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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA Relatore Chiar.mo Prof. Paolo TOSCHI ANNO ACCADEMICO 1952 – 53 LUCIANA VOLPINI DALL ALL ALL ALL ALLA C C C C CULL ULL ULL ULL ULLA ALL ALL ALL ALL ALLA B B B B BAR AR AR AR ARA NELLE NELLE NELLE NELLE NELLE T T T T TRADIZIONI ADIZIONI ADIZIONI ADIZIONI ADIZIONI P P P P POPOL OPOL OPOL OPOL OPOLARI ARI ARI ARI ARI DI DI DI DI DI MONTEFIA ONTEFIA ONTEFIA ONTEFIA ONTEFIASCONE SCONE SCONE SCONE SCONE (VITERBO) MONTEFIASCONE – Settembre 1999 Tipy

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA

RelatoreChiar.mo Prof. Paolo TOSCHI

ANNO ACCADEMICO 1952 – 53

LUCIANA VOLPINI

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MONTEFIASCONE – Settembre 1999

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PRESENTAZIONE

Questo lavoro, nato come onesta, attenta e scrupolosa tesi di laureain Facoltà di Lettere e Filosofia, si è impreziosito attraverso gli anni edoggi è degno di essere considerato come uno dei documenti più originalie completi sulle tradizioni che un tempo furono nel nostro paese.

Già il titolo, emblematico, DALLA CULLA ALLA BARA, ci introduce aitemi esaminati nell’opera, che ha ricercato nei superstiti riti e nella memo-ria dei testimoni quanto restava di un folklore e di un modo di vivere le cuiradici affondavano nella notte dei tempi, accompagnando e scandendo letappe dell’esistenza umana, dalla nascita ali’infanzia, ai giochi dei bambini,al fidanzamento, al matrimonio, alla malattia, alla morte.

Si trattava di un’esistenza ancora colorata da un alone di incanto e dimagia, talora di stregoneria, permeata da una religiosità che, insieme areminiscenze medievali, si portava dietro anche ancestrali riti pagani in unfluire del tempo che perpetuava se stesso.

L’autrice ha condotto lo svolgimento con estremo rigore, dopo averconsultato una ricca bibliografia che, pur non sempre riferendosi allo spe-cifico, le ha consentito di affinare il metodo di ricerca e lo spirito critico edi inquadrare con maggiore consapevolezza la materia.

Con evidente profusione di tempo e affrontando un’imponente moledi lavoro, ha quindi cercato il contatto diretto con le fonti locali (preferi-bilmente vecchi e contadini nei quali meglio sopravviveva l’antica memo-ria) e si è servita di questionari attraverso cui far emergere ogni aspetto divita quotidiana: così, pur cozzando talora contro un muro di diffidenza edi reticenza, è riuscita a sottrarre alla dimenticanza tradizioni, riti, costumi,

4 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

superstizioni, credenze, stornelli, canti, giochi. Questi ultimi poi, in quan-to spesso riproduzione e rappresentazione di antiche cerimonie del mon-do adulto in quello infantile, hanno il potere di riportarci ancora più indie-tro nel tempo.

Data della compilazione della tesi è il 1952, ma i lettori di oggi, a solicinquant’anni di distanza, vengono proiettati in un mondo lontano che,decisamente, ormai non ci appartiene più.

Quelli della mia generazione sono gli ultimi a poter tirare fuori dailabirinti della memoria il ricordo di certi giochi e filastrocche che l’autricecita e fa sentire nel cuore una sensazione di vuoto, che probabilmente èsolo rimpianto della propria giovinezza, di un mondo fatto di niente, dovele cose, poche, ruotavano intorno all’uomo, che poteva levare alta la suavoce sopra il silenzio di esse, finché l’eco si spegneva. Una generazione lamia che, dopo la lettura di questo testo, tanto più avverte la consapevolez-za di essere spartiacque nella storia dell’umanità rispetto a tutte quelle cheverranno dopo, in cui l’importanza dell’uomo stesso diverrà inevitabil-mente sempre più secondaria rispetto alle cose che lo sovrastano con illoro frastuono.

I lettori più giovani leggeranno invece queste pagine con interessestorico, meno coinvolti nei sentimenti, ma certo altrettanto motivati. In-fatti ciò che qui si racconta su fanciulli, fidanzati, sposi, malati, morti... è dicinquanta anni fa, ma potrebbe essere di cento o duecento anni fa e sirapporta più al Medioevo che non ai nostri giorni: un mondo che trae isuoi ritmi dalla luce e dal buio, dal susseguirsi lento delle stagioni, con usie costumi, modi di agire che sono ancor prima modi di pensare, di sogna-re, di trarre auspici, tramandati attraverso il tempo, accolti (non subito!), inuna totale assenza di pensiero critico, senza porsi il problema se sia giustoelaborare una visione personale del mondo, ma orientando i propri passisulle orme di chi ci ha preceduto.

Presentazione 5

Un mondo migliore o peggiore del nostro? Un giudizio di tipo mora-le sarebbe assurdo, antistorico, insensato. Certo un mondo diverso, in cuiparole come correre, fretta, stress risultano estranee e su cui non sarà comun-que male riflettere e meditare. Ringraziamo pertanto l’autrice di avercelocon tanto amore tratteggiato e conservato.

Prof. ssa Elettra De Maria

SommarSommarSommarSommarSommarioioioioioUNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA...........................................1Anno Accademico 1952 – 53 ..................................................................1

Luciana Luciana Luciana Luciana Luciana VVVVVolpiniolpiniolpiniolpiniolpini ......................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................... 1

DALLA CULLA ALLA BARA NELLE

TRADIZIONI POPOLARI DI MONTEFIASCONE............ 1

PRESENTAZIONE.............................................................. 3INTRODUZIONE .............................................................. 15Principali Informatori ..........................................................19Questionari..........................................................................21

NNNNNASCITASCITASCITASCITASCITAAAAA ...............................................................................................................................................................................................................................................................2121212121BBBBBAAAAATTESIMOTTESIMOTTESIMOTTESIMOTTESIMO ................................................................................................................................................................................................................................................2121212121BBBBBENEDIZIONEENEDIZIONEENEDIZIONEENEDIZIONEENEDIZIONE DOPODOPODOPODOPODOPO ILILILILIL P P P P PARARARARARTTTTTOOOOO ......................................................................................................... 2222222222IIIIINFNFNFNFNFANZIAANZIAANZIAANZIAANZIA EEEEE ADOLESCENZAADOLESCENZAADOLESCENZAADOLESCENZAADOLESCENZA....................................................................................................................................... 2222222222FFFFFIDIDIDIDIDANZAMENTANZAMENTANZAMENTANZAMENTANZAMENTOOOOO ........................................................................................................................................................................................................ 2222222222MMMMMAAAAATRIMONIOTRIMONIOTRIMONIOTRIMONIOTRIMONIO .................................................................................................................................................................................................................................2323232323LLLLLAAAAA MORMORMORMORMORTETETETETE ................................................................................................................................................................................................................................................ 2424242424SSSSSCIENZACIENZACIENZACIENZACIENZA P P P P POPOLAREOPOLAREOPOLAREOPOLAREOPOLARE ....................................................................................................................................................................................2525252525

Capitolo I – Cenni Illustarativi su Montefiascone ................. 281. NOTIZIE STORICHE E GEOGRAFICHE ............................... 28

2. Bacco a Montefiascone - La leggenda dell’Est! Est!! Est!!! ...... 313. Carattere e Dialetto del popolo montefiasconese ....................... 33

8 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Capitolo II – Nascita ............................................................ 371. LA DONNA NELLO STATO INTERESSANTE .......................... 37

1.1. Interdizioni ............................................................................... 371.2. Le voglie ................................................................................... 381.3. Previsioni del sesso .................................................................... 39

2. IL PARTO ...................................................................412.1. Indumenti con cui viene rivestito il neonato ............................... 432.2. La scelta del nome .................................................................... 442.3. Gli amuleti ................................................................................ 44

3. IL BATTESIMO .............................................................454. PURIFICAZIONE DELLA PUERPERA................................... 485. NINNE NANNE ............................................................ 48

Capitolo III – L’Infanzia ...................................................... 551. LA PRIMA INFANZIA ...................................................... 55

1.1. Rimedi popolari per curare le malattie dei bambini ..................... 57Vermi (Elmintiasi) ....................................................................... 57Mughetto.................................................................................... 58Enterite ...................................................................................... 58Tosse convulsa ............................................................................ 59Infantijole (eclampsia) ................................................................. 59Sangue dal naso (epistassi) .......................................................... 59Orecchioni .................................................................................. 60Scarlattina .................................................................................. 60

2. BENEDIZIONE DEI BAMBINI ........................................... 603. PRIMA COMUNIONE E CRESIMA .....................................61

Capitolo IV – I Giuochi dei Fanciulli ....................................631. GIUOCHI E FILASTROCCHE PER BAMBINI ..........................632. VARI MODI DI CONTA ....................................................773. GIUOCHI DI FANCIULLE ............................................... 82

– Madama Dorè – ....................................................................... 83– Il Castello – .............................................................................. 84– Rosa Rosella – .......................................................................... 85– Inginocchiete Santuccia – ......................................................... 86 – Ho perso una Cavallina – ......................................................... 87

Sommario 9

– O Maria Giulia – ...................................................................... 89– Su su ballate, Vergini – .............................................................. 90– Ecco qui questa Vecchina – ....................................................... 90– Sorcetto – ................................................................................ 91– Rosa Rosetta –.......................................................................... 92– Busso – .................................................................................... 92– Gli Ambasciatori – .................................................................... 92– Il Fornaio – ............................................................................. 95– Anello mio Anello – .................................................................. 96– I Colori – ................................................................................. 97– I Sassetti – ................................................................................ 98– Giuochi con la Palla – ............................................................. 100– Giuochi con la Corda –........................................................... 105– La Campana – ........................................................................ 107

4. GIUOCHI DI RAGAZZI ................................................. 1094.1. Balocchi .................................................................................. 109

– Il Fischietto – ......................................................................... 109– Il Telefono – ........................................................................... 110– Lo Schizzetto – ....................................................................... 110– Il Battipalla – .......................................................................... 110– La fionda – .............................................................................. 111

4.2. Giuochi ................................................................................... 111– Battimuro – ............................................................................. 111– Testa o santo – ........................................................................ 112– Piastrella – ............................................................................. 112– Pitala patala – .......................................................................... 113– Pittolo – .................................................................................. 113– Spaccapittolo – ....................................................................... 114– Sarta la mula – ....................................................................... 114– Ciccì tre fiaschi di vino – .......................................................... 115– A sartà la quaja – .................................................................... 116– Fazzoletto – ............................................................................ 116

5. GIUOCHI PER RAGAZZI E RAGAZZE ............................... 117– Regina Reginella – ...................................................................117– Bolle di sapone – .................................................................... 118– Sei stato alla vigna? – .............................................................. 118– Il giuoco del perché – ............................................................. 119– Frulla, frulla castagna marrone – ............................................. 119– Tocca ferro – .......................................................................... 120– Mosca cieca – ......................................................................... 120

10 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

– Cencio mollo – ....................................................................... 122– I quattro cantoni – .................................................................. 122– S. Pietro e S. Paolo, aprite le porte – ........................................ 123– È arrivato un bastimento carico di … – ................................... 124– Inguattaciglia – ....................................................................... 124– Cucuzzaro – ........................................................................... 125– Buzzico – ............................................................................... 126– Pegni e penitenze – ................................................................. 127

6. INDOVINELLI ............................................................. 1287. SCIOGLILINGUA ......................................................... 134

Capitolo V – Il Fidanzamento ............................................. 1371. FASE PREPARATORIA DEL FIDANZAMENTO ....................... 137

1.1. Pronostici .................................................................................1371.2. Dichiarazione .......................................................................... 1391.3. Rifiuto di un pretendente ......................................................... 1401.4. Scherzi e dispetti da parte degli amici ....................................... 1411.5. Consensi ................................................................................. 141

2. AMOREGGIAMENTO .................................................... 1422.1. Scambio di doni ...................................................................... 1422.2. Luoghi e frequenza degli incontri. ........................................... 1432.3. Cosa si fa per vedere se il fidanzato è sincero ............................ 1442.4. Serenate ed infiorate ............................................................... 145

3. FASE CONCLUSIVA DEL FIDANZAMENTO ......................... 1473.1.La dote .................................................................................... 1473.2.Le pubblicazioni ...................................................................... 1483.3.Usanze caratteristiche – La visita solenne della suocera .............. 148

– POESIA DELL’AMORE E DELL’ODIO – ............................. 150– RISPETTI – ............................................................ 152

1. Amore Lieto .......................................................................... 1522. Bellezze della donna .............................................................. 1543. Serenate ................................................................................ 1563. Amore sfortunato .................................................................. 1585. Corrucci e gelosie .................................................................. 1626. A dispetto ............................................................................. 1647. Sentenziosi ............................................................................ 166

STORNELLI ............................................................. 167 1. Bellezze della donna ............................................................. 167

Sommario 11

4. Amore lieto ........................................................................... 1695. Amore sfortunato.................................................................. 1746. Corrucci e gelosie .................................................................. 1767. A dispetto ............................................................................. 1798. Di pace ................................................................................. 1849. Sentenziosi ............................................................................ 185

Capitolo VI – Il Matrimonio ............................................... 1871. I PREPARATIVI DEL MATRIMONIO ................................... 187

1.1. Scelta dell’epoca e del giorno delle nozze ................................. 1871.2. Gli inviti ................................................................................. 188

2. USI NUZIALI NEL PAESE ............................................... 1892.1. Abbigliamento della sposa ....................................................... 1892.2. L’addio della sposa ai suoi cari ................................................ 1902.3. Il corteo e la cerimonia nuziale ................................................ 1902.4. Il pranzo di nozze .................................................................... 1922.5. Il viaggio di nozze.................................................................... 1932.6. Altre usanze ............................................................................ 193

3. USI NUZIALI NELLE NOSTRE CAMPAGNE ......................... 1943.1. La cerimonia in chiesa ............................................................. 1943.2. Trasporto del corredo .............................................................. 1953.3. Foggia degli abiti nuziali .......................................................... 1973.4. Il cambiamento di casa ............................................................ 1993.5. L’accoglienza da parte della suocera ......................................... 2003.6. Il pranzo ................................................................................. 2013.7. Dopo le nozze. “Il tornarreto”. ................................................ 203

4. PROVERBI E PREGIUDIZI .............................................. 2035. MATRIMONI DI VEDOVI............................................... 204– CANTI DI NOZZE – .....................................................205

1.1. Commiato della sposa dai suoi cari ...................................... 2051.2. Brindisi de cantarsi durante il pranzo (Brinze) ..................... 207

La sorella così canta alla sposa: ...................................................... 2121.3. Canti per “le nozzarole” ...................................................... 213

Capitolo VII – La Morte..................................................... 2151. L’ATTESA DELLA MORTE .............................................. 215

1.1. Presagi di morte ...................................................................... 2161.2. L’agonia e il trapasso ............................................................... 217

12 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

2. DOPO LA MORTE ....................................................... 2192.1. Vestizione e sistemazione del defunto ....................................... 2192.2. Varie tradizioni funebri ............................................................ 2212.3. La veglia del morto ................................................................. 2222.4. Sistemazione nella bara (usi odierni ed antichi) ........................ 222

3. GLI ULTIMI ONORI AL DEFUNTO ...................................2243.1. Il trasporto in chiesa ................................................................ 2243.2. I funerali ................................................................................. 2243.3. Il seppellimento ....................................................................... 225

4. IL LUTTO ................................................................. 2255. PARTICOLARITÀ NOTEVOLI ...........................................227

Appendice ......................................................................... 231– “DIES IRAE” POPOLARI – ............................................. 231– I LEZIONE –............................................................... 231– II LEZIONE – ............................................................. 233– III LEZIONE – ............................................................ 235

Capitolo VIII – Scienza Popolare ........................................ 2451. MEDICINA POPOLARE.................................................. 245

1.1. Rimedi popolari per curare le malattie degli adulti .................... 246– Erisipela (Risipola) – .............................................................. 246– Lombaggine (mal di reni) – .................................................... 246– Scottature – ............................................................................ 247– Ferite – .................................................................................. 247– Morsicatura di vipere – ........................................................... 248– Morsicatura di cani – .............................................................. 248– Dolori reumatici – .................................................................. 249– Malaria (Febbre quartana) – ................................................... 249– Febbre terzana – ..................................................................... 250– Contusioni – .......................................................................... 250– Dolore agli occhi – ................................................................. 250– Foruncoli – ............................................................................ 251– Raffreddori (reuma di testa) – ................................................. 251– Reuma di petto – .................................................................... 251– Nevralgie di testa – ................................................................. 251– Pressione – ............................................................................. 251

Sommario 13

– Distorsioni – .......................................................................... 252– Spavento – ............................................................................. 252– Itterizia – ................................................................................ 252– Appendicite (Torcibudello) – .................................................. 252– Geloni – ................................................................................. 252– Orticaria – .............................................................................. 252– Gengivite –............................................................................. 253– Mal di denti –......................................................................... 253– Orzarolo (Causato da avarizia) – ............................................. 253– Mal di gola – .......................................................................... 253– Singhiozzo – ........................................................................... 2542. Malocchio e fattura ............................................................... 2543. Magia e stregoneria ............................................................... 2571 – Racconta Elvira Maurizi – .................................................... 2592 – Racconta Filomena Napoli – ................................................ 2603 – Racconta Filomena Napoli – ............................................... 2604 – Attilia Cicoria racconta – ..................................................... 2615 – Noemi Biagioni narra – ........................................................ 2616 – Filomena Napoli racconta – ................................................. 2624. Meteorologia popolare ........................................................... 263

INTRODUZIONE

Le tradizioni che mi accingo ad illustrare sono quelle della zona diMontefiascone che trovasi a sud-est del Lago di Bolsena. Il paese è situato inprovincia di Viterbo e oltre il centro comprende numerose frazioni tra cui lepiù importanti: gli Zepponami, le Grazie, le Coste, i Fiordini, Capobianco,ecc.

Più che nel centro del paese, dove le tradizioni locali si vanno spegnen-do, ho condotto le mie ricerche soprattutto in alcune delle frazioni suddette.È qui che ho studiato e raccolto con amore le credenze, gli usi, le supersti-zioni, la stregoneria, per fornire un quadro organico delle tradizioni dallaculla alla bara.

Ho diviso il lavoro in otto articoli e cioè:

1. Cenni illustrativi su Montefiascone;2. La nascita;3. L’infanzia;4. Giuochi fanciulleschi;5. Il fidanzamento;6. Il matrimonio;7. La morte e i funerali;8. Scienza popolare.

Ho cercato di fare uno studio particolareggiato dei singoli argomentipresi a trattare e per questo non ho risparmiato né tempo né lavoro ed horaccolto tutte le notizie possibili. Ora, ad opera compiuta, sono costretta aconstatare che il popolo conserva ben poche delle tradizioni tipiche, poichéanche nelle campagne, le più remote, il popolino cerca di emanciparsi intutti i modi; infatti è stato abbandonato dai giovani il bellissimo costume

16 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

locale, mentre gli stornelli e i canti dei vecchi lasciano il posto alle modernecanzonette diffuse ovunque dalla radio; anche il dialetto ha subìto delle len-te, ma chiare modifi-cazioni, avvicinandosi sempre più alla forma italiana, acausa della più diffusa cultura.

Nello svolgimento del mio lavoro mi sono trovata in mezzo a gravi dif-ficoltà, anzitutto perché nessuno del luogo prima di me aveva trattato que-sto argomento, poi perché non ho trovato altra opera sul folklore dell’AltoLazio, per quanto abbia cercato nella bibliografia del PITRÈ ed in quella delTOSCHI, all’infuori di quella del MARSILIANI ALESSANDRO, autore dei Cantidei dintorni del lago di Bolsena, di Orvieto e delle campagne del Lazio, Tip.Marsili, Orvieto 1885.

Dal confronto fatto fra i canti da me raccolti e quelli riportati dalMARSILIANI, ho potuto constatare che alcuni rispetti e stornelli viventi tutto-ra a Montefiascone, si trovano con varianti più o meno leggere, e taloraanche in forma del tutto inalterata, nelle zone finitime.

Per avere una visione completa dell’opera che dovevo svolgere, quasi unpiano preordinato che servisse a prospettarmi organicamente la materia dastudiare, ho redatto dei questionari che più oltre trascriverò, avendo a mo-dello quelli riportati dal Chiar.mo Prof. PAOLO TOSCHI, nel suo volume Gui-da allo studio delle tradizioni popolari.

I suddetti questionari mi sono stati di grande utilità, poiché non hotrovato nessuno disposto ad aiutarmi, ed ho cercato di approfondire le ricer-che con l’interrogare secondo la guida suddetta il maggior numero di perso-ne adatte a fornire notizie; mi sono rivolta a gente del volgo e preferibilmen-te a vecchi e contadini, i quali conservano meglio le tradizioni, ed ho osser-vato che le donne, in particolar modo, si manifestano attaccate agli antichicostumi e conservano e ricordano molto meglio degli uomini. Tra le altredifficoltà debbo aggiungere anche quella dovuta alla diffidenza e alla reti-cenza delle persone a cui mi sono rivolta, le quali hanno addotto varie scuse,fra cui principalmente quelle della memoria: molte sono rimaste sorprese diquesta mia ricerca ed infine, dopo svariate insistenze, mi hanno dato le noti-zie e i canti che verrò trascrivendo nel corso dell’opera. Se, come ho giàdetto, non ho potuto trovare alcuna opera sul folklore dell’Alto Lazio, hoperò potuto usufruire di opere a carattere più generale, le quali hanno am-

Introduzione 17

pliato le mie cognizioni ed hanno affinato il mio metodo di ricerca. Quelleda cui ho tratto maggior profitto sono: i tre volumi del DE GUBARNATIS, Usinatalizi, nuziali e funebri…. Egli con il suo metodo comparativo tenta diabbracciare non solo le credenze europee, ma quelle di tutto il mondo conparticolare riguardo agli usi italiani; sembra però che non vi riesca del tuttosia per lo scarso rigore del metodo che per l’insufficiente materiale di com-parazione. Più critico è il Corso in Reviviscenze.

Per i giuochi e gli indovinelli, di particolare importanza, ho consultatole opere del PITRÈ su tali argomenti. Il grande folklorista, raccoglitore ditutte le tradizioni siciliane, ci offre in queste due opere, pagine di vero inte-resse, sia per la dimostrazione esauriente che molti giuochi dei piccoli deri-vano da costumanze dei grandi, cadute in disuso, sia per la chiarezza del-l’esposizione. Il VAN GENNEP infine mi ha offerta una guida sicura per lostudio e per il modo di inquadrare la materia. Le altre opere che riporterònella bibliografia mi hanno offerto un notevole contributo nella trattazionedei singoli argomenti.

Nello svolgimento del lavoro mi è stata di grande giovamento l’operadel Prof. TOSCHI, Il folklore.

Questa lettura di autori mi ha condotto non solo ad una maggiore com-prensione della materia, ma anche ad appassionarmene, in modo che mi sonopotuta accingere all’opera con maggiore ardore.

PRINCIPALI INFORMATORI

Angeli Anna - contadina - anni 48Bacchiarri Pietro - anni 12Bacoccoli Giuliana - anni 9Bartolozzi Fernanda - anni 7Bertuccini Maria - contadina - anni 75Bizzarri Vincenza - contadina - anni 75Buroni Vittoria - contadina - anni 50Cevolo Fiora - contadina - anni 47Cicoria Attilia - contadina - anni 50Cipriani Geltrude - contadina - anni 63Corba Settimio - contadino - anni 52Fanali Oreste (Pecorella)- contadino - anni 80Giraldo Leonella - contadina - anni 63Giuliani Carolina - contadina - anni 44Marinelli Filippo - anni 13Maurizi Elvira - contadina - anni 75Menghini Felicita - anni 10Misantoni Graziella - anni 8Mocini Marzilia - contadina - anni 58Napoli Filomena - contadina - anni 50Nami Fausto - anni 10Nasoni Concetta - contadina - anni 85Notazio Nicola (Padella) - contadino - anni 65Notazio Pasquina - contadina - anni 22Can.co Orfei Don Alfonso - sacerdote - anni 80Pieretti Maria - contadina - anni 62Pieretti Graziella - anni 9Pietretto Agostino (Sonno) - contadino - anni 65Pignatta Vincenzo - anni 13Pornello Filomena - contadina - anni 76

20 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Ricci Valerio - anni 10Salmistraro Paolo - anni 9Salvatori Raffaele - contadino - anni 37Trapè Margherita - contadina - anni 77Volpini Maria - d.d.c. - anni 62Volpini Anna - d.d.c. - anni 67Volpini Rita - maestra elementare - anni 19

QUESTIONARI

NASCITA

Interdizioni riguardanti la donna incinta.Casi di voglie – elencarli.Come può indovinarsi il sesso del futuro nascituro?C’è qualche usanza e credenza relativa alla nascita?Come e da chi è stabilito il nome del neonato?Dopo quanto tempo dalla nascita si pongono al collo del bambino degli amuleti per preservarlo dal malocchio?Quali sono?Come si fascia il bambino?Dove si mette l’ombelico quando cade?

BATTESIMO

Dopo quanto tempo dalla nascita si usa battezzare il neonato?

Quale giorno della settimana si sceglie di preferenza per battezzare il bambino?Fra quali persone si scelgono preferibilmente il padrino e la madrina?Nomi con cui vengono chiamati in dialetto.Costume del battezzando, segni distintivi del sesso.Chi porta il bambino in chiesa?Si fa il corteo? Come viene ordinato?In quale ora del giorno si preferisce battezzare il bambino?

22 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Cosa si regala al parroco e al sacrestano?Regali che i padrini fanno al piccolo e alla mamma e regali che la mamma fa ad essi.C’è il pranzo del battesimo e dove?Ninne nanne.

BENEDIZIONE DOPO IL PARTO

Come si chiama in dialetto la cerimonia?Come si svolge in chiesa?Che cosa non deve fare la puerpera prima della sua purificazione?

INFANZIA E ADOLESCENZA

Credenze e pregiudizi relativi alla prima infanzia.Malattie più frequenti dei bambini e rimedi popolari per curarle.Benedizione dei bambini.Prima Comunione e Cresima.Filastrocche infantili.Giuochi di fanciulle.Giuochi di ragazzi.Indovinelli e scioglilingua

FIDANZAMENTO

Età in cui si fanno i primi approcci fra i giovani dell’uno e dell’altro sesso.Quali pratiche si fanno per trovare un marito o una moglie?Come traggono le fanciulle gli auspici intorno alle loro nozze?Mezzo per indovinare il nome del marito.

Questionari 23

Quando e dove si frequentano i giovani prima di fidanzarsi?Il rifiuto di un pretendente in quale modo avviene?Santi che vengono invocati per trovare un marito.I giovani fanno scherzi alle ragazze? C’è un periodo stabilito?Chi fa la domanda di matrimonio? Intermediari.Come si chiamano i fidanzati in dialetto?Che cosa si regalano reciprocamente i fidanzati?Cosa si fa se si rompe il fidanzamento?Durante il periodo di fidanzamento, la fidanzata può entrare in casa del fidanzato?Questi può dormire nella stessa casa di lei?Come fa la fanciulla per vedere se il fidanzato è sincero?Serenate, infiorate d’amore e di dispetto.Accordi per il matrimonio. Come avvengono.Come si chiamano in dialetto le pubblicazioni di matrimonio?A chi spetta di fornire la casa?Cosa spetta al giovane e cosa alla giovane.Proverbi relativi all’avvenire.

MATRIMONIO

In quale epoca dell’anno, si fanno di preferenza i matrimoni? In quale giorno della settimana? Come si fanno gli inviti?Abbigliamento della sposa.L’addio della sposa ai suoi cari.Con quale mezzo si recano in chiesa, chi va a prendere la sposa?Come è ordinato il corteo?Durante il corteo si getta qualcosa agli sposi?Si gettano confetti?Particolare del costume antico degli sposi.La sposa porta un mazzo di fiori, si orna di gioielli speciali?

24 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Trasporto del corredo.La madre dello sposo aspetta gli sposi sulla porta di casa e sparge loro addosso grano, confetti, ecc.?Ricevimento della sposa; c’è una scena dialogata?Dove si fa il pranzo?Lista delle vivande.Quando e come si fa il regalo alla sposa?Si rompono stoviglie? Brindisi, scherzi.Si fa il viaggio di nozze?Quanti giorni la sposa deve rimanere in casa?Quando vanno le rispettive madri a visitare gli sposi?Quando vanno le amiche?La domenica dopo le nozze, gli sposi vanno in chiesa in abito di nozze?Si fanno scampanate, frastuoni, ai vedovi che si risposano.Proverbi relativi al matrimonio.Canti di nozze.

LA MORTE

Pronostici, credenze, superstizioni relative alla morte.Per quali ore si attende la morte?Appena l’ammalato muore si piange e si grida?Si apre la finestra subito dopo la morte?Si lava il cadavere?C’è una differente maniera di suonare le campane secondo che il morto sia uomo o donna?Si taglia una ciocca di capelli?Abbigliamento del morto, gli si mettono degli abiti? Si mettono in tasca al morto dei soldi per pagare Caronte?Veglia del morto. Si recitano preghiere in comune?Davanti al cadavere si pongono dei ceri?Dove si pone il morto?

Questionari 25

Si avvolge in un lenzuolo?Che cosa si mette nella bara?Chi porta la bara?Si fanno visite di condoglianze, come? Quando?Si getta qualche cosa su o dentro le tombe?Si fa un offerta al curato e al sacrestano? Quando?Si fa il pranzo funebre ai parenti?Come si mostra che c’è un lutto in casa?Vestiti di lutto.Dopo la morte si dice che l’anima va in cielo, o si crede che resti presso la casa o nei campi?Vi sono altre credenze sull’anima?Canti funebri.Proverbi relativi alla morte.Gli amici mandano vivande ai parenti del defunto?Quanti giorni i parenti del defunto devono restare in casa?Usi quando muore un bambino.Dove è stato ucciso qualcuno si pianta una croce.“Dies irae” popolari.

SCIENZA POPOLARE

Appunti di medicina popolare.Cosa si fa contro il malocchio e la fattura delle streghe?Stregonerie.Meteorologia popolare. Proverbi.

26 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Capitolo I

CENNI ILLUSTARATIVI SU MONTEFIASCONE

1. NOTIZIE STORICHE E GEOGRAFICHE

C hi osserva da lontano Montefiascone, scorge la cittadina appollaiata sulle falde di un monte isolato, dominata dalla maestosa cupola della Cattedrale, dedicata alla Vergine Mar-

tire S. Margherita.Il paese, che conta circa 13.000 abitanti, è situato in provincia di Viterbo

a 15 km. a nord del capoluogo, precisamente sul lato sud-est del lago diBolsena, da cui dista circa 5 km. Una valle ubertosa ed ampia si stende fraMontefiascone ed il lago, caratteristico per la presenza di due isole: laBisentina e la Martana, celebre quest’ultima per la triste fine che vi trovò nel535 la regina dei Goti, Amalasunta.

Non esistono documenti in Montefiascone che possono stabilire, consicurezza, chi fossero i primi abitanti di questo territorio, si argomenta peròche anche il nostro paese, come del resto gli altri dell’Alto Lazio, dovettesottostare dapprima alla dominazione degli Etruschi e poi a quella dei Ro-mani, dopo che essi ebbero sottomessa Tarquinia nel 278 a. C.

Alcuni studiosi di storia locale affermano che la lezione più antica delnome Montefiascone sia “Mons Faliscorum” (Monte dei Falisci) e da quicongetturano che un nucleo di abitanti di Faleria, dopo la distruzione dellaloro città da parte di Camillo, per sfuggire alle persecuzioni dei Romani,attraversata la selva Cimina, si rifugiasse nel piccolo villaggio etrusco, già

Capitolo I 29

esistente sul colle. Il nome poi attraverso i secoli fu corrotto in “Mons Flascon”1 e quindi in Montefiascone.

Le prime notizie documentate su Montefiascone risalgono all’800. Que-ste ci informano che esisteva non sulla vetta, ma sulle falde del monte, intor-no alla “Ecclesiam sanctae Mariae ubi corpus B. Flaviani Martiris requiescit”,un borgo detto di S. Maria, mentre sorgeva presso il lago un castello e unaltro nucleo abitato chiamato “Castrum de valle perlata” cioè “Castello del-la grandissima valle”, che i notari dell’epoca trasformarono in “Castrum deperalata”. Qui vi erano due chiese, ora distrutte, quelle di S. Lucia e di S.Maria 2.

Con la formazione del potere temporale dei Papi, Montefiascone passòsotto il governo dei Pontefici, che la costituirono sede del Rettore dellaprovincia, onore a cui fu sensibile la cittadina la quale parteggiò sempre coni Guelfi a pro del Papa.

A tale costante dedizione corrispose nei secoli la benevolenza dei Papi.Ma poiché il villaggio che sorgeva alle pendici del monte, intorno alla chiesadi S. Flaviano (come più tardi si chiamò la chiesa di S. Maria) era troppoesposto alle incursioni nemiche, il nucleo abitato andò spostandosi verso lavetta del colle, sulla quale fu innalzato dai Papi Innocenzo III, Urbano IV,Martino IV, una poderosa rocca, rifugio sicuro nei momenti tempestosi egradito luogo di villeggiatura durante l’estate. Rocca che nel secolo XVI furesa fastosa e più potente dai Papi Giulio II e Leone X. Il Papa Urbano Vcon la bolla “Cum illius” del 31 agosto 1369 concedeva a Montefiascone iltitolo di città e la dignità di diocesi. Così nel secolo XIV Montefiascone siinnalza su tutti i paesi che fanno corona al lago; alla sua rocca convengonopersonaggi di prim’ordine al seguito della corte papale: il 18 aprile 1536,Carlo V vi assiste ad una sagra dell’Est! Est!! Est!!! tanto memorabile daessere ritenuta degna di una ripetizione nel 1841 dinanzi a Gregorio XVI.

1 Nel Medioevo “flascon” significava vaso da vino (caratello) e l’antico stemma diMontefiascone era rappresentato appunto da tre monti sormontati da un caratello. Unricordo di ciò, secondo quanto mi ha riferito il Can.co Don Alfonso Orfei, l’abbiamo inun calice, lavoro fiorentino del 1300, che attualmente trovasi nel tesoro della Cattedrale.In questo vi è uno smalto raffiguranti i tre monticelli con il caratello.

2 Can.co Don A. Orfei.

30 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Nel 1666 sorge il Seminario, che fu poi ampliato dal grande CardinaleBarbarigo e che, col passare degli anni, divenne, come disse Guido Baccelliministro della Pubblica Istruzione, “Antico centro di eletta cultura”.

Carlo V assiste alla rappresentazione della “fontana del Moscatello” in piazza S. Andrea pressol’arco del Palazzo (Riformanze Vol. V foglio 27r).

Capitolo I 31

Il primo settembre 1719, Clemente XI autorizzò in Montefiascone lenozze di Giacomo III d’Inghilterra con Clementina Sobiescki di Polonia; nel1721 la città diede i natali all’illustre poeta satirico G. B. Casti.

Nel 1870, infine con i territori che ancora rimanevano in possesso deiPontefici, passò a far parte del Regno d’Italia.

2. BACCO A MONTEFIASCONE -LA LEGGENDA DELL’EST! EST!! EST!!!

Se Viterbo è divenuta ormai famosa per la Macchina di S. Rosa, seMarino Laziale per la sagra dell’uva, se Orvieto per la tradizionale proces-sione del Corpus Domini, Montefiascone è nota per il suo prelibato mosca-to chiamato Est! Est!! Est!!! , e soprattutto per la caratteristica leggenda chegli ha dato il nome.

“Tra il seguito dell’Imperatore Enrico V in viaggio verso Roma nel 1111,vi era un certo Giovanni Deuc, devoto appassionato del Dio Bacco. Prima dimettersi in cammino, egli chiamò il suo servo Martino a cui disse: “AscoltaMartino, tu dovrai precedermi nel viaggio. Poiché so che in Italia c’è dell’ot-timo vino, ad ogni osteria che si troverà sulla nostra via, tu fermati e fattiservire di quello buono; se ti sembrerà degno di essere bevuto anche da me,scrivi sulla porta dell’osteria la parola “Est!”.

Martino, fedele all’ordine del suo signore, lasciò il segnale stabilito intutte le osterie che a lui parvero degne di una sosta. Il signor Deuc seguivaat-tentamente le tracce lasciate dal suo corriere assaggiatore e, dove trovavala fatidica parola, scendeva dalla mula e si fermava a gustare le delizie delsacro liquore. Martino aveva già adempiuto a gran parte del suo compito,quando, giunto a Montefiascone, si accorse di avere qui trovato il paradiso.

Alla prima osteria il vino gli parve sì delizioso da sembrargli insufficien-te il solo “Est!”, perciò sulla porta scrisse “Est! Est!!”. La stessa impressioneriportò dall’assaggio preso nelle altre osterie della città, finché s’imbatté inuna in cui trovò un vino superiore ad ogni aspettativa, per cui a grossi carat-teri e su varie parti egli scrisse “Est! Est!! Est!!!”.

32 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Ciò fatto decise senz’altro di troncare il suo viaggio: un vino simile aquello di Montefiascone non lo avrebbe trovato in nessun altro luogo. “Quiaspetterò il mio padrone” decise.

Il giorno appresso con il corteo imperiale giunse Deuc, che bevuto l’“Est! Est!! Est!!!” credette che le porte del cielo si aprissero per lui. Per bendue giorni, egli ritardò la sua partenza tanto gli era difficile staccarsi da lì equando sembrò decidersi a partire fu preso da tanta nostalgia per il raroliquore che mise tenda in una di quelle osterie segnate da Martino con iltriplice “Est!” e si abbandonò alla sua passione. Quando, dopo molti anniDeuc si sentì in fin di vita, non volle saper nulla di medici, ma affidò la suasalute soltanto al buon vino consolatore. Circondato di fiaschi, dettò le sueultime volontà e dolcemente si addormentò. Nel suo testamento aveva sta-bilito che, neppure morto voleva separarsi dalla sua cara bevanda: lasciava alcomune di Montefiascone tutti i suoi beni alla condizione che ogni anno,ricorrendo il giorno della sua morte, la sua tomba venisse annaffiata con unbarile di quell’unico, prezioso, magnifico “Est! Est!! Est!!!”.

Lapide di Defuk in S. Flaviano a destra della porta d’ingresso. (Su cartolina)

Capitolo I 33

Il suo corpo fu sepolto nella chiesa di S. Flaviano. La lapide della suatomba, riproduce il Deuc, rivestito di grande manto e con il capo fiancheg-giato da due stemmi e da due bicchieri: ai piedi della lastra tombale si trovauna piccola pietra con questa iscrizione:

Est Est Est propter nimium Est hic IO DEUC Dominus Meus Mortuus est.

Quest’ultima volontà di Deuc fu scrupolosamente adempiuta fino aitempi del Cardinale Marco Antonio Barbarigo, (prima metà secolo XVIII).L’illustre porporato, giudicando l’atto sconveniente in una chiesa oltrechéun inutile spreco, deliberò che il caratello di vino, anziché essere versatoannualmente sulla tomba del Deuc, venisse dato al seminario locale. Anchequesta tradizione però è ormai caduta in disuso.

3. CARATTERE E DIALETTO DEL POPOLO

MONTEFIASCONESE

Buonaventura Tecchi, nel fascicolo “Viterbo e la sua regione” (EnteProv. per il turismo), parlando delle varie località della provincia, così siesprime riguardo a Montefiascone: “…laboriosa e protesa verso l’avvenire,ma un poco arcigna e diffidente”. Con questa efficace pennellata, lo scritto-re ha voluto darci in sintesi il quadro del carattere del popolo montefiasco-nese, però secondo il mio modesto parere, ha omesso delle sfumature cheavrebbero reso più efficace il suo quadro.

Non si può negare che la gente del mio paese sia laboriosa; tutti lavora-no nel proprio campo di attività, cercando di migliorare, di ampliare, diabbellire il paese, che per importanza è il secondo della provincia.

Questa laboriosità, simbolo di forza vitale, è espressa dalla sanità delsuo popolo, “dalla leggerezza spumeggiante ed estrosa del suo vino” 3.

3 B. Tecchi, op. cit.

34 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Riguardo poi le parole del Tecchi: “un poco arcigna e diffidente”, mi siapermesso dire che forse al visitatore il popolo di Montefiascone potrà sem-brare un popolo apatico, freddo, quasi noncurante direi, ma a chi lo conoscebene, apparirà chiaro che sotto quella scorza arcigna e diffidente, si celaanche gentilezza, misticismo e molta generosità, sebbene in forma un pocorustica e quasi timorosa di espandersi.

Montefiascone, facendo parte della provincia di Viterbo è situata in quellaparte del Lazio che s’incunea fra la Toscana e l’Umbria. Il suo dialetto, comedel resto quello degli altri paesi della Provincia, sia per quanto riguardal’accento, sia l’etimologia delle parole, risente soprattutto l’influsso del lin-guaggio romano, ma non è neppure estraneo agli influssi che possono deri-vargli dalle vicine regioni dell’Umbria e della Toscana.

Si può dire che è un dialetto di transizione fra il romano e il toscano,avente delle espressioni locali alquanto caratteristiche e difficilmente riscon-trabili anche nei paesi vicini.

36 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Capitolo II

NASCITA

1. LA DONNA NELLO STATO INTERESSANTE

1.1. Interdizioni

A gli effetti della riproduzione e conservazione della specie, la natura ha affidato alla donna il grande compito della mater nità, riguardato universalmente come la più sublime missio-

ne, quasi aureola regale che in-nalza la donna ad un livello superiore e larende degna di maggiore affetto e rispetto. Sensi questi che si manifestanoparticolarmente alle spose nel periodo della loro gestione, la quale è riguar-data con un misto d’interesse e di venerazione che spesso sfocia nella super-stizione. Nel periodo della gravidanza quindi la donna è oggetto di cure e diattenzioni, “sia per la sua difesa, sia per quella del figlio che ha in grembo. Atal uopo esistono molte prescrizioni, alcune di semplice natura igienica, maaltre di carattere magico” 1: essa deve togliersi dal collo catenine o collane edeve guardare bene di non mettervi delle matasse da dipanare, non devescavalcare staccionate o attraversare fossati e deve astenersi dal tenere lagambe accavallate, tutto ciò perché il bambino non nasca con il cordoneombelicale attorno al collo e perché il parto non sia troppo laborioso 2.

1 P. TOSCHI, Il folklore, cap. II, pag. 29, Universale Studium.2 Maria Pieretti. Cfr. G. ZANAZZO, Usi e costumi e pregiudizi del popolo di Roma,

pag. 39, Torino, S.T.E.N.; R. CORSO, Reviviscenze, pag. 19, Tip. Tirelli di F. Guaitolini,Catania 1927.

38 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

L’asserzione è dalla stessa Pieretti, confermata dal seguente episodio dicui ella fu testimone: “Una sua parente, pur essendo in stato interessante enonostante gli avvertimenti, era solita recarsi al suo campo, attraverso unrecinto di filo spinato. Quando essa partorì, la bambina venne alla luce stran-golata dal funicolo”.

Ma non sono solo queste le interdizioni a cui debbono sottoporsi legestanti: devono astenersi dal mangiare lumache, perché il figlio, sempresecondo la Pieretti, diventerebbe bavoso 3; è consigliabile inoltre che nonvedano essere deformi e che non assistano a spettacoli impressionanti, inquanto potrebbero nuocere al bambino. Si attribuisce alla gestante quasi unpotere magico, per cui tutto ciò che essa immagina o vede sotto un’impres-sione psichica, può influire sul fisico del nascituro determinando ad esempioil labbro leporino, o addirittura una mostruosità.

1.2. Le voglie

Tutta una letteratura magico-medica esiste intorno alle voglie, “stranofenomeno di non facile spiegazione, che si manifesta con un desiderio improv-viso e talora bizzarro per alcuni cibi o alcune bevande e per cui generalmentenon era sentita in antecedenza nessuna particolare attrattiva. Si congettura dataluni che tali desideri riguardino cibi preferiti dal bambino e allora le vogliestesse, più che della donna, sarebbero da considerarsi del bambino.

Molto spesso però esse sono il prodotto della suggestione altrui o del-l’auto suggestione, ma il più delle volte sono reali e l’opinione popolare attri-buisce loro un valore non indifferente perché il non esaudirle, si ritiene pos-sa riuscire di danno, non tanto alla donna, quanto al nascituro, cui rimarreb-be impresso sul corpo il segno del cibo desiderato”.

Le usanze popolari, consigliano quindi alla donna incinta, che si trovisotto lo stimolo di una voglia che non può essere soddisfatta, di non grattar-si, né toccarsi in alcuna parte del corpo; come male minore, si può concede-re alla gestante di toccarsi una natica.

3 Cfr. R. CORSO, op. cit., pag. 17.

Capitolo II - Nascita 39

Così è tradizione anche a Montefiascone, di non rifiutare nulla alle vo-glie di una donna incinta, soprattutto se trattasi di cibi consueti, pur cono-scendo che non tutte le voglie possono arrecare danno al bambino, infattisono pericolose per quest’ultimo solo le voglie fortemente sentite e per la cuiinsoddisfazione la donna senta mancarsi le forze e sia scossa da un tremito oformicolio trasmesso a tutto il corpo.

Posso qui riferire un esempio di voglia insoddisfatta. “Un giorno unadonna in stato interessante, mentre stava sulla porta della sua abitazione,vide passare un ragazzo con un cestino di fragole. Il desiderio di gustarnealcune fu così vivo nella gestante, che subito ne chiese al ragazzo, ma questi,forse inconsapevole della stato della donna, forse anche per un certo spiritodi avarizia infantile, più accentuato nei ragazzi campagnoli, non gliene volledare alcuna. Essa, inavvertitamente, si toccò dietro il collo, e, alcuni mesidopo nacque una bambina, che aveva la macchia di una fragola nel puntomedesimo in cui la mamma si era toccata 4 ”.

Le macchie di voglia più comuni sono quelle di fragola, di ricotta, dicaffelatte, di uva, di vino e di prosciutto.

Come ho potuto constatare, soprattutto attraverso l’opera dello ZANAZZO

da me precedentemente citata, simili tradizioni, riguardanti interdizioni evoglie si ritrovano anche a Roma e in altre località della regione.

1.3. Previsioni del sesso

Non appena la donna sa di essere incinta, le si presenta l’eterna doman-da: sarà maschio o femmina? I desideri e le previsioni sono in genere discor-di e quel che è peggio il desiderio non sempre si accorda con la realtà epoiché si sa di non poterlo in alcun modo realizzare, pur ricorrendo a prati-che diverse, si sa di lanciarsi su semplici congetture determinate dall’esamedei sintomi o addirittura su divinazioni.

“Le previsioni del sesso del nascituro rispondono a un bisogno naturaledello spirito umano e quindi la tradizione popolare ce ne offre un grandenumero. Alcune si riconducono a concezioni magiche per analogia, come il

4 Concetta Nasoni.

40 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

comune esperimento dello sterno di pollo” 5 (furcinella). Questo viene spez-zato da due donne. La parte con la cosiddetta testa indicherà il sesso ma-schile, l’altra il femminile. Questo è il mezzo di previsione più diffuso aMontefiascone; un altro, tratto dall’osservazione fisiologica si basa sulla for-ma della pancia della gestante, se questa presenta il ventre a punta, si dedu-ce che nascerà una femmina, se a forma tondeggiante, un maschio, onde idetti in uso fra la nostra popolazione: “Panza pinzuta non porta cappello” e“Panza pinzuta pija rocca e fuso” 6. Simile proverbio si trova anche in altrelocalità del Lazio.

Sempre per avere un pronostico sul sesso del nascituro, la mamma o lasuocera invita la gestante a sedersi in terra poi le ordina di alzarsi. Se essa nelfare ciò si appoggia sulla mano destra, il nascituro sarà un maschio, se sullasinistra una femmina 7.

Altre previsioni si basano sulle lunazioni. Infatti fra il popolino dellediverse contrade di Montefiascone, si crede che con la luna piena e calantenasceranno tutte femmine, con la luna nuova e crescente tutti maschi. Manon sono finiti qui i pronostici per stabilire il sesso del nascituro; si è persinocongetturato sui disturbi che il feto può arrecare alla madre negli ultimimesi della gravidanza; se si avranno dolori al petto il bambino che nasceràsarà probabilmente un maschio, se invece alle gambe sarà una femmina. Aquesto proposito citano il proverbio “Dolor de coscia, fija femmina s’acco-sta” 8. Alcune donne però, come ho potuto constatare, sia per lo spirito dimodernità che da tempo va in-filtrandosi nelle nostre campagne e ha fattocadere in disuso molte tradizioni, sia anche per un certo scetticismo innato,vanno ripetendo che non è possibile nessun pronostico perché “Robba insac-cata nun va aggiudicata” 9 e concludono così “Maschio o femmina che sia,basta che sia salva la pelle mia” 10.

5 P. TOSCHI, op. cit., pag. 30.6 Carolina Giuliani.7 Geltrude Cipriani.8 Idem.9 Vedi G. ZANAZZO, op. cit., pag. 40.10 Carolina Giuliani.

Capitolo II - Nascita 41

Le nostre donne, per tutto il periodo della gestazione tengono espostasopra il letto l’immagine di S. Anna e la pregano fervorosamente perché leassista nel momento del parto. L’uso di invocare particolari santi e divinitàin questa circostanza è antichissima, in Sicilia si invoca oltre S. Anna e laVergine, S. Francesco di Paola, S. Nicola e S. Vettovaglia; nel Thibet, nell’In-dia, in Persia, in Grecia, a Roma, vi erano divinità speciali invocate nei parti.La luna specialmente come Soma o come Sinivali nell’India, come Iside inEgitto, come Eileithia in Grecia, come Lucina a Roma, venivano invocatedalle partorienti 11.

2. IL PARTO

“Per il parto le tradizioni popolari rispecchiano in genere le praticheche corrispondono ad un certo stadio delle cognizioni medico-igieniche; ilricorso ad una mammana o donna esperta, invece che alla levatrice patentata;l’uso ancora ricordato in canzoni siciliane, ma rimasto solo nel ricordo del“vancu – banco o sedia del parto” 12.

Anche se ora nelle nostre campagne si ricorre in simili circostanze allalevatrice, fino ad una cinquantina d’anni fa assisteva la puerpera la mammana,la quale prescriveva che la donna non si sdraiasse sul letto, ma piuttostopartorisse stando seduta sopra una sedia o una panca; il bambino poi venivaraccolto in un grembiule di rigatino 13, che le nostre vecchie contadine usa-vano ancora indossare.

Se il parto si presentava molto laborioso si usava porre sul capo dellapuerpera il cappello del marito, oppure sul ventre il panciotto 14.

“L’uso di indumenti maschili in questa circostanza viene spiegato dalSANTER come un mezzo per spaventare e cacciare gli spiriti maligni; le stre-ghe e il demonio.... Madre e figlio si trovano in questi momenti in particolari

11 A. DE GUBERNATIS, Storia comp. degli usi natalizi in Italia e presso altri popoliindo-europei, pag. 23, Ed. Treves, Milano.

12 P. TOSCHI, op. cit., pag. 32.13 Filomena Fornello.14 Concetta Nasoni.

42 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

condizioni di debolezza e di facilità d’attacco da parte delle forze malefichesoprannaturali. Ma si può pensare anche che il concorso del marito vengarichiesto nell’idea di chiamare a contribuire la sua forza virile e generativa,sempre su principi di magia simpatica, che stabiliscono un legame dellacreatura, non solo con la madre, ma anche col padre, sì che il padre viene atrovarsi per tutto il periodo della gestazione e del parto in condizioni perfet-tamente analoghe alla madre 15.

Il padre desidera quasi sempre la nascita di un maschio nel quale vedenon solo il continuatore della propria razza, ma in cui spera si radunino tuttequelle perfezioni e si avverino tutte quelle speranze da lui non potute rag-giungere. Desiderio questo che si manifesta in particolar modo nelle classinobili, per ragioni di discendenza e nella classe contadina per ragioni dieredità e di lavoro. Per mostrare il privilegio che godono gli uomini riguardoalle donne si citano alcuni proverbi:

“L’omo è cacciatore, tira se coje”“L’omo come gira ’r cappello, lo riggira bene”.

Si usa trarre previsioni sulla sorte del neonato dal mese o dal giorno odaltre circostanze in cui è avvenuta la nascita. Per esempio il bambino chenasce nel mese di marzo, si pensa che cresca un po’ scioccherello (“gli man-ca qualche venerdì” dicono a Montefiascone); quello che nasce la notte diNatale, non avrà il corpo decomposto dopo la morte 16; il settimo figlio diuna famiglia si pensa che abbia la virtù di segnare e perciò di guarire oltre ilmalocchio anche altre malattie 17; il bambino che nasce con la camicia (unapelle sottile che lo avvolge tutto) sarà fortunato. Questa camicia non si devegettar via, ma è bene metterla in una bottiglietta sotto spirito 18, si getta via,invece, la placenta, che viene generalmente considerata come una cosa im-monda ed è chiamata “la seconda”, prima di gettarla si osserva se vi siano

15 P. Toschi, op. cit., pag. 31. Cfr. GIUSEPPe VIDOSSI in Lares, Di un uso natalizziosardo, v. I., 1934, pagg., 8 e seguenti.

16 Raffaele Salvatori.17 Leonella Giraldo.18 Filomena Fornello.

Capitolo II - Nascita 43

dei piccoli nodi neri, a ciascuno dei quali corrisponderà un figlio che ladonna dovrà avere 19.

Alla partoriente vengono somministrati cibi leggeri e sostanziosi, qualiil brodo di gallina vecchia, minestre e pappe adatte, come dice il popolino, afar scendere il latte.

A questo scopo, nelle nostre campagne, le donne che allattano, usanoportare spesso al collo un amuleto, consistente in un dente del riccio 20.

2.1. INDUMENTI CON CUI VIENE RIVESTITO IL NEONATO

Il neonato, appena venuto alla luce, viene lavato e poi fasciato. Gli indu-menti che le nostre contadine usano porre indosso ai bambini sono: unacamiciolina, il corpettino, sopra a questo un quadrato di tela bianca chiama-to “fasciatoro” e uno di fustagno chiamato “mantellina”, il tutto viene avvol-to dalle fasce e ricoperto dal “sinalone” o coprifasce 21.

Molti anni fa si usava nel contado, non credo nel paese, di fasciare tuttoil bambino, braccia e gambe comprese, perché si credeva che così i bambinicrescessero più diritti; oggi usano ancora fasciarli per qualche mese, lascian-do però le braccia libere. Nel paese, dopo un paio di mesi, le fasce vengonotolte, in modo che rimangano libere anche le gambe; resta soltanto una pic-cola fascia intorno alla vita. Trovandoci in tema di fasce non sarà superfluoun accenno ad alcuni pregiudizi riferitimi da Nasoni Concetta e PierettiMaria.

Non è bene lasciare le fasce fuori della finestra (al sereno come essedicono) dopo il suono dell’Ave Maria perché le streghe potrebbero farci iloro malefici; bisogna lavare i panni del bambino sempre alla stessa fontana,perché non si riscaldi la pelle delicata del bambino, e non bisogna batterlicon la “scotola” (tavoletta di legno usata dalle nostre donne contadine perbattere i panni e farli venire più puliti) perché non vengano dolori di panciaal piccolo.

19 Filomena Fornello.20 Leonella Giraldo.21 Concetta Nasoni.

44 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

2.2. La scelta del nome

La scelta del nome del primogenito spetta al padre; però, se nel frat-tempo alla moglie è morto un parente prossimo, il marito può permettereche al bambino venga imposto il nome del morto. In genere si usa imporre aineonati i nomi dei nonni, oppure quelli dei Santi protettori del paese: Mar-gherita, Flaviano, Felicita, anche Maria in onore della Madonna, Antonio,Lucia, ecc.

2.3. Gli amuleti

Poco tempo dopo la nascita si pongono al collo del bimbo o tra le fasce,amuleti, per preservarlo soprattutto dal malocchio.

Il più comune consiste in alcuni peli di tasso (tascio) in numero dispari,chiusi entro una pezzetta di stoffa rossa (di scarlatto); il tutto viene attaccatoad una ciambelletta d’osso, indi appeso al collo del bambino 22.

Un altro amuleto, ritenuto dalle nostre contadine abbastanza efficace, èla cosiddetta “diozione”. Questa consiste in un sacchettino che contiene: unpizzico di cenere dell’incenso, un chicco di sale, un pezzetto di candela bene-detta (lumen Cristi), una mollica di pane. Altri amuleti comuni anche adaltre località sono: il braccialetto di corallini rossi ed il cornetto rosso, ap-puntato con una spilla sul bavaglino (bavarola).

“Quest’ultimo uso, come dice il Prof. TOSCHI, è così antico e comuneche i nostri pittori del tre o quattrocento, raffigurarono persino il BambinoGesù in braccio alla Madre, con al collo o al polso uno di tali cornetti 23.

Nel secolo scorso le nostre contadine usavano bucare gli orecchi ancheai maschietti per mettere loro gli orecchini d’oro (“pennentelle”). Questocostume è riferito anche dallo ZANAZZO il quale testualmente dice che “l’oroattaccato all’orecchio, rischiara, rinfresca la vista e ttiè lontani dall’occhitutti li malanni” 24 .

22 Leonella Giraldo.23 Universale Studium, Il folklore, pag. 33.24 G. ZANAZZO, op. cit., pag. 15.

Capitolo II - Nascita 45

Anche l’ombelico del neonato ha una certa importanza nelle credenzepopolari. Talora lo si distrugge, talora lo si può conservare e mettere sullospino di un rovo, se si vuole che il piccolo diventi canterino; se invece sidesidera che il neonato divenga un maestro, si avrà cura di metterlo fra lepagine di un libro 25.

3. IL BATTESIMO

“Lo scenario liturgico del Battesimo cristiano nelle chiese d’Occidentee d’Oriente, corrisponde esattamente allo schema tipo del rito d’iniziazionecome si trovano nel mondo intero, e senza che sia necessario, oppure utile,di guardarli come un prestito dall’una e dall’altra delle religioni mediterra-nee anteriori. Poiché l’idea centrale è quella di far passare il non cristianoadulto o bambino nel mondo cristiano, vi è forzatamente parallelismo con lecerimonie che avevano lo stesso scopo per il passaggio dal profano al sacro,nelle liturgie delle religioni dell’antichità classica e vicine all’Oriente. Relati-vamente complice all’inizio e non comprendente che un rito direttod’esorcismo (acqua e sale purificatore) seguito da un rito d’aggregazione, loscenario liturgico del Battesimo cattolico, si è complicato a poco a poco ed èstato definitivamente fissato, a partire dal Concilio di Trento” 26.

Il folklorista francese si sofferma quindi a descrivere i riti delle due fasidella cerimonia del Battesimo ed infine dice che la “gente del popolino noncomprende esattamente il senso di ciascuno dei riti ed ha un’idea confusadel senso generale della cerimonia del Battesimo. Sa però che in questomodo il bambino è aggregato alla comunità dei cristiani e non ha più datemere le potenze malefiche che rendevano così pericoloso il periodo prece-dente”.

Dopo quanto tempo dalla nascita è bene far battezzare il bambino?“Nelle regioni dove la tradizione popolare è più viva, si nota la tendenza

ad affrettare il più possibile la data del Battesimo, fino a quel momento il

25 Maria Pieretti.26 A. VAN GENNEP, Manuel de Folklore français, Tome I, Chapitre III, pag. 126.

46 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

bimbo è considerato “turco” o “pagano”, sì che quando, dopo il sacro rito, lacomare rende il figlio alla puerpera, pronuncia la frase sacramentale: “Tume lo hai dato pagano ed io te lo restituisco cristiano”.

Ora in molti luoghi si rinvia anche di vari mesi il giorno del Battesimosecondo le circostanze familiari” 27.

A Montefiascone i bambini vengono di regola battezzati la domenicadopo la nascita.

Penso che il popolo abbia scelto questo giorno, anzitutto perché essen-do “Dies Domini” si riconosca come il più adatto per una cerimonia checonsacra al Signore una nuova vita, infine perché i padrini e i parenti sonoliberi in giorno di domenica dalle loro occupazioni giornaliere.

Il Battesimo però può venire ritardato di qualche giorno per circostan-ze inerenti alla famiglia. I padrini (a Montefiascone compare e comare) ven-gono abitualmente scelti dai genitori fra i parenti prossimi o gli amici intimianche perché essi assumono pres-so la famiglia del neonato un posto diparentela spirituale strettissimo e quasi superiore ad una parentela di san-gue.

Il bambino viene rivestito completamente di bianco (copri-fasce più omeno riccamente ricamato e cuffietta); come distinzione del sesso le nostrenonne usavano porre intorno alla vita del battezzando un altro nastro di setache era di colore rosso per i maschi e celeste per le femmine 28. Il battezzan-do viene portato in chiesa dalla levatrice, (questa fino a qualche anno fausava coprirlo con un caratteristico manto che poteva essere di raso bianco,rosa o celeste ricamato in oro a vari colori, più o meno lussuoso, secondo lecircostanze e le condizioni economiche della famiglia. Questo manto venivalegato con due nastri dietro le spalle della levatrice 29), ai suoi lati stanno ilcompare e la comare, segue il padre e, se il Battesimo è di lusso, i parenti egli amici intimi, senza formare un vero e proprio corteo.

Poiché, come ho già riferito nel paragrafo relativo al parto, presso lenostre contadine fino a qualche anno fa era la mamma che assisteva i parti,naturalmente spettava a questa portare il bambino al fonte battesimale.

27 P. TOSCHI, op. cit., pag. 36.28 Maria Volpini.29 Idem.

Capitolo II - Nascita 47

Durante il percorso dalla casa alla chiesa, la donna copriva il neonatocon la “mezzalana” (veste rossa, gialla, o marrone, che all’occorrente funge-va anche da mantella 30).

Attualmente si usa battezzare il bambino la domenica dopo la messasolenne, oppure nel pomeriggio dopo i vesperi.

Durante la cerimonia che impone la recita del Credo al padrino, questi,più che recitando correntemente, lo ripete esattamente con voce ben chiaraed alta, sia perché il bimbo non divenga balbuziente, sia perché il demoniolo senta e fugga via 31. Al termine del rito si usa dare al parroco, in una busta,una somma di denaro ed anche una mancetta al sacrestano.

Il primo bambino che veniva battezzato dopo Pasqua, con l’acqua bene-detta durante il rito del Sabato Santo “rompeva il fonte” e per questo privi-legio i genitori donavano al Parroco come offerta simbolica un agnello 32.

L’informatrice mi ha riferito che questa tradizione, vigente nelle nostrecampagne, oramai è quasi caduta in disuso.

I padrini sono tenuti a fare dei doni al loro figlioccio (comparuccio) intale circostanza. Se essi sono persone abbienti doneranno un oggetto in oro(catenina, braccialetto), se invece sono di condizione modesta il loro regaloconsisterà in un corredino da neonato o in qualche altro oggetto non troppodispendioso.

In alcune contrade il compare e la comare usano fare al com-paruccioun dono in denaro; la mamma del piccolo, poi, quasi per dimostrare la suagratitudine verso coloro che prestano giuramento in favore del figlio, regalaal compare un taglio di camicia e la cravatta, alla comare una “polacca”(specie di blusa che le nostre contadine usano indossare sopra un’ampiagonna di rigatino). Questi oggetti potranno essere di più o meno prezzo,secondo la condizione economica della famiglia.

I padrini poi, per contraccambiare il pensiero gentile della mamma edel figlioccio, regalano ad essa della ciambelle 33. Appena si torna dalla chie-sa, la levatrice consegna il bambino, ormai cristiano, alla madre che lo riceve

30 Filomena Fornello.31 Maria Volpini.32 Maria Pieretti.33 Leonella Giraldo.

48 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

commossa fra le sue braccia e lo bacia. Intanto, se la cerimonia è avvenutanella mattina, si prepara il pranzo, che in genere consiste in brodo di pollopreceduto da antipasto, fritto con contorno, arrosto, insalata, dolci, frutta ecaffè, il tutto innaffiato da diversi vini locali; se invece il battesimo ha avutoluogo nel pomeriggio si preferisce, anziché la cena, offrire agli invitati unrinfresco, durante il quale si offrono dolci, torte, vinsanto ed anche liquori 34.

4. PURIFICAZIONE DELLA PUERPERA.

Fino a quaranta o cinquanta anni fa, secondo quel che mi ha riferito ilCan.co Don Alfonso Orfei, ex parroco di campagna, il primo atto dellapuerpera, appena usciva dalla sua casa, era quello di recarsi in chiesa a pu-rificarsi (a rinsantasse, come dicono nelle nostre campagne). Giunta allaporta del tempio, attendeva che il curato venisse a prelevarla. Questi, vestitodi cotta e stola violacea, facendole reggere il lembo di questa, la introducevain Chiesa, dove recitava alcune preghiere stabilite dal cerimoniale, indi labenediceva con l’acqua santa.

Questo rito è stato attinto dalla liturgia cristiana a quella ebraica e si rifàalla purificazione della Vergine, commemorata appunto dalla Chiesa il giornodella Candelora (2 febbraio). Oggi questa cerimonia è scomparsa quasi deltutto nel suo apparato esterno, però le nostre donne, il primo giorno che esco-no di casa, dopo il parto, usano recarsi in chiesa per accostarsi ai Sacramenti.

5. NINNE NANNE

Quando il bambino fa le bizze perché ha sonno, la mamma lo prende inbraccio e, dondolandosi lentamente su una sedia, comincia a cantilenareuna ninna nanna, la quale con il sonno riporterà la calma nel piccolo. Tra-scrivo alcune di queste ninne nanne, prese dalla viva voce delle contadine

34 Maria Pieretti.

Capitolo II - Nascita 49

delle campagne del mio paese. Come dice il LA SORSA 35, “Non può dirsi chesimili canti difettino totalmente di ritmo e di armonia. In generale si deveaffermare che non esiste un metro unico, determinato e co-stante”. Nel com-plesso prevale l’endecasillabo, ma non sono rari i versi di 6, 8 e 9 sillabe. Lestrofe sono brevi e difficilmente superano i sei versi, “adeguatamente cioè alritmo della culla e alla semplicità dei sentimenti cantati”.

Fate la ninna, citolo mio, quanta birba me fae fa, (mi fai essere birbona, ma non in senso cattivo)

si nun era lo citolo mio me toccava d’annà a zappà 36.

Fate la ninna e fate la nanna,cocco bello de la mamma,fate la ninna che v’addorme Dioda più che nun ve posso addormì io 37.

Fate la ninna che la culla è d’oro,accullato c’è stato S. Isidoro.Fate la ninna che la culla è d’argento,accullato c’è stato S. Vincenzo.Fate la ninna che la culla è d’acciaro,accullato c’è stato S. Gennaro.Fate la ninna che la culla è d’ulio,accullato c’è stato ’r fijo de Dio 38.

35 S. LA SORSA, Presso la culla in dolce atto d’amore, Ed. Rispoli Anonima, Napoli,pag. 20.

36 Anna Angeli.37 Idem.38 Elvira Maurizi.

50 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Fate la ninna ch’è passato Peppema le mane ci avea le confette,fate la ninna ch’è passato Peppe 39.

Fate la ninna ch’è passato Peppe,a la fija porteje le scarpee ’r vestituccio bello pe’ le feste 40.

Fate la ninna ch’è passato Peppe’r mejo giocatore de le carte,pija r’ mi core e giocalo a tresette 41.

Fate la ninna ch’è passato ’l lupotutte le pecorelle s’è magnatoa voi … nun v’ha veduto,fate la ninna ch’è passato ’l lupo 42.

Ninna nanna, pupo de pezza,ché la mamma è ita alla festa 43

e stasera quanno vienete le porta le sise piene 44 .

39 Anna Angeli.40 Idem.41 Concetta Nasoni.42 Geltrude Cipriani.43 Una variante porta “è ita alla Messa”.44 Geltrude Cipriani.

Capitolo II - Nascita 51

Ninna nanna, pupo de pezza,ve lo commanna la comare pazzave lo commanna ’r giorno de festaninna nanna, pupo de pezza 45.

Fate la nanna e fate lo sonnococco bello de sto nonno 46.

Ninna oooo, ninna ooooche pazienza che ce vòpe’ …(nome).. ce vole la paceché la pappa nun je piace 47.

Fate la ninna che la culla è noa,’r maestro che l’ha fatta nun se troa.Fate la ninna che la culla è vecchia,’r maestro che l’ha fatta è de Civitavecchia 48.

Ninna oooo, ninna oooo’r mi citolo a chi lo dò,e lo dò ma la befanache lo tene na settimana,e lo dò ma l’omo neroche lo tene ’n anno intero 49.

45 Geltrude Cipriani. Una variante in G. ZANAZZO, Canti popolari romani, S.T.E.N.Torino 1910, pag.22, al 2° e 3° verso reca “che tt’ha infasciato la commare pazza t’hainfasciato lo ggiorno de festa”.

46 Geltrude Cipriani.47 Vincenza Bizzarri.48 Geltrude Cipriani.49 Carolina Giuliani.

52 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Ninna putignale pecore ma la vigna,le bove ma ’r pajarocurre curre pecoraro 50.

Ninna nanna, ninna nannachi ha magnato la gallinellase tenga la fija bella 51.

Dirindina, dirindinase la canta sera e mattinadirindina dirindàchi l’ha fatta la badarà 52.

Fate la ninna che v’addorme Diosi ’n v’addormite voi, m’addormo io 53.

Ninna popòecco papàche je porta la bobò 54.

Fate la nanna e fate lo dìcanta ’r gallo e fa chicchirichì 55.

50 Concetta Nasoni.51 Maria Menghini.52 Idem.53 Anna Angeli.54 Anna Angeli. Vedi variante in G. ZANAZZO, Canti popolari romani, S.T.E.N. Tori-

no 1910, pag. 21.55 Filomena Pornello.

Capitolo II - Nascita 53

Ninna nanna ninna nannachi ci ha un piede e chi una gambae c’è ’r babbo puarino (poverino)che nun ci ha manco un piedino 56.

O sole, o sole che vien da li montivieni da sta creatura e daje in fronte,daje in fronte e nun je fa maledaje ne l’occhi e falla addormentare 57 .

O sonno, o sonnoche passi le murapassa ne l’occhide sta creatura 58.

56 Filomena Pornello.57 Anna Angeli.58 Idem.

Capitolo III

L’INFANZIA

1. LA PRIMA INFANZIA

A bbiamo visto nel capitolo precedente come l’uomo sia legato alla tradizione fin dalla sua nascita; ora, in questo paragrafo, si vedrà come cresca secondo forme tradizionali caratteristi-

che. Alcune delle credenze e superstizioni relative all’infanzia sopravvivonoancora fra il nostro popolo, ma altre sono state superate dal progresso e sene ha solo un ricordo poco esatto.

Un singolare pregiudizio è quello che vieta alla mamma di tagliare leunghie al suo bambino, appena queste cominciano a crescere.

“Da grande diventerebbe un ladro” si dice. Ed allora come si fa? Poichénon si possono tagliare con le forbici e d’altra parte è sconveniente lasciarlecrescere a dismisura, la mamma penserà a tagliarle con i suoi denti 1. Insie-me alle unghie crescono anche i capelli e quando ai bambini non viene usatatroppa pulizia può avvenire che degli animaletti poco simpatici vi si insedino.In questo caso, prima di procedere ad una pulizia generale del capo, bisognaprendere un pidocchio ed ucciderlo sopra un pezzo di canna perché è cre-denza comune che, così agendo, cresciuto in età, canti bene 2.

Naturalmente, per quanto abbia cercato, non mi è stato possibile risali-re all’origine di questa tradizione; basti dire, una volta per tutte, che il volgo,specie quello delle nostre campagne, la stragrande maggioranza delle volte,

1 Elvira Maurizi – contadina – anni 75.2 Maria Pieretti – contadina.

56 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

non sa rendersi conto degli usi e delle credenze che segue ed applica. Labrava mamma però non si preoccupa solo che il suo bimbo cresca onesto ecanti bene, desidera anche che sia un modello di virtù; a questo scopo gli dàa bere il primo uovo di una gallina nuova 3.

Il ciclo della vita non interrompe il suo corso; già i bambini sonograndicelli e già cominciano a cadere i primi denti. Sarebbe un peccato sequesti andassero perduti, perché potrebbe darsi il caso che finissero in boc-ca ad un cane o ad una gallina. Nel primo caso verrebbero al bambino denticanini, nel secondo il piccolo ne rimarrebbe privo, perché, come è noto, lagallina non ha denti.

Per salvare i bambini da questo pericolo e per far sì che i denti crescanopiù forti e più belli, la mamma o i fratellini maggiori insegnano al bambinodi porli in una buchetta scavata appositamente nel muro, recitando al tempostesso questa strofetta: “Muro, muro vecchio, damme un dente novo ch’io tene dò uno vecchio” 4.

Questa usanza si può mettere in relazione con il culto per la pietra.Ogni pratica che si applica in relazione alla pietra bruta, è rafforzata anchedal preconcetto animistico che considera la terra divinità cthonia, dal puntodi vista del suo potere sotterraneo della forza che emana dalle sue viscere,che si assorbe per innati legami totemici e si trasmette come da un centroocculto di energie a tutto ciò che è posto a contatto con essa” 5.

Una contadina a nome Filomena Napoli mi ha poi riferito un’usanzaalquanto interessante, ma ormai completamente scomparsa. Il bambino cheavesse avuto la fortuna di posarsi sul dorso di un orso avrebbe acquistato lavirtù di guarire poi gli animali affetti da qualsiasi morbo, col solo cavalcarli ecol toccarli con due rami tolti da un fico selvatico.

3 Maria Pieretti – contadina.4 Maria Volpini.5 G. Pansa, Miti leggende e superstizioni dell’Abruzzo, Vol. I, Sulmona, Caroselli

1924, pagg. 116-117.

Capitolo III - L’Infanzia 57

1.1. Rimedi popolari per curare le malattie deibambini

In verità oggi, allorché un bimbo si ammala, si preferisce farlo curareda un medico ma, specie nelle nostre campagne, fino ad una trentina di annifa la mamma aveva più fiducia nei rimedi popolari che nelle prescrizionimediche. Quasi la totalità delle malattie infantili aveva il suo modo di cura.Io parlerò delle malattie più comuni e il cui rimedio popolare non è del tuttocaduto in disuso. Talora infatti, tralasciando le prescrizioni mediche, piace ainostri contadini ricorrere alle antiche cure apprese dai loro padri.

VERMI (ELMINTIASI)

Il rimedio principale contro i vermi è costituito dall’aglio, sia che se nefaccia una collana con i suoi spicchi e si ponga attorno al collo del bambino,sia che se ne pistino dieci, dando a bere il liquido che se ne ricava, tre gocceper volta, in un po’ d’acqua, due o tre volte al giorno 6.

Anche l’umore della ruta, pestata fra due sassi vivi, fatto bere in un po’d’acqua, due o tre volte al giorno, ha la sua efficacia nella cura di tale malat-tia 7. Se tutti questi rimedi risultassero inefficaci, ci si può recare dalfattucchiere, il quale, facendo un segno di croce sulla pancia del piccolo erecitando la seguente formula di scongiuro, farà scomparire la malattia.

Questa è la preghiera:

“Angelo, che su ner cielo venite in questa terra questo fijo a sarvare,questi vermi ar fiume Giordano.lunedì, martedì, mercoledì, giovedì, venerdì, sabato e domenica”.

6 Oreste Fanali (detto Pecorella) – contadino – anni 80.7 Raffaele Salvatori – contadino – anni 37.

58 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Fatto ciò si pone al collo del bimbo un bigliettino recante segni di croce eparole misteriose, con proibizione assoluta a chiunque di leggerlo 8.

Per la cura di tale malattia è anche efficace il cosiddetto “Balsamo diCantiano” preparato da alcuni coloni che fino ad una quarantina di anni favisitavano buona parte dell’Italia vendendo il loro prodotto in bottigliettelunghe e cilindriche. Di questo se ne somministravano dieci gocce, un paiodi volte al giorno, in mezzo bicchiere d’acqua 9.

MUGHETTO

Affezione contagiosa della bocca che si osserva specialmente nei bam-bini affetti da enterite o da catarro gastrico. Si manifesta con piccole chiazzebian-chicce sulla mucosa arrossata della lingua, del palato, delle guance edelle labbra. La tradizione popolare consiglia (non si sa con quale efficacia)di spalmare sopra queste piccole ulceri del miele rosato 10.

ENTERITE

La prima cura che ho potuto apprendere è costituita da impiastri cheven-gono applicati sulla pancia del bambino e così composti: si pestano erbacroce (cipresso) e annapatara (paretaria) e si pongono sopra un ritaglio distoffa, indi sbattuto un albume d’uovo, vi si spalma sopra, il tutto si amalga-ma con farina d’orzo e di favetta 11.

Si può anche immergere il bambino in un bagno, in cui insieme all’ac-qua siano state fatte bollire precedentemente bacche di cipresso ed un’erbache il nostro popolino chiama canuta 12.

8 Nicola Notazio (detto Padella) – contadino – anni 65.9 Anna Volpini – d.d.c. – anni 67. Ved. Z. Zanetti, La medicina delle nostre donne,

Città di Castello, S. Lapi, Tipografo ed. 1892, pag. 156.10 Anna Volpini. Ved. Z. Zanetti, op. cit., pag. 156.11 Agostino Pietretto (detto Sonno) – contadino – anni 65.12 Salvatore Mocini – contadino – anni 78.

Capitolo III - L’Infanzia 59

TOSSE CONVULSA

Per la cura di questa malattia si fanno bollire insieme in un quartod’acqua, cinque pezzetti di dulcamara di tre o quattro cm. ciascuno, un po’di tiglio e di gramigna, alcuni pezzettini di mela e un cucchiaino di miele.L’infuso si dà a bere ai bambini in un cucchiaio da tavola prima dei pasti 13.

Un rimedio più semplice è costituito da miele e vino mescolati. Si dà aibambini a cucchiai due volte al giorno 14.

INFANTIJOLE (ECLAMPSIA)

Varie sono le cause di tale malattia, non esclusi l’elmintiasi, i disturbidigerenti e la dentizione. I rimedi popolari per curare l’eclampsia non man-cano: ne cito alcuni.

Si può mettere il bimbo, avente in mano una chiavetta maschio, entrouna sacca il quale abbia contenuto farina, oppure senza toccarlo gli si gettail grano in forma di croce, recitando delle preghiere 15, o gli si dà a bere unmezzo cucchiaino di petrolio 16.

SANGUE DAL NASO (EPISTASSI)

Si getta dietro il collo del bambino un po’ d’acqua all’improvviso 17,oppure si lega con un filo il dito mignolo della mano sinistra 18.

13 Idem.14 Agostino Pietretto.15 Oreste Fanali.16 Irma Salvatori – contadina – anni 32.17 Oreste Fanali.18 Filomena Napoli. Cfr. R. Zagaria, Folklore viterbese, Lares, anno I, num. 1, 1990,

pag. 49.

60 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

ORECCHIONI

Vi si applicano delle compresse di stoppa di lino imbevute di olio ferra-to caldo 19.

SCARLATTINA

La cura di tale malattia è costituita soprattutto dal caldo. A questo sco-po si circonda il corpo del bambino con bottiglie di acqua calda poste adebita distanza. Il bimbo non va mai sollevato dal letto 20.

Non basta però liberare i piccoli dai mali, è necessario anche che essicrescano sani e forti; per questo si usa immergerli spesso in un bagno aro-matico, ottenuto facendo bollire insieme rosmarino, salvia, aceto e sale 21.

2. BENEDIZIONE DEI BAMBINI

La festa dell’infanzia ricorre il giorno dell’Epifania e in questa circo-stanza è tradizione che i bambini ricevano in Chiesa la benedizione. Se nevedono piccolissimi, ancora in braccio alle mamme, e grandicelli che tengo-no per le mani i più piccoli.

La cerimonia si svolge in questo modo: i bambini si raccolgono durantela funzione serale intorno all’altare dove è esposta la statua del BambinoGesù e lì vengono benedetti dal parroco; quindi processionalmente, cantan-do una canzoncina adatta alla circostanza, portano l’immagine del “Bambi-nello” intorno alla Chiesa e la depongono di nuovo sull’altare.

La graziosa cerimonia si chiude con una breve esortazione del parrocoai fanciulli 22.

19 Oreste Fanali.20 Idem.21 Vincenza Bizzarri – contadina – anni 75.22 Can.co Don Alfonso Orfei.

Capitolo III - L’Infanzia 61

3. PRIMA COMUNIONE E CRESIMA

La cerimonia odierna della “Prima Comunione” non presenta, per quan-to io possa sapere, aspetti folcloristici particolari, poiché nella sua essenza èidentica a quella che si svolge altrove.

Più caratteristica era quella che si svolgeva fino ad una quarantina dianni fa.

I bambini di tutte le contrade venivano a ricevere la Comunione inCattedrale 23 e, per l’occasione, le fanciulle usavano indossare il caratteristi-co costume locale, identico a quello indossato dalle loro mamme il giornodelle loro nozze. Sembravano tante piccole spose in miniatura. I comunicandi,la mattina del giorno tanto atteso, si radunavano nella Chiesa delle suore delDivino Amore, situata nella via principale del paese, e di lì processionalmentesi recavano alla Cattedrale. Tanti avevano una candela in mano e cantavano.

Avanti andavano le bambine del contado in costume, seguivano imaschietti, poi le fanciulle appartenenti alla parrocchia di S. Margherita (laCattedrale) bianco vestite ed infine i ragazzi. Dopo la cerimonia tutti i fan-ciulli erano invitati dalle Suore del Divino Amore che, in una sala del mona-stero, offrivano loro una colazione 24.

L’età dei cresimandi odierni non è inferiore ai 7 o agli 8 anni, ma finoad alcune diecine di anni fa, i ragazzi del nostro contado che si accostavanoa ricevere questo Sacramento avevano anche 4 o 5 anni, mentre nel paese, disolito, i fanciulli erano sui 9 o 10 anni.

Per questa cerimonia non era prescritto per le bambine, come usa oggi,l’abito bianco e il velo, ma le piccole potevano indossare anche vestiti colora-ti (si preferivano di solito i colori rosa e celeste). In testa poi, potevano met-tere anche un cappellino.

Il compare o la comare fa un dono al figlioccio e l’invita al pranzo chedà in suo onore 25.

23 Ciò avveniva perché nel contado vi era allora una sola Parrocchia, quella di S.Maria delle Grazie; le altre infatti sono di istituzione abbastanza recente.

24 Maria Volpini – d.d.c. – anni 62.25 Anna Volpini – d.d.c. – anni 67.

CAPITOLO IV

I GIUOCHI DEI FANCIULLI

1. GIUOCHI E FILASTROCCHE PER BAMBINI

I l giuoco è la principale e spontanea attività del bambino. Appena di pochi mesi egli comincia ad afferrare, a toccare e ad amare le cose colorate e rumorose, succhia ogni oggetto, gualcisce, esercita i suoi sensi.

Dai due ai cinque anni circa, egli si rotola per terra, butta la palla, la rin-corre, frantuma, salta e si diverte con tutto, anche con una scopa, una scato-la di cartone, trascinando le sedie ed esercitando la sua forza come può.

Il fanciullo, divenuto più grandicello, imita, contraffacendo, gli atti, leoccupazioni, i gesti degli adulti. “I fanciulli” dice il LA SORSA 1, “sono conser-vatori molto attaccati alle tradizioni: alcune usanze dimenticate dagli adulti,restano legate ai trastulli del mondo infantile 2.

Onde non deve ritenersi troppo paradossale l’asserzione di coloro i qualidicono che la storia passata dell’umanità è documentata in gran parte dataluni aspetti degli svaghi fanciulleschi.

Le scene più comuni della vita vengono riprodotte in funzione dellaminuscola età, che, con grande attenzione, osserva ciò che accade intorno asé e si studia di riprodurlo”.

1 LA SORSA, Come giuocano i fanciulli d’Italia, Ed. Rispoli Anonima, Napoli 1937,pag. 17.

2 Y. HIRAME, I giuochi dei bimbi, La Nuova Italia, ed. Venezia 1929, pag. 50 e segg.,condivide la stessa opinione. “Infatti, come egli dice, i giuochi odierni dei fanciulli inpassato hanno servito di svago agli adulti”.

64 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Così i bambini giuocano alla guerra, spesso con cannoni e fucili di lorocostruzione, e marciano diritti e compatti come tanti soldatini; cavalcano unmanico di scopa, immaginandolo un cavallo, fanno delle barchette di carta,imitando gli adulti che costruiscono barche e bastimenti e come questi zap-pano la terra, segano tavole e tagliano pietre, i piccini con uno stecco o uncucchiaio scavano nel terreno, fanno fossi e monticelli di sassi, allineanolegnetti, tagliuzzano con coltellini fusti e mazze.

Nei giuochi delle fanciulle poi è evidente l’istinto di imitare quantofanno le mamme o le sorelle maggiori. Lo spirito di maternità, insito in ognidonna fin dalla più tenera età, le spinge a giuocare con la bambola, a consi-derarla come una loro bambina, a ninnarla fra le braccia, a prepararle dellepappette.

Le bimbe si divertono inoltre a giuocare alle signore e con molto sussie-go si scambiano delle visite, in cui si interessano di varie cose, principalmen-te della salute e della condotta dei piccoli (le bambole). Ma non è semplice-mente il desiderio di imitare gli adulti che spinge il bambino al giuoco, en-trano in funzione in questa attività il coraggio, l’orgoglio, la soddisfazione,ma soprattutto l’istintivo desiderio del godimento.

I primi giuochi il bimbo li fa sulle ginocchia della madre e non “vi èquadro più soave e leggiadro, scena più gioconda e delicata che il vedere unamadre, la quale si trastulli col suo piccino. Sono due teneri cuori che s’inten-dono, due anime che si fondono in un’armonia celeste, due creature chel’Eterno avvince in un palpito d’amore, in un delizioso inesprimibile gau-dio” 3.

Le filastrocche tradizionali, semplici ed ingenue, sgorgano spontanea-mente dal labbro materno e ad ogni verso di queste, la mamma piega ilbambino, seduto sulle sue ginocchia, indietro per riportarlo poi bruscamen-te in avanti.

Trascrivo alcune di queste filastrocche:

3 SAVERIO LA SORSA, op. cit., pag. 40.4 Maria Volpini – d.d.c. – anni 62. Cfr. variante in LA SORSA, Come giuocano i

fanciulli d’Italia, Rispoli An. Napoli, pagg. 78-79.

65CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

Seta moneta,le donne de Gaetache filano la seta,la seta e la bambace,buttalo in pace,buttalo in pace 4.

Seta setola(…nome) va a la scolase porta ’r canestrellotutto pieno de pizzutello, (uva)

la maestra je fa festapoi lo butta da la finestra 5.

Seta setola(…nome) va a la scolaco ’r pane e ’r cacino,la maestra je lo levaje lo mette su ’r comòje fa dì sì e no, sì e no 6.

Seta setaccia,chi fila e chi naspa,chi fa le maccherone,chi ce fa bone boccone,chi ce fa a zico zico, (chi ne mangia pochi per volta)

chi aspetta ’r su marito,’r su marito è ito in montagnaa comprare la castagna,la castagna era trista,

5 Graziella Pieretti - anni 9.6 Idem.

66 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

la pecora se stizza,lasciatela stizzàche s’ha da marità.Chi pija per marito?Er manico dello spito. (spiedo)

Chi pijerà pe’ nozze?Quattro purci e du’ pidocchi 7.

Questa filastrocca dal settimo verso in poi reca la seguente variante:………………………..’r su marito è ito a Romaa comprare la corona,la corona era d’argentoche vale cinquecento,centocinquanta,la Margherita canta,lasciatela cantareche s’ha da maritare.Chi je volemo dare?Je volemo dà cipolla:cipolla è troppo forte,je daremo la morte:la morte è troppo scura,je daremo la luna:la luna è troppo bella,la Margherita buttamola a terra 8.

Tira là ch’è morta la Jaca 9

ci ha lasciato padron de casa, (ironicamente)

8 Orifiamma Sensi – anni 13.9 Vecchia ed arzilla contadina da tutti creduta benestante, morta invece in povertà,

poiché possedeva solo un maialetto da lei chiamato Stefanuzzo. Un vicino burlone, dopola morte della vecchia, premise ad una canzoncina popolare alcuni versi che ricordasseroil fatto.

67CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

ci ha lasciato un porchettuzzoche si chiama Stefanuzzo.Stefanuzzo è là pe ’r marea sonà le tre campane,le tre campane fanno din donle tre zitelle ma ’r canton:una cuce, una taja,una fa er capello de pajaper andare alla battaja,la battaja è principiata,la Rosina s’è innamorata,s’è innamorata d’un giovane bellopizzica e mozzica tarantello 10.

Una variante negli ultimi versi porta:……………………

È principiata su ’r balcone,le scarpette de piccone,le carsette a la romana,curre, curre fraschetana 11 .

(Ved. Variante in S. LA SORSA, op. cit., pag. 377).

Butta giù ’sta fija al fosso,all’inferno nun c’è posto,in Paradiso nun ce la volemo,de ’sta fija che ce ne faremo? 12

10 Orifiamma Sensi.11 Fiora Cevolo – contadina – anni 47.12 Fiora Cevolo.

68 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Ma i bambini sono irrequieti, vogliono divertirsi in mille maniere, eallora le mamme e le sorelle maggiori li mettono a cavalcioni sulle loro gi-nocchia e li fanno saltare, tenendoli per le mani e cantando:

Cincirinella ci aveva una mula,tutti i giorni la dava a vettura,e la mula di chi è?E la mula è di Cincirinè 13.

Cincirenella ci aveva un podere,tutti i giorni l’andava a vedere;il podere di chi è?Il podere è di Cincirinè.

Pumpurumpara, pumpurumpara,ecco Martino che vène dall’araco’ la zappa e co’ la palacon un sacco de ciammelleche l’ha cotte ma la callara,pumpurumpara quanto son belle 14.

Oppure, sempre tenendoli sulle proprie ginocchia, fanno passare leg-germente la palma della mano su quella dei piccoli, mentre recitano questastrofetta:

Questa è la bella piazzace passa una bella regazza,la chioccia e i pulcinellipiri belli, piri belli 15.

13 Maria Volpini – d.d.c. – anni 62. Cfr. variante in LA SORSA, op. cit., pag. 75.14 Anna Volpini – d.d.c. – anni 67.15 Maria Volpini. Cfr. variante in LA SORSA, op. cit., pagg. 89-96.

69CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

Nel dire l’ultimo verso solleticano con la punta delle dita la manina deibimbi, i quali, naturalmente, si mettono a ridere.

Un passatempo per i bambini, molto affine al precedente, è questo: lemamme prendono fra le loro mani quella dei piccoli e cominciando dal pol-lice stringono or l’uno or l’altro ditino e dicono:

Questo dice che ha fame,questo dice: “nun c’è pane”,questo dice: “come faremo?”questo dice: “ruberemo”,questo dice: “nicche, nicche,chi ruba s’impicche” 16.

Si possono anche toccare leggermente gli occhi, la bocca, i denti deibambini, poi scuotendoli per il nasino si recita questa strofetta:

Questo è l’occhio bello,questo è ’l su’ fratello,questa è la chiesina,questi sono i fratini,questo è il campanelloche fa din don 17.

Il giuoco “trucci trucci cavallucci”, oltre che nei nostri paesi, è comuneanche in altre parti d’Italia.

Spesso le mamme, per fugare i capricci dei loro piccoli, li mettono acavalcioni sulle proprie gambe e, agitandoli per imitare il trotto del cavallo,cantic-chiano queste strofette:

16 Maria Volpini. Cfr. variante in LA SORSA, op. cit., pagg. 85 e seguenti e in PITRÈ G.Giuochi fanciulleschi siciliani, Ed. L. Pedone Lauriel 1823, pagg. 55-56.

17 Non c’è nota.

70 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Trucci trucci cavallucci,per la strada di Ciciglianoincontrai una fontanella;mi ci lavai la manodar dito piccinellomi ci cascò l’anello,pesca e ripescanun lo potei trovà,trovai un piscitello,lo calzai e lo vestii,lo portai dal Bonsignore,Bonsignore non c’era,c’era la sua moglierache facea le frittelle,je ne chiesi una,me seppe tanto bona,je ne chiesi un’altra,la misi sotto la panca,sotto la panca c’era il lupo,il lupo era vecchionun sapea arifà il letto,scappa fora la comarerifà il letto al su compare 18.

Trucci cavalloLorenzo, Tizio e Caioco’ la cavalla zoppa.Chi l’ha zoppata?La stanga della porta.Dov’è la porta?L’ha bruciata ’r foco.

18 Anna Volpini – d.d.c. – anni 67. Ved. Variante in S. LA SORSA, op. cit., pag. 107.

71CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

Dov’è ’r foco?L’ha smorzato l’acqua.Dov’è l’acqua?L’ha bevuta la capra.Dov’è la capra?L’hanno scorticata.Dov’è la pelle?Ci hanno fatto le tamburellepe le fije belle belle 19.

Quando i bambini cominciano a camminare, piace ai ragazzi più grandidi farli divertire. Li prendono per la mano e, tenendoli al centro, formanouna lunga fila; mentre cantano recitano le seguenti strofette:

Fila filastroccala piazza della rocca,incontriamo S. Michele,che ci dà un piatto di mele,de mele e de melonein tavola, in tavola, in ginocchione 20.

A questo punto tutti si devono inginocchiare, mentre i più piccoli, natu-ralmente, resteranno in piedi.

Annamo, annamo a spassope’ l’orto de Tomasso,cojeremo l’erba,l’erba e l’ortica,il Signore ce benedica 21.

19 Anna Volpini. Ved. variante in S. LA SORSA, op. cit., pag. 104.20 Felicita Manghini – anni 10 – Ved. Variante in S. La Sorsa, op. cit., pag. 113.21 Maria Volpini.

72 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Spasso, spassino,’r sinale de mussolino,la veste de cotone,in tavola in tavolain ginocchione 22.

Man mano che i bambini cominciano a comprendere, le mamme sonofelici di poter dire loro tante cosette, di narrare tanti raccontini e favolette, ei bimbi sono avidi di ascoltare; le mamme però, quando dopo un certo tem-po sono stanche di raccontare, eludono la curiosità dei piccoli dicendo qual-che filastrocca.

Eccone alcuni esempi:

C’era ’na vortaBancarivorta,cascò giù pe’ le scalese ruppe ’r colloe nun se fece male 23.

C’era ’na vorta un reche magnava quanto te,che magnava pane e cacio,tira, tira questo naso 24.

All’ultimo verso scuotono leggermente il naso dei piccoli.

La favola der pistèche dura in sempitè, (che non ha fine)

22 Maria Benedetti – d.d.c. – anni 25.23 Maria Volpini. Ved. Variante S. LA SORSA, op. cit., pagg. 61-62.24 Maria Volpini. Ved. S. LA SORSA, op. cit., pagg. 61-62.

73CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

in sempitè, in sempitò,ve la dico, sì o no? 25

Su questo tono si può continuare finché i bambini sono stanchi e nondesiderano più sentire raccontare la “favola der pistè”.

Le strofette di argomento religioso sono molte: alcune sono dedicateall’infanzia di Gesù, raffigurato come un bambino qualsiasi con tutte le esi-genze della natura umana, altre sono preghiere che le mamme recitano aibimbi allorché li portano a letto. “Sono poesiole graziose, piene di tenerezzae fiducia, che servono a far addormentare il piccino, cui si augura lungosonno e santa pace per tutta la notte” 26.

Trascrivo alcune di queste strofette:Stanotte a mezzanotteè nato un bel bambinobianco, rosso e ricciutino.La su’ mamma je fa la pappa,poi l’imbocca, poi lo fascia,poi je stringe quei piedini.Oh, guardate quegli occhini,oh, guardate, ciel beato!che stanotte Gesù è natoin una povera capannellacon il bue e l’asinella,con Giuseppe e con Mariaoh, che bella compagnia! 27

25 Maria Volpini. Ved. S. LA SORSA, op. cit., pagg. 61-62.26 Saverio LA SORSA, op. cit., pag. 63.27 Maria Benedetti – d.d.c. – anni 25.

74 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Maria lavaa,Giuseppe stennea,’r fijo piagneadar freddo che avea.“Sta zitto, mio fijo,che adesso te pijo,te porto in giardino,te corgo un fiorino;pe’ fatte zittàte dò la mammella,boccuccia mia bella” 28.

A letto, a letto me ne vòl’anima e er corpo a Dio lo dò,e lo dò ma San Giuanneché ’r nemico nun m’ingannenè de notte nè de dìnè sur punto de morì;nè de dì, nè de nottenè sur punto de la morte.Signore, me corco;nun sò se m’aririzzo,tre grazie chiedo ma Gesù Cristo:Confessione, Comunione, Olio Santo,Patre, Fijolo e Spirito Santo 29.

Questa poesiola dal nono verso in poi reca anche la seguente variante:………………………

Su da capo al letto mioc’è l’Angelo de Dio,

28 Anna Volpini – d.d.c. – anni 67.29 Ved. Varianti in LA SORSA, op. cit., pagg. 64-69.

75CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

di qua, di là la Ss. Trinità,a li piedi c’è S. Michele,in mezzo alla casa Ss. Annunziata,in cima ar letto San Benedetto 30 .

A letto a letto me ne annai,la Madonna ce trovai,la Madonna con S. Silvestroche faceano lume al letto,di qua, di là la Ss. Trinità 31.

Un altro mezzo per far divertire i bambini, quando questi già hannoappreso a camminare, è quello di prenderli per le manine e di farli saltaregiù da una sedia o da un gradino, cantando questa strofetta:

Zampa zampetta,Maria de Galletta,un vaco de pepe,un vaco de sale,zompa giù, nun te fa male 32.

Un personaggio che esercita un grande fascino sui bambini è la Befana,raffigurata come una buona e vecchia fata, capace di distinguere il bene dalmale e quindi di premiare i bimbi buoni e castigare quelli cattivi.

I piccoli, fin dai giorni precedenti la festa, fanno progetti sui doni chevorrebbero ricevere dalla benefica vecchietta e la vigilia dell’Epifania vannoa coricarsi molto presto, esortati in questo dalle loro mamme, che voglionopreparare alla chetichella sul tavolo della cucina o della camera da pranzo,oppure entro calze appese sotto la cappa del camino, i doni che al mattinodovranno far felici i figliuoli.

30 Orifiamma Sensi. Ved. Variante in S. LA SORSA, op. cit., pagg. 64-69.31 Attilia Cicoria. Ved. Ibidem.32 Maria Volpini. Ved. Variante in S. LA SORSA, op. cit., pagg. 119-120.

76 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

I bimbi, la sera, nei loro lettini non possono dormire tanto facilmente,odono passare per la via i Befanini, messi della Befana, come essi credono,ma che in realtà non sono altro che ragazzi che si divertono ad intimorire ibambini, battendo su vecchi barattoli di latta e cantando la seguente cantile-na:

A letto, a letto, che la Befana nun porta niente;porta cenere, carbone e cocce d’ovo 33.

Trascrivo alcune strofette sulla Befana:

La Befana vien di nottecon le scarpe tutte rotte,col cappello a la romana,quant’è bella la Befana! 34

Befana, mia Befanache esci dalla tanacon l’abito di rosa,porta a ..(nome…) qualche cosa 35.

Potrei riportare altri esempi di filastrocche infantili, ma basti ciò che horiferito. In queste bisogna notare un fatto abbastanza interessante e cioè che“un buon numero di canzonette ricreative dei fanciulli di oggi, in un tempolontano furono o poterono essere patrimonio d’adulti: canti cioè di una cer-ta estensione, forse contrasti e storie di vario genere.

I fanciulli non hanno memoria per ritenere e conservare lunghi canti,ne’ quali per essi molte cose tornano insignificanti ed intelligibili e si riman-dano a frammenti scomposti, slegati e peggio” 36.

33 Felicita Menghini – anni 10.34 Felicita Menghini.35 Maria Volpini.36 G. PITRÈ, Giuochi fanciulleschi siciliani, L. Pedone Lauriel, Palermo, pag. XXVIII.

77CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

2. VARI MODI DI CONTA

Riporto in questo paragrafo alcune delle canzonette che si recitano perindividuare chi debba iniziare il giuoco, o dirigerlo, o andare in mezzo.

Queste canzonette, spesso di significato oscuro e che talvolta rivelanouna remota origine, sono per lo più usate dalle fanciulle, prima di iniziare iloro giuochi.

I ragazzi preferiscono fare la conta in modo più celere: si dispongono incircolo, alzano un poco il braccio con il pugno chiuso e, mentre l’abbassano,aprono una, due o più dita. Si contano quelle aperte, cominciando di solitodal giocatore più piccolo e girando da destra a sinistra.

La conta non manca in nessun giuoco perché vi deve essere semprequalcuno che sovrintenda a questo e che, come dice il PITRÈ, sia maestro,giudice e re e faccia “osservare agli altri le leggi che governano i giuochi ingenerale, il giuoco in particolare. Egli modera, comanda, sentenzia, né vi èalcuno che, pure espulso per infrazioni vere o presunte di leggi, si ribelli allasua sentenza o pensi a richiamarsene ad un altro giudice” 37.

Tutto ciò si fa con molta serietà.

An – ghin – gòtre galline e tre cappò,per andare alla cappellac’era ’na ragazza bellache sonava ’r ventitré,uno, due, tre,toc–che–reb–be pre-ci-sa-men-te a te 38.

37 G. PITRÈ, Giuochi fanciulleschi siciliani, L. Pedone Lauriel, Palermo, pag. XXVIII.38 Graziella Pieretti – anni 9. Ved. Variante in S. La Sorsa, op. cit., pag. 44.

78 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Sotto il ponte ci son tre conche,passa il lupo e nun le rompe,passa il re con la reginae ne rompe ’na dozzina 39.

Sotto la cappa del caminoc’era un vecchio contadinoche sonova la chitarra,uno, due, tre e sbarra,uno, due, tre e sbarra 40.

Gallinella zoppa zoppa,quante penne porti in groppa?Ce ne porto ventitré,uno, due, tre, uno, due, tre 41.

Am – blè – blèmelarince laranciaquanti fior ci sono in Francia?Donna Giuseppì,Donna Caterì,pigliate le forbicie tagliatemi le trecce,non voglio più bellezzemi voglio marità,ta – ta – men – ze 42.

39 Graziella Pieretti. Ved. variante in LA SORSA, op. cit., pag. 4440 Ibidem, pag. 45.41 Anna Ambrogini – anni 9. Ved. Variante in S. LA SORSA, op. cit., pag. 46 e in G.

PITRÈ, op. cit., pag. 32.42 Graziella Misantoni – anni 8.

79CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

Ambarabà cicì cocòtre scimmiette sur comòche facevano l’amoreco’ la serva der dottore,er dottore l’ammazzòambarabà cicì cocò 43.

Ciccì, micetta mia,tutto il bene lo voglio a te,la ciccì me la mangio ioe l’ossetto lo dono a te,uno, due e tre, uno, due e tre 44.

d. Hai visto mio marito?r. Sì.d. Di che colore era vestito?r. (colore qualsiasi – es. rosso)

d. Hai tu questo colore?r. Sì o no.d. Vuoi uscire per favore da casa mia? Quanti soldi aveva in tasca?r. (Numero qualsiasi – es. dieci) 45

Si conta fino a dieci, la bambina a cui tocca esce dal circolo, preceden-temente formato.

43 Fernanda Bartolozzi – anni 7.44 Felicita Menghini – anni 10. Ved. Variante in S. LA SORSA, op. cit., pag. 75.45 Giuliana Bacoccoli – anni 9.

80 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Pinocchietto va al palazzoco’ li libri sotto al braccio,la lezione nun la sa,quanti punti prenderà?Cor cinque nun se passa,cor sei mal’appena,cor sette ben benino,con l’otto ben benone,col nove professore,col dieci maestà 46.

Sotto la pergola nasce l’uvaprima acerba e poi matura,riva lo vento e la fa cascà,zuccher’e a zuccher’e a,pepe, cannella, garofolà.Sona sonagliapizzica e raglia, cuccurucùvattene via fra me e tu 47.

Ponte ponente ponte pita – pe – ta – Perugia.Ponte ponenete ponte pita – pe – ta – pe – ri 48.

46 Felicita Menghini.47 Maria Volpini. Ved. Variante in G. PITRÈ, op. cit., pagg. 33-34.48 Felicita Menghini.

81CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto,ho trovato un bel biscottol’ho portato in sacrestia,chi è ladro e chi è spiase ne va da casa mia 49.

Piso pisello,colore così bello,col Santo Martino,la bella molinarache fila sulla scala,la scala e lo scalone,la penna der piccione,la scatola der mare,che serve pe’ giocare,la bella zitellache gioca a piastrellacor fijo der retira su er piedeche tocca a te 50.

È questa una filastrocca che si trova, con varianti più o meno diverse, intutta Italia.

“Vari bambini siedono in terra tenendo i piedi in avanti e uniti.Il capo del giuoco, spiccando le sillabe, recita una cantilena, passando

da-vanti ai compagni e, ad ogni sillaba che pronuncia, tocca con un baston-cino un piede dei seduti. Se si esaurisce prima la serie dei piedi da toccareche quella delle sillabe della tiritera, comincia di nuovo riprendendo a tocca-re dal primo della fila; il bambino davanti al quale si pronunzia la sillabafinale, deve alzare un piede e tenerlo così fino a quando, continuando a

49 Rita Volpini – maestra elementare – anni 19.50 Rita Volpini. Ved. Variante in S. La Sorsa, op. cit., pag. 173. In G. Pitrè, op. cit.,

pag. 38.

82 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

contare i piedi, man mano che si pronunziano le sillabe della cantilena dacapo a fondo, non viene designato un secondo a prendere la stessa posizionepoco comoda col piede alzato. Quando in tal modo tutti i ragazzi, meno uno,si vengono a trovare con un piede sollevato, l’ultimo rimasto coi piedi a terrasi alza, e d’accordo col direttore del giuoco, infligge le penitenze che crede aicompagni” 51.

Questa filastrocca, ripetendosi in Romagna, ha tra gli altri questi versi:

“La bella Pulisenala bala in si la sela (sala)

sel e salòla scatula del mer”.

ne’ quali il latinista Crisostomo Ferrucci, d’accordo con uno storicoromagnolo, il marchese Eroli, ha veduto una ipotesi di Polisena, figlia delcelebre capitano di Ventura Erasmo di Gattamelata (1370? –1443), andatasposa a Brandolino.La spiegazione non è senza fondamento e, se non è vera, è verisimile” 52

poiché certamente allusioni storiche in talune di queste canzonette esistono;e il negarle solo perché non si riesce a vederle sarebbe stoltezza.

3. GIUOCHI DI FANCIULLE

Ho già detto nel primo paragrafo di questo capitolo che le bambinehanno innato l’istinto della maternità, quindi, come amano giocattoli adattial loro sesso, così anche preferiscono giuochi, trastulli e balletti che meglio siconfanno alla futura donna.

Questi passatempi, anche se eseguiti con la vivacità propria dell’età in-fantile, rivelano una grazia particolare, sia nei movimenti dei corpi, sia an-che nelle parole delle varie canzoni che accompagnano il giuoco.

51 SAVERIO LA SORSA, op. cit., pagg. 172-173.52 GIUSEPPE PITRÈ, Giuochi fanciulleschi, L. Pedone Lauriel, Palermo, pag. XXVI.

83CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

Per ciò che riguarda le danze a forma di ruota o di girotondo, il PITRÈ

riferisce che esse ci trasportano ai tempi remoti e alla prima infanzia del-l’umanità. Infatti sono ancora usati dai popoli selvaggi.

“Siffatti giuochi di cadenze monotone, nei quali col ballo si fondonopoesia e musica, sono, per il FRÖBEL, le prime manifestazioni rudimentalidell’istinto della poesia ed elementi primi dell’arte drammatica; per MILÀ,avanzo della poesia tradizionale, poiché gli ultimi a perdere l’ingenuità sa-ranno certamente i fanciulli” 53.

Inizio col ripetere i vari giuochi in circolo:

– MADAMA DORÈ –

Alcune bambine, tenendosi per le mani, formano un cerchio. Una diesse, rimasta all’esterno, corre all’intorno ed intanto tra lei e le ragazze delcerchio si svolge il seguente dialogo cantato:

- Oh quante belle fije, madama Dorè, oh, quante belle fije!

- Son belle e me le tengo, madama Dorè, son belle e me le tengo.

- Me la dareste una, madama Dorè, me la dareste una?

- Che cosa ne voi fare, madama Dorè, che cosa ne voi fare?

- La vojo maritare, madama Dorè, la vojo maritare.

- A chi la maritareste, madama Dorè, a chi la maritareste?

53 GIUSEPPE PITRÈ, op. cit., pag. LXIX. Ved. Variante in S. LA SORSA, op. cit., pag.303.

84 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

- Ar principe de Spagna, madama Dorè, ar principe de Spagna.

- Entrate nel mio castello, madama Dorè, entrate nel mio castello.

- Le porte sono chiuse, madama Dorè, le porte sono chiuse.

- E noi ve l’apriremo, madama Dorè, e noi ve l’apriremo. (entra nel circolo)

- Nel vostro castello ci sono entrata, madama Dorè, nel vostro castello ci sono entrata.

- Scejeteve la più bella, madama Dorè, scejeteve la più bella.

- La più bella me la sono scelta, madama Dorè, la più bella me la sono scelta.

- Portatevela con voi, madama Dorè, portatevela con voi.

La ragazza designata esce dal circolo e il giuoco continua.

– IL CASTELLO –

Si formano due circoli, uno composto di due sole bambine, l’altro mol-to più grande.. Il castello (circolo) più piccolo, girando, comincia a cantarecosì:

- Oh mio bel castello, marcondiro, ndiro, ndella oh mio bel castello, marcondiro, ndiro, ndà.

Risponde il castello più grande, e così si continua dialogando fino allafine:

- Il nostro è più bello, marcondiro, ndiro, ndella, il nostro è più bello, marcondiro, ndiro, ndà.

85CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

- E noi lo distruggeremo, marcondiro, ndiro, ndella, e noi lo distruggeremo, marcondiro, ndiro, ndà.

- E come farete a distruggerlo? marcondiro, ndiro, ndella, e come farete a distruggerlo, marcondiro, ndiro, ndà.

- Togliendo una pietra, marcondiro, ndiro, ndella togliendo una pietra, marcondiro, ndiro, ndà.

- Quale pietra prendereste? marcondiro, ndiro, ndella, quale pietra prendereste, marcondiro, ndiro, ndà.

- Toglieremo la più bella, marcondiro, ndiro, ndella, toglieremo la più bella, marcondiro, ndiro, ndà.

La fanciulla prescelta lascia il castello più grande per andare in quellopiccolo; si continua così fino a che il castello grande sia rimasto con due solebambine, dopo di che si può ricominciare il giuoco, invertendo le parti.

Ved. variante in S. LA SORSA, op. cit., pag. 304.

– ROSA ROSELLA –

Alcune fanciulle formano un circolo al centro del quale sta una bambi-na prescelta dalla sorte, le compagne, girando attorno ad essa, cantano così:

“Rosa Rosella,la rosa è fiorita,bianca è la rosain mezzo alle viole,fate la riverenzaa chi volete voi”.

86 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

La fanciulla che sta al centro, si dirige verso una qualsiasi compagna, lefa una bella riverenza, quindi la conduce in mezzo e, mentre le due bambinegirano saltando, le compagne, restando ferme, battono le mani e cantano:

“…(nome…..) entra in ballo,ci entra senza fallofalla ballà, falla ballàse non te piace lascia andà”.

A questo punto la bambina, che precedentemente stava al centro, escedal circolo, mentre le compagne, sempre battendo le mani, cantano:

“….nome… es. Graziella) esce dal balloesce senza fallo,tralalalà tralalalà,se non ti piace lascia andà”.

– INGINOCCHIETE SANTUCCIA –

Si forma il solito circolo di ragazze con una al centro. La canzoncina è adialogo e Santuccia oltre ad obbedire a ciò che cantano le compagne, deveanche dichiarare di avere fatto ciò che le è stato ordinato:

- Inginocchiete Santuccia, lioletta, liolà, oilì oilà!

- Già mi sono inginocchiata lioletta, liolà, oilì oilà!

- Addormetete Santuccia lioletta, liolà, oilì oilà!

87CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

- Già mi sono addormentata lioletta, liolà, oilì oilà!

- Chi t’ha messo il cappelletto? lioletta, liolà, oilì oilà”.

A questo punto “Santuccia” si deve alzare in piedi e deve cercare diindovinare. Può provare al massimo tre volte. Se indovina, le compagne,battendo le mani, dicono:

“Hai proprio indovinatolioletta, liolà, oilì oilà”.

Se invece sbaglia, dicono:

“Hai detto una bugialioletta, liolà, oilì oilà”.

Se sbaglia per tre volte consecutive, la si punisce, facendola restare an-cora al centro del circolo.

Ved. variante in S. LA SORSA, op. cit., pag. 380.

– HO PERSO UNA CAVALLINA –

Intorno a un circolo di bambine, ne gira una di corsa e canta:

“Ho perso una cavallinadindina, dindella!Ho perso una cavallinadindina cavalier”.

A questo punto la bambina si ferma, mentre le compagne cominciano agirare e le ripetono così:

88 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

“E dove l’avete persa?dindina, dindella.E dove l’avete persa?Dindina cavalier”.

Il circolo si ferma, la bambina riprende a correre intorno a questo.

“L’ho persa in mezzo al bosco,dindina, dindella;l’ho persa in mezzo al bosco,dindina cavalier”.

Prosegue il dialogo:

“E che vestito aveva?dindina, dindella.E che vestito aveva?dindina cavalier”.

“Aveva un vestito (es. rosso)

dindina, dindella;aveva un vestito ….dindina cavalier”.

Le fanciulle del circolo chiedono mano a mano il colore delle scarpe,delle calze e di altri indumenti che indossava la “cavallina”. Infine ne chie-dono il nome:

“E come si chiamava?dindina, dindella.E come si chiamava?dindina cavalier”.

89CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

“Si chiamava … (es. Giulia)

dindina, dindella;Si chiamava …dindina cavalier”.

La bambina nominata esce dal circolo e si unisce a quella che cercava lacavallina. Il giuoco riprende.

– O MARIA GIULIA –

Alcune bambine formano un circolo, tenendosi per mano; una di loro,già precedentemente designata dalla sorte, è inginocchiata al centro con gliocchi chiusi e le compagne le girano intorno cantando questa canzone:

“Bella che dormisul letto di fiorimentre dormendoun bacio d’amore,il bacio può offenderela cara bambinao poverina come farà?In cameretta solache dura a pettinarsila ciuffettina a farsila fa la sua mammà.O Maria Giuliadove sei venuta?Alza gli occhi al cielo,dà un salto,dallo un altro,cavete ’r cappelletto,fae la riverenza,

90 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

ora in suora in giùdai un bacio a chi vuoi tu” 54.

La bambina che ha eseguito uno dopo l’altro gli atti comandati dallecompagne, in ultimo ne bacia una, che va al centro, mentre ella prende il suoposto.

Ved. variante in S. LA SORSA, op. cit., pag. 352.

– SU SU BALLATE, VERGINI –

Il solito circolo formato da fanciulle, quella che viene chiamata per nomesi volta con le spalle al centro, pure continuando a girare con le compagne,finché tutte si siano voltate:

“Su su ballate, vergini,ché l’angeli ve sonano,se (…nome…es. Maria) se voltassel’angelo la baciasse,piena de rose e fiori,madamigella voltateve voe”.

Ved. variante in S. LA SORSA, op. cit., pag. 366.

– ECCO QUI QUESTA VECCHINA –

Alcune bambine, tenendosi per mano, formano un cerchio e girano.Una sta al centro e deve eseguire tutti i movimenti che le ordinano le

compagne:

54 Il prof. TOSCHI in Fenomenologia del canto popolare, pag. 200, nota che “la can-tilena del giuoco – O Maria Giulia – dove ti sei levata, non meno diffusa ora nel mondodei piccoli, era un canto tradizionale usato dai grandi mentre si compivano, durante ilballo, determinate figure (un salto, una riverenza, una continenza) indicate appunto nellacanzone.

91CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

“Ecco qui questa vecchinache non vuole mai giuocaree per prima penitenzain ginocchio si metterà,per seconda penitenzaa braccia aperte si metterà,e per terza penitenzaa lingua fuori si metterà,e per quarta penitenzaad occhi chiusi si metterà,e per quinta penitenzadelle smorfie le farà,e per sesta penitenzaacciacca il piede a chi vorrà”.

La bambina a cui la vecchina pesterà il piede, ne prenderà il posto.

– SORCETTO –

Le bambine formano un cerchio tenendo però le braccia sollevate inalto. Una, al centro, è il “sorcio”, un’altra, all’esterno del circolo, è il “padro-ne”. Tra le ragazze che formano il cerchio e il “sorcio” si svolge il seguentedialogo:

- Sorcio, sorcio, che fae?- Magno le fae (fave).

- E se te ce chiappa ’r padrone?- Scappo dar bucone.

A questo punto il “padrone” si dà ad inseguire il “sorcio”, deve peròbadare a passare sempre nello stesso intervallo tra due bambine, in cui èpassato il topolino.

92 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

– ROSA ROSETTA –

Alcune fanciulle formano un circolo, si tengono per mano e cantano:

“I soldatini passano, Rosa, Rosetta,facendo in questo modo, Rosa, Rosà”.

Mentre cantano il secondo verso, si sciolgono, facendo la mossa di mar-ciare. Poi riprendono la canzoncina:

“Le lavandaie passano, Rosa, Rosetta,facendo in questo modo, Rosa, Rosà”.

Fanno il gesto di lavare. È possibile protrarre il giuoco a volontà perchési possono imitare tutte le arti ed i mestieri.

– BUSSO –

Le fanciulle formano un cerchio, tenendosi per mano. La capogiuocoche sta all’esterno e corre intorno al cerchio, dà un colpo sulle spalle di unacompagna e dice: “Busso”. Questa esce immediatamente dal cerchio, cheresta così aperto, e si mette a correre in senso inverso alla ragazza che hadato il “busso”. Vince quella delle due che giunge prima al posto vuoto.L’altra, continuando a girare, dà il busso ad un’altra compagna e così via.

– GLI AMBASCIATORI –

Le ragazze formano una fila e si tengono per mano, stando però con lebraccia incrociate sul davanti. Dirimpetto ad esse, ad alcuni passi di distan-za, stanno due fanciulle (gli ambasciatori) con le braccia ugualmente incro-ciate. Queste avanzano verso la fila delle compagne e poi retrocedono, can-tando la seguente canzoncina:

93CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

“Sò arrivati gli ambasciatorisui monti e sui valli;sò arrivati gli ambasciatori,oilì, oilì, oilà!”

A questo punto “gli ambasciatori” si fermano, ora è la volta delle ragaz-ze della lunga fila di avanzare verso questi e successivamente retrocederecantando:

“Cosa vonno gli ambasciatorisui monti e sui valli?Cosa vonno gli ambasciatori?Oilà, oilì, oilà!”

Il dialogo prosegue:

“Gli ambasciatori vonno la sposasui monti e sui valli;gli ambasciatori vonno la sposaoilì, oilì, oilà”.

“Chi sarà sta bella sposasui monti e sui valli?Chi sarà sta bella sposa?oilì, oilì, oilà”.

“Sta bella sposa sarà (…nome…es. Lucia)

sui monti e sui valli;sta bella sposa sarà …oilì, oilì, oilà!

94 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

“Che vestito je faretesui monti e sui valli?Che vestito je farete?oilì, oilì, oilà”.

“Je faremo un vestito tutto rosicchiato 55

sui monti e sui valli;je faremo un vestito tutto rosicchiatooilì, oilì, oilà”.

“Questo no che non vogliamosui monti e sui valli;questo no che non vogliamooilì, oilì, oilà”.

“Je faremo un vestito trapunto d’oro 56

sui monti e sui valli;je faremo un vestito trapunto d’orooilì, oilì, oilà!”

“Questo sì che noi vogliamosui monti e sui valli;questo sì che noi vogliamooilì, oilì, oilà”.

La fanciulla designata quale sposa, esce dalla lunga fila e si mette dauna parte. Si riprende il giuoco, cantando di nuovo tutte le strofette, questavolta per la designazione dello sposo da assegnare alla fanciulla già prescelta.Infine la lunga fila di bambine, insieme agli (ambasciatori), formano un cir-colo, pongono al centro “gli sposi” e cantano le seguenti strofette:

55 La descrizione del vestito deve essere sempre brutta.56 La descrizione del vestito deve essere sempre bella.

95CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

“Alzeremo le bandiere (si sciolgono e alzano un

braccio agitandolo)

sui monti e sui valli;alzeremo le bandiere,oilì, oilì, oilà”.

“Butteremo li confetti (raccolgono dei sassolini in terra e

li gettano sugli sposi)

sui monti e sui valli;butteremo li confettioilì, oilì, oilà” 57.

– IL FORNAIO –

Le fanciulle si dispongono in fila tenendosi per mano; le più grandi,stando alle estremità, rappresentano l’una il fornaio, l’altra la mamma. Ilgiuoco inizia con un dialogo fra i due:

m. “Fornà, fornà, è cotto ’r pane?

f. “Mezzo cotto e mezzo abbruciato.

m. “Chi l’ha abbruciato?

f. “(nomina la bambina più vicina a lei)

57 Secondo quanto dice il S. LA SORSA, op. cit., pag. 302, questo giuoco “riproducetutta una festa nunziale alla maniera celtica per la notevole parte che nelle nozze assumel’ambasciatore”. Il Prof. PAOLO TOSCHI in Fenomenologia del canto popolare pag. 200nota che “la canzone del girotondo “Ecco gli ambasciatori” non è altro che la sopravviven-za in clima fanciullesco di una cerimonia per richiesta di nozze che certamente era in usoin alcune regioni della Francia. Il BARBÌ in Poesia popolare italiana pag. 137, ricorda cheuna precisa descrizione di questa cerimonia per richiesta di nozze si trova nella “Mare audiable” di G. SAND.

96 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Allora tutte le fanciulle in fila, precedute dalla “mamma”, passano sottole braccia alzate del fornaio e della fanciulla nominata, in modo che questaalla fine è costretta a voltarsi senza poter sciogliere le braccia che le riman-gono perciò intrecciate.

Tutte le ragazze cantano:

Povera (…nome…) incatenatacon cento catene,patisce le penedel purgatoriomazzetti d’oro, mazzetti d’oro.

Lo stesso giuoco si ripete per tutte le ragazze della fila. Infine quandotutte hanno le braccia intrecciate l’un l’altra, fanno alcuni passi avanti can-tando:

“So’ arrivati li carcerati da ViterboSo’ arrivati li carcerati da Viterbo”

Ved. variante in S. LA SORSA, op. cit., pag. 272.

– ANELLO MIO ANELLO –

Le fanciulle siedono su un muricciolo oppure in terra e, congiunte lemani palma a palma, le accostano alle gambe. La capo-giuoco ha fra le maniun anellino o un sassolino e passa successivamente dall’una all’altra fanciul-la, per deporre l’oggetto nelle mani di una di esse, senza però farsi accorgeredalle altre. Quando ha terminato, la capogiuoco chiama una delle giuocatricie le domanda:

“Anello mio anello, chi ce l’ha ’r mi anello?”

L’interrogata deve dire il nome della persona che suppone sia in possessodell’oggetto; se indovina diventa capogiuoco; in caso contrario riceve uno schiaf-

97CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

fo sulla mano e la capogiuoco passa a fare la stessa domanda ad un’altra,finché si trova chi ha l’anello.

Ved. variante in G. PITRÈ, op. cit., pag. 97.

– I COLORI –

Le fanciulle, di solito, stanno allineate lungo un muretto. La capogiuoco,precedentemente designata per sorteggio, ne sceglie quattro che rappresen-tino rispettivamente il “Signore”, la “Madonna”, l’“Angelo” e il “Diavolo”,quindi passa davanti alle fanciulle allineate e dice all’orecchio di ciascuna ilnome di un colore (rosso, azzurro, bianco, giallo, ecc.). Quando tutte hannoricevuto il nome del colore, le ragazze che rappresentano i quattro perso-naggi già nominati, vengono a bussare successivamente alle spalle dellacapogiuoco. Il dialogo che segue, si svolge in questo modo:

- “Bum bum.

- “Chi è?

- “Il Signore (es.)

- “Che vuole?

-“Un colore.

-“es. Bianco.

Se nel gruppo delle ragazze ce ne è una che ha il nome di questo colore,deve seguirlo. Poi viene la volta degli altri personaggi e il giuoco continuafinché tutti siano stati esauriti.

Ved. variante in S. LA SORSA, op. cit., pag. 283.

Ved. variante in G. PITRÈ, op. cit., pag. 261.

98 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

I “giuochi di fanciulle, surriferiti li ho appresi dalle bambine della se-conda classe elementare della Scuola Femminile “S. Lucia Filippini” di Mon-tefiascone. Insegnante Suor Assunta Poli.

– I SASSETTI –

Di tutti i giuochi fanciulleschi questo è senz’altro il più diffuso e delica-to, perché è quasi impossibile eseguire tutte le sue operazioni senza com-mettere un solo errore. Si giuoca fra due ragazze; appena sbaglia la prima,inizia il giuoco la seconda e così via.

Si gettano cinque sassolini in terra: la giuocatrice ne toglie uno, lo lan-cia in aria ed intanto raccoglie uno di quelli rimasti in terra per ricevere poicon esso, nel cavo della mano, quello lanciato in aria; ugualmente fa con glialtri tre sassolini che sono in terra. Nella seconda operazione, mentre lanciail sassolino in aria, deve prendere a due a due quelli rimasti in terra. Nellaterza deve prenderne prima tre insieme, poi uno. Nella quarta, la giocatricementre getta in aria un sassetto, deve prendere nel cavo della mano, tuttiinsieme i quattro rimasti.

Nella quinta operazione si stende in terra la mano sinistra con le ditadivaricate, si pongono quattro sassolini fra un dito e l’altro, poi si toglie lamano badando di non muovere nessun sassetto, quindi lanciando in aria ilquinto rimasto, si prendono quelli a terra, uno alla volta.

Nella sesta, la giuocatrice col pollice e l’indice intrecciato con il mediodella sinistra forma un arco poggiato a terra, quindi getta tutti i sassettimentre domanda alla compagna di giuoco quale accusi (ossia quale devetogliere per ultimo); fatto ciò, ne prende uno, lo getta in aria e, prima chequesto ricada, fa passare un sassetto sotto l’arco, ripete il gesto per gli altritre rimasti, mentre dice le seguenti parole:

“Bonzi l’arco, bonzi il sasso”.Nella settima, intreccia le dita delle mani, prende con gli indici un sassetto

per volta, lo lancia in aria e lo fa ricadere nel cavo delle mani.Nell’ottava operazione, getta i sassetti in terra, ne toglie uno, lo lancia e

contemporaneamente prende uno di quelli che stanno in terra e lo fa passa-

99CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

re fra il pollice e l’indice della mano sinistra messi ad anello, facendolo cade-re di sotto; si ripete il gesto per gli altri sassolini, mentre si dice:

”Bonzi il pitaluzzo”.

Nella nona figura, chiamata “la scrivania”, la giuocatrice forma con quat-tro sassolini un quadrato e cerca di prenderne uno per volta, dopo aver lancia-to in aria il quinto, facendo molto velocemente l’atto di scrivere.

Nella decima, il “battente”, dopo aver disposto i soliti quattro sassoliniin forma di quadrato ed aver lanciato in aria il quinto, ne prende uno pervolta, dando contemporaneamente un colpetto.

Nell’undicesima, “la scopa” dispone i quattro sassolini come nelle duefigure precedenti e, sempre lanciando in aria il quinto, ne prende uno pervolta, strisciando contemporaneamente con la mano in terra.

Nella dodicesima figura, “la strada”, pone quattro sassetti in fila india-na, quindi, lanciando in aria il quinto, cerca di toglierne uno per volta senzamuovere quello vicino.

Nella tredicesima, “la candela” la giuocatrice getta tutti e cinque i sas-solini in terra, ne toglie uno, lo lancia con la destra in aria e contemporane-amente prende uno per volta quelli che stanno in terra, mentre pone l’indicedella sinistra sulla bocca, soffiandovi sopra.

Nella quattordicesima operazione, “l’umbriacone”, esegue gli stessi ge-sti della figura precedente, con la differenza che, invece di porre l’indicesulla bocca, vi accosta l’indice ed il pollice ad anello, facendo il gesto di bere.

Nella quindicesima, “li punti”, la giuocatrice mette tutti i sassolini nelcavo delle mani, li getta in alto e celermente rigira le mani, in modo chevadano a cadere sul dorso, conta quanti sassolini sono rimasti e così prose-gue finché neppure uno sia rimasto nelle mani. Vince quella delle due cheriesce ad ottenere più punti 58.

Ved. variante in G. PITRÈ, op. cit., pag. 112.

Ved. variante in S. LA SORSA, op. cit., pag. 159.

58 Giuliana Bacoccoli – anni 9.

100 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

– GIUOCHI CON LA PALLA –

Diverse sono le filastrocche che le fanciulle cantano mentre giuocanocon la palla.

Alcune sono graziose e di facile interpretazione, altre invece hanno al-cune frasi dal senso incomprensibile. Questo contribuisce a rendere più va-lida la tesi di alcuni insigni folcloristici i quali considerano le canzoncineinfantili come un avanzo di riti e cerimonie antiche che hanno subito unaserie di variazioni con il passar dei secoli tanto da trasformarsi in giuochi.

Trascrivo alcune filastrocche:

Si lancia la palla contro il muro e si canta per ogni lancio:

Pallina doratadove sei stata?Dalla nonnina.Cosa ti ha dato?Una pallina.Dove l’hai messa?Nella taschina, (si tocca la tasca).

Falla vedere.Eccola qua, (si raccoglie la palla nella gonna).

Vado in camera,tiro le tende,fò le faccende,poi me ne vò 59.

Nell’ultimo verso si fa una piroetta su se stesse e si deve essere pronte araccogliere la palla.

59 Graziella Pieretti – anni 9.

101CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

Ciro cirontela palla sotto il ponte,chi salta, chi balla, (si salta tenendo le mani alla vita)

chi giuoca alla palla,chi sta sugli attenti,chi fa i complimenti, (si fa un inchino)

chi dà il buon giorno,girandosi intorno, (si fa una piroetta)

gira e rigira, (se ne fa un’altra)

la testa mi gira, (si tocca la testa)

non ne posso più (si fa un cenno negativo con l’indice

della mano destra)

la mia pallina è stanca,prende e cade giù 60. (Si fa rimbalzare la palla in terra poi

si raccoglie).

Ah mi cingo,mi costringo, (mani alla vita)

tocco terra, (si tocca la terra)

la ritocco, (idem, di nuovo)

faccio il giro dell’orco (si girano le mani)

e dell’orchessa, (ci si gira su se stessa)

Madre Badessa, (mani incrociate sul petto)

olio, pepe e sale,viva viva Carnevale 61. (Si battono le mani)

Ved. variante in S. LA SORSA, op. cit., pag. 323.

60 Giuliana Bacoccoli – anni 9.61 Fernanda Bartolozzi – anni 7.

102 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

A muovermi, (si fa rimbalzare la pallina in terra, poi la si

raccoglie)

a fermo, (si fa rimbalzare la palla in terra, indi si raccoglie

senza fare alcun movimento)

con un piede, (si solleva un piede)

con un altro, (si solleva l’altro)

con una mano, (si raccoglie la palla con una sola mano)

con un’altra, (si raccoglie la palla con l’altra)

al cestier, (la palla che rimbalza da terra, si raccoglie nel

cavo delle mani, con le dita intrecciate)

al panier. (Mossa ancora più difficile della precedente,perché oltre che ad avere le dita intrecciate,

bisogna avere intrecciati anche i polsi).

Un giro a muoversi, (si fa una piroetta)

un giro a fermo, (si fa una piroetta senza muoversi dal

punto in cui si sta)

un giro con un piede, (dopo essersi girato, bisogna

sollevare un piede)

un giro con un altro, (sollevare l’altro)

un giro con una mano, (girare su se stesse, raccogliere poi

la palla con una mano)

un giro con un’altra, (si raccoglie con l’altra)

un giro al cestier, (si fa una piroetta e si raccoglie la palla

nel cavodelle mani con le dita intrecciate).

un giro al panier, (si raccoglie la palla con le dita intrecciate e

i polsi intrecciati)

due giri 62. (si fanno due piroette)

È da notare che ad ogni lancio si deve far rimbalzare la palla in terra,prima di raccoglierla.

62 Graziella Pieretti – anni 9.

103CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

Vado in giardino,colgo una rosaper la mia sposavestita di rosa,vestita di bianco;mani in fianco, (si eseguisce ciò che dice il

verso)

mani in testa, (si eseguisce ciò che dice il verso)

oh che bella festa! 63 (si battono le mani)

Dieci (si lancia la palla quindi si raccoglie con una sola

mano)

nove (la si fa rimbalzare in terra, prima di raccoglierla con

ambedue le mani)

otto (si batte la palla due volte in terra)

sette (si battono due volte le mani)

sei (si batte due volte la palla in terra, poi si raccoglie con la

destra e si lancia contro il muro)

cinque (si lancia la palla contro il muro, si raccoglie sullapalma della mano destra, indi si fa rimbalzare contro il

muro)

quattro (si battono tre volte le mani)

tre (si girano tre volte le mani)

due (si battono le mani al di sopra e al di sotto del ginocchio

destro)

uno (si lancia la palla contro il muro, si fa rimbalzare in

terra, quindi si raccoglie con una mano) 64.

63 Fernanda Bartolozzi – anni 7.64 Felicita Menghini – anni 9.

104 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Il contadinoche zappa la terra,si gira la carta,si vede la guerra,e la guerracon tanti soldati,si gira la carta,si vede i malati,ed i malaticon tanto dolore,si gira la cartasi vede il dottore,ed il dottoreche fa le ricette,si gira la cartasi vede la gente,e la gente che vache va per la via,si gira la cartasi vede Luciae Luciache fa uno zompetto,si gira la cartasi vede il galletto,e il gallettoche canta forte,si gira la cartasi vede la morte,e la morteche spaventa la gente,si gira la cartanon si vede più niente 65.

65 Graziella Pieretti – anni 9.

105CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

Ogni qualvolta la fanciulla dice “si gira la carta” si fa un giro su sestessa.

Tre asinelliandaron in Egittooh, che tragitto!Oh, che piacereandare a vederela stella polareche cade nel mare! 66 (si fa rimbalzare la palla in terra,

quindi si raccoglie sulle mani).

Nell’acqua correntece beve il serpente,ce beve lo zio,ce bevo pur io 67.

– GIUOCHI CON LA CORDA –

Vari sono i modi per giuocare con la corda. Ciascuna ragazza può farloper conto proprio, sia a fermo che correndo in avanti. Nel primo caso salta,restando però sempre nelle stesso punto; nel secondo, mentre salta, cammi-na e al contempo può fare entrare un’altra fanciulla, che sia sprovvista dicorda, e farla saltare con lei.

Ma il modo più comune, a cui si può partecipare in molte, è il seguente:Due ragazze girano a turno la corda e le altre rispettivamente a turno

“entrano” da un lato, saltano, recitando nel contempo delle filastrocche, indiescono dall’altro.

66 Fernanda Baltolozzi – anni 9.67 Fernanda Bartolozzi.

106 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Le prime due che calpestano la corda subiscono la punizione di sostitu-ire le ragazze che girano la corda, finché altre due, sbagliando, non prendo-no il loro posto.

Trascrivo alcune filastrocche:

Fra le ragazze che girano la corda e quella che salta si svolge il seguentedialogo:

a. - Din-do-lì!- Che comanda?

- Un caffè.- Da quanto?

- Es. Da dieci (si eseguono dieci salti) 68

b. - La barchetta nuovache in mezzo al mare sta,ci stanno due ragazzeche stanno a liticà,se lo sapesse il padreche cosa gli farà? 69

c. - Una bambina saltando dice le seguenti parole:

- “Cuore, mio cuore,scegli un cuore che si chiami …(es. Marisa).

Quindi esce e la compagna chiamata le subentra nel salto 70 .

68 Felicita Menghini – anni 10.69 Idem.70 Graziella Pieretti – anni 9.

107CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

d. - La gallinella

Una bambina, mentre le compagne girano la corda, fa tre salti, quindisi china, e la corda continua a girare per tre volte sopra il suo dorso. Sicontinua in questo modo finché la bambina cade in errore 71.

e. - Mamma che or’è?- È l’una.

- Le due.- Le tre.

- Le quattro, ecc. fino a dodici 72.

– LA CAMPANA –

Si disegnano in terra delle figure simili a quelle che riporto

1.

1. Si fa regolarmente allaconta. La prima prende unsassolino e lo lancia nel set-tore n.° 1, poi percorrendo asalti, con un piede solo, tuttala figura, giunta al settore op-posto, si china a raccogliereil sassolino; quindi esce dallafigura e ripete la stessa ope-razione per il secondo, terzo,e quarto scompartimento 73.

71 Graziella Pieretti – anni 9.72 Fernanda Bartolozzi – anni 7.73 Giuliana Bacoccoli – anni 9.

108 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

2.

2. Benché la figura sia diversa (a serpente), il procedimento delgiuoco è identico a quello della figura precedente 74.

3.

3. La bambina, getta- to il sasso-lino nel settore n°. 1 e sal- tatavi den-tro, non lo scaccia col pie- de, ma procedecompiendo i seguenti mo- vimenti: salta conun solo piede prima nella seconda, poi nellaterza nicchia, indi a gam- be divaricate nellaquarta e nella quinta, con un piede nella se-sta, con le gambe allarga- te nella settima enell’ottava e nella decima e nell’undicesi-ma. A questo punto la fanciulla deve gi-rarsi su se stessa, ripeten- do in senso inver-so tutti i movimenti nel settore n° 2 e cosìvia 75.

Nell’eseguire questo giuoco bisogna osservare che se il sassolino è lan-ciato erroneamente in altro scompartimento, o tocca una delle linee chechiudono e dividono le nicchie, o la giocatrice calpesta queste linee e “siriposa” ove non deve, in tutti questi casi, chi giuoca deve interrompere ilgiuoco e lasciare che un’altra compagna la sostituisca. Quando tutte hannocommesso un errore, il turno ricomincia. Dopo aver gettato il sassolino intutte le nicchie, si eseguiscono le operazioni accessorie: la giocatrice gira per

74 Felicita Menghini – anni 10.75 Graziella Pieretti – anni 9.

109CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

tutti i settori della figura, prima con il sassolino sul dorso della mano destra(“manuzza”), poi sul piede (“pieduzzo”). Quindi con gli occhi bendati, pas-sa da uno scompartimento all’altro, senza calpestare le linee divisorie. Adogni scompartimento deve fermarsi e dire “Ambo!” Se non commette erro-ri, le compagne rispondono: “Ricotta”.

Come premio per aver eseguito tutte le operazioni, con più o menoerrori, la fanciulla può avere una “casa” in una nicchia, dove potrà riposarsia suo piacimento.

Volte le spalle alla campana, lancia il sassetto dentro di essa; è permessoprovare per tre volte; se il sassetto tocca sempre le linee, si considera persa lapartita e si deve di nuovo attendere il turno. Colei che ha una “casa” ne èconsiderata proprietaria e le giuocatrici, ogni volta che passano per essa,devono chiederle il permesso, dimenticarsene equivale ad un errore.

La padrona della “casa” può concedere o rifiutare il permesso, nel secon-do caso si deve saltare la nicchia senza toccarla 76.

4. GIUOCHI DI RAGAZZI

4.1. BALOCCHI

– IL FISCHIETTO –

Consiste in un bocciolo di canna, lungo circa 15 cm., che da un lato èaperto e dall’altro è chiuso da un nodo. Si praticano lungo il bocciuolo tre oquattro fori; poi, nel lato aperto, si taglia la canna obliquamente e vi si metteuna linguetta rudimentale che di solito è un pezzettino della stessa canna. Visi soffia da questo lato e la cannuccia produce dei suoni diversi, secondoquali fori vengono man mano otturati con le dita 77 .

76 Felicita Menghini – anni 10.77 Fausto Nami – anni 10.

110 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

– IL TELEFONO –

In un forellino praticato nel fondo di due scatolette cilindriche di latta,aperte da un lato, si introduce un filo di rame, lungo vari metri, fermandoloall’interno con un pezzetto di legno.

Due ragazzi, prese le scatolette, si allontanano l’uno dall’altro, tenendoil filo di rame; indi, mentre uno parla entro la propria scatoletta, l’altro ascolta,e viceversa.

Il ragazzo che mi ha riferito questo giuoco, assicura che veramente siodono le parole del compagno 78.

– LO SCHIZZETTO –

Consiste in un bocciuolo di canna che da un lato è aperto e dall’altro èchiuso da un nodo, in mezzo al quale vi è un forellino da cui viene schizzatafuori, come da una siringa, dell’acqua, spinta da una bacchettina che portaall’estremità un batuffolo di stoppa.

I fanciulli, di solito, si bagnano tra loro con questo strumento 79 .Ved. G. PITRÈ, op. cit., pag. 399.

– IL BATTIPALLA –

Per la descrizione di questo giocattolo riporto le parole del PITRÈ: “Siprende un pezzetto di sambuco dal quale si cava fuori il midollo, formandol’anima con un legnetto qualsiasi.

Questo giuoco si fa introducendo due stoppaccini di canapa o di stoppal’uno innanzi, tanto da attingere all’estremità opposta a quella onde entra,l’altro in principio. Spingendo col manico questo secondo stoppaccino, ilprimo entrato, per la compressione dell’aria chiusa tra le due palle, è caccia-to fuori con violenza. Il balocco diviene gradito quando essi scorrono libera-

78 Pietro Bacchiarri – anni 12.79 Pietro Bacchiarri – anni 12.

111CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

mente così che scoppiettano forte, e da balocco diventa giuoco quando duesi met-tono in gara fra loro” 80 .

– LA FIONDA –

È un piccolo ramo di bossolo fatto a forcella a guisa di una Y alla cuiestremità si legano con una cordicella due grossi elastici, terminanti in unaspecie di cappuccetto di cuoio, entro il quale si pone il sassolino che si vuolelanciare. Il giuocatore, tenendo l’estremità inferiore del ramo con la sinistra,tende con la destra la corda, prende la mira e lancia il sasso talvolta a consi-derevole distanza 81.

Ved. variante in G. PITRÈ, op. cit., pag. 404.

4.2. GIUOCHI

– BATTIMURO –

Si può giocare con i bottoni o con i soldi. I ragazzi fanno la conta perconoscere chi debba “battere” per primo il suo soldo contro il muro. Lamoneta battuta, va a cadere, rimbalzando, a terra.

Dopo il primo, a loro volta, battono tutti gli altri ragazzi. Chi manda lasua moneta o il suo bottone ad un palmo di distanza da quello di un compa-gno vince e di conseguenza prende il soldo o il bottone dell’altro 82 .

80 GIUSEPPE PITRÈ, op. cit., pag. 400. Felice Nami – anni 12.81 Filippo Marinelli – anni 13. Lo stesso giuoco è riportato dalla Zanazzo in Usi e

costumi e pregiudizi del popolo di Roma, pag. 374.82 Filippo Marinelli – anni 13.

112 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

– TESTA O SANTO –

Si disegna in terra una linea lunga circa 50 cm., poi da una distanzaprestabilita, i ragazzi lanciano una moneta per ciascuno, cercando di man-darla sopra o sotto vicino alla linea. Colui che riesce meglio degli altri racco-glie tutte le monete da terra, indi lancia in aria il mucchietto imprimendoalle monete un moto rotatorio verticale e nel frattempo grida “Santo” oppu-re “Testa”. Il ragazzo, secondo quel che ha detto, prende o quelle voltatedalla parte dove è scritto il valore della moneta (“Santo”) o quelle voltatedall’altra parte (“Testa”). Le rimanenti vengono lanciate in aria dal secondocon lo stesso procedimento e così via. Dopo il turno del penultimo, le mone-te, eventualmente rimaste, saranno dell’ultimo 83.

Questo giuoco con varianti più o meno profonde si ritrova in altre partid’Europa, “era comunissimo al tempo dei Romani col titolo di “Caput autnavis” dalle parole che i giuocatori dicevano lanciando in aria una moneta,ordinariamente con la testa di Giano da una parte e il rostro di una navedall’altra. L’usavano anche i Greci.

LUBBOCK nota opportunamente che “Croce o testa” fu in origine unmezzo sacro e solenne di consultare gli oracoli 84.

Ved. variante in S. LA SORSA, op. cit., pag. 244.

– PIASTRELLA –

Si fa a piastrella con cocci di mattoni. Si giuoca in quante persone sivuole, dopo aver fatto regolarmente la conta. Il favorito dalla sorte lancia il“lecco” (un pezzo di mattone più piccolo degli altri) e subito dopo la suapiastrella, procurando di accostarla il più possibile al “lecco”. Se nel tirare,la piastrella si spezza, come può benissimo accadere, vale il pezzo di mattonepiù grosso. Dopo il primo tirano gli altri i quali cercano di mandare la loropiastrella più vicino che possono al “lecco” cercando nello stesso tempo di

83 Filippo Marinelli.84 G. Pitrè, op. cit., pag. 29.

113CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

allontanare quelle avversarie. Vince chi si avvicina di più al “lecco” 85. Ved. variante in S. LA SORSA, op. cit., pag. 198.

– PITALA PATALA –

È un gioco di bottoni. Si scava una piccola buca in terra e da una certadistanza i ragazzi, a turno, dopo aver fatto la conta, lanciano ciascuno unbottone cercando di mandarlo il più vicino possibile alla buchetta. Il ragazzoche ha fatto il migliore lancio prova per primo a mandare dentro il bottone,dandogli tre colpetti con l’indice, che si fa scattare dopo averlo trattenutocon il pollice. Ad ogni colpo si pronunziano nell’ordine una delle seguentiparole: “Pitala, patala, a casa”. Chi riesce per primo a mandare in buca ilproprio bot-tone è il vincitore e riscuote dagli altri la posta pattuita consi-stente in uno o due bottoni 86.

– PITTOLO –

È un giocattolo assai noto, di legno, a forma di pera, alla cui estremità èpiantata una punta di acciaio; attorno a questo oggetto si avvolge una funicellachiamata “Sparacina” che, sfilandosi dalla mano del giuocatore, serve a farroteare lo strumento stesso. Questa funicella ha un’estremità a guisa di oc-chiello che si accomoda nella rilevatura opposta alla punta di ferro, sullaparte superiore del pittolo; l’altra estremità che ha un grosso nodo o unapiastrina di latta, messa tra la connessura del terzo o quarto dito, serve dipresa alla forza nel gettare il pittolo per far svolgere la sparacina.

Mentre il giocattolo gira, i ragazzi si divertono a prenderlo in mano,aprendo le dita ed infilando la mano con un colpetto preciso sotto il pittolo,in modo che questo si porti sul palmo teso e continui a girare 87.

Ved. var. in G. PITRÈ, op. cit., pag. 158.

Ved. variante in S. LA SORSA, op. cit., pag. 184.

85 Felice Nami.86 Bruno Scoponi – anni 9.87 Valerio Ricci – anni 10.

114 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

– SPACCAPITTOLO –

Questo giuoco si esegue con un pittolo avente una punta moltoaccuminata la quale gli possa permettere non solo di girare, ma anche dicamminare. Si disegna in terra un cerchio di dia-metro di circa un metro,poi, fatta la conta, ciascuno a turno, cominciando dal primo, vi getta inmezzo il suo pittolo. Ogni pittolo si considera salvo, se girando riesce aduscir fuori dal cerchio, ma se per mala sorte rimane dentro, i ragazzi lopongono al centro e, ciascuno a suo turno, vi lancia sopra il proprio. Siconsidera vincitore colui che riesce a spezzare con il proprio il malcapitatopittolo 88.

– SARTA LA MULA –

Partecipano a questo giuoco due squadre di quattro o cinque ragazziciascuna, più il capogiuoco scelto con regolare conta. Egli si siede di solitosu di un muricciuolo o una panchina e una squadra di ragazzi, dopo averfatto la conta per decidere chi debba “annà sotto”, si pongono curvi in filaindiana in questo modo: il primo si curva e poggia il capo sulle ginocchia delcapogiuoco, il secondo si pone dietro al primo nella stessa posizione, appog-giandosi al sedere di questo e così via, in modo da formare come una schie-na di mulo, da cui il nome del giuoco. Fatto ciò, i ragazzi dell’altra squadra,saltano uno dopo l’altro sulla schiena dei compagni curvi, badando bene,specie il primo, a prendere la rincorsa per andare a cavallo il più avantipossibile, in modo che vi sia spazio sufficiente per gli altri. Tutti devonobadare a non toccare con i piedi la terra, dopo aver saltato, perché ciò equi-varrebbe a perdere e andare sotto, cioè scambiare le parti con l’altra squa-dra. Ciascuno, mentre salta, dice il seguente ritornello:

“Sarta la mula per me, per mi compagno e per sempre”.

88 Gian Franco Brachini – anni 10.

115CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

Dopo che tutti hanno saltato e si trovano a cavallo, il capo-giuoco, attesipochi secondi, per vedere se nessuno tocchi la terra con i piedi, ordina discendere e di ricominciare da capo; se malauguratamente uno di quelli chesono saltati sopra, tocca terra con un piede, il capogiuoco ordina alla squa-dra che ha saltato di andare “sotto” e il giuoco, mutate le parti, riprende 89 .

Ved. variante in G. PITRÈ, op. cit., pag. 212.

– CICCÌ TRE FIASCHI DI VINO –

A questo giuoco può partecipare un numero a piacere di ragazzi.Fatta la conta, il designato dalla sorte si incurva alquanto, appoggiando

le mani sulle ginocchia e i compagni lo saltano diverse volte, poggiando lemani sulla sua schiena e divaricando le gambe in modo da non colpirlo.

Ogni volta che saltano ciascuno dice, dietro l’esempio del primo, unverso della filastrocca seguente:

“Ciccì tre fiaschi de vino venga ….(nome.. es. Mario,ogni ragazzo designa così quello che

deve saltare dopo di lui)

Uno : la luna.due : ’r bue,tre : macina la fija del re,quattro : la spazzatura der gatto,cinque : ’r cioccolato,sei : l’incrociatore (si deve cadere con le gambe incrociate),sette : piombini,otto : tamburini,nove : gazzarra,dieci regalo (ciascuno, appena eseguito il salto, pone qualcosa sulla schiena

di quello che sta sotto),undici : camicia da cucire, riprendo ’r mi regalo,dodici : bell’e cucita,

89 Vincenzo Pignatta – anni 13.

116 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

tredici : tamburino sardo,quattordici : foco e fa la rota (il ragazzo che “sta sotto” disegna un

cerchio intorno a se stesso e quindi stabilisce quale parte dellacirconferenza si deve pestare saltando).

quindici : la via, fo tre passi e poi vo via 90 (ogni ragazzo fatti tre passisi ferma e attende i compagni. Quando tutti

hanno saltato, il paziente si solleva e l’inse gue; per non essere presi, i giocatori devono essere pronti ad entrare nel cerchio. Colui che rimane fuori e viene acciuffato sarà quello che dovrà “andare sotto” per il turno seguente .

Ved. variante S. LA SORSA, op. cit., pag. 213.

– A SARTÀ LA QUAJA –

I giuocatori, disposti in fila uno dietro l’altro ad una certa distanza, sicurvano appoggiando le mani sulle ginocchia, tranne quello che sta dietro atutti, il quale rimasto diritto salta ad uno ad uno i compagni incurvandosipoi anche lui dopo l’ultimo saltato, mentre il primo a sua volta, si rizza perfare i salti e così di seguito 91.

Ved. var. in G. PITRÈ, op. cit., pag. 231.

Ved. var. in S. LA SORSA, op. cit., pag. 218.

– FAZZOLETTO –

I giuocatori si dividono in due squadre e si pongono dietro due lineetracciate sul terreno a una certa distanza una dall’altra.

Il capogiuoco designato dopo regolare conta, sta al centro del campocon un fazzoletto in mano e grida un numero. Due giuocatori delle duesquadre, a cui corrisponda quel numero, abbandonano il loro posto corren-

90 Filippo Marinelli.91 Paolo Salmistraro. Lo stesso giuoco si ritrova anche a Roma ed è descritto da G.

ZANAZZO in Usi, costumi e pregiudizi del popolo di Roma, pag. 30.

117CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

do verso il centro. Il più svelto afferra il fazzoletto e l’altro lo insegue: seriesce ad afferrarlo prima del limite del campo, la sua squadra vince, seinvece l’avversario raggiunge la propria squadra, senza essere toccato, il puntoè a favore di questa. Per vincere è necessario raggiungere i dodici punti 92.

5. GIUOCHI PER RAGAZZI E RAGAZZE

Oltre ai giuochi già riferiti, che sono specifici dell’uno o dell’altro sesso,vi sono dei giuochi che si compiono con la partecipazione di entrambi e,siccome anche questi sono un buon numero, ho preferito trattare a parte.

– REGINA REGINELLA –

I ragazzi (fanciulli e fanciulle) si tengono allineati lungo un muro. Laregina, già scelta per sorteggio, sta ad una ventina di passi di distanza daessi. Essa presiede al giuoco ed ha la facoltà di fare avvicinare o di fareallontanare i giuocatori a suo piacimento. Chi per primo riesce a toccare ilsuo castello, cioè ad occupare il posto ove essa risiede, la spodesta e le su-bentra nel comando. Ciascun ragazzo, a turno, dal posto ove si trova, sirivolge alla “regina” con queste parole:

“Regina reginella,quanti passi me daraeper arrivare al tuo castello?”

Al che la “regina” risponde come più le aggrada. Se dice: “Un passo daleone”, il ragazzo deve fare un lungo salto; se: “Un passo da formica”, unopiccolissimo; se “Un passo da uomo”, ne deve fare uno normale, e così diseguito. I passi possono essere raddoppiati o triplicati a seconda della volon-tà della regina 93.

Ved. var. in S. LA SORSA, op. cit., pag. 346.

92 Filippo Marinelli.93 Graziella Misantoni – anni 8.

118 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

– BOLLE DI SAPONE –

I fanciulli “pigliano un bicchiere con un po’ d’acqua, vi sciolgono delsapone, quindi v’intingono un pezzetto di canna chiamata cannello e vi sof-fiano dentro leggermente in guisa da farne venire fuori delle bolle più omeno grandi, che fanno a gara a far saltare sui loro grembiuli” 94.

Ved. var. in S. LA SORSA, op. cit., pag. 403.

– SEI STATO ALLA VIGNA? –

Passatempo tra due bambini:

Sei stato alla vigna?Sì.

Hai visto la scimmia?Sì.

Hai avuto paura?No.

Allora il primo improvvisamente gli soffia negli occhi; l’altro a quell’im-provviso soffio, batte le palpebre e mostra spavento. Al che il primo esclamaridendo:

Vedi che hai avuto paura!

E il passatempo per lo più ricomincia e seguita per un pezzo a piaceredei bambini 95.

94 G. ZANAZZO, op. cit., pag. 357.95 Paolo Salmistraro. Cfr. G. ZANAZZO, op. cit., pag. 368-369.

119CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

– IL GIUOCO DEL PERCHÉ –

Alcuni ragazzi siedono attorno al capogruppo, questi incomincia a farea ciascuno, a turno, delle domande, inserendovi una serie di “perché”. L’in-terrogato deve rispondere subito, badando bene però a non pronunciare nelsuo discorso, neppure un “perché” poiché in questo caso verrebbe eliminatodal giuoco e dovrebbe lasciare il pegno.

Talvolta però può avvenire che alle domande pressanti del capogiuocoun perché involontario sfugga dalla bocca dell’interrogato. Quando tutti iragazzi saranno stati eliminati e avranno lasciato il loro pegno, termina il“giuoco del perché, e iniziano le penitenze” 96.

– FRULLA, FRULLA CASTAGNA MARRONE –

È un gioco che i ragazzi fanno in autunno inoltrato quando vi sono lecastagne. Si sceglie una delle più belle e, praticativi due fori, si infila in unospago. Questo si mette nel dito medio di entrambi le mani e si attorciglia,badando di fare restare al centro la castagna; con un movimento di tensione,lo spago attorcigliato si svolge e produce un movimento molto simile al ron-zio di un’ape. Nel contempo il ragazzo recita le seguenti strofette:

Frulla, frulla castagna marronechi t’ha fatto le belle carzone?Chi t’ha fatto le belle carzette?Frulla, frulla castagna morette.Agrigiò, agrigiòsi nun fae te magnerò 97.

96 Fausto Nami – anni 10.97 Fausto Nami – anni 10.

120 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Frulla castagna,che il lupo te magna,te magna un orecchio,quell’altro lo secco,lo secco cor pugnale,te fò morì de fame,de fame e de paura,te metto in seportura.Agrigiò, agrigiò,si nun fae te magnerò 98.

– TOCCA FERRO –

Viene giocato da un numero non precisato di ragazzi. Il capo-gruppo algrido di “tocca ferro”, deve rincorrere e prendere i compagni che non toc-cano questo metallo. Ma oltre che “tocca ferro”, poiché egli è il solo arbitrodel giuoco, può gridare anche “tocca legno”, oppure “tocca muro”, e i ra-gazzi devono immediatamente ubbidire e toccare la materia designata. Co-lui che si lascia sorprendere in fallo, ovvero si fa raggiungere nella corsa, èpreso e deve sostituire il ragazzo già precedentemente designato comecapogruppo 99.

Ved. variante in G. PITRÈ, op. cit., pag. 269.

– MOSCA CIECA –

Questo, come dice il PITRÈ, è un giuoco antichissimo e diffuso in tutto ilmondo.

Fatta la conta, colui a cui tocca il punto, deve bendarsi gli occhi con unfazzoletto: così bendato si chiama “Mosca cieca”.

98 Valerio Ricci – anni 10.99 Adriana Ciampicotti – anni 10.

121CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

Il capogiuoco, prima di dargli un colpo sulle spalle, per indicargli chepuò cominciare a mettersi in cerca dei compagni, che a loro volta lo colpi-ranno, gli dice:

– Mosca cieca da do venghe?– Da Milano.

– Che ce porte?– Pane e cacio.

– E a me?– Gnente.

A questo punto tutti i giuocatori gridano in coro al bendato: “Bruttamosca cieca!” “Brutta mosca cieca!”, indi lo colpiscono e si allontanano. Sela “mosca cieca” riesce ad acchiappare uno dei suoi compagni, questo èobbligato a prendere il suo posto e così via 100.

Ved. var. in G. PITRÈ, op. cit., pag. 187.

Ved. var. in S. LA SORSA, op. cit., pag. 261.

100 Pietro Bacchiarri – anni 12. Ved. anche variante in G. ZANAZZO, op. cit., pag. 299.Y. HIRN, ne I giuochi dei bimbi, La Nuova Italia, ed. Venezia, pag. 56-57, nota che la

“mosca cieca” in altri tempi, era molto gradita come giuoco di società, anche per gli adulti…. I memoriali ci descrivono l’ardore col quale si giocava a mosca cieca nei saloni dellaDubarry: tale giuoco nel XVII secolo era una distrazione elegante con la quale si svagava-no tanto nell’Hotel Rambouillet a Parigi, quanto sotto le tende reali nel campo di Gusta-vo Adolfo”. Risalendo più addietro nei secoli notiamo dei tratti che spiegano come ilgiuoco avesse prima un altro significato oltre quello insito del correre e dell’acchiapparsi.La “mosca cieca” non era bendata, bensì aveva la testa coperta da un velo che scendeva aldisotto delle spalle e che rappresentasse una specie di travestimento raffigurante se non ildiavolo, almeno uno spirito maligno di minore importanza. “Il fatto che una simile figurainsegna e cerchi di afferrare gli altri giocatori concorda benissimo con le idee sui rapportifra gli spiriti maligni e gli uomini.

122 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

– CENCIO MOLLO –

Alcuni ragazzi siedono in fila su di un muricciuolo, oppure semplice-mente in terra. Uno, già precedentemente designato capogiuoco, si avvicinacon un fazzoletto bagnato in acqua al primo della fila.

Fra i due si svolge il seguente dialogo:

– Cencio mollo vien da me.

– Che vole cencio mollo da me?

– Si voe nun riderete, si voe nun piagnerete cencio mollo nun bace-rete.

– Io nun riderò, io nun piagnerò, cencio mollo nunbacierò.

Purtroppo il ragazzo non può resistere a tutte le smorfie buffe fatte dalcapogruppo ed è costretto a ridere, e perciò ben presto riceve il fazzolettoinzuppato, in faccia. Il capogruppo, fatto ciò, passa a fare il medesimo scherzoa tutti gli altri compagni; sarà sostituito da colui che, insensibile alle suesmorfie, non avrà riso … né pianto 101.

Ved. var. in S. LA SORSA, op. cit., pag. 246.

– I QUATTRO CANTONI –

È un gioco che si fa fra cinque ragazzi o ragazze. Fatta la conta, i quat-tro prescelti dalla sorte, si pongono ciascuno ad uno spigolo di muro, ad uncantone od altro. Colui che è stato escluso dalla conta, si pianta nel mezzo. Igiuocatori, di corsa, si cambiano l’un l’altro il posto, che chi è nel mezzodeve essere pronto ad occupare. Se egli vi riesce, (ma spesso è cosa ardua

101 Fausto Nami – anni 10.

123CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

perché i giocatori sempre cambiano di posto due a due ed egli per teneredietro ora a questa, ora a quella coppia, rischia di rimanere per parecchiotempo al centro), il giuocatore rimasto privo di cantone va nel mezzo ed ilgiuoco prosegue 102.

Ved. var. in G. PITRÈ, op. cit., pag. 272.

Ved. var. in S. LA SORSA, op. cit., pag. 232.

– S. PIETRO E S. PAOLO, APRITE LE PORTE –

I due ragazzi (o fanciulle) scelti a capogiuoco dopo regolare conta, siaccordano in disparte su chi di loro debba rappresentare l’inferno o il para-diso, quindi si applicano un nome a piacere, sia di un colore, sia di un ogget-to (es: rosso e azzurro). Stabilito ciò, si prendono per le mani, tenendole tesee alzandole in alto per lasciarvi passare i compagni. Questi, formando unalunga catena dicono:

S. Pietro e S. Paolo, apriteci le porte.

E i due capigruppo rispondono:

Le porte sono aperte per chi ce vole entrà.

Dopo aver detto queste parole lasciano passare i giuocatori, ma rac-chiudono l’ultimo della catena fra le loro braccia e gli domandano:

Che voe, rosso o azzurro?

Se egli risponde: “Rosso”, che equivale a inferno, è condannato subitoad andarci; se “azzurro”, va in paradiso. Poi si incomincia da capo, e l’ultimoche sta per passare, torna ad essere fermato, interrogato e condannato comeil precedente compagno. Si continua in questo modo finché tutti sono collo-

102 Graziella Pieretti – anni 9. Lo stesso giuoco è riferito da G. ZANAZZO, op. cit.,con leggere varianti, pag. 314.

124 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

cati. Allora, come di solito, gli eletti scherniscono i compagni condannatiall’inferno col dir loro:

All’inferno, all’inferno! 103

– È ARRIVATO UN BASTIMENTO CARICO DI … –

Il capogiuoco getta il capo di un fazzoletto che tiene in mano, ora al-l’uno, ora all’altro dei suoi compagni e nel contempo dice:

È arrivato un bastimento carico di A, o B, o C, ecc.

Insomma pronuncia una lettera qualunque dell’alfabeto. L’interrogatodeve immediatamente soggiungere, se per es: la lettera stabilita era P, “pere”,“pali”, se L, “lance”, “lamponi”, “lucerne”.

Colui che non sa trovare prontamente la parola o che ne pronuncia unagià detta dai compagni, paga il pegno 104.

Ved. var. in S. LA SORSA, op. cit., pag. 280.

Ved. var. in G. PITRÈ, op. cit., pag. 341.

– INGUATTACIGLIA –

Si fa la conta, stabilendo così chi debba stare alla “cera” o “tana” (spa-zio di muro lungo circa mezzo metro) e chi debba invece nascondersi. Chista alla “cera”, si rivolge con la faccia verso il muro, si benda gli occhi con lemani e non si gira mai a guardare dove vadano a nascondersi i compagni.Questi, per una maggiore garanzia, gli fanno dietro le spalle un segno dicroce e al contempo dicono queste parole:

103 Pietro Bacchiarri – anni 12. Ved. var. in G. ZANAZZO, op. cit., pag. 337.104 Maria Pia Mancinelli – anni 12.

125CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

“Croce de legno, croce de ferro,se tu guarde vae all’inferno;croce de qui, croce de qua,S. Lucia te cercherà”.

Fatto questo scongiuro, si può star certi che il compagno non si volterà.Mentre i fanciulli si nascondono, egli conta per cinque fino a cento, poi,finito il conto, grida:

“Chi è dentro è dentro,chi è fora è fora”.

A questo punto si accinge alla ricerca dei compagni i quali debbonobadare a non farsi vedere, perché in questo caso, se non riuscissero a toccareper primi la “cera”, sarebbero considerati presi.

Il primo ragazzo scorto sostituirà colui che sta alla tana, se non saràliberato dall’ultimo che, senza essere preso, riuscirà a occare la “cera” gri-dando:

“Liberi tutti” 105.

– CUCUZZARO –

I giuocatori devono essere in molti. Il capogiuoco (di solito è il ragazzopiù grande) dà a ciascuno un numero: uno, due, tre, ecc., indi inizia il giuocodicendo:

“Nell’orto mio mancano (es: otto cucuzze)”

Subito, il giuocatore che in quel numero interloquisce, rispondendo:

105 Felicita Menghini – anni 10.

126 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

“Perché (es.) otto cucuzze?”

“E quante se no?”“(es.) Tre cucuzze”

“Perché tre cucuzze?”

E il dialogo prosegue nel modo già descritto. Chi non risponde subito alnominare che si fa del suo numero, è costretto a pagare il pegno per poisubire la penitenza 106.

Ved. var. in S. LA SORSA, op. cit., pag. 278.

– BUZZICO –

Si fa la conta e colui che viene designato deve rincorrere i compagni eacchiapparne uno, il quale, per non essere preso, fa giravolte, capriole ecorre a precipizio. Spesse volte un giocatore viene a traversare loro il cammi-no ed allora il capogiuoco lascia andare il primo per correre dietro all’im-portuno. Colui che viene afferrato o toccato al grido di “buzzico”, prende ilposto del capogiuoco.

Il giuoco è regolato dalle seguenti norme:

quando il giocatore è stanco, per non farsi afferrare dal capogiuoco siferma e grida: “Bonzi”. E così non può essere più molestato; allorché egliricomincia a giuocare, grida invece: “Guerra”.

Una variante di questo giuoco è “Buzzico rialzato”. Colui che sta peressere afferrato, per avere una via di scampo, si affretta a salire sopra ungradino o un rialzo di terreno 107.

106 Fausto Nami – anni 10.107 Valerio Ricci – anni 10. Y. HIRN nell’op. cit., pag. 62 dice che c’è indiscutibilmente,

“come afferma lady Gomme, qualcosa del carattere primitivo nel vecchio giuoco

127CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

– PEGNI E PENITENZE –

Un accenno infine ai pegni e alle penitenze.Il pegno è un oggetto qualsiasi che il giuocatore, colto in fallo, consegna

al capogiuoco, il quale, a giuoco terminato, glielo restituirà dopo congruapenitenza.

Tra i due ragazzi si svolge il seguente dialogo. Inizia il capogiuoco:

“Cincì cincinellode chi è sto campanello?”

“È mio”.

“Fate la penitenza che ve dico io?

“Sì, posso”.

Egli può rifiutarsi per due volte e il capogiuoco è obbligato a cambiarepenitenza, ma la terza volta, volente o nolente, deve accettare e sottostareagli ordini del capo 108.

Le penitenze sono quanto mai svariate; parlerò delle più comuni.Il penitente deve camminare ginocchioni e pronunciare due volte, bat-

tendosi il petto, le seguenti parole:

“Vengo da Gerusalemmesenza ride e senza piagne”.

dell’acchiapparello se è giuocato in maniera ortodossa, cioè quando colui che è stato scel-to mediante la tiritera diventa come un essere tabù evitato da tutti gli altri finché ha lafortuna per così dire di contagiare uno e di riguadagnare la sua primitiva personalità… Ilgiuoco dell’acchiapparello in questa forma originaria ricorda da una parte l’uso di quellaspecie di isolamento tabù per dividere i malati e i criminali, dall’altra quello di trarre asorte la vittima delle funzioni rituali.

108 Pietro Bacchiarri – anni 12.

128 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Tutto ciò deve essere fatto con molta serietà e compunzione, ma il piùdelle volte riesce difficile perché i giuocatori si pongono innanzi al penitentee con smorfie e versacci cercano di farlo ridere in tutti i modi 109

Altre penitenze sono: “l’orologio”, che consiste nel prendere il pazienteper le braccia e per le gambe, farlo dondolare alquanto, indi sbatterlo interra a più riprese, segnando le ore e i quarti; fare un determinato numero digiri, sostenendosi su di un solo piede, senza mai stancarsi; dire qualche pa-rola poco corretta alle persone che passano col rischio però di buscare qual-che ceffone 110.

Infine i ragazzi più grandi usano fra le penitenze “il testamento”. Ilpenitente si china e al capogiuoco che gli domanda:

“Quanti di questi e da chi?”

(indicando dietro le sue spalle, pugni, schiaffi, carezze, pizzicotti, ecc.),risponde con un nome ed un numero.

Poi, secondo la risposta, riceverà dal compagno indicato, schiaffi, calci,carezze, e cose del genere, nella quantità da lui stesso definita 111.

6. INDOVINELLI

Gli indovinelli costituiscono forse uno dei passatempi più graditi per ilvolgo, specie quello delle nostre campagne. Nelle veglie delle lunghe serated’inverno, i nostri contadini, infatti, amano riunirsi alla “balocca” intorno alfocolare e qui, giovani e vecchi, fanno a gara a proporre e a risolvere “l’an-duinelle”.

I ragazzi stanno tutt’orecchi e il giorno dopo sono lieti di poter riferireai loro coetanei gli indovinelli, magari i più spinti, che la sera precedentehanno appreso dalla bocca dei più grandi.

109 Filippo Marinelli – anni 13.110 Pietro Bacchiarri – anni 12.111 Filippo Marinelli – anni 13. Y. Hirn, nell’op. cit., pag. 61, nota che il fatto che

ogni errore nel giuoco reclami un pegno, risveglia l’idea di antiche cerimonie in ogniinfrazione al rito tradizionale fedelmente seguito, era punita.

129CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

Ho preferito collocare questo genere popolare subito dopo i giuochi,perché appunto è considerato come un piacevole passatempo, come unosvago a cui tutti possono partecipare.

Per quanto riguarda la definizione dell’indovinello, non trovo parole piùadatte di quelle del PITRÈ e con queste la riferisco:

“L’indovinello è un giro di parole entro il quale viene compresa e sup-posta qualcosa che non si dice o una descrizione ingegnosa ed acuta dellacosa medesima da qualità e caratteri generali che possono attribuirsi adaltre cose aventi o no con quella, somiglianza o analogia. Codesta descrizio-ne è sempre vaga, tanto vaga che colui al quale viene proposta a risolverecorre con la mente a questo o a quel significato, incerto nella soluzione datrovare. Spesso si asconde sotto il velame di un’allegoria molto lontana osotto immagini graziose e liete. Basato sopra una metafora continuata osopra una serie di metafore, l’indovinello è un esercizio, anzi una vera ginna-stica di spirito, non dissimile da quella che il popolo fa nei suoi conti aritme-tici così semplici e sicuri come quelli delle persone colte. La spiegazione, senon si conosce per tradizione, tarda a farsi trovare; e la ricerca di essa hamolta efficacia nell’acuire l’ingegno e nello sviluppare la facoltà riflessiva edinsieme la malizia e la furberia” 112.

Molti sono gli indovinelli che rappresentano gli oggetti comuni con taleambiguità di frase da convenire a cose o ad atti osceni, sì che la mente di chiascolta venga tratta in errore e corra non al vero, ma al significato apparente.Io preferisco tacere intorno a questi indovinelli, per rispetto alla morale.

Riporto ora quelli che mi è stato possibile trovare nelle mie ricerche.

Chi la fa, la fa pe’ venne, (vendere)

Chi la crompa non l’adopra,chi l’adopra, nun la vede 113.

(La cassa da morto)

112 GIUSEPPE PITRÈ, Indovinelli, dubbi, scioglilingua, pag. XVIII e segg., Clausen,Torino, Palermo 1897.

113 Pietro Cecchini – contadino – anni 76.

130 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Alto altierecon 3.000 cavaliere,tutte stanno in cappa rossameno che ’r solo altiere 114.

(Il ciliegio)

Tonno bistonnobicchiere senza fonno,bicchiere nun èindovina che cos’è 115.

(La ciambella).

C’ho un tappeto tutto lavoratonun c’è passato nè filo nè ago 116.

(Il cielo)

Du’ lucenti, du’ pungenti,quattro zoccoli, ’na scopa 117.

(La vacca)

Sciutta ce la mette,molla la ricava,zompa sopra le donnecome un diavolo 118.

(La brocca)

114 Pietro Cecchini.115 Pietro Cecchini.116 Vittoria Buroni– contadina – anni 50.117 Pietro Cecchini118 Settimio Corba - contadino – anni 54.

131CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

C’ho cent’occhi e nun ce vedosò guidato come un cieco,fò servizio a tanta gentechi me tocca se ne pente 119.

(Lo scaldaletto)

Quattro fratelli carnali, carnalicorreno, correno nun s’arriveno mai 120.

(L’arcolaio)

Su una finestracciac’è una vecchiacciacon un dente longo longoche chiama tutto ’r monno 121.

(La campana)

Ve lo dico ve l’ho dettove lo torno a dir di nuovose voe nun lo sapeteteste d’asino sarete 122.

(Il velo)

Dimme tu che sè poetae tutto fae palese,

119 Settimio Corba.120 Pietro Cecchini.121 Settimio Corba.122 Pietro Cecchini

132 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

dimme de quella vecchiache adà un mese 123.

(La luna)

Qual’è quella cosa che sta fermae che cammina? 124

(L’orologio)

Io parto e nel partir ti lascio,una mezza luna, una luna intera,’r principio di Roma e la fine d’Atene 125.

(Core = cuore)

Mura verde, camere rosse, meniche nere,a chi c’indovina, je dò tre pere 126.

(Cocomero)

Alto, altino,fatto de sassoe coperto de lino 127.

(Altare)

123 Vittoria Buroni.124 Idem.125 Filomena Napoli – contadina – anni 50.126 Vittoria Buroni.127 Pietro Cecchini.

133CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

Nun è mare eppur fa l’ondanun è pecora e se tondanun è pesce e porta spinagran dottor chi l’indovina 128 .

(Il grano)

Alto, alto il padre,bassa, bassa la madre,neri, neri i figliuolini,bianchi, bianchi i nepotini 129.

(Il pino)

Giovedì annai a cacciaammazzai ’na beccaccia,venerdì me la magnaipeccai o nun peccai? 130

(La mela)

Son battuto o sfraggellato,so de spine coronato;ma se cambio l’esser mioposso esse omo e Dio 131.

(Il grano)

128 Vittoria Buroni.129 Settimio Corba.130 Vittoria Buroni.131 Vittoria Buroni.

134 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

In cielo c’è, in terra no,le zitelle ce l’hanno due,le maritate nun ce l’hanno.Luigi ce l’ha davantiMichele de dietroe Pietro nun ce l’hanè davanti nè dietro 132.

(La lettera L)

A Napoli c’è una donna,il nome ve l’ho detto,come si chiama? 133

(Anna Poli)

Qual è quella cosa che er giorno sta pienae la notte sta vota? 134

(La scarpa)

7. SCIOGLILINGUA

“Lo scioglilingua è una sequela di parole senza costrutto e talvolta senzasignificato, composto e ripetuto col solo scopo di creare difficoltà nella pro-nunzia di esso e di vincerle. Si direbbe una specie di esercizio ginnastico dilingua.

La natura di queste parole è a base di lettere labiali e dentali, le quali sisuccedono e si incalzano, spesso si agglomerano ed agglutinano, cagionandoun gran stento a chi voglia o debba ripeterle speditamente e più volte di segui-to, come in certi giuochi 135.

132 Vittoria Buroni.133 Settimio Corba.134 Vittoria Buroni.135 G. PITRÈ, Indovinelli, dubbi, scioglilingua, pag. XXVII, Clausen, Torino, Paler-

mo 1987.

135CAPITOLO IV – I Giuochi dei Fanciulli

Me ne vengo da MontefiasconeFojenno, fojone, fojone fojennoMontefiascone, Bolsena correnno 136.

In un piatto poco cupo,poco pepe pisto cape 137.

Se l’Arcivescovo di Costantinopolisi disarcivescoviscostantinopolizzasse,vi disarcivescoviscostantinopolizzereste voi,come si è disarcivescoviscontantinopolizzato lui? 138

Dietro a quer palazzoc’è un povero cane pazzo,date un pezzo di panea quel povero pazzo cane 139.

Sopra la panca la crapa campa,sotto la panca la crapa crepa 140.

Tre tozzi di pane seccoin tre strette tasche stanno 141.

136 Pietro Cecchini.137 Settimio Corba.138 La nota non si legge.39 Corba Settimio.140 Cecchini Pietro.141 Raffaele Salvatori.

136 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Una pica su un ceppoco ’na spica de grano mar becco,je casca la spica, scegne la pica,raccoje la spica, ripiana su ’r ceppoco la spica de grano mar becco 142.

Mannaggia a sette fraschecon tutto san frascheggio 143.

142 Raffaele Salvatori.143 Cecchini Pietro.

Capitolo V

IL FIDANZAMENTO

1. Fase preparatoria del fidanzamento

1.1. Pronostici

L a donna comincia fin dall’adolescenza ad essere corteggiata dai coetanei ed essa naturalmente, lusingata da questo fatto, cerca di non perdere nessuna occasione per far la civettuola

concolui che più le piace fra “i mosconi che le ronzano intorno”, sia allafontana, sia all’uscita della Messa, sia la domenica in paese, oppure, se laragazza si reca a lavorare in campagna, durante i lavori pesanti della mietitu-ra o della vendemmia.

Quando poi i pretendenti si fanno desiderare, la fanciulla che non vuoleessere da meno delle sue compagne cerca in tutti i modi di prevedere qualesarà “er su regazzo”, traendo gli auspici intorno al suo avvenire in primoluogo per mezzo dei sogni.

Pone la sera sotto il guanciale tre confetti che ha avuto in dono da unasposa novella, oppure un baccello contenente cinque fave, credendo di poterin tal modo sognare il “Principe azzurro” tanto atteso 1.

1 Maria Bertuccini – contadina – anni 75.

138 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

La stessa cosa crede possa avvenire se per tre sere consecutive contanove stelle 2 .

Un sistema caratteristico che, oltre a Montefiascone, si usa anche inalcuni paesi circonvicini, è il seguente:

Due ragazze, trovandosi insieme, segnano in terra, ciascuna per proprioconto, una croce; quindi, ognuna delle due ragazze scrive a sinistra, sopra lalinea di divisione, le iniziali di quattro nomi maschili che corrispondono aquattro giovani che la corteggiano o semplicemente che le piacciano; sotto,le iniziali di quattro città ove preferirebbe abitare dopo il matrimonio; adestra, sopra la linea, le condizioni economiche e sociali, le quali sempresono: “ladro, povero, ricco e milionario”, indicandone, come al solito, solo leiniziali; sotto segna una F ad indicare i figli che nasceranno dal matrimonio.

Riporto lo schema:

Ciò fatto, le due ragazze fanno il “conto”: buttano cioè un numero apiacere e cominciano a contare nel primo reparto; cancellano quindi l’inizia-le del nome su cui cade la conta, ripetono lo stesso procedimento, finchérimanga un solo nome nei primi tre reparti. Nel quarto invece, secondo ilnumero delle dita che si abbasseranno, verranno altrettanti figli; questi pos-sono variare da uno a dieci; mai saranno meno di due perché ambedue leragazze devono “buttare” 3.

2 Vittoria Buroni – contadina – anni 50.3 Pasquina Notazio – contadina – anni 22.

Il Fidanzamento 139

Secondo quanto riferiscono alcuni insigni folkloristi, nella notte di S.Giovanni le fanciulle traggono gli auspici in vari modi intorno alle loro noz-ze; il più usato è quello di gettare del piombo fuso in una catinella d’acqua,e di conservare poi le forme che acquistano i pezzetti di piombo.

Un’usanza non proprio analoga, ma molto somigliante, si riscontra aMontefiascone. La notte di S. Giovanni si pone l’album di un uovo in unabottiglia piena d’acqua; la mattina seguente le ragazze guardano ansiose qualeforma abbia assunto l’album e arguiscono così, quale sarà il loro destino; seinvece si sono formati piccoli cipressi, che presto dovranno morire; se si èformato un angelo, che dovranno farsi suore, ecc. 4 .

Si traggono inoltre pronostici anche dal canto del cuculo. Nelle sered’estate le fanciulle, dopo aver recitato la seguente strofetta:

“Cucca cucco co’ le penne bellequant’anni ho da sta’ pe’ mette le perle?” 5

contano quante volte il cuculo canti; da ciò arguiscono quanti anni do-vranno ancora attendere prima di prendere marito 6 .

1.2. Dichiarazione

Questo fanno le fanciulle come ho già detto, sui quattordici o quindicianni, né da meno sono i ragazzi, i quali anche se non credono a siffattesuperstizioni fanno di tutto per ingraziarsi la ragazza dei loro sogni, cercan-do di incontrarla spesso per lanciarle sguardi che mostrino l’ardore del lorocuore, oppure di ballare quasi sempre con lei durante i balli che i contadiniusano dare sulle aie durante le serate estive. Se la ragazza non si mostraritrosa alle attenzioni del giovane, questi pensa di dichiararle il suo amore.

4 Filomena Napoli – contadina – anni 50.5 La collana di perle o vezzo, come riferirò alla fine del capitolo, veniva donata dalla

mamma dello sposo alla futura nuora la domenica precedente le nozze e si metteva al collola prima volta, il giorno del matrimonio. Mettere le perle quindi equivale a sposarsi.

6 Maria Bertuccini – contadina – anni 75.

140 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Ciò presso i nostri contadini avviene in una maniera tutta caratteristi-ca. Ogni domenica essi, dalle frazioni circostanti, usano recarsi in paese, siaper assistere alla Messa solenne cantata, sia per fare delle compere al mer-cato, sia anche, specie i giovani, per passeggiare per la piazza e per il corso.Il ritorno a casa avviene di solito dopo il mezzogiorno; le ragazze non vannomai sole, ma a gruppi di due. Il giovane, in questi casi, si procura un amicoinsieme al quale segue poi le fanciulle. Appena sono fuori del paese, i duegiovani si appressano alle ragazze: l’innamorato tira la gonna alla giovaneche gli sta a cuore per farle capire la sua intenzione, dicendole nel contempo:“È permesso?” La giovane, che il più delle volte attende con ansia questomomento, allenta il passo e, voltandosi, risponde: “Perché no?” Il ghiacciocosì è rotto ed essa si affianca a lui, mentre l’amico si occupa dell’altra ra-gazza, conversando con essa, e distogliendola dalla sua compagna.

Il dialogo fra i due innamorati prosegue in questo modo:

“See contenta che viengo a fa quattro passe co’ te?”“Perché ce vienghe?” soggiunge la ragazza.“Perché tu me piace”.Nun è vero, tu voe minchionamme, (prendermi in giro)

perché c’hae già la ragazza”.

Il dialogo continua così fra lo schernirsi della donna e le proteste d’amoredell’uomo, che infine le domanda se è contenta di fare l’amore con lui. È diprammatica che la donna, anche se il ragazzo le piaccia, non gli dia subito ilsuo consenso, ma lo faccia attendere almeno qualche giorno. Il fidanzamen-to viene presto fatto qualora i genitori siano consapevoli 7.

1.3. Rifiuto di un pretendente

Se nonostante tutti gli accorgimenti e gli approcci, il giovane non riescead entrare nelle grazie della fanciulla e viene rifiutato dopo la sua domandad’amore, si dice in dialetto che abbia avuto “la sfavata” e subisce perciò an-

7 Vittoria Buroni – contadina – anni 50.

Il Fidanzamento 141

che le beffe da parte degli amici.La stessa espressione di “dare le fave” si adopera per due giovani già

fidanzati allorché si lasciano (“se stizzano”) 8 e corrisponde a quella di “darle noci” o “le nocciuole” adoperata altrove.

Al di fuori di questo modo di dire non vi è altra maniera per indicare ilrifiuto di un pretendente, quindi “né scopa né ceppo” come si usa altrove.

Il ragazzo, allorché vuol chiedere amore alla fanciulla, lo fa senza inter-mediario (ruffiano), sia per evitare le beffe in caso di rifiuto, sia perché spes-se volte il “ruffiano” può soffiargli via la ragazza 9.

1.4. Scherzi e dispetti da parte degli amici

Ora quando una ragazza è regolarmente fidanzata, nessun giovane osaimportunarla; ma fino ad una trentina di anni fa, secondo quanto mi hariferito Maria Bertuccini di anni 75, si tentava in tutti i modi, dagli amici deifidanzati, di staccarli l’una dall’altra, di mettere un po’ di ruggine tra loro;non mancavano perciò dal fare loro dispetti: ad esempio si prendeva a sassateil giovane, appena questi usciva la sera dalla casa della fanciulla dopo averlefatto visita: oppure durante un ballo, mentre i due fidanzati erano insieme,invitavano la giovane a ballare con loro, sì che essa non poteva rifiutarsi;coglievano insomma ogni occasione per parlare con la fanciulla, suscitandocosì la gelosia del giovane, il quale finiva col litigare con la fidanzata; il piùdelle volte si chiarivano i fatti e ritornava la pace fra gli innamorati.

1.5. Consensi

Se gli innamorati sono molto giovani “fanno l’amore” per un periodopiù o meno lungo “di fora” ossia fuori casa, perché, data la loro età, i genitorinon permettono che essi siano regolarmente fidanzati e vogliono attendereche siano più maturi 10 .

8 Maria Bertuccini – contadina – anni 75.9 Filomena Napoli – contadina – anni 50.10 Idem.

142 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Solo dopo un periodo di amoreggiamento più o meno lungo, il fidanzatosi presenta dai genitori della ragazza e chiede il loro consenso. In paese si usafare il fidanzamento ufficiale nella quasi totalità dei casi; questo uso ancoranon è entrato nelle nostre campagne.

La festa si fa in casa della ragazza, e ad essa intervengono i genitori delfidanzato, fra i giovani avviene uno scambio di doni; il giovane offre l’anello,la ragazza lo ricambia oppure fa un regalo più modesto 11 .

L’anello viene considerato come pegno d’amore e segno di fidanzamen-to. Esso ha il carattere di “arra”, trasformazione dell’antica dote che costitu-iva il marito in favore della moglie. In occasione delle feste principali avvienesempre uno scambio di regali fra i giovani fidanzati.

2. Amoreggiamento

2.1. Scambio di doni

Molto più caratteristici dei regali odierni, consistenti per la ragazza inspille, coralli, borse, calze, ecc. e per il ragazzo in portafogli, portasigarette,cravatte e simili, erano quelli che usavano scambiarsi i nostri nonni.

Sempre per informazione di Maria Bertuccini e Filomena Napoli, hopotuto apprendere qualcosa intorno ai reciproci doni.

Il giovane dunque donava alla “su ragazza” un paio di forbici, il coltello,la rocca per filare; inoltre, e questo era il dono più ambito e valeva a distin-guere la fidanzata dalle altre ragazze, un paio di lacci della lunghezza di ml.1,30 e dell’altezza di tre o quattro cm., da avvolgere sotto il ginocchio attor-no alle calze, tessuti a vari e vivaci colori. Questi lacci erano guarniti all’estre-mità con piccole nappe dello stesso colore dei lacci. I colori preferiti erano ilrosso, il verde, l’azzurro, il giallo, l’arancione. La giovane invece regalava alfidanzato dei fazzoletti, ricamati di solito in rosso e blu negli angoli. In unangolo erano le iniziali della giovane, in quello opposto quello del fidanzato,nei due restanti due cuori intrecciati con fiori e foglie e un vaso con fiori. Nel

11 Maria Benedetti – d.d.c. – anni 25.

Il Fidanzamento 143

tempo della mietitura poi vi era la tradizione, a cui nessuna fidanzata potevasottrarsi, di donare al fidanzato un fazzoletto (di solito rosso a fiorellini bian-chi con le iniziali di entrambi) che egli usava mettersi intorno al collo duran-te i lavori pesanti della campagna.

Altro regalo importante era la “fascia” cioè la cintura per sostenere ipantaloni tessuta a sgargianti colori, con una doppia frangia. Tutto ciò con-trassegnava il fidanzato facendolo distinguere dagli altri giovani.

I fidanzati, al di fuori dei regali scambievoli, non li ricevevano da nessunaltro e perciò anche essi non erano tenuti a farli ad alcuno.

2.2. Luoghi e frequenza degli incontri.

Nel fidanzamento non vi è alcun intervento del parroco. La Chiesa nelMedio Evo richiese che la manifestazione del consenso fosse fatto in modosolenne: questa prescrizione che ancora viene seguita in alcune località, aMontefiascone è scomparsa del tutto.

In caso di rottura del fidanzamento, i due giovani, qualunque sia lacausa e il colpevole, sono tenuti a restituirsi i doni e le lettere che si sonoscambiati durante il periodo del fidanzamento.

Per quanto riguarda la possibilità di entrare in casa del fidanzato o didormire sotto il suo tetto, la donna deve evitarlo, perché non sarebbe affattoserio da parte sua, né del resto i suoi genitori lo permetterebbero. Questo sifa soprattutto per non suscitare le “chiacchiere della gente” 12.

La ragazza fidanzata con un giovane che le piace, è pienamente felice eat-tende con impazienza la sera per ricevere la visita del suo amore; nellenostre campagne i giovani si recano a far visita alla fidanzata il giovedì e ilsabato, la domenica, poi, gli incontri avvengono in paese 13.

12 Maria Volpini – d.d.c. – anni 62.13 Vittoria Buroni – contadina – anni 50.

144 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

2.3. Cosa si fa per vedere se il fidanzato è sincero

Talvolta attraversano l’animo della donna dei dubbi che offuscano lasua felicità. In questo caso essa cerca in qualche modo di sapere se il fidanzatoè con lei sincero.

Un oroscopo tra i più usati è quello di sfogliare gli steli del giojo (erba apiù nodi) o i petali di una margherita, dicendo queste parole:

“M’ama, non m’ama, mi desidera, mi disprezza”,

fino ad esaurimento completo dei petali della margherita o dei nodi delgiojo 14.

Se la ragazza si trova nel campo, può anche fare la prova di svellere lapianta di una cipolla dicendo nel contempo queste parole:

“Se ’r mi regazzo me vò benesta cipolla lunga me vien”.

Se la pianta si spezza prima che il bulbo sia venuto fuori, la ragazza netrae un cattivo auspicio 15.

Un altro esperimento, praticato dalla maggior parte delle fidanzate del-le nostre campagne, è quello di porre su di un braccio, dopo averla ben pi-stata, un’erba chiamata “erba dell’amore” (non sono riuscita a sapere qualefosse il termine scientifico), poi il braccio viene fasciato e durante l’opera-zione si dicono queste parole:

“Amor se me voe ben famme ’na rosa,se no famme ’na piaga puzzolosa”.

Dopo due giorni si toglie la fascia dal braccio e, se la pelle appare sol-tanto irritata, si arguisce che il fidanzato è fedele, se al contrario si è formata

14 Filomena Napoli – contadina – anni 50.15 Marsilia Mocini – contadina – anni 58.

Il Fidanzamento 145

una piccola piaga, è segno che il fidanzato non è fedele 16. Naturalmentetutto ciò è dovuto alla maggiore o minore irritabilità della pelle.

2.4. Serenate ed infiorate

Così in un’alternativa di amore e di sdegno, di litigi e di riappacificazioni(“l’amore nun è bello se nun è stizzarello”) come dice un vecchio adagio,passa il periodo del fidanzamento che può prolungarsi per vari anni.

Di solito il matrimonio avviene dopo che i giovani hanno compiuto iventi anni.

“In Italia, a dispetto del diritto romano, le fanciulle innanzi di andare amarito, vogliono fare all’amore e, in nessun paese forse si ama di più che franoi, io non dico certo con maggior forza, intendo con maggiore facilità, va-rietà e gaiezza.

Qui ed in Grecia e un tantino pure in Spagna i fidanzati si amano can-tando; vi è strepito e vi è pompa nei nostri amori; perciò i nostri amori siprestano bene a venire descritti.

“In Italia poi il canto popolare è quasi tutto amore o ci sovrabbonda” 17.L’uso di fare la serenata sotto la finestra della camera dell’innamorata

non si è spento del tutto. È un bisogno dell’animo innamorato quello diesprimersi cantando ed i nostri giovani, specie quelli campagnoli, in numerodi quattro o cinque, con alcuni strumenti si recano presso la casa della ra-gazza di uno di essi, il quale vuole esprimerle in tal modo il suo ardenteamore.

Le serenate d’amore si fanno esclusivamente di sabato sera.I giovanotti fanno tre suonate se la ragazza non è fidanzata, cinque

suonate se lo è, poi se ne vanno cercando di non farsi riconoscere. Dal nu-mero delle suonate si arguisce a chi era destinata la serenata, ma anche se glialtri non lo sanno, lo sa bene la destinataria, che il più delle volte si accon-tenta di guardare da dietro le imposte socchiuse 18.

16 Marsilia Mocini – contadina – anni 58.17 A. De Gubernatis, Storia comparata degli usi nuziali in Italia, ecc. Treves, Milano

1878, pag. 52.18 Vittoria Buroni – contadina – anni 50.

146 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

(In appendice al Capitolo riporterò le varie serenate, rispetti e stornelliche lodano la virtù e la bellezza della donna e mostrano il grande amore cheil giovane le porta).

Se il grande amore per la donna del cuore si rivela in immagini di esta-tica bellezza, altrettanto grande in caso di rottura di fidanzamento è l’odioche si nutre contro la persona fino a ieri portata alle stelle. Questo è docu-mentato dalle serenate o stornelli di dispetto, che sono cantati dal preten-dente rifiutato o dal fidanzato cacciato dalla ragazza.

Il numero delle serenate è pari e i canti sono invettive e insulti all’indi-rizzo della giovane. Poiché queste serenate sono alquanto licenziose ho pre-ferito non riportarne alcuna, ho trascritto invece gli strambotti e gli stornellidi dispetto che si possono vedere in appendice al capitolo 19.

Oltre le serenate sono comuni le infiorate, limitate esclusivamente almese di maggio. Con queste il fidanzato cerca di fare cosa gradita al proprioamore, mentre il pretendente rifiutato cerca soltanto di fare dispetto.

Due sono i generi delle infiorate: “infiorata d’amore” e “infiorate didispetto” nelle quali ogni fiore e ogni oggetto ha il suo significato.

Le infiorate d’amore, sono caratterizzate oltre che dai fiori usuali comerose, ciclamini, garofani, varie erbe profumate, dai fiori della finestra (mag-gio); tra i fiori si possono scorgere bigliettini recanti parole d’amore.

Le “infiorate di dispetto” sono fatte con ortica, malva, cardi, sterco etalvolta con corna di animali e bigliettini con parole licenziose e pocoriguardose per la donna. Questo però avviene soltanto se la donna, per cui sifanno le infiorate, è di facili costumi.

Le infiorate sia d’amore che di dispetto si fanno di solito il sabato notte;la mattina seguente, la giovane, a cui sono state destinate, si affretta a to-glierle via, sia per un suo riserbo, che le vieta di far vedere agli altri di esserestata oggetto di attenzione, sia (quando si tratta di infiorate di dispetto) perpaura che gli altri, vedendole, facciano delle “chiacchere” poco piacevoli sulsuo conto 20.

19 Vittoria Buroni – contadina – anni 50.20 Settimio Corba – contadino – anni 52.

Il Fidanzamento 147

Forse questa usanza deriva dalle antiche feste di maggio che tanta im-portanza ebbero nel passato. Queste erano feste di primavera, feste dellavegetazione, intese a rappresentare la natura che si risveglia dal letargo in-vernale e si rinnova. Furono di conseguenza feste femminili e feste dell’amo-re.

Le cose essenziali che si richiedono nei fidanzati sono: l’onestà e la fe-deltà reciproca, nell’uomo la prudenza e l’amore al lavoro, nella donna lasaggezza ed i buoni costumi.

I fidanzati debbono essere l’uno per l’altra e non sarebbe onesto perloro “tener il piede in due staffe” 21, ossia amoreggiare contemporaneamentecon un’altra persona. Ciò non solo toglie il prestigio, ma spesso fa “rimanerecon le mosche in mano” 22 , cioè senza nessuno, come giustamente avverte ildetto popolare.

3. FASE CONCLUSIVA DEL FIDANZAMENTO

3.1. La dote

Dopo un periodo più o meno lungo dacché il giovane è ritornato dalservizio militare, si fissa il matrimonio.

I genitori del giovane si recano a casa dei genitori della fanciulla edinsieme fissano gli ultimi accordi.

Allora, presso le famiglie benestanti, si stabiliscono la dote che avrannoi rispettivi giovani. Di solito, i genitori, preferiscono dare alle figlie una som-ma di denaro che può variare secondo le possibilità economiche della fami-glia e lasciare i beni immobili (case o terreni) ai maschi.

Ciò naturalmente si fa perché i discendenti di parte maschile possanoereditare, intatti, i beni e trasmetterli da padre in figlio 23.

21 Settimio Corba – contadino – anni 72.22 Filomena Napoli – contadina – anni 50.23 Maria Bertuccini – contadina – di anni 75.

148 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

In questa occasione si fissa anche la dimora dei futuri sposi i quali,presso i nostri contadini, lavoreranno la terra dei genitori presso cui abitano,ricevendo parte del raccolto 24.

Inoltre si stende la lista degli invitati che saranno tutti i parenti e gliamici più cari se il matrimonio è “a invito” ovvero i soli parenti intimi se è“senza invito” 25.

3.2. Le pubblicazioni

Compiuti tutti questi atti preliminari, le mamme o gli stessi fidanzativanno a “cavà le fedi” e a “attaccà le ricorde”, ossia a fare affiggere dalparroco, per due domeniche, le pubblicazioni sulla porta della Chiesa 26.

3.3. Usanze caratteristiche – La visita solennedella suocera

Nelle nostre campagne, fino ad una trentina di anni fa, la prima dome-nica in cui si affiggevano le pubblicazioni, la sposa metteva al dito la fede(l’anello nuziale) e non la toglieva che la mattina delle nozze, per farselainfilare al dito dallo sposo durante la cerimonia nuziale; inoltre con unaspilla appuntava dietro le spalle un fiocco rosso con fiorellini e foglioline avari colori 27.

La seconda domenica, la madre dello sposo, si recava a casa della futuranuora. Qui, dopo i convenevoli d’uso, le veniva offerta un’abbondante cola-zione, a cui partecipavano tutti i familiari; durante il pasto, la giovane dovevamostrarsi oltremodo garbata verso la futura suocera.

Terminata la colazione, dinanzi ai genitori e agli altri componenti lafamiglia, l’anziana poneva al collo della giovane una collana di perle a vari

24 Maria Bertuccini.25 Vittoria Buroni – contadina – anni 50.26 Idem.27 Maria Bertuccini.

Il Fidanzamento 149

fili, (vezzo) donato anche a lei, prima delle sue nozze, da colei che divennesua suocera.

L’atto era accompagnato dalle seguenti parole:

“Ve lego questo vezzo,’r primo e l’ultimo sia questo. (sposo)Ve lego questo cappio,in capo all’anno un fijo maschio”.

Quindi soggiungeva parole di augurio:

“’R vezzo ve lo metto io,la pace ve la mette Dio”.

Con questa cerimonia, la giovane veniva accolta come figlia dalla fami-glia del futuro marito.

Questa tradizione, sebbene in una forma più semplice, vive tuttora pressoi nostri contadini 28.

La fidanzata, per tutto il periodo in cui rimanevano affisse le pubblica-zioni sulla porta della Chiesa, non usciva mai sola da casa, ma era sempreaccompagnata da un familiare e se per caso incontrava il suo fidanzato, ab-bassava gli occhi per pudore 29.

Nelle nostre campagne il corredo della sposa, veniva trasportato, conpompa, dalla sua casa a quella dello sposo.

Parlerò di questo costume nel capitolo relativo alle nozze, poiché il tra-sporto avveniva la sera del giorno in cui era già avvenuta la cerimonia dellenozze.

Per ciò che riguarda l’arredamento della casa, se i giovani, dopo le noz-ze, andranno ad abitare in quella dei genitori (naturalmente dello sposo)dovranno provvedersi solo della camera da letto; per la mobilia e l’arreda-mento completo di questa penserà la donna.

28 Filomena Napoli.29 Filomena Napoli.

150 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Se invece i due sposi “metteranno su casa per conto proprio” l’uomodovrà pensare ad arredare il resto della casa 30.

Riporto infine alcuni proverbi relativi al fidanzamento:

“Quest’anno cicagnoloso,un altr’anno sposo” 31.

“Chi ha ’r neo e nun se lo vede,è bella e nun se lo crede” 32.

“Pija marito che ’r bene è finito” 33.

“Pija marito e va a stà solaché peggio nun poe stà” 34.

In questo ultimo adagio vi è una chiara allusione alle difficoltà che de-rivano dalla convivenza con la suocera.

Queste sono le tradizioni e le superstizioni che ho potuto raccogliereintorno al fidanzamento, nel prossimo capitolo parlerò di quelle sul matri-monio.

– POESIA DELL’AMORE E DELL’ODIO –

I canti che riporto, parte li ho raccolti di persona nelle campagne diMontefiascone, parte li ho ripresi dall’opera di ALESSANDRO MARSILIANI, Canti

30 Vittoria Buroni – contadina – anni 50.31 Maria Volpini – d.d.c. – anni 62.32 Idem.33 Maria Bertuccini – contadina – anni 75.34 Idem.

Il Fidanzamento 151

dei dintorni del lago di Bolsena, di Orvieto e delle campagne del Lazio, Tip.Marsili, Orvieto 1886.

Questi canti sono strambotti o rispetti e stornelli; i primi li ho divisi inrispetti che lodano la bellezza femminile, d’amore lieto, d’amore sfortunato,di corrucci e gelosie, di dispetto, di pace e sentenziosi; altrettanto ho fattoper gli stornelli.

Questi gruppi di canti si presentano in discreto stato di conservazione eper quanto si incontrino delle forme strane, tuttavia per la loro brevità esoprattutto perché opera popolare non presentano troppi rimaneggiamenti.

Ci potranno essere dimenticanze, contaminazioni, ci saranno forme edespressioni dialettali, incomprensibili forse per chi non è della zona, ma maici saranno incongruenze, travisamenti, errori per incomprensione del testo;perché il popolo stesso, nel creare il canto adopera le forme che gli sono piùfamiliari.

“Lo strambotto italiano è una lirica monotrofica formata da una coppiadi endecasillabi moltiplicabile” 35, abbiamo così strambotti di quattro, sei,otto o anche più versi, che talvolta, passando di bocca in bocca, possonosubire delle abbreviazioni o degli allungamenti a seconda del bisogno.

Ne viene quindi a soffrire la metrica per cui da un endecasillabo si puòpassare ad un verso di sette, otto sillabe e ad uno di dodici, tredici, o quattor-dici. Linguisticamente s’intrecciano forme dialettali e letterarie.

Le fonti di una parte di questi canti appartengono alla medesima classedi contadine che mi hanno fornito le notizie sugli usi e costumi tradizionali.

35 PAOLO TOSCHI, Fenomenologia del canto popolare, Parte I, pag. 137.

152 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

– RISPETTI –

1. Amore Lieto

Giovenottina da le mani d’oroquanno la cucirete la camiciada parte ricamata tutta d’oroin mezzo ar petto ’na rosa fiorita:la rosa fiorita in mezzo a ’n ormola mamma è bella e la fija la vojo,la rosa fiorita in mezzo all’acquala mamma è bella e la fija la passa 36.

A mezzo ar mare ce sta ’na colonna,c’è scritto er nome de Crolindae se Crolinda fosse ’na guerrieradonare je vorrei la mia armaturacarzone bianche co’ la bottoniera 37.

O Dio del cielo se potessi farela vostra casa vicino a la miaco’ gli occhi vi potessi riguardaredall’uscio e la finestra, anima mia 38.

36 Filomena Napoli.37 Idem.38 ALESSANDRO MARSILIANI, Canti nei dintorni del lago di Bolsena, di Orvieto e delle

campagne del Lazio, Tip. Marsili, Orvieto, pag. 17.

Il Fidanzamento 153

O rondinella che per l’aria vaeferma li passi, ascolta due parole:dammi una penna de le tue bell’aliquando scrivo una lettera a lo mio amore.Quando l’avrò scritta e fatta bella,portala a l’amor mio tu, o rondinella;quando l’avrò scritta e fatta tondaportala a l’amor mio, bianca colomba;quando l’avrò scritta e fatta d’argentoportala all’amor mio e fallo contento 39.

E me ne voglio andare a sant’Ulivo coglier la voglio una rama di palma; portare che la voglio all’amor mio, e famo pace che Dio la commanna; se questa palma mi durasse un giorno, bellino vi vorrei al mio contorno; se questa palma mi durasse un mese, bellino vi vorrebbe al mio paese; se questa palma mi durasse un anno bellino vi vorrei al mio commanno 40.

Dice che lo sdegno vince amorechi se lo crede fa una gran pazzia:e se son due che s’amano di core,non si mutano mai di fantasia.Così son io che son buon amatoreNon la lascerò mai la diva mia:

39 ALESSANDRO MARSILIANI, Canti nei dintorni del lago di Bolsena, di Orvieto e dellecampagne del Lazio, Tip. Marsili, Orvieto, pag. 21.

40 Ibidem., pag. 28.

154 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

così son io che v’amo e sono amato,se vi lasciassi andar farei peccato 41 .

Quando nasceste voi, suprema luce, in paradiso gran festa si fece; e gli angeli strideano ad alta voce: è nata la regina imperatrice 42.

L’eran tre damigelle a la finestra,je tirorno tre dardori d’amoreuna je coje in fronte, l’altra a destra,la più piccina a la parte del core.Io dò uno sguardo ma quella miglioree poi raccomanno a la maggiore 43.

2. Bellezze della donna

Bella che sete nata de Gennaroquanno fioccava e componìa la neve,la vostra mamma non funiva maide favve bella come adera lei.La vostra mamma l’ebbe un gran giudiziode favve l’occhi neri e ’r capello riccio;la vostra mamma l’ebbe un gran cervellode favve l’occhi neri e ’r viso bello 44.

41 ALESSANDRO MARSILIANI, Canti nei dintorni del lago di Bolsena, di Orvieto e dellecampagne del Lazio, Tip. Marsili, Orvieto, pag. 21.

42 Filomena Napoli.43 Filomena Napoli.44 Idem.

Il Fidanzamento 155

(Variante)

Bella che sete nata de Gennaroquanno fioccava e componìa la nevela vostra mamma non funiva maide favve bella come adera lei.Quanno nasceste voi nacque bellezza,nacque ’na fontanella d’acqua chiarala neve ve prestò la sua bianchezza:quanno nasceste voi nacque l’amorela luna se fermò de camminarele stelle se cambiarno de colore 45.

Bella le tue bellezze m’hanno vinto,li tui costumi m’hanno consumatome parete un garofalo consumatome parete un garofalo dipintosete lo specchio de ’sto vicinato 46.

Rosa, rosetta colorita e bella,rosa che non perdeste mai l’odore;e foste colta a la verde spinella,e strapiantata nel giardin d’amore.E beato a chi ti gode, rosa bella,e beato a chi ti gode il primo odore;e se toccasse a me ’sta sorte bella,sarei felice a tutte quante l’ore 47.

45 Geltrude Cipriani – contadina – anni 63.46 ALESSANDRO MARSILIANI, op. cit., pag. 41.47 A. MARSILIANI, op. cit., pag. 41.

156 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

E se ci fosse due mila signori;direi che lo mio amor fosse più bello;è nato fra le rose e fra i fiori,è nato fra ’l basilico novello;è nato fra l’inverno e fra l’estatequanto ’l’ha fatto bello la su’ matre 48.

E sete bella, sete bella tanto,a poco a poco arriverete ’r sole,quelle vicine che ve stanno accanto,tutte son belle, ma ’n arrivano voi,quelle vicine che accanto vi stannotutte son belle ma arrivare nun ve ponno 49.

3. Serenate

Siamo venuti a fà la serenatapatron de casa, si contente seteci avete una fanciulla innamoratave prego belle che me la svejete,diteje ch’è venuto lo suo amantequello che l’ama e j’è fedel costante,diteje ch’è venuto lo suo amorequello che l’ama e j’ha donato il core 50.

48 Vittoria Buroni. A. MARSILIANI, op. cit., pag. 42.49 Pasquina Notazio – contadina – anni 22.50 Idem.

Il Fidanzamento 157

Ve sò venuto a fà la serenatave l’ho portate diece cantarine,ora de diece ne cantano novearzete bella mia ch’è freddo e piove,ora de nove ne cantano ottoarzete bella mia che so’ Giggiotto,ora de otto ne cantano settearzete bella mia che sò Giuseppe,ora de sette ne cantano seearzete bella mia ch’è freddo e neve,ora de see ne cantano cinquearzete bella mia che sò Luige,ora de cinque ne cantano quattroarzete bella che sò Tomasso,ora de quattro ne cantono trepija la sieda pe mettete a sedé,pija la sieda pe mette le pannestanotte pe noe fusse mill’anne,pija la sieda pe mette ’r cappellostanotte pe noe fusse in eterno 51.

Ve sò venuto a fà la serenatave l’ho portate diece cantore.Ora de diece ve cantano noveli fa cantar chi bene ve vole,ora de nove ne cantano ottoli fa cantare lo ragazzo vostro,ora de otto ne cantano settea me mi fa cantar vostre bellezze,

51 Vittoria Buroni – contadina – anni 50.

158 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

ora de sette ve cantano seili fa cantare chi vò bene a lei,ora de sei ne cantano cinqueli fa cantare chi er core ve stringe,ora de cinque ne cantano quattroa me mi fa cantà er vostro ragazzo,ora de quattro ne cantano treli fa cantare chi vò bene a te,ora de tre ve cantano dueli fa cantare chi vò bene a voi.Ora che tutte e diece emo (abbiamo) cantatoora ve canta ’r vostro innamorato 52.

3. Amore sfortunato

Poretta me che sò delle scordate,come la cipolletta intorno a foco;tutte l’altre vivanne son mangiate,la cipolletta se mentova poco;quanno la cipolletta cercheretesarà bruciata e non la troverete 53.

Addolorato il rosignolo canta e quando canta lamentar si vuole, così son io che qualche volta canto, canta la lingua mia, piange il mio cuore 54.

52 ALESSANDRO MARSILIANI, op. cit., pag. 41. Vittoria Buroni.53 A. MARSILIANI, op. cit., pag. 48. Vittoria Buroni. (raccolta ad Orvieto)54 A. MARSILIANI, op. cit., pag. 49.

Il Fidanzamento 159

Albero ti tenevo tanto caroe ti annacquavo con lo mio sudore;il tuo dolce è diventato amaro,le frondi hanno mutato di colore;se lo sapevo quando ti annacquavo,albero ti tagliavo il pedicone 55.

La tortora che ha perso la compagna mena una vita molto dolorosa; trova una fontanella e lì s’abbagna, la beve di quell’acqua torbolosa 56.

Morte crudele, che per lo mondo vai,a chi imbianca lo velo, a chi lo tingea chi imbianca lo velo per dispetto,a me la fai portar la pena al petto 57.

O Dio del cielo se potessi fare un cuore abbottonato di bottoni, e si potesse aprire e poi serrare, vorrei veder chi l’ha contento il core 58.

55 A. MARSILIANI, op. cit., pag. 49.56 Ibidem.57 Ibidem, pag. 50.58 A. MARSILIANI, op. cit., pag. 49.

160 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

O Dio del cielo che pena è la miaavé la lingua e non poté parlarepassà davanti a la ragazza miavedella e non potella salutare 59.

O che dolore si more un parente è doppia pena perdere ’n amante, vedello morto nun sarebbe niente vedello vivo a vagheggiar con l’altre 60.

Finestra che la notte stae serratae ’r giorno aperta pé famme moriree ’r giorno stae serrata pé lo solela notte aperta pe rubamme ’r corela notte stae serrata pe lo ventoe ’r giorno aperta pe damme ’r tormento 61.

Ci avevo un cavallino ammaestrato che mi contava li passi della luna ci avevo una moretta e m’ha lasciato è segno che a far l’amore non ho fortuna 62.

Questa è la strada di campo di fioridove ci passa Venere e Diana,

59 Vittoria Buroni. Cfr. A. MARSILIANI, op. cit., pag. 55, raccolta a Bomarzo. Al IIIverso una variante, invece di “A la ragazza mia”, porta “De la bella mia”.

60 Non c’è nota.61 Pasquina Notazio.62 Pasquina Notazio.

Il Fidanzamento 161

alla mattina ci si leva il solea mezzogiorno la stella Diana.Stella Diana che per me nasceste’sto core a calamita lo portaste,con un coltello lo mio petto apristeer core che ci avevo mi levastein un bacile d’argento lo metteste;a la fiamma d’amore l’appresentaste.E la fiamma d’amore non è una,una è la morte e l’altra è la fortuna,e le fiamme d’amore non son quattroo mi legate o mi sciogliete affatto 63.

Passo e ripasso, la finestra è chiusa veder non posso la mia innamorata, non sò se sia in camera rinchiusa o veramente nel letto ammalata. — S’affaccia la sua mamma poverina: – “Quella che cerchi tu l’è assotterrata

e vacce a S. Francesco domattinaa mano manca sta la sventurata;arza la pietra de la sepolturala troverai dal vermine mangiata”.

— “Vermine che hai disfatto questo fustopossa mangiarlo con amaro gusto.vermine che hai disfatto questo benepossa mangiarlo con amaro fele.

- Tu la piangi ch’è morta e sotterrata,io la piango ch’è viva e innamorata,

63 Pasquina Notazio.

162 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

tu la piangi ch’è morta ed è vita bene,io la piangio ch’è viva e nun m’è fedele 64.

5. Corrucci e gelosie

O ben tornato giglio colto adesso.piglia la sedia e mettiti a sedere,non sei arrivato né tardi né presto,un’altra diva sei stato a vedere.Non sei arrivato né presto né tardihai fatto nuova diva; amor mi lasci 65.

Che avete avuto dolce anima mia, che così presto vi siete sdegnata? Avete avuto qualche gelosia, o qualche mala lingua v’ha parlato, le male lingue co’ la mala gente l’invidia fa parlar contrariamente; le male lingue, le male persone, l’invidia fa parlar contrario amore. Fanno la pace principi e signori, non la ponno fare due cari amori? Fanno la pace principi e serventi non la ponno far due cuori contenti 66.

64 Pasquina Notazio. Vedi variante in FRANCESCO SABATINI, Saggio di canti popolari,Tip. Tiberina, Roma 1878, pag. 13 e segg. Questo è un frammento del canto “Baronessa diCarini” noto in Sicilia e altrove. Ebbe però origine, secondo il Sebastiani, in “La rondinellaUmbra”, Spoleto 1844, alla Bagnaia a sei miglia da Perugia.

65 A. MARSILIANI, op. cit., pag. 62.66 A. MARSILIANI, op. cit., pag. 63.

Il Fidanzamento 163

Levatevi dal cuore ogni pensiero,ferma speranza sopra me tenete;’l nodo d’amore, adè legato stretto,un altro non sarà, lo vederete 67.

Ti pensi che mi manchino l’amanti, manco mancasse la fronda a l’ulivo. Se non venite voi, vengono gli altri, sempre ho voluto bene a chi volivo; se non venite voi, vengono i fiori, sempre ho voluto bene al primo amore 68.

Tutta stanotte voglio andar cantando per quattro birbaccioni che ci sono. Si sono vantati di rompermi ’l grugno, Oh Dio del cielo se ci proveranno! Un coltelluccio che lo taglia il ferro, e lo taglia l’acciaio bisognanno, è stato temperato nell’inferno, e da l’artisti che l’arte la sanno; È stato temperato da la luna, si faccia chi ha pelle dura; è stato temperato da le stelle, si faccia avanti chi ha dura la pelle 69.

Finestra bassa, e padrona crudele, quanti sospiri m’hai fatto gettare.

67 A. MARSILIANI, op. cit., pag. 63.68 Ibidem, pag. 64.69 Ibidem.

164 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Metter se li potessi tutti assieme, vorrei fà un ponticello in mezzo al mare.

A chi ci passerà senza pensiere, a chi ci passerà senza la nave, a chi ci passerà come ho fatt’io datemi il vostro core eccovi il mio; a chi ci passerà come io ho fatto, datemi il vostro core, il mio l’ho lasso. A chi ci passerà come io feci, datemi il vostro core, il mio l’avete 70.

Benedetto chi fece lo mondo, chi lo fece lo seppe ben fare, fece ’r mare che ’n se trova ’r fondo, fece la barca pe’ potecce andare, fece la barca e fece ’r barcarolo fece la donna pe’ consumà l’omo, fece la barca e fece ’r bastimento fece la donna pe’ daje tormento; fece la barca e fece le rieme fece la donna pe’ daje le pene 71.

6. A dispetto

Levatevi sti ricci da la fronte,e fatevi veder ’st’occhi galanti;in tante pompe non vi ci tenete,al par dell’altri una femmina siete 72.

70 A. MARSILIANI, op. cit., pag. 64.71 Vittoria Buroni.72 A. MARSILIANI, op. cit., pag. 72.

Il Fidanzamento 165

Ti tenghi tanto alta, assai sei bassa, ti tenghi tanto bella, assai sei brutta; e degli amanti vuoi esser la maestra, non hai ancor detto una parola giusta: finirà, finirà sto fume in frasca, un dì sarà finita la tua festa 73.

E li voglio fissar li giovinetti;gli voglio far saper le tue condotte;così sei tu che stai per queste parti,sei una fontana che abbeveri tutti 74.

N’hai minchionati tanti e non ti basta, come minchioni me, sei volpe e lesta. Sei come l’uccellino su la frasca ora per ora il suo bel volo aspetta; sei come le mele de le macchie, belle le fronde e cattivi li frutti, così sei tu che stai per queste parti, sei una civetta che dai udienza a tutti 75.

Che te credevi de famme de legno?come ’na rota de famme girare?Come l’hae fatto male er tu’ disegno;l’amore vojo fà con chi me pare 76.

73 A. MARSILIANI, op. cit., pag. 74.74 Ibidem.75 Ibidem.76 Pasquina Notazio.

166 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

7. Sentenziosi

La gioventù non venisse mai meno,al mondo che sarìa una bella cosa:la gioventù che fa come il baleno,cammina ventun’anno e poi si posa 77.

Cristo fece la cresta alle galline,mar gallo je fece le sperone,la barba bianca fece alle caprine,le corna torte fece a le montone,’r fazzoletto lo fece a la donnae all’omo ’r cappello pe’ coprì le corna 78.

(Variante)

Cristo fece la cresta alle galline,mar gallo je fece le spirone,le corna nodose fece a le montonee all’omo fece metta le carzone 79.

Gira la rota e noi nun la vedemol’amore cresce e noi ce consumamo 80.

77 A. MARSILIANI, op. cit., pag. 82.78 Pasquina Notazio.79 Vittoria Buroni.80 Ibidem.

Il Fidanzamento 167

STORNELLI

1. Bellezze della donna

Ti pensi ch’io non sappia gli stornelli?E l’ho portati carchi due cavalli,all’aria, all’aria chi li sa più belli 81.

In mezzo ar mare ce sta ’na colonnadodici pittori a pitturallapitturano le bellezze de ’sta donna 82.

Ve do la bonasera e più non cantobella non ve n’avete per affrontoche fra le belle lo portate ’r vanto 83.

E l’ho girato tutto un bel giardino.non ho trovato un fiore simile a voi,solo una vaga rosa e un gelsomino 84.

Bella che sete nata a Roma Santa,e battizzata al duomo di Fiorenza,cresimata dal vescovo di Francia 85

81 A. MARSILIANI, op. cit., pag. 101. Ved. var. in G. ZANAZZO, op. cit., pag. 135.82 Vittoria Buroni.83 Filomena Napoli. Ved. var. in G. ZANAZZO, op. cit., pag. 136.84 A. MARSILIANI, op. cit., pag. 101.85 Ibidem.

168 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

In mezzo ar mare ce sta un pesce tonnoquanno vede le belle viene a gallaquanno vede le brutte tocca ’r fonno 86.

O Dio del Cielo fa fiorì le zucchefalle diventà belle le ragazzee lo mio amore più bello de tutte 87.

Fior de ginestrala vostra mamma ’n ve marita appostape’ nun levà ’sto fiore a ’sta finestra 88.

Quanto sete bella e me piacetequanto a li mi occhi in genio annatese sete piccolina crescerete 89.

Quanno nascesti tu rara bellezzanacque l’oro, l’argento e la chiar’acquanacque l’oro, l’argento e l’acqua fresca 90.

Io sò partito da le tre casetteho camminato tre giorni e tre nottipe’ venille a trovà le tu bellezze 91.

86 Vittoria Buroni. Cfr. A. MARSILIANI, raccolta a Latera, op. cit., pag. 101, al IIIverso una variante invece di “tocca er fonno” reca “mucce l fonno”.

87 Pasquina Notazio.88 Filomena Napoli. Ved. var. in G. ZANAZZO, op. cit., pag. 189.89 Vittoria Buroni.90 Idem.91 Pasquina Notazio. A. MARSILIANI, op. cit., pag. 106. Raccolta a Gradoli. Una

variante al III verso invece di “pe venille a trovà le tu bellezze” reca “e venni a trovare levostre bellezze”.

Il Fidanzamento 169

Alzando gli occhi in ciel vedo una stellae non sapendo a chi rassomijallala rassomijo a voi, ragazza bella 92.

Ci avete gli occhi neri come il pepe,le labbra rosse come le cerasevi faccia buona Iddio, che bella siete 93

Ci avete quell’occhietto brillantinoe fate innamorà chi sta lontano,considerate chi ve sta vicino 94.

Ci avete l’occhi neri e ’r petto bianco,di qua e di là ’na lampada d’argento,bella chi sposa voi diventa santo 95.

4. Amore lieto

Fiore de riso,quanto è grazioso lo mio innamorato,prima che parli la sua bocca ha riso 96.

92 Filomena Napoli.93 Pasquina Notazio.94 Pasquina Notazio. Vedi var. in G. ZANAZZO, op. cit., pag. 138.95 Pasquina Notazio. Ibidem, pag. 139.96 A. MARSILIANI, op. cit., pag. 103.

170 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Fiore di canna.Come volete che la notte dorma,se quel cicetto m’ha rubato l’alma 97.

Fiore di pepe.Occhi che a calamita mi tirate,voi mi fate venir dove volete 98.

Ti voglio amar se la terra tremasse,se cento scudi una palma valesse,prima vorrei morir che abbandonarte 99 .

Tu sei quella famosa giardiniera,che dó ne vai le spargi rose e fiori;la portate con voi la primavera 100.

E benedico l’erba che fa il vago;pare che ti cominci a tirar dietro,tiratevi più qua che vi do un bacio 101.

E benedico l’erba tenerella;e se la vostra madre non m’inganna,cognata mi sarà vostra sorella 102.

97 A. MARSILIANI, op. cit., pag. 104.98 Ibidem.99 Ibidem.100 Ibidem.101 Ibidem, pag. 105.102 Ibidem.

Il Fidanzamento 171

E benedico l’erba de l’avere,non posso né venire, né mandare,perché ’l mi core sta fra tante pene 103.

Fiore di menta.E de la menta voi siete la pianta,chi esce dal mio core mai più c’entra 104.

Fior di cipolla.Chi ci ha bevuto in quella fontanella,sta fuori quattro giorni e poi ritorna 105.

E tu che sei di Napoli padrona,perché ’n ti fai chiamar napoletana,napolitana del porto d’Ancona 106.

Bella, che come voi ce ne son poche,il cerchio de la luna vagheggiate,in un mar di bellezze, bella nuoti 107.

Solo Cupido lo poteva fared’accompagnar due cuori tanto benelui di bellezza, lei di fedeltane 108.

103 A. MARSILIANI, op. cit., pag. 105. 104 Ibidem. Ved. var. in G. ZANAZZO, op. cit., pag. 138.105 A. MARSILIANI, op. cit., pag. 105.106 Ibidem.107 Ibidem, pag. 106.108 Ibidem.

172 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Fior di limone.Non sò quale canzone mi cantatetutte vanno a finì sopra l’amore 109.

Facioli bianchi.Li nostri genitori nun sò contentiSemo contenti noi, tiramo avanti 110.

In mezzo ar mare c’è un tavolinoquattordici pittori e uno scrivanoa scrive le bellezze de Peppino 111.

Levete quer cappello da la frontefamme vede quell’occhi spasimantiche struggono la neve da quei monti 112.

Fiore de canna.Chi vò la canna a lo canneto venga,chi vò la fija, accarezzi la mamma 113.

Sò stato a Roma e sò stato a S. Pietro,l’ho girato tutto ’r colonnatoho pensato a voi, sò ritornato indietro 114.

109 Vittoria Buroni.110 Idem.111 Idem.112 Idem.113 Filomena Napoli.114 Idem.

Il Fidanzamento 173

O, quant’è bello lo fiore de grano,apritele le porte del giardino,dateme un fiore co’ la vostra mano 115.

In mezzo ar mare c’è un arbero de pepepe’ dallo ’r pepe ma l’innamoratema all’amante mio nun je lo darete 116 .

Affaccete a la finestra, ricciolona,de le capelle tue damme una ramale metto ne l’orologio pe’ catena 117.

Giovenottina che hai ’r corpetto rossoquanno che vegghi a me l’allunghi ’r passo,abbassi ’r capo e fai ’r visino rosso 118.

Lo mio amore è ’r fijo d’un capoccia,la sua matre lo tiene in tanta artezzanun c’è nessuno che l’ama pe’ forza 119.

Lo mio amore è un povero monelloci ha un par de bove e ce va lavorannopare s. Isidoro poverello 120.

115 Pasquina Notazio.116 Vittoria Buroni.117 Idem.118 Filomena Napoli.119 Pasquina Notazio.120 Idem.

174 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

5. Amore sfortunato

E l’amor l’ha fatta la partita,se presto non la fa la ritornata,panni ci troverà, ma non mia vita 121.

Mi son perduta tutto quel che avevola colonnella dove m’appoggiavola fontanella dove acqua bevevo 122.

Anima mia.Non ci potemo una volta parlare,ogni cantone ci avemo una spia 123.

Fiore de mela.E de la mela voi siete la ramae de lo mio core ’na dura catena 124.

Chichin de sole, come farai sto core a consolareBeppin ce spira, Antonino ce more,come farai sto core a consolare 125.

121 A. MARSILIANI, op. cit., pag. 121.122 Ibidem.123 Ibidem.124 Vittoria Buroni. A. MARSILIANI, op. cit., pag. 111. Raccolta a Bomarzo. Una va-

riante al III verso invece di “e de lo mio core na dura catena” porta “D’esto mio core sietela catena”. Ved. anche G. ZANAZZO, op. cit., pag. 142.

125 Filomena Napoli.

Il Fidanzamento 175

Da la finestra mia se vede ’r maretutte le barche le vedo venire,quella de lo mio amore non la vedo mai 126.

Da la finestra mia se vede ’r portotutte le barche vestite de luttoquello l’è un segno che ’l mi amore è morto 127.

Fior de limone.Limone è agro e le foje sò amaresono più amare le pene d’amore 128.

Fior de cipolle,piangete occhiucci miei, piangete a sangue,chi me voleva bene ha preso moje 129.

O Dio che sete.Aiuteme fontanella de le rose,sò in mezzo ar mare e me moro de sete 130.

Fiore de scarcia.La pena de l’amore quant’è grossaché Emanuele (il re) le disegne guasta 131.

126 Vittoria Buroni. Ved. var. in G. ZANAZZO, op. cit., pag. 287.127 Vittoria Buroni.128 Filomena Napoli. Ved. var. in G. ZANAZZO, op. cit., pag. 185.129 Idem.130 Idem.131 Idem.

176 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

E si pe’ sorte nun te posso averener profondo mare me vado a gettaree da le pesce me farò godere 132 .

La foglia de l’olivo è verde e giallasi me lassate voi, moro fanciulla,la terra goderà la mia grillanda 133.

6. Corrucci e gelosie

E l’amor mio m’avesse da tradire,da un’altra donna avesse da tornare,non potesse arrivare a dir de sine 134.

Nel mezzo al mare un albero che pende,li rami sò arrivati a riva grande,lasciatela piglià chi la pretende 135.

L’albero fa le frondi, e poi le sgrulla:così fa l’uomo quando ama la donna,l’ama tanto di core e poi la burla 136.

132 Vittoria Buroni.133 Filomena Napoli.134 A. MARSILIANI, op. cit., pag. 125.135 Ibidem.136 Ibidem.

Il Fidanzamento 177

Per cantare ci vuole la regolizia (liquirizia)bella, per amar voi ci vuol la graziamisticata con un po’ di malizia 137.

Fiore di grano,mi è diventato lo cuore turchino,a vedé lo bello mio un tante mano 138.

Mirate che profumi che ha coleiche se ne sta nel tron di Salomone,par che le grazie le dispensi lei 139.

M’ai fatto la fattura in una melaprima mi hai detto: “Mangiala ch’è bona”Dopo che l’ho mangiata, o Dio che pena 140.

M’hai fatto la fattura a li capelliora me converrà che me li tajche de bono ci avevo solo quelli 141.

M’hai fatto la fattura a tradimentonon me posso vedé nessuno accantoanche le mura me danno tormento 142.

137 Ibidem.138 A. MARSILIANI, op. cit., pag. 125.139 Ibidem, pag. 127.140 Marsilia Mocini – contadina - anni 58.141 Idem.142 Vittoria Buroni.

178 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Fiore de noce.Ce vojo fa quattr’ora a curtellatechi dell’amore mio male me dice 143.

Angelo ve chiamate, o che bel nome!Perché n’annate in cielo a riposare,che state in terra a fa penà sto core 144.

Ve do la bona sera se la voletese no la butto pe’ ste cantonatee domattina la raccojerete 145.

Io sò partito da li sette regnipe’ venitte a trovà, capelli biondiio vengo pe’ pace e tu te sdegni 146.

Da la parte der core ci ho un serpenteche me lavora a punta de diamantechi nun prova l’amor nun prova niente 147.

143 Filomena Napoli.144 Vittoria Buroni.145 Marsilia Mocini.146 Pasquina Notazio.147 Marsilia Mocini.

Il Fidanzamento 179

7. A dispetto

Fior di scompigliaTrentasei cori e un’anima di pagliaTristo a colei che da voi si consiglia 148.

E mo che m’hai lasciato all’improvviso,al mondo camperò più arriposato,stasera cenerò con più appetito 149.

Sono ito al mare, e non ci ho trovo rena,pagar che io la volevo a peso d’oro;e sti sgambati a noi non danno pena 150.

E mo che m’hai lasciato me ne godo,a me questa sgambata mi sta bene,di mantenermi non avevi modo 151.

Fior de cipolla.Tenetela pulita la stradella,che dell’amanti ci avete gran folla 152.

148 A. Marsiliani, op. cit., pag. 132.149 Ibidem, pag. 132.150 A. MARSILIANi, op. cit., pag. 133.151 Ibidem.152 Ibidem.

180 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Che serve che t’attilli, che t’attilli,ti metti le fettucce a virli varli,tanto quest’anno marito non lo pigli 153.

O rosa, che di aprile ti abbottoni,di maggio ti cominci a sfavellare, (sbocciare)rosa che per me l’hai perso l’odore 154.

Nel mezzo al mare c’è una vite d’uvail marinaro la piana e la scende,così fanno gli amanti a casa tua 155.

Ora che mi hai lasciato, caro amore,ti credi che io mi voglia disperare?Al giardino d’amor non manca fiore 156.

Il sole è alto e non si può arrivare:le donne belle non si ponno averee quelle brutte che me n’ho da fare? 157

Fiore di pepe.Che cura che di qui voi ci passate,che tanto la ragazza non l’avete 158.

153 A. MARSILIANi, op. cit., pag. 133.154 Ibidem.155 Ibidem, pag. 134.156 Buroni Vittoria. Cfr. A. MARSILIANI, op. cit., pag. 70. Raccolta a Castel Viscardo.157 Buroni Vittoria. A. MARSILIANI, op. cit., pag. 134. Raccolta a Capodimonte.158 Filomena Napoli. A. MARSILIANI, op. cit., pag. 136. Raccolta a Latera.

Il Fidanzamento 181

La vedovella con la vedovanza:del marito ch’è morto non ci pensae di pigliarlo un altro l’ha speranza 159.

Bella che siete nata fra le macchie,e battezzata su in cima le querce,dove fanno gli nidi le cornacchie 160.

Brutta mora.Mo che l’hai fatte le pennente a peranon te se po’ dì più mezza parola 161.

Facioli neri.Che fa la tua ragazza che nun morela portassero via l’angeli neri 162.

Fior de limone.Tu hai saputo tanto arriggiraredal torto ti sei presa la ragione 163.

Quanno passi de qui scoppi la frustaco l’occhi me consumi a la finestrasei avanzo de galera e questo basta 164 .

159 Geltrude Cipriani. A. MARSILIANI, op. cit., pag. 135. Raccolta a Bomarzo.160 Geltrude Cipriani. A. MARSILIANI, op. cit., pag. 139. Raccolta a Bomarzo.161 Vittoria Buroni.162 Pasquina Notazio.163 Filomena Napoli.164 Idem.

182 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Pe’ marito pijelo un barbiere,te lo farà mancà solo ch’er panele ricce te le fa ’n tutte le maniere 165.

Chi pe’ sorte un pecoraro pijanun è né maritata né zitellapovera mamma ha affugato la fija 166.

Bella che te ne stai ’n cima a quel poggiodó stanno le civette a fà consijobella ’n te proferì ch’io nun te vojo 167.

Sò stato a Roma e sò stato alle villee l’ho scoperte tutte le magagnela mamma è la ruffiana de le fije 168.

Fiore de lino.Lo mio amore l’ho manno a far ’r fienol’ho rinnovato un altro più carino 169.

La foja dell’olivo fa tre nodisul tavolino mio tu non ce scrivie la persona mia non te la godi 170.

165 Filomena Napoli.166 Pasquina Notazio.167 Geltrude Cipriani.168 Filomena Napoli.169 Idem.170 Vittoria Buroni.

Il Fidanzamento 183

Sabato a sera delle serenateuna per una ma ste mocciosevonno fa l’amore e nun sò nate 171.

Fiore de prato.Er curtellino m’ha ferito ’r deto’r core nun te lo dò che l’ho donato 172.

Aria a li venti.Hae canzonato a me, di retta a tantila ventarola sei di tutti i venti 173.

Me ne vojo annà a carcà la pajada far l’amor con voi nun ci ho più vojafamo li conti e spezzamo la taja 174.

Fiore de nocchiase sò seccate le legna a la macchiacosì se seccherà la lingua vostra 175.

Fiore de pepe.Tante ne passa e tante ne fermate’na cerqua a pollarola me parete 176.

171 Pasquina Notazio.172 Idem.173 Marsilia Mocini.174 Marsilia Mocini.175 Pasquina Notazio. Ved. var. in G. ZANAZZO, op. cit., pag. 342. Raccolta a Rocca di

Papa.176 Filomena Napoli.

184 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Giovenottina che abbracciate ’r murosete arimasta co’ le mosche in manode tante amante nun ce l’hae più gnuno 177.

Brutta civetta.Te metti a fa l’amore con chi passaè passato l’amor mio te ce sei messa 178.

Fior d’insalata.È la madre tua che non ti maritae non lo leva l’impiccio da casa 179.

8. Di pace

Acqua currente.Famme rifà pace cor mi amanteche quanno mi lasciò ero innocente 180.

Fiore de noce.Se l’amor mio volesse far la paceio volentieri abbraccerei la croce 181.

177 Vittoria Buroni. Ved. var. in G. ZANAZZO, op. cit., pag. 262. Racolta a Bomarzo.178 Vittoria Buroni.179 Idem. A. Marsiliani, op. cit., pag. 141. Raccolta nel contado di Viceno.180 Marsilia Mocini.181 Idem. A. MARSILIANI, op. cit., pag. 126. Raccolta a Valentano.

Il Fidanzamento 185

9. Sentenziosi

Omo che scrisse donna, scrisse danno;donna, sei la rovina de lo monno,per le donne succede ogni malanno 182.

Fior di ginestra.Dove c’è stato lo fuoco una volta,qualche poco di cenere ci resta 183.

Fiore de ruta.Con un fischietto fo venì un’armatala donna de pensiero presto muta 184.

Fior de limone.Co la farina ce se fa lo paneCo le ragazze ce se fa l’amore 185.

182 Filomena Napoli. A. MARSILIANI, op. cit., pag. 145. Ved. var. in FRANCESCO SABATINI,op. cit., pag. 38.

183 Vittoria Buroni. Ved. var. in G. ZANAZZO, op. cit., pag. 329. Raccolta aMonterotondo.

184 Idem.185 Vittoria Buroni. Cfr. F. SABATINI, op. cit., pag. 38.

Il Matrimonio 187

Capitolo VI

IL MATRIMONIO

1. I PREPARATIVI DEL MATRIMONIO

1.1. Scelta dell’epoca e del giorno delle nozze

L a scelta dell’epoca delle nozze ha la sua importanza: infatti i matrimoni si celebrano di preferenza in carnevale, in prima vera e d’autunno, nel periodo antecedente i lavori della vendemmia, per potersi così conce-

dere il piacere di assentarsi per il viaggio di nozze.Alcune date e periodi sono eliminati perché conosciuti come nefasti.

Fra questi il mese di maggio perché per il nostro volgo è il mese delle croci,(infatti il giorno 3 ricorre l’anniversario dell’invenzione della S. Croce); quindisposare in questo mese sarebbe di cattivo augurio per tutta la vita 1.

Altrettanto lo è sposare nel mese di settembre, infatti un vecchio adagioricorda:

“Sposa settembrinao vedova o poverina”.

1 Filomena Napoli. Il VAN GENNEP in Manuel de folklore français con-temporain,Tome II, pag. 380, dà altra spiegazione e dice che il mese di maggio è eliminato dal volgo“sia per-ché è il mese della Vergine, sia perché è il mese in cui “gli asini sono in amore”; inrealtà, conclude, perché il mese di maggio presso i Gallo-Romani era considerato comenefasto”.

188 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Si teme di sposarsi anche in novembre perché è il mese dei morti.Inoltre sono naturalmente interdetti i periodi in cui la Chiesa ha decre-

tato una celebrazione “non solenne” delle nozze:

Quaresima, Avvento e la settimana di Natale.

Se qualche matrimonio viene celebrato in questi periodi, avviene di mat-tina presto e senza alcuna pompa, trattandosi di matrimonio urgente 2.

Però al disopra di questi usi particolari si segue il buon senso il qualepermette i matrimoni in qualunque periodo dell’anno ove la necessità locomporti.

Come vi sono per sposarsi dei periodi fasti e nefasti, così vi sono deigiorni favorevoli e sfavorevoli.

Il giorno più adatto sembra presso il nostro popolino, specie quellodella campagna, essere il sabato, perché la domenica ci si può divertire eriposare 3, ma non sono rari i matrimoni celebrati di giovedì, mercoledì olunedì, eccezionali invece di domenica; giorno particolarmente nefasto sem-bra essere il venerdì perché è il giorno in cui Gesù fu messo in Croce, ben-ché per gli antichi fosse questo un giorno favorevole, essendo quello dedica-to a Venere; è da escludersi anche il martedì, infatti un noto proverbio dice:

“Nè di Venere, nè di Martenon si sposa, nè si partenè si dà principio all’arte” 4.

1.2. Gli inviti

Come del resto è costume generale, anche a Montefiascone, nei giorniprecedenti le nozze, fervono i preparativi; si inviano le partecipazioni di ma-trimonio e le bomboniere contenenti cinque o sette confetti (sempre un

2 Can.co Don Alfonso Orfei.3 Filomena Napoli – contadina – anni 50.4 Volpini Maria – d.d.c. – anni 62.

Il Matrimonio 189

numero dispari) ai parenti e agli amici; si invitano alla cerimonia e aifesteggiamenti che ne seguono gli intimi, i quali, nei giorni precedenti lenozze, hanno già pensato ad inviare alla sposa un dono, di solito qualcosache possa esserle utile per la sua nuova casa.

2. USI NUZIALI NEL PAESE

2.1. Abbigliamento della sposa

La mattina delle nozze la sposa si alza di buon’ora ed attende la sartache dovrà presiedere al suo abbigliamento, poiché sarebbe di cattivo augurioche la sposa avesse tagliato e cucito essa stessa il suo abito di nozze 5.

Il VAN GENNEP 6 e, come egli dice, anche altri autori insistono su questodettaglio; la sarta poi riceve un invito al pasto.

La sposa indossa, nella maggioranza dei casi, un abito bianco sia dibroccato che di seta pesante. Questo costume è ormai generalizzato ai nostrigiorni, né dall’abito va disgiunto il velo. Questo può avere un doppio simbo-lo, o di legare materialmente gli sposi o di rappresentare l’innocenza; il fattoche le vedove non solevano, passando a seconde nozze, ripigliar il velo nuzia-le può convenire per la dichiarazione di un simbolo come dell’altro. E ilpudore naturale alle vergini dovette loro farlo più accetto e contribuisce aperpetuarne l’uso….

Il velo che vediamo per lo più bianco sul capo delle spose, come deside-rato segno di candore, in origine era di un color rosso di fuoco e perciò“flammeum” lo chiamavano i latini. Io inclino quindi a credere che il deside-rio di fargli simboleggiare l’innocenza fosse in origine il minimo, e che ilcolore del velo simboleggiasse piuttosto la prima unione maritale” 7.

Completa l’abbigliamento della sposa un mazzo di fiori che essa portain mano e la corona di fiori d’arancio artificiali sul capo.

5 Maria Benedetti.6 Op. cit., pag. 389.7 A. DE GUBERNATIS, op. cit.,., pag. 141.

190 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

“Essa ha il significato di una regalità temporanea; solo in epoca piùrecente, quando la corona si è unita al velo a imitazione di quello della Ver-gine nel suo sposalizio con S. Giuseppe, è diventato simbolo di Verginità” 8.

2.2. L’addio della sposa ai suoi cari

La mattina delle nozze, lo sposo, accompagnato dai suoi parenti e dagliinvitati, si reca a prendere la sposa presso la casa di costei.

Dietro invito dei parenti della donna, tutti entrano in casa e qui haluogo un piccolo rinfresco a base di dolci e liquori.

Tutti però accettano con parsimonia, sia perché gli invitati dello sposohanno già mangiato qualcosa in casa di quest’ultimo, sia perché nessuno vuo-le rovinarsi il pranzo. A questo punto, prima di recarsi in chiesa, la sposa devechiedere perdono ai propri genitori, mentre abbondanti lacrime le sgorganodagli occhi 9.

Il VAN GENNEP nota questo costume e dice che “le lacrime in gran nu-mero dei casi, possono essere sincere e l’abbondanza di queste può esserecausata dallo snervamento dei preparativi o anche dalla apprensione di unavita nuova, ma si esigono dalle fidanzate che preferirebbero ridere che pian-gere” 10.

2.3. Il corteo e la cerimonia nuziale

Il corteo è aperto dalla sposa che dà il braccio al padre o a chi ne fa leveci; segue lo sposo che offre il braccio alla madre e, in mancanza di questa, aduna sorella o ad una parente prossima, poi seguono coppie di invitati.

Allorché il corteo comincia ad avviarsi, i parenti e gli amici presenti allenozze gettano sugli sposi riso e confetti ad indicare gioia, fecondità, prospe-rità ed abbondanza.

8 Paolo Toschi, op. cit., pag. 48.9 Maria Volpini – d.d.c. – anni 62.10 A. VAN. GENNEP, op. cit., pag. 415.

Il Matrimonio 191

In occasione del matrimonio non si sparano fucilate, né si fanno scoppia-re mortaretti in segno di giubilo, come si costuma in molti luoghi, né si rom-pono stoviglie; ma se durante il pranzo o il rinfresco si rovescia il vino o sirompe qualche bicchiere, si considera sempre come segno di gioia e di alle-gria.

I vicini si fanno sugli usci delle case e si affacciano alle finestre perammirare il corteo, ma soprattutto l’abbigliamento della sposa e per congra-tularsi con lei; anche le persone che vengono a trovarsi lungo il camminopercorso dagli sposi e dal seguito non mancano di fare i loro commenti,talvolta più o meno benevoli.

Gli sposi, in chiesa, rimangono inginocchiati per tutta la durata dellacerimonia che localmente non presenta aspetti folkloristici da essere rilevati.

C’è da osservare che l’anello nuziale o fede, come del resto altrove, èconsiderato il simbolo dell’unione per eccellenza; fin dalla remota antichitàera attribuito all’anello, specie se d’oro, un valore simbolico e un potere ma-gico.

“Il dito anulare poi è scelto perché già nel medioevo si credeva che vicorrispondesse una vena del cuore.

La benedizione conferisce all’anello un carattere sacro, e perciò nellatradizione popolare di molti paesi la sposa non se lo deve togliere se non incircostanze particolari; il perderlo ha il significato di una gravissima disgra-zia” 11.

Terminata la cerimonia, allorché gli sposi si apprestano ad uscire dichiesa, gli intimi si fanno intorno ad essi per fare le loro congratulazioni ebaciarli, le amiche della sposa specialmente desiderano ricevere in dono daessa uno dei suoi fiori d’arancio perché si crede comunemente che porteràfortuna 12.

All’uscita della chiesa gli sposi posano dinanzi al fotografo, apposita-mente invitato, per i soliti gruppi, dopo di che lanciano confetti ai ragazziche sono accorsi per ammirare gli sposi.

11 P. Toschi, op. cit., pag. 51.12 Maria Benedetti – d.d.c. – anni 25.

192 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

I confetti sono contesi dai monelli che fanno a ruba per prenderne piùche possono e non si peritano di lanciarsi in mezzo agli invitati che spessoemettono grida di indignazione.

Gli sposi sono continuamente fatti oggetto di lanci di riso e confettianche lungo la via di ritorno.

2.4. Il pranzo di nozze

Così finalmente si giunge a casa della sposa dove è tradizione che av-venga il pranzo; le famiglie più abbienti però preferiscono consumarlo in unristorante e penso sia qui superfluo enumerare le svariate vivande, ancheperché la scelta di queste è lasciata al gusto degli sposi e dei loro parenti 13.

Naturalmente, gli sposi novelli siedono al posto d’onore, vicino ad essi igenitori, poi gli altri invitati, il più delle volte senza un ordine prestabilito.

Presso il nostro popolino, quando l’ambiente si è un po’ riscaldato acausa delle continue libagioni, si cominciano ad intrecciare brindisi con friz-zi molto arguti, improvvisati il più delle volte dagli invitati e non mancanoneppure stornelli e canti adatti per l’occasione.

Per tutta la durata del pasto è un alternarsi di canti e di declamazioniall’indirizzo degli sposi di cui si lodano la bellezza, la gentilezza e l’onestà,ma talvolta non mancano frasi più o meno licenziose.

Lo sfarzo nel pranzo come nell’abbigliamento dipende sempre dalledisponibilità finanziarie delle famiglie che poi dividono la spesa 14.

Alla fine del pranzo che può avere una durata di tre o quattro ore, aseconda della quantità delle vivande, gli sposi passano ad offrire a tutti gliinvitati i confetti.

Fino ad alcuni anni fa lo sposo ne teneva in mano un piatto ricolmomentre la sposa ne prendeva con un cucchiaio cinque, sette od altro numerodispari e li distribuiva a ciascun commensale; ora invece è costume che glisposi distribuiscano delle piccole bomboniere di cellofan contenenti anch’esseun numero dispari di confetti 15.

13 Serafina Mattei – d.d.c. – anni 56.14 Maria Volpini.15 Sarafina Mattei – d.d.c. – anni 56.

Il Matrimonio 193

Lasciamo ora gli sposi che vanno a cambiarsi d’abito e a prepararsi peril viaggio di nozze e sostiamo presso gli invitati.

Mentre si sparecchiano le tavole, i giovani organizzano tra loto i soliti“quattro salti” e si aprono così le danze al suono di un grammofono o, inmancanza di questo, di una fisarmonica (sono pochi coloro che possonoavere a loro disposizione un’orchestrina).

Talora, ma non sempre, sono gli sposi ad aprire le danze e il primoballo, in questo caso, è riservato a loro 16.

Non c’è a Montefiascone il costume di sbarrare il passo agli sposi, né dirapire la sposa e nasconderla, probabilmente perché il mio paese, trovandosiin zona piuttosto centrale, è andato soggetto agli sfaldamenti dei riti piùcaratteristici e alle conseguenti innovazioni.

2.5. Il viaggio di nozze

Ma ecco che gli sposi si accingono a partire e non sono poche le racco-mandazioni dei genitori, mentre per la commozione si versano lacrime dauna parte e dall’altra; i coniugi salgono quindi in macchina fra l’occhieggia-re curioso dei vicini dalle porte e dalle finestre e fra i festosi saluti degliintimi.

Ormai è costume generale di far seguire il viaggio di nozze alla cerimo-nia e al pranzo e perciò anche le coppie più povere realizzano il loro modestoviaggio col recarsi, la maggior parte delle volte, a Roma e qui sostare due otre giorni.

2.6. Altre usanze

Alcune decine di anni fa, però, non erano pochi gli sposi che rinunzia-vano al viaggio di nozze, in questo caso, mentre l’uomo poteva riprenderedopo un giorno o due il suo lavoro, la donna, per pudicizia, rimaneva perqualche giorno, nascosta agli sguardi degli estranei e solo la domenica suc-

16 Marisa Benedetti – d.d.c. – anni 25.

194 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

cessiva alle nozze usciva a braccetto di suo marito.In questa occasione gli sposi indossavano di nuovo gli abiti del giorno

delle nozze (se l’abito della sposa non era il rituale abito bianco) e dopo lamessa solenne, solevano recarsi a far visita alla famiglia della donna dovericevevano l’invito a pranzo 17.

Le rispettive madri possono far visita ai figli quando lo desiderino, cosìpure le amiche della sposa; non c’è in ciò una regola fissa 18.

Questo è il quadro delle usanze nuziali entro la cerchia del paese, manelle campagne erano, e per alcuni aspetti, sono tuttora ben diverse le tradi-zioni che accompagnano le nozze.

3. USI NUZIALI NELLE NOSTRE CAMPAGNE

3.1. La cerimonia in chiesa

Le nozze presso i nostri contadini vengono celebrate di giorno di saba-to. Fino ad una trentina di anni fa, la cerimonia nuziale vera e propria erafatta senza alcuna pompa la mattina del sabato; la sposa indossava il vestitodelle feste così composto: veste di rigatino (tessuto in casa), busto di rigatinodi color violaceo, camicia bianca con spalline ricamate, sulle spalle fazzolet-to di giaconetta a fiori con frange (questo s’incrociava sul petto e venivainfilato nel nastro-cintura), sulla testa fazzoletto bianco di mussola ricamatoa mano. Al collo, oltre il vezzo (collana) di perle, doppia fila di coralli; losposo indossava un vestito di lana (la “saia”) tessuto in casa, di colore scuro.

Assistevano al rito religioso solo i testimoni, i quali dopo la cerimonia,si recavano con gli sposi a consumare nella più vicina osteria, una parcacolazione; indi ciascuno ritornava alla propria abitazione.

Tutto ciò sembrerebbe strano se non si pensasse che i nostri contadiniagivano così, perché desideravano passare l’intera domenica in festeggiamenti19 ; non è da escludersi però che inconsciamente i novelli sposi, agendo così,

17 Maria Volpini.18 Serafina Mattei.19 Filomena Napoli.

Il Matrimonio 195

seguissero una tradizione antica che raccomandava di mantenere la castitànella prima notte di matrimonio 20.

3.2. Trasporto del corredo

Una funzione importante era quella di andare a prendere con un carrotirato da buoni il corredo della sposa e trasportarlo quindi alla casa dello spo-so.

Prima di assistere al tradizionale e pittoresco trasporto, soffermiamocia guardare di che cosa sia composto.

Una ragazza che proveniva da famiglia agiata, portava un “ventiquat-tro” e cioè: 24 lenzuoli, 24 federe, 24 camicie, 24 asciugamani, 12 sottane, 12busti di rigatino, di scarlatto, di seta, di broccato), 1 veste di seta, 4 o 5 di saia(da indossarsi in giorno festivo) di cui una color arancio, una verde, duenere, una gialla; tre o quattro di mezzalana (tessuto misto di lana e canapa)di co-lor rosso, alcune di rigatino; venti o venticinque polacche (camicette);sei fazzoletti di giaconetta a fiori da mettere sulle spalle, uno di seta; 24grembiuli; alcune paia di calze 21.

Le ragazze, parenti degli sposi, si radunavano nella serata del sabato acasa dell’uomo. Queste giovani che per la circostanza assumevano il nome di“nozzarole”, salivano sul carro insieme allo sposo per andare a prelevare ilcorredo e il mobilio della camera da letto. Tutto il vicinato attendeva l’arrivodel carro, sia per curiosare, che per rallegrarsi con gli sposi.

Dopo aver caricato sul carro i mobili e i vari sacchi contenenti la bian-cheria più grossolana, gli altri capi di vestiario venivano posti in cesti (fuscelle)che poi erano recati a mano dalle “nozzarole”. Il corteo (se così si può chia-mare) si metteva in cammino.

Il carro era immediatamente seguito da due sorelle degli sposi che reca-vano entro i cesti due cuscini con le federe più belle; fra i cuscini vi era unquadro sacro da appendere sopra il letto.

20 RAFFAELE CORSO in Reviviscenze, pag. 612 e segg., ci parla del “trinoctium castitatis”dopo le nozze, la cui osservanza fu vivamente raccomandata se non imposta, dal Conciliodi Trento.

21Vittoria Buroni.

196 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Seguiva una terza ragazza recante in un cesto le lenzuola più riccamen-te ricamate. Quindi venivano i cesti (tre o quattro) con le migliori polacche,poi quelle con i grembiuli, con i busti, con le scarpe, ecc. Le “nozzarole” inquesta occasione indossavano il vestito delle feste.

Arrivati alla casa dello sposo, primo pensiero dei familiari in attesa eraquello di trasportare i mobili e mettere in ordine la camera da letto.

Il Matrimonio 197

A rifare il letto nuziale pensavano le “nozzarole” (poiché è tradizioneche fare ciò porti fortuna).

Dopo queste funzioni tutti si rifocillavano con un’abbondante cena, incui davvero non mancava l’allegria; poi, quando la stanchezza e il sonno co-minciavano a farsi sentire, le ragazze disfacevano il letto nuziale e dormivanoalla men peggio sui pagliacci (sacchi riempiti di foglie di granoturco, sostituitipoi dalle reti), dopo essersi fatte dare le coperte dalla madre dello sposo 22.

3.3. Foggia degli abiti nuziali

Giungeva finalmente la mattina della domenica; lo sposo col parentadoe gli amici si avviava verso la casa della sposa; questa intanto si andava fa-cendo bella, vestendosi col tradizionale costume che qui a Montefiasconeusava tramandarsi da madre in figlia.

Da questo, composto talvolta di stoffe solide e belle, quindi di prezzoassai caro, e dal valore dei gioielli che lo adornavano, si poteva comprenderequale fosse il grado di fortuna da parte della ragazza.

Il costume veniva conservato con grande cura e veniva indossato soloper le proprie nozze o per intervenire ai matrimoni altrui.

Sul capo veniva posto un fazzoletto di pizzo bianco ricamato; intorno alcollo, oltre il vezzo (donato come già abbiamo visto dalla suocera) si ponevauna doppia fila di coralli rossi, uno dei quali a cui era appesa la piastra(antica moneta di argento del diametro di circa 5 cm.), scendeva fin sotto ilpetto della donna.

La gonna, che era il pezzo più importante del costume, era di broccatobianco, o giallo, o rosso, o verde con fiori di vari colori; era molto ampia eveniva completata dal busto che formato con la medesima stoffa (della ve-ste) era tenuto rigido per mezzo di bacchette di canna d’India (“candalindia”)e veniva agganciato sul davanti, mentre nel retro poteva essere più o menoallentato da stringhe bianche di stoffa.

22 Filomena Napoli.

198 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Il busto che aveva piccole bretelle (orcale), ciascuna ornata di quattrofiocchi colorati e listata con un nastrino dorato, si infilava sopra una cami-cetta di mussola bianca.

Alcuni lacci fermavano alle bretelline del busto le maniche, sempre del-la stessa stoffa e terminanti con un nastro pieghettato del colore di quelli cheadornavano il busto.

La sposa non indossava il grembiule e questo valeva a distinguerla dallealtre donne che prendevano parte alle nozze, ma era cinta intorno alla vitada un nastro uguale agli altri da me già notati durante la descrizione delcostume.

“La cintura”, come dice il VAN GENNEP, è un elemento del costume dinozze alla foggia antica e generale. Sotto una forma o l’altra la si ritrova conlo stesso senso simbolico di legame cerimoniale, più spesso annodata, per-ché il nodo rinforza magicamente l’idea fondamentale presso tutti i popoli ein tutte le forme d’unione” 23.

Uno scialle di pizzo bianco ricamato in lana a vari colori, di forma trian-golare, veniva posto sulle spalle, incrociato sul petto e fermato entro la cintura.

Le calze erano nere e così pure le scarpe a foggia di stivaletto con iltacco alto.

La sposa era adornata, oltre che dai gioielli sopracitati, da numerosianelli alle dita e dagli orecchini d’oro (pennente).

Le spose contadine che per le loro condizioni economiche non poteva-no permettersi il lusso di un costume così ricco, ne indossavano uno piùmodesto recante le seguenti varianti:

Sul capo un fazzoletto di mussola bianco ricamato, il busto e la gonnanon erano di broccato, bensì di seta a fiorellini colorati.

Il busto inoltre non era adornato di fiocchi e non era listato con il nastrinodorato.

Completava l’abbigliamento un piccolo scialle di seta con frange; que-sto veniva incrociato sul petto e le sue estremità erano formate entro il na-stro-cintura 24.

23 Op. cit., pag. 403.24 Marsilia Mocini – contadina – anni 58. Serafina Fetoni – contadina – anni 69.

Il Matrimonio 199

3.4. Il cambiamento di casa

Prima di raggiungere lo sposo, la giovane doveva chiedere perdono aigenitori e versare anche delle lacrime.

Alcune persone addette, prima che la sposa si accomiatasse dai suoicari, cantavano dei rispetti di occasione 25 (questo costume vige tuttora). Neriporterò alcuni in appendice al capitolo.

Quando infine i canti erano cessati e la sposa aveva ricevuto la benedi-zione paterna, si avanzava uno dei fratelli dello sposo, che presa sotto brac-cio la giovane donna, le diceva:

“Annamo, sposa, ché non è più casa vostra”.

Essa lo seguiva docilmente, ma non andava verso suo marito che atten-deva nel gruppo degli uomini, bensì si univa alle donne che erano state invi-tate alle nozze 26.

Poi si formava il corteo che s’avviava verso il paese per la tradizionale“comparsa” in pubblico; avanti andavano le donne, tutte sposate (non eranoammesse le ragazze) con i loro sgargianti costumi, seguivano gli uomini,ammogliati e scapoli con i vestiti delle feste 27.

È da notare che la sposa non portava un mazzo di fiori, bensì un fazzo-letto bianco ricolmo di confetti, annodato per le cocche e infilato nel bracciosinistro. Questi confetti la sposa li distribuiva alle persone conoscenti cheincontrava lungo il cammino 28.

Il corteo verso il mezzogiorno, riprendeva la via del ritorno, dirigendosi,fra l’allegria generale e numerosi lanci di confetti, alla casa dello sposo oveaveva luogo il pranzo.

25 Vittoria Buroni.26 Marsilia Mocini.27 Vittoria Buroni.28 Cipriani Geltrude.

200 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

3.5. L’accoglienza da parte della suocera

L’accoglienza ai nuovi sposi è un atto ben distinto nella complessa rap-presentazione drammatica che forma una festa nuziale.

Il benvenuto veniva e viene tuttora dato dalla suocera che attende lanuora, sulla porta di casa, con nelle mani una bottiglia piena di vino ed unbicchiere.

L’incontro dà luogo ad una breve scena dialogata secondo formule tra-dizionali:

“Me rallegro che me sete diventata nora”.

“Me rallegro che me sete diventata socera”.

La suocera a questo punto versa da bere alla nuora, poi al figlio; fattociò le due donne si baciano.

Forse in quel momento esse sono sincere, anche se in seguito non man-cheranno contrasti tra loro. Un noto proverbio infatti dice:

“Suocera e noratempesta e gragnola”.

Rivalità questa (se così si può chiamare) che proviene dall’amore e dal-la gelosia che l’una e l’altra nutrono verso il rispettivo figlio e marito.

Il dialogo però non è ancora terminato, la nuora infatti prosegue:

“Sete contenta che io entre a casa vostra?”

“Entrate pure”.

A questo punto il marito prende la sposa sulle braccia per farle oltre-passare la soglia di casa senza toccarla 29. “Costume questo antichissimo,comune all’India, come a Roma antica” 30.

29 Marsilia Mocini.30 P. TOSCHI, op. cit., pag. 52.

Il Matrimonio 201

3.6. Il pranzo

Il pasto di nozze è riguardato popolarmente come lo stadio più impor-tante dello scenario.

Se in chiesa è stata fissata l’unione fra i due sposi, a tavola si fissa l’unio-ne fra le due famiglie e la partecipazione della nuova coppia al gruppo socia-le in cui si svolgerà la sua vita 31.

Finalmente gli sposi sono di nuovo vicini a tavola al posto d’onore, gliinvitati occupano i posti più o meno vicini ad essi secondo il loro grado diparentela.

Il numero delle vivande è innumerevole. Di solito il “menu” è così com-posto: minestra con brodo di pollo, carne lessa, pasta asciutta, stufato diagnello in umido, agnello fritto con contorno, agnello arrosto con insalata, iltutto abbondantemente innaffiato da vini scelti 32.

“Una nota caratteristica del pranzo di nozze è costituita dai canti. Inverità tutta la lunga sequenza della cerimonia nuziale, offre nel folklore deivari paesi, motivo a canti lirici e corali.

Ma il punto culminante per il fiorire e l’espandersi delle canzoni nuzialisi ha durante il pranzo, specie quando col cibo e col vino gli animi si sonoriscaldati e la gioia e l’eccitazione permettono quelle allusioni e quel tonopiù o meno misurato di licenziosità che nell’idea dei volghi ha poterepropiziatorio.

I brindisi e gli altri canti del pranzo di nozze riflettono appunto questapsicologia a queste credenze” 33.

Ad un dato momento del pranzo, uno degli invitati appositamente scel-to per rallegrare il pasto con canti, si rivolge alle “nozzarole” che stannoservendo le vivande e le invita con un canto a rispondere alla chiamata delcuoco e a recare in tavola “le portate”.

Queste sono costituite da alcune scodelle entro cui stanno nascosti varioggetti, ad es: un uovo grande e uno piccolo; un uccellino che la sposa deve

31 A. VAN GENNEP, op. cit., pag. 501.32 Filomena Napoli.33 P. TOSCHI, op. cit., pagg. 52-53.

202 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

essere pronta ad afferrare per non ricevere le beffe dagli invitati; un ramettodi pungitopo; un gattino bianco; due tortorelle bianche che naturalmenteprendono il volo appena la sposa solleva il coperchio 34.

Oscuro è il significato di alcune di queste “portate”.Forse questi scherzi, come nota il VAN GENNEP, “simbolizzano sia la

perdita della libertà, sia quella da venire della verginità, sia il cambiamentodi domicilio, che la separazione con gli amici d’infanzia e di gioventù, oanche (le tortorelle) ricordano la benedizione ricevuta in chiesa, essendo lacolomba l’immagine consacrata dello Spirito Santo.

Gli osservatori che hanno descritto questo costume non ne hanno cheraramente data la spiegazione popolare locale. Checché ne sia è sempre lasposa che deve mettere gli uccelli in libertà” 35.

In ciascuna scodella la sposa deve mettere poi dei confetti 36.Quando il pranzo sia per giungere al termine, il cuoco si presenta a

tavola con un piatto grande e passa tra gli invitati per raccogliere doni indenaro, riservati agli sposi.

Colui che è stato invitato per rallegrare il pasto, così canta:

“A tavola c’è venuto un piatto votosarebbe mejo nun fosse venuto,mó ch’è venuto famese d’onoreempimolo de piastre e de testone”. (denaro)

Di solito l’offerta individuale non oltrepassa le duemila lire 37.Una festa di nozze secondo gli usi tradizionali non si può chiudere sen-

za le danze. Esse tuttavia non hanno semplice carattere di divertimento, maformano parte integrale del rito: “danzando i giovani sposi lasciano il grup-po dei celibi e passano a quello dei coniugati: danzando anch’esse, le fami-glie confermano il legame”. (Wolfram)

34 Marsilia Mocini.35 A. VAN GENNEP, op. cit., pag. 515.36 Serafina Fetoni.37 Marsilia Mocini.

Il Matrimonio 203

“Regola molto diffusa in Francia, come in Italia, è che la sposa “apre ilballo” danzando col suo sposo o con un parente e che durante la festa essadeve ballare con ciascuno degli invitati” 38.

Così è anche tradizione nelle campagne di Montefiascone e la sposanon deve andarsene prima che non abbia danzato con tutti gli invitati.

3.7. Dopo le nozze. “Il tornarreto”.

Anche nel mio paese, come del resto in altre località, vi è l’usanza chegli sposi spengano insieme il lume nella camera nuziale la sera delle loronozze perché si crede che quello dei due coniugi che le spegnesse,premorrebbe all’altro 39.

Il ciclo delle cerimonie nuziali si prolunga anche oltre la prima notte.Se gli sposi non effettuano il loro viaggio di nozze, il giorno seguente la

sposa mette in ordine tutte le sue cose, il martedì si reca a visitare la madre,la sera poi ritorna al tetto coniugale.

La domenica successiva ha luogo quel che comunemente i nostri con-tadini chiamano “il tornarreto”.

Gli sposi indossano gli abiti nuziali e si recano ad un grande pranzoofferto loro dalla famiglia della donna 40.

4. PROVERBI E PREGIUDIZI

Quanto ai pregiudizi relativi al matrimonio, si crede che se in quel gior-no pioverà, la ragazza non è stata onesta, cioè “ha magnato le fave nerpignatto” 41.

Anche qui però vi sono delle incoerenze perché vi è un altro proverbiodel tutto opposto al precedente e cioè:

38 P. TOSCHI, op. cit., pag. 53.39 Vittoria Buroni.40Maria Bertuccini.41 Filomena Napoli.

204 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

“Sposa bagnata, sposa fortunata” 42.

Si crede anche che sia di cattivo augurio celebrare le nozze nella stessachiesa in cui vi sia in quel giorno un servizio funebre.

Infine allorché una vedova si sposa, di dice:

“Quanno la vedova se marita,la su croce non è finita” 43.

5. MATRIMONI DI VEDOVI

I vedovi, specie quelli attempati, preferiscono sposarsi di mattino moltopresto o di sera tardi, senza alcuna pompa come se il nuovo matrimonionuocesse in qualche modo all’anima estinta del primo marito o della primamoglie; quindi mettono ogni accortezza per non far sapere il giorno in cui sicelebrerà il matrimonio. Ciò nonostante la notizia trapela ed incomincia la“cempanata”.

Questa si fa dopo la celebrazione del rito matrimoniale. Una folla diuomini, ragazzi e talvolta anche di donne si reca sotto le finestre della casadei vedovi e con urla, fischi, pezzi di latta, di ferro e bidoni fanno un chiassoda non dirsi e di quando in quando a questa intercalano parole e canti al-quanto licenziosi.

Lo sposo naturalmente si guarda bene dal farsi vivo, o comunque dimostrarsi irato, perché in questo caso correrebbe il rischio di essere burlatoper diversi giorni.

Il popolo infatti non rinuncia alle sue vecchie abitudini e questa della“cempanata” non è certo tra le più simpatiche per chi deve subirne le beffe44.

42 Filomena Napoli.43 Maria Bertuccini.44 Settimio Corba.

– CANTI DI NOZZE –

1.1. COMMIATO DELLA SPOSA DAI SUOI CARI

Uno degli invitati canta:

Genitore ve chiedo licenzasi permesso me date de cantare,ogge la vostra fija fa partenzadall’altra parte je conviene d’annare,levata l’ete co ’na gran pacienzafelice ar monno chi la goderane.Ogge porta la parma dell’onore.Evviva chi l’ha corto sto ber fiore 1.

Cara sposa, viente inginocchiando,co’ le lacrime all’occhi e ’r cor piangendoperdono a babbo e mamma ti domandapijelo pel braccio ’r tu fratellodije: “Caro fratello, s’abbracciamo:questo è l’urtimo giorno, se lasciamo”.Dije: “Caro fratello, ogge t’abbraccioogge è l’urtimo giorno e poe te lascio” 2 .

1 Marsilia Mocini.2 Filomena Napoli.

206 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Sposa parte da qui, vattene a Messa,vallo a adorà quer Dio che su t’aspetta,quanno la piji l’acqua benedettamettela in fronte co’ la mano destra,la mano destra e la mano sinistraariccomannete a Dio, t’abbenedisca,a babbo e mamma basceje la manochiedeje perdono che se n’annamo 3.

Sposa viente provvedennoda sti parte te convien partire,la tu’ robba viente ariducennofa partenza co’ le tu vicine,fa partenza co’ muri e co’ sassimantien la pace dó troe e dó lasse,fa partenza co’ muri e co’ chiodimantien la pace dó lasce e dó troe 4.

Sposa parte de qui, annamo assiemepe ’n giorno compagnia te vojo fane, (fare)

ariccommanete all’Angelo Michelet’abbenedisca le passe che fae,co’ la sociara tua portete bene,te verrà ’ncontro e un bacio te darane,te darà un bacio ed un bicchier de vinoda questo loco arrivederce e addio 5.

3 Marsilia Mocini.4 Serafina Fetoni.5 Vittoria Buroni.

Canti di Nozze 207

Che fae che nun t’apristi cuor de sassoche fae partenza da’ tuoi genitore,t’hanno allevata con gran gioia e spassoe tu le lassi con pene e dolori.Si pianger nun potrai con dolo ar pettobuttale quattro lacrime pe’ dispetto 6.

1.2. BRINDISI DE CANTARSI DURANTE IL PRANZO

(BRINZE)

Sete contente che io daje (dia) la guidade cantà un brinzo come fece ad Ea; (Eva)

’r primo sposo con Gesù e Mariacelebrò le nozze in Calodea ,l’acqua cor vino che se convertiamiracolo de Dio quello adera,miracolo de Dio e de le Santeve canto un brinzo a onor de tutte quante 7.

O Dio che grandezza e che fortunade vedé questa tavola aripiena,da capo che ce sta ’r sole e la luna (gli sposi)

di qua e di là ’na stella mattutina, (i genitori)

e le parente che je stanno attornosò tante stelle a lo stiarir del giorno,e le parente che je stanno accantosò tutte stelle de lo Spirito Santo 8.

6 Marsilia Mocini.7 Idem.8 Filomena Napoli.

208 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Ogge m’aritrovo in questo latome pare de stà in arto paradisovedo lo sposo e me pare un prelatoo veramente Febo incolorito,la sposa pare un gijo dentr’a un vasoscenta (scesa) pare lee dar Paradiso,si nun credete a me guardate a leeche pare Erminia quanno ar campo agnede 9. (andò)

Cari signori se potrei cantaresi due potenze fusse unite insiemela memoria me dice di cantarema ner mio petto la temenza vene 10.

In mezzo ar mare nun se po’ navigaresenza le barche le vele e le rieme,senza rota nun và la carriola,nun sò cantà che nun sò ito a scola,nun sò ito a scola a impararesò ito a la campagna a lavorare 11.

Eielo là lo sposo arinvilito (avvilito)

nun se confonne nè a beve nè a mangiare,credo che a pijà moje sia pentitode ste cose c’ia da pensare,nun è più tempo de fallo ’r romitocent’anni insieme nun potrete stare,

9 Filomena Napoli.10 Vittoria Buroni.11 Marsilia Mocini.

Canti di Nozze 209

vi goderete con maggior dilettosecondo che pianeta Dio v’ha letto 12.

Sposo sposo quanto grano c’ete?Si nun ce l’ete ’na (bisogna) che lo comprate,se ce l’ete di più nun lo venneteperché la sposa ’na che la goernate, (mantenete)

perché n’è (non è) come ’r cucco (cuculo) che campa de pepemanco un merlo che campa de cerase.E ste parole l’ha dette cor cocola sposa vò mangià, beve e lavorà pocoe ste parole l’ha dette co’ le parentevò mangnà, beve e nun fa gnente 13.

Sposo, sposo quanto hae camminato,quante vorte hai battuto ’sta stradelladesideravi ’sto giorno e t’è arrivatoil passaporto e la tua navicella 14.

Eiela là la matre de lo sposooggi la vedo tutta affaccennataperché l’ha fatto ’r su fijolo sposo’na bella nora j’ha portato a casa 15.

12 Vittoria Buroni..13 Vittoria Buroni.14 Idem.15 Idem.

210 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Ecco la carne der piccolo agnelloche iere se n’annaa pe’ la campagnadei fioretti se capava ’r mejodietro se n’annaa a la su’ mamma.Arriva ’r coco cor fiero curtelloje trasforette ’r cor, la vita e l’arma, (l’anima)

’r coco ce l’ha fatto ’r parentatol’agnello l’è rimasto senza fiato 16.

Quanto è brutto ’r bicchiere senza vinopare ’no sbirro senza l’arme in mano,si tu me l’hae da dà dammelo bonoche der bicchiere te fò sentì ’r sono,si tu me l’hae da dà dammelo colmoche der bicchiere te fò vede ’r fonno 17.

Io lo tiengo ’r bicchiere su le manie la sposa me ce mette ’r vino,cala giù dar fiasco a mano a manolee mostra un viso come un gersomino,come un gersomin, come ’na perlaogge der parentato è la più bella,come un gersomin, come ’na rosaogge der parentato lee è la sposa 18.

E lodar vojo queste due parijemeravija me fa pure a guardajele fanno corte passe e longhe mije, (miglia)

16 Marsilia Mocini.17 Serafina Fetoni.18 Vittoria Buroni.

Canti di Nozze 211

come se dà la mossa a li cavalli,dopo dato ’r santo t’arichiamoin capo all’anno te vedo se see bravo 19.

Lodatte vojo stella mattutinache de le stelle see la più lucente,e nun te vanto che me see vicinaguardà te ponno tutte l’artre gente,assieme semo state sulla spinatu see stata la prima a sfavellare, (sbocciare)

è venuto ’r giardiniere, oggi t’ha cortodaje ’no sguardo eccolo qui accosto 20.

In saccoccia ce l’avesse un confettinoaccostar me vorrebbe mano a mano,attorno a ste persone fò l’inchinoa lo sposo, a la sposa un baciamano;ve lo dico che prode ve facciasemo villane ve lo dico in faccia 21.

Vedo du’ stelle e nun lo vedo ’r cielovedo la luna che s’appareggia ’r solevedo lo sposo che pare un guerrieroe co’ le ragge me nasconne ’r sole.O che ber dono che v’ha fatto ’r cielo,misero ch’io ve lasci e v’abbandoni,

19 Filomena Napoli.20 Vittoria Buroni.21 Marsilia Mocini.

212 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

voe de casa starete contentila fija ve verrà, ma non per sempre 22 .

Sposo te see capato (scelto) un mese bonoche de sti mesi quello è ’r capitano,un mese che la va la vacca ar toroe che l’erbetta lo ricopre ’r piano;quanno ce va a la vigna ’r vignarolosubitamente se lo stura ’r guadoe poi la mette la su zappa in opracosì farae tu co’ la tu’ sposa 23.

La sorella così canta alla sposa:

Si tu me dae da beve, cara sorella,vojo vedé si la mia mente sbaja,ormai see donna e nun see più zitellanun è più ’r tempo de fà la farfalla;te l’avviserò io che sò la sorellanun fa come ’r fioretto a la campagna,te prego sora mia falla la donnasi non per noe sarà ’na gran vergogna 24.

22 Vittoria Buroni.23 Idem.24 Marsilia Mocini.

Canti di Nozze 213

1.3. CANTI PER “LE NOZZAROLE”

Le vedo quattro stelle là per casatutte e quattro se ne vanno unite,dar coco l’hanno avuta la chiamatae tutte e quattro se sò stimolite, (si sono affrettate)

fate presto a falla la portatale fanno contente nostre amice,le fanno contente amice nostrebuttate le confette giovinotte 25 .

Eiele là le giovinette belleche fra de loro fanno tante ciarlestanno dicendo de mette le perle (ossia di sposarsi)

ancora je stanno bene le coralle;l’arbero pe’ voe belle nun penneancora nun sò mature le castagnelasciatela passà ’n’antra ariccoltache pure pe’ voe c’è la parte vostra 26 .

25 Marsilia Mocini.26 Idem.

Capitolo VII

LA MORTE

1. L’ATTESA DELLA MORTE

“ L a culla, il talamo, la tomba sono le tre sedi sopra le quali sorge, si agita e ricade sulla natura, la vita.Tutto nasce,

tutto si sposa per moltiplicarsi, tutto muore e si succedequaggiù; una sola legge naturale governa gli esseri dal principio misteriosodella generazione al principio più misterioso ancora della dissoluzione.

La legge è una sola, eterna come e quanto la natura delle cose in cui sisvolge, ma sotto questa unità gigante, si muove poi una varietà portentosa difenomeni costituenti infinite unità speciali” 1.

Anche per la morte, che è l’ultima tappa della vita umana, esistonousanze e credenze che si tramandano di generazione in generazione.

Fra i riti e le tradizioni che si compiono prima o dopo la morte bisognadistinguere quelli introdotti dal Cristianesimo, consistenti in pratiche reli-giose che tendono a preparare l’anima a presentarsi al tribunale divino, pri-ma e poi a suffragarla e, mescolati con questi, quelli che attestano il soprav-vivere di riti pagani e di reminiscenze medioevali.

Allorché uno si ammala, si ricorre subito alle cure del medico; l’arte deifattucchieri e dei così detti “mediconi”, ai nostri giorni è molto scaduta edanche presso i nostri contadini, che sono tuttora i più attaccati alle tradizioni,non ha più molto valore.

1 ANGELO DE GUBERNATIS, Storia comparata degli usi funebri in Italia e presso glialtri popoli Indo-europei, Frat. Treves ed. Milano 1878, pag. 7.

216 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Quando però la malattia si aggrava e sorgono sintomi che fanno presa-gire la morte, molto più che alla scienza medica si fa affidamento sull’inter-vento divino, cioè sul miracolo.

Nei casi estremi, infatti, il nostro popolo ricorre con preghiere e votiall’intercessione della “Madonna delle Grazie”, il cui santuario, situato acirca un km. da Montefiascone, è meta di devoti pellegrinaggi. Talvolta av-viene che la Vergine esaudisca le preghiere dei suoi devoti e conceda il sospi-rato miracolo; spesso però non giovano preghiere né cure e il malato muore.

In quel momento di esasperazione il bersaglio più colpito è il medico acui, specie fra il nostro popolino, alcuni non risparmiano critiche ed insolen-ze: chi dice che è un assassino, chi gli giura un odio eterno, ma poi, calmatigli animi, ci si rassegna dicendo che era destino che il congiunto morisse econtro il destino nessuno può ribellarsi.

1.1. Presagi di morte

Vari sono i presagi relativi alla morte e, in primo luogo, il canto dellacivetta.

Se durante la notte il lugubre canto di questo uccello è udito in unafamiglia dove vi sia un malato, chiaro è l’oroscopo: questi è destinato a mo-rire 2.

Presagio di morte è anche il cosiddetto “orologio di S. Antonio”. Sem-pre durante la notte si avverte un tic tac, lento e monotono come quello diun orologio, battere in una parete qualsiasi della casa 3.

Benché molti attestino di aver udito il ticchettio di questo “orologio” eche a questo fenomeno sia seguita una grave disgrazia o la morte di un con-giunto, pure preferiscono credere che non si tratti di un segno che preavvisisciagura, ma piuttosto di un tarlo che roda un mobile.

Segni certi di avventure, sempre secondo le credenze del nostro volgo,sono l’ululato di un cane, la gallina che canta da gallo, l’essere in tredicicommensali a tavola 4.

2 Margherita Trapè – contadina – anni 77.3 Serafina Fetoni – contadina – anni 69.4 Filomena Napoli – contadina – anni 51.

La Morte 217

Se una persona muore con gli occhi aperti significa che sarà prestoseguita nella tomba da un altro membro della famiglia. Per questo appenauna persona è spirata le si chiudono subito gli occhi 5.

Il popolino crede anche ai presagi che possono essere ricavati dai sogni:dente che cade, specie con dolore, persona cara che morirà; case in costru-zione e fiori, segno di sventura. Se una persona sogna la sua morte, si allun-ga la vita, se invece sogna la morte di un altro allunga la vita alla personasognata e l’abbrevia a sé.

Ma non sono finiti qui i pronostici: se per es. una persona gravementeammalata chiama per nome i suoi parenti defunti è segno che dovrà morire6.

Confrontando tali presagi e credenze nostrane con quelli citati nelleloro opere 7 dallo ZANAZZO e dal LANCELLOTTI ho potuto notare che peralcuni di essi (canto della civetta, persona che muore con gli occhi aperti,sognarsi che cade un dente), vi è una certa corrispondenza.

1.2. L’agonia e il trapasso

Allorché l’ammalato si aggrava a tal punto da non lasciare adito a spe-ranza alcuna di guarigione, si chiama il Parroco od altro sacerdote affinchépossa somministrargli gli ultimi conforti della religione cattolica.

Naturalmente i familiari, davanti al moribondo si mostrano disinvolti elo incoraggiano a farsi forza per guarire, ma dentro il loro cuore hanno l’an-goscia più profonda.

Il sacerdote porta al moribondo il Viatico, sia in forma privata che so-lenne; in quest’ultimo caso ha al fianco due chierichetti con ceri accesi ed èaccompagnato processionalmente da alcuni fedeli che recitano preghiere.

Con la somministrazione dell’Estrema Unzione, quasi in punto di mor-te, la Chiesa tende a pulire l’anima del morente dagli avanzi del peccato, odagli stessi peccati, se ve ne siano. Inoltre questo Sacramento solleva e san-

5 Filomena Napoli.6 Margherita Trapè – contadina – anni 77.7 G. ZANAZZO, Usi, costumi e pregiudizi del popolo di Roma, pagg. 118-123. A.

LANCELLOTTI, Il Lazio, Ed. Princi, Roma II ed., pagg. 37-38.

218 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

tifica l’anima dell’infermo che, così predisposto, sopporta più facilmente gliincomodi e i dolori della malattia, resiste con più facilità alle tentazioni deldemonio, ed ottiene talvolta la sanità del corpo, quando questa non sia didanno alla salute dell’anima 8.

Il prete, se i doveri della parrocchia non lo richiamano, rimane a con-fortare l’agonia del moribondo, anche se questa si protrae per molte ore.

I familiari del moribondo desiderano che vengano suonate le campane,affinché il popolo, udendo i rintocchi, preghi per quell’anima che sta perpresentarsi al cospetto di Dio.

Le campane vengono suonate in modo diverso, secondo che l’infermosia uomo o donna. Nel primo caso, durante il suono, si fanno tre pause(posate), nel secondo, due 9.

Dall’agonia e dalla morte del malato i circostanti pretendono arguire seegli sia andato in paradiso o precipitato nell’Inferno.

Se infatti il trapasso è tranquillo, si dice “Come si vive, si muore” e siargomenta che la persona, poiché ha condotto una vita onesta, deve natural-mente aver ottenuto il premio della sua bontà; viceversa per il contrario.Mentre nel primo caso i parenti dicono che il loro congiunto “Ha fatto unamorte da santo” nel secondo si astengono dal fare commenti 10.

Non vi è un’ora stabilita per il sopravvenire della morte, ma il nostropopolino afferma che le morti avvengono più frequentemente nelle ore not-turne, all’alba, a mezzogiorno o la sera verso il tramonto; riguardo poi lastagione, si dice che si muore più di frequente all’inizio dell’inverno 11.

Come si vede le testimonianze sono discordanti, quindi è ben vero ildetto popolare che dice che “si muore a tutte le ore”.

Appena l’ammalato ha reso l’anima a Dio i familiari, che precedente-mente si erano mostrati sereni per fare animo al loro caro, non possonoreggere a tanto dolore e danno in grida, pianti ed escandescenze. Non c’èdavvero bisogno di prefiche mercenarie per significare lo strazio che espri-me il vuoto incolmabile che la morte ha provocato in quella famiglia.

8 Can.co Don Alfonso Orfei – anni 79.9 Idem.10 Margherita Trapè.11 Idem.

La Morte 219

I congiunti, talora interrompendo il pianto, si danno a ricordare i pregie le virtù del morto, non con canti come si usa altrove, ma con parole spessosoffocate da lacrime.

Frattanto cominciano ad affluire le visite di parenti e conoscenti checon le loro condoglianze vengono ad aprire di nuovo la piaga dolorosa. Ivisitatori, dopo aver salutato e confortato i parenti del morto, se ne vanno,oppure rimangono a fare qualcosa, offrendo i loro servigi ai familiari deldefunto, sopraffatti dal dolore.

Tutti cercano in ogni modo ad allontanare i familiari dalla camera incui giace il morto e trattenerli con ogni cautela in un’altra parte della casa.

2. DOPO LA MORTE

2.1. Vestizione e sistemazione del defunto

“Il complesso delle cerimonie tradizionali a cui dà luogo la morte sisvolge anch’esso secondo una sequenza che vuol caratterizzare il passaggiodi uno dei componenti la comunità del mondo dei vivi al mondo dei morti erilevare il significato di tale trapasso anche dal punto di vista sociale.

La constatazione della morte determina una serie di atti da compiere edi interdizioni di cui spesso ci sfugge il senso, ma che si riportano alla conce-zione animistica della morte e a quella di determinati effetti per contagio.

Per es. i familiari devono astenersi da qualsiasi lavoro, non si deve farchiasso, spazzare la stanza del morto, ecc. si deve invece spalancare subito lafinestra 12 anzitutto, come è credenza presso i nostri contadini, per fare usci-re prima e più facilmente l’anima del defunto e, in secondo luogo, per farfreddare presto il cadavere 13.

Appena è avvenuto il decesso, il morto viene spogliato delle vesti cheindossa e si lava completamente; questo compito è assolto da alcuni amicidel morto, aiutati da un familiare.

12 P. TOSCHI, Il folklore, Universale Studium, pagg. 56-57.13 Margherita Trapè.

220 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Gli si mettono indosso quindi, i migliori vestiti, perché, dovendosi pre-sentare al tribunale divino, è bene vi si presenti vestito il più decentementepossibile.

Gli uomini si vestono con l’abito del giorno delle nozze oppure, se quel-lo è stato consumato, con il migliore che posseggano; le vecchie contadinecon il “sinalone” nuovo, la veste di rigatino, la polacca e le calze; le ragazzecon un vestito bianco, quale simbolo del loro candore. Se il morto avevaappartenuto in vita ad una associazione religiosa o confraternita, viene rive-stito dell’uniforme. Infine i bambini sono rivestiti dei loro abiti più graziosied il loro corpo è cosparso di fiori 14.

Quanto a calzare il morto, tutti coloro che ho interrogato, sono staticoncordi nell’affermare che il cadavere deve essere seppellito senza scarpesia perché Nostro Signore nella sua vita terrena non le ha mai avute, siaanche perché, prima di giungere al tribunale divino, deve percorrere unalunga strada e quindi, in segno di penitenza è bene che cammini scalzo.

Se il morto è rimasto a bocca aperta, gli si lega un nastro intorno alvolto, affinché si ricomponga.

Infine le braccia si pongono incrociate sul petto e fra le mani gli si poneil Crocefisso.

Se il morto è un uomo, appena vestito si chiama il barbiere per raderlo,affinché sia veramente completo nel suo abbigliamento e come uno sposo siavvii all’altro mondo 15.

Generale è il costume di tagliare al morto una ciocca di capelli, peraverne un ricordo tangibile 16.

Questo uso ci riporta alle antiche credenze dei Greci e dei Latini, i qualiconsideravano la vita retta da tre Parche, di cui una aveva il compito ditagliare il filo, il capello che aveva tanto potere per cui tagliato questo, la vitasi scioglieva dal calore del corpo e si dissipava nel vento. Né del resto è dadimenticare l’episodio virgiliano di Didone in cui è demandato questo com-pito ad Iside che “destra crinem secat”.

14 Marsilia Mocini – contadina – anni 58.15 Serafina Fetoni – contadina – anni 69.16 Idem.

La Morte 221

Appena il morto è stato composto sul letto viene coperto con un len-zuolo e ai lati si accendono due candele 17.

Senza dubbio questa accensione ha un significato simbolico detatto dalfuoco stesso, indice di immortalità. Infatti mentre le candele, che sostitui-scono le antiche faci, ci accompagnano in tutte le cerimonie più importantie simboleggiano la vita, qui stanno ad indicare vita immortale.

Il fatto di porre in bocca al morto o nelle tasche del suo vestito, unamoneta per pagare Caronte o S. Pietro, non trova corrispondenza nella tra-dizione locale; invece nelle nostre campagne, fino ad una trentina di anni fa,vi era l’uso di porre sul corpo del morto una moneta d’argento da 5 lire peroffrirla poi ai membri della “Confraternita del Crocefisso” che si recavanoin casa del morto per prelevarlo e portarlo in Chiesa.

Un costume in vigore presso i nostri contadini fino ad alcune diecine dianni fa, era quello di portare il cadavere dalla camera da letto in cucina; quila salma, dopo essere stata distesa sopra una tavola sorretta da due bigonce,veniva ricoperta da un lenzuolo 18.

I familiari del morto poi pregavano i vicini, dopo aver dato gli ingre-dienti necessari, di confezionare loro una discreta quantità di pane, che po-sto in una cesta ai piedi del morto, distribuivano a tutti i poveri che venivanoa chiedere l’elemosina, in cambio di una preghiera in suffragio dell’animadel defunto 19.

2.2. Varie tradizioni funebri

Nelle nostre campagne vi è l’uso di non consumare i pasti in una casaove vi sia un cadavere; i vicini perciò si fanno un dovere d’invitare a casapropria i familiari del morto 20.

17 Marsilia Mocini.18 Margherita Trapè.19 Idem.20 Idem.

222 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Entro la cerchia del paese sono gli amici invece che recano vivande aiparenti del defunto 21.

Questi sono atti di gentilezza e di pietà verso coloro che, colpiti cosìduramente dal dolore, non potrebbero certo dedicarsi a cose di tal genere.Né d’altra parte, la tradizione popolare permetterebbe di dedicarsi alle fac-cende domestiche per tutto il tempo che il morto fosse in casa 22.

Altra tradizione è quella di non recarsi a far visite dopo essere statipresso un morto, altrimenti si porterebbe la morte in quella casa; quindi èbene espletare tutte le visite prima di recarsi in casa del morto 23.

2.3. La veglia del morto

Durante la notte ha luogo la veglia funebre, fatta di preferenza dagliuomini che cercano con ogni mezzo di mandare a letto le donne e gli intimifamiliari.

Nelle nostre campagne poi, vi sono delle donne che a pagamento sirecano nelle case ove sia avvenuta una morte e lì si trattengono tutta la nottea pregare 24.

2.4. Sistemazione nella bara (usi odierni edantichi)

Allorché giunge la bara, i pianti dei parenti aumentano: essi non vor-rebbero che il loro caro fosse posto in quel duro legno, ma poiché, purtrop-po, per una necessità superiore debbono separarsi definitivamente dalla per-sona amata, essi si adoperano a che il defunto non debba stare troppo sco-modo, lo involgono in un lenzuolo, gli pongono sotto la testa un cuscino ecospargono la cassa di crusca o di lana per far conservare meglio il cadavere.

21 Maria Volpini.22 Serafina Fetoni.23 Serafina Fetoni.24 Margherita Trapè.

La Morte 223

Gli tolgono quindi di tra le mani il Crocefisso, perché non è deferenzaseppellire l’immagine di Nostro Signore, e lo sostituiscono con una corona delRosario, anche questa priva del piccolo Crocefisso. Al morto inoltre vengonotolti gli oggetti d’oro o i gioielli che possa avere indosso 25.

Presso i nostri contadini, fino ad una quarantina d’anni fa, la cassa fu-nebre era di rozzo legno e sopra il coperchio aveva una grande croce nera 26.

Il morto non veniva posto subito in questa; infatti, poche ore dopo il de-cesso, giungevano i membri della “Confraternita del Crocefisso” Carbol-lenghe), rivestiti con tunica e cappuccio neri, i quali, adagiato il morto, av-volto in un lenzuolo, sopra la “bara”, (formata da due aste di legno fra cuierano intersecate delle corde), perché tutti potessero vederlo, lo portavanoprocessionalmente alla Chiesa parrocchiale dove, deposto nella cassa, rima-neva fino al trasporto al cimitero 27.

I parenti del defunto incaricavano quattro donne di fargli la veglia du-rante la notte e di pregare per la sua anima; come ricompensa davano lorouna canna di tela bianca (circa due metri) con cui le donne si avvolgevano ilcapo e le spalle 28.

Una notte però (non conosco esattamente la data di questo fatto), macerto deve essere avvenuto circa il 1910), le solite quattro donne che veglia-vano, nella chiesa parrocchiale di S. Flaviano, la salma di una donna chia-mata Conversa, videro la figura di un prete uscire dalla sacrestia, avviarsiverso l’altare maggiore, salire i gradini e, dopo essersi fermato un poco sul-l’altare, ritornare in sacrestia.

Su tale visione si argomentò che quel sacerdote, parzialmente inadem-piente durante la vita ai suoi obblighi di celebrare le Messe commessegli daifedeli, a suffragio delle anime dei loro defunti, fosse condannato a recarsi dinotte a recitare quelle preghiere che non aveva detto da vivo.

Le donne ebbero una terribile paura e poiché da quella volta nessunovolle più fare siffatta veglia, di conseguenza si perdette l’abitudine di tenereil morto esposto in chiesa per diverse ore 29.

25 Margherita Trapè.26 Serafina Fetoni.27 Margherita Trapè.28 Vincenza Bizzarri.29 Vincenza Bizzarri.

224 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Vi era anche l’usanza, ormai caduta del tutto, che i familiari del defuntodessero ai membri della Confraternita un paniere (fuscella) ripieno di pane,formaggio e bottiglie di vino e che costoro consumassero queste vivande insacrestia durante il funerale 30.

Oggi è invalso l’uso, anche presso i nostri contadini, di deporre subito ilmorto nella bara e mettervi sopra il coperchio, senza sigillarlo però, perchéal cimitero possa avvenire da parte del custode, l’identificazione della salma.

3. GLI ULTIMI ONORI AL DEFUNTO

3.1. Il trasporto in chiesa

Il trasporto si fa processionalmente. Precedono i chierichetti con la cro-ce, il prete, poi i fraticelli dell’ordine dei Cappuccini, se sono stati invitati,quindi viene il feretro, seguono i familiari in gramaglie e gli amici 31.

Se il morto ha appartenuto a qualche associazione religiosa, i confratellisi fanno un dovere di accompagnarlo; ugualmente se ha fatto parte dellabanda musicale, la quale, durante il trasporto suonerà delle marce funebri.

Il feretro viene sempre portato a spalla dagli amici.

3.2. I funerali

I funerali possono essere più o meno lussuosi e si dividono perciò inprima, seconda e terza classe, ciascuno dei quali ha una sua tariffa fissa.

In quelli di prima classe, la chiesa è parata a lutto e prima della Messasolenne viene cantato l’Uffizio; intorno al feretro, su cui è stato disteso undrappo di velluto nero con ricami in argento, sono disposte sei candele acce-se e così pure vi sono sei ceri sull’altare.

In quelli di seconda, la chiesa è addobbata, ma con minor numero diparati; le solite sei candele stanno attorno al feretro e sull’altare, la Messa èsolenne, ma prima non viene cantato l’Uffizio.

30 Margherita Trapè.31 Can.co Don Alfonso Orfei.

La Morte 225

Infine in quelli di terza la Messa è semplice, la chiesa non è addobbataed intorno al feretro vi sono solo quattro candele 32.

3.3. Il seppellimento

Nel trasporto dalla chiesa al cimitero si recitano preghiere in comune,in suffragio del morto, da parte di coloro che seguono il feretro.

Talora, a seconda di chi è il morto, non rispetto alla ricchezza, ma inbase all’affetto che il popolo nutre per lui e alla pietà che la sua morte hasuscitato in tutti, una gran folla lo accompagna, tributandogli così l’estremosaluto.

La cassa, dopo essere stata sigillata, si fa scendere lentamente nella fos-sa per mezzo di funi.

Non vi è l’uso, come in altri luoghi, che i presenti gettino sopra la bara,dopo che è stata ben adagiata sul fondo della fossa, terra, fiori o mortella.

4. Il Lutto

Ora che il morto riposa in pace vediamo cosa fanno i suoi familiari. Essiritornano alla casa da cui è partito il feretro e i meno intimi cercano in ognimodo di consolare le persone che più amavano il defunto, sia col portareesempi di famiglia più sfortunate, sia col ricorrere all’antico adagio che con-tro il destino non si può lottare.

Per quanto abbia fatto attive ricerche, non mi è stato possibile ritrovaretracce dell’antico uso del pranzo funebre.

Nei giorni seguenti la morte si recitano, tutte le sere, dopo cena, pre-ghiere in comune in suffragio del defunto e nel nostro contado intervengonoad esse parenti, amici e vicini 33.

Prima cura dei parenti è quella di vestire in gramaglie.In fretta si fanno gli abiti da lutto o si tingono quelli colorati.

32 Can.co Don Alfonso Orfei.33 Marsilia Mocini.

226 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Vi è il cosiddetto “lutto stretto” che è di prammatica quando muoiono igenitori, il coniuge, i fratelli, le sorelle e i suoceri; il “mezzo lutto” quando lamorte ha colpito i parenti di secondo grado (zii, nonni, cognati).

Nei lutti gravi, la famiglia resta in gramaglie per un anno, non preparavivande di lusso, né dolci, né torte, non manda doni, ma può riceverli.

Il lutto stretto non si può togliere prima di un anno, alcuni però loportano molto più a lungo e vi sono delle vedove esemplari che talora loportano per tutta la vita.

Il “mezzo lutto” va da tre a sei mesi.Gli abiti da “lutto stretto” sono completamente neri per uomini e don-

ne: in questi ultimi tempi, però, quanto al lutto per uomini, si preferiscemettere al risvolto del collo della giacca una striscia di stoffa nera 34.

Sarebbe poco decoroso per una donna, e si malignerebbe un poco sulsuo conto, se appena scaduto il termine del lutto vestisse con abiti di sgar-gianti colori; c’è quindi un altro periodo di circa sei mesi in cui la donnadeve indossare abiti grigi o misti bianco e nero, ovvero di colori scuri 35.

Inoltre in questo periodo non si celebrano né feste, né cerimonie; se sideve celebrare un matrimonio, si fa senza pompa, di mattino presto.

Presso i nostri contadini gli usi relativi al lutto, fino ad alcuni anni orsono, erano un po’ diversi.

Le donne indossavano la “polacca” e il grembiule nero, la veste bleu dirigatino e sulla testa mettevano un fazzoletto nero; gli uomini ponevano albraccio sinistro una striscia di stoffa nera.

Il lutto per i genitori, i figli e il coniuge era della durata di sei mesi, peri suoceri di tre mesi.

Per la morte dei fratelli e delle sorelle non si indossavano affatto legramaglie. Inoltre la credenza che per tutto il tempo che la famiglia era inlutto l’anima del defunto rimanesse nei dintorni della casa 36.

34 Maria Volpini.35 Idem.36 Margherita Trapè.

La Morte 227

5. PARTICOLARITÀ NOTEVOLI

È usanza tenera e affettuosa quella di mettere il nome del padre mortoal figlio postumo o quello del nonno al primo nepotino, affinché si perpetuiil suo nome 37.

Caratteristico è il trasporto dei bambini morti in tenera età.La piccola bara è portata a spalla da alcuni ragazzi ed è preceduta da

una lunga fila di fanciulle, il più delle volte bianco vestite, e di ragazzi.I parenti e gli amici seguono il feretro 38.Nelle nostre campagne non accade così, ma la piccola bara è portata

senza alcuna pompa al cimitero 39.Un costume generale, derivato dalla pietà cristiana, è quello di mettere

la croce nel luogo ove qualcuno è stato ucciso, oppure è morto accidental-mente. Vi è anche l’uso che i passanti gettino vicino alla croce un sasso,recitando nel contempo un “Pater Noster”.

La stessa cosa si deve fare quando si passa dinanzi ad un cimitero.Si crede così di fare un suffragio ai defunti ed inoltre, stando sempre a

ciò che mi è stato riferito, si acquista l’indulgenza 40.Il PANSA 41, referendo questo uso, dice che in alcuni paesi d’Abruzzo si

pratica ciò perché “è il morto che reclama la sua naturale sepoltura sottoquelle pietre, l’adempimento di un rito non ancora compiuto”. Inoltre sem-pre secondo questo autore (e questa credenza collima con quella del miopaese) “si pratica anche ciò per farlo uscire dal Purgatorio ed anche perchétrovi loco”.

Inoltre si crede che di notte non si debba passare presso il luogo in cuiqualcuno è stato ucciso, perché si rischierebbe di veder comparire l’immagi-ne del morto 42.

37 Serafina Fetoni.38 Anna Volpini.39 Marsilia Mocini.40 Margherita Trapè.41 Miti, leggende e superstizioni d’Abruzzo, Vol. I, Sulmona, Caroselli 1924, pag.

63.42 Margherita Trapè.

228 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Sempre secondo il nostro popolino non era consigliabile passare di not-te davanti all’antica chiesa di S. Flaviano prospiciente la quale stava un pic-colo cimitero.

Da questo, specie nei tempi estivi, guizzavano delle fiammelle (i fuochifatui); ma oltre a questi che non avevano per il popolino una spiegazione scien-tifica, il volgo credeva di vedere, creandoli certamente nella sua immaginazio-ne, ombre di trapassati in atteggiamenti più o meno strani 43.

Si crede comunemente che la notte tra il primo e il due novembre, leanime dei defunti vadano girovagando in processione nei luoghi dove sonovissute; alcuni mi hanno detto che entrano anche nella propria casa, noi disolito non li vediamo, ma talora esse possono anche apparire alle personepiù care 44.

Abbiamo visto che la cura principale dei familiari, dopo la morte delloro caro, è quella di recitare preghiere, affinché il defunto nell’aldilà nefruisca e possa quanto prima bearsi della visione di Dio. Quindi si commetteai sacerdoti la celebrazione di Messe, si distribuiscono elemosine, si paganole vecchierelle e i mendicanti perché facciano suffragi, soprattutto nel gior-no anniversario della morte e il 2 novembre, giorno dedicato alla comme-morazione dei defunti.

Una delle preghiere a cui si dà maggior importanza suf-fragatoria è il“Dies irae”: il nostro popolino crede che la recita di tre “diasille” abbia lostesso valore propiziatorio di una messa 45.

Di questa preghiera io ho potuto raccogliere tre diverse lezioni che, seda un lato ci mostrano la vitalità di questa preghiera, dall’altro ci fannovedere gli sfaldamenti e le corruzioni attraverso cui è passata nel corso deisecoli.

Quando poi il dolore per il morto finisce presto e i familiari si consola-no e dimenticano facilmente si dice:

43 Vincenza Bizzarri.44 Idem.45 Margherita Trapè.

La Morte 229

“Chi more va alla fossae chi resta se conforta” 46.

46 Marsilia Mocini.

Appendice

– “DIES IRAE” POPOLARI –

– I LEZIONE –

DIESILLA

Diesilla, diesillaCristo e laude e con Sibilla.Gesù mio con gran doloreverrà ’r giudice con furore,giudicando ’r peccatore.Sonerà la liber tromba,d’ogni corpo e d’ogni tomba,sorgerà la creaturadall’antica sepoltura.Ci anneremo al tribunaledove è scritto ’r bene e ’r male,avanti al giudice presente,chi sarà pe’ Cristo e sempre?Chi sarà pe’ noe precura?Le bon opre sò giuste e sò sicura.O tremenda maestàsarvà l’omo è tua bontà,sarvà l’anima benedettade queste povere mortesu quer punto de pietà.

232 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Ricorriamo a Gesù Piocome faceste pe’ conto mio,non le perde in questo dio.Ce creaste e se sarvastesul legno della Ss. Croce aricomprastefa che questo qui ci abbaste.Tribunal di contrizionela Tua Santa remissione.Come reo bandisco,le mie colpe non ardisco,S. Maria Maddalena l’assolvesco,bon la tromba caso avesco.Io ve prego e non sò degnoVoi Signor fatele degnoche non vadano in basso regno.Da quel luogo tiriodatoda quell’angelo beatodalle dee sceparate,sceparate e benedettestanno ar foco e stanno strette.Sarvate quell’anima benedetta der poro (nome)

tra quell’artre benedette.La Sua Santa Maestà Divinache non abbia paura della fina.Quando sarà ’r giorno der Giudizio maestoso,bon Gesù giusto e pietoso.Diesilla lacrimosaSignore dateje pace e riposo in suffragioe in soglievo de quell’anima benedetta 1.

1 Pasquina Notazio – anni 22

Appendice- Dies Irae Popolari 233

– II Lezione –

DIASILLA

Diasilla, diasilla,secule e secule in favillaCriste, l’aquile con Sibilla.Verrà ’r Giudice con furoregiudicando ’r peccatore.Sonerà la libbe trombatutti i corpi da ogni tombadar giudizio contra romba.Sfigurò morte e natura,sorgerà la creaturadall’antica sepoltura.Adoriamo ’r tribunaledov’è scritto ’r bene e ’r male.Avanti ar giudice seguentepena e colpa a Dio sarà presente,chi sarà che reste essente?Chi sarà pe’ noe precura?Le bon’opre sò giuste e sò sicura.O tremenda Maestàsarvà l’omo è tua bontà,sarvate l’anima der poro (nome)

per tua fonte de pietà.Ricorriamo a Gesù pioomo faceste pe’ conto mionon ce perde in questo dio.Ce creaste e ce sarvastesul legno della Ss. Croce aricomprastefate questo qui ci baste.Tribunal di contrizionedavanti a Dio se fa ragione,

234 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

ci donaste la vostra S. Benedizione.Come reo baordisco,le mie colpe non adisco,S. Maria Maddalena l’assobisco,bon ladron che tu l’hae visto.Le mie preghe non son degne,voi Signor fatele degneche non vadano in faso regno.Fra quel luogo je sia dato,fra quell’angelo beato,fra le dee sceparatesceparate e maledettestanno ar foco e stanno strette.Chiamate l’anima der poro (nome)

fra quell’artre benedette.Le sue memere in terra ghinapregheremo la Sua Santa Maestà Divinache abbia cura dell’ufina,che non vada in terra dannecondannata in tante affanne.Quando sarà ’r giorno der giudizio spaven tosobon Gesù giusto e pietoso.Diasilla lacrimosa,Signore dateje pace e riposo.Requiem eterna domine sperpè’scant in pace riposo amè 2.

2 Marsilia Mocini – anni 58

Appendice- Dies Irae Popolari 235

– III LEZIONE –

DIOSILLA

Diosilla, diosilla,serve secule cum favillascrisse Davide cum Sibilla.Gesù mio con gran doloreverrà ’r giudice con furoregiudicando ’r peccatore.Sonerà la libra trombatutti i corpi da ogni tomba.Sorgerà la creaturadall’antica sepoltura.Ci anneremo ar tribunaledov’è scritto ’r bene e ’r maleavante ar giudice seguentecolpa a Dio ce l’ha presentechi sarà pe’ Cristo assente?Chi sarà pe’ noe procura?Le bon opre sò giuste e sò sicura.O tremenda Maestàsarva l’omo pe’ tua bontàsarva l’anima benedetta der poro (nome)

esse fonte de pietà.Aricorriamo a Gesù pioomo faceste pe’ conto mionun ce perde in questo dio.Ce creaste e ce sarvastesul legno della Ss. Croce aricomprastefa che questo qui ce abbaste.Tribunal de contrizionedavanti a Dio se fa ragioneco’ la tua Santa remissione.

236 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Come reo baottisco,le mi’ colpe non adolisco,S. Maria Maddalena l’assolvesco,del bon ladron pietade avesco.Le mie preghe nun sò degneVoi Signor fatele degneche non vadano in basso regnotra quell’angele beate,tra le dee sceparatesceparate e maledettestanno ar foco e stanno strette.Arifrescate quell’anima benedetta der poro (nome)

fra quell’artre benedette.Che non vadino in terra dannecondannate in tante affanne.Er giorno der giudizio spaventosobon Gesù giusto e pietosoDiosilla lacrimosa.Signore dateje pace e riposoRequiem eterna domine sperpè’scant in pace riposo amè 3.

Tre sono le lezioni del “dies irae” che mi è stato possibile raccogliere;esse ci dimostrano ampiamente gli sfaldamenti cui va sottoposto un testopoetico musicale.

Il Prof. PAOLO TOSCHI 4 nella sua Fenomenologia del canto popolarestudia oltre alle ragioni di conservazione di un canto anche le cause di di-sgregamento e trova che queste sono tanto più efficaci quanto più il canto èdi fattura letteraria.

Il popolo infatti non si rassegna a non comprendere le parole di fatturadifficile o comunque al di sopra della sua cultura e cerca di rimediarvi inogni modo, magari storpiando le parole suddette e coniandone nuove, asso-

3 Margherita Capotosto – anni 62

Appendice- Dies Irae Popolari 237

lutamente incomprensibili nel contesto, ma che conservano al suo orecchioun certo significato.

Questo fenomeno viene chiamato dai tedeschi “Zersingung” e con que-sto termine si indicano gli sfaldamenti, gli errori, gli equivoci, cui un cantova sottoposto nel suo popolarizzarsi.

“Il “dies irae” è una parafrasi poetica della celebre sequenza di Tommasoda Celano, che ha avuto larga fortuna tra le classi umili, specialmente per-ché recitata da mendicanti per ottenere l’elemosina, e ciò in diretto rapportocon il culto e la pietà per i defunti….

Deve trattarsi di un testo diffuso attraverso le stampe popolari.Tale testo non è stato ancora identificato, esso rientra però nella tradi-

zione che ci appare viva nel ‘500 e che mirava a divulgare la “sequenza deimorti” attraverso le stampe popolari” 4.

I nostri “dies irae” dovrebbero essere in terzine di ottonari: ora vediamoin che modo lavori lo spirito del popolo nell’assimilare un canto di fatturaletteraria e come lo rielabori.

Incominciamo dal titolo: il “dies irae” diventa “diesilla” “diasilla”, “dio-silla” cioè un’unica parola, derivante dalla seconda parte del primo versolatino con le seguenti varianti:

– nella prima lezione “dies” rimane inalterato; nella seconda resta qual-cosa di dies; nella terza, invece, il termine prevalente è Dio.

Esaminiamo ora il resto della prima terzina a cominciare dal verso che,probabilmente, nella stampa doveva essere in latino

“Solvet seclum in favilla”:nella prima lezione il verso manca del tutto; nella seconda diventa

“Secule secule in favilla”,per cui il termine incomprensibile “solvet” è cambiato in “secule”.

“Saeculum” viene compreso, anche se diventa “secule”: “in favilla” rimaneinalterato.

4 P. TOSCHI, Fenomenologia del canto popolare, Ed. dell’Ateneo, Roma, pagg. 216-218.

238 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Nella terza lezione, invece, abbiamo una maggiore aderenza al testolatino, con la sola incomprensione di “solvet” reso con “serve”.

Il terzo verso:“Teste David cum Sibylla”

diventa nella prima“Cristo e laude e con Sibilla”

nella seconda:“Cristo l’aquile con Sibilla”

frasi completamente incoerenti; mentre nella terza lezione invece:“Scrisse Davide cum Sibilla”

rimane aderente al testo latino.

La seconda terzina, pur essendo priva di senso compiuto, non presentagrandi alterazioni. Però non si comprende bene se il Giudizio sarà sopporta-to “con gran dolore” o “con gran terrore” da parte di coloro che devonoessere giudicati o sarà fatto “con gran dolore” da parte di Dio che dovràgiudicare.

La prima e l’ultima lezione svolgono la sequenza con tre versi, la secon-da con due soli.

Il primo verso della terza terzina, forse,“suonerà la mira tromba”,

si cambia nelle tre lezioni in :“Sonerà la liber tromba”

“Sonerà la libbe tromba”“Sonerà la libra tromba”

in cui il termine oscuro è dato da “liber” “libbe” “libra” probabilmente“libera” per liberatrice.

Il secondo verso che in latino suona :“Per sepulcra regionum”

viene reso dalla prima lezione con:“D’ogni corpo e d’ogni tromba”

nella seconda e nella terza con:“Tutti i corpi da ogni tomba”

Appendice- Dies Irae Popolari 239

in cui probabilmente si vuole accentuare quello che dice il latino, percui la tromba spargerà il suo suono dovunque.

La seconda lezione ha un verso in più delle altre due,“Dal giudizio contra tromba”

in cui forse si vuol continuare l’effetto sonoro della tromba che risuone-rà il giorno del giudizio universale.

La strofa in ciascuna versione è priva di significato.La quarta terzina è resa nella prima e nella terza versione con:

“Sorgerà la creaturadall’antica sepoltura”

omettendo il primo verso; nella seconda con:“Sfigurò morte e naturasorgerà la creaturadall’antica sepoltura”

in cui sono riportati tutti i versi, ma lo “stupebit” latino è reso con“sfigurò”.

Qui abbiamo un cambiamento notevole: dal futuro si passa al passatoremoto e la “sfigurazione” forse è causata dallo stupore che investe la mortee la natura.

L’ultimo verso, come si è visto, è uguale in tutte e tre le lezioni; forsecosì era la stampa tramandata o forse quell’espressione è parsa più com-prensibile e naturale.

Talora le terzine si risolvono in distici come avviene nella quinta, intutte e tre le lezioni, le cui differenze si trovano solo nel primo verso che,nella prima e terza lezione è reso con:

“Ci anneremo ar tribunale”e nella seconda con:

“Adoriamo il tribunale”.Il terzo verso è, invece, uguale per tutte le lezioni e rispecchia molto da

vicino il latino.

240 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

La sesta terzina mostra nella prima lezione il Giudice è “presente”,nelle altre diviene “seguente”.

Nella seconda lezione manca il secondo verso, che nelle altre due ver-sioni mette in vista le colpe commesse o le pene che saranno presenti a Dio.

Il verso che traduce il latino:“Nil inultum remanebit”

viene reso con:“Chi sarà pe’ Cristo e sempre?”

“Chi sarà che reste essente?”“Chi sarà pe’ Cristo esente?”

Il testo originario probabilmente doveva avere:“Chi sarà che resti assente?”

e a questo si avvicina molto il verso della seconda lezione che ha “essen-te” al posto di “esente”, mentre le variazioni delle altre versioni sono abba-stanza incomprensibili.

In queste, l’espressione “che resti” è diventata “per Cristo” ed “esente”è reso con “assente” e “sempre”.

Il verso seguente che traduce:“Quem patronum rogaturus?”

è reso comunemente con:“Chi sarà per noi precura?”

nel senso di “Chi ci difenderà?”. Solo le buone opere possono aiutarci,e questo dice il verso seguente, ma il testo stampato forse doveva essere:

“Il giusto appena è sicuro”.

Il secondo verso dell’ottava terzina reca nelle due prime lezioni:“Sarvà l’omo è tua bontà”

e nella terza:“Sarva l’omo pe tua bontà”

e delle due mi sembra più giusta la seconda versione. Il rimanente dellaterzina, per quanto abbastanza comprensibile, deve aver subìto parecchierimaneggiamenti che hanno portato la terzina ad una quartina.

Appendice- Dies Irae Popolari 241

La nona strofa è priva di significato in tutte e tre le lezioni e, tralascian-do il primo verso, notiamo che il secondo è del tutto insignificante sia nellaprima lezione:

“Come faceste per conto mio”sia nella seconda e nella terza:

“Omo faceste per conto mio”a cui dovrebbe corrispondere il latino:

“Quod sum causa tuae viae”.

I tre versi seguenti sono pressoché uguali in tutte le lezioni; è da rilevareche l’ottonario:

“Di morire sulla Croce”diventa:

“Sul legno della Ss. Croce aricompraste”cioè un verso di ben sedici sillabe, poiché, nominando la Croce, si sente

il dovere di premettere l’attributo “Santissima” e di aggiungere l’idea delriscatto, avvenuto sul legno della Croce.

L’undicesima terzina nella prima lezione diventa un distico, nella se-conda e nella terza resta formata di tre versi; questi sono poco compren-sibili, ma in essi è visibile l’idea del pentimento dei peccati prima di presen-tarsi al tribunale di Dio, a cui si dovrà rendere conto di tutte le azioni.

Il verso latino seguente:“Ingemisco tam quam reus”

è reso rispettivamente nelle tre lezioni con:“Come reo bandisco”

“Come reo baordisco”“Come reo baottisco”

in cui dal concetto di gemere si passa a tre versi inventati dalla fantasiapopolare e perciò di significato incomprensibile.

L’espressione “gemere” risultava difficile ed allora il popolo ha cercatodi sostituirla con espressioni che sembravano più efficaci al suo orecchio e incui mi pare sia espressa come una sensazione di sbalordimento, di timore,propria del reo allorché si trova davanti al giudice.

242 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Il verso seguente ha:“Le mie colpe non ardiso”

“Le mie colpe non adisco”“Le mie colpe non adolisco”.

In questi tre versi si è trasformato il verbo arrossire, quasi sicuramenteper mantenere la rima in “isco”.

“Qui Mariam absolvisti”“Tu che assolvesti Maria”

Diventa:“S. Maria Maddalena l’assolvesco”

nella prima e terza lezione, e“S. Maria Maddalena l’assobisco”

nella seconda.E cosa importante se da un ottonario si passa a un dodecasillabo? Men-

tre il testo latino si limita al termine “Mariam” la versione popolare specificache si tratta di S. Maria Maddalena.

Per quanto riguarda il termine “assobisco”, verso privo di significato, ilsuo uso, credo, debba essere motivato da esigenze di rima.

Mentre il verso seguente, nella prima e seconda lezione è senza alcunsenso (ma solo per chi non pensa alle trasformazioni che le parole subisconosulla bocca del popolo), nella terza, per quanto comprensibile, si allontanaun poco dal testo latino:

“Bon la tromba caso avesco”“Bon ladron che tu l’hae visto”

“Der ladron pietate avesco”.

La strofa che segue è pressoché simile nelle tre versioni; la seconda e laterza hanno per soggetto le preghiere, e si avvicinano maggiormente al testolatino, per quanto rimanga poco comprensibile il verso della seconda lezioneche dice:

“Che non vadano in faso regno”.

Appendice- Dies Irae Popolari 243

I versi che seguono, cinque nelle prime due versioni e quattro nellaterza, non hanno senso.

Forse vi è l’augurio che le anime non vadano al fuoco eterno.Nei due versi, che nelle tre versioni, presentano fra loro leggere varianti,

c’è la preghiera a Dio perché accolga in Paradiso il defunto in suffragio delquale viene recitata la “diasilla”.

Nella terza versione a questo punto, abbiamo un verbo molto significa-tivo: “arifrescate” in cui è chiara l’idea che l’anima del defunto, ora purgantetra le fiamme del Purgatorio, venga tolta da queste e sia di conseguenza“arifrescato”.

Seguono due versi nella prima e tre nella seconda lezione, mentre nellaterza mancano del tutto. Il loro senso è incomprensibile.

Il verso:“Che non abbia paura della fina”

nella prima versione, è:“Che abbia cura dell’ufina”

nella seconda, dovrebbe derivare dal latino:“Gere curam mei finis”

ma quale trasformazione ha subito il testo! Il destino è addirittura di-ventato un non senso quale può essere il termine “fina” e “ufina”.

Questa è la strofa più oscura perché il resto, per quanto sia privo disenso compiuto è abbastanza comprensibile.

Infine c’è in tutte e tre le lezioni la preghiera augurale che Gesù, nelgiorno del giudizio finale sia giusto e pietoso.

La sequenza termina con il “Requiem aeternam”, ma, ahimè, storpiatocome!

Abbiamo visto che in ciascuna versione quasi ogni verso è andato sog-getto ad un lavoro di deformazione.

Questo lavoro, come ho già detto, naturalmente è stato più efficace suquelle parole o espressioni di carattere elevato e quindi più incomprensibilial volgo.

Capitolo VIII

SCIENZA POPOLARE

G iunta al termine del mio lavoro, desidero aggiungere un capi- tolo riguardante le credenze e le superstizioni, le conoscen- ze e le opinioni che formano il patrimonio scientifico popo-

lare.Inizierò a parlare della medicina popolare per trattare poi del maloc-

chio e della fattura, della magia e stregoneria ed infine della meteorologia.

1. MEDICINA POPOLARE

I rimedi per curare le malattie, qui trascritti, mi sono stati riferiti esclu-sivamente da contadini delle campagne del mio paese, dopo reiterate insi-stenze.

Infatti questi così detti “medici empirici” sono talmente gelosi dei lorosegreti, diciamo pure professionali, e talmente diffidenti che è assai difficileottenere le loro confidenze.

Benché al giorno di oggi la persona malata ricorra al medico, tuttavianon manca chi riponga ancora fiducia in queste persone, le quali più o menoabusivamente, esercitano l’arte medica; dico abusivamente, perché se talvol-ta i rimedi ricavati da erbe o da sostanze innocue risultano veramente effica-ci, talvolta basati su antiche superstizioni o principalmente accompagnati dascongiuri, non sempre sono utili.

246 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

1.1. Rimedi popolari per curare le malattie degli adulti

– ERISIPELA (RISIPOLA) –

Per questa malattia che insorge con tumefazione e rossore alla faccia oagli arti, la tradizione popolare offre diversi mezzi di cura; il più usato èquesto:

Si batte il rosso di un uovo, poi si spalma sulla parte malata, si mette lascorza interna del sambuco tra due ritagli di stoffa puliti, indi si applica doveè già stato spalmato l’uovo 1.

Come secondo rimedio si può pestare un’erba chiamata arbanese fradue sassi vivi, l’umore così ottenuto si applica sulla parte malata 2.

Se nonostante queste cure il malato non accenna a guarire, si può faresegnare la malattia da un uomo che sia il settimo figlio maschio o da unadonna, settima figlia femmina. Essi fanno diversi segni di croce, con l’anellomatrimoniale benedetto, nella parte arrossata, recitando al tempo stessodelle preghiere (un’Ave Maria ed un Pater noster al Santo Protettore in cuiessi confidano) 3.

– LOMBAGGINE (MAL DI RENI) –

Si mescolano due cucchiai e mezzo di polvere d’incenso con mezzocucchiaio di farina di grano, il tutto si amalgama con lo spirito canforato. Lapasta ottenuta si spalma sopra un ritaglio di stoffa di canapa e questo rudi-mentale cerotto si applica sopra la parte dolorante.

Se aderisce troppo fortemente alla pelle, si può mitigare il dolore chene deriva aggiungendovi sopra un po’ di spirito canforato 4.

Si possono fare anche massaggi e strofinazioni con un liquido ottenutodopo aver fatto bollire insieme aceto, salvia, rosmarino, aglio e un pizzico dipepe 5.

1 Agostino Pietretto.2 Oreste Fanali.3 Elvira Maurizi.4 Agostino Pietretto.5 Oreste Fanali.

Scienza Popolare 247

La tradizione popolare consiglia inoltre di far passare sopra il paziente,bocconi per terra, una donna che abbia avuto un parto gemellare, che dica:

“Dura dolore, finché dura ’r mi pesore” 6.

– SCOTTATURE –

Un rimedio assai efficace è il seguente:

Si fanno bollire per circa cinque minuti olio, burro (in minore quantità)e un po’ di cera, ci si aggiungono alcune foglie d’olivo, la scorza di sambucoe alcuni petali di violette, il liquido si mette sopra una foglia e si applica sullascottatura 7.

Si consiglia anche di prendere sette foglie di olivo che non abbia datomai frutto e si riducono in cenere; questa s’impasta con su-gna di troia sedovrà servire a paziente di sesso femminile; con sugna di maiale se a pazien-te di sesso maschile, poi si spalma sulla lesione 8.

Questa si può anche ungere con olio o inchiostro, oppure vi si possonospalmare patate grattugiate o applicarvi, a guisa di cataplasma tiepido, pata-te cotte sotto la brace ed impastate 9.

– FERITE –

Un taglio, una puntura qualsiasi se non dà sangue affatto o ne dà po-chissimo è giudicata dal nostro popolo pericolosa per le sue conseguenze,tra le quali si pone anche il tetano; non così se fuoriesce molto sangue, ilquale anzi rassicura con la sua abbondanza il ferito. Sulla ferita si spalma ilfiele di un maiale 10.

6 Salvatore Mocini. Vedi anche R. ZAGARIA, Folklore viterbese, Lares, Anno I n° 11930, pag.49.

7 Agostino Pietretto.8 Oreste Fanali. Vedi R. ZAGARIA, op. cit..9 Idem. Vedi G. ZANETTI, op. cit., pag. 200.10 Oreste Fanali.

248 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Se essa non accenna a guarire è consigliato recarsi dal fattucchiere ilquale farà sopra di questa un segno di croce con l’oggetto che l’ha causata,dicendo questa formula di scongiuro:

“Ferro che te ne venghi da Milano,con l’acqua santa che sei abbatizzato,risarda la ferita che hae tajato” 11.

Durante il periodo in cui il sole si trova in congiunzione con la costella-zione del leone, si colgono le gemme di rovo (robus fruticosus), si pongonoentro un fiasco e si espongono ai raggi del sole fino alla distillazione di unliquido (barsamo) il quale (a detta del popolo) “è una mano santa” sia percurare le ferite, che le contusioni 12.

Altro rimedio è quello di coprire le ferite con le ragnatele 13.

– MORSICATURA DI VIPERE –

Si legano alcuni fili della scopa di maggio (ginestra) in numero dispari,vicino alla morsicatura, il gonfiore si ferma; si prendono indi dieci fiammife-ri, si accendono tutti insieme e vi si applicano sopra 14.

Come prima cura del caso si può anche lavare la morsicatura con l’am-moniaca 15.

– MORSICATURA DI CANI –

Impacchi di acqua salata molto forte 16.

11 Oreste Fanali.12 Vincenza Bizzarri.13 Maria Volpini. Ved. G. ZANAZZO, op. cit., pag. 62.14 Nicola Notazio.15 Agostino Pietretto.16 Oreste Fanali. Ved. R. ZAGARIA, op. cit., pag. 50.

Scienza Popolare 249

– DOLORI REUMATICI –

Massaggi e strofinazioni con grasso di serpente o ancor meglio di vipera17.

Anche a Montefiascone si crede alla efficacia delle benedizioni esegnature praticate dai membri di una famiglia di legnaiuoli residente nelvillaggio di Cancelli presso Colfiorito nel circondario di Foligno. Questafamiglia di legnaiuoli vanta da secoli la facoltà di guarire, mediante un’ora-zione recitata sull’infermo, la gotta e il reumatismo: e una tale orazione diceaver ottenuto in dono dai santi Pietro e Paolo nella guida seguente:

“Gli Apostoli Pietro e Paolo recandosi a Roma dopo la morte delRedentore, giunsero una notte a Cancelli e chiesero ospitalità a molte fami-glie, ma invano; solo la famiglia dei legnaiuoli li ricevette e li albergò congrande cordialità.

In ricompensa delle accoglienze avute, gli Apostoli al partire, lasciaronoai membri della famiglia una orazione scritta che recitata sopra le articolazionidoloranti, trinciando alcuni segni di croce, avrebbe loro permesso di guariremolti infermi e di addivenire doviziosi non solo, ma di conservare il loropotere curativo di generazione in generazione.

Da quel tempo i componenti quella famiglia sono chiamati qua e là aguarire artriti, gotte, dolori reumatici: e si dice che a quando a quando, sirechino per cure, anche fuori d’Italia.

Sembra però che gli Apostoli facendo il dono, predicessero anche che lafamiglia in discorso non sarebbe stata molto ricca e che tale profezia si avve-ri, continuamente, essendoché questi celebri “mediconi” gettano in gozzovi-glie tutto quanto viene loro dato in ricompensa delle cure fatte” 18.

– MALARIA (FEBBRE QUARTANA) –

Si fa bollire in un pentolino contenente circa mezzo litro d’acqua laradice di un’erba chiamata dai nostri contadini “omo sarvatico”.

17 Oreste Fanali.18 Z. ZANETTI, op. cit., pagg. 204-205.

250 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Il liquido si versa in un recipiente e si mette la sera fuori della finestra aciel sereno. Del decotto se ne prende un mezzo bicchiere a digiuno 19.

– FEBBRE TERZANA –

Ci si rechi in un luogo dove si pensa di non ritornare più, si prenda unfilo e si immagini di legare ad un albero o ad un cespuglio dicendo:

“Qui te lego, qui te lasso, t’aripijo quanno aripasso”.Naturalmente non bisogna più passare in quel luogo per non farsi co-

gliere di nuovo dalla febbre 20.Questo sistema di trasferire il male da una persona ad un albero, ad una

pietra, ecc., è una delle tante pratiche di magia contagiosa la quale “si basasul principio che basta anche un momentaneo contatto tra due cose (anima-te o inanimate), perché una forza o una qualità benefica o malefica si tra-smetta dall’una all’altra per sempre” 21.

– CONTUSIONI –

Ci si spalma sopra con un coltello la raschiatura del lardo, o ci si applicadel pane e formaggio grattugiato insieme 22.

– DOLORE AGLI OCCHI –

La fusione o congiuntivite palpebrale prodotta sempre da un colpo d’aria,viene curata applicando sulle tempie un piccolo cataplasma di lievito coper-to con un piccolo disco di panno scarlatto.

Questo ha il compito di tirare il sangue affluito all’occhio 23.Per la congiuntivite oculare è efficace istillare negli occhi due gocce di

limone la sera e due la mattina 24.

19 Agostino Pietretto.20 Alessandro Brtuccini – contadino – anni 44. Ved. Zanetti, op. cit., pag. 73.21 P. Toschi, Il Folklore, Universale Studium, pag. 153.22 Oreste Fanali.23 Oreste Fanali.24 Oreste Fanali.

Scienza Popolare 251

Applicarvi delle compresse bagnate in un liquido ottenuto dalla bollituradi scorza di sambuco, alcuni petali di viola e un pizzico di zucchero 25.

Un vecchio adagio dice: “Niente, bon per l’occhi e cattivo pe li denti” 26.

– FORUNCOLI –

Applicarvi un’erba chiamata ciritogna, indi fasciare 27.

– RAFFREDDORI (REUMA DI TESTA) –

Fumenti di zucchero bruciato sopra la paletta che si usa tenere sul fo-colare, badando di tenere la testa ben coperta da un panno 28.

– REUMA DI PETTO –

Empiastri di polenta di farina di granturco 29.

– NEVRALGIE DI TESTA –

Compresse di camomilla, fatta bollire con alcune radichette di felcemaschio 30.

– PRESSIONE –

Si fanno bollire delle foglie d’olivo. Del decotto berne un bicchiere lamattina a digiuno. Si può anche far bollire l’assenzio, però bisogna fare at-tenzione a prenderne poco 31.

25 Agostino Pietretto.26 Z. ZANETTI, op. cit., pag. 175.27 Oreste Fanali.28 Idem.29 Idem.30 Agostino Pietretto.31 Idem.

252 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

– DISTORSIONI –

Applicarvi empiastri formati con chiare d’uovo, un po’ di farina e alcu-ne gocce di aceto 32.

– SPAVENTO –

Bere un mezzo bicchiere di vino in cui sia spento prima un pezzo dibrace accesa 33.

– ITTERIZIA –

I nostri vecchi usavano mettere nella minestra del malato, a sua insapu-ta, un pidocchio vivo 34.

– APPENDICITE (TORCIBUDELLO) –

Si fa stendere il paziente supino in terra, poi un uomo che sia il settimofiglio gli pone un dito entro l’ombellico, gira intorno al suo corpo per trevolte, scavalcando la testa e i piedi e recitando delle preghiere 35.

– GELONI –

Compresse di acqua calda in cui precedentemente siano state fatte bol-lire alcune foglie di edera 36.

– ORTICARIA –

Strofinarvi sopra alcune gocce di agro di limone 37.

32 Agostino Pietretto.33Oreste Fanali. Ved. R. Zagaria, op. cit., pag. 49.34 Filomena Napoli.35 Agostino Pietretto.36 Idem.37 Agostino Pietretto.

Scienza Popolare 253

– GENGIVITE –

Spalmare sulle gengive infiammate un po’ di miele misto a sale 38.

– MAL DI DENTI –

Se è causato da carie, si può mitigare il dolore otturandola con un chiododi garofano, oppure con un batuffolo di cotone imbevuto di petrolio. Si posso-no anche fare sciacqui con aceto in cui precedentemente sia stata fatta bollireuna monetina di rame 39.

Per il mal di denti viene invocata S. Apollonia.

– ORZAROLO (CAUSATO DA AVARIZIA) –

Si fa passare avanti all’occhio, in forma di croce, un ago con il filo dop-pio, cinque o sette volte, mentre si recita la seguente formula: “Te cucio et’ho cucito”, ogni qualvolta si fa passare l’ago 40.

– MAL DI GOLA –

Gargarismi con acqua in cui siano stati fatti bollire precedentemente un’er-ba chiamata canepone (artemisia) e del miele 41; oppure con acqua e aceto,acqua e succo di limone 42.

Si possono anche applicare esternamente empiastri così composti: sipista un’erba chiamata in dialetto “orpello” con alcune gocce di aceto, simescola con l’albume d’uovo sbattuto e un po’ di farina, indi si applicasopra un ritaglio di stoffa 43.

Presso di noi contro i mali di gola viene invocato S. Biagio cui dicesirimanesse in gola una spina di pesce; è quindi questo santo invocato anchecontro i corpi estranei introdotti nell’esofago, nella glottide e trachea; il gior-

38 Filomena Napoli.39 Elvira Maurizi.40 Idem.41 Agostino Pietretto.42 Maria Volpini. Ved. Zanetti, op. cit., pag. 184.43 Agostino Pietretto.

254 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

no della sua festa (3 febbraio), i devoti vanno in chiesa a farsi ungere la golaesternamente dal sacerdote con una candelina benedetta nel giorno della“Candelora”, intinta nell’olio benedetto.

– SINGHIOZZO –

Per farlo cessare è necessario bere sette sorsi d’acqua senza mai ripren-dere fiato e ad ogni sorso dire in fretta:

“Singhiozzo, singhiozzola rama del pozzola rama del ficosinghiozzo è partito” 44.

2. MALOCCHIO E FATTURA

La credenza del malocchio, ossia quella che determinate persone conun solo sguardo, possano esercitare un’azione magica sfavorevole sopra unindividuo, tanto che questi da quel momento comincia ad essere perseguitatoda malattie, da perdita di persone care, di occasioni favorevoli, ecc. è antichis-sima.

“Il malocchio può essere volontario o involontario, ne sono ritenuti piùfacilmente attaccati i bambini o le persone felici e sane che insomma desta-no invidia.

I sistemi e le pratiche per scongiurare gli effetti malefici sono moltepli-ci” 45.

Oltre agli amuleti (specie il ferro di cavallo, un pezzetto di stoffa rossa,il cornetto di corallo rosso, la chiavetta e il già ricordato pelo del tasso), valeanche il gesto di fare le corna o di toccare il ferro 46.

Nelle mie ricerche, effettuate soprattutto fra i contadini delle campagnedi Montefiascone, ho potuto apprendere tre diversi metodi per togliere il

44 Rita Volpini – maestra elementare – anni 19.45 P. TOSCHI, op. cit., pag. 159.46 Filomena Napoli. Cfr. G. ZANAZZO, op. cit., pag. 93.

Scienza Popolare 255

malocchio.Elementi magici, sacri e profani sono mescolati nelle formule di scon-

giuro e il nostro popolino crede fermamente che per intercessione della Ss.Trinità, la Vergine e i Santi si possa avere la virtù di “levà l’occhiaticcio”.

Il primo metodo che trascrivo mi è stato riferito da una signora chedesidera mantenere l’incognito. Il procedimento è questo:

Si prende un piatto di acqua, si fanno tre segni di croce sulla personaaffetta da malocchio e sul piatto, quindi, con il dito mignolo, si fanno caderetre gocce d’olio, prese da un lumino, mentre si recita la seguente formula:

“Quattr’occhi te guardaronodue occhi t’invidiaronoper la Vergine Mariasto malocchio te vada via”.

Se la persona è affetta da forte malocchio le gocce d’olio saranno assor-bite completamente dall’acqua e scompariranno, se invece da leggero, sispanderanno solo un pochino, se ne è esente, rimarranno intatte.

Il secondo metodo da me appreso è il seguente:Si prende il solito piatto pieno d’acqua, poi la persona che toglie il ma-

locchio, tenendo chiusi nel pugno cinque o sette chicchi di grano, fa sullasua persona un segno di croce, indi getta il grano nell’acqua, recitando abassa voce, una volta la prima parte della formula seguente e tre volte laseconda:

“Nome del Padre, del Fijolo, dello Spirito Santo,la Ss. Trinità,st’occhiaticcio se possa levà.

Paja molla e donna vagal’occhiaticcio com’è venuto se ne vada”.

Dopo la recita della formula si osserva attentamente se nella punta deichicchi di grano, gettati precedentemente nell’acqua, ci sia una bollicinad’aria (occhio). Più bollicine vi saranno e più il malocchio sarà forte.

256 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Se si vuole contraccambiare il male alla persona che ha fatto il maloc-chio bisogna prendere uno spillo e bucare con questo le bollicine 47.

“È questo un esempio di magia omopatica la quale si basa sul principioche il simile produce il simile 48.

Infine il terzo metodo è di diversa natura dei precedenti.Mi sono recata da un certo Nicola Notazio, contadino, soprannominato

Padella, con il pretesto di farmi io stessa togliere “l’occhiaticcio”. Posso quidescrivere i gesti, ma non le parole che li accompagnavano, perché il Notazio,per quanto tentassi, non me le ha volute assolutamente dire, adducendo amó di spiegazione che se avesse svelato il segreto, confidatogli da un suoamico poco prima della morte, non avrebbe poi più avuto la virtù di toglierel’“occhiaticcio”, tuttavia ha soggiunto che stessi tranquilla nella natura diqueste parole perché egli non invocava le forze diaboliche, ma solamente laSs. Trinità, gli Angeli e i Santi.

Egli pone la mano sinistra sul capo della persona colta da malocchio,facendo poi l’atto di togliere qualcosa, indi la mano destra, ripetendo sem-pre lo stesso gesto, infine pone ambedue le mani sulle spalle.

Questi gesti, ripetuti per tre volte, sono accompagnati, come ho giàdetto, da una lunga formula, recitata a bassissima voce in modo che non sipossa udire. Se la persona è veramente affetta da malocchio (sempre a dettadel contadino) entro le 24, o 36 ore, questo dovrebbe scomparire.

Mi piacerebbe assai poter trattare ampiamente il tema delle cosiddette“fatture” che costituiscono le malattie più misteriose e varie, ma purtroppomi è stato impossibile raccogliere le notizie desiderate e ciò per la impene-trabile segretezza e diffidenza delle persone a cui mi sono rivolta. Tutto quelche ho potuto apprendere è questo:

La fattura si può operare non solo sulla persona designata dalfattucchiere, ma anche sopra un suo oggetto, sulle sue orme o anche sualcune ciocche di capelli.

Poiché la fattura può essere tolta solo da chi l’ha oprata, è difficilissimoindovinare questa persona e perciò, il più delle volte, la gente deperisce, si

47 Assunta Mecali – contadina – anni 37.48 P. Toschi, op. cit., pag. 152.

Scienza Popolare 257

ammala e talvolta muore, senza poter trovare chi sia stato la causa della suarovina 49.

3. MAGIA E STREGONERIA

Questi due termini pressappoco si equivalgono e si compendiano; forsel’unica differenza che mi è riuscito di constatare è questa:

Mentre il mago può fare del bene e del male, la strega, che secondo lacredenza popolare è inferiore a lui, può fare solo dispetti e cattiverie.

I racconti sulle streghe con larghezza di particolari fantastici, vengonodai nostri vecchi contadini raccontati alla “balocca” (a veglia) nelle lungheserate d’inverno.

Naturalmente i giovani sono scettici riguardo a tali superstizioni ed èassai difficile trovare a giorno d’oggi, chi eserciti l’arte di fattucchiere.

Prima di inoltrarsi nei racconti che mi sono stati riferiti riguardo lestreghe e i loro malefici, darò alcuni schiarimenti sul modo di riconoscere lestreghe e di scongiurarle.

Le streghe sono considerate come donne diaboliche, esse non possonoavvicinarsi ai sacramenti ed hanno la facoltà il martedì e il venerdì assumerele forme di un animale, preferibilmente quella di un gatto o di una capra, mapossono trasformarsi anche in vento ed entrare nelle case attraverso le fes-sure delle porte e delle finestre 50.

Il modo più usato a Montefiascone per riconoscere le streghe del paeseè quello di mettersi qualche minuto prima di mezzanotte del venerdì in unastrada di campagna chiamata “strada croce”, con il collo appoggiato ad unaforcina (bidente). A mezzanotte precisa vengono tutte le streghe del luogo etrovando una persona in quella posizione non possono nuocerle 51.

Come potranno le streghe trasmettere il loro potere ad un’altra perso-na? Vi è un unico mezzo, da quanto ho potuto apprendere.

49 Noemi Biagioni – contadina.50 Elvira Maurizi.51 Filomena Pornella.

258 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

La strega non potrà morire se qualche anima pietosa non l’abbracci,tutti se ne guardano dal farlo, perché a nessuno piace una simile eredità, alpiù possono porgere alla strega una scopa, e questa tenendola stretta, final-mente potrà morire. Questo oggetto viene poi bruciato.

Citerò qui un fatto narratomi da Carolina Carletti, contadina di circa50 anni, avvenuto a sua madre, mentre si trovava malata in ospedale. Incorsia, nel letto vicino al suo, giaceva una vecchia che aveva fama di strega.Sentendosi approssimare l’ora della morte chiese alla mamma della Carlettiche facesse la carità di porgerle una mano.

Questa, presa da timore, rifiutò; la vecchia le chiese con insistenza unascopa, ma non le fu concessa neppure questa. La stessa notte alcune malatedella corsia poterono vedere la donna che a stento si alzava, andava in cercadi una scopa, la trovava e finalmente, tenendola stretta poteva morire inpace.

Si sa che le streghe sono donne dotate di poteri straordinari, quindi nonsi può sparlare di esse senza incorrere nelle loro vendette.

Un modo per scongiurare le streghe è quello di dire la sera di venerdì“Sabato a casa mia”. Un altro nel mettere dietro la porta di casa alcuniamuleti, come il pelo del tasso, un po’ di sale, la palma benedetta ed inoltrealcune im-magini di Santi 52.

Oggetto precipuo della persecuzione delle streghe sono i bambini, iquali la notte vengono tolti dai loro lettini, portati in un’altra parte dellacasa e quindi abbandonati sul pavimento, oppure sono trasportati all’apertoe per sadico divertimento lanciati da una strega all’altra. Naturalmente ipiccoli, così malmenati, finiranno con deperire e con l’ammalarsi. Per scon-giurare ad essi il pericolo della morte si consiglia di far bollire entro unpiccolo caldaio gli indumenti del bambino, poi di infilarli per tre volte conuno spiedo recitando al tempo stesso una formula di scongiuro.

La strega per magia omeopatica riceverà delle sofferenze, quindi verràa raccomandarsi sulla porta di casa delle persone da lei perseguitate, pro-mettendo loro di non tormentarle più 53.

52 Elvira Mocini.53 Alessandro Bertuccini – contadino – anno 44. Ved. G. ZANAZZO, op. cit., pag. 108.

Scienza Popolare 259

È interessante sapere che le streghe prima di uscire per le loro spedizio-ni notturne, si ungono il corpo con un unguento, questo le trasformerà neglianimali che ho già citato.

Durante questa operazione recitano la seguente formula:

“Unguento, mio unguentoporteme sott’acqua e sopra vento”.

Indi se ne vanno, volando sui tetti per fare alla gente i loro soliti dispetti;devono però rincasare la mattina, prima del suono dell’Ave Maria, altrimen-ti riprenderebbero il corpo di donna, abbandonando quello di animale, enaturalmente si troverebbero nude.

Vergognandosi di trovarsi in questo stato, domanderebbero alla primapersona incontrata qualcosa con cui coprirsi, promettendo in cambio che lasua famiglia, per sette generazioni non sarà più molestata dalle streghe 54.

Io penso che in nessun altro campo la fantasia del popolo si sia piùsbizzarrita che in questo. Infatti tante attribuzioni, tante capacità osdoppiamenti sono inammissibili negli uomini, con ciò non voglio parlaredei fenomeni di metapsichica che appartengono ad un altro ramo, e checome è evidente, non comportano fantasticherie di tal genere.

Poiché fino a questo punto ho cercato di esporre tutte le credenze ri-guardanti le streghe, riporterò ora i vari racconti, come li ho appresi daalcuni contadini della campagna di Montefiascone, i quali li credono real-mente accaduti.

1 – RACCONTA ELVIRA MAURIZI –

Una donna soprannominata Sciattina, abitante in una contrada di Mon-tefiascone, chiamata Paoletti, era considerata dai vicini come una strega,perché si credeva che per il suo influsso malefico tutti gli animali del luogomorissero.

54 Attilia Cicoria – contadina – anni 50.

260 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Una mattina tutti poterono vedere la donna piangente passare con lafronte fasciata. Si sparse allora la voce che la Sciattina era così conciataperché qualcuno, per scongiurare i malefici che le si attribuivano, aveva pian-tato un chiodo in un pezzo di legno, recitando al tempo stesso parole discongiuro, affinché quello che subiva il legno si ripercuotesse sulla donna.Questa infatti, dopo qualche tempo, morì perché la ferita, causatale per magiasimpatica, finì in cancrena.

2 – RACCONTA FILOMENA NAPOLI –

La nonna da giovane si recava spesso con una sua amica in un boscopadronale per raccogliere la legna. Un giorno il padrone le vide, si adirò etolse ad ambedue le ragazze gli orecchini, come pegno che esse non sarebbe-ro più ritornate nel bosco.

La nonna della Napoli, si recò allora presso la madre del proprietario, sup-plicandola che le fossero restituiti gli orecchini.

La signora acconsentì di restituirli a lei e non all’altra.Saputo il fatto la ragazza, a cui era stata fatta questa ingiustizia, comin-

ciò ad inveire a tal punto contro l’amica, che questa, non potendone più, lachiamò giallosa (pallida). L’altra invelenita le rispose: “Diventerai tantogiallosa, da venire a raccomandarti a me”.

Dopo pochi giorni la nonna della Napoli cominciò a deperire a tal pun-to da essere ridotta a stare a letto. Era sempre colta da febbre e vedeva vicinoun cesto pieno di serpenti. Nove mesi dopo capitò in quel luogo un frate e alui fu narrato il caso. Questi esorcizzò la ragazza, inoltre benedì tre filoni dipane (circa 8 Kg.) e una brocca (panata) piena d’acqua, dicendole che quandoavesse terminato di mangiare il pane e di bere l’acqua sarebbe guarita. Infat-ti fu così.

3 – RACCONTA FILOMENA NAPOLI –

A due genitori cominciò a deperire l’unico bambino che avevano.Essi si recarono dal mago il quale, visto il piccolo, disse loro che la notte

Scienza Popolare 261

sarebbe stato strozzato dalle streghe, comunque potevano provare a tenerloin letto fra loro, non spegnere il lume e porre sulla fessura della porta erbacroce (cipresso), il pelo del tasso, immagini di Santi e la corona del Rosario.

I genitori fecero quanto il mago aveva loro consigliato, poi, scesa lanotte, si misero a vegliare con trepidazione il loro bambino, ma verso mezza-notte inorridirono vedendo una mano che dalla fessura della porta staccavagli amuleti e le immagini dei santi.

Cominciarono allora a pregare con fervore, ma ciò non valse a nullaperché essi si addormentarono e il lume si spense.

La mattina quando si svegliarono videro con disperazione che il bambi-no era morto con al collo segni di soffocamento.

4 – ATTILIA CICORIA RACCONTA –

Il padre era un ottimo cacciatore ed ogni qualvolta si recava a caccia,sempre al solito posto, vedeva una capra nera che gli sbarrava il passo. L’uo-mo cominciò ad impressionarsi e si recò da un mago per essere liberato, inqualche modo, da questa bestia il cui pensiero lo tormentava.

Il mago gli disse che la bestia non era altro che una strega e che la primavolta che fosse andato a cacciare e l’avesse vista, doveva dire tre volte: “Diomi benedica” indi spararle, mirando però ad una zampa.

L’uomo fece quanto gli era stato detto e l’animale barcollando scappòvia.

Il giorno seguente fu notato che una donna che era solita di buon mat-tino recarsi al suo campo, non era ancora uscita di casa. Impressionati ivicini si recarono da lei e la trovarono a letto, ferita ad una gamba.

Dietro il racconto del cacciatore si poté appurare che essa era una stre-ga.

5 – NOEMI BIAGIONI NARRA –

Molti anni fa nella sua contrada, dopo la Messa, quando già tutti eranousciti di chiesa, due donne rimaste furono sollecitate dal sacrestano ad andar-

262 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

sene, poiché l’ora era tarda ed egli doveva chiudere la porta del tempio.Esse gli fecero capire che non avrebbero potuto se egli prima non aves-

se gettato l’acqua con cui il sacerdote durante la messa si era lavato le mani.Il sacrestano così fece e le due donne poterono uscire liberamente.

È credenza comune, infatti, che se vi sono delle streghe in chiesa, que-ste non potranno uscire se non si è avuto cura di gettare questa acqua.

6 – FILOMENA NAPOLI RACCONTA –

Un giovane che esercitava il mestiere di calzolaio una sera stava intentoal suo lavoro, quando vide entrare due ragazze da lui conosciute, le qualidopo avergli chiesto di riparare le loro scarpe, si misero a scherzare con lui,mettendogli le mani in tasca e guardando cosa avesse. Trovato il librettodella Messa, lo gettarono lontano, poi ambedue le donne lo presero sotto ilbraccio, ingiun-gendogli di andare con loro. Prima di allontanarsi ebberocura di spegnere il lume.

Strada facendo, il giovane non sapeva più orizzontarsi, gli sembravache fosse stato posto un trave che faceva quasi da ponte fra la sua contradaed un’altra, separate dalla valle di Montefiascone e che egli vi camminassesopra come un equilibrista. Ad un tratto, senza sapere come ciò poteva esse-re accaduto, si trovò in una splendida sala da ballo, strana alquanto però,perché se alzava gli occhi in alto vedeva le stelle. In questa sala immaginariavi erano oltre le ragazze che ve lo avevano condotto, anche altre donne lequali, tutte insieme cominciarono a fare baldoria, a mangiare e a gozzovi-gliare senza mai lasciare avvicinare il giovane alle vivande, anzi sputandogliin faccia ogni volta che ci si provava.

Quando parve opportuno alle due ragazze, che altro non erano che duestreghe, ricondussero il calzolaio a casa, intimandogli sulla soglia, di nonsvelare i loro nomi a nessuno sotto pena di farlo morire.

Non credo sia opportuno riportare altri di questi fantastici racconti,perché tutti press’a poco si equivalgono.

Benché le streghe, secondo la credenza popolare, siano creature dotatedi grandi poteri, non credo che esse abbiano tratto dei veri benefici da tutte

Scienza Popolare 263

queste loro possibilità, le quali se realmente esistessero, farebbero dell’uomoun essere superiore, perché sono tutte morte in condizioni miserabili, ab-bandonate e disprezzate da tutti.

4. METEOROLOGIA POPOLARE

Prima di chiudere il capitolo dedicato alla scienza popolare desideroriferire alcuni proverbi di previsione del tempo.

Questi, benché alcuni siano comuni ad altri luoghi, li ho raccolti esclu-sivamente fra i contadini di alcune contrade di Monte-fiascone.

Cielo rosso de sera, bon tempo se spera 55.

Cielo a pecorelle, acqua a catinelle 56.

Callo che dole, pioggia vicina 57.

Quanno li gatti ruzzono è segno che vò piove 58.

Aria rossa o piòve o soffia 59.

Quanno Giove (giovedì) insacca ’r sole (annuvola)

nun c’è sabato che nun piove 60.

55 Filomena Napoli.56 Oreste Fanali.57 Filomena Napoli.58 Oreste Fanali.59 Vincenza Bizzarri.60 Oreste Fanali.

264 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Tempo arifatto de nottevale quanto un pignatto de fave cotte 61.

Se voi vedé ’r tempo devinoalla mattina tramontana, alla sera marino 62.

Sotto la neve c’è ’r pane,sotto l’acqua c’è la fame 63.

Quanno è nero alla Roccapija l’asino e tocca 64.

Quanno ’r Cimino mette ’r cappelloposa ’r bastone e pija l’ombrello 65.

Ar primo freddo non t’ammantarear primo callo non te smantare 66.

Anno nevoso, anno fruttuoso 67 .

Se mmarzo nom marzéggia,c’è aprile che mar pensa 68.

63 Filomena Napoli.64 Oreste Fanali.65 Rita Volpini.66 Filomena Napoli.67 Rita Volpini.68 Oreste Fanali.

Scienza Popolare 265

Sole de marzo o tt’annucco o tt’ammazzo 69.

Se è ber tempo per la Candelora (2 febbraio)

dell’inverno semo fora,ma se piove o tira ventonell’inverno semo drento 70.

Un aprile temperato,non fu mai ingrato 71.

Aprile un bel tesseree un dolce dormire 72.

Aprile ogni goccia un barile 73.

Quattro aprilanti, quaranta dì duranti 74.

Pe’ S. Flaviano (26 aprile)

ventajo in mano 75.

69 Rita Volpini.70 Idem.71Rita Volpini.72 Vincenza Bizzarri.73 Maria Volpini.74 Oreste Fanali.75 Idem.

266 Dalla culla alla bara nelle tradizioni popolari di Montefiascone

Si piove pe’ S. Flavianovale più ’r sacco che ’r grano 76.

Giugno, farce in pugno 77.

Pe S. Giuanneverde o seccotajeje le gamme 78 (gambe).

Aprile dolce dormire,maggio se dorme per assaggio,giugno ce s’appunta ’r grugno,lujo e agosto moje mia nun te conosco 79.

S. Lorenzo della gran caldura, (10 agosto)

S. Antonio della gran freddura, (17 gennaio)

l’uno e l’altro poco dura 80.

Agosto capo d’inverno 81.

Pe’ settembre l’uva è fattae ’r fico penne 82.

76 Maria Volpini.77 Filomena Napoli.78 Oreste Fanali.79 Rita Volpini.80 Vincenza Bizzarri.81 Filomena Napoli.82 Rita Volpini.

Scienza Popolare 267

Ottobre fronnosoinverno freddoloso 83.

Pe’ S. Martino se spilla ’r vino 84.

Pe’ ssanta Catirina o la nève o la bbrina 85.

Se piove pe’ S. Bibiana (2 dicembre)

dura quaranta dìe ’na settimana 86.

Dicembre gelato, nun va disprezzato 87.

Prima de Natale nè freddo, nè fame.Da Natale in là, freddo e fame in quantità 88.

Natale ar zólePasqua ar tizzone 89.

83 Filomena Napoli.84 Vincenza Bizzarri.85 Maria Volpini.86 Idem.87 Oreste Fanali.88 Idem.89 Maria Volpini.