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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI SIENA MASTER DI II LIVELLO UNIVERSITARIO ARCHEOLOGIA TERRITORIALE E GESTIONE INFORMATICA DEI DATI ARCHEOLOGICI. ARCHEOLOGIA URBANA E MEDIEVALE IN VOLO NEL PRESENTE L'utilizzo della fotografia aerea nella documentazione dei siti archeoindustriali: il caso di Niccioleta (Massa Marittima, GR). Relatore: Prof. Stefano Campana Tesi di:Caterina Vatteroni Anno Accademico 2004-2005

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI SIENA MASTER DI II LIVELLO UNIVERSITARIO

ARCHEOLOGIA TERRITORIALE E GESTIONE INFORMATICA DEI DATI ARCHEOLOGICI. ARCHEOLOGIA URBANA E MEDIEVALE

IN VOLO NEL PRESENTE L'utilizzo della fotografia aerea

nella documentazione dei siti archeoindustriali: il caso di Niccioleta (Massa Marittima, GR).

Relatore: Prof. Stefano Campana Tesi di:Caterina Vatteroni

Anno Accademico 2004-2005

Indice

IInnddiiccee

Introduzione p. 3 Capitolo 1 L'elaborazione di una metodologia: l'esempio dell'English Heritage 1.a Esperienze a confronto p. 7 1.b L’esempio dell’English Heritage p. 12 1.c Il 'Monuments Protection Programme': un metodo di catalogazione p. 14 1.d Il 'National Mapping Programme':documentazione e monitoraggio p. 25

del patrimonio nella politica di ricognizione aerea del territorio inglese 1.e Il progetto Twentieth century military sites: l’adozione di una metodologia di lavoro per la documentazione di siti ed aree industriali nel contesto italiano p. 29 Capitolo 2 L'attività mineraria nell'area massetana 2.a L'inquadramento geografico e geomorfologico p.33 2.b I giacimenti minerari nel massetano p.35 2.c L'attività mineraria nell'antichità in area massetana p.37 2.d L'attività mineraria nel medioevo in area massetana p.39 2.d L’attività estrattiva in epoca moderna p.44 2.e L’industria estrattiva massetana p.53 Capitolo 3 Un caso di studio: Niccioleta e il suo territorio nella fotografia area 3.a Inquadramento storico p.57 3.b Analisi e caratterizzazione della documentazione fotografica e cartografica tramite GIS p.60 3.c Niccioleta nelle mappe del catasto Leopoldino p.65 3.d L’indagine fotointerpretativa p.69

1954: la prima documentazione da foto aerea p.69 I voli regionali degli anni '80 p.71 La copertura AIMA 1996 p.73

3.e La documentazione dello stato attuale: l'utilità della fotografia obliqua p.74

Indice

Capitolo 4 Conclusioni 4.a Analisi conclusive p.78 4.b I possibili sviluppi della ricerca p.89 Bibliografia p.97

Introduzione

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IInnttrroodduuzziioonnee

La questione del patrimonio industriale ha coinvolto intensamente, fin dal primo manifestarsi in Italia del fenomeno, studiosi di diverse discipline (storici, architetti, archeologi). Questi contenitori e questi luoghi, insieme con i loro contenuti economici e sociali hanno mobilitato l’interesse scientifico ma anche la partecipazione ideologica di coloro che, studiando la città ed il territorio, riconoscono in essi la memoria di attività che sono state il motore dell’evoluzione vorticosa e rivoluzionaria dell’ultimo secolo della nostra storia economica, sociale, territoriale. Essi costituiscono le risultanti materiali di un processo decisionale durato a volte un secolo e rappresentano la promessa di future nuove possibilità di intervento. Si tratta molto spesso di luoghi ormai privi delle funzioni per cui sono stati creati ma che in realtà sono quasi sempre pieni di manufatti di interesse per la storia dell’industria e della tecnologia, di memorie individuali e collettive, di cultura del lavoro, di valori simbolici e di storia locale. Per certi versi il patrimonio industriale

Introduzione

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invita alla scoperta di una nuova frontiera collocandoci su una frattura spazio-temporale tra passato e futuro, fra trasformazioni nel modo di produrre e trasformazioni nel modo di abitare o consumare. Essi rappresentano insomma gli elementi di un paesaggio che, apparsi secondo logiche e strutture di una determinata organizzazione spaziale e sociale, sono destinati ad una quanto mai rapida emarginazione, o cancellazione, da parte dei processi di sviluppo urbano e industriale come di riuso del territorio. Tuttavia, il valore che le aree dismesse assumono si esplicita in molteplici direzioni: dalla capacità di documentare e chiarire, al di là delle singole strutture, le relazioni intercorse fra i diversi elementi caratterizzanti un dato paesaggio o contesto storico, agli sviluppi compiutisi nel corso del tempo in termini di innovazioni tecnologiche e modi di vita più o meno consapevolmente obliterati dalla memoria collettiva e allo stesso tempo simulacri di modelli di organizzazioni territoriali ormai obsolete. Contemporaneamente le aree industriali dismesse costituiscono potenziali luoghi fisici e sociali dell’innovazione territoriale. In questo senso, lo studio delle trasformazioni nell’uso dello spazio, seguendo le orme di fasi di territorializzazione diacronica, può rappresentare il divenire di un nuovo approccio al paesaggio ed al patrimonio storico archeologico guidato da altri valori ed obiettivi. Le esperienze inglesi, tedesche, statunitensi o canadesi di riqualificazione e valorizzazione di aree industriali dismesse, compiute attraverso un percorso a ritroso, rispetto all’artificializzazione dello spazio che ha contraddistinto le diverse fasi dalla rivoluzione industriale ai nostri giorni, prende avvio dal riesame delle testimonianze attraverso l’individuazione e l’integrazione di strategie di analisi idonee allo studio di nuove tipologie di monumenti. Le esperienze ed i tentativi attualmente in corso di enti ed organizzazioni quali l’English Heritage, l’Historic American Engineering Record (HAER), l’International Committee for the Conservation of the Industrial Heritage (TICCIH), dell’International Council Monuments and Sites (ICOMOS), testimoniano della scommessa aperta sul valore e le potenzialità di ricapitalizzazione attribuite alle aree industriali dismesse. Diversamente, in Italia, non è stato ancora pienamente recepito il potenziale insito in

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una corretta valutazione del patrimonio industriale: la legislazione nazionale e le più recenti revisioni introdotte dal Codice con il D. Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, sono prive di espliciti e puntuali riferimenti e programmi di tutela; a livello ministeriale si registra la mancanza, di modelli e metodologie di catalogazione; l’ attività didattica non è ancora formalmente istituzionalizzata e disciplinata. Lo studio intrapreso nasce con l’obiettivo di verificare le potenzialità di documentazione dei siti archeoindustriali trasferendo, nel contesto italiano, metodologie di lavoro derivate dalla più recente esperienza inglese nello studio del patrimonio culturale di epoca recente e del paesaggio storico. Nel lavoro che segue cercheremo di combinare l’analisi e l’interpretazione di aerofoto e la gestione delle informazioni tramite piattaforma Gis, nel tentativo di compiere uno studio diacronico del territorio tra la fine del XIX secolo, e gli anni immediatamente successivi alla dismissione dell’industria estrattiva, come esempio di evoluzione ed articolazione del paesaggio in area massetana. In particolare l’analisi sarà rivolta all’area estrattiva di Niccioleta, nel comune di Massa Marittima, della quale tenteremo di analizzare i principali aspetti dell’organizzazione spaziale durante il periodo di industrializzazione delle attività minerarie. Il lavoro, nonostante le limitazioni relative al tempo ed alle fonti consultate che impediscono di approfondire l’analisi dell'evoluzione storica territoriale e la documentazione delle testimonianze disponibili nell’area, si pone l’obiettivo di:

- Tentare di definire l'evoluzione storica dell'articolazione spaziale del territorio di Niccioleta, durante il XX secolo, prestando particolare attenzione alla configurazione ed ai cambiamenti intervenuti con l’industrializzazione dei processi estrattivi.

- Tentare di osservare e confrontare, attraverso il caso di Niccioleta, le trasformazioni del paesaggio ed i modelli di organizzazione ed evoluzione dei nuovi villaggi operai sorti con l’industria mineraria per l’estrazione di

Introduzione

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pirite nelle aree di proprietà della Società Montecatini (Boccheggiano e Gavorrano)

- Sperimentare il potenziale della fotografia aerea, zenitale ed obliqua, nella documentazione delle testimonianze di epoca recente in contesti ambientali caratterizzati da rilievi e vaste aree boschive.

- Definire i passaggi seguiti nella costruzione della piattaforma di riferimento, per le analisi e le verifiche compiute tramite Gis.

- Sottolineare il valore e le possibilità offerte dalla combinazione di fonti e sistemi di analisi eterogenei negli studi territoriali ed archeoindustriali.

Il lavoro, strutturato in capitoli, inizia con un confronto fra i diversi paesi europei nell’applicazione della fotografia aerea come metodo di ricerca e documentazione del patrimonio storico archeologico ed una descrizione delle attività intraprese in Inghilerra con il National Mapping Programme ed il Monuments Protection Programme; segue un inquadramento geografico e giacimentologico dell’area massetana e delle evoluzioni verificatesi nello sfruttamento delle risorse minerarie. Successivamente descriveremo, seguendo l’ordine cronologico e metodologico dell’indagine compiuta, i passi intrapresi per la ricerca delle fonti, la costruzione della piattaforma Gis, fino a sviluppare e commentare le analisi compiute sui dati disponibili tentando, in ultimo, di interpretare i risultati ottenuti per il territorio in esame.

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CCaappiittoolloo UUnnoo

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Esperienze a confronto

L’Italia, come altri stati europei, ha dovuto pagare un considerevole ritardo, rispetto ai paesi di area anglosassone, nell’utilizzo della ricognizione aerea come mezzo di indagine, studio e documentazione del patrimonio culturale. La principale causa di questo ritardo si riconosce nei divieti imposti dalla legislazione, solo recentemente rivista nelle sue disposizioni essenziali. La legge del 1939 attribuiva al Ministero dell’Aeronautica il controllo completo delle attività di volo per le quali potevano essere autorizzati solo Enti o società di navigazione aerea nazionale. Ogni attività era comunque sottoposta al controllo diretto del Ministero. La situazione muta a partire dal 2000 con la pubblicazione del DPR n.367, 29/09/00 nel quale si mantiene

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il controllo, da parte governativa, delle sole attività commerciali1. Tale condizione, diversamente da quanto accaduto nel Regno Unito, ha inciso sullo sviluppo dell’archeologia aerea, sulla verifica di metodologie ed ambiti in cui sperimentare la materia. Robert Bewley, responsabile dell’Aerial Survey dell’English Heritage, e Wlodzimierz Rączkowski, dell’ Università di Poznań –Polonia-, nell’introduzione agli atti del convegno di Lezno -novembre 2000-, citano le parole di O.G.S. Crawford, il quale definiva il secolo 1850-1950, come il secolo della fotografia aerea per le riconosciute potenzialità di applicazione in Europa. Bewley e Rączkowski sottolineano invece il ritardo con cui essa è stata recepita e che si tratta, come il tempo ha piuttosto dimostrato, di un fenomeno emerso solo durante il XX secolo, tuttora in via di definizione. Ancora oggi molti Paesi non utilizzano la fotografia aerea e spesso essa è sfruttata ben al di sotto delle sue potenzialità. Come evidenziato in questa introduzione la formulazione di problematiche legate alla ricerca e la definizione di metodologie riflettono la cultura, la società ed il contesto politico da cui provengono i singoli ricercatori (Bewley, Rączkowski p.4) . Il panorama complessivo è cambiato solo in coincidenza dei mutamenti politico sociali seguiti alla fine della guerra fredda che hanno aperto a nuove opportunità per il confronto di idee ed esperienze. Tali mutamenti hanno di fatto permesso l’accesso agli archivi di foto aeree, in particolare quelle realizzate durante la seconda guerra mondiale, e contemporaneamente, stimolato una revisione delle norme vigenti nei diversi paesi in materia di rilevamenti e riprese aeree.

Solo la Gran Bretagna ha beneficiato, durante la seconda metà del XXI secolo, di norme che garantivano la possibilità di effettuare liberamente ricognizioni aeree e pertanto sviluppare metodologie ed individuare settori in cui questo tipo di ripresa poteva garantire il maggiore contributo.

1 Il DPR e approfondimenti in materia legislativa sono contenuti in: Musson 2004, Picarreta , Ceraudo, 2000.

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Questa libertà si è tradotta fin dagli anni immediatamente successivi il secondo conflitto mondiale, nella opportunità di intraprendere progetti di esplorazione del territorio nazionale per iniziativa accademica e governativa. Dal 1949 il prof. J.K.S. St Joseph è incaricato dalla fondazione del Cambridge University Committee for Aerial Photography (CUCAP) di effettuare ricognizioni per la produzione di materiale aereofotografico per tutti i dipartimenti dell’Università. La stessa, fino agli anni Ottanta, ha potenziato l’attività di ricerca dotandosi di mezzi e strumenti idonei a documentare testimonianze visibili ed ipogee e incrementando successivamente l’acquisizione di prese aeree verticali, questa volta commissionate da un ampio mercato. Il CUCAP è infine stato assorbito dalla Unit for Landscape Modelling (ULM) facente parte della stessa Università. Il risultato di questa grande attività ha contribuito a realizzare numerose scoperte oltre che ad ottenere una migliore comprensione delle trasformazioni del paesaggio e delle dinamiche di insediamento verificatesi in Gran Bretagna dal Neolitico fino al XX secolo.

L’English Heritage rappresenta l’organizzazione governativa che, dal 1965, ha inaugurato un’attività sistematica di ricognizione attraverso l’istituzione di un’unità di fotografia aerea. In esso confluiscono i diversi enti governativi che si occupano di archeologia aerea, mentre attività dello stesso tipo, sono intraprese e condotte in Scozia e Galles da analoghe Commissioni, rispettivamente dal 1976 e 1986.

I risultati ottenuti in pochi decenni hanno portato nel 1992 alla creazione del National Mapping Programme for England (NMPE) “il cui scopo è di creare mappe e documentazione scritta per tutti gli elementi del paesaggio in disuso che potevano essere osservati tramite le fotografie oblique e verticali sull’intero territorio nazionale”. Il criterio su cui procede la documentazione privilegia quei siti sottoposti a situazioni di pericolo o scarsamente indagati. I progetti avviati hanno fornito un significativo contributo alla conoscenza delle regioni e all’interpretazione del paesaggio nelle diverse epoche incrementando il numero dei siti medievali, post-medievali e moderni non censiti in precedenza. (Musson, p.28 e seg.)

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Si assiste inoltre in Inghilterra ad una importante e precoce partecipazione di aviatori privati che, sostenuti dallo stesso English Heritage e utilizzando mezzi di Aero Club, hanno contribuito, con la loro attività di esplorazione e messa a disposizione dei risultati ottenuti, alla conoscenza delle risorse archeologiche.

In conclusione l’esperienza inglese è maturata ed ha sviluppato propri standard metodologici grazie a fattori quali l’assenza di limitazioni amministrative e militari nelle operazioni di volo e ricognizione, ad iniziative condivise da ambienti accademici, governativi e privati, allo sviluppo di progetti di censimento del patrimonio.

Altrove, l’applicazione della foto aerea ha dovuto attendere un più ampio riconoscimento del concetto di tutela del patrimonio culturale compiutosi attraverso la formulazione di documenti relativi alla gestione del patrimonio archeologico; in questo contesto è stata evidenziata l’importanza dell’uso della fotografia aerea legittimata a metodo di ricerca non distruttivo di siti archeologici e paesaggi del passato (Lausanne Charter 1989 – Malta Convention 1992). Il clima di maggiore collaborazione ha inaugurato, nel 1994, la conferenza di Potsdam rivolta allo scambio internazionale di esperienze per l’archeologia aerea nell’Europa centro orientale. Ciò è servito di impulso per la creazione di scuole rivolte all’apprendimento delle nozioni di base relative a fotografia e ricognizione, all’utilizzo della fotografia aerea per l’interpretazione e la mappatura (Ungheria 1995, Polonia 1998, Italia 2001 come partner del progetto Cultura 2000 European Landscapes

past, present and future).

Limitazioni amministrative e militari hanno condizionato lo sviluppo dell’archeologia aerea tuttavia, l’apertura dei cieli ha creato in molti paesi (Italia, Lituania, Repubblica Ceca, Ungheria) le condizioni per un rapido sviluppo della metodologia. Paesi quali

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Francia, Belgio, Repubblica Ceca hanno dimostrato come l’archeologia aerea, intrapresa per alcuni anni, può significativamente influenzare la nostra comprensione del paesaggio storico. In particolare in Belgio, dove l’attività è iniziata negli anni ’60, le Università di Ghent e Leuven, depositarie del patrimonio aereofotografico, sono impegnate nella digitalizzazione e catalogazione di anomalie individuate tramite foto storiche e nuove acquisizioni. In Francia, il Ministero della Cultura sostiene un progetto di ricognizione aerea nella regione di Poitou-Charentres con l’obiettivo di individuare e registrare gli effetti prodotti dalle attività antropiche dal Neolitico fino all’epoca contemporanea. Più di recente, interessanti risultati provengono da regioni fino ad oggi ritenute meno promettenti per la ricognizione aerea e per le caratteristiche geomorfologiche del territorio: in Slovenia, il Dipartimento di Archeologia dell’Università di Lubiana, ha inaugurato a metà anni ’90 il progetto – Archaeological Aerial Photography Programme (AAP) – per la documentazione delle trasformazioni subite dal paesaggio ed il monitoraggio dei siti archeologici tramite mappatura di foto storiche e recenti. Altri paesi come Armenia e Turchia, nonostante le limitazioni ancora presenti nelle legislazioni nazionali, sperimentano la foto aerea per indagini circoscritte: in Lettonia, il progetto per lo studio di luoghi e strutture di diciottesimo secolo legate alla cantieristica navale attraverso l’integrazione di ricognizioni aeree e archeologia subacquea ha permesso l’esatta ricostruzione del tessuto urbanistico della città di Ventspils; in Grecia l’analisi ed il confronto di foto storiche multitemporali (1940/1970/1990) sono stati utilizzati per verificare le trasformazioni subite dal patrimonio boschivo negli ultimi 200-300 anni sui monti Grammos. I rapidi progressi compiuti dai paesi late-comer confermano che il maggiore limite alla documentazione del territorio rimangono le limitazioni al volo come ancora accade in Romania, Bulgaria, Spagna, Portogallo (Bewley, Rączkowski p.84 e seg.).

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L’archeologia aerea si propone oggi attraverso la ricognizione, l’interpretazione e l’analisi delle foto, come un importante mezzo per approfondire la comprensione storico archeologica di siti e paesaggi. Le innovazioni tecnologiche, adottate in archeologia con lo sviluppo di metodi statistici e analisi quantitative, ed il conseguente processamento di immagini, cartografia e GIS, le nuove forme di remote sensing (lidar, immagini multispettrali, infrarossi) lasciano intravedere ulteriori possibilità di lettura del paesaggio nella sua complessità. Procedere seguendo un metodo di integrazione delle conoscenze, l’applicazione di nuovi sistemi di documentazione e l’interpretazione compiuta su singoli siti o scavi o, semplicemente, indagini sul campo, apre ad una più ampia comprensione della distribuzione spaziale e cronologica dei siti, delle dinamiche insediative. Ulteriori sviluppi possono essere conseguiti a partire dagli archivi di foto aeree storiche, molti dei quali ancora inaccessibili e dal monitoraggio dello stato di salvaguardia e tutela del patrimonio. Lo stesso English Heritage ne ha promossa l’attività con l’Aerial

Reconnaissance a dimostrazione che non solo la scoperta di nuovi siti rende la ricognizione aerea uno strumento valido. Per garantire maggiore capacità ed efficacia nelle azioni di tutela sono stati sviluppati metodi complessi per l’acquisizione di elementi da remote sensing gestiti dal GIS, un sistema utilizzato dal Monuments Protection Proramme e nei piani di gestione dei siti iscritti al World

Heritage Site.

LL''eesseemmppiioo ddeellll''EEnngglliisshh HHeerriittaaggee L’attività dell’English Heritage si caratterizza, dal 1984, per l’incisiva collaborazione con il Dipartimento per la Cultura, i Media e lo Sport (DCMS), nella definizione di linee programmatiche di salvaguardia e valorizzazione del patrimonio culturale. Il sistema di tutela, attualmente adottato in Inghilterra, è stato concepito e sviluppato nell’ultimo periodo in modo da creare una struttura legislativa flessibile in grado di comprendere le diverse tipologie di siti e monumenti presenti sul territorio.

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In generale, la pianificazione della tutela negli Stati dell’Unione, si struttura su tre differenti sistemi:

- sistema centralizzato, in base al quale l’organo di governo deputato assolve integralmente alle funzioni di programmazione e attuazione della tutela escludendo le amministrazioni locali (Finlandia, Portogallo, Slovenia, Italia);

- sistema di compartecipazione fra politiche locali ed organo centrale al quale rimane il diritto di veto su indirizzi ed iniziative proposte (Repubblica Ceca, Svezia, Ungheria);

- sistema che attribuisce pieni poteri decisionali alle amministrazioni locali (Norvegia, Polonia).

Diversamente l’English Heritage, pur collaborando con il Dipartimento centrale, assolve autonomamente alle funzioni di moderatore nelle relazioni pubblico-privato, designatore nelle scelte e nell’attuazione di linee programmatiche, di management del patrimonio, di centro di ricerca. Ha inoltre pieno potere decisionale in merito all’iscrizione del patrimonio nell’elenco ufficiale per la catalogazione, Schedule of

Ancient Monuments ( di seguito indicato con SAM ) nonché sui procedimenti di notifica, a prescindere dal parere dei proprietari ed escludendo possibilità di appello, assicurando così estrema rapidità al processo (Thurley, Coxen, in Consevation

Bulletin n.50, p.16 e seg.). La politica di catalogazione, tutela e gestione dei beni culturali, adottata dall’ English Heritage, riflettendo i principi espressi dalla legislazione nazionale, si fonda attualmente su due linee di tendenza: - progressivo ampliamento delle categorie di beni tutelati e conseguentemente delle metodologie di studio adottate, - progressiva unificazione e normalizzazione delle procedure di lavoro ai diversi livelli di competenza.

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MONUMENTS PROTECTION PROGRAMME: un metodo di catalogazione L’attività di tutela e salvaguardia si concretizza nell’adozione, a partire dal 1986, del Monuments Protection Proramme (MPP). Si tratta di un progetto di valutazione sistematica delle risorse storico-archeologiche presenti sul territorio nazionale, scaturito dalla constatazione che solo il 2% del patrimonio era stato oggetto, fino a quel momento, di schedatura da parte delle autorità preposte. Oltre a carenze in termini quantitativi, l’elenco ufficiale mostrava un’ampia sottovalutazione delle tipologie di beni presenti sul territorio nonché di appropriate politiche di tutela. L’obiettivo da realizzare, nel decennio successivo, mirava ad una migliore e più esaustiva rivalutazione del patrimonio attraverso la creazione di un sistema di classificazione basato su nuovi criteri di conservazione, gestione e fruizione nonché sul riconoscimento dei monumenti suscettibili di schedatura in base al grado di importanza e necessità di tutela loro riconosciuto. La valutazione preliminare del patrimonio è stata effettuata tramite l’analisi di: - risultati prodotti dall’attività di documentazione e schedatura delle contee; - progetti nazionali, relativamente ai beni insufficientemente documentati e compresi; - schede di monumenti inseriti nel SAM e redatte da archeologi, consulenti legali, conservatori dell’English Heritage.

FIG.1 English Heritage, Swindon

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A questa fase è seguita la definizione di un metodo sistematico di classificazione sviluppato in base a: - informazioni contenute nel Sites and Monuments Records (SMRs)

-nuove indagini e ricerche, compiute su base nazionale da speciali commissioni, ad integrazione delle informazioni ritenute inadeguate. I record del database nazionale, prodotti dalle autorità locali ed ivi confluiti, sono stati esaminati in base a nuove linee guida istituite dall’MPP, tese a garantire coerenza di procedura nell’elaborazione come nell’aggiornamento della documentazione esistente. Il procedimento si è realizzato attraverso una preliminare suddivisione dei monumenti in classi (250) ed una successiva verifica di rispondenza a parametri pre-determinati per definirne il valore culturale (grado di rappresentatività del bene per il periodo di appartenenza, interesse nazionale, qualità e potenziale delle testimonianze sopravvissute). Questo tipo di approccio al SMR si è rivelato efficace limitatamente alla valutazione di quelle classi per cui già in precedenza esisteva un background conoscitivo e metodologico (insediamenti fortificati, monumenti sepolcrali, edifici medievali).

• aree urbane

• sistemi agrari

• villaggi e comunità

• cropmarks

• paesaggi

• archeologia industriale

• siti militari XX sec.

• siti ecclesiastici

FIG. 2 Catalogazione del patrimonio

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Per alcune tipologie di monumenti ed evidenze archeologiche le informazioni esistenti si sono invece rivelate insufficienti, così come la capacità di analisi, limitando la possibilità di compiere una coerente ed esaustiva valutazione del patrimonio nazionale. L’English Heritage ha pertanto operato nella creazione e nello sviluppo di nuovi settori di ricerca promuovendo , al loro interno, progetti tesi ad individuare criteri e metodi di studio per il patrimonio meno conosciuto (aree urbane, sistemi agrari, villaggi e comunità, cropmarks, paesaggi, archeologia industriale, siti militari XX sec., siti ecclesiastici) (fig.2). Per l’ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE le maggiori problematiche sono derivate nella mancanza di informazioni relative alla tipologia dei siti. L’obiettivo dell’MPP è stato quello di adottare un sistema univoco di valutazione e classificazione dei siti archeoindustriali rispetto alle numerose e diversificate esperienze presenti sul territorio nazionale, messe in atto da pubbliche amministrazioni, associazioni per l’archeologia industriale, iniziative private locali, la cui validità non era verificata ed uniformata ad alcun standard. Contemporaneamente si è posta la necessità di individuare norme in grado di salvaguardare e rispondere alle diverse esigenze di tutela e conservazione di una così ampia casistica di testimonianze. Il progetto si è sviluppato in tre fasi: -individuazione e localizzazione dei siti, -riconoscimento del valore di testimonianza, -determinazione delle forme di tutela. Nella prima fase è stata operata una classificazione tipologica del patrimonio sulla base dei materiali prodotti ed i processi utilizzati dalle industrie: - industrie estrattive - fabbriche di prodotti inorganici - fabbriche di prodotti organici - produzione di energia e servizi - trasporti e comunicazioni - infrastrutture

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e successivamente definita la procedura per lo studio e l’analisi di siti e/o monumenti:

1. Redazione di un documento che evidenzi, attraverso i principali stadi di sviluppo storico e tecnologico, le caratteristiche del tipo di industria in esame, ne definisca l’appropriata terminologia, la cronologia, le diversità su base regionale, ne descriva le principali caratteristiche e componenti strutturali. Il documento deve inoltre segnalare schede e database esistenti, fornire informazioni di esperti a livello nazionale, regionale o locale.

2. Verifica e sintesi dei dati prodotti nella fase 1; creazione di una lista di siti di possibile interesse nazionale.

3. Valutazione di esperti dei siti inseriti nella lista; riconoscimento del valore e suddivisone in base a criteri di importanza.

4. Segnalazione agli organismi interessati (NMR, CBA, Leicester University, Institute for Industrial Archaeology at Ironbridge).

La fase conclusiva del procedimento, per l’inserimento dei beni nel SAM e l’adozione di provvedimenti di tutela si compie tramite:

5. Relazione finale dell’ English Heritage in cui sono indicate modalità di conservazione e gestione del bene in oggetto, natura della proprietà, normativa di riferimento.

6. Il fascicolo assume carattere pubblico ed i pronunciamenti di notifica ratificati a seguito della conferma dell’MPP e della Segreteria di Stato.

I risultati prodotti nei primi sette anni di lavoro indicano che a 33 categorie di industrie e gruppi di industrie, indagate nella prima fase, corrisponde l’analisi di 1500 siti ed edifici (equivalenti a 6000 unità). Dei 1481 report esaminati, 502 sono stati proposti per la schedatura, 231 per il SAM, 697 per altri tipi di destinazione e gestione. I provvedimenti confermati e notificati nella fase sei, sono 327 (English Heritage, in MPP200).

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La scheda di seguito riportata, relativa all’area mineraria di Killhope, situata nella contea di Durham, esemplifica il metodo adottato dall’English Heritage, per la segnalazione, generalmente demandata alle contee, di siti archeoindustriali. Essa contiene i dati utili alla localizzazione del sito, una breve descrizione delle strutture documentabili, lo stato di conservazione ed il valore loro attribuito. Segue la nota relativa alle principali caratteristiche del contesto ambientale, la stima del potenziale archeologico, le fonti documentarie disponibili, la proprietà (fig.3); conclude la scheda una valutazione complessiva del sito. In allegato la cartografia utile all’identificazione dell’area e delle strutture presenti (fig.4-6).

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Alla valutazione puntuale dei monumenti archeoindustriali si affiancano inoltre progetti rivolti a categorie di industrie per la definizione di appropriate metodologie di studio e linee guida di tutela. Il progetto di bonifica e gestione delle aree minerarie prende in esame venti casi di studio, rappresentativi delle principali caratteristiche geologiche e minerarie del paese e delle diverse situazioni conservative. La procedura si basa su una indagine preliminare del sito tramite: -esame delle caratteristiche topografiche (reticolo idrografico, viabilità e confini, pozzi e gallerie, accumuli di scorie, edifici e strutture produttive, tipo di vegetazione prevalente); -localizzazione dei pozzi e valutazione dello stato di conservazione degli accessi; -schedatura e valutazione dello stato di conservazione delle opere di canalizzazione ed eduzione delle acque; -localizzazione delle aree estrattive e valutazione della stabilità delle concentrazioni di scorie; - flora e fauna; - valutazione dello stato di contaminazione; -valutazione del rischio di ricognizione; - utilizzo del suolo in sito e nelle aree limitrofe; - localizzazione delle caratteristiche archeologiche superstiti; - valutazione storica dell’uso del sito. In particolare l’analisi storico archeologica prevede:

- ricerca e studio delle fonti documentarie - ricognizione del sito

Le fonti costituiscono per il patrimonio industriale, costantemente soggetto alle trasformazioni imposte dalle innovazioni tecnologiche, una guida fondamentale per l’identificazione di metodi e strutture impiegate nei processi produttivi oltre che nel

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FIG. 7-8 Maerdy. Mardy, miniera di carbone, chiusa nell 1991. In primo piano Castel Nos, castello di estrazione XIII secolo. © C. Musson

FIG. 9-10 Merthyr Tydfil Valley, miniera di carbone, 1923-1992. Impianti ed infrastrutture sono stati catalogati dal RCAHMW prima della demolizione iniziata nel 1994.

riconoscimento dei manufatti. E’ quindi opportuno associare all’analisi delle fonti documentarie, spesso inesistenti o frammentarie, la ricognizione in sito per verificare

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quanto le attività più recenti possono avere eliminato tracce di manufatti precedenti o rilevare caratteristiche non registrate in precedenza. All’analisi delle fonti ed alla ricognizione segue la possibilità di effettuare saggi di scavo per verificare la presenza di strutture sepolte. Il documento prevede inoltre:

- attribuzione del valore in relazione alle singole strutture ed al sito nella sua complessità;

- attribuzione del valore in relazione al contesto in cui il sito è collocato ed in relazione ad aree produttive con medesime caratteristiche;

- valutazione del potenziale didattico e di ricerca; - valutazione del potenziale turistico; - valutazione di possibili precedenti frequentazioni; - verifica dell’esistenza di testimonianze nascoste; - conservazione di eventuali ritrovamenti.

NATIONAL MAPPING PROGRAMME: documentazione e monitoraggio del patrimonio nella politica di ricognizione aerea del territorio inglese

Il National Mapping Programme consiste in un progetto di lungo periodo il cui obiettivo principale risiede nella necessità di incrementare la conoscenza relativa alle attività umane intraprese nel passato e, contemporaneamente, identificare, documentare e monitorare il patrimonio esistente. L’NMP si inserisce nel più ampio progetto di ricognizione aerea voluto dall’English Heritage, Aerial Reconnaissance, a cui partecipano e collaborano i diversi settori di ricerca e documentazione del centro (Historic Building, Conservation, Landscapes, etc.). Esso fornisce allo stato attuale, le principali informazioni di sintesi relative a siti archeologici ed al paesaggio nella sua complessità in un arco temporale che si estende dal Neolitico fino al XX secolo. La priorità, in termini di studio e documentazione, è data a quelle aree sottoposte a

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rischio maggiore o la cui conoscenza risulta ancora scarsamente compresa. I progetti realizzati dal 1980 dalla Royal Commission Historic Monuments for England (RCHME) nello Yorkshire (cropmarks) ed a Dartmoor (earthworks) hanno evidenziato il grande potenziale insito nelle ricognizioni archeologiche da foto aeree e, successivamente, gli stessi progetti pilota del National Mapping Program in Kent, Herthfordshire, Valley e Yorkshire Dales hanno contribuito alla definizione di metodologie standard di lavoro. Tutti i progetti NMP iniziano nel 1990 condotti da personale del RCHME e da staff interni alle diverse unità amministrative del Paese. Il lavoro dell’NMP coniuga alla ricognizione aerea per l’acquisizione di nuove immagini, la catalogazione del patrimonio aereo fotografico prodotto in Inghilterra dal 1945.

FIG. 11Wrexham, Minera limestone quarry. © C. Musson.

L’analisi, l’interpretazione e la mappatura delle informazioni contenute nelle immagini, relazionata alle fonti documentarie disponibili consente l’elaborazioni di sintesi dei dati prodotti e l’inserimento nel National Monuments Record. I risultati fino ad oggi ottenuti, grazie anche all’ incremento registrato nella catalogazione di nuovi siti, hanno dato avvio alla trasformazione delle conoscenze precedentemente

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acquisite chiarendo di fatto le trasformazioni subite dal paesaggio attraverso l’uso del suolo. Il programma, che nel dicembre 2003 ha raggiunto la copertura di circa il 31% del territorio, ha in corso sette progetti ancora a livello di rilievo, ed ulteriori sette progetti per i quali la fase di rilievo è terminata mentre sono ancora in fase di ultimazione i rapporti di analisi.

Un esempio è il Il Cornwall NMP project, iniziato nel 1994, a cura della Cornowall

Archaeological Unit, che ha permesso di individuare e registrare oltre 30.000 evidenze archeologiche; di queste, circa 10000 precedentemente sconosciute, sono state identificate ed inserite nel National Monuments Record. La Cornovaglia presenta oggi un patrimonio ricco ed articolato anche grazie alla rilettura seguita alla catalogazione delle testimonianze individuate con il progetto. Uno degli aspetti che caratterizzano il paesaggio storico della regione è la straordinaria eredità di industrie estrattive di rame e stagno per le quali è stato richiesto l’inserimento nel World

Heritage Site (WHS). L’epoca d’oro dell’industria mineraria si colloca fra XVIII ed il XIX secolo quando, sostenuta dalle innovazioni tecnologiche, l’industrializzazione della regione precede la Rivoluzione Industriale, lasciandone oggi testimonianza nelle rovine dei numerosi alloggiamenti per le macchine a vapore (engine house), nei tratti di ferrovia utilizzata per il trasporto del minerale. L’origine delle attività estrattive affonda tuttavia le sue radici in un passato ancora più remoto; molto prima dell’invenzione della macchina a vapore per l’estrazione in profondità, lo sfruttamento avveniva tramite lavori di superficie come nel caso di Wheal Bal, (fig.12) nel sudovest del paese. Il NMP ha avuto il merito di individuare e documentare per la prima volta le tracce di queste attività, contribuendo alla ricostruzione delle vicende che hanno caratterizzato lo sviluppo storico economico della regione, definire l’estensione complessiva del paesaggio minerario.

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FIG. 12 Area mineraria, Wheal Bal © EH FIG. 13 Batterie antiaeree, Davon © EH

L’analisi delle immagini prodotte dai voli RAF (fig.13), intrapresi nel 1940, e la mappatura delle informazioni in esse contenute hanno permesso l’individuazione e la localizzazione delle basi di difesa militare inserite nei punti strategici della regione mentre l’acquisizione di nuove immagini ha consentito l’identificazione di testimonianze, quali tracce di costruzioni circolari in pietra, di epoca preistorica (fig.14) e di cropmark assimilabili ad insediamenti della tarda Età del Ferro (fig.15) e la catalogazione di 500 tracce precedentemente sconosciute, più di un terzo degli insediamenti censiti nella contea.

FIG. 14 Bodmin Moor, insediamento Età del Bronzo © EH

FIG. 15 Coswarth, cropmark © EH

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Il progetto TWENTIETH CENTURY MILITARY SITES: l’adozione di una metodologia di lavoro per la documentazione di siti ed aree industriali nel contesto italiano

Come evidenziato per i siti militari della Cornovaglia, la foto aerea ha giocato un ruolo importante anche nella metodologia di studio adottata per il progetto, promosso dall’English Heritage su scala nazionale, Twentieth century military sites.

L’efficacia, la rapidità e la relativa semplicità della strategia di lavoro seguita , hanno suggerito la possibilità di adottare, nei suoi punti principali, il metodo utilizzato dal progetto inglese per la documentazione delle aree e dei siti industriali oggetto di questa ricerca.

Il Twentieth century military sites project si è sviluppato prendendo in esame, quattro delle dieci classi previste dall’MPP, per i siti militari:

- stazioni radar, II guerra mondiale, - postazioni antiaeree, 1914-1946, - depositi di bombe, II guerra mondiale, - batterie costiere, 1900-1956.

Per le quattro classi sono stati individuati tre livelli di analisi:

1 ricerca archivistica, 2 analisi da foto aeree, 3 ricognizioni sul campo per considerazioni relative alla gestione.

La ricerca archivistica ha messo in luce l’esistenza di una vasta documentazione relativa alle attività ed ai siti militari di XX secolo. Gli argomenti trattati spaziano da temi di strategia e sicurezza nazionale, a dettagliate note descrittive e cartografiche dei siti, alla distribuzione locale di forze e apparati fino a diari di unità operative. Il valore che la documentazione ha assunto, da un punto di vista storico-politico,

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storico-sociale e archeologico è incalcolabile: la prima analisi dei carteggi ha permesso di stabilire, per otto delle dieci classi di monumenti previsti dall’MPP, che cosa è stato costruito, quando, esattamente dove e perché. Ciò ha facilitato la compilazione di descrizioni relative al contesto storico-politico, alle strategie militari ed alla loro evoluzione durante il periodo in esame, alla tipologia dei siti e delle strutture, alle loro caratteristiche costruttive, alle trasformazioni subite nei periodi di occupazione facendo procedere la ricerca attraverso un grado di dettaglio molto elevato.

L’analisi delle foto aeree ha seguito una metodologia semplice, veloce ed efficace: ogni sito, occupato dalle testimonianze prese in esame, è stato localizzato nelle foto disponibili. Ciò ha permesso di stabilire quanto del patrimonio originale sopravvivesse ancora ed in quale forma nonché, avere un’idea sui tempi e le modalità seguite, negli ultimi 55-60 anni, nelle procedure di smantellamento dei siti militari.

FIG. 16 Popton Point. Alloggiamenti per batterie di cannoni. © C. Musson

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La metodologia sviluppata con l’ausilio della fotografia aerea ha permesso, nonostante la scarsa conoscenza iniziale dei siti militari moderni, la localizzazione delle strutture ed una valutazione rapida ed esaustiva della loro consistenza attuale.

La lettura delle immagini, principalmente la serie del 1946, ha inoltre permesso di ricostruire l’estensione del paesaggio militarizzato ed intraprendere ricognizioni utili alla pianificazione di strategie di tutela e pubblica fruizione del patrimonio indagato.

La metodologia seguita ha dato l’opportunità di evidenziare i rischi maggiori a cui il patrimonio è sottoposto e, conseguentemente stabilire adeguate forme di tutela: la valutazione delle foto aeree ha mostrato che la maggioranza dei siti, compresi nelle quattro categorie, sono stati rimossi nel periodo 1945-2000. Le principali cause di perdita e degrado del patrimonio sono state attribuite all’espansione urbana, successiva alla seconda guerra mondiale ed alla creazione di aree industriali, che occupando le zone destinate alla difesa della città durante il periodo di guerra, hanno di fatto cancellato le preesistenti postazioni antiaeree ed siti militari. In questo caso un tipo di archeologia o patrimonio, quello militare, è stata sostituita da un’altra, industriale e sociourbanistica. Altre cause sono state riconosciute nella crescente meccanizzazione dell’agricoltura nonché nell’erosione della costa per gli effetti prodotti nel lungo periodo, sullo stato di conservazione del patrimonio. Trattandosi di fenomeni prevedibili essi costituiscono, nell’ambito della programmazione nazionale per il monitoraggio del rischio, il punto di partenza per la compilazione di elenchi di siti sottoposti a rischio imminente; strumenti questi necessari ad ipotizzare tempi di sopravvivenza e stabilire priorità di catalogazione delle stesse testimonianze.

Malgrado il numero dei siti presi in esame, la loro ampia distribuzione sul territorio, l’urgenza con cui il lavoro è stato condotto, ed i problemi pratici legati alla ricerca ed allo studio di un numero così alto di aerofoto, la metodologia è stata usata con

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successo per la rapidità con cui sono stati prodotti i risultati e le indicazioni relative alla gestione dei singoli siti (J.Schofield in Bewley, Rączkowski p.269 e seg.).

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Inquadramento geografico e geomorfologico La regione delle Colline Metallifere si colloca nella più ampia area geografica della Toscana Meridionale che comprende le due province di Siena e Grosseto. Tale regione presenta un paesaggio montuoso caratterizzato nel settore occidentale dai rilievi dei Monti di Castellina M.ma, i Monti della Gherardesca ed i Monti di Campiglia Marittima; nel settore orientale dal Monte Aneo e l’area di Larderello – Prata e nel settore meridionale dall’area di Puntala-Gavorrano. Nella fascia occidentale i rilievi si mantengono fra i 300 ed i 500 metri con punte che superano i 600 metri di altezza (Poggio al Pruno, Monte Calvi) mentre nella fascia orientale le punte massime sono intorno ai 1000 metri (Cornate di Gerfalco, Poggio di Montieri) (Lazzarotto 1993, pp. 19-82). L’idrografia dell’area è definita dai fiumi Cornia, Cecina, Bruna e Pecora ai quali affluiscono numerosi fossi e torrenti a breve e

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brevissimo corso, fortemente legati alle precipitazioni. Le acque sorgive sono localizzabili nei punti di contatto fra strati con diverso grado di permeabilità, quale la zona di contatto tra il calcare cavernoso ed il flysch alloctono. Caratteristica distintiva dell’area in oggetto, rispetto al sistema di basse montagne e colline caratterizzanti la Toscana Meridionale, è la presenza di importanti giacimenti minerari di rame e ferro generatisi attraverso un fenomeno di intrusione di fluidi metalliferi nelle formazioni sedimentarie dell’Antiappennino Toscano. (Prisco, 1987, pp.7-10). Tale fenomeno, definito da Marinelli Bombamento Etrusco, si caratterizza per i sollevamenti cupoliformi interessanti l’area compresa tra i fiumi Arno e Tevere e la cui origine è riconosciuta nell’intrusione magmatica plio-pleistocenica caratterizzante l’area nonché origine delle mineralizzazioni. L’intera area presenta inoltre, fino a 600 m.s.l.m., depositi marini pliocenici (Marinelli 1983, pp.111-124). La regione si distingue inoltre, rispetto alle formazioni appenniniche, per la diversificazione litologica dovuta all’intrusione terziaria di magma granitico. Vi si trovano infatti interessanti tracce di fenomeni derivanti dal contatto tra la massa magmatica intrusiva, le rocce sedimentarie emerse nel corso dell’orogenesi ed i terreni alloctoni; ovvero quei terreni formatisi altrove in diverse epoche e trasportati dalla loro primitiva sede mediante l’opera della dinamica crostale. Le rocce più antiche, databili circa 300 milioni di anni fa, sono riconducibili a periodi geologici noti come Carbonifero e Permico, entrambi riferibili all’Era Paleozoica. Tali rocce, evidenti nelle Alpi Apuane, Monti Pisani e lungo la dorsale montuosa che si estende fino al promontorio dell’Argentario, costituiscono i residui della Catena Ercinica formatasi durante il Paleozoico. La progressiva erosione della catena ha inoltre determinato una serie di sedimenti comunemente denominati come Verrucano sul quale tendono ad accumularsi sedimenti diversi che concorrono alla formazione rocciosa nota come Serie Toscana. La recente storia geologica della Toscana vede, a partire da 10 milioni di anni fa, meccanismi di distensione opposti ai precedenti a carattere compressivo. Tali meccanismi determinarono la formazione di fosse e dorsali, noti come Graben und

Horst, secondo le direttrici appenniniche NO-SE. Tale fenomeno, che non si verificò

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simultaneamente in tutta la Toscana meridionale, venne accompagnato dalla formazione di bacini lacustri, sede, fino a qualche decennio fa, di attività minerarie per l’estrazione della lignite; da manifestazioni magmatiche effusive, (da cui deriva la formazione di vulcani come quelli dell’Isola di Capraia e del Monte Amiata, o colate laviche di ridotta entità) ed intrusive con la formazione di rocce granitiche oggi individuabili nelle isole d’Elba, Montecristo e Giglio ed a Campiglia Marittima. L’attività geologica della Toscana Meridionale è peraltro ancora attiva, ne sono testimonianza i campi geotermici di Larderello, a nord-nord/ovest di Massa Marittima. (Bruschi e Prisco 1987, pp.11-19; Lazzarotto 1993, pp. 19-82). I giacimenti minerari nel massetano Nel 1845 il naturalista francese Luigi Simonin, nel visitare le Colline metallifere affermava che nessuna parte dell’istoria fa mensione d’un insieme così imponente di

esplorazioni simultanee, come la regione Massetana. Le bocche ancora aperte di

queste escavazioni, le importanti discariche che ne derivano e gli ammassi di scorie

qua e là accumulate, eccitano anche oggi lo stupore del geologo e del

mineralogista. L’area compresa fra le province di Pisa, Livorno, Grosseto e Siena costituisce in termini di quantità e qualità una delle regioni più ricche di minerali in Europa (Badii 1931). I giacimenti relativi all’area massetana sono in parte o interamente compresi in formazioni di calcare cavernoso, roccia sedimentaria derivante dalla dissoluzione del solfato di calcio anidro - anidrite - . All’interno del distretto minerario di Massa Marittima i giacimenti metalliferi economicamente rilevanti sono costituiti da mineralizzazioni di rame, piombo e argento localizzate presso i campi minerari di Serrabottini, dalle argentiere di Montieri, dal filone quarzoso cuprifero di Boccheggiano e Fenice Capanne. Le mineralizzazioni polimetalliche a Cu-Zn-Pb(Ag), con giacitura filoniana, sono generalmente legate a dislocazioni a faglie, con direzione appenninica, che pongono a contatto diretto i terreni del Substrato Paleozoico e delle Filladi di Boccheggiano, con le formazioni dell’Unità Toscana non Metamorfica. Di norma giacimenti quali il

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filone quarzoso cuprifero di Boccheggiano, i filoni di Serrabottini e Fenice Capanne nonché le mineralizzazioni della Val d’Aspra si collocano a tetto di corpi minerari a pirite. Nel limitrofo territorio del campigliese i giacimenti polimetallici a skarn sono interamente incassati nel Calcare Massiccio termometamorfosato e sono in stretta relazione spaziale e genetica con le manifestazioni plutoniche, vulcaniche e filoniane del magmatismo pliocenico della zona. Le Colline Metallifere presentano inoltre le più significative mineralizzazioni a pirite del centro Italia. Individuate a Niccioleta, Boccheggiano, Campiano, Gavorrano esse sono incassate nei livelli superiori delle Filladi di Boccheggiano (Niccioleta, Campiano), oppure a contatto tra questa formazione ed il calcare cavernoso (Niccioleta, Boccheggiano). Le mineralizzazioni di Niccioleta si distinguono in un primo tipo, relativamente superficiale, con mineralizzazioni di ossido di ferro, solfuri misti e calamine; a seguire concentrazioni di pirite entro calcare cavernoso e ancora lenti di pirite intercalate nelle filladi del basamento e spesso associate a lenti solfatico-carbonatiche accompagnate da modeste quantità di magnetite, pirrotina, calcopirite, blenda, galena e solforali. Giacimenti diversi compresi nel territorio delle Colline Metallifere sono: lignite a Montebamboli, Ribolla, Monticano e Montingegnoli; allume a Montioni (Tanelli 1983; Marinelli 1983; pp. 111-124; Carrobbi e Rodolico, 1976); mercurio nell’area del Monte Amiata e più a sud a Scansano, Cerreto Piano e Zolfiere; concentrazioni antimonifere nell’area di Manciano, Scansano con le mineralizzazioni di Pereta, Casal di Pari (Pereta), Rosia (Cetine di Cotorniano). Manifestazioni cuprifere sono presenti a sud di Siena, nell’area compresa tra Casciano di Murlo e Roccastrada, Pomarance e a sud di Roccatederighi. Il minerale di rame presente in maggiore concentrazione è calcopirite oltre a erubescite, calcosina, cuprite. Altre zone a solfuri misti sono Montieri, Gerfalco, Poggio Dolago, Bruscoline, Castellaccia, Montoccoli e Castel di Pietra.

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L’attività mineraria nell'antichità in area massetana

L’attività di sfruttamento dei giacimenti minerari presenti in area massetana ha inizio durante la prima età dei metalli. Le Colline Metallifere, ricche di ferro, rame, piombo e argento, occupano una posizione importante nella lavorazione metallurgica fra tardo Eneolitico ed inizi età del Bronzo. Con l’Età del Ferro la produzione metallurgica diviene un aspetto peculiare dell’intera regione; all’assenza di evidenze archeologiche nell’entroterra massetano si contrappongono i numerosi insediamenti del golfo di Follonica e Scarlino.

Le testimonianze archeologiche di escavazioni minerarie attribuite agli Etruschi si rivelano importanti per qualità e quantità. La galena argentifera, unita alla blenda e alla calcopirite per lo più in matrice quarzosa, costituisce uno dei minerali del filone massetano particolarmente ricco in prossimità del lago dell’Accesa il cui insediamento ne testimonia lo sfruttamento già in epoca etrusca.

La semplicità e la similitudine delle tecniche, così come degli attrezzi utilizzati nelle coltivazioni minerarie, impediscono di stabilire una netta distinzione fra le attività compiute durante il periodo etrusco e l’epoca medievale. I pozzi presenti sul Poggio di Serrabottini, Podere Infernuccio, Poggio Lecceta, Poggio al Montone si localizzano in aree in cui lo sfruttamento era già attivo in epoca etrusca.

In particolare le cavità rinvenute presso Serrabottini, ricognite su una estensione di circa due chilometri in numero di circa trecento unità, si presentano con una disposizione in serie. Raggiungono una profondità di circa 60-80- metri e sono rivestiti in pietra e legname (Formigli 1981, pp.182-194).

Ulteriori testimonianze, la cui datazione le pone in epoca etrusca, sono quelle di Castellaccia, Speziala-Castelborello, Bruscoline, Niccioleta. Lo sfruttamento intensivo compiuto in epoca medievale impedisce per il sito di Serrabottini una

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interpretazione certa (Camporeale 1985; Campolongo 1995, p.37).

FIG. 1 ● Pozzi minerari etruschi nel comune di Massa Marittima © Gis, Università degli Studi di Siena, Lap&T.

● Siti metallurgici di epoca romana nel comune di Massa Marittima © Gis, Università degli Studi di Siena, Lap&T. Lo sfruttamento etrusco termina durante la dominazione romana a partire dal 474 a.C. con la sconfitta di Cuma periodo durante il quale le attività estrattive erano principalmente condotte nelle miniere presenti in Gallia e Spagna.

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L’attività mineraria nel medioevo in area massetana

Le informazioni sulla conduzione delle miniere nel medioevo sono note grazie alla disponibilità di fonti archivistiche ed iconografiche, (nonché contenute in “atti di

amministrazione o di concessione delle acque, dei boschi e delle pasture”). Le iconografie più antiche sono le miniature del lapidario del re Alfonso X di Castiglia (1252-1284), raffiguranti operazioni di superficie e di profondità, in pozzetti circolari, praticate con l’ausilio di pale, picconi e cunei. Della fine del XV secolo è invece il graduale di Kutnà Hona (Boemia), ovvero la Kuttemberg citata da Agricola nel De

Re Metallica in cui si rappresenta la coltivazione delle miniere, tramite pozzi verticali ed obliqui, la cui profondità poteva superare i 700 metri (Bromehead 1993, pp.12-13; Giardino 1999, p.52).

Per le fonti archivistiche esistono importanti testimonianze di statuti minerari fra le quali Massa Marittima, con l’Ordinamenta super arte fossarum rameriae et

argenteriae civitatis Massae, e quello di Villa di Chiesa (Iglesias), datato al XIV secolo, che prevedeva le concessioni di scavo a chiunque fosse in grado di garantirne la continuità lavorativa. Nelle zone di pertinenza di quest’ultima località le coltivazioni avevano una scarsa profondità tanto che il termine fosse indicava sia pozzetti verticali che gallerie (Tangheroni 1985, pp. 95-100; Giardino 1999, pp.52-54). Nell’iglesiente la selezione delle vene da sfruttare per la produzione dell’argento era infatti condizionata dal contenuto argentifero della galena normalmente collocata al di sopra di quella con maggiori quantità di piombo ritenuta questa causa del mancato approfondimento delle escavazioni (Tangheroni 1985, pp. 95-100).

Intense attività minerarie anche nel centro Europa, principalmente in Sassonia, durante il XVI secolo in cui opera il senese Vanoccio Biringuccio autore De la

Pirotechnia, manuale recante le principali nozioni di metallurgia osservate e descritte attraverso l’esperienza compiuta nelle miniere dell’epoca.

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FIG. 2 Insediamenti minerari nel comune di Massa Marittima in età medievale © Gis Progetto

Colline Metallifere, Università degli Studi di Siena, - L. Dallai -.

Il XIII secolo costituisce un periodo di importante sviluppo per le attività minerarie in Toscana, in particolare in Maremma e nell’Isola d’Elba (Cognasso 1965, in Tangheroni 1985, p.95), rispetto al periodo etrusco-romano.

L’attività mineraria medievale riprende a fine XII inizio XIII secolo seguendo, anche nell’area delle Colline Metallifere, tecniche di origine germanica. La fioritura delle attività estrattive e metallurgiche registrata in questo periodo produce nel territorio massetano un notevole sviluppo economico ed il conseguente raggiungimento di livelli demici tali da non ripetersi fino all’epoca contemporanea (Farinelli, Dallai 1994, p.68).

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I filoni di minerali sono raggiunti con pozzi ad essi verticali od obliqui e aventi un diametro tale (generalmente compreso fra 1 m. e 1,2 m.), da permettere il passaggio dei lavoranti come del materiale estratto; nell’area di influenza massetana raggiungevano una profondità variabile fra i 50 ed i 100 metri. L’elevato numero dei pozzi si giustifica con la necessità di evitare gallerie lunghe e tortuose nonché sfruttare vene anche molto frazionate; l’ingresso era dotato di coperture utili a proteggere argani, verricelli e pulegge per l’estrazione del minerale nonché di scale fisse e strutture di sostegno per il passaggio dei lavoranti.

La galleria costituiva una variante alla verticalità dei pozzi confermando in tal senso una buona conoscenza del suolo e dei filoni in esso presenti. Gestite con il sistema a ripiena per garantire la maggiore stabilità del cantiere presentano, in area massetana, una larghezza compresa fra 1,6-1,7 metri ed un’altezza 1,8 metri, con sezione rettangolare o triangolare (Campolongo 1995, pp.42-43). Bernardino Lotti, ingegnere ed ispettore del Regio Corpo delle miniere, fornisce nella Descrizione

geologica mineraria dei dintorni di Massa Marittima le seguenti indicazioni: “Il modo di lavorazione nei giacimenti poco inclinati era per pozzi contigui di profondità variabile in rapporto colla posizione del giacimento, ma spesso superiore a 100 m., a sezione circolare e del diametro di 1 m. a 1,20 e a sezione rettangolare e anche triangolare, ma in tal caso erano rivestiti di legname. I detriti che si trovano in certe piazzette indicano che ivi si faceva di solito una spezzatura ed una prima cernita a mano del materiale. Sui filoni di spaccatura si conducevano gallerie in traverso banco, talvolta assai lunghe fino ad incontrare il filone di tali gallerie, qualche volta rivestite di legname; avevano ordinariamente dimensione di m. 1,60 a 1,70 di larghezza e m. 1,8 di altezza; ne occorrono però anche di molto basse circa m. 1,30 e a sezione quadrata” (Lotti 1893; Petrocchi 1990, pp.339-340).

Negli Ordinamenta massetani sono citati i giacimenti minerari di Pozzoia, localizzato nell’area di Niccioleta e sui colli di Lecceta e Serrabottini; il campo di Piastraio, attualmente individuato all’interno dell’area di Pozzoia ed il giacimento del Ceciaione

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corrispondente all’area mineraria delle Bruscoline (Dallai, Stanghellini 2001, pp. 11-16)1.

FIG. 3 Serrabottini, Pozzo minerario medievale. © Progetto Colline Metallifere. – L. Dallai -

In alcune delle località citate, come Poggio di Serrabottini e Poggio al Montone, sono visibili pozzi aperti con diametro compreso fra i 2.5 ed i 3.5 metri, taluni protetti internamente da pietre sbozzate disposte a filari regolari. I pozzi chiusi sono invece visibili solo superficialmente in quanto consistono in piccoli catini di franamento, talvolta circoscritti da resti di discarica. I catini sono attualmente riconoscibili sul colle di Serrabottini, a Poggio al Montone e nelle aree limitrofe ai castelli di Rocchette Pannocchieschi e Cugnano (Dallai, Stanghellini 2001, pp. 11-16).

Nel Medioevo anche il territorio massetano fu interessato dal fenomeno dell'incastellamento; in quest'area però, diversamente da altre regioni toscane, i castelli costituirono uno strumento per il controllo e lo sfruttamento delle risorse metallifere e per questo motivo vengono definiti 'minerari'. Non è un caso, quindi, che la maggior parte di questi insediamenti fortificati sia sorta accanto a giacimenti di rame e di piombo argentifero. L'organizzazione e il coordinamento delle attività estrattive (come ad esempio la realizzazione di pozzi profondi, di gallerie, di canali di drenaggio e di areazione) e di

1 Per una trattazione più approfondita delle ipotesi di localizzazione dei giacimenti minerari in area massetana, vedi Santarelli 2004/2005.

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quelle metallurgiche vennero promossi, all'interno dei propri possedimenti fondiari, o da monasteri imperiali o da vescovi titolari di poteri pubblici (vescovo di Massa o di Volterra) o più frequentamente dalle maggiori famiglie comitali toscane (i conti Aldobrandeschi e Pannocchieschi). Molti di questi castelli, accanto e dentro i quali si svolgevano nel medioevo le maggiori attività minerarie, sono sopravvissuti fino all'epoca contemporanea (la maggior parte dei centri urbani ancora oggi abitati in area massetana era in origine un castello). I recenti scavi archeologici promossi dall'Area di Archeologia Medievale dell'Università di Siena in alcuni castelli minerari (Rocca San Silvestro, Rocchette Pannocchieschi, Cugnano) hanno permesso una ricostruzione piuttosto puntuale della forma di questi insediamenti e della loro organizzazione sia dal punto di vista abitativo che da quello produttivo. Ad esempio lo scavo del castello di Rocchette Pannocchieschi, nel comune di Massa Marittima, ha dimostrato che l'abitato fortificato si installava in un'area aspra e scoscesa con numerosi dirupi, apparentemente non adatta ad un villaggio, ma in realtà caratterizzata dalla presenza di quattro doline di diverse dimensioni, in parte naturali, in parte utilizzate come cave all'aperto di pietrame e di minerale. La residenza fortificata signorile era sempre situata in posizione dominante sul resto delle abitazioni e sugli impianti metallurgici, a volte posti in aree pubbliche interne al circuito murario, altre volte situati al di fuori delle mura. A Rocchette Pannocchieschi l'area produttiva era costituita da lotti di grandi dimensioni (9-12 m di lunghezza), interpretati come magazzini per lo stoccaggio del minerale edificati alla fine del Duecento dal comune di Massa e utilizzati forse anche per le prove di valutazione della resa. A pochi metri di distanza, la dolina principale presentava un ingente scarico di scorie, che gli archeologi interpretano come una più antica area di accumulo e di lavorazione del minerale, da attribuire alla fase signorile dell'insediamento (ipotesi confermata anche dalle labili tracce di fuoco e di minerali rinvenute al di sotto degli edifici tardoduecenteschi). L'abbandono definitivo del sito sembra essere avvenuto alla metà del XV secolo, in concomitanza con l'ampliamento dei mercati e con la

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relativa drastica selezione delle iniziative produttive in area massetana legate allo sfruttamento minerario.

FIG. 4 Tavola ricostruttiva del castello minerario di Rocchette Pannocchieschi © Studio InkLink

L’attività estrattiva in età moderna Nel periodo compreso fra il XVI ed XVIII secolo l’area massetana assiste alla trasformazione delle iniziative produttive legate alle precedenti attività minerarie ed il compiersi di nuove imprese. L’estrazione e la lavorazione di rame e piombo argentifero, su cui per secoli si è strutturata l’economia locale, è sostituita dalla scoperta dell’allume e lo sviluppo delle attività siderurgiche perseguito dai Medici.

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L’alunite è un solfato idrato di alluminio e potassio la cui estrazione necessitava di operazioni, descritte da Vanoccio di Biringuccio nel De la Pirotechnia, quali calcinazione e macinazione della roccia, cottura in caldaie, lisciviazione o purificazione del minerale, chiarificazione.

FIG. 5 Monterotondo, probabili fronti di cava e strutture di lavorazione dell’alunite.

Il massiccio impiego nell’industria tessile e le difficoltà di commercio intervenute a seguito della conquista di Costantinopoli ne imposero la ricerca entro i confini europei. L’ultimo quarto del XV secolo assiste al moltiplicarsi di iniziative a Volterra e Piombino, nella Repubblica di Siena dove, nonostante l’assenza di fondi archivistici specifici, le prime menzioni di pietra o terra di allume o allume di roccia si attestano nei carteggi di inizio Cinquecento; nello Stato Pontificio dove, Giovanni Paolo di Castro ottiene da Pio II la licenza ad escavare con l’obiettivo di creare, per lo sfruttamento del minerale, un monopolio prima con il Banco degli Spannocchi e successivamente con i Medici.

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Per alcune delle allumiere toscane Accesa, Montioni, Campiglia Marittima, Monterotondo, Sasso Pisano, Castel di Pietra, sono stati identificati i luoghi di lavorazione, per altri è noto il sistema di organizzazione della produzione, mentre non sono state identificate le aree di estrazione del minerale. Gli stessi Medici, entrati a vario titolo nello sfruttamento delle miniere di allume, perseguirono, soprattutto ad opera di Cosimo I, lo sviluppo della siderurgia toscana nella più ampia prospettiva della creazione di un efficiente sistema industriale. L’obiettivo mirava alla creazione di un monopolio dell’industria del ferro, attraverso lo sfruttamento del minerale elbano e la realizzazione, in area massetana, di stabilimenti per la fusione e trasformazione del ferro. In quest’ottica vennero acquistati gli impianti di Valpiana e Accesa, a cui il minerale poteva giungere per mezzo di un corridoio tra la palude di Scarlino e Follonica per abbreviare la distanza dal mare che ancora rappresentava la via più rapida ed economica per i trasporti L’esistenza di forni in Maremma è da attribuire essenzialmente alle particolari caratteristiche geo-economiche, disponibilità di combustibile e risorse idriche, che rendevano convenienti i processi di fusione e trasformazione del ferro creando un

FIG. 6 Accesa, Pianta delle Ferriere © A. Quattrucci

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asse produttivo principale i cui poli sono l’Isola d’ Elba e Valpiana ed una estesa distribuzione territoriale di impianti lungo la direttrice Grosseto-Siena. L’area imponeva tuttavia la realizzazione di opere di bonifica e colonizzazione, nonché provvedimenti idonei a sostenere l’agricoltura, pesantemente vincolata dallo sfruttamento dei boschi da parte delle industrie. La formazione del villaggio industriale di Valpiana, iniziata con i Medici e terminata con le opere di epoca granducale, è accompagnata dai tentativi di bonifica delle zone paludose con la costruzione nel 1605 di un bottino sotterraneo per il prosciugamento del piano di Ghirlanda, nel 1720 del canale di allacciamento delle ferriere di Valpiana con le sorgenti delle Venelle. Al completamento delle opere di bonifica, avvenuto a fine ‘700 ad opera dello Ximenes, si associa la realizzazione della strada barrocciabile per congiungere le ferriere alla Val di Pecora (Pietro Leopoldo, Vol. III). L’ampliamento dell’abitato e delle strutture produttive si compie durante l’ultimo quarto del XVIII secolo, lungo il rettifilo tracciato dalla pianificazione di epoca medicea, nel tentativo di razionalizzare la distribuzione dei percorsi e dello spazio edificato, operandone contemporaneamente una distinzione funzionale. Anche il villaggio dell’Accesa, nonostante le dimensioni ridotte rispetto al centro di Valpiana, segue nella sua formazione, oltre a regole imposte da esigenze produttive, parametri di composizione dell’insediamento secondo i quali le strutture sono ordinate rispetto allo spazio centrale proteso verso il dislivello sottostante.

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FIG. 7 Valpiana, Pianta Palazzo dei Ministri, Forno, Mulino, Chioderie, Imbrunitoio, Osteria, Ferriere, Distendini, Stalle, Quartieri e Camerotti, canali ed altri Servizi e pertinenze © A. Quattrucci

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FIG. 8 Accesa, fotografie aeree oblique.

Volo 424_06/2005

.

La riscoperta delle attività minerarie in area massetana si colloca a metà Settecento, durante la reggenza lorenese, all’incrocio fra l’interesse di scienziati e l’impulso produttivo proveniente dall’apparato pubblico e di privati imprenditori. Targioni Tozzetti rappresenta, nel processo di rivalutazione del potenziale economico legato alle attività estrattive del massetano, una delle figure emblematiche. Nel Discorso sopra l’utilità che si può sperare dalle miniere della

Toscana (Targioni Tozzetti, 1768-1769), coglie e sostiene la necessità di sviluppare il binomio progresso culturale- progresso civile attraverso la ripresa di investimenti nel settore estrattivo incentivando in tal senso, l’attività di intellettuali e scienziati nonché la realizzazione di adeguati interventi di riforme tecniche. (Tognarini 1984 p.

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55-64). Della crisi registrata ne fornisce una possibile spiegazione il Regio Consultore Haupt quando sostiene che “la mineraria tedesca dal 1497 al 1613 seppe trovare e crearsi sufficienti compensi tali da far fronte alla concorrenza, quali furono le macchine idrauliche, l’uso della polveriera, la preparazione del minerale ed un nuovo metodo di estrarre l’argento dal rame…” (Tognarini, p.10). Ciò nonostante si registravano, a metà Settecento, novità significative: nel settore delle forme di imprenditorialità la società per azioni soppiantava la società in accomandita ed inoltre, in questa fase di “continue ricerche ed escavazioni a volte abbandonate troppo in fretta, furono in pratica individuate, salvo pochissime eccezioni, le zone nelle quali, più tardi, prenderanno vita imprese minerarie di ampiezza sempre maggiore che condurranno la Toscana a divenire uno dei più importanti distretti minerari italiani”(Mori, pp. 207-345). Un esempio della capacità di raggiungere una sfera di interesse ben oltre la dimensione locale sono i contatti intrattenuti da Giovanni Arduino con Giacomo Faber, del Targioni con i geologi svedesi Jacob Ferber, Alexander Funck e Reinhold Angerstein, la presenza, fra i maggiori azionisti della Società Minerale di Livorno, peraltro la prima società per azioni del granducato, di Lefroy e Chasson. Contatti che sono all’origine delle imprese avviate dalla metà del XVIII secolo quando entrano in attività il giacimento delle Carbonaie a Montieri e le miniere di Selvena, nei pressi di Boccheggiano, per la cui gestione è incaricato il veneto Arduino. Tecnico nel campo della geologia e dell’arte mineraria intraprende, per conto della anglo-italiana Società Mineraria, le ricerche volte a verificare le possibilità di sfruttamento delle miniere di Montieri di cui ne da nota nella Relazione sopra le

miniere nuovamente scoperte presso Montieri nel territorio senese, a cui fa seguito la richiesta di estrazione del minerale. Concessa con motuproprio del Granduca nel 1755, la Società ottiene il permesso di “cavar e far cavar miniere d’oro, d’argento, rame e latri metalli… nei distretti di Montieri, Boccheggiano e Prata” e successivamente a Serrabottini e Poggio al Montone. L’interesse dell’Arduino si estese, grazie ai contatti con il Collegio Minerale di Stoccolma, agli impianti per la fabbricazione, presso Boccheggiano, dell’acido solforico dal solfato di ferro.

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FIG. 9 Pozzi minerari, siti metallurgici, ferriere di epoca moderna nel comune di Massa

Marittima © Gis Università degli Studi di Siena, Lap&T

L’operato di Targioni Tozzetti, Santi, Arduino, Henrion, i provvedimenti emanati dai granduchi lorenesi (Leopoldo II sancisce con motuproprio del 1788 il principio dell’unità di proprietà tra la superficie ed il sottosuolo per favorire la ricerca del carbon fossile) rappresentano dunque le premesse al cambiamento verificatosi nel quadro della ricerca per le materie prime utili al processo di industrializzazione avviatosi dopo la Restaurazione. La ripresa ottocentesca è dovuta a personaggi come Leopoldo Pilla, Paolo Savi, Luigi Simonin, Amedeo Burat, Augusto Haupt nonché a investimenti di un numero piuttosto elevato di società. Il primo a credere nell’impresa estrattiva è il francese Luigi Porte: dalla miniere di rame presso Montecatini Val di Cecina, i suoi interessi si estesero alla fabbricazione dell’Allume di Montioni in società, fino al 1838, con Sebastiano Kleiber e Giacomo Luigi Leblanc, agli stabilimenti de La Pesta e

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dell’Accesa. Sostenne inoltre la necessità di introdurre l’utilizzo della macchina a vapore nonché la compilazione di una “Carta Archeologica” per l’individuazione delle coltivazioni condotte nelle epoche precedenti. Lo stesso Porte è il destinatario del provvedimento assunto nel 1832 da Leopoldo II con il quale vede concedersi la facoltà di scavare le miniere di rame nonché sfruttare le risorse boschive pertinenti la Magona nella comunità di Massa Marittima e poter quindi costituire, due anni più tardi, la Società per la riattivazione delle miniere di Montieri, Roccatederighi e Massa

Marittima. Dal 1839, accertata la presenza di lignite picea nel bacino del torrente Ritorto, affluente del Milia, si costituì sotto la direzione dell’ing. Francesco Pitiot la Società

Carbonifera a capitale francese: l’attività, in base ai racconti del Pitiot, vide l’apertura, entro il 1844, di cinque pozzi. La strumentazione utilizzata per l’estrazione dei materiali e per l’aspirazione delle acque, si avvaleva ancora di pompe e macchine a trazione animale. La stessa società, attiva a Montebamboli dal 1843, da avvio ai lavori presso le miniere di Ribolla, anche in questo caso di lignite picea. Nel 1844 prese avvio il primo progetto per la realizzazione delle infrastrutture necessarie al trasporto dei minerali: cinque anni più tardi la società Strada Ferrata

Carbonifera inaugura la linea a scartamento normale passante attraverso le valli del Ritorto e del Milia per terminare in prossimità di Torre Mozza. Per lo sfruttamento delle miniere di piombo argentifero di Poggio al Montone e del Poggio della Castellaccia si costituisce, nel 1843 la Società Metallotecnica mentre per il giacimento cuprifero dell’Accesa, precedentemente individuato dall’istriano Rovis, si costituì nel 1846 la Società Metallurgica Maremmana attiva su tre rami di coltivazione ed i cui prodotti erano trattati, per le operazioni di lavaggio e pestatura, in strutture prossime al lago dell’Accesa, mentre la fusione avveniva presso gli stabilimenti dei Forni dell’Accesa. Ancora nel 1846 si costituiva la Società delle Capanne Vecchie e Poggio Bindo trasformatasi in Società Anonima e successivamente nella Società Fenice

Massetana in cui, per la prima volta, fece la sua comparsa, la macchina a vapore.

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L’industria estrattiva massetana La seconda metà dell’Ottocento vede l’avvicendarsi, nell’industria estrattiva massetana, di società e mezzi ancora debolmente caratterizzati sotto il profilo industriale. Se l’ampia disponibilità del minerale maremmano aveva sollecitato la formazione di società in grado di sostenere rilevanti investimenti diversamente, i mezzi e le tecnologie impiegate nei processi di estrazione e lavorazione, le fonti energetiche e la tipologia della manodopera impiegata mantenevano un carattere tipicamente preindustriale. L’ingresso, nel 1899, della neocostituita Società

Montecatini segna il vero e proprio passaggio alla creazione del sistema industriale in Maremma. Entro il 1910 la Montecatini configura il proprio assetto rivolgendosi all’industria chimica: l’obiettivo è la produzione di acido solforico, materia prima necessaria in qualsiasi processo di lavorazione, per il quale l’Italia dipende interamente dalle esportazioni tedesche. Ciò si rese possibile a seguito delle scoperte compiute del chimico Perret nella produzione di acido solforico dalla pirite; l’industrializzazione del processo prevedeva la combustione del minerale frantumato dal quale si producevano gas solforosi che, nel passaggio attraverso una serie di camere di piombo, entravano in contatto con acqua e nitrosa trasformandosi in acido solforico. Nel primo ventennio del secolo la Montecatini persegue il sistematico acquisto di terra e partecipazioni in altre società minerarie, tanto da cancellare la costellazione di piccole e medie imprese e proprietà fondiarie che, fino a quel momento, avevano costituito l’ossatura dell’economia locale, assicurandosi in tal modo il monopolio nazionale della pirite. Un giacimento era stato individuato a fine Ottocento a Gavorrano, al di sotto di uno strato superficiale di limonite di ferro, calcolato in estensione verticale in oltre quattrocento metri, equivalenti a milioni di tonnellate di minerale. E’ questa la prima grande macchina di produzione a cui si affiancheranno, Boccheggiano e Niccioleta

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rispettivamente cedute alla Montecatini dalla Unione Italiana Piriti e dalla Società

Anonima Belga per la ricerca ed esplorazione di minerali2.

FIG. 10 Minerale di pirite: le concentrazioni a Niccioleta, Boccheggiano e Gavorrano. © Gis, Università degli Studi di Siena, Lap&T.

Contemporaneamente si costituiscono società per la ricerca sperimentale nel campo dell’azoto e la produzione di ammoniaca sintetica, fino a coprire negli anni ’60, circa l’80% del mercato italiano per l’acido solforico, i fertilizzanti azotati, i fosfatici, gli anticrittogamici, prodotti dal milione di tonnellate di pirite estratte ogni anno in Maremma. L’altro polo dell’industria estrattiva, su cui ruotano gli interessi delle società Montecatini e Valdarno, durante la prima metà del secolo, è la lignite picea estratta nei giacimenti di Ribolla e Baccinello. L’economia prodotta dal combustibile fossile, per le difficoltà di ricerca ed estrazione ed il contenuto potere calorico rispetto alle

2 A.S.G., Catasto Urbano, Comunità di Massa Marittima, Registro delle Partite.

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miniere del centro Europa, è assai limitata; il trend produttivo si inverte solo durante i periodi bellici in risposta alle mancate importazioni.

L’attività estrattiva di epoca recente si caratterizza rispetto al passato per la progressiva meccanizzazione ed automazione dei processi di lavorazione necessari a raggiungere profondità elevate: tracciatrici, perforatrici, caricatrici, centrali di compressione; giganteschi mezzi semoventi di perforazione, di caricamento di mine, di sgombero e di trasporto del minerale.

In particolare la ricerca del minerale in area massetana si avvaleva di mezzi meccanici, per trivellazioni e carotaggi ad elevate profondità, analisi geochimiche per la composizione delle rocce, misure geoelettriche, magnetiche e sismiche. L’apertura di pozzi e gallerie e l’abbattimento del minerale procedeva per mezzo di esplosivi e macchine tagliatrici, seguendo schemi determinati che ne definivano tempi e modalità. Il riempimento dei vuoti, prodotti con le operazioni descritte, era praticato con il metodo della ripiena nelle miniere di Gavorrano e Fenice Capanne e del franamento di sommità nelle miniere di Boccheggiano e Niccioleta. Per l’armatura delle gallerie, di forma trapezoidale, si procedeva con il metodo dei “quadri” di legname mentre per i pozzi e le gallerie di lunga durata erano utilizzate armature metalliche, sospese ed in muratura. Il trasporto del minerale avveniva tramite un sistema ferroviario interno a scartamento ridotto che convergeva ai pozzi sui quali erano installati i castelli di estrazione. Il servizio di eduzione delle acque era compiuto tramite pompe e gallerie di scolo, la ventilazione, per la purificazione dell’aria, da ventilatori con funzione aspirante e soffiante.

Le operazioni di cernita del minerale, compiute manualmente, fino ai primi anni del secolo verranno successivamente sostituite, con la meccanizzazione del processo, da complesse tecniche di arricchimento e selezione del materiale estratto: ad una prima frantumazione segue il passaggio su tavole inclinate vibranti per la selezione dei granuli in base al peso specifico o, in alternativa, con la tecnica della flottazione

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che consiste nel separare le particelle di minerale dalla ganga tramite reagenti chimici (Dallai, Stanghellini 2001, pp. 29-33). La miniera di pirite di Gavorrano cessa la produzione nel 1982, Niccioleta nel 1992, Boccheggiano nel 1994.

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Inquadramento storico L’industrializzazione dell’area massetana ha implicato, fin dal suo avvio, trasformazioni che hanno interessato l’organizzazione urbanistica dei centri più antichi, per le profonde modificazioni subite, e l’assetto territoriale per la creazione di nuovi centri produttivi e villaggi operai. Niccioleta, Ribolla, Baccinello, Filare e Bagno di Gavorrano, diversamente da Boccheggiano e Gavorrano di origine medievale, sono insediamenti sorti in funzione della miniera. Niccioleta, fra i villaggi minerari del massetano, è il più recente ed il più tipico. Attività di ricerca ed estrazione dei minerali hanno qui origini lontane: oltre al giacimento di Pozzoia, attivo in epoca medievale, i giacimenti di limonite della Valdaspra e, analogamente a quanto accaduto a Gavorrano venne constatata anche qui, dal 1896, la presenza di pirite. Il toponimo Niccioleta indicava, fino ai

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primi anni del Novecento, un modesto agglomerato a NE dell’attuale villaggio; l’ingresso della Società Montecatini, nel panorama delle imprese attive nel massetano, determina, anche per quest’area, l’inizio dello sfruttamento delle risorse minerarie a partire dagli anni Trenta, a seguito della localizzazione del giacimento avvenuta nel 1927 ed in coincidenza del potenziamento della produzione di pirite per gli sviluppi impressi dalla ricerca nella fabbricazione di prodotti chimici. In risposta alle esigenze produttive si assiste all’ampliamento e rinnovamento di impianti e strutture di servizio, acquistati a fine Ottocento dalla Società Anonima Belga per la ricerca ed esplorazione di minerale, (baracche per operai e nuove costruzioni in muratura, magazzini, forno di calcinazione, polveriera e depositi materiali esplodenti, baracca di sorveglianza alla polveriera, fucina meccanica ed officina, falegnameria) nonché al rapido processo di meccanizzazione e automazione degli impianti per il trasporto del minerale attraverso la creazione di un sistema continuo di vagoni: dalle gallerie agli ascensori, alla pesa, allo smistamento del minerale che, una volta scaricato, era avviato per teleferica alla laveria, alla flottazione e ancora, ai silos, ai centri di smistamento. Il collegamento dei centri minerari alle stazioni avveniva tramite un complesso sistema di teleferiche – circa 40 km di lunghezza - terminato nel 1931: il braccio più lungo di Boccheggiano si congiungeva, sotto Massa Marittima, con quello proveniente da Niccioleta a cui, convergendo verso Scarlino, si univano i rami di Gavorrano, Ravi e Rigolaccio per terminare in località Portiglione, a sud del golfo di Follonica per le spedizioni via mare, mentre, per il trasporto via terra, il tracciato della teleferica convergeva verso le stazioni di Scarlino e Gavorrano (fig.1).

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FIG. 1 Tracciato della teleferica per il trasporto del minerale di pirite dai centri di Niccioleta, Boccheggiano e Gavorrano. © Corpo delle Miniere, Grosseto.

L’attività imponeva inoltre, per l’entità dello sfruttamento, la disponibilità di manodopera qualificata: ai minatori di Massa e Prata si aggiunsero immigrati provenienti dalla Sardegna, Sicilia, Veneto e Marche, inizialmente alloggiati in modesti edifici ad un piano, a pianta rettangolare, conosciuti con il termine di “camerotti”. Dagli anni ’30 la Montecatini inizia a costruire il villaggio che nel suo assetto distributivo come nella scelta tipologica degli edifici sembra seguire la rigida gerarchizzazione e separazione delle funzioni adottata nel sistema lavorativo della miniera. L’area a monte è caratterizzata dalle residenze per i dirigenti, il personale impiegatizio e l’abitazione del direttore, mentre la zona SE è occupata dalle abitazioni operaie. La formazione del villaggio, proseguita fino alla seconda guerra mondiale, attraverso l’incremento di unità abitative e l’inserimento all’interno del tessuto urbano delle principali strutture di servizio (scuola, asilo, ambulatorio medico

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centro ricreativo, chiesa) non riesce a tradursi nella creazione di una identità comunitaria. Niccioleta mantiene, seguendo l’interpretazione di Cassola e Bianciardi, un’ “aria da caserma”: diversamente dai paesi della Maremma qui non esistono i segni in cui la comunità può riconoscere le proprie origini; non esistono i luoghi destinati all’incontro, alla socialità; non esistono altre attività oltre quella della miniera. L’assenza di una percepibile pianificazione urbanistica, la semplice schematicità dei quartieri e delle abitazioni operaie ricordano che Niccioleta sorge come un agglomerato provvisorio, legato alle esigenze della produzione. La stessa campagna circostante il paese perde la propria funzione: gli acquisti della Montecatini cancellano la piccola proprietà e insieme a questa la coltivazione dei terreni. La presenza della Società e della miniera sono percepibili ovunque, nel grigiore dei muri come nell’aspetto del paesaggio segnato e modificato nella sua conformazione originaria dagli accumuli di sterile depositati dai vagoncini delle teleferiche, dall’acqua estratta dai pozzi e utilizzata nella laveria che, compiuto il percorso, forma nei fondovalle artificiali torrenti, dalla presenza di macchine e strutture, dalle vaste aree che, sottratte al bosco ed alle coltivazioni, si caratterizzano per le tracce imposte dalle escavazioni.

Analisi e caratterizzazione della documentazione fotografica e cartografica tramite GIS La ricerca, condotta nell’area di Niccioleta, si è posta l’obiettivo di documentare le trasformazioni subite dal territorio, a partire dal decennio 1920 - 1930 fino all’epoca attuale, a seguito dell’industrializzazione dei processi di estrazione del minerale di pirite. Il metodo di indagine adottato ha seguito, nelle sue linee generali, la strategia di lavoro utilizzata dall’English Heritage nel progetto di documentazione e catalogazione dei siti militari di XX secolo - Twentieth century military sites – altrove descritta in questo volume.

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L’impostazione metodologica proposta ha richiesto, per l’analisi del territorio e delle evidenze in esso presenti, la creazione di una piattaforma Gis, su cui confrontare e verificare gli eventuali processi di trasformazione. La costruzione del Gis si suddivide in:

- ricerca e selezione delle fonti in base agli obiettivi preposti; - acquisizione ed elaborazione della documentazione nel programma Gis; - georeferenziazione della documentazione; - digitalizzazione e caratterizzazione delle evidenze.

Nell’economia prevista dai tempi di lavoro e per la verifica degli obiettivi posti, è stata intrapresa la sola analisi di foto aeree mentre l’indagine archivistica si è soffermata alla cartografia cartacea, escludendo gran parte delle fonti disponibili presso archivi pubblici e privati (archivio Società Montecatini, archivio Corpo delle Miniere e Archivio di Stato di Grosseto). La verifica a terra dei siti, compresi nell’area in esame, si è dovuta limitare al solo centro abitato di Niccioleta: l’accesso alle aree estrattive e produttive risulta vincolato alla concessione di autorizzazione da parte della Società proprietaria nonché a limitazioni relative ad opere di bonifica intraprese nell’area e tuttora in corso. Delimitata la zona di interesse, la cronologia e gli obiettivi di studio è stato scelto di prendere in esame le seguenti tipologie di testimonianze:

• aree di estrazione del minerale

• aree e strutture produttive

• aree e strutture residenziali. seguendo tre livelli di analisi:

• analisi della cartografia storica,

• analisi di aerofoto storiche e recenti

• ricognizione di superficie. Per la CARTOGRAFIA STORICA i riferimenti adottati sono:

• Mappa Inghirami, 1820

• Catasto Leopoldino, 1825:

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-quadro d’unione scala 1:50.000 -sezione C delle Rocche e Pian dei Mucini, Comunità di Massa Marittima, scala 1:5.000

• Nuovo Catasto 1929, Comune di Massa Marittima, scala 1:2.000 -Foglio 78 -Foglio 80

• Istituto Geografico Militare 1883-1927: scala 1:50.000 -Foglio 119, 1883/1906/1926 -Foglio 120, 1883/1907/1927 -Foglio 127, 1883/1907/1927 -Foglio 128, 1883/1907/1927

Per l’analisi del paesaggio, sono state inoltre utilizzate: aerofoto commissionate dall’Istituto Geografico Militare e dalla Regione Toscana per coperture aerofotogrammetriche totali o parziali a scopo di studio e produzione cartografica; aerofoto oblique prodotte dal Laboratorio di Archeologia dei Paesaggi e Telerilevamento (Lap&T) del Dipartimento di Archeologia e Storia dell’Arte dell’Università di Siena nell’ambito del progetto Cultura 2000 European Landscapes

past, present and future.

Per le AEROFOTO ZENITALI sono stati utilizzati i voli:

• Gai 1954, scala 1:33.000 Ripresa Aerofotogrammetrica Generale, eseguita negli anni 1954/56, con

pellicola pancromatica bianco/nero, dal Gruppo Aereo Italiano costituito dalle Imprese E.I.R.A. e S.I.R.T.A.. La copertura aerofotogrammetria interessa tutto il territorio nazionale.

• Regione Toscana 1975/1988, scala 1:13.000

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Ripresa Aerofotogrammetrica Parziale, eseguita negli anni 1975/1988, con pellicola pancromatica bianco/nero.

• Volo AIMA (Azienda di Stato per gli Interventi del Mercato Agricolo) 1996, scala 1:40.000. Ripresa Aerofotogrammetria a copertura territoriale, eseguita negli anni 1994/1996, con pellicola pancromatica bianco/nero, eseguita dalla Compagnia Generale Riprese Aeree s.p.a., Roma.

Nell’ambito della XIV Summer School sono state effettuate le ricognizioni per l’acquisizione delle AEROFOTO OBLIQUE con aeromobile Cessna ad ala alta, utilizzando per le riprese una macchina digitale reflex CANON EOS 20D, 8 Mega pixel, per la registrazione delle rotte di volo Tablet PC e dispositivo ricevitore GPS (la strumentazione utilizzata è stata messa a disposizione dal Lap&T).

Le ricognizioni effettuate (1-3/06/2005) hanno prodotto 1189 fotogrammi.

FIG. 2 Mappa di Volo, 1_06_05, volo n. 416.

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La documentazione, acquisita tramite scanner, con risoluzione di 300 dpi, in formato TIF e georeferenziata su piattaforma GIS è stata utilizzata per la lettura sovrapposta delle immagini e la successiva caratterizzazione, in sequenza temporale, dei contesti prescelti.

FIG. 3 Scheda di Volo. 03_06_2005, volo n. 424

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Niccioleta nella cartografia storica La ricerca delle fonti cartografiche, nel caso di studi territoriali storici ed archeologici, costituisce una parte fondamentale nel processo di acquisizione dei dati utili alla creazione di un Sistema Informativo Territoriale e, conseguentemente, alle possibilità di analisi suggerite dal sistema stesso.

FIG. 4 Inghirami, dettaglio mappa 1820

La cartografia storica ha pertanto reso possibile la verifica delle trasformazioni avvenute nell’area di Niccioleta fino al 1929, tramite una fase preliminare di lettura ed interpretazione e una successiva georeferenziazione, in ambiente GIS, dei singoli documenti sulla base cartografica di riferimento – IGM, in scala 1:25.000 (anno 1988), e CTR, in scala 1:10.000 (anno 1994). La sovrapposizione ed il confronto dei piani cartografici – mappa Inghirami per la Toscana (1820) e IGM FOGLIO 119 (1883 – 1906) - hanno confermato, fino al 1906, la presenza del solo toponimo “Niccioleta Vecchia” e la comparsa, dal 1926, delle miniere localizzate - IGM FOGLIO 119 (1926) - sul limite sud ovest della Val d’Aspra.

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FIG. 5 Foglio 119, anno 1883, scala 1:50.000, particolare area Niccioleta. ©IGM

FIG. 6 Foglio 119, anno 1926, scala 1:50.000, particolare area Niccioleta. ©IGM

I Fogli di mappa 78 e 80 del Nuovo Catasto, relativi all’anno 1929, permettono di collocare cronologicamente ed identificare lo sviluppo delle strutture industriali ed abitative, nonché evidenziare, rispetto alla cartografia di base, la non coincidenza dei tracciati viari: - Foglio 78, la planimetria colloca a nord l’abitato di Niccioleta Vecchia, definito come unità poderale; nell’area collinare, limitata a nord dal Poggio della Madonna, e ad est dal Fosso Val d’Aspra, il primo nucleo del nuovo centro abitato di Niccioleta costituito, in questa fase, da un esiguo numero di strutture abitative (Fig. 7).

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FIG. 7 Visualizzazione in ambiente GIS della planimetria catastale (Foglio 78, particolare) georeferenziata e della base cartografica di riferimento (CTR, anno 1994) - Foglio 80, la planimetria evidenzia l’area e la distribuzione degli impianti industriali: la laveria disposta lungo il Fosso Val d’Aspra e, più a nord, il nucleo originario degli edifici di servizio all’attività mineraria (Fig. 8).

FIG. 8 Visualizzazione in ambiente GIS della planimetria catastale (Foglio 80, particolare) georeferenziata e della base cartografica di riferimento (CTR, anno 1994)

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FIG. 9 Nuovo Catasto, Foglio 78, Comune di Massa Marittima. Anno 1929, scala 1:2.000. ©ASG

FIG. 10 Nuovo Catasto, Foglio 80, Comune di Massa Marittima. Anno 1929, scala 1:2.000. ©ASG

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L’indagine fotointerpretativa L’analisi del paesaggio per l’area industriale di Niccioleta è stata condotta su riprese aerofotografiche con caratteristiche di multiscalarità e multitemporalità; l’intervallo temporale coperto è di circa sessanta anni.

1954: la prima documentazione da foto aerea

I fotogrammi del volo Gai 1954, in scala 1:33.000, facendo parte di una copertura omogenea dell’intero territorio nazionale forniscono dati analoghi per tutta l’area in esame oltre a determinare, per l’epoca in cui è stato eseguito, una visione del territorio con un grado di antropizzazione ridotto rispetto alla situazione attuale. L’analisi fotointerpretativa rivela, rispetto alla cartografia catastale più recente, un sostanziale incremento degli edifici ad uso residenziale e la conseguente definizione del villaggio industriale. Contemporaneamente la lettura evidenzia l’ampliamento dell’area produttiva con l’edificazione di nuove strutture nonché dei confini delle superfici interessate dai processi estrattivi e la presenza di tracciati viari coincidenti con la viabilità attuale.

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FIG. 14 Niccioleta, volo Gai, anno 1954, strisciata n. 120, fotogramma 1754. Interpretazione e caratterizzazioni delle aree residenziale, estrattiva e produttiva in ambiente GIS. L’interpretazione dei fotogrammi, relativi ai Voli Gai, Regionale e AIMA, ha inoltre permesso di evidenziare le anomalie legate alla presenza, fino agli anni ’70, del sistema di teleferiche utilizzato per il trasporto del minerale, non segnalato nella cartografia disponibile (Fig. 15).

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FIG. 15 Visualizzazione in ambiente GIS del tracciato relativo al sistema di teleferiche.

I voli regionali degli anni '80 Il Volo della Regione, su cui è stato condotto parte del lavoro di dettaglio, per la scala adottata e la buona risoluzione dei fotogrammi, si è mostrato particolarmente utile per definire i caratteri delle singole evidenze presenti all’interno dell’area in esame: particolari degli impianti industriali e misurazioni relative all’estensione delle aree estrattive nel periodo coincidente alla prima fase di dismissione dell’industria (Fig. 16).

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FIG. 16 Niccioleta, volo Regione, anno 1984, strisciata n. 78, fotogramma 6827. Particolare dell’area industriale, impianti di estrazione e trattamento del minerale – laveria-.

Rispetto alla lettura relativa al Volo Gai, il fotogramma in esame mostra una sostanziale continuità di distribuzione e consistenza delle unità abitative mentre, per gli edifici industriali, è possibile cogliere il potenziamento dell’area circostante il nucleo originario della miniera e la demolizione delle strutture collocate sul Poggio della Madonna (Fig. 17).

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FIG. 17 Niccioleta, volo Regione, anno 1984, strisciata n. 78, fotogramma 6827. Interpretazione e caratterizzazioni delle aree residenziale, estrattiva e produttiva in ambiente GIS. La copertura AIMA 1996 Le fotografie d’alta quota (Volo AIMA1996), hanno permesso una visione di tutta la superficie, con immagini ad alta risoluzione, consentendo di riconoscere, in un contesto generale, le trasformazioni subite dall’area a circa un decennio dalla sospensione dell’attività estrattiva. L’area abitativa mantiene la configurazione della planimetria originaria, mentre decresce l’estensione delle aree estrattive, progressivamente ricoperte dalla vegetazione circostante così come la superficie occupata dagli impianti produttivi in fase di demolizione (Fig. 18).

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FIG. 18 Niccioleta, volo AIMA, anno 1996. Interpretazione e caratterizzazioni delle aree residenziale, estrattiva e produttiva in ambiente GIS. La documentazione dello stato attuale: l'utilità della fotografia obliqua L’esperienza inglese testimonia delle enormi potenzialità che la ricognizione aerea può mettere in campo non solo nella ricerca di nuovi siti ma anche nelle attività di monitoraggio e tutela del patrimonio culturale. Nell’affrontare l’analisi interpretativa delle foto storiche ai fini di lettura e documentazione del patrimonio archeoindustriale inserito nell’area estrattiva di Niccioleta, sono stati contemporaneamente evidenziati alcuni degli ambiti in cui la produzione di aerofoto oblique assume particolare rilievo. Diversamente da quanto avviene con le aerofoto verticali generalmente realizzate a scopo cartografico, la fotografia aerea obliqua garantisce la possibilità di ottenere una documentazione complessiva del contesto, grazie alla libertà dell’archeologo di effettuare riprese con lo specifico obiettivo di documentare siti ed aree ritenuti

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rilevanti. Un punto di vista privilegiato permette di cogliere il contesto nella sua completezza, descrivendone le caratteristiche del territorio e contemporaneamente ricostruire le connessioni originarie di elementi difficilmente identificabili a terra. Ciò si è reso ad esempio evidente nell’analisi dei fotogrammi relativi ai siti: di Niccioleta, dove il villaggio minerario e l’area estrattiva costituiscono, rispetto all’ambiente circostante, elementi di cesura, rappresentazioni di logiche e strutture di organizzazioni produttive e sociali proprie di un’epoca che assiste all’affermazione della grande industria quale nuovo protagonista dello sviluppo economico moderno (Fig. 18); di Gavorrano, in cui è possibile cogliere la continuità ancora esistente fra l’area estrattiva, le zone residenziali circostanti, il parco minerario (Fig. 19); di Valpiana, dove il punto di vista privilegiato permette di catturare l’immagine complessiva della pianificazione urbana e della distribuzione degli impianti per la lavorazione del ferro di epoca settecentesca.

FIG. 18 Niccioleta, area estrattiva in corso di bonifica e villaggio minerario. Ricognizione aerea 3_06_05.

FIG. 19 Filare di Gavorrano,l’area estrattiva prossima al centro urbano. Ricognizione aerea 3_06_05.

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Le foto oblique costituiscono inoltre, anche in presenza di ortofoto con caratteristiche di multitemporalità e multiscalarità, una fonte di analisi approfondita degli insediamenti e degli scenari indagati grazie alla possibilità di effettuare riprese a quote relativamente basse e da punti di vista diversificati; caratteristiche queste in grado di incrementare qualità e quantità delle informazioni contenute nelle immagini come l’opportunità di ripetere, in tempi diversi, le ricognizioni. L’esperienza compiuta, per gli ottimi risultati ottenuti, tenute presenti le limitazioni derivanti da una relativa conoscenza dei luoghi, ha suggerito infatti l’opportunità di creare uno standard di catalogazione di siti ed impianti industriali

FIG. 20 Niccioleta, la maglia urbana del villaggio operaio. Ricognizione aerea 3_06_05. tramite foto aerea in quanto rivelatasi, allo stato attuale, il mezzo più opportuno per documentare lo stato di conservazione e cogliere le trasformazione di testimonianze e contesti; può consentire inoltre di superare difficoltà e limiti di accesso derivanti da vincoli di proprietà e particolari condizioni di pericolo per la ricognizione a terra.

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FIG. 21 Niccioleta, l’area industriale. Riconoscibili gli edifici dell’amministrazione, la centrale elettrica, le officine, il castello del Pozzo Rostan, la vasca di decantazione a valle della superficie in corso di bonifica precedentemente occupata dalla laveria. L’accesso all’area è attualmente vietato. Ricognizione aerea 3_06_05.

Conclusioni

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CCaappiittoolloo QQuuaattttrroo

CCoonncclluussiioonnii Analisi conclusive Il lavoro intrapreso e la metodologia seguita trovano nel contesto degli studi relativi al patrimonio archeoindustriale nazionale pochi termini di confronto. La ricerca, come è evidente, risente di una serie di limitazioni che hanno impedito di indagare a fondo le potenzialità degli strumenti utilizzati. Ciò nonostante, abbiamo tentato di verificare un metodo di indagine che riteniamo utile nell’ampliare la conoscenza e le possibilità di documentazione relative al patrimonio industriale ed alle trasformazioni subite dal territorio ed in ultimo, proporre alcune considerazioni circa gli obiettivi posti inizialmente. L’analisi del paesaggio per l’area industriale di Niccioleta, ha trovato nella fotointerpretazione uno dei momenti più qualificanti della ricerca. Importante è stato il ruolo svolto sia nella parte preliminare, permettendo una prima osservazione

Conclusioni

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dell’intera area massetana, sia successivamente nella definizione tipologica e geometrica dei singoli eventi analizzati. L’approfondimento del processo fotointerpretativo, ottenuto con l’introduzione di una fase di confronto e sovrapposizione delle immagini disponibili, ha permesso l’individuazione di aree e strutture con un margine di errore estremamente basso. L’osservazione del territorio dall’alto ha consentito infatti di apprezzare le relazioni intercorrenti tra i diversi elementi del paesaggio e delineare i rapporti spaziali intercorsi fra i diversi fenomeni. In questo senso, il punto di vista inusuale e l’ampiezza del territorio all’interno di un fotogramma hanno permesso di valutare la consistenza e le caratteristiche delle aree indagate altrimenti non individuabili sul terreno, talvolta perché situate in zone non visibili o inaccessibili, altre perché, se osservati a terra da punti non troppo elevati, visibili sotto prospettive non favorevoli. Inoltre, la possibilità di disporre di riprese aerofotografiche con caratteristiche di multiscalarità e multitemporalità, ha permesso di sfruttare in modo ottimale le potenzialità dell’indagine fotointerpretativa. (fig. 1-3). Il diverso orientamento delle strisciate, la differente posizione del punto di ripresa dei singoli fotogrammi e la variazione di scala tra le coperture, hanno permesso in sostanza di osservare e confrontare elementi e fenomeni contenuti nelle foto da punti di osservazione diversi, cogliendo di volta in volta particolari nuovi e di grande importanza nonostante la scelta di non utilizzare una visione stereoscopica delle riprese. Le aerofoto, verticali ed oblique, diversamente da quanto ipotizzato ad inizio lavoro, hanno rappresentato per questo tipo di testimonianze, un ottimo mezzo di interpretazione nonostante la morfologia del territorio, a carattere prevalentemente montuoso, e la dominante boschiva del paesaggio.

Conclusioni

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FIG. 1 Niccioleta vista attraverso le fotografie aeree del Volo AIMA 1996

FIG. 2 Niccioleta vista attraverso le fotografie aeree del Volo Regionale 1984

FIG. 3 Niccioleta vista attraverso le fotografie aeree del Volo Gai 1954

La costruzione della piattaforma Gis ha rappresentato in sé una strategia di lavoro poiché ha determinato l’organizzazione dei dati acquisiti, la georeferenziazione delle immagini, la definizione, caratterizzazione e visualizzazione di aree e anomalie nonché le successive operazioni di sovrapposizione e analisi. In questo senso il Gis elaborato, con la sua base di dati, elementi cartografici, aerofoto acquisite ed

Conclusioni

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interpretazioni rappresenta da solo un risultato e contemporaneamente costituisce la base per la produzione di ulteriori dati e analisi. Gli strumenti utilizzati hanno permesso di delineare le fasi principali dell’evoluzione storica del territorio di Niccioleta, a partire dall’introduzione dei processi industriali nell’estrazione del minerale. Si collocano, in questa fase, la rottura degli equilibri storici che avevano visto l’opera dell’uomo agire all’interno dell’ambiente in modo relativamente limitato e integrato, e la progressiva inversione degli stessi equilibri. Il compiersi di tale passaggio è da ricercarsi nelle profonde modificazioni scientifico-tecnologiche, produttive e socio-economiche compiutesi a partire dalla fine del XIX secolo che, di fatto, promuovono un salto di scala nelle potenzialità dell’agire umano nei confronti dell’ambiente. La formazione del nuovo contesto paesaggistico si struttura quindi parallelamente alla crescita esponenziale del potere tecnologico dell’uomo sul territorio, configuratasi nel nostro caso, attraverso una prima fase di insediamento riferibile alla fine degli anni Venti con la stratificazione degli elementi caratterizzanti l’industria. Negli anni compresi fra il 1930 ed il 1950 si verificano, a livello territoriale, le maggiori trasformazioni con la definizione del nuovo insediamento residenziale, in risposta alle esigenze imposte dalle cadenze del lavoro industriale, la localizzazione delle aree estrattive e la conseguente edificazione degli impianti produttivi in corrispondenza dei rilievi a nord del centro abitato, come indicato dalle caratterizzazioni relative ai voli del ’54. L’incremento dello sfruttamento delle risorse minerarie coincide inoltre con il progressivo disboscamento dei versanti, e l’evidente abbandono dei suoli agrari circostanti fino alla definizione, come evidenziato nel dettaglio relativo al fotogramma dell’84, di un paesaggio segnato, nonostante le escavazioni in galleria, dall’incremento delle superfici sfruttate. Gli stessi fotogrammi costituiscono una

Conclusioni

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testimonianza della distribuzione e configurazione raggiunta dagli impianti durante il periodo di massima espansione dell’attività estrattiva: l’area ad est del fosso della Val d’Aspra mostra il sensibile incremento della superficie occupata nonché del complesso sistema costituto dagli impianti di estrazione, trasporto e trattamento del minerale.

FIG. 4 Niccioleta. Visualizzazione in ambiente GIS delle caratterizzazioni relative all’area industriale, residenziale ed estrattiva (Volo Gai 1954_strisciata n. 20_ fotogramma n. 1754).

La cessazione dell’attività estrattiva, avvenuta nella prima metà degli anni ’80, e la conseguente dismissione dell’industria, nel 1992, determinano un’ulteriore progressiva trasformazione del paesaggio industriale le cui connotazioni presentano nella distribuzione spaziale un maggior carattere discontinuità oltre ad una minore incisività dei segni presenti sul territorio, progressivamente obliterati dalla ricomparsa della vegetazione e dai processi di demolizione delle superfici coperte. Alle più recenti opere di bonifica, documentate tramite aerofoto oblique, è da attribuire la demolizione, fatta eccezione per il castello di estrazione del pozzo

Conclusioni

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Rostan, dell’insieme di impianti e strutture adibite ai processi di trattamento del minerale; sopravvivono invece le officine, alcuni depositi e magazzini, parte degli edifici sede dell’amministrazione della miniera.

FIG. 5 Niccioleta. Visualizzazione in ambiente GIS delle caratterizzazioni relative all’area industriale, residenziale ed estrattiva (Volo Regione 1984_strisciata n. 78_fotogramma n. 6827)

Conclusioni

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FIG. 6 Niccioleta. Visualizzazione in ambiente GIS delle caratterizzazioni relative all’area industriale, residenziale ed estrattiva (Volo AIMA 1996_strisciata n. _fotogramma n. ) Il processo fotointerpretativo ha inoltre permesso l’identificazione delle anomalie relative al sistema di teleferiche utilizzato dalla Società Montecatini per il trasporto della pirite dai centri di estrazione di Niccioleta, Boccheggiano e Gavorrano fino allo scalo ferroviario di Scarlino per le spedizioni via terra e l’imbarco di Portiglioni per le spedizioni via mare (fig.4). Nei fotogrammi a nostra disposizione, relativi alla copertura del Volo Gai del 1954, si evidenzia la presenza della struttura mentre nelle coperture di epoca successiva il dato disponibile si limita alle anomalie.

Conclusioni

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FIG.7 Visualizzazione in ambiente GIS del tracciato della teleferica utilizzata per il trasporto della pirite.

Conclusioni

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E’ stato inoltre compiuto il tentativo di verificare, tramite operazioni di buffering, l’ampiezza e l’influenza esercitata sul territorio dai centri minerari (fig.4). L’analisi,

FIG. 8 Visualizzazione in ambiente GIS delle analisi di buffering relative ai centri di Niccioleta, Boccheggiano e Gavorrano.

Conclusioni

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compiuta su tre insediamenti che presentano caratteristiche omogenee per la tipologia del minerale estratto, la proprietà e la gestione degli impianti, mostra che l’area di incidenza sul territorio, calcolata per ciascun caso a partire dal pozzo estrattivo principale, presenta un raggio di influenza compreso fra i 2 km per Niccioleta ed i 2,5 km per Boccheggiano e Gavorrano.

Per la consultazione e l’acquisizione del materiale di studio e delle fonti relative a programmi e metodologie di lavoro dell’English Heritage sono state visitate le Biblioteche e l’Archivio dello stesso ente, nelle sedi di Londra e Swindon grazie alla disponibilità del Dr John Schofield – Characterisation Team; Head of Military Programme - e Dr Keith Falconer – Head of Industrial Archaeology, HE -.

Il lavoro ha inoltre prodotto l’acquisizione e la georeferenziazione delle seguenti fotografie aeree zenitali:

Istituto Geografico Militare – Volo Gai 1954:

• Foglio 119 Strisciata n. 20 Fotogrammi 1752

Strisciata n. 22 Fotogrammi 1965

Strisciata n. 21 Fotogrammi 2889 – 2891

• Foglio 120 Strisciata n. 20 Fotogrammi 1754 – 1756

Strisciata n. 21 Fotogrammi 1877 – 1879

Strisciata n. 22 Fotogrammi 1961 – 1963

Conclusioni

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• Foglio 127 Strisciata n. 05 Fotogrammi 136

Strisciata n. 06 Fotogrammi 5036 – 5038

Strisciata n. 07 Fotogrammi 92 – 94

• Foglio 128 Strisciata n. 08 Fotogrammi 112

Regione Toscana – Volo Regionale 1975 / 1988

• Foglio 119 Strisciata n. 54 Fotogrammi da 560 a 579 anno 1988

• Foglio 120 Strisciata n. 78 Fotogrammi 6825 – 6827 - 6829 anno 1984

• Foglio 120 Strisciata n. 51 Fotogrammi519 – 520 -521 anno 1988

• Foglio 127 Strisciata n. 79A Fotogrammi 631 – 633 – 635 – 637 - 639 anno 1975/76

• Foglio 127 Strisciata 54 Fotogrammi 248 – 250 – 252 – 254 – 256 – 258 – 260 – 272 anno 1988

• Foglio 127 Strisciata n. 79B Fotogrammi 476 – 480 – 481 - 487 anno 1975/76

• Foglio 127 Strisciata n. 79B Fotogrammi 476 – 480 – 481 - 487 anno 1975/76

Conclusioni

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I possibili sviluppi della ricerca I risultati fin qui evidenziati permettono di ipotizzare l’orientamento di alcuni dei possibili sviluppi dello studio intrapreso indicando in primo luogo, la ricerca e l’integrazione delle fonti documentarie. L’esistenza presso l’Archivio di Stato di Grosseto del fondo relativo all’Uffizio dei Fossi, degli Archivi della Società Montecatini e Valdarno e del Corpo delle Miniere di Grosseto, solo per citare alcuni esempi, suggerisce ampie possibilità di documentazione e ricostruzione delle trasformazioni avvenute in area massetana, ancor più, se integrate alle informazioni derivanti da fonti cartografiche (Catasti; produzione Istituto Geografico Militare; Carte tematiche; Cartografia industriale,…) ed iconografiche. Un ulteriore approfondimento può essere costituito dall’analisi delle caratteristiche distributive di aree e villaggi industriali al fine di verificarne le relazioni con l’organizzazione delle infrastrutture e conseguentemente con le trasformazioni subite dal territorio o, ancora, verificare la misura in cui la distribuzione spaziale delle miniere ha condizionato la consistenza degli investimenti operati dalle industrie. Inoltre, alla luce dei progetti di bonifica e riqualificazione ambientale delle aree minerarie comprese nel territorio delle Colline Metallifere, recentemente approvati dalla Regione Toscana, si configura la possibilità/necessità di una campagna di schedatura del patrimonio industriale. Le ricognizioni aeree effettuate hanno prodotto un’ampia documentazione di gran parte dei siti produttivi compresi entro i confini amministrativi dei comuni di Massa Marittima, Montieri e Gavorrano. Per le caratteristiche altrove evidenziate, le aerofoto oblique consentono una lettura sufficientemente dettagliata delle singole strutture, oltre che del loro contesto di appartenenza, facilitando così una lettura di insieme delle risorse ambientali, produttive, abitative. A questo proposito un utile strumento di conoscenza può identificarsi nella costruzione di un database per la schedatura delle foto in grado di fornire una chiara identificazione/connotazione dell’oggetto nonché delle sue dinamiche con il

Conclusioni

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territorio, facilitando così il passaggio concettuale dalla testimonianza al quadro storico, economico, tecnologico. Seguendo l’impostazione metodologica utilizzata dal Laboratorio di Archeologia dei Paesaggi e Telerilevamento per la schedatura delle anomalie da foto aerea (Corsi, 2002, p. 28 e seg.) è stata prodotta la schedatura di alcune delle immagini citate, integrata e modificata in base alle esigenze descrittive delle testimonianze identificate (fig. 9-10)

Conclusioni

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CCCOOOLLLLLLIIINNNEEE MMMEEETTTAAALLLLLLIIIFFFEEERRREEE pppaaattt rrr iiimmmooonnniiiooo aaarrrccchhheeeooo--- iiinnnddduuusssttt rrr iiiaaallleee XXXVVVIII ---XXXXXX ssseeecccooolllooo

LOCALIZZAZIONE LOCALITÀ Niccioleta -Poggio Tosoli COMUNE Massa Marittima PROVINCIA Grosseto REGIONE Toscana RIF. CARTOGRAFICO Q 119 - II COORDINATE 1656192,250144/4772859,346581 RIF. FOTO AEREA NUM. FOTOGRAMMA 0401 DATA 03_06_2005 15:05 AUTORE Università di Siena - Lap&T QUOTA DIMENSIONI 3504x2336 pixel _ 72 dpi MODALITÀ colore FOTOCAMERA Canon EOS 20D OBIETTIVO _ ESPOSIZIONE 1/320 sec. DISTANZA FOCALE 105 mm

© Università degli Studi di Siena. Dipartimento di Archeologia e Storia dell’Arte – Lap&T Niccioleta – Poggio Tosoli, castello di estrazione

Conclusioni

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DESCRIZIONE MORFOLOGIA sommità collinare

DESCRIZIONE ANOMALIA

L’evidenza, collocata al centro dell’immagine, è inserita in un’area boschiva in cui è riconoscibile il tracciato viario di accesso al sito. L’area di interesse si caratterizza per l’assenza di vegetazione e la presenza di strutture in ferro ed edifici in muratura.

FORMAZIONE antropica

INTERPRETAZIONE

All’interno dell’area di interesse, delimitata da recinzione, si individuano: castello in ferro per l’estrazione del minerale di pirite; centrale elettrica; edifici in muratura per l’alloggiamento della macchina di estrazione, caldaia ed impianto di ventilazione.

STATO DI CONSERVAZIONE Nonostante l’evidente stato di dismissione l’area e le strutture consentono una buona interpretazione della distribuzione e delle funzioni originarie.

AFFIDABILITÀ ottima VERIFICA 02_10_2005 TIPOLOGIA Industria mineraria, area estrattiva.

[Società Montecatini] CRONOLOGIA 1930 circa BIBLIOGRAFIA Archivio Corpo delle Miniere,

Grosseto RIF. SCHEDE E FOTOGRAMMI 0402 – 0410; 0412-0422

FIG. 9 . Scheda catalografica. Niccioleta, Poggio Tosoli.

Conclusioni

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CCCOOOLLLLLLIIINNNEEE MMMEEETTTAAALLLLLLIIIFFFEEERRREEE pppaaattt rrr iiimmmooonnniiiooo aaarrrccchhheeeooo--- iiinnnddduuusssttt rrr iiiaaallleee XXXVVVIII ---XXXXXX ssseeecccooolllooo

LOCALIZZAZIONE LOCALITÀ Niccioleta COMUNE Massa Marittima PROVINCIA Grosseto REGIONE Toscana RIF. CARTOGRAFICO Q 119 - II COORDINATE 1657409,144188/4772058,267798 RIF. FOTO AEREA NUM. FOTOGRAMMA 0384 DATA 03_06_2005 15:04 AUTORE Università di Siena - Lap&T QUOTA DIMENSIONI 3504x2336 pixel _ 72 dpi MODALITÀ colore FOTOCAMERA Canon EOS 20D OBIETTIVO _ ESPOSIZIONE 1/320 sec. DISTANZA FOCALE 100 mm DESCRIZIONE

© Università degli Studi di Siena. Dipartimento di Archeologia e Storia dell’Arte – Lap&T Niccioleta – Villaggio minerario

Conclusioni

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MORFOLOGIA sommità collinare DESCRIZIONE ANOMALIA Evidenza costituita da un tessuto urbano collocato

al centro di un’area boscosa e semipianeggiante. FORMAZIONE antropica

INTERPRETAZIONE

Si indivia un’area urbana definita da strutture di pubblica utilità ed una zona residenziale. In primo piano e a sinistra dell’immagine, i servizi e la chiesa, al centro le unità abitative suddivisibili in due categorie. L’uniformità tipologica e la distribuzione regolare differenziano gli edifici in primo piano, 1930-1940, dalle più recenti costruzioni in secondo piano,1960.

STATO DI CONSERVAZIONE La rispondenza di quanto evidenziato nell’immagine con la cartografia storica disponibile ne conferma un perfetto stato di conservazione oltre che l’assenza di interventi di epoca successiva.

AFFIDABILITÀ ottima VERIFICA 02_10_2005 TIPOLOGIA Industria mineraria, villaggio

operaio. [Società Montecatini]

CRONOLOGIA 1930 - 1960 FONTI E BIBLIOGRAFIA Nuovo Catasto, A.S.G. RIF. SCHEDE E FOTOGRAMMI 0338-0341; 0354-0357; 0360-0364;

0385-387; 0395-0396 FIG. 10 . Scheda catalografica. Niccioleta, villaggio minerario. L’archivio delle foto aeree per i siti archeoindustriali può, a sua volta, essere integrato dalla puntuale schedatura delle singole evidenze tesa a definire caratteristiche e modelli costruttivi degli edifici, individuare le trasformazioni subite ed i processi tecnologici e produttivi utilizzati, identificare le fonti utili alla documentazione del sito (di seguito è visualizzata l’interfaccia del database costruito per il censimento del patrimonio industriale nella provincia di Arezzo). (fig. 11) Secondariamente l’elaborazione complessa dei dati raccolti può essere utilizzata nella costruzione di carte tematiche e cataloghi di immagini o acquisita, secondo il modello proposto dal database del National Monument Record of Wales, (NMRW), per la consultazione on-line dei dati relativi al patrimonio storico archeologico del Galles e la ricerca delle fonti documentarie (cartografia, fotografie, etc.) disponibili presso il centro (fig.12). Il database, i cui dati sono visualizzati ed interrogabili

Conclusioni

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tramite piattaforma Gis, dispone attualmente di circa 1.250.0000 fotografie, 70.000 piante e disegni e 50.000 mappe storiche oltre a migliaia di aerofoto oblique (fig.12).

FIG. 11 interfaccia di visualizzazione del database di access per la gestione delle schede catalografiche del patrimonio industriale nella provincia di Arezzo.

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FIG. 12 Interfaccia di visualizzazione di Coflein, database on-line del National Monument Record of Wales.

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