Vademecum DPR97 seconda edizione d

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D.P.R. 97/2003 Elementi, Interpretazione e Confronto con la Precedente Normativa. Seconda Edizione Seconda Edizione (ver. d) Ottobre 2003 a cura di A. Carnevali / C. Nicoletti © GESINF S.r.l. Tutti i diritti riservati Vietata la riproduzione o la pubblicazione anche parziale

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D.P.R. 97/2003

Elementi, Interpretazione e Confronto con la Precedente Normativa.

Seconda Edizione

Seconda Edizione (ver. d) – Ottobre 2003 a cura di A. Carnevali / C. Nicoletti – © GESINF S.r.l.

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D.P.R. 97/2003 Elementi, Interpretazione e Confronto con la Precedente Normativa.

Sommario

PREMESSA .........................................................................................................................................2 NOTA ALLA SECONDA EDIZIONE ........................................................................................................2 INFORMAZIONI GENERALI E APPLICABILITÀ......................................................................................3

Schema della legge.......................................................................................................................3 Ambito di Applicazione ................................................................................................................3 Obbligo di Adeguamento..............................................................................................................3 Sintesi delle Novità.......................................................................................................................5

I NUOVI ELEMENTI DELLA TENUTA AMMINISTRATIVA .....................................................................7 Separazione tra indirizzo politico-amministrativo e gestione delle risorse.................................7 Bilancio Pluriennale.....................................................................................................................7 Centri di Responsabilità...............................................................................................................7 Unità Previsionali e Unità Previsionali di Base ..........................................................................9 Centri di Costo e Contabilità Analitica......................................................................................10 Funzioni-Obiettivo, Programmi e Progetti ................................................................................12

LE SCRITTURE ED IL BILANCIO ECONOMICO PATRIMONIALE ..........................................................13 Principi Contabili.......................................................................................................................13 Preventivo Economico................................................................................................................13 Consuntivo Economico...............................................................................................................14 Stato Patrimoniale......................................................................................................................14

LA GESTIONE FINANZIARIA.............................................................................................................16 Bilancio di Previsione Finanziario ............................................................................................16 Avanzo di Amministrazione e Fondi...........................................................................................16 Variazioni e Assestamento di Bilancio.......................................................................................17 Gestione delle Entrate ................................................................................................................18 Gestione delle Uscite..................................................................................................................19 Residui ........................................................................................................................................21

BILANCI IN FORMA ABBREVIATA ....................................................................................................26

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Premessa Scopo della presente pubblicazione è fornire un quadro dettagliato delle novità introdotte dal decreto del Presidente della Repubblica del 27 febbraio 2003, n. 97 - Regolamento concernente l’amministrazione e la contabilità degli enti pubblici di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70 – con esclusivo riguardo alle differenze concettuali e strutturali rispetto al precedente regolamento, di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 18 dicembre 1979, n. 696. Il fine principale è quello di agevolare l’adozione della nuova normativa nei settori ragioneria e bilancio degli enti pubblici interessati. Particolare attenzione è stata pertanto rivolta agli argomenti che impattano le problematiche contabili, lasciando in secondo piano, o escludendo, quelle non propriamente ragionieristiche (quali, ad esempio, l’attività negoziale e la gestione patrimoniale). Il documento è rivolto ai lettori esperti di contabilità finanziaria pubblica, in particolare di cui al DPR 696/79, e con solide basi di contabilità economico – patrimoniale. Data la vastità dell’argomento, gli autori si scusano fin da ora per le scelte adottate circa il livello di approfondimento degli argomenti trattati, alle volte necessariamente arbitrarie.

Nota sulla punteggiatura Nel testo il rimando agli articoli del D.P.R. in esame è indicato tra parentesi quadre, dove il primo numero si riferisce all’articolo ed il secondo al comma in oggetto. Così, ad esempio, la dicitura [6.1] indica il richiamo all’articolo 6, comma 1 della legge in oggetto. La dicitura [all. n] si riferisce invece all’allegato n. n.

Nota alla seconda edizione Nella presente edizione, oltre che una serie di sistemazioni di natura sintattica – ortografia di nessuna rilevanza concettuale, è presente una rivisitazione notevole delle parti inerenti gli impegni di spesa, con la descrizione più dettagliata di una delle possibili alternative di interpretazione, prima solo accennata. Tale nuova trattazione, che prende spunto dai diversi approfondimenti condotti con gli enti interessati, era stata anticipata già nelle precedenti versioni del presente documento, e comunque deve ancora essere ritenuta suscettibile di perfezionamento.

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Informazioni Generali e Applicabilità

Schema della legge Il decreto del Presidente della Repubblica del 27 febbraio 2003, nr. 97 - Regolamento concernente l’amministrazione e la contabilità degli enti pubblici di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70 - pubblicato sulla G.U. del 6 maggio 2003 n. 103, S.O. - si compone di 95 articoli, raggruppati in 9 titoli. E’ corredato di 17 allegati, numerati dal n. 1 al n. 17, dei quali, in particolare, il n. 1 si riferisce ai Principi Contabili Generali, il n. 14 ai Criteri di iscrizione e di valutazione degli elementi patrimoniali attivi e passivi, il n. 17 ai Principi di Revisione; i restanti riportano gli schemi per la redazione dei bilanci e la modulistica contabile.

Ambito di Applicazione Innanzitutto è opportuno sottolineare che il nuovo regolamento ha un ambito di applicazione diretta apparentemente limitato, essendo specificatamente indirizzato solo agli enti di cui alla legge 20 Marzo 1975 n. 70 [2.1]. Tuttavia, per quanto attiene l’applicazione indiretta, è lecito supporre che la novità investa un numero di enti decisamente superiore, e ciò in virtù dell’espressa abrogazione, a partire dal 1/1/2004, del DPR 696/79 [95.1], costantemente chiamato sia in ambito legislativo che regolamentare a rappresentare il riferimento per la contabilità pubblica finanziaria per una vasta serie di enti. E’ infatti difficile immaginare come i settori non direttamente investiti di obblighi legislativi in materia di ordinamento contabile, che hanno adottato propri regolamenti o rimandato ai principi generali della contabilità pubblica, possano esimersi dall’applicare i nuovi principi, di orientamento aziendalistico, riferendosi ad una norma del 1979 non più vigente. Del resto tale considerazione è largamente rappresentata nel parere emanato dalla Corte dei Conti sullo schema del nuovo regolamento, preliminare all’approvazione della legge [Corte dei Conti, Sezioni Riunite, adunanza del 4 luglio 2002], laddove si evidenzia che “è prevedibile che [il nuovo DPR] costituirà polo di attrazione e termine di paragone per tutte le produzioni normative analoghe che potranno essere adottate da enti collocati al di fuori dell’ambito della legge n. 70/1975”, Nulla di più scontato, quindi, del supporre che il nuovo DPR, prendendo il posto del vecchio, costituisca il suo naturale sostituto anche come linea guida per la contabilità nel frammentato mondo degli enti pubblici non statali, non inquadrati nella pubblica amministrazione locale, rispondendo, per usare le parole della legge, alla “…necessità di adeguare la contabilità degli enti pubblici non economici alla nuova realtà gestionale.” [preambolo].

Obbligo di Adeguamento Una significativa differenza, rispetto agli aggiornamenti normativi precedenti, riguarda l’obbligatorietà ed i termini di adozione del nuovo regolamento da parte degli enti destinatari. Infatti, questi sembrano tenuti obbligatoriamente all’adozione del nuovo ordinamento finanziario e contabile [2.2], indipendentemente dal proprio regolamento attuale, senza margini di variazione se non per le parti non espressamente disciplinate nella nuova norma (o espressamente derogate*), ovvero “in esecuzione e ad integrazione” della stessa [1.m]. Quindi, a differenza delle leggi e delle circolari in materia emesse negli ultimi anni, l’entrata in vigore del nuovo regolamento sembra non comportare più un semplice “adeguamento” dei regolamenti specifici, ma la loro “sostituzione” con il nuovo testo e la successiva integrazione delle parti non trattate. Del resto tale rigidità appare del tutto giustificata dato l’alto numero di regolamenti attualmente presenti nelle svariate amministrazioni pubbliche, alcuni dei quali, nel tentativo di semplificare la gestione, hanno di fatto perso la coerenza e l’organicità del regime contabile finanziario, esponendo le amministrazioni al rischio di una parziale perdita di controllo ed alla redazione di bilanci scarsamente leggibili. Del resto, l’importanza per gli enti pubblici in oggetto di “disporre, al più presto, di un punto di

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riferimento certo nell’ordinamento giuridico” è esplicitamente rappresentata nel parere del Consiglio di Stato sullo schema del nuovo DPR [Consiglio di Stato, Sezione Consultiva per gli Atti Normativi, Adunanza del 25/11/2002].

Deroghe Esplicite Nel testo della legge sono presenti numerosi aspetti la cui disciplina è espressamente derogata al regolamento interno di cui ciascun ente deve dotarsi. L’elenco che segue riporta tali aspetti, ivi comprese le deroghe consentite con disposizioni statutarie.

* Per i limiti alla regolamentazione individuale si veda il comma m) dell’articolo 1 ed il comma 2 dell’articolo 2. Per l’obbligo di trasmissione del regolamento dell’ente all’amministrazione vigente ed al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato - si veda il comma 3 dell’articolo 2.

1. Termine per la deliberazione del bilancio di previsione da parte dell’organo di vertice (da disposizione statutaria) [5.2, 10.1]

2. Definizione dei tempi e dei modi di trasmissione, dal funzionario competente all’ufficio ragioneria, della documentazione inerente la rilevazione degli accertamenti, ai fini dell’annotazione nelle scritture contabili [26.4]

3. Definizione dei tempi e delle procedure per la tempestiva e sollecita regolarizzazione delle somme riscosse non ancora contabilizzate con ordinativo di incasso (sospesi di entrata) [27.4].

4. Definizione della cadenza per il versamento in tesoreria delle somme riscosse da incaricati interni designati dall’ente [28.3]

5. Termine per la deliberazione del rendiconto generale da parte dell’organo di vertice (da disposizione statutaria) [38.4]

6. Definizione delle modalità, dei tempi e delle procedure per la verifica della regolarità amministrativo-contabile della spesa [37.1]

7. Disciplina del servizio di cassa interno e della gestione economale [51.1] 8. Disciplina delle modalità di inventariazione, di classificazione e di gestione dei beni e della nomina dei

consegnatari [53.2] 9. Definizione delle competenze, delle forme di negoziazione, delle modalità di aggiudicazione, della

stipulazione e delle modalità di esecuzione del contratto e della collaudazione, informando la relativa disciplina alla correttezza, imparzialità, concorrenzialità, trasparenza, efficienza ed efficacia dei processi, nonché alla normativa vigente [58.1]

10. Disciplina degli acquisti di beni e servizi da eseguirsi in economia, sulla base dei principi e dei criteri fissati dalla normativa vigente [62.1]

11. Definizione dell'oggetto delle spese e dei relativi ammontari per le spese gestite mediante ordini di provvista fondi a favore di funzionari ordinatori ovvero non imputabili direttamente al bilancio dell’ente [63.3]

12. Disciplina delle modalità di riscossione delle somme da parte di agenti della riscossione, sulla base dei principi definiti nella normativa [68.1]

13. Definizione delle forme dei modelli relative alle scritture contabili nonché ogni altro registro, scheda o partitario occorrente per la contabilità non previste nella normativa in oggetto [74.4].

14. Disciplina del sistema dei controlli interni, in relazione all'assetto dimensionale ed alla propria attività caratteristica, conformemente alle disposizioni vigenti [78.1].

15. Facoltà di prevedere autonome verifiche di cassa da parte dell'amministrazione dell'ente, ferme restando le competenze affidate in materia al collegio dei revisori dei conti [83.1]

16. Attivazione del controllo di gestione idoneo a verificare, mediante valutazioni comparative dei costi e dei rendimenti, la realizzazione degli obiettivi nonché la corretta ed economica gestione delle proprie risorse, in relazione alle proprie dimensioni e agli aspetti tipici della gestione, ai sensi della normativa vigente e secondo le modalità stabilite dalla norma in oggetto [84.1]

17. Termine per la predisposizione dei bilanci tecnici negli enti previdenziali che adottano il sistema tecnico-finanziario a capitalizzazione (da disposizione statutaria) [87.1].

18. Disciplina dell’effettuazione delle spese di rappresentanza, nel rispetto dei principi definiti nella norma in oggetto [92.3]

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Vi sono inoltre altre materie la cui regolamentazione dipende dalle scelte dell’ente, implicite o esplicite; tra queste, ad esempio, la facoltà di affidare la gestione di talune spese a carattere strumentale, comuni a più centri di responsabilità amministrativa o produttiva, ad un'unica struttura al fine di realizzare economie di scala e di evitare duplicazioni di strutture [24.2].

Sintesi delle Novità La prima impressione, ad una rapida lettura del nuovo DPR, è di assoluta continuità sia con il vecchio ordinamento finanziario, sia con le vasta serie di norme, circolari e linee guida emesse dai vari organi istituzionali in materia di adeguamento dei bilanci ai principi della contabilità economica (es. D.Lgs. 279/97). La sensazione è che il legislatore abbia voluto semplicemente riassumere e catalogare in uno schema organico la mole delle indicazioni, a volte discordanti, già presenti in altre disposizioni, rendendole applicabili. Tuttavia, dopo attenta analisi, tale impressione si dimostra parzialmente infondata, e ciò per due motivi : in primo luogo perché le disposizioni in materia di riassetto organizzativo assumono questa volta un carattere vincolante, ossia non lasciano adito a interpretazioni e riadattamenti dei vecchi schemi, come invece accaduto finora per altri aggiornamenti legislativi; in secondo luogo perché la norma riporta in primo piano, senza possibilità di deroga, alcuni principi ritenuti da molti obsoleti (primo fra tutti il principio di cassa) ribadendo l’importanza della tenuta finanziaria, ivi compresi alcuni vincoli di gestione che erano stati “rimossi” in molte amministrazioni. Pertanto, a ben guardare, la norma prevede numerose novità non solo sotto il profilo puramente operativo (ad esempio una nuova modulistica e nuovi schemi di bilancio), ma richiede anche una notevole revisione concettuale dei principi base della tenuta amministrativa (es. principi civilistici, budget per centri di costo) ed un nuovo approccio organizzativo (es. organi decisionali e gestionali, centri di responsabilità amministrativa). Tutto considerato, al di là della familiarità dei termini e dei principi, l’effetto risultante dalla loro completa applicazione si tradurrà, per molte amministrazioni, in una discreta rivoluzione culturale, più o meno accentuata in funzione delle dimensioni dell’ente e della complessità delle attività gestite. La novità più importante, sotto il profilo operativo, è l’introduzione obbligatoria ed a pieno titolo della contabilità economico patrimoniale (per conti e centri di costo) parallelamente alla tenuta della contabilità finanziaria, e la definizione dei principi di integrazione e riconciliazione tra le due. Il nuovo ordinamento attribuisce infatti ai due regimi contabili una assoluta parità in termini di importanza, ed anzi, soprattutto per quanto attiene la presentazione dei bilanci consuntivi, sembra riservare una particolare attenzione proprio alla formulazione del bilancio nella forma e secondo i principi aziendalistici, lasciando alla finanziaria le funzioni di programmazione, autorizzazione e controllo della spesa, per le quali, come era lecito supporre, continua ad essere ritenuta più appropriata. Si riporta un rapido elenco, in sintesi, dei principali fattori di novità che gli enti si troveranno ad affrontare a partire dal preventivo 2004, con esclusivo riferimento, come indicato in premessa, agli aspetti operativi di gestione. L’elenco non è in ordine di importanza, essendo diversi, da ente ad ente, il punto di partenza e la complessità di adeguamento.

1. L’aspetto economico patrimoniale è preponderante, essendo previsti il budget finanziario ed economico, il budget economico per centri di costo (anche se forse non obbligatorio, vedi oltre) ed il consuntivo economico patrimoniale, redatto secondo gli schemi ed i principi di cui agli art. 2424 e 2425 del codice civile (per quanto applicabili). E’ anche previsto il quadro di classificazione dei risultati economici, con distinzione tra costi e ricavi tipici e calcolo del risultato operativo. E’ introdotta la nota integrativa, come da bilancio civilistico, e, in termini di stato patrimoniale, i “conti d’ordine”. In tale contesto, la partita doppia, seppure non obbligatoria, diviene di fatto lo strumento più idoneo per la gestione degli enti di medie e grandi dimensioni.

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2. La contabilità finanziaria torna ad essere basata, senza deroghe, sul principio della competenza, dei residui e della cassa. Poco male per gli enti che non hanno mai abbandonato tali principi, più difficile potrebbe rivelarsi l’adeguamento per coloro che, ufficialmente o per prassi, avevano semplificato la gestione alla sola competenza e residui (spesso perdendo il controllo effettivo della cassa). Inoltre ai documenti del preventivo si aggiungono il preventivo finanziario pluriennale (non autorizzativo, ma più approfondito della semplice relazione prevista nel DPR 696/79) ed alcuni documenti di programmazione.

3. E’ introdotta la separazione “ufficiale” delle competenze politiche e di indirizzo da quelle gestionali, con l’esigenza di formulare i bilanci (preventivi e consuntivi) su due diversi schemi con diverso livello di dettaglio (decisionale e gestionale). Tale impostazione, basata sul concetto di unità previsionale (definite nella norma UP / UPB), nella sua applicazione più limitata, comporta l’adozione di un livello in più nel piano dei conti finanziario (tra titolo e categoria si aggiunge l’UP di 3’ livello, a cui non è assegnato alcun nome) ed alcuni vincoli operativi ad esso connessi.

4. Viene introdotto il principio del Centro di Responsabilità (precedentemente definiti CRA – Centri di Responsabilità Amministrativa), che diviene, sotto il profilo contabile, un ulteriore livello del piano dei conti per capitoli (per un totale, quindi, di almeno 5 livelli).

5. Sono dettate regole generali per la costituzione di fondi patrimoniali (fondi rischi ed oneri) e le modalità per vincolare l’avanzo/disavanzo di amministrazione (definito genericamente risultato di amministrazione).

6. Accertamenti e impegni subiscono alcuni cambiamenti di tipo concettuale, con una uniformazione ai principi di credito per i primi, e l’assimilazione ad autorizzazioni di spesa per i secondi (seppure con qualche incertezza, vedi oltre). Per i primi sono infatti introdotti i principi di “idoneo titolo giuridico” e “sussistenza di obbligazioni giuridiche a carico di terzi verso l’ente” (concetti non espressi nel DPR 696/79, se non relativamente alla formazione dei residui attivi). Tuttavia, la trattazione di tale parte, relativamente ai residui passivi, non appare di facile interpretazione e necessita di ulteriori approfondimenti (vedi oltre).

I punti sopra citati rappresentano unicamente i fattori di maggiore diversità con la normativa precedente, almeno nella sua forma originaria obbligatoria (DPR 696/79), essendovi comunque una vasta serie di modifiche minori e di classificazioni di concetti noti ma mai formalizzati (gestione dei sospesi, istituto cassiere ecc.). Vi sono poi molte differenze nella gestione degli organi periferici e dei funzionari delegati (termine sostituito con “funzionari ordinatori”[63.2] e “agenti della riscossione” [68.1]), che non sono però oggetto di questa trattazione. In ultimo si segnala la regolamentazione della contabilità per gli enti di minori dimensioni, soggetti ad un regime di bilancio semplificato.

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I Nuovi Elementi della Tenuta Amministrativa Prima di analizzare le novità normative legate all’operatività di gestione è bene descrivere singolarmente i nuovi elementi che entrano a far parte dell’ordinamento contabile, che troveranno poi una loro collocazione all’interno del sistema di scritture dell’ente.

Separazione tra indirizzo politico-amministrativo e gestione delle risorse Diviene obbligatoria la distinzione, anche in termini di rilevazioni contabili, tra le decisioni in materia di indirizzo politico-amministrativo, e l’attuazione della programmazione e gestione delle risorse. Tale distinzione è attuata con la formulazione di due diversi bilanci finanziari di previsione, definiti rispettivamente decisionale e gestionale [11.1], i quali danno luogo ad altrettanti rendiconti consuntivi. La differenza tra i due riguarda la presenza, nel gestionale, del livello dei capitoli (5’ livello), dettaglio assente nel decisionale [12.2]. Vi è differenza anche nel numero e tipo di informazioni riportate tra i due bilanci, come, ad es. la presenza dei dati relativi all’esercizio precedente, prevista per il solo decisionale [12.6].

Bilancio Pluriennale Il bilancio pluriennale rappresenta un allegato al bilancio e descrive le linee strategiche dell’ente per un arco di tempo non inferiore ai tre anni; ha uno schema analogo al bilancio di previsione decisionale (per UPB di primo livello, vedi oltre) ed è redatto unicamente per la parte di competenza [8.1, 8.2]. Gli stanziamenti ivi previsti non hanno carattere autorizzativo [8.1], trovando riscontro, a tale fine, nel bilancio decisionale di ciascun anno [7.6]. E’ importante sottolineare che sia il bilancio pluriennale che gli aggiornamenti allo stesso, da apportarsi anno per anno in sede di adeguamento, non necessitano di autorizzazione ma solo di motivazione [8.3]. Sotto il profilo pratico il bilancio pluriennale può essere pertanto rappresentato da un prospetto extra scritture, con ciò intendendo un documento formulato ad ogni occorrenza annuale a margine del preventivo finanziario e svincolato dalle registrazioni contabili ordinarie.

Centri di Responsabilità La norma definisce, sotto il profilo contabile, criteri relativamente rigidi per la gestione e la rendicontazione delle risultanze inerenti i vari centri di responsabilità (CRA) di cui l’ente è (o può) essere composto [3.2 e 3.3]. Il concetto di CRA è già noto, per essere stato più volte richiamato in norme e circolari ministeriali precedenti, ma è sul DPR 97/2003 che trova piena definizione per gli enti di cui alla L. 70/75, andando a costituire il primo livello di dettaglio del bilancio finanziario (precedendo i titoli) e l’elemento centrale nei diversi prospetti contabili [6.5]. E’ opportuno sottolineare che l’esigenza di istituire i CRA, ovvero di distribuire le competenze e le responsabilità amministrative in diverse strutture organizzative, in relazione alle “esigenze strutturali, operative ed istituzionali, identificabili, di norma, con la specificazione … di livello organizzativo” [21.4], è lasciato alla discrezionalità dell’ente, potendosi avere enti (si presume anche di medie e grandi dimensioni) con un unico CRA [22.1]. In materia di CRA la norma indica le seguenti modalità di gestione :

1. Sono possibili, ma non obbligatori, diversi livelli di CRA, organizzati secondo uno schema gerarchico [6.1 e 6.2] le cui previsioni (finanziarie ed economiche) confluiscono nei CRA di primo livello [6.4 e 6.5] ai quali sono attribuiti ruoli di coordinamento [6.3].

2. Per i CRA di primo livello (ovvero relativamente alle UPB di primo livello, vedi oltre) è prevista la redazione del bilancio pluriennale, per sola competenza finanziaria [8.2]. Ciò escluderebbe tale obbligo per i CRA gerarchicamente subordinati.

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3. I CRA di primo livello costituiscono il livello maggiore di aggregato del bilancio preventivo (sia decisionale che gestionale) precedendo il titolo e gli eventuali indicatori riguardanti le funzioni – obiettivo istituite dall’ente [11.1].

4. Al momento dell’assestamento del bilancio di previsione, i CRA di primo livello possono disporre, al loro interno, variazioni di bilancio compensate, intese come storni tra voci del preventivo [20.2].

Detto ciò, resta da stabilire, in funzione dell’organizzazione interna del singolo ente, se e come adottare una struttura amministrativo – contabile basata sui CRA. Se infatti tale strada appare obbligata negli enti di grandi dimensioni, peraltro già normalmente organizzati in divisioni, aree amministrative o settore gestionali, più difficile risulta la valutazione dell’opportunità di gestire i CRA per gli enti medi o medio-piccoli, per i quali l’adozione di sistemi di rilevazione e rendicontazione per CRA può rappresentare una notevole complicazione. In linea di principio la gestione amministrativo – contabile per CRA, con ciò intendendo non già una semplice rendicontazione “operativa” orientata alla riclassificazione interna dei costi ma la sua adozione a livello ufficiale (ovvero correlata alla presentazione dei bilanci), parrebbe perseguibile esclusivamente in presenza dei seguenti requisiti :

• che l’ente disponga ufficialmente di aree amministrative separate ed autonome sotto il profilo della definizione del budget e della autorizzazione di spesa [12.1], ovvero che, in presenza di economie, le stesse non divengano “automaticamente” somme disponibili per altre aree, indipendentemente dall’intervento del titolare dello specifico CRA [20.2, 67.4];

• che a capo di ciascuna area amministrativa “autonoma” vi siano figure nominalmente e funzionalmente di livello “decisionale” e “manageriale”, rappresentate da dirigenti o funzionari espressamente delegati alla gestione del budget [3.2, 3.3, 55.3, 59.1, 60.3, 67.4].

In assenza di uno dei due requisiti appare probabile che l’ente, non rilevando alcun reale beneficio dalla definizione di CRA amministrativi di cui alla nuova normativa, opti per l’adozione di un unico CRA [22.1] semplificando la gestione contabile.

Un ulteriore aspetto relativamente all’introduzione dei CRA è il sistema di ripartizione delle spese comuni a più CRA (es. spese generali, spese di personale), nell’ipotesi che gli stessi siano determinati, ad esempio, in base all’unità produttiva (per stabilimento) o per area di intervento. Tale problema non è nuovo, ricorrendo nella definizione di ogni sistema di contabilità industriale, ma nel caso della contabilità finanziaria presenta ulteriori complicazioni, dovuti alla difficoltà intrinseca al sistema di scritture di effettuare “ribaltamenti” di costi a fine periodo. Nel sistema finanziario – autorizzativo è infatti praticamente inattuabile la ridistribuzione a posteriori dei costi sostenuti a fronte di autorizzazioni di spesa emesse e contabilizzate da uno specifico CRA, essendo le stesse elementi contabili a pieno titolo (impegni e liquidazioni). Tale redistribuzione, se attuata, non può infatti influenzare il sistema di scritture in se, ma deve essere ottenuta con prospetti extra contabili, peraltro non compatibili con l’ufficialità dei bilanci per CRA e con il fatto che i CRA rappresentano in primo luogo soggetti responsabili di autorizzazioni legate ad entrate ed uscite finanziarie. A fronte di tali complicazioni è lecito supporre che la maggior parte degli enti adotti uno dei due sistemi sotto riportati :

1. L’attribuzione delle spese generali, in quota parte, distintamente a ciascun CRA e sotto CRA, sotto il profilo autorizzativo, ovvero la loro individuazione all’atto della prima manifestazione degli stessi (registrazione di impegni differenziati per ciascun CRA, seppure con autorizzazione comune). Tale soluzione, che consentirebbe una puntuale ripartizione delle spese comuni, presenta tuttavia notevoli complicazioni sotto il profilo operativo, sia per la difficoltà di stabilire di volta in volta i criteri di ripartizione (si pensi, ad esempio, alle spese telefoniche) sia perché

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non tiene conto del principio di responsabilità e autorizzazione, alla base della formazione dei CRA stessi.

2. La creazione di uno specifico CRA dove far confluire i costi comuni, avente una propria collocazione nell’ambito del bilancio e all’interno dell’organizzazione funzionale dell’ente (ad es. riservandone la gestione alla direzione generale, o ad un ufficio amministrativo generale appositamente costituito). Tale soluzione trova peraltro espresso riferimento nella norma, laddove “La gestione di talune spese a carattere strumentale, comuni a più centri di responsabilità amministrativa o produttiva, può essere affidata ad un'unica struttura al fine di realizzare economie di scala e di evitare duplicazioni di strutture” [24.2 e 58.3].

Entrambe le soluzioni, conformi al disposto della norma, tengono conto dell’esigenza implicita di separare il soggetto responsabile delle operazioni finanziarie, inteso sia come CRA che come centro di costo utilizzato nella prima registrazione [49.2 e 76.3], dal soggetto economico “finale”, ovvero il centro di costo nel quale dovranno confluire, oltre i costi direttamente imputati, le quote ridistribuite dei costi comuni, prima della chiusura finale dei conti (vedi oltre, centri di costo).

Unità Previsionali e Unità Previsionali di Base In merito all’introduzione delle UP (unità previsionali) è bene sgombrare subito il campo dalle numerose errate interpretazioni che hanno imperversato anche in relazione alla normativa precedentemente emanata in merito. A differenza di quanto da molti ritenuto, data la scarsa chiarezza di alcune circolari ministeriali, le unità previsionali non sono elementi paralleli al piano dei conti finanziario, come ad esempio i centri di costo, ma sono il nuovo termine utilizzato per identificare i singoli livelli di tale piano dei conti [12.3 e 12.4], che, articolati in funzione dei centri di responsabilità, compongono il bilancio finanziario [12.1]. Così, ad esempio, l’unità previsionale di 2’ livello è rappresentata dal titolo (visto nell’ambito dei singoli CRA), mentre l’unità previsionale di 4’ livello è la categoria. Dal momento che il bilancio è redatto in funzione dell’articolazione dei centri di responsabilità (di fatto le UP di primo livello) rispetto al piano dei conti finanziario, l’elemento base di tale bilancio, nel quale sono riportati i valori della competenza, dei residui e della cassa, prende il nome di Unità Previsionale di Base [12.1]. In questo senso l’UPB rappresenta genericamente il dettaglio di rappresentazione di un dato bilancio (preventivo e consuntivo), relativamente ad un dato CRA. Il bilancio decisionale è redatto in funzione delle Unità Previsionali di Base di primo livello [39.1], che include i livelli dal titolo alla categoria [12.1]. Tuttavia, una certa confusione nell’uso di questi termini è generata dall’articolo 12, commi 3 e 4, dove il termine UPB di primo livello include il livello dei capitoli mentre, nel resto della legge, viene utilizzato per identificare il livello del bilancio decisionale [39.2, 8.2]; inoltre, le UPB di quarto livello sono definite come “categorie” [48.5], mentre in altri articoli le stesse rappresentano le UP di quarto livello [12.3 e 12.4]. L’interpretazione sopra riportata è stata pertanto eseguita in relazione anche alle norme che hanno introdotto i termini stessi [legge 03-04-97 n. 94, D.Lgs. 07-08-97 n. 279], nelle quali per Unità Previsionale di Base si intende un aggregato che non arriva fino al livello dei capitoli. Di conseguenza, per unità previsionale (in senso lato) si dovrebbe intendere un livello generico del preventivo (2 per i titoli, 4 per le categorie ecc.), mentre l’uso dei termini negli articoli 12 e 48 dovrebbero essere considerate semplici sviste del legislatore.

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In base a tale impostazione si ha la seguente struttura dei bilanci finanziari [12.3 e 12.4].

Entrate UP livello 1 -> Centro di responsabilità UP livello 2 -> Titoli

UPB di 1’ livello

UP livello 3 -> non diversamente definita UPB del C.R.A. in esame UP livello 4 -> categorie Capitoli

Uscite UP livello 1 -> Centro di responsabilità Funzioni – Obiettivo (eventuali)

UPB di 1’ livello

UP livello 2 -> Titoli UP livello 3 -> non diversamente definita UPB del C.R.A. in esame UP livello 4 -> categorie Capitoli

Dal momento che l’unità previsionale di base dei bilanci decisionali prevede l’insieme dei livelli dal centro di responsabilità alla categoria, i capitoli non dovrebbero essere definiti unità previsionali e concorrono alla formazione dei soli bilanci gestionali [12.2]. Come si nota dallo schema, nel piano dei conti finanziario impiegato per i bilanci entrano pertanto in gioco un nuovo primo livello, i centri di responsabilità che precedono i titoli, ed un livello intermedio tra titolo e categoria, definito, genericamente, UP di 3’ livello (in alcune circolari precedenti tale livello assumeva il nome di “aggregato”). Per le uscite è altresì prevista la classificazione, non obbligatoria, delle attività in funzioni - obiettivo [12.4] (vedi oltre). E’ opportuno segnalare che la struttura si intende rigida, ovvero non personalizzabile da ente ad ente, fino alle UP di 3’ livello, ovvero ad esclusione delle categorie e dei capitoli, che possono essere adattati alle specifiche esigenze di gestione [12.5].

Centri di Costo e Contabilità Analitica Un’altra novità importante riguarda l’introduzione strutturale dei centri di costo all’interno del sistema contabile, che ogni ente è tenuto ad individuare in virtù delle proprie “esigenze strutturali, operative ed istituzionali, identificabili, di norma, con la specificazione funzionale e di produzione” [21.4]. Ciò a dire che la norma non fornisce alcuna linea guida per l’individuazione di tali centri di costo, ma lascia ai singoli enti la facoltà di strutturare la propria contabilità analitica “secondo appropriate ed aggiornate metodologie sperimentate nel campo economico-aziendale” [21.2] ed al fine di “orientare le decisioni aziendali secondo criteri di convenienza economica, assicurando che le risorse siano impiegate in maniera efficiente ed affidabile…” [21.1]. In termini pratici tutto ciò si traduce nell’opportunità di istituire centri di costo idonei a rappresentare le attività dell’ente sotto il profilo funzionale e non meramente amministrativo, potendosi così porre a confronto i costi di tali attività con le eventuali entrate ad esse connesse. Per quanto attiene la contabilità analitica va evidenziato :

1. che la stessa si intende “in uno con la contabilità generale” [21.1], nel senso che i valori individuati tramite i centri di costo (e gli eventuali altri elementi analitici) devono trovare costante riconciliazione nell’ambito dei valori di bilancio. Da questo punto di vista numerosi articoli [21.1, 21.4, 21.6, 22.3, 22.4] richiamano l’esigenza di integrare la gestione del budget economico per centri di costo all’interno della contabilità economico finanziaria generale.

2. che la gestione per centri di costo (budget e rendicontazione) si intende solo economica e solo per la parte relativa ai costi [22.4]. A tale riguardo occorre segnalare che, evidentemente, il legislatore non ha ritenuto opportuno istituire analoghi elementi di riclassificazione per la parte

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dei ricavi, rendendo meno rilevante l’analisi della convenienza economica di quanto non appaia inizialmente.

3. Per ciascun centro di costo è obbligatorio tenere in considerazioni un numero prestabilito di “voci di costo” [all. 8] secondo una ripartizione presumibilmente rigida (vedi oltre).

4. I centri di costo devono registrare i costi “via via che si sostengono” [49.1], al fine di rilevare periodicamente la spesa per l’attivazione del controllo di gestione. Non è specificata la periodicità richiesta nell’analisi degli scostamenti [49.3].

5. Il centro di costo è una entità indipendente dal soggetto preposto all’amministrazione finanziaria delle spese in esso previste, nel senso che rileva costi amministrati da “altri centri di costo” o da entità esterne allo stesso [49.2]. Tale articolo trova spiegazione nella problematica di riclassificazione dei costi comuni a più centri di costo, laddove “per ciascun centro di costo è tenuta, altresì, una scheda dei costi comuni nella quale, seguendo il piano dei conti, sono registrati i costi comuni da ripartire e le altre informazioni per la conciliazione con il bilancio finanziario” [76.3]. Tuttavia tale sistema di rilevazione dei costi comuni non risulta chiaramente definito, dal momento che i centri di costo costituiscono elementi contabili “non finanziari” (ovvero non strutture organizzative) e che le registrazioni di costo devono essere effettuate “via via che si sostengono” [49.1]. Inoltre, il fatto che il prospetto preventivo (budget) dei centri di costo [all. 8] tenga conto della ripartizione tra costi sostenuti su stanziamenti finanziari di competenza, a residui e di entità esterne, mentre tale classificazione scompare nel consuntivo [all. 16], avvalora la tesi secondo la quale l’ente deve provvedere, entro la data di redazione del consuntivo economico, al ribaltamento dei costi comuni registrati, in prima istanza, come semplici annotazioni a margine di ciascun centro di costo interessato dall’uscita finanziaria.

In merito alla gestione dei centri di costo, in virtù dello schema fornito in allegato alla norma [all. 8], occorre evidenziare che non è chiaro se la struttura delle voci di costo riportata in allegato debba intendersi rigida o rappresenti semplicemente una linea guida generale. Analizzando le voci riportate sembra più probabile la seconda ipotesi, dal momento che non tutte le tipologie di spesa sono previste (salvo utilizzare intensamente la voce “altre spese”) e tenuto conto che la voce “Opere in corso” non sembra avere una esatta collocazione in nessuna delle voci finanziarie ed economiche contenute nei rispettivi piani dei conti (salvo che non si riferisca a residui confluiti in conti d’ordine, dei quali tuttavia si dovrebbe tenere conto nelle colonne del prospetto appositamente previste per ciascuna voce). Pertanto, dopo attenta analisi dell’impostazione concettuale della contabilità analitica, si è portati a ritenere che il legislatore abbia voluto dettare delle linee guida in merito ai risultati attesi, lasciando ai singoli enti il compito di definire operativamente gli elementi di tale contabilità. Del resto la contabilità analitica/industriale è per sua natura connessa in modo imprescindibile alla tipologia ed alla struttura dell’ente (enti commerciali e non, di erogazione, di produzione, di ricerca …) e difficilmente può essere standardizzata al punto da divenire un riferimento rigido uguale per tutti. Rafforza tale tesi il richiamo agli indici di misurazione dell’efficienza e dell’efficacia amministrativa [21.5] e conseguente controllo di gestione [49.1, 85.2], in virtù del quale è lecito immaginare che ciascun ente adotti un sistema di rilevazione analitico “in relazione alle proprie dimensioni e agli aspetti tipici della gestione” [84.1]. Inoltre, la disposizione inerente la verifica degli scostamenti dal budget [49.3] lascia intendere che al budget per centri di costo non dovrebbero essere applicate le variazioni disposte per il lato finanziario [20.], che comporterebbe l’applicazione di tale principio anche al preventivo economico (vedi oltre). In ultimo, dell’obbligo di istituzione dei centri di costo non si può dare una univoca interpretazione: da un lato tale obbligo sembrerebbe scontato, vista la notevole importanza dedicata all’argomento nel testo principale [tra gli altri : artt. 6, 21, 22, 76] e sugli allegati [all. 8, all.16]; dall’altro potrebbe risultare inapplicabile, o perlomeno inutile, negli enti con un’unica attività chiaramente individuata. A sostegno di questa seconda tesi vi è da rilevare la frase “il controllo di gestione è svolto in

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riferimento ai singoli servizi e centri di costo, ove previsti, …” [85.2], che lascerebbe intendere la possibilità di non prevederli.

Funzioni-Obiettivo, Programmi e Progetti Le funzioni-obiettivo rappresentano un’ulteriore classificazione del bilancio dell’ente, relativamente alla spesa, in merito“all'esigenza di definire le politiche di settore e di misurare il prodotto delle attività amministrative anche in termini di servizi e prestazioni resi ai cittadini” [12.4]. La loro presenza, non obbligatoria salvo che le funzioni-obiettivo dell'ente siano più di una [12.4, 39.3], influenza direttamente la redazione dei bilanci finanziari, rappresentando le stesse il primo livello (unità previsionale di base) del bilancio decisionale per la parte delle uscite [12.4]. In questo caso, l’elenco delle funzioni-obiettivo nelle quali si articola il bilancio deve essere allegato allo stesso [39.3]. Se da un lato appare chiaro l’apporto delle funzioni-obiettivo nel preventivo finanziario e, direttamente o indirettamente, nel controllo di gestione [85.1], non è definita la loro collocazione nell’ambito della contabilità per centri di costo, ovvero nel sistema della contabilità economica, laddove non vengono citate in nessuno dei prospetti relativi. Tuttavia, in termini generali, appare evidente che le funzioni obiettivo costituiscono la base per il controllo di gestione, in relazione ai costi e quindi al lato economico [85.2], essendo gli indicatori più idonei alla valutazione dei servizi erogati.

Con i termini “Programmi” e “Progetti” la norma non sembra identificare un ben preciso elemento della contabilità analitica, esattamente collocabile nell’ambito di uno specifico prospetto preventivo o consuntivo, ma li richiama piuttosto quali elementi quanti-qualitativi per la dimostrazione, valutazione e illustrazione degli stessi negli allegati tecnici [6.2, 6.3, 11.4, 11.5]. Tuttavia, l’ente ha senz’altro la facoltà di dettagliare le competenza dei vari centri di responsabilità in ulteriori livelli di analisi, rappresentati da programmi, progetti, piani operativi o attività [11.8]; in questo caso, oltre ad essere richiesta una loro valutazione qualitativa nell’ambito dell’allegato tecnico, tali grandezze dovrebbero rappresentare sotto livelli dei bilanci finanziari (ed economici). Pertanto, in linea di principio, data le relativa carenza di indicazioni nella norma, si presume che “programmi”, ”progetti”, “piani operativi” e “attività” possano costituire, a discrezione dell’ente, sia elementi meramente descrittivi, individuati nella nota preliminare [11.4] e nell’allegato tecnico [11.8], sia ulteriori sotto livelli dei centri di responsabilità amministrativa e/o delle funzioni obiettivo e/o dei centri di costo, strutturati secondo le specifiche esigenze del controllo di gestione [86.1].

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Le Scritture ed il Bilancio Economico Patrimoniale Come già più volte accennato, l’introduzione “strutturale” della contabilità economico patrimoniale e l’esplicito richiamo agli articoli del codice civile costituiscono, per molti enti, il maggior punto di rottura con il precedente ordinamento. Tuttavia, a tale proposito, è bene sottolineare che le differenze in merito alla tenuta dei bilanci economico patrimoniali, sotto il profilo meramente formale, non sono così eclatanti, con ciò evidenziando il fatto che gli obiettivi fissati dalla precedente normativa, relativamente alla redazione della situazione patrimoniale ed economica, non erano affatto difformi da quelli previsti dal codice civile. E’ infatti una distorta interpretazione ritenere che le risultanze economiche e patrimoniali di cui al DPR 696/79 dovessero (o potessero) basarsi su principi generali diversi dalla tradizionale contabilità economica, poiché diversi erano semplicemente i metodi di rilevazione degli elementi patrimoniali ed economici facenti parte di tale bilancio e le caratteristiche di esposizione. E le novità fondamentali introdotte dalla nuova norma sono praticamente tutte qui : lo schema dei bilanci [allegati 5,6,11,12,13], rispecchiando quanto previsto nel codice civile, non consente più l’elaborazione dei dati tramite la semplice riclassificazione ed integrazione delle scritture finanziarie, a meno di non adottare un qualche meccanismo contabile di dubbia efficacia, imponendo, di fatto, l’impiego di un separato sistema di scritture - gioco forza - basato sulla partita doppia. E’ infatti questa “l’ipotesi normale” formulata nei Principi di Revisione [all. 17, paragrafo 2.4], in relazione soprattutto agli enti di medie e grandi dimensioni, ed è questa l’ipotesi, aggiungiamo noi, meno onerosa sotto ogni punto di vista. Tuttavia, sotto il profilo puramente teorico, nulla vieta (anzi è espressamente previsto) che l’ente possa dotarsi di un altro sistema di rilevazione contabile, diverso dalla partita doppia, in grado di portare agli stessi risultati previsti nella norma, nel rispetto di tutti i principi contabili da essa richiamati e che presentino idonei requisiti di organicità, affidabilità e leggibilità. Di seguito vengono riassunti gli aspetti rilevanti legati all’introduzione del regime economico patrimoniale.

Principi Contabili I principi contabili applicabili sono espressamente quelli previsti dagli artt. 2423 e 2423 bis del codice civile, della dottrina giuridica ed economica, con riferimento ai principi contabili emanati dai Consigli dei dottori commercialisti e dei ragionieri [4.1 e All. 1]. La norma consente l’aggiornamento di tali principi da parte della Ragioneria Generale dello Stato. L’allegato 1 riporta alcune precisazioni relativamente agli aspetti non commerciali tipici degli enti pubblici (ad es. il momento di rilevazione del costo o del provento).

Preventivo Economico Il preventivo economico costituisce parte integrante del bilancio di previsione [10.3] ed è redatto in conformità con lo schema di piano dei conti previsto dalla norma [all. 5], strutturato secondo lo schema tipico dei bilanci di tipo aziendalistico. Non è espressamente indicato se il budget economico debba intendersi vincolante o meno; tuttavia, dal momento che la norma, pur attribuendo al bilancio di previsione (comprendente il preventivo economico) un carattere autorizzativo, specifica che esso costituisce “limite agli impegni di spesa” [10.5], è lecito supporre che il vincolo sia applicato alle sole grandezze finanziarie, e non già a quelle economiche. Del resto, come è noto, l’adozione di un budget economico vincolante richiederebbe all’ente una vasta attività di monitoraggio e revisione dello stesso in funzione delle competenze economiche delle singole operazioni, di non semplice attuazione. Il preventivo economico dell’ente scaturisce dalla somma dei preventivi economici redatti da ciascun CRA [14.1] che tuttavia sembrano non rappresentare, singolarmente presi, bilanci ufficiali dell’ente [All. 5].

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Il preventivo economico, ovviamente inerente sia alle poste derivanti da operazioni finanziarie che a quelle esclusivamente economiche [14.2], è accompagnato da un quadro di riclassificazione dei risultati economici [14.3, All. 6] nel quale sono individuati i costi/ricavi “tipici”, il margine operativo lordo ed il risultato operativo. Tale quadro può essere ottenuto tramite riclassificazione del piano dei conti economico, da costruirsi pertanto con riferimento a tale esigenza. Un aspetto importante del preventivo economico è la mancata indicazione, nella norma, circa l’eventuale obbligo di assestamento dello stesso a scadenza o in relazione a variazione delle previsioni, come invece disposto per il preventivo finanziario [20.1, 20.5]. Da un lato, dal momento che il preventivo economico è redatto in conformità con il preventivo finanziario [14.2], l’applicazione di variazioni al secondo sembrerebbe dover comportare corrispondenti variazioni al primo; dall’altro, considerando che il preventivo economico è legato strettamente al budget per centri di costo, sul quale si effettuano “analisi di scostamento” dalle previsioni [49.3], e data l’assenza di prospetti consuntivi che mettano a confronto il preventivo economico con i risultati raggiunti, sembrerebbe inapplicabile e/o inutile l’assestamento di quest’ultimo in corso di esercizio. Stanti tali considerazioni è lecito supporre che il preventivo economico abbia solo valore “strumentale” ai fini della dimostrazione del patrimonio presunto a fine esercizio, onde salvaguardarne la consistenza indipendentemente dall’avanzo/disavanzo finanziario, e che pertanto non sia necessario seguirne l’ evoluzione in corso d’anno.

Consuntivo Economico Il consuntivo economico ricalca lo schema tipico delle contabilità aziendali [all. 11], essendo redatto secondo le disposizioni contenute nell’art. 2425 del codice civile [41.1]. Lo schema è, ovviamente, identico al quello del preventivo economico, pur non prevedendo gli scostamenti dallo stesso. Data l’analogia dello schema di bilancio con la rappresentazione dei bilanci civilistici, ed in virtù dell’adeguamento ai principi contabili annessi, potrebbe apparire ingiustificato il motivo per cui il legislatore ha indicato, quali componenti del bilancio economico, “gli accertamenti e gli impegni delle partite correnti … rettificati al fine di far partecipare al risultato di gestione solo quei componenti di reddito economicamente competenti all’esercizio; … quella parte di costi e di ricavi di competenza dell’esercizio la cui manifestazione finanziaria, in termini di impegno e accertamento, si verificherà nel(i) prossimo(i) esercizio(i)…” [41.2]. Tale esplicito riferimento alle rilevazioni prettamente finanziarie, rettificate con il principio della competenza economica analogamente al sistema adottato nel DPR 696/79, appare giustificato considerando in primo luogo, come già detto, che non si esclude la possibilità che l’ente adotti un sistema di rilevazione unicamente finanziario [all. 17, paragrafo 2.4]; oltre a ciò, a nostro avviso, il legislatore ha forse voluto evidenziare ulteriormente la distinzione tra costi/ricavi e impegni/accertamenti, per evitare che tale distinzione venga sottovalutata come accaduto per il precedente regolamento. In ogni caso, al di là dell’aspetto teorico, appare difficile immaginare che i prospetti economici possano essere redatti per rettifica degli impegni/accertamenti, o che possa trarsi qualche beneficio dall’adozione di tale tecnica in alternativa alla partita doppia, almeno negli enti di medie e grandi dimensioni.

Stato Patrimoniale Lo stato patrimoniale [all. 13] è redatto secondo lo schema previsto dall’art. 2424 del codice civile [42.1] ed è basato su criteri di iscrizione e valutazione dell’attivo e del passivo analoghi a quelli stabiliti dall’articolo 2426 del codice civile (e dai principi adottati dagli organismi nazionali ed internazionali) [43.1], se norme applicabili al singolo ente non dispongono diversamente [43.2] e per quanto applicabili [42.1, 43.1]. Il richiamo all’applicabilità dello schema e dei principi adottati nelle aziende mercantili si rende evidentemente necessario per le voci dell’attivo e del passivo che non possono trovare corrispondenza in un bilancio pubblico, quali, ad esempio, quelle relative alle

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quote azionarie ed alle obbligazioni, o ancora relativamente ai momenti di rilevazione delle entrate e delle uscite contributive. In ogni caso, il nuovo schema presuppone, ai fini pratici, una parziale revisione dei piani dei conti finanziari ed una diversa rilevazione delle operazioni contabili. Un esempio è dato dalla classificazione delle immobilizzazioni, che nella nuova norma si distinguono in immobilizzazioni materiali, immateriali e finanziarie, queste ultime comprendenti, oltre alle partecipazioni ed ai mutui, le “anticipazioni ed i crediti superiori all’anno” [42.3] (d’altro canto, l’attivo circolante comprende i “crediti di durata inferiore all’anno” [42.4]). Un cenno a parte merita l’espresso riferimento ai conti d’ordine, rappresentati, oltre che dalle garanzie reali ed i beni di terzi, “dagli impegni assunti a fronte di prestazioni non ancora rese al termine dell’esercizio finanziario” [42.7]. Tale norma, che nelle contabilità aziendali assume un preciso significato, apre invece una questione di non facile soluzione nell’ente pubblico, in quanto sembra richiamare implicitamente l’obbligo di “riconciliare” le scritture finanziarie, rappresentate dagli impegni e dagli accertamenti aventi determinati requisiti (vedi oltre), nel conto del patrimonio. A tale obbligo potrebbe anche essere ricondotta la disposizione per la quale “lo stato patrimoniale contiene inoltre i punti di concordanza tra la contabilità del bilancio e quella del patrimonio” [42.1], tenuto conto del significato dei termini di cui all’articolo 38, comma 1, e, più in generale, nell’ambito della contabilità pubblica (legge 05/08/1978, n. 468, art. 22). In tale contesto, anche alla luce delle disposizioni inerenti la rilevazione degli impegni e degli accertamenti (vedi oltre), sembrerebbe obbligatorio riportare nei conti d’ordine l’ammontare degli impegni/accertamenti che non hanno ancora dato luogo a costi/ricavi di competenza, al fine di evidenziarne la consistenza e dimostrare la concordanza tra le scritture finanziarie e quelle economico patrimoniali. Tuttavia tale considerazione apre la strada ad una problematica di più vasta portata, connessa con l’individuazione dei requisiti richiesti agli impegni/accertamenti a residuo per poter essere correttamente riportati in bilancio e di conseguenza nei conti d’ordine, e pertanto si rimanda tale questione alla successiva trattazione inerente i residui.

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La Gestione Finanziaria In termini generali, la nuova norma lascia quasi invariata la logica della contabilità finanziaria di cui al DPR 696/79, dove per logica si intende l’intelaiatura concettuale e funzionale alla base della gestione. Sono invece diversi gli schemi, alcuni aspetti legati alla previsione ed il significato (in parte) degli impegni/accertamenti.

Bilancio di Previsione Finanziario Il bilancio di previsione è redatto in termini di competenza, cassa [11.1] e residui [36.3, 11.10 in relazione all’art. 2, comma 3, legge 5/8/78 n. 468] in base a due diversi schemi : decisionale [all. 2] e gestionale [all. 3], dove il primo costituisce un semplice aggregato del secondo. In particolare il decisionale prende in esame le unità previsionali dal primo livello (CRA) al quarto (categoria), mentre il gestionale è dettagliato fino al livello dei capitoli [all. 2 e 3]. Per la struttura ed il significato degli schemi del bilancio finanziario preventivo si veda il paragrafo relativo alle Unità Previsionali. In linea di principio, salvo le novità relative alla diversa organizzazione del piano dei conti finanziario e la sua distinzione in due prospetti con diverso dettaglio, i concetti e l’applicazione del preventivo finanziario non subiscono particolari variazioni rispetto a quanto previsto nel D.P.R. 696/79, restando in vigore i principi di base (quali, ad esempio, la gestione della cassa [11.1] e delle partite di giro [12.7]).

Avanzo di Amministrazione e Fondi Una delle parti più critiche dell’intero provvedimento, sotto il profilo ragionieristico – concettuale, riguarda i nuovi principi introdotti nella determinazione e gestione dell’avanzo/disavanzo di amministrazione, relativamente al TFR ed ai fondi rischi ed oneri. La norma prevede infatti che l’avanzo di amministrazione presunto al termine dell’esercizio N-1 [15.1, all. 7], ovvero all’inizio dell’esercizio per il quale si redige il preventivo, sia suddiviso in due parti distinte : parte vincolata (comprendente il fondo TFR, i fondi rischi e oneri ecc..) e parte disponibile, ovvero utilizzabile per la redazione del preventivo di competenza. Tale impostazione sembra stravolgere il significato concettuale ed operativo dell’avanzo di amministrazione, particolarmente nell’articolo 39, relativo allo stanziamento dei fondi rischi ed oneri a competenza ed al loro successivo confluire nella parte vincolata dell’avanzo. Per comprendere i dubbi circa tale impostazione è bene rammentare che l’avanzo di amministrazione rappresenta, nella contabilità finanziaria, un analogo dell’attivo circolante, ossia l’ammontare delle disponibilità liquide di cui l’ente può disporre nel breve e medio periodo (cassa +/- residui) per “autorizzare” la spesa di competenza, con ciò intendendo sia quella di parte corrente che in conto capitale. Ciò significa che l’avanzo di amministrazione conserva un suo significato unicamente nell’ambito del regime finanziario, laddove consente di prevedere uscite di competenza (impegni) non coperte da previsioni di entrata di competenza (accertamenti), onde accertare la salvaguardia dell’equilibrio finanziario, e non già dell’equilibrio patrimoniale (ovvero afferente alla consistenza del patrimonio). Infatti, se lo scopo della determinazione dell’avanzo fosse quello di salvaguardare il patrimonio, lo stesso dovrebbe tenere conto di altre poste esclusivamente economiche, quali i beni ammortizzabili e gli ammortamenti stessi, i ratei ed i risconti; dovrebbe quindi rappresentare di fatto una semplice duplicazione del patrimonio stesso. Tale funzione è invece svolta, nel regime finanziario pubblico, dal preventivo economico, il cui scopo è proprio, unicamente, la stima del patrimonio presunto al termine dell’esercizio (non essendo utilizzabile quale vincolo alle autorizzazioni di spesa).

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Per quanto detto risulta strano quanto disposto dall’articolo 19, laddove si dispone che “Gli accantonamenti al fondo rischi ed oneri, per spese future e per ripristino investimenti, stimate per un importo diverso da zero, presentano previsioni di sola competenza” [19.1] e successivamente che “Su tali stanziamenti non possono essere emessi mandati. A fine esercizio le relative somme confluiscono nella parte vincolata del risultato di amministrazione” [19.2]. Non si comprende infatti a quale scopo il preventivo finanziario debba contenere poste non finanziarie, e, in questo caso, perché solo una parte : mancano infatti gli ammortamenti, i ratei e i risconti e gli altri fondi di accantonamento (es. TFR), seppure concettualmente siano sullo stesso piano dei fondi rischi ed oneri per quanto attiene la consistenza del patrimonio. Inoltre, ad aggiungere maggiore confusione, vi è da rilevare che non è del tutto chiaro cosa debba intendersi per parte vincolata dell’avanzo [all. 7]; se solo la quota di competenza economica dell’esercizio relativamente alla costituzione del TFR e dei fondi in esame ovvero tutto l’ammontare degli stessi (valore a patrimonio). La seconda ipotesi sembra la più plausibile, poiché altrimenti la parte vincolata corrisponderebbe alla semplice copertura annuale, perdendo così ulteriormente significato; inoltre, il fatto che i fondi rischi ed oneri siano stanziati nel preventivo finanziario presuppone che gli stessi, per la parte di competenza, non debbano essere sottratti dall’avanzo, pena la loro duplicazione.

Per comprendere meglio i dubbi in merito all’art. 19, si pensi ad un ente che disponga di un avanzo di amministrazione (presunto o reale) rappresentato per larga parte da disponibilità di cassa (ovvero con residui irrilevanti) : vincolando una parte di tale avanzo, al TFR ed ai fondi rischi ed oneri, l’ente si troverà ad avere, durante l’esercizio, un avanzo di cassa non utilizzabile per spese in c/to capitale, corrispondente, di fatto, ad una immobilizzazione forzata di capitali liquidi. Il caso, analogo a quello di una azienda che non esegua alcun investimento utilizzando i propri conti bancari, diventa addirittura paradossale nel caso l’ente, al di là dell’avanzo, si trovi ad avere un patrimonio consistente in beni immobilizzati, per loro natura non disponibili al preventivo di competenza. Un ulteriore paradosso è rappresentato dal caso di un ente che, pur avendo un patrimonio consistente, si trovi ad avere, all’atto del preventivo, TFR e fondi rischi ed oneri superiori all’avanzo di amministrazione presunto : in questo caso, per la semplice attività istituzionale o in presenza di spese non derogabili, stando alla norma, sarebbe costretto ad includere nel preventivo finanziario la dismissione di immobilizzazioni, e ciò anche nell’ipotesi che disponga di liquidità di cassa sufficienti a coprire il fabbisogno corrente. E’ facile comprendere come tali modi di agire non abbiano alcun fondamento sotto il profilo manageriale/aziendalistico, diventando addirittura pericolosi nell’ambito di una pubblica amministrazione, data l’evidente inefficienza nell’impiego di fondi pubblici.

Alla luce di quanto sopra, soprattutto considerando i problemi derivanti dall’errata applicazione di tali nuove disposizioni in materia di distribuzione dell’avanzo, si ritiene che il legislatore non possa esimersi dal fornire maggiori chiarimenti circa l’ambito, l’obbligatorietà ed i limiti di applicazione delle norme in oggetto.

Variazioni e Assestamento di Bilancio Le variazioni e gli storni al bilancio di previsione finanziario non subiscono particolari cambiamenti rispetto alla precedente normativa, ma la nuova norma prevede una fase obbligatoria di assestamento da effettuarsi entro il 30 luglio di ciascun esercizio [20.1]. Ecco alcune particolarità inerenti le variazione e gli storni di bilancio :

• In presenza di CRA, i titolari degli stessi possono applicare variazioni compensative solo nell’ambito dell’UPB di primo livello [20.2]. Nell’interpretazione di cui al paragrafo Unità Previsionali (vedi), dal momento che le UPB di primo livello sono rappresentate dal dettaglio presente nel preventivo decisionale [39.2], tale disposizione implicherebbe la possibilità, da parte dei responsabili di CRA, di stornare somme tra capitoli appartenenti alla stessa categoria, nell’ambito dello stesso CRA – Titolo – Aggregato (UP di terzo livello), ovvero che non può

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essere variato il preventivo decisionale, ma solo il gestionale. Tuttavia, se l’interpretazione dei termini UP e UPB non seguisse il ragionamento sopra esposto (vedi Unità Previsionali), l’articolo 20 comma 2 potrebbe stare ad intendere che le variazioni possano essere operate a qualunque livello nell’ambito del CRA (considerando l’UPB di 1’ livello equivalente al CRA stesso), oppure che non siano modificabili gli stanziamenti dei capitoli (considerandoli inclusi nell’UPB di 1’ livello [12.3 e 12.4]).

• Le variazioni inerenti l’utilizzo dell’avanzo presunto [20.3] possono essere apportate solo dopo che tale avanzo sia stato realmente rilevato [15.3].

Gestione delle Entrate La gestione delle entrate segue le fasi dell’accertamento, della riscossione e del versamento [25.1]. Rispetto alla disciplina precedente, vi è una distinzione netta tra la fase della riscossione e quella del versamento.

Accertamento L’accertamento subisce una revisione concettuale rispetto alla normativa precedente, essendo praticamente assimilato alla rilevazione di un credito civilistico. Infatti, nel nuovo testo, l’accertamento è rilevato in presenza “di idonea documentazione”, una volta verificata “la ragione del credito e la sussistenza di un idoneo titolo giuridico”, previa individuazione del “debitore”, la quantificazione della “somma da incassare” e fissata la “relativa scadenza” [26.1]. Inoltre l'accertamento presuppone “a) la fondatezza del credito, ossia la sussistenza di obbligazioni giuridiche a carico di terzi verso l'ente; b) la certezza del credito, ossia non soggetto ad oneri e/o condizioni; c) la competenza finanziaria ed economica a favore dell'esercizio considerato” [26.2]. Il significato dell’accertamento è pertanto decisamente diverso da quello previsto nel DPR 696/79, non essendo possibile la sua rilevazione tramite “apposita deliberazione di accettazione dell'organo competente” [D.P.R. 696/79, art. 13, comma 2] ovvero in presenza di oneri o condizioni circa l’acquisizione dell’entrata, e non avendo più a che fare con “l’ammontare del credito che viene a scadenza nell’anno” [D.P.R. 696/79, art. 13, comma 1]. Pertanto, dati i requisiti richiesti dal nuovo regolamento, l’accertamento sembrerebbe rappresentare a tutti gli effetti il credito rilevato secondo i criteri previsti dal codice civile e dalla dottrina giuridica ed economica; tuttavia, la possibilità di rilevare l’accertamento “per le altre entrate, anche di natura eventuale o variabile, mediante contratti, provvedimenti giudiziari o atti amministrativi specifici” [26.3.d] sembra contrastare decisamente con tale impostazione rigida, rimettendo in gioco, seppure per una categoria ristretta, i crediti soggetti ad oneri o condizioni, in precedenza espressamente esclusi [26.2.b]. Una volta ancora sembra che il legislatore abbia voluto dapprima fornire una definizione rigorosa degli elementi contabili in gioco, di cui si sentiva ormai grande necessità, senza essere poi in grado di altrettanto rigore nella regolamentazione di specifiche fattispecie; il risultato è che, anche a fronte della nuova norma, spetta all’utenza l’interpretazione di tali aspetti. A tale proposito si evidenzia che l’ultima lettera del comma 2 dell’articolo 26, relativa alla “competenza economica”del credito, è inserita, presumibilmente, solo per rafforzare il legame credito – rilevazione di ricavo, e non come requisito indispensabile dell’accertamento, potendosi ovviamente avere crediti non correlati ad accadimenti economici (es. partite di giro) o relativi a poste economiche di competenza di esercizi diversi (es. ratei). Il richiamo, nello stesso articolo, della “competenza finanziaria” è invece da intendersi, a nostro avviso, in senso vincolante, non essendo altrimenti possibile distinguere, ai fini della rilevazione dell’accertamento, i crediti derivanti da poste finanziarie da quelli afferenti operazioni economiche con manifestazione finanziaria differita (es. crediti a lungo termine), essendo scomparso il riferimento alla “scadenza entro l’anno”.

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Riscossione e Versamento Le fasi della riscossione e del versamento non sembrano presentare nessuna particolare differenza concettuale rispetto a quanto previsto nella vecchia normativa ovvero a quanto già applicato nella pratica della tenuta contabile. Da notare che il termine “reversale” è sostituito con “ordinativo di incasso”, il quale contiene ulteriori elementi quali la causale e gli eventuali vincoli di destinazione. Da sottolineare che i termini per la regolarizzazione degli incassi confluiti direttamente nel conto dell’ente (in attesa di reversale) possono essere stabiliti dall’ente con proprio regolamento [27.4] seppure nel rispetto del requisito di tempestività; ciò non accade per i sospesi di uscita (in attesa di mandato), per i quali il termine di regolarizzazione è rigidamente fissato in dieci giorni o al massimo entro la fine del mese successivo [33.3] (vedi oltre).

Gestione delle Uscite La gestione delle uscite si attua attraverso le fasi dell'impegno, della liquidazione, dell'ordinazione e del pagamento [30.1].

Impegno A differenza di quanto accaduto nel DPR 696/79, nella nuova norma l’impegno di spesa è descritto come “autorizzazione ad impiegare le risorse finanziarie assegnate ad ogni centro di responsabilità, con cui, a seguito di obbligazione giuridicamente perfezionata, è determinata la somma da pagare, il soggetto creditore e la ragione” [31.1]. Tale definizione si presta a due diverse interpretazioni : da un lato può indicare che l’impegno assume inizialmente la veste di autorizzazione di spesa e che solo a seguito di obbligazione giuridicamente perfezionata esso determina la somma da pagare, il soggetto creditore e la ragione; dall’altro che l’impegno rileva, già all’atto della sua registrazione, una obbligazione giuridicamente perfezionata. Tale distinzione non è di poco conto, data l’esigenza di stabilire, univocamente, il momento di rilevazione dell’impegno e come questo deve essere trattato ai fini della rendicontazione finanziaria e della determinazione dei residui. Nella prima ipotesi l’impegno può (e dovrebbe) essere assunto prima ed indipendentemente sia del sorgere dell’obbligazione sia della rilevazione del debito ad esso relativo, ed in questo senso rappresenterebbe una spesa prevista, autorizzata con delibera o altro atto interno, anche relativa a prestazioni per le quali non sussista un reale obbligo (ad esempio contrattuale) nei confronti di terzi. Il sorgere di una obbligazione verso terzi rappresenterebbe pertanto una fase successiva dell’impegno stesso, ovvero una sorta di stato “definitivo”. Questa linea corrisponde maggiormente alla prassi spesso adottata di rilevazione degli impegni sulla base di determinazioni dell’ente (delibere o simili) atte a vincolare le disponibilità di bilancio prima che abbia avuto inizio il processo di acquisizione vero e proprio, inteso come trattativa nei confronti di terzi. Nella seconda ipotesi, che ad onore del vero sembra essere la più probabile, il requisito richiesto per la registrazione dell’impegno sarebbe la presenza di una obbligazione giuridicamente perfezionata (contratto o altro titolo idoneo), non essendo sufficiente la semplice autorizzazione di spesa, seppure autorevole e formale da parte dell’organo preposto, ad evidenziare nelle scritture contabili la presenza di un obbligo (in questo caso futuro) nei confronti di terzi. In merito a tale questione occorre sottolineare :

1. La possibilità di “prenotare” impegni per procedure in via di espletamento, i quali decadono se entro il termine dell’esercizio non hanno dato luogo a obbligazioni di spesa verso terzi, costituendo economia di bilancio (confluendo nella parte vincolata dell’avanzo se relativi a gare in corso) [31.3]. E’ da notare che la norma parla sia di “prenotazioni di impegno”, ovvero di entità apparentemente distinte dall’impegno stesso, sia della possibilità di “prenotare impegni”, ovvero dell’assunzione di impegni che riportino una indicazione circa la loro natura “presuntiva”. In ogni caso, se fosse ritenuta corretta la prima delle ipotesi sopra citate, non si

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ravviserebbe alcuna esigenza di distinguere le “prenotazioni di impegno” dagli impegni veri e propri, essendo palesemente superflua la distinzione contabile e concettuale tra “autorizzazioni di spesa” e “prenotazioni di autorizzazioni di spesa”. Invece, nell’ottica introdotta nella seconda interpretazione, le prenotazioni assumerebbero un ruolo ben definito, essendo gli elementi atti a rappresentare le autorizzazioni di spesa in attesa della rilevazione di una obbligazione giuridicamente perfezionata, ovvero dell’impegno stesso.

2. Che l’impegno è contestuale all’emissione dell’ordinativo da inoltrare alla controparte, ovvero all’ordine a fornitore [31.6]; in questa fase l’impegno rappresenta una obbligazione giuridicamente perfezionata, anche se resta soggetta a condizioni per quanto attiene la nascita dell’onere vero e proprio (es. la consegna del materiale).

Da quanto sopra esposto si è pertanto portati a ritenere che l’impegno debba essere rilevato esclusivamente alla formalizzazione conclusiva delle trattative di acquisto, ovvero solo in presenza di un titolo idoneo ad obbligare l’ente nei confronti di terzi. In questa ottica la prenotazione di spesa ha lo scopo di autorizzare la trattativa, vincolando nel contempo le somme stanziate in bilancio, sia al fine di evitare sovrapposizioni di spese per gli stessi importi disponibili che al fine di evidenziare, in scritture a margine del bilancio, l’esistenza di una procedura in via di espletamento.

Tuttavia, sempre sulla base di quanto sopra esposto, sembra che il legislatore abbia anche voluto chiarire che l’impegno non costituisce la rilevazione del costo, ma, come peraltro più logico, un evento antecedente (o al limite coincidente) con la stessa. Tale impostazione è suffragata dalle seguenti considerazioni :

1. Che al termine dell’esercizio gli impegni debbano essere raffrontati con l’effettiva spesa sostenuta (liquidazione), andando così a rappresentare costi reali [31.5].

2. Che nelle obbligazioni negoziali pluriennali, per l’esercizio corrente l’impegno è assunto solo per la parte relativa alla prestazioni effettivamente rese [31.4].

3. Che “In calce allo stato patrimoniale sono evidenziati i conti d'ordine rappresentanti … gli impegni assunti a fronte di prestazioni non ancora rese al termine dell'esercizio finanziario.” [42.7]. E’ qui evidente la distinzione tra impegni e prestazioni rese a fronte degli stessi, la cui differenza è esterna alla determinazione del patrimonio.

4. Che in relazione al termine “spesa” si precisa che “rappresenta l'aspetto economico di un'uscita finanziaria”, anche se “genericamente rappresenta l'impiego di risorse finanziarie” [1.q], e che il termine “costo” indica “la causa economica dell'uscita finanziaria sopportata dall'operatore economico per acquisire un fattore produttivo, ovvero l'accadimento di gestione che incide negativamente sul patrimonio dell'ente” [1.d].

5. Che nell’allegato 1 (principi contabili), al punto q) (competenza finanziaria ed economica), viene indicata, quale regola generale per il riconoscimenti di costi, l’individuazione dei seguenti requisiti “1) il processo produttivo dei beni o dei servizi è stato completato; 2) l'erogazione è avvenuta, si è cioè verificato il passaggio sostanziale e non formale del titolo di proprietà o di godimento del servizio”.

La questione della distinzione tra impegno e debito, sopra affrontata, tornerà in modo preponderante nella successiva trattazione relativa ai residui passivi, alla quale si rimanda.

Liquidazioni La liquidazione rappresenta le fase di rilevazione della “spesa”, ovvero la determinazione del debito nei confronti del creditore [32.1], nei limiti dell’impegno (definitivo) assunto. Il termine “impegno definitivo” potrebbe essere interpretato sia in contrapposizione con le “prenotazioni di impegno” [31.3] sia in riferimento agli “impegni provvisori” assunti sulla base degli ordini di provvista fondi per i funzionari ordinatori e gli organi decentrati [1.h, 65.1] : in entrambi i casi, il fatto che la

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liquidazione determini un importo nei limiti dell’impegno, rafforza il principio della distinzione netta tra quest’ultimo e la rilevazione dell’effettivo debito maturato. La maggiore importanza attribuita alla liquidazione è evidenziata dal fatto che l’atto ad essa relativo, corredato della documentazione e provvisto dei riferimenti contabili, è sottoscritto dal funzionario competente e trasmesso all’ufficio ragioneria [32.3]; in questo senso la fase della liquidazione assume rilevanza contabile a tutti gli effetti, mentre nel DPR 696/79 era visto, da molti, come un evento amministrativo interno.

Ordinazione e Pagamento Per quanto attiene le fasi dell’ordinazione e del pagamento non vi sono particolari differenze rispetto a quanto previsto nel DPR 696/79 ed alla prassi adottata dalla maggior parte degli enti, salvo il maggior numero di informazioni espressamente richieste nel mandato (codice fiscale o partita IVA del creditore, modalità di pagamento, vincoli di destinazione …) [33.2, 33.8], informazioni peraltro già presenti nella stragrande maggioranza dei modelli adottati ad oggi. Da sottolineare l’espressa menzione dei sospesi di pagamento, ovvero delle somme erogate in assenza di mandato di pagamento (es. delegazioni di pagamento), per i quali la norma prevede l’obbligo di regolarizzazione entro dieci giorni dall’esborso o al massimo entro il termine del mese successivo [33.3] (per i sospesi di entrata, il termine è invece stabilito dall’ente [27.4]). In ultimo, da sottolineare l’espressa menzione del mandato informatico [33.9] e dei pagamenti tramite carte di credito [35.1].

Residui Sotto il profilo concettuale i residui attivi e passivi hanno un significato analogo a quanto previsto nel DPR 696/79, essendo i primi “Le entrate accertate e non riscosse” [27.8] ed i secondi “Le uscite impegnate e non ordinate e quelle ordinate e non pagate” [33.7], ed essendo iscritti nello stato patrimoniale e nel bilancio di previsione dell’esercizio successivo [27.8, 33.7]. Tuttavia è proprio su questo argomento che la nuova norma presenta le maggiori problematiche interpretative, dal momento che il legislatore ha voluto da un lato conservare il significato dei residui sotto il profilo finanziario e dall’altro introdurre i concetti di rilevazione effettiva di credito e debito, nel bilancio finale, tipici del regime civilistico. Il risultato è una esposizione di non facile interpretazione, che, relativamente ai residui passivi, sembra addirittura contraddittoria. Tale difficoltà scaturisce fondamentalmente dalla distinzione che esiste, nell’ambito della dottrina civilistica, tra obbligazione giuridicamente perfezionata e debito – da iscriversi nello stato patrimoniale. In tale ambito è infatti noto che una obbligazione in essere (ad esempio rappresentata da un accordo di fornitura o da un contratto di servizi), non costituisce, di per sé, un titolo idoneo alla rilevazione e rappresentazione di un debito (che influenza il patrimonio), essendo quest’ultimo legato all’effettiva acquisizione del bene o all’erogazione del servizio. Nelle contabilità aziendali tale distinzione non presenta alcuna difficoltà interpretativa (salvo rarissime circostanze), ed è pacificamente riconosciuto che un semplice accordo con un terzo soggetto, seppure vincolante sotto il profilo giuridico, non comporta alcuna iscrizione nello stato patrimoniale (semmai nei conti d’ordine, vedi oltre) fino a quando i beni o i servizi oggetto dell’accordo non sono stati ceduti o forniti. Nelle contabilità di tipo pubblico tale aspetto è invece ancora oggetto di diverse interpretazioni, dovute in parte alla diversa connotazione che assume l’impegno finanziario rispetto alla rilevazione di costo o debito. Nel seguito vengono fornite alcune indicazioni in merito, separatamente per i residui attivi ed i passivi.

Residui Attivi La determinazione dei residui attivi, in linea di principio, è fondata sui concetti già descritti inerenti la rilevazione di crediti, assimilandoli integralmente a questi ultimi. Infatti, i residui attivi derivano dagli accertamenti non riscossi, i quali, come già precedentemente esposto, rappresentano sostanzialmente quote di credito secondo l’interpretazione civilistica, essendo disposto che non

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debbano essere “soggetti ad oneri o condizioni”[26.2] (salvo l’eccezione prevista nell’art. 26.3.d, vedi oltre). L’ammontare degli accertamenti non riscossi può pertanto già sostanzialmente rappresentare, prima ancora della determinazione dei residui alla chiusura del bilancio, il credito effettivo derivante da operazioni di natura finanziaria, da iscriversi nelle attività dello stato patrimoniale. Per quanto attiene poi la determinazione dei residui attivi, a rafforzare tale principio è espressamente indicato che “sono mantenute tra i residui dell'esercizio esclusivamente le entrate accertate per le quali esiste un titolo giuridico che costituisca l'ente creditore della correlativa entrata” [36.5]. E’ pertanto presumibile che tale ulteriore precisazione sia stata inserita per risolvere il dubbio introdotto dall’art. 26, comma 3, lettera d), laddove è data possibilità (nel corso dell’esercizio) di rilevare l’accertamento “per le altre entrate, anche di natura eventuale o variabile, mediante contratti, provvedimenti giudiziari o atti amministrativi specifici”. In ogni caso, appare chiaro che al termine dell’esercizio deve esistere una assoluta coincidenza tra i residui attivi ed i crediti di natura finanziaria (ovvero derivanti da accertamenti) iscritti nello stato patrimoniale, senza esigenze di riconciliazione.

Residui Passivi Per i residui passivi il discorso si presenta alquanto più complesso, dal momento che gli stessi derivano dagli impegni non pagati (ivi compresi quelli relativi a mandati emessi ma non estinti al termine dell’esercizio), i quali, come già detto, vengono rilevati durante l’esercizio indipendentemente dall’effettiva insorgenza di debiti intesi secondo la disciplina civilistica, ma, sulla base dell’interpretazione più accreditata (vedi impegni), anche solo in presenza di una obbligazione giuridicamente perfezionata. Tuttavia, ai fini della determinazione dei residui, la norma sembra prevedere due modalità di trattamento tra loro discordanti. Infatti è espressamente previsto quanto segue :

1. Che “i provvedimenti relativi [a procedure in via di espletamento], per i quali entro il termine dell'esercizio non è stata assunta dall'ente l'obbligazione di spesa verso i terzi decadono e costituiscono economia di bilancio cui erano riferiti, concorrendo alla determinazione del risultato contabile di amministrazione … Quando la prenotazione di impegno è riferita a procedure di gara bandite prima della fine dell'esercizio e non concluse entro tale termine, la prenotazione confluisce nella parte vincolata dell'avanzo di amministrazione” [31.3].

2. Che “I residui attivi e passivi devono risultare nelle scritture distintamente per esercizio di provenienza, enucleando, con appropriate evidenze anche informatiche, quelle partite corrispondenti ad obbligazioni non giuridicamente perfezionate, correlate o meno ad impegni globali di cui all’articolo 31, comma 4” [36.2 – sottolineatura del redattore].

Mentre il primo articolo citato sembra avvalorare la tesi ritenuta più probabile, ovvero che gli impegni non relativi ad obbligazioni giuridicamente perfezionate debbano decadere a fine anno, il secondo articolo pone qualche perplessità in merito. Infatti, intendendo il termine “enucleare” come sinonimo di “estrarre” o “estrapolare”, l’art. 36 sembra includere tra i residui le poste attinenti a procedure in via di espletamento. Se il termine “enucleare” viene invece inteso come “spiegare”, tale articolo può ritenersi non in contrasto con il citato comma 3 dell’articolo 31, ovvero stare a significare l’esigenza di annotare tali impegni (in realtà si dovrebbe parlare di prenotazioni di impegni) a margine del bilancio. In soccorso alla tesi principale interviene tuttavia la disposizione per cui “Nella categoria dei conti d’ordine per impegni ricadono anche le gare bandite e non concluse al termine dell'esercizio; ... l'importo complessivo delle gare in essere … costituirà, inoltre, una parte vincolata del risultato di amministrazione.” [all. 14, X], che, includendo tali poste nel risultato di amministrazione (anche se vincolato) ne chiarisce l’estraneità ai residui in quanto tali.

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Se non è difficile identificare come requisito per i residui la presenza di una obbligazione giuridicamente perfezionata, più complesso appare stabilire se tale obbligazione debba essere altresì correlata ad un debito inteso in senso civilistico (qui la distinzione tra obbligazione e debito è quella già formulata in premessa, basata sulla distinzione tra contratto e fornitura effettiva), e, in caso contrario, se si debbano iscrivere nello stato patrimoniale tutti i residui o solo la quota che rappresenta il debito stesso. In merito alla prima questione, ovvero alla relazione tra residui e debiti, occorre citare che :

1. “Costituiscono economia le minori spese sostenute rispetto all'impegno nel corso dell'esercizio, verificate con la conclusione della fase della liquidazione” [31.5]. Qui è forse lecito supporre che l’abbattimento degli impegni sulla base della quota realmente liquidata (onde costituire economia) sia riferita ai soli impegni che abbiano esaurito il loro compito autorizzativo o previsionale per la specifica spesa, per via di ribassi, abbuoni o nuovi accordi. Tuttavia, vista in termini più generali, tale articolo può anche stare ad indicare l’obbligo di ridurre comunque gli impegni alla quota di debito effettivo, rappresentata dalle liquidazioni, al fine di portare a residui solo quest’ultima, per la parte ancora non pagata.

2. Gli impegni non pagati, rappresentati dai residui passivi, sono da “iscriversi tra le passività della situazione patrimoniale” [33.7]. Sulla base di tale disposizione sembrerebbe che i residui passivi debbano essere iscritti in bilancio, senza distinguere quali tra loro abbiano originato un debito, a fronte, eventualmente, di un costo effettivo.

Solo sulla base di tali disposizioni sembrerebbe che i residui passivi debbano essere iscritti in bilancio indipendentemente dal fatto che abbiamo originato il corrispondente debito. Non solo. L’art. 33, comma 7, potrebbe indicare che i residui ancora non correlati ad effettive forniture debbano essere iscritti tra le attività dello stato patrimoniale, ovvero debbano essere comunque assimilati, dal lato della contabilità civilistica, a debiti effettivi. Questo potrebbe addirittura portare ad un significato diverso del termine “patrimonio” rispetto a quello comunemente impiegato nella contabilità per le società private (dove, lo ricordiamo, le obbligazioni per le quali il servizio non è ancora stato reso non entrano a far parte del patrimonio).

Tale impostazione tuttavia si scontra, oltre che con quei principi della dottrina civilistica ai quali il DPR si richiama più volte, con il fatto che :

1. “In calce allo stato patrimoniale sono evidenziati i conti d'ordine rappresentanti … gli impegni assunti a fronte di prestazioni non ancora rese al termine dell'esercizio finanziario.” [42.7]. E’ qui evidente la distinzione tra impegni e prestazioni rese a fronte degli stessi, ed che gli stessi debbano essere iscritti nei conti d’ordine, ovvero esternamente al patrimonio.

2. Nell’allegato 1 (principi contabili), al punto q) (competenza finanziaria ed economica), viene indicata, quale regola generale per il riconoscimenti di costi, l’individuazione dei seguenti requisiti “1) il processo produttivo dei beni o dei servizi è stato completato; 2) l'erogazione è avvenuta, si è cioè verificato il passaggio sostanziale e non formale del titolo di proprietà o di godimento del servizio”.

3. Nel prospetto inerente i centri di costo [all. 8], è presente una apposita colonna riportante i “costi relativi a spese da sostenere su fondi residui dell’ente provenienti dagli anni precedenti” in contrapposizione ai “costi relativi a spese da sostenere su stanziamenti di competenza”, che lascia intendere la possibilità di rilevare costi (e conseguentemente debiti) su impegni a residuo. (a complicare la questione vi è comunque da rilevare che tale distinzione scompare nell’art. 76.2, dove sono citate solo le “spese da sostenere su stanziamenti di competenza …”).

Come si evince, sul testo della nuova legge è di nuovo presente la confusione già riscontrata nella normativa precedente, ed oggetto di numerose diatribe. A nostro avviso la confusione scaturisce dal

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non sempre coerente utilizzo dei termini “obbligazione giuridicamente perfezionata” e “debito”, calati nell’ambito di un bilancio che deve tenere conto sia dei principi della contabilità pubblica che di quella civilistica. Senza dilungarsi in questa sede sull’analisi giuridico/lessicale dei termini, riteniamo che una certa chiarezza possa derivare dal considerare l’impegno come un atto che può trovarsi in uno delle seguenti tre fasi :

1. Inizialmente esso (direttamente o tramite l’atto che viene definito prenotazione di impegno) rappresenta unicamente una “autorizzazione” di spesa, e come tale, al termine dell’esercizio, non può dare luogo ad iscrizione nel bilancio finanziario o patrimoniale salvo che non abbia già fatto sorge una obbligazione nei confronti di terzi (nel senso che deve essere abbattuto sia ai fini del rendiconto finanziario che ai fini economici) [31.3];

2. successivamente, al sorgere di una obbligazione giuridicamente perfezionata (es. stipula di un contratto, accettazione di una proposta) esso comporta certamente una evidenza nel bilancio finanziario, nel senso che dovrebbe dare luogo al residuo passivo, ma non comporta necessariamente l’iscrizione nello stato patrimoniale, se a fronte dello stesso non è nel frattempo sorto un debito effettivo (fornitura resa) [42.7];

3. infine, all’atto della fornitura, esso rappresenta un costo/debito inteso nel senso civilistico, che come tale comporta la sua iscrizione nel conto economico dell’ente e nello stato patrimoniale, quale debito [all. 1,q].

Una conseguenza di tale impostazione è che l’ammontare dei residui passivi può non coincidere con i debiti riportati nello stato patrimoniale (o meglio, in una normale gestione, non dovrebbe mai coincidere), e pertanto richiede, a rigore di logica, la presenza di un prospetto di riconciliazione tra le due grandezze, come peraltro era indicato nella precedente normativa di riferimento. Tale prospetto, tuttavia, nel testo della legge è solo vagamente accennato, laddove si dispone che “Lo stato patrimoniale contiene inoltre la dimostrazione dei punti di concordanza tra la contabilità del bilancio e quella del patrimonio” [42.1]. L’articolo in oggetto, che non viene meglio specificato, potrebbe essere riferito all’esigenza di evidenziare nei conti d’ordine le obbligazioni perfezionate non ancora coincidenti con i debiti, e pertanto indicare l’obbligo di riconciliazione all’interno dello stato patrimoniale stesso. In conclusione, questo aspetto, che rappresenta da molto tempo uno dei punti critici dell’integrazione tra il regime finanziario e quello civilistico, non appare compiutamente risolto nell’ambito della nuova norma, lasciando spazio a numerosi dubbi.

Residui Passivi e Vincolo del risultato di Amministrazione Un altro punto non particolarmente chiaro, relativamente alla determinazione e trattamento dei residui, è rappresentato da due disposizioni già precedentemente citate, qui riportate integralmente :

1. “Nella categoria dei conti d’ordine per impegni ricadono anche le gare bandite e non concluse al termine dell'esercizio; ciò in quanto il bando è un atto che vincola l'amministrazione pubblica verso l'esterno poiché produce situazioni soggettive tutelate in capo ai terzi e, precisamente, a coloro che hanno già inoltrato la domanda di partecipazione conformemente alle condizioni definite dal bando stesso. Pertanto l'importo complessivo delle gare in essere a fine esercizio dovrà essere iscritto nei conti d’ordine e commentato in nota integrativa; esso costituirà, inoltre, una parte vincolata del risultato di amministrazione.” [all. 14, X – sottolineatura del redattore].

2. “Durante le gestione possono anche essere prenotati impegni relativi a procedure in via di espletamento. I provvedimenti relativi per i quali entro il termine dell'esercizio non è stata assunta dall'ente l'obbligazione di spesa verso i terzi decadono e costituiscono economia di bilancio cui erano riferiti, concorrendo alla determinazione del risultato contabile di amministrazione di cui all'articolo 44. Quando la prenotazione di impegno è riferita a

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procedure di gara bandite prima della fine dell'esercizio e non concluse entro tale termine, la prenotazione confluisce nella parte vincolata dell'avanzo di amministrazione.” [31.3 – sottolineatura del redattore].

Tali articoli dispongono da un lato la cancellazione degli impegni che non hanno dato luogo ad obbligazioni, gli stessi non dovendo essere inclusi nei residui, dall’altro l’obbligo di vincolare tali somme nell’ambito dell’avanzo di amministrazione. Ad una attenta analisi tali disposizioni si dimostrano tuttavia in contrasto tra loro, almeno se per vincolo dell’avanzo si intende una somma non disponibile per gli stanziamenti di competenza [45.5], e ciò per la semplice ragione che detti importi, essendo stati cancellati dai residui passivi, dovranno essere nuovamente impegnati nell’esercizio successivo, presumibilmente proprio a fronte dell’economia generata dalla loro eliminazione (economia rilevata, per l’esercizio successivo, dall’avanzo di amministrazione). Pertanto l’unica spiegazione di tale disposizione, oltre che ritenerla una svista del legislatore, è considerare le somme vincolate non come indisponibili agli stanziamenti di competenza, ma come espressamente destinate alla copertura di stanziamenti di competenza in determinate voci di spesa, analogamente a quanto avveniva nel DPR 696/79 con il prospetto di distribuzione dell’avanzo. Dal momento che, come già noto, la questione inerente i vincoli dell’avanzo di amministrazione presenta altri aspetti non del tutto chiari (vedi i vincoli relativi ai fondi rischi ed oneri), si ritiene che l’argomento possa essere affrontato solo previe maggiori indicazioni degli organi competenti.

Per quanto attiene le altre disposizioni in materia di residui, in linea di principio ricalcano quanto già previsto espressamente o implicitamente nel D.P.R. 696/79, ovvero dalla normale prassi adottata in contabilità pubblica, quali le modalità di riaccertamento [40, 79.6], di impiego [20.6, 27.3, 27.5, 33.2, 33.5, 36] e di esposizione [5.7, 39.2, 44.2, 44.3, 45.1, 75.1]. E’ infine da rilevare che nella nuova norma la gestione distinta dei residui, della competenza e della cassa è talmente radicata [tra gli altri : 36.1, 27.2e, 27.5, 33.2c, 33.5] , da rendere pressoché impossibile l’adozione di un regolamento che preveda l’assimilazione dei residui ad impegni/accertamenti di competenza in conto capitale, con l’eliminazione o la contrazione della gestione della cassa.

GESINF S.r.l.

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Bilanci in Forma Abbreviata La norma prevede la semplificazione della tenuta contabile per gli enti di piccole dimensioni, ovvero per quegli enti che, nel primo esercizio o per due esercizi consecutivi, non superano due dei seguenti parametri dimensionali :

1. totale dell'attivo dello stato patrimoniale: 2,5 milioni di euro. 2. totale delle entrate accertate, con esclusione delle partite di giro: 1 milione di euro. 3. dipendenti in servizio al 31 dicembre di ciascun anno considerato: 25 unità.

Per tali enti è prevista la possibilità di redigere i bilanci preventivi e consuntivi in forma abbreviata [48.1], con conseguente minor onere di tenuta delle scritture contabili. Le semplificazioni introdotte dalla tenuta dei bilanci in forma abbreviata sono le seguenti :

1. Il preventivo ed il rendiconto finanziario prevedono unicamente i rispettivi bilanci gestionali, ad esclusione pertanto dei decisionali; inoltre, sul preventivo finanziario, il limite autorizzativo di spesa è dato dalle categorie (quarto livello delle UP) e non dai capitoli, che sono riportati solo ai fini della successiva gestione e rendicontazione [48.5].

2. Non è previsto, quale allegato al preventivo, il bilancio pluriennale [48.4]. Non sono altresì citati i quadri di riclassificazione dei risultati economici previsti [14.4] e conseguiti [41.1].

3. Il preventivo ed il consuntivo economico in forma abbreviata sono meno dettagliati, comprendendo solo le voci contrassegnate nell'allegato 5 con le lettere maiuscole e con i numeri arabi, con l'unica eccezione per le spese del personale di cui alla voce B9 per le quali è, comunque, necessaria la specificazione delle voci contrassegnate dalle lettere minuscole [48.6]. Così, ad esempio, è sufficiente il dettaglio “B) Costi della Produzione 10) Ammortamenti e svalutazioni” senza distinzione in “a) immobilizzazioni immateriali – b) immobilizzazioni materiali – c) altre svalutazioni - …”. In realtà tale semplificazione elimina solo 14 voci di dettaglio dal piano dei conti economico, gran parte delle quali di scarso o nullo utilizzo, ma si tenga conto che lo schema dei conti è già notevolmente sintetico anche nel bilancio ordinario.

4. Lo stato patrimoniale in forma abbreviata comprende solo le voci contrassegnate nell'allegato 13 con le lettere maiuscole e con i numeri romani; dalle voci BI e BII dell'attivo devono essere detratti in forma esplicita gli ammortamenti e le svalutazioni; nelle voci CII dell'attivo ed E del passivo devono essere separatamente indicati i crediti ed i debiti esigibili oltre l'esercizio successivo [48.9]. Per lo stato patrimoniale tale semplificazione apporta una drastica riduzione della complessità della tenuta contabile : ad esempio, per i debiti è sufficiente distinguere quelli esigibili entro i 12 mesi dai restanti, senza distinzione tra “1) obbligazioni 2) verso banche 3) altri finanziatori 4) acconti 5) fornitori … 8) debiti tributari 9) istituti di previdenza … 12) debiti diversi”; chi ha esperienza di sistemi contabili integrati è in grado di comprendere l’enorme semplificazione derivante da tale impostazione.

5. La nota integrativa è redatta in forma abbreviata [48.11], e prende il nome di “nota integrativa e relazione sulla gestione”, essendo quest’ultima eliminata dagli allegati del rendiconto generale [48.12]. Gli altri allegati al rendiconto generale non subiscono variazioni.

Oltre alle semplificazioni sopra enunciate, espressamente previste nella norma, è lecito supporre che un ente operante in regime di bilanci in forma abbreviata adotti un unico centro di responsabilità, e non istituisca funzioni – obiettivo, programmi o progetti. In tali circostanze i prospetti del preventivo e del consuntivo, finanziari, economici e patrimoniali, sono praticamente assimilabili, in termini di struttura e complessità, agli schemi precedentemente previsti nel DPR 696/79. Dell’obbligo di istituzione e gestione dei centri di costo, già precedentemente discusso, non può essere data una chiara interpretazione. E’ tuttavia evidente che se tale obbligo è stato messo in discussione per la gestione ordinaria, a maggior ragione il dubbio resta per i bilanci in forma abbreviata.