UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO · compagno, ideale e realtà, forza d’attacco possente e...
Transcript of UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO · compagno, ideale e realtà, forza d’attacco possente e...
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO
SCUOLA UNIVERSITARIA INTERFACOLTA’ IN SCIENZE MOTORIE
TESI DI LAUREA SPECIALISTICA in Scienze e Tecniche delle Attività Fisiche Adattate (Classe 76/S)
Shintaido e anziani:
gli effetti di un’arte marziale nella terza età
RELATORE: Prof.ssa Monica Emma LIUBICICH CO-RELATORE: Dott. Mattia ROPPOLO
CANDIDATO: Patrizio ANDREOLI
ANNO ACCADEMICO 2010/2011
1
UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI TORINO
SCUOLA UNIVERSITARIA INTERFACOLTA' IN SCIENZE MOTORIE
ABSTRACT - LAUREA SPECIALISTICA CANDIDATO: Patrizio ANDREOLI RELATORE: Prof.ssa Monica Emma LIUBICICH CO-RELATORE: Mattia ROPPOLO SESSIONE Autunnale A.A. 2010/2011 TITOLO: Shintaido e anziani: gli effetti di un’arte marziale nella terza età TITOLO IN INGLESE: Shintaido and elderly people: the martial art’s effects in the third age S1: DESCRITTIVA □ S2: TESI ESPERIENZIALE / DI RICERCA □ CONTENUTO: Lo Shintaido è un’arte marziale creata per essere praticabile
da tutti, senza limiti di forza e di età. Si è quindi scelto di ricercare quanto
questa attività motoria portasse modificazioni funzionali a livello fisico e
psicologico, considerati i presupposti teorici presenti in letteratura. L’obiettivo
del progetto è indagare se lo Shintaido può essere utilizzato per migliorare la
qualità della vita dell’anziano nei termini delle abilità motorie e della sfera
emotiva e cognitiva, grazie a movimenti eseguiti singolarmente, in coppia e in
gruppo, alle tecniche di massaggio, agli esercizi di meditazione e all’utilizzo
del bastone o di altri oggetti. La ricerca è stata effettuata su un gruppo di
persone over 60, con l’utilizzo di test motori e questionari psicologici.
N° SOGGETTI ESAMINATI: 33 persone TIPOLOGIA SOGGETTI ESAMINATI: Persone autonome, di genere maschile e femminile, di età uguale o superiore ai 60 anni. Torino, 3 ottobre 2011
2
SOMMARIO Pag.
INTRODUZIONE ....................................................................................... 4
1. SHINTAIDO .......................................................................................... 6
2. BENEFICI DELL’ATTIVITÀ MOTORIA NELLA TERZA ETÀ ...... 15
2.1. Invecchiamento e prestazione motoria ........................................ 15
2.2. Modificazioni dovute all’invecchiamento a livello fisico e
psicologico .................................................................................
17
2.3. Benefici dell’attività motoria a livello fisico ............................... 20
2.4. Benefici dell’attività motoria a livello psicologico ..................... 24
3. TERZA ETÀ E DISCIPLINE ORIENTALI: TAI CHI CHUAN ......... 27
3.1. Arti marziali: obiettivi generali .................................................... 27
3.2. Tai Chi Chuan ............................................................................... 27
3.3. Shintaido e Tai Chi Chuan ............................................................ 28
3.4. Evidenze scientifiche .................................................................... 28
4. PROGETTO DI RICERCA ................................................................... 36
4.1. Ipotesi della ricerca ....................................................................... 36
4.2. Disegno e metodi: descrizione dell’intervento .............................
4.2.1. Riscaldamento ...................................................................
4.2.2. Esercizi .............................................................................
4.2.3. Rilassamento e massaggi ..................................................
37
37
40
44
4.3. Partecipanti ...................................................................................
4.3.1. Genere ...............................................................................
4.3.2. Età .....................................................................................
4.3.3. Stato civile ........................................................................
4.3.4. Educazione ........................................................................
4.3.5. Professione ........................................................................
4.3.6. Attività motoria .................................................................
4.3.7. Omogeneità dei gruppi .....................................................
45
46
46
47
47
48
49
50
4.4. Strumenti ....................................................................................... 52
3
Pag.
4.5. Test ...............................................................................................
4.5.1. Equilibrio ..........................................................................
4.5.2. Mobilità articolare ............................................................
4.5.3. Forza (arti inferiori) ..........................................................
4.5.4. Resistenza (cammino) .......................................................
54
55
56
57
58
4.6. Dati e analisi statistica .................................................................. 58
4.7. RISULTATI ..................................................................................
4.7.1. Dati motori ........................................................................
4.7.2. Dati psicologici .................................................................
4.7.3. Riepilogo ...........................................................................
59
59
62
66
5. DISCUSSIONE DATI E CONCLUSIONI ........................................... 68
BIBLIOGRAFIA ......................................................................................... 72
4
INTRODUZIONE
Arti marziali e anziani sono, all’apparenza, in antitesi tra loro. Si è soliti
immaginare un atleta di arti marziali come un giovane muscoloso, agile,
scattante, nel pieno della sua giovinezza, forte, sicuro di sé, niente a che vedere
con i cambiamenti che provoca la vecchiaia, che spesso porta con sé ogni
genere di problema fisico e psichico.
Da una brillante intuizione, Hiroyuki Aoki ha creato una disciplina che fosse
alla portata di tutti. Infatti è possibile praticare lo Shintaido ad ogni età, perché
forza e velocità non contano.
Lo Shintaido è nato come un’arte di movimento di un singolo e di gruppo;
importanti sono gli effetti che può avere la pratica di movimenti espressivi
sulla sfera emotiva, intellettuale e fisica. Può anche essere considerato una
forma d’espressione artistica, un’arte del corpo “post-marziale”, poiché si offre
un contesto in cui esprimere ed articolare liberamente la propria creatività in
qualunque momento della propria vita, nei momenti di gioia o in quelli più
difficili, durante un infortunio o nel pieno della forma. Un movimento è
pienamente espressivo e libera e moltiplica l’energia. La base della pratica
consiste quindi in una serie di forme il cui fine è “ammorbidire” e liberare il
corpo, utilizzando tra l’altro il lavoro in coppia ed il massaggio. Ogni esercizio
può essere concepito in forma più o meno dinamica, permettendo ad ognuno di
lavorare ai confini dei propri limiti, senza però sottoporre il corpo a sforzi
dannosi.
Il progetto di questa tesi consiste nell’aver proposto la pratica dello Shintaido
ad un gruppo di anziani. Sono stati loro somministrati alcuni test, supportati
dalla letteratura: una ricerca sulle tematiche legate all’attività motoria e
anziani, evidenziando le modificazioni fisiologiche e psicologiche dovute
all’invecchiamento e i benefici apportati dal movimento e da uno stile di vita
più attivo.
Fino ad ora, gli studi effettuati sulla relazione anziani e arti marziali sono stati
compiuti per la maggior parte sul Tai Chi Chuan; non esistono ricerche di
questa relazione effettuate sullo Shintaido. Le similitudini tra queste due arti
5
marziali hanno spinto a ricercare le modificazioni che si presentano nella terza
età causate dalla pratica del Tai Chi.
La tesi prosegue con la descrizione del progetto di ricerca: è necessaria
l’esposizione dei metodi utilizzati nell’intervento e la presentazione del gruppo
di partecipanti che hanno volontariamente aiutato alla realizzazione del lavoro,
svolgendo i test motori e psicologici a loro proposti. Sono spiegati inoltre gli
strumenti e i parametri valutati, prima di entrare nel dettaglio con la
descrizione dei test effettuati. Tutti i dati sono stati confrontati tra loro tramite
operazioni di analisi statistica.
I risultati ottenuti sono stati descritti sia a livello motorio che a livello
psicologico; è stato sottoposto anche un questionario sull’attività motoria
svolta, per avere le impressioni soggettive e le motivazioni che hanno spinto gli
anziani a continuare la pratica dello Shintaido.
La discussione dei dati spiega e descrive tutto il lavoro di ricerca, analizzando
ogni parametro dei test. Il risultato conclusivo dimostra i possibili effetti
benefici che può avere la pratica dello Shintaido anche nella terza età.
6
1. SHINTAIDO
Shintaido è un’arte corporea, un’arte marziale, nella quale si studia la filosofia
universale con il corpo. È considerato un’arte di movimento, dalla traduzione
letterale una “nuova via del corpo”.
L’ideatore e fondatore dello Shintaido è Hiroyuki Aoki; aveva cominciato a
praticare karate intorno ai 20 anni e, grazie alla sua determinazione e alla
stretta collaborazione con i più grandi Maestri di Karate degli anni Sessanta, ha
avuto modo di crescere esponenzialmente a livello esperienziale; è stato
incaricato addirittura di scrivere un libro che raccogliesse tutte le tecniche
fondamentali di Karate fino a quel periodo: “Karate-Do kata, for
professionals”, pubblicato agli inizi degli anni Settanta e tutt’ora considerato
come punto di riferimento da tutti i praticanti di Karate.
Le aspirazioni spirituali e artistiche di Hiroyuki Aoki non erano del tutto
soddisfatte dalla disciplina che esisteva a metà degli anni sessanta. Presi dalla
bellezza e dalla pace, «erano alla ricerca di un movimento che sia dolce e in
espansione, estendendosi fino ai confini della terra e che sia una forza
tranquilla rivolta né contro il corpo né contro la Natura. Doveva essere in
armonia con il ritmo di questa Natura che batte profondamente nei nostri
corpi» (Hokari, 1981).
Hiroyuki Aoki aveva radunato attorno a lui un gruppo di ricerca di praticanti
esperti, ma anche altri che avevano smesso la pratica e altri ancora di
costituzione delicata o che erano limitati fisicamente.
Nel 1964 aveva ottenuto il suo scopo e scoperto «come muovere il corpo
umano nel modo più naturale, il più bello e il più efficace» (Hokari, 1981). Il
Karate che aveva appreso, come pure le altre arti marziali, non erano secondo
lui a quell’epoca apprezzate in tutta la loro ampiezza, anche dai giapponesi.
Voleva dunque «creare un’arte marziale che fosse alla portata di tutto il
pubblico» (Hokari, 1981).
La nuova arte marziale doveva soddisfare ai seguenti punti:
«Procurare un sollievo morale dalla fatica causata dalle attività e dai lavori
giornalieri; dare l’energia e la speranza di condurre una vita più colorata e
7
impregnata di freschezza, rinnovando ogni giorno la nostra coscienza.
Essere un mezzo di rivitalizzazione del nostro corpo e del nostro spirito,
vittima della civilizzazione moderna e dell’inquinamento che essa genera; un
mezzo per portarci sulla via del ripristino delle relazioni umane ideali o delle
vere comunicazioni per mezzo dello studio del movimento del corpo.
In un’epoca dove vivere in pace è essenziale, evitando di ricorrere alla violenza
per risolvere le nostre questioni, questa nuova arte marziale deve poggiare su
delle idee che inglobino il raggiungimento della verità e degli ideali, l’amore
imparziale del prossimo, come pure la qualità di umiltà inerente a tale richiesta;
la capacità di accettare le differenze umane sostituendosi all’intenzione di
distruggere quelli che si oppongono a noi. […]
Sarà preferibile che questa nuova disciplina presenti qualche forma o tecnica
semplice contenente tutta l’essenza delle arti marziali tradizionali, in aggiunta a
delle terapie fisiche e respiratorie, dei massaggi, della meditazione, ecc.
Potrebbe contenere nelle sue forme di base una unificazione dello Yin e dello
Yang - dei poli opposti quali tecnica e mentale, attacco e difesa, il cielo e il
compagno, ideale e realtà, forza d’attacco possente e sottomissione totale.
Anche l’unificazione di elementi antitetici, sia stata insegnata “sotto il velo del
segreto”, il kata, o la forma stessa, deve realizzarsi chiaramente, direttamente e
semplicemente» (Hokari, 1981).
Fervente ammiratore della cultura occidentale, Aoki coltivava il desiderio di
portare le arti marziali allo stesso livello di compiutezza artistica delle opere
immortali degli artisti passati, quali Beethoven, Van Gogh o Dostoijevski, ma
anche dei contemporanei del tempo come Henry Miller, Jackson Pollock o
Walt Witman.
«Il 23 settembre 1965, tenuto conto di tutte le sue idee, radunò tutti coloro che
gli erano vicini e formò un gruppo che chiamò Rakutenkai. Tra i membri
c’erano non solo gli istruttori di alto livello, ma anche delle donne, dei portatori
di handicap fisici, della gente che aveva lasciato la pratica, dei giovani e dei
vecchi» (Hokari, 1981).
Ritroviamo qui come in precedenza la preoccupazione di Aoki di offrire ai più
“deboli” i migliori frutti di una pratica dove i procedimenti tradizionalmente
8
selettivi, frutti di epoche passate, giungevano immancabilmente a “prestare ai
ricchi”. Aoki considerava che correttamente “nutriti” queste persone avrebbero
avuto un’opportunità di rivelarsi come dei “tesori” per i loro contemporanei
(Quettier, 2000).
Quanto alla scelta del termine, Rakuten ovvero “assoluta libertà” (nella
speranza di Aoki c’era che ogni membro potesse raggiungere questo stato) “nel
nome del gruppo” (kai significa “associazione”). Rakuten significa anche
“ottimismo”. Visto che voleva proteggere le persone che avevano abbandonato
la pratica a causa delle critiche severe degli altri e dargli l’occasione di
praticare nuovamente, voleva che lo spirito del gruppo fosse disteso.
In questo gruppo, Hiroyuki Aoki selezionò una squadra di circa trenta istruttori
qualificati per compiere delle ricerche approfondite sulla pratica.
«La pratica adottata da Aoki Sensei (Maestro) era estremamente rigorosa. Per
fare l’esperienza di coloro che arrivavano al di là dei limiti umani, là dove
ordinariamente perdiamo conoscenza, fu messa in opera una pratica
incredibile, anche con digiuni di molti giorni. Oltre alle pratiche quotidiane, si
allenavano quasi ogni notte, vicino alla casa del loro maestro, a Yokohama,
dove soggiornavano.
Gli parlavano e l’ascoltavano fino a tardi nella notte e quando tutti erano
arrivati andavano a praticare in un parco o sulla spiaggia. Fu praticamente un
gasshuku (una pratica) permanente che durò tre anni. Durante tutta questa
epoca dormirono in media tre o quattro ore per notte» (Hokari, 1981).
In breve un “gulag”, con l’unica differenza che erano volontari e potevano
lasciare (ciò che certi fecero) la pratica in ogni istante senza essere messi al
bando per questo, ciò che era il costume delle arti marziali “all’antica”.
Ad iniziare da queste pratiche sperimentali del Rakutenkai, Aoki scelse i
movimenti e le tecniche messe in opera dal suo “corpo di spedizione” che
rispondevano alle sue esigenze per una nuova disciplina, e le introdusse nella
sua nuova pratica.
Da quegli anni lo Shintaido è sempre stato in continua evoluzione, mantenendo
saldi i propri principi ma cercando di rinnovarsi e di rimanere al passo coi
tempi e con le culture. Dal solo Giappone ha cominciato a espandersi negli
9
Stati Uniti, poi in Inghilterra e in Francia e in altri Paesi europei. In Italia la
prima associazione di Shintaido è nata ufficialmente nel 1997.
Il lavoro del Rakutenkai negli anni che seguirono consistette nell’elaborare,
testare e mettere in opera un piano di studio che permettesse alle persone
principianti di esplorare e di impadronirsi delle loro scoperte in un tempo
minimo provandone il massimo del piacere.
Questo lavoro di ricerca fu condotto contemporaneamente alla fondazione e
allo sviluppo di una scuola destinata a diffonderne i risultati. Di seguito il
risultato delle loro ricerche sul piano tecnico.
La pratica inizia con il Tenshin-juso, una serie di esercizi per migliorare la
flessibilità e consentono alla persona di percepire il proprio corpo e lasciar
cadere le tensione ed entrare in uno stato di calma.
In previsione di un uso intenso del corpo nella pratica, la procedura di
riscaldamento è stata concepita con la più grande cura. Si compone di una
grande scelta di movimenti, di cui alcuni sono comuni ad altre discipline (arti
marziali o ginnastica). Tuttavia, anche se può esserci una certa similitudine di
forma, numerosi movimenti sono stati investiti di un senso differente, in
relazione al contenuto specifico della pratica dello Shintaido.
La procedura di riscaldamento riveste un aspetto importante di distensione. A
questo effetto, qualsiasi sia la scelta del movimento che effettua il Maestro o
l’istruttore, il procedimento si snoda dall’alto verso il basso del corpo, al fine di
stabilire una procedura di rilassamento appropriata (abbandono all’effetto della
pesantezza) dal Cielo verso la Terra.
Il riscaldamento termina generalmente con una brevissima meditazione seguita
da un saluto rituale (inclinazione dell’alto del corpo), significante che il gruppo
entra da quell’istante nella lezione vera e propria.
La pratica continua con una serie di esercizi che hanno l’obiettivo di aprire il
corpo della persona e di liberarla dal troppo pensare e da energie in eccesso.
Shinshin Kaihatsu Taisso significa letteralmente “esercizio di apertura del
corpo e del cuore”.
«Anche se molte tecniche delle arti marziali, e particolarmente quelle dello
Shintaido, sono concepite in modo da essere efficaci solo se eseguiti con il
10
koshi (bacino) e lo hara (ventre) aperti, lo Shintaido è, a mia conoscenza, la
sola disciplina nella quale si sia fatto esplicito riferimento, con degli esercizi
appropriati, a questa necessità di apertura» (Quettier, 2000).
Oltre a designare una parte del corpo, la parola koshi ha nella cultura
giapponese un senso più ampio. Si fa riferimento alla capacità di radicamento,
di supporto ma anche di dinamismo e di profondità di una persona.
Ugualmente, la parola hara, che indica il ventre, fa anche riferimento alle
diverse energie che ne emanano. Queste energie fondano a loro volta la
capacità di una persona di influire sul suo ambiente.
Lo sviluppo di queste capacità fa parte di ciò che noi usiamo chiamare
“l’educazione”. Basate su ciò che gli è stato trasmesso dalla tradizione Samurai
di “perfezionamento della vita di fronte alla morte”, le arti marziali in generale
e lo Shintaido in particolare hanno elaborato un certo numero di esercizi fisici
miranti a sviluppare e dipanare questi potenziali con l’intermediazione della
continuità corpo/spirito. È così che nello Shintaido un debuttante è rapidamente
e frequentemente incoraggiato ad aprire non solamente le anche e il ventre, ma
ugualmente il petto, le mani (palmi e dita), i piedi, gli occhi e la bocca (tirando
fuori la lingua), e a immaginare il seguito di questa espansione “al di là”, verso
l’infinito. Questa sollecitazione all’apertura, che prende tutta la sua forza nello
Shinshin Kaihatsu Taisso, si prolunga poi per tutta la durata di ogni seduta di
pratica.
Al di fuori dei diversi effetti di apertura, lo Shinshin-kaihatsu-taisso ha anche
lo scopo di spegnere l’energia fisica/volontaria dei praticanti. Questa energia
volontaria, che si esprime molto spesso con l’uso esclusivo e smisurato di un
numero limitato di muscoli, non ha in effetti nessun interesse per la pratica
dello Shintaido. Una volta spente questa energie, il praticante, perseverando,
entra in un mondo energetico molto differente. La prova più evidente che una
persona è entrata in questo mondo energetico appare nella maniera armoniosa
con cui ripartisce i suoi sforzi sulla totalità del corpo. In questo movimento, il
respiro, il gesto e le rappresentazioni mentali (compresa l’assenza di ogni
rappresentazione) sono unificate. Nello Shintaido, si qualificano questi
movimenti come “naturali”, tanto che essi somigliano a quelli dei “fenomeni”
11
naturali, quali il movimento degli animali, del vento tra gli alberi, delle onde
ecc.
Un buon Shinshin Kaihatsu Taisso deve dunque essere concepito e condotto in
modo che, secondo i loro mezzi, i diversi partecipanti di una lezione pratica
arrivino tutti allo stadio precedentemente descritto senza che qualcuno forzi
inopinatamente una parte del proprio corpo (Quettier, 2000).
Partendo con il suono “Um”, simbolo del vuoto, si studiano poi i kata
fondamentali, Tenshingoso ed Eiko, e le loro applicazioni pratiche che
consistono nel vivere una vita libera, dove corpo e mente sono aperti. Questi
due kata sono considerati Dai-kihon.
Il termine dai (grande) è opposto al termine sei (esatto). Questi due termini
sono molto importanti per chi pratica lo Shintaido. Fanno riferimento alle due
maniere di eseguire la quasi totalità dei wasa e anche dei kata dello Shintaido.
Nel modo di esecuzione sei il praticante è incoraggiato a porre la sua
attenzione sull’esattezza delle forme. Anche se sufficientemente ampi e aperti,
i movimenti sei devono essere compiuti in modo misurato, spesso senza fare
uso della voce per accompagnarli e alle volte senza muoversi dal posto.
Nel modo di esecuzione dai, il praticante è incoraggiato, al contrario, a porre
l’accento su un’espressione massima. I movimenti devono cercare di
raggiungere l’ampiezza massima, la voce è utilizzata senza paura né vergogna.
In breve, l’espressione dai permette, nel quadro di una forma data, di
sperimentare tutta la “dismisura” di cui ciascuno è capace.
Il Toitsu-kihon è lo studio, movimento per movimento o in combinazione, delle
variazioni (nel caso di Eiko) o delle scomposizioni (nel caso di Tenshingoso)
dei kata fondamentali.
In particolare, lo studio di Tenshingoso si effettua movimento per movimento,
per esempio una mano dopo l’altra o una combinazione di diversi movimenti a
destra e a sinistra; si arriva così a ricomporre i movimenti delle diverse arti
marziali, con e senza arma. Anche le variazioni della posizione delle gambe
sono importanti, perché condizionano i diversi spostamenti possibili.
12
Si pratica inoltre il meiso-kumite, tipo di meditazione con uno o più compagni,
con le sue applicazioni; il più conosciuto è Wakame Taisso, del quale se ne
parlerà più avanti in questa tesi. Dopo essersi unificati con se stessi e con il
compagno ci si può sentire in armonia con ciò che ci circonda. Questi esercizi
aiutano la rinascita della nostra naturalezza.
Vi sono altre meditazioni in piedi, seduti su una sedia e in seiza (posizione in
ginocchio); esiste un kata intero dedicato alla meditazione, chiamato Taimyo,
che può essere praticato ad ogni età.
Dopo aver studiato le tecniche di base i praticanti potranno in seguito dedicarsi
allo studio di alcune discipline marziali come lo Shintaido Bo-jutsu, che
approfondisce e sviluppa le tecniche con il bastone, lo Shintaido Karate, le
tecniche di proiezione (nagewaza) e l’arte della spada Shintaido Ken-jutsu.
Karate-do e Ken-jutsu, che avevano accompagnato i membri del Rakutenkai
durante tutto il loro periodo, furono immediatamente trasformate dalla luce di
Tenshingoso e di Eiko. Si può in un certo qual modo dire che dal punto di vista
tecnico, perché i rapporti sono numerosi e le interpretazioni variano
enormemente, che Tenshingoso è il coronamento del Karate-do ed Eiko il
coronamento del Ken-jutsu (Aoki, 1998).
Tra il Karate-do e il Ken-jutsu si trova il Bo-jutsu, o “Tecnica del bastone
lungo” (1,80 m), una disciplina di un grande valore che dispone di un’identità
propria, attestata da quattro kata specifici di difficoltà crescenti. A partire dai
quattro kata e da Eiko, Aoki elaborò un Toitsu-kihon di diciannove tecniche
seguite da due piccoli kata, che numerò semplicemente da uno a ventuno.
Queste tecniche servivano da introduzione allo studio dei kata. La pratica del
Bo-jutsu si presenta come quello dello Shintaido.
Nel 1978, Aoki partì per l’America del Sud per un viaggio che doveva durare
qualche mese e che durò invece più di un anno. Quando ritornò aveva, tra le
altre innovazioni, completamente rifondato il sistema di studio delle tecniche
del bastone e gli aveva aggiunto un insieme assolutamente inedito di tecniche
di proiezioni (una specie di Judo col bastone) a “Bo contro Bo” (Bo: bastone
lungo), ma ugualmente “mani nude contro Bo” e anche “Jo contro Bo” (Jo:
13
bastone corto), come pure i Toitsu-kihon e due kata di Jo. A questo punto le
tecniche del Bo-jutsu e del Jo-jutsu non avevano più niente da invidiare al
Karate-do (Quettier, 2000).
Shintaido e terza età. Perché lo Shintaido va bene per gli anziani?
Per ogni persona che va a lezione c’è una motivazione che la spinge a
continuare a praticare lo Shintaido. Ciò che viene riportato da coloro che
frequentano i corsi si può riassumere in queste motivazioni: “mi diverte
praticare”, “al termine della lezione mi sento piena di energia e rilassata”, “se
arrivo con qualche dolorino poi passa”, “più sciolta nei movimenti e reattiva”,
“riesco a dormire meglio la notte e affronto meglio la settimana”.
La pratica dello Shintaido consente all’anziano di migliorare la propria
mobilità articolare e la propria flessibilità.
Attraverso una serie di esercizi che permettono di coinvolgere la persona nella
sua totalità, l’anziano potrà esperire:
- l’apertura, che non sarà solo fisica, con esercizi di estensione totale o
segmetaria del corpo, ma che è anche emotiva e mentale; nella pratica
dello Shintaido si usano molto esercizi d’immaginazione. Si aprono ad una
cultura diversa e ne apprendono alcuni usi e termini;
- l’uso della voce, come nel canto o nella tradizione Kotodama, permetterà
loro di rilassare le tensioni alla gola, di aiutare a sciogliere le tensioni al
diaframma e migliorare le condizioni dell’apparato respiratorio;
- attraverso gli esercizi di equilibrio e grounding aumenterà la propria
capacità di relazionarsi con il suolo e a muoversi con più sicurezza.
Nello Shintaido vi sono molti esercizi di spostamento che potranno essere
formali o liberi che permetteranno all’anziano di migliorare la gestione dello
spazio che lo circonda; inoltre l’utilizzo del bastone e di altri oggetti aiuterà a
migliorare la loro coordinazione.
I gruppi svolgono sempre del lavoro aerobico, fondamentale per la terza età;
anche il bagaglio tecnico aumenta, grazie ai diversi esercizi proposti volta per
volta. Il lavoro artistico è sviluppato da ognuno di loro: ciascuno introduce nei
movimenti il proprio modo di essere e i propri atteggiamenti.
14
La comunicazione è per l’anziano fondamentale e nello Shintaido potrà
sperimentare una comunicazione non verbale fatta di gesti e di contatti.
Nella pratica ognuno porta la propria esperienza: vi è una verbalizzazione delle
proprie sensazioni e il feedback su ciò che è stato fatto, aiutando così gli altri
membri del gruppo ad esprimere il proprio feeling, i sentimenti e le opinioni.
Nelle lezioni dello Shintaido assume molta importanza lo stato in cui si pratica
e le sensazioni dei praticanti. Non vi sono forzature fisiche o posizioni
assolutamente indispensabili, ognuno lavora con i propri ritmi e secondo le sue
capacità; è quindi possibile una individualizzazione. Non vi sono ripetizioni,
ma si inizia insieme e si termina insieme.
Come per l’apertura nello Shintaido si pratica anche la “chiusura”, dove occhi
chiusi, silenzio e non movimento ci consentono di aprirci al nostro mondo
interiore e di esplorarlo attraverso esercizi di meditazione.
Nello Shintaido chiusura ed apertura rappresentano due diversi modi di aprirsi
alla vita e di relazionarsi con il mondo che ci circonda; danno ad ognuno la
possibilità di conoscersi e di aumentare la propria autostima e la sensibilità,
che aiuterà a migliorare la qualità delle relazioni e della vita.
Ma per non prendersi troppo seriamente non mancano le risate durante la
pratica, che possono essere il risultato di alcuni esercizi buffi, strani, o di
qualche battuta.
15
2. BENEFICI DELL’ATTIVITÀ MOTORIA NELLA TERZA ETÀ
2.1. Invecchiamento e prestazione motoria
La capacità di eseguire abilità motorie, da quelle che accentuano il controllo e
la coordinazione di grandi gruppi muscolari in attività che richiedono una certa
forza, a quelle nelle quali i più piccoli gruppi muscolari devono essere
sincronizzati con precisione, è fondamentale non tanto per il fatto che un
compito venga eseguito in un ambito sportivo, quanto piuttosto perché possa
essere svolto in una situazione di quotidianità.
L’abilità motoria consiste nella capacità di ottenere un qualche risultato con la
massima sicurezza, con il minimo dispendio di energia e nel minor tempo
possibile (Guthrie, 1952). Sono tre le caratteristiche utilizzate per classificare le
abilità: le modalità di organizzazione, l’importanza relativa agli elementi
motori o cognitivi e il livello di prevedibilità dell’ambiente nel quale viene
eseguita l’attività (Schmidt e Wrisberg, 2000).
Pochi sono gli studi relativi allo studio delle abilità motorie lungo tutto il ciclo
di vita ed in particolare quelli che riguardano l’anziano (Voelcker-Rehage,
2008). È risaputo che il passare degli anni è accompagnato dall’indebolimento
delle abilità, sia motorie (Ketcham e Stelmanch, 2001), sia cognitive, che delle
funzioni percettive (Shumway-Cook e Woollacott, 2000).
Sono però ancora meno numerosi gli studi che hanno cercato di indagare sulla
possibilità di nuovi apprendimenti motori nella terza e quarta età (Rabbit,
1997).
La maggioranza degli studi relativi alle abilità motorie sembrano dimostrare
che tendenzialmente le prestazioni diminuiscono per le persone anziane ed
adulte rispetto alle giovani (Liao, Jagacinski e Greenberg, 1997, Seidler, 2006,
Shea, Park e Braden, 2006, Voelcker-Rehage e Alberts, 2005, Wishart e Lee,
1997); le cause di questa diminuzione possono essere correlate ai cambiamenti
fisiologici e psicologici dell’anziano (Shumway-Cook e Woollacott, 2000), ma
a parità di età cronologica le variazioni individuali creano differenze sostanziali
nella performance (Spirduso, Francis e MacRae, 2005).
16
Nel rapporto tra invecchiamento e prestazione motoria c’è il bisogno di
considerare che i soggetti che hanno raggiunto la soglia dei 50 anni ha, nella
maggior parte dei casi, un calo della prestazione e dell’efficienza motoria.
Questi fenomeni involuti che riguardano la motricità appaiono sempre più
evidenti non solo nella pratica sportiva, ma anche e soprattutto nei gesti della
vita quotidiana.
Le prime manifestazioni di questo decadimento sono:
- l’esecuzione dei movimenti è lenta e misurata;
- la coordinazione diventa difficile;
- il movimento appare parziale, segmentario e poco fluido;
- evidente perdita di mobilità;
- insicurezza nello svolgere compiti motori;
- rapido affaticamento fisico;
- disturbi fisici generali.
Queste manifestazioni legate all’età si manifestano più o meno tardi e in modo
più o meno accentuato in ogni individuo. Questa involuzione è dovuta
principalmente alle modificazioni anatomiche e funzionali che provocano
degenerazione e diminuzione di elasticità in tutti gli apparati e difficoltà nel
ricevere ed elaborare gli stimoli per una corretta risposta motoria.
L’attività motoria per l’anziano non è soltanto mirata alla conservazione della
mobilità per svolgere le abitudinali attività quotidiane.
Il mantenimento delle abilità motorie è senza dubbio uno dei suoi principali
obiettivi, ma è altrettanto fondamentale per la persona che svolge attività
motoria ricercare un piacere nello svolgere esercizi e occupazioni diverse dalle
solite, qualcosa che faccia uscire dalla monotonia che può crearsi nella vita di
tutti i giorni.
Gli esercizi scelti e il modo in cui vanno eseguiti devono essere “adattati” in
base alle caratteristiche naturali delle persone in età avanzata.
Lo sviluppare un buon senso del movimento è il compito fondamentale di ogni
attività motoria che si proponga, con ciò si può valutare la propria capacità
fisica e riconoscere i limiti della propria motilità e la possibilità di migliorarla,
considerando che una maggior capacità di movimento ha come ulteriore
17
risultato una diminuzione del senso di insicurezza e di autoefficacia (Hall et al.,
2010).
In base alla condizione fisica e motoria e ai problemi relativi a patologie, si
sceglierà di svolgere esercizi in piedi, seduti o in decubito, oppure alternando
dove è possibile le due stazioni.
L’attività motoria in età anziana deve quindi seguire in modo particolarmente
attento un “dosaggio adatto all’età” (Schmidt, 1983); deve mantenere o aiutare
a ristabilire la motricità nell’anziano attraverso semplici esercizi di base,
caratterizzati da affaticamento non eccessivo e da ritmi ridotti; non deve
assolutamente generare sovraffaticamento, con richieste di prestazione sportiva
che potrebbero danneggiare fisicamente l’anziano (Schmidt, 1983).
I programmi di attività motoria rivolti ad anziani si pongono come obiettivo
quello di mantenere le abilità funzionali all’autonomia, favorendo il
mantenimento della propria indipendenza il più a lungo possibile, rallentando
quei processi che possono condurre alla disabilità, educando ad uno stile di vita
attivo attraverso il benessere psico-fisico della persona.
2.2. Modificazioni dovute all’invecchiamento a livello fisico e psicologico
L’invecchiamento biologico è il prodotto di complessi meccanismi, che
consiste nel graduale deterioramento dell’organismo, imputabile a irreversibili
cambiamenti delle strutture e delle funzioni che si verificano con il passare del
tempo a livello di cellule, di organi e di sistemi con conseguente e crescente
diminuzione delle capacità di mantenere l’omeostasi e di fare adeguatamente
fronte ai fattori ambientali (Saccomani, 2006). L’invecchiamento è un
fenomeno multifattoriale, apprezzabile a partire dal terzo decennio della vita,
con un tasso di declino individuale per i diversi organi ed apparati che
sembrano invecchiare in maniera indipendente l’uno dall’altro, variamente
influenzati dalle condizioni ambientali e dagli stili di vita, oltre che da fattori
genetici (Adams et al., 1988).
Tra le modificazioni dovute all’invecchiamento più evidenti ci sono quelle
legate alla mobilità e alla flessibilità articolare.
18
Lo stretching può risultare efficace se effettuato durante l’insorgenza di
alterazioni degenerative nella struttura delle varie articolazioni: è importante
per il ripristino della mobilità; non farlo potrebbe causare la permanenza del
deficit indotto, con conseguente sostituzione del tessuto elastico in tessuto
fibroso, più rigido (Dawson, 2009). Risulta quindi importante riscontrare per
tempo una limitazione nella mobilità articolare e agire per contrastarla, anche
se i sintomi non sono così palesi (Phillips et al., 1992).
Flessibilità ed età nell’uomo adulto sono inversamente proporzionali. Tra
un’articolazione e l’altra cambia il tempo nel quale insorgono, ma in generale
la diminuzione di flessibilità porta ad una maggiore rigidità nel connettivo.
Tutto ciò provoca modificazioni alla mobilità globale, peggiorandola (Dawson,
2009); per mobilità si intende il «muoversi cambiando posizione o collocazione
del corpo o spostandosi da un posto all'altro, portando, muovendo o
manipolando oggetti, camminando, correndo o arrampicandosi e usando vari
mezzi di trasporto» (definizione ICF di “Mobilità”).
Forza e velocità, resistenza, flessibilità e coordinazione sono le funzionalità
muscolari che risentono dell’invecchiamento; è la causa primaria del loro
deterioramento (Morris and McManus, 1991). A rendere ancora più rapide le
modificazioni associate all’età eventualmente si uniscono anche alcune
patologie, o interventi medici, oppure traumi; tutto ciò è causa di una più
precoce diminuzione della mobilità (Inglin and Woollacott, 1988).
La produzione e degradazione del collagene sono processi che si verificano
continuamente all’interno dei tessuti, ma le lesioni e la degenerazione del
tessuto connettivo elastico associate all’invecchiamento, infiammazione e
infortuni determinano una riparazione con un tessuto connettivo maggiormente
fibroso (Davies et al., 1985). Quindi lo stretching effettuato durante il processo
di riparazione è fondamentale, specialmente nelle persone più anziane. Si
suppone inoltre che i tessuti rigidi aumentino il carico sulle articolazioni, ne
restringano la mobilità e determinino delle alterazioni strutturali nelle
articolazioni stesse, come l’artrosi.
Come è stato detto in precedenza, affinché il trattamento delle limitazioni di
movimento sia efficace, bisogna prevenirlo o almeno individuarlo appena
19
insorge. Il degenero della struttura e della cartilagine articolare dovuto
all’aumento dell’età è causato dalla sostituzione graduale del tessuto
connettivo, nei legamenti e nella capsula articolare, che viene rimpiazzato da
tessuto fibroso meno elastico (Winter et al., 1990).
Una scarsa forma generale di solito si accompagna frequentemente a una scarsa
flessibilità. La rigidità articolare causa alcune difficoltà nel proseguimento di
una attività fisica, addirittura col rischio di sospendere l’allenamento a causa
dei sintomi dolorosi; a sua volta, l’assenza di esercizio determina una
diminuzione nella forza muscolare (Dawson, 2009).
Una scarsa flessibilità, inoltre, può variare anche la normale funzionalità e
causare notevoli difficoltà nelle attività della vita quotidiana (Murray et al.,
1969). Il mantenimento della flessibilità è importante per preservare la
funzionalità e per la prevenzione delle cadute nelle persone più anziane; se
viene strutturata una regolare programmazione di esercizi di stretching, il
trattamento sarà efficace (Tinetti, 2003).
Il concetto di invecchiare con successo tratta la salute e lo stato funzionale,
l’efficacia cognitiva, la sicurezza materiale, il supporto alle risorse sociali e le
attività della vita. Il benessere fisico e mentale è il fattore chiave che determina
una positiva percezione dell’invecchiamento; importanti sono inoltre gli aspetti
psicologici, come l’autostima e la resilienza, ovvero la capacità di affrontare e
superare le avversità della vita (Tumminiello et al., 2011).
La caratteristica tipica dell’invecchiamento sembra essere il ricorso al fare
piuttosto che al memorizzare: l’impegno concreto sembra portare risultati
migliori. Il processo d’apprendimento è più lento e improntato alla riflessività
rispetto a quello dei giovani, poiché l’attivazione delle funzioni cognitive
richiede un tempo maggiore (Cesa-Bianchi e Albanese, 2004).
Con modalità e intensità differenti la memoria, l’attenzione, le capacità
linguistiche subiscono delle trasformazioni, ciò che è complesso da definire è il
meccanismo che è alla base di queste trasformazioni; non tutte le funzioni
cognitive subiscono un deterioramento, se da una parte si evidenziano
diminuzioni sostanziali nei tempi di reazione semplici e complessi, nei compiti
di memoria di lavoro, nelle prove di memoria episodica, in quelle di abilità
20
spaziale e di ragionamento e nelle prove di ricerca visiva, dall’altra, compiti
quali quelli di vocabolario, non mostrano un declino cognitivo e possono
addirittura migliorare con l’età (Grano e Lucidi, 2005).
2.3. Benefici dell’attività motoria a livello fisico
“Dall’attività fisica sufficientemente vigorosa derivano benefici specifici:
dall’irrobustimento degli organi deriva la resistenza allo sforzo ed alla fatica,
dal calore endogeno un metabolismo più vivace, una migliore nutrizione e
diffusione di sostanze nel corpo”; nel suo trattato De sanitate tuenda, Galeno
(II secolo d.C.) affrontava in modo approfondito gli stretti rapporti esistenti tra
attività fisica e salute. Sono stati poi necessari molti secoli affinché il nesso tra
esercizio e stato di benessere, più volte richiamato dagli Antichi Autori,
diventasse oggetto di ricerca scientifica.
Uno degli aspetti più importanti della società moderna è il prolungamento della
vita media. Un importante corollario di questa nuova “frontiera” è la
convinzione, ormai unanime, che un’attività fisica condotta con regolarità è il
mezzo meno costoso e più efficace per mantenere più a lungo la propria
efficienza organica nel corso degli anni (Zeppilli, 2007).
Nei soggetti molto anziani l’esercizio fisico regolare, anche di tipo riabilitativo,
si traduce in una maggiore autonomia ed indipendenza ed in una riduzione di
numero e durata dell’ospedalizzazione (Wang, 2002).
Dal 1996 è universalmente accettata la raccomandazione dell’OMS che siano
fondamentali, per migliorare e mantenere lo stato di salute degli anziani, trenta
minuti di attività fisica moderata per cinque giorni alla settimana (Saccomani,
2006); la vecchiaia, infatti, non deve essere un ostacolo all’attività motoria.
Innanzitutto è utile sottolineare che per attività fisica si intende ogni tipo di
movimento del corpo prodotto dai muscoli scheletrici, con dispendio di
energia; vi è compresa una ampia gamma di attività lavorative, del tempo
libero, di domestica routine. Queste attività possono richiedere sforzi lievi,
moderati o vigorosi e possono contribuire a migliorare lo stato di salute se
vengono praticate regolarmente e con continuità. Per esercizio fisico, invece, si
intende ogni attività pianificata e/o strutturata, realizzata mediante movimenti
21
ripetitivi del corpo, effettuati al fine di accrescere o mantenere uno o più fattori
dell’efficienza fisica, quali la capacità aerobica, la forza e la resistenza
muscolare, la flessibilità e la composizione corporea (Saccomani, 2006).
Gli individui attivi sembrano essere i più longevi (Kaplan et al. 1987); l’attività
fisica è comunque indispensabile lungo tutto l’arco della vita. Alcuni studi
(Patel et al., 2006), per esempio, evidenziano che la mobilità articolare in età
anziana è strettamente correlata alla pratica di attività motorie o sportive in età
adulta.
È quindi importante adottare un corretto stile di vita già dai primi anni della
nostra esistenza, ma non è da escludere la possibilità di intraprendere per la
prima volta, in età adulta o anziana, una pratica motoria adeguata.
La speranza di vita è connessa alla pratica del movimento: gli anziani che
svolgono esercizio fisico, anche solo sporadicamente, hanno maggiori
probabilità di vivere per un tempo più lungo (Sundquist et al., 2004).
Di conseguenza, il movimento porta ad effetti positivi per la popolazione
anziana; di seguito vengono riportati i principali benefici generali (Pogliano,
2005): in primo luogo un rallentamento dell’invecchiamento biologico e il
miglioramento globale della salute fisica e psichica; inoltre è dimostrata una
riduzione dei rischi connessi a malattie quali osteoporosi (con conseguente
limitazione della fragilità del corpo), diabete, depressione e ansia; è presente
anche il rafforzamento delle difese immunitarie. Tutto ciò permette il
mantenimento delle condizioni di auto-sufficienza e l’aumento dell’aspettativa
di vita.
Attraverso la pratica di un’attività che impegna il 40% della riserva cardiaca,
nell’anziano vi è un miglioramento della prestazione motoria e di quella
cardiorespiratoria (Brown e Holloszy, 1991); in caso di interruzioni
dell’attività, anche di 4-5 settimane, i miglioramenti ottenuti non vengono
annullati, consentendo all’individuo un recupero più rapido di quanto
precedentemente acquisito (Sforzo e McMorris, 1995).
Gli studi dimostrano, con il passare degli anni, una diminuzione del VO2max
(massimo volume di ossigeno consumato per minuto): circa 1% ogni anno.
22
Questo può portare anche all’insorgere di patologie o disabilità (Lemura, von
Duvillard e Mookerjee, 2000), legate in particolare alla gestione delle attività
quotidiane che richiedono, col tempo, una maggiore quantità di VO2max per
poter essere eseguite.
Per quanto riguarda l’apparato respiratorio, quindi, muoversi nella terza età può
aumentare la perfusione periferica tissutale, con conseguente maggior apporto
di ossigeno, e può diminuire la frequenza cardiaca durante uno sforzo sub-
massimale.
L’attività fisica migliora il lavoro cardiaco: influenza favorevolmente la
coagulazione e l’attività piastrinica e può ridurre la pressione del sangue in
soggetti con ipertensione; altra azione positiva è la riduzione del rischio di
aritmie cardiache (Zeppilli, 2007).
Anche l’apparato muscolare e osteo-articolare trova molti benefici dall’attività
fisica: l’aumento della resistenza, con conseguente riduzione dell’affaticamento
e mantenimento della forza (minor possibilità di traumi muscolari); ulteriori
benefici sono la prevenzione dell’osteoporosi e delle conseguenti fratture, il
mantenimento dell’ampiezza dei movimenti e le limitazioni degli effetti delle
patologie osteoarticolari (Spiriduso et al., 2005).
Forza e resistenza sono caratteristiche indispensabili per ritardare la perdita
dell’autonomia nell’anziano (Malbut-Shennan e Young, 1999); una loro netta
diminuzione può condurre ad una situazione di dipendenza nella gestione delle
attività basilari alla vita quotidiana, come per esempio la cura della propria
persona, la deambulazione, l’alimentazione, o la gestione delle attività
strumentali quali l’uso del telefono, la preparazione dei pasti, la cura della casa.
È stato dimostrato che gli allenamenti di resistenza ad alta o moderata intensità
possono produrre i medesimi risultati per il mantenimento della salute
nell’anziano (Lemura, von Duvillard, Mookerj, 2000).
Sembra che esista una stretta relazione tra allenamento della forza,
l’allenamento aerobico e le abitudini alimentari nella popolazione anziana, che
spesso denota stati di denutrizione o mal nutrizione (Hurley e Hagberg, 1998).
L’allenamento della forza e l’allenamento aerobico hanno degli effetti positivi
sulla densità ossea, sull’omeostasi del glucosio e anche per la diminuzione del
23
rischio di cadute; questi allenamenti migliorano il benessere psico-fisico
dell’anziano combattendo l’ipocinesia (Rejeski e Mihalko, 2001). In
particolare, l’allenamento della forza produce un aumento della massa
muscolare e della qualità del muscolo, mentre l’allenamento aerobico apporta
benefici al sistema cardiocircolatorio, alla pressione arteriosa e al quadro
lipoproteico del sangue (Hurley e Hagberg, 1998).
La pratica dell’attività motoria svolta in forma individuale negli over 80
sembra ridurre del 31% il rischio relativo alle cadute (Campbell, Robertson et
al., 1999), mentre sembra che proposte di attività di gruppo apportino minori
benefici (Rubenstein e Josephson, 2000).
Anche l’attività motoria in acqua sembra essere utile per migliorare la postura
degli anziani (Simmons e Hansens, 1996) e prevenire il rischio di cadute,
grazie alle situazioni di continua sollecitazione dei propriocettori.
Gli effetti positivi del movimento relativi all’equilibrio sono evidenti anche in
considerazione delle modificazioni fisiologiche legate alla diminuzione
dell’estensione dorsale dell’anca, uno dei fattori principali della perdita di
equilibrio (Shumway-Cook e Woollacott, 1990), dell’aumento delle cifosi
dorsale, della diminuzione della forza dei gruppi muscolari dell’arto inferiore
con una conseguente diminuzione delle abilità nella marcia.
Oltre ai suoi effetti sulle variabili fisiologiche, l’esercizio fisico ha un impatto
anche sulla funzionalità fisica e sulle attività quotidiane. Ad esempio, nella
velocità della camminata sono stati dimostrati miglioramenti dal 7% al 17%
(Bean, Herman, Kiely et al., 2004).
Dopo 8 anni per uno studio di follow-up sugli anziani, sembra si possa
affermare che ci sia uno stretto rapporto tra il mantenimento di un livello di
fitness cardiovascolare e la probabilità di diventare funzionalmente dipendenti
(Paterson, Govindasamy, Vidmar, Cunningham, Koval, 2004).
Molti autori ritengono che sia importante consigliare i movimenti a velocità più
alta, usando attività che mimano i compiti della vita quotidiana (Agrawal,
Covey, Cress, Doerr, Miszko, Slade, 2003); questo perché i principi di
specificità dell’allenamento indicano che gli adattamenti alle prestazioni
24
saranno maggiori per quelle attività, utilizzate nel protocollo di intervento, che
mimano le velocità cinematiche, di resistenza e di movimento.
2.4. Benefici dell’attività motoria a livello psicologico
L’invecchiamento può portare alla formazione di fenomeni che possono creare
modificazioni a livello psicologico del soggetto: autostima, autoefficacia e
umore sono soggette a ripercussioni negative nell’anziano. Infatti, in questo
periodo della vita sono molti i cambiamenti fisici e le strutture dell’io che
possono modificarsi; per esempio, la consapevolezza di non riuscire più a fare
movimenti o azioni che un tempo si era capaci tranquillamente di compiere.
I cambiamenti fisici, quelli cognitivi e quelli sociali sono collegati tra loro e si
intrecciano; all’interno dell’anziano, in base a quanto detto prima, possono
avere potenzialmente delle conseguenze negative. Sono però presenti diverse
risorse grazie alle quali gli anziani possono superare queste problematiche, o
almeno per migliorare la sua situazione.
L’attività fisica è una di queste risorse: sembra che sia proprio tra le più utili.
Infatti, anche se non ci sono così tanti studi scientifici come quelli riguardanti i
miglioramenti di tipo fisico e fisiologico, sono riconosciuti benefici psicologici
derivati dall’attività motoria.
È evidente un’associazione positiva fra attività fisica e benessere psicologico
(McCauley, 1994); tra i soggetti anziani è presente una influenza positiva del
movimento sulla concezione di sé e sul benessere emotivo (Caspersen et al.,
1994).
Anche l’immagine corporea può risultare migliorata attraverso l’esecuzione
programmata di esercizi fisici: grazie ad attività e compiti di riappropriazione
del proprio corpo, l’anziano può percepire un aumento nelle sue capacità di
prestazione (Sidney e Shephard, 1977; McPherson e Yuhasz, 1968).
L’attività fisica ha quindi effetti positivi sulle funzioni cognitive, in particolar
modo su quelle nell’ambito delle prestazioni che richiedono controllo e
attenzione: sono stati documentati miglioramenti soprattutto nel mantenimento
e sviluppo della memoria a breve termine, della capacità decisionale e della
rapidità di pensiero (Saccomani, 2006). Infatti, l’esercizio fisico può essere un
25
fattore positivo anche sull’umore (Singh et al., 2001) e nella riabilitazione di
persone con disturbi mentali o cronici (Saxena et al., 2005); sembra che, allo
stesso modo, chi compie regolare attività motoria sia meno esposto al rischio di
disturbi mentali, anche se mancano ancora certezze in tal senso. Può inoltre
avere un ruolo importante nella prevenzione di malattie degenerative più gravi,
come la demenza (Lautenschlager e Almeida, 2006).
Il regolare esercizio fisico è utile in particolar modo nella diminuzione
dell’ansia e della depressione; è dimostrato che l’attività fisica può rivelarsi
utile sia nella prevenzione che nel trattamento dei questi disturbi dell’umore
(Saxena et al., 2005).
Molti studi sostengono che i soggetti, dopo aver eseguito gli esercizi e
l’allenamento aerobico, riportano come effetto una riduzione dello stato
ansioso (Calfas, Taylor, 1994; McDonald, Hogdon, 1991).
Altri studi sono stati fatti sui potenziali effetti benefici che l’attività motoria
può provocare sui soggetti con la depressione. In molti hanno utilizzato la
pratica fisica e sportiva come trattamento della depressione clinica (Craft,
Landers, 1999). Inoltre, gli effetti degli esercizi aerobici e quelli di forza sono
così efficaci nel trattare gli stati depressivi, che potrebbero essere confrontabili
con quelli risultanti dagli interventi di psicoterapia (Mutrie, 2003).
Curiosità: attività motorie e benefici psicologici, grazie ai risultati delle analisi
dei dati di quattro studi di popolazione, sono risultati particolarmente collegati
se riferiti al genere femminile e ai gruppi di età più avanzata (Stephens, 1988).
Esiste naturalmente un’ampia variabilità inter-individuale (Pinquart e
Sorensen, 2001).
Invece, altri studi su campioni di anziani istituzionalizzati, dimostrano che
l’allenamento di sequenze semplici di movimento non sono in grado di
prevenire il declino funzionale (Lazowski, Ecclestone, Myers et al., 1999),
probabilmente dovuto alla complessità di esecuzione e alla latenza della
memoria a breve termine; questa tipologia di esercizi produce comunque
benefici per gli ospiti, seppur minimi.
Ci sono ancora evidenze di effetti positivi del movimento nel benessere
emozionale e nell’autostima (Saxena et al., 2005).
26
Il soggetto è spinto alla pratica dell’attività fisica anche grazie ai benefici
sociali che ne conseguono: effettuandola si crea la possibilità di fare nuove
conoscenze, di instaurare nuovi rapporti e di allargare la rete sociale; ciò è
fonte di emozioni più positive e più frequenti, ed è importante perché il
soggetto è in un momento della vita dove è molto alto il rischio della solitudine
e del ritiro in se stessi.
Tutti questi studi cercano di dimostrare l’influenza positiva del movimento
sulle funzioni psicologiche; esse, però, risultano determinanti per l’attuazione
di un programma d’attività fisica: infatti un anziano ha bisogno di una adeguata
spinta motivazionale per poter seguire utilmente e costantemente un
programma d’esercizio.
La motivazione per l’esercizio è influenzata positivamente da alcuni fattori:
l’auto-efficacia, il supporto sociale, la percezione dei benefici e
l’atteggiamento positivo verso l’esercizio stesso; influenze negative alla pratica
del movimento possono essere invece la percezione delle barriere e dei rischi
(Wilcox et al., 2002).
Anche l’auto-efficacia è stata presa in considerazione da alcuni studi, per
valutare i cambiamenti dopo un programma di esercizi fisici (Netz, Wu, 2005);
e anche essa sembra un effetto positivo avere sulla percezione di sé e delle
proprie capacità, che possono persino contribuire alla diminuzione della paura
di cadere (Scheffer et al, 2008).
In conclusione, è emerso dagli studi che i miglioramenti dello stato funzionale
e psicologico generale si verificano anche dopo un numero limitato di sedute di
attività motoria (Pogliano, 2003).
27
3. TERZA ETÀ E DISCIPLINE ORIENTALI: TAI CHI CHUAN
3.1. Arti marziali: obiettivi generali
Le arti marziali sono discipline diventate sportive, sempre più praticate anche
nel mondo occidentale da uomini e donne di ogni età.
L’elemento che contraddistingueva all’origine queste discipline era la stretta
relazione con la tradizione religiosa (soprattutto buddista e taoista) e medica:
per esempio l’uso calcolato della respirazione per acquisire forza, calma
scioltezza e velocità. Una visione globale nella quale mente e corpo, salute
fisica e poteri psichici sono aspetti di un’unica realtà, quella dell’esistenza
umana.
Le arti marziali, sviluppatesi in Giappone e in Cina, sono approdate in
Occidente all’inizio del ‘900; per molti sono diventate un modo per occuparsi
del proprio benessere fisico e psichico.
3.2. Tai Chi Chuan
Il Tai Chi Chuan è una disciplina cinese antica, basata sui principi della
filosofia taoista (Castelli, 2004). Il Tai Chi, la cui pratica si è assai sviluppata
negli ultimi anni anche in Italia, può essere considerata in vari modi: una forma
di ginnastica dolce, un metodo terapeutico basato sui principi della medicina
tradizionale cinese, un’arte marziale vera e propria, una forma di meditazione
ed infine una via alla trascendenza. Questa disciplina in realtà non è nessuna di
queste singole cose, ma è l’insieme di tutte contemporaneamente.
L’efficacia del Tai Chi Chuan come arte marziale, nasce dall’equilibrio
perfetto tra “Yin” e “Yang” (i principi funzionali maschile e femminile, opposti
e complementari), sia nei movimenti esterni sia negli organi interni. Il
praticante esperto, grazie a questo equilibrio che permette il giusto e completo
scorrimento di energia interna, può neutralizzare con estrema facilità gli
attacchi di avversari più forti e potenti a livello muscolare.
La maggioranza della popolazione che pratica questa disciplina lo fa per
mantenersi in salute e in buona forma fisica. Gli obiettivi principali sono quelli
di lavorare sull’armonia e la fluidità dei movimenti e sulla correttezza della
28
postura; questo per favorire l’apertura del corpo e dare libertà agli organi
interni, per avere equilibrio e portamento corretto, per rilassare i muscoli e dare
flessibilità alle articolazioni.
Esistono tecniche di respirazione e di sviluppo energetico, chiamate “Chi
Kung”, che permettono di ottenere una respirazione profonda e rilassata. È
inserita nella pratica anche la meditazione, che dona armonia e chiarezza alla
mente e permette di recuperare l’equilibrio interiore.
Il Tai Chi Chuan non è una disciplina agonistica, non ci sono combattimenti
nelle gare; quindi, non richiedendo l’uso della forza fisica, può essere praticato
da chiunque.
3.3. Shintaido e Tai Chi Chuan
Ci sono molte similitudini tra Shintaido e Tai Chi Chuan; molti principi sono
simili, spesso si basano sulla stessa visione e gli stessi metodi.
Il Tai Chi è una disciplina nata intorno al 1300, quindi è molto antica; ha avuto
modo di potersi sviluppare a lungo, prima in Oriente e in seguito anche in
Occidente. Lo Shintaido, invece, è nato negli anni ‘70; la sua diffusione quindi
non è così larga come quella del Tai Chi, non ha ancora avuto il tempo di
essere conosciuta come arte marziale.
Per questo motivo, quindi, fino ad ora le ricerche, gli studi, le sperimentazioni
e le analisi si sono concentrate solo sugli effetti e le modificazioni che provoca
la pratica del Tai Chi nel corpo umano, in particolare nelle persone che hanno
raggiunto e superato i 60 anni di età.
In seguito riporto alcuni risultati degli studi effettuati sulla relazione tra pratica
del Tai Chi Chuan e persone anziane.
3.4. Evidenze scientifiche
L’instabilità posturale della persona anziana è un importante fattore di rischio
per le cadute ed è influenzato da una progressiva perdita del funzionamento
sensitivo e motorio del controllo dell’equilibrio, con l’aumento dell’età. Un
valido strumento per migliorare la stabilità posturale nelle persone anziane è
l’esercizio fisico (Sturnieks et al., 2008). Un recente studio osservazionale
29
(Bertoncini, 2008) ipotizza che la pratica del Tai Chi ha le potenzialità di
migliorare l’equilibrio e di conseguenza di ridurre il rischio di cadute nelle
persone anziane che godono di uno stato di salute relativamente buono.
I dati della letteratura scientifica indicano che la pratica del Tai Chi migliora
l’equilibrio e la stabilità posturale, influenza i meccanismi fisiologici del
controllo dell’equilibrio, come propriocezione e attivazione muscolare
anticipata, aiuta a diminuire il dolore cronico nelle malattie osteoarticolari
disabilitanti (osteoartrosi, cervicoartrosi, lombalgie), aiuta nel decondizio-
namento e nella tolleranza all’esercizio fisico nei soggetti con cardiopatie
croniche (Hall et al., 2009).
Gli interventi multifattoriali e multidisciplinari hanno un ruolo importante nella
prevenzione e nella riduzione delle cadute; questi includono non solo
l’esercizio fisico, ma anche interventi sui fattori che influenzano le cadute
(Sturnieks et al., 2008).
I movimenti del Tai Chi vengono considerati circolari e nella pratica di questi
movimenti ci sono molte variazioni: si parla di pieno e vuoto, forza e
leggerezza, movimenti anteriori, posteriori e quiete. Il Tai Chi è usato per
cercare la serenità nell’azione e l’azione nella serenità, è posta enfasi
sull’esercizio della mente e sulla consapevolezza. I movimenti sono continui
dall’inizio alla fine e da una posizione all’altra e si integrano assieme in cerchi
ideali.
Dal punto di vista bio-meccanico gli esercizi del Tai Chi richiedono precisi
movimenti articolari, stabilità e equilibrio. Vi sono sia appoggi mono- sia bi-
podalici che richiedono ulteriormente la stabilizzazione dell’intero corpo o la
rotazione del tronco. Nell’eseguire il Tai Chi, il ruolo dei muscoli cambia
continuamente da quello di agonisti a stabilizzatori, da sostenitori del carico (in
catena cinetica chiusa) a liberi di muoversi in catena cinetica aperta, da
contrazione a rilassamento. Si pensa quindi che il Tai Chi possa migliorare il
repertorio degli schemi motori presenti nel SNC e che possa servire a
migliorare l’equilibrio promuovendo una maggiore stabilità (Lin et al., 2006).
30
La qualità della vita nelle persone anziane è fortemente correlata alla mobilità.
Le cadute spesso portano ad una restrizione della mobilità, ad un declino nelle
attività della vita quotidiana e ad un aumentato rischio di istituzionalizzazione.
Poiché un terzo delle persone sopra i 65 anni cade ogni anno, la prevenzione
delle cadute rappresenta un aspetto importantissimo (Li et al., 2004; Tsang et
al., 2004).
Secondo l’ultima revisione Cochrane (Gillespie et al., 2009) è possibile
prevenire le cadute tramite l’esercizio, ma il miglior tipo di esercizio
disponibile non è ancora stato individuato.
L’impatto del Tai Chi sulla prevenzione delle cadute, nonostante il gran
numero di articoli pubblicati, rimane equivoco: mancano i dati relativi ad
alcuni articoli in lingua cinese e la qualità della metodologia con cui sono stati
svolti gli studi a volte non è adeguata.
I migliori risultati sono stati ottenuti con anziani in salute, mentre per l’anziano
fragile vi è scarsa evidenza e questo suggerisce assieme alla polifattorialità
delle cadute che sembrerebbe più adatto un esercizio basato sulle esigenze del
soggetto e adattabile alle sue mutevoli richieste (Hall et al., 2009).
Per la valutazione dell’equilibrio in clinica vengono usati diversi test e scale di
valutazione: “Timed up & go”, “Walking while Talking”, stazione eretta ad
occhi aperti e chiusi, in appoggio monopodalico, “Berg balance scale” e
“Tinetti balance and gait Performance-oriented mobility assessment” che
hanno mostrato di individuare i soggetti che cadono. Vengono inoltre usati
sistemi di analisi del cammino, di analisi del movimento tramite video in grado
di seguire gli spostamenti del centro di massa e piattaforme dinamometriche
che registrano la pressione e individuano il centro di pressione, inteso come il
punto di applicazione della risultante delle forze applicate, rilevato a livello
della superficie d’appoggio.
Tramite questi strumenti è stato valutato il cammino in soggetti anziani dopo
un periodo di allenamento col Tai Chi. È stato osservato una riduzione della
distanza d’appoggio tra i due piedi, una minore escursione del centro di
pressione dei piedi sia ad occhi aperti sia chiusi, una maggior frequenza
nell’appoggio del tallone a terra come risposta al carico che coincideva con un
31
più frequente rotolamento del piede e una maggiore lunghezza del passo. Erano
inoltre migliorati i meccanismi tramite i quali è generato il momento anteriore
per dare il via al cammino ed era inoltre migliorata la coordinazione durante la
deambulazione essendo diminuita l’ampiezza delle oscillazioni del tronco
(Voukelatos et al., 2007).
Sono stati rilevati dei miglioramenti nel passaggio del carico e nelle risposte
neuromuscolari alle destabilizzazioni (il tempo di risposta del tibiale anteriore
era significativamente ridotto ed era minore la co attivazione dei muscoli
antagonisti) con un miglioramento della risposta a perturbazioni esterne
inaspettate nelle direzioni antero-laterale, laterale, postero-laterale e soprattutto
antero-posteriore che negli anziani è associata ad una maggiore velocità di
oscillazione e quindi più facilmente favorevole per le cadute. Non è stato
rilevato alcun miglioramento nel mantenimento dell’attenzione e
dell’equilibrio durante il doppio compito ma significativa è la diminuzione
della paura di cadere riferita dai soggetti (Wolf et al., 1997).
Le posture in semi-squat del Tai Chi forzano la muscolatura e richiedono un
controllo del centro di gravità, questo può portare ad un aumento della forza ed
ad un miglioramento della propriocezione.
Alcuni studi hanno infatti messo in evidenza l’aumento di forza nei muscoli
estensori di ginocchio e dorsiflessori di caviglia (muscoli non intensamente
utilizzati durante il cammino) con miglioramento della sensibilità chinestesica
delle relative articolazioni. Il grado di attivazione muscolare durante l’esercizio
era strettamente collegato con la velocità con cui questo veniva eseguito.
La sensibilità della pianta del piede era inoltre migliorata così come la
flessibilità dei muscoli degli arti inferiori (Li et al., 2004; Zeeuwe et al., 2006).
Il Tai Chi può essere considerato come un esercizio di tipo moderato: non ri-
chiede più del 55% di ossigeno introdotto e la frequenza cardiaca non va oltre il
60% della massima individuale, vi possono essere alcune variazioni relative
allo stile praticato, alla durata e alla postura mantenuta.
Il tipo di respirazione usato nel Tai Chi è di tipo lento, profondo e diafram-
matico ed è posta enfasi sull’associazione col movimento. Sembra che il Tai
Chi sia in grado di stimolare una modulazione vagale ed inibire quindi il
32
sistema nervoso simpatico: la riduzione dei livelli di pressione arteriosa
(sistolica e diastolica), la diminuzione dei valori di colesterolo sierico (totale e
LDL) e la riduzione della frequenza cardiaca a riposo registrate lo rendono
consigliabile per la prevenzione di problemi cardio-circolatori.
Inoltre dai parametri cardio-respiratori registrati può essere paragonato
all’esercizio aerobico; migliorando la funzione cardiorespiratoria e
ritardandone il declino lo rendono adatto alla popolazione anziana (Lan et al.,
2008; Yeh et al., 2004).
Per le sue caratteristiche il Tai Chi (Klein, 2008) viene quindi utilizzato nella
riabilitazione in cardiologia (infarto al miocardio, bypass coronarico,
insufficienza cardiaca e CAD -disturbo alle arterie coronarie-), in oncologia
(per migliorare le capacità funzionali e ridurre la fatigue dopo cancro e relativo
trattamento oncologico) e in neurologia: per gli stroke (miglioramento
dell’equilibrio e della velocità del cammino), Parkinson (prevenzione delle
cadute, miglior stabilità antero-posteriore e miglior controllo volontario oltre
che un miglioramento soggettivo riportato dal punto di vista della mobilità), e
Alzheimer (miglioramento comportamentale e della salute in generale oltre che
ritardo nella degenerazione delle funzioni cognitive).
La filosofia del Tai Chi riconosce che l’atteggiamento mentale può causare
modificazioni fisiologiche, che possono avere effetti ulteriori sulla qualità dei
movimenti. Lo stress mentale si pensa renda i movimenti più veloci, rigidi ed
eccentrici, che sono un po’ l’opposto dei movimenti aggraziati e scorrevoli del
Tai Chi. Inoltre la pratica richiede una combinazione di profonde respirazioni
diaframmatiche e rilassamento con movimenti lenti e gentili.
Uno studio ha messo in evidenza che dopo relativo allenamento i soggetti
mostravano una diminuzione della frequenza cardiaca, un aumento
dell’escrezione urinaria di noradrenalina (norepinefrina) e una diminuzione
della concentrazione di cortisolo contenuto nella saliva. Allo stesso tempo i
soggetti riportavano una minor sensazione di tensione, di rabbia, di fatica, una
minor confusione e una minor ansia. Si sentivano più in forza ed avevano
minori disturbi del comportamento. Anche gli stati depressivi miglioravano
33
nettamente anche se il supporto sociale e la pratica all’aperto sembrano avere
un ruolo fondamentale nell’attenuazione della sintomatologia.
Sono stati riportati dai praticanti miglioramenti soggettivi nella salute fisica e
mentale che coincidevano con miglioramenti nella qualità della vita percepita.
Se erano presenti questi miglioramenti assieme ad un senso generale di
benessere migliorava anche la motivazione per continuare a praticare ed
allenarsi.
Il Tai Chi si è anche dimostrato efficace in paziente con disturbi del sonno
migliorando la durata del sonno (riferita) di 48 minuti e la sensazione di
sonnolenza diurna rendendolo consigliabile come metodo non farmacologico e
per la prevenzione di successive sindromi di insonnia (Kerr et al., 2008).
Il Tai Chi potrebbe avere un effetto benefico sulla deposizione ossea negli
anziani ma tuttora vi è una penuria di studi a riguardo ed i risultati sono
contrastanti. Diverso è il discorso per quanto riguarda l’artrosi nel cui
trattamento il Tai Chi si è dimostrato efficace nel miglioramento della
sintomatologia (riduzione della rigidità, del dolore), della lunghezza e
frequenza dei passi con successivo aumento della velocità del cammino, della
funzionalità motoria e miglioramento dell’equilibrio (Tsai et al., 2009).
Sembra inoltre essere efficace nel miglioramento della sintomatologia di artrite
reumatoide e fibromi algia (Han et al., 2004).
Per quanto riguarda il diabete di tipo 2 uno studio ha osservato nei soggetti
praticanti Tai Chi una riduzione del glucosio nel sangue, un aumento dei
recettori per l’insulina ad alta e bassa affinità e della loro capacità di legame
mentre la concentrazione di insulina sierica era rimasta invariata.
Un altro studio non ha osservato variazioni nell’omeostasi del glucosio e nella
sensibilità all’insulina (Wang, 2008).
Secondo alcuni articoli il Tai Chi potrebbe migliorare la funzione del sistema
immunitario. È stato rilevato attraverso degli emocromo un significativo
aumento degli IgG negli uomini ed una diminuzione delle IgM nelle donne. In
entrambi il numero e l’attività delle cellule natural killer era significativamente
aumentato così come il livello di cortisone. In altri è stato rilevato dopo 15
settimane di pratica un aumento della risposta anticorpale e delle relative
34
cellule mediatrici dell’immunità in pazienti sottoposti a vaccino per l’influenza
o per il virus della varicella zoster.
Questi effetti sono difficilmente spiegabili se non dal punto di vista della
medicina tradizionale cinese (Gillespie et al., 2009).
La pratica del Tai Chi mostra diversi effetti quando praticata per almeno 4
mesi. Alcuni miglioramenti vengono difficilmente mantenuti se viene
abbandonata la pratica.
Il Tai Chi ha mostrato una buona compliance da parte dei praticanti e può
essere ritenuto un valido allenamento per il soggetto anziano.
La pratica del Tai Chi non prevede però molte spiegazioni e molto è basato
sulla simulazione dei movimenti del maestro, in forme predefinite e povere di
libertà nell’espressione dei movimenti.
Inoltre le tecniche di respirazione utilizzate basate su principi della medicina
tradizionale cinese possono in alcuni casi risultare dannose soprattutto per
soggetti anziani.
L’allenamento e il singolo gesto motorio (come dimostrato) provocano
modificazioni a vario livello direttamente dipendenti dal singolo esercizio. I
processi di apprendimento più evoluti dell’essere umano dipendono da funzioni
cognitive e possono beneficiare di feedback di tipo visivo (maestro, specchi) e
da suggerimenti verbali e manuali.
La pratica a piedi nudi aumenta il numero delle afferenze somatosensoriali.
La postura tipica del Tai Chi prevede la flessione di anche, ginocchia e caviglie
mentre la retroversione del bacino favorisce l’appiattimento della lordosi
prevedendo un controllo attivo della postura del quale l’anziano può
beneficiare, ma la direzione del bacino e del rachide vanno verso la chiusura
nello “schema” tipico dell’età anziana e più interessanti possono essere esercizi
di apertura per ricercare (per quanto possibile) la fisiologica posizione della
colonna.
Per quanto riguarda le fasi aerobiche l’esercizio dovrebbe produrre una
sensazione di affaticamento pur lasciando i soggetti in grado di parlare o
contare senza difficoltà, la respirazione il più naturale possibile.
35
Variazioni nella velocità d’esecuzione dei movimenti, l’uso della voce e la
libertà di espressione all’interno della pratica producono senza dubbio ulteriori
(e forse più interessanti) modificazioni psicologiche e fisiologiche oltre a
rendere la pratica più divertente ed in grado di arricchire il bagaglio personale
delle persone anziane che nonostante siano simbolo di saggezza continuano ad
apprendere sia dal punto di vista motorio, sia da quello psico-emozionale.
36
4. PROGETTO DI RICERCA
Lo studio si pone l’obiettivo l’indagare l’effetto di un programma di attività
motoria per la terza età, basato sui principi e sulle tecniche dello Shintaido.
Sono stati osservati due gruppi di persone anziane: il primo gruppo è definito
“gruppo sperimentale” (o gruppo di lavoro), il quale una volta alla settimana si
è recato in palestra per praticare lo Shintaido; il secondo gruppo, definito
“gruppo di controllo”, è costituito da persone che non hanno svolto l’attività.
Per descrivere i cambiamenti legati alla partecipazione del programma di
attività motoria si sono somministrati pre-test e post-test in entrambi i gruppi e
analizzate le relazioni. Durante la prima e l’ultima lezione il gruppo
sperimentale ha dedicato parte del tempo a eseguire i test proposti; entro le due
settimane vicine alla lezione iniziale e a quella finale, anche i partecipanti del
gruppo di controllo hanno effettuato le stesse prove codificate.
I test utilizzati erano di tipo motorio e cognitivo.
4.1. Ipotesi della ricerca
Obiettivo della ricerca:
- verificare se la partecipazione al corso di Shintaido possa migliorare o
mantenere stabile nel tempo le funzionalità fisiche e psicologiche
dell’anziano.
Si è ipotizzato che il programma di attività motoria basato sui principi e sulle
tecniche dello Shintaido possa migliorare o mantenere nel tempo le abilità
fisiche e psicologiche degli anziani. In particolare si è posto l’obiettivo di
indagare in modo più specifico alcuni aspetti del comportamento motorio:
l’equilibrio, la mobilità articolare, la forza degli arti inferiori e la resistenza al
cammino.
Inoltre si è ipotizzato che gli anziani che hanno partecipato al corso di
Shintaido migliorino o mantengano queste funzionalità rispetto al gruppo di
controllo; in questo modo, ci si aspettava che la partecipazione all’attività fisica
proposta contribuisse a modificare gli aspetti connessi alla condizione fisica e
psicologica di ogni anziano.
37
4.2. Disegno e metodi: descrizione dell’intervento
La pratica di Shintaido durava un’ora e si è svolta una volta a settimana, per un
totale di 20 settimane.
Per avviare il corso è stata fondamentale la collaborazione dei due Maestri di
Shintaido: Giovanni Rossi, insegnante di educazione fisica, e Aaron Zaretti,
fisioterapista. Insieme a loro si è scelto e deciso il programma da proporre e le
modalità di effettuazione.
Le lezioni erano divise in tre momenti principali:
- riscaldamento;
- esercizi specifici
- rilassamento e massaggio.
L’inizio e la fine di ogni pratica sono dedicate ad una breve meditazione: in
cerchio in piedi (o seduti sulla sedia), occhi chiusi, il tempo di tre o quattro
respirazioni profonde; è un ottimo modo per concentrarsi sull’attività che si sta
cominciando a fare e per rilassarsi dalla fatica una volta terminata l’ora di
lezione. Serve per cercare la condizione adatta per svolgere il lavoro fisico al
meglio delle proprie possibilità; è utile sia all’insegnante che ai partecipanti.
4.2.1. Riscaldamento
I seguenti esercizi di riscaldamento vengono qui descritti per la posizione
eretta, ma sono stati eseguiti (con qualche modifica per l’utilizzo di alcuni
attrezzi o dei compagni) anche seduti su una sedia o sul materassino. Gli
strumenti utilizzati sono stati il bastone, una o due palline. Inoltre, per favorire
anche gli aspetti di socialità, questa fase è stata svolta in coppia con un’altra
persona o tutti insieme, tenendosi per mano.
Tali esercitazioni rappresentano la base su cui la persona anziana potrà poi
iniziare a svolgere una sua attività personale, da praticare a casa, fuori dalle ore
in cui viene a lezione.
Rotazione delle spalle: in avanti e indietro; consente di liberare dolcemente
l’articolazione della spalla, focalizzando principalmente l’attenzione sulla
38
clavicola, sullo sterno e sulla scapola; è un esercizio che ci aiuta a percepire le
zone di tensione a livello del cingolo scapolo-omerale e di liberarlo,
consentendoci di muovere liberamente la testa. Prima, durante o dopo
l’esercizio possiamo praticare alcune tecniche di auto-massaggio.
Saltellare o camminare, rilassando (lasciando cadere) le spalle: saltellando o
camminando dolcemente sollevare e abbassare le spalle. Si può inoltre
saltellare o camminare guardando e con il torace rivolto verso l’alto, oppure
guardando verso il basso e rilassando il torace e le braccia. Consente di
risvegliare il corpo e far circolare meglio il sangue, serve da stimolo per
l’azione di assorbimento e deposizione di nuova matrice ossea; migliora
l’azione propriocettiva e di controllo dei piedi con il suolo e di conseguenza la
postura.
Mobilizzazione del collo e delle spalle: anteposizione e retropulsione della
testa, rotazioni in un senso e nell’altro; va eseguito molto lentamente, con gli
occhi aperti e adeguando l’ampiezza del movimento in base alle proprie
condizioni fisiche.
Mani: lavoro di auto-massaggio e di sensibilizzazione delle mani. Sfregare le
mani con diverse intensità, poi avvicinare i palmi e le dita e percepire il calore;
poi ripetere l’esercizio e portarlo in diversi punti del corpo (es.: polsi,
clavicola, sterno, costole, addome, vertebre, viso, occhi, ecc…), sempre
massaggiando. Sfregare le mani produce calore. Scuotere le mani, a diverse
velocità, migliora il rilassamento e raffredda.
Per il “risveglio” delle mani e dei piedi, aprire le dita e chiuderle a pugno per
una decina di volte, poi rilassarle scuotendo mani e piedi. Questo esercizio può
essere fatto in diverse modalità: prima lavorano le due mani, poi i due piedi,
oppure mano e piede dello stesso lato, infine mano e piede opposti.
Per acquisire la manualità e la coordinazione fine, molti esercizi di massaggio
possono essere eseguiti con il bastone o la pallina: sfregando o strofinando,
39
facendo scorrere o picchiettando su braccia e gambe, spalle e schiena (quando
si lavora in coppia).
Con il bastone, nello Shintaido, uno degli esercizi fondamentali si chiama
Mochikae: consente di cambiare impugnatura facendo scorrere il bastone (di
180° sul piano verticale) tra le mani. Partendo dall’impugnatura del bastone
con un palmo verso l’alto e uno rivolto verso il basso, aprire le mani e
avvicinarle l’una all’altra verso il centro del bastone, facendole scivolare senza
perdere il contatto; farlo ruotare davanti a sé riallargando le mani fino alla
posizione originaria, ma con l’impugnatura inversa. In base al livello di abilità
le mani potranno essere completamente aperte o semichiuse o chiuse dopo il
cambio di impugnatura. È un esercizio che consente di esercitare entrambe le
mani e migliora la percezione del bastone.
Con la pallina o il bastone a terra, senza scarpe, un piede per volta, ci si
massaggia la pianta del piede passandoci sopra e spostando il peso.
Rotazione della colonna: lasciare libere le braccia di spostarsi verso destra e
sinistra con le mani rilassate e consentire una torsione della colonna vertebrale
con il bacino e gli arti inferiori che seguono il movimento.
Spesso è stato usato anche il bastone per questo esercizio; si eseguivano le
rotazioni con il bastone a diversi livelli: sopra la testa, a livello del torace, del
bacino, delle ginocchia e dei piedi.
Circonduzione del bacino (koshi): con i piedi divaricati alla larghezza delle
spalle, palmo delle mani appoggiato sulla zona lombare, spingere verso l’avanti
l’addome e percepire un leggero stiramento nella zona delle creste iliache
anteriori e dell’addome; poi spingere verso dietro e ripeterlo per qualche volta.
Con le mani ai fianchi spingere lateralmente da sinistra a destra e da destra a
sinistra; poi in diagonale avanti laterale e dietro laterale; infine combinare tutti
i movimenti e ruotare in tutte le direzioni.
Attraverso questo esercizio non solo si mobilizza il bacino, con un massaggio a
tutti gli organi interni, ma vengono sollecitate le articolazioni della colonna
vertebrale, le ginocchia, le caviglie e aiuta a migliorare la postura.
40
Si può effettuare lo stesso esercizio ma con i piedi uniti, vicini; la testa in
questo caso dovrà rimanere ferma con lo sguardo diretto verso l’avanti; i
movimenti saranno meno ampi.
Ginocchia: con i piedi uniti e le mani posizionate ai lati delle ginocchia,
piegarsi al massimo mantenendo i talloni a terra. Eseguire un piegamento sulle
ginocchia e poi raddrizzarle per qualche volta. Infine mobilizzare caviglie e
ginocchia con delle rotazioni del ginocchio verso l’interno e verso l’esterno.
Caviglie: dalla posizione in stazione eretta tenere il piede sinistro avanti (peso
egualmente distribuito tra le due gambe); sollevare (con il tallone a terra) il
piede sinistro e contemporaneamente aprire ed estendere la mano sinistra.
Ripetere per almeno tre volte, poi cambiare lato.
Sempre dalla posizione in piedi e con il piede sinistro avanti, sollevare il piede
destro (con le dita a terra). Ripetere per dieci volte se fatto in modo continuo,
ripetere almeno tre volte se si rimane fermi nella posizione col piede sollevato;
poi cambiare lato.
Si utilizzano tecniche di auto-massaggio applicato alle mani, alle spalle, al
bacino, all’addome e alle ginocchia; inoltre può essere svolto a terra un auto-
massaggio con il terreno, in preparazione alle capovolte.
È quindi importante il lavoro di grounding, basato su rotolamenti; si fanno
esercizi di mobilizzazione e tonificazione a terra, in posizione prona, supina e
laterale. Grazie a dondolamenti, inoltre, si cerca di simulare la capovolta e si
impara a rialzarsi da terra per evitare l’avvento di imprevisti.
4.2.2. Esercizi
Esercizi di apertura. Tre livelli di apertura. La posizione di partenza è in piedi
con un piede avanti.
41
Spingo avanti il bacino e lascio andare indietro e in basso le braccia, che poi
saranno lasciate andare ad un livello medio (più o meno delle spalle) ed infine
ad un livello più alto.
Prima lo si fa con il piede sinistro che avanza, concludo il ciclo e poi avanza il
destro. Si può usare anche la voce. Le mani possono essere rilassate oppure
completamente aperte.
Le braccia possono anche essere mosse una per volta: prima in basso a sinistra
e poi in basso a destra, poi al livello medio a sinistra e così via.
“Shintaido jump” (adattato). Si può manifestare tutta la propria forza vitale. Si
esegue semplicemente estendendo tutto il corpo partendo dalla posizione eretta,
con le mani ravvicinate e appoggiate sul basso addome, per poi slanciare le
braccia verso l’alto con l’apertura totale del corpo. Ripeterlo per almeno cinque
volte senza voce e poi altre cinque con la voce.
Una variante di questo esercizio è con la partenza da seduti; un altro modo è
con il bastone tra le due mani, orizzontale al terreno.
Step. Nel curriculum di Shintaido vi sono numerosi tipi di passi. Nel corso
sono stati proposti i passi dall’1 al 4.
Quando si eseguono i passi è importante porre l’attenzione sulle spalle, che
dovranno essere rilassate, e sulla colonna, che tenderà ad allinearsi; tendere
verso l’alto con il bacino aperto.
Il passo numero 1 consiste nell’avanzare davanti a sé con una sola gamba per
volta; l’arrivo è sempre a piedi uniti, con le punte separate di qualche
centimetro e i talloni vicini. Nel passo numero 2 invece di avanzare si arretra.
Nello step numero 3 la direzione è laterale-avanti; partenza e arrivo sono
sempre a piedi uniti. La direzione del numero 4 è laterale-indietro.
Esercizi propedeutici per i passi possono essere fatti col bastone a terra: con
l’attrezzo sistemato davanti alla persona, scavalcarlo un piede alla volta, in
avanti e indietro; con l’attrezzo a lato, scavalcarlo con un piede per volta a
destra e a sinistra; con due bastoni uno davanti e uno di lato si possono
alternare le due direzioni.
42
Tutta la pratica dei passi ha tra gli obiettivi di migliorare gli spostamenti nello
spazio e l’equilibrio dinamico.
Renki letteralmente significa “Ki continuato”, “far fluire il Ki”; è una serie di
esercizi con il compagno, attraverso i quali si sviluppa la capacità di
concentrazione e di comunicazione. Si migliora il tempismo e la
comunicazione mentale che si trova praticando con un partner.
Con il gruppo si è praticato Renki “stretta di mano” kumite.
In piedi, in posizione comoda, piedi leggermente divaricati uno avanti all’altro,
stringersi la mano (corrispondente alla gamba che si trova avanti) come per
salutarsi; incominciare a tirare e spingere in tutte le direzioni, alternandosi a
vicenda. Attraverso questo tipo di movimento si cerca di mantenere la
comunicazione e imparare ad ascoltare se stessi e l’altro. Non è un esercizio di
forza.
Tsuki letteralmente significa “pugno”, “colpo”. Quello che si intende nello
Shintaido non è la stessa cosa che nella boxe o nelle altre arti marziali. Nello
Shintaido “attacco” significa essere realmente sinceri; ciò che si vuole studiare
attraverso l’attacco è d’imparare la sincerità ed esprimere tutta la nostra energia
in direzione del ricevente durante un singolo attacco.
Sicuramente dal punto di vista di un boxer o di un karateka non sarà molto
efficace in questo modo, poiché la loro intenzione è quella di spiazzare
l’avversario con l’obiettivo di mandarlo KO; nello Shintaido non vi è spazio
per questo tipo di relazione con “l’avversario”, dobbiamo solamente dare a lui
tutta la nostra energia.
Attraverso l’attacco possiamo sviluppare la nostra concentrazione, mentre
quando si riceve è il modo di incrementare le nostre abilità sociali.
Nella pratica l’esercizio comincia come Renki kumite; poi, invece di stringersi
la mano, uno la tiene a pugno e l’altro lo avvolge con la sua mano aperta. Il
pugno, che parte a fianco del bacino e ha come direzione il centro del corpo,
viene assorbito dal compagno e rimandato a mano aperta dal punto di partenza.
43
Lo si può eseguire con posture diverse (in piedi, in ginocchio, seduti) e con i
passi (un passo avanti e 5 ripetizioni, ad ogni passo una ripetizione, ecc.).
Tenshingoso è uno dei kata essenziali dello Shintaido. Come tecnica marziale è
la raccolta di tutte le principali tecniche (attacchi, tagli e proiezioni) delle
discipline giapponesi e permette di controllare la respirazione. Il significato
simbolico artistico è una metafora di un ciclo di vita biologica, dalla nascita
alla morte. Come metodo di sviluppo personale, è un’enciclopedia delle
principali posizioni di meditazione.
Segue una descrizione completa della tecnica; i partecipanti, senza sforzare
eccessivamente, la eseguivano in base alle loro abilità e possibilità.
Emissione del suono “Um” in posizione eretta, con i piedi e gli alluci che si
toccano; lasciare pendere le braccia, tenendo il pollice sinistro nella mano
destra, sguardo verso l’avanti, con gli occhi semichiusi o chiusi.
Emissione del suono “Ah”, allargando i piedi poco più della larghezza delle
spalle e portando le braccia all’indietro, con le dita tese e aperte; descrivere
mezzo cerchio con le braccia, guardando verso il cielo; tendere le mani in
verticale, aprendo le dita e il palmo delle mani verso il cielo.
Dopo aver ruotato le braccia e le mani in modo da avere il dorso delle mani
ravvicinati, i palmi girati verso l’esterno e i pollici diretti verso l’avanti,
emissione del suono “E”: far scendere le braccia e le mani a livello della fronte
aprendole di nuovo e spingerle verso l’avanti; distendere le spalle e formare
con i gomiti un angolo retto.
Emissione del suono “I”, riportando le braccia a livello della schiena e
spingendo le mani verso il davanti, con il palmo rivolto verso il suolo; tendere
le braccia facendole salire gradualmente, spingendo i palmi verso l’avanti.
Emissione del suono “O”, tendendo le braccia dall’alto verso l’indietro e poi
verso il basso; quando le mani arrivano a livello della vita, avvicinarle e
spingerle verso l’avanti; a questo punto le mani sono aperte il più possibile, i
polsi girati verso il cielo, le dita verso la terra e i palmi verso l’avanti.
Emissione del suono “Um”, per ritornare alla posizione di partenza, distesi e
rilassati.
44
4.2.3. Rilassamento e massaggi
Wakame. In Wakame Taisso (“l’alga e l’oceano”) due persone in piedi, faccia a
faccia, svolgono alternativamente il ruolo di alga e di oceano. L’“alga”, ben
radicata in fondo al mare, si muove in relazione alla spinta che imprime
l’“oceano”, che la spinge con morbidezza con la punta delle dita. L’“alga” deve
sforzarsi di assorbire il flusso della “corrente marina” senza perdere il suo
equilibrio, poi, come un’alga dopo il passaggio dell’onda, ritorna in posizione
iniziale. Il ritmo, alla partenza morbido e lento, può accelerare se l’“oceano”
percepisce che il suo partner è sufficientemente ricettivo. La “corrente marina”
inizia a spingere il partner da davanti, poi si sposta di lato e lo guida da lì,
infine si spinge dalla schiena, da dietro.
Questo esercizio è generalmente molto apprezzato da chi pratica, poiché
permette loro di entrare rapidamente in uno stato di rilassamento profondo.
Sul piano marziale, Wakame Taisso è anche una tecnica molto efficace, che
sviluppa la capacità di anticipare un attacco e a rispondere con fluidità.
Amma è la parola usata per indicare il massaggio nella lingua giapponese.
Riveste una parte importante nella pratica. Principalmente si effettuano
massaggi non a scopo riabilitativo terapeutico, ma per migliorare il tocco, la
sensibilità e la comunicazione tra i membri del gruppo. Imparano a fidarsi e a
dare e ricevere in modo più rilassato.
È come un dialogo tra la mano di chi lo pratica e chi lo riceve. Si impara ad
ascoltare, sentire, ad attendere, ad evitare movimenti bruschi e imposizioni di
volontà. Aiuta a migliorare il benessere complessivo della persona.
Le chiavi per un buon massaggio sono: una buona respirazione e posizioni
corrette, calma e tranquillità, una giusta disposizione mentale, ritmo, manualità,
pressioni regolari, una buona attenzione e intenzione.
Questo esercizio viene svolto a coppie; ogni partecipante, quindi, ad ogni
lezione riceve e fa un massaggio.
Con le mani possiamo eseguire:
- Accarezzamenti: rinfrescano e calmano.
45
- Strofinamenti: riscaldano, ammorbidiscono, sciolgono le tensioni e le
contrazioni. Sono ottimi per il sistema nervoso.
- Picchiettare: possono essere eseguiti con diverse modalità. Ad esempio: di
taglio, che aiutano a sciogliere le tensioni muscolari, o a piene mani, che
attivano il sistema nervoso.
- Mobilizzazioni osteo-articolari: stimolano e migliorano gli schemi
corporei, rilassano i muscoli e sono d’aiuto in caso di blocchi articolari.
- Leggere pressioni: aiutano a rilassarsi e migliorano la circolazione.
- Dondolamenti: aiutano le articolazioni.
Oltre alle mani viene effettuato il massaggio e l’auto-massaggio ai piedi in
diverse forme. Massaggiare i piedi e massaggiare con i piedi aiuta a migliorare
la presa di coscienza e influisce molto sull’equilibrio, sulla postura eretta e
sulla deambulazione.
4.3. Partecipanti
Il campione è composto da 33 soggetti, di cui 23 facenti parte il gruppo
sperimentale e 10 il gruppo di controllo.
Il corso di Shintaido è stato proposto a persone over 60, residenti nei Comuni
di Omegna e di Valstrona, della provincia del Verbano-Cusio-Ossola. Veniva
svolto in una grande sala, che potesse accogliere tutte le persone senza che si
intralciassero tra loro.
Alcuni dei partecipanti si conoscevano già, in quanto fanno parte di gruppi
auto-organizzati che svolgono attività nell’ambito sociale e ricreativo; per
esempio alcuni praticano le danze, altri cantano in un coro, altri fanno attività
motoria in acqua. Per la maggioranza degli anziani, però, Shintaido rimane
l’unica attività di movimento settimanale.
Qualcuno lavora ancora, la maggior parte però è già in pensione; c’è chi coltiva
un orto, a chi piace camminare, chi gioca a bocce, chi cura i nipoti.
Prima di iniziare il corso di Shintaido, negli ultimi anni, solo qualcuno dei
partecipanti ha avuto altre esperienze motorie, dallo Yoga alle varie forme di
ginnastica per la terza età.
46
Durante la pratica veniva presentato un esercizio per volta; se non risultava
gradito si modificava e lo si rendeva più semplice; tuttavia, la maggior parte
degli interventi è piaciuto, anche i più intensi e complicati e specialmente i più
strani.
Alcuni di loro, già durante le ultime lezioni, sostenevano di praticare
quotidianamente alcuni semplici esercizi di riscaldamento, l’auto-massaggio, il
kata di base Tenshingoso, e la meditazione.
I soggetti del gruppo di controllo sono persone che hanno le stesse abitudini di
quelli del gruppo sperimentale; l’unica sostanziale differenza è quella di non
aver partecipato al corso di Shintaido. Ognuno di loro ha la sua occupazione
quotidiana, chi svolge ancora un mestiere e chi è in pensione. Anche in questo
gruppo sono residenti negli stessi Comuni di Omegna e Valstrona.
4.3.1. Genere
Tra tutti i partecipanti a questo progetto di ricerca, considerando il genere, i
maschi (N=5) rappresentano il 15% del totale, mentre le 28 femmine
rappresentano l’85%.
Nel gruppo di controllo sono 2 i maschi (20%) e 8 le donne (80%); nel gruppo
di lavoro i maschi sono 3 (13%) e le donne 20 (87%).
4.3.2. Età
L’età media dei partecipanti al test iniziale è di 69 anni (dev. st. = 6). Il
partecipante più giovane ha 60 anni compiuti, quello più anziano 87 compiuti.
Genere
Femmina 85%
Maschio 15%
Grafico n. 1 - Genere dei partecipanti
47
L’età media per il gruppo di controllo è di 69 anni (dev. st. = 5), con un range
che va dai 62 agli 81 anni; l’età media è di 69 anni per il gruppo di lavoro (dev.
st. = 7), con un range d’età tra i 60 e gli 87 anni.
4.3.3. Stato civile
Riguardo lo stato civile, la maggioranza (N=20) sono sposati (60,6%) oppure
sono rimasti vedovi (N=10, 30,3%); altri ancora (6,1%) sono separati o
divorziati (N=2) o non hanno mai avuto un coniuge (N=1; 3%).
Nel gruppo di controllo sono tutti coniugati (N=7; 70%) o vedovi (N=3; 30%).
Nel gruppo di lavoro la maggior parte è sposata (N=13; 56,5%), poco meno le
persone rimaste vedove (N=7; 30,4%), poche quelle divorziate o separate
(N=2; 8,7%) e una persona non si è mai sposata (N=1; 4,3%).
4.3.4. Educazione
In termini di educazione e di istruzione si è suddiviso in scuola elementare,
scuola media inferiore e scuola media superiore. Il 51,5% del campione (N=17)
ha frequentato solo la scuola primaria; il 30,3% ha continuato nella scuole
medie (N=10); il 18,2% invece è riuscito a proseguire fino al conseguimento
del diploma di scuola superiore (N=6).
In particolare, nel gruppo di controllo il 40% ha smesso dopo la scuola
elementare (N=4), il 30% dopo la scuola media (N=3) e il restante 30% ha
terminato le scuole superiori (N=3).
Stato civile
Coniugato
63%
Vedovo/a
31%
Separato / divorziato
6%
Grafico n. 2 - Stato civile dei partecipanti
48
Nel gruppo di lavoro il 56,5% si è fermato alla scuola primaria (N=13), il
30,4% alla scuola media inferiore (N=7) e il 13% ha completato il ciclo di studi
fino al diploma (N=3).
4.3.5. Professione
Quasi la metà del campione (48,5% = 16 persone) dichiara di essere una
casalinga, 9 persone (27,3%) hanno svolto attività manuali, come fare il
contadino o l’artigiano, altre 5 persone (15,2%) hanno svolto attività non
manuali o l’attività di commerciante, infine 2 persone (6,1%) sono impegnate
in lavori femminili, per esempio fare la domestica; una persona (N=1) non ha
indicato la sua occupazione lavorativa.
Professione
6%
50% 16%
28%
Lavori femminili (domestica, ecc.) CasalingaLavori non manuali (commercianti) Lavori manuali (contadino, artigiano)
Titolo di studio
Scuola elementare 52%
Scuola media30%
Scuola superiore 18%
Grafico n. 3 - Educazione scolastica
Grafico n. 4 - Professione svolta dai partecipanti
49
Nello specifico, il gruppo di controllo era composto da 5 casalinghe (50%), 3
commercianti (30%), 1 persona che ha svolto attività manuali (10%) e 1
persona che non ha indicato il suo lavoro.
Il gruppo di lavoro, invece, era composto da 11 casalinghe (47,8%), 8 pratici di
lavori manuali (34,8%), stessa percentuale (8,7%) per chi ha svolto attività non
manuali (N=2) e lavori femminili (N=2).
4.3.6. Attività motoria
Come è già stato detto, il coinvolgimento in attività sportive lungo tutto il corso
della vita è fondamentale per il benessere della persona.
Tra i partecipanti, in 16 hanno dichiarato di non aver mai fatto sport (48,5%),
gli altri 17 invece hanno detto di aver già svolto attività motoria nel corso della
propria vita (51,5%). Di questi ultimi, in7 hanno fatto attività motoria per un
problema fisico (23,5%) e in 10 l’hanno fatta in generale (58,8%).
Nel gruppo di controllo il 70% ha affermato di aver fatto attività fisica (N=7),
il restante 30% no (N=3).
Nel gruppo di lavoro, invece, la maggior parte dei partecipanti (N=13) non ha
mai svolto attività motoria prima di quella proposta per questa tesi (56,5%),
l’altro 43,5% aveva già praticato qualche sport, come il nuoto, la ginnastica, lo
sci alpino e lo sci nordico.
Attività motoria
52%
48%
Hanno già svolto attività motoria
Non hanno mai svolto attività motoria
Grafico n. 5 - Partecipanti che hanno o non hanno mai svolto un’attività motoria
50
4.3.7. Omogeneità dei gruppi
Per valutare l’omogeneità dei gruppi sono state prese in considerazione alcune
variabili, presentate di seguito. È presente una disomogeneità di base per
quanto riguarda la numerosità campionaria: il gruppo di lavoro è più di tre
volte maggiore rispetto al gruppo di controllo.
Genere
Per quanto riguarda il genere dei partecipanti dei due gruppi, non ci sono
differenze statisticamente significative: grazie al test per campioni indipendenti
U Mann-Whitney si può notare che la significatività è di 0,61; il valore soglia
convenzionale è di 0,05.
Età
Non esistono differenze statisticamente significative nemmeno nell’età dei
partecipanti.
Il valore di significatività espresso dal test statistico è di 0,88.
EtàTest U Mann Withney
p= 0,875 n.s.
Età - G
L
Età - G
C0
20
40
60
80
100
Peso e altezza
Anche nelle variabili antropometriche misurate non esistono differenze
statisticamente significative.
Grafico n. 6 - Età media di Gruppo di Lavoro e Gruppo di Controllo
51
Il peso medio del gruppo di lavoro è di 64,6 ± 12 kg, mentre nel gruppo di
controllo è di 72,6 ± 15,9.
Il valore emerso dal test di significatività è di 0,17.
Per quanto riguarda l’altezza, il valore medio del gruppo di lavoro è di 157,8 ±
7,5 cm, mentre nel gruppo di controllo è di 163,1 ± 8,3 cm.
Anche per questa variabile non sussiste significatività statistica, dato che il
valore del test è di 0,12.
AltezzaTest U Mann Withney
p= 0,116 n.s.
Altezz
a - G
L
Altezz
a - G
C
0
50
100
150
200
Grafico n. 7 - Peso
Grafico n. 8 - Altezza
52
Circonferenza vita
La circonferenza della vita è statisticamente omogenea tra i due gruppi, senza
differenze significative.
Per il gruppo di lavoro la misura è di 88 ± 10,8 cm; per il gruppo di controllo il
girovita è di 98,1 ± 13,1 cm.
Il valore di significatività, in questo caso, è pari a 0,07.
Attività motorie svolte
Alla domanda se nella propria vita ciascuno ha mai svolto attività motoria, i
gruppi non presentano differenze statisticamente significative.
Il valore di significatività risultato dal test statistico è di 0,17.
4.4. Strumenti
Nelle scelte e somministrazione dei test è fondamentale tenere conto dei
requisiti essenziali che essi devono possedere e che si identificano nella:
- validità: se si misura il più accuratamente possibile ciò che si intende
conoscere e misurare;
- attendibilità: se offre garanzie di essere sempre valido, ossia se il soggetto
esaminato ottiene risultati simili in prove successive;
- oggettività: se il rilevatore non influisce in alcun modo sul risultato.
Grafico n. 9 - Circonferenza vita
53
Per le misurazioni motorie si sono scelti dei test che rispondessero anche ad
esigenze di praticità, poiché devono essere riproponibili in diversi momenti
senza presentare particolari difficoltà.
I test consistono in prove standardizzate, uniformi nelle loro procedure di
somministrazione e di determinazione dei punteggi capaci di fornire risposte
valutabili quantitativamente.
I soggetti, nei vari test, venivano messi a conoscenza degli obiettivi delle
prove, con l’intento di motivarli e stimolarli ulteriormente.
Parametri motori valutati
Sono stati proposti dei test per valutare quattro aspetti, indagando l’effetto
dell’attività fisica effettuata sulla funzionalità motoria:
- l’equilibrio statico, ovvero la capacità di mantenere una posizione costante
da fermo;
- la mobilità articolare di arti superiori, tronco e muscoli ischio-crurali: è
capacità di movimento di un’articolazione indicata dall’ampiezza delle
escursioni in piani diversi; è in rapporto ai legamenti, alla capsula fibrosa,
alla muscolatura ed alla forma delle superfici articolari;
- la forza degli arti inferiori, cioè la capacità di un muscolo o di un gruppo
muscolare di effettuare ripetute contrazioni isotoniche o contrazioni
isometriche;
- la resistenza aerobica, in relazione al cammino: è la capacità di effettuare
esercizi a predominanza aerobica; il livello di resistenza aerobica è indicato
dalla durata per la quale può essere protratto un esercizio aerobico.
Parametri psicologici valutati
È stato sottoposto anche un test psicologico, proposto a tutti i soggetti, per
valutare quattro grandi aree:
- la funzionalità del proprio fisico: quanto riesce ad essere funzionale il fisico
di ognuno;
- la vitalità: le sensazioni provate durante gli ultimi mesi;
- la salute mentale: le emozioni maggiormente provate nell’ultimo periodo;
54
- l’autoefficacia: la determinazione e l’impegno che ognuno mette nel
compiere l’attività fisica.
4.5. Test
I seguenti test standardizzati sono stati selezionati in base all’analisi della
letteratura, con particolare riferimento al report EUNAAPA (European
Network for Action on Ageing and Physical Actictivity) nel 2008 rispetto alla
diffusione e utilizzo in Europa dei test per la verifica delle abilità motorie negli
anziani ed al campione di popolazione che si intende indagare:
- Test di Romberg (Lanska, Goetz, 2000): per verificare la presenza di
patologie che possono intaccare le abilità di equilibrio.
- One Leg Stance (Wolfson, Whipple, Derby, 1996): test dell’equilibrio
statico (Manckoundia et al., 2007).
- Back Scratch Test (BST): per valutare la mobilità articolare e la flessibilità
muscolo tendinea delle spalle (Rikli & Jones, 1999).
- Chair Sit and Reach (Rikli and Jones, 1999): per valutare la mobilità
articolare del tronco e dei muscoli posteriori della coscia (muscoli ischio-
crurali).
- Timed Chair Rise Test (Rikli and Jones, 1999): per valutare la forza-
resistenza degli arti inferiori (Garatachea et al., 2009).
- Six Minutes Walking Test (6MWT, Lipkin et al., 1986): per misurare la
capacità di resistenza aerobica (Steffen, Hacker et Mollinger, 2002).
Il test psicologico utilizzato è il Questionario sullo Stato di Salute, SF-36
(versione italiana: Apolone et al., 1997). Permette di valutare lo stato di salute
generale fisica e mentale di ciascuna persona attraverso 36 domande. Un
punteggio molto alto indica nessuna limitazione fisica, disabilità o diminuzione
del benessere generale, una elevata vitalità; presenta inoltre una frequente
attitudine psicologica positiva e l’assenza di disagi psicologici e limitazioni
nelle attività sociali e personali dovute a problemi emotivi; lo stato di salute
fisico e mentale è giudicato eccellente. Un punteggio molto basso indica
sostanziali limitazioni nella cura di sé e nelle attività fisiche, sociali e
55
personali; può essere indotto da un importante dolore fisico o da frequente
stanchezza; presenta inoltre un frequente disagio psicologico e una importante
disabilità sociale e personale dovuta a problemi emotivi; lo stato di salute fisico
e mentale è giudicato scadente.
È stato proposto anche un test sull’autoefficacia, con domande tratte dalla
“Scala di valutazione dell’autoefficacia APEF” (Caprara, 2001), per scoprire la
percezione della realtà che hanno i soggetti. Il senso di autoefficacia lo si
acquisisce grazie alle esperienze comportamentali, basate sulle esperienze
personali e sul confronto con le altre persone; si sviluppa inoltre in base agli
stati fisiologici ed affettivi dei soggetti, che nel test giudicheranno la propria
forza e la propria vulnerabilità.
Infine, durante la seconda rilevazione sono state aggiunte alcune domande per
valutare la soddisfazione dei partecipanti all’attività motoria proposta: gli
stimoli che motivano la continuazione della pratica motoria, i benefici percepiti
da ogni persona e il rapporto con gli istruttori.
4.5.1. Equilibrio
Sono due i test utilizzati per la valutazione dell’equilibrio: il “Test di
Romberg” e il “One Leg Stance”.
Test di Romberg (Lanska and Goetz, 2000)
Verificare la presenza di patologie che possono intaccare le
abilità di equilibrio. Si invita il soggetto ad unire i piedi,
mantenere gli arti superiori lungo il corpo con gli occhi aperti. Si
chiede quindi di chiudere gli occhi. Il segno è considerato
positivo se c’è una significativa assenza di equilibrio ad occhi
chiusi o lo squilibrio peggiora notevolmente ad occhi chiusi nei
soggetti con disequilibrio già ad occhi aperti (attenzione: tutti i
soggetti normali hanno una certa tendenza ad oscillare con gli
occhi chiusi). I giovani adulti dovrebbero essere in grado di
mantenere la posizione per circa 30 secondi, e questo periodo di
tempo si accorcia con l’età (si dovrebbe comunque arrivare ad Figura n. 1 -
Test di Romberg
56
Figura n. 3 - Back Scratch Test
almeno 6 secondi). La positività del segno indica un disturbo vestibolare o
propriocettivo, oppure un problema dei tratti spinali (le colonne posteriori) che
portano l’informazione propriocettiva (ovvero la posizione nello spazio, il
movimento delle articolazioni e la sensazione pressoria) al cervello. I valori variano da 1 a 4: 1 cade; 2 oscilla vistosamente e fa un passo per non
cadere; 3 oscilla; 4 normale.
One Leg Stance Test (Wolfson, Whipple, Derby, 1996)
Equilibrio statico. Il soggetto deve rimanere in equilibrio su una
gamba il più a lungo possibile.
L’abilità a mantenere l’equilibrio su una singola gamba
generalmente diminuisce quando aumenta l’età (Bohannon et
al., 1985). Per i soggetti anziani la posizione della gamba
sollevata è distesa in avanti.
Si tiene conto di quanti secondi il soggetto riesce a mantenere
l’equilibrio su una gamba sola: quando il piede alzato appoggia
a terra termina il conteggio; il test viene interrotto quando viene
superato il minuto in equilibrio.
4.5.2. Mobilità articolare
La mobilità articolare è stata valutata sia per gli arti superiori che per gli arti
inferiori.
Back Scratch Test (BST, Gross et al., 1996)
Mobilità articolare e flessibilità muscolo
tendinea delle spalle. Il test è effettuato in
ortostatismo. Ai soggetti è richiesto di
posizionarsi come in figura e di avvicinare il più
possibile le mani. L’operatore misura la distanza
in cm tra le dita medie.
Attribuzione del punteggio:
- positivo: se c’è sovrapposizione delle mani;
Figura n. 2 - One Leg
Stance Test
57
- uguale a 0: se le dita si toccano, senza sovrapporsi;
- negativo: se le dita non si toccano, indica la distanza che intercorre.
Chair Sit and Reach Test (R.E. Rikli and C.J. Jones, 1999)
Mobilità articolare del rachide e dei muscoli posteriori della coscia. Il soggetto
seduto sulla parte anteriore della sedia, con una gamba distesa in avanti deve
tendere il braccio omologo verso la gamba distesa.
Si misura la distanza (cm, + /-) della mano rispetto alla punta del piede.
4.5.3. Forza (arti inferiori)
Timed Chair Rise Test (Rikli and Jones, 1999)
Forza/resistenza degli arti inferiori. Il soggetto, mantenendo le braccia
conserte, deve alzarsi e sedersi in maniera continua per un tempo di 30 secondi.
Si annota quante volte il soggetto esegue il movimento in maniera corretta e
completa.
Figura n. 4 - Chair Sit and Reach Test
Figura n. 5 - Timed Chair Rise Test
58
4.5.4. Cammino (resistenza)
Six Minutes Walking Test (6MWT, Lipkin et al., 1986)
Test per verificare la resistenza aerobica. Si richiede al soggetto di camminare
per 6 minuti alla massima velocità, in modo da coprire la maggiore distanza
possibile, misurata in metri percorsi.
4.6. Dati e analisi statistica
Le analisi statistiche utilizzate hanno permesso di individuare:
- l’affidabilità delle scale dei questionari (alfa di Cronbach);
- differenze statisticamente significative tra i gruppi (U Mann Withney);
- differenze statisticamente significative all’interno dei gruppi (Wilcoxon).
L’alfa di Cronbach. Si tratta di un indice che può variare tra 0 e 1; più alto è
l’indice, maggiore è la validità della scala. L’indice è considerato buono se
supera il valore 0,70, ma è già accettabile sopra 0,50.
U Mann Withney. Confronta le tendenze centrali di due distribuzioni
appartenenti a due gruppi indipendenti. Permette di valutare differenze
statisticamente significative tra gruppi.
Wilcoxon. L’impostazione classica del test dei segni per ranghi di Wilcoxon,
detto più semplicemente anche test T di Wilcoxon, nel caso di un campione
permette di verificare se la tendenza centrale di una distribuzione si discosta in
modo significativo da un qualsiasi valore prefissato di confronto. È un test
Figura n. 6 - Six Minutes Walking Test
59
Tabella n. 1 - Gruppo di Controllo: Timed Chair Rise Test
Tabella n. 2 - Gruppo di Controllo: Six Minutes Walking Test
utilizzato per la valutazione di differenze statisticamente significative in due
campioni dipendenti.
4.7. RISULTATI
Campioni dipendenti
L’analisi statistica di confronto dei valori centrali (mediane) per campioni
dipendenti è fatta attraverso il test di Wilcoxon. Questo test permette di
determinare le differenze statisticamente significative all’interno dello stesso
gruppo ma in tempi di valutazione differenti.
4.7.1. Dati motori
Gruppo di controllo
Nella maggior parte dei test motori effettuati dal gruppo di controllo non si
trova nessuna differenza statisticamente significativa. Sono solo due i test
risultati con una significatività minore di 0,05: Timed chair rise e Six minutes
walking.
Timed chair rise test T0 T1 Media 14,2 rip 15,2 rip Mediana 14 rip 14,5 rip Deviazione standard 1,75 rip 2,3 rip Valore di significatività 0,03
Nel Timed chair rise test tra prima e seconda rilevazione i partecipanti hanno
migliorato la loro prestazione, incrementando in media di una ripetizione.
Six minutes walking test T0 T1 Media 545,3 metri 556,3 metri Mediana 535,5 metri 539 metri Deviazione standard 108,43 metri 113,71 metri Valore di significatività 0,03
60
Tabella n. 3 e n. 4 - Gruppo di Lavoro: One Leg Stance Test
Tabella n. 5 - Gruppo di Lavoro: Back Scratch Test (braccio destro in alto)
Il gruppo di controllo è migliorato significativamente anche nel test sulla
resistenza al cammino, incrementando in media di 11 metri sui 6 minuti di
camminata.
Gruppo di lavoro
Per il gruppo di lavoro, tra prima e seconda rilevazione, c’è un solo test che
non differisce statisticamente in modo significativo: il Test di Romberg, il cui
valore di significatività è di 0,56.
Tutti gli altri invece hanno differenze statisticamente significative, che
vengono riportate in seguito.
One leg stance destro T0 T1 Media 19,30 sec 29,52 sec Mediana 7 sec 28 sec Deviazione standard 22,1 sec 23,25 sec Valore di significatività < 0,001
One leg stance sinistro T0 T1 Media 18,78 sec 23,26 sec Mediana 9 sec 15 sec Deviazione standard 20,7 sec 21,92 sec Valore di significatività 0,04
Il test dell’equilibrio ha fatto ottenere un maggiore incremento quando i
partecipanti rimanevano sulla gamba destra: in media sono migliorati di più di
10 secondi.
In equilibrio sulla gamba sinistra c’è stato un miglioramento più contenuto;
comunque in media l’equilibrio alla seconda rilevazione è stato mantenuto per
4 secondi e mezzo in più rispetto alla prima.
Back scratch destro T0 T1 Media -5,48 cm -3,17 cm Mediana -7 cm -4 cm Deviazione standard 8,79 cm 9 cm Valore di significatività < 0,001
61
Tabella n. 6 - Gruppo di Lavoro: Back Scratch Test (braccio sinistro in alto)
Tabella n. 7 e n. 8 - Gruppo di Lavoro: Chair Sit and Reach Test
Tabella n. 9 - Gruppo di Lavoro: Timed Chair Rise Test
Back scratch sinistro T0 T1 Media -8,65 cm -5,61 cm Mediana -10 cm -5 cm Deviazione standard 8,35 cm 8,91 cm Valore di significatività < 0,001
Il Back scratch test rileva la mobilità articolare e la flessibilità muscolo
tendinea delle spalle: miglioramenti statisticamente significativi sono stati
ottenuti sia con il braccio destro in alto, sia con il braccio sinistro alzato: le
mani in media si sono avvicinate rispettivamente di 2,31 cm e di 3,04
centimetri.
Chair sit and reach destro T0 T1 Media 2,26 cm 7,61 cm Mediana 1 cm 8 cm Deviazione standard 4,61 cm 5,78 cm Valore di significatività < 0,001
Chair sit and reach sinistro T0 T1 Media 3,35 cm 7,78 cm Mediana 1 cm 8 cm Deviazione standard 4,97 cm 5,31 cm Valore di significatività < 0,001
Durante il periodo di lavoro la mobilità articolare del tronco e dei muscoli
ischio-crurali è incrementata: la media del miglioramento è di 5,35 cm per il
test effettuato con la parte destra del corpo; miglioramento di 4,43 cm per
questo test, basato sull’allungamento del braccio sulla gamba sinistra.
Timed chair rise test T0 T1 Media 13,13 rip 16,22 rip Mediana 13 rip 16 rip Deviazione standard 1,66 rip 2,02 rip Valore di significatività < 0,001
62
Tabella n. 10 - Gruppo di Lavoro: Six Minutes Walking Test
Il Timed Chair Rise Test aveva fatto rilevare una significatività statistica anche
nel gruppo di controllo; il dato importante, però, è la quantità di ripetizioni
effettuate: mentre nel gruppo di controllo la media tra prima e seconda
rilevazione era aumentata di una ripetizione, nel gruppo di lavoro la media è
aumentata di 3,09 ripetizioni.
Six minutes walking test T0 T1 Media 526,74 metri 584,43 metri Mediana 520 metri 580 metri Deviazione standard 121,28 metri 134,91 metri Valore di significatività < 0,001
Anche in questo test di cammino si erano riscontrati dati statisticamente
significativi nel gruppo di controllo; ma anche in questo caso il miglioramento
del gruppo di lavoro è maggiore: rispetto alla media di 11 metri in più tra le
due rilevazioni del gruppo di controllo, il gruppo sperimentale ha incrementato
il numero dei metri, con una media di 57,69 metri in più.
4.7.2. Dati psicologici
Le seguenti scale, per la valutazione dei dati psicologici, sono state tratte da
due test, il Questionario sullo Stato di Salute SF-36 e la Scala di valutazione
dell’autoefficacia APEF, che permettono di descrivere la salute percepita.
Affidabilità delle scale
Le sei scale utilizzate sono degli indici relativi alla salute fisica e mentale. Gli
indici dei due questionari sono efficienti, in termini di numerosità, delle singole
domande e delle singole scale, in quanto sono dotati di un gran numero di
livelli di risposta. I punteggi delle scale e degli indici sono stati standardizzati; i
questionari sono in grado di descrivere differenze a livello di gruppi di
individui numericamente piccoli con precisione statistica ed affidabilità
(Apolone et al., 1997).
63
Tabella n. 11 - Scala della funzionalità
Tabella n. 12 - Scala della vitalità
Tabella n. 13 - Scala della salute mentale
Tabella n. 14 - Scala dell’autoefficacia (1)
Nome delle scale
Funzionalità del proprio fisico T0 T1 N° di item 10 Persone con tutti i valori validi 31 93,9% 29 87,9% Valore alfa di Cronbach ,888 ,728
Le dieci domande riguardanti questa scala cercano di capire quanto può essere
funzionale il fisico di ognuno nella vita quotidiana: riuscire a sollevare pesi,
camminare per centinaia di metri, salire le scale, fare il bagno o vestirsi da soli.
Vitalità T0 T1 N° di item 4 Persone con tutti i valori validi 32 97% 29 87,9% Valore alfa di Cronbach ,419 ,652
La scala sulla vitalità racconta le sensazioni provate durante gli ultimi mesi: la
vivacità e l’energia, all’opposto la stanchezza o l’essere sfiniti.
Salute mentale T0 T1 N° di item 5 Persone con tutti i valori validi 31 93,9% 29 87,9% Valore alfa di Cronbach ,852 ,828
Questa scala raccoglie le domande sulle emozioni maggiormente provate
nell’ultimo periodo: l’agitazione o la calma, la tristezza o la felicità, essere giù
di morale o essere sereni.
Autoefficacia: preoccupazioni T0 T1 N° di item 5 Persone con tutti i valori validi 30 90,9% 29 87,9% Valore alfa di Cronbach ,946 ,940
64
Tabella n. 15 - Scala dell’autoefficacia (2)
Tabella n. 16 - Scala dell’autoefficacia (3)
Sono tre le rilevazioni sull’autoefficacia. La prima chiede quanto il
partecipante riesce a persistere nella sua intenzione di fare esercizio fisico
anche si presentano problemi e preoccupazioni, se si è tesi o depressi,
indaffarati o stanchi.
Autoefficacia: sostegno psicologico T0 T1 N° di item 4 Persone con tutti i valori validi 26 78,8% 25 75,8% Valore alfa di Cronbach ,867 ,935
La seconda scala sull’autoefficacia rileva quanto l’anziano riesce a seguire il
programma di esercizio fisico che gli è stato consigliato anche se nasce la
paura di non farcela, anche se i tentativi per riuscirci sono ripetuti e c’è bisogno
di un po’ di tempo per eseguire l’esercizio, anche se il sostegno dell’istruttore
non è quello desiderato.
Autoefficacia: attività motoria T0 T1 N° di item 5 Persone con tutti i valori validi 29 87,9% 29 87,9% Valore alfa di Cronbach ,941 ,923
Quest’ultima domanda indaga ciò che pensano gli anziani sull’esercizio fisico:
se lo fa sentire più in forma e migliora la propria condizione fisica, se lo fa
sentire più sicuro del proprio corpo, più forte e più soddisfatto delle proprie
capacità.
Spiegazione dei dati inaffidabili (Vitalità)
Il valore alfa di Cronbach nella prima rilevazione è troppo basso per poter
essere considerato affidabile: i valori sono considerati accettabili da 0,50 a 1; in
questo caso è 0,419.
Il valore della seconda rilevazione risulta affidabile (α-Cronbach = 0,652); si
registra quindi un miglioramento però, non potendo ritenere accettabile il
65
valore della prima rilevazione, ne risente tutta la scala; quindi non
considereremo più questo dato.
Gruppo di controllo
In base al test di Wilcoxon, l’unica scala delle sei precedentemente descritte
che è risultata statisticamente significativa nel gruppo di controllo è stata quella
sulla funzionalità fisica. Il valore di significatività è uguale a 0,028.
Per questa scala, la media dei punti totali alla prima rilevazione è di 19,2 ± 5,7;
nella seconda la media è di 29,6 ± 2,8.
Gruppo di lavoro
Anche nel gruppo di lavoro, però, c’è una sola scala che risulta statisticamente
significativa: come nell’altro gruppo, è la scala sulla funzionalità fisica. Il
valore di significatività qui è molto più basso, essendo minore di 0,001; la scala
è quindi ampiamente significativa.
Infatti, la media dei punti totali per le domande sulla funzionalità fisica nel
primo rilevamento è di 17,45 ± 3,79; la media nel secondo rilevamento è di
30,26 ± 2,58.
Tutte le altre scale non risultano statisticamente significative. Questo risultato
sembra sostenere che l’attività motoria svolta non vada ad influire sul
benessere psicologico della persona. Probabilmente, invece, il livello di
buonumore psicologico di partenza era già abbastanza alto, valore che
difficilmente può migliorare.
Domande sull’attività motoria
Il questionario psicologico si è concluso con alcune domande riguardanti
l’attività motoria svolta, i benefici che essa comporta, il rapporto con gli
istruttori e le motivazioni che spingono a continuare a frequentare il corso di
Shintaido.
66
Più del 90% dei partecipanti che hanno risposto alla domanda ha deciso
personalmente di frequentare il corso di attività motoria e più dell’80%
vorrebbe farlo più spesso; per quest’ultima domanda, tra l’inizio e la fine del
corso le persone a cui piacerebbe incrementare il numero di sedute settimanali
è aumentato del 3%.
Andando in palestra, la maggior parte (68%) di coloro che hanno risposto ha
scoperto di riuscire abbastanza a fare movimenti che pensava di non poter fare
più; il 23% è molto contento di questa scoperta; il restante 9% non è convinto
di questa positività.
Sono solo in 7 (35%), invece, che andando in palestra ha scoperto di non
riuscire più a fare dei movimenti che pensava di poter ancora fare.
Il rapporto con gli istruttori è molto (71%) e abbastanza (29%) buono, per i 21
partecipanti che hanno risposto alla domanda.
Secondo il 90% delle risposte gli istruttori fanno attenzione allo stato d’animo
della persona durante la pratica; gli obiettivi e l’attenzione degli educatori
posta all’incoraggiamento e alla spiegazione degli esercizi è per tutti buona o
soddisfacente.
Andare in palestra piace soprattutto per il fatto che dà la possibilità di
conoscere altre persone con cui stare insieme (68%), gente nuova (52%) e di
tutte le età (52%).
La motivazione maggiore è data dagli istruttori (95%) e dagli amici che si
hanno tra coloro che frequentano l’attività (91%); meno influenti sono le
indicazioni dei famigliari (62%) e dei medici o fisioterapisti (45%).
4.7.3. Riepilogo
I dati raccolti dai test motori per il gruppo sperimentale hanno avuto un grande
incremento tra prima e seconda rilevazione: aumenti statisticamente
significativi sono stati registrati in tutti i test, tranne in quello sull’equilibrio di
Romberg. L’attività motoria svolta durante le 20 lezioni, quindi, sembra aver
prodotto ottimi risultati sull’equilibrio, sulla mobilità articolare e sulla
resistenza al cammino dei soggetti partecipanti; per valorizzare questa
67
affermazione si può constatare che nel gruppo di controllo non ci sono stati
ampi incrementi, simili a quelli del gruppo di lavoro.
Nella revisione dei dati del test psicologico l’unico incremento statisticamente
significativo del gruppo sperimentale è comparso nella scala della funzionalità
fisica: in media, i soggetti che hanno praticato Shintaido hanno riscontrato
meno problemi nello svolgere attività fisicamente impegnative o di impegno
moderato; sensazioni positive le hanno avute nella camminata protratta per
centinaia di metri e nel salire uno o più piani di scale; anche nel sollevare e
portare un peso, nel piegarsi o inginocchiarsi e per fare il bagno o vestirsi da
soli, la media dei soggetti è risultata significativamente maggiore tra prima e
seconda rilevazione.
68
5. DISCUSSIONE DATI E CONCLUSIONI
Questa ricerca si è posta l’obiettivo di indagare gli effetti della partecipazione
al corso di Shintaido in un gruppo di persone con almeno 60 anni; l’ipotesi
prevedeva che il programma di attività motoria proposto potesse migliorare o
mantenere stabile nel tempo le abilità fisiche e psicologiche degli anziani. Per
questo è stato d’aiuto la creazione di un gruppo di controllo, composto da
persone che non hanno svolto l’attività proposta: la seconda ipotesi era che gli
anziani che hanno partecipato al corso di Shintaido migliorino o mantengano
queste funzionalità rispetto a quelli del gruppo di controllo; in questo modo, si
dimostra che la partecipazione all’attività fisica proposta contribuirebbe a
modificare gli aspetti connessi alla condizione fisica e psicologica di ogni
anziano.
Questo studio presenta alcuni limiti, relativi al campione di persone coinvolte;
il problema principale è la scarsità nella numerosità del campione, dovuto alla
difficoltà di reperimento e di coinvolgimento dei soggetti. Su una trentina di
anziani che hanno svolto l’attività di Shintaido, solo in 23 hanno frequentato le
lezioni con assiduità e costanza e si sono sottoposti ai due test di rilevazione,
all’inizio e alla fine delle 20 lezioni; anche il gruppo di controllo, composto da
10 persone, non è molto numeroso.
Un altro limite è la disparità nella numerosità del genere dei partecipanti: solo
il 15% sono maschi, mentre l’85% sono femmine. Questa percentuale non
rappresenta assolutamente la media italiana, che vede 93,8 maschi ogni 100
femmine, con una percentuale di 48,4 uomini e 61,6 donne (ISTAT, 2001).
Questi sono limiti relativi all’universalità della ricerca, alla sua trasformazione
a modello rappresentativo di una intera popolazione; per come è stata eseguita
questa ricerca non potrebbe esserlo. Nonostante i limiti legati alla tipologia del
campione, lo studio riporta risultati in accordo con la letteratura: è stata
confermata la presenza di una relazione positiva tra attività motoria regolare e
invecchiamento, sia per quanto riguarda la salute fisica, sia per quella
psicologica e anche per il funzionamento generale dell’individuo.
69
I dati ottenuti, infatti, sembrano supportare l’ipotesi che programmi di attività
motoria possono avviare un cambiamento anche nel breve termine, rendendo
gli anziani maggiormente autonomi ed efficaci nel compiere movimenti utili
alla vita quotidiana come alzarsi, camminare, vestirsi o sollevare qualche peso.
Per ciò si è posto l’obiettivo di indagare in modo più specifico alcuni aspetti
del comportamento motorio: l’equilibrio, utile in tutte le fasi della vita e in ogni
momento della giornata, la mobilità articolare, necessaria per non avere
limitazioni funzionali nei gesti e nei movimenti, la resistenza al cammino e la
forza degli arti inferiori, parte fondamentale del corpo per gli spostamenti nello
spazio, sia in casa che in giro per il paese.
Dall’analisi dei dati si osserva che, tra prima e seconda rilevazione, l’equilibrio
si è mantenuto costante nel gruppo di controllo mentre è aumentato nel gruppo
sperimentale. Nel test One leg stance, nel quale il soggetto deve rimanere il più
a lungo possibile su una gamba sola, sono stati registrati degli incrementi anche
superiori ai 10 secondi; inoltre, persone che nel pre-test non riuscivano a
staccare un piede dal terreno, nel post-test sono riuscite a stare in equilibrio per
almeno qualche secondo.
Il controllo posturale, basato sull’equilibrio e verificato tramite al Test di
Romberg, non ha prodotto dati statisticamente significativi, quindi non è stato
preso in considerazione nella trascrizione dei risultati. La motivazione a questa
insignificatività statistica è data dai buoni risultati ottenuti già nella prima
rilevazione; nella seconda rilevazione c’è stato il miglioramento di pochi
soggetti appartenenti al gruppo sperimentale, mentre nel gruppo di controllo la
quasi totalità ha mantenuto costante i propri valori, un soggetto ha anzi
peggiorato la sua prestazione.
Anche la mobilità articolare, grazie al confronto dei dati ottenuti, è risultata
migliorata nel gruppo di lavoro, mentre rimane costante nel gruppo di
controllo. Questo incremento, in parallelo all’aumentata percezione
dell’equilibrio, potrebbe prevenire il rischio di cadere, in quanto è dimostrata la
relazione tra cadute e mobilità del rachide (Kasukawa et al., 2010). La
mobilizzazione osteo-articolare è stata una delle componenti che si è
riscontrata più frequentemente negli esercizi proposti durante il corso di
70
Shintaido: quasi la totalità dei movimenti eseguiti aveva come obiettivo il suo
miglioramento.
I risultati emersi per quanto riguarda la forza degli arti inferiori non si
discostano con quanto si trova in letteratura: sembra che i programmi di attività
motoria basati su esercizi di lavoro di muscolazione condotti in campioni di
anziani non normativi rilevino un mantenimento della forza negli arti inferiori
(Jessup, Horne, Vishen, Wheeler, 2003). Tra le due rilevazioni effettuate, si
nota che in questo test migliora sia il gruppo di controllo che il gruppo
sperimentale: l’incremento di coloro che hanno svolto l’attività motoria è però
tre volte superiore per il gruppo di lavoro; le esercitazioni proposte sembrano
quindi aver creato un adattamento positivo maggiore.
Il Six minutes walking test è relativo alla resistenza al cammino; i dati tra pre-
test e post-test sono tutti (tranne due soggetti del gruppo di controllo)
incrementati. Questo miglioramento generale potrebbe essere causato
dall’influenza del tempo; la prima rilevazione si è svolta in ottobre, la seconda
a maggio: la bella stagione potrebbe aver condizionato in minima parte il
risultato conclusivo del test. L’esito delle rilevazioni da parte del gruppo
sperimentale è comunque positivo: mentre il gruppo di controllo ha percorso in
media 11 metri in più, il gruppo con il quale si è lavorato ne ha percorsi quasi
60 in più; è evidente che le modificazioni non si possono imputare solo al
cambiamento di stagione. Uno studio sulle discipline orientali, in particolare
Yoga, dimostra che gli effetti di questa attività fisica possono migliorare la
velocità del cammino e dell’andatura (Zettergren, Lubeski, Viverito, 2011).
Nella realizzazione di questo progetto si è cercato di articolare l’attività con la
convinzione che essa avrebbe prodotto dei benefici nel funzionamento motorio
e psicologico negli individui: aiutato dalle evidenze scientifiche presenti in
letteratura si è cercato di contribuire al miglioramento della qualità della vita
dell’anziano. In base all’attuale cambiamento demografico, nel quale il numero
di anziani è aumentato esponenzialmente, occorre aumentare proporzional-
mente anche l’attenzione verso i bisogni e le potenzialità di questo gruppo
sociale.
71
Uno degli interventi di prevenzione utile è proprio l’attività fisica: il
movimento è in grado di modificare l’invecchiamento, in quanto processo
modificabile. L’obiettivo dell’attività motoria non è di arrestare l’insorgere
della vecchiaia, ma quello di limitare la degenerazione funzionale che ne
consegue; per questo motivo, il lavoro fisico e motorio cerca di aumentare la
lunghezza della vita (aspetto quantitativo) in modo da mantenere le capacità e
l’autonomia (aspetti qualitativi), che sono utili al corpo, al benessere mentale e
alle funzioni emotive.
Tra i fattori psicologici valutati, infatti, i dati ottenuti sono in accordo con la
letteratura: la funzionalità del proprio fisico è notevolmente incrementata tra
prima e seconda rilevazione; gli anziani del gruppo sperimentale si sentono più
sicuri dell’efficienza del proprio corpo a compiere i movimenti e le azioni della
vita quotidiana. Le domande sulle sensazioni e le emozioni provate nell’ultimo
periodo non hanno registrato modificazioni significative statisticamente;
probabilmente nella vita di tutti i giorni ognuno di loro ha le proprie
occupazioni, che si mantengono costanti e non vengono influenzate dall’attività
motoria svolta settimanalmente.
Il presente progetto di ricerca vuole essere la base per il futuro: la
collaborazione nel lavoro di ideazione e realizzazione del corso di Shintaido e
la partecipazione e l’entusiasmo dei membri partecipanti allo studio sono
incoraggianti per proseguire questa attività anche nei prossimi anni.
La prospettiva futura è quella di continuare a raccogliere dati motori e
psicologici attraverso i test descritti, per avere un campione sempre più ampio;
in questo modo, inoltre, ogni anno si avrà un’indicazione sulla qualità e
sull’efficienza degli esercizi e delle attività proposte.
72
BIBLIOGRAFIA
- ADAMS A. J., WONG L. S., WONG L., GOULD B., “Visual acuity changes
with age: some new perspectives”, American Journal of Optometry and
Physiological optics, 1988
- AGRAWAL S. K., COVEY C. J., CRESS M. E., DOERR C. E., MIESZKO T. A.,
SLADE J. M., “Effect of strength and power training on physical function in
community-dwelling older adults”, Journal of Gerontology: Series A,
Biological sciences and medical sciences, 2003
- ANCONELLI M., FRANZONI F., La rete dei servizi alla persona, Carocci
Faber, Milano, 2003
- AOKI H., Karate-Do kata, for professionals, SAE International, Warrendale
(PA), 1982
- AOKI H., Shintaido. Un’arte di movimento ed espressione della vita, trad.
italiana di ROSSI G., LUSCHI R., POLSINELLI P., Press Grafica srl, Casale
Corte Cerro, 1998
- APOLONE G., MOSCONI P., JOHN E., WARE J. E., Questionario sullo stato di
salute SF-36. Manuale d’uso e guida all’interpretazione dei risultati,
Guerini ed associati, Milano, 1997
- BANDURA A., Bandura, a cura di Caprara V., Franco Angeli, Milano, 1977
- BEAN J. F. ET AL., “Increased velocity exercise specific to task training: a
pilot study exploring effects on leg power, balance and mobility in
community-dwelling older woman”, Journal of the American Geriatric
Society, 2004
- BERTONCINI S., Studio osservazionale multicentrico sulla pratica del Tai
Chi nella prevenzione delle cadute in età geriatrica, Congresso R&R, 2008
- BOHANNON R., LARKIN P., COOK A., GEAR J., SINGER J., “Decrease in
timed balance test scores with aging”, Physical Therapy, 1984
- BROWN M., HOLLOSZY J. O., “Effects of a low intensity exercise program
on selected physical performance characteristics of 60- to 70- years old”,
Aging, 1991
73
- CALFAS K. J., TAYLOR W. C., The influence of exercise on mental health,
Arizona States University, 1994
- CAMPBELL L. J., ROBERTSON A. T. ET AL., “Viability of cryptosporidium
parvum oocysts”, Applied and Environmental Microbiology, 1999 - CAPRARA G. V., La valutazione dell’autoefficacia. Costrutti e strumenti,
Erickson, Trento, 2001
- CASPERSEN K. J. ET AL, “Importance of shear in the bcc-to-hcp
transformation in iron”, Physical Review, 1994
- CASTELLI L., “Cos’è il Tai Chi Chuan”, ITCCA International Tai Chi
Chuan Association, 2004
- CESA-BIANCHI M., ALBANESE O., Crescere e invecchiare. La prospettiva
del ciclo di vita, Unicopli Edizioni, Roma, 2004
- CRAFT L. L., LANDERS D. M., “The effect of exercise on clinical depression
and depression resulting from mental illness: a meta-analisys”, Journal of
Sports and Exercise Psychology, 1999
- CURCI F., Benessere quotidiano. Manuale interattivo di Tai Chi, Editrice
UNI Service, Trento, 2010
- DAVIES A. M., “Epidemiology and the challenge of ageing”, International
Journal of Epidemiology, 1985
- DAWSON P., Occlusione funzionale. Dall’ATM al progetto del sorriso,
Elsevier, Milano, 2009
- FEDERICI A., DARDANELLO R., La prevenzione delle cadute nell’anziano,
Editrice Montefeltro, Urbino, 2004
- GALENO DI PERGAMO, De sanitate tuenda, in ULMANN J., Nel mito di
Olimpia, Armando Editore, Roma, 2004
- GARATACHEA N. ET AL., “Feelings of well being in elderly people:
relationship to physical activity and physical function”, Archives of
Gerontology and Geriatrics, 2009
- GILLESPIE L. D., ROBERTSON M. C., GILLESPIE W. J., LAMB S. E., GATES S.,
CUMMING R. G., ROWE B. H., “Interventions for preventing falls in older
people living in the community”, Cochrane Database Systematic Reviews,
2009
74
- GRANO C., LUCIDI F., “Motivazioni e determinanti alla base del
volontariato nelle persone anziane”, Relazioni solidali, 2005
- GREENE H. A., MADDEN D. J., “Adult age differences in visual acuity,
stereopsis, and contrast sensitivity”, American Journal of Optometry and
Physiological optics, 1987
- GUTHRIE E. R., The psychology of learning, Harper&Row, New York, 1952
- HALL A., MAHER C., LATIMER J., FERREIRA M., “The effectiveness of Tai
Chi for cronic muscolo-scheletal pain conditions: a systematic review and
meta-analysis”, Arthritis & Rheumatism, 2009
- HALL A., MAHER C., LATIMER J., FERREIRA M., LAM P., “A randomized
controller trial of Tai Chi for long-term low back pain (tai chi): Study
rationale, design and methods”, BMC Musculoskeletal Disorders, 2009
- HALL K. S., CROWLEY G. M., MCCONNELL E. S., BOSWORTH H. B., SLOANE
R., EKELUND C. C., MOREY M. C., “Change in goal ratings as a mediating
variable between self-efficacy and physical activity in older men”, Annals
of behavioural medicine, 2010
- HAN A., JUDD M. G., ROBINSON V. A., TAIXIANG W., TUGWELL P., WELLS
G., “Tai Chi for treating rheumatoid arthritis”, Cochrane Database
Systematic Reviews, 2004
- HOKARI S., Origins: A history of Shintaido, Shintaido Publications, Novato
(CA), 1981
- HURLEY B. F., HAGBERG J. M., “Resistive training can reduce coronary risk
factors without altering VO2max or percent body fat”, Medicine and
Science in Sports and Exercise, 1998
- ICF, World Health Organization, 2001
- INGLIN B., WOOLLACOTT M., “Age-related changes in anticipatory postural
adjustments associated with arm movements”, Journal of Gerontology,
1988
- ISTAT, 14° censimento della popolazione: dati definitivi (Anno 2001),
2003
75
- JESSUP J. V., HORNE C., VISHEN R. K., WHEELER D., “Effects of exercise on
bone density, balance, and self-efficacy in older women”; Biological
Research for Nursing, 2003
- KAPLAN T. A. ET AL., “Development and validation of the breath locus of
control scale”, Journal of Consulting and Clinical Psychology, 1987
- KASUKAWA Y., MIYAKOSHI N., HONGO M., ISHIKAWA Y., NOGUCHI H.,
KAMO K., SASAKI H., MURATA K., SHIMADA Y., “Relationships between
falls, spinal curvature, spinal mobility and back extensor strength in elderly
people”, Journal of Bone and Mineral Metabolism, 2010
- KERR C. E., SHAW J. R., WASSERMAN R. H., CHEN V. W., KANOJIA A.,
BAYER T., KELLEY J. M., “Tactile acuity in experienced Tai Chi
practitioners: evidence for use dependent plasticity as an effect of sensory-
attentional training”, Experimental Brain Research, 2008
- KETCHAM C. J., STELMANCH G. E., Motor learning in older adults:
foundation and perspective, Meyer&Meyer, Aachen, Germany, 2001
- KLEIN P. J., “Tai Chi Chuan in the management of Parkinson’s disease and
Alzheimer’s disease”, Medicine and Sport Science, 2008
- LAN C., CHEN S.-Y., WONG M.-K., LAI HONG J.-S., “Tai Chi training for
patients with coronary heart disease”, Medicine and Sport Science, 2008
- LANSKA D. J., GOETZ C. G., “Romberg’s sign: development, adoption, and
adaptation in the 19th century”. Neurology, 2000
- LAUTENSCHLAGER N. T., ALMEIDA O. P., “Healthy mental ageing”, The
Journal of the British Menopause Society, 2006
- LAZOWSKI D., ECCLESTONE N., MYERS A. ET AL., “Exercise and
behavioural management training improves physical health and reduces
depression in people with Alzheimer’s disease”, Evidence-based
Healthcare, 1999
- LEMURA L. M., VON DUVILLARD S. P., MOOKERJEE S., “The effects of
physical training of functional capacity in adults. Ages 46 to 90: a meta-
analysis”, The Journal of sports medicine and physical fitness, 2000
76
- LI F., HARMER P., FISHER K. J., MCAULEY E., “Tai chi: improving
functional balance and predicting subsequent falls in older persons”,
Medical Science Sport Exercise, 2004
- LI F., HARMER P., GLASGOW R. ET AL, “An effective Tai Chi intervention
into a community – Based falls – Prevention program”, American Journal
of Public Health, 2007
- LIAO M.-J., JAGACINSKI R. J., GREENBERG N., “Quantifying the
performance limitations of older and younger adults in a target acquisition
task”, Journal of Experimental Psychology: Human perception and
performance, 1997
- LIN M. R., HWANG H. F., WANG Y. W. ET AL., “Community-based Tai Chi
and its effect on injurious falls, balance, gait and fear of falling in older
people”, Physical Therapy, 2006
- LIPKIN D. P., SCRIVEN A. J., CRAKE T., POOLE-WILSON P. A., “Six minutes
walking test for assessing exercise capacity in chronic heart failure”,
British Medical Journal Clinical Research, 1986
- MALBUT-SHENNAN K., YOUNG A., “The physiology of physical
performance and training in old age”, Coronary Artery Disease, 1999
- MANCKOUNDIA P. ET AL., “Clinical determinants of failure in balance tests
in elderly subjects”, Archives of Gerontology and Geriatrics, 2007
- MCAULEY J. W. ET AL., “Physical activity and physique anxiety in older
adults: fitness and efficacy influences”, Aging and Mental Health, 2002
- MCCAULEY E., “Social adaptation”, Journal of American Academy of
Psychiatry, 1994
- MCDONALD D. G., HOGDON J.A., The psychological effects of aerobic
fitness training: Research and theory, Springer-Verlag, New York, 1991
- MCPHERSON B. D., YUHASZ M. S., “Changes in short-term attitudes toward
physical activity and exercise”, College Student Journal, 1968
- MORRIS J. C., MCMANUS D. Q., “The neurology of aging: normal versus
pathologic change”, Geriatrics, 1991
- MURRAY M. P., KORY R. C., CLARKSON B. H., “Walking patterns in healthy
old men”, Journal of Gerontology, 1969
77
- MUTRIE N., “Physical activity and mental health”, Physiotherapy and
Occupational Therapy in mental health: an evidence based approach,
Oxford, 2003
- NETZ Y., WU M. J., “Physical activity and psychological well-being in
advanced age: a meta-analysis of intervention studies“, Psychology and
Aging, 2005
- PATEL K. ET AL., “Relationship between Structural and Stress Relaxation”,
Physical Review, 2006
- PATERSON D. H., GOVINDASAMY D., VIDMAR M., CUNNINGHAM D. A.,
KOVAL J. J., “Longitudinal Study of Determinants of Dependence in an
Elderly Population”, Journal of the American Geriatrics Society, 2004
- PHILLIPS S. K., BRUCE S. A., NEWTON D., WOLEDGE R. C., “The weakness
of old age is not due to failure of muscle activation”, Journal of
Gerontology, 1992
- PINQUART M., SORENSEN S., “Gender differences in self-concept and
psychological well-being in old age: A meta-analysis”, Journals of
Gerontology: Psychological Sciences, 2001
- POGLIANO C., “L’ossessione della razza”, Festival della Scienza, Edizioni
della Normale, 2003
- POGLIANO S., “Psicologia dell’anziano e della pratica sportiva”, in BAL
FILORAMO L., Lo sport nelle età della vita, Celid, Torino, 2005
- QUETTIER P., Communication de messages complexes par des séquences
gestuelles: les kata dans les arts martiaux japonais, Université Paris VIII,
2000
- RABBIT P., “Ageing and human skill: a 40th anniversary”, Ergonomics,
1997
- RAZ N., “Ageing of the brain and its impact on cognitive performance:
integration of structural and functional findings”, The handbook of aging
and cognition, Eribaum, Mahwah, USA, 2000
- REJESKI W., MIHALKO S., “Physical activity and quality of life in older
adults”, Journals of Gerontology: Series A, 2001
78
- RIKLI R. E., JONES C. J., “Functional Fitness Normative Scores for
Community-Residing Older Adults, Ages 60-94”, Journal of Aging and
Physical Activity, 1999
- RUBENSTEIN L. Z., JOSEPHSON K. R., “Effects of a group exercise program
on strength, mobility, and falls among fall-prone elderly men”, Journals of
Gerontology: Series A, Biological sciences and medical sciences, 2000
- SACCOMANI R., L’attività fisica nella terza età. Promozione. Prescrizione.
Controllo. Valutazione, Cortina Raffaello, Milano, 2006
- SAXENA R. ET AL., “Kinetics of voiding and agglomeration of copper
nanolayers on silica”, Physical Review, 2005
- SAXENA S., VAN OMMEREN M. ET AL., “Mental health benefits of physical
activity”, Journal of Mental Health, 2005
- SCHEFFER M. ET AL., “Early-warning signals for critical transitions”,
Nature, 2008
- SCHMIDT G. L., “Depression in the elderly”, Wisconsin Medical Journal,
1983
- SCHMIDT R. A., WRISBERG C. A., Apprendimento motorio e prestazione,
Società Stampa Sportiva, Roma, 2000
- SEIDLER V. J., Young men and masculinities: Global cultures and intimate
lives, Zed Books, London, 2006
- SHEA C. H., PARK J. H., BRADEN H. W., “Age-related effects in sequential
motor learning”, Physical Therapy, 2006
- SFORZO G. A., MCMORRIS M., “A study of production and evaluation of
muscular hypertrophy”, Arch. Physical Medicine Rehabilitation, 1995
- SHUMWAY-COOK A., WOOLLACOTT M., “Attentional demands and postural
control: the effect of sensory context”, Journal of Gerontology: Series A,
Medical sciences, 2000
- SHUMWAY-COOK A., WOOLLACOTT M. H., Motor control: Theory and
practical applications, Edizioni Lippincott Williams & Wilkins,
Philadelphia (PA), 1990
79
- SHUMWAY-COOK A., WOOLLACOTT M. H., Motor control: Translating
research into clinical practice, Edizioni Lippincott Williams & Wilkins,
Philadelphia (PA), 1990
- SIDNEY K. M., SHEPHARD R. J., “Variance of direct and indirect
measurements of aerobic power”, Journal Sports Medicine Physic Fitness,
1977
- SIMMONS V., HANSENS P. D., “Biomechanical characteristics of elderly
individuals walking on land and in water”, Journal of Electromyography
and Kinesiology, 1996
- SINGH N. A., CLEMENTS K. M., SINGH M. A., “The efficacy of exercise as a
long-term antidepressant in elderly subjects: a randomized, controlled
trial”, Journals of Gerontology: Series A, Biological sciences and medical
sciences, 2001
- SPIRDUSO W., FRANCIS K., MACRAE P., Physical dimensions of aging,
Human Kinetics, Champaign (IL), 2005
- STEFFEN T. M., HACKER T. A., MOLLINGER L., “Age and gender-related test
performance in community-dwelling elderly people: six minute walk test,
berg balance scale, timed ‘up & go’ test and gait speed”, Physical Therapy,
2002
- STEPHENS T., “International physical activity patterns: a methodological
perspective”, Human Kinetics, 1988
- STURNIEKS D. L. ET AL., Balance Disorders in the Elderly, Review Clinical
Neurophysiology, 2008
- SUNDQUIST K. ET AL., “Incidence of psychosis and depression: follow-up
study”, British Journal of Psychiatry, 2004
- TINETTI M. E., “Clinical practice. Preventing falls in elderly persons”, New
England Journal of Medicine, 2003
- TOSI R., CECILIANI A., MANFERRARI M. R., Scienze e motricità, Società
editrice Esculapio, Bologna, 1995
- TSAI P.-F., BECK C., CHANG J. Y. ET AL., “The effects of Tai Chi on Knee
Osteoarthritis Pain in Cognitively Impared Elders”, Pilot Study Geriatric
Nursing, 2009
80
- TSANG W., CHRISTINA W. N., HUI-CHAN W. Y., “Effect of 4- and 8-wk
Intensive Tai Chi Training on Balance Control in the Elderly,” Medical
Science Sports Exercise, 2004
- TUMMINELLO M., MICCICHÈ S., DOMINGUEZ L. J., LAMURA G.,
MELCHIORRE M. G., BARBAGALLO M., MANTEGNA R. N., “Happy aged
people are all alike, while every unhappy aged person is unhappy in its own
way”, Public Library of Science ONE, 2011
- VOELCKER-REHAGE C., “Effect of motor practice on dual-task performance
in older adults”, Journal of Gerontology: Psychological sciences, 2008
- VOELCKER-REHAGE C., “Motor-skill learning in older adults, A review of
studies on age-related differences”, European Review of Aging and
physical activity, 2008
- VOELCKER-REHAGE C., ALBERTS J. L., “Age-related changes in grasping
force modulation”, Experimental Brain Research, 2005
- VOUKELATOS A., CUMMING R. G., LORD S. R., RISSEL C., “A randomized,
controlled trial of Tai Chi for the prevention of falls”, The Central Sydney
Tai Chi Trial, Sydney, 2007
- WANG A. ET AL., “Maintaining functional independence in elderly adults:
the roles of health status and financial resources in predicting home
modifications and use of mobility equipment”, Gerontologist, 2002
- WANG J. H., “Effects of Tai Chi exercise on patients with type 2 diabetes”,
Medicine and Sport Science, 2008
- WILCOX S. ET AL., “Physical activity, public health, and aging: critical
issues and research priorities”, Journals of Gerontology, 2002
- WINTER D. A., PATLA A. E., FRANK J. S., WALT S. E., “Biomechanical
walking pattern changes in the fit and healthy elderly”, Physical Therapy,
1990
- WISHART L. R., LEE T. D., “Effects of aging and reduced relative frequency
of knowledge of results on learning a motor skill”, Perceptual and motor
skills, 1997
- WOLF S. L., BANHART H. X., ELLISON G. L., COOGLER C. E., The effect of
Tai Chi Quan and computerized balance training on postural stability in
81
older subjects, Department of Rehabilitation Medicine, Emory University
School of Medicine, Atlanta, USA, 1997
- WOLFSON L., WHIPPLE R., DERBY C. ET AL., “Balance and strength training
in older adults: intervention gains and Tai Chi maintenance”, Journal of the
American Geriatrics Society, 1996
- YEH G., WOOD M. J., LORELL B. H., STEVENSON L. W., EISENBERG D. M.,
WAYNE P. M., GOLDBERGER A. L., DAVIS R. B., PHILLIPS R. S., “Effects of
Tai Chi mind-body movement therapy on functional status and exercise
capacity in patients with chronic heart failure: a randomized controlled
trial”, American Journal of Medicine, 2004
- ZEEUWE P., VERHAGEN A., BIERMA-ZEINSTRA S., VAN ROSSUM E., FABER
M., KOES B., “The effect of Tai Chi Chuan in reducing falls among elderly
people: design of a randomized clinical trial in Netherlands” BMC
Geriatrics, 2006
- ZEPPILLI P., “Consensus statement of Multisocietary Task Force –
Prescription of physical exercise in the cardiological environment”,
Monaldi Archives for Chest Disease, 2007
- ZETTERGREN K. K., LUBESKI J. M., VIVERITO J. M., “Effects of a yoga
program on postural control, mobility, and gait speed in community-living
older adults: a pilot study”, Journal of Geriatric Physical Therapy, 2011