V ETTURE STRAORDINARIE Ballò una sola estate La ......goria Gran Turismo, infliggendo ben quindici...

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4 - N. 1 - 2008 esperienze le vive proprio tutte; aperta ad ogni tipo di avventura, viene rimaneggiata - lifting a non fi- nire - fin quando, nelle mani del suo ultimo appassionato Pigmalione, si veste da filante coupé in un giallo lu- minoso. Quelle forme e quel colore smagliante (non è più una bambina) servono a ridarle giovinezza. Le ru- ghe sono scomparse, la “pelle” è nuova! I primi acciacchi spariti (l’ha seguita un clinico del nome di Virgi- lio Conrero) e le prestazioni sono an- cora più interessanti. Ma cominciamo dall’inizio. La Giu- lietta Sprint Veloce telaio AR1493E*04657* aveva visto la luce quattro anni prima, nel 1957, quan- do la coupé di Bertone, radical- mente rivista per le competi- zioni addirittura da Carlo Chiti, colui che avreb- be diretto l’Au- todelta dal 1963 per i successivi vent’anni, già dall’anno prima è all’api- ce del successo. La AR1493E*04657* l’ac- quista il pilota gentle- man Toni Mognaschi e la immatricola con targa IM 17369. La usa in alcu- ne gare, ma non è il solo ad essere attratto dall’idea geniale dei fra- telli Leto di Priolo, i quali senza saperlo sono en- trati in possesso della più sensazionale delle Giulietta, quando hanno commissionato alla Car- rozzeria Zagato il recupero della lo- ro Sprint Veloce andata distrutta nel corso di un incidente alla Mille Mi- glia del 1956. Mognaschi segue la stessa strada: Zagato “ricicla” la sua Sprint Veloce restituendogliela con carrozzeria completamente in lega leggera, leg- gerissima, stupenda e allo stesso tempo spartana, come è nella sua fi- losofia. Nonostante sia ancora più stabile (il baricentro si è abbassato) e per na- tura - si sa - la Giulietta ti avverte pri- ma di perdere aderenza, Mognaschi possiede però il piede pesante e la distrugge. Cosa fare? L’operazione Zagato è alle spalle e poi al Portello è quasi pronta la SZ coda tronca. E’ inutile tornare su un concetto ormai superato. Proviamo a cambiare. Si pensa a Giovanni Michelotti, il disi- gner torinese che ha in testa un pro- getto ambizioso: sfidare Zagato sul piano dell’efficacia aerodinamica. Ma alla fine del 1960, la Giulietta SZ somma alle notevoli doti della SVZ un autotelaio più corto, dotato per di più di cambio a cinque marce, e la Casa non lo fornisce ai carrozzieri esterni. La commessa è andata a Za- gato, il quale se l’è guadagnata gra- zie al successo delle SVZ. Queste ultime però, non tanto per la misura del passo, ma per la loro con- figurazione generale, possono dirsi ormai superate; e questo aspetto forse stimola Giovanni Michelotti a lavorare proprio su una di queste macchine e a studiare una soluzione aerodinamica che rappresenti l’anti- tesi alla nuova tendenza. Occorre poi un buon motore e una generale cura dell’autotelaio. E a chi l’incarico, se non al torinese Virgilio Conrero che è assurto al ruolo di “Mago delle Giuliette”? Il tema di re- alizzare una Sprint Veloce per sfida- re i preparatori milanesi lo assegna al suo capo officina, Riccardo Michi. V ETTURE STRAORDINARIE Ballò una sola estate La Giulietta Sprint Veloce “Goccia” di Michelotti e Conrero di Maurizio Tabucchi La “Goccia” vista di tre quarti anteriore mostra un ottimo equilibrio estetico Una vista di lato della “Goccia” ripresa all’autodromo “Riccardo Paletti” di Varano. Le ruote sono delle “Campagnolo” in elektron da 15 pollici di diametro per 4.5 di larghezza. Una vista posteriore; i fanalini sono comunemente definiti della Dauphine, ma equipaggiavano anche la Giulietta SZ; a differenza di quest’ultima sono collocati in posizione orizzontale L ’avevano chiamata “Goccia” per la sua ideale foggia aerodina- mica, ma per qualcuno fu una goccia di veleno, visto che di preoc- cupazioni questa Giulietta aerodi- namica ne dette molte. Per comin- ciare a Elio Zagato, ma anche a quei piloti che nella classe fino a 1300 cm 3 della categoria Gran Turismo già dovevano vedersela con le rare - per fortuna - Lotus Elite e che aveva- no a buon diritto confidato nelle do- ti delle Alfa Romeo Giulietta Sprint Veloce, prima, e delle SZ poi. Per loro fortuna l’accoppiata Miche- lotti - Conrero ne realizzò un solo esemplare, nel 1961. Tardi per la ve- rità, il tempo correva rapido, altri- menti sarebbero stati guai. In quello stesso anno era infatti usci- ta la SZ coda tronca, ma era anche la competitività delle Abarth 1000 Bialbero, pericolo incombente per la categoria GT, che aveva cominciato a preoccupare i clienti Alfa Romeo. L’automobile di questo servizio le E l’eterno confronto fra Torino e Mi- lano si riaccende, ma non fra Lancia e Alfa Romeo: fra la scuola torinese e quella lombarda. Fra Virgilio Conre- ro e Piero Facetti. Sembra che entrambi abbiano otte- nuto dall’Alfa Romeo i carichi di rot- tura dei motori Giulietta e possiedo- no quindi un vantaggio su tutti gli altri. I loro motori hanno ormai su- perato i cento cavalli/litro (potenza elevatissima per l’epoca) e non si rompono; il Servizio Esperienze Spe- ciali del Portello li ha incaricati di prepararne alcuni che sono stati provati sulle SZ con esiti straordina- ri. Chi è il più bravo? Forse nessuno dei due. Sono entrambi dei fuori- classe della meccanica. L’attesa sfida avviene a maggio del 1961, alla III Coppa Ascari a Monza, gara della durata di sei ore, e il lavo- ro dei due torinesi è premiato. La “Goccia”, con il numero di gara 271

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    esperienze le vive proprio tutte; aperta ad ogni tipo di avventura, viene rimaneggiata - lifting a non fi-nire - fin quando, nelle mani del suo ultimo appassionato Pigmalione, si veste da filante coupé in un giallo lu-minoso. Quelle forme e quel colore smagliante (non è più una bambina) servono a ridarle giovinezza. Le ru-ghe sono scomparse, la “pelle” è nuova! I primi acciacchi spariti (l’ha seguita un clinico del nome di Virgi-lio Conrero) e le prestazioni sono an-cora più interessanti. Ma cominciamo dall’inizio. La Giu-lietta Sprint Veloce telaio AR1493E*04657* aveva visto la luce quattro anni prima, nel 1957, quan-do la coupé di Bertone, radical-mente rivista per le competi-zioni addirittura da Carlo Chiti, colui che avreb-be diretto l’Au-

    todelta dal 1963 per i successivi vent’anni, già dall’anno prima è all’api-ce del successo. La AR1493E*04657* l’ac-quista il pilota gentle-man Toni Mognaschi e la immatricola con targa IM 17369. La usa in alcu-ne gare, ma non è il solo ad essere attratto dall’idea geniale dei fra-telli Leto di Priolo, i quali senza saperlo sono en-trati in possesso della più sensazionale delle Giulietta, quando hanno commissionato alla Car-

    rozzeria Zagato il recupero della lo-ro Sprint Veloce andata distrutta nel corso di un incidente alla Mille Mi-glia del 1956. Mognaschi segue la stessa strada: Zagato “ricicla” la sua Sprint Veloce restituendogliela con carrozzeria completamente in lega leggera, leg-gerissima, stupenda e allo stesso

    tempo spartana, come è nella sua fi-losofia.Nonostante sia ancora più stabile (il baricentro si è abbassato) e per na-tura - si sa - la Giulietta ti avverte pri-ma di perdere aderenza, Mognaschi possiede però il piede pesante e la distrugge. Cosa fare? L’operazione Zagato è alle spalle e poi al Portello è quasi pronta la SZ coda tronca. E’ inutile tornare su un concetto ormai superato. Proviamo a cambiare. Si pensa a Giovanni Michelotti, il disi-gner torinese che ha in testa un pro-getto ambizioso: sfidare Zagato sul piano dell’efficacia aerodinamica. Ma alla fine del 1960, la Giulietta SZ somma alle notevoli doti della SVZ un autotelaio più corto, dotato per di più di cambio a cinque marce, e la Casa non lo fornisce ai carrozzieri esterni. La commessa è andata a Za-gato, il quale se l’è guadagnata gra-zie al successo delle SVZ. Queste ultime però, non tanto per la misura del passo, ma per la loro con-figurazione generale, possono dirsi ormai superate; e questo aspetto forse stimola Giovanni Michelotti a lavorare proprio su una di queste macchine e a studiare una soluzione aerodinamica che rappresenti l’anti-tesi alla nuova tendenza. Occorre poi un buon motore e una generale cura dell’autotelaio. E a chi l’incarico, se non al torinese Virgilio Conrero che è assurto al ruolo di “Mago delle Giuliette”? Il tema di re-alizzare una Sprint Veloce per sfida-re i preparatori milanesi lo assegna al suo capo officina, Riccardo Michi.

    V ETTURE STRAORDINARIE

    Ballò una sola estate La Giulietta Sprint Veloce “Goccia”

    di Michelotti e Conrerodi Maurizio Tabucchi

    La “Goccia” vista di tre quarti anteriore mostra un ottimo equilibrio estetico

    Una vista di lato della “Goccia” ripresa all’autodromo “Riccardo Paletti” di Varano. Le ruote sono delle “Campagnolo” in elektron da 15 pollici di diametro per 4.5 di larghezza.

    Una vista posteriore; i fanalini sono comunemente definiti della Dauphine, ma equipaggiavano

    anche la Giulietta SZ; a differenza di quest’ultima sono collocati in posizione orizzontale

    L’avevano chiamata “Goccia” per la sua ideale foggia aerodina-mica, ma per qualcuno fu una goccia di veleno, visto che di preoc-cupazioni questa Giulietta aerodi-namica ne dette molte. Per comin-ciare a Elio Zagato, ma anche a quei piloti che nella classe fino a 1300 cm3 della categoria Gran Turismo già dovevano vedersela con le rare - per fortuna - Lotus Elite e che aveva-no a buon diritto confidato nelle do-ti delle Alfa Romeo Giulietta Sprint Veloce, prima, e delle SZ poi.Per loro fortuna l’accoppiata Miche-lotti - Conrero ne realizzò un solo esemplare, nel 1961. Tardi per la ve-rità, il tempo correva rapido, altri-menti sarebbero stati guai. In quello stesso anno era infatti usci-ta la SZ coda tronca, ma era anche la competitività delle Abarth 1000 Bialbero, pericolo incombente per la categoria GT, che aveva cominciato a preoccupare i clienti Alfa Romeo. L’automobile di questo servizio le

    E l’eterno confronto fra Torino e Mi-lano si riaccende, ma non fra Lancia e Alfa Romeo: fra la scuola torinese e quella lombarda. Fra Virgilio Conre-ro e Piero Facetti. Sembra che entrambi abbiano otte-nuto dall’Alfa Romeo i carichi di rot-tura dei motori Giulietta e possiedo-no quindi un vantaggio su tutti gli altri. I loro motori hanno ormai su-perato i cento cavalli/litro (potenza elevatissima per l’epoca) e non si rompono; il Servizio Esperienze Spe-ciali del Portello li ha incaricati di prepararne alcuni che sono stati provati sulle SZ con esiti straordina-ri. Chi è il più bravo? Forse nessuno dei due. Sono entrambi dei fuori-classe della meccanica. L’attesa sfida avviene a maggio del 1961, alla III Coppa Ascari a Monza, gara della durata di sei ore, e il lavo-ro dei due torinesi è premiato. La “Goccia”, con il numero di gara 271

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    La vista frontale; rispetto alla

    configurazione originaria, la

    curvatura del musetto è meno

    pronunciata. Ciò si deve

    probabilmente ai numerosi urti

    ricevuti nel corso della carriera

    La maniglia per l’apertura della

    porta proveniva forse dalla

    precedente carrozzeria

    Zagato.

    Il logo di Giovanni

    Michelotti, il designer

    torinese autore della stupenda

    carrozzeria.

    In questa immagine, la carenatura in

    plexiglas del faro e il fanalino

    contenente la luce di posizione e l’indicatore di

    direzione. A destra il

    ripetitore laterale.

    La plancia è molto simile a quella della versione carrozzata da Zagato; a sinistra lo strumento combinato contenente la temperatura acqua e olio, nonché le varie spie di

    segnalazione, al centro il contagiri con scala fino a 8000, e a destra il tachimetro. Il volante è un Nardi dell’epoca, forse montato fin dall’origine. Il quadretto di accensione è

    stato invece sostituito; appartiene alla Giulia.

    LA SCHEDA TECNICA

    Periodo di produzione: 1961 (1)Tipo di autotelaio: 750 E Tipo di motore: AR1315Motore - cilindri e posizione: 4 in linea, anterioreAlesaggio e corsa mm: 74x75Cilindrata cm3: 1290Potenza CV: 130Numero giri corrispondente: 7700/1’Rapporto di compressione: 10,5:1 Distribuzione: 2 alberi a camme in testa apertura aspirazione: 46° chiusura aspirazione: 65° apertura scarico: 65° chiusura scarico: 34°Comando alberi a camme: 2 catene silenziose, posizione anteriore Testa cilindri: in lega leggera, camere di scoppio emisfericheAltezza testa cilindri: mm. 100Numero valvole per cilindro e posizione: 2 in testa, disposte a V Comando valvole: diretto con interposizione di bicchierini e spessori di regolazione in bagno d’olioGioco valvole: aspirazione 30; scarico 55Alzata valvole: mm. 10 Basamento: lega leggera, comprendente l’alloggiamento dell’albero motoreGruppo cilindri: smontabile, canne in ghisa separate Albero motore: in acciaio stampato, contrappesatoNumero supporti di banco e tipo cuscinetti: 5, a guscio sottile Tipo cuscinetti di biella: a guscio sottileLubrificazione: pompa a ingranaggi, filtro a bagno sul circuito principa-leAlimentazione: aspirazione atmosferica, 2 carburatori orizzontali dop-pio corpo (alimentazione singola), trombette Tipo dei carburatori: Weber 40 DCOE 2 diffusori: 29 mm getti del massimo: 110 Adduzione del carburante: pompa elettrica BendixAccensione: singola, batteria, bobina, distributore e candeleAnticipo fisso 5°Anticipo massimo a 6000 giri/1’ 46°Sistema di raffreddamento: pompa centrifuga, ventilatore e radiatore Liquido refrigerante: acquaImpianto elettrico: tensione 12 volt per illuminazione ed avviamento Cambio di velocità: tipo Porsche Numero marce: 4 + rmPosizione leva: sul pavimentoRapporti del cambio: I, 1:3,25 - II 1:1,98 - III, 1:1,35 - IV, 1:1 - III, 1:1,35 - IV, 1:1 rm, 1:3,25Frizione: monodisco con mozzo elastico, a seccoTrasmissione: albero in due tronchi con 1 giunto elastico anteriore e due cardanici Ruote motrici: posterioriSospensioni anteriori: ruote indipendenti, quadrilateri trasversali de-formabili, molle elicoidali e barra stabilizzatriceSospensioni posteriori: ponte rigido, triangolo superiore, puntoni infe-riori, molle elicoidali Ammortizzatori anteriori: idraulici, telescopiciAmmortizzatori posteriori: idraulici telescopiciPosizione guida: a sinistraScatola dello sterzo: vite globoidale e rulloOrgani dello sterzo: 3 tiranti e leva di rinvioPonte posteriore: scatola centrale in lega leggera con tubi in acciaio contenenti i semiassi Rapporto al ponte: 8/41 Ruote: a disco in lega leggera da 15” x 4.5”Pneumatici: 155 - 1 5Freni: idraulici a tamburoCapacità serbatoio carburante: l. 80Quantità lubrificante: kg. 6,25Capacità circuito di raffreddamento: l. 7,5Passo mm: 2380Carreggiata anteriore mm: 1286Carreggiata posteriore mm: 1270Telaio: in lamiera di acciaio complementare alla struttura metallica della carrozzeriaPeso a secco kg: 750Velocità massima km/h: 222 (2)Modello di carrozzeria: Coupé 2 posti Esemplari prodotti: 1

    (1) Data della presentazione nell’attuale configurazione.(2) Velocità raggiunta nel 1961 sulla pista sopraelevata di Monza con coppia conica 10/41.

    ancora con targa IM 17369 - nel frat-tempo Conrero ne è divenuto pro-prietario - guidata dalla coppia Gino Munaron - Paolo De Leonibus, an-che loro torinesi affinché il successo sia completamente sabaudo, regi-stra il secondo miglior tempo nelle prove. E’ superata soltanto dal capo collaudatore dell’Alfa Romeo, Con-salvo Sanesi (3 minuti e 21 secondi, pari a 179,104 di media), il quale non può cedere il passo all’Alfa torinese; ha voluto per se a SZ Sperimentale coda rotonda (la AR10126*00047* iscritta dalla Scuderia Sant’Ambro-eus) e la guida con una foga mai vi-sta. Non si dica che i torinesi metto-no dietro le macchine del Portello!La prima ora di gara vede De Leoni-bus e Munaron in testa, ma un gua-sto all’impianto di scarico e, più tar-di, un’avaria alla frizione obbligano la “Goccia” a sostare ripetutamente ai box. La corsa riprende e nono-stante il cambio bloccato sulla quar-ta marcia, i due piloti riescono a ri-montare girando sul piede dei 3 mi-nuti e 26 secondi. Al termine delle sei ore, riescono però a classificarsi solo sesti. Ma il confronto ha volto nettamente a favore della gialla vettura torinese. E’ la più veloce. La stagione 1961 è poi densa di ma-gnifici risultati; Carlo Peroglio, cui venne affidata la “Goccia” per la Ao-sta - Pila del 16 luglio 1961, conse-gue un incredibile risultato. Oltre a vincere la propria classe, si piazza terzo fra tutte le vetture della cate-goria Gran Turismo, infliggendo ben quindici secondi alla prima Giulietta SZ classificata, e colloca la “Goccia” ad appena quattro decimi di secon-do dalla Porsche Carrera, prima del-la classe 1600. La carriera della “Goccia” fu breve co-me quella delle SZ coda tronca. La fi-losofia della Granturismo, magnifico

    compromesso fra auto da competi-zione e macchina stradale, stava tra-montando. Ormai non si raggiunge-va più il campo di gara per strada, ma con la vettura sul carrello, tratta-ta come una reliquia. Il meccanico scaldava lentamente il motore con le candele “calde”, secondo un ritua-le ormai generalizzato. La si spinge-va poi fino sulla linea di partenza - guai a metterla in moto, quasi che potesse indispettirsi! - ed infine un

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    Riccardo Michi, in una foto di qualche anno fa, al lavoro su un motore Giulietta. Forte di una esperienza unica, maturata presso Conrero e Monzeglio, esegue ottimi restauri meccanici sulle vetture storiche, riproponendo gli straordinari motori dei due preparatori torinesi.

    Michi mostra con orgoglio le foto d’epoca che lo ritraggono con i campioni che hanno guidato le vetture di Virgilio Conrero.

    ultimo controllo alla pressione delle gomme, ormai esclusivamente Dun-lop Racing. Solo allora si concedeva al pilota di sedersi al volante. Il pericolo era nell’aria e stava dive-nendo tangibile; era stato Carlo Abarth a dare la svolta con una stu-pefacente berlinetta: l’Abarth Simca 1300, omologata nella categoria Gran Turismo, classe fino a 1300 cm3. Una vettura con una sola destinazio-ne: le competizioni; con la quale il gran turismo - ma nemmeno il pic-colo turismo - si poteva fare. Lonta-na dal concetto che aveva reso cele-bre e sorprendentemente versatile la stupenda Giulietta.

    Le confessioni del preparatore

    L’autore della preparazione della “Goccia” era stato Riccardo Michi. Assunto da Conrero a gennaio del 1950, divenne capo officina di uno dei più noti preparatori italiani per vetture da corsa e ri-mase con il mago tori-nese dei motori fino al 1970, quando fu chia-mato da Renato Mon-zeglio che cercava un tecnico di valore per la propria costituenda squadra. ; questa la richie-sta e il risultato fu una piccola ma straordinaria azienda in via Spalato 50, nella zona di Borgo San Paolo, a Torino, con spazio per cinque vetture, ma-gazzino ricambi, uffici e sala pro-va motori attrezzata con un mo-

    derno impianto di insonorizzazione. Un’officina che fece epoca, dove ra-zionalità ed efficienza, doti assimila-te da Conrero, ma anche il grande talento di Riccardo Michi, coadiuva-to da sette meccanici, consentirono alle GTA e alle GT Am della Monze-glio Corse di rivaleggiare con le mac-chine ufficiali dell’Autodelta e addi-rittura, di quando in quando, batter-le.Nato a Torino, Michi è di origine to-scana, di Ponte Buggianese in pro-vincia di Pistoia, da dove il padre emigrò per fare il cuoco in Piemon-te; anche il figlio avrebbe dovuto continuare quell’attività, ma, evi-dentemente, l’attrazione per i moto-ri fu più forte. “Con la “Goccia” facemmo veramen-te un buon lavoro; al banco il moto-re, quello con steli delle valvole di 8 mm e albero piccolo, dava 130 ca-valli a 7600/7700 giri e la coppia si era rivelata ottima. Il cambio era

    il normale quattro marce e il rappor-to al ponte era rimasto il 10/41, quel-lo lungo adottato in serie dalla Giu-lietta Sprint Veloce. Facemmo lun-ghi studi sull’impianto di scarico, in-sieme a De Luca, uno specialista del-le marmitte, decidendo di lasciarlo ovviamente lungo ma con due soli silenziatori diretti e una strozzatura all’ultima confluenza due in uno. La buona coppia massima era quindi dovuta in parte anche a questa solu-zione. Il modellino in scala provato alla gal-leria del vento da Michelotti aveva dato ottimi risultati, ma alle alte ve-locità si sentivano forti scompensi al retrotreno, sicuramente perché la coda era troppo alta. Il parabrezza era quello della Giulietta Sprint Spe-ciale e se ne ruppero molti, perché la scocca tendeva a flettere. Ma la di là di questi problemi, quando ci pre-sentammo a Monza la nostra Giu-lietta fu superata nelle prove solo da Sanesi; la sua era la SZ Sperimentale, preparata al Servizio Esperienze del Portello, ancora a coda rotonda e con quella c’era poco da fare. In gara la vittoria parve a portata di mano ma non ci sorprendemmo; con Con-rero primeggiare era quasi una re-gola”.La preparazione effettuata dall’offi-cina Conrero prevedeva anche l’al-leggerimento dell’albero motore, del volano e delle bielle. Equilibratu-ra perfetta di tutte le masse rotanti, la cura del raccordo dei condotti di aspirazione e relativa lucidatura, asportan-do la sporgenza delle guide delle valvole.

    Particolare cura veniva posta nella lucidatura dell’albero motore e delle bielle, operazione tesa anche a ri-durre l’innesco di rottura. La testata veniva abbassata di mm. 1,5, mentre basamento e cilindri su-bivano la riduzione di 1 mm.Oltre all’assetto, veniva particolar-mente curata la scorrevolezza, al fi-ne di ottenere la minima resistenza all’avanzamento.

    Autodromo “Riccardo Paletti” di Varano dei Melegari: impressioni di guida della “Goccia” nel corso della prova effettuata dall’autore nel 1996.

    Ma eccoci in pista con la “Goccia”. Ri-spetto alla configurazione origina-ria, proprio a conferma delle per-plessità di Riccardo Michi circa la stabilità posteriore, l’assetto al re-trotreno è molto abbassato; niente in comune con la Sprint Veloce di se-rie. Non si fa fatica quindi a credere alle prestazioni esaltanti che riuscì ad ottenere.La “Goccia” è una macchina “cult”; guidarla provoca una certa emozio-ne. E’ un esemplare unico, una mac-china che ha fatto storia. Si avverte quasi un senso di colpa a maltrattar-la nei tornanti di Varano o a tirarle il collo nei rettifili. Ma è una macchina

    Virgilio Conrero alle prese con un motore

    Alfa Romeo 1900 (a destra) e alla guida dell’autotelaio della sua vettura Sport

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    da corsa e non può essere trattata con i guanti, non c’è abituata. La bel-la signora in giallo proverebbe disa-gio. Quante attenzioni, che diami-ne! Uno si sente tuttavia seduto su una macchina degna di rispetto. Si pen-sa all’impegno e alla fatica di Gio-vanni Michelotti e Virgilio Conrero, personaggi che certo non si arricchi-rono lavorando sulle automobili e forse con la “Goccia” ci rimisero qual-che soldo, anche se soddisfazioni se ne presero tante. Il sedile è basso, sfiora il pavimento e consente un buon assetto di guida. Tranne questo dettaglio, l’imposta-zione è quella della Sprint Veloce; la pedaliera però non permette un’effi-cace manovra di punta-tacco, indi-spensabile su queste vetture. Possi-bile che Munaron, De Leonibus, Pe-roglio non lo usassero? Stentiamo a crederlo. Il motore è elastico ma allo stesso tempo grintoso; oltre alla particola-re fase degli alberi a camme, tipica dei motori da competizione, influi-sce anche l’assenza del filtro ai car-buratori, sostituito dalle trombette di aspirazione. La frizione è docile, come quelle attuali, e ci si può muo-vere ad appena duemila giri. Ma ci sarà ancora il lungo rapporto 10/41 al ponte? Speriamo di no; quello era indispensabile a Monza con il cam-bio a sole quattro marce, quando non c’erano le chicane, ma a Varano sarebbe un supplizio. Che il ponte è “corto”, addirittura l’8/41, si sente su-bito, tanto rapidamente si scaricano

    le marce e al “Riccardo Paletti” que-sta soluzione è ideale. E alla fine del rettifilo dei box, quando ci si immet-te nella Parabolica, siamo infatti già in quarta. Terza, seconda ed eccoci alla prima esse a 7000 giri; la secon-da esse diverte di più perché si per-corre a velocità superiore; correg-giamo in controsterzo, il retrotreno tende ad andarsene, ma la “coppia” è buona e il motore ci tira fuori dalla curva. Fino a 5500 giri non ha incer-tezze, ma è dopo che ti eccita; oltre i 6000, e fino ai 7500, il suono si tra-sforma in sibilo quasi non avesse mai fine. Quarta sul rettilineo e al Ferro di Cavallo ancora controster-zo; all’inizio del rettifilo dei box il contagiri segna 7500 giri e siamo in

    terza, subito la quarta, tutto a de-stra, quasi sull’erba, per affrontare di nuovo la Parabolica. I freni non sono male, terza all’ingresso, seconda e avanti per un nuovo divertentissimo giro.L’assetto molto basso al posteriore, se da un lato deve avere certamente eliminato quella certa sensazione di instabilità alle alte velocità, che a Va-rano peraltro non si raggiungono, ha tuttavia provocato un comporta-mento piuttosto insolito per la Giu-lietta, molto sovrasterzante. Ma la Michelotti Conrero è caratterizzata anche da una certa flessione del te-laio a causa dell’assenza della scoc-ca di acciaio della coupé di Bertone. Abituati comunque a guidare la Giu-

    Il lunotto posteriore (in plexiglas) si raccorda perfettamente con la carrozzeria.

    La rivista Auto Italiana Sport (in quel periodo si chiamò così, per poi tornare ad “Auto Italiana”, mentre nel periodo anteguerra si chiamava invece “L’Auto Italiana”) dedicò nel 1961 una copertina alla “Goccia”. Nell’interno c’era un esauriente servizio sulla sensazionale vettura.

    Il vetro laterale (in plexiglas)

    apribile a compasso

    Messa a confronto con

    una normale Giulietta Sprint

    Veloce alleggerita del

    periodo 1956/1957, la

    “Goccia” evidenzia

    l’assetto ribassato e

    l’altezza generale della

    carrozzeria molto inferiore.

    lietta SZ, la stabilità della “Goccia” non è inferiore, anche se la ruota in-terna alla curva tende a sollevarsi e senza autobloccante si ha una certa perdita di trazione. Buono l’equili-brio dei pesi e appena compreso il comportamento, ci si accorge di an-dare veramente forte. Ma attenzio-ne, la “Goccia” non perdona molto gli errori, a differenza della Giulietta di serie; per la ridotta escursione della sospensione posteriore, il con-trosterzo diventa indispensabile e solo così la signora in giallo rivela quelle doti che gettarono nello sconforto i clienti Zagato.