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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE Sede Amministrativa del Dottorato di Ricerca
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO Sede Convenzionata
XXII CICLO DEL
DOTTORATO DI RICERCA IN MEDICINA MATERNO-
INFANTILE, PEDIATRIA DELLO SVILUPPO E
DELL’EDUCAZIONE, PERINATOLOGIA
“RUOLO DELLA POLIMIOGRAFIA NELLA
DIAGNOSI DEI DISORDINI DEL MOVIMENTO IN
ETA’ PEDIATRICA”
Settore scientifico-disciplinare Med39 (Neuropsichiatria Infantile)
Dottorando: Dott.ssa Carlotta Canavese Responsabile Dottorato di Ricerca: Chiar.mo Prof. Alessandro Ventura
Relatore e Tutore: Chiar.ma Prof.ssa Marina Gandione (Università degli Studi di Torino)
ANNO ACCADEMICO 2008/2009
1
INDICE
INTRODUZIONE………………………………………………………….pag. 2 - Tecniche neurofisiologiche utilizzate nello studio dei disordini
del movimento…………………………………………………………..pag. 3
o Studio polimiografico...…………………………………………...pag. 5
o Studi reflessologici…...…………………………………………...pag. 8
o Studio delle Risposte long loop………………………………….pag. 9
- Distonia………………………………………………………………...pag. 13
o Caratteristiche neurofisiologiche della distonia……………………pag. 17
- Mioclono…………………………………………………………….….pag. 30
o Caratteristiche neurofisiologiche del mioclono……………….…….pag. 34
- Tremore…………………………………………………………………pag. 39
o Caratteristiche neurofisiologiche del tremore……………………….pag. 42
SCOPO DEL LAVORO……………………………………………………pag. 47 MATERIALI E METODI……………………………………………………pag. 49 RISULTATI……………………………………………………………….…pag. 53 - Risultati Polimiografici…………………………………………………pag. 55
- Correlazione Clinico-Polimiografica…………………………………..pag. 62
- Correlazione Eziologico-Polimiografica………………………………pag. 64
- Disordini del movimento di origine psicogenetica……………………pag. 64
DISCUSSIONE……….……………………………………………………..pag. 68 BIBLIOGRAFIA……………………………………………………………...pag. 73
2
INTRODUZIONE
3
TECNICHE NEUROFISIOLOGICHE UTILIZZATE NELLO
STUDIO DEI DISORDINI DEL MOVIMENTO
Gli esami neurofisiologici vengono frequentemente utilizzati nello studio dei
disordini del movimento allo scopo di:
supportare la diagnosi clinica
facilitare la diagnosi differenziale di quadri complessi con presentazione
clinica anomala
quantificare il disordine del movimento ed eventualmente l'effetto di
interventi terapeutici (Hallett M et al. 1994)
Gli studi neurofisiologici possono essere utili strumenti per caratterizzare in
modo preciso il tipo di disordine del movimento e la sua relazione con
specifiche condizioni (sonno, veglia, stimoli) e per evidenziare la
presenza/assenza di attivazione sincrona di muscoli agonisti e antagonisti.
Possono, inoltre, fornire indicazioni sul meccanismo patofisiologico
sottostante e quindi attribuire un disordine ad un sistema specifico (midollo,
tronco, gangli della base…) e determinare la disfunzione nervosa associata
(es. valutazione delle risposte riflesse, stimolazione magnetica).
Come vedremo successivamente l’impiego della neurofisiologia può risultare
particolarmente utile nella definizione di disordini del movimento di natura
psicogenetica, a volte difficilmente caratterizzabili dal punto di vista clinico.
I test neurofisiologici sono basati su tecniche che seguono in tempo reale
eventi che occorrono nel range di millisecondi, valutano relazioni input-output
e valutano lo stato funzionale di un circuito. Sono quindi particolarmente
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adatte a valutare le caratteristiche di eventi fasici, di breve durata, così come
sono i disordini del movimento parossistici e le sottostanti disfunzioni
cerebrali.
Le valutazioni neurofisiologiche solitamente effettuate nell’ambito dei
disordini del movimento sono:
- Studio polimiografico
- Studi reflessologici (Studio del riflesso H e del ciclo di recupero, Studio del
Blink reflex e del ciclo di recupero)
- Studio delle risposte long loop
Applicare test neurofisiologici a soggetti in età pediatrica può, a volte, non
essere semplice dal momento che pur non essendo esami invasivi,
richiedono tempo e collaborazione attiva da parte del bambino; tuttavia in un
setting appropriato tutti i test sopraelencati possono essere applicati all’età
pediatrica.
In questo lavoro l’attenzione è stata focalizzata sullo studio polimiografico.
5
Studio Polimiografico
Lo studio polimiografico si basa sulla registrazione dell’attività elettrica del
muscolo tramite elettrodi di superficie. La derivazione con elettrodi di
superficie è preferibile a quella con elettrodi ad ago in quanto non invasiva e
non dolorosa e pertanto utilizzabile anche per registrazioni prolungate e in
pazienti in età infantile; permette inoltre di registrare da un’area relativamente
ampia di muscolo.
Dal momento che numerosi muscoli agiscono su ogni articolazione è
solitamente necessario registrare da almeno due muscoli con azione
antagonista.
Lo studio polimiografico viene spesso utilizzato per caratterizzare e/o
monitorare i disordini del movimento: sia allo scopo di evidenziare movimenti
involontari, che per evidenziare alterazioni del pattern di attivazione
muscolare durante l’esecuzione di un movimento volontario.
La valutazione del segnale elettromiografico di un movimento involontario
rivela innanzitutto se il movimento è regolare (ritmico) o irregolare.
La durata della attività elettromiografica correlata con il movimento
involontario può poi essere misurata: specifici range di durata sono associati
con diversi tipi di movimenti involontari.
Lo studio polimiografico permette inoltre di valutare la distribuzione e
l’estensione del movimento involontario (coinvolgimento di distretti muscolari
distali e/o prossimali degli arti, della muscolatura assiale del tronco..) e, nel
segmento colpito, ci fornisce indicazioni sull’attivazione sincrona o alternante
6
dei muscoli agonisti e antagonisti e sul pattern di attivazione muscolare, con
ordine di attivazione e latenze dei vari muscoli coinvolti.
Più canali di registrazione elettromiografica consentono, in taluni casi, di
ipotizzare il generatore (corticale, troncoencefalico, spinale) o la natura del
movimento anormale (psicogenetico, volontario, involontario, riflesso).
Lo studio polimiografico permette di valutare con attenzione le circostanze di
occorrenza del movimento involontario (a riposo, nel mantenimento di
postura, durante il movimento volontario, durante tasks specifici, spontaneo o
indotto da stimoli esogeni di varia natura). Possono inoltre essere valutate le
eventuali manovre messe in atto dal soggetto per bloccare o ridurre il
movimento involontario.
Hallett et al. (1994) hanno descritto tre pattern elettromiografici normali:
- i movimenti lenti volontari sono caratterizzati da una attività
elettromiografica continua che dura per tutta la durata del movimento,
prevalentemente localizzata ai muscoli agonisti. Questa attività viene
definita tonica.
- i movimenti volontari, con spostamento di un solo segmento articolare,
eseguiti rapidamente, hanno un pattern trifasico con un burst di attività
sugli agonisti di durata di 50-100 msec, un burst di attività sugli
antagonisti di durata di 50-100 msec e un altro burst di attività sugli
agonisti. Questo tipo di attività viene definito ballistica.
- il terzo pattern è quello che si vede nei riflessi (incluso il riflesso H e il
riflesso di stiramento): il burst elettromiografico dura circa 10-30 msec
7
e può essere sincrono o alternante sugli antagonisti. Questo pattern
viene definito riflesso.
Come vedremo meglio successivamente, con lo studio polimiografico si può
evidenziare una serie di attività patologiche:
attività tonica, con o senza co-contrazione e con o senza diffusione
(overflow)
attività clonica
attività tremorigena
Al fine di differenziare un disordine del movimento di origine psicogenetica
può essere utile effettuare, durante la registrazione, manovre distraenti: quali
ad esempio movimenti volontari con l’arto controlaterale o compiti di calcolo
mentale. Suggestivi di origine psicogenetica sono movimenti che
scompaiono o si riducono con le manovre distraenti, movimenti che
modificano le proprie caratteristiche nel tempo (frequenza, ampiezza e
distribuzione) e movimenti o posture incongrue o non tipiche.
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Studi Reflessologici
Lo studio di riflessi con centro di integrazione sottocorticale, come ad
esempio il riflesso di ammiccamento (blink reflex) che ha il suo centro di
integrazione a livello del tronco encefalico e il riflesso H che ha il suo centro
di integrazione a livello spinale, è un utile strumento per la valutazione dei
sistemi di controllo del movimento.
Lo studio delle risposte riflesse viene solitamente effettuato mediante la
valutazione di parametri quantitativi come latenza, durata e ampiezza; tali
valutazioni risultano utili specialmente nello studio di patologie da sofferenza
tronculare, nella discriminazione di danni che coinvolgono selettivamente la
via afferente od efferente del riflesso, mentre forniscono poche informazioni
riguardo la modulazione operata dai centri superiori.
Per lo studio di patologie in cui il danno non è anatomico ma funzionale sono
state introdotte tecniche elettrofisiologiche atte a valutare le modificazioni o
modulazioni dei riflessi dopo stimoli condizionanti, da parte di strutture spinali
o sovraspinali: si effettua lo studio della curva di eccitabilità del riflesso.
Le curve di eccitabilità vengono studiate mediante metodica di doppio stimolo
ad intervallo di tempo variabile; vengono costruite rappresentando in ordinata
le variazioni percentuali del riflesso condizionato (riflesso test), rispetto al
valore del riflesso ottenuto mediante lo stimolo condizionante rappresentativo
del 100% della risposta e in ascissa vengono messi i tempi che intercorrono
tra le due stimolazioni successive, condizionante e condizionata.
Il principio su cui si basa questa metodica consiste nel considerare le
variazioni di ampiezza della risposta condizionata come conseguenza sia
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dell’attivazione dell’arco riflesso (da parte del precedente stimolo
condizionante) sia dello stato di eccitabilità del circuito che soggiace al
controllo di centri superiori. L’analisi dell’andamento temporale delle
variazioni registrate permette di attribuirle a meccanismi segmentari locali
(spinali o troncoencefalici) o sovrasegmentari.
Una metodologia standardizzata, che utilizzi stimoli il più possibile selettivi e
riproducibili, con una precisa misura delle risposte, può essere pertanto
utilizzata nella valutazione di diversi comparti dell’organizzazione riflessa
della motricità, sia in condizioni fisiologiche che in situazioni patologiche.
Studio delle Risposte Long Loop
Le risposte elettromiografiche riflesse a lunga latenza possono essere
evocate: da stimoli meccanici che comportino lo stiramento del muscolo, da
stimolazione cutanea e da stimoli elettrici applicati al nervo periferico durante
la contrazione del muscolo esplorato.
Lo studio dei riflessi dei muscoli della mano e del braccio è utile per valutare
la funzionalità del circuito transcorticale “colonna dorsale-lemnisco mediale-
talamo-corteccia-fasci corticospinali”. Questi riflessi testano sia l’integrità
(riflessi assenti o ritardati) che l’eccitabilità di questo circuito (Hallett M et al.
1994).
Il pattern del riflesso dipende dal modo in cui viene evocato. In seguito a
stiramento meccanico del muscolo il pattern consiste nella risposta M1 e
nella risposta M2. La M1 è equivalente alla risposta riflessa monosinaptica
elicitata dalle fibre afferenti 1A.
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La M2 è la risposta a lunga latenza e sembra essere dovuta a fibre afferenti
muscolari e cutanee a bassa soglia.
Il pattern riflesso che segue la stimolazione cutanea è caratterizzato da una
eccitazione precoce (E1), una inibizione precoce (I1) ed una eccitazione
tardiva (E2).
Il pattern riflesso che segue la stimolazione elettrica del nervo dipende dal
tipo di nervo che viene stimolato. Quando vengono stimolati nervi misti, a
bassa intensità di stimolazione, il pattern è caratterizzato da un’onda M
dovuta alla diretta stimolazione dei motoneuroni con latenza di circa 3-10
msec. e poi da una serie di risposte riflesse:
- riflesso di Hoffmann (HR), monosinaptico, mediato dalle afferenti 1A
- risposte a lunga latenza (LLRs) che sono chiamate LLR I, II e III.
Questi riflessi sono stati studiati a livello dei muscoli dell’eminenza tenar in
seguito a stimolazione elettrica del nervo mediano al polso, o a livello del
primo interosseo dorsale in seguito a stimolazione del nervo ulnare al polso.
Il pattern del riflesso H è facilmente elicitabile in tutti i soggetti normali così
come il LLR II. Questa risposta a lunga latenza è mediata dalle afferenti
cutanee a veloce conduzione e dalle fibre 1A ed è poi trasmessa, attraverso
la colonna dorsale, al nucleo cuneato e, attraverso la via lemniscale, alla
corteccia.
Si presume che l’eccitazione passi dalla corteccia sensitiva alla corteccia
motoria e da qui, attraverso il tratto corticospinale, torni al motoneurone.
E’ possibile, in teoria, misurare un tempo di afferenza dal muscolo alla
corteccia sensorimotoria, un tempo di efferenza dalla corteccia motoria fino
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al muscolo di origine e un intervallo corticale durante cui l’impulso afferente
dal muscolo stimola i centri corticali per indurre la risposta motoria.
Su questa base è stato ipotizzato che il tempo afferente e quello efferente
possano essere rispettivamente misurati attraverso i potenziali evocati
somatosensoriali (latenza N20) e i potenziali evocati motori. Sottraendo dalla
latenza totale del LLR i tempi di afferenza e di efferenza rimane un intervallo
corticale di 6-8 msecondi che corrisponderebbe al tempo necessario per
l’integrazione a livello del centro riflesso cortico-corticale sensori-motorio.
M1 è equivalente ad HR. M2 è equivalente a LLR II ed E2.
I riflessi a breve e a lunga latenza vengono registrati con le attrezzature di
routine dell’elettromiografia. La registrazione avviene a livello dell’abduttore
breve del pollice e il nervo mediano viene stimolato a livello del polso con
una intensità soglia, tale da attivare le fibre motorie (compare una piccola
onda M). In condizioni di rilasciamento muscolare nei soggetti normali non si
registrano LLR, è necessario quindi far compiere al soggetto un movimento
di pre-attivazione (avvicinamento del pollice all’indice).
Il primo riflesso che compare è quello di Hoffmann (HR) a 25-34 msec
seguito poi dai tre riflessi a lunga latenza. La latenza media dei LLR I-III
dipende dall’altezza. Per gli adulti i valori sono 35-46 msec (LLR I), 45-58
msec (LLR II) e 68 msec LLR III.
Dal momento che le latenze incorporano una componente periferica
varieranno in base alla lunghezza del braccio ed alla velocità di conduzione.
Non esistono dati normativi per l'età pediatrica. Risposte sovrapponibili a
quelle dell’adulto, per quanto riguarda la morfologia delle componenti più
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precoci ma non per le latenze, si registrano in neonati alla 38° settimana di
età gestazionale. La latenza del picco più precoce diminuisce in maniera
lineare con l’aumento delle settimane di età gestazionale. Le componenti a
latenza maggiore si sviluppano più tardivamente, in concomitanza con il
supposto sviluppo delle connessioni a carattere associativo cortico-corticali
transcallose. Un’onda corrispondente alla N20 si deriva solamente a partire
dal terzo anno di vita e la morfologia e la latenza tipiche dell’adulto vengono
raggiunte solo a partire dall’ottavo anno di vita. Le ampiezze di HR e LLR II
diminuiscono poi con l’età.
Come già detto precedentemente il pattern normale del riflesso consiste in:
HR e LLR II.
L’assenza di una di queste due componenti è considerata patologica.
In circa il 30% dei soggetti normali è presente una piccola risposta LLR I e in
un altro 20% può essere registrata una risposta più tardiva (LLR III).
13
Distonia
Il termine distonia fu introdotto da Oppenheim nel 1911 per indicare una
alterazione del tono muscolare, fluttuante da una ipotonia a spasmi tonici.
Egli introdusse il termine di “distonia muscolorum deformans” segnalando la
alterazione del tono muscolare come principale caratteristica e la comparsa
di deformità fisse nelle fasi avanzate. Dopo la descrizione di Oppenheim
vennero riportati numerosi casi di distonia muscolorum deformans. Nel 1919
Mendel introdusse il termine di “distonia di torsione”.
Nel 1944 Hertz per primo definì i criteri diagnostici di distonia idiopatica:
presenza unicamente di distonia, assenza di segni clinici o anamnestici di
danno cerebrale e normalità delle funzioni cognitive.
Nel 1984 è stata formulata, da parte di un comitato internazionale, la
seguente definizione di distonia: “la distonia è una sindrome caratterizzata da
una contrazione prolungata dei muscoli, che causa frequentemente
movimenti ripetitivi e di torsione e/o anomale posture”.
Con il termine distonia si intende pertanto sia una sindrome clinica sia uno
specifico disordine del movimento.
La distonia si può classificare in base a diversi criteri: età di esordio,
distribuzione ed eziologia (Fahn 1988).
A seconda dell’età di esordio si riconosce:
distonia ad esordio infantile (0-12 anni)
distonia ad esordio adolescenziale (12-20 anni)
distonia ad esordio adulto (>20 anni).
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Secondo la distribuzione la distonia si definisce:
focale quando un solo segmento corporeo è affetto
multifocale quando c’è il coinvolgimento di più distretti corporei non
contigui
segmentaria quando sono coinvolti due segmenti corporei contigui
generalizzata quando c’è un coinvolgimento degli arti e dell’asse.
La classificazione eziologica inizialmente prevedeva due categorie: la
distonia idiopatica e la distonia sintomatica (Fahn 1988). Le acquisizioni
genetiche e biochimiche successive hanno tuttavia reso necessario una
riformulazione della classificazione eziologica (Fahn et al 1998):
distonia primaria: occorre in pazienti che non hanno segni di
anomalie strutturali del sistema nervoso centrale. Quando
generalizzata il disordine è sinonimo di distonia di torsione
idiopatica. La distonia può anche essere focale come ad esempio
nel crampo dello scrivano, nel blefarospasmo e nel torcicollo
spasmodico.
distonie plus: quando la distonia è accompagnata da altri segni
patologici (distonia dopa-responsiva e distonia mioclonica)
distonie secondarie: quando c’è una causa esogena, strutturale o
metabolica
distonie eredodegenerative: quando c’è una degenerazione
cerebrale sottostante
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Esiste poi una classificazione più recente, su basi genetiche, che si
sovrappone parzialmente a quella eziologica.
locus trasmissione classificazione
DYT 1 9q34 AD (penetranza 30%) Primaria
DYT 2 Non mappato AR Non classificabile
DYT 3 Xq13.1 X-linked Eredo-degenerativa
DYT 4 Non mappato AD Non classificabile
DYT 5 14q22.1-q22.2 AD Distonia-plus
DYT 6 8p21 AD (penetranza ridotta) Primaria
DYT 7 18p AD Primaria
DYT 8 2q33-q35 AD Discinesie parossistiche
DYT 9 1p21 AD Discinesie parossistiche
DYT 10 16p11.2-q12.1 AD Discinesie parossistiche
DYT 11 19q13 AD Distonia-plus
DYT 12 19q13 AD (penetranza ridotta) Distonia-plus
DYT 13 1p36.13-36.32 AD (penetranza ridotta) Primaria
DYT 14 14q13 AD Distonia-plus
DYT 15 18p11 AD Distonia-plus
Distonia Mioclonica. Obeso, nel 1983, fu il primo a porre l’attenzione
sull’associazione tra mioclono e distonia idiomatica. La distonia mioclonica è
caratterizzata da movimenti di tipo mioclonico che interessano per lo più il
tronco e gli arti superiori, con coinvolgimento prevalentemente prossimale e
da distonia focale (cervicale o crampo dello scrivano, più raramente distonia
del cammino). La distonia tuttavia può non essere presente e comunque è
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raramente disabilitante. L'età di insorgenza è variabile, compresa tra i 2 e i
38 anni, con una media di 5,4 anni. (Asmus et al 2004)
Il mioclono presente nei pazienti affetti da distonia mioclonica è
generalmente considerato di tipo sottocorticale, sebbene non sia noto con
precisione a che livello del SNC esso venga generato.
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Caratteristiche neurofisiologiche della distonia
Studi polimiografici. Secondo gli studi di Marsden e Rothwell (1987), in
condizioni di riposo nei soggetti con distonia di grado moderato, non si
registra attività muscolare involontaria ed il tracciato elettromiografico appare
indistinguibile da un tracciato normale. Nei soggetti severamente colpiti,
invece, si registra attività muscolare involontaria anche durante il tentativo di
ottenere un completo rilassamento, possibile solo durante il sonno profondo.
Questa attività EMG non segue il normale pattern di innervazione reciproca. i
muscoli antagonisti sono attivati in modo sincrono agli agonisti e questo
quadro viene definito come “co-contrazione”.
L’attività polimiografica involontaria riscontrabile nella distonia può essere
classificata a seconda della durata dei bursts elettromiografici:
Spasmi pressoché continui, della durata di molti secondi e che
terminano con brevi periodi di silenzio elettrico. (Herz 1944)
Bursts più brevi (massimo 2 secondi) a volte ripetitivi e ritmici, separati
da periodi di silenzio elettrico. Questo pattern veniva definito da Herz
“mioritmia”
Bursts di durata < 500 msecondi di attività simile a quella del
mioclono. (Obeso JA 1983) La combinazione di spasmi di lunga
Polimiografia in un soggetto con torcicollo spasmodico: co-contrazione di entrambi i muscoli sternocleidomastoidei.
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durata in alcuni muscoli e brevi bursts “mioclono-like” in altri muscoli
configura il quadro tipico della distonia mioclonica.
Possiamo quindi avere un’attività EMG sovraimposta all’attività tonica che a
seconda della durata e della ritmicità viene definita tremorigena o di tipo
mioclonico. (Jedynack et al. 1991)
Polimiografia di un soggetto con distonia mioclonica: A: contrazione tonica irregolare durante il movimento di flessione dorsale della mano, con overflow al bicipite brachiale ed al tricipite. Scosse miocloniche con forma e durata variabili sovraimposte. B: scosse miocloniche spontanee sui muscoli assiali, sovrapposte ad attività tonica muscolare. BB: bicipite brachiale; BT: tricipite; WF: flessore del polso; WE: estensore del polso; SCM: sternocleidomastoideo; T: trapezio; R: destro; L: sinistro
Registrazioni polimiografiche in due pazienti con distonia: A: bursts prolungati di attività tonica in paziente con distonia segmentarla del collo e del braccio. B: attività tremorigena sovraimposta (frecce) all’attività tonica in paziente con distonia della scrittura. Da Berardelli et al (1998)
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Questi diversi pattern polimiografici sono tutti riscontrabili nelle diverse forme
di distonia e non sono specifici di nessuna di esse. Sono evidenti nelle
distonie generalizzate, nelle forme focali, incluso il blefarospasmo, il
torcicollo, la distonia laringea e il crampo dello scrivano.
In aggiunta ai movimenti involontari visibili in condizioni di riposo, altre
anomalie interferiscono con i movimenti volontari, sia nel mantenimento di
posture fisse che nell’esecuzione di movimenti finalizzati. (Berardelli A. et al.
1998)
Oltre alla co-contrazione ci può essere una perdita della selettività nella
contrazione che fa si che la contrazione coinvolga muscoli che normalmente
non sono coinvolti in quello specifico atto motorio. Questo fenomeno è detto
“diffusione” (overflow) e suggerisce che la spinta volontaria non possa essere
efficacemente indirizzata ai muscoli appropriati.
Le caratteristiche polimiografiche principali della distonia risultano quindi
essere:
- Attività tonica patologica
- Co-contrazione di muscoli agonisti e antagonisti
- Diffusione (“overflow”) dell’attività muscolare a muscoli normalmente
non coinvolti nell’atto motorio in questione
Riflessi spinali. Nonostante i riflessi tendinei evocati clinicamente siano
normali nei pazienti con distonia primaria e così pure la componente M1 del
riflesso di stiramento, già Matsuoka et al. nel 1966 descrissero anomalie nel
ciclo di recupero del riflesso H, successivamente confermate.
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Panizza et al nel 1990 mostrarono come il recupero del riflesso H ad intervalli
di 200 msecondi fosse aumentato in soggetti con distonia generalizzata,
mentre era normale in casi di blefarospasmo e crampo dello scrivano.
Rothwell e Tatton studiarono il riflesso da stiramento del muscolo flessore del
pollice, del polso e del gomito. La risposta elettromiografica allo stiramento
consisteva in una prima componente M1 con latenza di circa 20 msecondi e
durata di 20 msec e una seconda componente M2 con latenza di circa 50
msecondi e durata di 30-40 msec (risposta a lunga latenza). Entrambi gli
autori trovarono che l’ampiezza delle componenti a breve e a lunga latenza
del riflesso di stiramento erano normali nei pazienti con distonia a velocità di
stiramento medie. Tatton tuttavia dimostrò che, a basse velocità di
stiramento, la durata della componente a lunga latenza era aumentata
mentre l’ampiezza rimaneva nei limiti di norma. Inoltre, mentre nei soggetti
sani il riflesso da stiramento era ben localizzato, nei soggetti con distonia il
riflesso da stiramento evocava spesso attività riflessa anche in muscoli
remoti normalmente non influenzati dallo spostamento, un altro esempio di
“overflow”. (Rothwell 1983, Tatton 1984)
In contrasto con i dati di aumento della funzionalità riflessa, Naumann e
Reiners (1997) hanno evidenziato che il riflesso LLR II all’eminenza tenar è
ridotto in ampiezza nei pazienti con crampo dello scrivano. Questa risposta
ha una latenza di circa 50 msecondi, può essere registrata dopo stimolazione
elettrica delle afferenti a bassa soglia del nervo mediano e si pensa che sia
generata da un circuito riflesso transcorticale (Deuschl 1990). Il perché i
riflessi di stiramento naturalmente elicitati (studi di Rothwell e Tatton) si
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comportino diversamente da quelli evocati elettricamente non è ben chiaro.
Una prima ragione può essere che Rothwell e Tatton studiarono i riflessi di
stiramento su pazienti con distonia segmentaria o generalizzata mentre
Neumann e Reiners studiarono pazienti con distonia focale (crampo dello
scrivano). Un’altra possibilità è che, data la ipersensibilità dei fusi muscolari
nella distonia, lo stiramento naturale del muscolo evochi un input maggiore
del normale sulla via riflessa che compenserebbe la sua intrinseca
insensibilità. Quest’ultima verrebbe evidenziata solo con la stimolazione
elettrica delle afferenti che “bypassa” i recettori fusali.
Inibizione reciproca. La co-contrazione di agonisti e antagonisti, tipica della
distonia, suggerisce un’alterazione del normale pattern di inibizione reciproca
tra muscoli antagonisti.
Studi sugli animali hanno suggerito che ci siano due meccanismi che
normalmente operano per produrre l’inibizione reciproca durante l’attivazione
volontaria degli agonisti:
- il comando discendente dalla corteccia attiva i motoneuroni agonisti e
allo stesso tempo stimola il gruppo IA di interneuroni inibitori nella
sostanza grigia del midollo (inibizione centrale). Questi interneuroni
inibiscono i motoneuroni antagonisti.
- quando il movimento comincia, la contrazione dei muscoli agonisti,
soprattutto durante i movimenti lenti, si accompagna ad una aumento
di scarica delle afferenze fusali dei muscoli agonisti dovuto al circuito
alfa-gamma. L’attività delle afferenti IA va anche sugli interneuroni
22
inibitori IA del midollo che producono una ulteriore inibizione dei
muscoli antagonisti (inibizione periferica).
L’inibizione reciproca del riflesso H nei muscoli flessori dell’avambraccio può
essere facilmente dimostrata stimolando le afferenti dell’estensore al nervo
radiale. Nei soggetti normali questo evoca una iniziale breve fase inibitoria
di-sinaptica IA (Day 1984) e una fase successiva, più lunga, probabilmente
prodotta dalla inibizione pre-sinaptica delle fibre afferenti propriocettive.
(Berardelli 1987)
I primi studi su pazienti con il crampo dello scrivano mostrarono una
riduzione dell’inibizione sia nella fase precoce che in quella tardiva della
inibizione reciproca (Panizza 1989, Chen 1995) o solo nella fase tardiva.
(Nakashima 1989)
Componente centrale e periferica dell’inibizione reciproca: i tratti corticospinali (CST) diretti ai muscoli estensori del polso (inibizione centrale) e le afferenti Ia (riquadro verde) dai fusi dei muscoli estensori (inibizione periferica) mandano rami agli interneuroni inibitori IaIn (riquadro rosso) del midollo spinale. Questi poi proiettano in modo monosinaptico ad inibire i motoneuroni del muscolo flessore. (Da Marsden 1987)
Ia
23
Cambiamenti simili furono dimostrati anche negli arti indenni di pazienti con
crampo dello scrivano (Chen 1995) e con torcicollo spasmodico (Deuschl
1992). Quindi un disordine dell’inibizione reciproca non causava
obbligatoriamente anomalie nel controllo volontario dei muscoli antagonisti.
Una possibile spiegazione di questo è che questi test venivano effettuati a
riposo mentre la distonia nella maggior parte dei casi si evidenzia durante il
movimento volontario. Ecco perché successivamente vennero fatti studi
sull’inibizione reciproca durante il movimento. Valls-Solè e Hallet nel 1995
descrissero una sequenza di inibizione, eccitazione e inibizione nel flessore
dell’avambraccio attivo dopo stimolazione del nervo radiale. Il primo periodo
di inibizione era ridotto nei soggetti con crampo dello scrivano, in accordo
con una ridotta inibizione reciproca durante il movimento.
Nel 1995 Priori ha riportato come l’iniezione di tossina botulinica nei muscoli
dell’avambraccio riducesse la distonia e fosse in grado di ristabilire la fase di
Inibizione reciproca in soggetti normali (linea continua) ed in soggetti con distonia (linea tratteggiata). A: andamento della prima fase di inibizione del riflesso H prodotta dalla stimolazione del nervo radiale B: andamento della prima, seconda e terza fase della inibizione del riflesso H. La prima fase è simile nei due gruppi, mentre la seconda fase di inibizione è ridotta nei pazienti con distonia. (Da Nakashima et al. 1989)
24
inibizione reciproca pre-sinaptica. Questo effetto fu interpretato come un
effetto indiretto sul circuito midollare. La tossina botulinica infatti avrebbe
prodotto una diminuzione a lungo termine degli input fusali al midollo,
causando una trasmissione inefficace nella giunzione neuromuscolare
intrafusale. Questo avrebbe portato, come effetto secondario, ad una
migliore trasmissione nei circuiti dell’ inibizione reciproca, almeno a riposo.
Riflessi del tronco.
Riflesso del Blink. Nella distonia primaria con coinvolgimento craniale la
risposta a breve latenza R1 è normale ma la risposta R2 bilaterale è più
ampia e duratura del normale e il suo ciclo di recupero risulta essere facilitato
(Berardelli 1985 Tolosa 1988).
Questi dati sono stati interpretati come il risultato del fatto che la via neurale
del riflesso del blink è normale nei soggetti con distonia, ma che l’eccitabilità
degli interneuroni del tronco che mediano la risposta R2 è aumentata.
Le alterazioni più evidenti del ciclo di recupero del Blink si riscontrano nei
soggetti con distonia craniale, ma cambiamenti simili sono stati documentati
anche in pazienti con distonie cervicali e generalizzate anche senza
blefarospasmo. Tuttavia Nakashima (1990) e Pauletti (1993) hanno descritto
pazienti con distonia segmentaria non coinvolgente i muscoli craniali o del
collo con ciclo di recupero normale.
25
Ciclo di recupero della componente R2 del riflesso del Blink in soggetti normali e in soggetti con distonia. A-C: ciclo di recupero per intervalli interstimolo di 500 msec in un paziente con blefarospasmo ed in un paziente normale. A destra sono mostrate le ampiezze delle R2 test quando condizionate da uno stimolo ad intervallo di 500 msec. ROO: orbicolare oculare destro; LOO: orbicolare oculare sinistro. D-E: ciclo di recupero completo a diversi tempi interstimolo, D: pazienti normali; E: dati di tre gruppi di pazienti: le croci indicano pazienti con distonia del braccio, i triangoli indicano pazienti con torcicollo, i pallini indicano pazienti con distonia segmentaria. (da Berardelli 1998)
Ciclo di recupero della componente R2 del riflesso del Blink: a sinistra soggetto distonico; a destra soggetto normale.
26
La valutazione combinata della attività EMG dell’orbicolare dell’occhio e
dell’elevatore della palpebra ha permesso di identificare tre pattern differenti
di attività muscolare involontaria dei pazienti con blefarospasmo. (Aramideh
et al. 1994-1995)
Nel primo pattern (vedi figura sottostante) la scarica di attività involontaria è
confinata all’orbicolare, nel secondo pattern l’attività involontaria
sull’orbicolare si accompagna o a inibizione dell’elevatore della palpebra o ad
alterata innervazione reciproca tra l’orbicolare e l’elevatore della palpebra.
Nel terzo pattern c’è inibizione dell’elevatore della palpebra isolata senza
segno clinico di contrazione dell’orbicolare. L’associazione riscontrata tra
registrazione EMG e ciclo di recupero del blink reflex ha mostrato un
recupero precoce nei pazienti con il primo tipo di pattern, mentre il ciclo di
recupero era normale nel 75% di quelli con il pattern di tipo due e nel 100%
dei pazienti con il pattern di tipo tre.
Pattern differenti di attività distonica dell’orbicularis oculi in un paziente con blefarospasmo: A: scarica di attività tremorigena, mentre gli occhi sono tenuti chiusi. B: attività tonica che causa la chiusura forzata degli occhi. C: scariche fasiche che sono seguite da potenziamento post-inibizione dell’elevatore delle palpebre (LP). (Da Aramideh 1994)
27
Il ciclo di recupero del blink mostra anche una ridotta inibizione nelle forme di
distonia DOPA-responsiva e raggiunge livelli normali dopo terapia con
dopamina (Huang 2006).
L'insieme degli studi neurofisiologici applicati al midollo ed al tronco
encefalico suggerisce una ridotta inibizione a livello degli interneuroni di
questi distretti nella distonia. L'alterazione fondamentale sembra però essere
a livello dei segnali sopraspinali piuttosto che un difetto primario dei circuiti
spinali o del tronco. Dal momento che la maggior parte dei casi di distonia
sintomatica ha lesioni strutturali nei gangli della base, soprattutto nel
putamen, è ragionevole pensare che un output motorio alterato a partenza
dai gangli della base destinato a controllare i sistemi motori del tronco e del
midollo sia responsabile del quadro clinico di distonia primaria. Questo output
distorto coinvolgerebbe anche le aree motorie della corteccia attraverso il
talamo o le vie discendenti verso il tronco. E' importante sottolineare tuttavia
che queste alterazioni contribuiscono al fenomeno distonico ma non possono
essere da sole responsabili di questo quadro clinico; sappiamo infatti che, da
un lato, ci possono essere anomalie al di fuori del territorio clinicamente
colpito, per esempio l’ipereccitabilità del ciclo di recupero del blink si può
vedere in soggetti con torcicollo spasmodico senza blefarospasmo (Carella
et al. 1994), dall’altro che la ridotta inibizione non si riscontra solo nei pazienti
con distonia (Nakashima 1989, Hallet 1997), ma anomalie del blink e
dell’inibizione reciproca si vedono anche in pazienti con Parkinson (Lelli
1991), in cui la patofisiologia non è certo identica.
28
Studi della funzionalità corticale. Normalmente un'onda EEG, lenta e
negativa, il “Bereitschaftspotential”, può essere registrata da ampie aree
dello scalpo prima dell’inizio di un movimento volontario non indotto. C’è una
prima componente 1,5 secondi prima dell’inizio del movimento chiamata NS1
e poi una seconda componente circa 650 millisecondi prima del movimento
chiamata NS2.
Registrazioni con elettrodi subdurali hanno mostrato che NS1 è dovuta ad
attività bilaterale sia nelle aree motorie primarie che supplementari (Ikeda
1992); circa mezzo secondo prima dell’inizio del movimento l’attività si
lateralizza nell’area motoria controlaterale al movimento.
Tre studi hanno evidenziato che diverse componenti di questa attività EEG
sono ridotte nei pazienti con distonia. Feve et al nel 1994 riportarono risposte
NS1 e NS2 ridotte di ampiezza in pazienti con emi-distonia o distonia
generalizzata secondaria a lesioni dello striato, del pallido o del talamo.
Van der Kramp nel 1995 dimostrò una riduzione del picco solo della NS2 in
pazienti con distonia primaria e Deuschl nel 1995 descrisse una riduzione
della componente NS2 in pazienti con crampo dello scrivano.
C'è un altro tipo di evento corticale collegato al movimento: la variazione
contingentale negativa (CNV) che, come il Bereitschaftspotential, è un’onda
lenta e negativa registrabile da vaste aree dello scalpo, che occorre nel
periodo compreso tra un segnale di avviso e un segnale "go" (S1 eS2). In
questo caso il movimento volontario che si verifica dopo è indotto.
Kaji et al nel 1995 esaminarono la contingent negative variation (CNV) in un
gruppo di pazienti con torcicollo a cui veniva chiesto di ruotare la testa a
29
destra o a sinistra a seconda del segnale S2 e dimostrarono che la
componente tardiva della CNV era ridotta. Tuttavia non c’erano differenze
rispetto ai soggetti normali quando il compito era di estendere le dita della
mano. Ikeda nel 1996 dimostrò che pazienti con distonia focale alle mani
mostravano le stesse anomalie per movimenti della mano.
Entrambi i potenziali pre-motori, che riflettono la preparazione e/o
l'anticipazione del movimento, sono quindi risultati alterati in soggetti
distonici; questo suggerisce la presenza di anomalie già a livello della
programmazione motoria corticale. Il problema può essere sia nel richiamare
movimenti dalla memoria in risposta a stimoli esterni, che nel ritenere il
movimento in memoria prima dell’esecuzione. Queste anomalie potrebbero
essere dovute ad un alterato output dei gangli della base, attraverso il
talamo, in direzione delle aree motorie della corteccia. (Berardelli 1998).
Schema del circuito dei gangli della base nella distonia: Si noti l’iperattività della via diretta pallido-putaminale che provoca un ridotto output del globo pallido mediale e un aumentato input talamico diretto alla corteccia. Grigio chiaro: vie eccitatorie Nero: vie inbitorie Gpi= globo pallido mediale; Gpe= globo pallido laterale; STN= nucleo subtalamico; PPN= nucleo peduncolopontino (da Berardelli 1998)
30
Mioclono
La prima descrizione di un movimento involontario che potesse essere di tipo
mioclonico si deve a Dubini (1846) che lo chiamò “corea elettrica”. Il termine
“mioclono” fu poi introdotto da Friedreich (1881) che combinò le due parole
“clonus” ad indicare un movimento rapido e “myo” ad indicare un
coinvolgimento muscolare. Solo con l’avvento dell’EEG divenne possibile
dimostrare una associazione tra la scarica mioclonica e l’attività elettrica
cerebrale registrata dallo scalpo.
Gibbs et al. (1935) e Jasper et al. (1938) descrissero alcuni pazienti che
presentavano mioclono alla stessa frequenza della scarica cerebrale di
punte-onda. Negli stessi anni Grinker et al. (1938) dimostrarono la
correlazione tra scarica di polipunta e mioclono in una famiglia con epilessia
mioclonica progressiva. Più tardi Dawson (1946-1947) chiarì la relazione tra
punte elettroencefalografiche e scariche muscolari, mostrando che i
potenziali evocati somatosensoriali potevano essere registrati dallo scalpo e
potevano essere aumentati in certi pazienti mioclonici.
Successivamente Gastaut e Remond (1952-1968) delinearono le
caratteristiche elettroencefalografiche e semeiologiche dei diversi tipi di
mioclono e le loro relazioni con differenti sindromi miocloniche.
Nel 1967 Halliday propose una classificazione basata sulle correlazioni
elettrofisiologiche dei diversi tipi di mioclono, che considerava 3 grandi
categorie: il mioclono piramidale, solitamente associato ad un evento
corticale e presumibilmente mediato dal circuito piramidale; il mioclono
extrapiramidale, caratterizzato da una meno costante presenza di evento
31
corticale e un burst EMG più prolungato e il mioclono segmentario, che
coinvolge una parte ristretta del corpo e dipende da un danno del midollo o
del tronco encefalico.
Circa 20 anni dopo Hallett (1985) divise il mioclono in due grandi categorie:
epilettico e non epilettico.
Più recentemente Shibasaki (1996) ha proposto una classificazione che
enfatizza i probabili generatori del mioclono, suddividendolo in tre gruppi
principali:
Corticale
Sottocorticale
Spinale
Dal punto di vista clinico il mioclono viene definito come un movimento
muscolare involontario improvviso, breve,”shock-like”, di solito irregolare che
si manifesta sotto forma di una scossa muscolare (mioclono positivo) o di
una inibizione brusca della contrazione muscolare (mioclono negativo)
(Marsden et al. 1982).
Il mioclono può essere classificato sulla base di diversi fattori:
Distribuzione topografica:
Generalizzato
Segmentarlo
Focale
Multifocale
Caratteristiche temporali:
Ritmico
32
Aritmico
Caratteristiche di occorrenza:
Spontaneo
d’azione
riflesso
Caratteristiche Corticale Sottocorticale Spinale
Movimento “Shock-like” Meno “shock-like” Può essere “shock-like”
Condizione Postura, movimento A riposo A riposo
Ritmicità Irregolare, ma spesso appare ritmico
Tende ad essere periodico
Periodico o ritmico
Stimolo- sensibilità
Altamente sensibile Non sensibile Può essere sensibile
Caratteristiche cliniche del mioclono
Eziologia (Fahn et al. 1986):
mioclono fisiologico
mioclono essenziale
mioclono epilettico
mioclono sintomatico
33
34
Caratteristiche neurofisiologiche del mioclono
Studi polimiografici: il mioclono ha, nella maggior parte dei casi, un pattern
polimiografico caratterizzato da una brusca contrazione muscolare (mioclono
positivo), ma può anche essere caratterizzato da una cessazione altrettanto
brusca della attività muscolare (mioclono negativo). L’attivazione o
l’inibizione muscolare è sempre concomitante sui muscoli
agonisti/antagonisti.
La componente positiva del jerk mioclonico può essere evidenziata sia a
riposo che durante attività muscolare, mentre la componente negativa
appare solo quando il soggetto sostiene una contrazione muscolare.
La durata e l’andamento temporale dei jerks suggeriscono il generatore
corticale o sottocorticale del mioclono. Una durata breve (meno di 50 msec)
è tipica del mioclono corticale, mentre una durata prolungata indica, di solito,
una origine sottocorticale.
Correlati polimiografici di mioclono corticale positivo, negativo e positivo-negativo: registrazione effettuata durante contrazione muscolare sostenuta dell’estensore del polso. (da Shibasaki 2005)
35
L’attivazione in senso ascendente dei muscoli craniali (con attivazione dello
sternocleidomastoideo o del trapezio prima del massetere) e in senso
discendente dei muscoli scheletrici è considerata caratteristica tipica di un
mioclono originante dal basso tronco encefalico (Hallett 2002).
L’ordine di attivazione muscolare rispetta, invece, una direzione cranio-
caudale nel mioclono corticale (Ugawa et al. 2002) con latenze tra un
muscolo e l'altro compatibili on una diffusione attraverso vie di conduzione
rapida.
La registrazione polimiografica nel mioclono spinale mette in evidenza bursts
simultanei in gruppi di muscoli innervati da uno specifico segmento spinale
nel caso di mioclono segmentale; diffusione dei bursts da uno specifico
segmento spinale agli altri segmenti spinali sia rostralmente che
caudalmente, con una velocità relativamente lenta (10 m/sec), nel caso di
mioclono propriospinale. (Shibasaki 2005)
Registrazioni polimiografiche di differenti situazioni con mioclono positivo. (da Tassinari 1998)
36
Correlati EEG: nel mioclono corticale all'EEG si dimostra solitamente una
punta pre-mioclonica con latenza breve, focale o generalizzata.
Anche il mioclono negativo di origine corticale può associarsi con una punta
o un complesso punta-onda all’EEG.
Registrazione EEG-poligrafia in back-averaging: da notare una punta bifasica positiva-negativa all’ EEG prevalente a sinistra ma diffusa a tutte le derivazioni, che precede la scarica poligrafica mioclonica. Rt: destro; 1st DI: primo interosseo dorsale; ECR: estensore radiale del carpo. (da Shibasaki 2005)
La mioclonia sul bicipite (Bic), è preceduta da un potenziale positivo con intervallo di tempo compatibile con una conduzione attraverso le fibre della via piramidale (da Artieda 1999)
37
Il mioclono essenziale e il mioclono distonico (sottocorticali) e il mioclono
spinale non sono associati a specifici correlati EEG.
Allo studio di back averaging nel mioclono corticale si evidenzia una punta
bifasica, positiva-negativa a livello degli elettrodi corrispondenti al muscolo
da cui viene registrato il mioclono.
L’iniziale picco positivo della punta EEG precede l’inizio della scarica
mioclonica EMG di circa 20 msec. Più il muscolo da cui è registrato il
mioclono è distale maggiore sarà l’intervallo EEG-EMG e viceversa.
Oltre che da una condizione di ipereccitabilità della corteccia motoria, il
mioclono corticale è caratterizzato anche da ipereccitabilità della corteccia
sensitiva; questo aspetto può essere esplorato studiando i potenziali evocati
somatosensoriali e le risposte a lunga latenza. Nella maggior parte dei
soggetti con mioclono corticale la componente corticale dei potenziali evocati
somatosensoriali (componenti P22, P25, N33; la N20 invece è normale) è
enormemente ingrandita (20-50 microV). (Artieda 1999; Shibasaki 2000)
PES del nervo mediano destro, registrati in regione frontale sinistra (F3), rolandica sinistra (C3) e parietale sinistra (P3) e tracciato EMG rettificato del muscolo bicipite destro in un paziente con mioclonie corticali rilfesse. Da notare la grande ampiezza dei PES e la presenza di una risposta riflessa alla EMG del bicipite. La latenza della risposta EMG riflessa è compatibile con una conduzione transcorticale. Da Artieda (1999)
38
I potenziali evocati giganti non vengono riscontrati in altri tipi di mioclono,
sono quindi di supporto alla diagnosi clinica di mioclono corticale.
Allo studio delle risposte riflesse a lunga latenza nel mioclono corticale si
registra solitamente un LLR aumentato dall’eminenza tenar, ad una latenza
di circa 45 msec dopo la stimolazione del nervo mediano al polso, questo
corrisponde al C-reflex (Shibasaki e Hallett 2005). Una delle tre componenti
del LLR può essere aumentata anche in miocloni sottocorticali e in altri
disordini neurologici coinvolgenti o meno il sistema piramidale (Deuschl-
Lucking 1990), come ad esempio nella degenerazione corticobasale (Carella
et al. 1997) e in alcune sindromi epilettiche (Guerrini et al. 1998).
Sovrapposizione di PES del nervo mediano destro registrati in un soggetto normale (linea tratteggiata) ed in un paziente con mioclonie corticali (linea continua). Da notare la grande ampiezza delle componenti corticali, ad eccezione della onda N20, del PES nel paziente con mioclonie in confronto con il soggetto controllo. (da Artieda 1999)
39
Tremore
Il tremore viene definito come un insieme di oscillazioni ritmiche, involontarie
che spostano tutto il corpo o una sua parte attorno alla posizione di equilibrio.
Questa situazione implica una periodicità del movimento relativamente fissa
e un’ampiezza ed una morfologia in una certa misura invariabili per un tempo
prolungato.
La classificazione clinica del tremore si basa sui seguenti criteri: la
condizione di attivazione (a riposo, in mantenimento di postura o d’azione);
il range di frequenza (bassa:< 4Hz, media 4-7 Hz e alta > 7 Hz);
la presenza o assenza di altri segni neurologici (es. acinesia, distonia,
polineuropatia) o segni di malattia sistemica (es. endocrinopatie);
il decorso clinico della condizione e, per alcuni tipi di tremore, la loro
sensibilità a specifici trattamenti. (Deuschl et al. 1996)
Differenti forme di tremore in base alla condizione di attivazione ed alla frequenza (da Deuschl 1996)
40
Louis nel 2005 ha proposto la seguente differenziazione clinica tra tremore
essenziale, morbo di Parkinson e tremore distonico:
Tremore essenziale Parkinson Distonia
Tremore d’azione ++ ++ ++
Tremore di un emicorpo - ++ -
Tremore d’azione>tremore a riposo ++ + ++
Tremore a riposo>tremore d’azione - ++ -
Rigidità, bradicinesia - ++ -
Movimenti o posture distoniche - + ++
Tremore non ritmico - - ++
Tremore direzionale - - ++
“Null point” (posizione di un arto o
del collo che riduce il tremore)
+ + ++
“Sensory trick” - - ++
Ipertrofia muscolare - - ++
Dolore - - ++
“pulling sensation” - - ++
- = non si verifica; += si verifica a volte; ++= si verifica spesso
Il tremore essenziale si caratterizza per un tremore in azione agli arti
superiori, a frequenza compresa tra 4 e 12 Hz, inversamente proporzionale
all’età: nei pazienti anziani spesso la frequenza del tremore è minore.
Pazienti con tremore essenziale grave possono presentare un tremore anche
nel mantenimento di postura e alcuni sviluppano anche un tremore a riposo.
Oltre agli arti superiori possono essere coinvolti anche la testa, il collo e
occasionalmente il tronco e gli arti inferiori. Una caratteristica del tremore
essenziale è la diffusione del tremore dalle braccia alla testa: il tremore della
testa tipicamente si sviluppa parecchi anni dopo l’esordio del tremore agli arti
superiori.
41
I criteri diagnostici per la definizione di tremore essenziale secondo il
Consensus statement della Movement disorder society sono i seguenti:
CRITERI DI INCLUSIONE:
Tremore posturale bilaterale con o senza tremore d’azione, coinvolgente le mani e
gli avambracci, visibile e persistente.
Durata > 5 anni
CRITERI DI ESCLUSIONE:
Altri segni neurologici
Presenza di cause conosciute di tremore fisiologico esagerato
Corrente o recente esposizione a farmaci tremorigeni o corrente fase di
sospensione di terapia pro-tremorigena
Trauma diretto o indiretto del sistema nervoso entro tre mesi prima dell’esordio del
tremore
Evidenza clinica o anamnestica di origine psicogenetica
Evidenza di esordio improvviso o di deterioramento
42
Caratteristiche neurofisiolgiche del tremore
Lo studio polimiografico permette di valutare il pattern di attivazione
muscolare (Deuschl et al. 1995) e, sulla base di questo, suddividere i tremori
in sincroni e alternanti sui muscoli antagonisti. Ad esempio il pattern sincrono
è tipico di alcuni tremori essenziali, del tremore cerebellare e di quello
fisiologico accentuato, mentre il pattern alternante è tipico di alcune forme di
tremore essenziale, del tremore Parkinsoniano, di quello rubro e dei tremori
psicogenetici. (Milanov I, 2001)
Il pattern del tremore tuttavia può non essere costante nel tempo e quindi
non risulta particolarmente utile alla diagnosi differenziale. (Elble 1986;
Findley e Cleeves 1989; Sabra e Hallett 1984)
Lo studio polimiografico permette poi di valutare la frequenza del tremore
(bassa < 4Hz; media 4-7 Hz; alta > 7 Hz) che è uno dei parametri più
costanti, anche se i range di frequenza delle varie forme di tremore spesso si
sovrappongono.
La valutazione del tremore dopo prova da carico (loading) permette di
distinguere tra il tremore fisiologico e quello patologico: nel tremore
fisiologico osserverò infatti una diminuzione della frequenza > di 1 Hz,
mentre nel tremore patologico non avrò nessun cambiamento della
frequenza.
Milanov (2001) ha pubblicato un interessante studio neurofisiologico sulla
differenziazione elettromiografica dei tremori, soffermandosi sulla durata dei
burst tremorigeni. Differenzia tremori con burst di lunga durata (> 150 msec)
come il tremore rubro, da tremori con burst di media durata (50-150 msec)
43
come i tremori Parkinsoniani, essenziale e psicogenetico, e da tremori con
burst di breve durata (<50 msec) come il tremore fisiologico esagerato.
Long Loop e riflessi da stiramento: i riflessi da stiramento sono stati studiati
in diverse patologie associate a tremore, con l’idea che riflessi di stiramento
facilitati potessero supportare un circuito centrale che attiva ritmicamente i
muscoli coinvolti nel tremore (Stein e Lee, 1981). In pazienti con morbo di
Parkinson, infatti, sono stati trovati riflessi aumentati, ma non è stata trovata
nessuna correlazione con il tremore. I LLR sono stati trovati aumentati sia in
pazienti con morbo di Parkinson sia in un sottogruppo di pazienti con tremore
essenziale (Deuschl et al. 1987; Deuschl e Lucking, 1989). Rimane da
discutere se questi riflessi aumentati siano effettivamente coinvolti nella
generazione del tremore o se siano un epifenomeno correlato ad altri sintomi
piuttosto che al tremore. Comunque sia questi riflessi non aiutano nella
diagnosi differenziale tra tremore essenziale e tremore parkinsoniano, dal
momento che in entrambi i casi possono essere aumentati.
44
L’utilità delle varie tecniche neurofisiologiche nella diagnosi differenziale del
tremore è riportato nella tabella sottostante (Deuschl et al, 1996).
Tipo di tremore Polimiografia Frequenza Ampiezza Prova da Carico LLR
Tremore fisiologico
- + + - -
Tremore fisiologico eccessivo
- ++ ++ ++ -
Tremore essenziale
+ + + - +
Tremore distonico
++ + + - -
Tremore ortostatico
+++ +++ - - -
Tremore parkinsoniano
+ + + - +
Tremore cerebellare
+ ++ + - -
Tremore rubro + ++ + - -
Asterixis * +++ - - + -
Tremore corticale
++ + + - ++
- non particolarmente utile o di significato sconosciuto; + può supportare la diagnosi; ++ molto utile; +++ patognomonico; * non è un tremore ma una importante diagnosi differenziale
L’asterixis e il tremore ortostatico hanno pattern polimiografici patognomonici:
il tremore ortostatico, presente durante la stazione eretta, ha una frequenza
tipica compresa tra 13 e 18 Hz; la asterixis mostra tipicamente pause
nell’attività EMG, aritmiche e sincrone su agonisti e antagonisti.
45
Registrazione polimiografica durante co-contrazione di entrambi gli avambracci in
paziente con asterixis. Cessazioni sincrone dell’attività EMG si trovano uni ( ) o
bilateralmente ( ). (da Deuschl 1996)
Britton et al (1993) hanno analizzato gli effetti della stimolazione magnetica
transcranica con stimolo soprasoglia sul tremore posturale al polso di
pazienti con morbo di Parkinson e con tremore essenziale.
Hanno evidenziato che lo stimolo sopprime l'attività EMG ritmica
responsabile del tremore per qualche centinaio di millisecondi, dopodiché il
tremore ricompare con periodismo più breve, nel caso di morbo di Parkinson,
e con periodismo conservato nel caso di tremore essenziale. Questo, a parte
Pattern polimiografico ad alta frequenza (13-18 Hz), patognomonico di tremore ortostatico. (da Deuschl 1996)
46
evidenziare delle differenze nella patofisiologia del tremore del morbo di
Parkinson e del tremore essenziale, porta alla importante conclusione che la
corteccia motoria primaria gioca un ruolo centrale nella genesi di entrambi i
tipi di tremore. L'area corticale quattro potrebbe agire essa stessa come
oscillatore o essere strettamente connessa con oscillatori spinali o
sopraspinali. Pascual-Leone et al (1994) successivamente hanno confermato
il ruolo della corteccia motoria nella genesi del tremore.
47
SCOPO DEL LAVORO
48
Valutazione retrospettica delle caratteristiche neurofisiologiche di una serie di
pazienti in età pediatrica affetti da differenti disordini del movimento (distonia,
tremore e mioclono), allo scopo di:
- Descriverne le caratteristiche elettrofisiologiche e confrontarle con
quelle riportate in letteratura a proposito di pazienti adulti
- Valutare il contributo della polimiografia nella classificazione
- Valutare il contributo della polimiografia nella definizione eziologica
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MATERIALI E METODI
50
Sono stati valutati 61 pazienti afferenti all’Istituto Neurologico C.Besta di
Milano ed all’Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino con diagnosi di
disordine del movimento. I pazienti con corea e tics sono stati esclusi.
Il DM è stato classificato da almeno due esperti, sulla base della valutazione
clinica e della documentazione video.
La documentazione video è stata effettuata secondo un protocollo
standardizzato:
Posizione sdraiata a riposo 15’’
Posizione seduta 15’’
Linguaggio (giorni della settimana, mesi dell’anno)
Mantenimento di postura (arti superiori protesi in avanti)
Prova indice-naso, movimenti rapidi alternati arti superiori, movimenti volontari (versare
acqua, infilare perline..)
Posizione eretta
Cammino (normale, sulle punte, sui talloni, all’indietro, funambolo, corsa)
Scrittura e disegno (spirale di Archimede)
Lo studio polimiografico è stato effettuato in tutti i pazienti.
L’attività elettromiografica viene registrata almeno da una/due coppie di
muscoli antagonisti tramite elettrodi di superficie in montaggio bipolare in cui
entrambi gli elettrodi sono registranti attivi. Gli elettrodi vengono fissati a 3
cm. circa uno dall’altro, dopo adeguata pulizia della cute, seguendo la
direzione delle fibre muscolari. La banda passante utilizzata per l’analisi del
segnale è 20 Hz-1KHz.
Per ogni paziente i muscoli indagati sono scelti sulla base del quadro clinico
(segmento corporeo più significativamente coinvolto o presenza di
51
ipercinesie da caratterizzare). La registrazione polimiografica viene effettuata
sia in condizioni di riposo che nel mantenimento di posture (ad esempio la
posizione di Mingazzini per gli arti superiori), in corso di attivazione volontaria
(ad esempio raggiungimento di mira, afferramento di oggetti) e
nell’esecuzione di task specifici (es. scrittura, disegno). Vengono valutate le
modificazioni del movimento involontario dopo stress emotivo o durante
manovre distraenti (contare all’indietro o compiere movimenti rapidi alternati
con l’arto controlaterale).
I parametri considerati sono i seguenti: ampiezza, frequenza, durata,
ritmicità, comparsa sincrona o asincrona sui muscoli antagonisti (co-
contrazione) e diffusione dell’attività muscolare a muscoli normalmente non
coinvolti nel movimento specifico (overflow).
Lo Studio polimiografico ha quindi preso in considerazione:
la presenza e la durata di attività tonica
la presenza e la durata di attività clonica
la presenza e la frequenza di attività tremorigena
la presenza di co-contrazione
la presenza di diffusione (overflow)
Sulla base di questi dati in accordo con la letteratura abbiamo definito
cinque pattern:
“distonia” : attività tonica prolungata, presente a riposo o in
mantenimento di postura e durante il movimento volontario associata
o meno a co-contrazione di agonisti e antagonisti o a diffusione della
52
contrazione (overflow) a gruppi muscolari normalmente non coinvolti
nel compito motorio in atto.
”mioclono sottocorticale”: bouffees di attività clonica > 50 msec
presenti a riposo o in mantenimento di postura e durante il movimento
volontario, sincrone su agonisti e antagonisti.
“distonia mioclonica” :pattern distonico con sovrapposte bouffees di
attività clonica irregolare, aritmica, di durata superiore ai 50 msec.
“tremore”: attività di frequenza di 3-11 Hz, presente a riposo o in
mantenimento di postura e durante il movimento volontario,
alternante sugli antagonisti.
“normale”
Tutti i pazienti con pattern polimiografico di mioclono sottocorticale e distonia
mioclonica sono stati sottoposti anche a valutazione EEG-poligrafica in cui
non è stato messo in evidenza alcun correlato.
Una diagnosi eziologica, basata sui protocolli diagnostici per distonia,
mioclono, tremore e disordini del movimento psicogenetici è stata raggiunta
in 55 pazienti: 37 pazienti con distonia (13 primaria DYT 1 neg; 18 sindrome
distonia mioclonica 10 DYT 11 pos. e 8 DYT 11 neg; 4 secondaria; 2
eredodegenerativa) 8 pazienti con tremore (4 essenziale; 3 secondario; 1
eredodegenerativo) 4 pazienti con mioclono sottocorticale (2 secondario; 2
eredodegenerativo) 6 pazienti con disordine del movimento psicogenetico.
In 6 pazienti non è stata formulata una diagnosi eziologica.
53
RISULTATI
54
16%
26%
12%
25%
21%
tremore AASSmovimenti/posture distonichemioclonie aritmicheDM mistonon classificati
Sono stati valutati in modo retrospettico 61 pazienti (32 maschi, 29 femmine)
con età media al momento della valutazione elettrofisiologica di 12,2 anni
(DS 5,8; mediana: 12; range: 1-25)
La valutazione clinica ha consentito la classificazione del disordine del
movimento in 48 pazienti: tremore degli arti superiori (10), movimenti e/o
posture diatoniche (16), jerks mioclonici aritmici (7), disordine del movimento
misto (15 pazienti: movimenti e/o posture distoniche e disordine del
movimento inclassificato in 6, movimenti e/o posture distoniche e tremore
deli arti superiori in 1, movimenti e/o posture diatoniche e jerks mioclonici in
8)
In 13 pazienti il disordine del movimento è rimasto inclassificato dal punto di
vista clinico poichè non è stato raggiunto un consensus tra i due esperti (11
disordine del movimento isolato, 2 con atassia associata).
55
RISULTATI POLIMIOGRAFICI
Pattern “distonia” (7 pazienti) : caratterizzato da attività tonica prolungata
(1-2 sec) durante il mantenimento di postura e i movimenti volontari in tutti I
pazienti; co-contrazione di agonisti e antagonisti in 6; overflow dell’attività a
gruppi muscolari remoti che non sono normalmente coinvolti nel movimento
in 4.
Pattern “mioclono sottocorticale” (15 pazienti): caratterizzato da bursts
mioclonici sincroni su agonisti e antagonisti della durata di 60-600msec
evidenti durante il mantenimento di postura e i movimenti volontari, anche a
riposo in 8 casi.
Pattern “distonia mioclonica” (24 pazienti): caratterizzato da attività tonica
di durata 1-2 sec durante il mantenimento di postura e i movimenti volontari;
co-contrazione in 17 casi; overflow in 9 casi e sovraimposti bursts mioclonici
prevalentemente sincroni su agonisti e antagonisti, della durata di 100-600
msec evidenti durante il mantenimento di postura e i movimenti volontari.
56
Pattern “tremore” (20 pazienti): caratterizzato da attività tremorigena a
bassa frequenza(<4 Hz) in 2 pazienti, a media frequenza (4-7 Hz) in 11 e ad
alta frequenza (>7 Hz) in 7, prevalentemente alternante sugli antagonisti,
evidente durante il mantenimento di postura e i movimenti volontari, anche a
riposo in 6.
Polimiografia: attività tremorigena
55%35%
10%
frequenza 4-7 Hz frequenza >7 Hz frequenza <4 Hz
Pattern “normale” (1 paziente)
Pattern “misto” (6 pazienti): distonia + tremore in 2; mioclono sottocorticale
+ tremore in 2; distonia mioclonica + tremore in 2.
57
PATTERN “DISTONIA”
Registrazione polimiografica in corso di mantenimento posturale protratto: attività tonica
prolungata prevalente ai muscoli flessori, ma sincrona anche sui muscoli antagonisti
Registrazione polimiografica durante flessione volontaria del capo: deficit di reclutamento volontario dello sternocleidomastoideo di sinistra e co-contrazione di muscoli antagonisti (sternocleidomastoideo destro e muscoli nucali).
Flessore dita
Estensore dita
Flessore ulnare del carpo
Estensore radiale del carpo
Sternocleidomastoideo dx
Sternocleidomastoideo sx
Nucale dx
Nucale sx
58
Registrazione polimiografica durante deviazione del capo verso destra, contro resistenza:
evidente co-contrazione dei due muscoli antagonisti (sternocleidomastoideo dx e sx) e
diffusione (overflow) dell’attivazione ai restanti muscoli.
PATTERN “DISTONIA MIOCLONICA”
Registrazione polimiografica in condizioni basali (figura di sinistra) si osservano sporadici
burst EMG di attività clonica (durata (150-300 msec) a comparsa sincrona sui muscoli
antagonisti; durante la prova di scrittura (figura di destra) si osserva comparsa di attività
tonica prolungata ai muscoli distali ed al muscolo tricipite brachiale con sovrimposte
bouffees EMG di più ampio voltaggio.
Sternocleidomastoideo dx
Sternocleidomastoideo sx
Splenio dx
Splenio sx
C
Estensore carpo
Flessore carpo
Tricipite
Bicipite
59
PATTERN “MIOCLONO SOTTOCORTICALE”
Flessore dita
Estensore dita
Bicipite
Tricipite
Flessore dita
Estensore dita
Bicipite
Tricipite
Registrazione polimiografica durante mantenimento di postura protratto: bouffees di attività clonica sincrone sui quattro muscoli, di durata variabile tra 200 e 800 msec, con andamento ripetitivo, aritmico.
60
PATTERN “TREMORE”
Registrazione polimiografica durante il mantenimento di postura: si osserva tremore con
bouffees ripetitive, ritmiche (9,5 Hz) talora sincrone e talora alternanti sui muscoli
antagonisti, prevalentemente distali.
Estensore dita
Flessore dita
Tricipite
Bicipite
80 ms/D
1600 ms
61
PATTERN MISTO: “MIOCLONO SOTTOCORTICALE” + ”TREMORE”
Registrazione polimiografica: in condizioni basali (capo eretto in posizione mediana) si
registra una attività tremorigena con brevi burst EMG di bassa ampiezza ad andamento
ripetitivo (6 Hz) (figura superiore) e si registrano anche clonie isolate di ampio voltaggio con
corrispettivo EMG di bouffees di durata variabile (comunque >200 msec) sincrone sui
quattro muscoli (figure inferiori).
Sternocleidomastoideo dx
Sternocleidomastoideo sx
Nucale dx
Nucale sx
100 ms/D
2000 ms
200 ms/D
4000 ms 200 ms/D
62
CORRELAZIONE CLINICO-POLIMIOGRAFICA
Le caratteristiche polimiografiche sono state confrontate con la
classificazione clinica con l’obiettivo di valutare il ruolo della polimiografia
nella identificazione del disordine del movimento. Sono stati individuati
quattro gruppi:
1. pazienti in cui la polimiografia ha confermato il disordine del
movimento clinicamente classificato: 25 pazienti, cinque distonia,
quattro distonia mioclonica, cinque mioclono sottocorticale, dieci
tremore e uno distonia + tremore
2. pazienti in cui la polimiografia ha mostrato un disordine del movimento
non evidente clinicamente: 12 pazienti, mioclono sottocorticale in sette
pazienti con distonia, tremore in tre pazienti con distonia e distonia in
due pazienti con mioclono
3. pazienti in cui la polimiografia ha permesso di caratterizzare il
disordine del movimento clinicamente inclassificato (isolato o
associato ad altri disordini del movimento): 17 pazienti, cinque distonia
mioclonica (uno di questi associato ad atassia), sei mioclono
sottocorticale (quattro associati a distonia e uno associato ad atassia),
quattro tremori e due mioclono sottocorticale+tremore
4. Altri: 7 pazienti con distonia definita clinicamente (isolata in un caso,
associata a mioclono in quattro casi e a disordine del movimento non
classificato in due) in cui la polimiografia ha mostrato pattern di
mioclono sottocorticale in sei e pattern normale in uno
63
41%
28%
20%
11%
pz in cui la polimiografia ha confermato il DM classificato
clinicamente
pz in cui la polimiografia ha evidenziato un DM associato,
clinicamente non evidente
pz in cui la polimiografia ha permesso di caratterizzare un DM
clinicamente non classificato
altri
64
CORRELAZIONE EZIOLOGICO-POLIMIOGRAFICA
Le caratteristiche polimiografiche dei pazienti non sono risultate specifiche
per nessun sottogruppo eziologico dei disordini del movimento (primario,
secondario o eredodegenerativo), ma sono state decisive per l’identificazione
dei disordini del movimento psicogenetici.
DISORDINI DEL MOVIMENTO DI ORIGINE PSICOGENETICA
L’esperienza clinica e numerosi case-reports supportano l’esistenza di
disordini del movimento psicogenetici anche in età pediatrica. (Kirsch DB
2004, Surtees R 2005) Nella serie di Fernandez-Alvarez (2005)
rappresentano il 2,4% dei disordini del movimento in età pediatrica. Nella
nostra casistica abbiamo riscontrato 8 casi su 75 pazienti (10,5%).
I disordini del movimento di natura psicogenetica sono stati ampiamente
studiati negli adulti dove rappresentano circa il 3% di tutti i disordini del
movimento. (Bressman 1995; Factor 1995)
Fahn (1994) ha delineato le caratteristiche cliniche che suggeriscono l’origine
psicogenetica.
65
Indizi ricavabili dalla storia anamnestica: Esordio brusco (può essere successivo ad un trauma minore) Rapida progressione fino alla massima gravità Decorso statico Remissione spontanea Altri sintomi inspiegabili Presenza di un vantaggio secondario
Indizi clinici: Caratteristiche inconsistenti del movimento (ampiezza, frequenza,
distribuzione..) Incongruenza I movimenti aumentano con la concentrazione o diminuiscono con manovre
distraenti Falsi sintomi sensitivi Falsa debolezza Disabilità funzionale sproporzionata al dato clinico Mancata risposta a trattamenti specifici Risposta a placebo Remissione con psicoterapia
Fahn e Williams (1988) inoltre, hanno delineato i criteri per definire il grado di
certezza nella diagnosi dei disordini del movimento psicogenetici.
Disordine del movimento psicogenetico documentato: completa risoluzione dopo
trattamento psicoterapico, suggestione psicologica, o terapia con placebo; oppure il
paziente appare libero da sintomi quando lasciato solo, non in osservazione.
Disordine del movimento psicogenetico definito clinicamente: i sintomi sono
inconsistenti nel tempo o incongruenti con la classica presentazione clinica del
disordine del movimento. Presenza di altre manifestazioni anche neurologiche
psicogenetiche, o somatizzazioni multiple o disturbi psichiatrici ovvi.
Scomparsa del disordine del movimento con la distrazione; lentezza eccessiva e
deliberata.
Disordine del movimento probabilmente psicogenetico: movimenti inconsistenti o
incongruenti ma senza le evidenze aggiuntive richieste per i disordini del movimento
psicogenetici definiti clinicamente.
Disordine del movimento possibilmente psicogenetico: movimenti anormali
consistenti con la classica presentazione dei disordini del movimento di natura
organica che sono accompagnati da un disturbo psichiatrico-emozionale.
66
Brown e Thompson nel 2001 hanno prodotto una classificazione combinata
clinica ed elettrofisiologica dei disordini del movimento psicogenetici:
* segni psicogenetici, somatizzazioni multiple, disturbi psichiatrici, eccessiva lentezza di movimento ** quelli con un potenziale premotorio breve sono esclusi, dal momento che questo ogni tanto si vede nei tics. PMD= disordine del movimento psicogenetico
Suggestivi di origine psicogenetica sono i movimenti che modificano le
proprie caratteristiche di frequenza, ampiezza e distribuzione nel corso della
registrazione polimiografica.
Il tremore è uno dei disordini del movimento più frequentemente
psicogenetico. Dal punto di vista neurofisiologico una delle caratteristiche
principali è la difficoltà a mantenere volontariamente tremore a frequenza
diversa in differenti gruppi muscolari. (Peters M, 1977) La “dissociazione
della frequenza” è quindi fortemente suggestiva di un tremore di origine
organica. Un’altra caratteristica è il "trascinamento": quando si chiede al
paziente di effettuare movimenti ritmici con l’arto controlaterale a quello che
manifesta il tremore (ad esempio battere la mano su una superficie), il
tremore in quest’ultimo prima scompare e successivamente assume la
PMD
definito
Scompare quando inosservato o dopo psicoterapia, suggestione o placebo. Jerks
spontanei preceduti da un potenziale pre-movimento **
Il tremore è trascinabile
PMD
probabile
Movimento associato ad altre caratteristiche correlate *.
Tremore che aumenta di ampiezza con il carico o che si vede solo in co-attivazione
PMD
possibile
Movimento che è inconsistente nel tempo o che non si accompagna ad altre
caratteristiche correlate *
67
stessa frequenza con cui l'arto controlaterale effettua i movimenti (Fahn S
1994, McAuley et al. 1998).
Anche nella nostra casistica il disordine del movimento di natura
psicogenetica più rappresentato è il tremore (5 casi su 6).
In tutti e cinque i pazienti la polimiografia era caratterizzata da attività
tremorigena a frequenza ed ampiezza variabili nel corso della registrazione e
che si riduceva notevolmente durante manovre distraenti (ad esempio
calcolo mentale), come riportato in letteratura (Brown P. 2001).
Una paziente, con quadro clinico caratterizzato da distonia della scrittura, ha
presentato un pattern polimiografico normale; questo, unitamente alla
variabilità clinica della sintomatologia (il disordine del movimento era
incongruente con una distonia della scrittura e si riduceva notevolmente con
manovre distraenti) ci ha permesso di fare diagnosi di disordine del
movimento di probabile natura psicogenetica, sulla base dei criteri di Fahn e
Williams.
68
DISCUSSIONE
69
Le caratteristiche polimiografiche osservate nella nostra serie di pazienti,
affetti da disordini del movimento in età pediatrica, sono risultate
sovrapponibili con quanto segnalato in letteratura in pazienti in età adulta per
la distonia (Marsden 1987, Berardelli 1998, Delval 2004), il mioclono
(Shibasaki 2005, Caviness 2004) e il tremore (Deuschl 1996, Milanov 2001,
Gironell 2004)
Attività tonica prolungata durante il mantenimento di postura e i movimenti
volontari era presente in tutti i pazienti con distonia, risultando il pattern
polimiografico principale. La co-contrazione, classicamente considerata
essere una caratteristica tipica della distonia era assente in 7 dei nostri 30
pazienti con distonia. Questo dato concorda con uno studio presente in
letteratura che mette in evidenza la co-contrazione solo nel 48,7% di 179
pazienti distonici (Delval 2004).
Un altro studio ha messo in evidenza come non ci siano livelli più alti di co-
contrazione in una serie di pazienti distonici a confronto con babini sani
durante i movimenti volontari, confermando il fatto che la co-contrazione non
dovrebbe essere considerato una caratteristica neurofisiologica
indispensabile nella distonia (Malfait 2006).Gli Autori, dopo aver esaminato i
pattern EMG durante un ciclo completo di movimento, osservavano un
ritardo tra i movimenti in direzioni opposte nei soggetti con distonia come
risultato di una difettosa attivazione di agonisti e antagonisti; in particolare
l’attivazione degli agonisti rimaneva inappropriatamente sostenuta durante il
movimento mentre il muscolo antagonista non veniva attivato per preparare il
movimento inverso.
70
Nella nostra casistica l’overflow è risultato assente in più della metà dei
pazienti con distonia, confermando i risultati osservati nella serie di Delval.
La polimiografia ha giocato un ruolo chiave nel percorso diagnostico,
permettendo di identificare un disordine del movimento clinicamente non
evidente (12 pazienti) o inclassificato (19 pazienti) in più della metà dei
pazienti della serie (50,8%).
E’ interessante notare come nella maggior parte dei disordini del movimento
inclassificati da un punto di vista clinico la polimiografia ha messo in
evidenza più di un disordine del movimento: prevalentemente distonia e
mioclono sottocorticale.
Il gruppo numero 4 (Altri) includeva sette pazienti clinicamente definiti come
affetti da distonia isolata o associata a mioclono o a disordine del movimento
inclassificato. In questi pazienti la polimiografia non ha evidenziato un pattern
distonia ma solo un pattern di mioclono sottocorticale (6) o un pattern
normale (1). Questo dato è ragionevolmente spiegabile col fatto che la
polimiografia era orientata verso la caratterizzazione delle ipercinesie rapide
e aritmiche e non della fenomenologia distonica. Inoltre Delval et al.
trovarono il 14,7% dei pazienti distonici senza anomalie EMG e imputarono
questi risultati a limiti propri dell’indagine neurofisiologica (sintomatologia
intermittente, distonia coinvolgente muscoli profondi che non sono registrati
con elettrodi di superficie, difficoltà a riprodurre le condizioni di occorrenza
del sintomo distonico durante la registrazione).
71
Come già riportato in letteratura (Delval 2004; Obeso 1983; Quinn 1988;
Jedynak 1991) un alto numero di pazienti distonici della nostra serie (22
pazienti; 59%) ha mostrato evidenza clinica e polimiografica di un disordine
del movimento associato: mioclono sottocorticale in 18 pazienti, tremore in
due pazienti ed entrambi in due pazienti. Nel Consensus Statement della
Movement Disorder Society il tremore è classificato come “tremore diatonico”
quando colpisce una parte del corpo affetta dalla distonia e “tremore
associato alla distonia” quando interessa una parte del corpo non colpita
dalla distonia (Deuschl 1998). Tutti i pazienti della nostra serie con distonia e
remore soddisfano i criteri per il tremore diatonico. Le caratteristiche
polimiografiche sono quelle di una attività posturale e cinetica caratterizzata
da ampiezza irregolare e frequenza variabile, prevalentemente < 7 Hz.
Delval et al. hanno riportato una sensibilità (veri positivi/veri positivi+falsi
negativi) dello studio polimiografico nella distonia dell’84% (88% per la
distonia primaria e 81% per la distonia secondaria). La distonia mioclonica
non vene menzionata nel loro studio.
Noi abbiamo riscontrato una sensibilità del 100% per il tremore e il mioclono
sottocorticale e del 72,2% per la distonia; in particolare del 100% per la
distonia primaria non- DYT 1, del 100% per la distonia
secondaria/eredodegenerativa e del 44% per la distonia mioclonica.
Quest’ultima bassa sensibilità è ragionevolmente dovuta alla esiguità di
distonia nei pazienti con distonia mioclonica: in 10 pazienti su 18 (cinque
DYT 11 positivi e cinque DYT 11 negativi) abbiamo infatti trovato un pattern
polimiografico di mioclono sottocorticale isolato.
72
Inoltre il pattern distonia mioclonica è stato ritrovato anche in 10 pazienti con
distonia primaria non-DYT 1, confermando che questo pattern non è
specifico per la sindrome distonia mioclonica (Obeso 1983; Quinn 1988)
Come già detto precedentemente la polimiografia non ha fornito nessun
elemento specifico per l’eziologia eccetto che per il tremore di origine
psicogenetica; crediamo pertanto che lo studio polimiografico dovrebbe
essere inserito tra i criteri per la diagnosi di distonia e tremore psicogenetici.
In conclusione quindi, possiamo affermare sulla base del nostro studio che la
polimiografia gioca un ruolo importante nel percorso diagnostico dei disordini
del movimento: sia da un punto di vista clinico, permettendo di evidenziare
disordini del movimento clinicamente non evidenti o inclassificati, sia da un
punto di vista eziologico, supportando la diagnosi di disordine del movimento
psicogenetico.
73
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