Uno Sposo Per Due

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Stephanie Bond FASCINO ROSSO FUOCO Uno sposo per due

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Stephanie Bond

FASCINO ROSSO FUOCO

Uno sposo per due

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Alan Parish si voltò e colpì con un calcio una lattina vuota, facendola ruzzolare rumorosamente. Con le mani sprofondate in fondo alle tasche dei pantaloni, rimase a fissare il marciapiede ancora umido di pioggia e immaginò che al posto di quella lattina ci fosse la testa di David Lowton.

Aveva voglia di imprecare, ma non riusciva a trovare le parole giuste per descrivere la brava persona che gli aveva appena rubato la fidanzata proprio davanti all’altare. Il solo aggettivo che gli veniva in mente era... intelligente!

Si guardò intorno alla ricerca di qualche altro oggetto su cui sfogare la propria rabbia, non potendo prendersi a calci da solo. Avrebbe dovuto chiedere a Margaret di sposarlo mesi, anzi, anni prima. Invece aveva fatto l’errore di dare per scontato il loro rapporto e lei alla fine si era innamorata di uno dei suoi clienti. Il matrimonio era stato annullato proprio all’ultimo istante e la madre di Alan aveva dovuto rinunciare al tradizionale pianto in chiesa.

Proprio in quel momento, amici e colleghi stavano già festeggiando la nuova e imprevista coppia. Era ridicolo pensare che il tutto avveniva a sue spese, torta nuziale e bottiglie di champagne comprese.

L’isolato venne scosso dal rumore stridulo di una macchina lanciata a tutta velocità e Alan ebbe appena il tempo di rendersi conto che si stava avvicinando a lui prima di ritrovarsi fradicio dalla testa ai piedi. L’ennesima, brillante manovra di parcheggio di Pamela Kaminski aveva centrato una pozzanghera proprio davanti a lui.

«Scusami, Alan» gli urlò, innervosita. «Questo accidenti di vestito mi si è incastrato nella leva del cambio.»

Lui scosse lentamente il capo e cercò di ripulirsi alla meglio dal fango. Pamela riuscì finalmente a scendere dalla macchina e lui si stupì di non trovarla affatto ridicola nel pomposo vestito rosa albicocca da damigella d’onore. Ci volevano la sua disinvoltura e la sua camminata decisa per non fare quasi caso ai tanti fiocchetti e fiorellini in rilievo che adornavano perfino i lunghi guanti di seta.

Lei si sistemò sbuffando una ciocca di capelli biondi sfuggiti alla pettinatura e sorrise ad Alan. «Che disastro» mormorò.

«Non ti preoccupare. Avevo giusto bisogno di rinfrescarmi le idee.»«Mi riferivo al matrimonio.»«Ah» replicò lui senza imbarazzo, tentando di stornare lo sguardo dalle forme

praticamente perfette della migliore amica della sua ex fidanzata. Non si era mai sentito così depresso e confuso in tutta la sua vita e se ne stava lì immobile a lasciare che Pam tentasse di liberarlo dal fango che gli imbrattava lo smoking. «Non riesco a

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credere che Meg abbia scelto per te questo vestito» osservò a mezza voce.

«Oh, non lo ha fatto» ribatté Pam, utilizzando lo strascico di organza per pulire le scarpe. «Qualcuno deve avere confuso gli ordini. Ma quando me lo hanno recapitato, ho pensato di non dire niente a Meg per non agitarla ancora di più.»

Alan abbassò lo sguardo. «Probabilmente non lo avrà neppure notato. Avrà avuto occhi solo per David Lowton.»

«Effettivamente era tutt’altro che turbata» confermò Pam con sincerità.«Allora si sono proprio sposati.» Alan non riusciva a crederci. La donna che fino a

qualche ora prima lui stava aspettando all’altare aveva sposato un altro uomo senza aspettare neppure un giorno!

«Sì.»«E non ti sei fermata a festeggiare?»Lei fece schioccare le labbra e scosse il capo. «Non avevo nessuna voglia di

ritrovarmi circondata da tre bambini scatenati.»Alan sogghignò, sarcastico. «E pensare che, per tutto il tempo che siamo stati

fidanzati, Meg non mi ha mai parlato del suo desiderio di diventare mamma. E invece ha sposato un uomo con tre figli a carico.»

«Già. Vedessi che piccoli teppisti!» Si sfilò i guanti da cerimonia ormai completamente imbrattati di fango e li buttò nel cestino.

Alan era sorpreso. Da quando si erano conosciuti, non aveva mai considerato Pamela Kaminski, come invece faceva gran parte della popolazione maschile di Savannah. In quel preciso istante era praticamente ammaliato dalla sua bellezza sfrontata e dalle spalline del reggiseno di pizzo bianco che intravedeva sotto alle trasparenze del vestito. «Sei venuta qui per offrirmi la tua spalla su cui piangere?» domandò quasi seccato.

«Diciamo che ho pensato che potessi avere bisogno di un’amica. Ma non avevo intenzione di offenderti, Alan. So quanto amavi Meg.»

«Già, anch’io» ribatté lui, sospirando.«Dove pensavi di andare?»«All’aeroporto.»Lei rise. «Abbastanza lunga come passeggiata.»«Il mio volo per Fort Meyers parte tra quattro ore. Avevo pensato che, in questo

modo, io e Meg potessimo fare le cose con calma.»«Non avrai intenzione di andare da solo in luna di miele?» domandò Pam, temendo

che Alan fosse molto più sconvolto di quello che sembrava.Lui alzò lo sguardo. «Certo. Perché no? È già tutto pagato e io non vedo l’ora di

affogare tutti miei dispiaceri in qualche centinaio di margaritas. Voglio sprofondare nel caldo delle spiagge della Florida e non pensare più a niente.»

Pam lo fissava incredula con i suoi luccicanti occhi azzurri. Una goccia di pioggia le cadde sulla punta del naso e la smorfia di disappunto fece ridere Alan.

«D’accordo, allora. Ti do un passaggio. Dov’è il tuo bagaglio?»«Nel baule della limousine davanti alla chiesa e non ho nessuna intenzione di

andarla a riprendere. Comprerò tutto il necessario a Fort Meyers.» Aprì la portiera del

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lato passeggero non senza fatica e si lasciò andare sul sedile mezzo sfondato.

Pam era già al posto di guida e stava litigando con le balze del vestito. «Ci siamo. Allacciati la cintura.»

Lui annuì senza protestare e si irrigidì nel sentire i pneumatici stridere pietosamente mentre Pam faceva un’inversione. Teneva entrambe le braccia puntate sul cruscotto. In fondo, un incidente era quello che mancava per concludere degnamente la giornata. Un matrimonio annullato a pochi metri dall’altare, la tua ex fidanzata che decide seduta stante di sposarsi con un altro e, per finire, un bell’incidente automobilistico. Perfetto.

Pam era concentrata nella guida, ma avvertiva la tensione del suo passeggero. «Non ti preoccupare, Alan» gli disse, sfilandosi le scarpe. «Sai che passo gran parte delle mie giornate di lavoro in macchina.»

Già. Pamela era la promotrice immobiliare più rinomata della città. I futuri acquirenti non avevano certo il coraggio di dirle di no dopo essere stati in macchina con lei.

Sembrava in grado di potere fare mille altre cose mentre era al volante, ma, quando Alan la vide chinarsi per trovare un programma radiofonico di suo gradimento, decise di intervenire. In fondo, ci teneva ancora alla sua pelle.

«Lascia, faccio io» le disse con un mezzo sorriso. Selezionò una stazione di musica new age e si riappoggiò allo schienale cercando di rilassarsi.

Pam mostrò con una smorfia la sua disapprovazione. «È questo il genere di musica che ti piace? Anche il mio dentista ne va pazzo. Come se non fosse già abbastanza penoso il rumore del trapano.»

Alan sospirò e si rassegnò a sintonizzare la radio su un programma di musica commerciale e Pam manifestò il suo gradimento mettendosi a canticchiare. Solo allora si rese conto di cosa regolava il viavai regolare del tergicristallo. «Ma quella è... una calza da uomo?» domandò, allibito.

«Sì» rispose Pam, sempre concentrata sulla canzone. «Ho perso la guarnizione e non mi andava di cambiare tutto quanto per un semplice pezzo di gomma. Geniale, no?»

«Assolutamente.» Non aveva certo intenzione di contraddirla. Si domandava solo quale dei suoi innumerevoli ammiratori avesse sacrificato una sua calza alla causa del tergicristallo rumoroso.

Non vedeva l’ora di lasciarsi tutto e tutti quanti alle spalle. Aveva voglia solo di arrostirsi al sole e di prendersi qualche sbronza con i fiocchi. Si sarebbe comprato una serie completa di racconti di fantascienza e la signora Margaret Abbott Lowton sarebbe stata solo un lontano e opaco ricordo.

Pamela rispettava il suo silenzio senza smettere di canticchiare. Lui sbirciò il suo profilo e rimase per un attimo incantato dalla delicatezza dei suoi lineamenti. Aveva un bel naso e gli zigomi ben disegnati. Ciò che più lo colpiva del suo viso era la bocca, simile a quella di un bambino, con il labbro superiore leggermente più pronunciato. Gli occhi azzurri e i capelli biondo scuro la rendevano talmente bella da togliere il fiato. Non era difficile capire perché metà della popolazione maschile di

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Savannah avesse scelto Pam come protagonista dei propri sogni proibiti. Si diceva che l’altra metà... be’, non avesse avuto bisogno di fantasticare un’avventura con lei.

Al club ne aveva sentite di tutti i colori sulla vita sentimentale e sulle leggendarie attività amatorie della signorina Kaminski. Più volte si era domandato se si trattassero solo di pettegolezzi, magari influenzati anche dalle origini familiari di quella splendida donna. Pamela era cresciuta nella parte più povera e degradata della città.

La prima volta che lui l’aveva incontrata era stato al liceo. Pamela stava picchiando un’altra ragazza che aveva offeso una sua amica. Lui aveva cercato di calmarla e lei lo aveva ricompensato con un pugno in pieno volto. Era stata accettata nella scuola per via della sua vivace intelligenza, ma era irriverente e aggressiva con tutti, insegnanti compresi.

Quando lui aveva cominciato a uscire con Meg, era rimasto sorpreso di sapere che le due erano ottime amiche, così come aveva faticato a credere che fosse diventata la punta di diamante dell’agenzia immobiliare più produttiva e famosa della città. Meg aveva saputo fargli vedere gli aspetti positivi della irruente personalità di Pamela e alla fine stare in sua compagnia era diventato un vero piacere.

Più di una volta, anche per accontentare le preghiere di Meg, l’aveva accompagnata a delle feste di rappresentanza e, ogni volta, era rimasto stupito di vedere come l’indomabile Pam si trasformasse nella sirena più dolce e sensuale che avesse mai visto. Starle vicino in quelle serate aveva giovato anche ai suoi affari. Pamela aveva procurato più di un cliente alla sua compagnia di consulenze informatiche.

Pamela e Meg erano diverse come il giorno e la notte. Meg era dolce e posata. Pam era decisa e piena di vita.

«Ti faccio compagnia mentre aspetti» annunciò, una volta arrivata al parcheggio dell’aeroporto.

«Non è necessario.» Scese dalla macchina e respirò profondamente l’aria profumata di pioggia.

«Avanti, non farti pregare» insistette lei. «Ti offro un drink. Prima, però, è meglio che mi metta un paio di scarpe.» Si alzò la gonna fino alle ginocchia e raggiunse a piedi nudi il baule dell’auto.

Alan sorrise. «Mi pare di capire che ti piace avere a portata di mano le scarpe giuste per ogni occasione.» Il baule era pieno di ogni tipo di calzature.

Lei rise. «Sì. Anche perché non so mai che tipo di terreno circondi le case che mostro. Cerco solo di non lasciarmi sorprendere.» Alla fine si infilò un paio di sandali dal tacco alto. «A posto. Possiamo andare.»

Entrarono nell’aeroporto, attirando su di loro non pochi sguardi incuriositi, e si diressero subito al bar. Pam ordinò una intera caraffa di margarita e riempì poi i due bicchieri. «A che cosa vuoi brindare?» domandò offrendogliene uno.

Lui rimase colpito dal bagliore che guizzò nei suoi occhi. «Direi... ai single!»«Perfetto» ribatté lei, alzando il bicchiere verso il suo. «Ai single!»

Lui bevve d’un fiato lo squisito cocktail e vide Pam fare lo stesso. «Comunque, credo che non fossi veramente convinto di volermi sposare» osservò a mezza voce.

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«Perché eri pronto a farlo, allora?»Alan si sentiva confuso. «So che può sembrare stupido, ma fino a quel momento mi

era sembrata la cosa più giusta da fare.»Lei aveva un’espressione dubbiosa, ma, invece di tormentarlo con mille domande,

scoppiò in un’allegra risata. «Alan Parish, sei un vero disastro!»Alan la guardò da capo a piedi, con la pettinatura ormai rovinata dalla pioggia e il

vestito bagnato e sporco di fango. «Anche tu.»Risero insieme e fecero un nuovo brindisi. «Ai disastri!» esclamarono in coro.«Che giornata» osservò Alan dopo l’ennesimo sorso. Scosse il capo e giocherellò

con i cubetti di ghiaccio. «Tu sapevi di Meg e David?»«No. Però sentivo che qualcosa la tormentava. Pensavo che fosse solo un po’ di

agitazione per la cerimonia.»«Mi sento un idiota. A quest’ora, mezza città starà ridendo di me» osservò con un

sorriso amaro. Riempì di nuovo il suo bicchiere e fece lo stesso con quello di Pam.Lei scosse il capo. «Sono solo dispiaciuti per te.»«Non è che questo mi sia di grande sollievo.»«Vedrai che tutti avranno già dimenticato questa storia, quando tornerai.»L’alcol cominciava a fare qualche effetto sul suo stomaco vuoto e nervoso.

Avvertiva uno strano formicolio alla punta delle dita e si passò una mano sul volto. «Forse, ma non ci spero troppo. Dovrei pensare a trasferirmi in un’altra città.»

Un’espressione fiera e agguerrita infiammò lo sguardo azzurro di Pam. «Neanche per sogno! Hai vissuto a Savannah per tutta la tua vita e non devi rinunciare alle cose che hai qui per una delusione amorosa. Qui c’è la tua famiglia e la tua compagnia informatica. Non vorrai andartene adesso che sono riuscita a farti conoscere la signora Gordon?» domandò con un sorriso.

«Hai ragione» ammise Alan. «Ma in questo momento sono un po’ confuso e il mio ego è tenero come burro.»

«Sono sicura che tornerà solido come e più di prima. Ci saranno un sacco di ragazze desiderose di conoscerti.»

Lui cercò di alzarsi in piedi, ma ricadde sullo sgabello. «Assolutamente no! Non ho nessuna intenzione di riprovarci. Da oggi in poi, per me moglie sarà soltanto una parola di sei lettere!» esclamò con decisione.

«Alan» disse Pam voltandosi verso di lui. «Moglie è sempre stata una parola di sei lettere.»

Lui era quasi infastidito dal suo atteggiamento così sincero e fiducioso. «Hai capito benissimo cosa intendo dire. Io non sposerò mai più nessun’altra donna.»

Pam era stupita. Si chiedeva cosa si provasse a stare con un uomo che ti ama talmente tanto da non volere condividere la sua vita con nessun altro se non può avere te. Si morse il labbro superiore e si domandò cosa fosse successo a Meg Abbott. Fino a quel giorno le era sembrata la persona più tranquilla e prevedibile del mondo.

Cosa poteva esserle successo per convincerla a lasciare il suo fidanzato davanti all’altare per andare a sposare il giorno stesso un altro uomo? Una volta, Meg le aveva confidato che tra lei e Alan non c’era molta passione. A dire la verità, anche lei

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trovava Alan un po’ troppo controllato e preciso, ma anche un uomo noioso non meritava di essere trattato in quel modo. Meg sicuramente si sentiva in colpa e per questo le aveva chiesto di stare un po’ con lui. Aveva paura che potesse commettere una sciocchezza e non voleva saperlo solo ad affogare la tristezza in qualche bar. Almeno così erano in due.

Pam osservò Alan portare indietro il capo e vuotare l’ennesimo bicchiere. Al liceo lo aveva soprannominato il marito di Barbie, causando la rabbia di Meg. Quel viso così pulito, reso ancora più rassicurante dagli occhiali da vista rotondi, i capelli scuri tagliati in maniera perfetta e i suoi vestiti di alta sartoria lo facevano sembrare quasi finto. Era sicuramente un bell’uomo, ma non era il suo tipo.

Alan Parish veniva dai quartieri alti della città ed era certa che non gli fosse mai capitato di non potere andare a scuola perché le scarpe si erano rotte e non c’erano soldi per comprarne di nuove. Provenivano da due mondi diversi, ecco tutto.

Si voltò a guardarlo. I capelli arruffati e i vestiti sporchi di fango gli donavano, lo facevano sembrare più vero.

«Perché ridi?» le domandò con un’espressione ferita.

«Niente di importante, Alan» gli rispose, stringendogli il braccio. Non era la giornata giusta per mettersi a criticare il suo modo di essere.

Lui riuscì finalmente ad alzarsi e a mantenere l’equilibrio. «È ora di andare.»Pam lo seguì e solo allora si rese conto di quanto le girasse la testa. «Accidenti!

Credo che aspetterò un paio d’ore prima di rimettermi al volante.»«Non farmi ripensare alla tua guida, per favore.»Lei ridacchiò. «Divertiti, mi raccomando.»«Certamente» ribatté lui in tono sarcastico. «Come potrei annoiarmi in luna di miele

tutto solo?»Si sforzava di sdrammatizzare, ma era evidente che fosse ancora sconvolto. «Dai,

Alan, vedrai che conoscerai sicuramente qualcuno.»«Vieni con me.»Pam non credeva alle sue orecchie. «Cosa?»«Vieni con me» ripeté lui con più convinzione.«Sei ubriaco» osservò Pam.«Non è vero» biascicò.«Alan, non ho nessuna intenzione di venire in luna di miele con te.»«Perché no? Scusa, la mia segretaria ha prenotato una suite in un hotel di lusso ed è

tutto già pagato per due. Io sfrutterò la tua compagnia e tu ti godrai una bella vacanza.»

Una settimana lontano da Savannah e dal lavoro era una vera tentazione. Le spiagge dorate, il sole, l’acqua cristallina... Ma come poteva anche solo immaginare di dividere una stanza con Alan? «Mi dispiace, non posso.»

«Dormirò sul divano» la rassicurò lui.«Ma cosa dirà la gente? Cosa penserà Meg quando lo verrà a sapere?»Lui la guardò, incredulo. «Non che mi interessi più di tanto, ma credi davvero che

potrebbe pensare che noi due abbiamo una storia?»

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Si sentiva offesa dal suo atteggiamento. «Forse Meg no, ma altre persone potrebbero pensarlo, se stiamo via una settimana insieme.»

Alan sbuffò. «Non credo che Savannah si fermi perché noi due siamo fuori città per qualche giorno. Non noteranno neppure che siamo assenti contemporaneamente, Pam.»

Pam piegò le labbra e gettò un’occhiata al suo vestito rosa albicocca. «Ma non ho neppure un abito decente.»

«Compreremo tutto quello di cui c’è bisogno laggiù. Allora, vieni o no?»Aveva davvero bisogno di una vacanza e poteva seguire le ultime fasi della

trattativa che aveva in ballo anche per telefono. In fondo era stata Meg a chiederle di non lasciare Alan da solo. «D’accordo.»

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Alan salutò con un cenno l’assistente di volo e si lasciò andare sul posto che gli aveva indicato. Doveva avere esagerato con i margaritas perché la testa gli girava e aveva la sensazione di avere dimenticato qualcosa di molto importante. Una forte tensione gli irrigidiva il collo e, senza muovere la testa, controllò se aveva con sé il portafoglio. Tutto a posto. Ma, allora, che cosa poteva avere perso?

Una voce femminile e vagamente familiare attirò la sua attenzione. «Mi scusi, è libero questo posto?»

Lui socchiuse gli occhi e, a fatica, riuscì a mettere a fuoco Pamela Kaminski. Ecco cos’aveva dimenticato. Pamela!

«Finalmente ti ho trovato! Quando sono uscita dalla toilette delle signore, non ti ho più visto. Per fortuna, la hostess di terra non ha fatto storie, anche se il mio cognome non coincideva con quello della prenotazione. Le ho detto che ci siamo appena sposati.» Si guardò intorno e accarezzò il velluto rosso della poltroncina. «Wow! Non ho mai volato in prima classe.»

«Possiamo avere tutti i cocktail che vogliamo» aggiunse lui, sorridendo.

«Davvero? Bene, lascia che mi sistemi e poi assaggeremo subito la specialità della casa.» Si sedette al suo fianco, combattendo con il vestito da cerimonia, ma, nonostante i suoi sforzi, non riusciva ad allacciare la cintura di sicurezza.

«Aspetta, ti aiuto io.» Alan si voltò verso di lei e cominciò ad armeggiare tra pizzi e veli, tenendo le labbra serrate per la concentrazione. Ma, nonostante tutti i suoi sforzi, non riusciva a fare a meno di sbirciare nella generosa scollatura di Pam. Si intravedeva un reggiseno di pizzo bianco. «Fatto» disse infine dopo un ultimo tentativo.

L’assistente di volo lanciò un’occhiata di disapprovazione quando ordinarono un’intera bottiglia di whisky, ma li servì giusto in tempo perché potessero bere prima del decollo.

Alan era già caduto nel dormiveglia quando sentì un dolore lancinante al braccio destro. Spalancò gli occhi senza capire cosa stesse succedendo.

La mano sinistra di Pamela era stretta intorno al suo gomito con una presa così ferrea che le sue dita erano bianche e le sue unghie erano infilzate nella sua carne.

«Che cosa ti succede?» Aveva uno strano colorito e lo sguardo fisso davanti a sé.«Ricordi quando ti ho detto che non avevo mai volato in prima classe?»«Sì.»«Be’, a dire la verità, non ho mai volato neanche in seconda. Insomma, è il mio

primo decollo.»

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«Come mai?»«Be’, ecco... Mi sono appena ricordata che la sola idea di volare mi terrorizza.» Si

coprì la bocca con le mani e chiuse gli occhi. «Oh, santo cielo.»

«Che cosa c’è?» Fece lo sforzo di voltarsi verso di lei, ma la testa gli girava e aveva i movimenti rallentati.

«Sto per vomitare.»Alan si sentì assalire dal panico. «No, ti prego!»Pam continuava a tenere la mano sulla bocca e aveva gli occhi sbarrati. Lui cercò di

essere il più veloce possibile nel tirare fuori il sacchetto di carta per le emergenze. Ma, proprio nel momento cruciale, l’aereo sussultò e Pam mancò inesorabilmente il bersaglio.

Si guardò intorno, pallida e imbarazzata. L’assistente di volo cercò di ripulire il suo vestito, senza troppo successo. Lei avrebbe voluto sprofondare, se non fosse stata così male.

«Non mi sono mai sentita così in imbarazzo in vita mia» osservò, mentre cominciava a recuperare un colorito normale. «Non sarei mai dovuta salire su questo aereo.»

Lui le prese la mano e cercò di cancellare dalla memoria la scena a cui aveva appena assistito. «Rilassati. Sarà un bel viaggio, vedrai. Io volo spesso e non ho mai avuto problemi.»

In quello stesso istante, i sussulti della carlinga aumentarono e si accese il segnale di sicurezza che obbliga i passeggeri a riallacciare le cinture.

«Signore e signori, stiamo attraversando una perturbazione» esordì la voce del pilota. «Rimanete seduti finché non avremo raggiunto una quota di volo più alta. Grazie e buon viaggio.»

Alan cominciò a domandarsi cos’altro potesse capitare in quella giornata terribile. Aveva mal di testa e si sentiva in colpa per avere trascinato anche Pam in quella storia. La poverina era di nuovo impallidita e teneva gli occhi serrati come fanno i bambini quando hanno paura.

«Ehi» le sussurrò con dolcezza. «Andrà tutto bene. Tra cinque minuti sarà tutto finito.» L’aereo si impennò bruscamente.

«Sì, certo, tra cinque minuti sarà davvero tutto finito. Precipiteremo e io verrò sepolta con questo orribile vestito, se mai ritroveranno i nostri corpi.»

Lui sospirò. «Ah, no! Mi rifiuto di morire il giorno delle mie fallite nozze.»«Ah, sì? Credi davvero di potere sempre tenere tutto sotto controllo e di ottenere

esattamente quello che vuoi, signor Parish?» domandò Pam, pungente.Alan non riusciva a capire. Aveva passato tutta la vita a cercare di costruirsi il

proprio avvenire. Eppure la gente continuava a ricordargli chi era, come se i meriti non fossero suoi, ma di tutta la sua famiglia. Incrociò le braccia e cercò di non dare peso a quella provocazione. «Non ho nessuna intenzione di stare qui a litigare con te perché sono ancora ubriaco e domani non ricorderei assolutamente niente di questa discussione.»

«Ma c’è qualcosa che ti possa scalfire?» lo incalzò Pam. «Sei appena stato mollato

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il giorno delle tue nozze e te ne vai in luna di miele come se niente fosse successo. Adesso stiamo per schiantarci al suolo e tu te ne stai seduto al tuo posto senza fare una piega.»

Lui la guardò senza rispondere.«Oh, mio Dio, sto per vomitare di nuovo!»Questa volta, Pam riuscì a raggiungere il sacchetto di carta e l’assistente di volo

sembrò guardarla con riconoscenza.Finalmente avevano raggiunto la quota e Pam si tranquillizzò, riuscendo perfino ad

addormentarsi.Alan la guardava respirare piano con quelle labbra incantevoli leggermente

socchiuse. Non si era mai reso conto che fosse così bella.Era un gabbiano. Si librava alto sopra le onde del mare e poi... sopra una discarica.

L’odore acre dei rifiuti riempiva l’aria.Pam spalancò gli occhi e si rese conto che a puzzare in quel modo era il suo vestito

e che stava ancora volando in luna di miele con Alan Parish. «Accidenti» mormorò, tappandosi il naso. Le girava la testa e a fatica riuscì a mettere a fuoco Alan che russava leggermente al suo fianco.

Aveva una ciocca di capelli sulla fronte e istintivamente lei gliela spostò di lato. Non aveva mai notato che avesse i capelli così morbidi e, soprattutto, non avrebbe mai detto che stargli così vicino le facesse provare quelle strane sensazioni. Non riusciva a togliergli gli occhi di dosso e guardava incantata il suo ampio petto alzarsi e abbassarsi nel respiro regolare del sonno.

Ma cosa le stava succedendo?Quello era Alan, il marito di Barbie, l’uomo con la passionalità di un manichino.

Eppure, mentre dormiva, era incredibilmente sexy.«Si sente meglio, signora?» le domandò l’assistente di volo, interrompendo i suoi

pensieri.Pam si affrettò ad annuire come se fosse stata sorpresa con le mani nella

marmellata.«Siamo davvero dispiaciuti, signora Parish. Questo volo non è stato certo un

bell’inizio di luna di miele, per lei.»Pam si sentiva confusa. «Ecco, veramente io...» Alzò lo sguardo verso il viso

sorridente dell’assistente e contraccambiò a denti stretti. «Già. Non vedo l’ora di arrivare a Fort Meyers.»

«Se non sono indiscreta, è da molto che eravate fidanzati?» insistette la ragazza.«No... direi che è stata una cosa abbastanza... improvvisa» balbettò Pam. «Mi scusi,

ma dovrei andare in bagno.»La hostess le indicò la toilette e la salutò con un ennesimo sorriso.Quando Pam tornò a sedersi, Alan stava ancora russando. Si era sciacquata il viso e

aveva cercato di sistemarsi il vestito aggiungendo un po’ di profumo, senza però ottenere risultati eclatanti.

Era da molto tempo che non si concedeva una vacanza. L’ultima volta era stata quella settimana in Giamaica con Nick il nottambulo. Oppure il finesettimana a San

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Francisco con Dale il delicato. Per completare la serie mancava solo la luna di miele con Alan il noioso.

Il pilota annunciò che stavano per cominciare le manovre di atterraggio e lei avrebbe voluto non avere mai dato retta a Meg.

Alan sbadigliò, socchiudendo gli occhi. «Che cos’è questo odoraccio?»Pamela lo guardò, stizzita. «Be’, nemmeno tu profumi di violetta.»Lui le rivolse un sorriso. «Hai ragione. Non vedo l’ora di farmi una bella doccia.

Ormai ci siamo.»Il pilota, infatti, comunicò via interfono che l’atterraggio era stato effettuato e che i

passeggeri erano liberi di lasciare l’aereo.Era la più bella notizia che avesse mai sentito e Pam non se lo fece ripetere due

volte.Erano già le sei e mezza passate quando uscirono dall’aeroporto, e la foschia serale

avvolgeva tutto il paesaggio. Dopo l’ennesimo tentativo, erano finalmente riusciti a trovare la sede del noleggio auto dove la segretaria di Alan aveva prenotato la macchina.

«Mi dispiace, signore» disse il ragazzo dietro al banco, allargando le braccia. «Abbiamo esaurito le auto di lusso, per oggi. Dovrete accontentarvi di qualcosa di meno pretenzioso.»

Alan sospirò, esausto, e si passò la mano sul viso. «D’accordo, mi dia una jeep.»Il ragazzo scosse il capo in un gesto eloquente. «Finite anche quelle.»«Un’utilitaria, allora» ribatté Alan, scocciato.«Niente da fare.» Il ragazzo sorrise e indicò fuori dalla finestra un rottame che

assomigliava vagamente a una vecchia auto biposto.«Non ci penso proprio.» Non poteva nemmeno immaginare di guidare un trabiccolo

del genere.

Pam sbuffò alle sue spalle. Lui stava esibendo il suo tipico atteggiamento da uomo tutto d’un pezzo. «Senti, Alan, io sono stanca e ho ancora lo stomaco sottosopra. Prendi quella stupida macchina e andiamo in albergo.»

Lui storse la bocca in una smorfia e accettò a malincuore la proposta del ragazzo.«Sia ben chiaro, Pam. Guido io. Da qui all’albergo saranno una ventina di minuti.»Due ore più tardi, Alan si fermò dopo avere oltrepassato un incrocio. «Che cosa

diceva quel cartello. Penwrote o Pinron?»«Ecco, lo sapevo. Ci siamo persi» borbottò Pamela, guardandosi intorno. Tutto ciò

che si riusciva a scorgere era quella maledetta strada e qualche rado palmizio.«Certo che no» rispose lui, togliendosi gli occhiali per un istante. Non aveva mai

avuto tanta voglia di farsi una doccia in vita sua.«Scommetto che tu sei uno di quei tipi che, piuttosto di chiedere informazioni,

preferisce restare a secco di benzina.»Alan la guardò, sarcastico. «Effettivamente, tutto sarebbe molto più semplice se tu

non avessi distrutto la cartina.»«Non l’ho distrutta. Mi è volata via» ribatté Pam, allargando le braccia. «Usciamo

al prossimo casello. In un paese sarà più facile avere informazioni.»

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Improvvisamente si udì uno scoppio e mancò poco perché la macchina sbandasse. «Abbiamo bucato, dannazione!» esclamò Alan, raggiungendo la corsia di emergenza.

«Perfetto! Ci siamo persi e abbiamo bucato.» Era stanca e sentiva che non avrebbe potuto neppure immaginare un viaggio così tremendo.

«Non è colpa mia. Sei stata tu a insistere per prendere questo catorcio.»Fece un respiro profondo e cercò di formulare una proposta concreta per levarsi da

quel pasticcio. «Bene, allora chiama l’agenzia di noleggio e digli di portarci subito un’altra macchina.»

«Lo farei se non avessi lasciato il mio cellulare a Savannah.»Lei frugò per qualche istante nella sua borsetta e scosse il capo. «Niente da fare: il

mio ha le batterie scariche.»«Non mi resta che cambiare la gomma.»«Sei sicuro di sapere come si fa?» domandò, sospettosa.«Certo» rispose Alan, fingendosi sicuro di sé. Una volta aveva letto qualcosa in

proposito sul manuale stradale ed era sicuro che le nozioni sarebbero riemerse non appena si fosse messo all’opera. Gli uomini hanno nel sangue questo genere di cose.

Trenta minuti più tardi stava ancora cercando di capire come andava montato il cricket, quando Pam si mise a fare l’autostop sollevando la gonna fin quasi alla vita. Aveva le gambe più belle che avesse mai visto.

«Che cosa diavolo stai facendo?» le urlò.«Chiedo un passaggio.» Non aveva nessuna intenzione di aspettare ancora senza

muovere un dito.

«E c’è bisogno di scoprirti tanto? Se ti fai vedere così, l’unico risultato sarà quello di attirare tutti i maniaci sessuali della zona.»

«Non importa. Basta che ci diano un passaggio.»«Ormai ce l’ho quasi fatta» mentì lui.«Ehi, guarda. Quel camion si sta fermando.»Alan non fece in tempo ad aggiungere altro che Pam si era già arrampicata sulla

cabina di guida. Stare vicino a quella donna era più impegnativo e faticoso che scalare una montagna.

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«È sicuro che sia proprio questo?» chiese di nuovo Pam al camionista, sporgendosi dal finestrino. L’insegna dell’hotel era accesa solo per metà e non era certo il grande albergo di lusso di cui le aveva parlato Alan.

«Sì, signora» rispose l’autista.Alan deglutì. «Linda mi aveva detto che era un edificio antico e con molta

atmosfera, proprio davanti alla spiaggia.»«Be’, è difficile giudicare adesso che è buio» disse Pamela, conciliante, mentre

Alan l’aiutava a scendere dal camion. Le teneva le mani strette intorno alla vita e lei atterrò a pochi centimetri dal suo viso. Sorpresa dagli strani brividi che sentiva, indietreggiò.

Alzarono lo sguardo per salutare Jack, il camionista, che contraccambiò con un colpo di clacson. «Vorrei essere io al tuo posto, ragazzo. Quella è la fine del mondo!» urlò, allontanandosi.

Pamela era divertita dall’espressione scandalizzata di Alan. «Dai, entriamo. Non vedo l’ora di togliermi questi vestiti.»

Non si era resa conto che non aveva fatto altro che aumentare il suo imbarazzo e, nel tentativo di rimediare, gli assestò una sonora pacca sulla spalla.

Preso di sorpresa, ci mancò poco che Alan cadesse faccia a terra e la guardò infastidito. «Credi che riusciremo a percorrere questi ultimi cento metri senza che ci capiti qualche altro guaio?»

Lei annuì, trattenendo la risata. Forse era l’alcol, la stanchezza, la fame, ma non riusciva a fare a meno di sentire con piacere il contatto della sua mano sul gomito. Tutto quello di cui aveva bisogno era un bel sonno e il mattino successivo si sarebbe resa conto di essere in compagnia di Alan il noioso.

L’entrata dell’albergo era sormontata da due enormi palme di plastica e un intenso profumo di rosa e ciclamino riempiva la zona della reception. Sembrava di essere finiti sul set di uno di quei film ambientati negli anni Settanta. La moquette era arancione, i mobili azzurri e in una vetrinetta vicino alle scale era esposta una serie di gadget di Elvis Presley. Pam si morse le labbra e tentò di non ridere.

Si voltò verso Alan e cercò di decifrare la sua reazione. Sembrava sul punto di esplodere.

«Non è esattamente quello che mi aspettavo» mormorò.Il banco della reception era proprio davanti a loro e aveva la forma di un enorme

acquario finto, con tanto di alghe viola e pesci di plastica blu. Una ragazza era intenta a risolvere un cruciverba e alzò lo sguardo quando si accorse della presenza di Alan e

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Pam. «Posso aiutarvi?» domandò senza troppo entusiasmo.«Salve» rispose Alan a denti stretti. «Credo che ci sia un errore. Non c’è nessun

altro hotel che si chiami Pleasure Palisades qui nei dintorni?»

La ragazza lo guardò da capo a piedi e sembrò apprezzare ogni centimetro del corpo di Alan. «Sono spiacente» disse con dolcezza. «C’è solo questo.»

Dunque non si trattava di uno sbaglio. «Ha una prenotazione a nome del signor e della signora Parish?» A questo punto, non sapeva più cosa sperare.

«Parish?» La ragazza aprì il registro e fece scorrere l’elenco dei nominativi sotto alle lunghe unghie rosa acceso. «Parish, certo. La suite Luna di miele è vostra fino a venerdì prossimo. E visto che siamo vicini a San Valentino, la direzione vi permette di usufruire del videoregistratore e della nostra fornitissima videoteca.»

Alan spalancò gli occhi, allarmato. «Davvero c’è il mio nome lì sopra?»La ragazza non rispose e si limitò a fare un’enorme bolla di chewing gum.«Sono sicura che la stanza sarà carina» sussurrò Pam, cercando di trasmettergli il

suo ottimismo. Per quanto la riguardava, si accontentava di un qualunque posto dove ci fosse l’acqua corrente.

«Potrei provare a chiamare Linda e chiederle di risolvere questa grana. Ho visto l’Hilton a un paio di chilometri da qui. Potremmo farci prenotare una camera.»

Pam scosse il capo con decisione prima ancora che lui finisse di parlare. «Non ho la forza per fare neanche altri cinque metri con queste scarpe.»

«Chiamo un taxi?» propose speranzoso.Lei gli puntò addosso l’indice. «Tu chiami un taxi e tu vai all’Hilton. Io sono stanca

e sto morendo di fame. Rimango qui.»

«Non c’è bisogno di innervosirsi per così poco.»«È proprio questo il punto, Alan. Mi sono già innervosita. Non ho la forza neppure

di discutere.»Lui comprese che era il momento di cedere, se davvero voleva resistere una

settimana con Pamela senza perdere la propria tranquillità mentale. «D’accordo. Ci fermeremo qui per una notte.»

Due minuti più tardi, la ragazza della reception gli consegnava le chiavi del paradiso. «L’ascensore è rotto, ma la vostra stanza è la più bella che abbiamo. All’ultimo piano, terrazzo sul mare e veranda. Sono sicura che ve la spasserete un mondo, lassù.»

Alan si avviò verso le scale senza nemmeno rispondere, ma Pam lo trattenne per un braccio.

«Ho bisogno di comprare qualcosa per cambiarmi» gli ricordò, indicando la vetrina del negozio di articoli da regalo.

Lui non fece la minima resistenza e gli allungò la sua carta di credito. «Ti avevo detto che avrei pagato tutto io e non ho intenzione di rimangiarmi la parola data.»

Pam sorrise un po’ imbarazzata, ma non poteva fare altro che accettare perché aveva con sé solo pochi contanti. Osservò la carta di credito e sorrise. «Alan, per cosa sta la P?»

Rimase in silenzio per qualche secondo e poi sbuffò. «Niente di importante.»

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«Avanti, Alan P. Parish, qual è il tuo secondo nome?» ribadì, incuriosita.«Lascia perdere, d’accordo?» replicò, visibilmente seccato.

«Dev’essere qualcosa di molto strano, se te la prendi così tanto.»Lui abbassò lo sguardo.«Parnell?»Lui alzò gli occhi al cielo. «No.»«Purcell?»«No.»«Prudell?»«Pam.» La guardò fisso negli occhi e la sua voce si fece bassa e minacciosa.

«Adesso basta.»Lei gli fece una smorfia e tornò a concentrarsi sugli acquisti. Non che gli scaffali

offrissero molto. Aveva bisogno di una maglietta e di un paio di pantaloncini, per ora. Poi si fermò davanti all’unico paio di boxer rimasti e lo prese prima ancora di rendersi conto che anche Alan gli aveva già messo sopra la mano. Si ritrovarono coinvolti in una specie di tiro alla fune.

«Non pensavo fossi il tipo da boxer, Alan» lo canzonò Pam.Lui non aveva intenzione di cedere. «Nemmeno io pensavo che tu fossi disposta a

tanto per un paio di boxer da uomo.»«È proprio vero che non mi conosci.»«Io non posso fare a meno della biancheria intima, Pam» protestò lui, cercando di

convincerla a usare la ragione.Pam lasciò andare la scatola all’improvviso. «Allora sono tutti tuoi. Io posso farne a

meno.»Lui spalancò gli occhi e sembrò contrariato dal suo atteggiamento di sfida. «Be’,

magari possiamo trovare un accordo.»

Forse era il timbro della sua voce o la canzone di Elvis che c’era in sottofondo, ma Pam si sentì attratta da Alan e quella sensazione la spaventava più di ogni altra cosa. «Senti, finiamola con queste scenette. Siamo qui in vacanza, giusto?»

Lui annuì rasserenato e si avviò alla cassa. Tutto quello di cui avevano bisogno era lì tra le sue braccia: una maglietta di Elvis, dei pantaloncini, un paio di boxer e una confezione di tatuaggi.

Pam sostenne il suo sguardo interrogativo. «Che cosa c’è di male? Ho sempre sognato di farmi un tatuaggio.»

Cinque minuti più tardi, Pamela si alzò un po’ la gonna. Quella scala sembrava non finire mai e adesso la decisione di dividere una stanza con Alan per una settimana le sembrava una vera follia.

Finalmente raggiunsero la stanza numero 410 e, anche con la porta chiusa, si sentiva il rumore delle onde infrangersi sulla spiaggia. Si sporse di pochi centimetri dalla balaustra del pianerottolo per vedere se riusciva a scorgere l’oceano, ma si sentì afferrare in vita e si ritrovò tra le braccia di Alan. I loro corpi non si erano mai sfiorati in quel modo ed entrambi fecero un passo indietro.

«Non ho nessuna voglia di fare una corsa in ospedale, Pam. Non vedi che quella

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ringhiera è tutta arrugginita?»Lei annuì, stupita che il suo cuore continuasse a battere così forte. Lui le sorrise e

aprì con una leggera pressione la porta della suite Luna di miele. «Potevano mettere almeno una luce lì fuori. Eccoci final...»

Rimasero entrambi a bocca aperta.«Evidentemente hanno conservato tutte le lampadine per l’arredamento della stanza

migliore dell’albergo» osservò Alan con ironia. Al centro della camera c’era un enorme lampadario a forma di candeliere con lampadine di tutti i colori. «O forse questa è la discoteca.»

Pam scoppiò a ridere. «Il letto dev’essere la pista da ballo.» Un gigantesco letto ad acqua troneggiava al centro della stanza, sormontato da uno specchio decorato in finto oro.

«Perlomeno la moquette è nuova» aggiunse Alan. «Ma di che colore è?»Pam scosse il capo. Non aveva mai visto niente del genere, anche se per lavoro

aveva visitato case di tutti i tipi! I mobili erano tutti in stile anni Settanta e dei colori più sgargianti immaginabili. «È molto spazioso e funzionale» osservò, facendo qualche passo verso il terrazzo sul mare.

«Se lo dici tu» ribatté Alan, scettico.«Avanti, Alan. Lasciati andare e sforzati di vivere le cose con un po’ più di

leggerezza. Sembra sempre che tu osservi il mondo dall’alto!»«Che cosa intendi dire?» Non riusciva a capire a cosa alludesse. Quel posto era un

vero orrore e non ci voleva molto per capirlo.«Intendo dire che nella vita non tutto può essere di prima classe e devi imparare a

saperti adattare a quello che ti capita.» Si sfilò le scarpe e si lasciò andare sul materasso ad acqua.

«Credo di sapere sopportare gli imprevisti» osservò lui, sarcastico. «Infatti, sono in questa stanza orribile con te.»

Lei si alzò in piedi. «Sei solo un ragazzino ricco e viziato. Non ti sopporto più.» Si avviò a piedi nudi verso la porta di quella che doveva essere la stanza da bagno. «Wow!»

Una monumentale vasca da bagno rosso rubino dominava il locale dipinto di un rosa vivace.

«Accidenti» osservò Alan alle sue spalle. «Ci mancava proprio questo tocco di classe.» La sua voce era ancora venata di sarcasmo.

«Ma non è l’unica attrattiva del luogo» aggiunse Pam, indicando fuori dalla finestra il balcone illuminato della camera dell’albergo di fronte.

La stanza sembrava essere arredata nello stesso stile della loro, ma quello che più colpiva era la coppia di persone completamente nude sedute al tavolo del terrazzo a cenare. La donna alzò lo sguardo proprio nell’istante in cui Alan si sporse per capire cosa ci fosse di tanto interessante da zittire Pam. Accidenti, li avevano visti e, quello che era peggio, li stavano salutando con la mano!

«Incredibile!» esclamò Alan, chiudendo di scatto le tende a pois blu. «Avranno avuto l’età dei miei genitori.»

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Pam si voltò verso il lavandino, sorridendo. «Non tutte le persone perdono interesse per i piaceri della vita con l’andare dell’età, Alan.» Ricordava ancora i commenti di Meg sulla tiepida passionalità del suo fidanzato. «Ascolta, non ho la forza di buttarti fuori, ma io sto per togliermi questo vestito di dosso e, se non vuoi subire un altro trauma, ti conviene uscire di qui.»

Lui deglutì e si passò la mano tra i capelli, uscendo dal bagno senza dire altro.Pam si immerse nella vasca e sentì la stanchezza di quella giornata svanire. Si

appoggiò al bordo sagomato e si mise a giocherellare con la schiuma da bagno.Alan Parish era l’uomo più antiquato e rigido che avesse mai conosciuto. Era

l’erede dell’impero Parish e probabilmente era stato cresciuto nel segno del buongusto e del senso di responsabilità. Era un pilastro della comunità e di certo non aveva niente da spartire con lei, una dei sobborghi che aveva fatto un po’ di carriera.

Eppure erano lì, due persone completamente diverse catapultate in un’atmosfera surreale. Come avrebbero fatto a sopravvivere per una settimana?

Invitarla al suo viaggio di nozze era stato sicuramente il gesto più impulsivo che Alan doveva aver fatto in tutta la sua vita. A pensarci bene, era l’unico uomo di Savannah che l’avesse portata fuori città senza avere l’intenzione di sedurla. Si poteva rilassare. Poteva godersi quei giorni di sole e assaporare il rapporto assolutamente platonico con l’ex fidanzato della sua migliore amica.

Alan si passò la mano sul volto mentre passeggiava nervosamente avanti e indietro per la stanza. Non avrebbe mai creduto che si potesse essere tanto stanchi e assolutamente svegli al tempo stesso. Il pensiero di Pamela Kaminski completamente nuda nella stanza a fianco lo faceva impazzire.

Si sfilò la giacca dello smoking e si sedette sulla poltrona a forma di labbra davanti al televisore. Era abituato a restare sempre calmo e padrone delle situazioni in cui si trovava, ma quel giorno ben due donne lo avevano fatto diventare matto. Con un sorriso amaro, immaginò che potesse essere una specie di piano segreto e che le due fossero complici.

La fame, oltre alla stanchezza, cominciava ad annebbiargli la mente e decise di chiamare subito la reception per farsi portare qualcosa prima di svenire. «Stanza quattrocentodieci. Senta, è ancora possibile ordinare qualcosa da mangiare? So che la cena di stasera faceva parte della prenotazione. So che siamo arrivati in ritardo, ma... Ah, capisco. Il ristorante ha appena chiuso... Cosa? Un extra per il servizio in camera? D’accordo. Mi porti due bistecche e una bottiglia di vino. La ringrazio molto.» Riappese la cornetta del telefono arancione e sospirò.

Come aveva fatto Linda a trovare un posto del genere? Era meglio non pensare più a tutto quello che era successo nelle ultime ventiquattro ore. Ormai non poteva fare altro che togliersi le scarpe e la camicia e uscire un po’ sul terrazzo a respirare il profumo dell’oceano. La temperatura era ideale e la spiaggia sembrava deliziosa. L’indomani tutto sarebbe stato diverso e più facile.

Lanciò un’occhiata all’orologio e si rese conto che era passata già un’ora da quando Pam si era chiusa in bagno. Si avvicinò esitante alla porta e bussò. «Pam?»

Dietro la porta la sentì muoversi nell’acqua come se si fosse svegliata di

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soprassalto. «Che cosa c’è?»

«Ho ordinato la cena e tra poco sarà qui.»Lei non rispose e Alan si stava già domandando se davvero non ci fosse qualcosa

che non andava quando la porta si aprì di scatto.Pam era proprio davanti a lui, con i capelli bagnati e coperta solo da un piccolo

asciugamano che teneva con le mani sul petto. Il profumo del bagnoschiuma sembrava evaporare direttamente dalla sua pelle e Alan era praticamente senza fiato.

Pam sorrise con dolcezza. «Ho lasciato i miei vestiti puliti qui» disse, indicando la busta con gli acquisti.

Le ginocchia quasi gli tremavano per la tentazione di accarezzarle le spalle e non poteva fare a meno di notare le sue gambe abbronzate, coperte da una miriade di goccioline luccicanti.

«Ricordami di comprare un asciugacapelli.»«C... certo» balbettò lui.Lei si fermò sulla porta del bagno. «Sei sicuro di stare bene?»Alan spalancò gli occh, imbarazzato. «Certo. Sono solo molto stanco e sto morendo

di fame.»Pam tornò sui suoi passi. «Va’ a farti una doccia. Io posso cambiarmi anche qui»

disse, avvicinandosi. «Vedrai che poi ti sentirai meglio.»Lui accettò riconoscente e, senza esitare un istante, si infilò sotto la doccia.Anche sotto al getto dell’acqua fredda continuava a pensare a quello che era

successo circa mezz’ora prima. Qualsiasi altro uomo al suo posto ne avrebbe approfittato immediatamente, avendo una donna come Pamela quasi nuda nella propria stanza. Perché lui non lo aveva fatto? Si massaggiò i muscoli del collo e fece un respiro profondo.

La risposta più ovvia era che Pamela avrebbe accettato gli assalti di chiunque altro, ma non i suoi. Aveva già capito che lei lo considerava un po’ come un fratello maggiore e che non provava per lui nessun tipo di attrazione. Per quale altro motivo se ne sarebbe andata in giro per la stanza con addosso solo un asciugamano? Lei non lo considerava neppure come uomo e quell’atteggiamento lo offendeva profondamente. Probabilmente la super donna Kaminski notava solo gli uomini che le saltavano addosso come furie.

Un leggero ticchettio sul vetro lo fece sussultare. «Alan?»Rimase immobile, incrociando istintivamente le mani sull’inguine.

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Pam rimase a bocca aperta. Aveva visto fisici maschili mediocri e corpi che invece sembravano sculture. Ma chi avrebbe mai pensato che un simile esemplare di bellezza maschile se ne andasse in giro per Savannah sotto il nome di Alan Parish? Spalle larghe e braccia muscolose, stomaco piatto e sodo. Peccato non potere vedere di più...

Dietro il vetro, lui si contorceva per la rabbia. «Pam! Ma nessuno ti ha insegnato a rispettare la riservatezza degli altri?» urlò, imbarazzato.

Pam gli sorrise, sorniona. «Non preoccuparti, Alan. Tu non hai niente che io non abbia già visto. La tua segretaria è al telefono.»

«Linda?» L’aveva chiamata dopo aver preso possesso di quella mostruosità chiamata suite e le aveva lasciato un messaggio urgente. Le aveva detto di occuparsi di tutta quella storia e di trovargli un altro albergo entro l’indomani.

«Dipende... Quante segretarie hai?»«Cosa vuole?»Lei si piantò le mani sui fianchi. Cominciava a perdere la pazienza. «Non lo so,

Alan. Credo fosse solo un po’ sconvolta nel sentire una voce femminile provenire dalla tua stanza, visto che dovresti essere in luna di miele da solo.»

Alan si sporse dal vetro. «Non hai pensato di camuffare un po’ la voce?»«Spiacente, non mi è venuto in mente. Credo, però, che non mi abbia riconosciuta.

La tua reputazione è intatta.»Lui abbassò lo sguardo, passandosi la mano sul mento. «Hai ragione. Non potrebbe

neppure immaginare che tu sia qui con me.»«Chi potrebbe osare tanto?» esclamò lei, seccata.Alan la fissò con aria interrogativa. «Allora?» domandò, sporgendosi dal vetro.«Allora cosa?»«Allora, passami un asciugamano.»Pam sbuffò e ubbidì indispettita, tirandogli la salvietta bianca che era rimasta.Lui l’afferrò al volo e scomparve per trenta secondi nella cabina della doccia.Pam tornò nella stanza da letto, cercando di scacciare la sensazione di nervosismo

che l’assaliva ogni volta che avevano quei battibecchi. Si sedette sulla poltrona di vimini davanti allo specchio e cominciò a pettinarsi i capelli ancora bagnati. Cominciava a capire perché Meg si fosse lamentata del comportamento di Alan nei momenti di intimità. Non le aveva mai rivelato i dettagli, ma cominciava a pensare che lui fosse una di quelle persone con mille tabù e con freni inibitori inattaccabili. Era completamente diverso da tutti gli uomini con cui era stata.

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Il rumore della porta del bagno che si apriva la distolse da quei pensieri e lei osservò in silenzio Alan avvicinarsi al telefono. Si stava pulendo gli occhiali con un angolo dell’asciugamano e sembrava sforzarsi di fingere di non vederla. Ma la postura irrigidita delle sue spalle le fece capire che era ancora irritato per la sua invasione. Si ravviò i capelli bagnati e prese in mano la cornetta, dandole la schiena.

«Ciao, Linda.»Senza lasciarsi intimorire, Pam sfruttò l’occasione per esaminare più attentamente il

suo fisico. Aveva la pelle liscia e luccicante come quella di un nuotatore.«Sei appena tornata dal matrimonio? Dev’essere stata proprio una bella festa.»Aveva la schiena muscolosa e gambe dritte e affusolate.«No, Linda, non devi sentirti in colpa. Sono felice che tu sia andata al matrimonio

di Meg. So che le sei molto affezionata e in fondo credo che per me sia stato meglio così.»

Pam poteva sentire il profumo della sua pelle anche a quella distanza e si domandò se fosse così morbida e compatta come sembrava.

«Be’, diciamo che questo posto non è proprio come me lo ero immaginato.»Ma come aveva fatto a non essersi mai accorta che fosse un uomo tanto attraente?«Che cosa significa che non c’è altra soluzione?»Aveva un fisico praticamente perfetto ed era difficile ammettere di essere così

ammaliata dal fisico scultoreo di Alan Parish.

«La donna che ti ha risposto?» ripeté lui, gettandole una sguardo di sfuggita. «No... niente... Cioè, era la cameriera.»

Pam stava quasi per scoppiare a ridere, ma qualcuno bussò alla porta e lei si affrettò ad aprire. La cena le venne recapitata su un minuscolo vassoio e, passando davanti ad Alan, gli fece capire di tagliare corto.

Lui annuì. «Continua a controllare, Linda, e fammi sapere se trovi qualcosa.»Era già seduta a gambe incrociate sul letto, quando lui la raggiunse sistemandosi sul

lembo estremo del materasso ad acqua. «Allora?» gli domandò, incuriosita.«Cattive notizie.»«Non dirlo a me. Non hanno portato le patatine» osservò, guardando sconsolata il

vassoio.«Linda dice che siamo in alta stagione e che, dal momento che tra poco è San

Valentino, non c’è più nemmeno un posto libero.»«Accidenti! Avevo voglia di patatine.» Afferrò un sandwich e lo addentò con

voracità.«Ci chiamerà in caso di novità» continuò Alan, dando un’occhiata alla cena. «Ma io

avevo ordinato bistecche. Queste non sono bistecche.»«No» disse, deglutendo il boccone. «Però sono davvero ottimi.» Aprì una lattina di

aranciata e riempì uno dei bicchieri di plastica.«E questo non è vino.»Lei lo fissò in viso. «Avevi ordinato del vino?»Alan arrossì. «Sì... Ma solo perché è tutto compreso nel prezzo.»

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«Assaggia questi panini, Alan. Sono deliziosi.»Lui si sistemò gli occhiali sul naso e ubbidì esitante. Masticò lentamente per

qualche istante prima di parlare. «Linda mi ha detto che è stato un bel matrimonio.»Al tono serio della sua voce, Pam smise di sbocconcellare il sandwich e cercò

disperatamente qualcosa di intelligente da dire, senza riuscirci.«Pensavo che Meg mi amasse veramente.» Il tono della sua voce esprimeva una

profonda perplessità.«Certo» lo rassicurò Pam. «Non so quante volte me lo ha ripetuto.»«Allora ha imbrogliato tutti e due.»Lei scosse il capo e gli si avvicinò. «Non è vero. Meg non potrebbe mai prendersi

gioco di qualcuno, neanche volendo. Non è capace di dire bugie. Pensa quanto dev’essere stato difficile per lei prendere questa decisione in poche ore.»

Alan le sorrise con freddezza. «Pam, cerchiamo di non essere ridicoli. Sono io che sono stato piantato all’altare.»

«D’accordo. Ma vorrei che tu capissi che Meg non avrebbe mai voluto farti soffrire.»

Gli occhi azzurri di Alan si immalinconirono. «Credo di aver capito subito che quel David Lowton sarebbe stato un problema.»

Pam pensò con cautela a una risposta. Le faceva tenerezza pensare che Alan fosse stato improvvisamente derubato del suo futuro. «Be’, se vuoi sapere la mia opinione, Meg ha fatto un grosso sbaglio.» Si avvicinò ad Alan e lo strinse in un abbraccio innocente, ma non era preparata all’elettricità che avvertì sotto le dita mentre accarezzava la sua schiena nuda.

Si scostò da lui, abbassando lo sguardo, e per qualche secondo nessuno dei due ebbe il coraggio di parlare.

«Credi davvero che Meg abbia commesso un errore non sposandomi?» riprese lui, guardandola.

Pam sentì lo squillo di mille campanelli d’allarme suonarle nella testa. Nonostante le sue resistenze, la sua mente aveva registrato l’emozione intensa che le aveva dato il contatto fisico con Alan e tutto il suo corpo era in subbuglio. No, stai calma. È solo Alan ed è ancora innamorato perso della tua migliore amica.

Respirò profondamente e si allontanò ancora di più da lui. «Sì, lo credo davvero» disse, cercando di alzarsi. «Guarda che razza di prima notte di nozze si è persa!»

Alan scoppiò a ridere e si guardò intorno. «Qualcosa mi dice che lei non avrebbe mai apprezzato tutto questo. Meg non avrebbe osato neppure sfiorare questo ridicolo materasso.»

«Basta vivere le cose con un po’ di ironia.»«Mi immagino che cosa avrebbe potuto dire della poltrona a forma di labbra.»«Un pezzo raro sul mercato dell’arredamento» osservò Pam in tono professionale.«Su questo letto non avrebbe mai potuto...» Lui smise di ridere e la guardò,

imbarazzato.Pam sogghignò e alzò le spalle. «Forse avrebbe anche potuto sorprenderti: i

materassi ad acqua non sono poi tanto male.»Il sopracciglio di Alan si alzò mentre lui allungava la mano verso un altro sandwich.

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«Sembra quasi che tu stia parlando per esperienza.»

Lei annuì con spontaneità. «È stata la mia prima volta e mi sorprende non avere sviluppato una repulsione per i materassi ad acqua.» Chiuse gli occhi e strinse forte le labbra, scuotendo il capo.

Lui rise di gusto per la smorfia di Pam. «Anche la mia prima volta non è stata un granché. Infatti, ancora oggi non sopporto le scale a chiocciola.»

Questa sì che era una bella sorpresa. «Scale a chiocciola? Tu, Alan?»Non riusciva a capire il perché di tanto sbigottimento. «Fu anche la prima volta che

bevvi del whisky.»«Ah, ecco» osservò lei, rassicurata. «Accidenti, sono solo le dieci e mezza e noi

stiamo già per crollare dal sonno.»«Potremmo vedere un film» propose lui, avvicinandosi al televisore.«Buona idea.» Si sistemò di nuovo sul letto e lasciò che Alan scegliesse la

videocassetta. Si sentiva a disagio per l’attrazione che provava nei suoi confronti e gli era quasi riconoscente per il suo disinteresse. Il pensiero di dormire nella stessa stanza e poi di tornare a Savannah a raccontarlo a Meg era abbastanza inquietante da rendere agguerrito il proprio buonsenso.

Alan si muoveva davanti ai suoi occhi con un’eleganza spontanea. Aveva ancora i capelli bagnati e i boxer scuri che si era infilato esaltavano l’abbronzatura del suo corpo muscoloso.

«Signore, non mi abbandonare proprio adesso» mormorò Pam a denti stretti. «Non permettermi di compiere l’errore più grande della mia vita.»

«Hai detto qualcosa, Pam?»Lei spalancò gli occhi e indietreggiò verso la testata del letto mentre Alan si sedeva

al suo fianco con il telecomando in mano. «No, no... Stavo pensando alle cose che voglio fare domani.»

Lui si voltò a guardarla. «Devi fare acquisti?»«No... cioè, sì. Ma, in realtà, stavo pensando che devo fare una telefonata in città

per controllare una trattativa che ho lasciato in sospeso.» Il che era assolutamente vero, anche se fino a quel preciso istante non ci aveva affatto pensato.

«È una casa in una zona che conosco?»«La villa Sheridan.»Lui emise un fischio di approvazione. «Sarà davvero un bel colpo se riuscirai a

venderla.» «Esatto. Ecco perché devo assolutamente telefonare.»Alan si alzò di nuovo e si sedette per terra davanti al videoregistratore per

sintonizzare meglio il canale. «Ma la villa Sheridan non è quella infestata dai fantasmi?»

Pam sapeva che stava cercando di provocarla. «Ti prego di non parlarmi di questa storia. È la prima volta dopo due anni che ho un acquirente davvero interessato.» E ti prego, smettila di farmi vedere la tua splendida schiena.

Lui tornò a sdraiarsi al suo fianco. «Ecco fatto. Ho trovato una cassetta di X-Files. Ti piace?» domandò, aggrottando leggermente la fronte.

Pam trattenne il fiato nel sentire i loro corpi così vicini, ma si lasciò distrarre dal suo

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telefilm preferito. «Sì, non ti preoccupare. Sono una vera patita di fantascienza.»

«Davvero?» domandò lui, stupito. «Anch’io.»Pam si sentiva più tranquilla e sorrideva ad Alan. «Credi che Mulder e Scully si

metteranno insieme?»Alan scosse vigorosamente il capo. «Spero proprio di no.»«Perché?»«Perché sono già grandi così e forse il sesso potrebbe... Be’, sai cosa intendo.»«Complicherebbe le cose.»«Già. Anche se è innegabile che Mulder impazzisce per Scully» osservò Alan con

un mezzo sorriso. Non poteva fare a meno di percepire la linea morbida e slanciata delle gambe di Pam accanto a sé e dovette combattere contro l’impulso di accarezzarle.

«Lo credi davvero?» gli domandò, attorcigliando una ciocca di capelli biondi sul dito.

«Certo. Lo si capisce dal modo in cui la guarda.»Lei strizzò gli occhi verso lo schermo. «Veramente?»«Sì, e poi non hai notato che quei due invadono continuamente lo spazio vitale

dell’altro?»«In che senso?»«Diciotto centimetri. Solitamente una persona cerca di preservare solo per sé la

zona attorno al proprio corpo in un raggio di diciotto centimetri.» Alan cominciò a tracciare un cerchio immaginario intorno a sé e si fermò constatando che Pamela ne faceva parte. «Questo spazio è riservato per...»

«L’intimità?» domandò in modo completamente ingenuo.Lui annuì. «Oppure per le tastiere.»Pam non riusciva più a seguirlo. «Cosa?»Santo cielo, si sentiva un perfetto idiota. «Già, gran parte di noi ormai passa più

tempo con i computer che con le persone.»Pamela annuì e non riuscì a trattenere uno sbadiglio.Perfetto, Parish. Non solo la tua conversazione la sta facendo crollare dal sonno,

ma probabilmente la starai convincendo che sei uno di quei tipi a cui piace parlare del proprio lavoro anche nei momenti speciali. Aveva intuito che Pam fosse una donna molto disinvolta sul piano sessuale. Era un affronto ancora più grande essere a letto con lei e vederla crollare dal sonno.

Tornò a concentrare la propria attenzione sul film, cercando di prestare attenzione solo allo schermo. La sua luna di miele si stava rivelando più noiosa del previsto e meno eccitante di quello che aveva sperato. Non che avesse invitato Pam per sostituire Meg. Non aveva neppure immaginato di dormire con lei.

Be’, almeno immaginato sì, ma non ci aveva pensato seriamente. Non più di chiunque altro uomo quando, vedendo una bella donna alla televisione, immagina di conoscerla e di diventare il protagonista maschile della sua vita. Per lui, Pamela era sempre stata lontana, inarrivabile, quasi troppo bella.

Si morse le labbra per la frustrazione. Se si fosse mosso appena di pochi centimetri,

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si sarebbe ritrovato sul corpo della donna più sexy e vitale che avesse mai conosciuto. Forse doveva solo osare la prima mossa. Magari lei non aspettava altro che sfilarsi quella maglietta e abbandonarsi tra le sue braccia per tutta la notte.

Per una volta nella vita avrebbe colto l’attimo, senza preoccuparsi troppo delle conseguenze delle sue azioni. Prima di lasciarsi assalire dai dubbi, respirò profondamente e si girò di scatto, ritrovandosi a pochi centimetri dal petto di Pam.

Sentiva il profumo delicato della sua pelle e il ritmo regolare del suo respiro. La guardò in viso e si sentì assalire dal panico.

«Pam» sussurrò, accarezzandole una ciocca dei lunghi capelli biondi.Lei si mosse appena sotto di lui e abbassò le palpebre.«Pam» ripeté un po’ più forte.Lei riaprì gli occhi per un istante e sembrò muovere le labbra come per dire

qualcosa. «Alan» sussurrò.«Sì?»La vide inumidirsi piano le labbra e lui le si avvicinò con l’intenzione di baciarla nel

modo più dolce e seducente che conosceva.Ma lei dischiuse la sua bocca a forma di cuore e cominciò a russare.

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Pam sentiva un forte formicolio alla gamba, tuttavia cercò di ignorarlo, nascondendo la testa sotto al cuscino. Voleva godersi ancora un po’ di sonno, ma il prurito si faceva sempre più intenso e alla fine si arrese e spostò la mano in basso, dandosi una vigorosa grattatina al ginocchio. Quando si rese conto di non averne ricevuto alcun beneficio, spalancò gli occhi e fissò incredula lo specchio appeso al soffitto.

Alan dormiva al suo fianco, stringendola come se fosse un orsacchiotto di peluche formato gigante. Aveva la gamba piegata pesantemente sulla sua e il braccio sotto al suo collo. Riusciva ad avvertire il calore del suo respiro e il profumo della sua pelle. Anche se si sforzava, non riusciva a capire che cosa potesse essere successo. L’ultima cosa che si ricordava della sera prima era che avevano guardato insieme la televisione e che lei, cioè loro... Santo cielo, ma cosa aveva dietro la schiena?

Pam spinse via il braccio di Alan e cercò di fare altrettanto con la gamba, mentre il materasso ad acqua ondeggiava riportandoli ancora più vicini.

«Che cosa succede?» domandò Alan con voce assonnata, sollevando appena la testa dal cuscino.

Aveva gli occhi semichiusi e i suoi occhiali erano rimasti intrappolati tra i capelli arruffati. «Scendi subito da me» sbottò Pam, innervosita. Lui sbadigliò e sembrò non averla neppure sentita. «Alan» ripeté lei, urlando. «Io non sono Meg... Sposta questa dannata gamba dal mio corpo.»

Alan si alzò di scattò e si guardò intorno, confuso. «Pam?»Lei rispose con un sorriso amaro. «Già, mi dispiace darti questa brutta notizia.»Lui non perse altro tempo e si alzò velocemente dal letto mentre Pam non gli

toglieva gli occhi di dosso. Sembrava molto arrabbiata e lui non aveva la minima idea di cosa le passasse per la testa in quel momento. «Hai per caso visto...?»

«I tuoi occhiali? Ce li hai in testa, Einstein» gli rispose, ridendo. Sembrava che avesse dormito in un cespuglio di cactus, a giudicare dalla sua pettinatura. «Spero che ti sia riposato a dovere.»

Lui non capì il perché di quel tono sarcastico. «Come avrei potuto con te che russavi tanto forte da far tremare i vetri alle finestre?»

Come osava trattarla in quel modo?«Cosa? È forse tua abitudine dormire avvinghiato a chi ti è vicino? Non avevi detto

che saresti rimasto sul divano letto?»Alan stava cercando la camicia e non ricordava più dove fosse. «Ci ho provato, ma

non restava aperto.»

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Lei si passò la mano sulla fronte e gettò un’occhiata alla stanza inondata dal sole. «Che ore sono?»

«Quasi le dieci» le rispose, controllando sull’orologio digitale del videoregistratore.Pam sospirò, tornando a sdraiarsi, e si scostò un ciuffo di capelli dal viso. «Tra poco

apriranno i negozi.»«Lascia perdere i negozi e andiamo a mangiare qualcosa al ristorante. Trovata!»

esclamò, raccogliendo la sua camicia dalla poltrona a forma di labbra.«D’accordo» sospirò, stiracchiandosi. «Chissà come sarà il tempo questa

settimana.» Cominciava a rilassarsi e a sentire aria di vacanza.Senza dire un’altra parola, Alan accese il televisore, sintonizzandosi su un

programma di previsioni, e scomparve in pochi secondi dietro alla porta del bagno.Pam lo guardò un po’ stupita. Non capiva perché fosse così brusco con lei, in fondo

era stato lui a chiederle di accompagnarlo. Non era certo un vero gentiluomo, se si comportava così.

Be’, perlomeno sembrava che madre natura avesse messo una buona parola per loro. Il meteorologo stava dicendo che era previsto l’arrivo di aria calda e ci sarebbe stato il sole più bello di tutto l’anno. Febbraio era il momento migliore per venire a Fort Meyers.

Pam si alzò dal letto e si avviò a piedi nudi sulla terrazza. Effettivamente, alla luce del sole, quella stanza era davvero orrenda e la veranda di cui aveva parlato la ragazza della reception aveva le dimensioni di uno scaldabagno. C’era una lunga scala a pioli in legno che portava direttamente sulla spiaggia. Meglio non rischiare la sorte e godersi quel panorama in parte oscurato dall’insegna dell’albergo vicino.

Ma l’aria era fresca e profumata e Pam sentiva che ogni fibra del suo corpo ne stava gioendo con lei. Era felice di avere accettato la proposta di Alan, anche se sapeva che non c’erano le premesse per una settimana di divertimento sfrenato.

Si fregò gli occhi e tornò nella stanza gettando un’occhiata alla porta del bagno. Ovviamente Alan doveva essersi già pentito di averla invitata. Aveva cercato di sostituire Meg e doveva essersi accorto che nessun’altra poteva prendere il posto della donna che amava. Lei era solo un inutile rimpiazzo, ma ormai era lì e aveva promesso a Meg di tenerlo d’occhio. Si sentiva in colpa perché quello che stava succedendo non era esattamente ciò che le aveva chiesto l’amica. Non poteva permettere che una banale attrazione fisica rovinasse i rapporti con la sua migliore amica e trasformasse in un disastro la prima vera vacanza dopo due anni di super lavoro.

Comunque non correva nessun pericolo. Era chiaro che Alan non provava niente nei suoi confronti e quindi non c’era bisogno di preoccuparsi tanto. Doveva solo cercare di non stargli troppo vicino.

Si buttò sul letto sfatto e prese il telefonino dal caricabatterie posato sul comodino. Doveva controllare se la signora Wingate le aveva lasciato un messaggio. Era lei il cliente interessato all’acquisto della villa Sheridan, fantasmi inclusi.

Pam non volle credere alle sue orecchie quando invece udì la voce di Meg registrata dopo il segnale acustico. Fin dalle prime parole, capì subito che era molto

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preoccupata. Aveva saputo di lei e Alan?

Gettò uno sguardo verso la porta del bagno proprio nel momento in cui si aprì. Si parla del diavolo. Ancora una volta non poté non fare caso al fisico prestante di Alan. Le sorrise e lei gli rispose con un cenno della mano, cercando di concentrarsi sul messaggio di Meg.

La sua migliore amica la ringraziava di essersi occupata di Alan il giorno delle sue nozze e le chiedeva di richiamarla a casa di David, anzi, dichiarò Meg in tono solenne, a casa nostra. Pam sapeva che era felice, ma che non riusciva a sopportare l’idea di avere fatto del male ad Alan.

Si sentiva contrariata quando ripose il cellulare. Non era certo colpa di Meg se lei adesso sentiva quegli strani brividi ogni volta che Alan le era vicino. «Meg ha lasciato un messaggio.»

Alan tentò di restare impassibile e fin troppo indifferente. «Che cosa ha detto?»Pam esitò prima di rispondere. «Si chiedeva se ero riuscita a vederti e si domandava

come stavi.»Lui respirò profondamente e, con un movimento secco, fece scrocchiare le dita delle

mani. «Come mai? Non è più un suo problema.»«Lei è preoccupata per te.»«Non rischio certo il suicidio» ribatté lui, seccato.Pam si alzò e si mise le mani sui fianchi. «Non hai bisogno di prendertela con me,

adesso.»«Scusa, non mi sento molto bene.»«Nemmeno io» disse, toccandosi le tempie. Le era tornato quel fastidioso mal di

testa.

Lui si raddolcì. «Non sembrerebbe. Hai un bell’aspetto.»Lei sorrise senza entusiasmo e si avviò verso il bagno. «Sarò pronta in un attimo.»Alan la guardò scomparire dietro la porta con quell’andatura ondeggiante e sensuale

che lo faceva impazzire.«Questa è pura follia» si disse, guardandosi allo specchio appeso sopra al mobile

vicino all’ingresso. Ma di cosa ti preoccupi? Fatti avanti e vedi se ci sta. «Non posso, è la migliore amica della mia ex fidanzata.» Allora è ancora meglio.

Si era cacciato davvero in un bel guaio e sobbalzò nel vedere che Pam aveva mantenuto la sua parola. Era bella come un raggio di sole, con i capelli raccolti in una coda alta.

«Sono pronta» sentenziò con un sorriso.«Anch’io» rispose, picchiettando con la mano sul portafoglio.Lo stomaco di Alan si contorse per il nervosismo quando vide il ristorante

dell’albergo già molto affollato. Teneva Pam per il gomito e, con un cenno, le indicò il tavolo del buffet. «Se tu vai a prendere da mangiare, io vedo se riesco a trovare un tavolo libero.» Lei annuì e lui si avviò tra i tavoli, individuandone uno vicino alla finestra. Proprio nel momento in cui lui si sedeva, arrivò una coppia di persone di mezza età.

L’uomo appoggiò il vassoio, sorridendo con cortesia. «Le spiace?»

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«No di certo. Accomodatevi pure.»«Piacere, siamo il signore e la signora Kessinger» si presentò. «O meglio, io sono

Cheek e questa è Lila.»Alan si presentò e strinse la mano a entrambi. «Sto anch’io aspettando un’altra

persona che dovrebbe raggiungermi.»«Noi veniamo dal Michigan» precisò Lila.«Noi siamo di Savannah» contraccambiò con un sorriso di circostanza. I Kessinger

sembravano essere delle brave persone e intrattennero Alan raccontando come ogni inverno si rifugiassero nel caldo della Florida.

«Eccoti finalmente» li interruppe Pam, cercando di non fare cadere niente dai due vassoi colmi di cibo. Alan l’aiutò ad appoggiarli sul tavolo e la presentò alla coppia che era in sua compagnia. «Salve» li salutò lei, scivolando sulla sua sedia.

Alan osservò le pietanze fritte e ricche di grassi che Pam aveva scelto per entrambi. «Vedo che non ti sei posta il problema di una dieta equilibrata.»

«Mangia» lo zittì lei.Durante la colazione, Lila Kessinger dimostrò di essere un’amabile chiacchierona,

mentre Cheek non sembrava riuscire a distogliere lo sguardo da Pam. Alan era sorpreso di vedere quanto questo gli desse fastidio.

«Siete due sposini?» domandò Lila.Pam lo guardò. «No, siamo...»Lui non sapeva che cosa dire. «Conviventi» improvvisò.

«Amici per la pelle» disse lei all’unisono.«Ah» osservò Lila. «Pensavo foste sposati, dal momento che siete nella suite Luna

di miele.»Alan rimase con la forchetta sospesa a mezz’aria. «Ma come fate a saperlo?»Lila ridacchiò, coprendosi la bocca con il tovagliolo. «Stiamo nell’albergo di fronte,

ma, dal momento che non c’è il ristorante, veniamo a mangiare qui. Vi ricordate? Vi abbiamo salutato con la mano, ieri sera.»

Lui si sforzò di fare mente locale e trasalì quando Pam gli assestò un calcio sotto al tavolo. Uno sguardo alla sua espressione divertita e la memoria tornò: erano la coppia di nudisti! «Ah, scusate, non vi avevo riconosciuto perché...»

«Perché siamo tutti e due miopi» lo interruppe Pam. «Non è vero, Alan?» gli domandò, cercando la sua complicità per togliersi dall’imbarazzo.

«C... certo» balbettò lui. «Infatti non vi abbiamo neppure visto. Davvero ci avete salutato con la mano?»

Lila annuì, raggiante, e Cheek si avvicinò ancora di più a Pam, sull’onda dell’entusiasmo della moglie.

Alan ebbe la prontezza di reagire e guardò ostentatamente l’ora. «Accidenti, si è fatto proprio tardi. Dobbiamo andare.»

«Ma io non ho ancora finito» protestò Pam, senza capire le sue intenzioni.«Forza, Pam. Non vorrei che poi non potessi più fare il bagno» ribadì lui, facendole

l’occhiolino.Ma come riusciva a sopportare le avance di un uomo che poteva essere suo padre?,

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si chiese.

«D’accordo» rispose lei, alzandosi. «È stato un vero piacere fare la vostra conoscenza.»

Alan la prese per il braccio e non diede il tempo ai Kessinger di contraccambiare il saluto.

«Ma si può sapere cosa ti è preso?» gli domandò Pam, furente per quell’atteggiamento maschilista.

«Dovresti ringraziarmi.» Si sentiva quasi offeso dalla sua reazione.«Ringraziarti? E di cosa?»«Quell’uomo sembrava volesse mangiarti con gli occhi.»Pam scoppiò a ridere. «Sei geloso!»«Cosa?» ribatté Alan. «Non essere ridicola!»«Allora spiegami perché te ne sei andato da quel tavolo come se avessi il diavolo

alle calcagna.»Alan girò lo sguardo altrove. Era meglio non darle corda e fare finta di niente.

«Pensavo che volessi andare a fare acquisti.» Era l’unica possibilità che aveva per riuscire a distrarla.

Lei sorrise, felice. «Certo.»«Bene! Allora, per prima cosa, andiamo a vedere che macchina ci ha mandato

l’agenzia di noleggio.»Ritirò le chiavi che qualcuno aveva lasciato alla reception dalla ragazza che accolse

Alan con il più caloroso dei sorrisi. Deve essersi presa una bella cotta, pensò Pam.«Finalmente le cose cominciano a girare nel verso giusto» disse Alan, trionfante. La

prese sottobraccio e così camminarono fino al parcheggio, l’uno accanto all’altro, come se quella fosse la cosa più naturale del mondo. Poi, improvvisamente, lui si fermò e lei per poco non perse l’equilibrio.

«Che cos’è?» Quando Alan le indicò la loro nuova macchina, scoppiò a ridere. «Ehi, ma è una limousine di lusso!»

Lui era rimasto paralizzato con le chiavi in mano. «Come hanno potuto mandarmi un transatlantico del genere?»

«Guarda, Alan. C’è anche il televisore e il mobile bar» osservò Pam, entusiasta.Sento che sto per crollare. «Forza, sbrighiamoci a riportarla indietro. Non è il caso

di girare con una macchina del genere. Solo cambiare una ruota ci costerebbe più di tutta la nostra vacanza.»

Pam sgranò gli occhi e si morse il labbro inferiore. Le si leggeva in viso che era dispiaciuta.

Alan la guardò per un attimo. Era sicuro che lei aveva capito quanto gli piacesse quella bocca da bambina. «E va bene, direi che possiamo tenerla, almeno per oggi.»

Pam si illuminò di nuovo e si affrettò a salire. «Io starò dietro!» Lui avvertì chiaramente lo spostamento d’aria causato dalla portiera che si chiudeva con forza e, quando la raggiunse in auto, lei aveva già trovato il pulsante per abbassare il vetro oscurato che li separava.

«È fantastico!» esclamò, entusiasta.

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Alan spiò il suo volto sorridente dallo specchietto retrovisore e sentì una specie di tuffo al cuore. Nonostante sapesse essere esasperante, l’entusiasmo sfrenato di Pam era contagioso. C’era in lei qualcosa di infantile e di scanzonato, un gusto genuino per le cose semplici della vita, quelle stesse che lui ormai trascurava da anni.

«C’è anche un frigorifero!» esclamò. «Ed è pieno di tartine e olive!»Lui imboccò l’autostrada e sobbalzò quando Pam lo chiamò con l’interfono.«Alan, ti sei mai spogliato su una limousine?»Ci mancò poco che perdesse il controllo dell’auto. «No, credo proprio di no.»«Nemmeno io.»Sebbene la sua ammissione lo avesse sorpreso, non lo diede a vedere. Per un attimo

assaporò il piacere di potere condividere con lei un’esperienza assolutamente nuova per entrambi. Alla fine scacciò a fatica quel pensiero dalla mente e tornò a concentrarsi sulla guida. Un’insegna indicava un centro commerciale e in pochi minuti si ritrovò a cercare un parcheggio, impresa non facile con una macchina lunga più di dieci metri.

Quando alla fine riuscirono a entrare nell’edificio pieno di gente, Alan fu quasi infastidito di sentirsi di nuovo calato nel mondo reale. Tutti i negozi erano affollati all’inverosimile e lui non sopportava la ressa. Sbuffò rumorosamente e Pam lo guardò piena di comprensione.

«Potresti aspettarmi fuori» gli propose, sfiorando appena il suo gomito.Alan scosse il capo. «No, ti ho detto che ti avrei accompagnata ed è mia

responsabilità...»«Guarda che so badare a me stessa!»

Lui indietreggiò al suo improvviso cambio di umore e di atteggiamento. Sembrava offesa. «Lo so che sai badare a te stessa, Pam, ma ti avevo promesso che avrei pagato io tutte le spese di questo viaggio. Tu hai rinunciato al tuo lavoro per stare qui a farmi compagnia e io voglio fare qualcosa per te. Ti assicuro che mi fa piacere.»

Lei si accarezzò il labbro superiore come se stesse soppesando le sue parole. «Credo che questa sia la prima volta che un ragazzo fa qualcosa per me per sentirsi bene.»

Felice che il suo umore si fosse risollevato, Alan incrociò le braccia sul petto e le sorrise. «Forse fino a ora hai frequentato i ragazzi sbagliati.»

Il suo sorrise scomparve e i suoi occhi azzurri fissarono quelli di Alan per un lungo istante. «Forse hai ragione» ammise in un sussurro.

Alan studiò il suo volto e sospirò piano. Quella donna lo stava facendo impazzire. Un minuto prima lo faceva sentire un ragazzino impacciato e subito dopo sembrava che cercasse la sua protezione. Eppure aveva detto chiaramente che era in grado di badare a se stessa e sembrava tenere alla sua indipendenza più di ogni altra cosa.

Strinse le mani ancora più forte intorno ai bicipiti per resistere alla tentazione di accarezzare la ciocca di capelli biondi che le ricadeva sul collo. Aveva voglia di prendere tra le mani quel viso così bello e levigato da sembrare di porcellana, e baciare quella bocca con il labbro superiore leggermente pronunciato.

«Avanti, allora» disse Pam.

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Lui le si avvicinò e, solo quando lei gli girò le spalle, capì che cosa avesse in mente. «In quale negozio vuoi andare per primo?»

«Calzature da uomo.»«Che cosa?»Tre ore più tardi, Alan si lasciò sprofondare sul divano di una boutique mentre Pam

era nel camerino a provare l’ennesimo costume. Divideva quell’isola di riposo con un altro compagno di sventura.

«Compleanno?» gli domandò, evidentemente annoiato.«No.»«Anniversario?» Lo sconosciuto aveva lo sguardo sconsolato di chi cerca

disperatamente qualcuno con cui condividere una tragedia.«In un certo senso, sì.»«Come ti capisco, ragazzo.»Alan sorrise ripensando al viso sorridente e divertito di Pam ogni volta che usciva

dal camerino. «Be’, non è poi così male.»«Oh, mio Dio!» esclamò l’uomo, stupito. «Non dirmi che tu la ami veramente.»«Pam» gridò per togliersi dall’imbarazzo della risposta. «Ho bisogno di mangiare

un boccone. Ti manca ancora molto?»«No, credo di avere trovato quello che cercavo» rispose, uscendo dalle tende di

velluto rosso. «Che cosa ne pensi di questo?»«Santo cielo!» esclamò l’uomo seduto accanto ad Alan.

Alan deglutì, afferrando con forza il bordo del divanetto. La linea di Pamela era perfetta e il bikini giallo oro che aveva indossato rendeva giustizia alle sue forme generose. Alan rimase a bocca aperta senza riuscire a dire niente.

Pam si rabbuiò. «Non ti piace?»Lui trovò la forza di annuire, mentre il suo vicino gli assestava una gomitata così

forte che per poco non lo fece cadere dal divano. «Sei fortunato, amico, la tua donna è la fine del mondo!»

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6

«Non hai freddo?» le domandò Alan per l’undicesima volta.Pamela voltò il capo lentamente verso di lui e, per l’undicesima volta, abbassò gli

occhiali da sole a forma di cuore. «No.»«Avevo pensato che potessi sentire freddo.»«Allora smettila di pensare.» Lei si lasciò andare sul lettino, sistemato a pochi metri

dall’acqua. «E già che ci sei, smetti anche di parlare.»Dopo avere passato tutto il giorno precedente con Alan a fare acquisti e avere

condiviso con lui anche la cena, Pam era sul punto di scoppiare. Avevano discusso per tutta la sera e l’ultimo battibecco era stato perché Alan si rifiutava di dormire sul divano letto dal momento che era rotto. Alla fine l’aveva avuta vinta lei, ma poi lui si era lamentato per tutta la mattina del tremendo mal di schiena che lo stava uccidendo.

Adesso se ne stava zitto già da qualche secondo, ma aveva passato le ultime due ore a farle intuire che quel costume lasciava ben poco all’immaginazione, anche se personalmente non gli interessava.

Pam scosse il capo e cercò di figurarsi come avrebbe reagito se solo Alan avesse provato a sfiorarla.

Non era così sicura che lo avrebbe respinto e non riusciva a capire come potesse anche solo pensare di avere un’avventura con l’ex fidanzato della sua migliore amica.

In fondo, una volta tornati a Savannah, Alan avrebbe rivisto Meg solo per caso, magari a qualche festa di amici. Ma lei era abituata a vedere Meg almeno una volta alla settimana e non aveva nessuna intenzione di mettere a rischio la loro amicizia per una banale storiella nata sotto il sole della Florida.

Era una giornata splendida e, anche se la temperatura dell’acqua non era delle più confortevoli, parecchie persone non avevano resistito alla sua trasparenza.

La spiaggia era molto più affollata di quanto si aspettasse. La musica degli stereo portatili non la infastidiva e il profumo delle lozioni solari si mescolava a quello della salsedine. Un’atmosfera di completo relax, la voglia di assaporare ogni attimo era l’ennesima sorpresa di quel viaggio accanto ad Alan.

Lui era concentrato nella lettura del libro e sembrava spensierato e rilassato. Pam si sentì un’idiota. Lei se ne stava lì a fantasticare in chiave romantica e lui non pensava ad altro che a leggere il suo libro.

«Che cosa c’è, adesso?» le domandò Alan, alzando il capo. «Ti dà fastidio il fatto che respiri? Ho provato a smettere, ma trovo che sia dannoso per la salute.»

Il suo sguardo percorse velocemente il suo petto abbronzato e luccicante di olio solare. Riusciva a vedersi riflessa nelle sue lenti scurite dal sole e si domandò se lui

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riuscisse a intuire che effetto le faceva il suo fisico asciutto e possente. Sapeva che non sarebbe riuscita a controllare la strana confusione che le procurava stargli così vicino e decise di reagire. «Vado a fare due passi.»

Alan chiuse il libro, tenendo il segno con un dito. «Vuoi che ti faccia compagnia?»Lei notò il suo tono poco entusiasta e scosse il capo. «No, grazie.»Pam cominciò a camminare lungo la spiaggia proprio a ridosso dell’acqua. A ogni

passo sentiva gli spruzzi delle onde bagnarle le gambe e le piaceva quella sensazione di totale libertà.

La spiaggia era davvero una delle più grandi e lunghe che avesse mai visto e, anche se c’era parecchia gente, bastava allontanarsi un po’ dalle zone più frequentate per ritrovarsi circondati da un vero paradiso di tranquillità. Pam respirò profondamente l’aria profumata e pensò che nulla potesse liberarle la mente meglio di una passeggiata solitaria in riva all’oceano.

Mentre camminava, sola con i suoi pensieri, più di un uomo le era passato accanto facendo jogging e più di uno le aveva sorriso con un certo interesse. Un modo per togliersi dalla testa la stupida infatuazione per Alan era trovarsi un diversivo. Per esempio, il ragazzo che l’aveva appena superata non era niente male e assomigliava vagamente a Robert Redford. Si era addirittura girato a guardarla e le aveva sorriso, squadrandola dalla testa ai piedi. Ma lei non aveva avuto la prontezza di rispondergli, anche solo con un cenno, e lui se ne era andato senza insistere.

«Non mi dire che sei da sola» le disse una voce alle sue spalle dall’accento vagamente esotico.

Stupita, Pam si voltò e si ritrovò a guardare un paio di occhi neri scintillanti. Lo sconosciuto che le stava davanti doveva essere sudamericano o spagnolo, perché aveva l’aspetto di un appassionato ballerino di tango. Era un vero schianto, proprio il suo tipo.

«A dire la verità... sì. Almeno in questo momento.» Tutto sommato, era meglio mantenere un minimo di distanza.

L’uomo le tese la mano, abbronzata e affusolata come quella di un pianista. Portava al dito un anello con piccoli brillanti, a forma di ferro di cavallo. «Enrico.»

Pamela sorrise e contraccambiò la sua stretta. «Pamela.»«Ah, Pamela. Vivi a Fort Meyers o sei qui solo in vacanza?»«Sono in vacanza.»«Allora devi essere appena arrivata. Non avrei potuto non notare una ragazza così

bella» le disse Enrico, accarezzandole piano la mano.«Sono arrivata da Savannah l’altro ieri.»«Allora sei una preziosa bellezza del Sud.»«Già» ammise Pam, sottraendo la mano alla sua stretta. «E tu di dove sei?»«Sono nato in Messico, ma vivo negli Stati Uniti da parecchi anni, ormai.»«Qui a Fort Meyers?»«No, sono anch’io qui in vacanza.» Le si avvicinò e abbassò la voce fino a farla

diventare un sussurro. «Cominciavo anche ad annoiarmi un po’.»Strano. Mentre lui la guardava intensamente negli occhi, Pam non sentiva altro se

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non una profonda indifferenza. Niente brividi né emozioni. «Scusa, ma adesso vorrei continuare la mia passeggiata» disse in maniera cortese, cominciando ad allontanarsi da lui di qualche passo. «Sono contenta di averti conosciuto, Enrico.»

Lui sorrise e sembrava quasi volerla spogliare con gli occhi. «Alla prossima, Pamela.»

Pam contraccambiò con un sorriso incerto e si affrettò ad allontanarsi. Tutto sommato, era meglio starsene da sola e godersi il panorama senza troppe complicazioni.

Un gruppo di surfisti era uscito in mare e sembrava divertirsi un mondo tra vento e acqua. Doveva essere proprio eccitante e, chissà, prima di andarsene avrebbe potuto anche cimentarsi con una tavola da surf. Doveva trovare qualcosa per riempire il tempo da lì a domenica, altrimenti quegli stupidi pensieri su lei e Alan insieme sarebbero tornati. Qualsiasi cosa andava bene pur di tenerlo lontano dalla sua mente.

Qualsiasi cosa tranne Enrico. Le erano bastati pochi secondi per capire che proprio non le andava a genio. Non le piacevano gli uomini che considerano le donne alla stregua di un branco di prede da assalire e conquistare. La seduzione era un gioco e a Pam piaceva potere fare la propria parte.

Mentre tornava sui propri passi, si rese conto di provare una specie di lieve euforia al pensiero di rivedere Alan. Ma com’era possibile? Intravedeva la sua sagoma in lontananza e accanto a lui c’era qualcuno. Più si avvicinava, più capiva che non c’erano dubbi.

Pam si sentì assalire da un’assurda fitta di gelosia e cercò di controllarsi. La donna vicino ad Alan era snella ed elegante, con un enorme cappello di paglia sul capo. Le ricordava un po’ Meg: alta, composta e molto posata. Si capiva da come si muoveva. Quella brunetta era esattamente il tipo di Alan, e Pam si domandò se facesse bene a disturbarli proprio adesso.

Forse poteva interromperli solo il tempo necessario per prendere la crema protettiva e poi sarebbe andata a fare un’altra passeggiata. Se era fortunata, avrebbe potuto incontrare di nuovo il sosia di Robert Redford.

Alan sorrideva ed era chiaro che fosse perfettamente a suo agio. Tra la musica e le chiacchiere degli altri bagnanti, riuscì a distinguere anche qualche parola di quello che stava dicendo. «Compagnie informatiche... Il fattore di produttività... Un problema di automatizzazione...»

La ragazza sembrava pendere dalle sue labbra e annuiva convinta a ogni sua parola. Sembrava anche in grado di rispondere in modo sensato. «È certamente nel segno di un miglioramento... L’accessibilità del software... I nuovi meccanismi di rete...»

Oh, santo cielo, è anche lei un robot! Com’era possibile che Alan fosse riuscito a trovare una donna come lui su una spiaggia con centinaia di persone? Pam sospirò. Forse per lo stesso motivo per cui Enrico era riuscito a trovare lei. Affinità di carattere e di passioni. Se Alan era impegnato, forse sarebbe riuscito a toglierselo dalla testa.

«Salve» esordì briosa, per attirare l’attenzione della coppia computerizzata.

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«Ciao, Pam» rispose Alan, sorpreso di rivederla.«Non fate caso a me» li rassicurò. «Prendo solo la crema protettiva e me ne vado.»«Questa è Robin» disse Alan, indicando la donna che, alla vista di Pamela, aveva

contratto le labbra in una smorfia aristocratica.«Piacere di conoscerti, Robin. Hai un bellissimo cappello.» Che cos’altro poteva

dirle?«Ti ringrazio» replicò Robin con solennità e si voltò verso Alan. «Credo che sia

meglio che me ne vada.»«Non fate caso a me. Io ho in programma una bella passeggiata.» Non voleva

disturbare la loro interessantissima discussione.«No, non ti preoccupare» la tranquillizzò Robin. «I miei amici del club si staranno

chiedendo che fine ho fatto.» Sorrise ad Alan con uno sguardo piuttosto eloquente. «Spero di rivederti presto.»

Alan sembrava impacciato e Pam pensò di dargli una mano. «Sono sicura che anche Alan sarà felice di rivederti. Resterà qui fino a domenica.» Si avvicinò a Robin e abbassò un po’ la voce come se dovesse confidarle un segreto. «È libero e disponibile.»

Robin sorrise imbarazzata e guardò Alan senza capire cosa stesse succedendo. «Ma, scusa... tu chi sei?»

Alan si coprì il volto con le mani e scosse la testa, affranto.«Sono sua sorella.»«Oh, capisco... Be’, felice di avere fatto la tua conoscenza» ribatté Robin, sollevata.

«Ci vediamo più tardi, Alan.»«Ci vediamo più tardi» ripeté Pam, cercando di imitare il tono di voce vellutato di

Robin.

«Ma cosa ti prende?» le domandò Alan con le braccia conserte sul petto e il viso segnato da un’espressione severa. «Perché le hai detto che siamo fratelli?»

Pam sbuffò. «Be’, che c’è di male? Perché non dovrebbe crederci?»«Rinuncio a capire la tua logica.» Lasciò andare le mani sui fianchi e tornò a

sedersi.Pam si mise al suo fianco e cominciò a spalmarsi la crema. Alan aveva già ripreso la

sua lettura e lei era curiosa di sapere quale autore lo coinvolgesse tanto. «Ah, Isaac Asimov! È il mio scrittore preferito.»

Lui alzò lo sguardo. «Hai letto tutta la serie?»Pam annuì, entusiasta. «Certo! La parte migliore del libro che stai leggendo tu è

quando scoprono che l’invasione è organizzata dal bambino che in realtà si rivela essere un alieno.»

Lui lasciò andare la testa sulla sdraio e chiuse il libro. «Suppongo che questo sia il finale.»

Pam si morse le labbra. «Già.»Alan si alzò e si passò la mano tra i capelli. «Adesso sono io che vado a fare due

passi.»Pam lo guardò allontanarsi, ammirando la sua camminata disinvolta e seducente.

Non era certo l’unica a notare la prestanza fisica di Alan, visto che più di una donna

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si era voltata a guardarlo. Forse avrebbe finito per incontrare di nuovo Robin, la donna computer. Pam sbuffò e decise che era meglio trovare qualcosa per distrarsi un po’ e smetterla di pensare ad Alan e alle sue conquiste.

Immerse la mano nella borsa che aveva appeso all’ombrellone ed estrasse il cellulare. Doveva assolutamente lasciare un messaggio a Marsha Wingate, se non voleva che tutto l’affare andasse in fumo.

Il telefono suonò a lungo e alla fine scattò la segreteria. «Sono Marsha Wingate e, se non è più che urgente, vi prego di non lasciare alcun messaggio. Lasciamo fare al destino e vedrete che ci rivedremo. Se sei Sara, tesoro mio, le previsioni del tempo sono terribili per questo finesettimana, per cui preferirei che non andassi in campeggio. Se sei Lew, ricordati di fare una telefonata anche a tuo padre quando hai bisogno di soldi. Se sei Pamela, sono passata davanti alla villa Sheridan ieri sera a mezzanotte e non mi ha fatto un bell’effetto. Ho deciso che chiederò il consulto di un veggente mio amico, che dovrebbe arrivare domani da Atlanta. A presto.»

Dopo il segnale acustico, Pam lasciò un messaggio alla signora Wingate per avvisarla che sarebbe rimasta fuori città per qualche giorno, ma che comunque era raggiungibile sul cellulare se avesse deciso di concludere l’affare.

Risolte le questioni di lavoro, ce n’era un’altra da sistemare e ben più imbarazzante. Doveva telefonare a Meg e sapeva che non poteva più rimandare. Selezionò il numero e, mentre aspettava che qualcuno rispondesse, fissò il mare azzurro più del cielo.

«Chi è?» domandò una vocina all’altro capo del filo.Pam sorrise. Si era quasi dimenticata che Meg non si era solo sposata, ma era

diventata anche mamma. «Potrei parlare con Margaret, per favore?»

«Mamma Meg?»Che strano sentirlo dire da quella vocina. Era il bambino più piccolo di David. «Sì,

chiamami la mamma, per favore.»Si sentì un po’ di trambusto e poi un rumore sordo seguito da un pianto disperato.

«Pronto, sono Jamie Lowton. Chi desidera?»Doveva essere la figlia di mezzo. «Vorrei parlare con Margaret.»«Perché?»Pam respirò profondamente e cercò di mantenere un tono di voce rassicurante.

«Sono una sua amica.» Ancora una volta sentì che stava succedendo qualcosa. L’ennesima lotta per il possesso della cornetta e, come sempre, vinse il fratello maggiore, Dan. «Vorrei parlare con Margaret» ripeté Pam, sperando di avere trovato un interlocutore disposto ad accontentarla.

«Posso chiedere chi parla?»«Sono un’amica, Pamela.»«In questo momento è occupata.»Pam si passò la mano sulla fronte. Non sapeva più se stava sudando per il sole a

picco o per gli scatti del telefono. «Ascolta, sto chiamando da fuori città. Sei sicuro che non possa venire al telefono?»

«Lei e mio padre stanno saltando sul letto.»

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Pam si morse le labbra, annuendo tra sé e sé. In quale altro posto potevano essere? Prima che riuscisse a trovare una risposta adatta, riconobbe la voce di Meg. «Pronto?» domandò senza fiato.

«Santo cielo, Meg, non potevi aspettare che i bambini andassero a letto?»

Meg scoppiò a ridere. «Pam! Non è quello che pensi. David e io stavamo provando le doghe nuove del letto.»

«Non sapevo che adesso si dicesse così» ribatté Pam, quasi infastidita dal suo buonumore. Si capiva dal tono della voce che era euforica.

«Ho chiamato il tuo ufficio, questa mattina, e mi hanno detto che eri fuori città. Lasciami indovinare, Pam, sei con Nick il nottambulo?»

Pam rabbrividì. «No.»«Dale il delicato?»«No» ripeté, mordendosi il labbro superiore.«Oh, allora si tratta di qualcuno che non conosco?»Pam respirò profondamente e si fece coraggio. «Sono a Fort Meyers con Alan.»«Come, scusa? Aspetta un attimo.» Meg coprì la cornetta con una mano e richiamò

i bambini all’ordine con un sonoro fischio. «Scusami, che cosa stavi dicendo?»Pam deglutì. «Sono a Fort Meyers con Alan.»«Sei a Fort Meyers con Alan?» domandò Meg, incredula.Il cuore le batteva forte e avrebbe tanto voluto sprofondare nella sabbia. «Aveva

deciso di partire comunque e io gli ho dato un passaggio in aeroporto. Così poi lui mi ha chiesto di fargli compagnia e, siccome mi sembrava davvero disperato e anch’io avevo bisogno di concedermi una vacan...»

«Pam» la interruppe Meg con la voce tremante, «sei la migliore amica che io abbia mai avuto.»

Era davvero imbarazzata e non era sicura di avere afferrato il senso delle parole di Meg. «Lo credi davvero?»

«Ero molto preoccupata per Alan e, adesso che scopro che ci sei tu a prenderti cura di lui, mi sento più tranquilla. Come sta?»

Pam esitò a rispondere ripensando agli strani pensieri che aveva avuto riguardo all’ex fidanzato della sua migliore amica. «È un po’ depresso, ma credo che sia normale, vista la situazione» commentò.

«Dev’essere stata una bella botta anche per il suo orgoglio» commentò Meg, pensierosa. «Mi sento in colpa per averlo fatto soffrire così. Non potresti cercare di risollevargli un po’ il morale? Magari potreste andare a ballare o fare insieme qualcosa di divertente.»

Le mani di Pam erano così sudate che a fatica riusciva a tenere saldo il telefono. Si sforzò di sorridere e di essere naturale. «Ecco, non credo che le parole Alan e divertimento possano essere accostate con tanta facilità, ma ci proverò.»

«Fai in modo che si rilassi un po’» continuò Meg. «Forse incontrerà proprio lì la sua vera anima gemella o perlomeno potrebbe avere un flirt sotto il sole, giusto per distrarsi un po’.»

«Sicuramente è il tipo che attira l’attenzione femminile» commentò Pam con

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schiettezza.«Bene. Perlomeno Alan realizzerà che non eravamo fatti l’uno per l’altro e che il

nostro matrimonio non avrebbe mai potuto funzionare.»Le parole di Meg la fecero sentire più tranquilla. «A proposito, com’è la tua vita

matrimoniale?»«Bella e caotica» dichiarò senza ombra di dubbio. «Accidenti, scusami, Pam, adesso

devo proprio andare. Sei la mia salvezza! A presto.»

Pam rimase immobile per qualche secondo. Sei la mia salvezza? Sarebbe stato meglio dire traditrice, con tutto quello che aveva pensato a proposito di sé e Alan. Cominciava a credere che avesse commesso un grosso errore a immischiarsi in tutta quella faccenda.

«Che cosa c’è che non va?» domandò Alan, sedendosi sulla sdraio al suo fianco. «Hai ricevuto una telefonata di protesta dal ristorante perché hai mangiato troppi cibi fritti?»

Lei fece una smorfia. «No, ho parlato con Meg» rispose.Lui si zittì e solo a denti stretti trovò il coraggio di chiederle: «Intendi dire... quella

Meg?».«Già.»Alan lasciò andare il capo sul bordo della sdraio e Pam sentì una stretta al cuore nel

vedere il suo viso rattristato. «E come sta la coppia di sposini?»«Molto occupata, a giudicare dal rumore di bambini in sottofondo.»«Le hai detto dove siamo?»Pam si guardò le unghie. «Sì, e mi è sembrata sollevata.»Lui sbuffò, indignato. «Perché non mi sono ancora ucciso?»«Be’, non ha usato esattamente queste parole.»«Solo perché non ne ha il coraggio.» Il gesto di Meg aveva davvero ferito il suo

orgoglio.«Credo che lei sia molto dispiaciuta per quello che è successo, Alan.»

A lui sfuggì un sospiro stizzito. «Preferirei non parlarne.»«Perfetto» replicò, altrettanto desiderosa di non affrontare l’argomento. Guardò

verso l’acqua e all’orizzonte notò i windsurf, piccole barche a vela e moto d’acqua. Proprio in quel momento, il bagnino stava facendo le offerte della giornata.

«Affittate una moto d’acqua per un’ora o mezz’ora e scoprirete cosa significa giocare con il mare.» La sua voce era amplificata dal megafono.

«Avanti, diamoci una mossa» disse Pam, alzandosi dal lettino.«Cosa?» le domandò Alan. Cercava di guardarla negli occhi, ma la luce accecante

del sole non glielo permetteva.«Affittiamo una moto d’acqua.» Sembrava non essere disposta a discuterne.«Mi sembra un po’ pericoloso.»«Sai nuotare?»«Certo» rispose lui, quasi offeso.«Allora, andiamo. Per una volta nella vita, accetta il rischio, Alan.»Lui si alzò lentamente e la guardò diritto negli occhi. «Io adoro il rischio.»

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«Oh, certo, Alan» ribatté lei senza lasciarsi intimidire. «Sei un vero avventuriero.»Alan serrò i denti. Pam era la donna più irritante che avesse mai conosciuto!

Doveva trovare un modo per sorprenderla e lasciarla a bocca aperta. La osservò mentre camminava sulla sabbia qualche metro davanti a lui e non poté non notare le curve morbide dei suoi fianchi e la perfezione quasi assoluta delle sue gambe. Era la fine del mondo ed era davvero difficile resistere alla tentazione di abbracciarla, avvolta solo da un microscopico bikini color oro.

La bellezza di Pam non doveva essere sfuggita neppure al ragazzo del noleggio, perché, mentre le consegnava tutta l’attrezzatura necessaria, non le aveva tolto gli occhi di dosso per un solo istante e ad Alan non rimase che pagare.

Si infilarono la tuta e ascoltarono con attenzione le raccomandazioni del bagnino prima di raggiungere la moto sul piccolo molo.

«Guido io» sentenziò Pam, salendo per prima a cavalcioni.Alan rabbrividì nel sentire la temperatura gelida dell’acqua. «Sei sicura che sarà

divertente?» Salì alle spalle di Pam e cercò subito la maniglia dove attaccarsi.Lei rispose avviando il motore e facendo subito una bella curva a pelo d’acqua per

allontanarsi dal porticciolo. «Tieniti forte!»Alan ubbidì e respirò profondamente l’aria dell’oceano. «Ma lo hai mai fatto

prima?» urlò nel vento.«Non riesco neppure a ricordarmi quante volte» gli rispose, cercando di scostare dal

viso la ciocca di capelli che le impediva di vedere.Guidava sempre più veloce, saltando sulla cresta delle onde e atterrando tra spruzzi

altissimi e gelidi. Alan era appeso dietro di lei e riusciva appena a essere partecipe dell’entusiasmo che lei invece dimostrava con delle grida euforiche.

All’improvviso si ritrovarono in cima a un’onda particolarmente alta e, per qualche istante, fu come se stessero volando. Pam rideva felice e anche a lui sembrò di vivere un’avventura fantastica.

Pam guidava sempre più veloce e, a un tratto, tagliò un’onda più alta delle altre. Alan sentiva che qualcosa di poco piacevole stava per succedere. Si aggrappò a Pam con l’idea che in quel modo potesse proteggerla dalla caduta.

La moto ricadde pesantemente sull’acqua e, nel giro di pochi secondi, Alan si sentì avvolgere dalle onde.

Quando finalmente riuscì a riemergere, di Pam non c’era più alcuna traccia.

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Il cuore di Alan batteva all’impazzata e gli era quasi impossibile controllare la paura. «Pam! Pam, dove sei?» urlò con tutto il fiato che aveva in gola. Gli sembrava di nuotare intorno a quella moto d’acqua ormai da ore invece che da pochi secondi e non riusciva a capire cosa potesse esserle successo. Forse aveva battuto la testa sulla moto e aveva perso i sensi. Doveva trovarla prima che fosse troppo tardi. Se le fosse successo qualcosa, non se lo sarebbe mai perdonato.

«Accidenti a me!»Alan rialzò la testa dall’acqua e sorrise sollevato nel sentire la voce di Pam alle sue

spalle. Era aggrappata dall’altra parte della moto e tossiva rumorosamente.Quando le fu vicino, vide i suoi splendidi occhi azzurri fissarlo increduli. «Avevi

intenzione di uccidermi?» gli domandò, tossendo ancora.«Cosa? Eri tu che correvi come una pazza e che facevi manovre da kamikaze.»«Se tu fossi stato un po’ più rilassato, invece di stringerti a me come una specie di

piovra, non sarebbe successo niente.» Si tirò indietro i capelli bagnati che le ricadevano sul volto e il riflesso dell’acqua rese il suo sguardo limpido ancora più luminoso.

«Ne sei proprio convinta?» ribatté lui, sarcastico.«Certo! E la prossima volta che deciderò di fare qualcosa del genere ti lascerò sulla

spiaggia con il tuo libro.» Gli rivolse un sorriso tagliente e si avvicinò al manubrio.Alan non credeva ai propri occhi. La spavalderia di quella donna aveva veramente

dell’incredibile. Fino a pochi istanti prima avrebbe dato qualsiasi cosa pur di ritrovarla viva e adesso lei lo accusava di essere un piantagrane e di averle guastato il divertimento. «Aspetta un attimo» le disse, prendendola per un braccio. «Adesso guido io.»

«Neanche per sogno» replicò Pam. Non aveva nessuna intenzione di cedere.Lui prese il suo viso tra le mani e le rivolse uno sguardo fermo. «Guido io.»I suoi occhi si spalancarono sorpresi e la sua bocca si socchiuse, ma senza che lei

riuscisse a trovare qualcosa da dire. Una goccia d’acqua scivolò lungo il suo viso e Alan si meravigliò ancora una volta della levigatezza della sua pelle. Avrebbe voluto avere il coraggio di baciarla, ma sapeva che Pam lo avrebbe respinto. La lasciò andare e si aggrappò al manubrio della moto per riuscire a sedersi al posto di guida. Solo allora le offrì la mano per aiutarla a salire, ma Pam gli fece una boccaccia e, dopo alcuni sforzi, riuscì a posizionarsi alle sue spalle.

«Non pensavo che avessi la testa così dura» osservò lui, ridendo a denti stretti.«E io non credevo che tu avessi così poca pazienza» ribatté lei, mentre si sistemava

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sul sedile.

«Con Meg non ne ho mai avuto bisogno.» Non appena pronunciò quelle parole, si pentì di avere nominato la sua ex fidanzata.

Ma Pamela si strinse a lui con leggerezza e gli posò la testa sulla spalla. «Ma io non sono lei. Lo sai questo, vero?»

Alan riusciva a sentire il suo respiro e quella frase gli rimbombò nelle orecchie come una dolce cantilena. Io non sono lei. Certo che no! Io non sono lei. Lo sai questo, vero? Sì. E doveva ammettere che era da molto tempo che non si divertiva tanto e che era felice che Pam... fosse solo Pam.

Si voltò appena e le sorrise sereno. «Tieniti forte.» Diede gas e Pam strillò di gioia nel vedere che la sua andatura non era certo quella di un pauroso principiante. Si teneva stretta a lui e, ogni onda che incontravano a quella velocità, era una sfida alle leggi della fisica e dell’aerodinamica.

Alan stesso era sorpreso dalla sua spavalderia, ma sentiva l’adrenalina scorrere nelle vene e l’eccitazione della velocità si univa a quella di sentire il corpo di Pamela così vicino al suo.

Passò quasi un’ora prima che si decidesse a dirigere la moto verso la riva e, quando finalmente spense il motore, si sentì felice e spensierato. Aveva solo una fame da lupi!

«Ti sei divertito, allora?» gli domandò Pam, appoggiando il mento sulla sua spalla.Per un attimo, Alan ebbe la tentazione di mentirle. Aveva la sensazione che

confessare il suo benessere non fosse una buona idea. Ma nelle ultime due ore aveva riso come un bambino e gli sembrava assurdo non dire la verità. «Sì, e ti ringrazio per avermi distratto dai miei pensieri. Sai a cosa mi riferisco.»

«Non è a questo che servono gli amici?» In fondo, Pam aveva promesso a Meg che avrebbe fatto in modo che Alan si divertisse e questo non significava che lei dovesse annoiarsi. Eppure si sentiva quasi in colpa per l’euforia che aveva vissuto quel pomeriggio e non riusciva ancora a spiegarsi perché avesse tenuto Alan così stretto.

«Potremmo noleggiare questo affare anche domani» suggerì Alan, voltandosi indietro. Per un attimo, le loro labbra furono vicinissime.

«Certo» ribatté lei, facendo finta di nulla. «Potresti anche portarci Robin.»«Chi?»«Accidenti, abbiamo la memoria corta. Non ti ricordi più? La tua amica della

spiaggia... quella tutta eleganza e intelligenza.»«E come fai a sapere che è intelligente?»«Effettivamente, non è detto che tutti coloro che si occupano di computer siano dei

cervelloni. Allora, lei non è intelligente?»«No, al contrario» ribatté lui, notando qualcosa di simile alla gelosia nella sua voce.

«Ma non credo si possa dire che una persona è intelligente solo perché parla di computer.»

«Credo che tu ti sia preso una bella insolazione.» La innervosiva il tono pacato della sua voce.

Alan rise per la sua reazione e scese dalla moto saltando sul molo. «Forse è per

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colpa del riflesso del tuo costume.»

Lei lo seguì senza replicare e, quando fu sulla terraferma, si rese conto di essere esausta.

Mentre camminavano sulla spiaggia, Pam si accorse di avere scoperto un lato di Alan che non aveva mai visto prima. La gita in moto aveva rivelato la sua spontaneità e la sua gioia di vivere. Era una persona piacevole e divertente, per non parlare del suo fisico. Tutte le ragazze che passavano davanti al loro ombrellone non riuscivano a resistere alla tentazione di guardarlo con fare ammiccante. Era sdraiato sul lettino e la sua pelle liscia e bagnata luccicava al sole.

Lo osservò anche lei, convinta che si fosse addormentato. Il suo petto possente e ampio si muoveva a un ritmo regolare e lei quasi si spaventò quando lui aprì gli occhi e le sorrise. «Domani potresti cercare un altro costume» disse, stiracchiandosi.

«Perché?»«Non che mi dispiaccia, ma non vorrei che quei ragazzi laggiù cercassero di farmi

fuori per avere via libera con te.»A qualche metro da loro, tre surfisti non le toglievano gli occhi di dosso, ma quello

che la stuzzicava di più era l’idea che qualcuno potesse pensare a lei e Alan come a una coppia.

Sorrise maliziosamente e si alzò con movimenti lenti ed eleganti come quelli di un felino. «Allora faresti meglio a non lasciarmi da sola neppure adesso che vado a bere qualcosa di fresco al bar.»

Alan si voltò verso i tre ragazzi e decise che era meglio seguirla. «Be’, anch’io ho sete» disse.

Pam era sorpresa. «Credo che dovresti stare un po’ all’ombra.»Alan si guardò la pelle arrossata sul petto. «Effettivamente mi sento strano.»«Visto? E stasera sarà anche peggio» osservò lei, critica.Lui si avvicinò e le sorrise. «Perché? Cosa dovrebbe succedere?»Pam sentì il cuore batterle forte e comprese che anche Alan sentiva la forte

attrazione fisica che c’era tra loro. Avvertiva il modo intenso con cui la guardava e aveva la sensazione che, da vero gentiluomo, aspettasse un suo segnale per fare la prima mossa. Avevano raggiunto quel punto critico per cui ogni parola che veniva detta poteva essere intesa come un’allusione a quello che sarebbe potuto succedere se uno dei due avesse perso il controllo. Alan era ancora ferito dal comportamento di Meg ed era nell’ottica di gettarsi in un’avventura senza importanza solo per liberarsi del suo ricordo. Era compito di Pam non permettere che questo avvenisse proprio con lei, che era la migliore amica di Meg.

Si schiarì la voce, ignorando il suo sguardo allusivo. «Intendo dire che le scottature si fanno sentire di più al tramonto del sole, perché la temperatura del corpo scende di qualche grado.» Indietreggiò di qualche passo e si ravviò i capelli. «È meglio che tu stia un po’ all’ombra. Ti porterò io qualcosa di fresco da bere.»

Si avviò velocemente verso il bar senza lasciare ad Alan il tempo di insistere. Era felice di avere trovato una scusa per allontanarsi dal magnetismo che sembrava sprigionarsi dai loro corpi quando erano così vicini. Doveva resistere solo per altri

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quattro giorni e poi avrebbe trovato un modo per dimenticarsi di Alan P. Parish.

Il bar era una capanna di bambù costruita sulla parte più interna e fresca della spiaggia. I tavolini erano tutti occupati e nell’aria si diffondeva una musica allegra e orecchiabile in perfetto stile vacanziero. Pam si avvicinò al bancone e ordinò da bere.

«Pamela, ci incontriamo di nuovo.» Una voce calda e seducente la chiamò e non le ci volle molto a capire che si trattava di Enrico. Non si poteva certo dire che non fosse un uomo di bell’aspetto, dai classici tratti latini.

«Direi di sì» rispose con un sorriso stentato. Nonostante tutto, le era indifferente.«Ti sei divertita, questo pomeriggio?» Enrico si sedette sullo sgabello accanto al suo

e Pam notò i suoi movimenti sicuri e spavaldi. Aveva l’atteggiamento audace dell’uomo che sa di essere bello e lei non poté non confrontarlo con quello più riservato di Alan. Si morse il labbro, rendendosi conto a chi andassero le sue preferenze.

«Sì» rispose, sorridendo al barista che le aveva servito due lattine di birra.«Hai deciso di offrirmi qualcosa da bere?» le domandò, guardandola con occhi

scintillanti.«È per un mio amico.»«Un amico?»Pam annuì, senza capire a cosa alludesse Enrico.

Si passò una mano tra i capelli neri e appoggiò il gomito sul bancone. «E questo tuo amico è geloso?»

Pam strinse le labbra, imbarazzata. «Non lo so.»Enrico scosse il capo in segno di disapprovazione. «Che stupido! Se tu fossi la mia

ragazza, io non ti lascerei mai andare... Ehi!» Si sbilanciò sullo sgabello e per poco il braccio muscoloso che si frappose tra loro non lo fece cadere.

Pam si voltò e rimase senza fiato nel vedere Alan alle sue spalle con un sorriso stampato in viso.

«Avevo troppa sete» disse, afferrando una lattina.Pam sentì la rabbia accenderle il viso. Come si era permesso di seguirla proprio

quando lei si stava sforzando di toglierselo dalla testa? «Che cosa ci fai qui?»Alan lanciò un’occhiata a Enrico e poi la guardò negli occhi. «Questo tizio ti sta

dando fastidio?»«No!» rispose lei, offesa.«Scusatemi.» Enrico era evidentemente imbarazzato. «Pam, spero di vederti più

tardi.» Si alzò dallo sgabello e si allontanò dal bancone camminando lentamente.Alan lo seguì con lo sguardo, chiedendosi perché quel tipo gli avesse fatto una

cattiva impressione. «Il tuo amico avrebbe bisogno di andare più spesso dal barbiere» borbottò.

«Ma si può sapere che cosa ti prende?» replicò Pam, guardandolo diritto negli occhi.

«Stavo solo cercando di darti una mano a togliertelo di torno. Mi sembra di capire, però, che tu non apprezzi le mie attenzioni.» Non aveva pensato che Pam fosse così indomabile e testarda.

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«Bene, Alan, sono felice di avere finalmente capito di che pasta sei fatto, signor P. Parish» ribatté lei, risentita. «Dimmi, quella P sta forse per preistorico?» insinuò.

Lui fece una smorfia.«O per proteggi fanciulle?»«D’accordo, ho capito» replicò, tradendo il suo nervosismo. «Se ti piace quel gorilla

con le sue chiome fluenti, chi sono io per intralciare i tuoi piani? Ma non venire a lamentarti da me se poi qualcosa va storto.»

Un trillo acuto interruppe la risposta di Pam e Alan la guardò frugare nella borsa alla ricerca del cellulare. «Pronto?» domandò, seccata.

«Pam?» La voce di Meg era inconfondibile.«Ciao, Meg.» Guardò il viso sorpreso di Alan e lo vide bere un lungo sorso di birra.«Speravo di riuscire a parlare con Alan. Sai, vorrei tentare di spiegargli che cosa è

successo» precisò Meg.«Alan?» ripeté Meg, cercando lo sguardo del suo compagno di viaggio.Lui scosse ampiamente la testa e sillabò con chiarezza la sua decisione.

«Assolutamente no!»«Mi dispiace. Era qui fino a un minuto fa. Credo sia andato al bar a bersi una birra.»«Vi state divertendo?»«Be’, direi proprio di sì» ammise Pam con spontaneità.«Bene» rispose l’amica, sollevata. «Ti dispiacerebbe dire ad Alan che ho telefonato

e che spero di poter chiacchierare un po’ con lui quando tornerà in città?»«Certo, gli riferirò il tuo messaggio.» Pam sorrise ad Alan per fargli capire il tono

rilassato della conversazione con l’amica.

«Pam» aggiunse ancora Meg. «Sei davvero l’amica più cara che io e Alan potessimo incontrare. A presto.»

«A presto» replicò Pam, richiudendo il cellulare. Alan la fissava con uno sguardo interrogativo. «Meg dice che spera di parlare un po’ con te quando tornerai in città. È davvero dispiaciuta per come sono andate le cose ed è molto preoccupata per te.»

Alan appoggiò la birra sul bancone e si sedette sullo sgabello vicino a Pam. «Credo che mi ubriacherò.»

«Non so se sia una buona idea» commentò lei, sorridendo. «L’ultima volta che hai bevuto troppo mi hai invitato a trascorrere insieme a te la tua luna di miele.»

Lui rise, sarcastico. «Già, sono l’unico uomo al mondo che non ha consumato la propria luna di miele.»

«Non abbatterti così» lo consolò Pam con una mano sulla spalla. «Questo posto è pieno di belle ragazze... Come si chiama quella donna elegante che hai conosciuto in spiaggia?»

«Robin» rispose Alan, ordinando una seconda birra.«Robin! Giusto... Ha un sorriso carino.»«Sì, ha un bel portamento.»«A me sembra un po’ rigida.»«E ha anche delle belle gambe.»«Fianchi troppo larghi» borbottò Pam.

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«Dei bei capelli.»«Sicuramente sono tinti.»«Ma stiamo parlando della stessa persona?» domandò Alan, guardandola a occhi

socchiusi. «Io ho parlato con lei per venti minuti e tu l’avrai vista per non più di venti secondi. Come hai fatto in così poco tempo a notare tutti questi difetti?»

Pam si sentì colta sul fatto. «Segreto di donna.»«A me sembra una ragazza graziosa.»«Dipende da cosa intendi per graziosa.»Lui la fissò senza capire.«A me fa venire in mente una grande noia» precisò Pam.«Quello che è noioso per te potrebbe essere tranquillo, pacato o sereno per un’altra

persona.»Lei sbuffò, esasperata. «Stiamo parlando di un’avventura al mare, Alan. Non credo

che c’entri molto la tranquillità.» Si voltò e indicò la folla intorno a loro. «Qui è pieno di gente che si diverte e di belle ragazze. Scegline una e buttati.»

Alan si girò lentamente. «Fai sembrare tutto molto...»«Semplice? Be’, lo è.»«Veramente volevo dire superficiale.»«Che ne dici della ragazza con i capelli rossi là nell’angolo?»«Un vero schianto» osservò, entusiasta.«Non ti agitare così, Alan» commentò Pam, sarcastica. «E poi suppongo che tu

preferisca le brunette.»«No. È passato molto tempo da quando ho corteggiato una donna per sedurla, ma

non credo di avere mai fatto delle discriminazioni a priori.»Pam finì la sua birra e accettò la seconda che Alan le aveva già ordinato. Non aveva

mangiato niente per tutto il giorno e la testa cominciava a girarle. «Che ne dici di quella con il bikini verde?» gli chiese.

Lui la guardò con attenzione. «No, troppo magra.»«Quella con i pantaloncini gialli e i capelli raccolti?»«Sì, molto carina» confermò.Pam si morse il labbro e bevve un altro sorso di birra. «Ma non senti che ride come

una foca?»«Be’, quella là in fondo con il vestito rosso è davvero la fine del mondo.»Lei le lanciò appena un’occhiata. «È tutta rifatta» sentenziò.«Come fai a saperlo?»«Segreto di donna.»«Comunque, non è che faccia molta differenza per noi uomini, sai?»«Guarda che non c’è niente che tu debba insegnarmi sugli uomini» ribatté

insofferente.Lui fece una smorfia di finto rimorso. «Perdonami, dimenticavo che tu sei una vera

esperta. Ma, dimmi, è rimasto almeno un uomo a Savannah che non abbia perso la testa per te?»

«Gli uomini di chiesa e tu.»

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Alan alzò la lattina per brindare. «Grazie mille, stai facendo miracoli per la mia autostima. Sei mai stata sposata?»

«No» rispose, scuotendo la testa con decisione.«Come mai?»Pam si passò una mano sul viso e sospirò appena. «Non mi sono mai innamorata.»Lui annuì. «L’amore è troppo pericoloso ed è meglio starne alla larga e godersi la

vita.»

Pam sorrise imbarazzata. «Una volta ci sono andata vicina. Avevo diciassette anni e impazzivo per lui. Aveva due anni più di me e sembrava avere il mondo in mano.»

«Che cosa accadde?» domandò Alan, incuriosito dal suo sguardo sognante.«In mano aveva anche due altre ragazze.»«Ah.»«È stato allora che ho deciso che è meno rischioso vivere le storie con l’altro sesso

solo come puro divertimento» aggiunse Pam con amarezza.Alan annuì. «Qual è il tuo segreto per restare single?»«Semplice» ammise lei. Si avvicinò ad Alan e gli sussurrò nell’orecchio la risposta.

«Non chiudere gli occhi.»«Cosa?»«Quando dai un bacio, non chiudere gli occhi.»Lui sembrava dubbioso. «Questa sarebbe la tua arma segreta?»Pam annuì con enfasi e notò che le pareti del bar sembravano muoversi intorno a

loro. «Quando chiudi gli occhi durante un bacio, la tua mente comincia a fare degli strani giochi. Comincia a pensare a un mondo fatto di dolcezza, dove l’amore può affrontare qualsiasi prova e dimentica che la maggior parte dei matrimoni si conclude con un divorzio.»

«I miei genitori mi sembrano felici ancora oggi» osservò lui.«Mio padre sparì quando ero molto piccola e lo ricordo appena.»

«Mi dispiace.»Lei sorrise, rattristata. «Anche a me. Ecco perché penso che sia meglio restare

single e non avere figli da coinvolgere nei nostri errori.»«Sono d’accordo con te» sentenziò Alan, alzando solennemente la lattina. «Un

brindisi agli occhi aperti!»«Un brindisi!» rispose Pam con entusiasmo.Lo sguardo le cadde distrattamente fuori dal locale e notò che ormai il sole stava

tramontando. Da lì a poco la temperatura si sarebbe abbassata e lei era ancora in costume. «Forse è meglio che io torni in stanza a cambiarmi.» Si alzò dallo sgabello e le ci volle qualche istante per sentirsi sicura sulle gambe.

Alan la seguì. «Sì, è meglio. Anch’io voglio provare a sentire se la mia segretaria è riuscita a trovarci un altro albergo. Non muoio dalla voglia di trascorrere tutte le mie vacanze in quel posto assurdo.»

«Non è poi così male» disse lei mentre si avviavano lungo la spiaggia.La luna era già spuntata e illuminava la sabbia fresca. Non era rimasto niente della

confusione e della baraonda festosa che aveva animato quel luogo fino a poche ore

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prima. Adesso la spiaggia sembrava un nastro di seta bianco steso tra l’oceano e il cielo stellato.

«Non fa così freddo come pensavo. Ti va di fare due passi?» propose Pam. «È una serata così bella.»

«Certo. Farei qualsiasi cosa pur di evitare di tornare in quella stanza» rispose lui in tono scherzoso.

«Alan, tu credi che ci sia veramente la vita su altri pianeti?» domandò, guardando le stelle.

«Certo. È abbastanza arrogante pensare che l’intero universo sia stato creato solo per noi.»

Lei apprezzò la sincerità della sua risposta e sorrise al pensiero di affrontare quell’argomento con uno dei ragazzi con cui era abituata a uscire. «Sono d’accordo con te, però mi fa un po’ paura. A te no?»

«Penso che, se avessero voluto farci del male, lo avrebbero già fatto e poi con tutti i problemi di inquinamento ambientale che ha la terra forse è il luogo meno attraente dell’universo.»

«Accidenti, la P sta per pessimista?»Lui rise e scosse il capo. «Credo di non essere esattamente la persona più solare che

tu conosca, soprattutto questa settimana.»«Quello che non ti uccide ti rende più forte» sentenziò. Ma non riusciva a capire se

quella frase fosse più adatta a lei o ad Alan. Distratta dai suoi pensieri, inciampò in un arbusto e Alan, nel tentativo di sorreggerla, l’afferrò per il braccio.

Il risultato del gesto eroico fu che entrambi si ritrovarono a terra, il viso di Alan ricoperto di sabbia. Pam scoppiò a ridere, senza avere la forza di rialzarsi.

«Ho fatto tutto questo per te, piccola, e tu mi ringrazi così?» Alan si finse risentito e, per vendicarsi, iniziò a farle il solletico.

Pam cominciò a dibattersi, cercando disperatamente di sottrarsi a quelle mani forti e delicate al tempo stesso. Ma lui riusciva a tenerla stretta sotto il peso del suo corpo e, con una mossa finale, le bloccò le braccia sopra alla testa.

La sua risata si smorzò in un sorriso quando i loro visi furono talmente vicini da sfiorarsi. Riusciva a sentire perfino il battito del suo cuore e il calore della sua pelle. «Alan» sussurrò, emozionata.

«Pam.» Anche lui non riusciva a capire cosa stesse succedendo. «Ti prego, non chiedermi di fermarmi.» Le sue labbra sfioravano già il suo viso.

Lei non riusciva a vedere i suoi occhi per via del buio, ma distingueva chiaramente la disperazione che c’era nella sua voce. Gli passò una mano tra i capelli e sollevò appena la testa. «Baciami.»

Alan rimase immobile per qualche istante e Pam dubitò che avesse sentito. Ma poi sentì le sue labbra accarezzarle la bocca con dolcezza ed ebbe la sensazione di sprofondare nel suo abbraccio.

La delicatezza delle prime carezze fu presto sostituita dall’energia della passione e dall’impazienza dei loro gesti.

Alan si sentiva trascinare sull’orlo di un precipizio e sapeva che non avrebbe avuto

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la forza di mettersi in salvo. «No, aspetta» mormorò, continuando a baciarla e ad accarezzare la sua pelle liscia come il velluto. «Non qui. Qualcuno potrebbe vederci.»

Lei non riusciva a fare a meno dei suoi baci. «Non c’è nessuno in questa zona della spiaggia. Sarà bellissimo, Alan.»

Le accarezzò il viso e respirò il profumo dei suoi capelli. Ormai era impossibile resistere: le sue mani si stavano accingendo a sfilarle il costume.

Alan impiegò qualche istante a capire che aveva una luce puntata negli occhi.«Va bene, ragazzo. Il divertimento è finito» dichiarò con fermezza la sagoma in

controluce. «Polizia, alzati con le mani in alto.»

Non poteva essere vero. «È uno scherzo?»«In piedi, ho detto!» ripeté il poliziotto senza avere affatto l’aria di volere fare

quattro risate.Il cuore di Pam batteva all’impazzata e lei non riusciva neppure ad aprire gli occhi

per l’imbarazzo.«Avanti, riallacciati quel costume. E tu, cerca di riprendere il controllo. Non posso

portarti dentro in evidente stato di eccitazione.»«Cosa?» Alan non capiva cosa stesse succedendo.Il poliziotto gli lanciò un’occhiata di disapprovazione mentre gli metteva le

manette. «Sei in arresto per atti osceni.»

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8

«Non mi sono mai sentito tanto umiliato in vita mia» dichiarò Alan mentre seguiva Pam fuori dalla prigione della città nel sole del tardo pomeriggio. Non aveva chiuso occhio per tutta la notte e non solo perché aveva dovuto dividere i tre metri della cella con due ubriaconi. Il pensiero che lui e Pamela Kaminski avessero sfiorato la soglia della conoscenza biblica lo aveva perseguitato per tutte quelle ore.

«Non ti preoccupare. Nessuno lo verrà mai a sapere» disse Pam nel tentativo di tranquillizzarlo.

«Ah, davvero? Ti ho già dato retta una volta. Non c’è nessuno in questa zona della spiaggia, ricordi?»

«Ti ho già chiesto scusa almeno cento volte e poi vedrai che con una bella doccia ti sentirai meglio.»

Lui fece una smorfia di disappunto e si coprì il viso con le mani.«Avanti, salta in macchina e smettila di pensare a quello che è successo» gli ordinò

davanti alla limousine posteggiata in divieto di sosta. Una multa spiccava sul parabrezza.

Alan non credeva ai propri occhi. «Non ci penso neanche. Guido io» sentenziò, facendosi dare le chiavi. Prese la multa e cercò di infilarsela nella tasca dei pantaloni che però non aveva. Indossava ancora il costume.

Pam trattenne a stento la risata. «Senti, Alan, so che sei un po’ nervoso...»«Nervoso?» ripeté lui, sbattendo con forza la portiera. «Solo perché sono

considerato un maniaco? Perché dovrei prendermela?»Pam lo raggiunse in macchina e lasciò che lui sfogasse la sua isteria contro il

dispositivo antifurto che rendeva l’accensione una manovra difficile. Quando finalmente ci riuscì, tornò a rivolgergli la parola. «Ha chiamato la tua segretaria, ieri sera.»

«Hai parlato con Linda?» le domandò in tono preoccupato.«Rilassati. Le ho detto che facevo parte del personale dell’albergo e che ero stata

incaricata di rispondere a tutte le tue telefonate. Ti ha trovato una stanza.»«Finalmente una buona notizia.»«Le ho detto che avevi cambiato idea.»Lui la guardò a bocca spalancata.«Ecco, aveva bisogno di una conferma immediata e io non sapevo quanto saresti

rimasto in prigione.» In quel momento avrebbe preferito essere su un altro pianeta. «Mi dispiace, Alan» confessò con sincerità.

Lui la guardò per un istante e si perse nell’azzurro dei suoi occhi limpidi. «La

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richiamerò più tardi per capire se la stanza è ancora disponibile. In questo momento mi accontento anche di quella orribile suite.» Gli venne in mente che Pam avrebbe potuto fraintendere le sue parole, dopo quello che era successo la sera prima. Effettivamente si era reso conto che l’arrivo di quel poliziotto gli aveva impedito di commettere quello che sarebbe stato un errore madornale. Non aveva importanza quanto lui desiderasse Pam, perché solo un farabutto avrebbe potuto pensare di avere un’avventura con la migliore amica della sua ex fidanzata. Inoltre, per quanto lo facesse infuriare, lui cominciava a tenere davvero molto a Pam e non voleva essere per lei solo l’ennesima conquista.

«Senti, Alan. Per quello che è successo ieri sera...» esordì lei, imbarazzata.«Sono io che ti devo chiedere scusa, Pam.»«Saranno state le stelle e la luna così bella...»«L’oceano e la sabbia morbida...» aggiunse lui.«Mi sentivo molto sola dopo la nostra chiacchierata al bar.»«E io sono ancora un po’ sottosopra per la storia del matrimonio. Avremmo

commesso un enorme sbaglio.»«Gigantesco» confermò lei.Alan si sentì sollevato e la guardò sorridendo. «Sono felice che anche tu sia

d’accordo a considerarlo solo come un momento di debolezza.»«Assolutamente d’accordo.» Si voltò a guardarlo e annuì con decisione.Nella sua vita, Pam era consapevole di avere commesso una serie di sciocchezze e,

mentre se ne stava sdraiata al sole, pensava che l’arrivo di quel poliziotto fosse stato davvero provvidenziale. Non avrebbe mai finito di pentirsi se con Alan le cose fossero andate diversamente.

Quello che era successo due sere prima sembrava dimenticato da parte di entrambi e l’attrazione che c’era tra loro era un rischio che nessuno dei due voleva più correre.

Pam sapeva che razionalmente era meglio così, ma non riusciva a togliersi dalla testa le sensazioni che aveva provato nel sentire le labbra di Alan sulle sue. Senza neppure rendersene conto, aveva chiuso gli occhi! Senza volerlo, lui aveva saputo smuovere in lei qualcosa di profondo. Non le era mai successo con nessun altro uomo e la rattristava l’idea che proprio con Alan non ci potesse essere un futuro.

Lui continuava a essere innamorato della sua migliore amica e, anche se non lo fosse stato, che cosa avrebbe potuto pensare Meg se fossero tornati a Savannah mano nella mano? Pam non riusciva a sopportare l’idea di tradire la fiducia della sua migliore amica.

Al limite poteva pensare che Alan volesse avere solo un’avventura con lei e tutto sommato non era una novità che gli uomini la immaginassero solo come amante e mai come compagna. Forse era lei stessa a non permettere a nessuno di loro di avvicinarsi troppo al suo cuore.

Ma con Alan sarebbe potuto essere diverso, e quella strana certezza la spaventava.«Le nostre strade continuano a incrociarsi.» La voce suadente di Enrico sembrava

provenire da molto lontano, mentre in realtà era proprio accanto a lei. «Dev’essere il destino che ci fa incontrare» continuò, passandosi la mano tra i folti capelli neri.

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Pam sorrise nel ripensare al disgusto di Alan per quella pettinatura da eroe ribelle. «Oppure semplicemente questa spiaggia è molto più piccola di quanto uno pensi» ribatté pacatamente. Aveva già troppi pensieri per la testa e non aveva voglia di avere compagnia.

«Ti piacerebbe venire a cena con me, stasera? Conosco un ristorante molto carino proprio in riva all’oceano.» Enrico sorrise ammiccando e lei si domandò come mai gran parte delle donne trovassero quell’espressione sforzata molto seducente.

«Mi dispiace, ho già un impegno per cena» mentì.«Allora potremmo saltare la cena e incontrarci direttamente per il dessert.» Non era

abituato a ricevere un no come risposta e Pam era una preda troppo appetitosa per non insistere.

«Sono a dieta. Grazie lo stesso.» Non aveva voglia di essere scortese e decise che il modo migliore per scoraggiarlo era ignorarlo. Aprì la borsa e tirò fuori un libro.

«Quell’uomo che era al bar l’altro giorno... è il tuo ragazzo?» insistette Enrico, incuriosito.

Pam alzò lo sguardo dalle pagine e abbassò appena gli occhiali da sole sul naso. «No, è mio marito» disse con assoluta serietà.

«Ah.» Enrico aveva finalmente scoperto un valido motivo al diniego della sua preda. «E ti ha lasciato ancora da sola?»

«Abbiamo litigato. Sai, capita, ci siamo appena sposati.» Sorrise appena e, senza dare altri segnali di disponibilità, tornò a fingere di leggere.

Enrico evidentemente comprese il messaggio, perché si allontanò senza insistere anche se rimase per qualche istante a fissarla, sorridendo in quel modo assurdo.

Il libro era uno di quelli acquistati da Alan e che lei aveva già letto anni prima, ma aveva bisogno di non pensare a quello che era successo due sere prima sulla spiaggia.

Pam sospirò e si immerse nella lettura fino al primo pomeriggio, quando il suo stomaco cominciò a borbottare per la fame e lei decise di mangiare un sandwich al bar.

Le numerose coppiette che riempivano la veranda a ridosso della spiaggia le ricordarono che era il giorno di San Valentino. Molte di loro dunque si erano concesse un giorno di relax per festeggiare il proprio anniversario. Il quattordici febbraio era da sempre una delle date più gettonate per i matrimoni.

La sua supposizione venne confermata dall’annuncio fatto dal gestore del bar. Nel pomeriggio si sarebbe svolta una gara di castelli di sabbia e la coppia vincitrice si sarebbe aggiudicata una cena romantica nel locale più bello del posto.

Il pensiero tornò ad Alan e, proprio in quel momento, lo intravide arrivare in spiaggia. Contro la sua volontà, il cuore cominciò a batterle forte mentre lo vedeva avvicinarsi al loro ombrellone e guardarsi intorno. Stava cercando lei? Salutava qualcuno con la mano e, per poco, il boccone non le andò di traverso quando scorse Robin, la donna computer.

Pam sospirò delusa quando vide Alan andare incontro alla sua amichetta. Assomigliava così tanto a Meg! Robin si teneva il cappello di paglia con una mano e sorrideva radiosa, tenendo la testa un po’ inclinata. Proprio come faceva Meg.

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Alan sembrava avere recuperato perfettamente il buonumore e annuì compiaciuto quando Robin indicò la direzione da cui era appena venuto. Dove voleva andare? In albergo? Nella sua stanza? Pam si morse la lingua, addentando con rabbia il panino.

Se Alan avesse avuto un’avventura con Robin, forse quella strana elettricità che c’era tra loro si sarebbe affievolita e così sarebbero tornati a Savannah senza troppe complicazioni.

Li vide sparire dalla sua visuale dopo pochi istanti, nonostante si fosse alzata in piedi per vedere meglio. Poi ricadde sulla sedia e sbuffò. «Avanti, Alan» borbottò, mordendosi un’unghia. «A me non interessa quello che fai.»

Alan sedeva sul bordo della piscina accanto a Robin e cercava disperatamente nella sua testa un argomento di conversazione. Accettare l’invito di Robin di seguirlo al suo club gli era sembrata un’ottima idea, ma adesso cominciava a dubitarne. Si sentiva a disagio e non riusciva a smettere di domandarsi cosa stesse combinando Pam in quel preciso momento.

«C’è qualcosa che non va?» gli domandò Robin, sorridente.«Niente» rispose per rassicurarla. Era una donna molto attraente e non c’era dubbio

che fosse interessata a lui. Le sue mani lo sfioravano di continuo con finta casualità.

«Ti andrebbe di fare una nuotata? L’acqua sembra invitante.» Robin non riusciva a capire perché Alan fosse tanto sulle sue.

«Certo.» Lui la seguì in acqua, felice di avere trovato un modo per sottrarsi a quel lungo silenzio imbarazzante.

«È una giornata fantastica» osservò Robin, prendendolo per mano sott’acqua. Si avvicinò a lui ancora di più e gli mise le mani intorno al collo. «Sai, la mia stanza ha un bellissimo panorama. Ti piacerebbe dargli un’occhiata?»

Gli intenti di Robin erano chiari e lui non riusciva a capire perché continuasse a pensare a Pamela. Forse era il rimorso per essere stato brusco con lei il giorno prima.

«Alan?» sussurrò Robin, avvicinandosi ancora di più.La mente di Alan sembrava impazzita. Forza, Parish. Baciala e avrai trovato un

ottimo modo per scacciare Pamela Kaminski dalla tua testa. «Mi dispiace, Robin» rispose invece nuotando verso la scaletta. «Ho promesso a Pam... che l’avrei portata a fare shopping.»

Robin rimase a bocca aperta. «Preferisci andare per negozi con tua sorella?»«Be’, ecco... Gliel’ho promesso. Mi dispiace, Robin. Ci vediamo un’altra volta.»«Contaci» ribatté lei, come se avesse la certezza che la volta successiva non gli

avrebbe lasciato il tempo di tirarsi indietro.Alan si allontanò dal club, sollevato, e mentre camminava lungo la spiaggia,

scrutava tra le onde per identificare chi fosse alla guida delle moto d’acqua.

Solo in un secondo momento si rese conto dei numerosi castelli di sabbia che erano stati costruiti a ridosso della battigia. Doveva esserci stata una gara o qualcosa del genere e qualche metro più in là un gruppo di ragazzi osservava compiaciuto qualcuno dei partecipanti che era ancora al lavoro. Quando si avvicinò, riconobbe subito il bikini dorato di Pam, anche se era quasi completamente ricoperto di sabbia

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umida, e comprese il perché dell’interesse morboso del pubblico per il suo castello. Alan sorrise nel comprendere che la vera attrattiva non erano le torri di sabbia, ma ben altre forme.

Pam era sdraiata per terra e sembrava concentrata negli ultimi ritocchi. Non si preoccupava certo se il costume si spostava o se una ciocca di capelli le scivolava dalla coda bionda rendendola incredibilmente sexy. Alan ricordò il profumo della sua pelle e i brividi che aveva provato nell’accarezzare quel corpo praticamente perfetto.

Si era chiesto se si sentisse attratto da Pam solo perché in qualche modo gli ricordava Meg, ma lei era completamente diversa dalla sua ex fidanzata. Da quando aveva cominciato a frequentare quella che sarebbe dovuta diventare sua moglie, Alan aveva sempre sperato che la loro relazione potesse essere anche molto passionale. Invece, lui aveva sempre amato Meg senza provare per lei quel desiderio profondo, vitale e anche un po’ folle che ti porta a cedere alla tentazione di fare l’amore su una spiaggia senza preoccuparsi delle conseguenze.

«Ciao, Alan. Sei da solo?» Pam si era alzata e cercava di togliersi di dosso la sabbia.Lui si passò la mano sul viso come per schiarirsi le idee. «Sì.»«Sei rimasto a letto fino a ora?» domandò lei, impertinente. Era proprio curiosa di

sentire la sua risposta.«Sì, e adesso mi sento molto meglio.»«Sono felice per te.» Non aveva neppure il coraggio di guardarlo negli occhi.Lui interpretò la sua freddezza come una piccola vendetta per come l’aveva trattata

il giorno prima. «Mi dispiace per il mio comportamento di ieri. Sei stata gentile a venirmi a prendere.»

«Non ti preoccupare, è tutto a posto.»«Ehi, il tuo castello avrebbe bisogno di un bel fossato. Ti do una mano.» Senza

aspettare la sua risposta, raccolse il secchiello e corse a riempirlo d’acqua.Lavorarono fianco a fianco per più di mezz’ora, finché un rappresentante della

giuria non si avvicinò sorridente. «Ragazzi, avete fatto un ottimo lavoro. Vi siete meritati il primo premio. Questa sera voi due vi gusterete una cena romantica degna di San Valentino.» All’annuncio seguì l’applauso degli altri partecipanti e qualche brusio dei fan di Pamela. «Ma state attenti se deciderete di fare due passi sulla spiaggia» continuò. «Ho sentito dire che hanno beccato un pervertito che si divertiva a importunare le ragazze con atti osceni.»

Alan aveva un sorriso idiota stampato sul viso e Pam trattenne a stento la risata mentre il giudice gli consegnava il premio.

«Allora quella P sta per pervertito?» domandò quando rimasero da soli.«Ah, ah, davvero divertente.»Pam gli consegnò la busta con il buono per la cena. «Ecco, stasera potrai festeggiare

degnamente con Robin.»«Robin?» Lui scosse il capo. «Ho capito che non è il mio tipo. Sono stato a disagio

per tutto il tempo che sono rimasto con lei. Che ne dici di andarci con Enrico?»Lei alzò le spalle. «Non credo proprio che sarebbe una buona idea. A lui non

interessa parlare, ma piuttosto passare subito ai fatti.»

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Alan cercò di controllare l’impeto di gelosia al solo pensiero che Pam potesse uscire con un altro uomo. «Allora non ci rimane che andare a cena noi due» osservò, esitante.

«Già.» Pam si sentì sollevata e felice.Il ristorante italiano in riva all’oceano era pieno di coppie che festeggiavano San

Valentino e l’atmosfera romantica doveva avere già coinvolto Alan. Aveva notato lo sguardo languido con cui l’aveva osservata per tutto il tragitto e lei si sentiva orgogliosa di essere entrata in quel luogo al braccio di un uomo tanto affascinante.

«Bene, bene, ecco qui i due sposini» commentò una voce alle loro spalle. Pam avvertì l’imbarazzo di Alan nel riconoscere Cheek e Lila seduti proprio nel tavolo accanto al loro.

«Ma non sono sposati, Cheek, ricordi?» osservò Lila con un sorriso materno. «Sono solo amici, giusto?»

«Giusto» risposero Pam e Alan all’unisono.«Ragazza mia, sei davvero uno schianto.» Cheek sembrava non avere nessun

problema a corteggiare Pam in presenza della moglie.«Grazie.» Anche Pam si rendeva conto che quel vestito rosa evidenziava le sue

forme senza essere volgare.Alan era felice di averglielo regalato, ma avrebbe preferito che nessun altro potesse

notare la bellezza della sua accompagnatrice.«Non so se lo sapete, ma a venti chilometri da qui c’è una bella spiaggia di nudisti»

disse Cheek con fare ammiccante. «Dovete assolutamente venirci.»«Lo terremo presente» ribatté Alan con cortesia.«Volete unirvi al nostro tavolo?» propose Lila.«Ecco, preferiremmo stare da soli» rispose Pam con prontezza.Alan non esitò a prenderle la mano sul tavolo. «Vedete, è un’occasione molto

speciale per noi.»«Oh! Bene! Quindi non sarete solo amici ancora per molto!» Cheek fece

l’occhiolino ad Alan.«Mi sembra già di sentire la marcia nuziale» rilevò Lila, entusiasta. «Fate pure,

ragazzi. Godetevi la serata e anche il dopocena!»«Quei due sono completamente suonati» commentò Alan a mezza voce quando

finalmente Cheek e Lila si furono concentrati sulla loro cena.«Sì, ma sono assolutamente innocui.» Pam non riusciva a capire perché Alan si

scandalizzasse tanto per una coppia che, tutto sommato, sapeva godersi la vita.

«Certo, però ammetterai che proporre incontri su una spiaggia di nudisti a un’altra coppia può sembrare un tantino strano.»

Pam sorrise e aprì la carta del menu. «Percy?»«Cosa?»«Percy è il tuo secondo nome?» Il classico nome da bravo ragazzo educato.Lui scosse il capo e alzò gli occhi al cielo. «No.»«Plinius?»«No, e guarda che non ho alcuna intenzione di dirtelo.» Alan scoppiò a ridere per la

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smorfia di impazienza di Pam. Quella bocca, così infantile e seducente al tempo stesso, lo faceva impazzire.

«Non lo hai mai detto nemmeno a Meg?»«No. Solo i miei genitori lo sanno e gli ho fatto giurare che non lo avrebbero mai

detto a nessuno.»«P come paranoico?»«Avanti, finiscila con questa storia. Non sai quante volte Meg ha...» Si fermò come

se avesse detto qualcosa di sbagliato. «Ci risiamo.»Pam lesse nei suoi occhi un senso di tristezza e di smarrimento. «Alan, tu e Meg

avete vissuto un amore ed è normale che ti venga spontaneo parlare di lei.»Lui sospirò. «Meg ha tentato in ogni modo di convincermi a rivelarle il mio secondo

nome; diceva sempre che i bambini che hanno due nomi sono i più terribili.»Pam sorrise al pensiero che Meg si ritrovasse a essere mamma di ben tre bambini.

«A te piacciono i bambini?» gli chiese poi.Lui aprì la bocca per rispondere senza sapere esattamente cosa dire. «Non mi fanno

impazzire. Sono così... rumorosi.»

«Anch’io sono rumorosa.»«Disordinati.»«Io sono un vero disastro con l’ordine, di qualsiasi tipo esso sia.»Lui la guardò, sorpreso. «A te piacciono, vero?»Pam si strinse nelle spalle. «Praticamente ho cresciuto mia sorella da sola.»«Non sapevo che avessi una sorella più piccola» ammise Alan.L’orgoglio e l’affetto per Dinah le riempivano il cuore ogni volta che la nominava.

«Dinah ha dieci anni meno di me, adesso ne ha ventidue. Ha frequentato il miglior liceo della città. Avrei fatto qualsiasi cosa per pagarle gli studi e ha deciso di diventare avvocato.»

Alan sospirò, ammirato. «Niente male.»«Già. Sono felice che almeno lei abbia avuto un’adolescenza spensierata. Per me e i

miei fratelli è stata dura e lo è tutt’ora.»«Ma tu sei una donna molto in gamba, Pam. Sei la migliore agente immobiliare

della città e sei ben vista da tutti a Savannah.»Pam apprezzò la sincerità dei suoi complimenti, ma sapeva che, per molte persone,

lei continuava a essere una dei bassi fondi che aveva semplicemente alzato un po’ la testa. Dinah aveva intenzione di costruirsi una vita lontano dalla città dov’era cresciuta perché sapeva quanto fosse difficile combattere contro i pregiudizi della gente. Pam la capiva e in quel preciso istante realizzò quanto Alan fosse diverso da lei. Bastava il suo cognome a renderlo un sogno irraggiungibile e irrealizzabile.

«Ti dispiace ordinare anche per me?» Si alzò, sforzandosi di sorridere, e, con la scusa di dovere ritoccare il trucco, si allontanò verso il bagno delle signore. Aveva bisogno di qualche minuto per togliersi dalla testa quell’assurda sensazione che provava ogni volta che guardava Alan negli occhi.

Pam si sciacquò il viso con l’acqua fresca e, guardandosi allo specchio, si ripeté di concentrarsi su quegli ultimi giorni di vacanza senza pensare a niente che non fosse

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svago e divertimento.Mentre camminava verso il salone, realizzò che l’attrazione per Alan sarebbe

sicuramente svanita non appena fosse tornata alla sua vita abituale e che in fondo lo avrebbe dimenticato facilmente.

Una voce maschile alle sue spalle la fece sobbalzare. «Dobbiamo smettere di incontrarci sempre così, Pamela.»

Si voltò, sapendo perfettamente di trovarsi davanti a Enrico e a un suo ennesimo tentativo di seduzione. «È quello che dico anch’io. Sarebbe meglio non vedersi del tutto.»

Il suo sorriso sicuro non si lasciò scalfire. «Ti ha portato qui tuo marito o avete litigato di nuovo?» La prese sottobraccio ed entrarono insieme nella veranda.

«No» rispose Pam e gli indicò il tavolo. «Stiamo condividendo una romantica cenetta.» Impallidì, senza riuscire a credere ai propri occhi.

Alan stava baciando appassionatamente Robin.

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Alan impiegò qualche secondo per rendersi conto che Robin lo stava baciando con tanta veemenza. Non avrebbe saputo dire neppure da dov’era arrivata e, solo con uno sforzo, riuscì a liberarsi dal suo abbraccio. Dal suo sguardo annebbiato comprese che doveva avere bevuto troppo. «Robin, che cosa ti prende?»

«Mi fai impazzire, Alan, non lo hai ancora capito?» biascicò Robin con la voce impastata dall’alcol.

All’improvviso, un urlo alle sue spalle lo costrinse a girarsi. «Alan, come hai potuto?» Lila era in piedi e si copriva la bocca, inorridita. «Come puoi baciare un’altra donna proprio la sera in cui vuoi chiedere a Pam di sposarti?»

«Come?» sbottò Enrico. «Io credevo che voi due foste già sposati.» Fissava Pam in attesa di una risposta, ma nemmeno lei sapeva più cosa inventarsi per rimediare a quella situazione.

«Marito e moglie? Io pensavo che lei fosse tua sorella.» Robin barcollò vistosamente e sembrava sull’orlo di una crisi isterica.

«Sorella?» ripeté Lila, scandalizzata. «Ma è disgustoso!» esclamò.

Cheek scosse il capo, perplesso. «Mi dispiace dirvelo, ragazzi, ma è illegale.»Tutti si misero a parlare contemporaneamente, a esclusione di Pam che era ancora

sotto shock, e Alan impiegò qualche istante per reagire.«Basta!» urlò. Tutti si zittirono e lo fissarono incuriositi. «Ascoltatemi bene tutti

quanti. Io e Pam siamo venuti qui per festeggiare in pace San Valentino. Di che tipo sia il nostro rapporto è solo affare nostro e adesso vi prego di lasciarci in pace e da soli!»

Lila e Cheek furono i primi ad allontanarsi, subito seguiti da Robin ed Enrico.Alan prese Pam per mano e la fece sedere. «Dov’eravamo rimasti?» Non sapeva

esattamente perché, ma sentiva di doverle delle spiegazioni e voleva interrompere quel silenzio carico di imbarazzo. «Pam, io non la stavo baciando.»

Lei alzò appena lo sguardo e non smise di giocherellare nervosamente con il bordo del piatto. «Non che mi interessi, ma non si direbbe a giudicare dal rossetto che hai sulle labbra, sul naso e anche sulle orecchie.»

Lui cercò di pulirsi con il tovagliolo. «Intendo dire che non la stavo contraccambiando.»

«Ti ripeto, non mi interessa.»«Credo proprio di no, visto che stavi di nuovo folleggiando con il tuo bel maschio

latino» osservò lui, indispettito.«Che stai dicendo? Come fai a pensare una cosa del genere?»

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«Vuoi forse farmi credere che voi due non avete avuto una storia?»

Pam alzò gli occhi al cielo. «Perché avrei dovuto dirgli che eravamo sposati, allora? Enrico non mi interessa, punto e basta.»

Un’incomprensibile sensazione di sollievo lo rasserenò. «E lui ci ha creduto? Intendo dire, ha creduto che noi...»

«Già, incredibile, vero?» Lei cominciò a ridere.«Assolutamente ridicolo.» Alan si unì alla risata. «Tu e io... ah, ah, ah! Il signor e la

signora Parish!»«Pamela P. Parish!»Alan cercò di calmarsi bevendo un sorso d’acqua. «Be’, dopo tutto quello che è

successo negli ultimi due giorni, ogni cosa mi sembra possibile.»«È stata una vera avventura» concordò Pam.Lui annuì e la guardò fisso negli occhi. Pam non gli era mai sembrata tanto bella e

radiosa. Quegli occhi scintillanti gli erano entrati nel cuore e lui sapeva esattamente cosa stava succedendo. Si stava innamorando di Pamela Kaminski.

Pam abbassò lo sguardo e tornò a giocherellare con il tovagliolo. «Stavo pensando di andarmene domani» disse con un filo di voce.

«Come? Vuoi tornare a Savannah?»Lei annuì.Alan comprese che qualcosa di assolutamente importante per la sua vita stava per

sfuggirgli. «Perché?»Pam cominciò a contare sulla punta delle dita. «Un volo orribile, una gomma

bucata, un hotel da incubo, un arresto per atti osceni... ho l’impressione di avere già movimentato abbastanza la tua vacanza, Alan.»

«Ma non è stata colpa tua!»

Lei lo guardò con il capo inclinato e un mezzo sorriso.«Be’, non del tutto» ammise lui.«Mentire non è proprio una delle tue specialità.»Forse doveva approfittare di quel piccolo segnale di benevolenza. «Intendi dire che

sai di una mia certa specialità?» Stranamente la sua voce assunse un tono allusivo.«No.» Solo in un secondo momento, Pam capì che la sua risposta poteva in qualche

modo offenderlo. «Non lo so. Meg e io non abbiamo mai parlato delle vostre...»Lui si sistemò il bordo della giacca. «Spero proprio di no.»«Certo che no! Meg non mi ha mai detto se fosse soddisfatta o meno.»Alan sorrise. «Be’, non era l’unica a non essere soddisfatta. Tra noi mancava quel

pizzico di magia che...»«Alan, se non ti dispiace, preferirei non affrontare questo argomento» lo interruppe,

fingendo di tapparsi le orecchie.Proprio in quel momento il violinista, che fino a quel momento aveva suonato a un

tavolo lontano dal loro, si avvicinò e Alan lo invitò con un cenno a dedicare la prossima sonata a Pam.

Tutto questo sembrava essere addirittura troppo per lei. Il cibo straordinario, l’atmosfera romantica, la musica e la compagnia di Alan. Lo guardò per un istante e

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nei suoi occhi riconobbe il suo stesso desiderio. Il cuore le batteva forte quando lui si alzò porgendole una mano. «Posso ballare con te?» le sussurrò, avvicinandosi al suo orecchio. «Naturalmente non ho la minima idea di come si balli questa canzone italiana.»

Pam sorrise e si lasciò stringere dalle sue braccia forti. Non la sorprese constatare che fosse un ottimo ballerino e le riusciva facile seguire ogni suo movimento. Con la testa appoggiata al suo petto, riusciva a sentire quel suo profumo delicato e sensuale. I loro corpi erano di nuovo vicini come quella sera sulla spiaggia e Pam provò il desiderio che la gente intorno a loro scomparisse.

Alan le sfiorò la guancia con un bacio innocente. «Buon San Valentino, Pam.»Più tardi, mentre tornavano in albergo, Pam era di pessimo umore perché non

riusciva a spiegarsi come mai non riuscisse a fare a meno di complicarsi la vita. Sapeva bene che doveva togliersi Alan dalla testa se non voleva rischiare di ritrovarsi nei guai.

Lui, invece, sembrava essere sereno e fischiettava allegramente, camminando al suo fianco lungo il corridoio dell’albergo.

«Linda non ti ha più chiamato per quella stanza?» domandò Pam, spaventata all’idea di dovere resistere ancora due notti insieme a lui.

Alan aprì la porta della camera. «Alla fine le ho detto di lasciare perdere, visto che ormai la vacanza è finita. Che ne diresti di fare due passi sulla spiaggia?» le propose, sfilandosi la giacca.

Lei scosse il capo ripensando a cos’era successo l’ultima volta che avevano passeggiato sulla sabbia dopo il tramonto del sole.

«Allora potremmo approfittare della piscina del club. Non è lontano da qui e l’acqua è riscaldata.»

«Non ho nessuna intenzione di incontrare Robin. Penso che potrebbe cercare di affogarmi.»

Lui sorrise. «D’accordo, allora approfittiamo della nostra fantastica vasca rossa. Potremmo tentare di avviare l’idromassaggio.»

Era sorpresa dalla sua intraprendenza e a questo punto decise di stare al gioco. «Ma non credi che staremo un po’ stretti per riuscire a nuotare?»

Alan rovistò nella borsa da spiaggia e le gettò il costume. «Va’ avanti tu, piccola» disse, imitando la voce di John Wayne.

Lei rise, divertita. «D’accordo, mio eroe» rispose, portandosi le mani al petto in un gesto scenografico.

Mentre aspettava che l’acqua calda riempisse la vasca, si infilò il costume e ricordò lo strano scintillio che aveva visto negli occhi di Alan la prima volta che lo aveva indossato. Si guardò allo specchio e, alla luce debole dell’unica lampadina del bagno, si vide vulnerabile e indifesa. Sapeva bene quello che stava per accadere e aveva paura. «Ti prego» mormorò a occhi chiusi. «Se pensi che tutto questo sia sbagliato, mandami un segno.»

La luce tremò e, con un lieve crepitio, la lampadina si spense. Pam annuì e rimase immobile nel buio. «Ne sei proprio sicuro? Non potresti ripensarci?»

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«Pam, con chi stai parlando?» le domandò Alan, bussando alla porta.«Con nessuno» urlò. «È andata via la luce.»

«Non c’è problema. Useremo le candele di Elvis che hai comprato ieri.»Pam aprì la porta, poi si infilò nella vasca.Alan sistemò le candele tutt’intorno e poi ricomparve con una bottiglia di

champagne in mano. «Visto che non sono riuscito neppure ad assaggiare lo champagne del mio pranzo di nozze, ho chiesto alla svampita giù alla reception di procurarmi questa bottiglia per festeggiare con te» disse, armeggiando con il tappo. «Buon San Valentino, Pam!»

Le porse il bicchiere e immerse un piede nella vasca.«Santo cielo, Pam! Hai deciso che un’ustione di primo grado darebbe il giusto tocco

finale a questa vacanza?»Lei giocherellava con le bolle di sapone. «Non esagerare. L’acqua è appena

tiepida.»Lui si fece coraggio e cercò di resistere finché non fu completamente immerso.

«Accidenti, per fortuna che non mi piacciono i bambini, perché dopo questo bagno avrò qualche problema a procreare.»

«Dunque la P sta per precotto?»«Spiritosa.»«Parker?»«No.»«Preston?»«No.»«Palmer?»«No, e ti supplico di aprire l’acqua fredda, se non vuoi ritrovarti accanto un uomo

sodo.»Lei ubbidì e lo osservò alla luce soffusa delle candele. «Perché fai tanti misteri sul

tuo secondo nome?»

«È una faccenda privata» ribadì con un sorriso. Le loro gambe si sfiorarono sott’acqua e nessuno dei due cambiò posizione. «Tu non hai qualcosa di privato che non vuoi dividere con nessun altro?»

Lei fece una smorfia. «Qualcosa di privato? Tu dimentichi con chi stai parlando. La mia vita è sempre stata di dominio pubblico a Savannah da quando avevo sedici anni. Non dirmi che non hai mai sentito quelle simpatiche storielle sul mio conto!»

«Sì» ammise lui con sincerità. «Ma non sono sicuro di cosa ci sia di vero. Credo che molti uomini siano stati con te solo nella loro fantasia.»

Lei appoggiò il capo al bordo della vasca e socchiuse gli occhi. «Alan, tu hai mai fatto delle fantasie su di me?»

«Ho sempre pensato che tu sia una bellissima donna, Pam, ma non ho mai fantasticato su di te.»

Lei strinse le labbra, delusa. Dunque lui non si sentiva affatto attratto da lei e quell’elettricità che c’era tra loro era solo il frutto della sua fervida immaginazione.

«Perlomeno, non fino a questa settimana» aggiunse Alan, pacato.

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Pam alzò la testa e lo guardò.«So quello che pensi di me, Pam. Tu credi che io sia un robot, un manichino...»«Un computer!» aggiunse lei, ridendo.Lui sorrise. «Grazie mille.» Le si avvicinò e le prese il viso tra le mani. «Ma non

sono affatto una macchina, Pam.»Le loro labbra si sfiorarono e Pam indietreggiò per un istante. «Ne sei proprio

sicuro, Alan? Sei sicuro di quello che sta per accadere?»

Lui le riempì il viso di baci e accarezzò il suo profilo. «Ti desidero come non ho mai desiderato nessun’altra donna in tutta la mia vita.»

L’abbracciò forte e l’acqua si mosse intorno ai loro corpi dolcemente, avvolgendoli in una morbida coperta.

«Sei bellissima» sussurrò, sciogliendole i capelli.«Oh, Alan.» Le sue carezze fecero svanire quel minimo di controllo che le era

rimasto e si abbandonò tra le sue braccia come se al mondo non esistesse nient’altro. Chiuse gli occhi e lasciò che fossero il suo corpo e le sue mani a dire tutto quello di cui c’era bisogno.

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Quando Pam aprì gli occhi, la prima luce dell’alba trovava accesso alla stanza attraverso le pesanti tende e, nonostante si intuisse che fosse un’altra splendida giornata di sole, lei si sentì scuotere da un brivido. Alzò lentamente lo sguardo verso lo specchio sul soffitto e avrebbe voluto non trovarvi riflessa quell’immagine.

«Oh, mio Dio» mormorò a denti stretti. Allora era accaduto davvero. Lei e Alan. Lei e l’ex fidanzato della sua migliore amica avevano passato insieme una notte di folle passione. «Oh, mio Dio, mio Dio!»

Alan si stiracchiò al suo fianco e si girò supino. «Buongiorno» le sussurrò, allungando un braccio verso di lei.

Pam si divincolò, cercando di uscire dal letto, ma il movimento ritmico del materasso ad acqua rendeva l’operazione più difficile del previsto. «Lasciami andare» protestò.

«È ancora molto presto.»Non riusciva a capire come lui non si rendesse conto di quello che era successo e,

per la rabbia, gli tirò il cuscino sul viso. «Alzati, Alan! Non vedi che ci siamo ficcati in un guaio dalle dimensioni galattiche?»

Alan si stropicciò gli occhi e si mise a sedere sul bordo del letto. «Come, scusa?»«Alan, questa notte abbiamo fatto l’amore!»«Sì, tesoro. C’ero anch’io, non ricordi?» Perché lo guardava con quell’aria risentita?Il problema era proprio quello. Pam ricordava fin troppo bene le sue mani

carezzevoli, il suo corpo eccitante e i suoi baci sensuali. Si passò le dita tra i capelli arruffati e lo fissò, spaventata. «E adesso, che cosa facciamo?»

Lui si guardò intorno senza capire la sua ansia. «Che ne diresti di una gita a Disney World?»

«Non c’è proprio niente da ridere» ribatté lei, seccata dal suo sarcasmo.«Ti dispiace concedermi un paio di secondi per ricollegarmi con la realtà?» Si alzò

e si infilò una maglietta.Dunque, per lui, tutto quello che era successo era stato solo una parentesi al di fuori

della realtà, qualcosa senza troppa importanza. Ma certo, perché stupirsene? In effetti, non era lui che doveva affrontare Meg quando sarebbero ritornati a casa. Da un punto di vista prettamente maschile, passare una notte con la migliore amica della donna che lo aveva abbandonato proprio davanti all’altare era la migliore delle vendette.

Pam si sentiva ferita e tradita nel proprio intimo. Era stata una vera idiota a non rendersi conto di come stavano le cose, la sera prima. «Ma certo, fai pure con calma» ribatté con tutta l’indifferenza che era in grado di simulare.

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Alan accennò un gesto di ringraziamento e subito dopo scomparve dietro la porta del bagno.

Lei si alzò e cominciò a raccogliere i suoi vestiti sparsi per tutta la stanza. Non le restava altro da fare che andarsene. Avrebbe preso un autobus, un treno o avrebbe fatto l’autostop. Non le importava se ci avesse impiegato una settimana per tornare a casa, qualsiasi cosa pur di non tornare su un aereo. Anzi, il viaggio lungo le avrebbe permesso di pensare a cosa avrebbe detto a Meg. «No, ti giuro, Meg, non siamo mai stati a letto insieme prima. Ma Alan è così carino e sexy...»

«Pam.»La voce di Alan fece scattare i suoi nervi tesi e parte della sua biancheria intima

volò nella stanza.«Che cosa stai facendo?» le domandò, placido.Lei raccolse quello che le era sfuggito di mano e lo mise nella borsa. «Che cosa

pensi che stia facendo? Sto preparando le valigie.»«Per andare a casa? Perché?»Lei si voltò e lo guardò negli occhi.Finalmente lui sembrò comprendere che cosa le passasse per la testa. «Posso capire

che cosa stai pensando, ma non credo che questo sia il modo migliore per affrontare la cosa.»

«Hai qualche idea migliore?»Alan si strinse nelle spalle. «Cerchiamo di dare a quello che è successo le giuste

proporzioni. Abbiamo trascorso una serata molto romantica durante la quale tutti ci trattavano come una coppia. Abbiamo bevuto un po’ troppo champagne e poi... be’, il resto è venuto da sé. Ti chiedo scusa, sono stato io a convincerti a venire a Fort Meyers con me e in qualche modo sono responsabile di tutto quello che è accaduto.»

Lei sospirò immobile e lasciò andare le mani sui fianchi. «Non c’è bisogno che ti scusi, Alan. Non mi hai costretto sotto la minaccia di una pistola, mi pare.»

Lui si sistemò l’asciugamano che aveva legato in vita. «Dormire insieme non è stata una mossa intelligente, visto come si sono messe le cose. Ma siamo grandi abbastanza per controllarci e fare in modo che non succeda più.»

«Oh, non succederà mai più.»«Sono d’accordo» confermò Alan con un cenno deciso del capo. «Stabilito questo,

puoi fermarti qui. Adesso è tutto a posto.»«No, Alan, non è tutto a posto» ripeté lei, dispiaciuta. «Che cosa dirò a Meg?»«Noi» la corresse lui con fermezza. «Noi non le diremo niente. Meg è sposata, Pam.

Non le interessa affatto essere informata sulla mia vita sessuale e, anche se lo fosse, comunque non sono più affari suoi.»

«Ma come farò a guardarla negli occhi?»«Fa’ finta che non sia successo niente» le consigliò con semplicità e, così facendo,

le confermò la sensazione che lui non fosse affatto coinvolto da quello che era successo tra loro.

«Ma io non posso mentirle, Alan. Meg è la mia migliore amica.»Lui allargò le braccia. «Benissimo, così, se Meg ti chiederà che cosa è successo tra

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noi, tu le dirai: io e Alan abbiamo fatto l’amore?»«Sono sicura che non le verrà neppure in mente di chiedermi che cosa è successo

fra noi.»

«Appunto» replicò. «Ma sicuramente solleticheresti la sua curiosità rientrando in anticipo e da sola. Per cui, lascia perdere la valigia e fermati qui con me fino a domenica. Se tutto va bene, torneremo in città come due ottimi amici.»

Detto da lui, sembrava che non ci fossero problemi. Avevano commesso un errore e la cosa non si sarebbe ripetuta. Punto e basta. Alan era fatto così. Era pratico, ecco cosa significava quella famosa P! Forse aveva ragione lui. Forse avevano solo bisogno di un paio di giorni per tornare alla normalità. Probabilmente lei non sarebbe più riuscita a guardare Alan senza ricordare quello che era successo tra loro, ma almeno poteva fare qualcosa per salvare la loro amicizia. «D’accordo» disse infine con un sorriso. «Mi fermo e sono sicura che resteremo amici.» Sospirò sollevata e si guardò intorno. «Oggi farò un po’ di shopping e prenderò il sole.»

«Perfetto! Anch’io mi troverò qualcosa da fare e se...»«E se troverò qualcosa da fare fino a tardi ci vedremo...»«Ci vedremo domani» concluse lui, annuendo.«Perfetto.»«Vuoi fare tu la doccia per prima?»«Sì, grazie» disse, passandogli accanto. Qualcosa scricchiolò sotto ai suoi piedi.«Hai per caso visto i miei occhiali?»Pam abbassò lo sguardo e poi annuì.Alan cercava di sistemare quello che era rimasto della montatura dei suoi occhiali e

si domandò che cosa stesse facendo Pam in quel momento. Si lasciò andare sulla poltrona e immaginò che lei fosse seduta lì accanto a lui. Si sentiva come un adolescente alle prese con i primi tormenti amorosi.

Era davvero strano come fosse cambiata la percezione che aveva di lei negli ultimi giorni. Pam continuava a essere la stessa donna sensuale e attraente che tutti ammiravano, ma lui aveva scoperto il calore, la vitalità e l’intelligenza che si nascondevano dietro a ogni suo sguardo. Non poteva negare di essere attratto dalle sue forme e dalla sua passionalità, ma era stata la sua risata euforica mentre correvano sulla moto d’acqua e lo sguardo soddisfatto di fronte al castello di sabbia a conquistarlo.

Sorrise tra sé. La sensualità e la bellezza di Pamela Kaminski erano solo la ciliegina sulla torta più appetitosa che si potesse concepire. Non riusciva neppure a immaginare che cosa potesse significare condividere con lei ben più di un’unica notte d’amore. Già, che cosa glielo impediva?

Immaginò Pam enumerare gli ostacoli sulla punta delle dita: perché la mia amicizia con Meg è molto più importante di qualsiasi relazione, Alan. Perché ci sono dozzine di uomini che aspettano il mio ritorno a Savannah, Alan. E poi tu non sei proprio il mio tipo, Alan.

Ecco fatto. All’alba dei trentadue anni, doveva ammettere che, per la prima volta, si sentiva completamente perso per una donna che non poteva avere.

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Decise che era meglio fare due passi per Fort Meyers e, quando si ritrovò a passeggiare sui marciapiedi affollati, immaginò che le cose con Pam sarebbero state più semplici non appena fossero rientrati a Savannah. Lui sarebbe tornato a dedicare gran parte del suo tempo al lavoro e Pam si sarebbe lasciata corteggiare da stuoli di ammiratori senza neppure ricordare quello che era successo tra loro. Si sarebbero rivisti solo in occasioni ufficiali, a qualche festa. Lui l’avrebbe salutata con un cenno e lei gli avrebbe sorriso e nessuno avrebbe mai potuto pensare che avessero condiviso un’infuocata notte di passione.

Alan aveva deciso di tenersi lontano dalla spiaggia per evitare un possibile e imbarazzante incontro con Robin. Si era immerso nella ridda di negozi e locali che riempivano le strade del centro. Si fermò davanti alla vetrina di una gioielleria e, con aria distratta, notò tra il resto un piccolo ciondolo d’oro a forma di castello di sabbia. Qualcosa scattò nella sua mente e decise che dare a Pam qualcosa che gli ricordasse quei giorni fosse un’ottima idea. Entrò nel negozio e lo acquistò senza esitare.

Alla fine si ritrovò in un bar a vedere una partita di basket in televisione.Il proprietario del locale era un uomo robusto con i capelli lunghi e i muscoli in

bella evidenza. Anche se si sforzava di non fissarlo, Alan non poté non notare l’aquila che aveva tatuata sulla spalla.

Il barista sorrise e si appoggiò al bancone, mettendosi proprio davanti a lui. «Ehi, amico, non ti sei mai fatto un tatuaggio?»

«No, e penso che non lo farò mai» ammise Alan, ridendo.

«Be’, se ti interessa, un mio amico fa degli ottimi prezzi e ti posso assicurare che è un vero artista.»

«Ti ringrazio, ma proprio non mi interessa.» Se avesse avuto un po’ più di coraggio, non avrebbe esitato a commettere una follia come quella, qualcosa al di fuori della norma che gli restituisse un po’ di energia. Si sentiva svuotato e apatico.

Il barista gli offrì un’altra birra. «La mia ragazza viene a trovarmi con una sua amica più tardi. Perché non esci con noi?»

Alan alzò le spalle e sbadigliò. «Ti ringrazio, non sono in vena, stasera.»«Accidenti!» esclamò il barista. «Io, per una come quella, farei pazzie!»Alan si voltò per cercare di capire quale miracolo della natura infiammasse tanto il

suo nuovo amico e vide Pamela entrare nel locale con le mani occupate dal bottino del suo shopping.

Era impegnata a cercare qualcosa nella sua borsetta e sembrava non averlo ancora visto. Se Alan avesse avuto i riflessi pronti, avrebbe avuto tutto il tempo di pagare e andarsene senza farsi vedere. Ma il vestito nuovo di Pam lo inchiodò allo sgabello.

Quando lei alzò gli occhi per guardarsi intorno, lei lo salutò con un sorriso. «Il mondo è davvero piccolo» le disse, offrendole lo sgabello accanto a lui. «Siediti, ti offro da bere.»

Lei rimase senza parole e ubbidì. «Grazie, ma sono entrata solo per fare una telefonata. La batteria del mio cellulare ha esalato l’ultimo respiro proprio mentre stavo parlando con la signora Wingate.»

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«Si è decisa a comprare la villa Sheridan?»«Non ancora. Ha deciso di chiamare un esorcista per disinfestare la casa» dichiarò,

ridendo.«Allora non ti trattengo.» Peccato. Moriva dalla voglia di trascorrere il resto della

giornata con lei.«Oh, be’, non importa» replicò Pam, sistemandosi meglio. «Probabilmente a questo

punto sarà nel vivo della cerimonia e non risponderebbe più al telefono.» Pam gettò un’occhiata al barista che sembrava volerla spogliare con gli occhi. «Che bel tatuaggio.»

«Grazie» rispose lui, compiaciuto. Alan se ne sarebbe voluto andare per non dover controllare oltre la sua gelosia.

«Che cosa hai fatto oggi, allora?» le domandò per distrarsi.«Ho dato un’occhiata alle case che sono in vendita da queste parti. Ci sono

parecchie occasioni interessanti e il mercato immobiliare sembra particolarmente vivace.»

Lui si morse il labbro con un terribile presentimento. «Non starai pensando di trasferirti qui, vero?»

«No, anche se il posto è davvero incantevole. Ma ho sempre pensato che Atlanta sia la mia città preferita e ho parecchi amici laggiù.»

Dunque aveva spasimanti sparsi per tutti gli Stati Uniti! «Sì, lo credo anch’io» confermò senza entusiasmo.

Lei annuì e si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «Finché mia madre sarà in vita, resterò a Savannah.»

«Chissà cosa sta facendo mia madre in questo momento. Spero che si sia ripresa dallo shock per il mancato matrimonio» dichiarò, pensieroso.

«Lei adorava Meg, vero?»«Già. La credeva la donna giusta per me e per la mia carriera.»«Voleva dei nipotini?»«Mia sorella ha avuto due figli e mia madre è convinta che ci sia già abbastanza

gente al mondo che la chiama nonna.»Pam ridacchiò. «Senti, io sono un po’ stanca. Credo che tornerò in albergo.»I loro sguardi si intrecciarono e Alan dovette combattere contro la tentazione di

baciarla. «Dai, fermati ancora un momento. Ti offro una birra, giusto per bere qualcosa tra amici.»

Lei esitò e poi sorrise appena. «D’accordo, solo una birra.»Alan riemerse a fatica dal mondo dei sogni e avvertì un gusto amaro in bocca. Il

movimento delle labbra gli causò un dolore acuto alle tempie e sbadigliò tanto rumorosamente da darsi fastidio. Chiuse di nuovo gli occhi e cercò di ricostruire quello che era successo.

Adesso era in albergo e Pam dormiva al suo fianco. Ricordava che avevano bevuto qualche birra, chiacchierando del più e del meno. Poi cos’era successo? Erano tornati subito in albergo? E dopo?

Aprì di nuovo gli occhi e cercò di decifrare l’immagine riflessa dallo specchio appeso al soffitto. Non c’era nessun dubbio. Due corpi nudi abbracciati teneramente.

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Di nuovo, è successo di nuovo.Pam dormiva a pancia in giù e il lenzuolo lasciava scoperta la sua schiena

abbronzata e liscia come seta.Alan si alzò per non cedere alla tentazione di accarezzarla e andò in bagno alla

ricerca di un bicchiere d’acqua.Gli faceva male la schiena e pensò che quella notte doveva essersi scatenato ancora

più di quanto ricordasse, ma non capiva perché gli bruciasse perfino la pelle su un fianco.

Si voltò e cercò di capire cosa fosse successo, guardandosi allo specchio. Che strano, non ricordava che Pam avesse tirato fuori quella confezione di tatuaggi che aveva comprato il primo giorno. Senza occhiali non riusciva neppure a distinguere che cosa fosse.

Doveva essere stato davvero brillo se le aveva permesso di fare una cosa del genere. Per fortuna bastavano un po’ d’acqua e una salvietta per rimediare a quel pasticcio. Cominciò a fregare, ma il tatuaggio, invece di dissolversi, gli bruciava ancora di più. Devo essere allergico, pensò, strofinando con più delicatezza. Ma, quando controllò le tracce di colore sulla salvietta e vide che era immacolata, lo stomaco gli si contorse. «No, non può essere!»

Si avvicinò ancora di più allo specchio, assumendo una strana posizione, ma faceva comunque fatica a distinguere con precisione i tratti del tatuaggio. Gli sembrava formato da delle lettere. Oh, mio Dio, c’era scritto Pam. «Ahhh!» urlò, disperato. «Paaaaam!»

Pamela sobbalzò nel letto e, per qualche secondo, non fu in grado di identificare l’origine del rumore che l’aveva svegliata. Sbadigliò e sollevò appena il capo dal cuscino. «Alan, va tutto bene?» domandò, intontita.

La porta del bagno si aprì di scatto e lui uscì, nudo e con il viso rosso di rabbia. «No, per niente! Non è mai andata così male in vita mia!»

Pam si voltò sul fianco e si scostò i capelli dal viso. «Ti dispiacerebbe dirmi che cosa è successo senza obbligarmi a farti una dozzina di domande?»

«Tu! Sei stata tu a farmi fare una cosa del genere» l’accusò con tanto di indice teso.Lei ricordò ogni cosa. «Lo abbiamo fatto di nuovo, vero?»«Sì, ma non è questo il problema.»Pam si sentiva ancora più confusa. «Ma di che cosa stai parlando?»Lui si voltò e le indicò il fianco nudo. «Di questo!»Lei si chinò in avanti per vedere meglio e scoppiò a ridere. «Un tatuaggio? Ti sei

fatto un tatuaggio? Non ci posso credere!» Si alzò in piedi, cominciando a ricordare. «Ecco, vedi, anch’io ne ho fatto uno sul fianco. Una piccola rosa. Bella, vero?» Si contorse per osservarla meglio e poi guardò Alan che era ammutolito. «Il tuo che cos’è? Sembra una scritta. Ma cosa c’è scritto?» Si chinò per vedere meglio.

Un piccolo cuore rosso con inciso il suo nome. «Pam» mormorò Alan, incredulo e disperato.

«Dicono che il laser riesca a cancellare completamente un tatuaggio.» Era già qualche minuto che Pam cercava di tranquillizzare Alan mentre scendevano in

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spiaggia.

Lui camminava a testa bassa al suo fianco.«Il vero pasticcio non è il tatuaggio, Alan. È successo di nuovo quello che eravamo

entrambi decisi di evitare. Non possiamo permettere che accada ancora.»«Sono d’accordo» confermò lui, tenendo lo sguardo fisso davanti a sé.«Dobbiamo rimanere qui solo un altro giorno e un’altra notte. Se eviteremo di bere

e di cacciarci in atmosfere romantiche, forse riusciremo a tenere le mani a posto.»«Giusto.»«Cerchiamo di goderci il tempo che ci è rimasto» disse lei con dolcezza, mentre

camminavano sulla sabbia bianca.Lui si fermò e si voltò a guardarla. «Cerchiamo di arrivare fino a domani senza

ficcarci in nessun altro guaio.»Le dispiaceva vederlo così preoccupato e in qualche modo sentiva che la stava

allontanando da sé. Quando lei si fu accomodata sul lettino, lui si sistemò qualche metro più lontano e si immerse nella lettura del giornale, voltandole le spalle.

Pam non capiva cosa stesse succedendo e cercò a sua volta di concentrarsi nella lettura. Ma non riusciva a smettere di pensare ad Alan. Il giorno prima le era mancato e, quando se ne era resa conto, aveva avuto paura. Vedendolo al bar, non era stata capace di mantenere le distanze e aveva subito ceduto al desiderio di stargli vicino. Non ricordava con precisione la successione degli eventi della serata, ma molte immagini cominciavano a riemergere dalla sua memoria.

Ricordava, per esempio, di essere stata lei a suggerire l’idea del tatuaggio, ispirata dall’aquila del barista. Alan aveva esitato, ma poi lei lo aveva praticamente trascinato e lo aveva perso di vista solo quando erano finiti sotto ai ferri. Non le risultava ancora perfettamente chiaro come mai lui avesse scelto proprio il suo nome come decorazione. A proposito di quello che era successo in camera da letto, poi, preferiva stendere una velo pietoso. Non doveva accadere mai più.

Si sentiva triste, ma cercava di convincersi che le cose sarebbero andate meglio non appena tornati a Savannah. Da un lato, lei lo avrebbe visto pochissimo, dal momento che l’unico legame che c’era tra loro, Meg, adesso non esisteva più. Ma forse era meglio così e vederlo solo raramente le avrebbe permesso di non ripensare continuamente ai giorni felici passati a Fort Meyers. Lì tutto era possibile e loro si erano potuti abbandonare all’attrazione che provavano l’uno per l’altro, scordando i problemi, i rischi e gli ostacoli.

«Ciao.»Pam alzò lo sguardo e sbuffò leggermente quando riconobbe Enrico e quel suo

stupido sorriso da seduttore consumato. Lo salutò, facendo un cenno verso Alan che non si era accorto del suo arrivo. «Vedo che tuo marito ti sta trascurando un’altra volta. Forse posso fare qualcosa per rimediare alla situazione.»

Pam era infastidita dalla sua insistenza. «Non credo proprio.»«Posso invitarti a fare una passeggiata?»Lei si infilò gli occhiali da sole. «No.»«Che ne dici di un drink?»

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«No.»Lui si sedette sul bordo del lettino e Pam sentì dal suo alito che aveva bevuto

parecchio. «Ti piace stuzzicarmi, vero?»«No» rispose Alan alle sue spalle. «Vuole solo che la lasci in pace.»Pam alzò il capo e guardò Alan fissare Enrico. È proprio vero che due galli in un

pollaio sono di troppo. Lei sorrise. «Me la posso cavare da sola, Alan.»Ma Alan non aveva intenzione di stornare lo sguardo dal rivale, il quale non

sembrava voler desistere. «Vedi, Alan» disse Enrico con aria strafottente, «è meglio che ti rimetti a leggere e lasci che io e la tua bella ci facciamo un po’ di compagnia.» Enrico allungò le mani sulle gambe di Pam.

Lei reagì, alzandosi in piedi, e si mise davanti ad Alan che aveva un’espressione bellicosa dipinta sul viso. «Adesso basta. Vattene, Enrico!»

«Che c’è, Alan? Hai paura di batterti per una donna? O credi che non ne valga la pena?»

Lui fece un respiro profondo e strinse le mani intorno al giornale.«Avanti, smidollato. Fammi vedere se sei davvero l’uomo giusto per una donna

come questa.» Enrico sferrò un pugno proprio sul naso di Alan e Pam cercò di intromettersi, afferrandolo per i capelli. Nel giro di pochi secondi, si ritrovarono a terra tutti e tre.

Nella lotta concitata, sollevarono una nuvola di sabbia che rendeva difficile distinguere gli alleati dai nemici.

Pam riuscì appena a individuare il volto di Alan contratto in una smorfia di rabbia e lo vide assestare un pugno nello stomaco a Enrico.

Proprio in quel momento, qualcuno urlò chiamando la polizia ed Enrico ci impiegò solo pochi secondi a liberarsi dalla stretta di Alan e a scappare lungo la spiaggia.

Alan era rimasto a terra e le sorrideva, coprendosi un occhio con la mano.Non ebbe il tempo di dirgli quanto fosse dispiaciuta per quello che era successo. Un

poliziotto in divisa si avvicinò a loro e Alan lo riconobbe subito.«Bene, bene. Ci risiamo.» Era lo stesso agente che lo aveva arrestato per atti osceni.«Be’, cerca di considerare il lato positivo» gli consigliò Pam, mentre era al volante

della limousine, il mattino successivo.Intontito da un’altra notte in prigione, Alan aveva la testa piena di strani pensieri.

«E quale sarebbe?»«Stanotte non abbiamo fatto l’amore.» Lo diceva come se fosse stato un colpo di

fortuna.E c’era di che gioirne? Alan sentiva di avere perso una preziosa occasione.«Oggi torniamo a Savannah ed è già tutto pronto per la partenza. Ho salutato la

ragazza della reception e ho fatto le valigie. Sono già qui in macchina.»Alan guardò fuori dal finestrino e sentì un profondo senso di vuoto. Non aveva

avuto neppure la forza di impedirle di guidare e si era seduto sul sedile posteriore. «Perfetto» disse senza entusiasmo.

Pam gli parlava guardando nello specchietto retrovisore. «Che ne diresti di fermarci per mangiare un boccone? Io sto morendo dalla fame e abbiamo tutto il tempo prima

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del volo.»

«Va bene.» Si sfilò gli occhiali: era meglio non vedere le manovre di parcheggio di Pam.

Avevano fatto una breve sosta in un ristorante sulla superstrada che portava all’aeroporto e adesso erano in colonna già da qualche minuto.

«La radio dice che c’è stato un incidente» lo informò Pam, abbassando il pannello che li divideva. «Ma non ti preoccupare. Abbiamo ancora un’ora prima del check-in.»

Lui sbuffò, tenendo stretto sull’occhio il sacchetto del ghiaccio che aveva comprato per cercare di combattere l’enorme livido blu. Odiava il traffico, soprattutto dopo una settimana di relax come quella che aveva trascorso con Pam.

Dopo più di mezz’ora erano ancora fermi nello stesso identico punto e Pam riabbassò il pannello. «Non ti preoccupare, arriveremo in tempo.»

Alan sospirò e sorrise. «Ehi, Kaminski?»Lei si voltò a guardarlo. «Sì?»«Ti sei mai spogliata in una limousine?»Lei sorrise controvoglia. «No.»«Ti piacerebbe provare?»In tutta risposta, lei rialzò il pannello e si voltò.Alan sospirò ancora e si lasciò andare sul sedile. «Non c’è niente di male a fare una

domanda» mormorò. Soprattutto perché era forse l’ultima occasione che aveva di corteggiarla senza avere intorno altri pretendenti. Per lui sarebbe stato praticamente impossibile sconfiggere la numerosa concorrenza che lo attendeva a Savannah.

Pam scese dalla macchina e lo raggiunse sul sedile posteriore, ridendo divertita. «Credi che mezz’ora ci potrà bastare?» domandò provocante.

La limousine attraversò a tutta velocità il parcheggio dell’agenzia di noleggio.«Non succederà mai più» dichiarò Pam, sterzando di scatto proprio a pochi

centimetri da un lampione.«No, assolutamente» confermò Alan senza esitare.Non avevano più tempo da perdere e, dopo avere riconsegnato la macchina, corsero

al cancello di imbarco del loro volo.Quando furono seduti sull’aereo, Alan si sentì a disagio. Era strano pensare che

erano passati solo pochi giorni da quando avevano lasciato Savannah. A lui sembrava di essere stato lontano una vita e, con tutto quello che era successo, avrebbe voluto poter fermare il tempo.

Ma ormai era finita e doveva cominciare a pensare a Pam con un certo distacco.Era inutile lasciarsi prendere dai ricordi e dalle sensazioni che aveva provato con

lei. Doveva sforzarsi di considerare i fatti per quello che erano: lui aveva avuto un momento di debolezza e Pam aveva solo cercato di stare vicino a un amico in difficoltà. E poi, anche se le circostanze fossero state diverse e anche se lui avesse avuto intenzione di sposarsi, Pamela Kaminski era la donna meno adatta da portare all’altare.

Fortunatamente il volo si concluse senza grosse difficoltà. Il fatto che Pam fosse

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inciampata nel corridoio tra i sedili e avesse travolto la hostess che teneva in mano il vassoio dei pasti non meritava una menzione particolare, adesso che lui sapeva cosa potesse combinare l’uragano Kaminski.

Al momento dell’atterraggio sentì le sue unghie conficcarsi profondamente nel suo braccio e solo allora Alan si rese conto di quanto le fosse affezionato. Le prese la mano e la strinse forte nella sua e il sorriso riconoscente che lei gli regalò gli riscaldò il cuore. Sapeva perfettamente che, anche quando l’occhio fosse guarito, il tatuaggio cancellato dal laser e i suoi guai giudiziari risolti, non avrebbe mai potuto dimenticare quella settimana con Pam.

Quando scesero dall’aereo, lei era la donna radiosa e sorridente di sempre e ciò non fece che confermare i sospetti di Alan. Per lei, quella settimana era stata solo una piacevole parentesi e niente di più.

Lui invece sapeva che, nonostante tutti i guai che gli aveva procurato, Pam gli sarebbe mancata terribilmente. Si consolò pensando che forse sarebbe bastato un po’ di tempo per togliersi di dosso quella sensazione di perdita e di vuoto. Qualche volta avrebbe anche potuto telefonarle, giusto per sentire come stava.

Lui si offrì di prendere un taxi, ma Pam insistette per accompagnarlo a casa in macchina, con la scusa che aveva un affare da sbrigare dalle sue parti.

Dopo pochi minuti si ritrovarono davanti alla sua villa e Alan pensò che, non più di una settimana prima, avrebbe dovuto attraversare quella soglia con Margaret Abbott tra le braccia. Si sentiva sollevato all’idea che le cose fossero andate in quel modo, visti gli eventi degli ultimi giorni. Lui e Meg avrebbero avuto un’esistenza tranquilla insieme, ma non sarebbero mai stati davvero felici. Lei non lo aveva mai amato con la passione folle che l’aveva spinta a sposare senza troppi preamboli David Lowton. Lui si augurava solo di trovare una donna che lo amasse allo stesso modo, prima o poi.

«Tutto bene?» gli domandò Pam, in piedi accanto a lui davanti al viale d’ingresso.«Sì, certo.» Prese le valigie dal bagagliaio e rimase immobile senza sapere cosa

dire.«Alan» sussurrò lei senza guardarlo.«Sì?» Il cuore sembrava esplodergli nel petto ed era emozionato come un bambino

la sera di Natale.«Mi dispiace.»«Per che cosa?»«Per averti rotto gli occhiali e per aver preso una multa. Per averti fatto fare un

tatuaggio e per quell’occhio nero. Per averti fatto arrestare...»«Due volte» concluse lui.«Già, due volte.»I suoi occhi azzurri non gli erano mai sembrati tanto grandi ed espressivi e la sua

bocca da bambina tremava per l’emozione. Era troppo bella per poterle resistere. Lui respirò profondamente e le sorrise. «Non ti preoccupare, adesso è tutto a posto.»

Il suo sorriso luminoso valeva più di qualsiasi altra cosa nella vita. Gli bastava guardarla per dimenticare tutte le sventure e i guai che gli erano successi.

Si avviò verso la porta senza sapere più cosa dire e si fermò all’improvviso

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scoprendo che lei non si era ancora mossa. «Santo cielo, stavo quasi per dimenticarlo» disse, tornando verso di lei. Estrasse una piccola scatola nera dalla sua borsa. «Questo è per te.»

«Per me?» domandò lei, stupita. Non aveva il coraggio di sollevare il coperchio, ma, alla fine, la curiosità ebbe la meglio. Non credette ai suoi occhi quando ebbe tra le dita il ciondolo d’oro a forma di castello di sabbia. «È bellissimo, Alan» sussurrò con gli occhi lucidi. «Ma perché?»

Perché voglio che tu abbia qualcosa che ti ricordi di me e di noi due. Alan deglutì e non trovò il coraggio di dire quello che aveva nel cuore. «Perché volevo ringraziarti di avermi fatto compagnia. Mi sono proprio divertito.» Non si era solo divertito, si era sentito vivo e felice come mai prima di allora.

«Grazie. È bellissimo.» Sfilò la catenina dalla scatola e se la legò al collo. Il ciondolo scivolò nell’incavo tra i seni e Alan sentì un brivido lungo la schiena.

«Allora, ciao» disse lui, imbarazzato.«Ciao.»Cominciò ad avviarsi lungo il viale, ma senza darle le spalle. «Ci vediamo...»«Prima o poi» concluse lei.Alan la vide salire in macchina e partire a tutta velocità. Nel giro di pochi secondi,

scomparve completamente dal suo orizzonte.

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Pam si diede una pacca sul ginocchio e scoppiò a ridere. «Questo è il migliore pesce d’aprile che mi abbiano fatto, dottoressa Campbell.»

Eleanor Campbell incrociò le mani sulla scrivania e sorrise pacatamente. «Non sto scherzando, Pamela. Sei incinta.»

Paura, incredulità e un brivido freddo le scossero il corpo. La bocca le si seccò e avvertì uno strano formicolio alle mani. «Co... com’è possibile? Come può essere accaduto?»

La dottoressa sospirò. «Vuoi la spiegazione scientifica o preferisci che ti faccia un disegno?»

«Ma non può essere vero» ribadì Pam. «Ho sempre preso la pillola tutti i giorni come lei mi aveva spiegato.»

«Sì, ma io ti avevo anche detto che quell’antibiotico che ti avevo prescritto per l’otite avrebbe potuto intaccare l’effetto anticoncezionale, Pam.» Comprese che la sua paziente era sotto shock e parlava con un tono di voce rassicurante. «Mi sembra di capire che non sia una buona notizia per te e per il padre del bambino.»

Pam chiuse gli occhi e si passò una mano sulla fronte sudata. «A quando risale la data del concepimento?» Aveva paura della risposta, ma non poteva fingere che si trattasse solo di un incubo.

«Secondo le informazioni che mi hai dato, dovrebbe essere successo intorno al... quattordici febbraio.»

Pam continuava a tenere gli occhi chiusi nella speranza che la realtà di quella notizia svanisse come per magia. I fatti parlavano chiaro: lei avrebbe dato alla luce un bambino illegittimo così com’era accaduto tanto spesso alle ragazze del quartiere dove era nata. Doveva affrontare il fatto che la sua esistenza, così come l’aveva condotta fino a quel momento, era finita e che Alan, proprio quell’Alan che odiava i bambini e che non aveva più rivisto dai giorni di Fort Meyers, era il padre della creatura che cresceva in lei da quasi due mesi.

«Signor Parish?» La voce di Linda lo chiamò dall’interfono.Alan schiacciò ansioso il bottone che gli permetteva di rispondere. «Sì?»«Mi dispiace, ma i biglietti per la cena in favore della ristrutturazione della scuola

sono esauriti.»Lui imprecò a denti stretti e si sistemò gli occhiali sul naso. Non si era ancora

abituato alla montatura nuova. «Che cosa sai del ballo della Croce Rossa?»«Niente da fare. Non ci sono più ingressi disponibili» dichiarò Linda, dispiaciuta.«E la cena per il restauro del faro?»

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«Ho controllato anche quella, ma non ci sono più biglietti. Se le interessa, ci sarebbero due posti disponibili al convegno annuale dei dentisti. Stanno raccogliendo fondi per la loro associazione.»

Come se ne avessero bisogno! «Affare fatto. Prenotami due posti.» Non prese tempo e tentò subito di rintracciare Pam sul cellulare.

Da quando erano tornati da Fort Meyers, aveva provato a chiamarla almeno un centinaio di volte, ma aveva sempre riappeso perché gli sembrava di non avere una buona scusa per parlare con lei.

Be’, adesso che ne aveva una, se non buona perlomeno ragionevole, sperò di riuscire a sbloccarsi e a non farsi prendere dall’agitazione.

Selezionò il numero e si augurò che a rispondere fosse la segreteria telefonica. In quel modo sarebbe stato più semplice invitarla a quella cena fingendo di chiamarla solo perché nessun’altra amica aveva voluto fargli il favore di accompagnarlo.

Invece fu proprio Pamela a rispondere. «Pronto?»Alan deglutì e si fece coraggio. «Pam, ciao. Sono Alan... Alan Parish.»Ci fu qualche istante di silenzio. «Ciao, Alan. Come va? Posso aiutarti?»Lui rise in modo isterico. «No, no. Volevo solo augurarti un buon pesce d’aprile!»Pam deglutì. «Be’, è davvero un pensiero carino da parte tua.»Lui prese in mano una penna e la picchiettò sulla scrivania con fare nervoso.

«Allora, dimmi, come stai?»«Bene. E tu? Come sta il tuo occhio?»«Oh, è guarito.»«E l’operazione con il laser?»

«Be’, ecco» rispose, muovendosi sulla sedia, «mi sto informando su dove farla. Voglio che sia un bravo dottore a usare quel marchingegno su di me.»

Pam accennò una risata. «Meg mi ha raccontato che vi siete visti e avete chiarito ogni cosa.»

«Esatto.» Per quanto lo riguardava, era un capitolo chiuso da un pezzo e lui non aveva alcun rimpianto. Ma sapeva che Meg si sarebbe sentita sollevata se avesse potuto spiegargli perché aveva rinunciato al loro matrimonio.

«Mi è sembrata anche molto felice di essere diventata mamma» osservò Pam.Lui si sforzava di seguire il suo discorso, ma non riusciva a togliersi dalla testa

l’immagine di lei nuda nella limousine. «Già, ti immagini che incubo avere tre bambini da accudire?»

«Eh, no... Un vero incubo.»Alan ripensava alla sua pelle liscia e profumata. «Il solo pensiero mi fa venire i

brividi.»«Sì, ricordo come la pensi sui bambini, Alan.»Strano. In quel momento, l’unica cosa che lo spaventava circa l’avere un figlio era

l’idea di dovere condividere con lui o lei la propria moglie. Pam era il tipo di donna che rende il proprio uomo egoista. Alan scosse la testa, confuso. Pamela, un figlio, matrimonio? Ma che cosa gli stava passando per la testa?

«Alan, sei ancora lì?»

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«Sì, certo» disse, schiarendosi la voce. «Ascoltami, Pam, avresti voglia di accompagnarmi a una noiosa cena di società, questo finesettimana? Tutte le altre mie possibili dame mi hanno dato buca e io devo assolutamente andarci.» Che tattica subdola per convincerla a uscire con lui. Doveva proprio solo sperare nella sua pietà?

«Di che cena si tratta?»Santo cielo, non se lo ricordava più! Che cosa gli aveva detto Linda? «Ecco, credo

sia una cena per il faro della scuola restaurata dei dentisti.» Ma dove aveva la testa? Si stava comportando come un idiota.

«Cosa?» domandò Pam senza avere capito una sola parola. Forse c’era un disturbo sulla linea.

«Lasciamo perdere gli affari» ammise lui con sincerità. «Ti andrebbe di uscire con me, stasera?»

«C’è qualcosa che non va, Alan?»Ovviamente, per lei l’idea di uscire insieme a cena senza un motivo non aveva alcun

senso. «Ecco, vedi... Vorrei parlarti di Meg» disse, tentando di commuoverla. «Da quando l’ho rivista, ho capito che certe cose sono rimaste irrisolte e vorrei parlarne con te.» Era pronto anche a strisciare pur di rivederla.

Lei esitò qualche secondo.«Pam?»«Va bene, Alan» disse con dolcezza. «A che cosa servono altrimenti gli amici.»Esultava per la gioia e per poco non cadde dalla sedia. «Perfetto! Ci vediamo da

Chez Max alle sette. Sei d’accordo?»«Sì.»Alan avvertì la mancanza di entusiasmo nella sua voce, ma gli bastava l’idea di

potere rivederla per essere felice e subito cercò un altro argomento per prolungare ancora di qualche istante la loro conversazione. «Sei riuscita a vendere la villa Sheridan?»

«Non ancora. La signora Wingate ha chiamato uno stregone per un consulto e stiamo ancora aspettando i risultati. Scusami, Alan. Ma adesso devo proprio andare.»

«Sì, scusa. Ci vediamo questa sera.»Riappese il telefono, cercando di essere ottimista, ma l’indifferenza che aveva

sentito nella voce di Pam lo aveva ferito.Appoggiò i gomiti alla scrivania e si prese il capo tra le mani. Dannazione, aveva

perso la testa per una donna che lo aveva già dimenticato.Pam ripose il cellulare nella sua custodia e non riuscì a trattenere le lacrime. Il

destino aveva voluto che lui scegliesse proprio quel giorno per chiamarla dopo che lei aveva atteso una sua telefonata fin dal giorno successivo al loro rientro. Come avrebbe fatto a dirgli che stava per diventare padre del bambino che cresceva nel suo corpo?

Con che coraggio poteva rivelargli una cosa simile? Stava per avere un bambino che non voleva da una donna che non voleva.

Si lasciò andare sulla poltrona e si passò la mano sul ventre. Come avrebbe fatto a spiegare a Meg quello che era successo? La sua migliore amica continuava a esserle

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riconoscente per quello che lei aveva fatto per Alan, ma non aveva la minima idea di ciò che fosse realmente accaduto.

Pensava anche al suo bambino. Come avrebbe fatto a spiegargli o a spiegarle quello che era successo? Quali parole avrebbe usato per fargli capire che il papà non voleva nessuno dei due e che tutto era successo per sbaglio?

Doveva sforzarsi di essere sincera anche con se stessa. Era stata un’irresponsabile a comportarsi in quel modo. Sapeva bene che Alan era ancora innamorato di Meg e aveva lasciato che lui la usasse per dimenticare la delusione del matrimonio andato a monte, solo nella speranza che potesse accorgersi di lei.

Sapeva ormai da molto tempo che solo Alan le avrebbe potuto dare la sicurezza, l’amore e il rispetto che da sempre cercava in un uomo ed era consapevole che lui non sarebbe mai potuto essere suo.

E allora? Che cosa poteva fare? Pam si asciugò gli occhi dalle lacrime e prese la sua agenda personale dal cassetto della scrivania. Cercò un numero di Atlanta e lo compose sulla tastiera del suo cellulare. «Guy, ciao, sono Pam.»

«Tesoro, come stai?» le domandò subito, premuroso e attento come sempre.Alan controllò il suo orologio per l’ennesima volta. Ma dove si era cacciata? Pam

aveva solo pochi minuti di ritardo, ma, da quando le aveva parlato nel pomeriggio, il tempo sembrava scorrere più lentamente. Era impaziente di vederla e di parlare con lei. Tamburellava nervosamente con le dita sul bancone del bar e bevve il cocktail tutto in un fiato, sperando che gli potesse dare coraggio.

Lui l’amava. Poteva sembrare ridicolo e lei probabilmente gli avrebbe riso in faccia, ma non gli importava. La settimana a Fort Meyers gli aveva insegnato ad apprezzare la sua vitalità e lui ormai ne aveva bisogno come dell’aria che respirava. Non si era trattato di una semplice avventura. Alla fine aveva dovuto ammettere con se stesso che lui aveva bisogno di Pamela e voleva averla al suo fianco ogni giorno della sua vita.

Non riusciva neppure a concepire l’idea di doverla dividere con altri uomini e sapeva che non sarebbe riuscito a convincerla a sposarlo. Voleva proporle di trasferirsi da lui e forse un giorno sarebbero stati pronti per il matrimonio e per una famiglia.

Alan scosse il capo. Per prima cosa era meglio concentrarsi su quella serata e sfruttare quei minuti di attesa per pensare a qualche valido argomento di conversazione.

Verso le otto, Pam entrò nell’appartamento dell’uomo che aveva conosciuto al club qualche anno prima e con cui aveva mantenuto fitti contatti.

Lui l’abbraccio e la prese delicatamente per il mento. «Pam, sei sempre bella come una rosa.» Guy Delatouche viveva apertamente la sua omosessualità ormai da molti anni e aveva un modo di fare molto garbato. «Suppongo che tu sia venuta qui per dirmi qualcosa di molto importante.»

Pam si sedette sul divano e lasciò che Guy la scrutasse negli occhi. «Aspetto un bambino» disse con un filo di voce.

Guy scoppiò a piangere per la gioia e Pam si lasciò contagiare dalla sua euforia,

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contraccambiando il suo abbraccio.

«Chi è il padre? Lo conosco?» domandò Guy, curioso e raggiante.«Si chiama Alan Parish.»«Lo sa già?»Pam scosse il capo.«Hai intenzione di dirglielo?» Guy le parlava con un tono di voce materno.«Certo, anche se non so ancora come e quando lo farò.»«Dimmi, ti prego, che devo cominciare a preoccuparmi per cosa indossare al tuo

matrimonio.»Pam rise, sistemandosi un cuscino dietro la schiena. «Alan doveva sposare la mia

migliore amica non più di due mesi fa.»«Ti sei ficcata in un bel guaio. Ti ho sempre detto di lasciare perdere gli uomini

delle altre.»«Non è come pensi, Guy. È stata lei a lasciarlo il giorno del matrimonio per sposare

un altro.»«Così tu ti sei preoccupata di consolarlo.»«Sì, qualcosa del genere» ammise Pam. Sapeva che con Guy non era possibile

mentire. «Ma non penso che adesso lui sia già pronto per un altro matrimonio, e in ogni modo non con me.»

«Come pensi che reagirà alla notizia che sta per diventare papà?»Lei si morse il labbro. «Lui non sopporta i bambini.»«Perfetto!»«Ma io lo amo» ammise Pam, abbassando il capo.«E allora diglielo e vedrai che le cose si sistemeranno» la incoraggiò l’amico. Era la

prima volta che la vedeva così abbattuta ed era preoccupato per lei.

«Lui è ancora innamorato della mia amica.»«Chi te lo ha detto?»«Lui! Stasera voleva vedermi perché voleva sfogarsi.»«Be’, sicuramente è attratto da te e ti cerca come amica. È già un buon segno»

commentò Guy.Pam gli sorrise appena e sentì che stava per scoppiare a piangere.Alan si sforzò di controllare il tono alterato della voce. «Ma tu non riesci a capire,

Linda. Le ho già lasciato almeno una quarantina di messaggi!»Linda non aveva mai visto il suo capo così agitato. «Ma forse ha il cellulare...»«No, il telefono funziona. È lei che non vuole rispondere.» Dalla sera precedente,

quando l’aveva aspettata inutilmente al ristorante, non era riuscito ancora ad avere sue notizie e a questo punto era preoccupato. Non era da Pam non farsi vedere senza dare una spiegazione. Lei non era il tipo di donna che ha paura a dire in faccia quello che pensa.

«Signor Parish, posso fare qualcos’altro per lei?» domandò Linda, cercando di capire a che cosa stesse pensando.

«Cancella tutti gli appuntamenti fissati per il pomeriggio. Devo uscire un attimo.»Pamela viveva in una villetta nella zona più pittoresca della città e Alan pensò che

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aveva fatto proprio un ottimo affare.

Salì i pochi scalini che separavano il giardino dall’ingresso e raccolse il giornale ancora ripiegato perfettamente sullo zerbino. «Pam, dove sei finita?»

Dopo qualche minuto, si ritrovò davanti all’ufficio di Meg. Non sapeva più cosa fare e forse Meg era l’unica persona che potesse avere notizie di Pam.

Quando aprì la porta, si ritrovò davanti alla coppia di neosposi alle prese con un bacio appassionato. «Scusate se vi disturbo.»

Meg sobbalzò nel riconoscere la sua voce e si liberò velocemente dall’abbraccio di David. «Alan, che bella sorpresa.»

«Capisco che non è il momento più adatto, Meg, ma dovrei parlarti un attimo di Pam. È importante, credimi.»

«Allora noi ci vediamo a casa» propose David, conciliante. «Ciao, Alan.»Lui lo salutò con un cenno e aspettò che uscisse dalla stanza per parlare con

franchezza a quella che sarebbe dovuta essere sua moglie. «Non sono qui per tormentarti, Meg. Voglio solo sapere se hai idea di dove possa essere Pam.»

«Chiamala al telefono.»«L’ho già fatto. Se sai dov’è, ti prego, dimmelo» la supplicò.Meg lo guardò negli occhi e comprese che per lui era davvero molto importante.

«Mi ha fatto giurare che non lo avrei detto a nessuno...»«Meg, c’è una cosa che devi sapere» esordì Alan, deciso a raccontare tutta la verità.

«Tra me e Pam a Fort Meyers... è successo qualcosa.»

«Alan, non credo che questi siano affari miei» commentò Meg con un sorriso.«Mi sono innamorato di lei.» Adesso si sentiva meglio e allargò le braccia sollevato.

«Lei è la donna più intelligente, solare e vitale che io abbia mai conosciuto. I giorni trascorsi a Fort Meyers con lei sono stati i più belli della mia vita. Lei mi rende felice, Meg, e forse adesso riesco a capire quello che ti ha spinto a sposare David senza preoccuparti di tutto il resto.»

Gli occhi di Meg erano pieni di lacrime. «Alan, niente mi farebbe più piacere che vederti di nuovo felice e sereno.»

«Devo assolutamente vederla e dirle quello che provo per lei. Anche se lei non mi ama, non posso resistere un altro giorno in queste condizioni. Non lo sopporto.»

Meg sorrise, commossa. «Riesci a resistere per cinque ore?»Alan la guardò senza capire.«È ad Atlanta, ospite da un amico.»«Un amico?»«Be’, che male c’è?» ribatté Meg. Ma Alan non le lasciò il tempo di spiegargli la

situazione e corse via come un fulmine.

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Il sole cominciava a tramontare e Pam riusciva a intravedere il cielo primaverile dalla poltrona dov’era seduta. Non si sentiva affatto bene e doveva respirare molto profondamente per tenere la nausea sotto controllo.

Guy le girava intorno, riempiendola di attenzioni e osservandola preoccupato. Non aveva ancora smesso di giocherellare con quel ciondolo a forma di castello di sabbia e lui non sapeva come fare per distrarla un po’ dai suoi pensieri.

In quel momento, gli sembrò di sentire un rumore. «Credo che qualcuno abbia bussato alla porta» suppose, tendendo l’orecchio. «Ma qui dalla veranda è difficile sentire. Vado a dare un’occhiata, Pam.»

Lei annuì, sprofondando ancora di più nella comoda poltrona, e si accarezzò il ventre con dolcezza. Avrebbe fatto di tutto per quel bambino e lo avrebbe amato con tutta la forza che aveva.

«Tesoro, hai una visita» disse Guy dall’ingresso.Lei girò la testa, sorpresa, e riconobbe subito Alan, anche se era in penombra.Vederlo dopo così tante settimane era un bel colpo per i suoi nervi e non riusciva a

spiegarsi come mai fosse venuto a cercarla. Si alzò a fatica e lo raggiunse in salotto.

Alan si illuminò quando la vide davanti a sé. Era ancora più bella di come se la ricordasse e aveva uno sguardo dolcissimo, pulito. Indossava un cardigan del suo amico che le dava un’aria vulnerabile e Alan dovette fare uno sforzo per controllare la gelosia e la voglia di abbracciarla.

«Alan, questo è il mio amico Guy.»«Ci siamo già presentati, dolcezza» la rassicurò Guy senza togliere gli occhi di

dosso da Alan.Dolcezza, poteva almeno evitare i nomignoli del l’intimità in sua presenza!«Come mai sei qui?» gli domandò Pam, avvicinandosi a lui ancora di un passo.«Stavo cercando te.»Lei accennò un sorriso. «Sì, questo è ovvio. Ma come mai?»Alan gettò un’occhiata a Guy, ma l’amico intimo di Pam sembrava non avere

nessuna intenzione di lasciarli soli. «Scusa, ti dispiacerebbe...?»«Oh, certo» disse con una certa agitazione. «Pam, vado a preparare il letto.»Alan aspettò che la porta della stanza si chiudesse prima di cominciare. «Ti ho

aspettato per delle ore, l’altra sera.»«C’è stato un imprevisto. Avrei dovuto chiamarti.»«Ero molto preoccupato. Come stai?» Gli sembrava stanca e aveva gli occhi lucidi.«Bene» rispose con un sorriso nervoso. «Chi ti ha detto che ero qui?»

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«Meg.»Lei annuì, abbassando lo sguardo.«Ascoltami, Pam. Non ho nessuna intenzione di creare dei problemi a te e al tuo

ragazzo...»«Ma non è il mio ragazzo!» esclamò, ridendo. «Guy è un mio carissimo amico ed è

un omosessuale.»Lui si sentì sollevato. «Bene! Cioè, ognuno ha il diritto di vivere come vuole e,

ecco... Non volevo creare imbarazzo tra te e il tuo ragazzo, ma...»«Questo lo hai già detto e ti ho spiegato che Guy è solo un amico» lo corresse.

«Non dirmi che sei venuto fino a qui soltanto per salutarmi, vero?» Aveva un’espressione tesa e preoccupata.

Lui la guardò in viso e respirò profondamente. «Ti amo, Pam.»Rimase immobile, paralizzata dall’emozione, e capì che lui stava aspettando che lei

dicesse qualcosa. «Aspetto un bambino da te.»Lui si raggelò e per un attimo credette di non essere sveglio. «Puoi ripetere, per

favore?»«Aspetto un bambino da te.»Lui si sentì svenire, ma si appoggiò allo schienale del divano. «Perché hai aspettato

tanto a dirmelo?» le domandò quando si fu ripreso dalla sorpresa. Si avvicinò a lei e la prese per mano. «Mi sei mancata così tanto in queste settimane e avevo paura che ti fosse successo qualcosa quando ho visto che non arrivavi al ristorante.»

«Quando mi hai telefonato, stavo cercando di capire se quella potesse essere la giusta occasione per dirti la novità. Poi tu hai detto che volevi parlarmi di Meg e dei sentimenti che nutrivi ancora per lei.» Pam giocherellava con le dita della sua mano e solo di tanto in tanto lo guardava negli occhi.

«Era solo una stupida scusa» la rassicurò Alan, alzandole piano il mento. «Pensavo che altrimenti non avresti voluto vedermi.»

«Che sciocchezza!» Pam si rabbuiò e riabbassò il viso. «Allora Meg sa tutto.»«Già, e ha detto che è molto felice per noi. È stata lei a convincermi a venire a

cercarti fin quaggiù.» Non era mai stato tanto emozionato in vita sua. «Pamela Kaminski, vuoi sposarmi?»

Lei spalancò gli occhi. «Sposarti?»«Sai, quella tradizione per cui io sarei il marito e tu la moglie.»«Moglie?» mormorò, emozionata. «Non pensavo che sarei diventata la moglie di

qualcuno e tantomeno madre.»Lui sorrise pacato. «La vita è piena di sorprese. L’ho scoperto anch’io piuttosto di

recente.»«Alan... a te non piacciono i bambini» gli ricordò, sincera e preoccupata.«A meno che non siano i miei.»«Ma i bambini sono rumorosi.»«Lo sei anche tu» le disse, prendendola tra le sue braccia.«Disordinati» continuò lei, sorridendo.«Come la loro mamma.» Le baciò la fronte e la guardò negli occhi. «Non sarà

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facile, ma sono sicuro che ce la faremo.»Pam cercò il suo sguardo e vi lesse una profonda tranquillità. «Alan, ti amo

anch’io» ammise.

«È un sì?»Lei scoppiò a ridere. «Sì!»Lui la prese tra le braccia e la fece roteare per la stanza.«Piano, piano! Ho la nausea!» urlò lei, euforica.Lui la posò a terra, riempiendole il viso di baci e la aiutò a sedersi sul divano.Pam lo prese per mano e lo fece sedere accanto a sé. «Stavo pensando, Parish...

Forse quella P significa papà.»«Papà praticamente pazzo... di voi!» esclamò lui, catturando le sue labbra in un

bacio senza fine.