V Serie 1972 fascicolo II (Aprile-Giugno) · Nel volume pubblicato in ottima veste tipografica...

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RECENSIONI LUIGI GnASst, Teorici e storia della critica d'arte, parte I, Multi· gra. fica Editrice, Roma 1970. Nel volume pubblicato in ottima veste tipografica dalla Mul · tigrafica Edjtrice, l'a. , ripropone quel cui &U in passato ebbe a dedtcare numerosi saggt che st conclusero poi nella Costruzione della critica d'arte del Errerebbe tut· tavia chi credesse che il vo lume odierno non sta che una nuova edizione, sia pure necessariamente aggiornata, dell'opera de.l 1955, che ottenne tanto largo consenso. In Teorici e storia della critica d'arte l'a. riesamina ogni argo· mento - direi ogni " voce , - pressoché ex-novo, illa luce anche della copiosJSSirna bibliografia apparsa in questo ul· timo ventennio e dj cui viene dato preciso ragguaglio, attraverso una acuta lettura critica, sia in alcuni passi del testo che nelle note. Un questo! da non sottovalutare certo nella sua estrema utllità, che renae anche per ciò il volum.e un mezzo pressoché indìs{lensabile dj informazione e dj lavoro. In questo pruno volume, l'a. prende in esame il procedere del pensiero sulle arti figurative dall'età greca a tutto il un assunto la cui vastità vien.e domìnata da una lucida vìstone complessiva, che pe[metre di seguirne il percorso logico in rap· por to al proprio tempo e agli avvenimenti contemporanei del· l'arte. Un contrappunto quest'ultimo che si _giova senza d.ubbio del fatto che nell'a. gli interessi metodol og1ci si affianca. no ad una lunga esperienza conoscitore e studiOso dell'opera d'arte: tali quaUtà gli valgono infatti a meglio intendere e la portata e il significato dei teorici che dell'arte scnssero, cosi come dall'esame e da11a letru.ra di questi ultimi più dj un lume gli è dato trarre per una mìgUore comprensione delle opere. Due saggi aprono il volume: sulla "DeUmitazione e dimen· sione della storia dell'arte, e sul "Comportamento e djfficoltà della critica d 'a.tte ,. In essi la problematica inerente agli argo- menti, particolarmente sentita al momento odierno, viene af · frontata nei suoi djversi aspetti con un esame - e un giudizio - delle varie posizioni assunte dalla critica anche recentissima. A questo primo volume farà seguito un secondo, ove si trat· terà dei teonci e della storia della critica a partire dal Seicenro e sino ai nostri giorni. M. v. BRuGNOLI LuciA GUERR!Nl, Marmi antichi nei disegni di Pier Leone Ghezzi, Biblioteca Apostolica Vaticana, Documenti e riproduzioni, 1, Città del Vaticano 1971• pp. 147., tavv. LXXXVII. D 21 aprile t97I all'inaugurazione dei restauri del Teatro Ar· gentina, la locandjna era illustrata con la caricatura di Girolamo Theodoli, unico documento per l'identificazione dell'architetto del teatro: il disegno era opera del Ghezzi il quale l'aveva accom· pagnato con una quelle sue fitre e minute didascalie che si compongono all'immagine come un calligramma. Questo atte. g- giamento di cronista non investe solo i personaggi della Roma del Settecento, alle cui caricature è so,Pratrutro legata la fama del Ghezzi, ma anche i disegni dall'anuro dove la preoccupazione dell'artista è rivolta alla puntualizzazione del luogo e del mo· mento della scoperta. Rispetto alta tradizione erudjta che già aveva raggiunto nel Museo cartaceo dj Cassiano Dal Pozzo l'esat- tezza . della copia ed un'iniziale interpretazione antiquaria, il Ghezzi aggiunge nella silloge riproduzioni un origmale an· damento aa "notizie scavi , , che attraverso le parziali illustrazioni finora disporubili delta sua opera non era del tutto apprezzabile. La della . presenta invece per la prima volta un corpo 134 disegru sculture e deco· razioni architettonich.e, tratti dai codiet della Biblioteca Va· ticana, dell'Angelica 1.' del British Museum( tutti riprodotti e commentati con le relative djdascalie: cosi i Ghezzi dall'essere stato oggeuo dj cita.zioni saltuarie da parte studiosi moderni, entra a sua volta nella stori.a dell'archeologia come una perso· nalità dj rilievo di cui possiamo conoscere il metodo lavoro, le riflessioni personali e la teoria artistica. D procedimento del Ghezzi era quello dj una schedatura il- lustrata dei rinvenimenti casuali e degli oggetti scoperti al suo tempo negli scavi promossi in Roma e in altri centrt del Lazio: la ncca documentazione raccolta dalla Guerrini in ordjne topo· grafico (pp. rB--26) presenta particolare interesse poiché il pit· tore fu t.estimone oegli scavi Farnese sul Palatino, di quelli dj Clemente XII in Càmpo Marzio e di altre attività sul Celio, sull'Aventino, a Porta Maggiore e n elJrlmo tratto della ,Via Ap· pia. Per il periodo che va dal 1720 1750 queste nottzie, che la Guerrini ha integrato con le schede inedjte del Lanciani, contribuiscono a colmare la lacuna della Storia degli scavi di Roma che lascia scoperto il XVUI secolo. Altre sculture disegnate dal Ghezzi provengono dalle bonifiche dj Innocenzo XII tra Anzio e Nettun o, da Tuscolo, da Villa Adriana, da Ostia e dalla tenuta Torrenova, da cui più tardj sarebbero venute alcune celebri sculture Borghese con il grande mosaico dei gladiatori. Notevole è il materiale raggiunt.o dal Ghezzi direttamente pres- so le coU e2;ioni romane: anche queste la Guerrinì traccia nello stesso capitolo un numeroso elenco (pp. 29-45) che conferma la vastità dei rapJX?rti del Pittore dellà Camera Apostolica nel· l'ambiente dei nobili, degli artisti e degli antiquari tra i quali egli stesso era rappresentato in una caricatura all'inizio di quel grandioso fenomeno del commercio antiquario organizzato, che nella seconda metà del secolo avrebbe poaato alla moltipli· cazione delle raccolte europee. Nonostante gli editti in djfesa del patrimonio artistico romano, già intorno al 1720 l'acquisto Pembroke portava in Inghilterra la collezione G1ustiniant, nel 1724 andavano in Spagna i marmi Odescalchi e nel 1728 il re dj Polonia trattava per altre sculture. Alle vendjte dettate dalla crisi economica delle famiglie patrìzie subentrano le figure di eminenti medjatori come il Card10ale Albani per il quale il Ghezzi esegue numerosi disegni, relativi s.ia al materiale destinato a for· mare il Museo Capitolino (n. 46), sia al nucleo finito poi al Louvre (nn. 34, 36), sia alla raccolta sistemata nella Villa Albani poco dopo la morte del Ghezzi (nn. 32, 33 77• 83, 86, 94): come per le altre collezionl, acquistano anche qui particolare valore le rìproduzioni dj monumenti andati successivamente dj. spersi (nn. 2, 14. 56, Da questo punto di vtSta il Catalogo (pp. $9-t24) rappresenta un sorprendente repertorio dj monumenu p1ù o meno celebri e a volte mal noti, dei quali la Guerrini rintraccia accuratamente le vicende, quando è possibile, fino alla collocazione moderna: in tal caso la presenza della fotografia consente di verificare il diverso stato dj conservazione del monumento (tavv. XXVIII- XXIX) e l'acribia del disegnatore (tavv. L, x-:z; LVI-LVII ; LI; LXI, 2-3), o eccezionalmente dj scoprire la ,Presenza di una riproduzione mtermedja tra l'originale e l'esecuzrone del Ghezzi come la stampa Marco Dente per i " Troni degli d.ei , a Ravenna (tavv. LXII, r-:z). Tutto questo d;\ all'archeologouno strumento dj lavoro estremamente s1curo ed un modello diflicil· mente eguagliabì l. e nel campo dei disegni dall'antico, dove alla completezza della ricerca ed critico dell'in- terpretazion.e dei mo.n.umenti si urusce la qualità dell'edizione e la perfetta resa dei disegni che nelle grandj tavole conservano l'eff etto della matita o della sanguiJr?3. Molte potranno essere le acquisiZioni anche da parte degli storici dell'arte, tenendo conto che il Ghezzi intendeva proporre questo materiale ai pittori del tempo e a sé stesso come oggetto rìfiessione, " havendo osservato che chi non è passato per la trafila delle cose antiche, non potrà mai giungere a quel fino gusto e corretto, come arrivarono felicemente gli Raffaelli, gli Polidori, gli Carracci e Domenichini , (p. n). Egli non visse abbastanza per vedere il Parnaso del Mengs, ma certamente ebbe contatti col più celebre esponente del classicismo nella sua prima permanenza a Roma (1741-1744), sicché non ci sorprende che le due Muse danzanti, che non trovano i loro modelli nella sta· tuarìa antica, siano ispirate in realtà alle Mènadi del cratere Giu· stiniani attentamente studjato dal Ghezzi (n. 44 , tavv. XXVIII- XXX). Come cl dice la didascalia, ìl monumento fu portato 1in dal 1728 a Dresda, dove il Mengs risiedeva quando non era a Roma: cosi il cerchio si chiude su di una fonte che sarebbe rì· masta imprevedibile senza la documentazione che ora viene pub· blicata. Dalle osse.rvazioni della Guerrini sull'interesse del Ghezzi per l'antico e la polemica verso alcuni aspetti della pittu.ra con· tem{'Otanea (pp. xo-r5) si potrà forse partire anche per altre illaz10ni sulla sua presenza ad un momento decisivo dellà cultura europea. Nel tempo in cui Alessandro Galilei introduceva a Ro· ma elementi razionali dell'architettura di Wren, Il mondo nuovo dj Pier Leone Ghezzi. rappresentava un esperirn.ento analogo a quello dj Hogartb, sostanztalmente corrosivo rispetto alla civiltà delle corti: le sue prime idee senerali sull'antico, ordinate in senso evoluzionistico (" ... gli ant1chi Greci pigliarono i loro pen· sieri dagli Egiui usandoU spesso nelli loro ornati gli Greci dalli quali poi gli antichi Romani presero tutto quello che faceva al loro biSOgno e da essi poi il gran Raffaele , , o. 68) acquistano pertanto lo stesso valore emblematico dell'archeologia del Caylus, djviso tra l'esigenza di dare una sistematica dell'arte classica e la predilezione per Watteau. La morte del Ghezzi alla vigilia dell'arrivo del Winck.elmann segna fotse la scomparsa della pesonalità che avrebbe potuto condurre nell 'ambiente romano que- sta djajettica ad esiti paragonabili a quelli toccati allo.ra da Hogartb nell'Analy.sis of Beauty. p, MoRENo ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte

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RECENSIONI

LUIGI GnASst, Teorici e storia della critica d'arte, parte I, Multi· gra.fica Editrice, Roma 1970.

Nel volume pubblicato in ottima veste tipografica dalla Mul· tigrafica Edjtrice, l'a. sì, ripropone quel tem~ vas~o cui &U in passato ebbe a dedtcare numerosi saggt che st conclusero poi nella Costruzione della critica d'arte del 195~· Errerebbe tut· tavia chi credesse che il volume odierno non sta che una nuova edizione, sia pure necessariamente aggiornata, dell'opera de.l 1955, che ottenne tanto largo consenso.

In Teorici e storia della critica d'arte l'a. riesamina ogni argo· mento - direi ogni sin~ola " voce , - pressoché ex-novo, illa luce anche della copiosJSSirna bibliografia apparsa in questo ul· timo ventennio e dj cui viene dato preciso ragguaglio, attraverso una acuta lettura critica, sia in alcuni passi del testo che nelle note. Un ~regio, questo! da non sottovalutare certo nella sua estrema utllità, che renae anche per ciò il volum.e un mezzo pressoché indìs{lensabile dj informazione e dj lavoro.

In questo pruno volume, l'a. prende in esame il procedere del pensiero sulle arti figurative dall'età greca a tutto il ·~oo; un assunto la cui vastità vien.e domìnata da una lucida vìstone complessiva, che pe[metre di seguirne il percorso logico in rap· por to al proprio tempo e agli avvenimenti contemporanei del· l 'arte. Un contrappunto quest'ultimo che si _giova senza d.ubbio del fatto che nell'a. gli interessi metodolog1ci si affianca.no ad una lunga esperienza dì conoscitore e studiOso dell'opera d'arte: tali quaUtà gli valgono infatti a meglio intendere e ~iudicare la portata e il significato dei teorici che dell'arte scnssero, cosi come dall'esame e da11a letru.ra di questi ultimi più dj un lume gli è dato trarre per una mìgUore comprensione delle opere.

Due saggi aprono il volume: sulla "DeUmitazione e dimen· sione della storia dell'arte, e sul "Comportamento e djfficoltà della critica d 'a.tte ,. In essi la problematica inerente agli argo­menti, particolarmente sentita al momento odierno, viene af· frontata nei suoi djversi aspetti con un esame - e un giudizio -delle varie posizioni assunte dalla critica anche recentissima.

A questo primo volume farà seguito un secondo, ove si trat· terà dei teonci e della storia della critica a partire dal Seicenro e sino ai nostri giorni. M. v. BRuGNOLI

LuciA GUERR!Nl, Marmi antichi nei disegni di Pier Leone Ghezzi, Biblioteca Apostolica Vaticana, Documenti e riproduzioni, 1, Città del Vaticano 1971• pp. 147., tavv. LXXXVII.

D 21 aprile t97I all'inaugurazione dei restauri del Teatro Ar· gentina, la locandjna era illustrata con la caricatura di Girolamo Theodoli, unico documento per l'identificazione dell'architetto del teatro: il disegno era opera del Ghezzi il quale l'aveva accom· pagnato con una dì quelle sue fitre e minute didascalie che si compongono all'immagine come un calligramma. Questo atte.g­giamento di cronista non investe solo i personaggi della Roma del Settecento, alle cui caricature è so,Pratrutro legata la fama del Ghezzi, ma anche i disegni dall'anuro dove la preoccupazione dell'artista è rivolta alla puntualizzazione del luogo e del mo· mento della scoperta. Rispetto alta tradizione erudjta che già aveva raggiunto nel Museo cartaceo dj Cassiano Dal Pozzo l'esat­tezza. della copia ed un'iniziale interpretazione antiquaria, il Ghezzi aggiunge nella silloge dì riproduzioni un origmale an· damento aa "notizie de~ scavi , , che attraverso le parziali illustrazioni finora disporubili delta sua opera non era del tutto apprezzabile. La pubbUcazion~ della . Gu~ìr!J presenta invece per la prima volta un corpo dì 134 disegru dì sculture e deco· razioni architettonich.e, tratti dai codiet della Biblioteca Va· ticana, dell'Angelica 1.' del British Museum( tutti riprodotti e commentati con le relative djdascalie: cosi i Ghezzi dall'essere stato oggeuo dj cita.zioni saltuarie da parte de~ studiosi moderni, entra a sua volta nella stori.a dell'archeologia come una perso· nalità dj rilievo di cui possiamo conoscere il metodo dì lavoro, le riflessioni personali e la teoria artistica.

D procedimento del Ghezzi era quello dj una schedatura il­lustrata dei rinvenimenti casuali e degli oggetti scoperti al suo tempo negli scavi promossi in Roma e in altri centrt del Lazio: la ncca documentazione raccolta dalla Guerrini in ordjne topo· grafico (pp. rB--26) presenta particolare interesse poiché il pit· tore fu t.estimone oegli scavi Farnese sul Palatino, di quelli dj Clemente XII in Càmpo Marzio e di altre attività sul Celio, sull'Aventino, a Porta Maggiore e nelJrlmo tratto della ,Via Ap· pia. Per il periodo che va dal 1720 1750 queste nottzie, che la Guerrini ha integrato con le schede inedjte del Lanciani, contribuiscono a colmare la lacuna della Storia degli scavi di

Roma che lascia scoperto il XVUI secolo. Altre sculture disegnate dal Ghezzi provengono dalle bonifiche dj Innocenzo XII tra Anzio e Nettuno, da Tuscolo, da Villa Adriana, da Ostia e dalla tenuta dì Torrenova, da cui più tardj sarebbero venute alcune celebri sculture Borghese con il grande mosaico dei gladiatori.

Notevole è il materiale raggiunt.o dal Ghezzi direttamente pres­so le coUe2;ioni romane: anche dì queste la Guerrinì traccia nello stesso capitolo un numeroso elenco (pp. 29-45) che conferma la vastità dei rapJX?rti del Pittore dellà Camera Apostolica nel· l'ambiente dei nobili, degli artisti e degli antiquari tra i quali egli stesso sì era rappresentato in una caricatura all'inizio di quel grandioso fenomeno del commercio antiquario organizzato, che nella seconda metà del secolo avrebbe poaato alla moltipli· cazione delle raccolte europee.. Nonostante gli editti in djfesa del patrimonio artistico romano, già intorno al 1720 l'acquisto Pembroke portava in Inghilterra la collezione G1ustiniant, nel 1724 andavano in Spagna i marmi Odescalchi e nel 1728 il re dj Polonia trattava per altre sculture. Alle vendjte dettate dalla crisi economica delle famiglie patrìzie subentrano le figure di eminenti medjatori come il Card10ale Albani per il quale il Ghezzi esegue numerosi disegni, relativi s.ia al materiale destinato a for· mare il Museo Capitolino (n. 46), sia al nucleo finito poi al Louvre (nn. 34, 36), sia alla raccolta sistemata nella Villa Albani poco dopo la morte del Ghezzi (nn. 32, 33 77• 83, 86, 94): come per le altre collezionl, acquistano anche qui particolare valore le rìproduzioni dj monumenti andati successivamente dj. spersi (nn. 2, 14. 56, 6~).

Da questo punto di vtSta il Catalogo (pp. $9-t24) rappresenta un sorprendente repertorio dj monumenu p1ù o meno celebri e a volte mal noti, dei quali la Guerrini rintraccia accuratamente le vicende, quando è possibile, fino alla collocazione moderna: in tal caso la presenza della fotografia consente di verificare il diverso stato dj conservazione del monumento (tavv. XXVIII­XXIX) e l'acribia del disegnatore (tavv. L, x-:z; LVI-LVII; LI; LXI, 2-3), o eccezionalmente dj scoprire la ,Presenza di una riproduzione mtermedja tra l'originale e l'esecuzrone del Ghezzi come la stampa dì Marco Dente per i " Troni degli d.ei , a Ravenna (tavv. LXII, r-:z). Tutto questo d;\ all'archeologouno strumento dj lavoro estremamente s1curo ed un modello diflicil· mente eguagliabìl.e nel campo dei disegni dall'antico, dove alla completezza della ricerca ed all'a~giornamento critico dell 'in­terpretazion.e dei mo.n.umenti si urusce la qualità dell'edizione e la perfetta resa dei disegni che nelle grandj tavole conservano l'effetto della matita o della sanguiJr?3.

Molte potranno essere le acquisiZioni anche da parte degli storici dell'arte, tenendo conto che il Ghezzi intendeva proporre questo materiale ai pittori del tempo e a sé stesso come oggetto dì rìfiessione, " havendo osservato che chi non è passato per la trafila delle cose antiche, non potrà mai giungere a quel fino gusto e corretto, come arrivarono felicemente gli Raffaelli, gli Polidori, gli Carracci e Domenichini , (p. n). Egli non visse abbastanza per vedere il Parnaso del Mengs, ma certamente ebbe contatti col più celebre esponente del classicismo nella sua prima permanenza a Roma (1741-1744), sicché non ci sorprende che le due Muse danzanti, che non trovano i loro modelli nella sta· tuarìa antica, siano ispirate in realtà alle Mènadi del cratere Giu· stiniani attentamente studjato dal Ghezzi (n. 44, tavv. XXVIII­XXX). Come cl dice la didascalia, ìl monumento fu portato 1in dal 1728 a Dresda, dove il Mengs risiedeva quando non era a Roma : cosi il cerchio si chiude su di una fonte che sarebbe rì· masta imprevedibile senza la documentazione che ora viene pub· blicata. Dalle osse.rvazioni della Guerrini sull'interesse del Ghezzi per l'antico e la polemica verso alcuni aspetti della pittu.ra con· tem{'Otanea (pp. xo-r5) si potrà forse partire anche per altre illaz10ni sulla sua presenza ad un momento decisivo dellà cultura europea. Nel tempo in cui Alessandro Galilei introduceva a Ro· ma elementi razionali dell'architettura di Wren, Il mondo nuovo dj Pier Leone Ghezzi. rappresentava un esperirn.ento analogo a quello dj Hogartb, sostanztalmente corrosivo rispetto alla civiltà delle corti: le sue prime idee senerali sull'antico, ordinate in senso evoluzionistico (" ... gli ant1chi Greci pigliarono i loro pen· sieri dagli Egiui usandoU spesso nelli loro ornati gli Greci dalli quali poi gli antichi Romani presero tutto quello che faceva al loro biSOgno e da essi poi il gran Raffaele , , o. 68) acquistano pertanto lo stesso valore emblematico dell'archeologia del Caylus, djviso tra l'esigenza di dare una sistematica dell'arte classica e la predilezione per Watteau. La morte del Ghezzi alla vigilia dell'arrivo del Winck.elmann segna fotse la scomparsa della per· sonalità che avrebbe potuto condurre nell'ambiente romano que­sta djajettica ad esiti paragonabili a quelli toccati allo.ra da Hogartb nell'Analy.sis of Beauty. p, MoRENo

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GIAN LoRENzo Mm.J.mt Giova.nni Pisano. Fotogrm di Aurelio Amendola, Editrice Electa, Milano 1970, pp. 275, ili. 385.

La recente monografia di Gian Lorenzo Mellini su Giovanni Pisano propone, attraverso una sul!'gestiva indagine fotografica, di cui sfrutta le molteplici possibilità critiche, una penetrante e ingegnosa rllettura del l'opera del grande scultore.

Punto focale della rigorosa e persuasiva analisi interpretativa del Mellini, è la defu:ùiione storica della rappresentazione arti­male di Giovanni, che va ricollocatO (in anuresi con la capziosa tesi giottesca sostenuta dal Vasari) al centro dì un processo di realismo formale sorto nell'ambito della civiltà JOt:lca italiana, insulare ma altissimo svolgimento delle esplosioru d'oltralpe del XIII secolo, non soltanto francesi, ma anche e soprattutto tedesche. La poetica di Giovanni, che sorge da una flagrante, sconvolgente e tragica inter~,>retazione deliJ vita, animata da un alito perennemente visionar1o, trova le sue radici dialertiche e le sue premesse ideologiche nella rivoluzione antiuniversalisrica del Nominalismo. D suo avvenirismo sul piano del realismo dram­maticamente inQ,uieto, che si erge su di un'epoca di grandi scon­volgimenti tx?litJco-sociali, è costantemente impegnato nella ri­cerca di ventà nella storia. La sua animazione psicologica, e uto­pica, quasi profetica, si lega all'organicità proporzionale della figura; la stOria eroica delle sue immagini si esprime attraverso l'mvenzione di una tecnica già tutta personale, che l'autore bene individua sia nell'uso dei materiali più diversi, sia nel partico­lare trattamento della materia nella fase successiva alla sbozzatura: dove estro e fantasia convergono in un illusionismo formale, che non è cerro ardito defimre pre-michelangiolesco.

La vicenda di Giovanni si apre sorto il segn.o della " taglia , di Nicola e si svolge inizialmente in un complesso trentennio che va dal Pul(>ito (1259) alla decorazione del Battistero pisano (1:178). l prinu incunaboli di Giovanni sono certo da vedersi nel complesso dei capitelli delle navate del Duomo di Siena1 che sono stati variamente assegnati ad Arnolfo e alla bottega d1 Nicola, attivo nel ca.ntiere già prima del126~. Tra guesti l'autore presenta antologicamente quelli con la stona di GIUditta, con il Battista e il S. Galgano: citazioni improvvise dl balenante dram­maticità esP.re.ssiva, che esorbitano per la loro intensa resa del reale dal p1ù 9uieto e intimo naturalismo di genere ornamentale delle opere di Nicola di questo momento, nonché dal timbro cristallizzato e sottilmente iconico deJJ'Arnolfo coevo; mentre invece sono ini.Ùn3mente correlate, nell'intento di ottenere una plastica " JllÌniaturiuata , , con le parti riferibili a Giovanni del pergamo del Duomo di Siena (1265). A proposito di queste ul­time, l'impiego della comparazione srilistica, non soltanto sul piano delle affinità sincronicbe, ma altresl su quello più probante ai quelle diacroniche, conduce l'autore a risultati estremamente convincenti. L'apporto giovanneo viene cosi chiaramente deli­mitato all'invenzione dello schema compositivo della " Croce­fissione 1 , , nonché del " Cristo mistico, e in alcuni dannati del "G1udizio, di straordinaria libertà espressiva; che precedono di poco la prinla opera autonoma del maestro: la Madonna già sulla porta ovest del transetto destro per il Duomo di Pisa, le gigantografie avvampanti e colossali della prima decorazione del Battistero (Mosè, Battista, S. Marco e la Madonna), nonché le sculture per la Fontana di Piazza a Perugia. lo guesta fitta e lo­gica sequenza non trova spazio la Madonna d1 Empoli, dalla Kosegarten ascritta all'esordio dell'artista, ma che è in realtà opera del maestro pisano del primo decennio del Trecento, pro­babile autore della Madonnina di Boston, che giunge a risultati formali assai affini a quelli ottenuti nei medesimi anni da T ino.

La Fontana di Perugia segna, rispetto al pergamo pisano, una battuta d'arresto nel diScorso bruciante e drammaticamente estro­verso di Giovanni. U programma plastico e dottrinale che sta alla base del complesso, conduce giocoforza (specie nel bacino inferiore) ad uno ' standard ' uniforme nella resa formale. Que­sta intenzione didascalica che rinserra nel disegno nicolesco la fontana perugina, non esclude peraltro il sorgere di alcune rea­lizzazioru di Giovanni a livello dei pilastrelli del bacino supe#ore, tra cui SRiccano: la Salomè, il Battista di erompente Vitalità e ancora il S. Pietro, strettamente imparentato, nel lavorio inquieto ed erosivo del trapano, alla testa del Museo di Volterra, rintrac­ciata dal Marchirii.

Di fronte al problema della decorazione della facciata del Duo­mo di Siena (1285~5), la critica, com'è noto, si è agguerrita nel volere puntualizzare ad ogni costo l'apporto più propriamente architettonico di Giovanru rispolverando a bella posta i docu­menti in cui il maestro è speci.ficamente ricordato per questa attività. Dato però per scontato che il disegno della facciata se­nese è andato irrimediabilmente perduto, non si può tuttavia, anche dagli elementi frammentar i a nostra disposizione, non evi­denziare che l'interesse nei confronti dell'architettura {e credo che questo sia un altro plesso vitale del saggio di Meilini) sia limitato alla funzione che quest'ultima ha, di supporto alle forme plastiche, in una posizione di assoluta subordinazione. E questa

considerazione trova conferma nella lettura delle singole parti plastiche che _si fondono con le strutture di supporto ed emer­gono dalla gtganresca superficie del fondale r1cco di vibranti suggestioni cromatiche: il serraglio dl animali ruggenti di straor­dinaria energia espressiva; lo stuolo di filosofi, re, sibille, pro­feti, apostoli in scala um.1na, scanditi nella loro conversazaone ' ~pe~ta ' secondo un ritmo che l'autore scopre giustamente bmano.

Alla stessa fami~lia dei protagonisti della fabulosa rappresen­tazione dei portali del Duomo senese (dai quali vanno esclusi ~li intagli dei portali anribuiti a Giovanni dal Seidler) appartiene il Crocifisso di proprietà privata, che per la prima volta l'autore rende noto. Esemplare atroce e ascetico, di un'intensità espres­siva tesa sino alle corde più estreme, si lega cronologicamente a quello di Berlino-Dahlem (mentre quelli di Londra e dell'Opera senese sono cose spurie) cadendo n.egli anni immediatamente precedenti alle ' gradule frammentarie del Duomo di Pisa {ora nel Museo pisano) alla decorazi.one dell'ultimo ordine del Bat­tistero - dove d1 Giovanni che interviene con numerosi aiuti ~ certo la dolcissima eterea danzatrice - nonche infine alla M2donna eburnea del Duomo della medesima città. Quest'ul­tima, proprio per il massivo e solido impianto, e per il carattere esotenco e fcincisante, deve essere stata eseguita proprio nel 12o8.

La nuova ricostruzione che il Mellini propone per il Pulpito di Pistoia (del quale ci aveva offerto una chiara e stimolante lettura in un saggio particolare pubblicato nel 1969) permette di meglio intendere nella sua intere.zza l'intimo significato ico­nologico di questa incomparabile macchina liturgica e di avve.r­time unitamente l'intimo senso formale.

l nnanzituHo esso doveva erj:'ersi davanti al coro della chiesa sul lato destro (come quello p1S30o). Alla base del pulpitO Gio­vanni ideò un vero e proprio serraglio di fiere e animali andanti in direzione centrifuga: all'esterno, frapposti all'uomo primitivo {simbolegç!ante il buio dell'errore) la leonessa (simbolo della Chiesa) e il leone che azzanna il cavallo (la vittoria di CristO sul­l'anticristo) e il con.iglio (forse i vizi capitali); al centro un leon­cello alato, un'aquila, un grifo (simboli della morte, della resur­rezione e della parusla di Cristo). Al di sopra della selva di colonne una serie di pennacclù con le Sibille e i Profeti (simboli dell'at­tesa di Cristo) reggono l'edificio esagono del Nuovo Testamento. Questo si articolava nei pannelli con l'Annunciazione, la Natività e l'Annuncio ai pastori; l'Epifania e la Strage degli innocemi; la Crocifissione; il Giudizio finale, scanditi aatle figure inserite sui (>ilastrelli aell'Aronne dell'angelo, del Cristo mistico, dei Sant1 Pietro, Paolo e Andrea, degli Angeli del Giudizio; i due leggii infine (ora a Berlino e a New York) erano innestati sull'An­gelo e sui Santi Pietro e Paolo. Questa macchina cosi ricostruita presenra nella scultura che si compenetra nelle strutture archi­tettoniche, una innovazione sintattica notevole nel discorso di Giovanni. U suo insieme non è soll30to un organismo unitario ma strabocca e pulsa nelle sue componenti di vita: in esso le tro­vate srilistiche, messe io luce dall'occhio indagatore dell'obiettivo fotografico che le seleziona e le riordina in sequenze spazio­temporali di grande suggestione e sensibilità critica, alcune delle quali avranno grande fortuna ancora nel corso del Quattrocento, SI susseguono con un ritmo inventivo talora concitato, talo.ra p:lcato, di una fecondità meravigliosa, quasi ininterrotta.

Anche per il Pergamo pisano la ricostruzione delle strutture originarie assume un significato di peso decisivo ai fini di una esatta determinazione critica del pensiero di Giovanni. Utiliz­zando una fonte documentaria di primaria imnrtanza rimasta sino ad oggi inspiegabilmente trascurata (le ' Histodae, set­tecentesche del Rondoni) l'aurore contrappone a quella 'um­bertina ' del Bacci una ricostruzione che ha l'intento {piena­mente riuscito) di reintegrare il monumento nelle sue co.ndizioni originarie.

Tale teorica ricostruzione riconduce a sorprendenti recuperi che lo stesso autore sintetizza brevemente: il basamento del per,11amo era in origine tondo1 forse lobato, tale da corrispondere all'mvaso della cupola sotto la quale si trovava; la parte princi­pale del basamento era costituito da un colonnato parallelo al­l'asse maggiore del Duomo, formando cosi una specie di aula lìturJica, di • sancta sanctorum' alla cui SO$Lia VIgilavano due leoru reciprocamente paralleli; a livello del P.nmo ordine esisteva uno spaz1o interno esattamente determinabile; i pulvini sotto le statue corrispondenti alle sporgenze delle statue medesime.

La ricostruzione cosi proposta (che non mi trova concorde unicamente nell'accostamento al complesso del discusso e co­munque spurio pezzo del Metropolitan di New York) ha il me­rito altresJ di cogliere la complessa regia che sta alla base della concezione del Pulpito. Da un lato infatti ripristina ìl carattere ferino e graffiante aei sostegni quasi interamente autografi, dal­l'altro permette di puntuahzzare meglio l'intenzione del ritmo continuo quasi " traiaoeo , del ba1:1no superiore; dove nella stratificazione dei segni si giunge ad una accenruazione dram-

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Page 3: V Serie 1972 fascicolo II (Aprile-Giugno) · Nel volume pubblicato in ottima veste tipografica dalla Mul· tigrafica Edjtrice, l'a. sì, ... dell'artista è rivolta alla puntualizzazione

matica violenta, che lascia affiorare un bilingui5mo sco~no ed evidente tra resa realistica (nei braJÙ autografi) e imemaone og­gettiva con scopo illustrativo (nelle parti dovute alla collabora­zione).

Successivo al pulpito pisano, si avvene nel " curriculum, di Giovanni un momento discorsivo e 'classicistico', quasi un ri­torno nicolesco documentato dalla Madonna di Pisa, di quieta tenuta sentimentale e dalla Madonna di Padova, la quaJe a sua volta pare risentire dell'ambiente giottesco nella quaJe nasce. Ma queste inten:ioni meditative sono da considerarsi come una pausa affatto nlomentanea nelle sperimentazìonl di Giovanni: perché nelle opere che cadono negll anni immediatamente suc­cessivi il Crocefisso di S. Nicola a Pisa, forse prototipo di quello di S. At;drea, la tomba genovese di Margherita di Lussemburgo, purtroppo frammentaria, ed intin.e la Madonnina di Prato ricca di memorie vergiliane, sono ancora immagini paJpitanti e com­moventi, colte nei risvolti talora tragici, talora dolcissimi della vita. G. C. ScoLLA

GtOVANNt RoMANo, Casalesi del Cinquecento, .Ed . .Einaudi, To­rino 1970.

Non c'è dubbio che aJJa base dei risultati piuuosto deJudenti raggiunti dalla tradizionaJe storioJrrafia dell'arte di ispirazione rnatlcista (Hauser, AntaJ, ecc.) stJa un errore di metodo (cfr. GIOVANNI PREvlTALJ, Introduzione al I vclume di Arte 2, En­ciclopedia .FeJtrinelli Fische~,n~ano 1971). L'lllusione coè di arrivare a comprendere la · ica sovrastruuuraJe dei feno ­meni estetici partendo daJJa base economica e sodaJe che li ha generati; riducendo di conseguenza il compito dello storico ad un lavoro di verifica, sui {atti e sulle persone artistich.e, degli accertamenti che altri hanno già compiuto a livello delle StrUtture della società.

D procedimento è sbagliato almeno per tre motivi. Intanto perch~, nel tentativo di far coincidere l'assetto economico strut­turale con quello sovrastrutturaJe artistico, non tiene conto degU as~rti concreti, che sono poi quelli davvero determinanti, con cuJ la struttura si presentò agli artisti e " di fatto agi neJ loro confronti,; poi perché tende a svaJutare pericolosamente il gra­do assai aJto di autonomia relativa che caratterizza il settor"t della produzione artistica (un sistema governato aJ suo intem.o da leggi proprie che chiedono di essere studiate e verificate nella loro autonoma pecuUarità); infine perché non arriva quasi mai a dar ragione delle mediazioni e des condizionamenti che sulla sovra­struttura artistica esercitarono aJtri, coesistenti sistemi sovra­strutturaJi: anch'essi relativan1ente autonomi, a.nch'essi dotati di una loro logica specifica.

In realtà, per apP.rodare ad una storiografia dell'ane che sia insieme, senza squslibri e senza contraddizione, storia del fe­nomeno particolare e storia della società che lo esprime, non c'è altro mezzo che quello di rovesciare il modulo consueto.

All'illusione di un facile transito dalla struttura alla sovrastrur­tura eccone sostituire la pratica forse meno suggestiva, certo più ardua, del procedimento inverso.

Un procedimento in cui la saldatura fra le cose dell'ane e le concrete vicende degli uomini venp ogni volta garantita e dimo­strata dalla conoscenza specialistJca del fatto artistico e daJia consapevolezza costante della sua autonomia. Ed è questa, mi pare, la strada che ha seguito Giovanni Romnno.

Il libro, che ha per sottotitolo " l'avvento de l manierismo in una città padana, ,è, di fatto, Il\ storia della crisi di una civiltà artistica periferica. La città di CasaJe, capace di una sua coerente e compatta cultura pittorica fino a quasi la metà del XVI secolo, una cUltura che tocca i suoi apics nella presenza di Manino Spanzotti e del Grammorseo, ma che si caratterizza sempre, anche nei suoi protagonisti minori, in un senso realistico e laico, sentimentale e popolare, da un certo punto in avanti praticamente muore alla storia dell'arte. L'avvento del manierismo, importato dall'esterno, segna il collasso della civiltà artistica precedente,

e questo si esprime non soltanto nella caduta improvvisa del Il­vello medio di qualità ma anche, e soprauutto, ne1J'affermaf8i di valori nuovi.

Alla fiducia laica nelle possibilità umane si sostituisce iJ più gelido pietismo controriformista, ad una reUgiosità schietta e • locale ' fondata sui sentimenti e sulle speranze di uomini sicu­ramente riconoscibili (committenti borghesi o feudali, confra­ternite, comunità laiche o religiose) subentra il duro imperio di una cosciente quanto anonima manipola%ione di massa, organiz­zata da molto lontano per soddisfare esigenze e r:~ggiungere lini che riguardano ben altro ormai che la ctttà di Casale. liaerrortl i canali che nell'ambito della civiltà comunale e borghese consen­tivano alla pittura di essere occasione di confronto e ragione di diaJogo sentimentaJe e ideale fra l'artista e il suo pubblico, l'as­soluusmo politi~ si fa P.Or~tore di vaJori assoluts ch.e non am­mettono alternanve o disssdenze.

Confrontare la Sacra Conversazione deJ Grammorseo alla Pi­nacoteca Sabauda (1525), uno dei vertici più commoventi del­l'intera civiltA pittorica padana, con le squallide opere che di Il a venti, trenta anni popoleranno le chiese di Casale e del suo rer:ritorio, significa verificare in concreto gli effetti della morte di una cultura figurativa che pure era stata intensa e vitaJe co­me poche.

Che tutto questo sia avvenuto in seguito alla fine delle auto­nomie comun:~li di Casale, con l'annientamento dei ceti borghesi che quella cultura avevano promosso e sostenuto ed il tnonfo politico dei Gonzaga, 'longa manus ' dell'assolutismo di Carlo V, è dimostrato dal Romano partendo (e in ciò sta apEunro, ripe­tiamo, il merito e la origirialità del suo lavoro) daJJ analisi rigo­rosissuna delle opere, ricostruendo personalit3 minori o mioime, fornendoci un refeno quanto possiliile esatto della ' facies ' arti­stica casaJese nell'arco di poco meno di un secolo. DaJJ'imparzia­lità di un'applicazione filologica esemplare si arriva dunque alla ' parziaJità necessaria deJ giudizio storico ed alla aJtrertanto necessaria estensione di quest'ultimo in possibilità di giudizio politico e morale su analoghi fatti presenti. Perché, sostiene U Romano nella introduzione al suo libro, " ... la cultura deve es­serci utile ora, per i fatti a noi contemporanei, ed è tenuta a proporci e a risolvere problemi politici: quello dell'assolutismo culturale, per esempio, o quello dei nuovi vaJori positivi,.

E in effetti, l'immagine dei capifamiglia casalesi che fanno formale rinuncia, in duomo, delle antiche libertà mentre ovun­que ormai, in cttà e neJ territorio, le testimonianze della loro autonoma cultura sono state annientare e sostituite, non può non obbligare a riflettere, specie in un'epoca come la nostra in cui la manipolazione ideologica delle masse e la distruzione si­stematica dille culture periferiche o dissidenti costituisce un fe­nomeno generalizzato e, sembra, irreversibile.

Ciò che è accaduto a Casale verso la metà del XVI secolo, accade oggi, e in proporzioni e con risultati ben più allarmanti, da noi e altrove, solo che ci si guardi intoruo. Il trionfo della civiltà urbana capitalistica e tecnologica, con l'imposizione senza scampo delle ideologie unidimensionali che la sostengono, signi­fica la distruzione delle civiltà periferiche o subalterne, l'emargi­nazione dei gruppi dissidenti, la rapina della cultura popolare, l'annientamento di un ratrimonio immenso che viene sottratto aJ destino dell'uomo ne momento stesso in cui viene distrutto per la funzionalità del sistema.

Anche se queste cose non vengono dette nel libro1 un libro che non declina mai da un impegno che vuole essere ' 10 r.rimis' rigo.rosamente filologico, ad esse si arriva proprio perché l aurore, facendo niente aJtro che opera di storico, ba saputo fornirci, attraverso l'anaJisi di un settore in fondo minimo della nostra civiltà artistica, un modello di conoscenza e di giudizio che~, tra· sferito dai tempi passati ai presenti, ha conservato intatto si suo significato morale, lJ suo esatto ' potere discriminante '. Questo del resto, come dice lucidamente il Romano nell'introduzione, deve essere l'impegno dello storico 'oggi' e bisogna riconoscere che egli ha saputo realizzare in pieno l'obbiettivo che si era prefisso. A. PAOLUCCt

{2212366) Istituto Poligrajìco dello Stato P. V . (Finito di 1tampare nel mese di dicembre l 972)

Reg. Trib. Roma, n. 13456 Direttore responsabile: VITO AGRESTI

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