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ITT «G.G.Marinoni»-Udine

LA GRANDE GUERRA SUL CARSO.

Segni di guerra …, luoghi di pace.

La ricerca approfondisce i contenuti del video dallo stesso titolo

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Struttura della ricerca

Il conflitto sul fronte dell’Isonzo La guerra e la vita di trincea

I luoghi della memoria I segni della guerra e della pace

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La storia della Grande Guerra sul Carso ci racconta di truppe che, già nella notte tra il 23 e 24 maggio 1915, si avvicinavano al confine sul fronte del fiume Isonzo. Il piano di guerra era quello di avanzare rapidamente, ma ben presto i capi dell’esercito italiano dovettero fare i conti con le alture del Carso, a sinistra del fiume, che si rilevarono formidabili baluardi difensivi.

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24 maggio 1915

I soldati italiani attraversano la frontiera con l'Austria-Ungheria dando inizio così alla Grande Guerra

Addio padre e madre addio Canzone di anonimo 1916

Addio padre e madre addio, che per la guerra mi tocca di partir,

ma che fu triste il mio destino, che per l'Italia mi tocca morir.

Quando fui stato in terra austriaca subito l'ordine a me l'arrivò,

si dà l'assalto la baionetta in canna, addirittura un macello diventò

E fui ferito, da una palla al petto, e i miei compagni li vedo a fuggir

ed io per terra rimasi costretto mentre quel chiodo lo vedo a venir.

" Fermati o chiodo, che sto per morire, pensa a una moglie che piange per me ",

ma quell'infame col cuore crudele col suo pugnale morire mi fà

Sian maledetti quei giovani studenti che hanno studiato e la guerra voluto,

hanno gettato l'Italia nel lutto per cento anni dolor sentir

Per sentire la canzone vai a www.cimeetrincee.it/canti.htm

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L’Isonzo Dal giugno 1915 al settembre 1917, poco prima della ritirata di Caporetto, sul fronte isontino, l’esercito italiano sferrò undici offensive.

Monte S.Michele, Monte Sei Busi, Monte Calvario, Monte Sabotino, Monte Hermada, Oslavia, Monte Santo, Monte S.Gabriele e S.Daniele, Monte S.Marco e S.Caterina sono i nomi dei luoghi che sul Carso ricordano le cruenti battaglie che costarono le vite di centinaia di migliaia di soldati italiani.

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Le operazioni belliche sul fiume Isonzo.

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A sinistra l'Italia nel 1915; a destra l'Italia oggi. Indicata dalla frecce la zona del Carso , teatro della guerra sul fronte italo – austriaco.

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Sull’Isonzo fu, da subito, una terribile e logoratrice guerra di posizione o d’assedio,

vissuta e combattuta in

TRINCEA

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Trincee sul Carso

Obice italiano

In trincea sul M.Podgora alle porte di Gorizia

Soldati all’assalto di postazioni nemiche sul Carso

Le alture del Carso a est di Gorizia

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Durante il conflitto la necessità della propaganda determinò l’aumento della diffusione di giornali e periodici per incentivare il consenso di soldati e popolazione nei confronti del conflitto. Nelle copertine della Domenica del Corriere è esaltato il coraggio dei soldati nella guerra di trincea.

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Le trincee ancor oggi segnano il Carso come cicatrici di tante battaglie sul fronte dell’Isonzo. Sul Carso, più che sugli altri campi di battaglia, fu la natura del terreno a determinare l’aspetto della trincea. Le trincee erano scavate nella viva roccia, si adattavano al profilo delle doline … .

La dolina dei bersaglieri sul M. Sei Busi e la trincea delle frasche

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Le stesse trincee oggi…

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La trincea impose prove durissime. In trincea bisognava resistere e obbedire, avanzare e morire… . Budelli profondi in cui i soldati coabitavano forzatamente in una quotidianità desolante, fortemente condizionata dalla possibilità di essere uccisi o feriti.

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«Oh Gorizia tu sei maledetta» è una canzone nella guerra. Di autore anonimo si dice che venisse cantata dai fanti nelle trincee italiane durante le interminabili offensive dell’esercito italiano per la presa di Gorizia. La battaglia di Gorizia (9-10 agosto 1916) costò, secondo i dati ufficiali la vita a circa 1.800 ufficiali e 50.000 soldati. Fu uno dei grandi combattimenti sul fronte isontino. Da sempre questo canto viene considerato il canto simbolo delle barbarie della guerra.

La mattina del cinque di agosto si muovevano le truppe italiane,

per Gorizia e le terra lontane, e dolente ognun si partì.

Sotto l'acqua che cadeva a rovescio grandinavano le palle nemiche.

Su quei monti, colline e gran valli si moriva dicendo così:

«O Gorizia, tu sei maledetta per ogni cuore che sente coscienza.

Dolorosa ci fu la partenza, e il ritorno per molti non fu.»

Voi chiamate il Campo d'Onore questa terra al di là dai confini...

Qui si muore gridando "Assassini!", maledetti sarete un di’.

Cara moglie, che tu non mi senti, raccomando ai compagni vicini di tenermi da conto i bambini,

che io muoio il suo nome nel cuor. «O Gorizia, tu sei maledetta

per ogni cuore che sente coscienza. Dolorosa ci fu la partenza,

e il ritorno per molti non fu.» Per sentire la canzone vai a www.cimeetrincee.it/canti.htm

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La vita di trincea sul Carso abbruttisce l’uomo prima del soldato, ma è anche la prima grande prova di coesione nazionale.

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«Patimenti, stragi, mutilati. La Grande Guerra fu tutto questo. Ma fu anche,

come intuì Benedetto Croce nei giorni di Caporetto, la prima prova dell’Italia unita.

Il crogiolo in cui si fusero italiani del Nord e del Sud, di campagna e di città,

analfabeti e laureati. E quella prova terribile l’Italia la superò. Poteva essere spazzata via; dimostrò di essere un fatto

compiuto. Non più un’espressione geografica: una nazione.»

Aldo Cazzullo da Il Corriere della Sera

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Per la prima volta un conflitto fu raccontato da coloro che lo combatterono. Furono descritte le vicende belliche e l’ esperienza della vita quotidiana in trincea.

Momenti dedicati alla scrittura e alla quotidianità …

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Sono una creatura

Come questa pietra del S. Michele

così fredda così dura

così prosciugata così refrattaria così totalmente

disanimata

Come questa pietra è il mio pianto che non si vede

La morte si sconta vivendo

Lettere , diari, memorie, canzoni, poesie e opere narrative sono come tessere di un mosaico di un grande memoriale della esperienza di guerra…. Veglia

Cima Quattro il 23 dicembre 1915

Un'intera nottata buttato vicino

a un compagno massacrato

con la sua bocca digrignata

volta al plenilunio con la congestione

delle sue mani penetrata

nel mio silenzio ho scritto

lettere piene d'amore

Non sono mai stato tanto

attaccato alla vita

Fratelli Mariano il 15 luglio

1916

Di che reggimento siete

fratelli?

Parola tremante nella notte

Foglia appena nata

Nell'aria spasimante involontaria rivolta dell'uomo presente

alla sua fragilità

Fratelli

San Martino del Carso

Valloncello dell'Albero Isolato il 27 agosto

1916

Di queste case non è rimasto che qualche

brandello di muro

Di tanti che mi

corrispondevano non è rimasto neppure tanto

Ma nel cuore nessuna croce manca

E' il mio cuore il paese più straziato

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«Sotto il gran pianto stellare i morituri sognano: soffi di vento, gemiti di cose salgono dalla dolina “dei Morti”. Rannicchiati, adagiati i morituri sognano assorti. Sognan la casa, sognano il podere questi figli abbronzati della invitta Calabria; e la foresta sognano della Sila e del Busento. … … I loro volti, i loro corpi stanchi, paion chiedere a Dio: Perché, perché? … Stanotte, domani e sempre sapremo abbeverare col nostro rosso sangue la calva arida quota.» Poesia di Giovanni Cominetti, studente in Lettere all’Università di Torino, caduto a ventun’anni il 24 agosto 1917 nei pressi del dell’Hermada, brano riportato da M. De Benedetti in «Lettere e scritti di caduti per la Patria,»Tivoli.

«Finchè è salva la vita, mai paura. Sono un po' stanco, dimagrito, ma in complesso sto bene, me lo dice la fame straordinaria. Fu un mese di disagi, dormire sempre a terra, magari sotto la pioggia, mangiare quando era possibile. di pericoli anche, quantunque all'assalto non sia mai andato; una notte si portò la linea fino a pochi metri dal nemico. Ebbi anche qualche soddisfazione. Fui sul Carso, a Doberdò. ad Oppachiasella, a Novavas, sul Nad Logem. i siti ove più brillante fu la nostra avanzata. Fortunatamente la mia compagnia ebbe pochissime perdite. Ora speriamo godere un po' di riposo e di rimetterci bene prima di tornare a nuovi cimenti, con la fiducia che la Provvidenza ci assisterà come fino ad ora.» Lettera di Giuseppe Tessari, studente in legge a Padova, caduto l’1 novembre 1916 in assalto sul Carso.

“Tutto quanto il primo plotone insalsicciato in questo budello profondo un metro; guai a chi, durante il giorno, si permetta di allungare uno stinco. Qua, spazio netto, battuto da fucili puntati durante tutta la notte. Poi, buca del comando di compagnia. A destra, altra zona scoperta, trattata come l’altra. Di là fino a noi, tane d’appostamento e qualche breve tratto di scavo, protetto da pochi sacchetti a terra e da molti morti che ci fanno da riparo. Bisogna farci lo stomaco, ai morti: vedrai domani, alla luce del sole. Senti che tanfo? (Oh, alla sera – io non so il perché cominci a salire, alla sera – questo lezzo ci ammorba e ci sgomenta. Orribile! Oh! Orribile!). Ebbene, anche qui, sotto questi sacchetti, c’è una carcassa di ungherese, conficcata nel fango. Che devo fare? Toglierla? Impossibile. Ci dormo su.”… Carlo Sansa in «Trincee.Confidenze di un fante».

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“Sottotenentini, / ragazzi imberbi e gioviali, / che la gente seria, / la gente perbene, una volta, / chiamava bèceri / quando rompevano i vetri / e stracciavano le bandiere / ai Consolati d’Austria, / eran rimasti lassù, / nel Vallone dell’Acqua, / al Lenzuolo Bianco, / alla Casa della Morte, / col grido tra i denti, / col cuore in mano; / colpiti mentre correvano / davanti al plotone all’assalto, / come se si trattasse / davvero di scherzare / con l’eternità”. Tratto da: «La Sagra di Santa Gorizia» di V.Locchi, poemetto sulla presa di

gorizia, pubblicato postumo. Il Locchi morì infatti nel 1917 nel siluramento di

una nave nel M.Egeo nel1917..Vi)

«Di tutti i momenti della guerra, quello precedente l’assalto era il più terribile. “Pronti per l’assalto!” ripeté ancora il capitano. L’assalto! Dove si andava? Si abbandonavano i ripari e si usciva. Dove? Le mitragliatrici, tutte, sdraiate sul ventre imbottito di cartucce, ci aspettavano. Chi non ha conosciuto quegli istanti, non ha conosciuto la guerra.Le parole del capitano caddero come un colpo di scure. La 9° era in piedi, ma io non la vedevo tutta, talmente era addossata ai parapetti della trincea. La 10° stava di fronte, lungo la trincea, e ne distinguevo tutti i soldati. Due soldati si mossero e io li vidi, uno a fianco dell’altro, aggiustarsi il fucile sotto il mento. Uno si curvò, fece partire il colpo e s’accovacciò su se stesso. L’altro l’imitò e stramazzò accanto al primo. Era codardia, coraggio, pazzia? Il primo era un veterano del Carso» Emilio Lussu, “Un anno sull’altipiano”, Mondadori, Milano 1970. pag. 125.

“Cinque battaglie dell’Isonzo avevano infranto lo slancio di una selva di petti eroici contro le vette del S. Michele, e la fosca collina

continuava tuttavia a rimanere nelle mani dei valorosi difensori, che parevano essersi uniti con sacro giuramento a quel baluardo di resistenza, sul quale andava aumentando con ritmo spaventoso l’olocausto delle giovani vite, falciate dalla mitraglia sotto i reticolati. A chi nei momenti di sosta arrischiava uno sguardo fuor della lugubre trincea non reggeva l’animo di sostenere la vista dei compagni che, nelle più tragiche positure in cui li aveva colti la morte, si disfacevano nel breve tratto che separava le opposte linee; spesso accanto alle gloriose salme ormai consunte dalla forza del tempo e degli elementi cadevano senza più speranza i miseri feriti, alla cui salvezza non giovava l’amore dei superstiti, chè la crudeltà della lotta o la diffidenza che nella carità si mascherasse il tradimento impedivano alle due parti di essere misericordiose verso i prodi fratelli. Quante volte, scesi dopo giorni di battaglie terribili dalla prima linea alle posizioni di riserva, nei ricoveri lungo l’Isonzo, mirammo le schiere amiche uscire compatte dalla trincea e salire all’assalto cruento delle cime del S. Michele! I nostri cuori che conoscevano lo spasimo dell’attacco seguivano trepidanti le ondate incalzantisi dei compagni, i quali si offrivano al sacrificio lanciando il grido fatidico, subito coperto dal suono sinistro delle mitragliatrici avversarie. Allora gli occhi nostri si velavano, i nervi si tendevano in uno sforzo doloroso, e come trasognati rimanevamo con lo sguardo fisso…» A. Zamboni in «Scene e figure della nostra guerra» in fotocopia tratto da www.cimeetrincee.it .

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«L’Isonzo è custode d’italica passione: sulle sue rive s’è immolato il fior fiore della giovinezza. La morte di tanti soldati su questo fronte resterà pertanto nella storia quale simbolo di virtù e di sacrificio della nostra stirpe». E.Galante «La Guerra sull’Isonzo»,Gorizia,Ed.tip.soc,1958

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Le grandi opere monumentali costruite alla memoria dei caduti, i cippi, le lapidi disseminate un po’ ovunque negli stessi luoghi delle battaglie sono segni eloquenti di questo grande sacrificio collettivo.

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Zona sacra del S.Michele

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Redipuglia

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REDIPUGLIA raccoglie i resti di più di centomila soldati caduti sul Carso e i loro nomi impressi sui marmi echeggiano al grido muto: “PRESENTE!” scolpito sulla pietra dei ventidue gradoni: “ Adamo, Cassoli, Delogu, Ippolito, Raggi, Suma, Giovinazzo, Tessari……”

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Oggi, a distanza di 100 anni, questi luoghi della guerra ci parlano solo di pace. Negli stessi luoghi che ci ricordano i caduti in guerra, è stato eretto il Mausoleo della pace: nella radura che ha come scenario le alture del Carso e guarda verso il mare spicca infatti il Colle di Medea, consacrato alla pace.

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…al suo interno l’urna di legno e bronzo che contiene le zolle di terra di 800 cimiteri di guerra italiani e stranieri costituisce un monito per l’intera umanità…

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L’umanità nella guerra è il tema su cui ci siamo confrontati nel laboratorio teatrale realizzato

in questo luogo della pace…

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Mini - glossario

Carso - Noto anche come Altopiano Carsico, è un altopiano roccioso calcareo che si estende nel nord-est dell'Italia, dai piedi delle Alpi Giulie al mare Adriatico in provincia di Gorizia e di Trieste. Dolina - E’ una parola di origine slovena e significa semplicemente valle. Dato l'interesse per i fenomeni carsici, la terminologia internazionale ha fatto proprio questo termine per definire più precisamente una valle carsica, cioè una depressione tipica del terreno modellato in varie fogge da fenomeni di carsismo. Guerra di posizione - In antitesi a guerra di movimento, è quella nella quale i due eserciti avversari rimangono fermi per lungo tempo, schierati l’uno di fronte all’altro e protetti da trincee e altre opere campali. Isonzo - E’ un fiume che scorre in parte in Slovenia e in parte in Friuli-Venezia Giulia. In sede storica si ricorda l'Isonzo quale teatro della Prima guerra mondiale, e delle maggiori operazioni militari sul fronte italiano dal 1915 al 1917, quindi delle dodici battaglie dell'Isonzo (compresa la disfatta di Caporetto), dove oltre 300.000 soldati italiani e austroungarici trovarono la morte. La Domenica del Corriere - Popolare settimanale italiano fondato a Milano nel 1899 e chiuso nel 1989. La prima e ultima di copertina erano sempre disegnate. A differenza dei settimanali dell'epoca, la Domenica del Corriere dava ampio spazio alle fotografie e ai disegni, e questo fu uno dei motivi del suo successo. Medea - Piccolo Comune in Provincia di Gorizia, è posto su un colle di modeste dimensioni, sulla cui sommità si trova l‘Ara Pacis mundis, grande monumento eretto al termine della Seconda guerra mondiale come monito contro tutti i conflitti. Redipuglia - In sé è solamente un Paese agricolo e costituisce Comune assieme al paese di Fogliano, in provincia di Gorizia, alle falde del Carso. La fama di Redipuglia è legata principalmente agli eventi bellici ed al Sacrario Militare che vi sorge occupando l'intera fiancata di una collina carsica. Trincea - Opera di fortificazione costituita da una fossa scavata nel terreno, nella quale i soldati si difendono dal fuoco del nemico e da cui a loro volta sparano

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Lavoro svolto dalle classi 2C,4E,5B,5C dell’Istituto con il coordinamento della prof.ssa Francesca Tonutti