e ancor più con il cuore”, scrive il curatore

Evangelista, “possiamo farci un quadro di come sono state le nostre origini, la nostra

cultura, la nostra storia e serbare un grato ricordo. Può insegnare a riflettere ed a

valutate la vita dei nostri predecessori, la capacità, l'impegno, la custodia, l'uso dei loro,

anche se piccoli, patrimoni, la forza di volontà per poter mantenere intatti quei valori

acquisiti con tanti sacrifici, con tanta fatica, con molteplici privazioni, mai tralasciando i

sani e morali principi”8. La scelta di esporre i manufatti senza l'ausilio di vetrine

ribadisce e conferma la missione del museo di avvicinare l'uomo contemporaneo al suo

passato, inoltre l'attuale responsabile, Gilberto De Martin Pinter, sottolinea l'importanza

e l'attenzione che viene rivolta alle visite da parte delle generazioni più giovani.

L'apertura della struttura è estiva e nel resto dell'anno è possibile visitare l'esposizione

su richiesta tramite il Consorzio Turistico Val Comelico Dolomiti oppure contattando

direttamente il responsabile Gilberto De Martin Pinter. Le visite guidate si effettuano

con un'offerta libera e la visita al museo è gratuita. L'ambiente è molto grande e ricco di

materiale ma necessita di un allestimento più curato e mirato, il tutto è accessibile anche

dai portatori di handicap e al piano interrato ci sono due sale conferenze. Il fabbricato è

dotato di servizi igienici, è video sorvegliato ed anche se ha bisogno di alcuni lavori di

manutenzione, gli impianti tecnologici sono presenti e funzionanti9.

8 Ibidem 9 Alberico Facciotto et al.(2011), Programma di Sviluppo Locale V.E.T.T.E. – misura 323/A azione 4.

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1.2 Algudnei Spazi per la Cultura Ladina in Comelico - Dosoledo (Comelico Superiore)

Uno spazio sul passato ancora vivo nel presente

Il Gruppo Ricerche Culturali di Comelico Superiore, con sede a Dosoledo, nasce il 2

novembre 1984 grazie all'impegno di Arrigo De Martin Mattiò e degli altri cinque soci

fondatori. Il gruppo aderisce all'Associazione Ladins de la Dolomites a bonora

nell'ambito della Unión de duç i Ladìns de Belùm e inizia la sua attività raccogliendo

materiale fotografico della Val Comelico e curando diverse mostre. Numerose sono le

pubblicazioni e le iniziative: come l'allestimento della cellula museale "La Fudina di

Fauri", i sentieri tematici Tròi con le statue di legno che raccontano le tradizioni della

vallata e l'apertura dello Spazio Algudnei nel 2011. La cellula museale "La Fudina di

Fauri" (La Fonderia della Famiglia Fabbro) è stato il primo allestimento del Gruppo di

Ricerche Culturali ospitato fino a qualche anno fa presso l'ex Palazzo della Regola di

Dosoledo. È una testimonianza risalente agli inizi del Novecento dell'attività di

lavorazione dei metalli della famiglia De Martin Fabbro di Dosoledo. Il Gruppo di

Ricerche Culturali spiega così l'intento di salvare questo patrimonio: "L'impegno a

recuperare e conservare queste testimonianze vuole significare anche riconoscere le

qualità e le capacità di questa famiglia di fabbri, costruttori di forni e stufe e di quanto

necessitava al fabbisogno locale di utensili, attrezzi e manufatti di uso domestico,

agricolo e artigianale."10 Attualmente, per ragioni di spazio, tutto il materiale si trova in

magazzino ma è probabile che le istituzioni provvederanno ad una nuova collocazione.

Studio propedeutico all’attivazione dell’Azione 4 “Interventi per la valorizzazione culturale delle areerurali”, Gal Alto Bellunese

10 Testimonianza di Arrigo De Martin Mattiò raccolta da Marta De Zolt, dicembre 2012

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Algudnei - Spazi per la Cultura Ladina del Comelico è il nuovo allestimento inaugurato

il 20 marzo 2011 nel palazzo nobiliare di Dosoledo che risale al 1663. Il palazzo, di

proprietà della famiglia Zandonella dell'Aquila che ci ha abitato fino alla metà

dell'Ottocento, è stato acquistato dalla Regola di Dosoledo che l'ha adibito, nel corso

degli anni, a scuole elementari, asilo, latteria, canonica e oggi ospita nella mansarda

ristrutturata lo spazio espositivo del Gruppo di Ricerche Culturali. Algudnei, nome nato

dall'unione di tre parole ladine Algu (qualcosa) d (di) nei (noi), si distingue perché offre

la possibilità di scoprire le antiche tradizioni della vallata utilizzando supporti

tecnologici come touchscreens, postazioni video, cornici digitali e pannelli luminosi. Le

tre tematiche raccontate nello spazio espositivo sono ancora vive e radicate nel

territorio, come spiega il responsabile Arrigo De Martin Mattiò: "Più casa che museo

classico, perché la storia delle Regole, del Carnevale e del Rifabbrico non è certo

conclusa: prosegue ed è vitale anche oggi"11. L'idea di concretizzare le ricerche

ventennali del Gruppo di Comelico Superiore nasce nel 2008 “ovvero da quando la

Regola di Dosoledo ha deciso di ristrutturare la mansarda del suo storico Palazzo nel

centro del paese. Un ambiente di particolare pregio come questo meritava di essere

adibito ad un importante utilizzo pubblico. Da qui l'idea della casa dell'identità del

Comelico”12. Algudnei conta 14 postazioni multimediali, contenenti molti filmati e

immagini, ed oltre 200 metri quadrati di pannelli illustrativi. Il progetto è stato curato

dallo studio Patchwork StudiArchitettura di Padova a cura degli architetti Viviana

Ferrario e Andrea Turato. Per i materiali multimediali hanno contributo gli archivi del

Gruppo di Ricerche Culturali e l'allestimento è in buona parte stato effettuato grazie

all'aiuto di numerosi volontari locali. La ricerca scientifica è a cura di diversi studiosi ed

esperti locali in collaborazione con l'architetto Viviana Ferrario. Lo Spazio è potuto

nascere grazie ai contributi finanziari di Cariverona, della Regione del Veneto, della

Regola di Dosoledo, che ha ristrutturato l'ambiente, e del Gruppo di Ricerche Culturali

che ha messo a disposizione i materiali del suo archivio e raccolto molti altri documenti

presso gli archivi di tutto il Comelico e Cadore. La struttura inoltre è patrocinata dalla

Fondazione Dolomiti Unesco. La prima sezione è dedicata alla tradizione della

11 Stefano Vietina (2011) A Dosoledo nasce una casa museo per il Comelico, Corriere delle Alpi 20 gennaio 2011, Belluno

12 Ibidem

12

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mascaradä (carnevale) uno degli eventi più sentiti e partecipati dall’intera comunità

locale. In questo spazio sono raccolte alcune testimonianze dei carnevali di ieri e di oggi

e i manichini delle maschere del matazin, laché, paiazu e mascri da vecia che

documentano la straordinaria continuità della tradizione che si ripete ogni anno con la

sua ritualità. Nella postazione multimediale, attraverso il touchscreen, si possono

esplorare tutti i riti del carnevale comelicense, mentre nelle quattro cornici digitali

scorrono fotografie del carnevale d'inizio secolo e dei giorni nostri. Un video proietta il

ballo tipico (vecia) che il matazin assieme al lachè compie nella piazza del paese

durante le giornate di festa. La seconda sezione tratta il tema delle Regole che in Cadore

e Comelico stanno ad indicare un insieme di beni agro-silvo-pastorali (boschi, prati,

pascoli) e una comunità di persone (Regolieri) che possiede e gestisce collettivamente

questi beni indivisibili, inalienabili e vincolati in perpetuo alla loro destinazione. Le

Regole sono attestate nei documenti fin dal XII secolo, ma sono certamente ben più

antiche e attualmente ancora attive in Comelico dove se ne contano quindici. Fin dal

Duecento vennero formalizzati per iscritto i patti che regolavano l´uso della proprietà

collettiva in appositi statuti, detti Laudi. Abolite nel XIX secolo, le Regole del Cadore

vennero ripristinate nel 1948 e amministrano ancora oggi il patrimonio comune. In

questa sezione sono raccolte alcune notizie sulle proprietà collettive, i laudi, le Regole e

il loro rapporto con il territorio. Un filmato racconta la storia millenaria di queste

istituzioni e sulla parete, lungo il pannello illuminato, troviamo delle mappe, delle

fotografie e dei testi che si succedono, seguendo la linea del tempo, raccontando

l’evoluzione delle Regole e il ruolo che rivestono ancora oggi. Tre totem descrivono,

utilizzando i termini ladini, le attività della Regola nell'uso delle risorse: il pascolo, il

taglio dell'erba, il bosco. Attraverso un touchscreen è possibile leggere il laudo più

antico risalente al 1235. La terza sezione si occupa della vicenda urbanistica del

Rifabbrico. Di incendi avvenuti in Comelico e Cadore si hanno notizie risalenti alla

prima metà dell'Ottocento. Ma è solo con quello di Padola del 1845 che si avvia la fase

del Rifabbrico, una vera e propria pianificazione dei diversi villaggi, che questi fossero

parzialmente o totalmente distrutti dal fuoco. Con l'istituzione di apposite commissioni

e l'adozione di nuove norme, si cominciarono a ristabilire i criteri di edificazione ed uso

di ogni singolo fabbricato. La redazione di questi codici ha segnato il passaggio da

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un'edilizia spontanea ad una pianificata, facendo acquistare a questi luoghi un carattere

completamente diverso. Questa tematica viene raccontata attraverso alcuni pannelli

dove è raffigurata la mappa del Comelico con gli incendi e il rifabbrico e tre cornici

fotografiche spiegano il perché si è dovuto ricorre ad una pianificazione dell'edilizia. La

struttura multimediale dello spazio e l'esposizione virtuale dei contenuti hanno portato

alla sua propaggine nel Web con l'intento di far conoscere le ricerche svolte sul territorio

e formare una comunità interessata alla cultura ladina. Oltre al tradizionale sito internet,

caratterizzato dalla staticità, Algudnei è presente su alcune piattaforme 2.0 (Facebook e

Twitter)13 grazie alle quali il progetto è riuscito a superare i confini della Val Comelico,

e della stessa Ladinia, attraverso la condivisione di svariati aneddoti riguardanti le

tradizioni e le immagini contenute negli archivi del gruppo. Un nuovo spazio espositivo

che da vita ad un archivio virtuale condivisibile e consultabile da tutti e in continuo

aggiornamento. All'interno dello spazio espositivo si trova una sala conferenze

realizzata al fine di divulgare i risultati delle ricerche svolte sul territorio, sulla cultura

ladina del Comelico e animare il dibattito locale. L'idea di progettare una sala

conferenze si basa sulla convinzione che Algudnei debba essere uno spazio da vivere e

un punto di incontro e riferimento per la cultura e la collettività della Val Comelico.

Obiettivo pienamente raggiunto con le oltre quaranta conferenze tenute nell'ultimo

anno. Lo Spazio Algudnei occupa solamente la mansarda ma sono in corso i lavori per

l'ampliamento al piano sottostante dove sono riservate due stanze da dedicare ad altre

tematiche legate alla Val Comelico. E' in corso la valutazione della destinazione degli

spazi: un'idea è di ricollocare il materiale della “Fudina” in forma più documentata,

un'altra è che lo spazio venga riservato ai reperti degli scavi nei siti archeologici di

Valgrande (Comelico Superiore)14 iniziati nel 2012 e che termineranno nel 2013. E'

quasi certo che nel 2013 si procederà ad allestire una parte dedicata proprio al Ladino

del Comelico e una al mestiere del Clompar (stagnino).

Attualmente il Gruppo di Ricerche Culturali conta una quindicina di persone e il

presidente Arrigo De Martin Mattiò spiega così lo spirito del gruppo e dello Spazio

Algudnei: "La nostra idea dello Spazio Algudnei deriva proprio dal desiderio di13 www.algudnei.it - www.facebook.com/algudnei - www.twitter.com/algudnei 14 Si tratterebbe di una possibile fortificazione romana riscontrata, nei pressi del Passo di Monte Croce

Comelico, con la lettura di riprese fotografiche aeree collegate con la viabilità romana studiata negli anni trenta dal topografo Alessio De Bon.

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raccontare l'identità del Comelico. Una identità che si racconta attraverso la storia delle

Regole, del Rifabbrico, e del Carnevale: tre aspetti molto interessanti della nostra

comunità. Uno spazio per raccontare alcuni aspetti di una cultura antica e ricca, la cui

esistenza è stata messa a dura prova dalla modernità ma che è sopravvissuta, sebbene in

forma frammentaria, ed è ancora capace di raccontare, di parlarci. Crediamo in questo

luogo di poter stabilire un legame tra il passato e il futuro che vogliamo costruire"15. Lo

stesso Gruppo gestisce lo Spazio consentendone la visita su richiesta e organizzando la

sala per le diverse conferenze. L'apertura è stagionale nel periodo estivo e su richiesta

per il resto dell'anno, l'entrata è gratuita. La struttura è nuova e dotata di riscaldamento,

l'impianto d'illuminazione è realizzato su misura ed è attrezzata per permettere l'accesso

anche ai disabili.

1.3 Trói (Comelico Superiore)

Due passi nel passato

Nel territorio di Comelico Superiore esistono da tempo immemore numerose strade,

stradine e sentieri che si snodano lungo i prati e si inoltrano nei boschi. Un tempo questi

sentieri, in ladino trói, venivano utilizzati a scopo lavorativo per raggiungere i campi da

falciare o da coltivare, addentrarsi nei boschi per le attività boschive, o recarsi presso i

fienili e le malghe in alta montagna. Alcuni di questi sentieri, ora in disuso, sono stati

abbandonati, altri invece sono ancora esistenti. Negli ultimi anni il Gruppo Ricerche

Culturali di Comelico Superiore ha deciso di risistemare quattro di questi sentieri e di

posizionarvi, come in una mostra all'aperto, diverse sculture lignee realizzate da

numerosi artisti del Comelico partendo dai bozzetti di Elio Silvestri. Nel corso di

15 Ibidem

15

Page 16: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

quattro ex-tempore, ciascuna dedicata ad uno dei trói, tenutesi a Dosoledo durante le

estati dal 2003 al 2006, si sono scolpite tutte le statue. Questi percorsi che collegano i

paesi del comune di Comelico Superiore, si snodano in mezzo al verde e agli abitati

raccontando le tradizioni e la storia locale attraverso le statue di legno. Si è andato così

creando un vero e proprio museo all'aperto dove il passato è stato intagliato nel legno,

risorsa primaria della Val Comelico soprattutto nei secoli scorsi, e tramandato così alle

generazioni presenti e future. Le quattro passeggiate sono state pensate come un breve

viaggio alla scoperta delle tradizioni e degli usi antichi in mezzo alla bellezza

paesaggistica che caratterizza la vallata16. Il primo sentiero inaugurato nel 2003 è stato il

trói dli mascri (sentiero delle maschere)17 che parte da Dosoledo e si perde nel verde dei

boschi soprastanti. Il Carnevale, una delle tradizioni più sentite in questa zona del

Comelico, viene descritto da 14 sculture e il percorso si divide in due sezioni. La prima

parte presenta i vari componenti del corteo carnevalesco, un rituale preciso che si

tramanda di anno in anno con tutte le sue maschere tradizionali come il lachè, il paiazu

e il matazin. La fine del Carnevale e l'inizio della Quaresima viene introdotto da una

scultura del Cristo crocefisso che richiama alla faticosa vita quotidiana, infatti le statue

che concludono il percorso raccontano delle attività di fatica nei campi. Il 2004 è l'anno

dell'inaugurazione del trói dli tradizion (sentiero delle tradizioni) che dal paese di

Candide porta a Dosoledo. Lungo questo percorso, costellato da ben 21 sculture, si

percorrono gli aspetti che caratterizzano il sistema delle Regole come i segnu d cedä e i

nodi, si passa poi per le tradizioni più sentite come la Mezza Quaresima, il Sabato

Santo, la Fiera dei Santi, i Coscritti ed una serie di statue riguardanti altri aspetti della

vita quotidiana di un tempo. Nel 2005 si concretizza il trói di bacani (sentiero dei

contadini), il percorso più lungo che da Casamazzagno scende verso Dosoledo e si

congiunge con il trói dli mascri. Sono 29 le sculture qui presenti che ci ricordano le

fatiche del lavoro nella stalla, nei campi, nei prati e nel bosco. Di queste attività

rimangono testimoni i tabià ed i barchi, piccoli fienili di alta montagna, dove il sentiero

si snoda passando in mezzo proprio a queste costruzioni perse nei prati e nel bosco. Nel

2006 viene inaugurato il trói di mistieri (sentiero dei vecchi mestieri)18 che si compone16 In appendice l'elenco delle sculture17 Arrigo De Martin Mattiò (2003), Al tròi dli mascri, Le Dolomiti Bellunesi, Natale 2003,Grafiche

Antiga S.p.A., Crocetta del Montello, pag. 5118 Arrigo De Martin Mattiò (2004), Al tròi di mistieri, Le Dolomiti Bellunesi, 2004, Grafiche Antiga

16

Page 17: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

di 16 statue e che da Dosoledo porta verso Padola. Qui troviamo una serie di sculture

dedicate agli antichi mestieri, alcuni scomparsi come lo stagnino, l'arrotino e lo

squadratore di travi. Arrigo De Martin Mattiò, presidente del Gruppo di Ricerche

Culturali, spiega lo spirito con il quale sono stati ripristinati ed arricchiti i tróis: “E’ il

nostro modo di intendere la cultura come recupero della memoria e rinvigorimento delle

relazioni sociali nei paesi, oltre l’ombra dei campanili.”19 Infatti i sentieri da allestire a

mostre permanenti sono stati scelti fra quelli che collegano e uniscono i quattro paesi

del comune di Comelico Superiore. Oltre al proposito di non perdere la memoria delle

antiche tradizioni, il collegamento e l'unione dei quattro paesi del comune avviene non

solo fisicamente attraverso i sentieri, ma anche idealmente attraverso le tradizioni

condivise: un patrimonio da salvaguardare e valorizzare in un'ottica di collaborazione.

1.4 Museo Etnografico “La Stua” - Casamazzagno (Comelico Superiore)

L'Abitazione del Rifabbrico

L'Associazione Culturale "La Stua", costituitasi l'11 dicembre 1986 a Casamazzagno

(Comelico Superiore), è composta da una decina di soci. Ha come obiettivi la raccolta di

documentazione scritta e orale inerente alla cultura locale, la pubblicazione del

periodico di cultura popolare “La Stua”, l'allestimento di mostre fotografiche, la

proiezione di diapositive e la gestione del museo. Grazie alla disponibilità della Regola

di Casamazzagno, che ha offerto in uso il fabbricato che le era stata donato da Giovanni

Pinchien, è stato possibile dare il via all'allestimento del museo etnografico. I locali, da

anni in disuso, sono stati ristrutturati dall'iniziativa dei soci che, grazie alla fornitura dei

S.p.A., Crocetta del Montello, pag. 6019 Lucio Eicher Clere (2005), Inaugurato il trói di Bacani, Corriere delle Alpi, 1 settembre 2005,

Belluno. Pag. 26

17

Page 18: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

materiali da parte della Regola e alla prestazione gratuita di molti artigiani locali, in

pochi mesi sono riusciti a sistemare l'abitazione. La fase successiva per la nascita del

museo è stata la raccolta dei materiali da esporre. “Per far questo è stata coinvolta tutta

la popolazione rendendola partecipe alla vita del museo, sia nella fase della sua

costituzione che in quella della gestione. Grande è stata la disponibilità di tutte le

famiglie nell'offrire un gran numero di oggetti, molti dei quali sino ad allora custoditi

gelosamente nelle singole abitazioni, e grande la collaborazione nell'allestimento dei

locali. Va comunque ricordato che al di là dell'impegno personale dei soci, gran merito

al buon esito dell'iniziativa va alla Federazion par ra Union Culturales Ladines de ra

Dolomites inze el Veneto, alla quale l’associazione ha aderito nel 1988, e che ha offerto

in tutti questi anni un insostituibile contributo, non solo economico, e uno stimolo per

continuare nell’opera di sensibilizzazione culturale di tutta la comunità”20. Il museo

etnografico "La Stua" viene inaugurato il 25 luglio 1987 e il materiale è stato raccolto

alle seguenti condizioni:

- in donazioni: il materiale è passato di proprietà dell'associazione che gestisce il museo;

- in custodia: in occasione di mostre e manifestazioni particolari e per la durata delle

stesse;

- in custodia ordinaria: per un periodo non inferiore ai tre anni, rinnovabile tacitamente;

- in custodia illimitata: sino all'eventuale scioglimento del museo.

La collezione è ospitata in una vecchia casa costruita secondo le normative imposte dal

Rifabbrico nell'Ottocento e si sviluppa su tre piani che hanno mantenuto invariata la

destinazione delle stanze abitative. Al piano terra la prima stanza a sinistra è la cucina

dove si possono vedere tutti gli arredi del locale fra cui il focolare e una serie di oggetti

risalenti all'Ottocento e Novecento. Qui si trova tutto ciò che la donna di casa utilizzava

per preparare i pasti e per sopravvivere al lungo inverno: dalle pentole ai mestoli fino

agli oggetti in uso nelle occasioni di festa. E' possibile ammirare un làrin con appeso

alla catena il ciudruzu (paiolo per la polenta) e accanto i vari attrezzi per ravvivare il

fuoco e prendere la brace. Continuando il giro si entra nella stanzetta a destra dove sono

raccolti gli attrezzi che servivano per la raccolta della segala, dell’orzo e dell’avena. La

terza stanza del piano terra è dedicata agli artigiani con gli attrezzi dei fabbri e dei

20 Andrea Zambelli, Raffaella Zanderigo Rosolo (2004), Il Museo Etnografico La Stua, La Stua nr 17 aprile 2004, Casamazzagno Comelico Superiore

18

Page 19: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

falegnami. Nel corridoio d'entrata due pannelli raccolgono le foto delle giovani donne

del paese costrette ad emigrare all'estero fra la fine dell'Ottocento e l'inizio del

Novecento e nel sottoscala si trova un arnese per cardare la lana dei materassi. La stua

(soggiorno) è la stanza più suggestiva del piano: foderata di legno, vi troneggia il forno

a volta in muratura con il sorafórnu (piano in legno sopra il forno sul quale ci si

stendeva) mentre l'imboccatura per caricare la legna è nel corridoio. Salendo le scale

che portano al primo piano e a quelli successivi si può ammirare una raccolta di stampe

religiose di carattere popolare che un tempo erano appese nelle camere da letto o in altre

stanze della casa. Al primo piano si trova la stanza dove è stata ricostruita la camera da

letto matrimoniale tipica di quei tempi con esposti il guardaroba maschile e femminile.

Superato il corridoio si entra nella stanza dove è raccolto l'archivio composto da

numerose fotografie d’epoca. Il secondo piano ha una stanza dedicata ai ricordi della

Prima Guerra Mondiale combattuta sui monti del Comelico fino all’ottobre del 1917

con la ritirata di Caporetto. Mentre la seconda stanza dello stesso piano raccoglie tutto

ciò che riguarda la coltivazione del lino e la sua lavorazione e gli attrezzi per i lavori nel

bosco e con il bestiame. La terza stanza parla del mondo contadino e dell'attività

agricola da sempre dominante nella valle. Lo spirito con il quale è stato creato e viene

gestito il museo lo spiega bene Raffaella Zanderigo Rosolo: “Il dopo guerra ha

presentato altre esigenze di vita. Sono fuggiti i giovani verso la città. Si sono svuotate le

case, sono chiuse le scuole e gli anziani ci dicono “arrivederci lassù”. Non più i prati

rasi a tappeto, i sentieri con le staccionate, i fienili pieni di vita, le greggi al pascolo.

Rimane qualche coraggioso radicato alla terra. Manca il tessuto umano ed è finito un

mondo. Qui nel museo sono racchiusi i ricordi che dobbiamo far parlare, rivivere ed

apprezzarne i valori.”21 Il Museo si può vistare gratuitamente tutto l'anno previa

prenotazione tramite il direttore responsabile Bruno Brunello Gasparina ed è di

proprietà privata della Regola di Casamazzagno. I rilevamenti tecnici evidenziano che il

fabbricato non è accessibile dai portatori di handicap, l'illuminazione all'interno è

alquanto scarsa e l'impianto di riscaldamento non è presente. L'allestimento non segue

una logica specifica e andrebbe rivisto22.21 Ibidem 22 Alberico Facciotto et al.(2011), Programma di Sviluppo Locale V.E.T.T.E. – misura 323/A azione 4.

Studio propedeutico all’attivazione dell’Azione 4 “Interventi per la valorizzazione culturale delle areerurali”, Gal Alto Bellunese

19

Page 20: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

1.5 Museo Etnografico "Casa Àngiul Sai" - Costalta (San Pietro di Cadore)

L'Abitazione prima del Rifabbrico

Nel passato la costruzione degli edifici civili e rurali avveniva grazie alla ricchezza dei

boschi della Val Comelico. Ma dall'Ottocento le norme del Rifabbrico imposero che la

costruzione avvenisse prevalentemente con l’utilizzo della pietra per scongiurare i

numerosi incendi che devastavano i paesi. A Costalta (San Pietro di Cadore) si possono

ancora vedere numerosi edifici in legno del periodo antecedente al Rifabbrico e l'idea di

valorizzare questo antico patrimonio architettonico nacque negli anni Ottanta

nell'ambito del “Comitato per il Museo della Cultura Alpina del Comelico” costituitosi

per la tutela delle tradizioni locali. A Costalta l'idea si concretizzò valorizzando uno dei

fabbricati storici più significativi destinandolo a museo dell'architettura rurale montana.

Venne costituito un comitato informale coinvolgendo la Regola di Costalta che, nel

1990, grazie alla Regione Veneto, poté acquistare la struttura che oggi ospita il museo.

Nel 1995 la Fondazione Cariverona diede un contributo per la sistemazione dell'edificio

e nel 1998 si costituì ufficialmente l'associazione “Amici del Museo di Costalta di

Comelico” che ricevette dalla Regola, in comodato d'uso, l'edificio. Negli anni Duemila

altri sostanziali contributi vennero elargiti dalla Regione, dalla Fondazione Cariverona,

dalla Regola di Costalta e con il sostegno anche della Comunità Montana del Comelico

e Sappada, del Consorzio Bim Piave e della società DBA Progetti, il 27 dicembre 2008

è stato inaugurato il Museo Etnografico "Casa Àngiul Sai". Vanno ricordati inoltre le

consulenze dell'architetto Edoardo Gellner e il determinante apporto del lavoro

volontario dei membri dell'associazione sotto la guida dell'architetto Stefano De Vecchi.

20

Page 21: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

La "Casa Àngiul Sai", dal nome del suo ultimo proprietario, è un esempio significativo

di architettura tradizionale della Val Comelico. La trave di colmo del tetto porta scritta

la data 1858 10 mag LDM ma da alcuni indizi, come dal fatto che le travi rechino inciso

all'esterno un numero romano, si può supporre che i materiali impiegati per la travatura

dell'edificio fossero frutto, almeno in parte, di riutilizzo di edifici più antichi demoliti a

causa dell'instabilità del terreno sul quale sorgevano. Le caratteristiche costruttive e la

distribuzione dei vani della "Casa Àngiul Sai" sono un'importante testimonianza del

modo di vivere fino alla metà del secolo scorso. Il fabbricato si sviluppa su tre piani ed è

diviso in due parti: la prima, con esposizione verso sud, è adibita ad abitazione; la

seconda, con destinazione rurale, è situata nella parte nord e nel piano seminterrato.

L'edificio presenta uno zoccolo in muratura risultante dal tamponamento di una sorta di

palafitta di travi (braze) e ritti (colònde) che sostiene l'intera struttura lignea ed è

costruito con la tecnica del Blockbau. Come in tutti i modelli arcaici di dimore del

Comelico, anche in questo edificio si può notare la mancanza di condotti fumari: il

fumo infatti veniva fatto uscire secondo diversi percorsi in modo da utilizzare il suo

calore per riscaldare gli ambienti sovrastanti secondo il principio della Rauchstube

diffuso nelle architetture popolari alpine. Questa costruzione rappresenta anche uno dei

pochi esempi di abitazione con scale esterne e ballatoi lignei.

L'itinerario di visita al museo inizia al piano terra dove, facendo un giro attorno al

ballatoio lungo il perimetro del fabbricato, si possono osservare dalle finestre l'interno

dei locali della zona giorno destinati a cucina e tinello. La visita agli spazi interni viene

introdotta da alcuni pannelli che descrivono le tecniche costruttive più diffuse

nell’architettura tradizionale di montagna. I solai, i pavimenti e i muri sono tutti in legno

e la casa è stata arredata con mobili e suppellettili che ricostruiscono un ambiente

domestico degli inizi del Novecento. Nel corridoio d'ingresso (lòda), lastricato con

piastre naturali di pietra, si trova la bocca del forno dove, dopo averlo adeguatamente

riscaldato, vi si cuoceva il pane di segale o di orzo e si faceva il fuoco per scaldare il

tinello. Su questo piano si può visitare la cucina (céda), dove si trova il focolare (arì),

dalla quale si accede poi al tinello (stùa) arredato con la stufa in muratura (fórno)

circondata da panchine (bànce) e sormontata da un'incastellatura lignea (sorafórno). Il

forno originale è stato demolito e ricostruito prendendo a modello un'analoga struttura

21

Page 22: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

avente le medesime dimensioni ed esistente in un'altra abitazione del paese. La terza

zona visitabile del piano è la stalla (stàla) adibita a ricovero per i bovini specialmente

d'inverno e nei periodi della nascita dei vitelli. Il vano conserva ancora la mangiatoia

(cianà) dove venivano legate le mucche. Dal medesimo piano si sale per accedere al

tabié che era destinato alla conservazione del fieno per il periodo invernale e diviso in

due parti. La prima parte (èra), che rimaneva sempre libera per l'accesso ai ballatoi

esterni e per la preparazione del foraggio per il bestiame, è pavimentata con travi

squadrate ed ha le pareti sigillate tra una trave e l'altra. La seconda parte, che era

destinata alla conservazione del foraggio raccolto, presenta una pavimentazione

costituita da travi non squadrate e le travi delle pareti sono intervallate da una fessura

che permetteva di arieggiare il fieno. Alle pareti del fienile sono appesi alcuni attrezzi

da lavoro legati alla fienagione e un grande crocifisso, inoltre questo luogo viene anche

utilizzato come spazio espositivo per mostre temporanee. Le camere sono situate al

primo piano e si raggiungevano esternamente per mezzo della scala di servizio ancora

presente. Sono state arredate in modo essenziale: un letto ad una piazza e mezza con un

materasso di paglia ed erbe secche con ai lati due comodini, un armadio ed un baule.

Tramite le botole presenti sul pavimento il calore proveniente dal tinello, posto al piano

inferiore, saliva e riscaldava la stanza. La cantina (ciànva) e il sottotetto (l mangòn) non

sono visitabili23. L'associazione "Amici del Museo di Costalta di Comelico", presieduta

da Ruggero Casanova Crepuz, conta un decina di soci e prevede, tra gli altri scopi, la

valorizzazione del patrimonio storico culturale di Costalta attraverso il completamento

della “casa Àngiul Sai" e la gestione della cellula museale con la predisposizione di

appositi itinerari di visita. Il museo ha apertura stagionale e su richiesta, senza biglietto

d'ingresso. Già dal 2001 la struttura ospita numerose mostre di pittura, scultura e

fotografia a cura dell’Associazione CostaltArte che ha organizzato per dieci anni

consecutivi la manifestazione estiva di scultura "Una statua di legno in una casa di

legno in un paese di legno" e dal 2012 "LeggendAriaMente". I progetti a breve termine

per il museo prevedono la realizzazione di un sistema audiovisivo e informatico,

dotando la struttura di attrezzature multimediali. «Entro l'anno», spiega Silvano Eicher

Clere, presidente della Regola di Costalta, «il nostro museo sarà dotato infatti di un

23 La descrizione dettagliata del percorso di visita si trova nella brochure di Piergiorgio Cesco Frare et al.(2010) Casa Museo “Àngiul Sai” Guida Breve, Belluno, Tipografia Piave Belluno srl

22

Page 23: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

“cuore” multimediale, da cui prenderanno vita nuovi contenuti, fruibili dai visitatori nei

vari ambienti»24. L'edificio necessita nel complesso di qualche intervento di

manutenzione e l'allestimento è in fase di completamento. Il sistema di illuminazione è

nuovo e adatto allo scopo; non è presente l'impianto di riscaldamento e non è accessibile

di portatori di handicap25.

24 Stefano Vietina (2012) La Casa Museo Angiul Sai scopre le Nuove Tecnologie, Corriere delle Alpi 24 novembre 2012, Belluno, pag. 29

25 Alberico Facciotto et al.(2011), Programma di Sviluppo Locale V.E.T.T.E. – misura 323/A azione 4. Studio propedeutico all’attivazione dell’Azione 4 “Interventi per la valorizzazione culturale delle areerurali”, Gal Alto Bellunese

23

Page 24: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

Capitolo Secondo

La Natura del Comelico

La Val Comelico si distingue anche per un patrimonio naturale e paesaggistico di

notevole interesse. La storia geologica delle Dolomiti che la circondano racconta di

un'importante ricchezza riconosciuta e protetta dall'Unesco con la proclamazione delle

Dolomiti Patrimonio Naturale Universale nel 2009. La vallata possiede diverse risorse

naturali che vanno dal legno, commercializzato sin dai tempi della Serenissima, alle

acque solforose di Valgrande, note come acqua puzza, studiate sin dal 1800 ed oggi

fonte principale della struttura termale. La vallata, conosciuta anche per l'ambiente

favorevole allo sviluppo dei funghi e per le numerose specie di fiori, è un museo

naturale a cielo aperto che racconta la natura e il rapporto dell'uomo con essa nel corso

della storia. La Val Comelico, pur non rientrando nelle zone poste sotto tutela

dall'Unesco, presenta ugualmente molti aspetti naturali di interesse culturale e turistico,

alcuni già valorizzati e con un piano di gestione, altri soltanto conosciuti a livello locale

e poco sviluppati ma che consentono la formulazione di un percorso di visita. Dalla

natura si passa all'uomo con lo sfruttamento boschivo e quello fluviale dei corsi d'acqua

del Piave e del Padola: i diversi siti naturali e le strutture ad essi collegate spiegano il

forte e indissolubile rapporto fra gli abitanti della vallata con la montagna.

24

Page 25: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

2.1 Museo Paleontologico “Le Radici della Vita” - Danta di Cadore26

Un viaggio alle origini

Danta di Cadore ospita il Museo Paleontologico “Le Radici della Vita” inaugurato il 15

agosto 2008. Deve la sua ideazione a Bruno Berti ricercatore veneziano che da molti

anni svolge i suoi studi naturalistici in Val Comelico. La realizzazione è avvenuta grazie

all'iniziativa della comunità di Danta e del lavoro svolto da due amministrazioni

comunali. Il museo è ubicato nei locali messi a disposizione dalla Regola Comunione

Familiare Tutta Danta e all'allestimento ha collaborato Giancarlo Scarpa del Gruppo

Scienze Naturali “Charles Darwin” di Mestre. Bruno Berti, che ha curato la parte

scientifica nella realizzazione dello spazio, si è rivolto soprattutto alle “nuove

generazioni come fondamentale supporto alla loro formazione e fornisce basi per potersi

avvicinare e comprendere il complesso laboratorio che ha modellato e adattato la vita

sul nostro pianeta nel corso delle Ere geologiche. Allo stesso tempo, rappresenta un

valido supporto per gli studiosi e per quanti intendono avvicinarsi alle conoscenze

naturalistiche.”27 La sala accoglie al suo interno numerosi pezzi appartenenti alla

collezione paleontologica privata di Bruno Berti e reperti donati dal Centro Studi

Ricerche Ligabue di Venezia che ha anche contribuito alla realizzazione museale. In

mostra si trovano, oltre a reperti paleontologici delle Dolomiti, fossili vegetali e animali

recuperati in varie zone del mondo (Messico, Slovenia, Marocco, Sud America). Il

Museo si presenta con una ventina di vetrine espositive disposte lungo tutte le quattro

pareti della stanza ed alcune posizionate al centro. Le prime due vetrine in ordine di

visita raccontano le originarie forme di vita sulla terra secondo la teoria della

Panspermia. Si passa poi alla vetrina che accoglie i reperti risalenti al Paleozoico dove

26 La nota dell'accezione “museo” usata nella sezione della cultura ladina è valida anche per questa struttura

27 Giuseppe Cormio e Bruno Berti (2011) Guida Le Radici della Vita - Museo Paleontologico Danta di Cadore, Comune di Danta di Cadore

25

Page 26: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

troviamo delle gocce di pioggia fossilizzate; mentre la vetrina successiva è dedicata ai

dinosauri con delle uova, impronte e altri fossili. La vetrina dedicata ai processi di

fossilizzazione ne descrive la formazione attraverso le ammoniti, i pesci e i vegetali.

Una sezione è dedicata all'evoluzione dell'uomo raccontandone la vita e gli strumenti

per la sopravvivenza nel Neolitico e nel Paleolitico. Viene trattato poi il tema del

fondale marino con un pannello illustrativo, mentre nella dodicesima vetrina ci sono

diversi insetti fossilizzati. Il museo possiede una zanna di mammut, un cucciolo di

dinosauro Psittacosaurus completo in ogni sua parte anatomica vissuto circa 110

milioni di anni fa nell’Asia orientale; un cranio dell'orso delle caverne e un cranio di

coccodrillo primitivo. C'è poi la sezione dedicata ai fossili del Veneto e una

ricostruzione dell'ambiente delle Torbiere che caratterizzano la natura presente a Danta.

Oltre alla guida Le radici della vita Museo Paleontologico di Danta di Cadore edito nel

2011 a cura di Giuseppe Cormio e Bruno Berti, sono stati prodotti tre libri didattici per

avvicinare le scolaresche alla paleontologia dal titolo I quaderni del Museo. Altre

pubblicazioni sono a cura di Bruno Berti: La vita nelle torbiere di Danta di Cadore, I

funghi di Danta di Cadore, Le orchidee spontanee e Danta di Cadore. Al museo sono

presenti delle schede plastificate esplicative delle varie vetrine indirizzate sia agli adulti

che ai bambini. Il Museo viene gestito, con il supporto del Comune, da un gruppo di

volontari che si riuniscono sotto il nome di “Danta Viva” formato da persone del paese e

di altre città (Milano, Venezia e Mestre) che gestiscono l'apertura, la promozione e la

guida lungo il percorso espositivo. Il Museo è ospitato nello stesso edificio dell'ufficio

turistico gestito dal Comune e segue orari di apertura stagionali e su richiesta, la visita è

a offerta libera. La sala espositiva è stata ricavata dall'auditorium della Regola

Comunione Familiare Tutta Danta e per questo presenta una struttura a gradoni che non

consente tuttora la visita ai portatori di handicap e non è presente l'impianto di

riscaldamento; l'edificio è comunque in buone condizioni secondo il censimento svolto

da Alberico Facciotto28

28 Alberico Facciotto et al.(2012), Programma di Sviluppo Locale V.E.T.T.E. – misura 323/A azione 4. Studio propedeutico all’attivazione dell’Azione 4 “Interventi per la valorizzazione culturale delle areerurali”, Gal Alto Bellunese

26

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2.2 Le Torbiere – Danta di Cadore

Ecosistema millenario

Bruno Berti, che da molti anni svolge ricerche naturalistiche nel territorio di Danta,

sottolinea l’importanza delle sue incontaminate Torbiere e la presenza di ben 26 specie

di orchidee spontanee, raggruppate in 16 generi, che testimoniano l’unicità e l’interesse

dei questo ambiente. “Danta infatti è uno scrigno prezioso di rare specie floristiche e

faunistiche in un ambiente ancora integro tutelato e salvaguardato attraverso diverse

politiche di conservazione della natura e della biodiversità”29. Il Comune di Danta, a

1400 metri di altitudine e attorniato da boschi di larici e abeti, è un Museo Naturale

all'aperto: infatti è qui che possiamo trovare una zona molto particolare denominata

Torbiera. Le torbiere sono ambienti caratterizzati da grande abbondanza di acqua in

movimento lento all’interno dei quali si sviluppa una vegetazione bassa di interesse

geobotanico dove si possono trovare diverse specie di vegetali e animali: alghe, muschi,

sfanghi, piante carnivore, licheni, funghi e anfibi. Il processo che porta alla nascita di

una torbiera è molto lungo, complesso e delicato e la formazione di questo ambiente in

Comelico risale al quaternario (2-3 milioni di anni fa). Danta ospita quattro diversi

ambienti di questo tipo: Torbiere Val di Ciampo, Torbiera di Palù Mauria, Torbiera di

Cercenà e Torbiera di Palù Longo che occupano circa 200 ettari del territorio del

Comune e sono inclusi nel Sito di Interesse Comunitario (SIC) identificato con il codice

IT3230060 e denominato “Torbiere di Danta”. I SIC, insieme alle Zone di Protezione

29 Giuseppe Cormio e Bruno Berti (2011) Guida Le Radici della Vita - Museo Paleontologico Danta di Cadore, Comune di Danta di Cadore

27

Page 28: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

Speciale (ZPS), costituiscono i nodi della rete Natura 2000, un sistema coordinato di

aree di particolare interesse ecologico istituito dall’Unione Europea nel 1992 come

principale strumento di attuazione delle politiche di conservazione della natura e della

biodiversità. Il SIC IT320060 “Torbiere di Danta” tutela il complesso delle torbiere

insieme a quello della zona di Coltrondo in Comelico, tra i più rilevanti del Veneto e

dell’intero arco alpino per quanto riguarda le specie vegetali rare presenti, la loro

distribuzione e lo stato complessivo di conservazione. Il SIC è a sua volta incluso nella

Zona di Protezione Speciale identificata con il codice IT3230089 “Dolomiti del Cadore

e del Comelico” per alcune importanti presenze di volatili come il falco pecchiaiolo, il

francolino di monte, il gallo cedrone, il re di quaglie, la civetta nana, la civetta

capogrosso, il picchio nero, l’averla piccola30. La zona protetta arriva fino al Lago di

Sant'Anna, un piccolo bacino d'acqua incastonato in un terrazzamento di depositi

glaciali circondato da conifere e dalle torbiere. Ed è qui, ad un'altitudine di 1380 metri

sul livello del mare, che troviamo la specie di maggiore interesse e tutelata da severe

normative: l'Astacus astacus ovvero il gambero d'acqua dolce. Crostaceo inserito nella

lista rossa delle specie in via d'estinzione, vive isolato nel bacino lacustre immerso nelle

Torbiere e protetto dall'ambiente favorevole al suo sviluppo. Nell’ambito del progetto di

gestione di questo vasto patrimonio naturale delle Torbiere, è stato realizzato un sentiero

didattico che consente la visita ai siti lungo un percorso di passerelle che tutelano

l'ambiente. Il sentiero, progettato e realizzato dal Servizio Forestale Regionale di

Belluno, si snoda per circa 3 km e lungo il percorso sono collocati pannelli illustrativi

degli aspetti più interessanti dei luoghi visitati. Sono poi individuati, con appositi ceppi,

alcuni specifici punti di osservazione e a seconda delle stagioni si possono cogliere le

fioriture delle principali specie erbacee delle torbiere. A ciascuno di questi corrisponde

una traccia registrata su un audio guida che il visitatore può gratuitamente prendere

presso il Museo Paleontologico “Le Radici della Vita”.

30 Chiara Da Giau et al.(2007), Guida alle Torbiere di Danta di Cadore, Padova, Chinchio Industria Grafica s.p.a.

28

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2.3 Il Giardino Alpino - Candide (Comelico Superiore)

Val Comelico: il fiore delle Dolomiti

Il giardino alpino dei fiori di montagna si trova a Candide dove l'ente Regola ha voluto

dedicare un ampio spazio per la realizzazione di questo progetto riprendendo l'idea dal

prestigioso giardino botanico del Professore Giuseppe Martinelli, Salesiano della

Colonia "Don Bosco", che realizzò un'opera analoga in Valgrande, poi dismessa.

L'importanza del giardino alpino di Candide è provata anche dal fatto che è divenuto

una delle tappe fondamentali del Sentiero Frassati del Cai per la Regione Veneto. Curato

dalla stessa Regola di Candide, si trova nel centro del paese e si snoda lungo un

percorso a gradoni, con passerelle in legno per la visita delle diverse specie floreali

tipiche del Comelico31. Si possono ammirare esemplari di fiori rari come la salvia dei

prati, la famosa "Regina delle Alpi", il giglio di San Giovanni e la mutazione stagionale

della flora. Per comprendere meglio il senso di questo legame fra la vallata e i fiori, non

soltanto per un fattore ambientale che ne favorisce lo sviluppo di molte specie, è bene

sottolineare l'importanza che ebbe il “Festival nazionale dei fiori di montagna” tenutosi

annualmente dal 1976 al 198532. Organizzato dall'allora Azienda Autonoma di

Soggiorno e Turismo, la rassegna comprendeva un nutrito ventaglio di manifestazioni,

dai concorsi ai convegni alle mostre d'arte, tutti a tema floreale. Come spiega Guido

Buzzo, l'allora presidente dell'Aast e che gestì l'evento per sette anni, i fiori possono

essere uno spunto importante per creare un percorso e degli eventi a tema, infatti lo

31 Articolo sull'inaugurazione del Giardino Alessandro Mauro (2007), Tesoro Nascosto a Candide, Corriere delle Alpi 6 novembre 2007, Belluno

32 Guido Buzzo (2010), Manuale di notizie dei paesi del Comelico e Sappada, Pieve di Cadore, Tipografia Tiziano

29

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slogan che accompagna l'attuale simbolo del Consorzio Turistico Val Comelico

Dolomiti, un fiore stilizzato a cinque petali uno per ogni Comune della valle, è proprio

“Val Comelico, il fiore delle Dolomiti”.

2.4 Gli Abeti della Val Comelico

Il legame dell'uomo con la natura

Il prestigio del legno del Comelico è conosciuto sin dai tempi della Serenissima che si

riforniva dei tronchi cadorini per costruire Venezia. Per lungo tempo i boschi sono stati

una fonte di reddito e ad oggi sono gestiti dalle istituzioni delle Regole. Ma le piante del

Comelico possono essere anche un'attrattiva naturalistica e culturale per raccontare la

vegetazione autoctona e la vita di un tempo. Una particolarità della vallata è la presenza

della Picea excelsa fissilis, il cosiddetto Abete di Risonanza, che cresce solo in pochi

boschi della Val Comelico, della Val di Fiemme e di Tarvisio. Specie molto rara, viene

usata da liutai per costruire la parte anteriore della cassa armonica di moltissimi

strumenti a corda. L'origine della denominazione "risonanza" va ricercata nel fatto che

una volta, quando non esistevano le strade forestali, il legno veniva portato a valle

facendolo scorrere lungo canali pendenti detti risine costruiti con i tronchi. Durante il

tragitto i tronchi, urtando le sponde delle risine, emettevano vibrazioni tali che i

boscaioli distinguevano se il legno "cantava" oppure emetteva un suono secco e sordo.

30

Page 31: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

Ancora oggi i liutai frequentano questi boschi nei mesi invernali per scegliersi

direttamente la pianta, così come fece lo stesso Stradivari.

Nei boschi amministrati dalla Regola di Campolongo, sui piani di Val Carnia in Val

Visdende, è stato recentemente inaugurato un percorso didattico per ammirare alcuni

abeti rossi di altezza superiore a 50 metri, di oltre 3 metri di circonferenza e con un'età

calcolata che arriva anche a 216 anni33. Grazie alla sensibilità delle Amministrazioni

regoliere che si sono succedute negli anni, queste piante sono state preservate nel

tempo; infatti una sola di loro basterebbe per costruite un tabiè intero. Il sentiero

dedicato a questi alberi monumentali è corredato da due pannelli informativi che

descrivono le particolarità di queste piante per altezza, circonferenza, diametro, massa

cormometrica lorda stimata (metri cubi) e gli anni stimati. Il percorso naturalistico si

trova ad una quota di 1333 metri sul livello del mare e si snoda per una lunghezza

complessiva di circa 126 metri. Una parte del tracciato è stato realizzato direttamente

sul terreno, con una massicciata in pietrame e ghiaia, contenuta ai lati da tondi in

legname fissati al suolo, mentre in prossimità del gruppo maggiore di piante, è stata

costruita una passerella su palafitta per evitare il costipamento del terreno che deriva dal

calpestio dei visitatori e che potrebbe danneggiare le radici delle piante. Per lo stesso

motivo, intorno agli esemplari di abete rosso più rappresentativi, sono state realizzate

delle staccionate in legno. Il progetto è stato realizzato dallo Studio Be Forest di Santo

Stefano di Cadore e i lavori sono stati completati nell'ottobre del 2011. Poco a monte

della Valgrande, nella zona della Val Comuna sempre in Comelico, si trova un altro

esemplare di abete rosso di eccezionali dimensioni chiamato in loco “La Regina della

Val Comuna”. Misura circa 50 metri in altezza e si stima possa avere un’età di duecento

anni. Come per gli esemplari della Val Visdende la pianta è stata appositamente lasciata

in eredità dalle precedenti generazioni come esempio di rispetto e salvaguardia del

patrimonio boschivo di proprietà delle Regole Comunioni Familiari, ma non è presente

alcuna cartellonistica illustrativa.

33 Stefano Vietina (2012) I secolari abeti rossi la nuova attrazione della Val Comelico, Corriere delle Alpi 5 agosto 2012, Belluno, pag 25

31

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2.5 La Stua - Padola (Comelico Superiore)

Lo sfruttamento dei corsi d'acqua

Dal bosco si passa all'attività dell'uomo e a Padola, ultimo paese del Comune di

Comelico Superiore prima di entrare in Alto Adige, troviamo un manufatto unico in

Europa legato all'attività del commercio del legname: la Stua. Era uno sbarramento sul

torrente Padola che consentiva l’accumulo dei tronchi e l’avvio della fluitazione, come

spiega Italo Zandonella Callegher: “A monte della Stua si formava un bacino (poteva

contenere fino a due milioni di metri cubi d’acqua) il cui contenuto, una volta aperte le

paratie, portava i tronchi di abete e di larice fino al cìdolo di Perarolo (robusto edificio

per fermare il legname) e da lì trasportati a Venezia con le famose zattere del Piave.”34

La Stua, testimone ancora integro dell’antica via del legname lungo l’asse del Piave, ha

una storia di almeno 500 anni e si hanno notizie certe della sua esistenza sin dal 1521.

La sua attività iniziò con l’affermarsi della Repubblica di Venezia e durò fino alla fine

dell’Ottocento cessando di funzionare dopo le disastrose piene del 1882. Il Cadore

riforniva di legname la Serenissima mediante il trasporto dello stesso per via fluviale.

L’edificio era costruito esclusivamente con i tronchi e fu più volte rimaneggiato, mentre

la Stua che oggi si può visitare è stata ricostruita in blocchi di pietra nel 1818-1819 su

disegno e a spese di Vittore Gera di Candide. La Stua è alta circa 16 metri, ha uno

spessore di 6 metri, ed una lunghezza al coronamento di circa 30 metri. Fino all'inizio

Novecento presentava una sovrastruttura in pietrame e legno con la copertura in

scandole di larice che nel 2000 il Comune di Comelico Superiore ha ricostruito. Nel

2012 il Consorzio Turistico Val Comelico Dolomiti ha deciso di valorizzare la Stua con

un’area museale formata da due stanze. In una spicca l'affresco del pittore Vico Calabrò

34 Italo Zandonella Callegher (2012), Nelle Dolomiti Unesco un'opera del Cinquecento unica in Europa,www.mountainblog.it/italozandonella, 7 ottobre 2012

32

Page 33: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

con le varie sequenze della lavorazione boschiva fino al trasporto nel torrente Padola

per la fluitazione. Nell’altra stanza invece, l'allestimento museale a cura di Viviana

Ferrario, contiene dei pannelli informativi sull'utilizzo dei boschi, del legname, la

fluitazione e i manufatti che la rendevano efficiente e la storia della struttura fino alla

sua dismissione. La gestione per l'apertura e la vigilanza della cellula museale ospitata

nella Stua è a livello di volontariato, accessibile ogni giorno nel periodo estivo

stagionale e su richiesta contattando il Consorzio Turistico Val Comelico Dolomiti.

Lo sfruttamento dei corsi d'acqua della Val Comelico, in particolare il fiume Piave e il

Padola, avveniva grazie a numerosi mulini, piccole officine e segherie sparsi fuori dai

centri abitati. Attualmente, anche se non più in funzione e adibiti ad altro, è possibile

vedere molti di questi edifici in tutta la vallata censiti dall'architetto Veronica Menia

Cadore35 e facenti parte dell'itinerario tematico “Le Vie del Legno”, opuscolo curato

dalla Comunità Montana del Comelico e Sappada36.

35 In appendice l'elenco delle strutture. Veronica Menia Cadore, Un museo per la valorizzazione del patrimonio storico culturale del Comelico, Tesi di Laurea Iuav Venezia AA 98/99, relatore Franco Mancuso, correlatore Stefano De Vecchi

36 Ivano Alfarè Lovo, Veronica Menia Cadore (2011), La via del legno. Itinerari fra boschi, acque e residenze di commercianti di legname in Comelico e Sappada, Comunità Montana Comelico e Sappada, Programma Comunitario Leader II, Azione 6, Tipografia IGB, 2001

33

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Capitolo Terzo

Il patrimonio artistico e architettonico della Val Comelico

La seconda sezione della tesi è un lavoro di censimento degli aspetti architettonici e

artistici che possono rientrare in un'ottica di valorizzazione della vallata. Non esiste una

struttura né un'organizzazione dedita al coordinamento di questo patrimonio che si

compone di tante piccole realtà molto spesso di modesta entità. Si spazia dall'arte sacra

fino all'arte contemporanea comprendendo anche le tre tipologie architettoniche presenti

sul territorio. L'intento è di raccogliere tutto ciò che il territorio offre, senza svolgere

uno studio scientifico sulla qualità e la fruibilità, ma semplicemente abbracciando tutti i

possibili luoghi che potrebbero essere una risorsa se valorizzati e coordinati.

3.1 L'Architettura in Val Comelico

Sacra, Rurale e Case Padronali

Seguendo l'analisi storico-architettonica di Giovanna Nieddu37, le costruzioni in Val

Comelico si possono distinguere in tre categorie: sacra, rurale e case padronali. Senza

entrare nei singoli particolari che caratterizzano ognuna della tre tipologie, il capitolo

dedicato vuole mettere in luce soprattutto l'importanza che questi edifici possono

ricoprire nell'ottica di una valorizzazione e nella progettazione di un percorso di visita e

fruizione turistica. Nella vallata troviamo numerosi esempi di ognuna delle tre tipologie,

37 Giovanna Nieddu (1995), Architettura nel Comelico e nella valle di Sappada, Istituto bellunese di ricerche sociali e culturali. Il testo tratta le tre tipologie di architettura presenti in Val Comelico e Sappada suddividendo il patrimonio in edifici rurali, sacri e nobiliari.

34

Page 35: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

soprattutto di costruzioni rurali, alcune visibili e visitabili solo dall'esterno ed alcune

anche all'interno38. In appendice vengono elencati tutti gli edifici di interesse che

potrebbero costituire un percorso di visita della Val Comelico all'insegna dell'arte e

dell'architettura in particolare quella rurale che caratterizza la zona. Una volta

individuati tutti i punti di interesse sarà possibile dare vita ad un itinerario o ad un

progetto di valorizzazione.

In Comelico si contano ventisette edifici sacri39 di cui dieci rappresentati dalle chiese

parrocchiali divenute tali nel corso dell'Ottocento e del Novecento, infatti prima di

allora erano dipendenti dalla Pievania di Santo Stefano eccetto la chiesa di Candide che

si rese autonoma nel XVII secolo. Stretto fu il legame fra l'istituzione Regoliera e la vita

ecclesiastica, soprattutto nella costruzione di questi edifici, in quanto la Regola non solo

influenzava la vita di paese, ma elargiva anche finanziamenti per erigere gli edifici

sacri. Comunque, già fra il XIII e XIV secolo, quasi tutti i paesi della vallata avevano la

loro chiesetta, ciò era dovuto al fatto che la popolazione viveva in tanti piccoli centri,

alcuni molto scomodi da raggiungere, e da qui la necessità di avere un luogo di culto

vicino. La maggior parte delle chiese di Comelico Superiore sono in stile Tardogotico,

arrivato in Cadore e in Comelico in ritardo rispetto al resto d'Europa ma che perdurò

fino al XVIII secolo. Nel Seicento si ha una leggero passaggio dal gotico al classicismo

con la ristrutturazione di edifici e la costruzione di alcuni ex novo che durò fino al

XVIII secolo per giungere poi al XIX secolo con lo stile neoclassico. Difficile fare una

catalogazione completa ed esaustiva degli edifici, comprese le opere custodite

all'interno di essi, ma i diversi studi fatti sul tema consentono di affermare che la Val

Comelico offre la possibilità di visitare numerose chiese aventi elementi architettonici e

decorativi interessanti e in alcuni casi già facenti parte di un itinerario più ampio40. A

larghe linee, citando gli aspetti artistici e architettonici più noti senza l'intento di essere

38 Molti edifici rurali sono stati soggetto a ristrutturazione, in alcuni casi sono stati mantenute inalterate le caratteristiche originarie mentre altri hanno subito interventi di modifica totale. Edoardo Gellner, noto architetto che lavorò a Cortina d'Ampezzo. Studioso degli edifici rurali locali, già negli anni Ottanta denunciava nel suo studio Architettura rurale nelle Dolomiti Venete il rischio delle ristrutturazioni.

39 In appendice l'elenco delle chiese in Val Comelico40 Fra gli itinerari quello di Andrea Brustolon (Chiesa dei Ss Rocco e Osvaldo a Dosoledo) e quello

Tizianesco (Chiesa di San Pietro nell'omonimo paese)

35

Page 36: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

esaustivi, si ricordano gli affreschi di Gianfrancesco da Tolmezzo nella chiesa di San

Nicolò, l'altare ad opera dello scultore Andrea Brustolon del XVIII secolo nella chiesa

di Dosoledo e la presenza di Domenico Schiavi che segue sul finire dell'Ottocento i

lavori progettati dall'architetto de Fabbro nel XVIII secolo. Di interesse già riconosciuto

sono le due chiese gotiche di Nicolò Roupel, conosciuto in Cadore per la progettazione

di alcune chiesette votive cinquecentesche della “Difesa”, ed in Comelico troviamo

quella dedicata a Sant'Antonio Abate, a Candide, e quella di Casamazzagno dedicata a

San Leonardo. Di architettura più recente è diventata famosa, dopo la messa celebrata

nel luglio del 1987 dal Papa Giovanni Paolo II, quella dedicata alla Madonna delle Nevi

in Val Visdende. Numerose inoltre le cappelle votive costruite in vari periodi a cura

diretta delle famiglie o della popolazione a seguito di promesse e voti. Due, a Santo

Stefano di Cadore, sono molto antiche in pietra di tufo ed una conserva un'antica statua

della Madonna risalente al Quattrocento.41

L'architettura rurale dei secoli scorsi in Cadore, e in particolare nella vallata del

Comelico, è caratterizzata dall'uso del legno e dal sistema costruttivo detto a blockbau

(tronchi o travi sovrapposti orizzontalmente fino a formare delle pareti; l'aggancio è

ottenuto agli angoli dove vengono ricavate delle connessioni che permettono l'incasso e

l'irrigidimento della struttura). Con l'avvento del Rifabbrico (XIX secolo), ovvero la

normativa che imponeva l'uso della pietra nell'edilizia per ridurre il rischio di incendi

che devastavano i paesi quasi tutti fabbricati in legno, in Comelico sono venute meno le

dimore lignee anche se in alcune zone si possono vedere ancora degli esempi42. Il paese

di Costalta, per motivazioni legate al terreno su cui sorge, ha continuato a costruire con

questo materiale anche dopo l'entrata in vigore del Rifabbrico e ad oggi si possono

ammirare una trentina di abitazioni e visitarne una all'interno, la Casa Museo “Angiul

Sài”. Le costruzioni rurali in vallata possono essere condotte a due tipologie: quelle

41 Per le nozioni riguardanti l'architettura sacra si è fatto riferimento al testo di Giovanna Nieddu (1995), Architettura nel Comelico e nella valle di Sappada, Istituto bellunese di ricerche sociali e culturali, dove si trovano informazioni sulle chiese parrocchiali. Un altro testo è la piccola guida turistica della Provincia di Belluno che tratta le chiese e i tesori artistici più importanti della Val Comelico: Ivano Alfarè Lovo, Mario Fait, Daniela Sacco (2004), Tesori d'Arte nelle Chiese dell'Alto Bellunese: Comelico e Sappada, Provincia di Belluno Editore, Tipografia Piave Belluno.

42 Soprattutto nel paese di Costalta e nel Comune di Comelico Superiore si trovano numerosi esempi di questa tipologia di architettura

36

Page 37: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

coincidenti con la dimora abitativa che troviamo nei paesi (ceda) e quella dei cosiddetti

tabiè che, sparsi lungo i prati e sui pendii, caratterizzano il panorama della vallata.

La ceda è la costruzione che si trova nei centri abitati e può essere unifamiliare o

plurifamiliare e prima del Rifabbrico era costruita tutta in legno. Al piano terra troviamo

la cucina, il soggiorno (stua) e ai piani superiori le camere. Il corridoio divide in due la

casa. I tabiè sono degli edifici decentrati rispetto al villaggio e l'alto numero di queste

costruzioni caratterizza il Comelico. La motivazione è legata a fattori morfologici:

queste costruzioni venivano utilizzate per il deposito del fieno e in Val Comelico il

dislivello fra paesi e prati falciabili è ampio e quindi, per evitare gravosi trasporti di

fieno e letame, venivano costruiti lontano dalle abitazioni ma più vicini ai prati. I tabiè

inoltre venivano utilizzati anche in primavera e in autunno per il ricovero dei bovini che

pascolavano ad una quota bassa. Di questo tipo ce ne sono molti in Val Visdende che,

priva di dimore permanenti, vedeva i suoi tabiè abitati da maggio a ottobre. I modelli

più antichi sono costituiti a tronchi grezzi con il sistema blockbau e avevano un

ballatoio ligneo esterno. I tabiè che si vedono ancora oggi sono formati da due o più

stalle in muratura al piano terra e al piano superiore, che è in legno, troviamo gli spazi

per il fieno e uno spazio comune detto erà dove un tempo si battevano i cereali. Molto

spesso si possono vedere anche costruzioni che prevedono la ciasa e il tabiè in un unico

edificio dove la parte destinata al fieno e agli animali era sistemata a nord e quella

abitativa a sud43. Nel paese di Dosoledo, posizionati ad ovest, si possono vedere 11

fienili in fila che sono il risultato del Rifabbrico che obbligò la costruzione di questi

edifici al di fuori dell'abitato.

43 Edoardo Gellner (1988), Architettura rurale nelle Dolomiti Venete, Cortina d'Ampezzo, Dolomiti. Il libro descrive minuziosamente la struttura della casa rurale ceda e del rustico tabiè

37

Page 38: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

La terza tipologia di architettura44 presente in Val Comelico è quella delle dimore

signorili45 che, sebbene in numero non così importante, si caratterizzano per essere sorte

nell'assetto urbano rurale preesistente senza modificarlo. Ci sono da segnalare delle

cosiddette “case di transizione” fra la dimora rurale e quella civile e un esempio si può

riscontrare nella Casa Zandonella-Sarinutto a Dosoledo. La costruzione di abitazioni

completamente in muratura, ispirate alle ville del basso Veneto, coincide con il XVII e

XVIII secolo. Infatti, in questo periodo, si assiste all'ascesa di alcune famiglie che si

arricchirono con il commercio di legname in particolare la famiglia Gera a Candide,

Zandonella a Dosoledo e Poli a San Pietro. Questo tipo di architettura si esprime in

modo semplice, se messa a confronto con le ben più note ville venete, ed è interessante

notare come gli elementi di gusto classicheggiante si innestano in quelli della tradizione

alpina rurale. Nel corso dei secoli numerosi palazzi sono stati demoliti o ristrutturati

perdendo così gli elementi architettonici e la stessa datazione di quelli ancora esistenti è

incerta e difficoltosa da stabilire con precisione. La maggiore concentrazione di queste

dimore si denota nel comune di Comelico Superiore, dove c'era il maggior traffico di

legname, invece l'unica villa riconosciuta ed entrata nel circuito delle Ville Venete è la

villa Poli-De Pol-Sammartini nella frazione di Mare nel comune di San Pietro di

Cadore. Molti di questi edifici sono tuttora di proprietà privata, nonché abitazioni

private, e non è possibile effettuare visite all'interno dove spesso si trovano pregevoli

stucchi e affreschi. Un' eccezione è fatta per il Palazzo Poli-De Pol46 a San Pietro di

Cadore, sede del municipio, che è interamente visitabile e, sempre nel medesimo

comune, la villa inserita nel circuito delle Ville Venete dove è possibile accedere al

piano terra, al parco e alla casa dominicale su appuntamento.

44 L'unico testo di riferimento che tratta ampiamente di questo argomento è il libro di di Giovanna Nieddu (1995), Architettura nel Comelico e nella valle di Sappada, Istituto bellunese di ricerche sociali e culturali

45 In appendice l'elenco degli edifici signorili in Val Comelico46 Patrizia Eicher Clere, Elisabetta Riva De Bettin (1994), Una villa veneta nella ladina dolomitica:

Girolamo Pellegrini e gli affreschi di Palazzo Poli-De Pol a San Pietro di Cadore, Comp Editoriale Veneta s.r.l., Mestre (Ve)

38

Page 39: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

3.2 L'arte in Val Comelico

Le espressioni artistiche di una vallata così isolata e chiusa come la Val Comelico non

annoverano grandi nomi, ma raccontano semplicemente il rapporto degli autoctoni e di

chi si è affezionato al territorio. Diverse sono le attrattive che andrebbero valorizzate ed

inserite in una rete che possa dare visibilità a tutti e che consenta non solo ai locali, ma

anche ai turisti, di poter avere un'offerta diversa. In Val Comelico si contano alcuni

spazi espositivi, molte opere sparse sul territorio ed anche alcune tele di artisti locali.

Molte di esse sono figlie di manifestazioni pensate appositamente per dare vita a

tradizioni artistiche legate alla vallata, mentre alcune sono legate ad eventi o a semplici

iniziative di celebrazione. Lo scopo di questa sezione è di elencare tutte le piccole e

grandi opere che si trovano sparse nei cinque comuni della vallata per avere una

panoramica completa delle potenzialità da valorizzare.

3.2.1 Collezioni ed esposizioni

A quota 1.249 metri, nel paese di Costalissoio, si trova un'esposizione permanente

dell'artista Luigi Regianini conosciuto in loco come il Museo Surrealista “Luigi

Regianini”. La struttura rientra nei locali che lo studio si prefigge di organizzare al fine

di consentire la nascita e lo sviluppo di una rete museale della Val Comelico. Pittore,

scultore e grafico, Regianini nasce a Milano nel 1930 e muore il 27 marzo 2013. Si

diploma in scultura all'Accademia di Belle Arti di Brera, sotto la guida di Francesco

Messina e Giacomo Manzù, ed ha al suo attivo circa 250 esposizioni, fra personali e

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Page 40: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

collettive, in Italia e all'estero. Ha svolto sin dall'inizio la sua ricerca artistica nella sfera

del surrealismo e del fantastico con oltre 1500 opere prodotte in 50 anni di attività,

molte delle quali si trovano presso collezioni private e pubbliche in Italia e all'estero47.

Temi ricorrenti sono la distruzione dell'ambiente naturale da parte dell'uomo,

l'inconscio, la psicologia umana e la violenza. L'ultimo periodo della sua attività

artistica si caratterizza per un surrealismo che mette in luce le tragedie umane attraverso

rappresentazioni macabre molto forti ma allo stesso tempo tristemente ironiche48. Le

Dolomiti sono un'importante fonte di ispirazione ed una delle protagoniste nella

rappresentazione artistica e lo stretto rapporto dell'artista con il Comelico deriva dalle

origini della madre nativa di Costalta, nel comune di San Pietro di Cadore, e dalle

numerose estati passate lì in villeggiatura. Regianini considera la montagna come “la

natura più vera, più cruda, più violenta che sotto certi aspetti trasmette valori e verità

che in pianura sono nascosti. In Comelico è il paradiso per il clima, la marea di abeti e

lascia perplessi chiunque trascorra qualche giornata qui”49. La montagna è carica di

simboli, in molte sue opere infatti le rocce dolomitiche sono antropomorfe e assumono

le fattezze degli uomini; sono gli avi che osservano e vigilano sul presente di dolore e

inquietudine. Particolare è il legame che l'artista ha instaurato con le costruzioni tipiche

rurali della vallata, in dialetto tabiè (fienili). Il desiderio di rappresentare queste

costruzioni rurali nasce nella residenza milanese dove il richiamo alle origini si fa più

forte. Per questo i tabiè sono raffigurati in molte opere: un desiderio atavico che prende

forma nell'universo surrealista e che fanno da contorno a molti soggetti ambientati in

paesaggi montani. Regianini inoltre ha acquistato due tabiè a Costalta per restaurarli ed

uno l'ha affrescato: “Molti paesi inaugurano musei sugli attrezzi del passato, mentre io

ritengo che i fienili siano la vera opera d'arte che parla direttamente all'uomo perché

contiene vite vissute”.50 Nel 2004 viene inaugurato a Costalissoio lo spazio espositivo

permanente messo a disposizione dalla Regola dove sono ospitate diverse opere donate

47 Per una panoramica più dettagliata si rimanda al catalogo Luigi Regianini Catalogo (2000), Surrealismo di Regianini: l'immaginario nel profondo reale, Milano, Brama Arte

48 Il libro Luigi Regianini Catalogo (2006), Surrealismo di Regianini: opere inizio terzo millennio 2000-2006 d.C., Milano, Logos, raccoglie le opere di questa fase

49 Stefano Vietina (2011) Regianini Tramonti e Abissi, Corriere delle Alpi 20 agosto 2011, Belluno, pag.33

50 Stefano Vietina (2011), video Luigi Regianini, un pittore surrealista sulle Dolomiti, dolomitichannel su You Tube

40

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da Regianini51. Il museo è disposto su tre spazi: “Local Art”, “Harmony Art” e “Horror

Art”. Il primo spazio accoglie il visitatore e si trovano opere che raccontano la vallata.

Sono esposti i quadri che raffigurano la leggenda delle ongane, le ninfe giovani e buone

e quelle vecchie e cattive che vivono nei boschi; una rappresentazione dell'incendio

avvenuto a Costalissoio nel 1884; la figura di Andrea Zanzotto che ancora bambino

accompagna il padre a dipingere l'encausto nella chiesa di Costalissoio; un ritratto del

poeta in età adulta cittadino onorario di Santo Stefano di Cadore; il cappellano militare

Don Arnoldo noto per la sua opera di raccolta dei defunti della Grande Guerra in

Comelico e Cadore, un ritratto di Zanzotto cittadino onorario di Santo Stefano52, una

rappresentazione simbolica delle Regole ed infine il ritratto del Papa Giovanni Paolo II,

mentre sosta in un bosco di Costalissoio. Nel secondo settore, una stanza a parte che

comunica con la prima, vi troviamo un “surrealismo dolce con immagini di fiori,

paesaggi marini, montani e interpretazioni della città di Venezia”53. Il terzo settore

ospita le opere che indagano sull'esistenza, soprattutto il tema della morte e dell'orrido.

Lo spazio di anno in anno si rinnova ed accoglie nuove opere che vanno a sommarsi o a

scalzare le precedenti. Lo spazio è gestito dal responsabile Guido Buzzo e da Francesco

Polledri, è aperto nel periodo estivo e su prenotazione durante il resto dell'anno. Non è

accessibile ai portatori di handicap, è presente l'impianto di riscaldamento e

un'illuminazione adeguata anche se lo spazio è troppo piccolo per contenere tutte le

opere. Oltre alle tele esposte presso il museo, numerose sono le altre opere di Luigi

Regianini ospitate in Val Comelico in collezioni private, come quella di Francesco

Polledri che ne possiede circa una cinquantina fra litografie e dipinti54. Nella chiesa di

Costalissoio, a sinistra dell'altare, sono collocate due grandi tele: una raffigurante Gesù

in croce ed una la Madonna di Medjugorje; mentre due crocifissi dipinti su tavola,

incorniciati da edicole lignee, sono posti presso due abitazioni dello stesso paese. Nelle

vicinanze, in località San Lorenzo, si può osservare un grande murale collocato

all'interno di un rustico, sede dell'associazione "Amici di Costalissoio". Due dipinti con

soggetti montani, di proprietà dei Comuni di Santo Stefano e di San Pietro di Cadore,

51 In appendice l'elenco delle opere presenti presso l'esposizione di Costalissoio52 Stefano Vietina (2012), Santo Stefano celebra il legame con Zanzotto, Corriere delle Alpi 9 agosto

2012, Belluno53 Dalla testimonianza raccolta dall'intervista al promotore e responsabile dell'iniziativa, Guido Buzzo54 Queste opere potrebbero costituire un interessante potenziale per creare un'esposizione più ampia

41

Page 42: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

sono visibili rispettivamente nella sala consiliare e nella biblioteca pubblica comunale.

Un'opera su tavola, raffigurante la tragica alluvione avvenuta in Comelico nel 1966, è

esposta nel salone del Museo della Cultura Alpina e Ladina di Padola. Un altro dipinto,

di uguali dimensioni raffigurante un paesaggio cadorino, è collocato e visibile presso la

scuola elementare di Costalta, mentre un ritratto di Papa Giovanni Paolo II, eseguito in

occasione della visita al paese nel 1985, è situato all'interno della canonica. Sempre a

Costalta sono visibili altri tre crocifissi dipinti con edicola lignea. Uno dei quadri più

conosciuti in valle è “Giovanni Paolo II in visita a Costalta” dipinto per il ventennale

della visita del Pontefice polacco ed inserito nell’edicola votiva costruita lungo il

Sentiero del Papa a Costalta. E proprio nella piccola frazione di Costalta si trovano tre

spazi espositivi di artisti locali: uno scultore vissuto negli anni Cinquanta (Anastasio De

Villa Bais), un pittore che visse fino al decennio scorso (Giovanni De Bettin Linch) e lo

spazio di un artista contemporaneo (Giusto De Bettin). Tutti gli spazi sono gestiti

privatamente e con visita su richiesta. Essendo sorti e gestiti con la volontà di non

perdere la memoria è interessante vederli non tanto per la qualità delle opere esposte ma

per scoprire una Val Comelico fatta non solo di natura ma anche di rappresentazioni di

essa. Una parte della casa di Anastasio De Villa Bais55, in Via Villa 12 a Costalta, è stata

allestita per esporre le opere di marmo e alcuni bozzetti in gesso creati negli anni

Cinquanta. Lo spazio rende omaggio all'artista sfortunato che dimostrava di avere

capacità espressive ma che la ristrettezza del paese e della vallata non gli permisero di

esprimere al meglio. Nacque nel 1924 e, ancora ragazzo, già modellava le sue prime

raffigurazioni aiutando il padre, artigiano marmista, nella piccola bottega di Costalta. A

23 anni si trasferì a Carrara presso le cave di marmo dove frequentò la locale Scuola

d'Arte, affinandosi nella tecnica scultorea. “Ritornato nella natia Costalta con la ferma

intenzione di dedicarsi completamente alla scultura, si trovò invece ben presto coinvolto

e oppresso dalle semplici, ma indispensabili necessità della quotidiana sopravvivenza,

disperdendo le sue doti artistiche in un difficile e sofferto rapporto con i paesani (che

mai capirono o accettarono i comportamenti e le idee di Anastasio). Così il De Villa si

sentiva sacrificato, costretto alla sola misera lavorazione di lapidi e statuette cimiteriali,

55 Gruppo musicale Costalta (1992), Anastasio De Villa, Omaggio ad un artista, Edizioni Gruppo Musicale Costalta

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Page 43: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

in uno spazio artistico e culturale angusto, monotono assai limitato.”56 Sofferse talmente

per questa situazione che venne ricoverato nella clinica psichiatrica di Feltre e dalla

quale ne uscì solo morto all'età di 68 anni. La bottega-laboratorio dell'artista è rimasta

intatta e visitabile: vi sono conservati gli attrezzi, alcune opere finite e altre incompiute,

autoritratti, busti, bassorilievi e statue. Troviamo poi lo studio di Giovanni De Bettin

Linch (1923-2006) "Tra le persone che spiccano per impegno ed intraprendenza dando

lustro alla propria terra, va ricordato Giovanni De Bettin Linc, pittore accademico di

fama internazionale, fine poeta, cantore della ladinità comeliana. Nell'atelier di Costalta

c'è una mostra permanente delle sue opere"57. Quest'artista si distinse in vallata per le

opere paesaggistiche e ritrattiste che si trovano in tutta la Val Comelico. Il terzo spazio

espositivo è il tabiè di Giusto De Bettin dove l'artista espone ancora oggi le sue opere.

Interessante è lo spazio ricavato in una tipica costruzione rurale quale il tabiè come

luogo d'arte, l'incontro fra la tradizione passata e la produzione artistica locale.

La disorganizzazione e il disinteresse per l'arte che caratterizza molto spesso la Val

Comelico non hanno permesso una seria né accurata ricognizione di tutti i prodotti

artistici del luogo. Si conoscono i nomi di molti artisti che hanno operato qui, sia

autoctoni che esterni, e molte delle loro opere sono sparse in Val Comelico. Si ricordano

in particolare Romana d'Ambros58, Tita Saler, Pio Solero e molti altri dediti soprattutto

al paesaggio e al ritratto59. Caso a parte lo scultore Geremia Grandelis divenuto famoso

all'estero soprattutto per il suo monumento a Lincoln nella città di Washington. A

Campolongo, paese natale, è possibile vedere una stele dedicata a questo artista che

purtroppo non è stato valorizzato e alcune sue opere sono presenti presso la sede

comunale di Santo Stefano di Cadore60. Se fosse possibile raccogliere tutte le opere

presenti in Val Comelico dei vari artisti, che sono ancora conservate presso privati

oppure in sale pubbliche, sarebbe possibile creare uno spazio che racconta la Val

56 Nella guida a cura di Italo Zandonella Callegher e Mario Fait (1997), Escursioni Comelico e Sappada,CIERRE Edizioni, si trovano gli approfondimenti su queste piccole esposizioni locali

57 Ibidem58 Nell'estate 2013 si celebra il centenario della nascita di Romana D'Ambros con una mostra59 Diverse biografie di artisti autoctoni si trovano nell'articolo a cura di Mario Fait (2008), Pittori di

montagne...comelicensi, in La grande Cordata per le montagne bellunesi a cura di Italo ZandonellaCallgher e Loris Santomaso, Grafiche Antiga, Crocetta del Montello (TV)

60 Una biografia e delle opere di Geremia Grandelis si trovano nell'appendice del libro Dizionario deldialetto ladino e omaggio a Geremia Grandelis a cura di Germano De Zolt, Istituto bellunese diricerche sociali e culturali, 1986, Stampa Castaldi, Feltre.

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Page 44: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

Comelico attraverso il lavoro modesto, ma pur sempre interessante, degli artisti che si

sono ispirati qui. Uno spazio pedagogico per sensibilizzare i locali e che offra al turista

una panoramica della valle attraverso gli occhi degli artisti che vi hanno operato.

3.2.2 Vico Calabrò e Augusto Murer: piccoli luoghi d'arte

Nella vallata si trovano anche altre piccole espressioni artistiche che da sole non

possono offrire molto ma, inserite in una fruizione più ampia a rete, possono fare parte

di un percorso alla scoperta del Comelico attraverso l'arte. In Val Comelico ci sono due

opere di Augusto Murer61: a Costalissoio (Santo Stefano di Cadore), in Piazza SS.

Trinità, è presente una statua rappresentate la Patria. L'opera, dedicata ai caduti di

Costalissoio, è stata inaugurata il 6 novembre 1955 e presenta tre altorilievi: Madre e

Caduto, Cristo tra i Caduti e Soldato e Commilitone ferito. Nel paese di Costalta (San

Pietro di Cadore) troviamo l'opera in bronzo intitolata all'alpino che raffigura l'omonimo

“Sergente della neve” del racconto di Mario Rigoni Stern.

Altro artista è l'affreschista Vico Calabrò62 che si presenta con diverse opere di cui due

61 Augusto Murer (Falcade 21 maggio1922 - Padova,11 giugno1985) Scultore italiano della seconda metà del Novecento, si distinse con un'ampia produzione artistica legata a temi di impegno civile ma anche alla ricerca del senso profondo dell'esperienza umana. A Falcade (BL) l'Associazione Erma gestisce il Museo Augusto Murer dedicato all'artista

62 I dipinti murali eseguiti in Val Comelico e visibili sono a Santo Stefano di Cadore presso Casa Pellizaroli “Vita al terzo piano” 1967 e “Arianna in cantina” del 2004 presso il Monaco Sport Hotel.

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Page 45: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

in spazi pubblici. A Costalissoio troviamo “Il Cristo dei Regolieri” eseguito nel 1994:

donato alla Regola dallo stesso artista, l'affresco raffigura le attività agro silvo pastorali

che caratterizzano l'istituzione regoliera. Queste tre realtà vengono inserite nel contesto

paesano con la raffigurazione della Chiesa, della Malga Pramarino e di Malga

Campobon, il tutto sovrastato da un luminosissimo Cristo. Il secondo affresco risale al

1981 e si trova nel Museo della Cultura alpina e Ladina di Padola. È un'opera di circa

35 mq raffigurante alcuni aspetti della vita della popolazione del Comelico e del

fenomeno dell'emigrazione con riflessioni iconiche su aspetti leggendari e folcloristici

della tradizione locale. Il terzo affresco, eseguito nell'estate del 2012, si trova nella

cellula museale de “La Stua” a Padola dove ha rappresentato tutte le fasi del lavoro che

precedevano la spedizione del legname: come si lavorava il bosco, il taglio degli alberi,

la preparazione dei tronchi, il loro trasporto fino al torrente Padola con le slitte trainate

da cavalli e infine la fluitazione63.

3.3 Eventi Artistici in Val Comelico

Nella Val Comelico si individuano due eventi artistici che si caratterizzano per la

cadenza annuale e per l'organizzazione ben strutturata. Non si parla solo di semplici ex-

tempore o simposi, ma di manifestazioni locali con artisti “esterni”, dove l'arte trova un

forte legame con il territorio e viene prodotta e pensata per rimanere nella valle con

specifici intenti. Da Costalta, dove la scultura contemporanea punta a valorizzare

l'architettura rurale, al progetto più ampio del Trittico di Pittura Dolomitica che si pone

l'obiettivo di unire tutta la Val Comelico attraverso l'interpretazione artistica di

professionisti del settore sotto la direzione di Vico Calabrò, celebre affreschista già noto

per il lavoro nel paese dei murales, Cibiana di Cadore.

A Costalissoio “Il Cristo dei Regolieri” del 1994 nella Sala della Regola; a Costalta nel 1996 “Caccia col flauto” in Villa De Bettin e a Dosoledo presso la Chiesa Parrocchiale “Via Crucis” 1966 e nel 2000presso il Tabià Callegher due acrilici su intonaco. A Padola presso il Museo della Cultura Alpina e Ladina “Padola di una volta” del 1981 e nel 2012 nella cellula museale della Stua rappresenta la fasi del taglio del legname per il quale si fa riferimento all'articolo di Stefano Vietina (2012) Nella Stua di Padola Vico Calabrò racconta il taglio del bosco, Corriere delle Alpi 7 luglio 2012, Belluno

63 Stefano Vietina (2012) Nella Stua di Padola Vico Calabrò racconta il taglio del bosco, Corriere delle Alpi 7 luglio 2012, Belluno

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Page 46: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

3.3.1 Costalta “Paese d'Arte”

Il legno è da sempre una risorsa per la sussistenza degli abitanti della Val Comelico e di

questo materiale, fino a poco tempo fa, venivano costruite tutte le strutture adibite al

riparo di uomini e animali. Costalta, nel Comune di San Pietro di Cadore, è un piccolo

paesino sorto sulle pendici del Monte Zovo. Causa la difficoltà di reperire altri

materiali, l'edificazione nel paese si è caratterizzata per l'abbondanza nell'uso della

risorsa boschiva. Altro motivo per il quale le costruzioni sono prevalentemente lignee,

eccetto il piano basale in muro, sta nel fatto che garantiscono maggiore stabilità sulla

pendenza precaria del suolo dove si trova Costalta: ovvero una casa di legno significa

minor carico sul terreno ed eliminazione dei rischi di lesione, come risulta dagli studi

dell'architetto Edoardo Gellner64. Per queste motivazioni a Costalta si continuò anche

dopo la messa a bando del legno (introdotta per scongiurare il rischio di incendi secondo

le normative del Rifabbrico) a costruire con questo materiale. L'importanza riservata

alle abitazioni e alla prevenzione del rischio d'incendio si tradusse in passato

nell'istituzione della figura di guardia notturna, voluta della Regola, e in attività fino agli

anni Cinquanta. Questa persona aveva il compito di girare la notte lungo le stradine del

paese al fine di garantirne la sicurezza e nel caso di incendio di avvisare la popolazione.

Ad oggi nel paese di Costalta rimangono una trentina di abitazioni che si sono salvate

64 Edoardo Gellner (1988), Architettura rurale nelle Dolomiti Venete, Cortina d'Ampezzo, Dolomiti

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Page 47: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

dagli incendi e dall'edilizia moderna, soprattutto negli anni Cinquanta e Sessanta, dove

le case lignee venivano abbattute per far posto a quelle di mattoni. Per questi edifici

l'associazione CostaltArte, costituita da volontari, ha ideato la manifestazione “Una

statua di legno, in una casa di legno, in un paese di legno” tenutasi dal 2000 al 2011.

Diretta artisticamente per i primi cinque anni da Gianni Pezzei e poi da Enzo Santese,

questa iniziativa si prefiggeva di abbinare ad ogni casa antica una scultura di legno di un

artista contemporaneo. Nella settimana antecedente la festa della patrona Sant'Anna, nel

mese di luglio, venivano chiamati tre scultori che eseguivano un'opera all'aperto nei

pressi della casa su cui poi sarebbe stata collocata65. Fra gli artisti e le case vi nasceva

una relazione stretta in quanto gli scultori venivano messi al corrente della storia e delle

peculiarità di quella abitazione per la quale dovevano creare l'opera. Molti si sono

attenuti agli spunti e hanno preso ispirazione da essi, mentre altri si sono affidati alla

libertà creativa. Ne è uscito un repertorio di statue lignee, ed anche di altri materiali, che

possiamo raggruppare in tre categorie: opere didascaliche e di impronta realista, opere

di impronta poetica ispirate alla casa ed opere simboliche legate al paese e ai suoi

aneddoti. Enzo Santese, direttore artistico dell'evento, descrive bene questo rapporto fra

arte, architettura e vita locale: “La scultura vive della sua intrinseca realtà e di quella del

sito dove è installata, caricandosi dell'influsso delle vicende e delle abitudini che hanno

caratterizzato questi luoghi. Le opere sono pensate e realizzate con specifico riferimento

alla casa dove appaiono in questo museo a cielo aperto”66 e “il ruolo della scultura non è

quello di momentaneo decoro in una situazione espositiva a tempo, ma di una

connessione diretta tra opera plastica e ambiente in cui è nata.”67 Il patrimonio artistico

prodotto per l'evento “Una statua di legno, in una casa di legno, in un paese di legno” è

di proprietà della Regola di Costala per il quale, come per tutti i suoi beni, vige

l'inalienabilità e l'indivisibilità. L'evento è stato possibile grazie ai contributi della

Regola di Costalta, di Mario De Villa Palù imprenditore appassionato di arte

contemporanea e di tutti i volontari e gli abitanti del paese. “Costalta non è un asettico

contenitore espositivo, ma un agglomerato urbano in cui, accanto alle persone che

fisicamente si muovono nelle vie del paese, una trentina di sculture “dialogano” in

65 In appendice l'elenco delle opere66 Associazione CostaltArte (2005), Costalta: un paese di legno, San Vito di Cadore, Grafica Sanvitese67 Ibidem

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Page 48: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

silenzio con le evidenze architettoniche e suggerisce al viandante un momento di

riflessione sulle condizioni dell'ambiente e delle sue prospettive.”68 (Enzo Santese).

L'isolamento geografico del paese, oggi molto ridotto rispetto ad un tempo, ha

comunque portato gli abitanti del paese ad essere molto legati e a crearsi luoghi e

associazioni di svago e produzione artistica in numero molto più altro rispetto agli altri

paesi della vallata meno isolati e centrali. Parlando con Michele Casanova Crepuz,

fotografo e volontario nelle varie attività del paese, si scopre che Costalta annovera da

sempre un numero proporzionalmente alto di persone che svolgono l'attività di

insegnante a tutti i livelli scolastici sin da quando se ne ha memoria. Sarà per questo che

il paese vede tante attività diverse, come il Gruppo Musicale di Costalta dedito alla

stesura e alla messa in scena di opere in lingua ladina oltre all'associazione CostaltArte,

e quindi una sensibilità maggiore verso le espressioni artistiche riconosciute e fonte di

orgoglio per la comunità locale. Infatti un cartello in legno, alle porte del paese,

accoglie i visitatori con: “Benvenuti a Costalta Paese d'Arte”. Lucio Eicher Clere,

giornalista e abitante di Costalta, spiega che “la scelta fatta a Costalta di puntare sull'arte

per dare qualità alla vita ed alle relazioni umane dentro al piccolo circuito di contatti

non sempre pacifici, è una strada ideale che possono percorrere i paesani ed anche i

frequentatori occasionali del paese sulle pendici del Monte Zovo. Dieci anni di simposi

di scultura hanno diffuso tra le case del paese semi di riflessione e di poesia, che ci si

augura possano maturare negli anni e nelle generazioni future”69

Finite le case antiche l'Associazione CostaltArte ha proseguito il progetto di

valorizzazione dell'architettura del paese con un nuovo evento artistico. Nato nel 2012

l'evento “LeggendAriaMente” si prefigge di valorizzare la passeggiata che da Costalta

porta alla località “La Siega” sulla strada per Forcella Zovo. Ideata da Martina

Casanova Fuga con direttore artistico Avio De Lorenzo, la manifestazione prevede che

le opere vengano create e collocate in prossimità dei diversi fienili che costellano il

sentiero. Ad ispirarne la creazione sono tre leggende per ogni edizione e la scultura

prodotta viene corredata del testo della leggenda di riferimento. Il nome

"LeggendAriaMente", spiega Martina Casanova Fuga70, è composto da tre elementi: la68 Lucio Eicher Clere, Enzo Santese (2009), Costalta, sculture nelle case di legno, Trieste, Edizioni

Antony69 Ibidem70 Testimonianza raccolta dall'intervista raccolta nel mese di febbraio 2013

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Page 49: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

leggenda, l'aria e la mente. Leggenda perché ogni anno verranno scelte tre leggende. Ad

ogni artista verrà assegnata una leggenda che potrà interpretare liberamente e vengono

chiamati scultori capaci di lavorare materiali differenti e non solo con il legno. Aria

perché le sculture vengono poste in prossimità di tre fienili, si troveranno quindi

all'esterno "all'aria". Mente perché questo nuovo percorso artistico, alle porte del paese

di Costalta, permetterà a chiunque di immergersi completamente nella realtà montana.

“La scelta di un’unica parola che racchiudesse in sè tre realtà” continua Martina

Casanova Fuga, “è dovuta al fatto che leggenda, aria e mente sono tre realtà che

contraddistinguono gli abitanti di Costalta e Costalta stessa. Il logo [un albero con rami

arricciati con appesi dei fogli ndr], elaborato da Michele Casanova Crepuz, vuole

trasmettere in modo semplice e immediato il concetto di leggende (i fogli appesi ai rami

di questo imponente albero) sospese tra i rami, appunto, nell’aria. L’intricato groviglio

di rami, invece, rappresenta la mente umana, e, di conseguenza, l’importanza che le

fiabe, favole e leggende hanno per ciascuno di noi. L’aria è caratterizzata dal colore

azzurro dello sfondo. Questo albero è ben saldo, le sue radici, che non si vedono, lo

legano alla terra. Sotto quest’albero vogliamo pensare che ci sia Costalta, come base,

come partenza, come radici di un tempo passato, presente e futuro.” La scelta delle

leggende come fonte di ispirazione e legante è avvenuta in quanto sono comprensibili e

accessibili a tutti oltre ad essere un argomento che attira l'attenzione. Le leggende

vengono proposte e scelte dai membri dell’Associazione CostaltArte; devono essere

attinenti alla realtà montana e nello specifico una leggenda viene scelta perché legata in

generale alla montagna, un’altra alle Dolomiti e la terza riguarda strettamente la vallata

comelicense. Diversi inoltre gli eventi collaterali associati all'evento come il concorso di

poesia e le mostre nello spazio espositivo nel fienile della Casa Museo “Angiul Sai”.

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Page 50: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

3.3.2 Arco d San Marco - Trittico di Pittura Dolomitica

L'evento artistico Trittico di Pittura Dolomitica nasce nel 2011 da un'idea di Lucio

Eicher Clere accolta dal Consorzio Turistico Val Comelico Dolomiti. L'intento

dell'evento, che coinvolge tre artisti professionisti scelti dal direttore artistico Vico

Calabrò, è quello di dare vita ad una tradizione pittorica ispirata alla vallata. Ogni anno,

nel mese di agosto per due giornate, vengono invitati tre artisti che dipingono ognuno

un panello di circa 1,50 x 3 metri nella cornice di una borgata sconosciuta della Val

Comelico71. A rotazione, per ogni edizione, viene cambiata la location con l'intento di

coinvolgere e unire i cinque comuni presenti in Comelico. Le tre opere rimangono

esposte fino all'edizione successiva a Santo Stefano di Cadore, sotto le arcate del

Palazzo del Municipio nella Piazzetta dell'Emigrante, per poi essere collocate in diversi

luoghi predisposti sempre nella vallata. Il nome dell'evento è composto da una parte in

ladino Arco d San Marco che significa “arcobaleno”. Ed è proprio questo arco che, nel

logo disegnato da Vico Calabrò, si proietta verso il futuro e traccia una strada variopinta

per l'avvenire di questa valle. L'arco rappresenta anche metaforicamente il legame fra le

borgate più nascoste della Val Comelico ed il suo centro, Santo Stefano, che vengono

uniti da una tradizione pittorica ispirata alle montagne circostanti. “Più che direttore

artistico della manifestazione”, spiega Vico Calabrò, “mi sento commissario unico, un

selezionatore insomma: mi è stato chiesto di scegliere la squadra, con la precisa

71 In appendice l'elenco delle opere

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Page 51: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

indicazione che fossero pittori professionisti. Ho fatto la mia scelta senza vincoli di

alcuna natura e confido di poter allargare negli anni prossimi il raggio geografico,

invitando anche qualche artista dall'estero, perché per il Comelico è utile importare

cultura, non sentirsi autosufficiente”72. L'iniziativa cerca di coinvolgere le popolazione

locale, soprattutto le associazioni e i cultori di arte, oltre ad essere concepita come

evento di attrattiva turistica. Le stesse opere vengono fatte con l'intento di dare un

messaggio di forte legame fra l'arte e la vallata e questo legame passa proprio attraverso

chi l'arte la crea e chi poi la osserva: un evento dagli intenti pedagogici volto ad educare

l'autoctono ad apprezzare ancora di più il territorio dove vive attraverso le espressioni

artistiche di professionisti non autoctoni che vedono e interpretano la Val Comelico con

occhi diversi. Per la prima edizione, tenutasi nell'agosto del 2011, erano presenti gli

artisti Stefano Jus, Fabio Di Lizio e Aurelio Fort. Nella cornice della piccola borgata si

Sopalù, comune di Comelico Superiore, sono state create due delle tre opere (la terza

per motivi tecnici è stata fatta nello studio dell'artista Fort, comunque residente in

Comelico). Nella spiegazione delle stesse opere emerge l'intento di dare vita ad un

messaggio di connubio fra arte e paesaggio montano. Fabio Di Lizio, artista abruzzese,

ha titolato proprio Sopalù la sua opera: “e vi ho inserito i nomi degli otto abitanti di

questo piccolo borgo in segno di riconoscenza per come ci hanno accolti. Ma anche per

riaffermare che le Dolomiti vivono per le loro montagne, ma anche per i loro abitanti.”73

La seconda edizione dell'estate 2012 vede ampliarsi il cerchio degli artisti con altri tre

professionisti e con altrettante opere, alcune molto astratte e non subito intuitive.

Giorgio Celiberti, conosciuto nel panorama artistico contemporaneo, porta l'opera Inno

alla Gioia; il cadorino Maurizio De Lotto compone l'opera Portatore di Nuvole e

Domenico Scolaro, vicentino, dipinge e incolla i Segni del Tempo74. Tutte le opere

create rimangono in Val Comelico (gli artisti comunque possono disporne liberamente)

e dopo il primo anno di esposizione presso il Municipio di Santo Stefano, verranno

collocate in diversi luoghi nella vallata. Non è possibile ancora trarre delle conclusioni

72 Stefano Vietina (2011) L'arte della pittura abbraccia la valle del Comelico, Corriere delle Alpi 30 agosto 2011

73 Ibidem74 In particolare si veda il sito tritticodolomitico.blogspot.com e gli articoli di Stefano Vietina (2012)

Giorgio Celiberti all'Arco d San Marco, Corriere delle Alpi 18 agosto 2012, Belluno, pag 31 e Celiberti, De Lotto e Scolaro in piazza, Corriere delle Alpi 28 agosto 2012, Belluno, pag 31

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Page 52: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

sul Trittico di Pittura Dolomitica in quanto è un evento ancora troppo acerbo ed è in

procinto la preparazione della terza edizione (agosto 2013). La manifestazione però

persegue degli obiettivi interessanti nei confronti della Val Comelico e in particolare nel

panorama dell'espressione artistica contemporanea applicata a questa realtà. C'è ancora

molto da lavorare per far interagire in modo più proficuo la popolazione autoctona e i

limiti si riscontrano nella impreparazione e incapacità di accogliere e cogliere i

messaggi dell'arte contemporanea ispirata alla Val Comelico. L'obiettivo finale è di

raggiungere almeno le 10 edizioni per poter avere una collezione di 30 opere esposte in

tutta la valle e che consentano la creazione di un percorso artistico ed eventualmente la

possibilità di esporre le stesse al di fuori della vallata per una mostra.

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Page 53: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

Appendice 1

Trói dli Mascri (Sentiero delle Maschere), 2003, Dosoledo

Pannello di inizio percorso Robertino D'Ambros De F.Gruppo di Ricerche Culturali

Al Paiazu (Il pagliaccio) Fabiano De Martin T.

Vistizion dal lachè (Vestizione del lachè) Mario Zandonella M.

Fol, violin e basson (I musicanti) Manuel De Lorenzo B.Luigi De Martin D'O.Marco De Lorenzo T.

Copiä da bel (Coppia da bello) Andrea D'Ambros De F.

Copiä da veciu (Coppia da vecchio) Jacopo Sacco C.Claudio Sacco P.

Totem dal carnaval (Totem del carnevale) Stefano Zandonella G.

Matazin e lachè Erminio Carbogno

Al paiazu (Il pagliaccio) Robertino D'Ambros De F.

Al bacan (Il contadino) Daniel Zambelli G.

Al Cristu dal tasson (Il Cristo nella catasta di legna)

Aldo De Martin T.

Al maestär e i canai (Il Maestro e gli scolari)

Alberto Gasperina G.Marco BassanelloStefano D'Ambros De F.Giacomo Festini C.Matteo Festini P.Gianluca Maroè

Femnä col dèi (Donna con la gerla) Giancarlo De Lorenzo F.

Purtà fion (Portare il fieno) Daniele Zandonella N.

La liodä (La slitta) Alberto Gasperina G.

Trói dli Tradizion (Sentiero delle Tradizioni), 2004, Candide-Dosoledo

Scultura di inizio percorso Aldo De Martin T.

Famei regulieri (Famiglie regoliere) Gruppo Ricerche Culturali

Segni d cedä, nodi (Marchi di famiglia) Alberto Gasperina G.

Al carnaval (Il carnevale) Caludio Sacco P.Jacopo Sacco C.

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Page 54: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

Al varsoi (Il fendineve) Dino Zandonella

La bandä (La banda) Michele De Martin T.

La Serenatä (La serenata) Manuel De Lorenzo B.

Mèdä caredmä (Mezza quaresima) Dino Zandonella

La stuä (Il tinello) Luigi De Martin D'O.

Al purzel d sant Antoni (Il maiale di S. Antonio) Dino Zambelli D.

Sabdä santu (Sabato santo) Daniele Zandonella N.

La fierä (La fiera) Giancarlo De Lorenzo F.

I cuscriti (I coscritti) Avio De Lorenzo B.

L altalenä e al tacu (L'altalena e lo slittino)

Matteo Festini P.Marco BassanelloGiacomo Festini C.

L emigrazion (L'emigrazione) Andrea Zandonella S.

L ardoiä (La strega) Mario Zandonella M.

I ciampanòti (Lo scampanio) Marco De Lorenzo T.

I ponpieri (I pompieri) Robertino D'Ambros De F.

Al larin (Il focolare) Andrea D'Ambros De F.

La purtission (La processione) Erminio Carbogno

Scultura di fine percorso Chiara Osta

Trói di Bacani (Sentiero dei Contadini), 2005, Casamazzagno-Dosoledo

Scultura di inizio percorso Aldo De Martin T.

Siè su legni (Segare la legna) Aldo De Martin T.

Femnä ch filä (Donna che fila) Stefano D'Ambros De F.

Al bolcu e la veidä (I pastori) Fabiano De Martin T.

Purtà al fion a tabiè (Trasporto del fieno) Alberto Gasperina G.

Gramulà al lin (Gramolare il lino) Robertino D'Ambros De F.

Mèdi la sielä (Mietitura della segala) Avio De Lorenzo B.

Bat la fauzi (Battitura della falce) Aldo De Martin T.

Còi al lin (Tostare il lino) Robertino D'Ambros De F.

Guzè la fauzi (Affilare la falce) Andrea D'Ambors De F.

Fei fion (Fienagione) Robertino D'Ambros De F.

Còi fonghi (Raccolta dei funghi) Giacomo Festini C.

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Page 55: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

Giavà patati (Raccolta delle patate) Dino Zandonella

Mondi la vaciä (Mungitura della mucca) Matteo Festini P.

Mondi la ciaurä (Mungitura della capra) Marco Bassanello

Al batadoi (Il correggiato) Stefano D'Ambros De F.

Bacanä co i fis (Contadina con i figli) Andrea Zandonella S.

Fei ontu (Fare il burro) Claudio Sacco P.

Fei furmai (Fare il formaggio) Marco De Lorenzo T.

Scalà li tai (Avvallare i tronchi) Dino Zambelli D.

La cezä (La caccia) Erminio Carbogno

Taiè li pianti (Abbattere le piante) Daniele Zandonella N.

Tol agä (Prendere l'acqua dalla fonte) Chiara Osta

Dli man dla terä (Nelle mani della terra) Stefano Zandonella G.

Siè li vari (Sfalcio dei prati) Giancarlo De Lorenzo F.

Giustè deis (Riparare gerle) Giancarlo De Lorenzo F.

Fei pulentä (Fare la polenta) Dino Zandonella

Arà l cianpu (L'aratura) Mario Zandonella M.

Scultura di fine percorso Avio De Lorenzo B.

Trói di Mistieri (Sentiero dei vecchi mestieri), 2006, Dosoledo-Padola

Al totem (Il totem) Stefano Zandonella G.

Al carpentier (Il carpentiere) Marco De Lorenzo T.

Al sartu (Il sarto) Avio De Lorenzo B.

Al marangon (Il falegname) Andrea D'Ambros De F.

Al clonpär (Lo stagnino) Alberto Gasperina G.

Al pistor (Il panettiere) Daniele Zandonella N.

L'osti (L'oste) Fabiano De Martin T.

Al scuarador (Lo squadratore di travi) Mario Zandonella M.

Al mulinè (Il mugnaio) Erminio Carbogno

Fei dèis (Fare gerle) Caludio Sacco P.

Al murador (Il muratore) Giacomo Festini C.

Al scarper (Il calzolaio) Matteo Festini P.

Al bacan (Il contadino) Luigi De Martin D'O.

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Page 56: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

Al fauru (Il fabbro) Dino Zambelli D.

Al mulètä (L'arrotino) Dino Zandonella

La stuä (La diga di Padola) Luigi De Martin D'O.

Appendice 2

Opifici, Mulini e Segherie

Valgrande (Comelico Superiore) Segheria Stanuovo Polacco

Padola (Comelico Superiore) Segheria Comunale Mojè

Padola (Comelico Superiore) Segheria Zandonella-Amati

Padola (Comelico Superiore) Mulino De Martin Topranin

Dosoledo (Comelico Superiore) Mulino “De Berto”

Lacuna (San Nicolò di Comelico) Mulino, Fucina, Segheria De Bernardini

Campitello (San Nicolò di Comelico) Segheria Costan

Sega Digon (Comelico Superiore) Segheria Comunale

Casada (Santo Stefano di Cadore) Mulino e Segheria De Rigo-Giacobbi

Santo Stefano di Cadore Segheria De Mario

Casada (Santo Stefano di Cadore) Mulino e Segheria De Rigo-Giacobbi

Costalta (San Pietro di Cadore) Fucina-Mulino De Villa Gotter

Appendice 3

Chiese in Val Comelico

Padola (Comelico Superiore) Chiesa di San Luca

Padola (Comelico Superiore) Chiesetta Madonna delle Grazie

Padola (Comelico Superiore) Chiesetta di Sant'Anna

Dosoledo (Comelico Superiore) Chiesa di San Rocco e Osvaldo

Dosoledo (Comelico Superiore) Chiesetta di Santa Elisabetta

Casamazzagno (Comelico Superiore) Chiesa di San Leonardo Nuovo

Casamazzagno (Comelico Superiore) Chiesetta di San Leonardo Vecchio

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Candide (Comelico Superiore) Chiesa di Santa Maria Assunta

Candide (Comelico Superiore) Chiesetta di Sant'Antonio Abate

Sega Digon (Comelico Superiore) Cappella Caduti di Cima Vallona

San Nicolò di Comelico Chiesa di San Nicolò

Gera (San Nicolò di Comelico) Chiesetta di SS. Trinità e Santa Giulia

Costa (San Nicolò di Comelico) Chiesa di San Daniele

Campitello (San Nicolò di Comelico) Chiesetta del Sacro Cuore

Danta di Cadore Chiesa di San Rocco e Sebastiano

Danta di Cadore Chiesetta di Santa Barbara

Santo Stefano di Cadore Chiesa di Santo Stefano

Santo Stefano di Cadore Chiesetta Madonna delle Grazie

Casada (Santo Stefano di Cadore) Chiesa di San Lorenzo e Osvaldo

Costalissoio (Santo Stefano di Cadore) Chiesa SS. Trinità

Campolongo di Cadore (S. Stefano di Cadore) Chiesa di San Filippo e San Giacomo

Campolongo di Cadore (S. Stefano di Cadore) Chiesetta della Madonna della Difesa

San Pietro di Cadore Chiesa di San Pietro

Costalta (San Pietro di Cadore) Chiesa di Sant'Anna

Valle (San Pietro di Cadore) Chiesa San Francesco d'Assisi

Presenaio (San Pietro di Cadore) Chiesetta San Volfango

Val Visdende Chiesa Madonna della Neve

Appendice 4

Case Padronali

Dosoledo (Comelico Superiore) Palazzo Zandonella-Dall'Aquila

Dosoledo (Via Nellere) Palazzo Zandonella-Dall'Aquila

Dosoledo (Via Risorgimento) Palazzo Zandonella-Dall'Aquila

Dosoledo (Comelico Superiore) Casa Zandonella-Sarinutto

Candide (Comelico Superiore) Casa Monti-Giacobbi

Candide (Comelico Superiore) Casa Gera

Gera (San Nicolò di Comelico) Casa Vettori

Campitello (San Nicolò di Comelico) Casa De Mario

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Santo Stefano di Cadore Palazzo Pellizzaroli-Janesi

Santo Stefano di Cadore Palazzo Pellizzaroli

San Pietro di Cadore Palazzo Poli-De Pol

Mare (San Pietro di Cadore) Palazzo Poli-De Pol Sammartini

Appendice 5

Esposizione Luigi Regianini

Sala “Local Art”

Le vecchie Ongane Olio su tela

Le giovani Ongane Olio su tela

L'incendio di Costalissoio del 1884 Olio su tela

Don Arnoldo – L'angelo dei caduti Olio su tela

La “pausa” papale Olio su tela

Il poeta Andrea Zanzotto Olio su tela

Ritratto del Poeta Andrea Zanzotto (Costalissoio 1992)

Olio su tela

Manifesti Vari di Esposizioni

Sala “Harmony Art”

Fantasia veneziana Olio su tela 60x40

L'albero della gelosia Olio su tela 40x30

Fiori, Frutta e Verdura Olio su tela 40x50

L'appuntamento Olio su tela 40x30

L'aquilone azzurro Olio su tela 60x40

Vento sul mare Olio su tela 60x40

Mare mosso Olio su tela 40x30

Il passo dei santi Olio su tela 40x30

Vento di primavera Olio su tela 19,5 x29,5

La pausa Olio su tela 19,5x29,5

Il tamponamento Olio su tela 40x30

Lo scavo Olio su tela 60x40

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Page 59: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

La rosa sul lago Olio su tela 40x30

Il valico del pianto Olio su tela 40x30

Sala “Horror Art”

Chiesetta di periferia Olio su tela 50x50

Deposizione 1991 Olio su tela 50x50

Ore 17 e 10 Olio su tela 50x50

Sopportazione Olio su tela 50x50

La fine del carnevale Olio su tela 50x50

L'ultimo volo Olio su tela 70x50

Notte insonne nella torre Olio su tela 50x50

Il cesto Olio su tela 90x40

I grandi fiori Olio su tela 50x50

Stupore Olio su tela 50x50

Il panorama Olio su tela 50x50

Finestra decorata con natura morta Olio su tela 50x50

San Sebastiano con natura morta Olio su tela 50x50

Il pescatore Olio su tela 50x50

N.B. Risultano esserci ancora una decina di opere non esposte e non catalogate

Appendice 6

Una statua di legno, in una casa di legno, in un paese di legno

Angelo e il diavolo Tita Zasso 2000 Ceda di Sai

Lao deo sit Beppino Lorenzet 2000 Ceda di Rona

Erosione di un paese Fabio Corba 2000 Ceda di Consiöre

Antichi segni Mario Iral 2001 Ceda di Gnoche

Strumento per la filatura del tempo

Gianni Stiletto 2001 Ceda di Maldöi

In vaita(In vigilanza)

Ossi SenonerUgo Demetz

2001 Ceda di cöi d Orsla

Stallo esistenziale Franco Anselmi 2002 Ceda di Ceches

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Aurora spicia al dì(Il sole spezza il giorno)

Pepi Pescollderung 2002 Ceda di Cionche

Il peso della responsabilità Hans Peter Profunser 2002 Ceda d cöi d'Ana

Tornà da la zitè par carì padime(Tornare dalla città per godere della pace)

Albert Crazzolara 2003 Ceda di Prote

Viè dla vita rin dal tempo Silvano Ferretti 2003 Ceda di Sabina

Il trono Franco Vergerio 2003 Ceda di Clere

Nota i'nera(Una volta c'era)

Angelo Bettoni 2004 Ceda di Botire

Controvento Arianna Gasperina 2004 Ceda di cöi d Pasca e dla Paulara

Monumento al boscaiolo Silvano Ferretti 2004 Ceda di Sai

Passaggio di consegne Aldo Praloran 2004 Ceda di Palus

Meridiana di luce Alessandro Cadamuro

2005 Ceda dal Giai

Dialoghi Carlo Fontanella 2005 Ceda di Prote

Elisa e Gabriele Franco Maschio 2005 Ceda d Tmade

Spazio vitale Max Seibald 2006 Ceda di Plogn e di Salvestre

Presenza Carlo Condello 2006 Tabies d Cortà

Rapite in canto Dante Turchetto 2006 Ceda di Municia

Vortice con guardiano Jorge Romeo 2007 Ceda di Panzogn

Semi di vita e di pace Villibossi 2007 Ceda di Zuchi

Storia dal laoro di faure(Storia del lavoro dei fabbri)

Massimo Pasini 2007 Ceda di Faure

Ascoltando il silenzio Gianangelo Longhini 2008 Ceda di Bais

Il vento delle Dolomiti Peter Branstaetter 2008 Ceda di Ceches

Gocce di cirmolo Loris Morosini 2008 Ceda di Municia

Suono Alberto Durante 2009 Montanina

Attesa del viandante Giorgio Sperotto 2009 Ceda di Todoce

Luce alla vita Erminio Carbogno 2009 Ceda d cöi d'Marco

Dalla terra alla vita Giancarlo Carraro 2010 Ceda di Pironi

Segni di cerere Enrica Barozzi 2010 Ceda di Pironi

A sera Enrico Ghiro 2010 Ceda di Fofo

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Osservando il tempo Gianni Bordin 2011 Ceda di Palus

Nell'armonia del primitivo Avio De Lorenzo 2011 Ceda dal Coi

Ritorno di una voce amica Franco Gasperini 2011 Ceda di Gnafi

LeggendAriaMente

La prima stella alpina Stefano Comelli 2012 Fienile Giancarlo De Bernardin

La principessa della luna Roberto Merotto 2012 Fienile Egidio De Bernardin

La fata che diede il nome al Monte Peralba

Hermann Plozzer 2012 Fienile Giusto De Bettin

Appendice 7

Trittico di Pittura Dolomitica

- Stefano Jus 2011

C'era una volta il mare Aurelio Fort 2011

Sopalù Fabio Di Lizio 2011

Segni del tempo Domenico Scolaro 2012

Il portatore di nuvole Maurizio De Lotto 2012

Inno alla gioia Giorgio Celiberti 2012

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Page 62: Val Comelico: Patrimonio Culturale, Naturalistico e Artistico - Marta De Zolt

Bibliografia

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