Ursa Major Magazine Luglio 2012

156
SAPORI PERDUTI ALLA RICERCA DI CIBI E TERRE DIMENTICATE www.vdgstore.com www.vdgstore.com URSA MAJOR MAGAZINE by VDG MAGAZINE VIAGGI DEL GUSTO | ANNO 2 | N.8 | MENSILE | EURO 4,90 Luglio 2012 MAGAZINE luglio 2012 LO/0004/2012 by Ursa Major nella “casa” di Gualerzi Il consumatore al centro: i vini dell’Uccellaia Ursa Major e il sociale: aziende-scuole contro la crisi I suggerimenti: come infondere fiducia Omaggio a Luigi Veronelli, cantore della genuinità In Istria e Slovenia, nelle terre dell’Italia che fu Intervista a Giuseppe Martelli, direttore di Assoenologi In viaggio: Siena, Malta, Otranto e Biarritz

description

The house organ of Ursa Major group by VdG - Viaggi del Gusto Magazine.

Transcript of Ursa Major Magazine Luglio 2012

Page 1: Ursa Major Magazine Luglio 2012

SAPORIPERDUTI

ALLA RICERCA DI CIBI E TERRE DIMENTICATE

www.vdgstore.com

www.vdgstore.com

8UR

SA M

AJOR

MAG

AZIN

E by

VDG

MAG

AZIN

E VI

AGGI

DEL

GUS

TO |

ANNO

2 |

N.8

| MEN

SILE

| E

URO

4,90

Luglio 2012

MAGAZINE luglio 2012

LO/0004/2012

by

Sapori perduti | Nella “casa” di G

ualerzi | I vini dell’Uccellaia | A

ziende-scuole contro la crisi | I suggerimenti: com

e infondere fiducia

Ursa Major nella “casa” di Gualerzi

Il consumatore al centro: i vini dell’Uccellaia

Ursa Major e il sociale: aziende-scuole contro la crisi

I suggerimenti: come infondere fiducia

Omaggio a Luigi Veronelli, cantore della genuinità

In Istria e Slovenia, nelle terre dell’Italia che fu

Intervista a Giuseppe Martelli, direttore di Assoenologi

In viaggio: Siena, Malta, Otranto e Biarritz

Page 2: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Benvenuto inBenvenuto inLa vita è fatta di alti e bassi.Noi ci siamo in entrambi i casi.

C’è chi deveattendere.

Tu, no.

Messaggio pubblicitario con fi nalità promozionale. Per le condizioni contrattuali della carta di credito Visa Infi nite e per quanto non espressamente indicato è necessario fare riferimento ai Fogli Informativi, disponibili presso tutte le Filiali della Banca e sul sito www.unicredit.it. Visa Infi nite è una carta di credito venduta da UniCredit S.p.A. tramite le Filiali contraddistinte UniCredit Private Banking. Il Servizio di Concierge Visa Infi nite è prestato da AXA Travel Insurance. Le coperture assicurative relative al programma di assistenza di viaggio sono fornite da Inter Partner Assistance S.A.

Visa Infi nite è la nuova Carta Black del Private Banking di UniCredit a plafond personalizzatoche ti dedica un Servizio di Concierge per ogni tuo desiderio o necessità a qualunque ora del giorno ed in qualunque parte del mondo. Assiste i tuoi viaggi con un programma di protezione globale che ti solleva da ogni preoccupazione e ti lascia soloil piacere di viaggiare. Ti garantisce i privilegi del Leaders Club nei migliori alberghi del mondo. Ti ospita nelle oltre 600 sale VIP degli aeroporti con il servizio esclusivo di Priority Pass perché anche l’attesa diventi un piacere.

www.unicredit.it/visainfi nite

Page 3: Ursa Major Magazine Luglio 2012

editoriale

Il distributore e l’innovazione virtuosa

In un mercato sempre più complesso e competitivo, il ruolo del distributore si evolve, diventando sempre più dinamico e propositivo. I fattori determinanti per mantenere un ruolo importante in questo ambito diventano la ricerca di nuove opportunità, l’innovazione del servizio, la diversificazione dei prodotti. Per avanzare con successo sulla strada dell’innovazione, il moderno distributore deve avere consapevo-lezza dei veloci e continui mutamenti del mercato: mutamenti degli stili di vita e dei consumi, fortissima competitività e nuovi canali di vendita, offerta sempre più frammentata e difficoltà crescenti nella gestio-ne diretta di reti commerciali e logistiche.Stiamo assistendo al deciso cambiamento delle dinamiche distributive, e in particolare assume un ruolo sempre più centrale e strategico la gestione della catena distributiva, che è diventata il perno della mo-derna distribuzione.Il Consorzio Ursa Major si muove da protagonista al centro di queste trasformazioni e opera per coglier-ne tutte le opportunità.Il “nuovo” distributore, innovatore a 360°, offre ai propri partner un servizio personalizzato sulle loro esi-genze. Lavora in rete per valorizzare gli investimenti ed essere presente su un territorio più ampio. Opera a stretto contatto con i clienti e li affianca nel lancio di nuovi prodotti. E soprattutto, propone nuove op-portunità per sé e per i propri partner!È questa la strada che Ursa Major percorre insieme alle aziende che hanno fondato il Consorzio. Nuovi business in grado di coinvolgere clienti e partner valorizzandone i prodotti, i servizi e le qualità.Un esempio concreto del nostro modo di pensare e agire è rappresentato da “Il Consumatore al Centro”, un modello di business nato dalla sinergia tra Ursa Major, l’agenzia Viva Comunicazione e gli specialisti in tecnologie informatiche di W4Y. L’obiettivo de “Il Consumatore al Centro” è quello di intercettare, fidelizzare e soddisfare un canale di ven-dita costituito dai milioni di consumatori che ogni giorno frequentano i ristoranti italiani. Il modello instaura un circolo virtuoso tra i clienti dei ristoranti, i ristoratori più dinamici e i produttori di vino di qualità, i quali vengono messi in relazione tramite un portale all’avanguardia per la gestione dell’e-commerce. In sintesi: il consumatore che degusta un vino tipico al ristorante riceve una carta d’identità del vino, tra-mite la quale può acquistare e ricevere a casa, tramite il portale, lo stesso vino. Obiettivi: la valorizzazione dei ristoratori e dei produttori di vino, la soddisfazione del pubblico!Un esempio lampante di come il distributore può innovare il proprio ruolo mettendo in relazione diretta produttori, operatori commerciali e pubblico finale, producendo valore aggiunto per tutti.

I

di ALBERTO LANZANI

Alberto LanzaniPresidente Associazione Culturale Ursa Major

I

VDG NUMERO 8_2.indd Sez1:I 15/06/12 18.23

Page 4: Ursa Major Magazine Luglio 2012

II

Ursa Major news

Siamo nell’area del Comune di Langhirano, in pro-vincia di Parma, un territorio simbolo della produ-zione di salumi di qualità, conosciuti e apprezzati in tutto il mondo per la loro prelibatezza. Alcune set-timane fa, i rappresentanti del Consorzio Ursa Ma-jor hanno trascorso un’intera giornata presso la se-de del salumificio Gualerzi, a Pilastro di Langhirano. Volevano conoscere dall’interno un’azienda che già conoscevano bene per i suoi prodotti, e la visita è stata sicuramente piacevole e istruttiva. Fa parte dell’attitudine del Consorzio Ursa Major cercare sempre nuovi partner che fanno della qualità il loro marchio aziendale, produttori che possono diven-tare fornitori capaci di ampliare l’offerta e aumen-tare la soddisfazione dei clienti e dei consumatori. Nel corso della giornata vissuta insieme ai titolari e ai professionisti della Gualerzi, i soci del Consorzio hanno potuto apprezzare l’organizzazione dell’a-zienda, le tecniche di lavorazione dei prodotti, le procedure di controllo qualità: nella scelta delle ma-terie prime, in tutte le fasi della lavorazione, nella gestione funzionale degli ambienti e degli impianti, nel rispetto delle più severe norme igieniche. Inol-tre, sono emersi la preparazione del personale e la grande capacità produttiva di un salumificio che abbina qualità, varietà e quantità. L’atmosfera della Gualerzi è quella di un grande pro-duttore di salumi di Parma, con il caratteristico “spettacolo” dei prodotti appesi nei vasti magazzi-

Ursa Major nella “casa” di GualerziÉ dal 1924 che Gualerzi produce salumi tipici del comprensorio di Parma, coniugando la migliore tradizione artigianale e tecnologie di produzione assolutamente all’avanguardia.

ni, un piacere per la vista oltre che per il palato!Naturalmente, è stata anche una giornata di assag-gi e degustazioni che hanno confermato la bontà del culatello di Gualerzi, dei prosciutti e del salame felino e di tutti gli altri salumi. Gualerzi offre un insieme di prodotti D.O.P. di qua-lità eccezionale, preparati in modo assolutamente tipico, genuini, naturali e in grado di soddisfare il gusto degli appassionati della buona tavola.Tra i salumi di Gualerzi c’è il famoso Culatello di Zi-bello D.O.P., un prodotto inimitabile e genuino, ri-sultato di una cultura del gusto e della buona tavo-la che ha radici profonde.I soci di Ursa Major hanno incontrato un’azienda che, sotto tutti i profili, è perfettamente in sintonia con i valori del Consorzio. Oltre a puntare tutto sulla qualità, Gualerzi è infatti attento alla salute del consumatore. A questo proposito, da alcuni anni il salumificio propone, nella sua Linea del Cuore, una serie di salumi a basso contenuto di sodio ma con tutto il gusto dei prodotti tipici di Parma. Inoltre, Gualerzi innova le sue proposte ri-spettando la tradizione ma anche le nuove esigen-ze, mette in atto una politica di riduzione dell’im-patto ambientale e di risparmio energetico, investe nella formazione del personale ed è particolar-mente attento al rapporto con il territorio, la fon-te delle conoscenze utilizzate nella lavorazione e delle principali materie prime.

VDG NUMERO 8_2.indd Sez1:II 15/06/12 18.23

Page 5: Ursa Major Magazine Luglio 2012

GIUSEPPE PATRIOLI Srlprovince servite:NOVARA - VERBANIAVERCELLI - BIELLA

Tel. [email protected]

III

marketing Ursa Major

La “geografia”del Consorzio Ursa MajorLa geografia di Ursa Major è in continua evoluzione. Ogni giorno il Consorzio

entra in contatto con nuove realtà che ne condividono la strategia e i valori,

nuovi contatti vengono stabiliti per rafforzare ulteriormente questa rete di

valorizzazione reciproca e rendere sempre più efficace la presenza sul territorio.

Aziende che credono nella qualità dei prodotti e del servizio, nell’importanza

dell’innovazione e nel “fare squadra” per valorizzare la propria azienda

e il proprio ambito territoriale.

LAGOGEL Srlprovince servite:MILANO - VARESE - COMOLECCO - MONZA BRIANZANOVARA - VERBANIA

Tel. 0362.5892250 [email protected]

Lombardia

RISTOPIÙ LOMBARDIA SpAprovince servite:MILANO - VARESE - COMO LECCO - MONZA BRIANZA

Tel. 0362.5839200www.ristopiulombardia.it [email protected]

Piemonte

RISTOPIÙ PIEMONTE SpAprovincia servita: TORINO

Tel. 011.9651431www.ristopiupiemonte.it [email protected]

PELISSERO Srlprovince servite:ALESSANDRIA - ASTI

Tel. [email protected]

SOGEL Srlprovincia servita: SONDRIO

Tel. [email protected]

BOCELLI Srlprovince servite:PARMA - REGGIO EMILIAPIACENZA

Tel. [email protected]

SERVIGEST Srlprovince servite:RAVENNA - FORLÌ CESENA

Tel. [email protected]

DALMONEGO BRUNO & FIGLI Srlprovince servite: TRENTO - BOLZANO

Tel. [email protected]

LOMBARDI & CANTÙ Srlprovincia servita: VICENZA

Tel. [email protected]

PAMGEL Srlprovince servite:LUCCA - PISAMASSA [email protected]

MASSARI Srlregioni servite:LAZIO E MOLISE

Tel: [email protected]

SNACK & CATERING div. RE MARKET Rebecchi Alimentari e Dolciari Spa province servite: PIACENZA -BASSO LODIGIANO

Tel. [email protected]@rebecchi.com

RIVERA GEL Srlprovince servite:SAVONA - IMPERIA

Tel. [email protected]

ADRIAGELO Srlprovince servite:RIMINI - PESARO URBINOREP. DI S. MARINO

Tel. [email protected]

BO.GEL. sncprovince servite:PADOVA - ROVIGO

Tel. [email protected]

JOLLYGEL SNCprovincia servita: CUNEO

Tel. 0171.619140

VDG NUMERO 8_2.indd Sez1:III 18/06/12 16.00

Page 6: Ursa Major Magazine Luglio 2012

IV

il Consumatore al Centro presenta:

namica, da anni la scelta di evitare completamente l’uso di diserbanti, antiparassitari e fertilizzanti, è stata impegnativa ma fondamentale sia per arriva-re a produrre un vino genuino e di grande qualità, sia per rispettare la ricchezza straordinaria dell’am-biente circostante.Da quando i nuovi proprietari vi si sono insediati, nel lontano 1977, tantissime energie e conoscenze sono state spese nel ripristino degli edifici, delle cantine e, naturalmente, delle vigne. I vini prodotti all’Uccellaia sono strettamente lega-ti al loro piccolo territorio e ai singoli vigneti. La lo-ro qualità è verificata anno per anno: se il clima non consente un raccolto di qualità elevata, la vinifica-zione per quell’anno può anche venire sospesa.Per essere coerente con una visione eco-sostenibile, la tenuta si è dotata di un impianto fotovoltaico da 60 KWp, su una superficie di 455 mq, che permet-te di ridurre le emissioni di CO2 di 37.000 kg l’anno. I vini prodotti in questa tenuta, un piccolo “angolo di paradiso” per chi ama la natura e la vigna, trag-gono le loro qualità, il profumo e il sapore esclusi-vamente dagli elementi naturali: terra, sole, aria, acqua. Il sistema di allevamento e il sesto d’impian-to sono scelti in funzione del microclima locale, re-so particolarmente adatto dalla presenza del bosco. La potatura invernale mantiene l’equilibrio tra ve-getazione e frutto, la potatura verde favorisce l’a-rieggiamento dei grappoli.All’Uccellaia, si produce esclusivamente vino con l’uva della vigna locale. Attualmente l’azienda pro-duce 5 qualità di vino, 5 vini perfettamente natu-

Ci troviamo in località Albarola, nel comune di Vi-golzone, in provincia di Piacenza. La Val Nure, si-tuata tra la Val Trebbia e la Val D’Arda, è una zona facilmente raggiungibile ma allo stesso tempo ap-partata, caratterizzata da un ambiente naturale in-tegro, da un paesaggio agricolo di prim’ordine e da importanti testimonianze storiche.Il nome della tenuta, come è facile immaginare, deriva dalla presenza di numerose specie di uccelli che nidificano nei boschi circostanti. L’atmosfera giusta per entrare in contatto con la natura e con le altre persone, il posto ideale per produrre la be-vanda della convivialità e della buona tavola...L’Uccellaia si estende su una superficie complessiva di 15 ettari, 8 dei quali coltivati a vigneto, situati a un’altezza tra i 200 e i 350 m s. l. m.L’azienda è certificata dall’ICEA come realtà biodi-

Dolci colline ricoperte di vigneti, boschi circostanti ricchi di castagni, querce e robinie, un’azienda vitivinicola dedita alla coltivazione biologica che,nel 1998, iniziò a produrre il Rosso dell’Uccellaia,un vino fattocon la passionee con l’anima..

Dolci collinricoperte dboschi circo

Cgtf

e i vigneti,

ostanti

nedio

Le titolari della tenuta l’Uccellaia:Enrica Baroni Nicoletti e Maria Adelaide Nicoletti

VDG NUMERO 8_2.indd Sez1:IV 15/06/12 18.23

Page 7: Ursa Major Magazine Luglio 2012

VVV

rali che sono il risultato originale e unico di questa vigna, di questo ambiente, dei metodi tradizionali di coltivazione adottati, dell’opera competente e amorevole di chi ci lavora.Il Rosso dell’Uccellaia, ottenuto da uve Merlot e Barbera selezionate, è il “biglietto da visita” dell’a-zienda. Il Gutturnium DOC è un vino fermo da uve Barbera e Bonarda. Il Bauscia da uve merlot ha ce-lebrato il centenario dell’Inter nel 2008. Il Cerasuo-lo viene prodotto con uve Barbera, Croatina e Mer-lot. L’Uccellaia Brut, ultimo arrivato, è uno spumante prodotto in quantità limitata. Tutti i vini dell’Uccellaia hanno una personalità e una storia che sono profondamente legate al luo-

go con il suo microclima, e alla sensibilità delle per-sone che lavorano nella tenuta.L’Uccellaia è aperta al pubblico per degustazioni e acquisto dei vini (a riguardo, consultare il sito Inter-net). E’ presente con un proprio profilo su Facebo-ok nonché sulle più importanti guide ai vini. Venire all’Uccellaia, stare in compagnia delle donne e degli uomini che portano avanti questa tenuta e l’hanno fatta diventare importante, vedere la pas-sione e l’amore con cui i vigneti vengono curati e i vini vengono prodotti, è un’esperienza che ricon-cilia con la natura e con il paesaggio agricolo italia-no, ma anche con se stessi e con il vino, uno dei prodotti più veri del nostro Paese.

La delegazione del Consorzio Ursa Major che ha visitato l’azienda per il progetto Il Consumatore al Centro (da sinistra Angelo Fasola, Franco Crippa e Alberto Lanzani) insieme a Enrica Baroni Nicoletti

Azienda agricola Uccellaiahttp://[email protected]@libero.it

VDG NUMERO 8_2.indd Sez1:V 15/06/12 18.23

Page 8: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Tredici allievi della classe terza del corso in alternan-za scuola lavoro per operatore in ambito gastrono-mico e della ristorazione sono stati coinvolti in un progetto didattico che ha avuto come oggetto il mondo della macelleria e delle carni.Agli allievi è stato proposto attraverso visite azien-dali e specifici corsi, tenuti dal servizio veterinario dell’ASL 3 di Monza, di recuperare ed approfondire competenze nell’ambito di un settore, quello della macelleria, che ultimamente sta perdendo perso-nale specializzato e qualificato e che spesso, agli occhi dell’opinione pubblica, è ancora considerato un ambito in cui non è richiesta particolare prepa-razione. Anche questo percorso, come tanti che nascono nell’alveo di In-Presa, ha avuto come principale pro-motore un’azienda: si tratta dell’impresa Massironi carni di Muggiò la cui responsabile, la Sig.ra Elena Massironi, ha svolto un ruolo di coordinamento tra i vari attori coinvolti nel progetto scuola, azienda e Servizio Veterinario.A lei abbiamo chiesto di spiegarci l’origine dell’idea e il suo svolgimento:Sig.ra Massironi lei ha sentito l’esigenza di in-terfacciarsi con un’istituzione scolastica e con gli allievi di un corso per operatore gastrono-mico. Da che cosa nasce questo suo bisogno?“Il motivo principale che mi ha spinto a cercare la collaborazione del mondo scolastico ed a formula-re con la scuola un percorso didattico-formativo sulla macellazione delle carni e sul loro utilizzo, è la preoccupazione di vedere all’interno della mia azienda ma anche delle aziende del settore, perso-nale altamente preparato, con grande esperienza, ma anziano. Sono anni in cui si fa fatica a trovare apprendisti, a trovare ragazzi disposti ad imparare questo mestie-

re. Eppure chi fa questo lavoro non solo è compe-tente ma è anche disposto ad insegnare ciò che sa, è desideroso di trasmettere le competenze di cui è in possesso ai giovani.Ciò che mi ha fatto pensare alla necessità di un coinvolgimento delle scuole e dell’ambito in cui av-viene la formazione dei ragazzi è stato il conside-rare le difficoltà della mia azienda nel reperire per-sonale, dato comune anche ad altre imprese del settore alimentare”.Secondo lei a cosa è dovuta questa carenza di personale?“Il problema va ricercato nella scarsa conoscenza da parte dei giovani, delle famiglie e di chi si occu-pa di formazione, del fatto che, un settore come quello della macellazione e del taglio delle carni, sia un settore in cui è richiesta un’alta specializza-zione. Si pensa che sia un lavoro di semplice mano-valanza, non si è a conoscenza del fatto che sia ne-cessaria una preparazione ed una tecnica per lavorare con la carne affinché il prodotto proposto sia di qualità.Per questo è necessario sensibilizzare chi lavora nel-la scuola, chi ha il compito di preparare i giovani e di offrire loro adeguate opportunità di inserimento nel mondo del lavoro. È un problema innanzitutto culturale: il lavoro ma-nuale viene contrapposto al lavoro intellettuale. Si crede che il lavoro manuale non richieda conoscen-za, pensiero o preparazione, ma non è così. Si con-sidera il lavoro manuale come degradante e svilen-te delle capacità intellettive del soggetto ma questo non è vero. Esistono lavori manuali, e questo ne è un esempio, che richiedono un alto grado di spe-cializzazione, che richiedono competenze specifi-che e una buona preparazione.Noi aziende siamo in condizione di poter svolgere

Ursa Major e il sociale

VI

AziendaScuola, una nuova ricetta contro la crisi

Allievi di In-Presa preposti al servizio dei bolliti

durante una convention

VI

VDG NUMERO 8_2.indd Sez1:VI 15/06/12 18.23

Page 9: Ursa Major Magazine Luglio 2012

la formazione necessaria, il contratto di apprendi-stato (contratto su cui anche la riforma dei contrat-ti aziendali sta puntando) si presta a questo tipo di inserimento dei giovani in azienda.È però importante che i ragazzi siano interessati, sviluppino una passione e un coinvolgimento per l’ambito considerato. Perché nasca in loro questo fascino, questo interesse è però necessario innan-zitutto che conoscano, che vengano adeguata-mente informati e formati sulle caratteristiche del settore, su che cosa sia il “mondo” della carne, delle tecniche di macellazione, dei tagli, delle tipo-logie di animali, della qualità e salubrità del prodot-to, del benessere animale ecc…In questa attività di preparazione e di sviluppo del-le conoscenze è importante che intervengano le scuole e gli ambiti di formazione”.In che cosa ritiene che il progetto sviluppato con In-Presa sia stato innovativo rispetto ad un semplice intervento didattico-formativo?“Il progetto con In-Presa ha avuto un carattere al-tamente innovativo. Agli allievi, infatti, per appren-dere ed approcciarsi al mondo delle carni non è stata solo proposta la visita aziendale e l’incontro con il servizio veterinario, passaggi certo necessari e preziosissimi per permettere l’acquisizione di in-formazioni utili, ma è stato anche chiesto loro di essere protagonisti. È stato anche chiesto loro di realizzare piatti a base di carne che potessero ri-spondere a specifici requisiti: -preparazioni tali da poter essere confezionate ed offerte alla grande distribuzione come prodotti di quarta o quinta gamma. -preparazioni tali da permettere all’acquirente del prodotto di poter disporre di un piatto già condito e finito di contorno, pronto ad essere rigenerato in forno o al microonde. Questa richiesta ha mosso la creatività e l’ingegno di ciascun allievo.In questo senso il progetto ha anche svolto un ruo-lo di educazione alla preparazione degli alimenti.Gli allievi, infatti, si sono posti un ulteriore obiettivo: quello di valorizzare tagli solitamente considerati meno nobili e che hanno un costo inferiore. Nella preparazione del prodotto sono stati utilizzati tagli di terza e quarta categoria (frattaglie, biancostato, fegato di manzo ecc…) che solitamente il consu-matore trascura perché non sa come cucinarli.In questo modo questo progetto ha anche propo-sto un nuovo approccio culturale alla situazione economica che stiamo vivendo: in un momento di crisi come questo, la sfida che ci si può proporre è quella di non rinunciare a qualcosa, ma di andare alla scoperta di quelle possibilità (alimentari e non) che disponibilità economiche maggiori ci hanno fat-to lasciare a margine”.

Ristorexpo è il salone dedicato ai professionisti della ristorazione, promosso ogni anno nel me-se di febbraio dalla Confcommercio di Como e Lecco. Uno degli eventi più attesi nell’ambito della manifestazione è il Concorso nazionale di cucina, denominato Boton d’Or, che si rivolge a giovani cuochi all’inizio della loro carriera. Gli studenti della quarta classe di aiuto cuo-co della Cooperativa Sociale In-Presa di Ca-rate Brianza, presentati dal loro docente e chef Gilberto Farina, hanno trionfato con un menù di pesce e uno di carne, vincendo la medaglia d’oro e la medaglia d’argento attribuite al menù completo. Sonia Beretta, Giulia Colombo, Antonio Vendit-ti e Luca Vitullo hanno costituito la squadra “FC - In Presa”, che ha vinto la medaglia d’oro, men-tre Filippo Cavalera, Federico Minunni, Ciro Se-quino e Luca Zanierato hanno vinto l’argento con la squadra “Magna e tas”.A Josef Romano sono andate le medaglie d’oro e d’argento per aver cucinato un secondo piat-to “gelatinato”: il giovane alunno di In-Presa ha così confermato i risultati di eccellenza che ave-va conseguito anche nelle precedenti edizioni. Per lo chef Gilberto Farina questo risultato è mo-tivo di grande soddisfazione professionale, che va ad aggiungersi ad altri importanti riconosci-menti: l’attribuzione nell’anno 2009 della valu-tazione di “Corona Radiosa” al ristorante La Pia-na di Carate Brianza, del quale egli è Chef-patron, e l’inserimento dello stesso ristorante nel-l’“Unione dei ristoranti del buon ricordo”, in quanto ritenuto professionalmente adeguato e culturalmente preparato ad essere ambasciato-re dei valori sostenuti dall’Unione stessa.

Società CooperativaSociale In-PresaVia Emilia Vergani, 1420841 Carate Brianza (MB)Tel. 0362.905.981E-mail: [email protected]

Per conoscere In-PresaLa newsletter bimestrale“L’Inpresa di vivere” I quaderni di In-PresaIl libro “Emilia e i suoi ragazzi”

Concorsi gli allievi di In-Presa al Boton D’Or

VII

La squadra vincitrice di In-Presa al Boton D’OR

VDG NUMERO 8_2.indd Sez1:VII 15/06/12 18.23

Page 10: Ursa Major Magazine Luglio 2012

La fiduciaé una cosa seria.

i suggerimenti di Ursa Major

Donatella RampadoA.R.C. Consultingwww.selfbrand.it

Ursa Major Magazineimpaginazione, redazione, content management: Viva Comunicazione - art director: Federico Gallinawww.vivacomunicazione.it - contatti: [email protected]

Con la prospettiva di un’estate ancora diffi-cile alle porte e un au-tunno incerto, biso-gna saper infondere fiducia ai propri colla-boratori e stimolarli, proprio perché la con-correnza è più solerte, a dare il meglio di “sé” con competenza e professionalità.

Per trasmettere fiducia i responsabili di un’azienda devono aver ben chiaro che tipo di sviluppo, inno-vazione e strategia intendono adottare per distin-guersi dalla concorrenza. Senza queste risposte di-venta molto difficile dare la “carica” al proprio staff... che continuerà a fare quello che ha sempre fatto con i risultati che si sono sempre ottenuti.La mancanza di gentilezza verso i clienti, la man-canza di entusiasmo da parte dei collaboratori spes-so deriva da una mancanza di rotta. Tagliare i costi spesso è controproducente, sopratutto se si taglia-no quei costi, per i quali l’attività era stata cono-sciuta e per le caratteristiche peculiari che l’avevano portata al successo. Per ottenere risultati differenti, bisogna esse-re disposti ad attuare azioni differenti.

A questo punto un executive dovrebbe porsi le seguenti domande:1. Sono capace di stupire i miei clienti?2. So motivare il mio personale all’eccellenza?3. Sono in grado di accorgermi in anticipo dei bi-

sogni e delle nuove esigenze dei miei clienti?4. So riconoscere, quando il momento di “stagno”

nel mio locale non è colpa del tempo?

Se anche ad una sola di queste domande avete ri-sposto “NO” significa che la consapevolezza è og-gettiva e significa che si è disposti a mettersi in gio-co. Chi non ha paraocchi è disposto a guardare e ad utilizzare magari anche un cannocchiale per ve-dere più in là del proprio naso.Una qualsiasi attività può fornire servizi di alta qualità, servizi a CINQUE STELLE e non spendere per questo un capitale.Un’azienda non può scendere in campo utilizzando la sola leva del prezzo a scapito della qualità, dei servizi e a volte della cortesia, deve al contrario la-vorare sul proprio Brand. Deve saper comunicare un valore aggiunto e differente dai concorrenti. So-lo il cliente ha il potere di dare o togliere riconosci-mento e fiducia ad un’azienda, e con internet, può

farlo a livello mondiale, basta pensare a trip advisor, per esempio. Il cliente può determinare il successo e la prosperità di un’azienda. La domanda sponta-nea è: “Si può influenzare il cliente?”Sì, basta non dire bugie. Nel mercato di “vacche magre” vince chi ha idee nuove ed è congruente. La credibilità di un’attività passa al vaglio dei clien-ti, non basta promettere che il servizio è d’eccellen-za e la qualità strepitosa se questo poi non risulta essere vero. Non si può scrivere su una pubblicità dettagli inesistenti e fuorvianti come ad esempio “Hotel fra i pini” e in realtà i pini risultano essere un albero e pur malandato. E alla domanda:” ma i pini dove sono?” ci si sente rispondere :” abbiamo fatto il parcheggio, e la brochure non è stata ag-giornata”. Le persone non sono più disposte a su-bire questi soprusi, tanto meno gli stranieri che su internet comunicano attraverso i blog e attraverso siti specializzati a difesa dei consumatori.

Vendere significa avverare i sogni dei clienti(Beau Toskich)

Come fornire quindi un servizio a cinque stelle senza indebitarsi? Eccovi alcune idee:

1. Decidere di essere cordiali2. Formare alla cordialità i propri collaboratori3. Formare in modo competente al servizio

d’eccellenza4. Ascoltare con attenzione i bisogni dei clienti5. Decidere di saper ascoltare6. Salutare in modo personale7. Prendere appunti delle richieste che vengo-

no fatte8. Rispondere entro le 48 ore alle richieste che

vengono fatte dai clienti9. Non accusare e non far sentire mai in difetto

un cliente10. Dire sempre grazie e prego11. Verificare sempre quotidianemente: qualità

prodotti, qualità servizio e qualità procedure12. Offrire eventi a tema stimolanti13. Fare quello che si promette14. Anticipare i bisogni dei clienti

VIII

VDG NUMERO 8_2.indd Sez1:VIII 15/06/12 18.23

Page 11: Ursa Major Magazine Luglio 2012

3

editoriale di Domenico [email protected] del gusto

È un vero piacere dei sensi, ripensare alle nostre nonne. A quello che sapientemente sapevano fare le loro mani.Ogni tanto bisogna farsi prendere da quei ricordi bellis-simi e straordinari, pieni di semplicità ed armonia.Quando la domenica era davvero domenica. Ed il suo pranzo, una vera liturgia: non si pranzava mai fino a quando non arrivava a tavola l’ultimo membro della famiglia.

Eccola, la vera essenza della semplicità: quella fatta di cose antiche, di movimenti lenti ma sagaci, di picco-le passioni, di tradizioni che affondano nella notte dei tempi, di gesti quasi elementari ma allo stesso tempo miracolosi. È questo il concetto di semplicità – declinato ai sapori perduti, alle ricette di una volta, al gusto che s’è perso, ai luoghi caduti nell’oblio, ma anche alla volontà di chi vuol ritrovare tutto questo – che abbiamo voluto rac-contarvi in questo numero.Il nostro è stato un viaggio sull’onda dell’emozione e dei ricordi, un lungo percorso che ci ha portato su e giù per lo Stivale, a riscoprire il “fagiolo zolfino” dell’Alta Val d’Arno e la salsiccia gialla emiliana, il cibo da strada toscano e le cagliate fresche sarde. A raccontare storie di arte e di passione come quella del pittore siciliano Rodo Santoro che attraverso i suoi dipinti riporta in vi-ta la “gastronomia morta” dell’isola o come quella di Umberto Montano che a Firenze ha riportato alla luce, nel suo ristorante, degli affreschi del Trecento offren-doli alla vista dei suoi clienti. Un viaggio che ci ha condotto anche lontano dalla nostra penisola, sulle coste dell’Istria e tra i paesi del-la Slovenia, in mezzo agli abitanti delle terre dell’Italia che fu e che – a differenza di noi italiani d’Italia – con-servano ancora intatte le tradizioni e i sapori della no-stra cucina antica. Ci siamo spinti fino a Malta, per parlare delle rarissime olive bianche – le “perline” maltesi – e riannodare fili secolari che ci uniscono, anche nel gusto così come in altre cose, a quel bacino del Mediterraneo che fu il “mare nostrum” dei Romani.

Alla fine di questa avvincente esplorazione delle no-stre radici, un pensiero, un quesito angoscioso, prima di ogni altro, ci è balenato in testa: quante cose me-ravigliose ci siamo persi per strada in nome del tanto decantato sviluppo e benessere? Tante, troppe, e tra queste anche la salute, come dimostra l’indagine che abbiamo voluto offrirvi sul rapporto tra l’industrializ-zazione dei cibi e l’insorgenza delle malattie legate alla cattiva alimentazione.

La conclusione che ne traiamo è dunque una ed una sola: bisogna tornare al passato! Questo che stiamo attraversando è esattamente il momento cruciale in cui i valori, quelli veri, di un tempo devono tornare al centro delle nostre vite e della nostra società. I valori dei nostri avi che vivevano forse meglio di noi, e con meno cose.Andando in giro per il nostro Paese, grazie a Dio ci sono ancora posti dove è possibile ritrovare quei valori e do-ve si possono rivivere quelle tante culture e quelle tante storie che fanno parte della nostra memoria.Godetevi dunque questo numero, pensando che la fe-licità ce l’abbiamo proprio sotto i nostri piedi.

PS. Abbiamo voluto dedicare, non a caso, diversi ser-vizi a quella terra bellissima che è l’Emilia, devastata purtroppo a fine maggio dal terribile sisma che ancora oggi fa sentire i suoi effetti. L’abbiamo fatto per rende-re omaggio, in questo momento di sofferenza, ai suoi straordinari e sfortunati abitanti e perchè quel territorio ricordi una volta di più che proprio dai suoi talenti e dal suo incommensurabile patrimonio enogastronomico e turistico, può e deve ripartire. Forza Emilia e buon viaggio a tutti!

Sapori perduti e tradizioni e valori da ritrovare

Page 12: Ursa Major Magazine Luglio 2012

T_U_COLOURS_VDG46x28,5.indd 1 14/05/12 12.42

Page 13: Ursa Major Magazine Luglio 2012

T_U_COLOURS_VDG46x28,5.indd 1 14/05/12 12.42

Page 14: Ursa Major Magazine Luglio 2012

6

panorama40 In ricordo di Luigi Veronelli

Omaggio, fuori dal coro, di Riccardo Lagorio al grande giornalista e al suo pensiero tradito

42 A cena col Sommo Poeta La storia del ristorante-museo di Firenze

dove è affrescato il vero (?) profilo di Dante

44 Il personaggio: Giuseppe Martelli Intervista al direttore di Assoenologi, da 30

anni vero “ambasciatore” del vino italiano 46 L’indagine: i cibi industriali Prodotti confezionati, cattiva alimentazione

e salute: ne parliamo con Marco Bianchi

50 Lo studio: Italiani ignoranti a tavola

cibo&territorio60 Cover story: cucina slovena

Nei Balcani che sanno ancora d’Italia per ritrovare tradizioni gastronomiche perdute

64 Cover story: sapori d’Istria Noi li abbiamo scordati, gli istriani no.

Sono i cibi del Belpaese di una volta

68 Il giardino delle erbe scomparse A Casola Valsenio per ritrovare ricette cadute

nell’oblio e svelare antichi segreti officinali

74 Il fagiolo Zolfino In Alta Val d’Arno non hanno mai smesso di

coltivare questo rarissimo e secolare legume

76 La salsiccia gialla di Modena Una specialità, scomparsa nell’800, che oggi

sta rinascendo grazie a chef e gastronomi

78 Il cibo da strada toscano Lampredotti, trippe, porchette e sanguinacci:

lo street food che a Firenze si mangia da secoli

82 Lo strolghino emiliano Rischiava di perdersi per sempre, questo tipico

salume della Bassa. Poi ci ha pensato Pongolini

84 La storia in cucina, l’orecchietta

contesa

88 L’olio, risorsa per il turismo?

90 Orto, il cavolo

92 Il buono a tavola, la Grecia

94 Chef italiani nel mondo

sommariosommario luglio 2012

14 Dall’Italia e dal mondo

18 Fatti e contraffatti I cibi non-cibi: Pink Slime e formaggio “analogo”

22 Scienza e vita

26 Almanacco di Barbanera

28 Appuntamenti

68 Casola Valsenio 54 cover story

46 l’indagine

54 Cover storyIl vecchio quaderno di ricette

della nonna e una guida gastronomica del 1931, ormai

ingiallita. Da queste tracce siamo partiti alla ricerca dei sapori perduti della cucina

italiana. Arrivando fino in Istria e Slovenia per cercare i piatti e

le tradizioni dell’Italia che fu.

Page 15: Ursa Major Magazine Luglio 2012

PRÊT-À-PORTER DONNA

BORSE E PELLETTERIA

FOULARD, SCIARPE E CRAVATTE

CALZATURE UOMO E DONNA

PROFUMI E FRAGRANZE

OCCHIALI SOLE E VISTA

VALIGERIA

OMBRELLI

CINTURE

HOME-TEXTILE

INTIMO UOMO E DONNA

CALZE UOMO

[email protected]

UFFICIO STILE Viale Caprilli 7 Milano

Tel. 02 683428 - 0299768699

Page 16: Ursa Major Magazine Luglio 2012

8

102 Malta 122 I piaceri di Bacco

110 Biarritz

inviaggio98 Siena, memorie dal sottosuolo Nel ventre della città del Palio, c’è un incredibile

mondo nascosto, fatto di cunicoli e di segreti

102 Malta, isola dei tesori ritrovatiMiti, suggestioni e “perle gastronomiche” della terra che fa da cuore al Mar Mediterraneo

106 L’Italia in mostra: OtrantoTour nella città più orientale di Puglia, tra storia, gusto e la grande pop-art di Andy Warhol

110 Biarritz, splendore sull’Atlantico Dai fasti della Belle Èpoque al beau vivre di

oggi, il mito della bella città francese continua

114 Città in 24 ore, Brindisi

116 Città in 24 ore, Palma di Maiorca

piaceri120 Le mani raccontano Antonietta Tummolo e i suoi occhiali

artigianali che stregano i divi del cinema

122 I piaceri di Bacco Nell’Alto Canavese, tra Piemonte e Val

d’Aosta, a scoprire la viticoltura “estrema”

124 Bellezza e benessere Silvio Levi: “così nasce un profumo”

126 Soste d’arte Rodo Santoro, pittore di gastronomia

128 Libri

130 Spettacoli

132 Trendy

134 Shopping

sommariosommario luglio 2012

142 Le selezioni

134

Page 17: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Scegli tra i vari modelli e componi il tuo personalissimo gioiello. Anelli in argento 925/000.Choose among the various models and create your own style. 925/000 silver rings.

“SILVERINGS”

*MADE WITH SWAROVSKI® ELEMENTS*MADE IN ITALY

In vendita nelle migliori gioiellerie e su www.zoppinishop.it - info: [email protected] - Tel.: 055-6499470

Page 18: Ursa Major Magazine Luglio 2012

AbruzzoMichele Caracino Gaetano Castaldi

BasilicataIsa GrassanoAngela Pino

CalabriaSalvatore ChiarellaLucia LipariAntonio RomeoRaffaele Romeo

CampaniaFerdinando Cappuccio Luisa Del SorboRosalia Imperato

Emilia-RomagnaLuca BomezzadriLuca Campana Marco Landucci Chiara MojanaGianpietro NagliatiGianluigi PaganoGiancarlo RoversiLuca Sardi Nerino TrentiniFruttuoso Zucchini

Friuli Venezia-GiuliaValentina ColucciaMarina Tagliaferri

LazioFrancesco Maria Bucarelli Domenico Bruno

Alessandro Mei Giovanni MeroneStefania Monaco Francesca Oliverio

LiguriaAlessandro Baffigi Barbara BacigalupoAnna Orlando

LombardiaCesare Assolari Roberto Bonsi Massimiliano Bruni Michele CortiLorenzo FotiFrancesca FredianiValentina GavariniRiccardo Lagorio Eugenio MeloniUmberto Mortelliti Aldo Pagnussat Giampaolo Perna Saro TrovatoMarcheMichela PallonariFerruccio SquarciaGiorgio Tassi

MoliseGiovanni ScapagniniIda Santilli

PiemonteFabio AlciniMonica CovielloSilvana Delfuoco Gian Nicolino Narducci

Roberto RabachinoMauro Rosta Sarah Scaparone

PugliaLucrezia ArgentieroBruno Micai Jolanda De Nola Nunzio Pacella Mariella Piscopo Sergio Siciliano

SardegnaRoberto Dall’Acqua Annalisa BernardiniLino ErriuGiuseppe Pulina

SiciliaCesare Aldesino Rosario RibbeneMarco Scapagnini

ToscanaElena ContiMarco Ghelfi Rosanna Ercole MelloneMarco ScatagliniAntonio Tartarelli

Trentino Alto-AdigeFrancesca Negri

UmbriaM. Pia Fanciulli

VenetoBenedetta Frare

collaboratori&ambasciatori

Direttore ResponsabileDomenico Marasco

Coordinatore editorialeFrancesco CondoluciTel. 02.89053269

EditingGilda Ciaruffoli

Grafica e impaginazioneDaniel AddaiCarlo Fontana

Foto EditorGiuseppe Magaretti

Foto: giglioLab Stampa: PuntoWeb Srl 00040 Ariccia (Roma)

Distribuzione ItaliaMessaggerie Periodici ME.PE. S.p.A. Via G. Carcano 3220141 Milano tel. 02895921fax 0289504932

Editore:Morgan Edizioni SrlVia Hoepli 320121 Milano

Per la vostra pubblicità: MORGAN MEDIA Srl Via Solari 12 - 20144 MilanoTel. 02 89053250 - fax 02 89053290 e-mail: [email protected]

Direttore commerciale: Ruggero Marasco

Prenotazione spazi e ricevimento impianti tel. 02 89053279 - [email protected]. Ci riserviamo il diritto di accettare solo la comunicazione pubblicitaria coerente con i contenuti e le immagini della testata.

Portale e-commerce: www.viedelgustostore.comResponsabile e-commerce: Yasmin ClientiTel. 0289053250 - [email protected]

L’editore ha ricercato con ogni mezzo i titolari dei diritti fotografici senza riuscire a reperirli. È ovviamente a piena disposizione per assolvere quanto dovuto nei loro confronti

AbbonamentiMorgan Edizioni SrlVia Hoepli 3 - 20121 MilanoTel. 02 89053279, fax 02 89053284Il Servizio abbonati è in funzione dal lunedì al venerdì dalle 10,00 alle 12,30. [email protected]’abbonamento può avere inizio in qualsiasi periodo dell’anno. L’eventuale cambio di indirizzo è gratuito. Informare il Servizio abbonati almeno 20 giorni prima del trasferimento, allegando l’etichetta con la quale arriva la rivista.GARANZIA DI RISERVATEZZA PER GLI ABBONATI L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli

abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione ai sensi dell’art. 7 del D. leg. 196/2003 scrivendo a:Morgan Edizioni SrlSede legale: via Hoepli 320121 Milano Redazione: viale Zara 2820124 Milano tel. 0289053250 fax 0289053290Registrazione Tribunaledi Milano n. 92 del 10/02/2011

Cerchiamo agenti e venditori di spazi pubblicitariViaggi del Gusto Magazine, AirOne Magazine e Ursa Major Magazine cercano persone di professionalità affermata, o da formare, nel settore della vendita di spazi pubblicitari e nel ruolo di agenti di commercio. L'area di lavoro è individuata nelle seguenti regioni: Lombardia, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Puglia, Calabria, Campania, Liguria, Valle d’Aosta. I candidati interessati sono invitati a spedire il proprio curriculum a [email protected]

Page 19: Ursa Major Magazine Luglio 2012
Page 20: Ursa Major Magazine Luglio 2012

contributors luglio 2012

CHIARA MOJANAMusica e gastronomia, le sue passioni. Già direttrice di "A Tavola" e "Cucina Gourmet," lavora per la Federazione Italiana Cuochi. Viaggia e colleziona strumenti musicali e ricette con erbe e fiori. Promuove una cucina naturale attraverso corsi e il blog www. iocucinonaturale.compag. 54

ROSALIA IMPERATONapoletana di origine ma romana di adozione. Scrive fin dalla tenera età, prima di arte e cultura, poi di moda. Ma capisce ben presto che paillettes e lustrini non fanno per lei e decide di dedicarsi alla sua vera passione: l'enogastronomia. Ora mangia, beve e racconta luoghi, persone ed eccellenze del gusto. Divertendosi un mondo, soprattutto. pag. 74

hanno collaborato a questo numero:

Lucrezia ArgentieroLuca CampanaMichele CaracinoOlga Carlini Gilda CiaruffoliSilvana Delfuoco Maria Pia FanciulliMarishel Fecchi Francesca FredianiIsa Grassano Riccardo Lagorio Lucia Lipari Stefania MonacoAngela PinoGiuseppe PulinaRoberto RabachinoRosario RibbeneAntonio RomeoGiancarlo RoversiIda SantilliSaro Trovato

ELENA CONTISenese ma di famiglia fiorentina in cui convivono pacificamente guelfi e ghibellini, e d’aspetto nordico. Con un pedigree del genere, non poteva che darsi alle lingue straniere. Giornalista per caso, prima tv, poi carta stampata e uffici stampa. Ha lavorato per anni con Carlo Verdone al Terra di Siena Film Festival. Ma quando ha scoperto il Cappero di Pantelleria, è passata con leggerezza dal cinema all’agroalimentare di qualità. pag. 78/98

GINO CELLETTIUmbro, ex manager farmaceutico, definito il “Talebano dell’olio”, è anche Capo Panel del Consiglio Oleicolo Internazionale. Nel suo libro “Monocultivar Olive Oil, l’olio perfetto” ha svelato le verità mai dette sull’olio. E ha perso qualche amico. Se volete sapere il perchè cliccate su www.monocultivaroliveoil.compag. 88

Page 21: Ursa Major Magazine Luglio 2012
Page 22: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Il G20 – il forum dei ministri delle finanze e dei governatori delle banche centrali dei paesi più indu-strializzati – tenutosi a metà giugno in Messico, si è chiuso con l’impegno dell’Europa a salvaguardare l’integrità e la stabilità della zona euro e, come ha spiegato il premier italiano Mario Monti, a «spezza-re il circolo vizioso tra i debiti sovrani e le banche», senza però dimenticare la priorità. I Grandi della Terra promettono infatti «un piano di azione per la crescita e la creazione di posti di lavoro». Pur nel rispetto degli equilibri di bilancio, ha rimarcato Monti, la ripresa passa anche per lo stimolo alla domanda perseguito attraverso investimenti pub-blici produttivi. I lavori del G20 si sono così conclusi con gli Stati Uniti soddisfatti per l’impegno preso dagli europei: come ha detto il presidente USA Barack Obama, «l’Europa va verso una maggiore integrazione, non verso un’implosione». Se anche l’austerity della cancelliera tedesca Angela Merkel non è stata «sconfessata», come ha tenuto a pre-cisare Monti, tra i partner europei è la posizione italiana quella che è spiccata. (fonte: AGI)

Il commentoA metà giugno, nel summit messicano, l’Europa dunque ha fatto “vedere i muscoli”, promettendo misure in tempi brevi per salvare l’Eurozona. Mentre scriviamo, si sta già preparando il piano per la crescita da presentare al Consiglio europeo di fine mese. Sul tavolo, il premier italiano Mario Monti ha già messo l’idea di ricorrere al Fondo Salvastati (ESFS) per acquistare i titoli di Stato. Scartata invece l’ipotesi di far acquistare il debito delle economie in difficoltà (Italia e Spagna) con un investimento da circa 750 miliardi di euro da parte dei due fondi di salvataggio europei. Sarebbe stato il modo più eloquente per lanciare un messaggio ai mercati finanziari sull’esistenza di un solido principio di solidarietà tra economie forti e deboli in seno all’Ue. Ma i leader europei, da quest’orecchio, quello della solidarietà, non vogliono sentire. Il caso-Grecia, del resto, è eloquente: il centro dell’Europa (leggi Germania) dopo aver scaricato per anni gli oneri della moneta unica sulla periferia (leggi Grecia) – basti pensare agli armamenti di produzione tedesca venduti ai governi ellenici “amici” di centrodestra – cosa ha pensato di fare? Di investire, attraverso le sue banche, sul debito di Atene! E quando in Grecia si è profilata l’ipotesi di un abbandono dell’Eurozona, i primi a farsi in quattro per scongiurare “la sciagura” sono stati proprio la Merkel e il suo governo. E non certo per spirito di solidarietà: per paura di veder svanire gli interessi accumulati dalle banche sul debito greco. Ma mentre i vertici stanno cercando di varare le misure di rilancio della zona euro, uno spettro comincia ad aleggiare sull’Europa: quello della prossima fine della moneta unica, considerata da più parti «la vera debolezza strutturale del Vecchio Continente». Lo ha detto al recente Festival dell’Economia di Trento, George Soros, il finanziere ungherese (ieri speculatore oggi filantropo) profondo conoscitore delle logiche finanziarie globali. Lo confermano ambiente bocconiani in Italia e la voce è rimbalzata, in via ufficiosa, anche dall’ultimo consesso del gruppo Bilderberg, il gotha della finanza, dell’industria e dell’economia che ogni anno si riunisce a New York per discutere sulle sorti del pianeta. E i tedeschi, di fronte a questa (vera o presunta) spada di Damocle, che fanno? Mentre la Merkel continua a proporre soluzioni di austerity, la loro zecca pare si stia preparando a ristampare i marchi. Per averne conferma, potete chiedere dalle parti di Berlino.

Uno spettro s’aggira per l’Europa: la fine della moneta unica

14

dall’Italia e dal mondo di Francesco condoluci - [email protected]

Page 23: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Shopping on-line: sardi e abruzzesi spendono per la tavola, i calabresi in high-tech I calabresi spendono per l’high-tech, i lombardi per i frullatori. A spendere per la tavola invece, sono soprattut-to sardi e abruzzesi. Regione che vai, consumi che trovi: a tracciare la nuova geografia italiana della spesa on-line, è eBay, la vetrina virtuale più grande in Italia, con oltre 8 milioni di visitatori al mese e 6.700 categorie merceolo-giche. Dal suo osservatorio, eBay ha delineato la map-pa dello shopping via web, evidenziando le peculiarità di ogni regione e scoprendo passioni a volte inaspettate. La Lombardia, prima regione in classifica per oggetti acqui-stati ed euro spesi on-line, mostra infatti la propensione ad affidarsi, per la casa, all’aiu-to di frullatori e lavastoviglie, mentre i laziali acquistano più quadri per la casa, tailleur e abiti da donna. Gli abitanti della Puglia vantano il pollice verde più spiccato, acquistan-do il 67% dei semi per fiori del paese. Che sia per il por-ceddu o per gli arrosticini, è un dato di fatto, infine, che i sardi e gli abruzzesi amino la convivialità: in Sardegna, più che in qualsiasi altra regione si acquistano i piatti, mentre in Abruzzo le posate.

Francia: Magnum e Danone aprono i loro negozi di proprietà Siete golosi di gelati Magnum e di yogurt Danone? Bene, se passate dalla Francia, adesso potete assaggiare i vostri prodotti preferiti direttamente nei “negozi di proprietà” delle due aziende. Magnum e Danone, hanno scelto infatti di “copiare” in Europa quello che Nespresso e Haagen-Dasz hanno fatto in America. Così come il caffè della Nestlè e la gelateria newyorkese hanno costruito, negli anni, le loro fortune commerciali basandosi sui piccoli punti di vendita distribuiti in tutti gli USA, adesso anche il marchio di punta del gruppo Unilever e l’azienda francese, hanno aperto dei negozi dedicati per incontrare i clienti in carne e ossa: una strategia di “brand awareness” (consolidare cioè la noto-rietà del marchio presso il pubblico) ma finalizzata soprattutto a invoglia-re i consumatori ad acquistare i loro prodotti anche negli ipermercati. La Magnum ha inaugurato il proprio caffè in rue du Roi de Sicilie, a Parigi, mentre la Danone, dopo aver aperto due anni fa sulle rive della Senna, da quest’anno punta su un bar itineran-te in 7 città francesi.

Italia: Carrefour e My Chef inaugurano la nuova era delle soste in autostradaUna grande piazza di quasi 3000 mq all’interno della quale si affacciano ristoranti, negozi e altri servizi e con, all’ingresso, persino l’ologramma (!) di un’hostess che accoglie i clienti e presenta loro la stazione di servizio a cominciare dall’offerta ristorativa. Scordatevi la vecchia area di servizio in autostrada: Carrefour (il gigante internazionale della Grande Distribuzione Organizzata) e My Chef (leader italiano nella ristorazione aero-portuale) hanno inaugurato la nuova era delle soste autostradali. Il prototipo di questo futuristico modello di area di servizio sulle strade italiane a lunga percorren-za, è stato aperto al km 3 della A14 Bologna-Taranto: si chiama stazione La Pioppa Ovest e al suo interno, oltre a un’ampia zona relax, ospita bar, ristoranti, un McDonald’s, un’area shopping con i marchi Carpisa e Yamamay e il punto vendita Carrefour Express che per la prima volta nella sua storia esce dai centri abitati e porta i suoi scaffali anche in autostrada.

Germania: wurstel, che passione!Qui lo mangiano anche nel gelatoEstate tempo di gelati, si sa. Una tradizio-ne golosa, oltre che un piacevole rimedio contro il caldo, rispetto alla quale non si sottraggono nemmeno i tedeschi. I quali, però, ai classici coni al cioccolato e pistac-chio, preferiscono gusti molto più “made in Germany”. Ovvero, manco a dirlo, il gelato al wurstel! Una specialità tutta teutonica che, ai puristi della gelateria, farà anche storcere il naso, ma che a Monaco e dintorni sta letteralmente spopolando. Il quotidiano Bild parla addirittura di una “nuova tenden-za” che reinterpreta, secondo i sapori della cucina tedesca, il dolce preferito dell’estate. E il gelataio bavarese Matthias Munz, che offre sia il gelato al gorgonzola che quel-lo al wurstel bianco, la tipica salsiccia di Monaco, spiega: «Il rapporto tra il gusto e il gelato è vario. In quello alla birra, il sapore è contenuto in quantità molto importanti, in quello al wurstel pochissimo, anche perchè altrimenti non sarebbe più un dolce».

15

news

Page 24: Ursa Major Magazine Luglio 2012

UE: adesso è più facile scambiare prodotti agroalimentari con il mercato USA Dal 1° luglio sarà più semplice far circolare i prodotti agro-alimentari sull’asse Usa-Ue. L’intensificarsi degli scambi tra operatori europei e mercato americano e viceversa (quasi 500 miliardi di euro solo nel 2011) ha suggerito infatti alle autorità doganali delle due aree, una semplificazione delle procedure relative a trasporti e logistica, finora rese farraginose dai controlli di sicurezza e dalle misure di contrasto alle frodi. Il 4 maggio scorso, le autorità doganali europee e statunitensi hanno siglato un accordo, per il reciproco riconoscimento dei program-mi di verifica e certificazione degli operatori commerciali e dei carichi, il cui obiettivo ultimo è favorire gli investimenti e le attività commerciali tra Usa e Ue. Grazie a quest’intesa, dal primo luglio le dogane Ue e Usa riconosceranno gli spedizionieri – circa 10.500 le imprese già qualificate,

di cui 500 europee e 10 mila americane – che sono stati certificati come affidabili e sicuri dalle une

o dalle altre autorità e che godranno pertanto di controlli più celeri e riduzione degli oneri amministrati-vi per sdoganare i carichi con desti-

nazione Stati Uniti o Europa. Dopo gli Usa, l’Ue vuole stipulare accordi analoghi anche con il suo secondo partner commerciale, la Cina.

Olio extravergine di qualità o da supermercato? Gli italiani non sanno distinguere Due italiani su 4 faticano a rico-noscere un olio extravergine di oliva “eccellente” da uno di “qualità media”. Eppure stiamo parlando del prodotto che forse meglio di ogni altro, identifica il vero Made in Italy! Ma tant’è: la cultura alimentare nel Belpaese si è pianificata verso il basso da anni e il recente test sulla conoscenza dell’extravergine da parte dei cittadini – condotto dal Cnr in accordo con Regione Toscana e provincia di Arezzo – non è che l’ennesima con-ferma. Semmai, la circostanza incredibile è che gli intervistati erano i partecipanti al mondo professionale che ruota intor-no alla filiera ovicola: dunque, un gruppo (in teoria, almeno) di “consumatori informati”. I quali però, al momento di degustare differenti oli d’oliva per esprimere una preferenza, hanno assegnato alle bottiglie di extravergine di alta qualità un voto pari a 6, mentre l’olio dei supermercati ha meritato 5. Inoltre, l’extravergine della Gdo e l’olio vergine sono stati giudi-cati “buoni” dal 40% del cam-pione, mentre il 20% circa ha scelto “indifferente”. La morale tratta dai promotori del test è: se su un pubblico di addetti ai lavori si registra questa difficol-tà, chissà cosa succede nelle case degli italiani?

Quanto di “made in Italy” c’è nei menù di McDonald’s? è polemica sugli spot Qualità italiana negli hamburger di McDonald’s? C’è poco da fidarsi. Almeno secondo il Fatto Alimentare, il portale web di sicurezza alimentare che non ha esitato ad attaccare il colosso americano del fast-food rispetto agli spot che reclamizzano i suoi McMenù come “prodotti di alta qualità tipici della nostra tradizione alimentare”. «L’operazione è iniziata con l’arri-vo di McItaly, il panino firmato dal Ministero delle politiche agricole e fore-stali – scrive la testata on-line – e si è trattato di un’incredibile operazione di marketing con tanto di foto dell’allora ministro Zaia con l’hamburger di McDonald’s. Il lavoro è proseguito con personaggi come lo chef Gualtiero Marchesi e il consorzio Qualivita. La strategia è sempre la stessa, proporre per 2 mesi un nuovo panino con una fettina di Parmigiano o di bresaola della Valtellina, oppure utilizzare un richiamo italiano di un marchio o di un prodotto di alta qualità e investire in pubblicità per enfatizzare l’evento». Secondo il Fatto Alimentare che chiede a McDonald’s «più trasparenza», in realtà la carne degli hamburger è italiana ma si tratta di carne di vacca scartata «perché troppo dura e legnosa», mentre il pollo fritto arriva dalla Francia e le patatine dall’Austria.

Vino, Antinori sul podio delle 50 cantine top nel mondo: ma è l’unica italianaLa rivista Drinks International ha presentato la classifica 2012 delle 50 aziende vinicole più conosciute del mondo. Per il secondo anno consecutivo, il primo posto spetta alla cilena Concha y Toro, il secondo alla spagnola Torres e al terzo, la toscana Antinori. Seguono Penfolds, Jacob’s Creek, Kendall-Jackson, Michel Chapoutier, Guigal, Vega Sicilia e Chateau Margaux. Secondo l’editor Holter Graham, la classifica «ha fornito uno spaccato dell’industria vinicola e i dei principali players del mondo: comprende marchi che si possono trovare nelle sale di rappresentanza di Shanghai così come nei negozietti del Minnesota e tutto ciò che esiste in mezzo a questi due estremi». Secondo il portale specializzato Wine News “la menzione di un’unica prestigiosa cantina italiana, lascia tuttavia qualche perplessità sui criteri di scelta: viste le impostazioni assai diverse, per qualità dei prodotti, impostazione commerciale, diffusione, notorietà e immagine dei 50 selezionati, forse almeno un’altra o due italiane, ci potevano stare”.

16

dall’Italia e dal mondo

Page 25: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Tecnologia e qualità al serviziodell’industria vinicola.

CAPPELLO SOMMERSOMACERATORE CARBONICO

CON SCARICO AUTOMATICOE FERMENTAZIONE CONTROLLATA

COSTRUZIONE MACCHINE ENOLOGICHE SERBATOI INOX

LAVORIAMO PER

www.fracchiolla.it - [email protected]

INDUSTRIE FRACCHIOLLA, DA SEMPRE SPECIALISTI IN QUALITÀ E SUCCESSO.

Le macchine enologiche Fracchiolla, famose per affidabilità, versatilità e eleganza, trovati innovativi e frutto di continua ricerca, esperienza e competenza, riscontrano sempre maggiore successo sia nei mercati storicamente più esigenti (come Italia, Francia,

Portogallo, Spagna e USA) sia quelli emergenti (realizzazioni di grandi impianti in Repubblica Ceca e Slovacchia, Romania e Marocco). Rotovinificatore, Gioiello, Tecnopress vengono utilizzate dalle più importanti Cantine leader nel mondo

Per Repubblica Ceca e Slovacchia, assistenza tecnica sul posto.

BREVETTOestrazione canaline dall'esterno per una rapida pulizia.

Page 26: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Dalla carne ricomposta ai

surrogati della mozzarella: le

ultime frontiere delle aberrazioni

alimentari contemporanee

arrivano dagli USA. Il rischio

si nasconde soprattutto nei cibi pronti. Pare

che, entro il 2014, l’UE interverrà per fare chiarezza: nel frattempo occhio

all’etichetta!

I cibi non-cibi: Pink Slime e “formaggio analogo”

Si chiama Pink Slime, che tradotto vuol dire “poltiglia rosa” ma che commercialmente si identifica come “carne ricomposta”. Ha un inventore, Eldon Roth e, per quanto riguarda l’utilizzo nell’alimentazione umana, anche una data di nascita: il 2001. Non re-centissima, direte voi. Concordo, ma solo ora è salita alla ribalta. Di cosa si tratta? È un prodotto industria-le a base di diverse qualità di carne, reso conservabi-le attraverso specifiche sostanze. In realtà la Pink Sli-me, o meglio LFTB – ovvero carne di manzo magra con struttura fine (suona appetitosa, non è vero?) – è stata pensata per le carni bovine, ma dopo lo scan-dalo della BSE (meglio noto come “mucca pazza”) non è stato più possibile utilizzare tale metodo con quel tipo di carne, metodo invece impiegato per tut-te le altre carni, in particolare per i volatili e il pesce. Come funziona? Si toglie, per esempio da un pollo, tutto quanto è vendibile, cioè petto, cosce e ali. Il re-sto, e cioè cartilagini, tendini, altri tessuti connettivi e persino la carcassa, viene triturato finemente, pas-sato attraverso filtri in modo da eliminare pezzetti di ossa qualora ce ne fossero, poi si toglie il grasso in eccedenza, si aggiungono infine carbonato di am-

di Marishel Fecchi

18

fatti e contraffatti

Page 27: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Pink Slime (in apertura e, sotto, una fase della lavorazione) e formaggio analogo non si acquistano al supermercato, ma ci vengono propinati in piatti pronti e pizze. L’etichetta però dovrebbe indicarlo

monio per rendere la poltiglia “durabile” e rosa, e spezie e aromi che le conferiscono il gusto desidera-to. Pink Slime può così andare sul mercato a un prez-zo naturalmente molto basso. Negli Stati Uniti il 70% della carne macinata contiene Pink Slime, compresa quella usata da McDonald’s e Burger King. E da noi? Beh, noi siamo il paese della buona cucina, parlare di certi argomenti sembra essere un tabù: si rischia un’accusa per lesa maestà. Ma le cose non sono poi così scontate. Tutto quanto è tritato od omogeneiz-zato (non mi riferisco agli omogeneizzati per bam-bini ma a wurstel, mortadelle, salami di pollo etc., ovvero tutto ciò che per essere prodotto subisce un processo di omogeneizzazione) può contenere Pink Slime. La poltiglia non è acquistabile al supermerca-to, ma è riservata all’industria: attenti quindi quando acquistate cannelloni ripieni, lasagne, ravioli, prodot-ti impanati, paté di carni e di pesce! Per difenderci, infatti, non ci resta che leggere le etichette sulle qua-li, qualora venga usata “l’ignobile poltiglia”, dovreb-be essere presente un’avviso. E qui è il caso di sotto-lineare il problema delle etichettature poco o nulla comprensibili ai non addetti ai lavori o difficilmente leggibili perché scritte con caratteri minuscoli: c’è solo da auspicare che il legislatore metta finalmente mano a questo problema. Per adesso, vale il vecchio detto “ciò che non fa morire, fa ingrassare”, ma so-prattutto – aggiungo io – ingrassa le tasche dei più furbi, i quali, ironia della sorte, non sono nemmeno condannabili. La Pink Slime infatti, fa schifo, ma è legale!

Nel limbo della gastronomia L’altro tema è il “formaggio analogo”. E già la defini-zione suona come un imbroglio. Ma se si prendono in considerazione le altre definizioni – formaggio sin-tetico, formaggio alternativo, imitazione del formag-gio – si va di male in peggio. Questo pseudo-formag-gio è un qualcosa la cui materia principale non è il latte; sicuramente il grasso, ma molto spesso anche le proteine del latte, vengono sostituiti da grassi e pro-teine vegetali. Anche per questa schifezza dobbiamo ringraziare gli Stati Uniti perché là è nata, centrifugan-do latte totalmente scremato, ovvero a cui è stata to-talmente tolta una parte nobile quale il burro, con sego – grasso bovino (e di bovini negli USA ce ne so-no tanti, mentre l’utilizzo del sego è limitato e il pro-dotto è quindi vendibile solo a prezzi molto bassi) – e poi cagliato normalmente. Questo primo formaggio sintetico si è evoluto, ed è oggi composto di acqua, oli vegetali come quello di palma, proteine di sintesi ricavate da batteri, amidi, e gli immancabili emulga-tori, aromi, coloranti, sale, intensificatori di sapore. Si mescola il grasso con le proteine in polvere e l’acqua, si aggiungono gli aromi del formaggio desiderato, si confeziona e si conserva in frigorifero. Da questa mas-sa, con i dovuti aromi, si ricavano imitazioni di formag-

La poltiglia rosa ottenuta dalla macinazione delle carni meno pregiate, con aggiunta di sostanze chimiche, negli Usa ha ormai quasi sostituito la carne vera

1919

Page 28: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Il toast della strega • Pancarré: la farina può essere allungata con gesso, può contenere mono e digliceridi degli acidi) grassi, solfato di rame, di zinco, allume, glicole etilenico (cancerogeno!).

• Formaggio: potrebbe essere il formaggio non formaggio, non è dato saperlo, né lo sa il gestore del bar che compra con il criterio della massimizzazione del guadagno, ma che comunque nella maggior parte dei casi non sa neppure che questi prodotti esistono. Di chi è la colpa? Non so, ma forse prima di concedere le licenze si dovrebbero istruire gli addetti ai lavori e si dovrebbe, tenuto conto della frequenza di utilizzo di questi nuovi prodotti, comunicarne loro l’esistenza.

• Prosciutto cotto: è il più consumato fra i salumi italiani. In Germania un prosciutto cotto su tre è una imitazione, prodotto non dalla coscia del maiale – come il nome lascia credere – ma da diversi pezzi di carne tenuti assieme da amido e gelatina. E da noi? È tutto ok o lo è solo perché non ci sono controlli? È chiaro che in un toast è impossibile riconoscerne la qualità, ma anche quando lo acquistiamo purtroppo non ne sappiamo di più. Ma c’è un indicatore: se un prosciutto cotto è “vero” le fibre muscolari vanno tutte in una direzione, cioè in quella della crescita; se è un falso vanno in tutte le direzioni.

Oltre a ciò il prosciutto cotto si divide in tre categorie:

Alta qualità: cosce di suino intere, materia prima scelta, lavorazione accurata, meno del 75% di umidità, senza proteine aggiunte, senza polifosfati. Le fette si staccano bene, si vede la struttura muscolare molto spesso circondata da uno strato di grasso. È come se fosse un prosciutto crudo a cui è stato tolto lo stinco poi disossato, pressato e cotto.

Scelto: cosce di suino intere, può contenere polifosfati o proteine di soia o di latte, meno del 78,5% di umidità. Le fette sono più appiccicose.

Cotto: aspetto lucido e gelatinoso, costituito da più pezzi di carne, contiene proteine estranee alla carne e l’81% di umidità. Come sottolineo sempre: l’acqua costa poco e pesa. Intrufolarla in ogni alimento è una fonte insperata di guadagno! Ora, se volete acquistare del cotto, vi auguro buona fortuna. Sono andata al banco di tre delle più grandi catene nazionali di supermercati, dove ci sono sostanziose differenze di prezzo ma non ci sono le diversificazioni. Non ho comprato il prosciutto perché nessuno mi ha spiegato la differenza di prezzo e un semplice “costa di più perché è migliore” non mi ha soddisfatta. Non solo, se la classificazione non è chiaramente dichiarata, come faccio io consumatore a valutare, per esempio, un’offerta? Vale quindi ancora una volta il motto: non si compra quello che non è chiaramente dichiarato!

Attenti a non trovare nella pizza il “formaggio senza formaggio”!

gi blasonati quali parmigiano, emmental, mozzarella, feta, camambert etc. Per questi surrogati non è nep-pure necessaria la stagionatura, vengono prodotti e utilizzati. Semplice e a buon mercato! Anche questo prodotto, come il Pink Slime, non lo si acquista al su-permercato, ma ci viene propinato dall’industria per esempio nei piatti pronti e nelle pizze (per amor del vero va detto che questo prodotto è apprezzato da vegani e intolleranti al lattosio). Attenzione: non è ob-bligatorio dichiarare in etichetta l’uso di formaggio non formaggio. Resta però salvaguardato l’obbligo di dichiarazione degli ingredienti. Non è permesso chia-marlo formaggio ma neanche formaggio artificiale o con nomi analoghi (potremmo creare il limbo dei pro-dotti alimentari, che ne dite? Sembra la legittimazione dell’assurdo: esiste un quid ma non lo si può denomi-nare. Chiamiamolo Mario!), sono permessi invece Piz-za Mix o Gastro Mix (nomi di fantasia che però iden-tificano una realtà: ogni produttore se ne inventa uno e lo mette sul mercato), con l’aggiunta di descrizioni del tipo “Condimento per Pizza a base del x% di gras-so vegetale” oppure “Preparato per gastronomia”. Ripeto: acquistando un trancio di pizza o mangiando una lasagna al bar dell’angolo – come chi lavora è co-stretto a fare – non sapremo mai cosa contengono perché riconoscere il formaggio analogo è estrema-mente difficile. Se si pensa infine a quanti prodotti fi-niti ingurgitano gli americani diventa anche chiaro il perché della loro stazza e delle loro patologie. Sembra comunque che la UE, entro il 2014 voglia intervenire per fare chiarezza. Attendiamo fiduciosi.

Negli Stati Uniti il 70% della carne macinata contiene Pink Slime

20

fatti e contraffatti

Page 29: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Iniziativa fi nanziata dal Programma di Sviluppo Rurale per il Veneto 2007-2013Organismo responsabile dell’informazione: Grana Padano e gli altri formaggi veneti di qualitàAutorità di gestione designata per l’esecuzione: Regione Veneto - Direzione Piani e Programmi Settore Primario

FEASR REGIONE DEL VENETO

Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale: l’Europa investe nelle zone rurali

campagna_12_230x285.indd 1 04/06/12 15.40

Page 30: Ursa Major Magazine Luglio 2012

La Fruhe: cagliata fresca di Sardegna

Le cagliate fresche sono uno dei prodotti lattiero caseari diffusi in tutta Italia. So-no ottenute dalla coagulazione acido-presamica di latte bovino, ma soprattutto caprino e ovino, e sono quasi sempre classificate quali prodotti locali e tipici. Fra queste, quella probabilmente più conosciuta è prodotta in Sardegna: la Fruhe (in-dicata localmente anche come Casu axedu, Casu agedu, Casu ascedu, Casu age-ru, Frughe, Vrughe), cagliata fresca ottenuta da latte intero di pecora o di capra, normalmente prodotta artigianalmente, utilizzando metodi dettati dalla tradizio-ne e dalle tecniche legate alla cultura casearia degli stessi pastori. Si tratta dell’uni-co formaggio fresco di latte di pecora o di capra della Sardegna iscritto nell’Elen-co dei Prodotti Tradizionali del Mipaaf, D.M.18/07/2000, ed è stato studiato dalla dottoressa Nicoletta Mangia, ricercatrice di microbiologia presso il dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari, alla quale ci rivolgiamo per saperne di più.

Se vi trovate nell’isola dei 4 mori e volete gustare una fettina di tradizione poco nota, fatevi servire questo raro prodotto caseario

da latte di pecora o capra, da mangiare fresca per piatti estivi o spalmata sul pane.

Ma anche stagionata, più piccante e saporita. Prodotta artigianalmente, vanta

caratteristiche probiotiche e nutrizionali di tutto rispetto che ne fanno un ottimo

alimento dieto-terapeutico

22

scienza e vita di Giuseppe pulina

professore di Zootecnia speciale all’università di sassari

Page 31: Ursa Major Magazine Luglio 2012

La Fruhe: cagliata fresca di Sardegna

Questa tipica cagliata fresca è normalmente prodotta in modo artigianale utilizzando metodi dettati dalla tradizione e dalle tecniche legate alla cultura casearia degli stessi pastori

Che caratteristiche ha questo formaggio? La Fruhe è ottenuta dalla coagulazione acido-presamica del latte addizionato di caglio tipica-mente di capretto o agnello. La coagulazione si considera terminata quando un velo di siero si separa dal coagulo. Il coagulo viene tagliato a fette che sono lasciate inacidire nel siero. Per-tanto, la Fruhe si presenta in forma di paralle-lepipedi non perfettamente regolari (6-10 cm di lato) di peso molto variabile (200-300 gr) di con-sistenza tenera e colore bianco; il sapore è dolce e leggermente acidulo nel prodotto fresco, aro-matico e con un’acidità più pronunciata in quel-lo più maturo. L’aroma richiama quello del latte di provenienza.

Essendo un prodotto fresco, si presume ab-bia un’importante carica di microorganismi a effetto probiotico…Certamente. Al pari dei latti fermentati, il mi-crobiota della Fruhe è abbastanza variegato, composto da diverse specie di fermenti lattici che nel prodotto qualitativamente migliore rag-giungono una concentrazione di un miliardo di cellule per grammo assicurandone la qualità nu-trizionale e la sicurezza. Fra questi ricordiamo il Lactococcus lactis subsp lactis, lo Streptococcus thermophilus, il Lactobacillus helveticus, il Lacto-bacillus delbrueckii subsp lactis e il Lactobacillus plantarum, quest’ultimo particolarmente inte-ressante perché potenzialmente probiotico.

E sotto il profilo chimico-nutrizionale?La Fruhe, in generale, presenta una composizio-ne che è fortemente condizionata dalle caratte-ristiche del latte di origine: nel prodotto fresco il contenuto d’acqua è di circa 80-85%, le pro-teine e il grasso sono mediamente pari a 8-10 e 5-7%, rispettivamente. È importante conside-rare che nel prodotto è presente il lattosio, seb-bene a concentrazioni che in genere non sono

La Fruhe si presenta in forma

di parallelepipedi non perfettamente regolari

(6-10 cm di lato) di peso molto variabile (200-300

gr) di consistenza tenera e colore

bianco

superiori al 2%. Tale composizione è da consi-derare complessivamente equilibrata sia sotto il profilo organolettico che sotto quello nutrizio-nale: il valore energetico è in genere compreso fra 175 e 220 kcal/100g ed è ricco in aminoaci-di essenziali, molti dei quali disponibili in forma libera. In particolare, il formaggio Fruhe caprino ha un elevato contenuto in fenilalanina, isoleu-cina e valina, per gli amminoacidi essenziali, e in acido glutammico, glicina, alanina, tirosina, istidina, prolina e l’acido y-amminobutirrico (le-gato alla presenza del Lactobacillus plantarum,

È un formaggio estivo, consumabile alla pari dello yogurt

o dei latticinifreschi

2323

Page 32: Ursa Major Magazine Luglio 2012

La Fruhe l’unico formaggio fresco di latte di pecora o di capra della Sardegna iscritto nell’Elenco dei Prodotti Tradizionali del Mipaaf

microrganismo mesofilo potenzialmente pro-biotico, per quanto riguarda quelli non es-senziali (ma ugualmente importantissimo per la nutrizione umana). Inoltre, la presenza di quantità importanti di aminoacidi essenziali e di acidi grassi liberi a corta catena e polinsatu-ri fanno della Fruhe un ottimo alimento dieto-terapeutico.

Come si consuma questo prodotto?Sebbene la Fruhe fosse un formaggio stagio-nale prodotto prevalentemente nella stessa azienda di allevamento, da diversi anni ope-rano caseifici che la producono e la confe-zionano per la distribuzione commerciale in vaschetta sigillata. Questo fa in modo che il prodotto, che viene normalmente consumato fresco, sia attualmente disponibile nel mercato con continuità. Il consumo di questa pietanza è particolarmente gradito per la preparazio-ne di piatti freddi serviti unitamente a pani tradizionali biscottati (Pane Carasau o Pistoc-cu). Infine, quando la Fruhe non è consumata

fresca, è possibile farla stagionare lasciandola inizialmente asciugare e, dopo un passaggio in salamoia concentrata, può essere conser-vata come gli altri formaggi per molti mesi. Il prodotto stagionato ha consistenza completa-mente diversa dal fresco e un sapore molto più marcato e piccante. La Fruhe stagionata vie-ne comunemente impiegata per il condimen-to di minestre o per i ripieni di pasta fresca. Da quanto esposto dalla dottoressa Mangia, la Fruhe può essere considerato un formag-gio dell’estate, consumabile alla pari dello yo-ghurt o dei formaggi freschi spalmabili, ma con caratteristiche probiotiche e nutrizionali, oltreché aromatiche, del tutto speciali. L’unico accorgimento è quello di consumarlo fresco entro 24-48 ore dalla produzione, magari con un goccio di limone o con il miele, perché è un prodotto deperibile da tenere rigorosamente in frigorifero. Tuttavia, chi gradisse sapori più aciduli e consistenza maggiore del coagulo, deve lasciare riposare questo formaggio nel suo siero per un periodo di 5-7 giorni.

Le cagliate fresche sono

uno dei prodotti lattiero caseari diffusi in Italia.

Ottenute principalmente

dalla coagulazione di latte caprino e ovino, sono quasi sempre

classificate come prodotti

locali tipici

24

scienza e vita

Page 33: Ursa Major Magazine Luglio 2012
Page 34: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Da ricordareDomenica 11 luglio San Benedetto da Norcia, patrono d’Europa“San Benedetto la rondine sotto il tetto” dice il proverbio. Ma San Benedetto non apre più le porte alla primavera. L’amato Santo che si festeggiava il 21 marzo, si celebra oggi l’11 luglio. Il cambio di data risale al 1964, quando papa Paolo VI lo proclamò patrono d’Europa. Ma la sua festa cadeva a luglio già nell’VIII secolo, a ricordo della traslazione delle reliquie all’Abbazia di Fleury nel 660. Nato a Norcia, ebbe una gemella, Santa Scolastica e fondò l’ordine benedettino. Morì a Cassino il 21 marzo del 547.

Venerdì 20 luglio Inizio del RamadanQuest’anno, 1433 del calendario islamico, il Ramadan inizierà il 20 luglio per finire il 18 agosto. Si tratta della ben nota ricorrenza musulmana che coincide con il nono mese dell’anno della durata di 29 o 30 giorni. È questo il periodo in cui si osserva il digiuno dall’alba al tramonto. Solo dopo il calare del sole è permesso mangiare, bere, fumare e avere rapporti sessuali. La parola Ramadan significa “mese caldo” e sono i giorni in cui si ricorda la discesa della rivelazione su Maometto a opera dell’arcangelo Gabriele.

È luglio: mese dell’abbondanza, dell’estate cocente, della luce che abbaglia, dell’orto che ci regala generosamente i frutti di un lungo lavoro. Il giardino invaso di fiori e profumi è un invito a prendersi una pausa di relax. Ma senza dimenticare tutte le attenzioni che il caldo estivo chiama a gran voce

Il Soleil 1° sorge alle 05.28 e tramonta alle 20.39 l’11 sorge alle 05.35 e tramonta alle 20.36 il 21 sorge alle alle 05.43 e tramonta alle 20.29

Il 1° luglio si hanno 15 ore e 11 minuti di luce solare, mentre il 31 luglio se ne hanno 14 ore e 26 minuti: si perdono, dall’inizio alla fine del mese, 45 minuti di luce.

La LunaIl 1° tramonta alle 03.00 e sorge alle 18.23L’11 sorge alle 00.04 e tramonta alle 13.51 Il 21 sorge alle 08.09 e tramonta alle 21.28

È al Perigeo il 1° alle ore 20 e il 29 alle ore 10. È all’Apogeo il 13 alle ore 19.

Luna in viaggioSi tratti di vacanza o lavoro, i giorni favoriti dalla luna per gli spostamenti sono:5, 6, 10, 11, 15, 16.

Sole e luna

Tempo di solleone

26

almanacco di barbanera di M. Pia Fanciulli

Page 35: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Saggezza popolare

Orti e dintorni È il momento di proteggere le piante dai roventi raggi

del sole utilizzando grandi foglie o leggeri cannicciati. Per sapere invece quando annaffiare le piante in vaso,

battere il contenitore con le nocche delle dita: se il suono è chiaro vuol dire che la terra è secca. In Luna calante (dal

4 al 18) seminare a dimora all’aperto prezzemolo, ravanelli, bietola da costa, finocchio precoce. Cimare

anguria e meloni per favorirne l’ingrossamento dei frutti. Asportare il germoglio apicale sui pomodori. Raccogliere

agli e patate. Se si ama fare marmellate, conserve e verdure sott’olio, durano più a lungo se preparate in

questa fase. In giardino raccogliere i fiori di lavanda per conservarli. Potare le rose rampicanti rifiorenti.

Annaffiare tutte le piante in abbondanza. In Luna crescente (dal 20 al 31) seminare a dimora all’aperto

l’agretto. Trapiantare cavolo, indivia riccia, lattuga, sedano. Raccogliere fagioli, fagiolini e zucchine. Nel

frutteto sono pronte albicocche, amarene, ciliegie, mirtilli, lamponi, pere, pesche e susine.

Avere una pelle dorata è il sogno di molti. E il cibo può esse-re un valido aiuto, purché si rispettino tre fattori: molta idra-tazione, alimenti ricchi di betacarotene, quelli di colore aran-cione, che stimola il colore ambrato, ma anche con componenti anti-ossidanti per proteggere la pelle. Via libera quindi ai cibi crudi, in particolare frutta e verdura, ricchi di ac-qua e minerali che idratano la pelle. Per difenderla dall’ag-gressione dei radicali liberi, ottimi invece i cibi con vitamina C come i kiwi, le fragole e i peperoni che, oltretutto, stimo-lano la produzione di collagene importante per mantenere elastica la cute. Molto utili anche gli alimenti ricchi di vitami-na E come gli oli vegetali, il mais e i germogli di soia. Le insa-latone miste con frutta, verdura e noci sono un ottimo allea-to per l’abbronzatura. Per eliminare i segni dello stress dal viso, invece, applicare la sera o la mattina, con un dischetto imbevuto di acqua, 2 gocce di olio essenziale di lavanda per calmarsi, di rosmarino per tonificarsi, di incenso per riequili-brarsi. Alleggerire la zona delle tempie con movimenti circo-lari e distendere le occhiaie picchiettandole con i polpastrelli. Poi appoggiare il mento al centro dei palmi e percorrere la li-nea della mandibola, fino alle orecchie. Quindi rilassare gli occhi pizzicando le sopracciglia dal centro verso le tempie.

01

02

03

04

05

06

07

08

09

10

11

12

13

14

15

16

17

18

19

20

21

22

23

24

25

26

29

28

30

31

domenica

domenica

lunedì

lunedì

martedì

martedì

mercoledì

giovedì

venerdì

sabato

domenica

lunedì

giovedì

martedì

venerdì

mercoledì

sabato

27

domenica

lunedì

lunedì

Belli e sani

martedì

martedì

mercoledì

mercoledì

giovedì

giovedì

sabato

venerdì

domenica

luna piena luna nuova

ultimo quartoprimo quarto

• Quando a luglio il caldo monta, la burrasca è presto pronta.• Per la Santa Maddalena (22 luglio), pomodori e cipolle per cena.• Di luglio il temporale dura poco e non fa male.• Se a luglio la formica fa più dell’usato, l’inverno sarà freddo e anticipato.• Giugno, luglio e agosto, né acqua, né donna, né mosto.• Se in Leone (23 luglio) il sole va, lascia il tempo come sta.

• Di luglio è ricca la terra e povero il mare.• Luglio poltrone porta la zucca col melone.• Per San Giacomo (25 luglio) e Sant’Anna (26 luglio) entra l’anima nella castagna.• Se non ardon luglio e agosto, dentro il tino poco mosto.• Di luglio l’amore è ladro.

Saggezza popolare sabato

venerdì

27

Page 36: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Domenica

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

1

2

3

4

5

6

7

8

appuntamentiluglio

28

di Gilda Ciaruffoli

Trentino-Alto Adige Qui è sempre cArnevAle! Carri allegorici, sfilate in costume, coriandoli, stelle filanti e spettacoli all’aria aperta. La Festa dei Piccoli Frutti trasforma il borgo di Pergine nella capitale del divertimento. Le strade e le piazze del centro storico sono invase da artisti, performance teatrali e musicali. Ad allietare ulteriormente le ore trascorse ad ammirare gli spettacoli degli artisti di strada ci saranno anche fragole, more, lamponi, ribes, mirtilli, fragoline e ciliegie tardive protagonisti di gustose degustazioni e divertenti laboratori creativi.6-7 luglio, Pergine Valsugana (Tn) - Info: www.perginefestival.it

marche Azzurro come il mAreAlici, sarde, sgombri, ricciole, tonni & Co. sono, per il terzo anno consecutivo, i protagonisti di Anghiò (“alice” nel dialetto sambenedettese), il Festival del Pesce Azzurro. In programma mostre, laboratori didattici e piatti tipici della tradizione da gustare freschi, grazie alla presenza di chef di prim’ordine che li cucinano al momento. Scopo della manifestazione promuovere la conoscenza di questo pesce, un tempo considerato povero, oggi rivalutato dal punto di vista nutritivo e protagonista di piatti di pregio. 5-8 luglio, San Benedetto del Tronto (Ap)Info: www.anghio.it

Lombardia Chef “arrabbiati” e tatuatiPelle all’arrabbiata è il titolo della terza edizione di Le Grand Fooding Milano, anticonformista manifesta-zione gourmand dedicata quest’anno alla nuova ge-nerazione di chef rock’n roll. Un cast giovane e tatua-to, che si discosta dai rigidi schemi della gastronomia per reinterpretare la cucina che l’ha cresciuto: la Stre-et Food. L’evento si svolge presso la Segheria di Via Meda 24, uno spazio che ben si presta ad assumere un look “street”, grazie anche alla musica dei dj più amati dai milanesi. Parte dei ricavati del biglietto, in vendita online, andrà in beneficenza a CAF onlus. 4-5 luglio, Milano Info: www.legrandfooding.com

toscana un saLto neL passatoLa XXII edizione della Festa Medievale torna a il-luminare il centro storico di Monteriggioni, splen-dido borgo a nord della città di Siena. Decine di eventi scaldanoo il cuore della città fortificata tra performance dal vivo, musica, danza, teatro e antichi sapori. In particolare, la buona cucina to-scana è al centro di un grande parco tematico; per l’occasione inoltre i ristoranti propongono, a prezzi abbordabili, i sapori e gli odori del Me-dioevo anche a tavola. Previsti banchetti d’epo-ca, taverne all’aperto e un mercato con prodotti dell’artigianato locale. 6-8 e 13-15 luglio, Monteriggioni (Si)Info: www.monteriggionimedievale.it

Page 37: Ursa Major Magazine Luglio 2012
Page 38: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

9

10

11

12

13

14

15

appuntamentiluglio

30

Toscana TuTTi fuori, “all’aia” aperTaSono 14 le aziende agricole e agrituristiche del Chianti che, a rotazione, aprono le porte nell’ambito del progetto A veglia sulla Aie di Montespertoli, offrendo un bicchiere di

vino e un assaggio di ottimi prodotti di filiera, organizzando degustazioni, laboratori sui mestieri agricoli, passeggiate e grigliate sull’aia. Accolto con lo spirito di quando, tra i poderi vicini, si andava a veglia per stare in compagnia giocando a carte, mangiando qualcosa, raccontandosi storie, il visitatore può accedere gratuitamente alle aie e degustare vino e specialità locali a prezzi irrisori. Un esempio? Dall’11 al 17 luglio Le Fonti a San Giorgio (Via Colle San Lorenzo, 16) offre tutti i giorni degustazioni, merende, bocciodromo e molti eventi speciali su prenotazione.fino all’11 settembre - Info: www.comune.montespertoli.fi.it

Veneto Una festa internazionale Padova ospita il 39° raduno internazionale del folklore, un’occasione unica per scoprire le tra-dizioni, i costumi e i canti delle terre di tutta Eu-ropa. L’Europeade del Folklore è una manifesta-zione itinerante unica nel suo genere, un raduno in cui migliaia di persone si ritrovano per ballare e cantare le tradizioni della propria terra in un’at-mosfera magica di amicizia tra i popoli. Quest’an-no sono previsti gruppi da Spagna, Francia, Sco-zia, Germania, Grecia, Polonia, Russia.11-16 luglio, PadovaInfo: www.europeade.eu

Piemonte formaggi statUariTorna l’appuntamento con la Mostra Regionale della Toma di Lanzo e dei Formaggi d’Alpeg-gio. Due weekend dedicati al gusto con un unico grande protagonista: la toma, regina del-la valle, accompagnata dal salame di Turgia, dalla migliore selezione di prodotti caseari e altre eccellenze italiane. Tante le novità per l’edizio-ne 2012, a partire dalla più curiosa: il Concorso Nazionale di Scultura su Toma! Cuore della manifestazione infine, e come sempre, la Mostra Mercato con 100 produttori prove-nienti da diverse regioni italiane. 13-15 luglio, Usseglio (To)Info: www.sagradellatoma.it

BasilicataDa un Diverso punTo Di visTa Per chi desiderasse vedere la Basilicata da una nuova prospettiva. Per chi ama il brivido dell’avventura ed è sempre alla ricerca di una nuova attività all’insegna dell’adrenalina. Il Volo dell’Angelo è un appuntamento da non perdere. Tra luglio e agosto, sulle Dolomiti Lucane, nel cuore della Basilicata, un cavo d’acciaio viene sospeso tra le vette di due paesi, Castelmezzano e Pietrapertosa, e permette di provare un’esperienza unica: volare a una velocità di 120 chilometri all’ora e a un’altezza di 400 metri. Ovviamente in tutta sicurezza! I costi? 35 euro nei giorni feriali, 40 euro le domeniche e i festivi.fino al 16 settembreInfo: www.volodellangelo.com

Page 39: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Nutri la tua salute

www.mangiarsanogerminal.it

Una scelta di stile che si sposa felicemente con l’attenzione che da sempre poniamo a partire dalle materie prime per produrre ogni giorno una gamma completa di prodotti in totale armonia con la nostra salute e quella dell’ambiente in cui viviamo.

La nuova identità dei prodotti Germinal Bio dal design moderno e accattivante nasce per esaltare le caratteristiche di naturalità, genuinità e benessere dei nostri prodotti.

Page 40: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Domenica

16

17

18

19

20

21

22

appuntamentiluglio

32

Sardegna Un omaggio al mare Promuovere la cultura della sostenibilità: queste le parole d’ordine del Posidonia Festival, appuntamento con l’arte e la natura che deve il suo nome alla Posidonia oceanica, pianta marina che è uno degli elementi fondamentali per gli ecosistemi del Mediterraneo. Il programma prevede concerti, spettacoli, performance di circo ecologico, proiezioni di documentari a tematica ambientale, laboratori di riciclaggio artistico, conferenze, tavole rotonde e un’EcoFiera. Il Festival quest’anno riserva un’attenzione particolare alla pesca sostenibile. Foto: kenna-ecodiving.20-22 luglio, Carloforte (CI) - Info: www.posidoniafestival.com

Piemonte Una PaSSeggiata regaleBarolo Night è l’appuntamento dedicato al re dei vini delle Langhe. In luoghi singolari, aperti ai partecipanti per l’occasione, i migliori chef dei ristoranti lamorresi, e uno chef straniero, presentano piatti esclusivi abbinati a tre grandi annate di Barolo di La Morra. La cena itinerante inizia in Piazza Castello per spostarsi all’interno della Cantina Comunale, dove viene servito l’aperitivo in abbinamento a ottimi Champagne, e proseguire in giro per la città fino al dessert. La cena prenotazione è più che consigliata.21 luglio, La Morra (Cn)Info: www.barolonight.com

Sicilia NaturalmeNte ciNemaIl Filmfestival sul Paesaggio si pone l’obiettivo di rafforzare la tutela del territorio come bene culturale collettivo valorizzandone il patrimonio grazie a un programma composto da un mix equilibrato di cinema, letteratura, musica e natura. Immancabili le escursioni paesaggistiche in alta quota Parole e Musica in Natura che offrono l’occasione di scoprire l’anima delle Madonie, ciò che la natura ha plasmato, tessuto e costruito, giorno dopo giorno, lungo il corso dei millenni, fino ai nostri giorni. 21-29 luglio, località varie (Pa) - Info: www.fondazioneborgese.it

trentino-alto adige BaNchettare ad alta quotaCëif da zacan è il banchetto storico gardenese con pietanze che hanno una tradizione ultracentena-ria. In occasione della manifestazione, molti i risto-ranti di Ortisei che preparano deliziose specialità locali, ed è previsto inoltre un luogo corteo folclo-ristico in costume tipico che proietti i turisti nella giusta atmosfera. Se capitate da queste parti però non perdete, durante tutto il mese, le serate di de-gustazione di eccellenti vini accompagnati da gu-stose specialità fingerfood organizzate all’interno delle cabine dell’ovovia Mont Sëuc.22 luglio, località varie – Val Gardena (Bz)Info: www.valgardena.it

Page 41: Ursa Major Magazine Luglio 2012

WWW.TENUTAPOLVARO.COM VIA POLVARO 35 • 30020 ANNONE VENETO • VE • ITALY

Candoni De Zan family

Italian tradition since 1681

Page 42: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Vene rdì

Sabato

Domenica

Lunedì

martedì

23

24

25

26

27

28

29

30

31

appuntamentiluglio

34

Veneto Un insolito campo estiVoPromuovere il territorio, far incontrare mondi diversi, conoscere grandi personaggi della cultura: con questi propositi torna Vacanze dell’Anima, il campus estivo nelle terre della Marca Trevigiana e della Pedemontana Veneta. Tema della manifestazione quest’anno “La transizione: opportunità per l’uomo e l’impresa”, declinato nelle sue molteplici sfaccettature. In programma nel pomeriggio il Laboratorio del Gusto dedicato al recupero delle antiche ricette della tradizione popolare veneta, proposto da Slow Food. E ancora visite guidate ed escursioni nei luoghi più inconsueti dei colli asolani, della Valcavasia e del Montello. 24-29 luglio, località varie Info: www.vacanzedellanima.it

Piemonte Musica Per il PalatoJazz Around The Clock è una rassegna dove musica, arte e tradizioni gastronomiche e culturali s’intrecciano indissolubilmente. Teatro dell’evento sono le vie citta-dine, in particolare l’area che circonda la storica Torre Civica di Aymone di Challant (“the Clock”) dove si alternano musicisti e punti di interesse mangereccio. L’occasione è infatti buona per degustare i prodotti della tradizione locale, come la Toma di Lanzo, i Torcetti – dolci a base di pasta di pane, passati nello zucchero o nel miele – e… i grissini! Inventati proprio da un Lanze-se, in collaborazione con il fornaio di Casa Savoia.28 luglio, Lanzo TorineseInfo: www.jazzaroundtheclock.net

sicilia

inVito a corteDegustazioni gratuite di prodotti enogastronomici, mostre mercato di artigianato, visite guidate ai musei e alle chiese, il tutto avvolto da un’atmosfera medievale con musici, giocolieri, tenzone dei cavalieri templari, sonetti, madrigali e investitura dei cavalieri... Partecipare Alla Corte di Federico significa davvero fare un tuffo nel passato! A sfilare il Corteo storico di Santa Lucia del Mela composto da circa 100 figuranti, storicamente legato alla figura del sovrano Federico II di Svevia.28-29 luglio, Santa Lucia Del Mela (Me)Info: www.corteostoricoantichetorri.it

toscanaDivertirsi coMe una volta Al suo esordio, Arezzo Giochi e Sapori è una manifestazione che coinvolge alcuni comuni delle vallate aretine, i quattro quartieri cittadini, le comunità straniere e chiunque desideri parteci-parvi ed essere protagonista delle competizioni che mettono in scena gli antichi giochi della

tradizione toscana, ma non solo. Un grande mercato dei sapori fa infatti da cornice alle esibizioni e offre ottimo ci-bo assieme al ristorante allestito per l’occasione, grazie al quale assaporare le eccellenze del territorio: la vera bi-stecca Chinina, la nana in forno, le ta-gliatelle al sugo, la minestra di pane… tutti realizzati con le primizie locali.27-29 luglio, ArezzoInfo: www.turismo.provincia.arezzo.itFoto: Fotoclub La Chimera - Arezzo

Page 43: Ursa Major Magazine Luglio 2012
Page 44: Ursa Major Magazine Luglio 2012

appuntamenti in breve

1 Festa MedioevaleGastronomia e spettacoli trasportano in un affascinante mondo oramai lontano secoli.1 luglio, Brisighella (Ra) – Emilia-Romagnawww.festemedioevali.org

2 Il volo dell’angeloRievocazione dell’Annunciazione che culmina con il celebre volo dell’angelo.1 e 2 luglio, Vastogirardi (Is) – MoliseInfo: www.comune.vastogirardi.is.it

3 Sagra dei sapori del sudOgni sera si gustano i piatti tipici del meridione d’Italia e delle isole.1-7 luglio, Carcare (Sv) – Liguria Info: www.comune.carcare.sv.it

4 Sagra della pappardella finocchietana La buona cucina di una volta in festa: pasta fatti a mano e carni alla griglia.1-10 luglio, Stroncone (Tr) – Umbria Info: www.sagrapappardella.net

5 Festa della bruna Festa che si conclude con lo straccio del carro trionfale di cartapesta. 2 luglio, Matera – BasilicataInfo: www.festadellabruna.it

6 Notte RosaDurante la serata più lunga della riviera romagnola si festeggia anche l’antepri-

36

ma de Il Gelato nel Piatto (in programma dal 24-29 luglio) con sfiziose proposte. 6 luglio, località varie – Emilia-Romagnawww.lanotterosa.it www.ilgelatonelpiatto.it

7 Plodar Runde Percorso a tappe con degustazione di prodotti tipici.6-8 luglio, Sappada (Bl) – Veneto Info: www.sappadadolomiti.com

8 Festival della collina Danze e musiche folkloristiche dal mondo.6-8 luglio, Cori (Lt) – Lazio Info: www.festivaldellacollina.it

9 Exposition du Jambon de BossesFesta consacrata al jambon Dop, tipico prosciutto crudo stagionato negli al-peggi di montagna. 6-8 luglio a Bosses (Ao) – Valle d’AostaInfo: www.lovevda.it

10 Festa del prosciuttoSagra del celebre prodotto locale crudo, dolce e affumicato con legno di faggio aromatizzato con ginepro ed erbe.7-8 luglio, Sauris (Ud)Info: www.sauris.org

13

4

6

7

8

9

1011

12

13

1416

17

18

19

22

Page 45: Ursa Major Magazine Luglio 2012

37

13 Cagliari in rossoCinque giorni dedicati al tango argenti-no tra le vie del quartiere Castello.11-15 luglio, Cagliari - SardegnaInfo: www.sardegnasud.it

14 Ala città di vellutoAttori e musicisti in abiti del ’700. Degu-stazione di vini e pietanze del passato.13-15 luglio, Ala (Tn) Trentino-Alto AdigeInfo: www.cittadivelluto.it

15 Strade in cantoRassegna di gruppi folk “da strada” nel centro storico.13-15 luglio, Giulianova (Te) – AbruzzoInfo: www.coralebraga.it

16 Feta a l’AnoOccasione per degustare numerosi piat-ti a base d’asino e di assistere al tradizio-nale palio.13-15 luglio, Ollomont (Ao) Valle d’Aosta Info: www.lovevda.it

17 Festa dei rioniGiochi e gare per accaparrarsi il gallo nero del Chianti. Degustazioni e spettacoli.13-15 luglio, Gaiole in Chianti (Si) ToscanaInfo: www.comune.gaiole.si.it

18 Sagra del Tartufo neroProfumo di tartufo estivo per le vie del bel borgo. 14-15 Luglio, Montegrimano (Pu) – Marche Info: www.montegrimano-terme.it

19 Stragusto Festa del cibo da strada del Mediterraneo. 20-22 luglio, Trapani – SiciliaInfo: www.stragusto.it

20 Naskers Festival degli artisti di strada.20-22 luglio, Naso (Me) - SiciliaInfo: www.naskers.it

21 Festa te la UliataSagra che celebra la tipica puccia con le olive nere.20-22, luglio Caprarica (Le) – PugliaInfo: www.comune.caprarica.le.it

22 A lezione di voloTanti e sorprendenti gli appuntamenti con il volo simulato a Volandia, Parco e Museo del Volo, per esperti e principianti (over 12).dal 21 luglio, Somma Lombardo (Va) Info: www.volandia.it

23 Sagra del Mascuotto Protagonista dell’evento è il Mascuotto, pane di grano tostato preparato dai ma-stri fornai braciglianesi.27-31 luglio, Bracigliano (Sa) – CampaniaInfo: www.sagramascuotto.it

11 Arti e sapori della ValcellinaArtigiani e produttori di tipicità in mostra. 8 luglio, Claut (Pn) – Friuli-Venezia Giulia Info: www.comune.claut.pn.it

12 Festival della cucina di Langa e RoeroAppuntamento che valorizza l’importante patrimonio di chef stellati che caratterizza il territorio. Consigliata prenotazione.8 luglio, Alba (Cn) – PiemonteInfo: www.gowinet.it

2

5

15

20

2123

Page 46: Ursa Major Magazine Luglio 2012
Page 47: Ursa Major Magazine Luglio 2012

39

40 In ricordo di Luigi VeronelliOmaggio, fuori dal coro, di Riccardo Lagorio al grande giornalista e al suo pensiero tradito

42 A cena col Sommo PoetaLa storia del ristorante-museo di Firenze dove è affrescato il vero (?) profilo di Dante

44 Il personaggio: Giuseppe MartelliIntervista al direttore di Assoenologi, da 30 anni vero “ambasciatore” del vino italiano 46L’indagine: i cibi industrialiProdotti confezionati, cattiva alimentazione e salute: ne parliamo con Marco Bianchi

da pag. 50RubricheLo studio

Panorama

46

Page 48: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Veronelli, un ricordo fuori dal coro

solo dietro tornaconto personale. Io sono orgo-glioso di potere affermare che non ho e non ho mai avuto editori che mi hanno spinto a scrive-re di questo o quel produttore o ristoratore, o di altro ancora, dietro sponsorizzazione. Per que-sto il mio rispetto nei confronti dei miei editori è massimo. Ed il loro nei miei è altrettanto alto. La mia sfida è rivolta a coloro che si inebriano nel definirsi figli legittimi del pensiero veronel-liano e poi sono costretti a parlare dei soliti noti. Pecunia olet. Almeno in questo caso dovrebbe-ro rendersi conto che il denaro puzza, benché serva a tutti, soprattutto nei momenti di crisi economica. E invece li trovi a descrivere i soliti vini, i soliti prodotti alimentari di medie aziende che sono le prime a sganciare qualche soldino per un posto sulla rivista o sul giornale, patinato o meno. Le Denominazioni Comunali. Sul suo

A 8 anni dalla scomparsa del grande giornalista e cantore della genuinità, Riccardo Lagorio ne omaggia la memoria non lesinando polemiche contro chi ha tradito il suo pensiero

Siamo alle solite: il cartellone di primedon-ne che celebra Luigi Veronelli è sempre lo stesso, con poche varianti. Tutti pronti a com-memorare, glorificare, officiare salmi nei con-fronti del vero o presunto maestro. Maestro. Un termine che egli avrebbe rimandato al mittente senza pensarci un attimo. Maestro. Una parola che Veronelli non avrebbe mai accettato. A qua-si otto anni dalla sua scomparsa si moltiplica il numero di coloro che gli sono… devoti. Mi ri-cordo che qualcuno, tra i numerosi blog che im-perversano sulla rete, non celava, qualche setti-mana fa, il fastidio di sentire il rumoreggiare di allievi veri o presunti tali. Per quanto mi riguarda credo che davvero pochi appartengano alla pri-ma categoria. Non so se io sono tra quelli, ma se c’è qualcuno che non ha mai tradito il pensiero veronelliano che ho contribuito in maniera fon-damentale a realizzare negli ultimi anni della vi-ta del grande giornalista, io non temo confronti. Fu la Denominazione Comunale il progetto a cui Veronelli dedicò l’ultima parte della sua vita. Quando ci conoscemmo ci univa l’amore e il ri-spetto nei confronti di Lucia. Era il nome di una delle sue figlie ma anche, mutatis mutandis, del-la mia insostituibile compagna d’allora. Oggi c’è chi celebra il pensiero di Veronelli tra passato e futuro. Il presente? Il presente se lo tengono per sé: è fatto delle marchette di chi scrive di vino, pasta, olio, conserve, pane e finanche ristoranti

foto

: Gia

nni C

amoc

ardi

40

storie dall’Italia che merita

Page 49: Ursa Major Magazine Luglio 2012

41

Corrierone, Veronelli, luglio 2002, mi definì “Il mio primo missionario”. Fui io, il mese precedente dello stesso anno, a realizzare quel suo sogno che le stesse amministrazioni comunali hanno poi tradito, ba-nalizzandole con la consueta faciloneria, cercando nelle DE.CO. una via di propaganda gratuita che strumenti solo lontanamente paragonabili (tra cui i fantomatici slofudiani Presidi) avrebbero richie-sto una spesa di parecchie migliaia di euro. Mi fa davvero specie vedere che, tra tutti i Soloni pronti a celebrare Luigi Veronelli, un numero consistente appartenga a coloro i quali sono più attenti alla can-tina pronta a essere osannata con il giudizio sulle fantastiche guide che non al pensiero che il giorna-lista lombardo ha voluto lasciare: quello della uni-cità dei luoghi di produzione, della irripetibilità dei prodotti che nascono in un’area precisa, del saper fare legato da secoli a determinate pratiche manua-li. Pronto a essere svilito il messaggio veronelliano sull’industria, sulla replicabilità dei prodotti di cul-tura materiale, sulle marchette che molti sanno fa-re magari elegantemente, senza però portare a un effettivo miglioramento del bene comune. “Ho la-vorato, con Riccardo Lagorio, per il successo delle Denominazione Comunali. Non passa giorno che Comuni d’ogni luogo d’Italia aderiscano con nuo-ve delibere. L’Italia ne avrà, finalmente, benessere e serenità” scriveva nel maggio 2004 Luigi Veronelli. A casa Veronelli si consumavano pasti frugali ma in-tellettualmente onesti. Spesso pasta al pomodoro e semplici bistecche di manzo al burro, cucinate dalle uniche persone a cui Luigi Veronelli dava del Lei: i suoi domestici. Qualche anno dopo la sua scompar-sa riuscii a fare intitolare, in Comune di Vigolzone, Piacenza, l’unica via ancora oggi esistente dedicata a questo grande uomo. Senza tamburi e marc(h)ette, ne ebbe gratificazione l’Amministrazione comuna-le di allora. Io non ebbi un benché minimo ricono-scimento (un grazie sarebbe stato più che sufficien-te da parte di chi di dovere). Sotto il profilo tecnico invece, la critica veronelliana ai prodotti e ai luo-ghi ebbe in Francesco Arrigoni il suo interprete più maturo e qualificato. Anche Francesco ora è tra gli dei e, insieme a Luigi Veronelli, sta sicuramente dis-sertando su quei misconosciuti artefici dei migliori

prodotti italiani che sfuggono alle guide sem-plicemente perché non sono in grado di farsi conoscere tramite gli strumenti promozionali usuali (tra cui, vale la pena ricordare, una pic-cola inserzione a pagamento sulle riviste di ri-ferimento o un bel regalo natalizio). Lassù li sta raggiungendo il profumo dell’ottimo vino di Leonardo Gallino in Cisterna d’Asti, dei mac-cheroncini di Campofilone di Catia Marilun-go, degli insaccati di Antonio D’Aguì di Palizzi, dell’approccio colto e contadino alla terra per ottenerne formaggio di Arturo Maffeis in Ce-vo, di Nunzio Marcelli in Anversa degli Abruz-zi e di Giorgio Bonati in Basilicanova. Quanti dei Soloni pronti a declamare Luigi Veronelli sarebbero pronti a esaltare le doti di costoro al di là del buono, del pulito, magari anche del giusto, eppure gratuitamente? Certo: neppure li conoscono: ma sono direttori di riviste pati-nate e strapagate. L’insegnamento che a me ha lasciato Luigi Veronelli è quello di investigare il territorio, non certo ricevere campioni da die-tro la scrivania…

Riccardo Lagorio

“Sono in tanti a celebrare il pensiero di Veronelli tra passato e futuro. Il presente però lo tengono per sé, scrivendo di vino, olio, pasta e conserve per puro tornaconto personale”

In apertura un bel ritratto di Luigi Veronelli. In questa pagina lo stesso Veronelli con Riccardo Lagorio (primo da destra) e un gruppo di produttori di vini e formaggi

Page 50: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Quello che vi stiamo per svelare è il mistero del profilo di Dante. Ricordate l’iconografia classica del sommo poeta: naso adunco e sguardo severo. Ebbene le cose non stavano proprio così. E lo si è sco-perto, in anni non troppo lontani, grazie ai lavori di restauro di quelli che oggi sono i magnifici interni del ristorante Alle Murate, a Firenze. A Umberto Mon-tano, proprietario del prestigioso ristorante, abbiamo chiesto di raccontarci la storia di questa scoperta: «ne-gli spazi di Via Proconsolo, prima del nostro ingresso, nel 2004, si trovava il vecchio magazzino di una fa-miglia che gestiva una merceria da oltre un secolo. È stato quasi per caso che sono inciampato in queste pareti affrescate, che si sono mantenute integre dalla seconda metà del 400 a oggi». Sembra una storia in-credibile, ma alla base di questa scoperta ci sono ra-gioni storiche precise. Ci spiega Montano: «ci trovia-mo in uno dei palazzi più importanti della storia del medioevo dopo Palazzo Vecchio e il Bargello, sede ai tempi dell’Arte dei Giudici e Notai. Da qui anche il nome della via: il Proconsolo, capo di tutte le arti e corporazioni fiorentine, veniva infatti eletto proprio tra i membri di questa Arte. Con i Medici però il cen-tro politico della città si spostò nei nuovi palazzi del potere di Piazza della Signoria e gli ormai passati sim-boli della democrazia repubblicana vennero dismes-si. Così avvenne per questo splendido palazzo, so-pravvissuto ai margini della storia fino a oggi». Sono

A cena col Sommo PoetaA Firenze, in un palazzo storico del centro, Umberto Montano ci apre le porte del suo Alle Murate, ristorante-museo dove memorie artistiche e prelibatezze culinarie creano un’alchimia dal fascino senza pari

di Gilda Ciaruffoli

42

storie dall’Italia che merita

Page 51: Ursa Major Magazine Luglio 2012

43

sopravvissute così anche le sue pareti e i loro di-pinti, tra i quali l’ormai celebre lunetta decorativa con rappresentata l’effige dei grandi poeti del tem-po voluta nel 300 da Coluccio Salutati. Quin-di Petrarca, Boccaccio e, ovviamente, Dante. Un Dante molto diverso da quello entrato ormai nell’immagi-nario collettivo, il cui profilo è stato però fissato molto dopo la sua morte, nel 500, e derivato da sug-gestioni letterarie. «Il ritratto di via Proconsolo è stato realizzato da un contemporaneo del Poeta ed è la rappresentazione più antica di quel volto “malinconico e pensoso” che Boc-caccio descrisse tanto bene», prosegue Mon-tano. Niente naso adunco e un’insolita espressione dolce quella che è possibile ammirare visitando il ristorante-museo Alle Murate. «Io sono un risto-ratore appassionato d’arte – ci spiega il proprieta-rio – e questa per me è l’espressione di due pas-sioni straordinarie. Ma anche una bella responsabilità: siamo custodi di un patrimonio che appartiene a tutti gli italiani». Le stanze del museo sono visitabili con audioguide o, più spesso, in compagnia degli stessi gestori del ristorante. Ma che tipo di cucina può confrontarsi con tanta bel-lezza artistica? «Noi proponiamo piatti tipici ita-liani basati sulla massima qualità della materia pri-ma, che manipoliamo pochissimo: niente fritto e niente carbone nel nostro menù!». In cucina Gio-vanna Iorio e la sua passione per le zuppe, punto fermi di una proposta stagionale che cambia al mutare dei prodotti freschi disponibili.

Radici da innaffiare Ma com’è arrivato Umberto Montano ad aprire questo

splendido museo-ristorante? «Io sono di origine lucana e mi sono trasferito a Firenze nel 1981, non con le borse di cartone…

con i sacchetti di plastica, tanto non avevo niente! C’era da poco stato il terremoto in Irpinia e i segni che aveva lasciato erano profondi. Fi-

renze mi ha accolto: è una città che riconosce il merito, che dà una possibilità». E per, come dice lui, “innaffiare” le proprie radici, proprio in Basilicata Montano sta portando avanti una serie di progetti per la salvaguardia della tradizione alimenta-re. Con la locale Camera Commercio sta seguendo il progetto Ricette a Memoria, legato alla dieta Mediterranea e volto a valorizzare la cucina di Matera (entrambi, la “dieta” e la città, patrimonio Unesco dell’Umanità), che vede coinvolti i ragazzi delle scuole medie. A loro è stato affidato il compito di documentare le ricette della pro-pria famiglia trasmesse unicamente per via orale. «I risultati sono stati commoventi – ci dice Montano – e i ragazzi hanno scoperto una nuova passione per la cucina.

È proprio vero, come dice Tullio Grego-ry, membro del comitato scientifico del concorso, che se vogliamo dare nuovo vigore alle tradizioni dobbiamo partire dai giovani!». Montano sta seguendo inoltre un progetto con Unioncame-re per la creazione di un Archivio della Memoria nazionale, composto di video documenti che hanno come prota-goniste le massaie, «vere cultrici della cucina tradizionale italiana» secondo Montano, riprese all’opera in cucina.

Il volto di Dante? Niente naso adunco e

un’insolita espressione dolce. È possibile

ammirarlo visitando il ristorante-museo

Alle Murate

In alto, il profilo di Dante Alighieri, sotto quello di Umberto Montano

43

Page 52: Ursa Major Magazine Luglio 2012

zione enologi enotecnici italiani, ossia l’organizza-zione di categoria che nel nostro paese raggruppa e rappresenta oltre il 90% dei tecnici vitivinicoli at-tivamente impegnati nel settore, e che, fondata nel 1891, è la più antica entità di categoria al mondo del settore vitivinicolo». Si presenta così Giuseppe Martelli, da 34 anni direttore Generale di Assoeno-logi. Sposato con Laura Vettorazzi, altoatesina, inse-gnante di tedesco, dalla quale ha avuto una figlia An-na, bocconiana, assistente marketing della divisione vini della Campari, Martelli risiede dalla nascita a Galliate in provincia di Novara e – ci racconta – si di-vide tra «Milano, dove si trova la sede centrale di As-soenologi, Roma, dove al Ministero delle politiche agricole sono Presidente del Comitato nazionale vi-ni, e Parigi, dove per nove anni sono stato segretario generale, per tre vice presidente e per sei presidente dell’Union Internationale des Oenologues. Attual-mente sono presidente onorario».

Tanti incarichi, tante responsabilità…Come direttore generale di Assoenologi ho la re-sponsabilità della categoria e delle sue diciassette sedi periferiche, delle attività di aggiornamento e di difesa, di quelle di rappresentanza a livello na-zionale e internazionale. Essendo giornalista so-no anche autore di oltre 900 note tecniche e di informazione, e relatore in numerosi simposi e congressi sia in Italia che all’estero, dove, solo ne-gli ultimi anni, ho tenuto conferenze istituzionali sul vino italiano a Pechino, Shangai, Hong Kong, Nuova Delhi, Bombey, New York, Montreal, To-ronto, Città del Messico, oltre che ovviamente in tutti i principali Paesi dell’Unione Europea.

Riconoscimenti pubblici?Quelli che mi stanno più a cuore sono quelli ri-cevuti nella mia Italia. Oscar Luigi Scalfaro nel 1996 mi ha conferito l’onorificenza di Commen-datore e nel 2004 Carlo Azeglio Ciampi quella di Grande Ufficiale al merito della Repubblica Ita-liana. All’estero il più importante è quello ricevu-to dal Ministro dell’agricoltura della Repubblica Francese, Bruno Le Maire, che recentemente mi ha conferito l’onorificenza di Cavaliere all’ordine del merito agricolo della Repubblica Francese.

«Ho 62 anni, sono enologo e biologo e durante il periodo universitario ho lavorato alle Tenu-te Sella & Mosca di Alghero. Nel 1974 ho avuto la cattedra di scienze all’Istituto di viticoltura e di enologia di Conegliano e nel contempo ho opera-to presso l’Istituto sperimentale per la viticoltura e l’enologia del Ministero dell’Agricoltura. Ho con-tinuato a insegnare scienze fino alla fine del 1978, quando sono stato chiamato a dirigere l’Associa-di Roberto Rabachino

ilpersonaggiodelmese

Un curriculum da standing ovation e una vita sempre in viaggio per tutelare chi, come lui, della passione vinicola

ha fatto un mestiere. Il direttore di Assoenologi si racconta e ci dice la sua sul rapporto tra qualità e innovazione in cantina

e sull’importanza di una giusta cultura del bere

Giuseppe Martelli L'ambasciatore dell'Italia del vino

44

Page 53: Ursa Major Magazine Luglio 2012

45

Ma chi è l’enologo secondo Giuseppe Martelli?L’enologo è il professionista che, dalla pro-duzione dell’uva alla sua trasformazione in vino, fino all’imbottigliamento e alla com-mercializzazione, decide ogni operazione al fine di ottenere il massimo della qualità, sia pure nelle diverse fasce e livelli di produ-zione. Non a caso il 40% degli enologi italia-ni svolge l’attività come direttore in cantine sociali e private, il 10% è libero professioni-sta, mentre la rimanente percentuale è in-serita con mansioni diverse. Una responsa-bilità non da poco per la nostra economia, visto che il vino è la prima voce delle no-stre vendite agroalimentari all’estero con percentuali che in certi paesi, come Stati Uniti d’America, Giappone e Canada, sfio-rano il 40% di tutto l’agroalimentare italia-no. L’enologo ha fondamentalmente con-tribuito all’affermazione del vino italiano nel mondo, armonizzando sinergicamente tradizione e innovazione, innovando strut-ture e tecniche di produzione. È il profes-sionista che ha saputo intercettare i gusti dei consumatori di nuovi mercati, che ha caparbiamente lavorato per far diventare il vino da semplice bevanda a genere volut-tuario, portandolo a livelli fino a pochi an-ni fa insperati.

Tradizione o innovazione?È inutile negarlo, anche i più scettici si so-no convinti che la tradizione da sola non risolve i problemi, non migliora la qualità e che il vino, come qualsiasi altro prodotto agroalimentare, senza tecnologia solo ca-sualmente può essere di qualità.

I dati statistici dicono di un pericoloso in-cremento di consumo di alcol tra gli ado-lescenti. La sua opinione?I dati statistici sul consumo di alcol in Ita-lia non deve essere l’ennesima occasione per demonizzare il vino, che viene errone-amente considerato elemento ancor più

pericoloso se accostato ai giovani. A un’at-tenta lettura dei dati dell’Istituto di rileva-zione statistica si nota però che si è ridotto il numero di giovani che consuma quotidia-namente vino e di quelli che bevono solo vino e birra. Diversamente è aumentata la porzione di adolescenti che consuma coc-ktail e bevande alcoliche diverse dal vino. Ricordo che dagli anni ’70 a oggi i consu-mi interni di vino sono scesi dai 120 litri pro capite agli attuali 43 e l’Italia figura ne-gli ultimi posti in Europa nel rapporto tra alcol e incidenti stradali. Ogni abuso è da condannare ma non possiamo fare a meno di rilevare che siamo di fronte a una esage-razione mediatica che sta inculcando nei consumatori l’idea che il vino sia la causa di tutti gli incidenti stradali, senza mai far differenza tra vino e “intrugli” che vengono bevuti solo per sballare. Quasi che il consu-mo di una buona bottiglia durante il pasto sia un crimine e non un piacere. Tutti par-lano delle “stragi del sabato sera”, ma nes-suno dice che in realtà i giovani nei locali non bevono vino ma altro.

Nel 1996 Martelli ha ricevuto da Oscar Luigi Scalfaro l’onorificenza di Commendatore, e nel 2004 Carlo Azeglio Ciampi gli ha conferito quella di Grande Ufficiale al merito della Repubblica Italiana

"Anche i più scettici si sono convinti che la tradizione da sola

non risolve i problemi, e che

il vino, come qualsiasi altro prodotto

agroalimentare, senza tecnologia solo

casualmente può essere di qualità"

Page 54: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Per secoli, gli africani hanno mangiato solo cereali e gli asiatici riso e soia. E in quei territori, di malattie cronico-degenerative non si è mai nemmeno sentito parlare. In Occidente invece, negli ultimi 50 anni, all’ampliamento della varietà di prodotti offerti dalla Grande Distribuzione è corrisposto un aumento delle patologie come tumori, infarti, diabeti, ipertensione e obesità. È davvero questo il prezzo da pagare? Lo abbiamo chiesto al ricercatore Marco Bianchi, che ha stilato per noi una black list degli alimentidi Francesco Condoluci

Cibi industriali: l’abbondanza si paga in salute?

46

l'indagine

Page 55: Ursa Major Magazine Luglio 2012

47

grado il suo “sviluppo” e la grande disponibilità di mezzi e di danaro, non ha saputo tutelare la salute. Al contrario, ha fatto di tutto per affossar-la, sostituendo gradualmente – nel campo delle produzioni alimentari – il concetto di “semplici-tà” con quelli della varietà e dell’abbondanza, in nome di logiche industriali e di profitto. Ma per offrire sempre più varietà e abbondanza e poter competere sul mercato a prezzi concorrenziali, è stato necessario abbattere i costi, facendo en-trare massicciamente la chimica nei laboratori, a tutto discapito della qualità e della genuinità. Il resto è storia nota. I cibi industriali si sono diffusi su larghissima scala, portando con sé tutto il loro

I dati parlano chiaro: negli ultimi decenni, l’abuso di cibi troppo elaborati e ricchi di gras-si ha raddoppiato l’incidenza delle neoplasie nelle cause di mortalità in tutto il mondo oc-cidentale e nei Paesi in via di sviluppo. E non solo: il “benessere” (inteso, in questo caso, come aumento della capacità di spesa media e quindi di quantità di cibo pro capite) ha fatto crescere espo-nenzialmente anche altre patologie come proble-mi cardiovascolari, infarti, diabete, ipertensione e obesità. Eppure gli essere umani, nel corso di tutta la storia della civiltà, per vivere, si sono sempre ci-bati. Ma le cosiddette “malattie cronico-degenera-tive di lunga genesi” hanno cominciato a colpire il genere umano in maniera sempre più sistematica solo nel corso del ’900: il secolo che, guarda caso, è coinciso con l’industrializzazione e la diffusio-ne sociale del “benessere”. Che ci sia, insomma, un nesso logico e diretto tra il consumo sempre più ampio di “prodotti industriali” e il diffondersi di malattie legate alla cattiva alimentazione e agli stili di vita, è praticamente inconfutabile.

Nel carrello: più scelta ma meno tutele per la salutePer cercare di analizzare questo rapporto di causa-effetto, occorre ripensare a come sia mutata l’of-ferta industriale di generi alimentari. Negli ultimi 50 anni, ad esempio, i banchi e gli scaffali delle botteghe e dei supermercati si sono allargati a di-smisura. Da un limitato numero di referenze a disposizione dei consumatori negli anni 50-60 (quando nacquero i primi ipermercati) si è pas-sati, nel volgere di mezzo secolo, a poter scegliere tra una gamma gigantesca di prodotti. Ma l’in-cremento della varietà di cibi da acquistare non vuol dire maggiore possibilità di praticare la buo-na alimentazione. Anzi. La storia ci insegna che molte popolazioni sono sopravvissute per secoli, mangiando soltanto pochissime pietanze sane e complete. In Asia, per centinaia di anni, si sono nutriti, ad esempio, di riso e soia, nel Sudameri-ca di manioca, in Africa di legumi e cereali: e in questi territori, non vi è stata pressoché traccia di diabete e colesterolo. L’Occidente invece, mal-

Negli ultimi 50 anni gli scaffali dei supermercati si sono allargati a dismisura. Ma per offrire sempre più varietà e abbondanza, e competere sul mercato, è stato necessario abbattere i costi, facendo entrare massicciamente la chimica nei laboratori, a tutto discapito di qualità e genuinità

Page 56: Ursa Major Magazine Luglio 2012

carico di grassi, soprattutto di origine animale, e di zuccheri, lasciando per strada, per converso, fibre, vitamine, minerali e grassi insaturi.

Il segreto? Tornare al passato. Parola di Marco BianchiMarco Bianchi è un giovane ricercatore e divul-gatore scientifico dell’Ifom, il centro di ricerca ad alta tecnologia dedicato allo studio della forma-zione e dello sviluppo dei tumori a livello mo-lecolare. Un volto noto al grande pubblico non solo per la sua attività di ricerca contro il cancro, ma anche per la conduzione di programmi tele-visivi di successo sulla rete FOXlife come Tesoro, salviamo i ragazzi e In linea con Marco Bianchi. Uno scienziato che ha scelto di “comunicare”, dal piccolo schermo, la prevenzione anticancro at-traverso originali e seguitissime lezioni pratiche in cucina. È a lui che ci siamo rivolti per capire meglio la correlazione tra cattiva alimentazione, cibi industriali e aumento delle malattie.

Quali sono i numeri che confermano questa tesi?Gli studi dicono che ormai il 65% delle patologie più diffuse sono correlate alla cattiva alimentazio-ne. Mangiando sano si potrebbero prevenire infat-ti le malattie cardiovascolari e oncologiche così come quelle di origine metabolica quali diabete, ipercolesterolemia e glicemia. Ci sono alimenti che influiscono direttamente sulla salute, in senso negativo. Penso ad esempio alle bevande gassate e zuccherate: oggi, in Italia, 1 bambino su 9 è obeso o addirittura diabetico. Nella gran parte dei casi, la causa dell’obesità infantile va ricercata nell’abuso di questo tipo di bevande, il cui consumo nel no-stro Paese, non a caso, è in preoccupante aumento. Se nel 2008, il 41% di bambini di età compresa tra gli 8 e gli 11 anni consumava bevande zucchera-te, quest’anno la percentuale è salita fino al 48%. Uno studio epidemiologico condotto in Francia qualche tempo fa, e successivamente diffuso an-che in Italia con il nome “Okkio alla salute”, ha dimostrato inoltre che almeno il 30% dei decessi per patologie tumorali che si registrano, potrebbe essere evitato attraverso la buona alimentazione e uno stile di vita più corretto.

Il problema sono i prodotti industriali? O lo stile di vita, che porta a scegliere cibi confezionati?Bé, certamente i cibi industriali, precotti e pre-confezionati, spesso vengono realizzati senza prestare molta attenzione all’aspetto salutisti-co, come invece si potrebbe fare cucinando a casa. Ma dalla parte del consumatore, d’al-tronde, c’è anche la possibilità di scegliere. Basterebbe evitare, ad esempio, prodotti con overdosaggio di zuccheri e grassi, facendo at-tenzione alle etichette. Il trucco sta sempre in questo: fare attenzione a ciò che si mangia. Prendiamo il caso del sale: la “soglia massima di tolleranza” per la salute è di 5 grammi a pasto, mentre in Italia il consumo medio galleggia tra i 12 e i 16. Già solo un panino con l’affettato, uno dei pasti più consumati fuori casa, ne con-tiene circa 6. Questo per dimostrare che nel rapporto tra salute e alimentazione, un ruolo di non poco conto lo gioca il nostro stile di vi-

La black list dei cibi •bibitegassate troppo ricche di zuccheri dannosi per l’organismo

•eccessodisalumi espone a rischi di natura oncologica nel tratto gastrointestinale

•intingoliesalseda condimento troppi ricchi di grassi saturi

•frittieiprefrittiprontida scaldarepregni di grassi

•dolciumiconmolti ingredientiotroppo elaborati

•prodottiintegralifatticon farinaraffinata eaggiuntadicrusca

… e delle sostanze

•grassiidrogenati•grassivegetalidiincerta

provenienzatipo“olitropicali”nonmegliospecificati

•mescolanzedidolceesalato

•saleindosisuperioria5gr•colorantiartificiali

In alto, Marco Bianchi ricercatore dell’Ifom, centro per lo studio

della formazione e dello sviluppo dei tumori a livello molecolare, autore di libri in tema di salute

alimentare e conduttore di trasmissioni come Tesoro,

salviamo i ragazzi e In linea con Marco Bianchi

48

l'indagine

48

Page 57: Ursa Major Magazine Luglio 2012

I 10 alimenti amici della salute• arance• pomodori• broccoli• fruttasecca• legumi• aglioecipolla• peperoncino• semidisesamo,linoegirasole• fruttidibosco• uva

Numerosi studi dimostrano che alcune molecole contenute in questi alimenti svolgono una funzione protettiva contro l’insorgenza di malattie cronico-degenerative come cancro, patologie cardiovascolari e diabete.

ta. Anche se, ripeto, le responsabilità dell’indu-stria ci sono tutte: basti pensare all’abuso che si fa dell’arricchimento di sale che ormai trovi anche nei dolci preconfezionati.

Basso costo significa sempre bassa qualità?No, direi di no. Anzi. Un esempio illuminante è quello dei legumi: costano poco e sono sempre di buona qualità. Al contrario, ci possono essere prodotti venduti a costi importanti ma che, a di-spetto del prezzo, contengono sostanze nocive. Il prezzo, a mio avviso, non può essere utilizzato come parametro di scelta: piuttosto ritengo che, in linea generale, bisognerebbe scegliere cibi po-co elaborati e con meno ingredienti possibili.

Guardare al passato, al recupero dei cibi di una volta, può essere una soluzione? Perché no? Del resto, è incredibile pensare a come possano essere caduti in disuso cereali

integrali di straordinarie proprietà salutisti-che come il farro e il miglio. O a come non si trovi quasi più la polenta taragna, quella di grano saraceno grezzo, che è stata sosti-tuita invece sul mercato dalla polenta gialla. Per non parlare dell’olio extravergine d’oliva: è vergognoso che si faccia fatica a reperire quello puramente italiano. Forse soltanto nel Mezzogiorno si continuano a utilizzare quei prodotti più genuini e legati alla tradizione che consentono una corretta alimentazione. Come ad esempio i legumi, vero cardine della Dieta Mediterranea.

Come si fa a formare una nuova coscienza ali-mentare nei consumatori? Con le agenzie edu-cative, i programmi di sensibilizzazione o con vere e proprie azioni di contrasto al trash-food e alle multinazionali che impongono cattivi mo-delli alimentari?L’informazione e l’educazione alimentare so-no fondamentali. Dalla scuola, all’oratorio ai centri sportivi, bisognerebbe insegnare ai ra-gazzi come ci si alimenta correttamente. L’in-formazione deve essere legata tuttavia alla pratica, e dunque alle ricette, agli assaggi, alla messa in atto dell’educazione a una sana nutri-zione. Ed è quello che cerco di fare io nella mia attività di “comunicatore della cultura alimen-tare”, parallela a quella di ricercatore scientifi-co. Purtroppo la televisione non sempre aiuta: su quella generalista, a tutt’oggi, continua a es-serci fin troppo spazio per il trash-food.

I consigli della Fondazione Umberto Veronesi

49

Page 58: Ursa Major Magazine Luglio 2012

50

lo studio

50

Italiani bocciati all’esame di gastronomia

La cucina italiana è una delle bellezze che più ci invidiano all’estero, ma gli italiani, interrogati sul mondo della cucina, mostrano grosse lacune. Associano il nome di alcuni piatti tipici regionali con significati del tutto fuorvianti. Nonostante 7 italiani su 10 dichiarano di badare molto all’ita-lianità dei prodotti acquistati, e nonostante qua-si la metà (49%) ha affermato di essere abba-stanza ferrato sull’argomento, facendo molta attenzione al gusto (22%) o al territorio di pro-venienza (31%), emerge tuttavia un’ignoranza diffusa sul mondo della gastronomia. Gli errori più grossolani? Più di 8 italiani su 10 alla parola Erbazzone, classica torta emiliana a base di ver-dure, pensano a un nomignolo usato a Roma per chiamare i giardinieri o a una parolaccia ro-manesca, mentre 5 su 10 associano lo Sfincione siciliano non alla torta salata tipica della Sicilia, ma credono sia il soprannome dato ai bulletti locali dell’isola. Gli errori più clamorosi? Pensare che il Culatello sia una persona molto fortuna-ta e confondere le Zeppole con un tipo di scar-pa rialzata. Se le specialità regionali sono il fiore all’occhiello dell’eccellenza italiana, gli abitan-ti del Belpaese dimostrano di non conoscere a fondo i tesori di casa propria.

Siamo il paese per eccellenza nel campo della cucina, grazie soprattutto a ricette e prodotti tipici regionali, eppure gli italiani, come

emerge da uno studio promosso da VdG Magazine, pensano che il Culatello sia una persona molto fortunata

e confondono le Zeppole con un tipo di scarpa rialzata

Page 59: Ursa Major Magazine Luglio 2012

51

Quanto bada all’italianità dei prodotti che acquista? Sempre 55%

Il più delle volte 17%

Abbastanza 13%

Poco 12%

Per nulla 3%

Quanto pensa di conoscere le specialità locali della cucina italiana?Conosco tutte le più importanti specialità locali

49%

Conosco solo quelle legate alla mia terra 28%

Conosco poco delle specialità locali 11%

Conosco alcune tra le più famose 8%

Altro 4%

Su cosa rivolgi la tua attenzione quando devi scegliere un prodotto?Sulla provenienza 31%

Sul prezzo 27%

Sulla qualità e sul gusto 22%

Sul brand 11%

Altro 7%

Cosa sono le Chiacchiere e le bugie?Serie di frasi non vere 51%

Dolci tipici del carnevale 42%

Altro 7%

Cosa sono i Mostaccioni napoletani?Baffi tipici del capoluogo partenopeo 47%

Dolci tipici natalizi 39%

Altro 14%

Cosa sono i Pitoni di Messina?Tipico rettile che vive a Messina 44%

Panzerotti siciliani farciti con verdure 28%

Reperti archeologici della città 20%

Altro 8%

Cos’è il Culatello?Persona molto fortunata 39%

Parte muscolosa più grossa degli arti posteriori del suino

36%

Espressione riferita a chi è omosessuale 22%

Altro 3%

Cosa sono le Zeppole?Scarpe con un tipo di suola completamente rialzata

40%

Frittelle di Carnevale 32%

Gruppo musicale 25%

Altro 3%

Cos’è l’Arancello?Nome del Paese specializzato nella produzione di arance

48%

Liquore di arancia 29%

Un arma da guerra medievale 18%

Altro 5%

Cos’è l’Erbazzone?Nomignolo romano usato per chiamare il giardiniere

41%

Una parolaccia in romanesco 36%

Torta a base di verdure tipicamente emiliana

21%

Altro 2%

Cosa sono i Pepatelli teramani?Popolazione barbara originaria della Turchia

39%

Dolci tipici della cucina abruzzese simili ai cantucci

27%

Gruppo musicale 22%

Altro 12%

Cos’è la Pinza bolognese?Tipico utensile utilizzato dai meccanici emiliani

45%

Torta tipica bolognese 34%

Ballo locale bolognese 19%

Altro 2%

Cos’è lo Sfincione siciliano?Nomignolo per identificare i bulletti in Sicilia

48%

Tipico pesce che vive nelle acque sicule 26%

Torta salata tipica della Sicilia 21%

Altro 5%

Cosa sono le Pignolate?Pugni dati con forza bruta 45%

Biscotti tipici della cucina ligure 32%

Un modo di contestare l’arbitro allo stadio

19%

Altro 4%

Nonostante la metà degli italiani affermi di essere

abbastanza ferrato in tema e attento a scelte di qualità, emerge tuttavia

un’ignoranza diffusa sul mondo della

gastronomia

Page 60: Ursa Major Magazine Luglio 2012

AUT. CONSORZIO PER LA TUTELADEL FORMAGGIO PECORINO ROMANO

N. 63/92 - D.P.R. 30/10/1995MODIF. COND D.M. 06/06/1995

D.O.P. - REG. CE 1107/96

GARANTITO DAL MINISTERODELLE POLITICHE AGRICOLE,

ALIMENTARI E FORESTALIAI SENSI DELL’ART. 10

DEL REG. (CE) 510/2006

Raccolta Latte: Il latte di pecora, materiaprima del Pecorino Romano, viene rac-colto da greggi altamente selezionateprevalentemente dai ricchi pascoli delfertile Agro Romano, da Ottobre a Giu-gno, nel rispetto del ciclo naturale dellapecora da latte.

Finitura: tipica dell’antica Roma e cheancora oggi contraddistingue il BRVNELLID.O.P. è la sua caratteristica scorza nera,la “cappatura” nera come comunementeviene definita, simbolo della tradizioneRomana

Salatura: esclusivamente a secco!BRVNELLI ancora oggi come secoli fa,secondo la tradizione romana, portaavanti la salatura a secco, anziché adimmersione in salamoia

Stagionatura: dai 12 ai 18 mesi, in antichegrotte naturali tufacee risalenti al periodo Etrusco-Romano del I sec. A.C.

Cucina Italiana_Layout 1 09/11/11 10.50 Pagina 1

Page 61: Ursa Major Magazine Luglio 2012

53

60Cucina slovenaNei Balcani che sanno ancora d’Italia per ritrovare tradizioni gastronomiche perdute

64Sapori d’IstriaNoi li abbiamo scordati, gli istriani no. Sono i cibi del Belpaese di una volta 68Il giardino delle erbe scomparseA Casola Valsenio per ritrovare ricette cadute nell’oblio e svelare antichi segreti officinali

74Il fagiolo ZolfinoIn Alta Val d’Arno non hanno mai smesso di coltivare questo rarissimo e secolare legume

76La salsiccia gialla di ModenaUna specialità, scomparsa nell’800, che oggi sta rinascendo grazie a chef e gastronomi

78Il cibo da strada toscanoLampredotti, trippe, porchette e sanguinacci: lo street food che a Firenze si mangia da secoli

82Lo strolghino emilianoRischiava di perdersi per sempre, questo tipico salume della Bassa. Poi ci ha pensato Pongolini

da pag. 84Rubriche• La storia in cucina• L’olio• Orto• Il buono a tavola• Chef italiani nel mondo

Cibo&Territorio

pag. 54

saporiperdutialla ricerca di cibi e terre dimenticate

Page 62: Ursa Major Magazine Luglio 2012

di Chiara Mojana

Alla ricerca dei sapori

perduti

Le pagine ingiallite scritte in bella calligra-fia e inchiostro scuro, raccontano di tè pre-parati con le foglie di fragola, zuppe di orti-che, cosce di rana fritte, risotti con le creste di gallo, stracotti d’asino e torte al cacao con sangue di gallina. Quello che oggi sembra qua-si un libro di pozioni magiche, altro non è che il quaderno delle ricette della nonna. Tutt’altro che strega, lei. Vero angelo della casa che per mette-re insieme ogni giorno il pranzo con la cena, sa-peva fare di necessità virtù e utilizzare ciò che la natura le metteva a disposizione di mese in me-se nei campi, nell’orto e nel cortile. Era il tem-po delle cucine economiche, alimentate a legna

Erbe aromatiche, farina di grano arso e lattume di tonno, il “maiale del mare”.

E ancora: fegatini di agnello e mele limoncelle. Sono solo alcuni esempi

dei cibi di una volta – quelli della “cucina povera” oggi soppiantata

dalle mode e dai piatti comodi e veloci – che evocano ricordi e nostalgia

del tempo che fu. Eppure, c’è ancora chi dal passato non vuole smettere

di trarre ispirazione. E gusto

54

tra cibi e terre dimenticatecover story

54

Page 63: Ursa Major Magazine Luglio 2012

e sulle quali c’era sempre qualche pentola a far

“pippare” minestre, stracotti e ragù. Era il tempo

delle lunghe cotture e di piatti che oggi hanno il

buon profumo dei ricordi e della nostalgia di un

tempo che fu. Già, perché sono bastate un pa-

io di generazioni per creare il black out, per far

sì che quel “tesoretto” tramandato da madre in

figlia si fermasse davanti alla comodità di un fri-

gorifero e di un supermercato e alla rapidità di

un forno a microonde. Ingredienti, ricette e, an-

cora prima di queste, le abitudini alimentari sono

profondamente cambiati insieme a una società

in corsa verso una sempre maggiore velocità del

cucinare e del consumare. E anche del produrre,

a favore di varietà orticole e di razze animali mag-

giormente produttive. Così, in una manciata di

decenni le ricette di famiglia sono diventate una

sorta di archeologia alimentare. Perché anche a

volerle ripetere, oggi ci si scontra con l’impossibi-

lità di reperire gli ingredienti giusti: di asini non ce

ne sono quasi più, di rane neanche a parlarne! E

anche gli strumenti di cottura tradizionali, come

le casseruole in terracotta o i testi in ghisa, tro-

vano sempre meno posto nelle cucine moderne

che brillano di acciaio inox. Eppure, c’è ancora

chi dal passato non vuole smettere di trarre ispi-

razione. E non per una questione di risparmio.

Dai fiori di burro al grano arsoA Ronco Biellese, in Piemonte, ad esempio, c’è

un giardino che profuma di un centinaio di es-

senze, erbe e fiori. È quello di Bianca Rosa Zu-

maglini, ultraottantenne autrice di molti libri di

cultura alimentare e ricette tradizionali (Gra-

phot Editrice di Torino) ma soprattutto eccelsa

intenditrice delle erbe spontanee e aromatiche

per uso gastronomico. «Ho imparato a conoscer-

le parlando con la gente e cercandole in collina

e in montagna. Ed è dove ci sono solo le malghe

che ho imparato di più, perché in alta montagna

le persone devono davvero vivere con quello che

hanno», racconta la signora Bianca. Dai malgari

In una manciata di decenni le ricette di famiglia sono diventate una sorta di archeologia alimentare. Perché anche a volerle ripetere, oggi ci si scontra con l’impossibilità di reperire gli ingredienti e gli strumenti di cottura tradizionali. Una sfida difficile, ma non impossibile: basta vedere come alcuni “cuochi-custodi” stanno riportando in vita i preparati di una volta

55

Page 64: Ursa Major Magazine Luglio 2012

ha imparato a riconoscere le erbe più insolite, come il trifoglio alpino, che cresce sopra i mil-le metri di altitudine e i cui fiori contengono un grasso dal sapore simile al burro d’alpe. «Per questo li chiamano anche i fiori del burro», spie-ga Bianca, «la loro fioritura è intensa e dura circa un mese in estate. I malgari li raccoglievano e quando tornavano alla baita, la sera, li usavano per cucinare. Per friggere un uovo o per fare la fonduta, per esempio, mettevano nella pento-la una bella manciata di questi petali rosa, che sul calore cedevano una sostanza che diventa-va grasso di cottura e condimento dei cibi». Era un modo per fare economia e non consuma-re il burro vero, che andava venduto in cam-bio di denaro. Dai fiori di burro delle montagne piemontesi al grano “arso” della Puglia si arriva praticando la stessa arte, quella dell’arrangiarsi. Infatti, in un tempo non lontano, nel cosiddet-to “granaio d’Italia” anche le spighe che rima-nevano nei campi dopo la mietitura venivano raccolte. E i poveri tra i più poveri andavano a recuperare persino i chicchi di grano bruciato

dopo che le stoppie venivano incendiate per preparare il terreno alla coltura successiva. «Li macinavano e ne ricavavano una farina nera e fibrosa, che miscelavano con quel poco di farina bianca che avevano a disposizione per render-la meno sgradevole al palato e con questa face-vano pagnotte, orecchiette e maccheroni», rac-conta Peppe Zullo, cuoco-custode degli antichi sapori a Orsara di Puglia (Foggia). Oppure, la scambiavano: un chilo di farina di grano arso per un paio d’etti scarsi di costossima farina bianca. Oggi, il grano arso è prodotto in piccole quanti-tà per gli appassionati gourmet, ma è diventato altra cosa rispetto all’antica farina dei contadi-ni. I chicchi non vengono più bruciati (la com-bustione è vietata dalla legge perché sprigiona sostanze dannose per la salute), ma tostati quel che basta per conferire alla farina un aroma par-ticolare, che ricorda il caffè, l’orzo e la nocciola. Da cibo della miseria a prodotto di nicchia, la farina di grano arso è oggi tra le più care sul mer-cato, insieme a quella di Kamut, una varietà di grano antico diventata marchio statunitense.

La cucina povera che vien dal mareLa storia della farina di grano arso è comune a quella di tanti prodotti che un tempo erano con-sumati solo dai più indigenti, mentre oggi sono diventati veri e propri must gastronomici. Due esempi che vengono dal mare: la bottarga di ton-no di Sicilia e Sardegna e la colatura di alici della Costiera Amalfitana. La prima è nata dalla neces-sità di utilizzare a scopo alimentare gli scarti del-la lavorazione del tonno, a ragion veduta definito il “maiale del mare”, perché del suo corpo non si buttava via niente. Infatti, mentre la carne fresca era destinata a un remunerativo commercio, le viscere di questi grandi pesci del Mediterraneo venivano regalate ai poveri pescatori, che trovaro-no il modo per conservare le uova degli esemplari femmina. Salandole ed essiccandole, le trasforma-vano in un ingrediente dal sapore molto intenso, da consumare a lamelle o grattugiato come si fa con il Parmigiano. Allo stesso modo, dalle viscere dei pesci maschi hanno imparato a ricavare quel-

Dall’alto: un quartetto di zampe di rana fritte; il trifoglio alpino, i cui fiori contengono un grasso dal sapore simile al burro d’alpe; una preparzione con il grano arso; e, in fine, la bottarga di tonno

56

tra cibi e terre dimenticatecover story

56

Page 65: Ursa Major Magazine Luglio 2012

lo che in Sicilia chiamano il lattume e in Sardegna figatello, che altro non è che lo sperma sottoposto allo stesso procedimento di trasformazione delle uova. La colatura di alici, invece, è il liquido che si produce con la maturazione e la pressione delle alici fresche poste sotto sale in grandi conte-nitori, una volta private di testa e inte-riora. Oggi la colatura è prodotta con grandi attenzioni a Cetara (Salerno), ma è da secoli che è presente sulle tavole dei poveri pescatori, dove con il suo sapore intenso rap-presentava un sostitutivo del pesce fresco. Oggi an-che il grande cuoco Gual-tiero Marchesi la usa nel suo ristorante, con raffinata sem-plicità: sugli spaghetti.

Come ti riprendo il “quinto quarto” Non solo dal pesce ma anche dalla macellazio-ne degli animali, un tempo non era vergogna recuperare gli scarti, ossia quel “quinto quarto” che nel linguaggio dei macellai indica le parti che hanno poco valore sul mercato, come le interiora, le teste o le code degli animali. I ri-cettari regionali della nostra tradizione italiana sono ricchi di ricette per cucinare queste parti: dal Fegato alla Veneziana alla romana Coda al-la vaccinara, dal Pane ca’ meusa (con la milza) siciliano a quello con il lampredotto fiorenti-no fino alle cervella che entrano a pieno titolo nel ripieno della Cima alla Genovese. Oggi, che a forza di fare la spesa all’ipermercato si tende a pensare che i polli siano fatti di sole cosce e i manzi di filetti e costate, queste parti finiscono sempre più raramente sulla nostra tavola e sono usate soprattutto per l’alimen-tazione animale. Eppure, sapientemente lavo-rate, anche questi tagli poveri hanno una loro valenza tanto a livello nutritivo quanto gu-stativo. «Il problema è che i cuochi oggi non imparano quasi più a lavorarli, perché è più comodo aspettare il camion del fornitore che consegna la carne già porzionata», sottolinea Peppe Zullo, che nel suo ristorante ancora propone con successo gustosi piatti della cul-tura povera, come i Fegatini di agnello al pro-fumo di alloro, e le carni delle locali vacche di razza podolica. «Sono animali che fanno

movimento e che quindi hanno carne dura, che va frollata e lavorata a

lungo, ma per fortuna da noi ci sono ancora macellai

che hanno voglia di fare davvero il loro lavoro. Cosa che non avvie-ne più in tante gran-di città, dove anche nei migliori ristoranti

la carne facilmente ar-riva già affettata da Ar-

gentina, Scozia ed Europa dell’est», conclude lo chef.

Il tempo delle mele

Chianella, gelata, cucuzzara, limoncella... Sono solo

alcune delle tante varietà di mele che il cuoco-

agricoltore Peppe Zullo colleziona nel suo frutteto di Orsara e contribuisce a

salvare dall’oblio. «Ognuna di loro matura in mesi

diversi e questo una volta era fondamentale per il

sostentamento della gente, quando non esistevano le moderne tecniche di

conservazione. Molte mele portano questo

concetto nel nome, come la mela di Sant’Antonio

che matura verso il 13 di giugno». La sua preferita

è la limoncella, una varietà autunnale dai frutti

piccoli e profumatissimi, che ricordano l’aroma

del limone. «Mia nonna metteva un coccio di

terracotta direttamente nel camino con queste

mele piccolissime, acqua e zucchero e le cuoceva

lentamente, finché il tutto diventava un dolce

delizioso».

Ristorante Piano ParadisoVia Piano Paradiso Orsara di Puglia (Fg)www.peppezullo.it

In alto, il cuoco agricoltore Peppe Zullo, chef del ristorante Piano Paradiso, in compagnia di una classica cucina economica d’altri tempi. Sotto, un piatto di coratella d’agnello

“Il ritorno alla tradizione

da parte dei giovani è il nostro futuro, perché

senza conoscere la storia non si va da nessuna parte”

Massimo Spigaroli

57

Page 66: Ursa Major Magazine Luglio 2012

La rivincita dei salumi e degli ortaggiLa rapida scomparsa dei vecchi modi di vivere ha cre-ato tuttavia un’immensa nostalgia del passato. Ed ecco studenti universitari che partecipano a lezioni sul pane fatto in casa e giovani professionisti che per hobby tor-nano a mettere le mani nella terra come i loro nonni e imparano a fare l’orto sul balcone. Mentre i più te-merari si cimentano persino nell’arte del trasformare il maiale in salumi. «È un fenomeno in forte crescita, che non credo sia dovuto solo alla crisi economica», precisa Massimo Spigaroli, cuoco e famoso norcino che nella sua azienda agricola di Polesine Parmense, oltre a produrre uno strepitoso Culatello, organizza anche corsi per imparare a fare le conserve di ortaggi e i salumi, proprio come una volta. «Il ritorno alla tra-dizione da parte dei giovani è il nostro futuro, perché senza conoscere la storia non si va da nessuna parte – continua Spigaroli – la mia ricerca dei sapori perduti è iniziata nel 2001, quando sono stato chiamato a re-alizzare un menù “verdiano” per celebrare i cent’anni dalla morte del grande compositore parmense e mi sono reso conto di quanto gli ingredienti fossero cam-biati nell’arco di un secolo. Per esempio, i maiali erano neri e piccoli e anche i capponi erano di una razza di-versa, le carote erano più pallide e le verze più piccole

e saporite. Così ho deciso di tornare a produrre tutte queste cose nella mia azienda. Ho cercato il maiale nero dei tempi di Verdi e l’ho trovato sull’appennino tosco-emiliano e così ho fatto per tanti altri prodotti ora presenti della mia azienda agricola». Prima gli in-gredienti e poi le ricette che oggi Massimo propone nel suo raffinato ristorante (Antica Corte Pallavicina - Strada del Palazzo Due Torri 3, Polesine Parmense, Tel. 0524936539 , www.acpallavicina.com) eseguendole con grande fedeltà alla tradizione, anche per quanto riguarda le tecniche di cottura. «Tipiche di questa mia terra che confina con l’acqua del Po sono le cotture nella creta e nella sabbia – racconta ancora lo chef – e un tempo quando d’inverno i boscaioli incontravano i pescatori era una gran festa. I primi portavano legna e vino, i secondi il pesce: si faceva il fuoco in una bu-ca scavata nella sabbia e si cuoceva all’interno il pesce, proteggendo le carni con uno strato di frasche». Prepa-razioni che hanno il gusto della semplicità e che san-no emozionare. E che grazie al lavoro di tanti “cuochi-custodi” come Bianca Rosa, Peppe e Massimo stanno tornando a nuova vita in molte regioni italiane. Biso-gna saper distinguere però. Perché l’unica cosa dav-vero tipica in tanti menù, sagre e “ritrovate” specialità alimentari è… la furbizia di chi le vende!

L’opinione dello chefdi Michele Caracino

È vero, tanti piatti della tradizione culi-naria italiana sono caduti nel dimenti-catoio. All’interno dei menù di alcuni ristoranti delle no-stre città, negli ultimi anni, non trovi altro

che liste di carpacci (scoprendo poi, nel caso di quel-lo “di ananas”, che altro non è che ananas puro, ta-gliato con l’affettatrice), tartare di ogni genere, sia di carne che di pesce, pesce crudo con lo zenzero e altri piatti che con la nostra cultura culinaria c’entrano davvero ben poco! A differenza invece delle pietanze della “cucina povera e popolare” – vera quintessen-za del nostro patrimonio enogastronomico – che è raro trovare nei menù, perlomeno in quelli dei risto-ranti delle grandi città: penso ad esempio alla pasta e fagioli, al minestrone, alle zuppe con prodotti

dell’orto, agli gnocchi di semolino gratinato, allo spezzatino di vitello con piselli, alla trippa di foiolo con fagioli, alle torte caserecce salate, alla trota alla mu-gnaia, allo sgombro dell’adriatico, alle triglie alla mor-nese o alla mozzarella in carrozza, tipico piatto napo-letano e leccornia per il palato. E ancora: uno squisito piatto toscano come il cibreo di regaglie (di cui vi la-scio a fianco la ricetta) o una specialità milanese co-me i mondeghili, sono letteralmente scomparsi dalle nostre tavole. Nella mia regione, l’Abruzzo, nessuno, ad esempio, fa più il pane cotto: fette di pane raffer-mo, buon brodo di pollo, cipolla rosolata e un uovo fritto. Lo stesso accade per le sagne chine, tipica spe-cialità del passato calabrese, per la pasta con i broc-coli arriminati (cavolfiori) e le crespelle ‘mbusse tipiche dei giorni di festa. O per il cibo da strada, quello cioè che già nell’antica Roma le classi popolari consuma-vano comprandolo nelle botteghe o da venditori am-bulanti e che solo di recente, invece, è stato riscoper-to dal mondo gastronomico italiano. Per concludere, vorrei suggerire a tutti la lettura de Le ricette regiona-li italiane di Anna Gosetti, un libro leggendario che esalta la cultura del mangiar bene, dando il giusto valore alle tradizioni culinarie ormai perdute.

Cibreo di regaglie (Toscana)Ingredienti per 4 persone: 400 gr di fegatini, ovet-te e creste di pollo, 30 gr di burro, 3 uova, farina bianca, poco brodo, mezzo limone, sale e pepe. Preparazione: pulite i fegatini togliendo le parti a contatto con il fiele, poi insieme con le creste scot-tateli in acqua in ebollizione; toglieteli subito dall’acqua, tagliate i fegatini a pezzi e raschiate le creste spellandole, poi tagliate anche queste. Mettete in una casseruola il burro e soffriggetelo senza farlo colorire, poi unite le creste e lasciatele cuocere per circa 30 minuti con un poco di brodo. Aggiungete le ovette e i fegatini, salate e pepate. Rompete in una terrina i tuorli e sbatteteli unendo un cucchiaio scarso di farina, il succo di mezzo li-mone e, poco a poco, mezzo mescolino di brodo bollente, sbattendo velocemente affin-ché le uova non abbiano a cuo-cersi. Versate il composto sulle regaglie sempre mescolando nello stesso senso per un minuto, poi servi-tele ben calde.

In basso: Michele Caracino, storico chef del Clubino

di Milano, che ci dice la sua sulla cucina di ieri e di oggi

58

tra cibi e terre dimenticatecover story

Page 67: Ursa Major Magazine Luglio 2012
Page 68: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Ormai è accertato. Le lingue parlate e por-tate dagli emigranti nei paesi del mondo, si fossilizzano al tempo dell’arrivo nelle nuove terre. È sufficiente spostarsi in Ar-gentina per ascoltare parlate italiche che da noi non si sentono più. Non è raro che ciò avvenga anche per il cibo. Uomini e donne portano con sé gusti e pratiche culinarie che nell’area d’origine si evolvono più in fretta. O magari vanno perdute. Abbiamo così cercato di dare conferma a questa ipotesi avendo tra le mani la prima Guida Gastronomica d’Italia pubblicata dal Touring Club nel 1931, e giu-sto 80 anni dopo siamo andati nelle terre delle ex province di Gorizia, Trieste e Pola, che ora appartengono a Slovenia e Croazia. Avvincen-

te il viaggio in territori spesso immutati do-po quasi un secolo, ma ancora più affascinante scoprire come da quel tempo molti prodotti e piatti siano ancora reperibili, con pochissi-me correzioni.

Lungo il limpido IsonzoCome il formaggio ovino di Plezzo. Nel seco-lo scorso assai rinomato, tanto quello da tavo-la quanto quello da grattugia, nella località che dista pochi chilometri dal confine con l’Italia, risulta essere ancora una delle specialità locali. Boštian Jelinćič ha aperto un agriturismo nel 1989 a Sonzia – nella valle che porta ai 1611 metri del Passo Versice, tra i più alti della Slo-venia – forte dell’esperienza di cinque genera-

La cucina slovenache sa ancora d’Italia

Un viaggio della memoria, seguendo la rotta

tracciata da una vecchia Guida Gastronomica

pubblicata dal Touring Club del 1931, quando

le province oggi slovene, appartenevano

al Belpaese. Dopo quasi un secolo, quei territori sono rimasti immutati.

Come i prodotti e i piatti della tradizione italiana

di Riccardo Lagorio

tra cibi e terre dimenticatecover story

6060

Slovenia

Trieste

Page 69: Ursa Major Magazine Luglio 2012

In apertura il Golfo di Pirano. In questa pagina: un gregge di pecore plezzane e il monastero di Castagnevizza. Sotto la gubana, dolce tipico del borgo goriziano

zione di pastori. Prima che i pendii fossero ri-coperti di boschi, gli animali pascolavano sulle rive bianche dell’Isonzo, dalle acque prodigiosa-mente azzurre. Così, benché si potesse vendere con più facilità la lana bianca, a metà Ot-tocento fu necessario introdurre nelle greggi pecore nere per riconoscere la posizione degli animali al pa-scolo. I numerosi incroci hanno dato vita alla pecora plezzana, da cui l’ottimo formaggio e la ricotta salata, skuta. La pre-parazione di questo gustoso prodotto avviene frantuman-do la ricotta dopo tre giorni dal-la produzione e aggiungendo sale. Queste azioni vanno ripetute per tre settimane e se ne ottiene una crema mo-deratamente piccante che è uso consumare con le patate, čompe in skuta. Ancora ricco di tro-te, l’Isonzo è campo di gara per pesca alla mo-sca ma offre anche forti emozioni ai pratican-ti di rafting. Seguendone il corso, a Caporetto, la Latteria Stella Alpina (Tel. +386 53841000) tramanda la cultura della preparazione di for-maggio vaccino, sulla scorta della tradizione dei pascoli alpini sfruttati già dal XII secolo. Un in-teressante museo, ricco di suppellettili, illustra le fasi di sviluppo dell’arte casearia. Un picco-lo ma interessante caseificio turnario gestito da quattro allevatori locali si trova invece ancora in funzione nel bucolico villaggio di Ciadra, ai piedi di erti prati e pascoli sovrastanti la gola del fiume Tolminca. Il formaggio, del peso medio di 3 kg, viene venduto perlopiù a Tolmino quando raggiunge i 60 giorni di stagionatura, raramen-te più maturo. A pochi chilometri da Gorizia, sempre lungo il corso dell’Isonzo, dolce pasqua-le del borgo di Castagnevizza è la gubana, torti-glione di pasta contenente uva secca, noci, man-dorle, pinoli, cedro e arancia canditi, rhum.

Lo spirito delle valliProcedendo verso sud-est, il Carso sloveno, nel triangolo delimitato da Comeno, San Daniele del Carso e Tomadio, si caratterizza per le nu-

merose cantine che conservano gli storici vitigni di questa parte di Slovenia. Hanno saputo valo-rizzare in particolare il Refosco di colore rosso carico e secco Edvin Širca di Codignano (Tel. +386 57640632) e il Terrano, ricco di colore, robusto, secco la famiglia Štoca a Villa Cargna (Tel. +386 57640327) con l’accompagnamen-to di vitigni internazionali per migliorarne il ri-sultato finale (eccezionale il Carsus), ma anche spumantizzandolo per conseguire un risultato fresco e allegro (Prima). La diffusione e noto-rietà del Terrano ha indotto l’Azienda Agricola Žerjal di Tomadio (Tel. +386 57641759) a uti-lizzarlo in misura pari al 10% nella cagliata per averne formaggio di capra. Ne fa un prodotto violaceo, simpatico alla vista e piacevole al gu-

A metà 800 i pastori sloveni

inserirono pecore nere tra quelle bianche al pascolo lungo le rive dell’Isonzo,

talmente chiare che altrimenti sarebbe stato difficile

individuare le greggi

Page 70: Ursa Major Magazine Luglio 2012

62

In alto: il formaggio di capra reso violaceo dall’aggiunta

di Terrano alla cagliata. Sotto, una parete di prosciutti del Carso

sto anche grazie alla ricchezza floristica dei prati e dei pascoli carsici, indice di un’elevata biodiversi-tà vegetale. Non manca, ovviamente, il formaggio caprino tradizionale, particolarmente apprezzato semistagionato sul mercato di Capodistria. Latte e yogurt di capra sono altri elementi innovativi di questo minuscolo caseificio familiare. A Corgnale merita visita il Museo militare Tabor, dove si posso-no rinvenire rari pezzi di contenitori di prodotti ali-mentari in uso tra le due guerre, tra cui un’originale bottiglia di Amaro di Zara, i cui liquorifici godeva-no di grande rinomanza, specie per il maraschino. A pochi chilometri verso l’entroterra e lungo il fiume Timavo, a un’altitudine compresa tra i 450 e i 500 metri sul livello del mare, si incontrano i Colli Bir-chini, famosi per la produzione, dal XVIII secolo, di frutta, specie susine e mele. Dopo un periodo in cui la frutticoltura ha rischiato di scomparire, so-no oggi oltre 120 i frutticoltori locali che coltiva-no 153 ettari di terreno e hanno riportato alla luce prodotti tradizionali dell’area. Su tutti l’acquavite di susine, lo slivoviz, che necessita di particolari cure per la preparazione del mosto, della fermentazio-ne e della distillazione. Risulta ancora più buono dopo un lungo invecchiamento; pregevole quello dell’Azienda Morelj di Buie di San Pietro del Car-so (Tel. +386 57621027). Ma il territorio dei Bir-chini era un importante produttore anche di mele, che si vendevano a Trieste e Fiume. I frutteti pian-tati alla fine dell’Ottocento furono di grande aiuto

L’aromatico prosciutto del CarsoA Sesana, in località Corgnale, si trova uno dei prosciuttifici autorizzati alla produzione di Prosciutto del Carso Igp, il Prosciuttificio

Lokev (Tel. +386 57318120). La caratteristica principale del prosciutto

del Carso sloveno è quella della colorazione rosata della fetta, ben

marezzata e cinta da una piacevole aureola di grasso. L’assenza di grasso infatti

penalizzerebbe la complessità aromatica data dalla presenza della bora, che

conferisce fragranza e consistenza al prodotto finale. Il ricambio d’aria naturale

delle sale di stagionatura e l’utilizzo del sale di Sicciole sono due fattori che rendono

unico questo prodotto, stagionato tra i 12 e i 16 mesi. Numerose le modalità di

consumo del prosciutto del Carso. Senz’altro la più caratteristica passa sotto il

nome di toč: viene preparato un fondo di vino Terrano e una fetta sufficientemente spessa di prosciutto viene scaldata sino a

fare perdere il contenuto d’alcol al liquido. Il piatto viene servito con polenta di mais.

La migliore compagna di viaggioLa ricerca e le interviste con i produttori si sono svolte in differenti ambienti, affrontando sentieri sterrati e autostrade, e in condizioni atmosferiche tra le più variegate durante il mese di giugno 2012. Non potevamo scegliere miglior compagna di viaggio della Range Rover Evoque. Si è dimostrata adatta su tutti i tratti effettuati, ma soprattutto idonea sia a viaggi di lunga percorrenza per la comodità dei sedili e il comfort della guida, sia a brevi tratti di strada per la facilità nella maneggevolezza. Esternamente, l’automobile mantiene la signorilità inglese comune alle altre sorelle maggiori, seppur integrata con modernità e sportività. Completa di tutti i comandi elettronici, è anche dotata di una precisa strumentazione GPS, che ci ha guidato da Milano alla Slovenia sino a farci sconfinare in Croazia. Il quadro strumenti possiede una retroilluminazione bianca, che risulta particolarmente leggibile. La facilità di guida e di regolazione delle sedute è uno degli elementi che ci ha più colpito. In situazioni di forte pioggia su tragitti di montagna ha mantenuto perfettamente la strada. Assai capiente il bagagliaio.(in foto, la Range Rover Evoque sullo sfondo delle Saline di Sicciole)

62

tra cibi e terre dimenticatecover story

Page 71: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Dall’alto il castelliere di Cristoglie, dove è possibile ammirare affreschi del 400 e una celebre Danza Macabra. A seguire, le saline di Sicciole e, in basso, la signora Morelj produttrice di slivoviz

dove mangiareRistorante Topli ValStorico ristorante di pesce di mare, propone sublimi crudità e piatti moderatamente creativi che mantengono tutto il gusto dell’Adriatico. Anche hotel fornito di buon livello di servizio.Prezzo medio: 40 euro senza vinoPiazza Svoboda, 1 - CaporettoTel. +386 53899300

Trattoria MalovecDall’esperienza di una famiglia da decenni proprietaria della migliore macelleria della zona è nata questa trattoria che serve eccellenti tagli di origine tolminozza e plezzana. Adatta per carnivori! Discrete camere. Prezzo medio: 30 euro senza vinoStrada del Carso, 30 - DivacciaTel. +386 57631225

Trattoria MuhaGestita dalla stessa famiglia da oltre un secolo, genuina e confortevole trattoria che evoca ricordi d’antan. Proposte gastronomiche carsoline che conquistano per semplicità e gusto. Prezzo medio: 30 euro senza vinoCorgnale - DivacciaTel: +386 57670055

dove dormireHotel GrahorPiacevole e moderna struttura, dotata di tutti i comfort. La cordialità del personale è un’ottima ragione per tornare. Accanto, gestito dalla stessa famiglia, l’ottimo ristorante con pesce dell’Adriatico. Prezzo medio: 90 euro la doppiaDanna, 6 - SesanaTel. +386 57312061

Appartamenti JankoviNella quiete del piccolo villaggio della Valle Vreme, opportunità di sistemazione per ogni necessità. Ciascun appartamento è provvisto di cucina e internet senza fili. Prezzo medio: 60 euro la doppiaCave Auremiane, 11Divaccia-SloveniaTel. +386 57626001

Grand Hotel San BernardinDedicato a chi desidera trascorrere in completo relax il tempo libero: eccellente sistemazione vista mare. Prezzo medio: 180 euro la doppiaVia Obala, 2 - PortoroseTel. +386 56907000

Scelti per voi

Dopo un periodo in cui la frutticoltura ha rischiato di scomparire, in Slovenia

sono oggi oltre 120 i frutticoltori locali. Grazie

a loro sono tornati alla luce diversi prodotti tradizionali

dell’area, su tutti l’acquavite di susine

economico alle popolazioni locali durante le due Guerre. Grazie all’alto contenuto di zuccheri e alla loro croccantezza, le mele vengono essicca-te, ma se ne fanno anche acquaviti attraverso la distillazione, e aceto. Quello profumato all’aglio ursino dell’Azienda Agricola Biščak, sempre di Buie (Tel. +386 57620143), è delicato e gustoso. Doverosa una deviazione verso Cristoglie, lungo la valle del fiume Risano, per ammirare gli stra-ordinari affreschi quattrocenteschi di Giovanni da Castua e la celebre Danza Macabra, prima di dirigersi verso lo sbocco sloveno all’Adriatico, che ci porterà a congiungerci all’itinerario croato alla ricerca dei cibi perduti. Eccoci allora nel mez-zo del Golfo di Pirano, all’interno del Parco delle Saline, dove è ubicato l’allevamento ittico Fonda (Tel. +386 56779045). Un microclima favorevo-le, l’assenza di antivegetativi nel trattamento delle reti e il lungo periodo trascorso prima che il pesce sia adatto a essere pescato, comportano la presen-za di un basso contenuto di mercurio nella polpa, che lo rende indicato alle gestanti e ai lattanti. Uno dei pochi pesci che si distinguono per il marchio, viene venduto con speciali imballaggi, recapitabili direttamente a casa. A poche centinaia di metri, in un paesaggio incantato, le saline di Sicciole sono le saline più a nord nell’Adriatico. Interessante il Museo sulla flora e fauna, prima di un acquisto di sale leggero e non raffinato. A meno di un chilo-metro la frontiera con la Croazia, l’Istria.

63

Page 72: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Una penisola a forma di cuore, che pulsa del verde intenso dei boschi appoggiata sul blu di un mare ancora trasparente. Con i suoi 400 chilometri di costa, l’Istria è un paradiso naturale dove le strade si fanno largo tra muretti di pietra, pinete e villaggi. Ma in Istria non si va solo per le meraviglie del paesaggio: un’opportunità in più è la cucina, ricca di piatti della memoria, che por-ta in tavola il Mediterraneo com’era. Infatti al-cuni prodotti e piatti della tradizione gastrono-mica istriana sono immutati da decenni, forse ancora da quando in questi luoghi sventolava il drappo del Leone di San Marco. Un esempio è senz’altro la minestra di bobici che si può ordi-nare presso la Trattoria Stari Podrum di Momia-no (Tel. +385 52779152). Pochi e semplici gli ingredienti: granoturco novello, fagioli, patate e prosciutto affumicato. Il locale, che fu sede della prima distilleria nata in Istria, propone anche la rara carne di boscarin, il bue istriano che serviva per i faticosi lavori nei campi e che ha corso serio rischio di estinzione. Lunghissime cotture al for-no con aromi e vino bianco lo rendono ideale con la polenta. La tranquillità del borgo, affacciato sul fiume Quieto, non ha eguali. Anche l’Agrituri-smo Tikel (a Raccotole, in Comune di Caroiba, Tel. +385 52683404) propone schietta cucina istriana: da non perdere i fusi, la pasta di acqua e farina che le donne arrotolavano sulle ginocchia. Ancora, come agli inizi del secolo scorso, il piatto delle solennità nelle campagne istriane sono pe-

Istria: il Mediterraneocom’era una volta Una penisola fatta di coste frastagliate e di borghi antichi in pietra. Il suo presente parla croato. Ma il suo passato, fino al secondo Dopoguerra, appartiene all’Italia. E ancora oggi, tutto qui rimanda allo Stivale. Dalla cultura alla gastronomia, ricca di cibi che in parte, da noi, abbiamo scordatodi Riccardo Lagorio

tra cibi e terre dimenticatecover story

tra cibi e terre dimenticatecover story

Croazia

Istria

646464

Page 73: Ursa Major Magazine Luglio 2012

rò i graffi, grossi ravioli semidolci con uva passa, formaggio pecorino, ristretto di sugo di gallina e uova, serviti con sugo di gallina. Chiara Pusec del Velo Kafe di Albona (Tel. +385 52852745) li propone anche dolci con ripieno di mandorle, miele di salvia e sugo di grappa. Qui e in pochi altri locali è possibile riservarsi dei parpagnacchi, trecce di pasta frolla come se ne fanno ancora nel Vicentino preparati con miele, scorza di limone, spezie e noci macinate.

In direzione PolaL’itinerario prosegue da Albona verso Digna-no, passando per Arsa: quello che era il polo minerario istriano dove il tempo si è ferma-to ai primi decenni del Novecento. Il pantano che si trova al termine dell’insenatura di Ca-po Ubas è convegno di caccia acquatica per beccacce, starne, pernici e quaglie di passo. Da qui il percorso porta a Dignano. Sergio Del-ton (Tel. +385 915112073) produce una rara specialità istriana, il vin de rose, quella delle grandi occasioni. La produzione è fedele alla tradizione: l’uva, Malvasia istriana, viene sele-zionata durante la vendemmia e poi stesa a es-siccare all’aria sino a Natale. Dopo la pigiatura il mosto viene messo a lenta fermentazione in botticelle di rovere sino al Natale successivo, applicando almeno tre travasi. Il gusto ricorda

Istria: il Mediterraneocom’era una volta

frutta secca e datteri. Negli ultimi anni intor-no a Dignano sono in atto progetti di recupero delle casite, ricoveri di campagna dalla pian-ta circolare, altrettanto caratteristici quanto le masiere, i muretti a secco. Lungo il litorale tra Peroi e Barbariga, invece, si possono visitare i resti di sette basiliche paleocristiane, erette tra il V e VII secolo. Pochi chilometri ci dividono da Rovigno, un tempo isola dai panorami moz-zafiato, oggi città cinta da una corona di isolotti dove sopravvivono le batane, le imbarcazioni da pesca tradizionali dal ventre piatto, e il can-to popolare rovignese, la bitinada. L’appunta-mento qui è con il ristorante La Puntuleina (Tel. +385 52813186). Luogo incantevole che dà direttamente sugli scogli, guidato da Gio-vanni e Miriana Pellizzer. Pesce del giorno al forno con patate, penne alla granseola del mare di Rovigno e filetto di orata al tartufo di Pin-guente, i piatti da non dimenticare. Ma soprat-tutto, in primavera, qui si deve passare per un assaggio del piatto fossile preparato con fave fresche soffritte con prosciutto, cipolla e riso, la minestreina. Darna, antica fabbrica di liquori (Tel. +385 52813228), è la sopravvissuta delle numerose distillerie che caratterizzavano Ro-vigno negli anni Venti del secolo scorso. Rico-nosciuto come simbolo del territorio, il Pelin-kovac, amaro ottenuto con ingredienti naturali e conservato in botti di quercia, viene venduto nel minuscolo spaccio aziendale. A pochi chi-lometri il Canale di Leme, un’insenatura dalle pareti scoscese, da secoli conosciuto per l’al-levamento di ostriche, mitili e branzini. Leme

In apertura, il borgo di Montona. Qui, la minestreina di Rovigno con le fave, piatto simbolo della cittadina, in basso, la Range Rover Evoque che ha percorso con noi l’Istria da nord a sud

Page 74: Ursa Major Magazine Luglio 2012

da limes, confine. Il luogo era infatti il confine tra i territori romani di Parenzo e Pola. Anco-ra oggi, su un’insolita palafitta degli anni Ses-santa, Emil Sošić (Tel. +385 98414512) alleva tartufi di mare, arcadinoè, ostriche e soprattutto cozze, che crescono dalla polpa perfetta grazie alle numerose sorgenti di acqua dolce e fresca lungo i 12 chilometri di lunghezza del fiordo. Emil Sošić ha adottato un interessante metodo per mantenere le conchiglie in movimento: ap-pendere le casse dove vivono e lasciare che le onde e le maree le cullino. A Verteneglio il Ri-storante San Rocco (Tel. +385 52725000) co-niuga sapori di mare e di terra, come è la stes-sa Istria: dal Quarnaro gli scampi più saporiti, dalla valle del Quieto il miglior tartufo, nero e bianco. Nella frazione Villanova del Quieto, Franco Cattunar è capofila di un progetto co-ordinato dall’Università di Fiume e dell’Istituto agronomico di Parenzo. Nella sua cantina (Tel. +385 52720496) viene studiato l’effetto delle diverse composizioni del terreno sulla Malvasia istriana: i terreni grigio, rosso, bianco e nero pro-ducono quattro vini diversi per profumo, gu-sto, mineralità. Anche a Buie, riconoscibile dalla

coppia dei campanili alti sulla cittadina, la vite attecchisce a meraviglia e custodisce un altro prodotto reliquia, la mistella: la Cantina Cele-ga (Tel. +385 52772726) raccoglie in avanzato stato di maturazione Moscato rosa e Malvasia istriana, fa appassire gli acini migliori e, una vol-ta pigiati, il vino riposa per una decina d’anni prima di essere servito per le grandi occasioni. Dal colore ambrato, è irraggiungibile per aroma e gusto. A chiudere un ideale cerchio, l’ultima tappa è Salvore, con il più antico faro del Medi-terraneo, costruito nel 1818. A pochi chilome-tri dalla punta estrema dell’Istria, nella macchia mediterranea, il Prosciuttificio Pitip (Tel. +385 52737013) continua la tradizione del rinomato prosciutto istriano. Due le tipologie: di Antigna-no, nell’entroterra dove non soffia la bora e pelle e grasso vengono tolte per accelerare la stagio-natura; e di Umago, dove pelle e grasso vengo-no mantenuti. Anche il prosciutto ci riporta al-la più autentica tradizione istriana, non ancora scomparsa. È vero: il Mediterraneo com’era…

La curiosità: qui “dormì” Casanova Orsera, paesino abbarbicata su un poggio che si leva dal mare, fu sosta privilegiata di Giacomo Ca-sanova. In suo onore si organizza ogni anno a fine giugno il Casanovafest, Festival dell’amore e dell’erotismo. Nelle sue campagne si coltivano inol-tre buone quantità di nocciole.

I colori dell’IstriaUn interessante esperimento

di collaborazione, unico in Croazia, lo si sta attuando

con la creazione di una “microzona” nel nord

dell’Istria, con Umago e Cittanova, affacciate sul mare

che con Buie e Verteneglio, sulle colline in prossimità

della costa offrono un comprensorio adatto a

diverse esigenze. Le località, offrono le loro eccellenze

(dall’enogastronomia ai resort di lusso) attraverso un portale web appositamente

allestito, ma anche gli intrattenimenti che

perfettamente si sposano al territorio: più di 70

campi da tennis immersi nella lunga pineta in riva al

mare e numerosi percorsi cicloturistici adatti anche ai

bambini, oltre a quelli più impegnativi nell’interno per

gli appassionati.www.coloursofistria.com

dove dormire Hotel Kaštel

All’interno delle mura, camere rilassanti. Il riposante giardino e un piacevole centro benessere

sono il biglietto da visita dell’hotel. Vista sulle colline intorno.

Prezzo medio: 120 euro la doppiaMontona

Tel. +385 52681607

Hotel SanfiorIl qualificato centro benessere è

solo uno dei motivi per raggiungere questa struttura

luminosa, immersa in una fresca pineta che si protende nel mare.

Prezzo medio: 140 euro la doppiaPorto Albona

Tel. +385 52465200

Hotel LoneUno dei migliori del

Mediterraneo. Struttura avveniristica, servizio impeccabile,

numerose le opportunità per sentirsi coccolati. Centro

benessere da maestoso relax. Prezzo medio: 200 euro la doppia

Rovigno Tel. +385 52632000

Scelti per voi

tra cibi e terre dimenticatecover story

66

Page 75: Ursa Major Magazine Luglio 2012
Page 76: Ursa Major Magazine Luglio 2012

di Ida Santilli

Nel paese delle erbe e dei frutti dimenticati

La signora Katia ci accoglie sorridente nel suo ristorante nel cuore del Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola, in prossi-mità del confine con la Toscana. Coadiuvata dal marito Eolo Visani, appassionato di ecologia, è una vera forza della natura: si diletta ai fornelli in una cucina alternativa che attribuisce alle er-be aromatiche e spontanee un ruolo di primo piano (non dimentichiamo che Casola Valse-nio è conosciuto come il “paese delle erbe e dei frutti dimenticati”) e rende accattivante il pasto dei suoi ospiti con divertenti storie di supersti-zione, incantesimi e magia tutte ambientate nel

paese rinomato nel mondo per le erbe coltivate nel suo giardino officinale. Da lei ascoltiamo di giovani che, nell’antichità, attaccavano al pan-nello del letto un mazzolino fresco di iperico. Con il tempo il ramoscello si seccava e, a furia di spostare il letto per ripiegare le lenzuola ogni mattina, arrivava il giorno che si staccava dalla testata e cadeva a terra. Era quello il momen-to in cui la ragazza avrebbe trovato marito: la fanciulla avrebbe sposato il primo giovane che fosse passato sotto casa. Se così non fosse stato, sarebbe rimasta zitella. C’è un altro aneddoto legato alle erbe officinali: molte giovani infatti si

Amuleti contro il malocchio, filtri d’amore

e incantesimi a Casola Valsenio,

dove si recuperano sapori perduti e si stimolano i cinque sensi

Casola Valsenio

Emilia Romagna

cibo&territorio

6868

Page 77: Ursa Major Magazine Luglio 2012

In alto Katia Fava ritratta con i suoi intrugli d’amore e, sotto, bei filari di odorosa lavanda

Mai assaggiato un topino? Durante la Festa del Marrone, che si tiene il secondo fine settimana di ottobre, si possono assaggiare castagne cotte nell’acqua con l’alloro (balòc) oppure arrostite sulla fiamma (brusé) o cotte nel forno della stufa a legna (spasmé) dopo averle “castrate”, cioè dopo aver praticato un piccolo taglio. Tra i dolci, il castagnaccio e i ravioli, detti topini, preparati con la polpa di marrone arrostiti. Per la valorizzazione del prodotto è stato creato un percorso ad hoc: la Strada dei Castagneti, un itinerario che tocca circa 80 aziende agricole con oltre 450 ettari coltivati a castagneto da frutto tra le valli dei fiumi Senio, Lamone e Sintria. Il terzo fine settimana di ottobre, invece, si svolge la Festa dei Frutti Dimenticati che porta in piazza e nei menù dei ristoranti della zona giuggiole, pere spadone, corniole, nespole, corbezzoli, azzeruole, sorbe e uva spina. Frutti che rappresentavano l’alimentazione quotidiana della collina di un tempo. Un mondo scomparso con l’introduzione del consumo di massa e che la festa casolana recupera con conferenze e banchetti e ricostruzioni del mondo contadino tradizionale. La bella manifestazione però non è la sola in Emilia-Romagna ad accendere le luci sulle produzioni un tempo molto amate e oggi abbandonate. Feste omologhe si svolgono ad esempio a Pennabilli, dove in autunno gli “antichi frutti” si ritrovano. Qui, in pieno centro storico, si trova anche l’Orto dei Frutti Dimenticati nato da un’idea di Tonino Guerra, che ha voluto un «museo dei sapori utile a farci toccare il passato». E ancora, si festeggia il 29 e il 30 settembre a Guastalla con la manifestazione Piante e Animali Perduti. L’appuntamento più curioso? La possibilità di portarsi a casa e curare per un periodo una gallina ovaiola! Concludiamo infine tornando a Casola Valsenio. L’invito infatti è quello di non andarsene via senza prima aver assaggiato il migliaccio, un antico piatto tipico a base di mele cotogne, pere volpine, mele gialle, cioccolato, pane, raffermo grattugiato, canditi e riso con l’aggiunta di sangue di maiale (info: www.terredifaenza.it).

69

Page 78: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Strada della lavanda o Giardino delle erbe?

Gli amanti delle due ruote possono qui cimentarsi in percorsi adatti a tutte le gambe: circuiti ad anello si snodano fra Faenza, Brisighella, Casola Valsenio, Riolo Terme, Castel

Bolognese e Solarolo. Le strade sono ben mantenute e gradevoli da affrontare. Vi consigliamo di salire a Monte Albano, il passo che unisce Casola Valsenio e Zattaglia,

sulla Strada della Lavanda, con i campi di peschi in fiore. Per gli appassionati di mountain bike, c’è La Corolla delle Ginestre, un grande anello opportunamente

segnalato. È possibile richiedere la guida Pedalare nelle Terre di Faenza, contenente i vari itinerari chiamando lo 054671044. Tra una pedalata e l’altra, approfittatene per visitare il Museo Internazionale delle Ceramiche a Faenza (Tel. 0546697311, www.

micfaenza.org) oppure il Giardino delle Erbe di Casola Valsenio. Qui vengono coltivate, disposte a terrazze, circa 450 specie di piante utilizzate in cucina, nella medicina e nella cosmesi (Tel. 054673158, www.ilgiardinodelleerbe.it). Lungo la Strada del Sangiovese

delle Colline di Faenza si possono assaggiare i vini e la cucina del territorio, mentre il Parco regionale della Vena del Gesso Romagnola (Centro visite Ca’ Carnè Tel.

054680628, www.parcovenadelgesso.it), circondato da caratteristici calanchi argillosi, contiene una fitta rete di strade e sentieri, da percorrere, oltre che in bicicletta, anche a

piedi e a cavallo (Tel. 054671044, www.terredifaenza.it).

Casola Valsenio è noto nel mondo per le erbe coltivate nel suo giardino officinale.

Qui si ritrovano vecchie ricette e si scoprono antichi segreti. Chi di voi infatti sa che il corbezzolo ha proprietà astringenti

e antireumatiche? O che la giuggiola è ricca di vitamine e può essere utilizzata contro

le irritazioni di bronchi e intestino?

Tra erbe, fiori, ceramiche e vino, tante sono le alternative per trascorrere

il vostro tempo libero in quest’angolo di Romagna. In sella a una bici poi è

ancora meglio, grazie alla guida Pedalare nelle Terre di Faenza

cibo&territorio

70

Page 79: Ursa Major Magazine Luglio 2012

rivolgevano alle anziane del paese per far-si preparare intrugli in grado di stregare i giovanotti amati. Non stupitevi, dunque se, alla fine della cena, Katia arriva con il carrellino ricolmo di bottiglie di liquo-ri. Avrete modo di assaggiare i suoi eli-sir d’amore e di avere una dettagliata de-scrizione delle benefiche proprietà in essi contenute: chi di voi infatti sa che il cor-bezzolo, bacca di colore rosso di sapore dolce e leggermente acidulo, ha proprie-tà astringenti e antireumatiche? O che la giuggiola, originaria dell’Oriente, è ricca di vitamine e può essere utilizzata contro le irritazioni di bronchi e intestino? Per stupire i suoi ospiti, Katia ha creato dei menù a tema che propone nei diversi pe-riodi dell’anno: quello “magico” prevede zuppa della strega, con dente di leone, lin-gua di cane, artiglio di drago e coda caval-lina, il maiale antimalocchio, l’insalata del bosco incantato. In occasione della festa della donna, le ospiti assaggeranno me-lanzana della rosa, l’ombelico di Venere, il volo di farfalle al dolce cuore di Luisa, ta-gliolini alla contessa di Colorno, il piccolo scrigno dal cuore d’oro e la torta mimosa. Nelle proposte estive spiccano la zuppa di fiordalisi, i fagottini di rose, i margheri-toni ai papaveri, i pacchetti di lattuga al-la camomilla, il gelato alla calendula. Ka-tia organizza inoltre tutto l’anno corsi di cucina a base di erbe e frutti dimentica-ti. Una volta imparate le ricette, potrete trovare tutti gli ingredienti sui banchetti del mercatino serale delle erbe allestito nel centro storico tutti i venerdì di luglio, a partire dal 6, e di agosto fino al 24, dal-le 18 alle 24. Inoltre, nel corso delle sera-te potrete partecipare a incontri e confe-renze sulla coltivazione e l’uso di queste piante. I ristoranti casolani proporranno per l’occasione interessanti e gustosi me-nù e assaggi a base di erbe.

dove mangiareRistorante FavaPrezzo medio: 35 euro.Via Giuseppe Cenni, 70Tel. 0546 73908www.ristorantefava.it

Osteria della FonteDeve il suo nome alla presenza di un antico pozzo. È il luogo ideale per bere un buon bicchiere di Sangiovese locale ma non solo, data l’ampia scelta di etichette, abbinato alla degustazione di formaggi e salumi come la mora romagnola. Via Naldi, 20Brisighella (Ra)Tel. 3472927042www.osteriadellafonte2.it

Trattoria di Strada CasaleIl grande camino al centro della sala crea un’atmosfera accogliente. Materie prime di qualità per menù stagionali. Il locale si distingue per i secondi, soprattutto per le grigliate (prezzo medio: 40 euro)Via Strada Casale, 22Brisighella (Ra)Tel. 054688054

dove dormireBio residence Ri-generaSono cinque come i sensi che vengono stuzzicati, gli appartamenti di questa struttura che ritempra il fisico e la mente con bagni multisensoriali, docce idromassaggio, essenze per profumare l’ambiente e musica di sottofondo (100 euro l’appartamento con 3-4 posti letto).Via BelfioreTel. 054673793www.biorigenera.com

Agriturismo La FelceImmerso nel verde del Monte Mauro. Il momento più bello della giornata? La colazione: vi portano un cestino ripieno di sfiziose confetture di loro produzione (45 euro la doppia)Via Monte Mauro, 8/bZattaglia – Brisighella (Ra)Tel. 3388430029www.agriturismolafelce.it

Agriturismo La Ca’NovaPossibilità di passeggiate guidate a cavallo lungo i sentieri della vallata, escursioni a piedi lungo l’itinerario La corolla delle ginestre, oppure di concedersi una nuotata in piscina. All’interno, anche un museo della civiltà contadina (41 euro la doppia).Via Breta, 29Tel. 054675177www.agriturcanova.it

Scelti per voi

In alto, il Bioresidence Ringhiera, hotel interamente realizzato in bioedilizia. Sotto: pere volpine, tra le antiche specie di pera spesso dimenticate, e un invitante piatto con bomboniere di alchechengi e budino ai corbezzoli

71

Page 80: Ursa Major Magazine Luglio 2012
Page 81: Ursa Major Magazine Luglio 2012
Page 82: Ursa Major Magazine Luglio 2012

di Rosalia Imperato

Fagiolo Zolfino, memoria dell’Alta Val d’Arno

Nell’alta valle dell’Arno, tra le colline e le pen-dici montuose del Pratomagno, la passione e il lavoro di un piccolo ed “eroico” gruppo di agri-coltori toscani ha permesso di salvaguardare e rilanciare un prelibato prodotto tradizionale: il fagiolo Zolfino. «Tutto il nostro lavoro parte da un concetto molto semplice – afferma Mario Agostinelli, agricoltore e titolare dell’omonima azienda produttrice dello Zolfino – valorizzare il nostro territorio, conservando e migliorando quello che altri prima di noi ci hanno lasciato».

Lo zio d’AmericaIl fagiolo è una pianta erbacea annuale della fami-glia delle Fabaceae (o Leguminose) e della quale esistono più di 14.000 varietà, la maggior parte di queste originarie dell’America meridionale. Im-portato in Europa a seguito dei viaggi di Colombo, viene introdotto in Italia tra il 1528 e il 1532. La Toscana fu tra le prime regioni italiane ad assag-giare i nuovi fagioli. Il prodotto suscitò immediata-mente l’entusiasmo sia dei popolani che dei signo-ri, tanto che nel 1533 Alessandro de’ Medici ne donò alcuni alla sorella Caterina in occasione del-le sue nozze con Enrico II di Francia, introducen-do questo piatto anche nelle tavole d’oltralpe. Ai primi dell’Ottocento erano diverse le varietà colti-vate, e fino alla metà del ’900, quando l’agricoltura cominciò a perdere progressivamente importan-za, la coltivazione dei fagioli in Toscana continuò a rivestire un ruolo di notevole rilevanza. Le famiglie li coltivavano in buona parte per autoconsumo e rappresentavano un’importante base proteica del-la dieta alimentare dell’epoca. A partire dagli anni ’70, molte cultivar furono soppiantate da varietà più produttive e remunerative. Tra le cultivar “scal-zate” anche il buonissimo fagiolo Zolfino. «Si tratta di una varietà capricciosa alla germinazione, insof-ferente alle irrigazioni, delicata nella conservazio-ne e, soprattutto, dal raccolto spesso esiguo», spie-ga Agostinelli. «Facile capire, quindi, perché abbia rischiato l’estinzione. Fortunatamente lo Zolfino è stato gelosamente tramandato negli anni dal-le popolazioni che qui hanno abitato. Per genera-zioni, agricoltori del territorio hanno continuato a

C’è un legame fortissimo, un vincolo secolare, tra questo legume dalla limitatissima produzione

e la sua terra d’elezione. Tanto che i produttori non hanno mai smesso di coltivarlo

e di custodirlo. Oggi, consapevoli della sua bontà e della sua importanza, vogliono offrire tale patrimonio

alla conoscenza di chi è in cerca di sapori antichi

cibo&territorio

7474

Page 83: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Il vino idealePerfetto per accompagnare un delizioso piatto di fagioli Zolfino è il Contessa di Radda Chianti Classico Docg del Chianti Geografico, ottenuto da uve Sangiovese, Colorino e Canaiolo. Il Contessa di Radda Chianti Classico Docg si presenta di colore rosso rubino. Al naso offre intensi sentori di fiori, con una netta predominanza di viole mammola. Al palato è ricco e ripropone le sensazioni floreali unite a un buon finale lievemente tannico.

Chianti GeograficoVia Mulinaccio, 10 Gaiole in Chianti (Si)Tel. 0577749489 www.chiantigeografico.it

dove mangiareRistorante Il CanniccioUn locale piacevole e accogliente dove mangiare piatti semplici e gustosi e godere dei sapori tipici della cucina locale. Prezzo medio: 35 euro.loc. Torre del Castellano, 68 Reggello (Fi) Tel. 055863274ww.ristoranteilcanniccio.com

dove dormireIl FalconiereUna tipica villa di metà Seicento interamente ristrutturata e trasformata in relais di campagna. A disposizione degli ospiti una ventina di camere elegantemente arredate, che rispecchiano lo stile di raffinata semplicità tipico delle più importanti case toscane. Il ristorante, posto su due piani con una bella veranda in vetro e ferro battuto, propone una cucina dai sapori autentici. Camera doppia da 190 euro.loc. San Martino, 370 - Cortona (Ar)Tel. 0575612679www.ilfalconiere.com

dove comprarePodere Il MercataleIl luogo ideale dove acquistare l’ottimo fagiolo Zolfino e le altre produzioni locali: il cecino rosa e il fagiolo Toscanello.Piazza Manin, 1 - Leccio Reggello (Fi)Tel. 0558657698www.agostinellimario.com

Scelti per voi

semina-re questo

fagiolo nono-stante le difficoltà

e le fatiche che il pro-dotto richiede».

Così buono da essere imitato«In questi anni, attraverso un accurato lavoro di ricerca in collaborazione con il professor Stefano Benedettelli dell’Università di Firenze – continua Agostinelli –, siamo riusciti a recuperare svariati ecotipi, ma diverse linee genetiche sono irrime-diabilmente scomparse con coloro che ne custo-divano i semi». «Oggi il fagiolo Zolfino – conclude Agostinelli – rappresenta un mito dell’agricoltura e della gastronomia toscana. Raro, ricercatissimo, costoso e addirittura copiato e falsificato da imi-tazioni di scarsa qualità. Un successo frutto cer-tamente della passione di chi, come me, coltiva questo prodotto, ma soprattutto il risultato delle sue caratteristiche organolettiche». Il fagiolo Zol-fino (varietà nana di Phaesolus vulgaris), chiamato così per il colore giallo paglierino simile a quello dei cristalli di zolfo, presenta una buccia sottile e finissima che, a detta dei buongustai, “si scioglie in bocca” (caratteristica questa che gli conferisce un’alta digeribilità), una pasta densa e cremosa e un sapore intenso. Dal punto di vista nutriziona-le il fagiolo Zolfino presenta un elevato numero di glucidi, amido e proteine. Occorre sottolineare però che lo Zolfino, pur contenendo una buona quantità di proteine (100 gr di fagioli Zolfino con-tengono 24 gr di proteine), non vengono utilizzate dall’organismo perché mancano di due aminoaci-di essenziali, la metionina e la cistina. Per sopperire a tale carenza, e utilizzare quindi la componente proteica presente nel prodotto, è necessario con-sumarli con pane o pasta: combinando, ad esem-pio, 150 gr di pasta con 50 gr di fagioli Zolfino. Per la presenza di antiossidanti, di fitoestrogeni, di saponine, di oligosaccaridi – tutte sostanze che nell’organismo promuovono la salute – lo Zolfino può essere annoverato tra gli “alimenti funziona-li”. Sono inoltre ricchi di fibra, in particolare nella

buccia (cellulosa, emicellulosa, pectina, lignina), che previene stipsi ed emorroidi. Infine, fornisco-no notevoli benefici all’intestino, soprattutto nel-la prevenzione dei tumori al colon. In cucina dà il meglio di sé nella preparazione delle ricette tradi-zionali del luogo: il crostone cavolo nero e fagioli, la ribollita, la minestra di pane, la pasta e fagioli. Piatti dalla cottura lunga, anche tre o quattro ore, preferibilmente in tegami di coccio e magari tra la cenere e la brace, per un bollicchiare lentissimo dove il vero Zolfino rimane sempre intatto. Ma lo Zolfino è ottimo anche semplicemente con-dito con olio extravergine di oliva, magari come contorno di appetitose cotenne di maiale o di una succulenta bistecca di Chianina in abbinamento con un buon vino toscano.

75

Page 84: Ursa Major Magazine Luglio 2012

cibo&territorio

Scomparsa a metà del XIX secolo perché legata agli approvvigionamenti di costose spezie esotiche e praticamente impossibile da conservare, oggi questa prelibatezza modenese al profumo di zenzero e zafferano torna a entusiasmare i palati emiliani. E c’è già chi s’ingegna per copiarla…

di Isa Grassano

Street food ante litteram e di qualità. Così può essere definita la sulsezza zala, la sal-siccia gialla, specialità modenese scompar-sa dalla tradizione gastronomica intorno al 1821 (le sue ultime tracce comparivano nel listino della storica drogheria Giusti di Modena), già citata nel poema La Secchia Rapita di Alessandro Tassoni e oggi torna-ta sulle tavole, dopo un accurato studio sui libri di storia. A riproporla è stato lo chef Paolo Reggiani, nel suo ristorante Laghi a Campogalliano (la sua avventura è raccon-tata nel libro La Cucina Ritrovata di Andrea Guolo, Morellini Editore) che l’ha riscoper-ta insieme a Rosalba Caffo Dallari, gastro-noma e storica della città della Ghirlandina. Gli ingredienti? Carni suine selezionate, in precise proporzioni tra parti grasse e magre, quindi unite a zafferano, zenzero, cannella, chiodi di garofano tritati, parmigiano reg-giano grattugiato finemente, pepe e tanto, tantissimo sale ai fini della conservazione.

Salsiccia gialla alla riscossa

76

Page 85: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Storia di una rinascita Si dice che nei pressi di Piazza Grande, prima del suo declino, vi fossero diver-si chioschi dove la salsiccia era bollita e venduta in un sapidissimo panino di ca-stagne. «L’abbinamento perfetto – ci di-ce lo chef Reggiani – è tuttora con il pane di castagne, perché il sapore è enfatizzato dal contrasto con lo zafferano». Ma perché era scomparsa? «Anche a quei tempi c’era crisi» aggiunge Reggiani. «Era un prodot-to che costava troppo perché legato agli approvvigionamenti delle spezie, zaffera-no e zenzero, non propriamente emilia-ne, e poi doveva essere consumata fresca, quindi non poteva durare a lungo per far-ne scorta. Così, nel momento in cui il du-cato di Modena passò sotto il Regno d’Ita-lia, la zala non resse l’urto di insaccati più economici importati da altre città e perse la sua battaglia con i prodotti che si presta-vano, invece, a una lavorazione industria-

dove mangiarlaLa salsiccia gialla si può gustare solamente al ristorante Laghi, nel mezzo del parco naturale del Secchia, vicino a una serie di laghetti formatisi dal fiume. Si mangia all’aria aperta, sotto una veranda ombreggiata. Cucina raffinata. In menù, oltre alla specialità riscoperta della salsiccia gialla, ci sono tutti i piatti della tradizione emiliana. Via Albone, 27Campogalliano (Mo) Tel. 059526988Prezzo medio: 25 euroChiusura: il mercoledì fino a settembre. Da ottobre a maggio apre solo il fine settimana.

Gramigna con salsiccia giallaIngredienti: (per quattro persone) 320 gr di gramigna al torchio150 gr salsiccia gialla1 cipolla gialla invernale30 gr di burropoche gocce, a piacere, di aceto balsamico tradizionale di Modenasale e pepe q.b. Dopo aver fatto stufare la cipolla nel burro fuso avendola precedentemente tagliata molto fine, aggiungere la salsiccia gialla: alzare la fiamma e cuocere per circa 15 minuti. Nel frattempo, cuocere la pasta in acqua salata e scolare al dente: successivamente, riporla nella padella insieme alla salsiccia e mantecare il tutto. Travasare in una zuppiera e dopo aver lasciato riposare qualche minuto, porzionare in piatti singoli e completare versando qualche goccia di aceto balsamico tradizionale di Modena.

le, tra cui lo zampone e il cotechino». La salsiccia viene prodotta ancora a mano da Reggiani e la sua equipe, con una produ-zione settimanale al bisogno (circa 5 chili) e viene servita con le tagliatelle, anch’es-se rigorosamente fatte in casa, passata in padella e unita con dei gustosi pani alle castagne, non lesinando una generosa do-se d’aceto balsamico tradizionale. Il tocco in più? Servita con lo zenzero candito, per dare anche un gusto esotico. «Vediamo che la nostra clientela è incuriosita da questa ri-scoperta, soprattutto gli anziani ne ricono-scono una parte dei sapori della speziatu-ra. E per tutelare questa nostra eccellenza, abbiamo chiesto il marchio di specializza-zione garantita, perché fuori Modena qual-cuno sta già iniziando a copiarla. Spero che possa essere un motivo di rilancio per tutto il territorio, soprattutto in questo periodo in cui la nostra zona è stata così colpita dal terremoto», conclude Reggiani.

Scelti per voi

“Per tutelare questa nostra eccellenza, abbiamo chiesto

il marchio di specializzazione garantita”, dichiara

Paolo Reggiani

Al ristorante Laghi (a sinistra), Paolo Reggiani (in apertura) serve la salsiccia gialla con tagliatelle fatte in casa e pani alle castagne

77

Page 86: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Dal cibo dei nonni di ieriallo street food di oggi

“Conoscere i luoghi, vicini o lontani - scriveva Goethe - non vale la pena, non è che teoria: saper dove meglio si spini la birra è pratica vera e geografia”. Provare i cibi di strada avvicina alla cultura della località visitata, e arricchisce l’esperienza del viaggio di un gusto inatteso

di Elena Conti

cibo&territorio

78

Page 87: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Dal cibo dei nonni di ieriallo street food di oggi

Se prima era la quotidianità, oggi parlare di cibo da strada è quasi un vezzo, una ricerca-tezza che porta alla riscoperta dei piccoli ge-sti del vivere ed è sempre più diffuso il piacere di andare a caccia di tutti quei sapori indimen-ticabili che vanno rigorosamente gustati in strada. La cucina on the road, o street food, ribalta mol-te delle regole “della casa”. Il consumo del cibo, svincolato dagli orari, diventa un fatto privato, perché spesso si va da soli, ma al tempo stesso si afferma come momento pubblico, perché avviene in strada, in rapporto alla collettività. Si è soli e allo stesso tempo si è insieme agli al-tri: ciò crea un’atmosfera spontanea di com-plicità tra gli avventori. Questo rende più fa-cile scambiare battute fra sconosciuti, favori-ti dalla situazione che induce un inusuale senso di confidenza. In pratica, la cucina di strada facilita la comunicazione.

Sulle rotte del cibo da strada toscanoLa Toscana ha un lunga tradizione di cibi di strada, che spaziano dal salato al dolce e affondano le lo-ro radici negli antichi mestieri e nella ritualità re-ligiosa che sottolineava le ricorrenze con la prepa-razione di determinati piatti. Chioschi, carretti, banchini, bici attrezzate, latterie e friggitorie con affaccio sul marciapiede, erano i luoghi del cibo di strada; oggi le nuove regole sa-nitarie per la somministrazione dei cibi, impongono maggiori vin-coli, ma spesso l’aspetto resta lo stesso. In Toscana, cibo da strada è il Lampredotto, la Trippa, i Roventini, come anche i Sanguinacci, i Pa-nigacci, la Porchetta di Monte San Savino, la Ce-cina, il Pan co’i Grifi, le Frit-telle di San Giuseppe, il Ca-stagnaccio e i Necci, ma forse l’elenco potrebbe essere ancora più lungo. Sono tutti cibi che stan-no vivendo una grande riscoperta gra-zie allo street food, che garantisce cibo ge-

79

In Toscana, cibo da strada è il Lampredotto, la Trippa, i Roventini, come anche i Sanguinacci, i Panigacci, la Porchetta di Monte San Savino, la Cecina, il Pan co’i Grifi, le Frittelle di San Giuseppe, il Castagnaccio e i Necci, ma l’elenco potrebbe essere ancora più lungo

In apertura un classico chioschetto, custode spesso inconsapevole della

tradizione gastronomica del territorio. A destra un piatto di Testaroli della Lunigiana, passati da classico cibo

di strada a rarità da ristorante

Page 88: Ursa Major Magazine Luglio 2012

nuino a buon mercato, pronto a ogni ora della giornata. Alcuni di questi cibi non sono mai tra-montati, sono rimasti anzi nella tradizione locale, ma nel tempo hanno perso le loro origini po-polari diventando quasi chic, un feno-meno di moda. È il caso del Lam-predotto a Firenze. Era il cibo dei mercati generali, per colazioni ipercaloriche dopo la fatica fi-sica, oggi è il pranzo trendy degli avvocati del palazzo di Giustizia, che si avvicinano al chiosco alla pausa pranzo e spostano indietro la cravatta per non sporcarla con il sugo che scivola dal panino. A Firenze, nei banchini più tradizionali, in piazza del Porcellino, piuttosto che a San Lorenzo, ci trovi turisti giapponesi e signore ingioiellate, mam-me con i carrozzini e conducenti di autobus. Per gustare i sapori veri di Firenze, per conoscerli, ba-sta avere la voglia di assaggiare le ghiottonerie più tradizionali, scendendo in strada. Perché il Lam-predotto non è cibo da turisti, ma è storia e tradi-zione e racconta la vita di un popolo, che per quel-le strade è passato e in esse ha vissuto. Il Lampredotto è il quarto incavo dello stomaco del vitellone, lessato. Viene fatto cuocere in acqua sa-lata con odori e qualche pomodoro, per ore, finché non diventa tenero. Poi viene prelevato dal pen-tolone e sminuzzato su un tagliere, per essere ser-vito nel panino che i fiorentini chiamano "semel-le" con l’aggiunta, a seconda dei gusti, di condimenti che vanno dal semplice sale e pepe, alla classica salsa verde, fino ad arrivare all’olio pic-cante. Il trippaio tuffa nel sugo del pentolone la calotta superiore del panino, che poi verrà servito gustoso e gocciolante. Originario di Firenze e pro-vincia, oggi i chioschi di trippai e venditori di Lam-predotto sono diffusi in buona parte della Toscana, ma la globalizzazione ha fatto sì che se ne trovino gestiti anche da cinesi. Come i vinai, un tempo luoghi popolari, oggi si sono trasformati in eno-teche e quello che una volta era economico, di-venta improvvisamente costoso, perché di moda.

Il Lampredotto era il cibo dei

mercati generali, per colazioni ipercaloriche

dopo la fatica fisica, oggi è il pranzo trendy degli avvocati del palazzo

di Giustizia

In alto, un chiosco in piazza del Porcellino e, sotto, una bancarella del Mercato di San Lorenzo. Entrambi questi luoghi classici

del cibo di strada fiorentino si sono trasformati in attrazioni per turisti e punto di riferimento per chi ama essere sempre di tendenza

cibo&territorio

80

Page 89: Ursa Major Magazine Luglio 2012

È successo con il Baccalà alla fiorentina, oggi riproposto nei menù di ristoranti at-tenti alla tradizione, o alla Cecina, torta di farina, ceci, olio e pepe, che alle sue origini era un piatto povero. Negli anni Trenta a Firenze, la mattina passava un uomo in bi-cicletta con la cesta e gridava: “ranocchi, frittura e pesci d’Arno”, questa era tutta la sua mercanzia. Oggi i pesci d’Arno sono inquinati e le rane si comprano solo surge-late, dopo che hanno perso il loro aspetto poco invitante. E perché in Toscana esiste il detto "crescere a castagne e funghi"? Per-ché i poveri avevano questo a disposizione, direttamente nel bosco. Oggi i funghi sono costosi e arrivano tutti dall’Est.

Da pasti poveri a pietanze chic Fra i sapori ormai scomparsi, ci sono sicu-ramente i Roventini, che qualcuno chiama anche Sanguinacci, una specie di frittellina che poteva essere dolce o salata. Venivano fatti con sangue di maiale e farina, aroma-tizzati con spezie, serviti cosparsi di zuc-chero o pecorino grattugiato. La loro fine è stata causata dall’applicazione delle nuo-ve regole igieniche, ma da qualche parte sembra sia ancora possibile gustarli, soprat-tutto nel periodo tradizionale per la ma-cellazione del maiale. E cosa dire del Ca-stagnaccio e della Pattona, polenta dolce di farina di castagne? Dei Coccoli o degli Gnocchi fritti? E se Livorno e Viareggio erano famose per la Cecina, in Lunigiana il dolce di strada più diffuso erano i Testa-roli, detti Necci sulla montagna pistoiese, fatti con farina dolce di castagne e ricotta freschissima. Tutti cibi ormai scomparsi dalle nostre strade, che rispuntano nei for-ni e nei ristoranti, spesso anche nei merca-ti o nelle fiere, come accade per le frittelle di S. Giuseppe, fatte di riso stracotto nel latte, fritto in piccole palline e cosparso di zucchero semolato. Si trovano solo fra feb-braio e marzo, anche in piazza del Campo

a Siena e riscompaiono per il resto dell’anno. Una tradizione amatissima da grandi e piccini, apprezzata dai tu-risti incuriositi dalle lunghe file di per-sone in attesa di assaporare una caldis-sima delizia che racchiude il sapore del tempo perduto. A Massa e Carrara è possibile gustare i Testaroli, ormai pre-valentemente nei ristoranti, perché purtroppo sono sempre meno i chio-schi e i carretti. I Testaroli della Luni-giana sono considerati la più antica pa-stasciutta del mondo, in quanto erano già consumati ai tempi dell’impero ro-mano; prendono il nome dal “testo”, originariamente in argilla, oggi in ghi-sa. Sempre in Toscana, alle pendici dell’Amiata, nel versante della Val d’Orcia, patrimonio dell’Umanità per l’Unesco, sopravvive un altro cibo di strada, il Ciaffagnone, un gustoso tortino a base di farina e acqua. In pro-vincia di Arezzo, a Monte San Savino, la tradizione del cibo di strada si affer-ma prepotentemente nella Porchetta, famosa per la sua carne tenera e suc-culenta, l’aroma unico dato dalle spe-zie segrete usate per aromatizzare e la crosta particolarmente croccante. Viene fatta usando un maiale intero, salato abbondantemente, cosparso di aglio e altri aromi, farcito con pezzi di fegato, arricchito con finocchio sel-vatico, cotto allo spiedo sulla brace del forno a legna. Scelti per voi

Firenze - Banchini dei “trippai” • Mario Albergucci, Piazzale di Porta Romana • Lorenzo Ancilli, Piazza Artom • Marco Bolognesi, Via Gioberti (piazza Beccaria) • Alessio Farolfi, Via Aretina (angolo via Casaccia) • Orazio Nencioni, Loggia del Porcellino • Sergio Pollini, Via de’ Macci (angolo Borgo la Croce) • Leonardo Torrini, Viale Giannotti (piazzetta del Bandino) • Lupen e Margo (ex La Trippaia), Via dell’Ariento (angolo via Sant’Antonino) • Il Trippaio di Firenze, Via Maso Finiguerra (angolo via Palazzuolo)

Dall'alto, la porchetta di Monte San Savino, famosa per la sua carne tenera e succulenta, la Pattona di Necci, polenta dolce di farina di castagne, e i Testaroli della Lunigiana, la più antica pastasciutta del mondo

Page 90: Ursa Major Magazine Luglio 2012

82

Paolo Pongolini ride quando gli chiedo di rac-contarmi ancora una volta la storia del suo Strolghino. Ma poi, ricordandosi di essere, oltre a un appassionato archeologo del gusto, anche un produttore di salumi da generazioni, con pazienza ricomincia: «Dopo che abbiamo smontato il mu-scolo principale della coscia del maiale per fare il Culatello – con quello che restava un tempo si fa-ceva il Fiocchetto, più piccolo e di minor pregio – con tutte le rifilature rimaste, macinate, salate e

Un viaggio sulla via Emilia, tra Parma e Fidenza, in mezzo a culatelli, strolghini, culatte, spallotti e salami, per

incontrare un giovane produttore di salumi con la passione per quei gusti che rischiano di perdersi per sempre

Paolo Pongolini: «Così ho strolgato

lo Strolghino»

pepate, facciamo lo Strolghino. È un salame molto più piccolo e magro del Felino o del Var-zi, che dopo 20 o 30 giorni è già pronto da man-giare». Un piccolo salame di Culatello, dunque, così magro, da poter essere mangiato prima di tutti gli altri e che nelle campagne della Bassa di un tempo serviva per vaticinare sulla bontà, o meno, dei salami di quell’anno. Non a caso, da queste parti intuire si dice ancora strolgare, che va bene anche per scoprire qualche cosa di nuo-vo. Proprio come ha fatto Paolo Pongolini strol-gando di riscoprire lo Strolghino, il cui nome, guarda caso, significa letteralmente maghetto, dall’etimo longobardo strolga, strega. Un ma-ghetto che non piace solo nella Bassa. «Lo Strol-ghino – continua Pongolini – è un salame molto facile, magro, dolce che incontra un po’ i gusti di tutti, non solo degli intenditori. In fondo il no-stro lavoro in tutti questi anni è stato proprio questo: “snicchiare” i prodotti di nicchia per ri-uscire a proporli a un pubblico sempre più am-pio». Insomma, democrazia del gusto a tavola, un po’ com’è successo per i vini di queste parti: chi se lo sarebbe immaginato fino a qualche anno fa il successo del Lambrusco? Eppure oggi è tra le bollicine rosse più apprezzate. «D’altronde far bene le cose semplici è la cosa più difficile al mon-do – aggiunge Paolo – ma, a quanto pare, da que-ste parti riesce bene a parecchie persone». Da qualche anno lo Strolghino è sbarcato anche a Londra, dove lo si trova sugli scaffali di Harrods, i famosissimi grandi magazzini di Brompton Ro-ad che possono vantare di essere fra i fornitori della Regina. E oltre Londra, anche Parigi e Mo-sca, giusto a decretare un successo che, a questo punto, definire mondiale non è eccessivo.

Felino e Culatello: una lectio magistralisFa già caldo qui a La Fattoria di Paolo Pongolini, che ha sede sulla via Emilia fra Parma a Fidenza, a Sanguinaro per la precisione, dove ai primi di giugno è già tempo di zanzare e afa: ma visto che “Non si va al mulino senza infarinarsi” figu-riamoci la fine che si potrà mai fare in un salu-mificio… «Questo è il nostro Salame di Felino

cibo&territorio

di Luca Campana

Sanguinaro frazione di Noceto

Emilia Romagna

Page 91: Ursa Major Magazine Luglio 2012

83

Paolo Pongolini mentre affetta un salame di Felino riserva Sant’Antonio. La Fattoria di Parma Srl si trova al 96 della Strada Nazionale Emilia a Sanguinaro . Info: Tel. 0521825137 - www.lafattoria.it

Igp riserva Sant’Antonio – spiega Pongolini attaccando con un coltellaccio un Gentile che supera il chilo – è un salame tradizionale che noi produciamo rispettando il rigido discipli-nare imposto dall’Igp, utilizzando un taglio molto pregiato del maiale, la sottospalla: per capirci ce ne sono solo 4 o 5 chili per maiale». Noblesse oblige, aggiungiamo noi, nel mentre il nostro ospite ci spiega che «Quando si sce-glie di puntare sulla qualità non ci possono essere mezze misure. Pensi che in queste set-timane, tanto per continuare a parlare dei no-stri salami di Felino, stiamo mettendo a pun-to Puro, un Felino prodotto senza l’utilizzo nitrati e conservanti». Un progetto a cui sta lavorando da mesi insieme ai suoi fornitori di celle frigorifere e in costante contatto con i ricercatori dell’Università di Perugia, per ot-tenere una “pastorizzazione” delle carni attra-verso un trattamento termico. Un Felino in purezza, dunque. E dopo uno Strolghino, un Felino e un’anteprima di Puro, in un crescen-do quasi wagneriano, Pongolini mette mano a uno Spallotto, ottenuto dal muscolo princi-pale della zampa anteriore del maiale stagio-nato con la sua cotenna: praticamente una Culatta anteriore. «C’è una bella differenza – prosegue nella sua lectio magistralis – tra la stagionatura con la cotenna, come quella del-la Spallotto e della Culatta, e quella nella ve-scica, come succede per il Culatello, perchè la cotenna protegge la carne durante la sta-gionatura. Questo consente al magro di pren-dere meno sale e anche di rimanere più mor-bido, come succede nel Prosciutto. Nel Culatello, invece, solo una porzione di carne è protetta dal grasso sottocutaneo: l’altra par-te, quella a contatto con l’osso, è completa-mente priva di grasso e rischia di indurirsi troppo durante la stagionatura». Ecco dove sta la difficoltà nel fare un buon Culatello, che non deve essere troppo salato e deve conser-vare la fragranza e la morbidezza delle carni anche dopo due anni di cantina. «Praticamen-te la differenza tra un Culatello buono e uno

balordo – azzardiamo noi – è la stessa che passa tra una fetta di chiappa di maiale mummificata a una buona fetta di questo Principe delle Nebbie». «Sì, se vogliamo dirla così – risponde lui – anche se in realtà i fattori, chimici e climatici, che contri-buiscono alla stagionatura di un buon Culatello sono un mix ancora più complicato, senza contare i segreti più segreti della sua lavorazione che ven-gono tramandati di padre in figlio». «Ne vale la pe-na?» gli chiediamo salutandolo. «La soddisfazione personale di vedere uscire dalla stagionatura i tuoi salumi proprio come te li eri immaginati e sapere che sono apprezzati in tutto il mondo, ti ripaga di qualsiasi sforzo. L’amore per la propria terra e per le proprie radici è una di quelle malattie da cui non si guarisce mai». Per fortuna, aggiungiamo noi.

Da queste parti “strolgare”, vuol dire intuire, scoprire qualche cosa di nuovo. Proprio come ha fatto Paolo Pongolini strolgando di riscoprire lo Strolghino, il cui nome, guarda caso, significa letteralmente maghetto, dall’etimo longobardo strolga, strega

dove mangiareTrattoria Squeri Ambiente tradizionale e ottima cucina parmigiana.Prezzo medio: 25 euro.Via Varano, 78Cella di Noceto (Pr)Tel. 0521629119 La stella d’oroCucina parmigiana tradizionale rivisitata da uno chef stellato. L’ambiente è raffinato e la struttura offre anche la possibilità di pernottare. Prezzo medio: 40-45 euro.Via Mazzini, 8 - Soragna (Pr)www.ristorantestelladoro.it

Scelti per voi

Page 92: Ursa Major Magazine Luglio 2012

A gettare il guanto, pardon l’impasto, sulla pianu-ra di Puglia contro gli eredi di Ettore Fieramosca e compagni, questa volta non sono i cavalieri francesi in armi, ma poco ci manca. È infatti la zona occita-na della cuneese Valle Stura, che dalla Francia dista due passi, a rivendicare a sé con orgoglio l’origine della più tipica tra le paste pugliesi. E tra spianata e spianatoia il passo é breve… «Qui usiamo farina di grano tenero e acqua, in passato anche soltanto farina di segala o di frumento, questa è una terra povera – così ci raccontano all’Osteria della Pace di Sambuco (Cuneo), che dei crouzet, il nome lo-cale delle orecchiette, sono artefici sublimi – lavoriamo col pollice strascinato sulla spianatoia, in modo da for-mare le rughe che si vedono all’esterno quando l’orec-chietta viene rovesciata. Giù in Puglia invece usano la punta del coltello e il loro è un impasto più nobile, di grano duro. Ma l’aspetto finale è sostanzialmente lo stesso. Sono stati gli Angioini, quando passarono di qui nel Medioevo, a portarle al Sud: le avevano assag-giate in queste valli, tra noi e il Col di Tenda, e si vede che a loro erano piaciute!».«Che la presenza in Puglia delle orecchiette si debba agli Angioini quando arrivarono qui dalla Francia, l’ho sempre saputo – ci conferma senza troppi problemi la chef del Ristorante Pasha di Conversano (Bari) – inizial-mente erano dischi di pasta a cui poi noi abbiamo dato la forma concava. Ma che le facessero già allora, e che continuino a farle, anche in Piemonte, davvero non lo

sapevo! È vero, noi usiamo la punta del coltello e poi le rovesciamo sul pollice. Nel nostro ristorante in par-ticolare sono di grano arso, dalla forma piuttosto ab-bondante, a differenza di quelle tradizionali del centro storico di Bari dove sono molto piccole. Ma sulle di-mensioni non c’è una vera e propria tradizione, anzi! Quasi ogni famiglia vanta la propria».Da un rapido consulto dei sacri testi, la questione ap-pare piuttosto controversa. Se lo storico della cucina pugliese Luigi Sada riconosce come antenate delle orecchiette addirittura le lixulae citate da Varrone, c’è invece chi le fa risalire agli ebrei di Sannicandro e al loro dolce rituale detto Orecchie di Aman. Ma è altre-sì vero che da tempi remoti, in Provenza, si produceva una pasta dalla forma simile, che poteva essere facil-mente essiccata e conservata per i periodi di carestia. E se pensiamo che gli Angioini, signori del territorio pugliese fin dal XIII secolo, prima di arrivare in Puglia avevano occupato varie zone del Piemonte, tra cui la provincia di Cuneo con annessa la valle Stura, ecco che le ipotesi delle possibili origini piemontesi delle orecchiette non sono poi così remote.Per il momento, in attesa che la disfida venga amabil-mente raccolta e magari arricchita di ulteriori dettagli, non sarebbe male sperimentare sul campo, in una nobile gara, il reale valore dei due contendenti: crouzet con pa-tate e porri o con la bagna grisa contro orecchiette con le cime di rapa o con passata di pomodoro e basilico e cacio ricotta di bufala. Troppo difficile dire: vinca il migliore?

C’è una nobile contesa in corso tra la terra di Piemonte e quella di Puglia: a chi spetta l’onore di aver dato i natali alla pasta che fu cara agli Angioini?

La disfida dell’orecchietta

Osteria della PaceVia Umberto I, 32Sambuco (Cn)Tel. 017196550 www.albergodellapace.com

Ristorante PashaPiazza Castello, 57Conversano (Ba)Tel. 0804951079www.pashaconversano.it

84

la storia in cucina di Silvana Delfuoco

Page 93: Ursa Major Magazine Luglio 2012
Page 94: Ursa Major Magazine Luglio 2012

GruppoMangiarsanoGerminal

Gruppo Mangiarsano Germinal Via Staizza 50, 31033 Castelfranco Veneto (TV) Tel. +39 0423 420099 - fax +39 0423 496128 www.mangiarsanogerminal.it - www.nutrilatuasalute.it

Da più di trent’anni Il Mangiarsano e Germinal lavorano nel mercato dei cibi biologici e salutistici condividendo la convinzione che un’alimentazione semplice e naturale è la base di uno stile di vita sano. Nel tempo questa convinzione è diventata una consapevolezza comune ad un numero crescente di persone, che hanno cominciato a premiare la nostra dedizione a proporre cibi in grado di nutrire la salute dell’uomo.Oggi il Gruppo MangiarsanoGerminal è un’azienda leader nel settore e si propone al pubblico con tre marchi di prodotto.

SostenibilitàIl rispetto dell’uomo e dell’ambiente sono i due punti focali del nostro lavoro, per questo da sempre sposiamo alla nostra attività un progetto di sostenibilità. Le materie prime che processiamo provengono da una filiera corta, controllata e garantita, per valorizzare l’eccellenza dei prodotti agroalimentari italiani e garantire la qualità dei nostri prodotti, dalla semina del grano allo scaffale del supermercato. Per le materie prime di provenienza estera (zucchero di canna e cacao, ad esempio), ci affidiamo ad operatori del commercio equo e solidale, così come tutta la carta che lavoriamo o utilizziamo proviene da filiera FSC. Queste organizzazioni garantiscono la tutela dei diritti dei lavoratori ed il rispetto delle norme a salvaguardia dell’ambiente.Abbiamo raccolto tutta la nostra esperienza in una pubblicazione, disponibile gratuitamente nel nostro sito:http://www.mangiarsanogerminal.com/ita/sostenibilita

Nutr

i la

tua

salu

te

Page 95: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Germinal BioMarchio storico nel settore del biologico, racchiude un’ampia gamma di prodotti biologici, dai succhi di frutta alla biscotteria, dalle merende ai condimenti, dai cereali per la prima colazione ai sostituti del pane. In tanti anni il nostro approccio non è mai cambiato: ricerchiamo e selezioniamo con cura le migliori materie prime ed utilizziamo solamente ingredienti che rispondano agli standard qualitativi da noi fissati, per formulare alimenti in grado di soddisfare il palato e nutrire la nostra salute.

MangiarsanoIl marchio Mangiarsano rappresenta la nostra proposta di benessere per tutti. La linea è composta da prodotti salutistici, senza coloranti, conservanti, grassi idrogenati e OGM, dedicati a tutta la famiglia oltre ad una linea di referenze senza glutine dedicate a chi soffre di allergia, intolleranza, o semplicemente apprezza la pienezza del gusto e la straordinaria leggerezza dei nostri prodotti.

Biobimbo – BiojuniorIl marchio Biobimbo nasce dalla volontà di presentare al mercato una completa linea di alimenti biologici per bambini da 0 a 3 anni, formulati per le esigenze nutrizionali della prima infanzia e per rassicurare anche le mamme più esigenti.Crescono i bambini, aumentano le loro esigenze, si sviluppano i loro gusti. I prodotti Biojunior li accompagnano dalla prima colazione alla scuola, assicurando oltre ad un corretto apporto nutritivo anche i primi spunti per imparare a leggere, scrivere, conoscere la forma delle cose e sviluppare la fantasia. I biscotti e i cereali dalle forme originali possono aiutare anche i bimbi più inappetenti a consumare un’adeguata prima colazione.

Page 96: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Amici molisani hanno avuto una bellissima idea: Extrascape. Si tratta di un concorso internazio-nale che premia i migliori oli, a patto però che provengano da oliveti esteticamente rilevanti, condotti con criteri sostenibili, gestiti con l’etica delle buone pratiche ambientali e agricole. Non si premia più una tecnica estrattiva seppur magi-strale ma un territorio, il risultato dell’intervento umano sull’ambiente, la bellezza di un compor-tamento, la poesia di sentimenti agresti vissuti in silenzio, che avevano come specchio solo oli-vi, zolle e cielo. È di questa bellezza che l’Italia è ricca. È di questo che gli stranieri si innamorano e di questo che noi non ci siamo mai accorti ab-bastanza da scommetterci il nostro futuro. Forse ci abbiamo fatto l’abitudine, ma non è un buon motivo per non trarne risorse per noi e per i no-stri figli. Sul territorio italiano crescono 628 va-rietà di olivi (cultivar), il 40% di tutte le varietà esistenti sul nostro pianeta, e sono tutte diverse, per il portamento arboreo, la forma delle foglie

e delle olive. E sono diversi i loro oli che hanno profumi caratteristici e tipici di pomodoro, car-ciofo, mandorla, sedano, etc. Chi ha fatto qual-che incursione vacanziera in territorio francese sa che lì ogni cittadina, paesotto, contrada fa a gara per caratterizzare e vantare la propria pro-duzione. Per restare nel mondo oleicolo, a sud della Francia, nel dipartimento della Drôme, re-gione del Rodano-Alpi, c’è un paesotto di 7000 anime, Nyons, dove cresce la cultivar Tanche. Le sue olive da secoli vengono lasciate annerire in sacchi e dopo che sono stramature e scola-no nero, a marzo, vengono frante. All’assaggio si evidenzia un deciso difetto “riscaldo”, che a qualcuno, dotato di smisurata fantasia, ricorda il mirtillo. Questo è un olio difettato senza mez-zi termini, che mai più potrebbe fregiarsi della classificazione di legge di extravergine, secondo il CE 640/08, valido anche in Francia; ma i fran-cesi di quella zona, in virtù della storia, della ri-chiesta di quest’olio sul mercato da ormai più di un secolo – olio su cui ogni anno imperniano la loro sagra paesana – e della loro insistenza, convinta e battagliera, sono riusciti adottenere dall’Ue, l’Appellation Vierge. Avevano insistito per ottenere addirittura la classifica di Vierge Extra ma la UE ha concesso solo la “vergine”. Assaggiando più campioni, in certi casi il difet-to è così marcato da meritare la classifica di olio “vergine lampante” e quindi non commercia-bile. In Francia però si dice (e si fa) à la guerre comme à la guerre. Questo è un esempio di co-me si valorizza il territorio, ci si batte fino alla fi-ne. La Francia produce solo 4mila tonnellate di olio l’anno mentre l’Italia ne produce 450mila. Ecco, pure con un decimo di produzione, i fran-cesi hanno preteso e ottenuto il riconoscimento di un olio “difettato” come una specialità locale. Oggi c’è anche chi fa l’extravergine, ma intan-to il mercato è stato creato e mantenuto. Tanto per capire quanto vale questo mercato si vende 250 ml di olio di Nyon tra i 7 e 10,00 euro, una crema esfoliante con olio di Nyon da 200 ml co-sta 22,00 euro e il Buro d’Oliva di Nyion da 150 ml costa 32,00 euro. Non male, vero? E questo paesotto è pieno di Resort, Recidence e Spa per cure di bellezza tutte a base di olio di Nyon. Lo so, questi esempi fanno male, ma noi Italiani ab-biamo la pelle dura è non soffriremo più di tanto a leggere storie come queste. Occorre cambiare prospettiva di osservazione, occorre riconsidera-re le nostre realtà non come acquisite, ma come un dono, che ogni mattina ci troviamo quando apriamo gli occhi. Ci vuole un’altra testa. Se non vogliamo quella che ci mandano dalla BCE… o da Pechino, a metterci giudizio.

Gli esempi ci sono, ma è la testa che ci vuole!

Olio e olivi risorsa per il turismo?

88

l’olio

di Gino Celletti

Capo panel ConsiGlio oleiColo internazionale www.frantoicelletti.com

www.monocultivaroliveoil.com

Page 97: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Questi prodotti nascono nel rispetto della natura e per l’amore verso la

terra di Lucania.

La nostra pasta biologica nasce dalla cultura antica dei maestri

pastai lucani, dall’impegno instancabile dei contadini che

lavorano la terra con procedimenti che salvaguardano l’antica tradizione.

C’è un colore che sorge col sole, cresce sulla terra e sboccia sulla

tavola: è il colore del nostro grano! La Pasta di Carlo Olivieri si

presenta con tutta la sua genuinità ai palati più raffinati, che potranno

apprezzarne il gusto genuino.

S.A.MA. srl - Matera (MT) - ItalyTel. +39 0332 23 73 43 - Fax. +39 0332 23 07 91

[email protected]

Il nostro olio extravergine di oliva - le nostre paste - i nostri pomodori

Our products are born from the combination of great respect for nature

and love towards Lucania’s land.

Our organic pasta is produced using the traditional knowledge of master pasta makers from Lucania. The dedicated work of our farmers was allowed us to

preserve this ancient tradition.

A colour rises with the sun, grows from the earth and blossoms on our tables in

the golden color of our pasta. Those with even the most exquisite of tastes

are sure to appreciate the authenticity, and refined flavours of Carlo Olivieri’s

Pasta products.

Page 98: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Fior di cavolo, dall’orto al giardino

Protagonista di vari modi di dire a indicare cose prive di valore, il cavolo, Brassica oleracea, rivendica in realtà no-bili origini. I Greci narravano fosse nato dalle lacrime di Zeus, attribuendogli per questo lo status di pianta sacra. I Romani, più prosaici, lo consigliavano invece prima di mettersi a tavola per ritardare gli effetti di un’ubriacatura. E a questo proposito una ricettina ce la fornisce addirittu-ra Catone, vissuto a Roma tra il III e il II secolo a.C. Fu lui a raccomandare cavolo crudo sottaceto per poter poi be-re a volontà. Persa la sua antica sacralità, il cavolo, non esente da una sua particolare bellezza, viene oggi consu-mato come alimento “povero”. Ma questo non deve far dimenticare la sua natura di ortaggio ricco di sostanze benefiche: grazie all’elevato contenuto di potassio, acido folico, fibre, calcio, ferro, fosforo e vitamina C, ha infatti proprietà antitumorali, antinfiammatorie, antibatteriche, antiossidanti, depurative e rimineralizzanti. Eccoli allora dominare le tavole tra l’inverno e la primavera, quando i cavoli, che si cominciano a seminare all’inizio dell’estate, abbondano negli orti per essere poi cucinati in zuppe, minestre, ma sono ottimi anche lessati o mangiati crudi. Quanto all’origine, tutti i tipi di cavolo coltivati sono varie-tà di quello selvatico che cresce sulle zone costiere del Mediterraneo e su quelle atlantiche, a esclusione del ca-volo cinese che deriva da una specie diversa, la brassica sinensis. Tra i più presenti negli orti il cavolo cappuccio, che si distingue dalla ben nota verza per il fatto di avere foglie lisce e non bollose. Il cavolo verza corrisponde in-

vece alla varietà sabauda, si coltiva dappertutto ed ha la testa più piccola nelle varietà precoci. Le varietà tardive, a raccolta invernale, sono più saporite e più produttive. Poi c’è il broccolo, che corrisponde alla varietà botritys cymo-sa, ed è abbastanza diffuso in Italia soprattutto nel meri-dione. Rispetto al cavolfiore presenta un maggiore nu-mero di foglie e oltre all’infiorescenza principale presenta germogli laterali (broccoletti). Infine c’è il cavolo di Bruxel-les, inconfondibile per le sue piccole dimensioni, proba-bilmente originario del Belgio: necessita di un clima piut-tosto freddo.

C’è cavolo e cavoloMa i cavoli sono solo comuni ortaggi? Ormai non più: i cavoli sono infatti oggi apprezzatissimi per il loro effetto decorativo. Si tratta ovviamente di varietà ornamentali che vengono coltivate per le foglie dalle delicate tinte che vanno dal verde chiaro al bianco, oppure sfumate o va-riegate in eleganti toni di rosa, lilla o violetto. Niente di più semplice quindi che dare un po’ di colore all’inverno uti-lizzando questi ortaggi per fare composizioni all’aperto. Resistenti al freddo, permettono infatti la realizzazione di macchie variopinte quando tutto intorno è in fase di ri-poso. Si possono piantare per delimitare le aiuole o per dividere in zone il giardino. Anche in vaso, scegliendo le specie e le varietà più piccole, si otterranno sorprendenti risultati: il balcone apparirà colorato pure nella stagione fredda, evitando l’effetto vasi vuoti fino alla primavera.

Se la stagione invernale ci dona i suoi frutti, i mesi d’inizio estate ci chiedono invece di programmarne la semina. Il salutarissimo cavolo non è ortaggio esigente, e oltre

che in tavola, farà la sua figura pure in cortile quando gli altri “fiori” saranno a riposo

90

orto dei semplici di M. Pia Fanciulli

Page 99: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Bisognerà avere un po’ di spazio per col-tivare il cavolo sul balcone. Per il resto via libera alle semine estive, con l’unica ac-cortezza di scegliere contenitori della giusta dimensione.

Cassetta e terriccio I cavoli si adattano bene a ogni tipo di terreno purché molto fertile, ricco di hu-mus e fresco. L’importante è che abbiano abbastanza spazio per crescere. Per que-sto, coltivandolo sul balcone, è necessario che il vaso abbia le giuste dimensioni (di almeno 40x40 cm, con 50 cm di profon-dità). Il terriccio dovrà essere di medio impasto, con presenza di torba, ghiaia, sabbia e sostanze organiche.

La semina Si fa in semenzaio, oppure a spaglio, in genere in primavera per la verza, mentre il cavolo cappuccio viene seminato da maggio a luglio, in autunno o in prima-vera a seconda delle varietà e del periodo scelto per la raccolta. Meglio farsi assiste-re dalla Luna crescente, tranne che per il cavolo verza, che preferisce la fase calan-te. I semi vanno ricoperti con uno strato di terra di circa 2 cm. Si annaffia quando il terreno si mostra asciutto. Una volta spuntate le piantine si diradano mante-nendo una distanza di almeno 25 cm tra l’una e l’altra.

Punti deboliLe malattie più comuni sono causate da funghi vari che provocano ingiallimenti e marciumi. I parassiti più noti sono le lar-ve di farfalle e gli afidi, che si combattono in genere con consociazioni ed evitando irrigazioni con acqua troppo fredda. Tut-te le varietà di cavolo possono essere con-sociate con la bietola. I parassiti animali sono tenuti sotto controllo dalla conso-ciazione con sedano e con fave seminate come coltura da sovescio. È da evitare la consociazione con cipolle e aglio.

Raccolta e conservazioneSi fa in varie epoche, dall’autunno all’in-verno, scegliendo teste compatte e suffi-cientemente grandi, meglio se con la Lu-na crescente. Il fusto non ricresce. I cavoli si consumano allo stato fresco, ma il cavolo cappuccio, tagliato a striscioline, si fa anche fermentare per la preparazio-ne dei deliziosi “crauti”.

Raccogliere la lavanda Il suo profumo resinoso inonda nei mesi estivi balconi e giardini. Insieme al suo colore ha un effetto rilassante e rasserenante che resta a lungo nella mente e nell’animo. Luglio poi è il mese in cui la Lavandula officinalis deve essere raccolta se si vuole conservare. L’importante è farlo quando è ancora in fiore, meglio se con la Luna calante: manterrà più a lungo il suo aroma. L’operazione consiste nel recidere gli steli fiorali all’attaccatura dei germogli da cui si dipartono, per poi legarli in mazzetti da essiccare a testa in giù in un luogo all’ombra o buio per evitare che i petali sbiadiscano. Ma si potranno anche estrarre i singoli fiori dagli scapi fiorali e confezionare, una volta ben secchi, piccoli cuscini da porre nei cassetti per profumare la biancheria.

Coltiviamoli così

Cavoletti di Bruxelles, cavolo verza o cappuccio che sia, questo frutto della terra è ricco di

sostanze benefiche: potassio, acido folico, fibre, calcio, ferro, fosforo e vitamina C

Page 100: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Abbiamo vissuto una stagione dove i cuochi si sono presi la licenza, come è giusto che sia, di sperimen-tare, ricostruire e destrutturare un piatto. Abbiamo ingannato le stagioni e talvolta messo in secondo piano le proprietà nutritive dei prodotti e il rapporto con il territorio, sacrificando la qualità e l’originalità in nome di una cucina più sofisticata. Ma noi, po-poli del Mediterraneo, figli di Achille, di Socrate, di Ippocrate, di Archestrato e di Minosse, di uomini va-lorosi che hanno contribuito a creare la prima civil-tà d’Europa, sappiamo che quello che dice Omero nell’Odissea, “gli uomini buoni si distinguono dagli stranieri da come e cosa mangiano”, è anche il no-stro sentire. I Greci furono i primi a occuparsi dello studio dell’alimentazione. Padre della dietetica fu in-fatti Ippocrate, grande medico che considerava ogni alimento fattore di salute o causa di malattia, e che

La cucina greca: a tavola con gli Dei Giallo come l’olio, rosso

come il pomodoro, viola come la melanzana,

verde come il basilico. La gastronomia ellenica

era, ed è, un tripudio di colori e profumi – di mirto, mentuccia

e rosmarino – ancora oggi alla base di quella

Dieta Mediterranea alla quale ci affidiamo

per restare in forma e vivere meglio

dimostrò con i suoi studi come alcuni cibi fossero dannosi per le vie biliari (formaggi invecchiati, carne troppo salata, vini densi) e altri avessero un effetto benefico sull’organismo (carota, sedano, verdure). La cucina dell’antica Grecia si fonda su tre alimenti base: grano, olio e vino. Il frumento e i cereali rap-presentavano il cibo fondamentale, accompagnati da formaggio, miele e molte varietà di focacce. Tra gli alimenti maggiormente consumati c’era infatti il pane. Ateneo, poeta greco del IV secolo a.C., nei suoi scritti ne cita 72 varietà: al finocchio, allo zaffe-rano, al rosmarino, alla cipolla… I grassi erano for-niti dall’olio d’oliva, mentre il vino, generalmente tagliato con acqua o addolcito con il miele, costi-tuiva la bevanda più importante. I greci comunque preferivano l’acqua, secondo loro più nutriente per-ché fa crescere le piante e gli alberi. Tra gli alimenti

92

Il buono a tavola di Antonio Romeo - [email protected]

Page 101: Ursa Major Magazine Luglio 2012

In apertura Atene: il Pantheon, in origine dedicato alla dea Atena, protettrice della città. Qui, il frumento e i cereali rappresentavano il cibo fondamentale, accompagnati da formaggio, miele, olio e molte varietà di focacce

Tonno all’uvaIngredienti:un trancio di tonno (800 gr) 3 cucchiai di olio d’oliva 2 cipolle affettate finemente un cucchiaio di farina un pizzico di pepe un pizzico di cumino un rametto di timo fresco un pizzico di coriandolo una manciata di uvetta secca un cucchiaio di miele Tempo di cottura: mezz’ora circa

Procedimento: Prendete un bel pezzo di tonno fresco e ricavatene delle fette spesse da 3 a 4 cm. Fate quindi scaldare l’olio e metteteci a dorare le fette di tonno coperte di cipolla. Quando saranno dorate da tutte le parti, aggiungete la farina e mescolate. Aggiungete il pepe, il cumino, il timo, il coriandolo, l’uvetta e il miele. Fate restringere un po’ la salsa, finché il pesce non sarà ben cotto, poi servite caldo.

Pasticcio di piccoli pesciIngredienti:500 gr di sardine fresche 50 gr di uvetta secca una manciata di prezzemolo 3 piccole cipolle bianche affettate finemente un cucchiaio d’olio d’oliva un cucchiaio di farina Tempo di cottura: 15 minuti

Procedimento: Fate lessare i pesci; preparate poi una salsa mettendo in un recipiente di coccio l’uvetta, il pepe, il prezzemolo, la cipolla, l’olio. Fate cuocere una decina di minuti. Versate la salsa sui pesciolini cotti, legate il tutto con la farina e servite.

Pasticcio rovesciatoIngredienti per 4 persone:100 gr di pinoli 100 gr di noci (solo il gheriglio) 20 gr di miele di prima qualità un cucchiaino di pepe 1/2 litro di latte 2 uova intere 2 cucchiai di vino rosso di buona qualità un cucchiaio d’olio d’oliva

Procedimento: Fate tostare nell’olio i pinoli e le noci. Frantumateli e uniteli al miele, al

pepe, al latte, alle uova e al vino. Mescolate bene, e servite.

Pasticcio di mele cotogneIngredienti:2 belle mele cotogne 2 porri un cucchiaio di miele un cucchiaio d’olio d’oliva 1/2 bicchiere di mosto cotto

Procedimento: I greci utilizzavano le mele cotogne nei modi più svariati. Secondo questa ricetta, le facevano cuocere insieme con i porri, il miele, l’olio d’oliva e il defructum (oggi è sostituito dal mosto cotto), ma si accontentavano talvolta di farle cuocere semplicemente in acqua, servendole poi cosparse di miele.Tempo di cottura: da 20 a 30 minuti a fuoco basso

Idromele (la bevanda degli dei) Ingredienti:1,8 kg di miele5 litri di acqualievito2 sorbe 2 bacche di ginepro secche un bottiglione in vetrotappo con gorgogliatore

Procedimento: Sciogliete il miele nell’acqua calda con 2 bacche di ginepro secche fino a formare un liquido omogeneo; mantenete la miscela a 80-90°C per 15 minuti in modo da inattivare i lieviti. Lasciate raffreddare e versate la miscela dentro un bottiglione. Attivate il lievito diluendolo in acqua tiepida e versatelo dentro il bottiglione. Se decidete di utilizzare le sorbe aggiungerle intere: servono a rilasciare acido malico, che conferisce freschezza. Tappate il bottiglione, mettete dell’acqua nel gorgogliatore e lasciate 4 settimane a gorgogliare. Dopo 4 settimane di fermentazione, imbottigliate l’idromele utilizzando bottiglie di vetro scuro. Dopo circa 3-4 mesi l’idromele è pronto per il consumo, ancora molto dolce e acerbo, ma già gradevole. Da quel momento in poi ogni mese passato in cantina a invecchiare non farà altro che migliorarne il sapore, rendendolo più secco e più alcolico.

che mangiavano con il pane c’era il pesce, che poteva essere fresco e cotto al cartoccio (face-vano cuocere i filetti di sarda avvolti in foglie di fico), o conservato in salamoia; ma i ricchi Greci facevano uso anche di carne bovina, suina, ovine, pollame e selvaggina. I poveri, invece, accompagnavano il pane con i vege-tali: cipolle, zucca, ceci, lupini, cavoli. I pro-dotti caseari, soprattutto formaggi di capra e di pecora, venivano consumati con il miele o con le verdure. La frutta era mangiata co-me dolce, mentre noci, uva, melograni e fichi essiccati erano scelti anche come antipasto o solo per accompagnare il vino. I Greci, che te-nevano molto alle competizioni sportive, aveva-no una dieta anche per gli atleti, che dovevano mangiare, secondo le norme: carne, pane e vino con moderazione, oppure fichi secchi, formaggio e pane. La frugalità era caratteristica dei Greci an-tichi, che ne facevano un vanto e la ostentavano come una virtù. Ma già ai tempi di Pericle – V se-colo a.C., l’età d’oro di Atene – c’era grande ricer-catezza nella preparazione delle vivande, e si face-va sfoggio non solo di ghiottonerie ma di cuochi professionisti. Pensando a questo passato glorioso e illustre, ricordiamoci però che, anche se il mon-do corre veloce, la storia ci raggiunge sempre. Ed è proprio per questo che siamo qui ancora a chiederci se non sarà proprio la Dieta Mediterranea, elabora-ta dei nostri antenati, a permetterci di sconfiggere il male del secolo: l’obesità.

93

Page 102: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Filippo Stranooriginario di Verbania, si

è diplomato alla scuola alberghiera di Stresa per poi intraprendere la sua carriera

lavorativa dapprima in italia e quindi all’estero, in Francia e in

inghilterra, dove ha maturato esperienze molto importanti

e altamente formative. attualmente è Junior Sous

Chef al ristorante angelus, nel cuore di londra, ma nel suo

futuro prossimo c’è l’asia.

preparazione: Pulire e cuocere gli asparagi te-nendoli al dente. Una volta raf-freddati, tagliare la parte finale e avvolgerli nella pancetta. Cop-pare le patate della grandezza di 3-4 cm e cuocerle in acqua salata con una punta di zaffera-no. Bollire per 5 minuti le albi-cocche in uno sciroppo 1/1, per poi frullarle ottenendo una pu-rea liscia. In una placca a contat-to diretto col fuoco, aggiungere i trucioli e quando cominceran-no a fumare, adagiare il petto d’anatra posto su di una griglia e sigillare con carta stagnola. Affumicare il petto per circa 8 minuti. Al momento di servire, passare le patate in padella con poco burro ma senza colorarle, rosolare gli asparagi avvolti nel-la pancetta. Rosolare quindi il petto d’anatra dalla parte del-la pelle e infornare per 3 minu-ti a 180°. Nella stessa padella, sfumare con del vino bianco e l’aceto balsamico, aggiungere un mestolino di brodo di pollo e legare con una noce di burro. Comporre il piatto con 2 que-nelles di purea di albicocche, in-tercalare diagonalmente il petto scaloppato con le patate, negli angoli gli asparagi, e salsare.

Petto d’anatra affumicato con salsa all’aceto balsamico

Ingredienti per 4 persone:1 petto d’anatra

3 cucchiai di trucioli di faggio

6 albicocche secche3 asparagi verdi

1 patata3 fette di pancetta

affumicata50 cl. di aceto

25 gr burrovino bianco

brodo di pollozafferano

sale, pepe

FranCeSCo GreConato a Cagliari, è figlio d’arte:

la madre era chef e, prima di lei, la nonna Karoline,

ungherese, era la cuoca della famiglia rotschild. Diplomato alla scuola alberghiera, dopo

una ricca esperienza in patria, nel 2003 approda a Bangkok

per organizzare l’apertura del ristorante Scoozi in Surawongse

road, e in seguito di altri ristoranti di prestigio. Dal 2010

è executive Chef al Cape Sienna Hotel & Villas di phuket, in

thailandia.

Costine di agnello in crosta di pistacchio

Ingredienti per 4 persone2 carrè di agnello

200 gr di pistacchi di Bronte60 gr di Pecorino Romano

40 gr pomodori semisecchipan grattato

3 uova frescheuna manciata di farina 00

sale e pepe q.b.

Per la caponatauna melanzana viola

un peperone giallouna zucchina

due grossi pomodori ramatiolio extra vergine d’oliva

quattro spicchi d’agliouna cipolla bianca

un mazzetto di basilicouna bustina di pinoli

un pugno d’uva passazucchero semolatoaceto di vino rosso

sale e pepe

Per la salsauna noce di burro

un cucchiaio di cipolla, sedano e carota, tritati

grossolanamenteun cucchiaio di farina

vino Marsala Ambra semi secco di buona qualità

brodo di carne per allungare

preparazione:Preparare le costolette e passare nel mortaio pistacchi, pecorino, pomodori secchi, sale e pepe. Rompere col pestello e aggiun-gere pangrattato. Passare le co-stine nell’uovo e nei pistacchi. Per la caponata tagliare la me-lanzana, aggiungere sale e ripor-re. Tagliare zucchina e peperone. Scaldare l’olio con l’aglio in ca-micia, far insaporire e rimuove-re. Aggiungere cipolla e verdu-re, soffriggere. Pelare i pomodori scottati, tagliare e buttare in pa-della. Insaporire di sale, zucche-ro e pepe. Aggiungere pinoli ed uvette. Sfumare con aceto, ag-giungere basilico e riporre. Scal-dare l’olio e cuocere le costine, riponendole nei piatti attorno ai monticelli di caponata. In padel-la, aggiungere burro, verdure, fa-rina e fiammare col Marsala.

94

di GianluiGi PaGanochef italiani nel mondo

Page 103: Ursa Major Magazine Luglio 2012

95

preparazione:In una padella con olio evo, far andare a fuoco medio la mezza cipolla salandola e poi buttarla via. Nello stesso olio soffriggere i pez-zi di peperone e, in ultimo le zuc-chine. In una terrina frullare parte di questi ingredienti con aggiunta di panna al salmone e lasciare in attesa. Mettere in forno i gam-beroni con poco olio evo e i due spicchi d’aglio (che vanno elimi-nati una volta pronti i gamberoni). Dopo qualche minuto aggiungere

Sinfonia di fusilli, zucchine, peperoni e gamberi

roSanna De Carlolucana, lady chef appartenente anche all’Unione regionale dei Cuochi. la sua passione per la cucina locale l’ha sempre portata alla ricerca delle ricette antiche, realizzate senza bilance e seguendo la stagionalità. Ha pubblicato un volumetto delle ricette del suo paese e dei piatti di cui s’è cibata da piccola e che sta recuperando assieme ad altri della tradizione. il suo sogno è donare alla Biblioteca nazionale di potenza tutte le ricette che ha scoperto sul territorio.

Ingredienti per 4 persone:350 gr di fusilli; mezza cipolla

bianca affettata; 5 zucchine affettate e salate (una tagliata

a rondelle e una lessata e frullata con olio evo); 2

peperoni rossi tagliati a quadri (un pezzo di peperone tagliato a listerelle); olio evo e sale q.b.;

metà confezione di panna al salmone o solo panna e 2 fette di salmone affumicato;

una ventina di gamberoni; due spicchi d’aglio; poco vino bianco secco; mollica di pane

del forno a legna parzialmente rafferma (da sfriggere bene)

e rucola fresca ridotta in pezzi grossolanamente

il vino bianco secco e far evapora-re. Tagliare parte dei gamberoni a piccoli pezzi e unirli a quanto non è stato frullato, nella stessa padel-la che fungerà da salta pasta. Ver-sare la pasta, cotta al dente, nella padella, aggiungendo a quanto già contiene qualche cucchiaiata di crema frullata precedentemen-te. Disporre nei piatti individuali un poco di frullato di zucchina, i fusilli saltati in padella e guarnire con la mollica sfritta, la rucola e i gambe-roni tolti dal forno e caldissimi.

SalVatore De ViVo Ha iniziato a lavorare

da giovanissimo mentre frequentava la scuola

alberghiera di napoli dove è nato. Dopo varie esperienze in ristoranti e hotel in tutta

italia, ha iniziato a viaggiare e lavorare prima in europa,

poi negli Stati Uniti e in Sud america. Da qualche anno

si trova a Kiev, alla guida di un ristorante storico della città che propone la vera

cucina italiana.

Spaghettoni di pasta fresca con polipo verace e olive di taggia

Ingredienti per 4 persone:400 grammi di spaghettoni

di pasta fresca250 grammi di polipo

verace 100 grammi di olive

di Taggia 100 grammi di pomodorini 50 grammi di pane raffermo

20 grammi di acciughe olio extravergine q.b.

prezzemolo q.b. 2 spicchi d’aglio

sale e pepe

preparazione:In una padella far rosolare 2 spic-chi d’aglio in camicia con dell’olio extravergine, aggiungere il poli-po verace tagliato a pezzi e pre-cedentemente sbollentato in ac-qua aromatizzata. Unire le olive di Taggia snocciolate, i pomodo-rini e abbondante prezzemolo, quindi aggiustare di sale e pepe. Cuocere al dente gli spaghettoni di pasta fresca e saltarli in padel-la per 2 minuti con l’aiuto di un po’ d’acqua di cottura. Spolvera-re con il pane profumato alle ac-ciughe dissalate e servire.

Page 104: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Argei - Le Fattorie Renolia srl Soc. AgricolaVia Municipio, 16 08030 Gergei CA - Tel. 0782 80 80 22 - E-mail [email protected] - Internet www.argei.it

Coltiviamo i migliori sapori della terra

Cannonau di Sardegna

Vermentino di Sardegna

Olio Extravergine di oliva

Page 105: Ursa Major Magazine Luglio 2012

97

98Siena, memorie dal sottosuoloNel ventre della città del Palio, c’è un incredibile mondo nascosto, fatto di cunicoli e di segreti

102Malta, isola dei tesori ritrovatiMiti, suggestioni e “perle gastronomiche” della terra che fa da cuore al Mar Mediterraneo

106L’Italia in mostra: OtrantoTour nella città più orientale di Puglia, tra storia, gusto e la grande pop-art di Andy Warhol

110Biarritz, splendore sull’AtlanticoDai fasti della Belle Èpoque al beau vivre di oggi, il mito della bella città francese continua

da pag. 114Rubriche• Città in 24 ore, Brindisi• Città in 24 ore, Palma di Maiorca

in Viaggio110

Page 106: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Siena, memorie

dal sottosuolodi Elena Conti

98

inviaggioinviaggio

Page 107: Ursa Major Magazine Luglio 2012

99

Scelti per voi

Determinante nella storia della cittadina toscana solitamente ricordata per il suo Palio, la ricerca dell’acqua ha portato alla costruzione di una rete di vie e cunicoli sotterranei che oggi è possibile visitare, immergendosi (letteralmente) nel passato di Siena e scoprendo così le sue più affascinanti leggende

Passeggiando per le vie di Siena, spesso si ignora di camminare su uno straordinario mondo sotterraneo che riproduce molte delle vie in superficie e che nasconde una Siena poco conosciuta. È l’antico acquedot-to della città, realizzato con una tecnica di approvvigionamento idrico che non ha ugua-li nel mondo. In Europa, simili reti di gallerie scavate nel sottosuolo erano utilizzate fin dai tempi degli Etruschi e dei Romani, ma solo a Siena, associate allo sviluppo urbano, hanno consentito di costruire una delle città medie-vali più ricche e popolose d’Europa. Le prime testimonianze di questo acquedotto sotterra-neo risalgono al 394 dopo Cristo, ma i grandi lavori iniziarono nel secolo XI per rispondere alle esigenze di una popolazione in espansio-ne, talvolta utilizzando preesistenti fonti etru-sche o romane. Quando si individuava la pre-senza di acqua, si iniziava a scavare una galleria che seguiva la vena, risalendo con una lieve pendenza, tenendosi sempre tra i due strati geologici che formano le colline senesi: quello superiore composto di sabbia, impro-priamente detta tufo, porosa e permeabile, che filtra l’acqua piovana, e lo strato sotto-stante, di argilla compatta e impermeabile, che la trattiene. I bottini di Siena, questo è il nome dell’antico acquedotto cittadino, fun-zionante fino al 1914, sono un gioiello di in-gegneria idraulica tre-quattrocentesca. Anco-ra oggi attivo per alcune utenze, anche se nei tratti più lontani dalle fonti, a 4-5 Km a nord

dove mangiareLa buca di Porsenna A venti metri dalla piazza del Campo, un’indimenticabile ristorante scavato nel tufo. Si pranza in gallerie sotterranee illuminate in modo suggestivo. Si gustano piatti della tradizione senese e toscana; è famoso per i tortelli di ricotta e spinaci, realizzati con una pasta tirata a mano e sottilissima, ripieni di ricotta fresca consegnata giornalmente. Vengono proposti al sugo, burro e salvia o con il ragout di cinghiale, ma la vera curiosità sono i tortelli allo zucchero di canna e cannella. Da provare. Prezzo medio sui 30 euro. Via delle Donzelle, 1 Tel. 057744431 www.labucadiporsenna.it

Antica Osteria da Divo Nel centro storico di Siena, ricavato nelle volte tufacee di origine etrusca, ha un fascino tutto particolare, si presta a serate indimenticabili. Cucina senese, ampia scelta di vini. Clientela prevalentemente straniera, perché segnalato in diverse guide diffuse all’estero. Ottimi i pici al ragù di cinghiale e la ribollita; servono gigantesche fiorentine con tortini di patate e fagioli. Prezzo medio 28 euro. Via Franciosa, 25-29 Tel. 0577286054 www.osteriadadivo.it

Gallo Nero A pochi metri da piazza del Campo, un luogo dove immergersi nell’atmosfera medievale. Luci soffuse di candele e personale in costume, spesso anche musici con strumenti antichi. Propone piatti della tradizione contadina locale, con menu legati alla stagione e alla materia prima del territorio. Cucina medievale rivisitata in chiave moderna. Filiera corta, prezzi contenuti, grande qualità. Menu degustazione a 25 euro. Via del Porrione, 65/67 Tel. 0577284356 www.gallonero.it

Toscana Siena

Page 108: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Qui e in apertura due celebri scorci di Siena. Meno nota invece la rete

di “bottini” che ne percorre il sottosuolo, nella pagina seguente. L’associazione La Diana opera per il

recupero, la manutenzione e la valorizzazione di questo patrimonio

della città, i bottini sono a rischio di interramen-to, a causa delle frane, della penetrazione di ra-dici, dell’accumulo di calcare e di fango. Da di-versi anni, l’associazione di volontari La Diana, presieduta da Piero Ligabue, si opera per il re-cupero, la manutenzione e la valorizzazione di questo patrimonio, e su incarico del comune, fornisce le guide per la visita ai tratti aperti ai turisti. Alcuni cunicoli di questo straordinario mondo sotterraneo sono visitabili, ma bisogna avere la pazienza di prenotare con anticipo. La scelta è tra i bottini di Fonte Gaia, Fonte Nuova d’Ovile e Fonti di Pescaia, dove si può anche “emergere” e visitare il Museo dell’Acqua. Poter scendere in questo magico mondo sotterraneo è davvero un’esperienza unica. È necessario un abbigliamento adeguato (tutti i partecipanti do-vranno dotarsi di torcia elettrica e calzature im-permeabili, per il Bottino di Fonte Nuova sono sempre consigliabili gli stivali di gomma, per il Bottino di Fonte Gaia solo in caso di acqua alta) e non soffrire di claustrofobia. Non si fanno co-munque brutti incontri, non ci sono animali né pipistrelli, si scivola in un mondo sotterraneo fatto di gorgoglii di acqua, cristalli di calcare, volte ad arco in piccoli mattoni che servivano a evitare il crollo delle sabbie inumidite. Si per-

Dice la leggenda...Secondo la leggenda, all’epoca in cui si costruivano i bottini, capitava che gli operai adibiti al lavoro sotterraneo, detti guerchi, fuggissero dai cunicoli, spaventati per aver visto alcune creature che si annidavano nelle profondità della terra. Così nacque la storia che i bottini fossero abitati da homiccioli e fuggisoli, creature sotterranee che venivano avvistate dai guerchi, cioè dagli addetti alla manutenzione, che venivano pagati col vino, forse causa stessa delle allucinazioni. Gli homiccioli erano degli ometti innocui che ballavano in allegria, mentre i fuggisoli erano dispettosi e apparivano come lampi di luce. Tutte leggende nate per far fronte alla paura degli uomini che nei secoli hanno scavato questi percorsi sotterranei. La ricerca dell’acqua è stata infatti determinante nella storia di Siena. Ciò ha comportato inoltre che nei secoli si sia sviluppata una particolare sensibilità verso questo elemento vitale. La Diana è un ipotetico fiume che, secondo la tradizione, scorrerebbe nel sottosuolo di Siena. Dante Alighieri nella Commedia (Purgatorio, XIII, 151-154) così descrive i senesi “Tu li vedrai tra quella gente vana che spera in Talamone, e perderagli più di speranza ch’a trovar la Diana”. Per quanto la ricerca ufficiale della Diana è ormai cessata da secoli, la sua leggenda è ben viva nell’immaginario collettivo locale. Blu etrusco, ad esempio, è un cd che il musicista senese Fabio Pianigiani, per anni chitarrista di Gianna Nannini, ha costruito con undici brani creati da diversi campionamenti di suoni di acqua che divengono parti essenziale nello sviluppo armonico e melodico delle musiche. Il pezzo Fonte Gaia, è dedicato all’importanza dell’acqua viva, mentre La Diana, vuol far riflettere l’ascoltatore sulla possibilità di un rapporto positivo e armonico tra uomo, acqua e ambiente.

In Europa, le reti di gallerie

scavate nel sottosuolo

erano utilizzate fin dai tempi degli Etruschi e dei

Romani, ma solo a Siena,

associate allo sviluppo urbano,

hanno consentito di costruire una

delle città medievali più

ricche e pooplose

100

inviaggio

Page 109: Ursa Major Magazine Luglio 2012

corrono suggestive gallerie spesso ad altezza d’uomo, nei tratti più angusti anche piegati. L’ac-qua scorre in un piccolo canale, detto gorello, fatto di docci di terracotta. Nel tratto finale, pri-ma di sfociare nella vasca della fonte, passa dalle vasche di decantazione chiamate purgatori o ga-lazzoni. All’interno di questo formidabile siste-ma idrico sotterraneo si trovano delle targhe ot-tocentesche, e un particolare meccanismo, una sorta di contatore per calcolare l’acqua ricevuta dall’utenza in superficie. Queste targhe risalgono all’Ottocento, quando le famiglie più ricche, che avevano abitazioni vicine al percorso dei bottini, si allacciavano all’acquedotto e avevano l’acqua “in casa”, mentre il resto della popolazione do-veva continuare a recarsi alle fonti pubbliche. Queste sono le uniche modifiche che i bottini hanno subito da quando sono stati costruiti.

Visitare i bottini è possibileSolo dalla primavera all’autunno è possibile con-cedersi il piacere di partecipare a un’escursione alla scoperta del sottosuolo di Siena, perché la vi-sita ai bottini dipende dal livello dell’acqua nei cunicoli. Sono possibili tre facili itinerari di diver-sa lunghezza: il Bottino maestro di Fonte Gaia di 1200 metri, il Bottino maestro di Fontenuova, di

610 metri, e una visita breve al Bottino delle Fonti di Pescaia. Come fare la richiesta?Per visitare i bottini o il museo dell’Acqua, oc-corre effettuare una richiesta scritta con un preavviso di almeno 15 giorni, indicando la data e la motivazione della visita.La richiesta viene esaminata e accolta a giudizio insindacabile dell’amministrazione comunale. Per prenotare una visita occorre contattare l’As-sociazione La Diana [email protected], in-dicando il numero di partecipanti e un tele-fono, le visite vengono effettuate solo per piccoli gruppi. Una volta ottenuto il consen-so, occorre effettuare il versamento del corri-spettivo al Comune di Siena che varia a se-conda degli itinerari ma non supera i 10 euro a persona. L’eventuale utilizzo di una mac-china fotografica o cinepresa dovrà essere esplicitamente autorizzato dal Sindaco in specifica autorizzazione.L’amministrazione comunale si riserva però la facoltà di poter revocare in ogni momento e senza preavviso l’autorizzazione alla visita per motivi di ordine pubblico, di esigenze so-pravvenute o per la tutela dei visitatori stessi. Per ulteriori informazioni consultare il sito www.ladianasiena.it

dove dormireAlbergo Tre DonzellePosizione perfetta, a pochi passi da Piazza del Campo, piccola struttura alberghiera con una sola stella. Ideale per giovani. Luogo piacevole e accogliente, camere abbastanza spartane, prezzi bassi. All’esterno, sul vicolo, una targa ricorda il soggiorno del famoso poeta polacco Zbigniew Herber: “solo qui sono stato felice”.Vicolo delle Donzelle, 5www.tredonzelle.com

Hotel Palazzo Ravizza Situato in una dimora storica, in centro città zona Duomo, struttura di grande fascino, albergo di charme. Ampio giardino, limonaia, sale affrescate, alcune camere hanno letti a baldacchino, mobili d’epoca. Ideale per fare un salto indietro nel tempo. Prezzi a partire da 118 euro.Pian Dei Mantellini, 34Tel. 0577 280462www.pa lazzoravizza.it

Scelti per voi

101

Page 110: Ursa Major Magazine Luglio 2012

L’isola dei tesori ritrovatiA Malta, che custodisce la città silente, c’è una chiesa per ogni

giorno dell’anno, e Osiride veglia sulla buona sorte della pesca. Da

queste parti i Cavalieri proteggevano funghi magici e a tavola si

incontravano (e si incontrano ancora) fenici, greci, arabi, italiani,

spagnoli, francesi, inglesi…

di Lucrezia Argentiero

“Coniglio in umido con olive”. Era questo uno dei piatti preferiti dai Cavalieri di San Giovanni, che fecero di Malta l’avamposto dell’Occidente cristiano per oltre due secoli. Un piatto unico soprattutto per il fattore olive, che erano bianche. Le “perline maltesi”, come erano state soprannominate ai tempi dei romani. Oggi, su questa isola felice del Mediterraneo, le particolari piante di ulivo che erano scomparse sono state recuperate. L’artefice del “ritrovamen-to” è Sam Cremona, gioielliere in pensione che da anni produce olio nella sua tenuta a Wardija (nella zona nord), e che ha scovato alcune pian-te in un’area dismessa. Le “albine” sono molto polpose, e mantengono la colorazione biancastra anche con la maturazione (a settembre). Un suc-

Malta

102

inviaggio

Page 111: Ursa Major Magazine Luglio 2012

103

cesso che si affianca a quello di un’altra varietà riscoperta sull’isola, la Bidnija, detta “con la gob-ba”, per la sua originale forma. Dalle olive si pro-duce anche un eccellente olio, buono sul pane casereccio e croccante, cosparso di miele (altra eccellenza gastronomica, tanto che Malta si chia-mava Melita, che pare derivi dal greco meli, ov-vero miele) scottato qualche secondo nel forno. Tutta la gastronomia risente delle influenze anti-che provenienti dai diversi angoli del Mediterra-neo: fenici, greci, arabi, italiani, spagnoli, francesi e inglesi hanno lasciato segni importanti del loro passaggio nelle ricette. Un viaggio sull’isola (a 100 km a sud della Sicilia, un concentrato di bellezze racchiuso in appena 35 chilometri quadrati di terra) è un viaggio tra i sapori e i colori.

Come non sentirsi osservati Dal bianco dell’oliva si passa infatti a quello di Mdina, che significa “città fortificata”, l’antica capitale. Conosciuta da tutti come la “città si-lente”, dai suoi bastioni offre una magnifica veduta dell’isola. Camminando a piedi tra gli stretti vicoli sembra di fare un tuffo nel passa-to. Niente traffico, pochi turisti e ancora meno residenti, circa duecento persone. Il bianco poi cede il passo all’infinita varietà dei colori (ros-so, verde, blu, beige, grigio) dei balconi, le fa-mose Gallerija. Da qui, le donne, soprattutto quelle di buona famiglia o le vedove, potevano stare sedute e magari lavorare al tombolo, sen-za essere viste ma scrutando tutti dall’alto e senza prendere troppo sole. E tuttora si ha l’im-

Ai tempi dei romani le caratteristiche olive bianche dell’Isola erano chiamate “perline maltesi”. Di loro si erano perse le tracce ma oggi è possibile gustarne il sapore e la consistenza polposa, provandole magaricon il coniglioin umido

In apertura La Valletta con le sue mura fortificate (foto: Lucrezia Argentiero) e, sotto, la splendida grotta blu (il blue grotto). Qui, le olive “albine” sott’olio(foto: Lucrezia Argentiero)

Page 112: Ursa Major Magazine Luglio 2012

pressione di essere osservati dall’alto in basso, non dalle signore ma dalle occhiate, a volte arcigne, delle statue di pietra calcarea, scolpi-te sotto la maggior parte dei balconcini, men-tre in strada si è circondati da un’atmosfera allegramente caotica. Di statue se ne vedono a centinaia soprattutto nella capitale, La Val-letta, Patrimonio dell’Umanità protetto dall’Unesco. Da non perdere, una visita alla Co-Cattedrale di San Giovanni (ingresso a pa-gamento), riccamente decorata d’oro all’in-terno, dove si conserva il capolavoro di Cara-vaggio: la Decollazione di San Giovanni.

Suggestioni e antichi miti Ci si muove poi alla volta di Fort St Elmo, poco distante, un’immensa fortezza, orgoglio dei ca-valieri, sulla cui entrata spiccano lastre di pietra rotonde che nascondono grandi depositi di ce-reali. La curiosità? Ognuna di queste “botole” potrebbe contenere fino a 5000 tonnellate di cibo. Se capitate di domenica mattina, si può vi-sitare gratuitamente e ammirare la sfilata storica In Guardia. Il suono delle spade e il rumore dei moschetti catapulta nel passato all’epoca degli eroici cavalieri. Sempre legati ai cavalieri sono i giardini di Barakka, a picco sulla baia. Da quassù

A ritmo lento nell’isola di GozoA poche centinaia di metri da Malta (solo 20 minuti di traghetto), c’è Gozo, un’isola tranquilla (lunga solo 14 km), meta perfetta per chi cerca serenità, mare paradisiaco e bellezze naturali ancora incontaminate (si candida a diventare isola a impatto zero entro il 2015). Appena scesi dal traghetto si ha la sensazione di essere catapultati in un altro mondo. Rilassato e dai ritmi lenti, una piccola gioia. Tanto che molti ritengono che proprio a Gozo si riferisca Omero nell’Odissea quando parla della dolce isola di Ogigia. Da vedere? La spiaggia di Ramla I-Hamra che assume una particolare colorazione rossastra. Qui si trova (ma non visitabile) la grotta dove la leggenda vuole sia avvenuto l’incontro tra la ninfa Calipso e l’eroe Ulisse. Super fotografata, poi, è la “finestra azzurra”, a Dwejra, uno scenografico scoglio eroso dal mare e dal vento. Di fronte, emerge il Fungus Rock, una roccia chiamata anche “champignon” per la sua forma che ricorda un fungo. C’è chi dice che il nome derivi dal fatto che vi cresceva un fungo considerato magico per i suoi poteri curativi, tanto che i Cavalieri misero una guardia a controllo dello scoglio. Per il soggiorno si consiglia Thirtyseven 37 (www.thirtysevengozo.com), esclusivo bed and breakfast a Munxar, villaggio rurale a sud dell’isola.

In alto la bella Chiesa di San Paolo a Mdina, antica capitale di Malta. Sotto, la “finestra azzurra”di Dwejra (sull’isola di Gozo), scenografico scoglio eroso dal mare e dal vento

104

inviaggio

Page 113: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Spiagge di borotalco e fondali da sogno

Malta è sinonimo di mare. Acque trasparenti, dalle mille sfumature di verde-azzurro e spiagge che danno la sensazione di essere in un luogo esotico. Tra queste

Paradise Bay, sull’estremità nord occidentale: la sabbia sembra borotalco per quanto è bianca e fine. Più

selvaggia e isolata è invece Ghajn Tuffieha, a nord-ovest, tra scogliere a strapiombo e raggiungibile solo

attraverso un sentiero impervio, o Armier Bay, sulla costa nord, sempre battuta dai venti. Per gli amanti

delle immersioni c’è la baia di St Peter’s Poo, a sud-est, e quindi una zona fantastica per immergersi alla

scoperta delle ricchezze dei fondali. Infine, ideale per i piccoli, Ghadira Bay, con i suoi fondali poco profondi.

Scelti per voi

dove mangiareSciaccaSpecialità di pesce e ambiente elegante, proprio vicino al quartiere Paceville, il più modaiolo e giovane, ideale per la nightlife.Prezzo medio: 30 euroTel. +356 21331310www.sciaccamalta.com

Wine bar TrabuxuIn una cantina di tufo, arricchita da numerosi cavatappi decorativi alle pareti. Ottima selezione di vini internazionali e degustazioni. In estate anche musica all’aperto.Tel. +356 21223036www.trabuxu.com.mt

dove dormireThe Xara PalaceNel cuore di Mdina, un’elegante struttura della catena Relais & Chateaux, all’interno di un palazzo di fine XVII secolo. Lusso e confort moderno.Prezzi: doppia da 200 euroTel. +356 21450560www.xarapalace.com.mt

Maison La ValletteUna vecchia casa, nel cuore della città murata di Valletta, con muri spessi e originali travi in legno, recuperata con gusto, eleganza e design. Prezzi: da 95 euro, soggiorno minimo 3 nottiTel. +356 7948 8047www.maisonlavallette.com

dove comprare Mdina GlassVasi, piatti, ciotole, bottiglie e molti altri oggetti per la casa, in vetro colorato e lavorati a mano. Merchant Street, 14 – La Valletta Tel. +356 21226488 www.mdinaglass.com.mt

per informazioniEnte Nazionale per il Turismo di Malta, Gozo e CominoNumero verde: 80072230www.visitmalta.com

si possono scorgere anche alcune Luzzi, le piccole barche dalle mille varianti di colore. La loro carat-teristica? Gli occhi. Sì. Queste piccole imbarcazio-ni “ci vedono”, tanto che ognuna di loro sembra che fissi proprio noi. Sono gli occhi di Osiride, de-corazioni di buon auspicio. Le più numerose? Quelle sulle acque trasparenti del grazioso portic-ciolo di Marsaxlokk, il cui nome significa “porto di scirocco”. Non di rado capita di vedere un pesca-tore intento a ritoccare con la vernice queste par-ticolari decorazioni, divenute un po’ il simbolo dell’isola. «Ci prendiamo cura di loro – ci dice Mark, da oltre 40 anni per mare con la sua barchet-ta – perché dobbiamo garantirci la maggiore pro-tezione possibile e scongiurare una pesca infrut-tuosa. Gli occhi sono del dio egizio della fertilità e della morte che tiene sotto controllo gli spiriti del male e i mostri che potrebbero sbucare dalle acque

profonde». Accanto all’aspetto più pagano, c’è sempre quello religioso, che si ritrova ovunque. I maltesi sono ferventi cattolici e quindi ogni barca prende il nome da un Santo e ha all’interno un’im-magine sacra, una sorta di piccolo santuario. A di-mostrare questa profonda fede ci sono numerose cappelle barocche, chiese neogotiche e basiliche medievali. In totale sono ben 365, da poterne sce-gliere una per ogni giorno dell’anno. Molte di que-ste hanno curiosamente due orologi posti sulla fac-ciata. Quello di sinistra è sempre fermo. Un trucchetto studiato per distrarre il diavolo che non sapendo l’ora, non può disturbare i fedeli in pre-ghiera. Del resto i maltesi sono molto superstizio-si. Basti pensare che se qualcuno chiede loro come stanno, rispondono «nux hazin, non male», al posto del classico «bene», per non far nascere nessun sen-timento di invidia.

Qui sopra, le Luzzi, tipiche imbarcazioni dallo sguardo “divino”. Sotto, la vista dai giardini di Barakka

105

Page 114: Ursa Major Magazine Luglio 2012

di Silvana Delfuoco

Otranto, anche Marylin va al Castello

“La città più orientale d’Italia” è il luogo esemplare per ospitare l’icona Pop del XX secolo: un approdo davvero inevitabile

per Andy Warhol e le 50 opere della rassegna “I want to be a Machine”

106

l’italiainmostra

106106

Page 115: Ursa Major Magazine Luglio 2012

107

Per Enea che fuggiva da Troia in fiamme – nar-ra una leggenda – il porticciolo di Porto Badisco, tra la sabbia e gli scogli della costa sud di Otran-to, apparve come un rifugio di sogno. La stessa cosa pensano ancora oggi, sia pur per ragioni di-verse, i turisti che vi arrivano attirati dal paesag-gio incantevole e dal mare pulito. All’eroe troiano fecero seguito col tempo, tut-ti accreditati dalla storia, i Greci, i Romani e, soprattutto, i Bizantini, che dotarono la città di salde fortificazioni per proteggerla dagli at-tacchi dei barbari e ne accrebbero vertiginosa-mente il prestigio. Fu così che Otranto diven-ne anche il cuore del monachesimo di rito greco grazie alla costruzione, alla fine dell’XI secolo, dell’abbazia di San Nicola di Casole. Posto a pochi chilometri dall’abitato, il mona-stero divenne col tempo il più importante di tutta l’Italia meridionale: dotato di una ricchis-sima biblioteca, i suoi monaci amanuensi era-no conosciuti e apprezzati nell’Europa intera. Ed è a questa fusione di culture che si deve il formarsi del grìco, una parlata che ancora si sente risuonare nella Grecìa Salentina. Ma anche per gli idruntini – così ancora si chia-mano gli abitanti di Otranto – passavano i seco-li. E arrivarono così i Normanni, gli Angioini, gli Aragonesi… e i Turchi!

Mamma li Turchi! Il 28 luglio del 1480 una flotta di centocin-quanta navi ottomane raggiunse Otranto e se ne impossessò, nonostante la coraggiosa resi-stenza dei suoi abitanti: ottocento uomini,

Il mosaico pavimentale della CattedraleRealizzato dal monaco Pantaleone, preside della facoltà di pittura dell’Università di Casole, tra il 1163 e il 1165, con tessere policrome di calcare locale molto duro, il mosaico è in stile romanico con alcuni elementi bizantini. L’opera si snoda lungo la navata centrale, le seminavate laterali, l’abside e il presbiterio, simboleggiando il dramma dell’uomo nella lotta tra il bene e il male. Nella navata centrale svetta un altissimo “albero della vita” sui cui rami si alternano personaggi di ogni tipo: biblici, mitologici, storici, animali, angeli, diavoli, creature mostruose. Tra loro spiccano, curiosamente, anche re Artù, lo zodiaco, Diana e il cervo ferito, lo Scacchiere dell’Essere, Alessandro Magno su due grifoni alati e due grandi elefanti che sorreggono l’albero.Simmetricamente, nelle due navate di destra e di sinistra vengono riproposti altri due alberi, altrettanto ricchi di immagini singolari: la redenzione e il giudizio universale. Il mosaico continua nel presbiterio, dove è narrata per immagini la storia dell’umanità a partire da Adamo ed Eva, e nell’abside con le vicende avventurose del profeta Giona. “Il manto musivo va letto, anzi sfogliato, pagina dopo pagina, accuratamente – scrive lo storico e parroco della Cattedrale don Grazio Gianfreda – come se fosse un gran libro di pietra”.

Qui, a sinistra, il Castello Aragonese, cornice perfetta per la mostra su Andy Worhol. A destra il bellissimo mosaico della Cattedrale di Otranto realizzato dal monaco Pantaleone

Puglia

Otranto

Page 116: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Un’estate di pop-artDopo Mirò, Picasso e Dalì, il Castello Aragonese di Otranto, divenuto suggestivo contenitore culturale, è aperto fino al 30 settembre 2012 per la sua quarta stagione artistica, con la mostra: Andy Warhol. I want to be a machine. Sono cinquanta le opere dell’artista esposte, tutte provenienti da collezioni private italiane e prodotte con la tecnica meccanica della serigrafia. Da Marylin a Campbell’s Soup, da Electric Chair alla serie dei Flowers e a molto altro ancora. Sarà un’occasione unica per avvicinare nel loro insieme i quadri che hanno trasformato radicalmente il rapporto tra arte e società nella seconda metà del Novecento. Non dimentichiamo infatti che un’opera di Warhol è stata scelta per essere posta nel 1969 sul suolo lunare dall’Apollo 12, allo scopo di rappresentare noi tutti a un ignoto navigatore spaziale del futuro.Accanto alla grande mostra si apre anche la rassegna Summer Pop Otranto 2012. Omaggio a Andy Warhol. Il tema scelto è sintetizzato in un famoso aforisma dello stesso Andy Warhol: “La pop art è un modo di amare le cose”. Continua così il percorso di marketing innovativo intrapreso nel 2009 con la nuova direzione artistica del castello, amplificando l’attrattiva e l’offerta culturale della Città di Otranto e dell’intero territorio del Salento.Per informazioni e prenotazioni: Te. [email protected]

che avevano rifiutato di convertirsi all’Islam, vennero decapitati sul Colle di Minerva, il luogo più alto della città. Otranto venne con-quistata e saccheggiata, la sua fiorente atti-vità commerciale interamente distrutta. An-che l’abbazia di San Nicola di Casole fu ridotta a un cumulo di pietre, oggi ancora visibili al centro di una masseria. L’anno suc-cessivo, al ritorno degli Aragonesi, iniziò la ricostruzione, ma la ferita impressa non si è mai più rimarginata del tutto. Ogni anno i Beati Martiri vengono celebrati con tre gior-ni di festa – il 12, 13 e 14 agosto – preceduti dalla tredicina, una lunga preparazione che ha inizio il 31 luglio con la solenne esposi-zione dell’Urna dei Martiri in Cattedrale. E festa vuol dire processione, luminarie, fuochi d’artificio ma anche buon cibo e cucina tipica.

Piatti di mare, di terra e di fiumeLa pesca è un’attività ancora molto attiva in que-sto mare, tra i più puliti d’Italia: sgombri, cefali, cernie, saraghi, dentici, orate, polipi, calamari e via dicendo, senza dimenticare gli squisiti ricci di mare. Ecco allora la zuppa di pesce ma anche la buona minestra di farro con frutti di mare e scorfano o le gustose linguine con la seppia, me-lania e mollica soffritta. Dall’entroterra, che da sempre produce olio, frutta e ortaggi, arrivano i ciciri e tria, la versione salentina della pasta e ceci, dove la tria è una ta-gliatella in parte fritta e in parte cotta nel brodo di ceci. E poi un trionfo di verdure, dalle melan-zane grigliate con aglio e menta, ai peperoni ver-di fritti e ai pomodori ripieni, senza dimenticare la cicoria all’acqua di Otranto, dai molteplici be-nefici. Coltivata in pieno campo nella Valle dell’Idro e intorno ai Laghi di Alimini a nord di Otranto, si consuma cruda in pinzimonio oppu-re lessata nella zuppa di cicoria, come piaceva al poeta Orazio.

“Casa di cultura tollerante”Così definì la città Carmelo Bene, che in lei riconosceva la propria patria elettiva, aggiun-gendo che “affondare la propria origine in

108

l’italiainmostra

108

Page 117: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Scelti per voi

dove mangiareDa SergioAnche se è sempre necessario prenotare, specialmente d’estate, troverete buone proposte di pesce fresco cucinato secondo tradizione in questo piccolo ristorante del centro storico.Prezzo medio: circa 40 euro senza vinoCorso Garibaldi, 9 – Otranto (Le)Tel. 0836801408

Peccato di vinoLocation fascinosa per questo ristorantino dietro la Cattedrale. Cucina di pesce rivisitata, curata la carta dei vini.Prezzo medio: circa 40 euro senza vinoVia Rondachi, 7 – Otranto (Le)Tel. 0836801488

Masseria PanareoUn’antica masseria poco lontana dal mare interamente ristrutturata che dispone anche di piscina all’aperto e diciotto camere. La cucina è sia di tradizione salentina che italiana, con fresca materia prima locale. Prezzo medio: circa 40 euro senza viniVia Litoranea Otranto – Santa Cesarea (Le)Tel. 0836812999www.masseriapanareo.com

dove dormireHotel degli HaetheyUn moderno quattro stelle sulla collina ma a pochi chilometri dal mare con annesso ristorante di cucina tipica. Prezzi: da 45 a 135 euro a notteVia Antonio Sforza – Otranto (Le)Tel. 0836801548www.hoteldeglihaethey.com

Corte di NettunoOspitato in un’antica corte salentina, a pochi passi dal centro storico e dal porto.

Nel ristorante, cucina di tradizione. Prezzi: da 70 a 150 euro a notteVia Madonna del Passo – Otranto (Le)Tel. 0836801832www.cortedinettuno.it

Masseria Hotel GattamoraUn tranquillo tre stelle con piscina nella campagna salentina, a 6 km da Otranto e a 3 km da Porto Badisco. La cucina ha proposte di terra e di mare secondo la tradizione appena rivisitata. Prezzi: da 45 a 70 euro a notteVia campo Sportivo, 33 Uggiano la Chiesa (Le)Tel. 0836817936www.gattamora.it

Villaggio Club Med OtrantoUna delle mete più hot dell’estate 2012:discipline sportive, serate lounge e di festa, gastronomia raffinata e creativa a cura di chef pluristellati. Ideale per single e amici. Prezzo medio a persona per una notte a luglio: 149 euro Via Porto Santo Stefano – Otranto (Le)Tel. 0836802688www.clubmed.it

Patria Palace LecceUn hotel dal fascino d’altri tempi, nel cuore del centro storico di Lecce. Situato di fronte alla storica Basilica di Santa Croce, di cui si possono ammirare indimenticabili scorci dal Roof Garden, l’hotel, sontuosamente restaurato da artisti e maestri artigiani, accoglie i suoi ospiti in un’atmosfera elegante. Membro della prestigiosa collezione MGallery, esclusivo network internazionale di hotel d’alta gamma dalla personalità unica. Nella foto in alto uno scorcio della bella terrazza sulla città.Prezzo medio: 105 euro a notte la singola, 165 euro la doppia Piazzetta Riccardi, 13 – LecceTel. 083224 5111www.mgallery.com

terra d’Otranto è destinarsi un reale-imma-ginario”. È d’obbligo la citazione di The Ca-stle of Otranto di Horace Walpole, primo esempio di romanzo gotico in Europa, incen-trato sulle cupe leggende sorte intorno al ri-nascimentale Castello Aragonese, cornice perfetta per la mostra su Andy Worhol. Ma la città possiede anche un’altra fascinosa fonte di ispirazione artistica: il favoloso mosaico del XII secolo che si stende lungo le tre navate sul pavimento della Cattedrale, dalla contro-versa e ancora misteriosa interpretazione.Lo stesso fascino contradditorio che emana dall’in-tera opera di Warhol, ora che la critica più recente ha messo in luce il ruolo fondamentale della sua formazione religiosa di derivazione cecoslovacca ortodossa. Come non pensare a un sottile legame tra lui e il monaco bizantino artefice del mosaico pavimentale nel lontano 1163… Per informazioni: www.comune.otranto.le.it

Un itinerario fatto di pietreNon solo i mosaici della sua Cattedrale, ma anche altre pietre sono depositarie di tesori inaspettati nel territorio di Otranto. Basta infatti uscire dalla città dalla periferia sud per inoltrarsi nella Valle delle Memorie e di lì raggiungere la Masseria di Torre Pinta, uno dei luoghi più antichi della regione, forse un’ampia torre colombaia, oggi trasformata in agriturismo. Un’altro insediamento rupestre, ma questa volta sotterraneo, si incontra percorrendo la litoranea che da Otranto porta a Santa Cesarea Terme: la Grotta dei Cervi, uno dei più grandiosi musei di arte preistorica in Europa, ancora oggi meta di studi e analisi da parte di esperti ma purtroppo non ancora accessibile al pubblico. Ci si può però prontamente consolare proseguendo per Castro, splendida cittadina costruita sulla roccia, con una visita alla sua Grotta Zinzulusa, sicuramente abitata dall’uomo nella preistoria. Ad accogliere il visitatore all’ingresso curiose stalattiti a forma di “stracci”: gli zinzuli che penzolano vivaci tra trasparenze e giochi di luce. Nella direzione opposta, verso San Cataldo, si può ammirare la Grotta della Poesia, forse un tempo santuario del dio Tabor o leggendario rifugio di una bella principessa. E poi la Grotta dei Giganti, quella dell’Elefante, del Cavallo, del Diavolo... Tutte testimonianze del fenomeno carsico che nel Salento è riuscito a creare costruzioni di particolare bellezza.

109

Page 118: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Biarritz, splendore

sull’Atlantico

Non c’è grande della letteratura e dell’arte che non sia passato da qui. Lungo il suo litorale si davano appuntamento Dumas e Zola, mentre nelle stanze dell’Hotel du Palais soggiornavano Rita Hayworth, Frank Sinatra e Gary Cooper. Ancora oggi, “la regina delle spiagge e la spiaggia dei re” incanta i visitatori e li invita a scoprire l’affascinante Paese Basco francesedi Giancarlo Roversi

Nell’immaginario collettivo evocare il nome di Biarritz, il rinomato centro balneare fran-cese sulla costa basca dell’Atlantico, dipinge nella mente, anche di chi non vi ha mai mes-so piede, un’immagine mitica grazie ai fasti degli anni del Terzo Impero, impreziositi dal soggiorno di Napoleone III e dell’imperatrice Eu-

genia. Una fama consolidata durante tutta la Bel-le Époque, che vide sorgere a ridosso del mare una corona di prestigiosi alberghi, i Palais, e un grande Casino. Ma anche una fama che si è per-petuata fino ai giorni nostri, facendone una delle mete preferite dei vip di tutto il mondo, e che non ha nulla da invidiare alla Costa Azzurra.

110

inviaggioinviaggio

Page 119: Ursa Major Magazine Luglio 2012

111

Biarritz è una delle stelle di prima grandezza del turismo mondiale. Tra le ragioni di questo successo la cucina basca che qui tocca il massimo livello grazie al connubio fra le raffinatezze francesi e l’esuberanza della tradizione spagnola

Le stanze della memoria A far scoprire la località è stato, a metà dell’800, il grande romanziere francese Victor Hugo che si trovò di fronte un pittoresco e affascinante por-to peschereccio con tante barche variopinte e, tutt’attorno, una distesa di spiagge vergini incor-niciate da una superba costa rocciosa e da colline rigogliose. Lo splendido palazzo di vacanza di Napoleone III e dell’amata Eugenia, ora trasfor-mato in uno degli alberghi più esclusivi e ambiti non solo della Francia, l’Hotel du Palais, e la villa della regina Vittoria stanno a testimoniare il suo glorioso passato. Durante tutta la seconda metà del secolo scorso e i primi anni del ’900 teste co-ronate di ogni Paese – i re di Württemberg, del Belgio e del Portogallo, principi russi, polacchi e rumeni, nobili di Spagna e lord inglesi – fecero di Biarritz il buen retiro delle loro vacanze, contri-buendo ad accrescerne la rinomanza internazio-nale e ad arricchire la cittadina di preziosi edifici di stile flamboyant. Ospiti ammirati furono an-che statisti, illustri scrittori e artisti di fine secolo come Carnot, Poincaré, Clémenceau, Ravel, Pi-casso o Émile Rostand. E Alexandre Dumas che spesso si trovava in compagnia di Émile Zola a passeggiare lungo il ridente litorale. Mentre Sarah Bernhardt e Lucien Guitry, padre di Sacha, si esi-birono sul palcoscenico del Casino Bellevue as-sieme a tante altre vedette. Dopo la seconda guer-ra mondiale Biarritz riprese il suo ruolo di centro balneare d’élite, ospitando il gotha internaziona-le: re Farouk d’Egitto, Michel di Romania, Pietro di Yugoslavia, e star del cinema quali Rita Hayworth con il marito Alì Khan, Frank Sinatra, Gary Cooper, Bing Crosby e tanti altri, tutti at-tratti dallo sfarzo delle suite e degli splendidi sa-loni dell’Hotel du Palais. Sì, perché qui il soggior-no – o anche una sosta a tavola nell’immensa sala da pranzo circolare della Belle Epoque, uni-ca al mondo nel suo genere – o al limite una fu-gace visita, offrono emozioni indimenticabili. Specie se si ha la fortuna d’incontrare la manager dell’hotel, Jeanne Marchetti, italiana di Città di Castello (ma da tanti anni trapiantata in Francia), che vi mostrerà alcune delle meravigliose stanze,

In apertura, una panoramica sulla costa con uno scorcio del Casino Bellevue. Qui, lo scrittore Émile Zola, tra i celebri frequentatori della località, e un interno dell’Hotel du Palais

Page 120: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Idee fuoriporta A quello di Biarritz, va poi aggiunto il fascino dei centri minori. Come la cittadina di S. Jean-de-Luz, col suo

porto pittoresco, le sue boutique eleganti e il suo suggestivo tessuto

edilizio. Costruita ai piedi della Rhune, la più alta montagna basca

(905 m) raggiungibile con un trenino a cremagliera, si affaccia

su una bella baia protetta dai venti e rappresenta la migliore fra le

località marittime basche. Fra le sue mura nel 1660 si sposarono

Luigi XIV e Maria Teresa d’Austria. D’obbligo poi un salto in collina,

a Sare, dove si può sostare nel delizioso Hotel Arraya, arredato

con sobria eleganza e con ottima cucina (www.arraya.com). Da

non perdere una sosta a Bayonne, la bella capitale del Paese Basco

francese, famosa per il suo prosciutto, per lo shopping e per

le sue corride incruenti.

Per informazioni: Atout France Italie

www.rendezvousenfrance.com

Comite Departimental du Tourisme Pays Basque

www.tourisme64.com

Office de Tourisme de Biarritzwww.biarritz.fr

la piscina, le terrazze, la prestigiosa Spa Imperiale Guerlain, che si estende su 2900 mq e richiama ospiti da tutto il mondo alla ricerca del benessere e dell’armonia psicofisica. Inappuntabile la regia della tavola curata da Jean-Marie Gautier, uno dei migliori chef di Francia, insignito della stella Mi-chelin e di vari riconoscimenti internazionali, che propone una cucina classica contemporanea, pri-vilegiando il rispetto delle stagioni e dei prodotti regionali pur restando aperta ai sapori del mondo. Tra le sue creazioni più suadenti figurano: le noci e Saint Jacques in crosta di noccioline, aceto all’olio di tartufo, rucola e insalata; l’agnello al lat-te dei Pirenei, con piccoli legumi di stagione e succo di peperoncino di Espelette; i filetti di tri-glia in padella con riso cremoso e salsa di pepe-roncino di Espelette. A soggiornare all’Hotel du Palais, lambito dalla spiaggia e dal mare con una strabiliante vista panoramica sull’Atlantico, ci si può sentire davvero un re, anzi un imperatore, come Napoleone III (www.hoteldupalais.com).

Windsurf, golf e cioccolatoNonostante l’inesorabile fluire del tempo e delle mode Biarritz resta una delle stelle di prima grandezza del turismo mondiale per una serie di attrattive difficilmente ritrovabi-li tutte riunite assieme. Anzitutto per la sua fama di centro elegante e per la sua posizione geografica incantevole, al confine fra la Fran-cia del sud e la Spagna del nord, in quello stra-ordinario Paese Basco che riserva tante piace-voli sorprese al turista. E poi per le sue splendide coste alte e le sue grandiose spiagge affacciate sull’oceano, le cui maree costitui-scono uno spettacolo nello spettacolo. Ma an-che per il suo clima e il suo sole che sanno di Mediterraneo, e per la bellezza e i colori sgar-gianti dell’ambiente naturale che fa da corni-ce con un alternarsi di dolci colline ricche di pittoreschi borghi e antiche chiese in archi-tettura basca medievale e rinascimentale con interni a gallerie (riservate agli uomini). E an-

In basso, una veduta di Biarritz e, a sinistra, il cioccolato, protagonista del delizioso Museo che qui ne ripercorre la storia

112

inviaggio

Page 121: Ursa Major Magazine Luglio 2012

dove mangiare Auberge Basque Situato in un piccolo villaggio, Helbarron / Saint-Pée, un luogo tranquillo, con splendide viste sulle colline circostanti e sui primi declivi dei Pirenei. Si tratta di un piccolo ma raffinato hotel di sole 11 camere, un piacevole mix di architettura d’epoca e contemporanea, che offre un soggiorno molto gradevole affogato nel verde. Fiore all’occhiello è il ristorante gastronomico ricavato in un casale ristrutturato. Lo gestisce Cédric Béchade, un giovane allievo del mitico Alain Ducasse, al cui fianco si è fatto le ossa entrando nel drappello dei migliori cuochi odierni della Francia, fautore dell’arte culinaria classica evolutiva. Menù da 39 a 70 euro. Vieille Route de St Jean de Luz, D 307Helbarron / Saint-Pée Tel . +33 (0)5 59517000www.aubergebasque.com

Chez Alberta Restaurant du PortAffacciato sul porto, aperto all’oceano, il delizioso ristorante cucina solo pescato locale. Tra le proposte in menù sardine grigliate di Saint Jean de Luz al burro fuso e peperoncini ripieni di merluzzo Biscaye. Port des Pecheurs - Biarritz Tel. +33 (0)5 59244384www.chezalbert.fr

dove dormire Hotel Alcyon Ottima posizione nel centro cittadino. Stanze dal design garbato. L’accoglienza e la disponibilità di Christine e Eric sono indimenticabili.Prezzi: da 100 euro a notte. Rue Maison-Suisse, 8angle rue du HelderBiarritzTel +33 (05) 59226460 www.hotel-alcyon-biarritz.com

Hotel 7b Design di gran classe per questo hotel a 2 minuti a piedi dal mercato Des Halles e dalla spiaggia del Casino. Ad accogliervi un bell’ingresso con camino, un grande tavolo per la colazione e un patio fiorito per sonnolente passeggiate. Prezzi: da 127 euro a notte Rue de la Gascogne, 7 Biarritzwww.hotel7b.com

Scelti per voi

cora, per i tanti splendidi campi da golf che hanno come scenario l’immensità dell’oceano e sono in grado di offrire le più varie alternative di gioco con percor-si a 9 e 32 buche. Senza dimenticare la possibilità, per chi ama lo sport, di prati-care il windsurf (Biarritz è la regina di questa disciplina grazie ai venti che spi-rano dal mare) e la vicinanza ai Pirenei, che permette in un’ora di trovarsi su un campo da sci. Per chi invece non resiste alle curiosità, Biarritz possiede un simpa-ticissimo Museo del Cioccolato dal XVII secolo ai giorni nostri, e un ricco Museo del Mare (www.biarritzocean.com) che documenta la vita dei fondali oceanici. A completare il quadro ci sono le squisitez-ze della cucina basca – specie quella a ba-se di pesce – che qui tocca il massimo li-vello in un perfetto connubio fra le raffinatezze francesi e l’esuberanza della tradizione spagnola.

La prestigiosa Spa Imperiale Guerlain dell’Hotel du Palais si estende su 2900 mq e richiama ospiti

alla ricerca del benessere da tutto il mondo

In queste foto le grandiose spiagge affacciate sull’oceano, le cui maree costituiscono uno spettacolo nello spettacolo. Sotto l’Hotel du Palais

Page 122: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Punto di arrivo della via Appia, ma anche punto di partenza per il Mediterraneo, la bella città salentina è considerata la “porta d’Oriente” per la sua naturale posizione strategica, dove il mare è il protagonista assoluto, insieme al profumo di salmastro che entra prepotentemente nelle narici, complice un leggero venticello che con le sue sferzate esalta il piacere

dove dormireHotel ColonnaNel centro storico 42 camere dotate di tutti i comfort. Colazione, all’ultimo piano, con vista sulla città.Prezzi: doppia da 75 euro Corso Roma, 83Tel.0831562557www.albergocolonna.it

Hotel BarsottiA pochi metri dalla stazione ma in una posizione tranquilla, lontano dal traffico. Ambienti accoglienti ed eleganti.Prezzi: doppia da 110 euro Via Cavour, 1Tel. 0831560877www.hotelbarsotti.com

dove mangiareAcquapazzaA pochi passi dal porto. Specialità mediterranee di pesce.Piazza Dante, 5 Prezzi da: 30 euroTel. 0831529680www.acquapazzabrindisi.com

Antica Osteria La SciabicaIn un ambiente familiare offre cucina casereccia. La specialità? Carne alla brace.Prezzi da: 25 euroVia Thaon di Reve,l 29/33Tel. 0831562870ww.ristorantelasciabica.com

Per informazioniwww.viaggiareinpuglia.it

L’idea in piùL’Oasi di Torre Guaceto

Regalarsi emozioni a contatto con il blu dell’acqua. Dove? All’oasi naturale di Torre Guaceto, a pochi chilometri da Brindisi. Qui, in un incantevole scenario, ci si immerge appieno tra terra e mare nel paradiso della riserva, tra il litorale, la zona umida e la macchia mediterranea. Un mix perfetto tra flora e fauna.

1 – All’ombra della Colonna della via Appia È il simbolo della città. Posta alla fine di una scalinata che guarda al mare e al porto, assiste da secoli, come una sentinella immobile, al passaggio ininterrotto di gente. Ed è proprio qui che sembra finisse la Via Appia, quella regina viarum, la regina delle strade, così deno-minata per la sua estensione (ben 530 km che andava-no da Roma, toccando città importanti del Sud Italia, fino al porto di Brundisum), ma anche per la sua bel-lezza paesaggistica e per i suoi monumenti.

2 – “Oh che bel castello”... Il Forte a MareIl castello sorge sull’isolotto di S. Andrea. Naturale ba-luardo difensivo, l’isola è stata utilizzata per costruir-vi una valida struttura di difesa quando ancora, e si-no al XV secolo, vi sorgeva un monastero dedicato a Sant’Andrea. Conosciuto come Forte a Mare, ha le mura di un caldo color rossastro (i mattoni sono sta-ti ricavati dalla pietra dell’isola) che dialogano a 360 gradi con tutta la città.

3 – Il grande timone nel portoNel porto di Brindisi spicca con la sua imponente mole il Monumento al Marinaio d’Italia, che simboleggia il ti-mone di una nave. Alto 53 metri, costruito in cemento armato rivestito di carparo (pietra calcarenitica compatta di colore dorato), riporta sulle pareti i nomi dei numerosi marinai caduti durante le guerre mondiali.

4 – Viaggio a ritroso nella storia al MAPRI All’interno del Museo Provinciale Archeologico Ribez-zo (MAPRI) si fa un tuffo indietro nel tempo. Qui si può ammirare ad esempio la ricostruzione della prua di un’imbarcazione. La nave, che sembra realmente attraccata alla banchina, è stata riprodotta in legno con le stesse tecniche che usavano gli antichi Romani e all’interno vi si ritrovano intatte anfore vinarie e reci-pienti in terracotta, a indicare il flusso di merci, in spe-cial modo olio e vino, dall’Italia verso i paesi Ellenici. Visibili inoltre pavimenti a mosaico, stucchi e intonaci dipinti. Da non perdere anche la statua decorativa fem-minile, raffigurante la personificazione di Roma-Virtus, in veste amazzonica.

5 – Fra i monumenti di Piazza DuomoLa piazza è davvero ricca di monumenti che raccon-tano la storia della città. Da visitare assolutamente: la bella cattedrale intitolata a San Giovanni Battista (qui sono custodite le spoglie di San Teodoro, patrono del-la città). La cattedrale conserva, del suo antico impian-to, solo alcuni frammenti dell’originale pavimentazione musiva risalenti al periodo medievale. Da vedere anche il Palazzo Vescovile (il più alto esempio di Barocco nella città salentina) e il Museo Diocesano, con la balconata arricchita da otto statue in pietra raffiguranti la Mate-matica, l’Etica, la Teologia, la Filosofia, la Giurispruden-za, la Poetica e l’Oratoria.

Brindisi in 5 tappe

Voli consigliati su Brindisi: Air OnePer info: www.flyairone.com Call center 892 444 (soggetto a tariffazione specifica)

114

una città in 24 oreuna città in 24 ore di Isa Grassano

Page 123: Ursa Major Magazine Luglio 2012
Page 124: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Per informazioniUfficio Spagnolo del Turismo:www.spain.infowww.palmademallorca.es

116

dove dormire Hotel Son Vida In questo albergo (“podere” tipico di Maiorca) dove hanno soggiornato Maria Callas, Aristoteles Onasiss e il principe Ranieri di Monaco, si può godere di una delle migliore viste sulla città e il Mediterraneo.Prezzi: doppia da 365 euro Carrer de la Raixa, 2a Tel. +34 971493493www.hotelsonvida.com

Hotel HM Jaime IIINel cuore della città, elegante e confortevole.Prezzi: doppia da 110 euro Paseo Mallorca, 14 BTel. +34 971725943www.hmjaimeiii.com

dove mangiare Safra 21Un indirizzo moderno. Da provare la tradizionale paella.Menù da 30 euroC/Illa de Corfú, 10 Tel. +34 971263670www.safra21.com Aquiara Vasta scelta di gustose tapas, ma anche i piatti della cucina basca e mediterranea, cucinati dallo chef stellato Koldo Royo.Menù da 30 euroPaseo maritimo, 3 Tel. +34 971732435

dove comprare Colmado Santo DomingoIl tempio del gusto, dove acquistare le specialità dell’isola.C/Santo Domingo, 1 Tel: +34 971714887www.colmadosantodomingo.com L’idea in piùDa Palma di Maiorca si può prendere il Treno di Soller (attivo dal 1912) che fa un percorso bellissimo e panoramico per 27 chilometri e attraversa la catena montuosa di Tramuntana fino a Soller. Entrando in ben 17 tunnel.

1 – La Cattedrale, fra giochi di luce e d’acquaIcona simbolo della città. La Sa Seu (dedicata a Santa Maria) si staglia maestosa e imponente (tanto da essere paragona-ta per mole al Duomo di Milano) sopra un promontorio. È conosciuta anche come la “Cattedrale del mare o della lu-ce”, proprio per i riflessi nell’acqua e per i raggi di sole che, filtrando dalle vetrate, creano scenografici giochi di colore. La costruzione della cattedrale iniziò nel XIII secolo sopra l’antica Moschea della Medina Mayurqa. Nel corso dei se-coli ha subito diversi interventi, l’ultimo dei quali (la cappella reale) per mano dell’architetto catalano Gaudí.

2 – Curiosare nei cortili delle nobili caseNella zona alta di Palma, tutt’intorno alla Cattedrale, si tro-va un labirinto di viuzze strette, ricche di bellissime dimore signorili (casals), i cui cortili costituiscono uno spazio archi-tettonico unico. Sono più di quaranta, ma se proprio non si ha tempo di sbirciarli tutti, da non perdere è il patio di Casal Solleric (al numero 27 del Passeig del Born, una delle princi-pali arterie della città). Si trova nel palazzo barocco che ospi-ta la Fundació Palma Espai d’Art, un centro d’esposizioni d’arte contemporanea; oppure il cortile di Casal Balaguer, Via Unió, sede del circolo delle Belle Arti, e Can Sureda, in Via Veri, di stampo medioevale, oggi sede del Centro Cul-turale Contemporaneo.

3 – Ma che bel castello… quello di BellverÈ a soli due chilometri dal centro di Palma. Con la sua pian-ta circolare, più che un palazzo di difesa appare come un elegante gioiello architettonico, posto come è in cima a una collina alberata da cui si gode la splendida vista sulla baia. La costruzione iniziò nel 1309 per volere di Jaume II, ed è l’unico castello spagnolo a pianta circolare che si sviluppa su due livelli intorno a una corte centrale. A pianterreno, ha se-de il Museo della Storia della città. Una collezione di statue del Cardinale Despuig completa la mostra.

4 – Scoprire l’eleganza di Sa LlotjaOpera dell’architetto Guillem Sagrera, è stata completata a metà del secolo XV. Un gioiello della architettura gotica civile (Plaça Llotja), è la Borsa di Commercio costruita nel XV secolo su disegno dell’architetto di Maiorca Guillermo Sagrera. L’edificio, dall’aspetto fortificato, comprende una galleria traforata, che simula un cammino di ronda, e mer-loni e torrette con una funzione più decorativa che difensi-va. L’austerità delle mura è attenuata da finestre gotiche dal fine ornamento a traforo.

5 – Nel blu dipinto di blu di Playa de PalmaSi tratta della spiaggia più famosa di Palma di Maiorca, con la sua sabbia fine e bianca e le acque trasparenti. È conosciuta anche come El Arenal, ed è molto amata dai turisti perché, oltre a essere ricca di hotel, ha un lungomare con una bella pista ciclabile, ideale per una passeggiata in bicicletta.

Palma di Maiorca in 5 tappe Almeno una volta nella vita bisogna tuffarcisi in questo paradiso delle isole Baleari, ricco di spiagge bianche bagnate da acque cristalline. Luogo ideale di villeggiatura per le famiglie e i più giovani, è meta ambita anche dagli sportivi e dagli amanti della natura

Voli consigliati su Palma: Air OnePer info: www.flyairone.com Call center 892 444 (soggetto a tariffazione specifica)

una città in 24 ore di Lucrezia argentiero

Page 125: Ursa Major Magazine Luglio 2012

[email protected]

mob. 334 9106631

Page 126: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Semplici e autentiche “tentazioni” pugliesi.

I tarallini rappresentano da sempre l’emblema della pugliesità nel

Il

Scopri la fragranza dei prodotti di Puglia.

Page 127: Ursa Major Magazine Luglio 2012

119

120Le mani raccontanoAntonietta Tummolo e i suoi occhiali artigianali che stregano i divi del cinema

122I piaceri di BaccoNell’Alto Canavese, tra Piemonte e Val d’Aosta, a scoprire la viticoltura “estrema”

da pag. 124Rubriche• Bellezza e benessere • Soste d’arte • Libri• Spettacoli• Trendy• Shopping

Piaceri

126

Page 128: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Il suo lavoro è una scelta, non un caso. Im-magina e disegna i suoi modelli quando trova l’ispirazione. E le può succedere in qua-lunque circostanza: «In viaggio, quando mi sve-glio di notte, mentre leggo un libro, mentre passeggio». Antonietta Tummolo, titolare dell’Occhialeria Artigiana di Tito Scalo, Poten-za, i suoi occhiali, insomma, li “vede” già nella sua mente, prima ancora di metterli al mondo. «Sono le mie creature – dice – poi spetta ai miei collaboratori dargli forma con manualità cer-tosina». Da oltre dodici anni, questa geniale im-prenditrice dà vita ai suoi modelli nell’azienda in cui, lei compresa, lavorano dieci persone.Gli occhiali di Antonietta sono stati capaci di conquistare il gusto di grandi nomi del cine-ma, da Toni Servillo, che li ha indossati nel film Le conseguenze dell’amore, a Tim Burton, da Sergio Rubini a Ron Galella, fotografo lu-cano che ha immortalato i volti dei divi del cinema mondiale. Professionalità e sentimen-to costituiscono il binomio vincente dell’im-prenditrice lucana, binomio che domina anche

Occhiali da premio Oscarnei suoi contatti con gli attori per cui ha dise-gnato i suoi modelli. Come Toni Servillo, che le ha confessato di avere sentito l’occhiale in-dossato anche nella vita, «parte della sua inti-mità, al punto da andarci quasi a letto». O Ser-gio Rubini, al quale ha raccomandato: «Ti regalo un pezzo della mia storia di vita, ne de-vi avere rispetto».

Dalla Basilicata al red carpetI volti noti che hanno indossato l’occhiale “eX-tra” di Occhialeria Artigiana, come racconta l’imprenditrice originaria del piccolo comune di Lavello, nel Potentino «sono tali non in quanto famosi, ma perché hanno conservato la loro umiltà pur facendo un lavoro che, di solito, alte-ra l’autenticità della personalità». E autentiche sono anche le tecniche utilizzate per plasmare, dalla materia prima, (plastica della migliore qua-lità prodotta da Mazzucchelli, azienda leader nel settore) le forme di magiche creazioni. Lento e articolato è il processo che ha inizio all’interno del laboratorio dell’azienda lucana. Punto di for-

Le sue opere d’arte hanno incorniciato

anche il viso di grandi nomi del cinema

come Tim Burton, Toni Servillo e Sergio

Rubini. I gioielli dell’imprenditrice

Antonietta Tummolo nascono in Basilicata, in quel piccolo tempio della manualità che è

la sua Occhialeria Artigiana a Tito Scalo,

e raggiungono prestigiose ottiche in Italia ed Europa

di Angela Pino

120

lemaniraccontano

Page 129: Ursa Major Magazine Luglio 2012

za è il “buratto”, l’urna in cui per 78 ore si sus-seguono le fasi di rifinitura della materia pri-ma. Poi, è la volta delle “ruote”. I pezzi delle montature vengono passati, uno a uno, e con le mani, intorno a dischi di tessuto morbido che devono eliminare ogni minima imperfezione. Nessun solvente chimico né vernice, o qualsia-si altra soluzione facile per nascondere i difetti del lavoro, appartengono alla filosofia dell’Oc-chialeria. «Io porto la mia terra ovunque – ama ripetere l’imprenditrice – molti dei colori scelti per i miei occhiali sono colori propri della Ba-silicata: terra, cenere, sabbia, pietra. Ho voluto legare sempre i miei prodotti al luogo in cui so-no realizzati e alle persone che li realizzano, al-le quali ho trasferito un concetto di lavoro che ti fa esprimere per quanto sei capace e non per quanto guadagni». Antonietta Tummolo ha una convinzione infatti: «Un prodotto che prende vita attraverso le mani richiede responsabilità. E la libertà di fare è la prima, grande, responsa-bilità». Il suo essere donna, più che un elemen-to di “delicatezza” vuol dire, anzi, risolutezza: «Io – puntualizza Antonietta – sono un’artigia-na con una piccola ma precisa identità nel mercato e attraverso i miei prodotti racconto la capacità delle mie mani e di chi lavora con me». Qui, nell’occhialeria di Tito Scalo, il non

121

parlare mai al singolare è una sorta di filosofia di vita: nell’azienda vige infatti un’etica di asso-luta collaborazione, tutti devono saper fare tut-to, nella certezza che questa specifica produzio-ne richiede tempi molto lunghi per il “trasferimento del sapere”. Oltre al laboratorio e all’elegante showroom, l’azienda ospita anche una sartoria in cui nascono gli accessori per gli occhiali, tutti cuciti a mano. La ragion d’essere dell’Occhialeria Artigiana, però, non si ferma in questo tempio della manualità. Quella di Anto-nietta Tummolo è una storia emotiva. Come ar-tigiana nasce alla fine del 2000, in un momento di dolore personale importante, durante il quale dice: «Mi sono presa la mia identità: d’altronde le grandi decisioni non hanno tempo, né conte-sto». Non è stato facile tuttavia. «Non perché intorno a me abbia incontrato diffidenza, dal momento che provengo da una piccola regione – racconta – ma piuttosto sorpresa, forse per questo mio essere un po’ Alice “fuori” dalle me-raviglie». Già, perché l’imprenditrice lucana in-curiosisce per la naturalezza e la dinamicità con cui vive il suo lavoro, tutto proiettato in realtà diverse tra loro. Racconta di come spesso perce-pisca lo stupore di chi apprende che il processo produttivo dei suoi occhiali sia esclusivamente “made in Basilicata”. A queste perplessità, Anto-nietta ribatte che «la cultura e il gusto non han-no geografia, ed è questa la ragione per cui la mia azienda produce ed esiste nella mia terra». Ligu-ria, Lombardia, Veneto, Lazio, Puglia, Sicilia: in queste regioni i suoi modelli fanno bella mostra nei più importanti negozi di ottica. Benché nata nella profonda provincia italiana, l’arte di Tummolo ha saputo ritagliarsi uno spa-zio anche all’estero. Parigi e Londra sono alcuni dei santuari della moda e del bello con i quali l’imprenditrice può dire oggi di avere una certa confidenza: emblematico è il successo consegui-to al Silmo di Parigi, la vetrina mondiale dell’oc-chialeria. Nel suo ufficio, su una parete, lo sguar-do si ferma sulla frase: «Qui come altrove, col tempo le idee diventano». Antonietta Tummolo la spiega così: «Le idee sono quello che tu sei in grado di far diventare».

Oltre alle fasi di lavorazione degli occhiali, in questa pagina una scena de Le conseguenze dell’amore e, qui sotto, un ritratto di Antonietta Tummolo

Page 130: Ursa Major Magazine Luglio 2012

di Roberto RabachinoGiornalista e Presidente IWTO

International Wine Tasters Organization

La viticoltura estrema dell’Alto Canavese

Siamo a Settimo Vittone, ai confini tra Pie-monte e Valle d’Aosta, in un ambiente unico dove la viticoltura riveste un ruolo essenziale di presidio del territorio. L’aggettivo “eroica”, in viticoltura, potrebbe essere attribuito all’attività paleoagricola di chissà quale civiltà mitologica del passato. E invece è una realtà attuale e un’impor-tante testimonianza storica che accomuna molti dei territori europei tradizionali produttori di vino. Questo motivo sarebbe sufficiente a definirla una risorsa di inestimabile valore anche se, oggi più che mai, in molte zone è a rischio di scomparsa; non a caso Valtellina e Cinqueterre sono protette dall’Unesco. La difficoltà di lavorare questi vigne-ti, a volte raggiungibili solo a piedi, i costi di pro-duzione che non perdonano e la conseguente mancata redditività, l’eccessiva polverizzazione

La prima testimonianza della presenza di vigneti in questo territorio è del 23 a.C. e i sistemi utilizzati dai vignaioli non sono cambiati poi molto durante i secoli.

Un patrimonio storico ricco e ancora vivo grazie all’Associazione Settima Pietra, e a un vino, il Gios

fondiaria, sono solo alcuni dei motivi che stanno alla base di un loro progressivo abbandono. La per-dita di questa realtà sarebbe una cosa grave non solo dal punto di vista storico culturale ma anche dal punto di vista paesaggistico e ambientale. Le opere di sistemazioni dei versanti che stanno da secoli a presidio del territorio, hanno certamen-te contribuito allo sviluppo socio economico dei villaggi posti nelle loro prossimità e il loro pro-gressivo abbandono rischia di causare anche problemi di stabilità dei versanti, compromet-tendo la sicurezza degli abitati.

Passato e presente di un territorio difficile Nel panorama attuale, dove l’agricoltura ha dovu-to adeguare le pratiche produttive alle necessità del mercato globale, perdendo così parte dell’iden-tità artigiana e contadina, la viticoltura estrema dell’areale che va da Settimo Vittone, dove si pro-duce il Canavese Doc, a Carema e Donnas, dove si producono gli omonimi vini a denominazione di origine, rimane un esempio di come uomo e pa-esaggio siano coevoluti nei secoli, plasmandosi a vicenda. Questo tipo di viticoltura deve infatti la sua unicità sia alle caratteristiche estetiche che do-na al territorio, facilmente identificabili e ricono-scibili, sia per gli aspetti gestionali. Infatti, le mali-zie che solo i viticoltori di questa zona conoscono per addomesticare il territorio e per gestire i vigne-ti sono anch’esse da considerarsi un patrimonio culturale da non perdere e che dovrebbe essere valorizzato e trasmesso ai posteri. Quando passeg-giando per le mulattiere medioevali di Settimo Vittone – nome ereditato dal periodo della domi-nazione Romana, poiché dista a 7 miglia romane dalla vicina Ivrea (allora Eporedia) – ci si trova da-vanti ai monumentali vigneti delle frazioni di Ce-snola, Torredaniene e Montestrutto, non si può far altro che rimanere a bocca aperta per la particola-rità della loro architettura. Fazzoletti di terra strap-pati alla montagna dove cresce il Nebbiolo del bio-tipo Picotener, vitigno antico e aristocratico che caratterizza le migliori produzioni enologiche del Piemonte e che anche qui, insieme ad altri vitigni autoctoni, come la Vernassa e i Neretti, si esprime al meglio dando vini unici per carattere e finezza.

122

ipiaceridiBacco

Page 131: Ursa Major Magazine Luglio 2012

123

Il patrimonio rappresentato da questi vigneti è in-discusso. Fonti storiche che risalgono a prima del medioevo, quando questa vallata era abitata dai Salassi, documentano che la viticoltura era presen-te. Questo è riscontrabile dagli scritti degli storici Romani che nel riportare le vicende legate alla con-quista dei territori allora confinanti con la Gallia, e oggi piemontesi, raccontano come la vittoria del console Terenzio Varrone sui Salassi del 23 a.C. fosse celebrata con il permesso, dato alle milizie, di saccheggiare cantine e vigneti del luogo. Allora il sistema di allevamento della vite probabilmente non era molto diverso da quello che vediamo oggi. L’impossibilità di poter meccanizzare ha permes-so di mantenere la tecnica originale che si avvale di pergole in castagno locale e sostegni murari a secco, di legature che avvengono rigorosamente con il salice, tutti materiali facilmente recuperabi-li anche nel passato, per permettere alle viti di re-sistere ai forti venti che sferzano la vallata anche in tarda primavera. Non è dato sapere se la viticoltu-ra fosse molto praticata e quali vitigni fossero col-tivati, ma quel che è certo le produzioni enologiche erano conosciute entro i confini dell’Impero Ro-mano. Più tardi, nel medioevo, quest’area venne visitata da molti turisti di allora, i pellegrini che viaggiavano l’Europa diretti a Roma per la via Fran-cigena, una delle arterie principali ancora oggi uti-lizzata dai viandanti moderni. Questi potevano ristorasi presso una taverna, unico punto di posta (ancor oggi funzionante), e probabilmente il vino locale era ancora apprezzato. Intorno all’anno 1000, Ansgarda, moglie ripudiata del fratello di Carlo Magno, poi beata, decise di trascorrere i suoi giorni in quel di Settimo Vittone, paese pacifico, con un clima gentile e salubre. Ancora oggi, visi-tando il battistero di San Lorenzo che risale al 980 d.C., è possibile vedere il sarcofago utilizzato per inumare la beata Ansgarda. La salma fu poi trafu-gata e portata in Francia da Napoleone Bonaparte di ritorno dalla campagna d’Italia. Ma veniamo a oggi. La situazione non è delle migliori poiché il tasso di abbandono è elevato e le nuove generazio-ni non vogliono impegnarsi per mantenere i vigne-ti. Il fenomeno è però in diminuzione e questo an-che grazie all’Associazione Settima Pietra, nata per

tutelare il patrimonio terrazzato locale, offrendo supporto ai viticoltori e alle aziende vitivinicole associate che operano per il mantenimento del territorio. Tra le numerose attività dell’associa-zione la più importante è stata quella di produr-re il vino comune dei soci, il Gios, pagando l’uva ai viticoltori a un prezzo adeguato in quanto la maggior redditività dei fondi è l’unica leva che permette di incentivare il loro mantenimento. Grazie a questo vino si è avviato un processo ad alto contenuto etico di valorizzazione turistica dell’areale che sta coinvolgendo i principali at-tori della filiera agroalimentare e turistica locale, mettendo al centro i viticoltori e il consumatore finale, anch’egli protagonista per il mantenimen-to del patrimonio storico culturale rappresenta-to dai vigneti terrazzati.

Oggi come ieri la tecnica utilizzata per la coltura della vite in questa zona del Piemonte si avvale di pergole in castagno e sostegni murari a secco, con legature che avvengono rigorosamente con il salice

consulenza e foto Alberto Cugnetto

Piemonte

SettimoVittone

Page 132: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Dietro la creazione di una buona fragranza c’è un lavoro fatto di base tecnica e cono-scenze chimiche ma anche di passione, un forte bagaglio culturale, memoria ed esa-sperata sensibilità. Da sempre il creatore del-le fragranze è chiamato “naso”, ma forse non tutti sanno che, oggi, non è l’unico ar-tefice della composizione finale di quello che diventerà il profumo. Come nella mu-sica, infatti, nella maggior parte dei casi vi è un musicista (il naso, appunto) e un paro-liere (il regista). Quest’ultimo esprime, con le parole, un sogno, un’emozione, un ricor-do che gli fanno immaginare una fragranza. Il musicista (naso) compone un elenco di materie prime naturali o chimiche (essenze) che rispondono alla resa del concetto arti-stico. La sua esperienza e la preparazione gli permettono di “sentire” quello che può es-sere il risultato olfattivo della composizione prima ancora di aver mescolato una sola goccia di essenza. Solo a questo punto il profumiere prepara da cinque fino a venti campioni di prodotto, che saranno nuova-mente commentati, selezionati e modifica-ti ancora una volta dal regista e dal naso.

Ma perché ci vuole un duo compositivo per far nascere un profumo? Il regista non ha la quotidiana esperienza che permette al naso di “sentire” nella sua testa il risultato di un accordo, ovvero l’effetto dell’unione di tre o più “note”. Ci vogliono almeno 8-10 an-ni e un lunghissimo esercizio quotidiano per assumere questa competenza e per impa-dronirsi di quest’arte. Ma chi ha tecnica non sempre ha la fantasia o l’estro per creare racconti indimenticabili. Ecco perché spesso un duo assicura risultati nuovi e inesplorati. Per farci raccontare la sua esperienza di “re-gista”, supportata da una laurea in chimica, abbiamo intervistato Silvio Levi, che ha fon-dato un marchio proprio con fragranze cre-ate completamente sotto la sua regia: Calè fragranze d’autore.

Come definirebbe, oggi, l’universo delle fragranze?Il profumo può essere poesia, arte o puro oggetto di scambio. Per me il mondo del profumo si divide in “buoni” e “belli”. Di profumi buoni, per fortuna, oggi ce ne sono tanti. Di profumi belli molti meno. I profumi

belli sono quelli che dicono qualcosa, che ti catturano e ti portano nel mondo delle meraviglie.

Quando percepisce che una sensazione o un ricordo diventeranno un profumo?Mi è capitato ad esempio rileggendo una storia scritta qualche tempo fa. In quel caso ho provato una sensa-zione fisica, una sorta di pelle d’oca, un groppo allo stomaco. Allora ho capito di essere pronto a tradurre quelle emozioni in profumo.

C’è una materia prima per lei irrinunciabile?Ve ne sono due che amo spassionatamente. Sono il Vetyver e il legno Cedro. Del Vetyver amo l’unione tra radice terrosa e la sua corposa, quasi balsamica e dina-mica, freschezza verde. Del legno Cedro quel fantasti-co odore di matita temperata, di naturale e vero, di le-gno fresco e tenero. Profumi molto legati alla terra… e sì che sono dei Pesci!

Per quale personaggio vorrebbe creare un profumo?Due mi intrigano in particolare. Una è Alice, quella “nel Paese delle Meraviglie” di Lewis Carroll. Come lo chia-merei? Presto che è tardi! L’altro personaggio è Isaac Asimov. Uno scienziato, l’inventore di una letteratura, quella di fantascienza e fantapolitica, che mi ha accom-pagnato e coinvolto per tutta la mia giovinezza, diver-tendomi. Grandioso!

Quale sarà l’evoluzione delle tendenze olfattive? I nuovi trend lanciati dall’industria del beauty spesso non sono altro che sperimentazioni e genialità della profumeria artistica, ritenute inizialmente troppo all’avanguardia per poi diventare graditi ai gusti più co-muni. Per cui suppongo che quando finirà l’ubriacatu-ra da Oudh (cioè quella nota densa, legnosa ma anche carnale di questa misteriosa resina), assisteremo al suc-cesso delle note metalliche, che ricordano il sangue (merito del successo dei vampiri protagonisti delle ulti-me proiezioni cinematografiche?) e all’ulteriore avan-zata delle spezie nord africane e asiatiche (ginger, cu-mino, zenzero, paprika… buon appetito!).

Dai racconti di storie ed emozioni, ricordi e sensazioni, nascono le creazioni di Silvio Levi. A lui abbiamo chiesto

di introdurci nel magico mondo della profumeria artistica

Quando le parole diventano profumo

Alcune creazioni firmate Silvio Levi: Roboris, un profumo secco e umido, dove sentori di foglie di violetta, fiore di cactus, sandalo e vetiver evocano aride montagne e sabbia bagnata, e Fulgor, profumo unisex, con note minerali, ambrate, incensate, erbacee e legnose che evocano nuvole cariche di pioggia

bellezza&benessere

124

di Francesca Frediani

Page 133: Ursa Major Magazine Luglio 2012

LA PUGLIA, IL SALENTO E LA MAGIA DEI TRULLI

Il residence Agritrulli si trova in Valle d'Itria

a 14 km da Ostuni la città Bianca e con mare bandiera blu.

Oltre a dormire in un trullo storico vi offriamo corsi di enogastronomia tipica (dai panzerotti alle orecchiette, dalla salsa

di pomodoro al vino senza solfiti).

Tel. 0804395513 - 3293812417 www.agritrulli.it

Page 134: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Arduo sintetizzare l’attività poliedrica di Rodo Santoro. Molti sanno che è lo scenografo della rinascita delle Feste in onore di Santa Rosalia – patrona del capoluogo siciliano – con il suo ce-

lebre Carro Trionfale ideato nel 1974. Altri lo conoscono per aver condotto i grandi restauri dei castelli siciliani e anche per esserne uno dei conoscitori più acuti. Altri ancora leggo-no con piacere i suoi saggi storici e quelli sul-la cucina (tradotti anche in lingua straniera) che hanno avuto sempre un buon successo editoriale. Pochi sono quelli che conosco-no la sua attività artistica. L’atelier di Ro-do Santoro ricorda quelli che dovevano essere gli studi degli scenografi dell’età barocca. Le pareti sono ricoperte di tele dipinte e a queste ancora si addossano quadri l’uno sull’altro, alternandosi a scaffali ricolmi di libri e progetti, roto-li di carta lucida con i disegni dei suoi grandi restauri castellani. «I soggetti

La gastronomia della memoria di Rodo Santoro

C’è una Sicilia fatta di cibi, territori e profumi dimenticati o recuperati; la stessa isola illustrata dai dipinti e dalle chine dell’eclettico artista

In alto: Rodo Santoro all’opera , sotto i Torneanti fantastici (olio su tela) e, nella pagina accanto, L’Arancina (inchiostro di china).

Foto di Ignazio Tesoro

che preferisco – afferma Rodo Santoro – sono quelli che fanno riferimento alla figura umana con lo sfondo del paesaggio siciliano nei suoi multiformi aspetti, ma trasfigurato in una ver-sione atemporale. Spesso, in primo piano, lan-guide figure femminili si adagiano mollemente guardando l’osservatore al di là del quadro. Die-tro di loro, vulcani che eruttano lave fiammeg-gianti oppure opimi paesaggi agricoli sormontati da paesi dai quali svettano antichi castelli medie-vali o sontuose chiese barocche». In altre tele, vediamo veri e propri trionfi dei prodotti della natura mediterranea; angurie, pesche, uve, po-modori, peperoni che si ammassano gli uni sugli altri, alternandosi con ortaggi e formaggi. Oltre alla pittura a olio, un’altra tecnica è particolar-mente cara a Rodo, quella degli inchiostri di chi-na mescolati con il collage, tecnica che ha usato spesso per illustrare diversi libri di gastronomia. Qui, la rappresentazione delle specialità culinarie della Sicilia assume i toni e i colori di una favola

artesosted’arte di RosaRio Ribbene

126

Page 135: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Il castello di Gradara, celebre teatro del tragico amore di Paolo e Francesca, apre le porte all’arte e, soprattutto, a chi ai luoghi dell’arte fa più fatica ad accedere

Vietato non toccare

che vuole riferirsi a un mondo di tradizioni ormai lontane nel tempo. «La principale suggestione – afferma Santoro – è stata quella delle grandi composizioni pittoriche del Sei-Settecento italia-no e spagnolo, dove ortaggi, frutta, selvaggina, venivano rappresentati in modo trionfale con lo sfondo di suggestivi paesaggi, come marine, bo-schi, scene agresti, tali da provocare, oltre al go-dimento visivo, anche l’attrazione verso la rap-presentazione realistica della natura. La scelta di ritrarre i piatti siciliani e i “frutti” dell’isola è stata inoltre motivata dai numerosi incarichi che ho ricevuto da molti autori di libri di cucina per elaborare tavole grafiche che dovevano riprodur-re i sapori caratteristici di questa terra, dai primi piatti ai dolci, dalla frutta e dagli ortaggi al cibo da strada». Con le sue pennellate, Rodo Santoro riproduce in chiave favolistica i gioielli gastrono-mici dell’isola; sapori e colori perduti come ce-dri, pompelmi, limoni (quelli della Conca d’Oro) o riscoperti come il sorbetto, il caffè, l’arancina e molti altri. E la vena ispiratrice dell’artista si è recentemente rivitalizzata grazie al fatto che da qualche tempo vive all’interno del Borgo Vecchio – uno dei più antichi quartiere-mercato di Paler-mo – che alimenta la sua arte fatta di scene fan-tasiose e colorate capaci di raccontarci i “tesori alimentari” siciliani di ogni tempo. Chi volesse scoprire l’arte di Rodo Santoro, potrà visitare i suoi atelier: quello “fisico”, a due passi dal cen-tro di Palermo in Via Ugo Bassi al 59, e quello “virtuale”, al sito www.rodosantoro.it

Warhol Headlines Prima grande mostra dedicata al rapporto di Andy Warhol con l’informazione giornalistica da cui nacquero le Headline Works, le opere-titolo che rielaboravano prime pagine o ritagli stampa e che egli eseguì con tutti i media e in tutti i formati (anche se, da grande protagonista della pop art, Warhol prediligeva la stampa popolare e in particolare i tabloid, come il Daily News o il New York Post!). Il percorso espositivo inizia con i disegni della metà degli anni cinquanta, prosegue con i dipinti degli anni sessanta, continua con le serigrafie, le stampe, le fotografie e le opere su supporto elettronico, e si conclude con i lavori eseguiti insieme a Michel Basquiat e Keith Haring.

fino al 9 settembre

Galleria nazionale d’arte moderna - V.le delle Belle Arti, 131 - Romawww.gnam.beniculturali.it

Un curioso connubio quello tra il Museo Piaggio, la Bottega Talani e gli studenti dell’Istituto Superiore XXV Aprile di Pontedera. Questi ultimi hanno infatti frequentato il laboratorio artistico di Giampaolo Talani per mesi, durante i quali sono stati iniziati all’arte dell’affresco (con l’aiuto di Massimo Callossi, maestro della tecnica), e proprio da quest’esperienza è nata la mostra, nell’ambito della quale trovano sì spazio le opere dei giovani artisti, ma anche molti tra i capolavori del maestro Talani, con le sue figure esili mosse dal vento che parlano di viaggi e nostalgia. A emergere poi l’enorme cartone con il disegno preparatorio dell’affresco Partenze realizzato nel 2007 per la stazione di S. Maria Novella a Firenze. Il tutto nell’interessantissimo contesto del Museo Piaggo che, realizzato nei capannoni dell’ex attrezzeria della fabbrica, accoglie le storiche collezioni Vespa e Gilera accanto ai più significativi prodotti Piaggio.

fino al 28 luglio

Museo Piaggio Giovanni Alberto AgnelliViale Rinaldo Piaggio, 7 - Pontedera (Pi)www.museopiaggio.it

Un viaggio nell’affresco

Foto

di M

ich

ele

Bo

nu

om

o

di Gilda CiaRuffoli

Page 136: Ursa Major Magazine Luglio 2012

di Isa Grassanolibri letti per voi

Andrea, cosa c’è dietro la tendenza attuale a ri-scoprire i sapori perduti?La cucina è contemporaneamente nutrizione, gu-sto e identità. In quei piatti “dimenticati” ritrovia-mo noi stessi, con le nostre radici e con i sapori dei pranzi della domenica, quelli che preparavano le nonne quando eravamo bambini e di cui purtroppo non possiamo più godere in famiglia; perché trop-po tempo è passato, la ricetta è complicata o non si trova più quel particolare ingrediente indispensabile. Fortunatamente c’è qualche ristorante che, talvolta a discapito degli incassi – sarebbe ben più facile e remunerativo preparare una rassicurante tagliata di carne, quasi sempre importata dal Brasile! – si è da-to un compito: mantenere in vita questi piatti, farli conoscere alle nuove generazioni. E devo dire che mi ha colpito, durante le numerose presentazioni de La cucina ritrovata (dal Piemonte alla Sardegna), l’in-teresse dimostrato dai lettori under 30.

Il piatto che hai avuto maggior piacere di “ritrovare”?Da buon veneziano, anche se ormai vivo tra Milano e Bologna, devo citare la trattoria Da Paeto (a Piani-ga) e il suo risotto con le secoe, che sono dei pezzet-tini di carne bovina attaccati alla colonna vertebrale e che il macellaio, dotandosi di santa pazienza, stac-ca uno a uno per ricavarne una strepitosa materia prima da unire in risotto. È un piatto che mangiavo da bambino e che, dopo il momento “mucca paz-za”, credevo fosse andato perduto.

La ricetta più curiosa e quella che piace di più?La più curiosa forse appartiene alla Basilicata. La co-scia della zita è un enorme coscione di agnello adul-to che prepara in forno a lenta cottura, ai piedi del Pollino, il famoso cuoco Federico Valicenti: pare fos-se il piatto di consolazione per il marito cornuto, co-stretto a cedere la novella sposa al signorotto locale per lo ius primae noctis. E leggenda vuole che dei tre, data la bontà del piatto, talvolta fosse proprio il marito quello ai cui andava meglio di tutti... Quella che mi piace di più, invece, è le cee finte. Si tratta di un piatto a base di avannotti, i “piccoli” delle an-guille, che storicamente apparteneva ai pisani, che li catturavano nei loro fiumi. Poi però, per l’inquina-mento prima e per tutelare la specie in seguito, ne fu vietata la pesca. Allora i livornesi, non badando a spese pur di fare uno sgarbo agli odiati cugini, li importarono dalla Francia e continuarono a prepa-rarli nella loro città. Quando però il prezzo delle ce-che divenne eccessivo pure per loro, si inventarono quelle finte: polpa di razza bollita e sminuzzata, as-sai simile per forma, colore e consistenza alla carne delle cee. Si tratta, mi pare, di una storia incredibil-mente italiana...

La cucina ritrovata

“Nei piatti dimenticati ritroviamo noi stessi, le nostre radici, i sapori dei pranzi della domenica preparati della nonna”

128

A cura di Andrea GuoloMorellini Editore17,90 euro

Andrea Guolo, giornalista e scrittore

La buona tavola per Andrea Guolo, giornalista, è una passione, così come la scrittura. E dalla direzione del sito ilmangione.it, in collaborazione con i

recensori, è nato questo volume, pensato per farci riscoprire le ricette dimenticate e riportate in tavola dai migliori ristoranti in Italia

Page 137: Ursa Major Magazine Luglio 2012

129129

Jacopo Manni, campeggiatore esperto e project manager dell’as-sociazione culturale Semintesta, ci racconta come è possibile, e anzi, quanto è facile, dare prova di mae-stria culinaria anche in campeggio!

Quali sono i principali errori del campeggiatore medio in quanto ad alimentazione?Più o meno gli stessi di una perso-na qualunque nella cucina di casa. Il campeggiatore però ha un paio di vantaggi. Il primo è sicuramen-te il tempo a disposizione, visto che si trova in vacanza. Il secon-do è la possibilità di reperire ma-terie prime eccellenti nei dintorni dell’accampamento: il chilometro zero paradossalmente potrebbe risultare più comodo che a casa. L’importante è dimenticarsi il mini-market del campeggio!

Quali sono gli ingredienti ba-se per una cucina gourmet da fornelletto?Abbiamo cercato di utilizzare in-gredienti abbastanza comuni e di facile reperibilità. La filosofia della cucina di Lorenzo, portata avan-ti con passione nel suo ristorante Il Torchio di Frascati, è all’insegna della semplicità e della stagionali-tà. La filiera corta, il km 0 e il con-sumo ecocompatibile sono i dog-mi sopra i quali si costruisce il suo menù, e sui quali anche il libro si è sviluppato. A chi voglia dedicar-si alla cucina in campeggio dicia-mo semplicemente che non esiste modo migliore per esplorare un territorio e conoscerne la cultura che quello di andare in giro alla

È questa la prima guida ai locali che scelgono di far entrare in cu-cina i prodotti biologici, dell’or-to, di produzione locale, a filie-ra corta, del commercio equo e solidale, vegetariani e vegani, legati alla biodiversità o a pre-sìdi Slow food, “resistenti” alla mafia o frutto del lavoro di coo-perative sociali. Giornalista, abile cuoco e viaggiatore a piede libe-ro – fra i fondatori della fiera Fa’ la cosa giusta! e del movimento di critica al turismo – l’autore, Umberto Di Maria, ci raccon-ta questo viaggio gastronomico nell’“altra” ristorazione.

Qual è la zona d’Italia con il maggior numero di realtà di questo tipo?Probabilmente il Piemonte: nella sola Torino ho segnalato 9 locali sui 12 della regione. Qui si trat-ta principalmente di locali legati all’associazionismo o alle coope-rative attive sul territorio. In Emi-lia invece, per esempio, abbiamo un gran numero di locali a Km 0, come la Biosteria, da ricorda-re perché ha adottato il prezzo trasparente, spiegando puntual-mente il costo di ogni menù e indicando ad esempio quanto del guadagno va al produttore. Questo poi è un po’ il cuore del discorso, ovvero garantire ai pro-duttori di materie prime il giusto guadagno.

Quali sono i principali proble-mi incontrati dai ristoratori?Tra i principali c’è la difficoltà di trovare produzioni bio a Km 0

sufficienti a soddisfare le esigen-ze di un ristorante e la necessità di sviluppare rapporti diretti con i produttori. Un esempio è quel-lo del Ti dirò di Roma. Il proget-to è frutto della ricerca e della coerenza delle due proprietarie, pozzi di scienza in tema di pro-duzione bio, che però sono do-vute arrivare in Veneto per repe-rire alcuni prodotti.

E i prezzi?Mediamente la spesa è attorno ai 35/40 euro a persona. Forse un po’ più alta della media ma la qualità e le porzioni sono adeguate alla spe-sa. Ci sono casi poi come quello del Taverna del Pian delle Mura, in Toscana, dove si mangia davvero in modo eccezionale e il paragone con i locali di pari livello è sicura-mente vincente.

La tenda e il gusto del Km 0 Ristoranti con l’anima

Lorenzo Buonominie Jacopo ManniTerre di Mezzo Editore10 euro

ricerca di fattorie, artigiani, alle-vatori e coltivatori diretti dai quali comprare ingredienti favolosi. Sia-te curiosi e sfrontati e se dovete fare dei piccoli sacrifici per repe-rire qualche ingrediente sappiate che saranno ricompensati! La ricetta più riuscita?Quella che incarna alla perfezione lo spirito con il quale abbiamo co-struito questo libro è senza dub-bio i Fusilli con fichi e guanciale croccante: di una semplicità di-sarmante, che ha il gusto fresco e dolce dell’estate e nello stesso tempo una sapidità e una robu-stezza che fanno la felicità di ogni buongustaio affamato.

Il gambero equoUmberto Di MariaAltreconomia10 euro

di GIlda CIaruffolI

Page 138: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Una forza della natura. È questo il pensie-ro che invade la mente alla fine di una loro esecuzione. Quando anche l’ultima nota è stata suonata e l’applauso scatta, dopo un istante di silenzio spaesato. Silvia Chiesa e Maurizio Baglini, partner sul palco e nella vita, rapiscono, coinvolgono ed entusiasma-no anche il profano di un certo tipo di mu-sica. Colta, raffinata. Ma non ostile. Anzi. Una musica accogliente, come la Maremma grossetana, dove la coppia si troverà dal 19 luglio (e fino al 2 settembre) a inondare le vallate circostanti l’Amiata di note e mera-viglia. Maurizio Baglini è infatti fondatore e direttore artistico dell’Amiata Piano Festival che si svolge presso il borgo di Cinigiano, immerso in una natura vivace e rigogliosa. Una Toscana autentica, che il Festival po-trebbe offrirvi l’occasione di conoscere. Tan-to più se siete appassionati di buon vino. I concerti del Festival, infatti, si svolgono in varie location, tra le quali una chiesa “ribat-

tezzata” proprio quest’anno a luogo della musica, e una cantina, con le botti di vino a fare da cassa di risonanza in un contesto di grande suggestione. «Gli ultimi concerti – spiega Baglini – si svolgono infatti presso la Cantina di Collemassari, tra le barrique. Un’esperienza dionisiaca dalla quale si esce inebriati». In arrivo per l’occasione artisti in-ternazionali di altissimo livello, con le loro performance di musica classica, ma anche contemporanea e jazz, e con i quali vive-re a contatto quotidiano per la durata della propria permanenza. «Ho cercato di offrire la palette più ampia possibile per dare ad appassionati e non, come i turisti di passag-gio, la più ampia scelta musicale», prose-gue Baglini, che conclude: «perché il Monte Amiata? Perché volevo portare musica dove non c’era, dove non c’era “niente”. È una terra vergine, perfetta per una messa in sce-na come questa, da ascoltare e da vedere». www.amiatapianofestival.com

Lontane dal caos del turismo di massa, in un contesto enologico unico al mondo, le dolci colline della Maremma grossetana offrono suggestioni insolite e, d’estate, la magia di una festa in musica, tra note classiche, jazz e contemporanee

Amiata Piano Festival

Teatro a CorteNuoveau cirque, danza, teatro, videoper-formances, physical theatre ed eventi site specific. Dove? A Torino e in 5 splendide dimore sabaude del Piemonte per risco-prire il fascino di eleganti corti e antichi giardini, dal Castello di Rivoli a quello di Racconigi, dal Castello di Moncalieri alla Reggia di Venaria fino al maneggio reale di Druento. Foto: Ludovic de Cognets6-22 luglio

località varie (To)www.teatroacorte.it

Pergine Spettacolo ApertoNove giorni tra arte e scienza per risve-gliare i cinque sensi. Le strade, i parchi, le stanze dell’ex ospedale psichiatrico, ma anche le abitazioni private divente-ranno teatro di oltre trenta eventi pen-sati per sollecitare in un modo nuovo vista, olfatto, tatto, udito e gusto.6-14 luglio

Pergine Valsugana (Tn)www.perginefestival.it

Stresa Festival Torna uno dei più importanti festival di musica classica nel panorama mondia-le con una serie di imperdibili appun-tamenti ambientati in esclusive sedi sul Lago Maggiore.20-22 luglio e 27 luglio-3 agosto

Stresa (Vb)www.stresafestival.eu

130

spettacoli di Gilda Ciaruffolispettacoli di Gilda Ciaruffoli

Page 139: Ursa Major Magazine Luglio 2012

www.crisevini.it - [email protected] Vinicola Criserà s.r.l - Catona di Reggio Calabria

I vini del

mare

I vini del

mareI vini della Costa Viola sono ottenuti dai caratteristici vigneti a gradoni, una tecnica di coltura antichissima utilizzata dalla gente del luogo, terrapieni e terrazzamenti realizzati sui costoni rocciosi a strapiombo sul mare contenuti da muri a secco ( ARMACIE ). Da questa coltura “Eroica” nascono i vini estremi : Armacia, Costa Viola e Scilla.

Dalle impervie terre a strapiombo sul mare della Costa Viola, dove echeggia ancora il canto mitico delle sirene omeriche, ecco :

I vini della Costa Viola sono ottenuti dai caratteristici vigneti a gradoni, una tecnica di coltura antichissima utilizzata dalla gente del luogo, terrapieni e terrazzamenti realizzati sui costoni rocciosi a strapiombo sul mare contenuti da muri a secco ( ARMACIE ). Da questa coltura “Eroica” nascono i vini estremi : Armacia, Costa Viola e Scilla.

Dalle impervie terre a strapiombo sul mare della Costa Viola, dove echeggia ancora il canto mitico delle sirene omeriche, ecco :

Page 140: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Ogni 4 anni, praticamente da sempre, in estate arrivano i giochi olimpici. Tutti, praticamente tutti, anche i meno sportivi cadono dentro a qualche diretta televisiva. Cercano di avere notizie. Commentano qualche impresa sportiva, qualche record. Leggono giornali. Consultano siti di informazione. In qualche modo ci si trova uniti e si diventa per 20 giorni nazionalisti.Rivediamo qualche bandiera italiana.E improvvisamente ci si trova a essere più uniti.Uniti da qualcosa che spontaneamente ti fa diventare una grande squadra.E succede in ogni parte del mondo.In questo 2012 poi tutto sembra più reale.La sede delle Olimpiadi è più reale, concreta. Vera e molto conosciuta. Londra. Molti di noi saliranno su un aereo e andranno a vedere qualche disciplina sportiva. O semplicemente a capire che atmosfera si vive in una città olimpica. Una sorta di omaggio stile Expo Internazionale. E molti omaggi vengono fatti anche dalle aziende di moda e accessori.Tutti a inseguire un business. O più concretamente a essere fornitori di qualche divisa per squadre o singole discipline. Qui potete vedere alcune proposte. In ogni caso buona visione. E in bocca al lupo italiani!Evviva i 5 anelli.

Atletica leggera, ginnastica artistica, nuoto sincronizzato, tuffi. Sono le discipline più amate dal grande pubblico. Ma la sportmania, in questa estate 2012, non ha travolto solo gli spettatori. Anche le case di moda dicono la loro in materia di Olimpiadi Londinesi

di Giemme

1. Bracciali Stroili Oro 2. Guardiani Sport

SD Toki London, per lei3. Occhiali Sting

by De Rigo Vision4. Bag charm Erika France

5. Orologi Brera6. Orologio Armani

7. Cover per i-Phone Piquadro8. Set Mywalit

London calling

1

2 3

4

5

6 7

8

132

trendy

Page 141: Ursa Major Magazine Luglio 2012

SIAMO AL VINITALY 2012PADIGLIONE PUGLIA

Page 142: Ursa Major Magazine Luglio 2012

shopping

Eleganza sixtiesPiper è un’icona della collezione Furla per l’estate 2012. Borsa a mano con tracolla applicabile, è realizzata in paglia naturale con dettagli in bufalo. Particolare l’apertura posta sul lato frontale della borsa. Prezzo: 280 euro

Tenerezza prêt-à-porterProfumo di freschezza e voglia di tenerezza sono le parole d’ordine per leggere la nuova collezione di t-shirt Basile. Lasciatevi accompagnare al mare o in città da questo cucciolo con cappellino ricamato da cristalli Swarovski, che sembra dire “riempimi di coccole”. Capo casual, perfetto da portare in valigia, in cui l’estetica si fonde con la funzionalità (non si stropiccia!). Prezzo: 55 euro

134

Arte e natura in viaggio

Ispirazione hollywoodianeJimmy Choo presenta l’occhiale da sole pieghevole Lana dall’elegante forma butterfly in acetato con aste in metallo dalla linea sagomata. In abbinamento, una micro-pochette o l’elegante astuccio-clutch dalla raffinata texture python, perfetto complemento per i look più sofisticati. Da vere star! La collezione eyewear Jimmy Choo è prodotta e distribuita dal Gruppo Safilo. Prezzo: 260 euro

Combinano la leggerezza del Policarbonato con la sicurezza delle chiusure in Polipropilene, dotate di funzione TSA per i viaggi in USA, ma non solo, i trolley Roncato. A contraddistinguerli infatti anche una grafica fresca e giovane, tutta nuova. Pop art, arte e natura illustrano i trolley Uno SL, per viaggi belli da ogni punto di vista. Prezzo: 229 euro

shopping di Olga Carlini

Page 143: Ursa Major Magazine Luglio 2012

shopping

135

Casual con stileBerwich presenta il pantalone in lino con tasche laterali alla francese e tasche a toppa sul retro. Comodissimo e di tendenza, grazie anche agli abbinamenti di colore sui toni dell’estate. Prezzo: 140 euro

Uno sguardo tra le stelleProgettata specificamente per l’astrofotografia, grazie ai suoi speciali filtri la nuova reflex Canon EOS 60Da è ideale per la ripresa di fenomeni astronomici come le nebulose diffuse, uno dei soggetti favoriti tra gli astrofotografi per la decisa colorazione rossa provocata dalla ionizzazione dell’idrogeno. Prezzo: 1.422 euro

Buon Compleanno Flip Flop! Le ciabattine più fashion degli ultimi anni spengono 50 candeline e viene dedicato loro il lancio di un’edizione limitata, i cui proventi saranno devoluti all’Unicef. Che si chiamino havaianas, infradito o flip flop, queste icone di stile democratico, perché low cost, hanno conquistato il mercato. Traggono origine dalle mitiche Zori del Sol Levante, i sandali nipponici di stoffa nera con la suola realizzata con la canna della pianta di riso. Approdate nel 1962 in Brasile, divengono talmente popolari da essere etichettate dal Governo come “beni di necessità”.

Pizzo per tutteTra i tessuti più cool del 2012 si afferma il pizzo. Declinato dalle più prestigiose griffes della moda in tante versioni. La prima lavorazione del pizzo, o merletto, risale al XV secolo e dai centrini agli scialli della nonna, il passo è stato breve per consacrarsi capo di punta sulle copertine glamour di tutto il mondo. È un trend femminile e bon ton, dalle tinte noir o sdrammatizzato nei colori più accesi come il giallo, il colore dell’estate adorato da Matisse e Gauguin, ed esaltato da Blumarine (in foto).

Trent’anni portati benissimo

Fanno ancora tendenza le lezioni senza tempo di Mr. Swatch e dei

suoi orologi. Disegnati, seguendo la Pop Art americana di Keith

Haring, Yoko Hono ed Ernst Thonke, permettevano a ogni

abitante del pianeta di avere un quadro al polso. La Factory di

Zurigo, che ha avuto il suo esordio nel marzo 1983, si appresta ai

preparativi per celebrare il trentennale e assegnare il trofeo

2012/2013 per il TTR (Ticket to Ride) World Snowboard Tour e Swatch Tour Watch. Temendo

solo uno spettro: quello del made in China, ovviamente.

Freud in vetrina La tanto vituperata moda dell’acquisto compulsivo del film I love shopping, tratto dall’omonimo best-seller di Kinsella, è diventata una terapia in voga, tanto da scomodare la psicanalisi e trasferire la disputa sui lettini dei terapisti. Difatti A Therapy, cortometraggio presentato all’ultimo Festival di Cannes e che nasce dalla collaborazione tra Prada e Roman Polanski, ribalta la prospettiva e propone agli strizzacervelli un nuovo metodo per sconfiggere le malinconiche paturnie delle donne: andare per negozi, non farà bene alla carta di credito in tempi di austerity, ma all’animo sì.

È tempo di accelerare Sportivi e grintosi, i modelli Twin Twelve di Lorenz rimandano al mondo dell’automotive: la corona, ad esempio, è disegnata come un cilindro con livelli orizzontali e scanalature verticali sulla testata per permettere un “grip” migliore nell’operatività. Il proteggi corona, visto frontalmente, richiama i fari e il radiatore di un’automobile. Prezzo (modello in foto): 310 euro

style di luCia lipari

135

Page 144: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Staccate la spina per alcuni giorni e pensate solo al vostro benessere. Regalate la stessa emozione a un vostro caro, per una vacanza in compagnia. Arrivate in Hotel con la voglia di rigenerarvi e star bene.Lasciate l’auto in garage fino alla fine del vostro soggiorno.Prendete possesso della vostra camera e possibil-mente spegnete il cellulare… almeno fino a sera!Vedete la tv il meno possibile.Fate bagni di sole tutte le mattine rinfrescando-vi nelle piscine esterne messe a disposizione dal-la struttura.Alternate il sole con alcuni trattamenti rilassan-ti presso il Centro Termale e rilassatevi comple-tamente nelle 4 vasche termali a vostra dispo-sizione.Rigenerate il palato con ottimi vini locali abbinati alla cucina dei 2 ristoranti interni alla struttura.La sera, appagati da una giornata all’insegna del

Come combattere lo stress? Ecco per voi la ricetta dell’Hotel Caesius Thermae & Spa Resort

relax, godetevi il vostro drink sotto le stelle accom-pagnati dalle suadenti note del piano bar.Infine, lasciatevi coccolare dalla proverbiale ospi-talità dello staff e dalla bellezza del lago di Garda. Per un’efficacia sicura del trattamento, è consiglia-bile ripetere l’esperienza più volte l’anno. È questa la ricetta dell’Hotel Cæsius Thermæ & Spa Resort per una remise en forme rilassante e appagante. La struttura, che si compone di 5 edi-fici magnificamente armonizzati con il paesaggio grazie allo stile architettonico mediterraneo, caldo e luminoso ma anche discreto e raffinato, sorge a pochi passi dal Lago di Garda, ed è baciata dalla dolcezza del clima. In quindici minuti, passeggian-do sul lungolago, è possibile raggiungere il sug-gestivo centro storico di Bardolino; tutt’intorno le soavi colline della Riviera degli Olivi, dove le delizie della natura si sono date appuntamento.E ricordate, il Caesius non ha controindicazioni. At-tenzione però: crea dipendenza!

Per ritemprare anima e corpo

Per maggiori informazioni consultate il sito www.hotelcaesiusterme.com

week end relax di Olga Carlini

136136

Page 145: Ursa Major Magazine Luglio 2012

week end verde di Olga Carlini

137

Armonie di natura, arte e benessere

Passione e fiducia nella propria realtà e nel territorio che la ospita sono gli ingredienti

di una ricetta anti-crisi tutta umbra

Centoventi ettari di terreno nel cuore dell’Umbria più verde, dove moderne strutture dalle forme medievali si inte-grano perfettamente alla delicata natu-ra dei luoghi: è la Tenuta dei Ciclamini, nota anche per ospitare il C.E.T. (Cen-tro Europeo di Toscolano), associazione culturale no-profit fondata dall’autore e poeta Mogol e diretta dalla moglie Da-niela, operante in tre settori: musica e cultura popolare, medicina e ambiente. Il coraggio di investire sul territorio con tenacia e costanza ha portato la Tenuta ad ampliare la propria ricettività grazie a 20 nuove camere che si aggiungo-no alle 50 già esistenti, dotate di tutti i comfort, una rinnovata cucina e varie sale congressi che possono ospitare fi-no a 250 persone: la Tenuta dei Cicla-mini è infatti principalmente un centro per eventi e convention aziendali e le aziende ospitate sono del calibro Mi-crosoft, Barilla, Bayer, Audi, MPS Axa, Il Sole 24 Ore, Confindustria. Tante le possibilità di svago e relax durante un soggiorno alla Tenuta dei Ciclamini:

dalle cavalcate alla scoperta dei favolosi itinerari naturalistici locali (grazie a una scuderia di 20 cavalli) in compagnia di esperti istruttori FISE, ai trattamenti del centro benessere completo di sala mas-saggi e Spa, alle partite di pallone nei campi a disposizione della struttura, alla pesca sportiva nei due laghetti attrezza-ti; dal tiro con l’arco alla mountain bike. La Tenuta dei Ciclamini, oltre a propor-re raffinati menu basati sulla genuinità dei prodotti tipici umbri, organizza an-che escursioni nelle vicine città d’arte o presso attrazioni naturalistiche e stori-che quali la cascata delle Marmore, la Foresta Fossile e l’antica città romana di Carsulae. Il centro si occupa infine di ricerca scientifica nel campo medico, ottenendo ottimi risultati sulle malattie autoimmuni. L’obiettivo è quello di far nascere nuovi centri di medicina pre-ventiva e predittiva: occorre educare le persone alla necessità di effettuare un “tagliando” almeno una volta l’anno – proprio come le automobili – per pro-teggere la propria salute.

Tenuta dei CiclaminiLoc. Casa Pancallo, 3Avigliano Umbro (Tr)

Tel. [email protected]

[email protected]

In apertura una suggestiva immagine in notturna della Tenuta dei Ciclamini. In alto, Mogol e sua moglie Daniela in sella a due cavalli della scuderia interna

Page 146: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Incastonato come una gemma in uno dei tratti più suggestivi della costa cala-brese, lambito dalle acque cristalline di un mare dalle mille sfumature turchesi e dominato dalla sagoma imponente del Vulcano Stromboli, il Capovaticano Re-sort Thalasso & Spa è un gioiello della prestigiosa collezione MGallery, un net-work internazionale di hotel dalla per-sonalità unica, in cui ogni soggiorno è ricco di emozione e scoperta. Il design minimalista e raffinato dell’hotel, la so-brietà dei colori e l’essenzialità dei ma-teriali si integrano con delicatezza nel contesto di una natura incontaminata e selvaggia, che offre panorami e scorci suggestivi, ma pretende rispetto per la sua aspra e maestosa bellezza. Ampie ed elegantemente arredate, le camere – 121, suddivise in Standard, Superior e Junior Suite – si affacciano sul giardi-no o regalano indimenticabili viste pa-noramiche sul mare e le Isole Eolie. A disposizione degli ospiti due ristoranti, il Mantineo, il ristorante principale, e lo Stromboli Beach Bar & Restaurant, si-tuato a bordo mare, che mantengono la promessa di un sofisticato viaggio ga-stronomico alla scoperta dei più auten-tici sapori mediterranei, reinterpretati dall’estro degli chef del Capovaticano.

E per godere di una parentesi di indi-menticabile romanticismo, l’hotel invita gli ospiti a regalarsi l’esperienza del suo Memorable Moment, la degustazione di un aperitivo da sorseggiare avvolti nella magica cornice di un’incantevole baia dalla sabbia impalpabile, raggiun-gibile solo via mare, da cui ammirare il tramonto del sole che, coricandosi die-tro al vulcano Stromboli, tinge il mare di una miriade di riflessi infuocati. L’Istituto di Thalassoterapia & Spa, integrato alla struttura, completa l’offerta del Resort. Tre piscine con acqua di mare riscalda-ta, un percorso flebologico, sauna, ba-gno turco, docce aromatiche e zona re-lax, algoterapia, shiatsu e massaggi agli oli essenziali: una vera e propria oasi di puro relax per rigenerare corpo e men-te, grazie al suo approccio innovativo al benessere, che trae ispirazione dal pa-trimonio naturale offerto dai dintorni di Tropea con i suoi agrumi e profumi me-diterranei. Perché l’essenza della filoso-fia di MGallery, e di Capovaticano come suo degno simbolo, consiste proprio in questo: offrire all’ospite, nell’ambito di un contesto di accoglienza eccellente, esperienze uniche per ricordi indelebili, alla scoperta delle particolarità del luo-go e della sua storia.

Emozioni al profumo d’agrumiCapovaticano Resort Thalasso & Spa: un angolo di paradiso con veduta mozzafiato sulle isole Eolie. Membro della collezione MGallery, un network esclusivo di hotel dalla personalità unica e inimitabile

Località Tono, fraz. San Nicolò - Ricadi (Vv) Tel. 0963665760 - www.mgallery.com

138

camera con vista di Gilda Ciaruffoli

Page 147: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Aveva ragione Totò: a questa isola non manca pro-prio niente. Semmai ha qualcosa in più, di divino. Per godere di tutta questa bellezza il Mezzatorre Resort, con i suoi sette ettari di macchia mediter-ranea, è il luogo ideale. Una volta stati qui sarà dif-ficile dimenticarsene. Ne (de)scrisse chiaramente lo scrittore Wystan Auden nella sua poesia intitolata Ischia: “Come bene correggi i nostri occhi feriti, co-me dolcemente ci insegni a vedere uomini e cose in prospettiva sotto la tua luce uniforme”. Una giornata tipo potrebbe iniziare con una pas-seggiata nel bosco che lascerà libero il respiro a rin-correre salsedine e linfa di pini. Subito dopo cola-zione vista mare con proposte stagionali tra salato, dolce, biologico, dietetico: pane ai cereali caldo o pastiera napoletana? Poi, discesa a mare e sosta sul lettino della piscina di acqua termale con a fianco il ristorante Sciuè Sciuè, dove l’accoglienza meravi-gliosamente mediterranea lascia intuire una scia fi-nale di dolce vita che qui fu elegante, più sobria di quella delle altre isole. Anche nella Spa, tra casca-te termali e di acqua marina, dove vigile e attenta c’è “donna” Elena che consiglia con tanto di mani sui fianchi percorsi benessere, poi asciuga energica-mente i clienti e offre la tisana purificante, «signò, questa fa bene!». Durante il giorno la proposta del ristorante è territoriale e senza fronzoli. Tagliata di frutta, insalata Isolaverde (lattughina, lollo, rucola, cetrioli sedano e olive) o Sole d’Ischia (pomodorini ciliegino e basilico). Ma una giornata intensa meri-ta una cena speciale. L’ambiente dello Chandelier, il ristorante serale, è perfetto: un giovane somme-lier tenta di spiegare a un tavolo di stranieri il vino che sta proponendo, da un vitigno autoctono di Ischia: foot of culver spiega, per’e palummo (piede

di piccione). Il menù proposto dallo chef Giusep-pe D’Abundo apre con una catalana di gamberi e scampi, “scostumata” abbastanza di cipolla rossa e, dunque, correttissima. Il baccalà mantecato su crema di zucca, servito su una base di salsa di ac-ciughe e patate croccanti, lascia trasparire giochi di equilibrio cari allo chef anche se il risotto manteca-to con provolone del Monaco e fiori di zucca con la passatina di piselli e salsa di mozzarella non va a pari merito con il piatto successivo, che è trionfale: spaghettone a metro con vongole veraci e pomo-dori confit. La spigola cotta e cruda con i gamberi rossi ha la sua efficacia. Chiude una mela al lam-pone molto audace e una sfera (più confortevole e coccolosa) di cioccolato al latte con albicocche can-dite. Cucina piacevole, istintiva. Finale di giornata con passeggiata, in sottofondo il mare e lo stridio di gabbiani. Lo stesso percor-so, gli stessi passi degli ospiti che furono qui negli anni ‘50 quando era proprietà privata ovvero casa di vacanza del barone Fassini, un elegante e fine gentiluomo che amava circondarsi di aristocratici e nobili. Ospiti che nel frattempo sono divenuti clien-ti. «Ricordo ancora la principessa Windisch-Graetz – racconta il direttore Giovanni Sirabella – un tipo energico. Pretendeva che le barche dei turisti non si avvicinassero alle coste intorno all’albergo. Faceva da vedetta sul bordo della piscina urlando, nono-stante i suoi 80 anni, all’avvistamento di una bar-ca». L’ultima nota di fascino di fianco al Mezzatorre è la Colombaia, un’altra villa di proprietà del baro-ne che la cedette dopo tanta insistenza a Luchino Visconti. Le ceneri del regista sono in un angolo del parco che circonda la Villa, divenuta nel frattempo sede della Fondazione omonima.

Coccole ischitane

“Fra tante belli cose c’ha criato, ‘o Padreterno ‘ncopp’ a chesta terra, na cosa ha fatto che nce s’è spassato: immiez’ a nu golfo nu pezzullo ‘e terra. E ‘ncoppa a chesta terra profumata, c’addora ‘e pace e regna na quieta, chest’isola da tutte decantata, te ce ha piazzato pure na pineta” Antonio de Curtis, in arte Totò

Si respira aria di mare e Dolce Vita tra le stanze, le vasche termali e i ristoranti del Mezzatorre Resort & Spa, quattro stelle che rende la perla del Golfo di Napoli ancora più elegante, ancora più accogliente

139

week end mare di Stefania Monaco

Page 148: Ursa Major Magazine Luglio 2012

La rivoluzione nel bicchiere parte dalla cantina Diomede di Acerenza

in Basilicata. Zero conservanti e solfiti per un vitigno 100%

Aglianico Doc. Se passate da Milano, assaggiatelo presso

le luxury suite di via San Pietro all’Orto 6

Amorosso è un vino totalmente privo di solfiti (sia aggiunti che di fermentazione), ovvero pri-vo dei conservanti utilizzati nella produzione di praticamente tutti i vini rossi e bianchi per man-tenerne il colore e la durata. I solfiti, anche noti come anidride solforosa (E220), hanno un’azio-ne tossica sul corpo umano causando cefalee (il “cerchio alla testa”), gastralgie e reazioni allergi-che. I solfiti sono anche responsabili della forma-zione di radicali liberi causa dell’invecchiamento dei tessuti umani. Quindi, un vino senza solfiti, può a ben titolo essere definito un wellness wi-ne ovvero un vino pensato per chi è attento al-la propria salute. Ma come mai finora nessuno aveva provato a produrre vini privi di conservati chimici? Perché fino a due anni fa non era di-sponibile il nuovo processo produttivo, al 100% naturale, messo a punto dall’Università di Vero-na e dal CNR di Pisa e denominato Freewine. Ta-le processo permette di ridurre la carica batteri-

Amorosso: vino per salutisti

Vdg

sele

zion

i

Page 149: Ursa Major Magazine Luglio 2012

ca del vino attraverso una filtrazione con raggi UV e anche di ridurre a zero la presenza di ossigeno disciolto nel vino stesso (che innescherebbe i pro-cesso di ossidazione). L’Amorosso con zero solfiti è ottenuto da vitigni sani al 100%, con uva raccolta a mano – quindi con zero impurità – e segue un processo di trasformazione con macchinari dedi-cati e ipercontrollati presso la cantina Diomede di Acerenza (Potenza). Il vino Amorosso è prodotto in purezza con uve Aglianico del Vulture in una del-le regioni più salubri e naturali d’Italia: la Basilica-ta. La sua origine è Mediorientale ed è considerato uno dei più antichi e longevi tra i vitigni italiani. Le uve Aglianico inoltre sono naturalmente ricche di polifenoli che aiutano il corpo umano a star me-glio fungendo da antiossidanti e antiinfiammato-ri naturali. Per questo motivo Amorosso presenta nel proprio pack una dettagliata scheda con i valori nutrizionali tra cui il potere ORAC (oxygen radicasl absorbance capacity) ovvero la capacità di assor-bire i radicali liberi. Dalla sperimentazione empiri-ca di Amorosso si è notato che provoca la piace-vole euforia tipica del vino migliorando inoltre la capacità di digestione dopo cena. Alla creazione del vino Amorosso hanno partecipato: Piergiorgio Mangialardi e Luigi Lenoci (imprenditori che han-no dato vita al progetto e investito), Luca Puglie-se (enologo), Fabio Tonello (partner del progetto e presidente del gruppo Antoitalia), le cugine Anna-lisa e Giovanna Sacco, e Arrigo Cipriani (sì, proprio il patron del famoso Harry’s Bar di Venezia).

Come degustarloOgni bottiglia di Amorosso è rivestita di una brochure cartacea che spiega in dettaglio le qualità del vino e lo rende ancora di più unico ed esclusivo. Amorosso va servito alla temperatura di 16°C, quindi leggermente più fresco rispetto ai soliti rossi ed è venduto al ristorante al prezzo di 25 euro a bottiglia. Attenzione: non è distribuito in enoteca. Si può però ordinare direttamente (usufruendo di sconti particolari) con spedizione a casa scrivendo alla mail [email protected] o telefonando al numero 0291705624. In Lombardia si può trovare Amorosso presso le luxury suite di via San Pietro all’Orto 6 di Milano. Ma quali sono gli abbinamenti più adatti? Sicuramente i primi piatti di pasta e i risotti, e ancora funghi, tartufo, pesce al sale e al forno, verdure, formaggi freschi, carpaccio, tartare, panzerotti e focacce. Nel sito www.amorosso.it è possibile trovare maggiori informazioni e un’ampia documentazione sui problemi che i solfiti causano alla salute dell’uomo.

Un successo in 4 punti

www.amorosso.it

In apertura la bella etichetta di Amorosso, che lo rende un vino simbolo dell’Italia non solo per la qualità del prodotto ma anche per la particolare cura posta al design del suo packaging

Page 150: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Tutti i profumi e gli aromi che rievocano i sapori autentici e semplici legati alle nostre tradizioni: è quanto possiamo trovare aprendo una delle confezioni Chef Dovunque – Quanto Basta: la preparazione è veloce, il risultato è garantito!

Spaghetti pomodoro e basilico. Spaghetti aglio e olio e peperoncino. Spa-ghetti cacio e pepe. Pennette all’arrabbiata. Questo il menù 2012 proposto da Quanto Basta, linea del progetto Chef Dovunque firmato Antonio Ranal-do. La confezione Quanto Basta contiene tutti gli ingredienti – di alta qualità, artigianali e biologici – già dosati per la preparazione dei primi piatti della tra-dizionale cucina italiana e mediterranea, completi di istruzioni in varie lingue e illustrate per consentire a tutti, soprattutto all’estero, la realizzazione di gu-stose ricette. Le confezioni, pensate per 2/3 o per 4/5 porzioni, consentono così a chiunque di sentirsi uno chef provetto. In occasione del suo esordio promozionale, al Sana di Bologna 2010, il prodotto ha ricevuto l’attenzione dell’Assessorato alle politiche agricole della regione Lazio; da questo incon-tro è nata la linea dedicata ai piatti tipici della regione realizzati a filiera corta con ingredienti selezionati tra i produttori agricoli e gli artigiani del territorio. Inoltre, Chef Dovunque è certificato Icea, Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale, tra i più importanti organismi del settore in Italia e in Europa. Ma dove si possono trovare le confezioni? Nei punti vendita della intera rete autostradale Italiana gestiti da Autogrill e My Chef, negli aeroporti, presso le stazioni ferroviarie. Negli Show-room dei migliori hotel: a Positano, Pompei, Ercolano, Napoli, Cervia, Roma, Milano… e in quelli della catena Eco World Hotel; negli Store Vie del Gusto a Milano. Da luglio il prodotto, nella sua li-nea GDO, è inoltre posizionato in alcuni punti vendita Ipercoop (Roma Eur, Roma Casilino, Aprilia, Livorno).

B.T. Food Loc. Solfegna Cantoni (Zona Ind.) - Cassino (Fr) Tel.0776728772 - www.chefdovunque.com

Gusto italiano in poche semplici mosse

In foto la novità disponibile da settembre presso gli aeroporti e i punti

vendita autostradali: Tutt’altroAroma, l’ultima proposta Chef Dovunque, il

caffè, artigianale e biologico, con la sua moka e le tradizionali tazzine italiane

Ingredienti vincentiI prodotti biologici della linea Chef Dovunque, ideati da Antonio Ranaldo, sono la soluzione moderna per concedersi primi piatti della cucina italiana ovunque, anche in giro per il mondo. Un esempio? Le pennette all’arrabbiata. Nella confezione per 2/3 porzioni troverete: 250 gr di pasta di semolato di grano duro biologico, 20 ml di olio extra vergine d’oliva biologico, 30 gr di sale grosso, 400 gr di pomodori pelati con basilico biologici, 3 gr di mix di aromi biologici (prezzemolo, aglio e peperoncino). Le pennette all’arrabbiata sono stata recentemente protagoniste di uno show cooking presso la lounge Saporbio del Cibus, durante il quale Marco Columbro e Tessa Gelisio hanno cucinato il piatto. Antonio Ranaldo è nato in provincia di Benevento, nel 1960. Cresciuto nel Sannio, si è formato con la cucina, i colori e i profumi dei suoi orti, influenzato da una realtà genuina e incontaminata. Manager creativo, è impegnato nella gestione di varie aziende anche all’estero; e proprio in Perù, nel 2000, è nata l’idea che ha portato 10 anni dopo alla realizzazione di Chef Dovunque. Attualmente Antonio Ranaldo è Direttore Generale della BraIn Trust Holdin S.p.A.

selezioni

Page 151: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Baglio OroSede: Via delle Sirene, 17 – Marsala (Tp)Cantina: Contrada Perino, 235 – Marsala (Tp)Tel/Fax. 0923 967744 - Mob. 3299848243 / 3339177043www.bagliooro.it

Page 152: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Si chiamano L’Atto, Il Rogito, La Firma,

il Sigillo… sono i vini prodotti

dalle Cantine del Notaio, realtà lucana il cui fiore

all’occhiello è l’Aglianico del Vulture,

al quale dedica attenzioni e una

ricerca unica nel suo genere

Cantine del Notaio, nel cuore verde del-la Basilicata, ha dedicato il suo impegno e la sua ricerca a esplorare tutte le poten-zialità enologiche dell’Aglianico, che nel Vulture trova la sua migliore espressione per una felice combinazione di tempera-ture (forti salti termici estivi e temperature molto alte d’estate per effetto delle cor-renti di aria provenienti dall’Africa), piovo-sità (assente nei periodi estivi), esposizioni e suolo (presenza del tufo che “allatta”). L’azienda dispone di circa 30 ettari suddi-visi in aree particolarmente vocate di 5 co-muni del Vulture (Maschito, Ripacandida, Ginestra, Rionero in Vulture e Barile) do-ve, sul vitigno Aglianico, è condotto uno studio unico nel suo genere – sono pian-tati stessi cloni, sullo stesso porta-innesto, con stesso sesto di impianto e stessa for-ma di allevamento a spalliera e cordone

Vdg

sele

zion

i

speronato – per verificarne il comporta-mento su tipologie di suoli differenti. Stra-ordinarie poi le condizioni di affinamento dei vini in antiche grotte di tufo del 1600, appartenute ai Padri Francescani, che si sviluppano su circa 1.500 mq di spazi sot-terranei e che garantiscono umidità molto elevata, costante tutto l’anno. L’azienda, dallo studio scientifico sul vitigno e da un recupero di antiche tradizioni interpretate in chiave moderna, produce 10 vini diver-si di cui 9 a base di Aglianico del Vultu-

re. La differenziazione dei vini è basata sull’epoca di raccolta (da fine ago-

sto a fine novembre) che, in fun-zione del diverso grado di ma-

turazione fenolica, consente un’interpretazione enologica specifica per esaltarne le ca-ratteristiche del frutto. Ciò è reso possibile dal fatto che il vitigno Aglianico del Vulture ha una fase di maturazione molto tardiva. I nomi dei vini richiamano tutti l’attività No-tarile, ma vi è una logica per ognuno: ad esempio Il Preli-minare è un vino d’ingresso, i base sono L’Atto e Il Rogito (sinonimi utilizzati per il rosso e il rosato rispettivamente), La Raccolta è il bianco da uve selezionate, Il Repertorio, La Firma e il Sigillo sono i rossi posti in ordine progressivo di epoca di raccolta e, quindi, di maggiore concentrazione. Per il Dolce c’è L’Autentica che chiude il pranzo o cena.

Cantine del Notaio Via Roma, 159 Rionero in Vulture (Pz) Tel. 3356842483 / 0972723689 www.cantinedelnotaio.it

Eccellenza “autenticata”

selezioni

Page 153: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Ai piedi della Sila, l’azienda Alpa, leader nel settore delle castagne, valorizza l’eccellenza delle produzioni tipiche della montagna ca-labrese nel segno dell’alta qualità e genuini-tà Alpa nasce nel 1960, quando la famiglia Gualtieri inizia ad occuparsi della lavora-zione e trasformazione delle castagne, e si costituisce in società nel 1996, ampliando la produzione artigianale nel rispetto della tradizione e delle materie prime. L’azienda è oggi una delle realtà più dinamiche del set-tore agroalimentare della Calabria, regione nota ed apprezzata per i suoi castagneti da frutto: una risorsa vitale per il territorio per la produzione di frutto e legname, e per il ruolo svolto nel soddisfare la crescente do-manda di aree ricreative e di salvaguardia ambientale. Rigorosamente “ecologiche” – i castagneti non sono sottoposti ad alcun trattamento antiparassitario o concimazio-ne chimiche – le castagne calabresi rappre-sentano la memoria storica della gente del-la Sila, il suggestivo scenario naturale in cui sorge Alpa, ancora oggi impegnata princi-palmente nella lavorazione e trasformazio-ne della castagne in ogni forma e per ogni utilizzo. La filiera produttiva dell’azienda, in linea con la nuova disciplina comunita-ria sulla tracciabilità, offre l’opportunità di far conoscere l’alta qualità dei propri pro-dotti, proposti a prezzi di sicuro interesse; l’obiettivo di Alpa è raggiungere la copertu-ra del mercato nazionale e internazionale in modo capillare attraverso un’approfondita analisi dei canali distributivi. L’azienda, im-pegnata nel rafforzamento del marchio, ha deciso di creare, accanto ai prodotti tradi-zionali, una linea innovativa, caratterizzata da raffinate confezioni, che esalta il magico mix tra nuovi e antichi sapori della terra ca-labrese. Ecco quindi le morbide e dolcissi-me castagnole silane o le gustose castagne infornate sciroppate, perfette come dessert o per farcire dolci, o ancora le deliziose cre-me di castagne, senza dimenticare la linea di confetture tipiche – realizzate artigianal-mente e solo con frutta fresca locale senza aggiunta di conservanti – che completa il ciclo produttivo aziendale.

A.L.P.A di Gualtieri S. & C. sasTel. +39(0)984965518Cell. +39(0)3476032935www.alpacalabria.it - [email protected]

Castagne, che delizia!

Vdg

sele

zion

i

Page 154: Ursa Major Magazine Luglio 2012

Sono tredici le comode ed eleganti sistemazio-ni di nuovissima strutturazione che soddisfano le più diverse esigenze – dalla classica matrimoniale all’appartamento per famiglie numerose – messe a disposizione di chi sceglie di ritagliarsi una sosta relax nel verde o vuole prendere le Torri come ide-ale punto di appoggio in un viaggio alla scoperta delle terre toscane, trovandosi la struttura nel cuo-re della regione, tra Firenze e Siena. A circondare l’azienda agricola splendide colline, borghi medie-vali e un paesaggio affascinante composto di vi-gneti e oliveti che convivono in perfetta armonia e che difficilmente si possono dimenticare. Arredati in stile rinascimentale toscano, gli appartamenti dai nomi di pittori, hanno pavimenti in cotto e soffit-to con travi a vista; sono inoltre forniti dei migliori servizi, tra i quali aria condizionata e connessione internet wireless. Ogni appartamento, come il no-me dei pittori che porta, ha un proprio stile e un arredamento unico ed elegante, che potrete cono-scere visitando il sito web de Le Torri. L’agriturismo offre una vacanza unica, il cui principio è semplice: una pausa di relax con tutto quello che un’azienda agricola può offrire, con le proprie risorse o quelle del territorio che la circonda. L’azienda, con i suoi prodotti alimentari, le attività, le tradizioni, le sta-gioni, i luoghi, il paesaggio, i contadini e le persone che ci lavorano, ne sono gli elementi essenziali. È proprio per questo che nel ristorante de Le Torri, de-dicato ai soli ospiti, è possibile apprezzare prodot-

ti tipicamente toscani, locali e di stagione. L’olio di oliva e il vino (bianchi e rossi di annata e invecchiati in barriques) sono prodotti all’interno dell’azienda agricola che offre anche la possibilità di visite gui-date alla scoperta dell’intero processo produttivo. I salumi, i formaggi e i prodotti quali marmellate, ge-latine e miele sono tutti a chilometro zero.

Azienda Agricola Le Torri Via S. Lorenzo a Vigliano, 31 Barberino V.Elsa (Fi) Tel. 055 8076161 www.letorri.net

L’azienda agricola e agriturismo Le Torri è il luogo ideale per coloro che amano ritagliarsi un momento di relax, a stretto contatto con la natura, degustando vini e olio di grande qualità, nella rigogliosa campagna tra le bellissime città di Firenze e Siena

Il gusto di una vacanza in Toscana

Riapre ad aprile il ristorante de Le Torri, dove gli ospiti avranno la possibilità di

degustare piatti tipici della tradizione

toscana

selezioni

Page 155: Ursa Major Magazine Luglio 2012
Page 156: Ursa Major Magazine Luglio 2012

PENSATO PER LA TUA VOGLIA DI CUCINARE

FXH 825 VX: il 25% di spazio in più in un incasso standard, per portare la tua creatività in tavola.Con le sue 11 funzioni di cottura è la scelta ideale per tutti gli appassionati di cucina. L’innovativo sistema di illuminazione a led-U-See rende ogni angolo del forno visibile e non è più necessario aprire la porta per controllare la cottura. Le luci a led consumano il 95% in meno rispetto alle tradizionalilampadine e assicurano un notevole risparmio energetico.