VA PENSIERO - Milena Salernodavanti allo spartito ed io continuo a suonare, come da bambino, quelle...

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P oiché l’uomo per sua natura è corruttibile, sta nella ca- pacità dell’uomo creare gli anticorpi perché la corru- zione “non sia più conveniente”. Assistiamo a tutti i livelli, dai consigli di pubbliche amministrazioni, delle grandi società, di quelle partecipate, fino alle più piccole fondazioni, alla presenza di consiglieri che perseguono prevalentemente interessi personali o di pochi, trascurando di occuparsi di quel bene comune che dovrebbe essere invece il loro unico scopo; finalità per le quali, del resto, sono stati chiamati ad operare. Uomini assai lontani dall’applicazione di quel suggeri- mento a noi giunto da Epicuro, che impedirebbe di commettere “cattive azioni”: “Dobbiamo scegliere un uomo dabbene e te- nere la sua immagine sempre davanti ai no- stri occhi per vivere come se egli ci osser- vasse e fare ogni cosa come se ci vedesse”. Il Santo Padre, Papa Francesco, nel- l’Omelia del 4 settem- bre della Santa Messa di Canonizzazione della Beata Madre Te- resa di Calcutta, ha pronunciato parole se- vere sulle responsabi- lità dei “potenti”: Madre Teresa … ha fatto sentire la sua voce ai potenti della terra, perché riconoscessero le loro colpe dinanzi ai crimini – dinanzi ai crimini! - della povertà creata da loro stessi”. Come la povertà è un crimine causato dall’egoismo e dalla miopia dell’uomo, anzi di pochi potenti uomini, anche gli atteggia- menti omertosi e di indifferenza di ognuno di noi, sono atteg- giamenti spregevoli, causa di grandi ingiustizie. Chi ricerca il potere fine a se stesso e insegue il dio denaro, non ha capito nulla della vita e non sarà mai felice, sarà solo un miserabile. Come ci insegna Seneca, la giusta misura della ricchezza, è per primo, avere il necessario secondo quanto basta. Purtroppo viviamo in un tempo in cui il merito non è più un valore, le ca- pacità non sono più adeguatamente considerate, nemmeno la vita stessa è più un valore e il “dio” dell’egoismo impera. Consapevoli della situazione non possiamo e non dob- biamo perderci d’animo, ma operare affinché le cose possano cambiare o migliorare. Anche noi, nel nostro piccolo, dob- biamo cambiare atteggiamento, così modificheremo la realtà che ci circonda: dire sempre e solo la verità, far valere le pro- prie ragioni e perseguire la giustizia, quale bene supremo. Il grado di civiltà di un paese è determinato dal buon fun- zionamento della Giustizia. Sì, se la Giustizia è efficiente, tutto il resto funziona alla perfezione. Per cambiare atteggiamento dobbiamo tener co- stantemente presente l’insegnamento dei “grandi” del passato, come Martin Luther King: “Non ho paura della cattiveria dei malvagi ma del silenzio degli onesti”. Ricordiamoci che il silenzio può anche uccidere, quando il silenzio assume un comportamento omertoso, mafioso, e chi sta “zitto” per paura, per convenienza o per temere ritorsioni, è un vigliacco e corresponsabile. La nostra amata Casa dove ri- posano le spoglie del suo Fondatore, nella quale viviamo, la consideriamo a tutti gli effetti come casa nostra, perché non solo vi passiamo gli ultimi anni della nostra vita, ma perché qui votiamo e abbiamo la residenza e ci ado- priamo affinché tutto funzioni al meglio se- condo le volontà del suo Fondatore, Giu- seppe Verdi. Dob- biamo sentirci liberi di esprimerci e sugge- rire ai responsabili anche iniziative utili, soprattutto quando ri- guardano il nostro be- nessere. Il desiderio di tutti noi è di avere la possibilità di trascorrere serenamente, e al meglio, il tempo che ci rimane e sentirci “VIVI” fino all’ultimo respiro. Ma questo non dipende solo da noi! E’ indubbio che sia complesso e impegnativo gestire la fon- dazione, ma è anche vero che a volte basterebbe prestare una maggior attenzione: per esempio, controllare per tempo, e si- stemare una volta per tutte l’impianto dell’aria condizionata che non ha mai funzionato a dovere, così come il sistema di apertura e di chiusura delle porte di accesso alla sala da pranzo, senza essere costretti a tenerle aperte, come già accade da di- verso tempo, per mezzo di un cucchiaio infilato sotto la porta a far da spessore… soprattutto si dovrebbe prestare più atten- zione alle nostre richieste e magari cercare di esaudirle. E poi ci vorrebbe una riunione di tutti gli Ospiti con la di- rezione, per sondare le loro idee, prenderne spunti, consigli, osservazioni. Solo dal confronto nascono le migliori soluzioni, ma qui in Casa Verdi, è completamente assente. Sono trascorsi anni dall’ultima riunione. Dobbiamo essere e sentirci liberi di esprimerci ognuno a modo suo, anche sbagliando. Vorremmo che tutto questo si avverasse. Attendiamo. Stefania Sina Va Pensiero La Voce libera degli anziani musicisti di Casa Verdi Ma in che mondo viviamo? D a qualche anno ho l’onore di seguire al- cune iniziative alla fondazione Giu- seppe Verdi, inizialmente in quanto Consigliera provinciale, ma poi per affetto verso alcuni ospiti che ho avuto la fortuna di co- noscere e soprattutto per rispetto della grande storia di tutti gli ospiti di questo luogo pieno di passione e storia. Sarebbe auspicabile che oc- casioni di scambio tra quartiere, città e Casa Verdi fossero ancora più frequenti, perché la preparazione di musicisti e cantanti che vivono qui è grande fonte di conoscenza ed energia, anche se parliamo di persone avanti con gli anni. L’ultimo concerto del 26 giugno “Verdi eterno, eterna Annina”, protagonista la grandissima Si- gnora Luisa Mandelli, soprano di 93 anni, in- sieme agli artisti della Scala, è stato un tributo straordinario all’opera di Verdi, grazie anche alla signora Mandelli non più giovane ma an- cora capace di trasmettere grandi emozioni. Siamo tutti impegnati perché il vivere qui sia sempre dignitoso, curato (penso al recente pro- blema tecnico del malfunzionamento dei con- dizionatori) e consono agli ospiti che non sono più nel fiore dell’età giovanile. Questo ambiente deve continuare ad essere ade- guato al clima culturale e alle esigenze di que- sti fantastici artisti che ancora hanno molto da insegnarci. Diana De Marchi Comune di Milano Presidente della Commissione Pari Opportunità Settembre 2016 www.stefaniasina.it N. 14 Arrivederci, caro amico G iuseppe Castelletti, la tua partenza non è un addio, ma un arrivederci. Perché hai deciso di allontanarti da Casa Verdi? Forse non ti siamo stati abbastanza vicini? Forse non hai trovato l’ambiente adatto a te? Que- sta tua decisione di lasciare Casa Verdi e di partire per Trieste ci ha lasciati scioccati e dispiaciuti. Tu sapevi pazientare e non dar peso a quello che ti fa- ceva star male, hai saputo ascoltare e perdonare. Te ne vai via proprio in questo periodo che aspettiamo nuovi arrivi, con la speranza che siano anziani “arzilli” carichi di entu- siasmo. La tua partenza ci fa venir alla mente anche un’altra persona che ci ha lasciato qualche anno fa, la Prof.ssa Mariolina Porrà, docente di clavicembalo al Conservato- rio di Milano, che ora vive a Cagliari, nella sua terra na- tale. Anche lei ha voluto lasciare Casa Verdi perché non ha trovato un ambiente adatto alle sue aspet- tative. Ci dispiace che due anziani ma gio- vanili per età e spirito, colti e carichi di energia, persone delle quali abbiamo estremamente bisogno, ci abbiano la- sciato. Questo non deve succedere mai più! Anche il caro Maestro Claudio Giombi, fucina di idee e abile organizzatore, ci la- scia al primo sole di primavera per la sua amata Muggia e rientra in autunno appena il freddo si fa sentire. Lontano da noi per più di sei mesi l’anno, si sente la man- canza di una persona così socievole e intraprendente. Di sicuro trova nella sua Muggia quell’atmosfera se- rena e divertente che tutti gli invidiamo. Stiamo tutti in- vecchiando ma non vediamo quel ricambio generazionale da anni auspicato e con tante camere vuote. Caro Giu- seppe, non ci sono parole abbastanza grandi per dirti che sei stato per noi un amico leale e sincero. Il vuoto che lasci è grande, ma sappiamo che a volte, nella vita, ci sono molte cose più importanti da fare, decisioni difficili da prendere. E’ la tua vita che inevitabil- mente ha preso una fantastica via altrove, lasciando un vuoto nella nostra. Ci mancherai, e molto; mancherà il suono del tuo corno, che si sentiva sino al terzo piano, che tante volte abbiamo man- dato a quel paese. In questo momento ti auguriamo di ritrovare presto la gioia nel tuo cuore, la felicità e la serenità a Trie- ste, circondato dagli affetti più cari. Non dimenticarti che, qualunque cosa succeda, noi siamo qui ad attenderti, a braccia aperte. Quindi il nostro non è un addio, ma un arrivederci. La Redazione Giuseppe Castelletti Stefania Sina con le sue compagne di gioco. Diana De Marchi 53 Foto di Armando Ariostini

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Poiché l’uomo per sua natura è corruttibile, sta nella ca-pacità dell’uomo creare gli anticorpi perché la corru-zione “non sia più conveniente”. Assistiamo a tutti i

livelli, dai consigli di pubbliche amministrazioni, delle grandisocietà, di quelle partecipate, fino alle più piccole fondazioni,alla presenza di consiglieri che perseguono prevalentementeinteressi personali o di pochi, trascurando di occuparsi di quelbene comune che dovrebbe essere invece il loro unico scopo;finalità per le quali, del resto, sono stati chiamati ad operare.

Uomini assai lontani dall’applicazione di quel suggeri-mento a noi giunto da Epicuro, che impedirebbe di commettere“cattive azioni”: “Dobbiamo scegliere un uomo dabbene e te-nere la sua immaginesempre davanti ai no-stri occhi per viverecome se egli ci osser-vasse e fare ogni cosacome se ci vedesse”.

Il Santo Padre,Papa Francesco, nel-l’Omelia del 4 settem-bre della Santa Messadi Canonizzazionedella Beata Madre Te-resa di Calcutta, hapronunciato parole se-vere sulle responsabi-lità dei “potenti”:“Madre Teresa … ha fatto sentire la sua voce ai potenti dellaterra, perché riconoscessero le loro colpe dinanzi ai crimini –dinanzi ai crimini! - della povertà creata da loro stessi”. Comela povertà è un crimine causato dall’egoismo e dalla miopiadell’uomo, anzi di pochi potenti uomini, anche gli atteggia-menti omertosi e di indifferenza di ognuno di noi, sono atteg-giamenti spregevoli, causa di grandi ingiustizie. Chi ricerca ilpotere fine a se stesso e insegue il dio denaro, non ha capitonulla della vita e non sarà mai felice, sarà solo un miserabile.Come ci insegna Seneca, la giusta misura della ricchezza, èper primo, avere il necessario secondo quanto basta. Purtroppoviviamo in un tempo in cui il merito non è più un valore, le ca-pacità non sono più adeguatamente considerate, nemmeno lavita stessa è più un valore e il “dio” dell’egoismo impera.

Consapevoli della situazione non possiamo e non dob-biamo perderci d’animo, ma operare affinché le cose possanocambiare o migliorare. Anche noi, nel nostro piccolo, dob-biamo cambiare atteggiamento, così modificheremo la realtàche ci circonda: dire sempre e solo la verità, far valere le pro-prie ragioni e perseguire la giustizia, quale bene supremo.

Il grado di civiltà di un paese è determinato dal buon fun-zionamento della Giustizia.

Sì, se la Giustizia è efficiente, tutto il resto funziona allaperfezione. Per cambiare atteggiamento dobbiamo tener co-stantemente presente l’insegnamento dei “grandi” del passato,come Martin Luther King: “Non ho paura della cattiveria deimalvagi ma del silenzio degli onesti”.

Ricordiamoci che il silenzio può anche uccidere, quando ilsilenzio assume un comportamento omertoso, mafioso, e chista “zitto” per paura, per convenienza o per temere ritorsioni,è un vigliacco e corresponsabile. La nostra amata Casa dove ri-posano le spoglie del suo Fondatore, nella quale viviamo, laconsideriamo a tutti gli effetti come casa nostra, perché nonsolo vi passiamo gli ultimi anni della nostra vita, ma perché qui

votiamo e abbiamo laresidenza e ci ado-priamo affinché tuttofunzioni al meglio se-condo le volontà delsuo Fondatore, Giu-seppe Verdi. Dob-biamo sentirci liberidi esprimerci e sugge-rire ai responsabilianche iniziative utili,soprattutto quando ri-guardano il nostro be-nessere. Il desideriodi tutti noi è di avere

la possibilità di trascorrere serenamente, e al meglio, il tempoche ci rimane e sentirci “VIVI” fino all’ultimo respiro. Maquesto non dipende solo da noi!

E’ indubbio che sia complesso e impegnativo gestire la fon-dazione, ma è anche vero che a volte basterebbe prestare unamaggior attenzione: per esempio, controllare per tempo, e si-stemare una volta per tutte l’impianto dell’aria condizionatache non ha mai funzionato a dovere, così come il sistema diapertura e di chiusura delle porte di accesso alla sala da pranzo,senza essere costretti a tenerle aperte, come già accade da di-verso tempo, per mezzo di un cucchiaio infilato sotto la portaa far da spessore… soprattutto si dovrebbe prestare più atten-zione alle nostre richieste e magari cercare di esaudirle.

E poi ci vorrebbe una riunione di tutti gli Ospiti con la di-rezione, per sondare le loro idee, prenderne spunti, consigli,osservazioni. Solo dal confronto nascono le migliori soluzioni,ma qui in Casa Verdi, è completamente assente. Sono trascorsianni dall’ultima riunione. Dobbiamo essere e sentirci liberi diesprimerci ognuno a modo suo, anche sbagliando. Vorremmoche tutto questo si avverasse. Attendiamo.

Stefania Sina

Va PensieroLa Voce libera degli anziani musicisti di Casa Verdi

Ma in che mondo viviamo?

Da qualche anno ho l’onore di seguire al-cune iniziative alla fondazione Giu-seppe Verdi, inizialmente in quanto

Consigliera provinciale, ma poi per affettoverso alcuni ospiti che ho avuto la fortuna di co-noscere e soprattutto per rispetto della grandestoria di tutti gli ospiti di questo luogo pieno dipassione e storia. Sarebbe auspicabile che oc-casioni di scambio tra quartiere, città e CasaVerdi fossero ancora più frequenti, perché lapreparazione di musicisti e cantanti che vivonoqui è grande fonte di conoscenza ed energia,anche se parliamo di persone avanti con glianni.L’ultimo concerto del 26 giugno “Verdi eterno,eterna Annina”, protagonista la grandissima Si-gnora Luisa Mandelli, soprano di 93 anni, in-sieme agli artisti della Scala, è stato un tributostraordinario all’opera di Verdi, grazie anchealla signora Mandelli non più giovane ma an-cora capace di trasmettere grandi emozioni.Siamo tutti impegnati perché il vivere qui siasempre dignitoso, curato (penso al recente pro-blema tecnico del malfunzionamento dei con-dizionatori) e consono agli ospiti che non sonopiù nel fiore dell’età giovanile.Questo ambiente deve continuare ad essere ade-guato al clima culturale e alle esigenze di que-sti fantastici artisti che ancora hanno molto dainsegnarci.

Diana De MarchiComune di Milano

Presidente della Commissione Pari Opportunità

Settembre 2016www.stefaniasina.it N. 14

Arrivederci, caro amico

Giuseppe Castelletti, la tua partenza non è un addio,ma un arrivederci. Perché hai deciso di allontanartida Casa Verdi? Forse non ti siamo stati abbastanza

vicini? Forse non hai trovato l’ambiente adatto a te? Que-sta tua decisione di lasciare Casa Verdi e di partire perTrieste ci ha lasciati scioccati e dispiaciuti.

Tu sapevi pazientare e non dar peso a quello che ti fa-ceva star male, hai saputo ascoltare e perdonare. Te ne vaivia proprio in questo periodo che aspettiamo nuovi arrivi,con la speranza che siano anziani “arzilli” carichi di entu-siasmo.

La tua partenza ci fa venir alla mente anche un’altrapersona che ci ha lasciato qualche anno fa, la Prof.ssaMariolina Porrà, docente di clavicembalo al Conservato-rio di Milano, che ora vive a Cagliari, nella sua terra na-tale.Anche lei ha voluto lasciare Casa Verdi perché non ha

trovato un ambiente adatto alle sue aspet-tative. Ci dispiace che due anziani ma gio-vanili per età e spirito, colti e carichi dienergia, persone delle quali abbiamoestremamente bisogno, ci abbiano la-sciato.

Questo non deve succedere mai più!Anche il caro Maestro Claudio Giombi,fucina di idee e abile organizzatore, ci la-scia al primo sole di primavera per la suaamata Muggia e rientra in autunno appenail freddo si fa sentire. Lontano da noi perpiù di sei mesi l’anno, si sente la man-canza di una persona così socievole e intraprendente.

Di sicuro trova nella sua Muggia quell’atmosfera se-rena e divertente che tutti gli invidiamo. Stiamo tutti in-vecchiando ma non vediamo quel ricambio generazionaleda anni auspicato e con tante camere vuote. Caro Giu-seppe, non ci sono parole abbastanza grandi per dirti che

sei stato per noi un amico leale e sincero.Il vuoto che lasci è grande, ma sappiamoche a volte, nella vita, ci sono molte cosepiù importanti da fare, decisioni difficilida prendere. E’ la tua vita che inevitabil-mente ha preso una fantastica via altrove,lasciando un vuoto nella nostra.

Ci mancherai, e molto; mancherà ilsuono del tuo corno, che si sentiva sino alterzo piano, che tante volte abbiamo man-dato a quel paese. In questo momento tiauguriamo di ritrovare presto la gioia neltuo cuore, la felicità e la serenità a Trie-

ste, circondato dagli affetti più cari.Non dimenticarti che, qualunque cosa succeda, noi

siamo qui ad attenderti, a braccia aperte. Quindi il nostronon è un addio, ma un arrivederci.

La Redazione

Giuseppe Castelletti

Stefania Sina con le sue compagne di gioco.

Diana De Marchi

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Foto

diArmando

Ariostini

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Va Pensiero La Voce libera degli anziani musicisti di Casa VerdiSettembre 2016

Musica da camera

Ecosí presi il violino dalla cu-stodia, come quando ero bam-bino, per abbracciarlo davanti

a lei, la mia cara amata nonna paterna,Agostina Aliprandi Rossetti, che contenacia e amore mi ha iniziato allostudio di questo sublime strumento: ilviolino.

Dall’amore per il violino che miha trasmesso, a quello di nonna, unicae irripetibile, abbracciai il violino conmelodie di duetti che suonavamo in-sieme, quando avevo 7 anni. Lei ilprimo violino ed io il secondo.

Le brillano e sorridono gli occhidavanti allo spartito ed io continuo a suonare, come da bambino, quellemelodie, che attraversano i nostri cuori.

É stato un pomeriggio speciale, magico, con la camera in ascolto.Mio papà Marco, chitarrista, sempre al mio fianco era commosso da

questa atmosfera familiare ed io suonavo con tutto me stesso.C’erano ospiti di Casa Verdi, tra cui la cara Stefania Sina, donna ricca

di una sensibilità speciale, attenta ed altruista, insieme agli infermieri diCasa Verdi, che ogni giorno sostengono con anima e affetto tutti gli Artisti.Penso che la musica, come arte universale non abbia bisogno di parole, madi ascolto intimo, attento e possa arrivare veramente al cuore delle persone.

Sono fortunato a vivere in una famiglia di artisti, a partire dalla mianonna Agostina, perché la Musica è Vita e ci sostiene ogni giorno, risanale ferite, rincuora gli animi e ci mette in contatto con la nostra essenza di-vina.

Grazie nonna, per avermi trasmesso l’amore per il Violino.Tuo nipote Simone

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Se insisti e resisti,raggiungi e conquisti

Abitavo a Milano. Una sera del 1972 squillò il tele-fono, erano le 23 ed io ero già a letto.La vien a cantar il Campielo? –

La voce era quella inconfondibile del direttore artisticodel Teatro Verdi di Trieste, Fulvio Gilleri.

Quando? - Risposi ancora addormentatoDomani, andiamo in scena tra una settimanaMa non conosco l’opera, non l’ho mai eseguitaLa impari – Rispose lui impaziente. Il ruolo era di un

protagonista e dovevo sostituire un baritono protestato.Incoscientemente decisi di partire e all’indomani ero a

Trieste, per ricevere lo spartito dell’opera e studiarla.L’opera “Il Campiello”musicata da ErmannoWolf – Ferrari, è trattadalla famosa commediadi Carlo Goldoni, cantataparte in veneziano e partein italiano. Mi fu asse-gnato un maestro colla-boratore e mi misi sotto,con il primo atto. La mat-tina dopo, prova all’ita-liana con orchestra,ovvero tutti allineati da-vanti al direttore sul pal-coscenico e con lo spartitodavanti, a memoria ilprimo atto. Andò bene e mi rincuorò, ma avevo ancora damemorizzare altri due atti e così cantai 12 ore di seguitoper 7 giorni di fila tra studio, prove di scena, prove musi-cali. Ecco il motivo indispensabile di saper cantare, perresistere a mantenere la voce integra nonostante la faticae lo stress. Alla fine ci riuscii e fui ricompensato con unacospicua somma di denaro, che volli immortalare acqui-stando un terreno sulle colline di Muggia. Fu il miglior in-vestimento della mia vita. Da semplice borghese cittadino,non sapevo distinguere un pero da un pesco e mi trovavocon una vigna, fichi, peschi, ciliegi, ortaggi e imparai per-fino a raccogliere le lumache dopo le piogge, le tenevo aspurgare per quaranta giorni con rosmarino e salvia e poile facevo alla borgognese, con il vino rosso e la polenta.

Vi feci costruire una casetta in legno e là trascorsi leestati con i miei due figli Manuela e Maurizio, che creb-bero nel rispetto della Natura, nell’amore per le cose sem-plici, imparando che ogni cosa può cessare da un momentoall’altro, come quando la grandine distruggeva tutto il rac-colto. Questa casetta e il giardino che cominciava appenaa nascere, diventarono anche il centro di grandi feste mu-sicali e gastronomiche di Master Classi di Canto e ArteScenica.

I miei allievi di Milano venivano felici ad imparare nonsolo come usare la voce, ma come zappare, raccogliere lafrutta, confezionare marmellate, strudel, crostate, ed allafine il Concerto davanti ad un pubblico sempre numeroso.

Questo luogo mi segnò il destino e la vita.Oggi compio 79 anni e non pensavo mai d’arrivarci.

Sono qui che batto questo scritto al computer, davanti allafinestra che si affacciasullo splendido golfo diTrieste. Circondato daimiei fiori che si susse-guono segnando le sta-gioni. Nessun rumore,solo il cinguettio di merlie capinere, il canto d’ungallo, l’abbaiare d’uncane.

Il vento che sussurratra i rami del nespolo ri-colmo di frutti sugosi.Oggi preparerò la miacrostata di Ribes per i ni-poti che verranno a tro-

varmi e continuerò a spaziare, a scrivere, a leggere, apiantare, riempiendo così ogni minuto della mia giornata,per non vivere solo di ricordi, come avviene spesso allamia età. Ma a raddolcirmi, concedendomi, ogni tanto,qualche privilegio, consapevole che tutto può finire in unattimo e quindi senza alcun rimpianto, ma solo col pen-sare a quel Campiello ed al coraggio d’averlo saputo e vo-luto affrontare.

Nella vita non dobbiamo essere mai dei rinunciatari,ma cogliere l‘attimo per noi stessi e per condividere congli altri la nostra Felicità.

Muggia, il 22 giugnoClaudio Giombi

Claudio Giombi, nella sua ridente Muggia, ha fondatoil Club della Felicità per gli appassionati di Burraco.

Ha così redatto delle regole, raccolte nello statuto, allequali tutti i partecipanti devono scrupolosamente atte-nersi. Questo statuto dovrebbe essere applicato ovunque,anche nella nostra realtà, così si parlerebbe meno dei pro-pri acciacchi e delle proprie sventure per dar spazio al-l’allegria e alla felicità.

Un pensiero per un amico che non c’è più

Viva Verdi! Viva Verdi! Questa è stata sempre l’esclamazione che Giancarlo Viganoni lan-ciava quando entrava in sala da pranzo e in tutte le manifestazioni di Casa Verdi. Con que-sto ricordo, il nostro caro amico ci ha lasciato, andando via in punta di piedi.

Vi confesso che nello scrivere questo breve ricordo mi sento un po’ in difficoltà, perché fra noic’erano sempre delle discussioni per chi vinceva o perdeva a carte, quando nei pomeriggi gioca-vamo a burraco, appuntamento fisso al quale non mancava mai. Giancarlo ha vissuto una vita in-tensa con grande allegria e spensieratezza, ricca di ricordi e avventure, che amava raccontare a tuttinoi con dovizia di particolari. Non mancavano mai le risate. Era un uomo buono e generoso.

Ma, quello che mi ha colpito di più, era tutto il bene che voleva ai suoi fratelli e ai mille nipotiche nominava in continuazione. Ora tutto è silenzio.

Arrivederci, Giancarlo, e grazie di essere stato fra noi.Stefania Sina

Claudio Giombi con i nipotini a Muggia

Agostina Aliprandi

Giancarlo Viganoni

Il club della felicità

Foto

diArmando

Ariostini

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Quando il do di pettova in pensione

Abbiamo incontrato il tenore Angelo Loforese, ap-pena arrivato in Casa Verdi. Facciamo persino fa-tica a frenarne gli entusiasmi, quando parte in

picchiata lungo la strada dei ricordi.Ora ci facciamo raccontare un po’ della sua vita arti-

stica.Angelo Loforese vive in Svizzera fino alla fine dellaguerra, poi rientra in Italia e prosegue gli studi con il te-nore Primo Mantovani, debuttando nel 1948 come bari-tono nel ruolo di Silvio nei Pagliacci. Emilio Ghirardini,altro suo insegnante, lo consigliò di passare al registroacuto e nel 1952, a Casablanca (Marocco), inizia la suacarriera in qualità di tenore. Nessuno sa che lo chiama-vano il tenore con la valigia pronta sotto il letto.

Ha iniziato la sua car-riera con gran velocità.Ora è un piacere stare adascoltarlo, il tempo tra-scorre bene in questa at-mosfera intrisa di arte emusica, di passione e dibel canto, siamo immersiin un'altra epoca, grade-volissima l’aria che si re-spira.

Oggi Angelo Lofo-rese ha 96 anni. La suavoce invece ne ha moltidi meno. Questa meravigliosa voce che il tempo ha volutopreservare, meraviglioso dono che anche gli anni hannorispettato e lasciato intatto. Durante la sua lunga vita arti-

stica cantò in ben 80 opere, esi-bendosi in molti teatri in Europa,America ed Africa, nonché inGiappone.

Ha festeggiato al Teatro Ro-setum di Milano i sui 60 anni dalsuo debutto, nel ruolo di Man-rico del Trovatore, cantando, trale varie arie, anche “Di quellapira” con l’esecuzione di due dodi petto. Dopo il ritiro dallescene, si dedicò all’insegna-mento, e continua tuttora. Chene dite di questo fenomeno?

Siamo felici che faccia parte della comunità di Casa Verdi,e con lui cantiamo “Va pensiero sull’ali dorate”

Michelina Barrey

PerdonaPerdona le mie irePerdona le mie gelosieAiutami a migliorarmiNon castigare troppole mie colpeAggrediscimicon la sinceritàStimola la mia pigriziaAiutami a ricordare come si sorrideDonami la malia che aggredisce il piantoAccompagnami sui gradini del cieloChiedimi ciò che posso darePensami soltanto giovanee…scegli la musica per il mio funeralePerdonami, perdona……e illumina la mia vecchiaia.

Paolo Cesare Ottaviani

Maestro Mario Cicogna

Stiamo parlando diun grande maestro,maestro nel vero

senso della parola, mae-stro nell’arte e nella vita,uomo colto e di grandeumanità. Ha dedicato lavita all’insegnamento se-guendo fino al diplomacentinaia di allievi, maquello che ci stupisce dipiù è che nessuno deisuoi studenti sia maistato bocciato, questo bi-sogna dirlo a voce alta,prova del suo alto livellodi insegnamento.

Non voglio soffermarmi sugli innumerevoli riconoscimenti cheha ricevuto, ma voglio mettere in evidenza due significative pubbli-cazioni: “Dieci studi poliritmici a due e tre voci” per la Casa EditriceCarisch, e il “Compito di Armonia”, in due volumi, per la Casa Edi-trice Curci. Il maestro Mario, stimato da tutti, gode di grande ammi-razione e del rispetto di tutti ed ha la grande fortuna di essere adoratodalla sua famiglia che lo coccola e gli presta ogni attenzione. Vicinoa lui c’è da sempre un angelo custode, con le ali grandissime, che losegue ovunque come fosse la sua ombra: la moglie Iolanda, che conla sua dolcezza e gentilezza ci ha letteralmente conquistato e incan-tato. Ora il Maestro è qui in Casa Verdi, felice di esserci, per godersiin serenità l’ultima parte della sua vita, e noi siamo altrettanto felicidi condividere con lui e sua moglie il nostro tempo.

Masi Fiorani Caiazzo

Un’occasione mancata!

Sabato 7 maggio 2016, giorno dell’apertura di tutti i Museiitaliani. Anche Casa Verdi ha partecipato a questa bellissimainiziativa aprendo i battenti alle persone che volevano visi-

tare la Casa di Riposo. Iniziativa bellissima. Molte persone hannoapprofittato dell’occasione per visitare questa meravigliosa Casa erecarsi alla tomba del Maestro Verdi per porgere un omaggio.Anche il museo con i cimeli del Maestro è stato meta di un granpellegrinaggio. Purtroppo a nessuno è passato per la mente di va-lorizzare anche i laboratori degli Ospiti, che da anni si dedicanoalla realizzazione di oggetti belli e raffinati: dal découpage, allecomposizioni di fiori, alla bigiotteria, alla maglieria, alla pittura.

E’ indubbio che questa era la miglior occasione per aprire alpubblico e far conoscere i lavori che realizziamo. Lasciatecelo dire, sono i 5 “gioielli” di Casa Verdi, seguiti da alcunianziani e collaboratori, felici ed entusiasti di portare avanti questo tipo di impegno al fine di sostenere i bambini biso-gnosi e meno fortunati. Saremmo stati felici di passare il pomeriggio a disposizione di tutti. Perché nessuno ci ha pen-sato? Inoltre sarebbe stato alquanto opportuno e necessario incrementare il personale di sorveglianza per seguire ilflusso della gente, e soprattutto controllare che nessuno entrasse nei corridoi dove ci sono le camere degli ospiti, quasisempre tutte aperte, come purtroppo è avvenuto. Difatti, viste le persone estranee girovagare liberamente e senza alcuncontrollo per i corridoi della Casa, molti anziani si sono chiusi nelle proprie camere. Per ovviare a questa situazione, sipoteva anche pensare all’impiego dei volontari della Casa. E’ noto che, negli eventi di maggior afflusso di persone, si“nasconde” sempre qualche male intenzionato! Bisogna sempre ricordare, prima di tutto, che questo luogo è una Casadi Riposo. Organizzazione dove sei? La Redazione

Come vorrei essere considerata e vivere in RSA

Cari amici, col passare degli anni e vedere tanti colleghi che vengono trasferiti per una maggior as-sistenza nel reparto protetto della nostra Casa, esprimo questa grande speranza: vorrei trascorrerele giornate non “imbambolata” davanti ad uno schermo, l’ipnosi non fa per me, e tanto meno con-

siderare una “badante” la televisione. Desidererei che durante il giorno fossimo impegnati in attività checi aiutino a mantenere viva la memoria, e quelle poche o tante capacità fisiche, ma soprattutto intellet-tive, che ci rimangono.

Aver la possibilità di uscire all’aria aperta in compagnia di altri colleghi al parco Pagano, a prendereun buon caffè, o il gelato in un bar di via Buonarroti, al mercato di piazza Wagner, al supermercato, perrenderci ancora conto di quanto costa la vita, e di quante bontà ci può deliziare ancora. Incontrare per-sone, ridere e scherzare con lo spirito di un tempo. A questo proposito mi ritorna in mente quando un belgruppo di anziani della RSA in carrozzina, accompagnati dai volontari e da alcuni di noi della Casa Al-bergo, e con l’animatore o l’assistente sociale, andavamo a passare un bel pomeriggio all’aria apertafuori dalle quattro mura di Casa Verdi.

Sarebbe bello e rinvi-gorente per il corpo, e so-prattutto per l’anima,ritornare ad andare in va-canza in strutture ade-guate come accadevanegli anni scorsi, durantei quali alcuni anziani nonautosufficienti partivano,accompagnati anche daun accompagnatore fi-dato di Casa Verdi, per icolli di San Pellegrino(BG) e il Lago di Como.Cambiare ambiente, abitudini, cibi, profumi e prendere una boccata di aria buona è un vero toccasana!Ma perché tutto questo non avviene più? Ricordo a tutti che la vita cessa quando il cuore si ferma, e iovorrei vivere fino all’ultimo istante della vita. Non ci si deve permettere di morire nell’anima prima dellamorte del corpo, altrimenti mi auguro di morire prima! Stefania Sina

Angelo Loforese

Stefania Sina con alcuni Ospiti nel bel giardino di Casa Verdi

Masi Fiorani con le sue creazioni

Mario Cicogna

Paolo Cesare Ottaviani

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diArmando

Ariostini

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Ariostini

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Ariostini

Page 4: VA PENSIERO - Milena Salernodavanti allo spartito ed io continuo a suonare, come da bambino, quelle ... preservare, meraviglioso dono che anche gli anni hanno ... classe di pianoforte.

Va Pensiero La Voce libera degli anziani musicisti di Casa VerdiSettembre 2016

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Cantico di un anzianoDedicata alla mia cara amica

Nicoletta Berti

Beati quelli che mi guardano con simpatia.Beati quelli che comprendono il mio camminarestanco.Beati quelli che parlano a voce alta per minimizzarela mia sordità.Beati quelli che stringono con calorele mie mani tremanti.Beati quelli che si interessano della mia lontanagiovinezza.Beati quelli che non si stancano di ascoltarei miei discorsi già tante volte ripetuti.Beati quelli che comprendono il mio bisognod'affetto.Beati quelli che mi regalano frammentidel loro tempo.Beati quelli che si ricordano della mia solitudine.Beati quelli che mi sono vicini nella sofferenza.Beati quelli che rallegrano gli ultimi giornidella mia vita.Quando entrerò nella vita senza fine mi ricorderò diloro presso il Signore Gesù.

Stefania Sina

Poesia ispirata al CANTICO DELL’ANZIANOdi GIOVANNI XXIII

Il mio amore per la musica, non so dadove sia nato. Nella mia famiglia nes-suno ha mai cantato o suonato, tuttavia

ricordo che da piccola dicevo sempre aimiei genitori che avrei voluto suonare ilviolino. Infatti, all’età di cinque anni miamamma mi portò ad una scuola di musicadove, purtroppo o per fortuna, non c’eranoinsegnanti di violino, e così mi iscrisse allaclasse di pianoforte. Insieme alla musica,ancora sotto forma di hobby, la scuola mioffrì l’opportunità di diversi viaggi al-l’estero. Questo aspetto fece crescere in

me, in parallelo con la passione per la musica, quella per le lingue straniere.All’età di quattordici anni capii che la musica era diventata la mia vita; en-

trai al collegio musicale e successivamente all’Accademia delle Arti per prose-guire i miei studi di pianoforte solistico. Durante i miei studi mi cimentai consuccesso in un lavoro come interprete di inglese.

A ventiquattro anni terminai gli studi laureandomi in pianoforte. Mi vennesubito offerto un lavoro come insegnante in una scuola di musica in Cina, chenon esitai ad accettare, mossa anche dalla passione per i viaggi e la conoscenzadelle nuove culture. Dopo un anno in Cina tornai a casa, a Vladivostok. La miacittà è un porto commerciale e militare sulla costa pacifica del mio paese.

E’ caratterizzata da un continuo e vivo scambio culturale, e io la adoro per-ché, oltre a questo aspetto, è anche una città di mare. In seguito alla mia espe-rienza cinese lavorai, per qualche anno, come insegnante e accompagnatrice inalcune scuole di musica. La mia passione per le opere di Mozart fece nascerein me la volontà di imparare la lingua italiana; a tal punto che decisi di fare al-cuni viaggi estivi in Italia per studiare la lingua. Dopo qualche anno decisi difare un’esperienza di vita in Italia, che mi permise di proseguire i miei studimusicali. Nonostante questa scelta mi abbia portato molto lontano da casa, l’hovissuta serenamente grazie al supporto della mia famiglia. Tuttavia la mia fa-miglia e i miei amici mi mancano molto. Infatti il mio sogno sarebbe quello difar visitare a mio papà l’Italia.

Attualmente sto completando il secondo anno del Biennio di pianoforte so-listico al Conservatorio G. Verdi di Milano. Durante questo periodo di studisono cresciuta musicalmente anche grazie al mio M° Marco Rapattoni. Al ter-mine degli studi vorrei poter far coesistere nella mia vita professionale l’inse-gnamento con attività concertistica.

Tatiana Sokolova

Sono nato il 10.11.1985 a Venezia,ma ho sempre abitato a MoglianoVeneto. Mio padre fa il ricercatore,

mia madre non l’ho ancora capito, matutti lavori per bene. Questa è la storia diun rocchettaro gentile. La mia storia mu-sicale iniziò quando, da piccolo, vedevomio padre suonare la chitarra acustica, edio rimanevo affascinato dal suono di que-sto strumento.

Lui non aveva studiato musica, mal’aveva sempre amata ed usava la chi-tarra più che altro per accompagnarsimentre cantava i classici della musica

Country-Rock degli anni settanta. Fu così che, arrivato in prima media, provai a prenderla inmano anch’io. Chiedevo a lui come si facessero gli accordi fondamentali alla chitarra e lui mirispondeva un po’ distrattamente, preso tra lavatrice che perdeva acqua e il commercialista dachiamare, ma mi rispondeva. Subito iniziai a cantare i pezzi dei miei gruppi rock preferiti (erauscito il disco “Be Here Now” degli Oasis e mi feci regalare gli spartiti per Natale; (lo spar-tito era per pianoforte, ma c’erano le sigle degli accordi) e di lì a poco il complessino del-l’Oratorio mi chiese di andare a suonare con loro, anche se volevo suonare più che altro i pezzidegli Oasis. Quando seppi che nel repertorio ne avevano uno, accettai.

Suonavo la musica soprattutto ad orecchio, ma, con loro, (si chiamavano i “Molly Waitz”)imparai un sacco di canzoni e mi feci un po’di esperienza che mi tornò utile quando, a 17 anni,decisi di iniziare a studiare musica.

Qualcuno mi aveva parlato di un certo CPM (Centro Professione Musica) di Franco Mus-sida di Milano, dicendomi che i migliori chitarristi erano usciti da lì. Abitavo lontano da quellacittà, ma nel frattempo, mio padre cominciò a farvi qualche lavoro per l’Eni di San Donato Mi-lanese. Di lì a due settimane iniziò la mia vita milanese: frequentai l’Università (Psicologiadella Comunicazione) e presi due diplomi di Chitarra moderna e Chitarra Jazz al CPM ed alCEMM di Bussero, dove, dall’età di 22 anni, iniziai ad insegnare.

Ora di anni ne ho 30 e da due ho intrapreso l’incredibile corso di Composizione Musicalealla Scuola Civica di Musica “Claudio Abbado”, con degli ottimi insegnanti; oltre al CEMMinsegno anche alla Scuola di Musica “Cluster” di Via Mosè Bianchi e ho diversi allievi che ven-gono a lezione da me qui in Casa Verdi.

II tempo di suonare la chitarra è diventato poco, ma continuo comunque a girare per laLombardia con una Country Band di Milano, un po’ scalcagnata ma che va forte: i 18 Hills.Non so, a dir la verità, cosa farò nel futuro, ma spero che sia divertente almeno quanto quelloche faccio oggi! Concludo ringraziando tutti coloro in Casa Verdi (ospiti e studenti) che mihanno accolto con grande calore e amicizia, e che da ottobre 2015 mi hanno fatto passare deigran bei mesi.

Francesco Tolomio

Piccola grande storiaper riflettere

E’ un testo molto profondo che ci fariflettere su noi stessi e sulle nostre

relazioni con gli altri.

Si raccontala storia di duecani, che, inmomenti di-versi, entra-rono nellastessa stanza.Uno ne uscìscodinzolando,

l’altro ne uscì ringhiando. Una donna livide e, incuriosita, entrò nella stanza perscoprire cosa rendesse uno felice e l’altrocosì infuriato. Con grande sorpresa scoprìche la stanza era piena di specchi.

Il cane felice aveva trovato cento canifelici che lo guardavano, mentre il canearrabbiato aveva visto solo cani arrabbiatiche gli abbaiavano contro.

Quello che vediamo nel mondo in-torno a noi non è altro che un riflesso diciò che siamo. Tutto ciò che siamo è unriflesso di quello che abbiamo pensato.La mente è tutto.

Quello che pensiamo diventiamo.

Buddha

Tatiana Sokolova Francesco Tolomio

Ritratti

Progettografico

diMarco

Rossetti

E'il titolo della conferenza che il Maestro FerdinandoDani ha sostenuto in otto città del Giappone iniziandodalla Sala Agnelli (un Auditorium di 400 posti tutto

esaurito) all'Istituto di Cultura Italiano a Tokyo proseguendola tournée nelle città di Sendai, Saitama, Kobe (dove è statoeseguito anche un concerto Verdiano in contemporanea),Nagoya ecc.. Attraverso la proiezione delle immagini degliinterni e degli esterni di quella che lo stesso Verdi definì "lamia opera più bella", cioè la Casa di riposo per musicistiGiuseppe Verdi di Milano, dove il Maestro Dani lavora, laconferenza si è proposta di illustrare i molteplici aspettiumani della vita del grande musicista, il fervente patriot-tico, il dinamico imprenditore, il raffinato agricoltore il sen-sibilissimo filantropo. "I Giapponesi sono grandiammiratori di Verdi" ha detto il Maestro Dani, prova ne èche le conferenze hanno avuto largo eco per la enorme pre-senza di spettatori ogni volta..."grazie" Maestro Dani, peraver contribuito ancora una volta a far parlare di GiuseppeVerdi nel mondo..."Viva Verdi"!

La redazione

L’uomo italiano Giuseppe Verdi,genio italiano dell’800