VAIOLO - INMI Lazzaro Spallanzani · 2019. 2. 1. · 1. INTRODUZIONE Il vaiolo è un’infezione...

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INFEZIONI AD ELEVATO ALLARME SOCIALE 201 VAIOLO Francesco Vairo Silvia Pittalis Concetta Castilletti Antonino Di Caro Maria Rosaria Capobianchi Eleonora Lalle Giuseppe Ippolito Vincenzo Puro

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    VAIOLO

    Francesco VairoSilvia Pittalis Concetta CastillettiAntonino Di Caro Maria Rosaria CapobianchiEleonora Lalle Giuseppe Ippolito Vincenzo Puro

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  • 1. INTRODUZIONE

    Il vaiolo è un’infezione acuta contagiosacausata dal virus variola. Si tratta di unadelle malattie più devastanti che hanno col-pito l’umanità, provocando ripetute epide-mie che hanno cambiato il corso della sto-ria. Variola virus è tradizionalmente classi-ficato come Variola major che provoca unamalattia grave con letalità del 20-50%, eVariola minor che comprende tra gli altri ilceppo Alastrim, causa di una forma piùlieve con letalità inferiore all’1% [1]. Il virusnon esiste più in natura allo stato indigeno:l’ultimo caso fu riportato in Somalia nel1977; successivamente non sono stati segna-lati casi naturali nonostante l’intensiva sor-veglianza [2]. L’ultimo caso umano si è veri-ficato nel 1978 in Inghilterra in seguito adun incidente di laboratorio. L’uomo è consi-derato l’unico réservoir naturale [3]. Nel1980 l’Organizzazione Mondiale dellaSanità (OMS) dichiarò ufficialmentel’eradicazione del vaiolo [1].

    Variola virus è conservato in due labora-tori approvati dall’OMS, presso i Centers forDisease Control and Prevention (CDC) diAtlanta, Stati Uniti, e il Russian Centre forResearch on Virology and Biotechnology diKoltsovo, Federazione Russa [4]. Dubbial’esistenza di riserve non note di Variolavirus [4]. Per la sua alta infettività e stabilità il

    virus è considerato un ottimo candidatocome arma biologica. La comparsa anchedi un solo caso deve essere considerataun’emergenza sanitaria. Non esiste, ad oggi, una terapia specifi-

    ca e l’unica misura farmacologica efficace èla vaccinazione pre-esposizione.

    2. VIROLOGIA E PATOGENESI

    Variola virus è un virus a DNA appartenen-te al genere Orthopoxvirus della famigliaPoxviridae. Gli Orthopoxvirus sono tra ivirus più grandi e complessi che si cono-

    scano. Variola virus presenta un diametrodi 200 nm; il genoma è costituito da DNAsingolo, a doppio filamento, con 200.000paia di basi, in grado di codificare circa200 proteine differenti. Sulla base della gravità della malattia,

    variola virus viene classificato in major eminor. Di quest’ultimo si conoscono tredifferenti ceppi: Alastrim (il più comune),Amass e Kaffir. Tre altri membri dello stes-so genere (Monkeypox, Vaccinia e Cowpox)possono infettare naturalmente l’uomo [3].La sopravvivenza del virus nell’ambien-

    te è inversamente proporzionale alla tem-peratura ed all’umidità: prima dell’eradica-zione, la più alta incidenza si verificavanella stagione invernale e primaverile inzone dove queste stagioni presentano bassatemperatura e umidità [4]. Data l’assenza di casi di malattia dal

    1977, quanto si conosce della patogenesidel vaiolo deriva da studi effettuati su altrimembri del genere Orthopoxvirus e dalleosservazioni cliniche e di laboratorio delleinfezioni sistemiche da essi provocate.Tipicamente, la porta di entrata princi-

    pale dell’infezione naturale è la mucosaorofaringea o respiratoria; cute e, rara-mente, congiuntiva e placenta sono viealternative [3]. Nel sito di entrata il virusinfetta i macrofagi, all’interno dei qualiviene trasportato attraverso il sistema lin-fatico ai linfonodi regionali; si moltiplicaed entra nel torrente ematico causandouna viremia primaria asintomatica (3°-4°giorno dopo l’infezione), con dissemina-zione a milza, midollo osseo, altri linfono-di. La comparsa dei sintomi prodromicicon febbre e segni di tossiemia inizia intor-no al 10°-14° giorno (range 7°-17°) dall’in-fezione, in concomitanza con la viremiasecondaria che stimola la risposta immu-nitaria: i macrofagi attivati e i linfociti pro-ducono citochine infiammatorie e interfe-roni che stimolano le cellule NK; sonoinoltre prodotti anticorpi neutralizzantidiretti contro antigeni della membrana

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  • esterna. Il virus si localizza quindi a livellodei piccoli vasi del derma e della mucosaorofaringea, con comparsa (14° giorno)dell’ esantema e dell’enantema caratteristi-ci della malattia. In questa fase, inoltre,milza, linfonodi, reni, fegato e midolloosseo contengono un’enorme quantità divirioni [6]. Gli eventi patogenetici che sottendono

    l’evoluzione delle lesioni cutanee inizianocon la dilatazione dei capillari del derma, ilrigonfiamento delle cellule endoteliali el’infiammazione perivascolare; seguel’interessamento dell’epidermide, le cui cel-lule - che presentano nel citoplasma i carat-teristici corpi di Guarnieri - vacuolizzano ecrescono in dimensioni fino alla rottura,dando origine alle vescicole; queste si tra-sformano in pustole per la migrazione inesse dei polimorfonucleati; segue quindi ilgraduale riassorbimento con formazione dicroste o piaghe [3]. La guarigione dellelesioni comporta la riepitelizzazione e laformazione di cicatrici.La morte è dovuta generalmente all’in-

    tensa tossiemia, probabilmente associataalla presenza di immunocomplessi circo-lanti [4].

    3. EPIDEMIOLOGIA

    L’origine del vaiolo si fa risalire in Asia apiù di 3.000 anni fa: di qui si diffuse inEuropa e Nord-Africa [3]. Mummie egizia-ne del 1500 a.C. mostrano lesioni cutaneesuggestive di vaiolo [4]. La colonizzazioneeuropea introdusse l’infezione in Americanel XVI secolo. Al momento dell’introdu-zione della vaccinazione (fine XVIII seco-lo) il vaiolo era endemico in tutto ilmondo, tranne in aree remote e scarsa-mente popolate di Australia, NuovaZelanda, isole del Pacifico, dell’Atlantico edell’Oceano Indiano [3]. La vaccinazione,prima con Cowpox virus, quindi conVaccinia virus, portò all’eradicazione dellamalattia in Europa, Unione Sovietica,

    Nord-America ed America Centrale già neiprimi anni ’50 [3]. Molti degli outbreak chesi verificarono in Europa e Nord-Americadopo la Seconda Guerra Mondiale furonodi piccole dimensioni [7], ma la malattiarimase endemica in molti Paesi in Via diSviluppo con circa 50 milioni di casi ognianno [1]. La successiva campagna globaledell’OMS attraverso la vaccinazione dimassa e la stretta sorveglianza degli out-break portarono alla completa eradicazio-ne del virus nel 1980. Le ragioni di un così importante succes-

    so sono anche nelle caratteristiche epide-miologiche del virus [3]:

    l’uomo è l’unico réservoir naturale;non esiste trasmissione attraversovettori;il virus non è capace di sopravviverenell’ambiente per lungo tempo;la malattia presenta delle caratteri-stiche cliniche facilmente identifica-bili;l’infettività è relativamente bassa,richiedendo contatti stretti faccia afaccia, eccetto che in particolari cir-costanze; generalmente solo le perso-ne con il caratteristico rash trasmet-tono il virus;non esiste uno stato di portatore cro-nico;è disponibile un vaccino efficace;il periodo di incubazione è abbastan-za lungo da permettere di instaurarestrategie di contenimento.

    La trasmissione interumana del virusavviene principalmente attraverso droplet,e richiede un contatto stretto, faccia a fac-cia, come può avvenire tra familiari [3]. La trasmissione aerea è stata documen-

    tata in due episodi nosocomiali inGermania nel 1961 e nel 1970 [5]. I pazien-ti indice trasmisero il virus rispettivamentea 19 persone (di cui 10 non avevano avutocontatto diretto con il paziente) e a 17 per-sone (nessuna di queste aveva avuto unconatto diretto con il paziente indice):

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  • l’umidità e la scarsa efficienza dei sistemidi aerazione possono aver facilitato la dis-seminazione del virus [4].Dati mettono in evidenza la possibilità

    di trasmissione attraverso fomiti, indu-menti o biancheria [9]. È stato riportatoun caso di infezione oculare e 5 casi perpuntura con ago in laboratoristi che lavora-vano con ceppi di virus vaccinico. Infine,sono documentati casi di trasmissioneattraverso contatto diretto con lesioni cuta-nee e liquidi corporei [9]. La dose infettante è presumibilmente

    bassa (da 10 a 100 organismi) el’infettività, diversamente dalla varicella,sembra inizi con la comparsa dell’esante-ma. Comunque, vista la presenza di lesio-ni orali ulcerate già nei primi due giorni difebbre precedenti il rash, il paziente è daritenersi contagioso dalla comparsa dellafebbre [10]. L’infettività è massima nellaprima settimana dopo la comparsa delrash, quando le lesioni orali vanno incon-tro ad ulcerazione rilasciando un’enormequantità di virus nella saliva; la più altafrequenza stimata di trasmissione secon-daria si ha da 3 a 6 giorni dopo la compar-sa della febbre [4]. Il tasso di attaccosecondario osservato nell’era pre-eradica-zione era del 58,4% [37-88%] nei non vac-cinati e del 3,8% nei vaccinati [3]: variabi-lità dovuta, principalmente, alla quantitàdi virus escreto nelle secrezioni orofarin-gee e al numero ed alla durata di contattistretti faccia a faccia [9]. La media dei casiche un soggetto può infettare (tasso diriproduzione) è di 3,5-6 casi [11], da quan-to osservato in outbreak in popolazionicon bassa memoria immunitaria specifi-ca, portando ad un rapido incremento deicasi prima che possano essere messe inatto misure di controllo adeguate [4]. Ilperiodo di infettività dura fino alla cadutadelle croste: particelle virali possonoesservi presenti, ma racchiuse in coagulidi fibrina, il che rende le croste relativa-mente non contagiose [4].

    4. VAIOLO E BIOTERRORISMO

    L’alta morbidità e letalità, l’assenza di untrattamento specifico, l’assenza di una vac-cinazione disponibile su scala mondiale, lastabilità ambientale e la facilità con cui puòessere prodotto su larga scala, l’alta infetti-vità in un contesto in cui non più del 25%della popolazione mondiale conserva unaimmunità relativamente adeguata, fannodel vaiolo un ottimo candidato come armabiologica. Il virus è pertanto incluso nellalista A (high priority) dei CDC [12].Il vaiolo fu impiegato a tale scopo nella

    guerra franco-indiana del 1754-1767 negliStati Uniti, quando le truppe inglesi disse-minarono la malattia nella popolazioneindiana attraverso coperte usate da sogget-ti infetti. Diversi Paesi hanno condotto esperi-

    menti sul virus finchè, nel 1972, più di 140Paesi firmarono la Biological and ToxicWeapons Convention, impegnandosi adinterrompere qualsiasi ricerca su armibiologiche e a distruggere le scorte esisten-ti del virus. I due laboratori di Atlantae di Koltsovo sono gli unici autorizzatidall’OMS a conservare il virus, ma a dispet-to delle diverse ammonizioni dell’OMS, esi-ste il reale pericolo che il virus possa esse-re presente in altri laboratori. L’ex UnioneSovietica avrebbe inoltre continuato il pro-gramma di ricerca sull’uso di armi biologi-che negli anni ’80 e ’90 e non si esclude chel’episodio di vaiolo del 1971 in Kazakhstancoinvolgente 10 persone derivasse da unesercizio bellico [4]. L’OMS ha disposto nel 2001 che le scor-

    te esistenti del virus siano ulteriormente etemporaneamente conservate all’interno dispecifici e autorizzati progetti di ricerca: ladata prevista di distruzione è stata quindirimandata ed è sottoposta annualmente arevisione da parte della World HealthAssembly, rimanendo la necessità di elimi-nare completamente il virus l’obiettivo irre-vocabile [13].

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  • Considerando che la maggior parte dellapopolazione mondiale è suscettibile all’infe-zione e la reale possibilità che virus similipossano essere prodotti in laboratorio, il livel-lo di sorveglianza deve essere tenuto alto. La modalità più efficiente per un even-

    tuale rilascio intenzionale è considerataquella via aerosol (ad esempio in un aero-porto o in metropolitana); altre possibilitàincludono l’uso di “uomini-vettori” o difomiti (ad esempio lettere) [4]. Un recentemodello stocastico ha stimato che 100 casidi malattia in una città di 2 milioni di abi-tanti risulterebbero in soli 730 casi secon-dari se le misure di controllo fossero adot-tate 25 giorni dopo il rilascio deliberato,mentre si registrerebbe un incremento deicasi di circa quattro volte se si intervenisse40 giorni dopo [14].

    5. MANIFESTAZIONI CLINICHE

    Il vaiolo si manifestava in due forme princi-pali - variola major e minor – dalle caratte-ristiche simili, con un decorso più lieve euna minore letalità nella forma minor [1]. La forma ordinaria del vaiolo major,

    osservata in quasi il 90% dei casi di infezio-ne, si presentava con lesioni cutanee pusto-lose rilevate [3]. La forma emorragica e laforma maligna costituivano due forme raredella malattia, invariabilmente fatale laprima - in cui il rash era accompagnato daemorragie mucose e cutanee - quasi sem-pre fatale la maligna, caratterizzata dalesioni cutanee che non passavano allaforma pustolosa ma rimanevano piatte,usualmente confluenti [1,3]. Il vaiolo modi-ficato era un’ulteriore manifestazione dellaforma major, osservato maggiormente inpersone con una residua immunità da pre-cedente vaccinazione [3,4]. Il vaiolo sineeruptione era similmente osservato in con-tatti vaccinati e risolveva in 1-2 giorni [3,4].Nella forma ordinaria [1,3,4,15], il

    periodo di incubazione era di 12-14 giorni(range 7-17).

    Compariva improvvisamente una sin-drome similinfluenzale, con febbre (spesso>40°C), malessere generale, vomito, cefa-lea, dorsalgie e, raramente, delirio, doloriaddominali e diarrea in diverse percentualidi frequenza (Tabella 1). Il paziente rimane-va sofferente, spesso in stato tossiemico,per 2-3 giorni, dopo i quali la febbre scende-va, seguiva un breve miglioramento e com-pariva l’esantema maculare. L’esantemapoteva essere preceduto di 24 ore dallacomparsa di lesioni maculari sulla mucosaorofaringea che si ulceravano rilasciandoun elevato numero di virioni nella saliva. Il rash iniziava al volto e diffondeva in

    senso centrifugo al tronco, alle estremitàprossimali e quindi distali: le lesioni eranoprevalenti a livello del volto e delle estremi-tà distali (compreso il palmo delle mani e lapianta dei piedi dove persisteva più alungo). Dopo 1-2 giorni le lesioni maculo-papulari evolvevano in vescicole e nel girodi 3-5 giorni in pustole. Le vescicole aveva-no un’ombelicazione centrale che potevapersistere nella fase pustolosa, quindi siappiattivano. Le pustole erano caratteristi-camente rotonde, tese e ancorate profonda-mente al derma. Le lesioni erano spessodolenti, confluenti, semiconfluenti o innumero esiguo – il che rivestiva un signifi-cato prognostico – ed avevano inizio e pro-gressione relativamente sincroni. Dopo 8-9giorni dalla comparsa del rash le pustolegradualmente lasciavano il posto a croste,più evidenti al volto, che verso la fine dellaseconda settimana iniziavano a cadere conpossibile persistenza di cicatrici.Il quadro poteva essere complicato

    [3,4,16] da squilibri elettrolitici, dovutiall’accumulo sottocutaneo massivo di fluidinella fase vescicolare e pustolosa fino all’in-sufficienza renale; la desquamazione cuta-nea massiva, come da grave ustione, pote-va presentarsi nel caso di un quadro con-fluente; infezioni batteriche secondarieerano rare, mentre le polmoniti virali eranorelativamente comuni. Altre rare complica-

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  • zioni erano costituite da ulcerazioni cor-neali e cheratiti, osteomieliti, orchite; leencefaliti erano indistinguibili dalle demie-linizzazioni perivascolari successive a mor-billo e varicella [14,15]. La morte, che solitamente avveniva

    durante la seconda settimana di malattia,era il risultato di una massiva tossiemia,associata alla presenza di immunocom-plessi circolanti e di antigeni virali. La leta-lità era del 30% (15-45%) [1].La forma maligna [1,15], osservata nel

    6% dei casi in epoca precedente l’eradica-

    zione, soprattutto in bambini, si differen-ziava dall’ordinaria per la maggior frequen-za di un pattern confluente delle lesioni, piùcomunemente piatte, raramente evolventia pustole, vellutate e calde al tatto a 4-5giorni dalla comparsa. Se il pazientesopravviveva, la graduale scomparsa dellelesioni non era seguita da cicatrici. La leta-lità era del 97%.Il vaiolo emorragico [3,4] presentava

    una fase prodromica simile all’ordinaria,ma di intensità maggiore: grave lo stato diprostrazione e la febbre molto elevata.

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    Sintomi

    Febbre

    Cefalea

    Malessere

    Brividi

    Anoressia

    Dorsalgia

    Faringite

    Nausea

    Vomito

    Diarrea

    Delirio

    Coliche addominali

    Convulsioni

    Fonte: [3]

    Variola major

    6.942 casi (Rao, 1972)

    100

    90

    60

    90

    15

    50

    10

    15

    13

    7

    12.847 casi (Marsden, 1936)

    75,0

    34,0

    38,8

    20,6

    11,0

    34,2

    859 casi (Noble et al., 1970)

    98,2

    79,4

    66,7

    62,4

    60,6

    44,2

    38,2

    37,0

    30,3

    3,6

    Tabella 1 � VARIOLA MAJOR E MINOR: FREQUENZA PERCENTUALE DEI SINTOMI

    Variola minor

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  • L’esantema compariva precocemente (mas-simo in 2 giorni): si trattava di un eritemascuro, seguito dalla comparsa di petecchiee ecchimosi su cute e mucose. Possibili leemorragie mucose, interessanti diversiorgani: emorragie sottocongiuntivali, ema-turia, epistassi, ematemesi e melena, emot-tisi. Presenti i segni di una coagulazioneintravascolare disseminata. Le donne instato di gravidanza e i soggetti immuno-compromessi sembravano più suscettibili aquesta forma di malattia [17,18]. Questaforma era responsabile del 2-3% dei casi dimalattia, con letalità del 96% [15].La forma modificata [3,4] era simile

    clinicamente alla forma ordinaria, ma conun decorso accelerato, manifestazioni piùlievi, minor numero di lesioni cutanee eminore letalità Tale forma, nella maggiorparte dei casi, colpiva soggetti vaccinati edaveva una letalità molto bassa.Il vaiolo sine eruptione colpiva ugual-

    mente individui vaccinati ed era caratteriz-zato da sintomi prodromici più lievi senzacomparsa del rash [1].Nei bambini la malattia si presentava in

    forma simile a quanto osservato negli adul-ti, con una letalità generalmente più alta

    (>40%) [4]. Nelle donne in gravidanza lamalattia poteva portare a parto prematuroo alla morte del feto [19]. La malattia causata da Variola minor

    [3,15] era simile alla major: i sintomi costi-tuzionali tendevano ad essere più lievi e ilrash presentava un numero minore di lesio-ni ed un’evoluzione più rapida (1-2 settima-ne). La malattia aveva una letalità

  • gnosi differenziale (Tabella 4 v. pag. 210).Al sospetto clinico di vaiolo va sempreeffettuato un test diagnostico per varicella.Il vaiolo in soggetti parzialmente immunipuò, d’altra parte, essere lieve, con febbremeno comune, lesioni in minor numero euna più rapida guarigione [4]Altra importante diagnosi differenziale

    è quella con la malattia da Monkeypoxvirus, presente in Africa con casi sporadicio piccoli outbreak; un’epidemia di 71 casi siè verificata negli Stati Uniti nel 2003 [4],

    associata all’importazione di animali esoti-ci. Prodromi e rash sono molto simili alvaiolo ordinario discreto o semiconfluente,ma in genere la malattia è lieve e si autori-solve: la letalità osservata in piccole epide-mie varia dal 3 all’11% [21,22] ed il tasso diattacco secondario sarebbe del 7-15% tra icontatti familiari non vaccinati per il vaio-lo [22]. Le lesioni cutanee sono general-mente superficiali e molto frequente è lapresenza di linfoadenopatia, non caratteri-stica di vaiolo o varicella.

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    VAIOLO

    Rischio Alto

    Prodromi febbrili (1-4 giorni prima della comparsa del rash) con febbre >38,3°C e almenouno tra i seguenti sintomi: prostrazione, cefalea, dorsalgie, brividi, vomito, dolore addomi-nale intensoeentrambi i criteri diagnostici maggiori

    Rischio Moderato

    Prodromi febbrili (1-4 giorni prima della comparsa del rash) con febbre >38,3°C e almenouno tra i seguenti sintomi: prostrazione, cefalea, dorsalgie, brividi, vomito, dolore addomi-nale intensoealmeno uno dei criteri diagnostici maggiorioProdromi febbrili (1-4 giorni prima della comparsa del rash) con febbre >38,3°C e almenouno tra i seguenti sintomi: prostrazione, cefalea, dorsalgie, brividi, vomito, dolore addomi-nale intensoealmeno quattro dei criteri diagnostici minori

    Rischio Basso

    Assenza dei prodromi febbrilioProdromi febbrili (1-4 giorni prima della comparsa del rash) con febbre >38,3°C e almenouno tra i seguenti sintomi: prostrazione, cefalea, dorsalgie, brividi, vomito, dolore addomi-nale intensoemeno di quattro dei cinque criteri diagnostici minori

    Fonte: [20]

    Tabella 3 � VAIOLO: DEFINIZIONE DEL RISCHIO DI MALATTIA

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  • La diagnosi clinica può risultare più dif-ficoltosa nelle forme di vaiolo maligno edemorragico, quando non si sia a conoscen-za dell’esistenza di un’epidemia in corso edella contemporanea presenza di casi dimalattia ordinaria. Le forme emorragichepossono essere facilmente confuse con una

    meningococcemia o una grave leucemiaacuta [23]. Sulla base della classificazione del

    rischio, i CDC hanno sviluppato un algorit-mo per valutare rapidamente i pazienti persospetto vaiolo e guidare le decisioni clini-che (Figura 1). L’algoritmo si propone

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    VAIOLO

    Caratteristiche

    Periodo di incubazione

    Prodromi

    Distribuzione del rash

    Tempo di comparsa del rash

    Evoluzione delle lesioni

    Profondità delle lesioni

    Separazione delle croste

    Sensazione associata al rash

    Gravità

    Letalità

    Epidemiologia

    VAIOLO

    7-17 giorni

    Febbre e malessere per 2-4giorni prima del rash

    Inizia alla mucosa orale, siespande al volto, quindi inpattern centrifugo; presentein genere su palme e piante

    1-2 giorni

    Sincrona Progrediscono in 14-20giorni da macule a papulea vescicole a pustole, quin-di a croste

    Si estendono nel derma

    14-28 giorni dopo il rash

    Può essere doloroso

    Stato tossico

    Fino al 50%

    Tutte le fasce di età

    VARICELLA

    14-21 giorni

    Scarsi o assenti

    Inizia al tronco ed ha evolu-zione centripeta; quasi maipresente su palme e piante

    Compaiono a gruppi e posso-no essere a differenti stadi dimaturazione in qualsiasimomento dell’osservazione

    AsincronaProgrediscono rapidamente in24 ore da macule a papule avescicole; poi a croste in 4-7giorni

    Superficiali

    Entro 14 giorni dall’inizio delrash

    Spesso intensamente pruritico

    Lieve

    Raramente fatale

    Più frequente nei bambiniFonte: [4]

    Tabella 4 � DIAGNOSI DIFFERENZIALE TRA VAIOLO E VARICELLA

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    Adattato da: Regents of the University of Minnesota for the Center for Infectious Disease

    Research & Policy. 2002. http://www.cidrap.umn.edu. e Hutchins SS, Sulemana I, Heilpern

    KL, et al. Performance of an algorithm for assessing smallpox risk among patients with

    rashes that may be confused with smallpox. Clin Inf Dis 2008;46:S195-203.

    VZV: Varicella, Zoster Virus. EM: Electron Microscopy. PCR: Polymerase Chain

    Reaction

    * durante o

    utb

    reaknoto, se link epidemiologico a casi confermati.

    ** all’inizio dell’o

    utb

    reak.

    Figu

    ra 1

    . Vaiolo. Algoritm

    o clinico

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  • un’elevata specificità dal momento che ilvaiolo non esiste più allo stato endemico:con la classificazione a rischio alto si inten-de identificare il 90% della forma ordinariadi vaiolo, così come descritta nei pazientiospedalizzati nell’era pre-eradicazione.L’algoritmo intende minimizzare i risultatifalsi positivi limitando le indagini di labo-ratorio ai pazienti considerati ad altorischio. Uno studio prospettico multicen-trico ne ha esaminato la performance nellagestione di pazienti con rash acuto genera-lizzato vescicolare o pustoloso ammessi neidipartimenti di emergenza di 12 ospedali di6 stati statunitensi dal 2003 al 2005. Èstato definito rash acuto generalizzato unrash comparso nei 7 giorni precedentil’accesso in ospedale, caratterizzato da 20 epiù lesioni, almeno 4 delle quali su testa ecollo. La febbre non era richiesta tra i cri-teri di arruolamento. Dei circa 27.000pazienti ammessi con rash (3,5% di tutti gliaccessi), 89 (1,2 pazienti per 10.000 acces-si) avevano un rash acuto generalizzatovescicolare o pustoloso e 73 sono statiarruolati nello studio: di essi nessuno èstato classificato dai medici partecipanticome a rischio alto di avere il vaiolo; 72(99%) sono stati classificati a rischio basso;1 paziente come a rischio moderato. Sonostati dimessi con diagnosi di varicella 55pazienti (75%). Indipendentemente, i CDChanno classificato gli stessi pazienti alcomputer sulla base della presenza dei cri-teri clinici maggiori e minori: 68 (86%) arischio basso, 11 (14%) a rischio moderato.Gli 11 classificati a rischio moderato soddi-sfacevano 2 criteri clinici maggiori: 9pazienti avevano prodromi febbrili conlesioni classiche, 2 pazienti prodromi feb-brili con lesioni allo stesso stadio di svilup-po; la diagnosi di dimissione è stata varicel-la per 9 (82%) di essi. La concordanza tramedici e CDC nell’assegnazione del rischioè stata dell’84%. In assenza di conferma di laboratorio,

    l’applicazione dell’algoritmo può risultare

    in una perdita dei veri casi di vaiolo informa atipica, che sarebbero classificaticome a moderato o basso rischio: la speci-ficità dell’algoritmo sarebbe quindi in real-tà più bassa di quanto proposto. Tuttavia,modificazioni nell’algoritmo porterebberoa falsi allarmi: lo studio conferma l’altaspecificità con cui l’algoritmo è stato pen-sato per riconoscere la forma ordinaria sto-ricamente descritta, che assicura che 1caso classificato ad alto rischio sia vera-mente un sospetto vaiolo. La sensibilitànon può essere ovviamente valutata inassenza della malattia.

    6.2 Diagnosi di laboratorioGli esami ematochimici non danno indica-zioni di particolare ausilio in caso di vaio-lo: linfocitosi relativa o assoluta e granulo-citopenia possono essere presenti; segni dicoagulazione intravascolare disseminata(trombocitopenia, deficit dei fattori dellacoagulazione, aumento del tempo di pro-trombina, ipofibrinogenemia) sono pre-senti nella forma emorragica.Non sono disponibili sistemi commer-

    ciali atti alla rilevazione del virus del vaio-lo o della risposta immune. I laboratori ingrado di porre tale diagnosi sono in nume-ro ristretto: in Italia il centro di riferimen-to è il laboratorio di Virologia dell’INMI“L. Spallanzani”, che, a seguito di accordiinternazionali, ha avuto l’opportunità ditestare i suoi metodi di rilevazione pressoil laboratorio CDC di Atlanta dove il virusè ancora conservato. La diagnosi di laboratorio (Tabella 5) si

    basa principalmente sulla ricerca ed iden-tificazione dell’agente nella fase acutadella malattia; la risposta anticorpale è tar-diva e difficilmente differenziabile da quel-la suscitata dalla vaccinazione o da altreinfezioni da Orthopoxvirus. Sebbene lapresenza del virus possa essere dimostrata,in fase acuta, nelle secrezioni respiratorie,in genere il paziente giunge all’attenzionedel clinico quando il rash è in fase vescico-

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  • losa: il virus viene allora ricercato all’inter-no delle lesioni, mediante prelievo delliquido intralesionale, e successivamentenelle croste. I metodi per la ricerca del virus si basa-

    no sull’amplificazione delle sequenze diacido nucleico virale, mediante PCR classi-ca o Real-Time; sulla successiva caratteriz-zazione mediante sequenziamento nucleo-tidico; sull’identificazione presuntivamediante analisi RFLP degli ampliconi;sulla rilevazione ed identificazione presun-tiva mediante microscopia elettronica;sull’isolamento del virus su colture di tes-suto. Per la diagnosi differenziale da agenti

    virali responsabili di rash bollosi, alcunisistemi consentono la rilevazione in paral-lelo, mediante Real-Time PCR multiplex,di Orthopoxvirus, Varicella-zoster e Herpessimplex [24]. Sono inoltre disponibili perVaricella-zoster e Herpes simplex metodimolecolari e sistemi di rilevazione anticor-pale (IgG e IgM) commerciali: tuttavia,soprattutto per Varicella-zoster, un risulta-to negativo nelle fasi iniziali dell’esantema

    non esclude l’infezione; la presenza di IgGin assenza di IgM, invece, consente diescludere l’infezione primaria. Per quanto riguarda la microscopia

    elettronica, l’analisi del materiale prove-niente dalle lesioni mediante colorazionenegativa permette una rapida identifica-zione presuntiva di Poxvirus, ma non ladistinzione tra i virus della famiglia, men-tre permette la differenziazione, su basemorfologica, dai virus herpetici. È inoltre opportuno procedere all’isola-

    mento virale su colture di tessuto, cheavviene su vari tipi di colture cellulari (ades. Vero). L’inoculo su membrana corioal-lantoidea di uovo embrionato di pollo èpiù sensibile, ma attualmente poco utiliz-zato e la morfologia delle lesioni che vi sisviluppano permette l’identificazione divari Poxvirus e del virus della varicella. Un test rapido per la diagnosi del vaio-

    lo è stato inoltre sviluppato e brevettatopresso l’INMI. Si tratta di un metodo rapi-do per la misurazione selettiva dei linfoci-ti T specifici per il vaiolo, identificati tra-mite anticorpi monoclonali diretti verso la

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    Tipo di campione

    Lesione vescicolare

    Croste

    Sangue

    Tipo di analisi

    Ricerca acidi nucleicivirali; ricerca di virioni inMicroscopiaElettronica (ME)

    Ricerca acidi nucleicivirali; ricerca di virioni in ME

    Ricerca di anticorpi

    Modalità di raccolta ed esecuzione

    Raccogliere l’essudato sterilmente con una sirin-ga. Una goccia va immessa nella provetta contampone per l’estrazione degli acidi nucleici. Ilresto va eventualmente esaminato al microscopioelettronico per la ricerca morfologica del virus

    Raccogliere con pinzetta sterile e porre, insiemecon lo scraping lesionale, in terreno di trasportoper virus, in provetta di plastica con tappo a vite

    2 provette per sierologia in vacutainer infrangibili,una in fase acuta ed una in fase convalescente

    Tabella 5 � SCHEMA RIASSUNTIVO DEI CAMPIONI DA RACCOGLIERE E DEI RELATIVI ESAMICHE VENGONO EFFETTUATI PER LA DIAGNOSI DI VAIOLO, E RELATIVO STATODI MESSA A PUNTO DEI METODI

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  • superficie cellulare dei linfociti T o che silegano alle citochine che si accumulano alivello intracellulare. Il test viene eseguitoutilizzando sangue intero, può essere ese-guito in 8 ore ed è effettuabile anche sucampioni di sangue criopreservati. Il testha anche un’altra importante applicazio-ne: permette di valutare i livelli di copertu-ra vaccinale di intere popolazioni ed infuturo potrebbe essere applicato per lavalutazione dell’efficacia di programmi diimmunizzazione diversi dal vaiolo.

    6.3 Gestione dei campioni biologici I campioni biologici devono essere prele-vati da personale recentemente (nei prece-denti 3 anni) vaccinato (o vaccinato nellostesso giorno), possibilmente utilizzandosoggetti sottoposti alla vaccinazione dimassa in uso fino al 1978, per i quali è pre-vedibile una risposta immunitaria protetti-va più rapida ed efficace in caso di esposi-zione. Devono essere utilizzati adeguatidispositivi di protezione individuale (DPI)(vedi 10.1). Per prelevare il liquido di vescicole e

    pustole è necessario utilizzare la partesmussa di un bisturi e il materiale deveessere estratto utilizzando un tampone dicotone. Le croste devono essere rimossecon una pinza. La raccolta, il trasporto e la manipola-

    zione dei campioni biologici devono avve-nire secondo le indicazioni per la gestionedegli agenti di gruppo di rischio 4. I cam-pioni devono essere posti in un contenito-re a vuoto sigillato, a sua volta inserito inun secondo contenitore a tenuta per il tra-sferimento ai laboratori. La gestione dei campioni biologici deve

    avvenire in laboratori BSL-4, ad opera dipersonale addestrato a tal fine. Ogni attivi-tà diagnostica che preveda la necessità dimanipolare campioni che potrebbero con-tenere patogeni di gruppo 4 deve esserepreventivamente concordata con il respon-sabile delle attività diagnostiche dell’emer-

    genza dell’Istituto Nazionale per le MalattieInfettive “L. Spallanzani”. Ove possibile sideve procedere alla preventiva inattivazio-ne della infettività virale.

    7. TRATTAMENTO

    Il trattamento del vaiolo si basa princi-palmente su misure di supporto:

    mantenimento di un appropriatoequilibrio idrosalino;trattamento del dolore e della febbre;adeguata pulizia ed asepsi dellelesioni per la prevenzione di superin-fezioni batteriche.

    Nell’era pre-eradicazione non eradisponibile alcuna terapia farmacologiaspecifica di dimostrata efficacia.Diversi farmaci antivirali sono stati stu-

    diati o sono in studio come approcci tera-peutici all’infezione:

    cidofovir si è dimostrato attivo controdiversi Orthopoxvirus, incluso il virusdel vaiolo [25]; inoltre, in forma aero-solizzata, sembra proteggere i topidall’infezione con Cowpox [26];SIGA-246, un composto a basso pesomolecolare attivo contro diversiOrthopoxvirus sembra proteggere iprimati dal vaiolo, si è mostrato sicu-ro nell’uomo ed è in fase II di speri-mentazione [27];l’uso di anticorpi monoclonali controla proteina B5 del virus vaccinicosembra inibire la disseminazione diVaccinia e Variola nelle cavie e potreb-be essere utile nel trattare le compli-cazione della vaccinazione [28].

    8. SORVEGLIANZA

    In presenza di febbre e rash vescicolare opustoloso il paziente va messo in isolamen-to secondo le indicazioni riportate nel para-grafo 10.1 “Misure di Isolamento” e andreb-be comunque eseguito un test per la ricercadegli anticorpi verso Varicella Zoster Virus.

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  • Una volta posto il sospetto di vaiolovanno attuate le seguenti procedure:

    valutazione del rischio di malattiasecondo le indicazioni riportate nelParagrafo 6.1: “Diagnosi clinica”;allerta della Sanità Pubblica secon-do le modalità riportate nelParagrafo 9: “Allerta della SanitàPubblica”;� richiesta consulenze infettivologicae dermatologica;

    � invio campioni biologici per la dia-gnosi di laboratorio.

    8.1 Definizione di caso

    Descrizione clinicaMalattia caratterizzata dall’improvvisacomparsa di febbre > 38,3°C con rash cuta-neo caratterizzato da vescicole o pustoletese nella stessa fase di evoluzione, senzaaltra causa apparente [10]. Criteri di laboratorio

    individuazione del DNA di Variolavirus in campione clinico mediantePCR; isolamento di Variola virus da cam-pione clinico e conferma mediantePCR [10].

    8.2 Classificazione dei casi

    Sospetto: caso con rash febbrile, precedendo lafebbre lo sviluppo del rash di 1-4giorni

    Probabile:caso che rientra nella definizione cli-nica, o che non vi rientra, ma è clini-camente compatibile con il vaiolo edè legato epidemiologicamente ad uncaso confermato. Si tratta ad esem-pio della forma emorragica, del tipopiatto e del vaiolo sine eruptione.

    Confermato:caso di vaiolo confermato in labora-

    torio, o caso che rientra nella defini-zione clinica, epidemiologicamentelegato ad un caso confermato inlaboratorio.

    9. ALLERTA DELLA SANITÀ PUBBLICA

    Tutti i casi sospetti o accertati di vaiolovanno immediatamente notificati secondola normativa vigente (Malattie Infettive diClasse I, DM 15.12.90). La segnalazione vainviata entro 12 ore al Ministero dellaSalute, Direzione Generale dellaPrevenzione Sanitaria - Ufficio V - MalattieInfettive e Profilassi Internazionale, aiseguenti numeri: tel. 06.59943905 -06.59943481 - 06.59943925 - 06.59943805 -fax 06.59943096. Inoltre, nel sospetto di attobioerroristico, secondo le indicazioni delMinistero della Salute Unità di Crisi (prot.400.3/120.33/4545 del 12/10/2001) [58], vacompilata la “Scheda di notifica di statomorboso causato da agenti biologici, fisici echimici usati a scopi aggressivi”.

    9.1 Misure nei confronti degli esposti edei contattiI contatti vengono definiti come soggettiche [23]:

    hanno avuto un contatto faccia afaccia con un caso sospetto o confer-mato dopo la comparsa della febbre;hanno avuto un contatto a distanzainferiore di 2 metri con un casosospetto o confermato dopo la com-parsa della febbre;hanno condiviso la stessa abitazionecon un caso sospetto o confermatodopo la comparsa della febbre.

    I contatti e i soggetti esposti o con pre-sunta esposizione che presentano febbrecon o senza rash vanno immediatamentevaccinati e isolati secondo le indicazionidescritte nel paragrafo 10.1 “Misure diIsolamento” [10,23].I contatti e i soggetti esposti o con pre-

    sunta esposizione asintomatici vanno

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  • immediatamente vaccinati e posti sotto sor-veglianza per 18 giorni dall’accertata o pre-sunta esposizione o per 14 giorni dalla vac-cinazione, con le seguenti indicazioni [10]:

    misurare la temperatura due volte algiorno, con una misurazione effet-tuata la sera;continuare le normali attività quoti-diane;rimanere nella propria città;mantenere un contatto telefonicogiornaliero con il presidio sanitariodi riferimento; contattare immediatamente il presi-dio sanitario di riferimento se la tem-peratura corporea è ≥38°C e rimane-re nella propria abitazione in attesadell’intervento dei sanitari.

    I contatti e i soggetti esposti o con pre-sunta esposizione asintomatici che duran-te i 18 giorni di sorveglianza presentinouna temperatura corporea ≥38°C vannotrattati come casi sospetti, immediatamen-te posti in isolamento [10,23].

    10. MISURE DI CONTROLLO

    10.1 Misure di isolamento La trasmissione nosocomiale dell’infezio-ne può avvenire attraverso droplet e il con-tatto con il virus da lesioni cutanee [59] o,raramente, da aerosol. In un episodioavvenuto in Germania un paziente contosse, isolato in stanza singola, trasmise lamalattia a soggetti presenti su tre piani dif-ferenti dell’ospedale [5]. Inoltre, la difficol-tà diagnostica e l’alta infettività delleforme emorragiche e maligne aumentanoil rischio di trasmissione nosocomiale. Lemisure di controllo dell’infezione in ambi-to nosocomiale comprendono quindi quel-le previste dal cosidetto “alto isolamento”:precauzioni standard, da contatto, da dro-plet ed aeree [59]. Essendo la trasmissioneaerea possibile, ma rara, si raccomandanoprecauzioni aeree quando e dove possibile,fermo restando che in un evento di massa

    precauzioni di barriera e isolamento entrol’area designata assumono un ruolo piùimportante [59]. Il paziente con vaiolo è contagioso dal

    momento dello sviluppo del rash, che puòessere difficile da riconoscere nelle fasi ini-ziali: tuttavia l’isolamento del caso dalmomento di comparsa della febbre (che ingenere precede l’insorgenza del rash) assi-cura che le idonee precauzioni sianomesse in atto al momento di inizio delperiodo infettivo [10]. Le precauzioniandranno adottate fino al distacco di tuttele croste (circa 3-4 settimane) [59].Il paziente va posto in stretto isolamen-

    to in stanza singola. In presenza di più casisospetti di vaiolo, essi potranno essereposti nella stessa area della struttura(cohorting) per minimizzare il rischio ditrasmissione ad altri pazienti [10]. In Italia l’Istituto Nazionale per le

    Malattie Infettive-IRCCS “L. Spallanzani”di Roma e l’Ospedale “L. Sacco” di Milanosono designati quali Centri di Riferimentoper l’Emergenza Infettivologica.Il reparto ed i locali di isolamento

    dovranno essere ubicati in edifici separatidal resto dell’ospedale o, almeno, avere unaccesso separato e possibilmente un per-corso dedicato fino alla stanza di degenza.L’unità destinata all’isolamento deipazienti deve essere costituita da più stan-ze singole, dotate di servizi igienici e coninterfono per le comunicazioni conl’ambiente esterno. All’interno di taleunità, dovranno essere predisposti localida adibire a spogliatoio per il personalecon docce e lavandini per il lavaggio dellemani. Nel caso in cui l’accesso alle stanzedi degenza avvenga tramite un unico cor-ridoio, è opportuno, per motivi di sicurez-za ed esigenze organizzative, evitare ilricovero di pazienti con altre patologienelle stanze limitrofe. Le stanze di degenza debbono essere

    dotate di sistemi monitorati di ventilazio-ne che assicurino una pressione negativa e

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  • almeno 6 ricambi di aria/ora [4]. L’accessoalle stanze di isolamento, ristretto al per-sonale necessario, dovrà avvenire attraver-so una zona filtro costituita da una stanzao anticamera a tenuta d’aria, ove le carat-teristiche delle strutture lo consentano. Lezone filtro delle stanze debbono essere apressione negativa rispetto ai corridoi,dotate di lavandini per il lavaggio e ladisinfezione delle mani e degli idonei DPI.L’aria in uscita deve essere sottoposta a fil-trazione con filtri High EfficiencyParticulate Air (HEPA) [4]. Il personale sanitario dovrà indossare

    un filtrante respiratorio di tipo FFP2 o dipiù alto livello protettivo per entrare nellastanza del paziente con sospetto o accerta-to vaiolo, anche se vaccinato, soprattuttonella possibilità di ceppi geneticamenteresistenti (come da attacco bioterroristico)o di esposizione a cariche virali elevate(procedure generanti aerosol, pazientiimmunocompromessi, vaiolo emorragicoo confluente) [59].Per quanto riguarda le precauzioni da

    contatto, le lesioni cutanee dei pazientiandranno coperte per prevenirel’aerosolizzazione o il contatto con il virus[59]. Il personale deve indossare guanti ecamice entrando nella stanza, cambiare iguanti dopo ogni contatto con materialepotenzialmente infettivo, rimuovere guan-ti e camice prima di lasciare la stanza elavare immediatamente le mani con unantimicrobico [4]. Quando possibile, glistrumenti per l’assistenza al paziente devo-no essere dedicati [4]. Particolare attenzio-ne deve essere posta nelle fasi di rimozio-ne dei DPI per evitare di contaminarsi. Nei limiti del possibile, l’assistenza a un

    paziente con sospetto o accertato vaiolodeve essere assicurata da personale vacci-nato. La vaccinazione del personale, prefe-ribilmente già vaccinato durante la campa-gna di massa in uso fino agli anni ’70, inpreparazione alla possibile esposizioneriveste un ruolo cruciale nel controllo del-

    l’infezione e deve essere effettuata il primapossibile. I sanitari nuovamente sottoposti a vacci-

    nazione dovrebbero coprire il sito di inocu-lazione con garze o fasce semipermeabilifino al sollevamento e alla caduta dellalesione (circa 21 giorni) ed osservare unascrupolosa igiene delle mani: in caso dieventi avversi da vaccino, ad esempio perinvolontaria autoinoculazione, lesioni ocu-lari (blefarite, congiuntivite), vaccinia gene-ralizzato o progressivo, eczema vaccinatum,o superinfezione batterica con essudato,andranno adottate precauzioni standard eda contatto fino alla formazione di croste[59]. Particolare attenzione andrà posta nel-l’assistenza a pazienti ad alto rischio [59].Nel programma di vaccinazione pre-esposi-zione del 2002-2005 negli Stati Uniti di760.000 militari e 40.000 civili, inclusi70.000 operanti in ambiente sanitario, nonfurono segnalati eventi avversi da vaccinonegli ambienti sanitari [59]. Vi furono 53casi di trasmissione del virus (di cui due ter-ziaria) da militari vaccinati, che non aveva-no seguito le raccomandazioni di coperturadel sito di vaccinazione, a contatti stretti:tutti guarirono senza complicazioni [59]. La vaccinazione dei soggetti suscettibi-

    li, compresi i sanitari, a seguito di un con-tatto non protetto, dovrebbe essere effet-tuata entro 4 giorni dall’esposizione [59]. Nel contesto di un’epidemia su larga

    scala, quando non vi sia un numero distrutture adeguate a far fronte ai numero-si casi, potrebbe essere necessario isolare ipazienti che non necessitano di ospedaliz-zazione nella propria abitazione [10].Le persone con estese lesioni cutanee

    non facilmente copribili (ad esempio fac-ciali) o secernenti, o con sintomi respirato-ri, dovrebbero essere isolate in una stanzao in una zona separata dagli altri membridella famiglia. Per movimenti al di fuoridell’area di isolamento, una maschera chi-rurgica dovrebbe essere indossata se cisono sintomi respiratori. Le lesioni della

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  • pelle dovrebbero essere coperte il più pos-sibile (maniche e pantaloni lunghi) perminimizzare il rischio di contatto con altri.I membri della famiglia che entrano nellastanza o nella zona dovrebbero indossareuna maschera chirurgica; dovrebbero esse-re utilizzati guanti usa e getta per ognicontatto diretto con il paziente. Personeche non hanno avuto contatto con la per-sona malata non dovrebbero entrare nellacasa. Il personale sanitario e gli altri chedevono entrare nella casa per curare ilpaziente dovrebbero indossare un filtranterespiratorio FFP2 o di più alto livello pro-tettivo.Scrupolosa igiene delle mani (lavarsi le

    mani con acqua calda e sapone o utilizza-re un detergente ad alcol) dovrebbe essereseguita dalle persone infette e da chi è incontatto con loro frequentemente e, in par-ticolare, dopo aver toccato parti del corpo,vestiti, lenzuola, o altre superfici ambien-tali che possono essere stati in contattocon le lesioni infettive.Il lavaggio della biancheria (lenzuola,

    asciugamani, vestiario) può essere effet-tuato in una normale lavatrice con acquacalda e detergente; si può aggiungere vare-china ma non è necessario. Si dovrebbeprestare attenzione quando si maneggiabiancheria sporca per evitare contattodiretto con materiale contaminato. Labiancheria sporca non dovrebbe esseresbattuta o manipolata in modo da sparge-re particelle infettive.I piatti e gli utensili da cucina non

    dovrebbero essere condivisi e, se usati dallapersona infetta, lavati con acqua calda esapone.Le superfici contaminate dovrebbero

    essere pulite e disinfettate. Possono essereutilizzati i normali disinfettanti e deter-genti domestici secondo le istruzioni deiproduttori. Il vestiario, le bende e altromateriale contaminato dalle lesioni infettedovrebbe essere messo in una borsa sepa-rata e posto nell’apposito contenitore per

    l’eliminazione assieme ad altri rifiutidomestici.

    10.2 Trasporto del paziente Gli spostamenti del paziente con vaiolosospetto o confermato andranno program-mati e limitati a strette necessità assisten-ziali: il paziente indosserà una mascherinachirurgica per ridurre la dispersione deidroplet e il personale un filtrante respirato-rio FFP2 o di più alto livello protettivo. Il trasporto dei pazienti dovrà essere

    preferibilmente effettuato per mezzo dibarelle-isolatori pressurizzati, dotate di fil-tri HEPA. In caso di mancanza di talidispositivi di trasporto, le parti del veicoloo dell’aeromobile maggiormente esposte acontatto con il paziente ed i suoi escreti,dovranno essere rivestite di fogli di plasti-ca, al fine di facilitare le successive opera-zioni di pulizia e disinfezione [31]. Dopo iltrasporto, i mezzi utilizzati dovranno esse-re puliti, mediante sfregamento con solu-zione di ipoclorito o, preferibilmente, consoluzioni di fenolo, risciacquandole dopoun contatto di almeno 30 minuti; si proce-derà successivamente a disinfezione gasso-sa con vapori di formaldeide. La disinfe-zione con formaldeide è altamente sconsi-gliata nel caso di aeromobili, per il rischiodi reazioni chimiche con la strumentazio-ne di bordo [31].

    10.3 Sanificazione ambientale e gestio-ne dei materiali infettiIl virus del vaiolo è stabile se liofilizzato,congelato o semplicemente conservato inglicerina [31].Nelle croste il virus del vaiolo è stabile,

    potendo persistere per 3 settimane a 35°Ccon umidità relativa del 65%; a 26°C resi-ste per 8 settimane e per 12 settimane inambiente molto secco (umidità relativa

  • da materiale organico), si ritiene cheVariola major si comporti nello stessomodo [31].I materiali tessili provenienti dal

    paziente, dai contatti stretti e dagli espostidovranno essere maneggiati avendo curadi provocare la minima agitazione deglistessi al fine di prevenire la dispersione dipiccoli residui cutanei. Devono essere rac-colti secondo le procedure standard (dop-pio sacco di cui l’interno idrosolubile) eautoclavati prima di essere lavati o incene-riti. I materiali contaminati da secrezionie fluidi biologici di persone infette vannoinceneriti o autoclavati a temperature di120°C; è possibile impiegare soluzioni diipoclorito al 10% di cloro disponibile(10.000 ppm) o disinfettanti a base diammonio quaternario, oppure altre solu-zioni disinfettanti: formaldeide al 4% (for-malina al 10%) oppure glutaraldeide al 4%(ph 8-8,5) [31].Le misure previste dalle Precauzioni

    Standard per la sanificazione ambientale ela gestione di biancheria, effetti letterecci,altri materiali infetti sono valide anche incaso di sospetta o accertata infezione davirus del vaiolo. Quando possibile, i presidi assistenziali

    non critici devono essere dedicati al singo-lo paziente (o a pazienti con la stessamalattia); se è necessario riutilizzarli, nondevono essere usati per l’assistenza ad unaltro paziente prima che vengano sottopo-sti a pulizia e decontaminazione appro-priata.

    10.4 Informazioni per i pazienti, parentie visitatoriDeve essere preparato e distribuito mate-riale informativo che includa la descrizio-ne chiara della sintomatologia e le sediassistenziali cui rivolgersi per la valutazio-ne in caso sia riconosciuta tale sintomato-logia. Devono essere specificati i dettagliriguardo il tipo e la durata dell’isolamento.Devono essere date informazioni sulla vac-

    cinazione e i possibili effetti collaterali.Misure estreme come l’incenerimento o labollitura dei materiali potenzialmente con-taminati devono essere scoraggiate.

    11. VACCINO

    La prima strategia di vaccinazione per ilvaiolo fu intrapresa nel tardo ‘600 attraver-so un processo chiamato “variolizzazione”,che consisteva nell’iniettare in un soggettosano materiale prelevato da pustole di unsoggetto malato in via di guarigione: ilvirus non era attenuato e gravi erano glieffetti collaterali associati alla pratica, conil rischio di trasmissione della malattia daparte del soggetto vaccinato a personesuscettibili e con un tasso di letalità del0,5-2% [4]. Nel 1796 Edward Jenner siaccorse che le donne addette alla mungitu-ra, che frequentemente contraevano ilvaiolo bovino, difficilmente venivano col-pite da quello umano. Iniziò così la diffu-sione del vaccino costituito da Cowpoxvirus, sostituito poi dal virus vaccinico(Vaccinia) - geneticamente distinto dalCowpox - la cui origine resta sconosciuta:potrebbe essere derivato dal Cowpoxattraverso vari passaggi in coltura o rap-presentare un ulteriore Orthopoxvirusestinto in natura [4]. In Italia, fu Luigi Sacco a diffondere,

    dal 1799, la vaccinazione nella RepubblicaCisalpina, riducendo drasticamente lamortalità da vaiolo. Nel 1956 l’OMS inco-minciò il primo programma di eradicazio-ne della malattia, intensificando alla finedegli anni ‘60 la campagna di vaccinazionedi massa in ogni paese endemico e imple-mentando una strategia mirante a vaccina-re rapidamente le persone venute a contat-to con casi di vaiolo (ring vaccination).Questa nuova fase venne chiamata GlobalIntensified Eradication Program (1967-1977). Negli Stati Uniti, l’ultimo caso si eraverificato nel 1949 [29]. L’8 Maggio 1980,l’OMS dichiarò eradicata la malattia.

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  • La vaccinazione antivaiolosa è statasospesa in Italia nel 1977 e definitivamen-te abrogata con una legge del 1981: la vac-cinazione fu considerata non più necessa-ria per la prevenzione e venne stimato chegli effetti indesiderati fossero a quel puntopiù probabili e pericolosi rispetto alrischio di contrarre la malattia, ormairemoto considerando il livello di immuni-tà raggiunto su scala mondiale. In annirecenti, solo personale che lavora con virussimili al vaiolo in ambienti di ricerca haricevuto la vaccinazione [30]. Dopo l’11 settembre 2001 il governo

    statunitense ha cominciato a produrrenuove dosi di vaccino per essere in gradodi immunizzare la popolazione americananel caso di una nuova epidemia di vaiolo,e nel dicembre 2002 il presidente degliStati Uniti ha offerto ai cittadini america-ni la possibilità di vaccinarsi contro ilvirus del vaiolo. A fine marzo 2003 sonostati vaccinati oltre 350.000 americani, tracivili appartenenti alle istituzioni sanitariee militari impegnati in azioni di guerra inIraq. Il vaccino antivaioloso attualmente non

    viene prodotto in Italia [31]. Date le com-plicanze possibili, il Ministero sconsigliauna vaccinazione estesa alla popolazionein assenza di pericolo imminente [30]. Il vaccino del vaiolo finora utilizzato

    (Dryvax, Wyeth Pharmaceuticals, Inc.,Marietta, Pennsylvania) è una preparazio-ne liofilizzata di virus vaccinico prodottaattraverso l’inoculazione del virus nei bovi-ni e la successiva estrazione di materialepurulento dalle lesioni prodotte. Il vaccinocontiene, inoltre, polimixina B, streptomi-cina, tetraciclina e neomicina. La maggiorparte delle dosi di vaccino sono state pro-dotte e conservate durante gli anni ’70. Perfar fronte ad un’eventuale emergenza,numerosi sono stati gli studi condotti alfine di verificare l’efficacia del vaccinoqualora questo venga diluito, allo scopo diavere a disposizione un numero maggiore

    di dosi [32-37]: alle diluizioni 1:5 e 1:10non vi sarebbe una significativa perdita diefficacia.Il vaccino è in grado di stimolare sia

    l’immunità cellulo-mediata, con controllodella replicazione virale locale, sial’immunità umorale che, attraverso anti-corpi neutralizzanti, controlla la dissemi-nazione del virus [38].L’efficacia della vaccinazione primaria è

    dimostrata dalla comparsa dopo 7 giorni diuna lesione vescicolare o pustolosa nel sitodi vaccinazione mentre l’efficacia dellarivaccinazione è dimostrata da una infiam-mazione palpabile nel sito di inoculazionedopo 6-8 giorni [39]. La presenza di unareazione cutanea localizzata correla con losviluppo di anticorpi neutralizzanti, cheappaiono 10 giorni dopo la vaccinazione e 7giorni dopo la rivaccinazione [39]. Un titolodi anticorpi inibenti l’emoagglutinazione oneutralizzanti ≥1:10 si sviluppa nel 95% deivaccinati e sembra conferire protezione, manessuno studio ha valutato questa correla-zione sul campo [39].La durata dell’immunità non è mai

    stata misurata adeguatamente. Alcunistudi epidemiologici suggeriscono unaprotezione per 5-10 anni dopo la vaccina-zione primaria: anticorpi neutralizzanticon titolo ≥1:10 sono stati riscontrati nel75% di soggetti 10 anni dopo aver ricevutodue dosi di vaccino e 30 anni dopo averricevuto tre dosi [39]. Il 20% dei soggettivaccinati prima degli anni ‘70 avrebbe,oggi, una protezione adeguata [23]. Unrecente studio ha suggerito l’utilità di effet-tuare un test intradermico con virus vacci-nico inattivato al fine di predirel’immunità residua (specificità 97%, sensi-bilità 85%) [40].I successivi paragrafi si riferiscono alle

    numerose osservazioni desunte nei sogget-ti vaccinati con vaccino Dryvax,: è statorecentemente disposto di distruggere lescorte disponibili del vaccino entro il 29febbraio 2008. Il vaccino, creato negli ulti-

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  • mi anni del XVIII secolo, è stato sostituitodal vaccino ACAM2000 (Acambis, Inc,Cambridge, Massachusetts), un vaccinovivo contenente Vaccinia virus approvatoper l’uso negli Stati Uniti dalla Food andDrug Administration in agosto 2007, deri-vato dal vaccino Dryvax [4]. Un trial clini-co di fase 2 ha dimostrato che alla doseunica di 6,8 x 107 pfu/mL, ACAM2000induce una sufficiente risposta immunenel 94% dei soggetti, comparabile all’effi-cacia ottenuta con il Dryvax; è inoltre col-tivato in colture cellulari, nella speranza diprodurre un vaccino più sicuro con unminor rischio di causare gravi complica-zioni.Numerosi sono gli studi che indagano

    lo sviluppo di nuovi vaccini allo scopo diaumentare la sicurezza della vaccinazione.Importanti risultati si stanno ottenendocon l’uso di virus vaccinici altamente atte-nuati o difettivi, di vaccini a DNA che con-tengano geni virali come immunogeni e divaccini con subunità ricombinanti [41-44].

    11.1 Utilizzo del vaccino in profilassi pree post-esposizioneNegli Stati Uniti la vaccinazione pre-espo-sizione è raccomandata per [4,39,45]:

    personale di laboratorio e medicoche possa venire a contatto direttocon colture di virus vaccinico, mate-riali infetti, virus vaccinici ricombi-nanti, altri Orthopoxvirus in grado diinfettare l’uomo, o con animali infet-tati con virus vaccinico non attenua-to o altri Orthopoxvirus in grado diinfettare l’uomo; personale designato a condurre inda-gini che prevedano il contatto direttocon casi sospetti di vaiolo. È racco-mandata l’identificazione di specificiteam militari e medici per far fronteall’emergenza nelle fasi iniziali. OgniDipartimento di Emergenza dovreb-be quindi identificare uno specifico emultidisciplinare team di sanitari,

    addetti alla sicurezza, ausiliari chesiano vaccinati e addestrati allagestione dei casi sospetti di vaiolo;personale responsabile della sommi-nistrazione del vaccino;personale militare a rischio.

    Secondo le indicazioni riportate dalCenter for Infectious Disease Research &Policy (CIDRAP) [4], nel caso di sospettoevento da rilascio intenzionale si deveprovvedere immediatamente all’identifica-zione dei contatti e di coloro che potrebbe-ro essere stati esposti. L’immunità si svilup-pa in 8-11 giorni dopo la vaccinazione: poi-ché il periodo di incubazione del virus è inmedia di 12 giorni, l’immediata vaccinazio-ne a seguito di sospetta o confermata espo-sizione può essere efficace e dovrebbe avve-nire entro 4 giorni dall’esposizione [4], mai risultati sull’utilità sono contrastanti[47,48]. La vaccinazione post-esposizionesarebbe particolarmente utile per coloroche sono stati vaccinati in passato, essendoprevedibile una risposta immunitariaanamnestica più rapida con la rivaccina-zione [23].In particolare, la vaccinazione andreb-

    be effettuata nei seguenti gruppi di sogget-ti [10]:

    soggetti esposti al rilascio del virus;soggetti che abbiano avuto contattistretti (faccia a faccia o a distanza

  • la vaccinazione deve essere presa inconsiderazione in tutti i soggetti pre-senti nell’ospedale nel periodo in cuiera presente un caso non ancoraappropriatamente isolato.

    Coloro che presentano controindicazio-ni al vaccino (vedi paragrafo 11.3), marientrano in queste categorie, dovrebberoessere comunque considerati per la vacci-nazione [10].

    11.2 Somministrazione del vaccino La vaccinazione consiste in una singoladose seguita da un richiamo ogni 10anni.Un richiamo ogni 3 anni [39] è consi-

    gliato per coloro che lavorano con virusvaccinici non attenuati, virus ricombi-nanti derivati da virus vaccinici non atte-nuati e altri Orthopoxvirus comeMonkeypox. Prima della somministrazio-ne del vaccino vanno ricercate eventualicontroindicazioni [49]. Il vaccino va som-ministrato attraverso un ago biforcuto,preferibilmente a livello del deltoide edell’avambraccio, con tre rapide inserzio-ni alla prima vaccinazione, 15 nella rivac-cinazione. La risposta alla vaccinazione va valu-

    tata dopo 6-8 giorni osservando la com-parsa della tipica reazione: dopo 3-5 gior-ni compare nel sito una papula rossa, cheevolve in vescicola in 5-8 giorni, quindi inpustola raggiungendo le maggiori dimen-sioni in 8-10 giorni. Successivamente siforma una crosta che cade dopo 14-21giorni lascando una cicatrice depressa.È stata descritta la persistenza di virus

    vaccinico nel sito di inoculo fino a 21 gior-ni dopo l’avvenuta vaccinazione [50].Particolare attenzione va posta nella curadel sito di vaccinazione, onde evitarel’autoinoculazione e la trasmissione percontatto a persone suscettibili: la zona vacoperta con garze da cambiare ogni 1-2giorni e il vaccinato va istruito a lavare le

    mani con acqua e sapone dopo ogni con-tatto con la zona o con le garze contami-nate [51].

    11.3 ControindicazioniLa vaccinazione con virus vaccinico è con-troindicata in persone con le seguenti con-dizioni o familiari di soggetti con leseguenti condizioni [4,51-53]:

    eczema o dermatite atopica, anchese la condizione è lieve o non attiva,per l’aumentato rischio di eczemada virus vaccinico;condizioni cutanee con lesioni esfo-liative acute o croniche (ustioni,impetigine, varicella, dermatite dacontatto, herpes simplex o zoster,acne severa, psoriasi); immunodeficit naturali o acquisi-ti: infezione da HIV, tumori emato-logici o di organi solidi disseminati,trapianti di cellule staminali o orga-ni solidi, immunodeficit ereditari,malattie autoimmuni. Un vaccino èstato sviluppato per l’uso in stati diimmunocompromissione [54];trattamenti immunodepressivi:agenti alchilanti, chemioterapici,radiazioni, corticosteroidi; personetrattate con corticosteroidi ad altedosi (≥20 mg/die prednisone peralmeno 14 giorni) non dovrebberoessere vaccinate per 1 mese dalcompletamento della terapia; perso-ne trattate con altri agenti immuno-depressivi negli ultimi 3 mesi nondovrebbero essere vaccinate;gravidanza o donne che hanno inprogramma un concepimento nelmese successivo: la vaccinazionepuò causare aborto o morte perina-tale. In un’emergenza bioterroristi-ca, la vaccinazione va considerata indonne in gravidanza ad alto rischiodi esposizione;allattamento;

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    reazioni di ipersensibilità a compo-nenti del vaccino;persone sotto i 18 anni di età insituazioni di non emergenza;malattia cardiaca, anche non sinto-matica, o con tre o più fattori mag-giori di rischio per patologie cardia-che: ipertensione, diabete, ipercole-sterolemia, malattia cardiaca infamiliare di primo grado in età infe-riore ai 50 anni, fumo.

    È stato proposto l’uso di immunoglo-buline verso il virus vaccinico in profilassiper pazienti con controindicazioni [55].Le limitazioni all’uso derivano dalla man-canza di dati di efficacia, dalla scarsadisponibilità e dagli effetti collaterali asso-ciati (dolore locale, cefalea, mialgie, feb-bre, sintomi gastrointestinali, dorsalgie,insufficienza renale e anafilassi) [51].

    11.4 Reazioni avverse e loro trattamentoLa vaccinazione antivaiolosa può provo-care reazioni locali, con dolore ed eritemao infezioni batteriche secondarie nel sitodi vaccinazione e sistemiche, con febbre,malessere, mialgie, cefalea. In casi piùgravi, possono verificarsi reazioni derma-tologiche generalizzate quali eritema mul-tiforme e sindrome di Steven-Johnson. Altre reazioni avverse sono le seguen-

    ti [4]:autoinoculazione involontaria inaltra zona corporea;infezione generalizzata da virus vac-cinico: vescicole o pustole in zonecutanee distanti dal sito di vaccina-zione;eczema vaccinatum: diffusione loca-le o sistemica di virus vaccinico;può essere grave, fino alla morte;cheratite vaccinica;vaccinia progressiva: necrosi nel-l’area della vaccinazione, spesso conlesioni metastatiche ad altri siti; puòessere grave, fino alla morte;

    encefalite post-vaccinica;infezione vaccinica fetale: dopo laprima inoculazione in donne gravi-de; risulta generalmente in aborto omorte perinatale;miopericardite vaccinica: tale even-to avverso è stato osservato durantel’ultima ondata di vaccinazione,negli Stati Uniti, in seguito al pro-gramma speciale del governo Bushattuato a partire dal 2002. Su oltre 1milione di militari vaccinati, sonostati osservati 140 casi di mioperi-cardite [4,30];infarto del miocardio: osservati 18casi tra i vaccinati recentementenegli Stati Uniti [4].

    Le morti in seguito a vaccinazionesono stimate in 1,1 per milione di primivaccinati e sembrano correlate con ilceppo usato per la vaccinazione [4].Le più importanti reazioni avverse

    conseguenti alla vaccinazione primaria eloro gestione sono riportate in Tabella 6(v. pag. 224). I tassi di effetti collateralisono tratti da osservazioni negli StatiUniti [56,57]. La terapia delle reazioni avverse si basa

    sull’uso delle immunoglobuline specifichecontro il virus vaccinico (IGV). La Foodand Drug Administration nel 2005 haapprovato il loro uso nelle seguenti condi-zioni [4]: infezione aberrante da virus vac-cinico per inoculazione accidentale, inparticolare negli occhi (esclusa la cheratiteisolata) e nel cavo orale; eczema vaccina-tum, vaccinia progressivo, vaccinia genera-lizzato; infezione da virus vaccinico inindividui con lesioni o malattie cutanee. Altra alternativa, sperimentale, è il

    cidofovir, ma non vi sono dati conclusividi efficacia [4].Vidarabina e trifluridina, antivirali

    topici oftalmici, sono stati impiegati consuccesso nella terapia delle infezioni dellacornea e della congiuntiva [4].

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