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Università degli studi di Padova Dipartimento di Biologia Dipartimento di Fisica e Astronomia Corso di Laurea triennale in Ottica e Optometria Tesi di Laurea Miopia: fattori genetici e ambientali Relatore: Prof.ssa Stefania Bortoluzzi Laureanda: Correlatore: Prof.ssa Dominga Ortolan Dei Zotti Michela Matr.: 1005342-OPT A.A. 2013/2014

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Università degli studi di Padova

Dipartimento di Biologia

Dipartimento di Fisica e Astronomia

Corso di Laurea triennale in Ottica e Optometria

Tesi di Laurea

Miopia: fattori genetici e ambientali

Relatore: Prof.ssa Stefania Bortoluzzi Laureanda:

Correlatore: Prof.ssa Dominga Ortolan Dei Zotti Michela

Matr.:

1005342-OPT

A.A. 2013/2014

2

3

INDICE

Riassunto .............................................................................................. 5

1. Introduzione ..................................................................................... 7

1.1 Miopia: definizione, tipi e caratteri anatomici legati alla

miopia ............................................................................................... 7

1.2 Rischi legati alla miopia ............................................................11

1.3 Epidemiologia: prevalenza e incidenza ....................................12

1.3.1 Prevalenza .................................................................. 12

1.3.2 Incidenza e Progressione ........................................... 14

1.4 Impatto socio-economico della miopia .................................... 16

2. Fattori ambientali e miopia ............................................................ 18

2.1 Attività all’aperto e relazione con miopia ................................ 18

2.2 Lavoro prossimale e istruzione come fattori di rischio per lo sviluppo della miopia ...................................................................... 20

2.2.1 Lavoro prossimale e risposte accomodative e del

sistema di vergenza ............................................................ 31

3. Fattori genetici: la miopia come malattia multifattoriale ................. 35

3.1 Breve introduzione ai concetti chiave della genetica di malattie complesse ......................................................................... 35

3.1.1 Genotipo e fenotipo .................................................. 35

3.1.2 Valore fenotipico ....................................................... 38

3.1.3 Penetranza e espressività .......................................... 39

3.1.4 Malattie complesse e studi familiari ......................... 40

3.2 I componenti oculari refrattivi, in particolare LA, sono

caratteri geneticamente determinati ............................................. 42

3.3 Ricorrenza familiare degli errori refrattivi e loro ereditabilità.45

3.4 Geni candidati per la miopia..................................................... 49

4

4. Conclusione: fattori ambientali e genetici interagiscono in

modo complesso .................................................................................66

Bibliografia ..........................................................................................70

5

Riassunto

Tra i difetti refrattivi, la miopia è quella più studiata sia per l’influenza sulla vita

sociale sia per la molteplicità di fattori legati all’aumento progressivo e alle cause

che lo comportano. Date le evidenze sperimentali sull’ereditarietà della miopia e

le associazioni emerse tra prolungate attività da vicino, in questo elaborato sono

stati affrontati due temi importanti: il ruolo dell’ambiente e il ruolo della

genetica nello sviluppo e nella progressione della miopia.

Una delle possibili classificazioni della miopia considera l’età in cui l’errore

refrattivo inizia a svilupparsi. Generalmente si può suddividere in precoce e

tardiva [1]. La prima sembra essere più legata ad aspetti genetici e alla storia

famigliare dei difetti refrattivi, mentre nella seconda sembra essere

predominante la componente ambientale e in particolar modo il lavoro

prossimale [2].

I fattori ambientali, in base ai diversi studi visionati, hanno tendenzialmente un

ruolo protettivo o causativo dell’errore refrattivo preso in considerazione [3] [4]

[5]. Tra i fattori protettivi è stato analizzato quanto l’attività all’aperto sia

positivamente collegata alla miopia [6]. Invece, tra gli elementi causativi quello

che incide più negativamente è il lavoro prossimale [7] [8]. Come si può

riscontrare in molti studi, l’impegno eccessivo della vista in attività a distanza

ravvicinata può indurre un cambiamento refrattivo tendente alla miopia [9]. La

componente genetica sembra, però, prevalere su quella ambientale [10] [11]. Gli

studi approfondiscono l’ereditabilità delle componenti oculari, in particolar

modo della lunghezza assiale [12], e della ricorrenza familiare degli errori

refrattivi [13]. Emerge che la storia refrattiva dei genitori è determinante nel

possibile sviluppo e progressione miopica. Infatti, se entrambi i genitori sono

miopi il rischio per il bambino sarà più elevato sia di svilupparla sia di presentare

un valore maggiore della lunghezza assiale rispetto ai bambini emmetropi ed

ipermetropi [3] [14].

6

Sono stati analizzati anche i possibili geni implicati nell’errore refrattivo, noti in

base a studi di linkage o di associazione. Alcuni di questi geni sono stati

evidenziati da più studi, ma ancora oggi non è certo quali siano i più importanti e

soprattutto come le varianti geniche interagiscano nel determinare le

caratteristiche dell’occhio miope [15] [16].

La miopia, è considerata come un carattere complesso e multifattoriale. In

questo elaborato viene preso in considerazione non solo il ruolo di singoli fattori

genetici e ambientali nel determinare il suddetto errore refrattivo, ma anche che

diversi elementi interagiscono tra di loro, con meccanismi ed effetti ancora non

del tutto chiari [17] [18].

7

1. Introduzione.

1.1 Miopia: definizione, tipi e caratteri anatomici legati alla miopia.

Il potere refrattivo dell’occhio è determinato principalmente da quattro

componenti: la curvatura corneale (CC), la profondità della camera anteriore

(PCA), il potere della lente e la lunghezza assiale (LA, la distanza in millimetri

dalla cornea alla fovea). La relazione tra il potere refrattivo totale e la lunghezza

assiale determina lo stato refrattivo dell’occhio. Nell’occhio emmetrope i raggi di

luce entranti arrivano sulla retina a fuoco dando quindi una visione nitida

dell’oggetto posto all’infinito (figura 1) [19].

Nelle ametropie, invece, i raggi di luce non formano un’immagine a fuoco sulla

retina, bensì davanti alla retina (miopia) o dietro (ipermetropia). In entrambi i

casi, il risultato è una visione sfuocata dell’oggetto posto all’infinito.

La miopia è un’ametropia sferica, in cui il piano focale dell’immagine, costruita

dal sistema ottico oculare, si trova prima del piano anatomico della retina e

rappresenta uno dei più comuni errori refrattivi (figura 2). La miopia è, di fatto,

Figura 1. L’immagine raffigura un occhio emmetrope e il punto in

cui si forma l’immagine. Essendo emmetrope essa si forma sul

piano retinico. (http://www.paolo-fazio.com/parlaci/miopia-

ipermetropia-astigmatismo).

8

un significativo problema di salute pubblica globale, con importanti ricadute

anche socioeconomiche.

Nella miopia possiamo distinguere diverse forme o tipi in base ai differenti criteri

di classificazione.

In base alla gravità o grado della miopia definiamo:

Miopia lieve, con un difetto refrattivo ≤-3.00D;

Miopia media, caratterizzata da un errore maggiore, tra le -3.00D e le -

6.00D;

Miopia elevata, con un errore refrattivo elevato, >6.00D.

In base all’età d’insorgenza distinguiamo:

Miopia congenita, conosciuta anche come miopia infantile, è presente

alla nascita e persiste durante l’infanzia;

Miopia giovanile (youth onset myopia) si sviluppa presto nell’infanzia o

adolescenza (6-15 anni), e il potere oculare continua a variare fino alla

fine dell’adolescenza; in questo tipo è compresa la:

Figura 2. L’immagine raffigura un occhio miope e il punto in cui

l’immagine si forma, anteriormente al piano retinico.

(http://www.paolo-fazio.com/parlaci/miopia-ipermetropia-

astigmatismo).

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o Miopia scolastica (school myopia) appare durante l’infanzia,

particolarmente negli anni di scolarizzazione, è attribuita al lavoro

prossimale impegnativo durante gli anni scolastici;

Miopia adulta, distinguendo ulteriormente tra:

o Miopia adulta precoce inizia tra i 16 e i 40 anni;

o Miopia adulta tardiva il principio si ha dopo i 40 anni. [20].

Una terza classificazione si basa sui segni clinici:

Miopia semplice, la più comune, caratterizzata da un occhio troppo lungo

per il suo potere ottico o troppo potente per la sua lunghezza assiale.

Fattori genetici e ambientali sembrano contribuire entrambi allo sviluppo

della miopia semplice;

Miopia degenerativa, caratterizzata da un elevato grado di miopia

associato a cambiamenti degenerativi nel segmento posteriore

dell’occhio, con marcati segni visibili nel fondo oculare. Questa forma di

miopia peggiora progressivamente nel tempo. I cambiamenti

degenerativi possono risultare in funzioni visuali abnormali, come una

diminuzione dell’acuità visiva con migliore correzione o cambiamenti nel

campo visivo. Distacco di retina e glaucoma sono conseguenze molto

comuni in questa forma, considerata come una delle principali cause

d’invalidità visuale.

Miopia notturna, dovuta da un aumento di risposta accomodativa

associata a situazioni caratterizzate da bassi livelli di luminosità. A causa

di un contrasto insufficiente per uno stimolo accomodativo adeguato,

l’occhio assume la posizione di dark focus intermedio, invece di

focalizzare all’infinito.

Pseudomiopia, risultato di un aumento del potere refrattivo oculare

dovuto da sovrastimolazione del meccanismo accomodativo dell’occhio o

per spasmo ciliare. La condizione è così chiamata perché il soggetto

risulta essere miope solo a causa di risposte accomodative inadeguate.

10

Miopia indotta, secondaria all’esposizione a diversi agenti farmaceutici,

variazione degli zuccheri nel sangue, sclerosi nucleare della lente del

cristallino, o altre condizioni anomale. Questa miopia è spesso

temporanea e reversibile.

Queste tipologie di miopia sopra descritte, sono forme della cosiddetta miopia

non sindromica. La miopia sindromica, come ci suggerisce il nome, può risultare

come sintomo associato ad altri sintomi diversi in patologie complesse (sindromi)

che spesso coinvolgono più organi e apparati. Gli errori refrattivi sindromici sono

generalmente monogenici o poligenici e possono presentarsi all’interno di un più

ampio spettro di segni clinici. La miopia viene riportata come segno in numerose

sindromi oculari, può anche essere una caratteristica peculiare in malattie

ereditabili del tessuto connettivo. Ad alcune di queste sindromi sono stati

associati dei loci genetici, ma nessuno di questi loci trovati risulta essere

associato alla forma comune di miopia. In questo elaborato sarà presa in

considerazione specificamente la miopia non sindromica.

La compensazione della miopia deriva dall’utilizzo delle lenti negative che

allungando la focale, permettono la formazione di un’immagine retinica nitida

(figura3).

La prima e più usata forma di correzione è l’occhiale in quanto di facile uso e non

molto costoso; esso però comporta inevitabili limiti, legati al campo visivo della

lente, che aumentano quanto più è elevata la miopia che correggono. Le lenti

utilizzate per le miopie moderate ed elevate, inoltre fanno percepire al soggetto

Figura3. Occhio miope senza e con correzione di una lente negativa.(www.wikipedia.org).

11

un’immagine rimpicciolita, non reale e anche quest’effetto è proporzionale al

grado di severità dell’ametropia influenzando la qualità della vita dei pazienti che

ne fanno uso. Gli occhiali sono pesanti tanto da essere causa di antiestetici solchi

sul naso e spesso limitano il soggetto nella pratica di diverse attività sportive. La

qualità visiva migliora con l’applicazione delle lenti a contatto: non c’è

rimpicciolimento o distorsione periferica dell’immagine, vengono risolti i

problemi di natura estetica e funzionale. Scelta che, con le opportune valutazioni

da parte dell’ottico optometrista, riesce a soddisfare le più svariate esigenze

(applicazione morbida o rigida monofocale o multifocale, porto diurno, continuo

o notturno con le lenti ortocheratologiche), ma che comporta, comunque, un

costo per l’acquisto e la manutenzione.

1.2 Rischi e limiti legati alla miopia.

La miopia elevata congenita o acquisita può anche essere accompagnata da

diverse patologie oculari. Tale errore refrattivo è un fattore di rischio per lo

sviluppo di differenti condizioni oculari incluse: degenerazione periferica retinica,

cataratte associate all’età, glaucoma e neovascolarizzazione coroidea [21]. La

miopia progressiva è caratterizzata da un graduale allungamento del globo

oculare accompagnato da cambiamenti degenerativi, che potenzialmente

possono portare ad alterazioni fino alla cecità, nella retina e nella coroide [22].

Un occhio che soffre di miopia elevata con una maggiore lunghezza assiale

sembra essere più predisposto all’insorgenza di cataratte nucleari, che, inoltre, si

presentano con maggiore densità nucleare rispetto a quelle dei soggetti non

miopi [23].

Molte occupazioni richiedono requisiti visivi per poter accedere ad esse. Spesso,

quindi, soggetti con elevati, ma anche moderati, errori refrattivi devono fare i

conti con limitazioni nel lavoro oltre che nella vita personale. Ne sono un

esempio i concorsi alla polizia di stato, al ruolo degli agenti e assistenti è ritenuta

necessaria un’acuità visiva (AV) di 12/10 binocularmente, con non meno di 5/10

nell’occhio che vede meno ; un visus corretto di 10/10 per ciascun occhio per

12

una correzione massima complessiva di 1D quale somma dei singoli errori

refrattivi (www.docvadis.it). Un altro esempio sono i requisiti visivi richiesti

nell’accademia della marina militare che impongono un visus corretto di 10/10 in

ciascun occhio, se corretto con lenti ben tollerate di massimo -1.75 diottrie.

Invece nei concorsi di aeronautica militare, per il ruolo di naviganti normale, è

esclusa qualsiasi possibile correzione dell’errore refrattivo (anche con

laserterapia), avendo quindi un visus naturale di 10/10 (www.concorsimilitari.it).

Ai piloti civili viene richiesta un’AV, con o senza correzione, di almeno 7/10

monocularmente, e almeno 10/10 binocularmente, l’errore refrattivo in ogni

caso non deve superare le -3D (www.aviazionecivile.org). Una limitazione più

vicina alla vita di ogni giorno è quella imposta nelle patenti di guida dei veicoli.

Nella patente di tipo A e B (gruppo 1) il visus corretto o meno deve essere di

almeno 7/10, come somma dei due occhi, e l’occhio che vede peggio deve

riconoscere almeno i 2/10; per le patenti di tipo C, D e E (gruppo 2) occorre

possedere un’AV pari ad almeno 8/10 come somma dei due occhi e l’occhio che

vede peggio deve riconoscere almeno i 5/10, raggiungibile anche con correzione

purché la differenza tra le due lenti non sia superiore a tre (www.aci.it). I casi di

limitazione sono molteplici e, pur essendo spesso, comunque, parametri

facilmente superabili, rappresentano uno sbarramento per qualcuno creando

esigenze specifiche: necessità di cambiare o rinunciare al lavoro, agli

spostamenti, o ad un’attività. Non va dimenticato, inoltre, che la miopia limita

diverse abilità visive, non solo la capacità di distinguere dettagli. La sensibilità al

contrasto, la visione crepuscolare notturna, solo per fare alcuni esempi, ne

risultano coinvolte, peggiorando o modificando diversi aspetti e la qualità della

vita.

1.3 Epidemiologia: prevalenza e incidenza.

1.3.1 Prevalenza.

A metà del 2007, in tutto il mondo, The World Health Organisation ha stimato

circa 703milioni di casi di invalidità visuale a causa di errori refrattivi non corretti,

13

dei casi totali, 158milioni corrispondono a quelli di invalidità visiva in distanza

[24].

Uno studio evidenzia che entro l’anno 2020 i casi di miopia saranno 25 miliardi,

ovvero un terzo della popolazione del mondo sarà caratterizzata dalla miopia

[25]. Uno studio trasversale compiuto tra studenti australiani riporta una

prevalenza del 52.5% e del 59.1% nei dodicenni e diciasettenni rispettivamente,

provenienti dall’est asiatico; mentre la corrispondente stima di prevalenza nei

giovani di etnia europea-caucasica della stessa età è del 8.6% e del 17.7% [26].

Molti studi recenti hanno riportato una considerevole variazione nella prevalenza

della miopia tra bambini di diverse etnie, localizzazioni geografiche ed età.

Variazioni di prevalenza dovute da diverse localizzazioni geografiche sono state

largamente riportate da molti studi. I valori di prevalenza trovati nell’est e sud

est asiatico asiatico sono molto più elevati rispetto a quelli trovati nelle altre

regioni del mondo. Uno studio sulla prevalenza miopica in Cina mostra un valore

del 16.2% di alunni tra i 5-15 anni che presentano tale errore refrattivo e vivono

nelle zone rurali della Cina del nord [27]. Mentre nelle città metropolitane della

Cina del sud gli studenti della stessa età miopi risultano essere 38.1% in

Guangzhou [28] e del 36.7% in Hong Kong [29](i dati sono riassunti nella tabella

I).

Prevalenza

Area Geografica Età Prevalenza %

Studio

Est- Asia 12 anni, 17 anni

52.5/59.1 [26]

Europa/ Asia caucasica

12 anni, 17anni

8.6/17.7 [26]

Cina rurale 5-15 anni 16.2 [27]

Cina urbana 5- 15 anni 37.4 [28] [29]

Tabella I. Percentuale della prevalenza di miopia nelle diverse aree

geografiche.

14

Negli adulti i valori di prevalenza sembrano variare nelle diverse fasce d’età.

Nello studio “Beaver Dam Eye” la prevalenza di miopia passa dal 42.9%, negli

adulti di 43-54anni, a 25.1% negli adulti americani di 55-64anni; un’ulteriore

diminuzione risulta nei soggetti di 65-74 anni che mostrano una prevalenza di

miopia del 14.8% e poi diminuisce ancora leggermente negli individui di ≥75 anni,

stima del 14.4% [30]. Un altro studio, su larga scala, che prende come soggetti

individui di 40 anni o più delle aree urbane americane mostra un evidente

decremento nella prevalenza dei soggetti miopi aumentando l’età di donne di

diverse etnie e uomini bianchi. Emerge anche un modello bimodale tra gli

individui afro-americani, con picchi di prevalenza trovati nei soggetti di 40-49

anni e nei soggetti di 80 anni o più. Un modello simile descrive bene, anche la

prevalenza della miopia negli adulti di Singapore, che sembra essere, infatti, più

alta nei quarantenni e nei settantenni [31]. È ancora un argomento molto

dibattuto se queste variazioni di prevalenza miopica correlate all’età siano

dovute al tipo di studio longitudinale o al gruppo preso in considerazione [32].

Comunque la distribuzione bimodale della prevalenza miopica sembra

attribuibile a due fattori diversi che fanno sì che due età lontane siano i picchi di

prevalenza: la lunghezza assiale più lunga nei giovani e la sclerosi nucleare della

lente negli anziani che portano, di fatto, ad un aumento della prevalenza della

miopia nelle due classi d’età.

1.3.2 Incidenza e progressione.

Per quanto riguarda l’incidenza della miopia, un recente studio su studenti

australiani di 6 e 12 anni, riporta un’incidenza annuale di miopia del 2.2% nel

gruppo più giovane (6.7 ± 0.4 anni in media) mentre nell’altro gruppo (12.7 ± 0.4

anni in media) del 4.1%. I valori di incidenza annuale nell’est asiatico (6.9% nel

gruppo più giovane e 7.3% nel gruppo più vecchio) risultano essere molto più alti

rispetto ai bambini euro-caucasici (più giovani 1.3% e più vecchi 2.9%). In

entrambi i gruppi si è evidenziato un notevole aumento dell’incidenza nel tempo:

dal 1.4% al 14.4% nel gruppo più giovane (durante un periodo di 6.1±0.8 anni) e

15

dal 13.0% al 29.6% nel gruppo più vecchio (in un periodo di follow-up di 4.5±0.3

anni) [26] (dati riassunti nella tabella II).

Incidenza

Area geografica Età Incidenza % Studio

Australia 12 anni, 17 anni

2.2 %, 4.1% [26]

Est- Asia 12 anni, 17 anni

6.9%, 7.3% [26]

Europa/ Asia caucasica

12 anni, 17 anni

1.3%, 2.9% [26]

Secondo una pubblicazione del 2004, in Taiwan tra il 1983 e il 2000 la prevalenza

di miopia nei giovani (7-18 anni) è aumentata significativamente: per gli

adolescenti tra i 16 e i 18 anni il valore è variato all’incirca del 14% mentre nei

bambini di 7 anni è variato del 262% [33]. Una simile tendenza si nota in un altro

resoconto sulle variazioni della prevalenza miopica in 30 anni negli Stati Uniti (tra

il 1971 e il 2004). In tutti i gruppi di differenti età la prevalenza della miopia ha

subito un significativo aumento in tre decadi. Ad esempio il valore di prevalenza

miopica nei giovani americani dai 12 ai 17anni aumenta del 12.0% (1971-1972) al

31.2% (tra il 2000 e il 2004) [34]. In Finlandia, la prevalenza nei bambini di 7-8

anni risulta invece essere rimasta costante, negli ultimi 20 anni, mentre nei

giovani di 14-15 anni la prevalenza risulta almeno raddoppiata (da 10.6% a

21.8%) [35].

In conclusione, è largamente riportato che la prevalenza della miopia nelle

recenti decadi è aumentata significativamente, se pur non in tutte le fasce d’età

e in tutte le aree geografiche considerate (tabella III).

Tabella II. Percentuale di incidenza di miopia nelle differenti aree

geografiche per studenti di 12 e 17 anni.

16

Nazione Età Aumento prevalenza in % Anni Studio

Taiwan 16-18 14% 1983-2000 [33]

Taiwan 7 262% 1983-2000 [33]

Stati Uniti 12-17 19% 1971-2004 [34]

Finlandia 7-8 1.4% 20° secolo [35]

Finlandia 14-15 10.2% 20° secolo [35]

1.4 Impatto socio-economico della miopia.

La miopia è la più comune condizione oculare e ha diverse ricadute cliniche,

sociali ed economiche. La miopia non corretta risulta essere la maggior causa di

invalidità visiva, con ripercussioni da moderate a gravi sulla qualità della vita

dell’individuo.

Secondo il resoconto più recente, pubblicato da “World Health Organisation”

(WHO), basato su dati della popolazione mondiale acquisiti nel 2007, sono stati

stimati 158 milioni di casi di invalidità per la visione da lontano causata da errori

refrattivi non corretti, considerando invalidità visuale la visione inferiore ai 6/18

nell’occhio migliore. Delle 14 subregioni del mondo incluse nel resoconto del

WHO, il numero di casi risulta essere più elevato nella regione del Pacifico

occidentale (61.9millioni) seguiti dal sud-est asiatico (54.5 milioni). La perdita del

prodotto interno lordo globale dell’invalidità visuale per la visione da lontano

causata dall’errore refrattivo non corretto è stimata 202 miliardi di dollari

americani annuali, con un significativo aumento nelle ultime due decadi rispetto

alle statistiche precedenti allo studio [24].

E’ anche ben documentato che i soggetti miopi, specialmente quelli con miopia

elevata, tendono a vedere compromessa la loro qualità della vita dovuta a varie

influenze create da fattori funzionali, psicologici, economici e estetici. È riportato

che individui con elevata miopia abbiano una qualità della vita significativamente

più bassa in termini di visione rispetto ai soggetti con nessuna, media o lieve

miopia [36]. Saw e colleghi [37] prendono anche in considerazione la qualità di

Tabella III. Aumento della prevalenza della miopia in diverse nazioni.

17

vita associata alla correzione ottica. Dimostrano che gli individui miopi che

indossano occhiali e/o lenti a contatto hanno livelli significativamente più alti di

preoccupazione di ferirsi, difficoltà nel far fronte alle esigenze della vita e meno

sicurezza nell’adempiere le attività di ogni giorno, se paragonati agli emmetropi.

Al contrario negli individui che hanno subito chirurgia refrattiva non risultano

particolari differenze di qualità di vita rispetto al gruppo di emmetropi. Questo

studio indica che la miopia corretta con occhiali o lenti a contatto ha un impatto

negativo negli aspetti relativi alla visione, della qualità della vita delle persone, se

paragonate a miopi che hanno subito chirurgia refrattiva. Non emerge

necessariamente corrispondenza tra miopia e carattere introverso, come

indagato tra i soggetti del GEM study (Genes in Myopia) [38].

18

2. Fattori ambientali e miopia.

2.1 Attività all’aperto e relazione con miopia.

Diversi fattori ambientali sembrano avere un ruolo protettivo o causativo

rispetto allo sviluppo o alla progressione della miopia.

Mentre lunghi e costanti periodi di lettura o attività prossimali aumentano il

rischio di sviluppare miopia, altri fattori ambientali hanno dimostrato un’azione

protettiva. Infatti, da studi recenti è emerso che il tempo trascorso in ambienti

ampi e all’esterno, immersi nella natura e la pratica di sport all’aperto durante

l’infanzia è associato a una diminuzione del rischio di sviluppare miopia [3] [39]

[40]. Inoltre il tempo impiegato nelle attività all’aperto, con il suo conseguente

effetto benefico sulla miopia, non sembra sostituire le ore dedicate nelle attività

prossimali. Interessante è l’evidenza che i fattori genetici possano interagire con

la variabile dell’attività all’esterno e il rischio di miopia. Jones et al. dimostrano

che la storia refrattiva miopica dei genitori è un importante predittore nei

modelli univariati e multivariati. Le ore alla settimana di sport e attività

all’esterno hanno differenti effetti quando vengono considerati insieme, come

variabile, al numero di genitori miopi: meno ore di sport e attività all’aperto

aumentano le probabilità di diventare miope nei bambini con due genitori miopi,

probabilità più elevata rispetto ai bambini con uno o nessun genitore miope. La

possibilità di divenire miope per i bambini con nessun genitore miope sembra

essere più bassa nei bambini con una più alta quantità in ore di sport e attività

all’aperto, paragonati a quelli con due genitori miopi. Sherwin et al. nel 2012 [6]

realizzano una meta-analisi, riassumendo in una revisione tutti i risultati

disponibili e rilevanti riguardanti la relazione tra tempo speso all’aperto e miopia

con relativa progressione. Esaminando tutti gli articoli sul tema arrivano alla

conclusione che l’aumento del tempo trascorso all’esterno può conferire una

modesta, ma significativa, riduzione del rischio dello sviluppo miopico e la sua

progressione. Trovano, inoltre, una significativa associazione protettiva tra

l’aumento del tempo all’esterno e la prevalenza della miopia in un gruppo di

19

circa 10.000 bambini e adolescenti con età inferiore ai 20 anni: ogni aumento di

un’ora alla settimana di tempo trascorso all’esterno è associato ad una riduzione

del 2% della probabilità di miopia. Anche se questa rappresenta una debole

associazione protettiva, la sua interpretazione dipende dall’unità della misura

presa in considerazione. Infatti aumentando di 7 ore il tempo trascorso

all’esterno, per settimana, l’associazione protettiva diviene più forte. Un’alta

percentuale degli studi disponibili sono stati effettuati nell’est asiatico, dove la

prevalenza di miopia è molto elevata e richiede, quindi, maggiori sforzi nella

ricerca dei vari meccanismi legati ad essa. Tale relazione sembra essere meno

marcata nelle popolazioni che non provengono dall’Asia dell’est. Questo fatto

può riflettere la scarsa quantità di tempo speso in attività all’aperto dai bambini

che abitano in quell’area, piuttosto che come conseguenza di differenze etniche

intrinseche. Rimane possibile che i bambini con miopia trascorrano meno tempo

in attività all’esterno rispetto ai bambini non miopi, riflessione supportata da

studi sul tipo di personalità tra persone aventi o meno miopia, in più

dall’evidenza che in aree urbane, dove si presentano spazi aperti meno ampi, si

concentrano maggiormente individui miopi che, conseguentemente, hanno

meno possibilità di partecipare a sport e ad attività all’aperto. Il tempo trascorso

all’esterno è influenzato da molti fattori, per esempio dall’etnia, da fattori

ambientali quali il clima, dai livelli di visibilità e dagli impegni scolastici. Questi

risultati, in generale, suggeriscono la necessità di studi controllati, randomizzati,

ben strutturati, in modo da investigare l’effetto dell’aumento delle ore di attività

all’aperto come un fattore protettivo, riducente il rischio di miopia e la sua

progressione per intervenire nella prevenzione in bambini e adolescenti. Esistono

miriadi di possibili meccanismi che giustifichino l’effetto protettivo del tempo

trascorso in attività all’aperto. Di questi fanno parte l’aumento del rilascio della

dopamina retinica in risposta alla luce del sole (la dopamina inibisce

l’allungamento assiale nella miopia sperimentale [41], e l’effetto protettivo può

essere bloccato dall’antagonista della dopamina, lo spiperone [42]); l’intensità

luminosa maggiore in ambienti all’aperto (miosi pupillare, aumento della

20

profondità di campo, diminuzione dello sfocamento e rallentamento della

crescita del bulbo) [43], e una richiesta accomodativa inferiore per la visione in

lontananza [44].

Una precisa comprensione dei fattori di rischio per la miopia e la sua

progressione è necessaria per potere rendere effettive delle strategie di

prevenzione all’errore refrattivo preso in considerazione, prevedendo magari

anche durante l’orario scolastico attività all’aperto.

2.2 Lavoro prossimale ed istruzione come fattori di rischio per sviluppo

della miopia.

Già negli anni ottanta era nota la correlazione tra miopia e istruzione infatti

Taylor, da un suo studio, riporta che la miopia è presente in maggior percentuale

tra i bambini scolarizzati ed istruiti e meno prevalente tra i bambini analfabeti

[45]. Si presume che lo sforzo accomodativo durante il lavoro prossimale possa

essere un fattore causativo nello sviluppo della miopia [46].

La visione prossimale può influenzare la miopia direttamente attraverso

l’accomodazione o indirettamente a causa dei fenomeni ad essa correlati. È stato

ipotizzato un processo in tre fasi dell’uso eccessivo dell’accomodazione:

Una condizione refrattiva simile alla miopia può essere raggiunta per un

eccesso di accomodazione, come se l’accomodazione rimanesse per un

tempo superiore al normale parzialmente attiva e, alternando la visione

da vicino a lontano, la focalizzazione in distanza risulti temporaneamente

difficile;

Successivamente, questa condizione si mantiene per lungo tempo e causa

un’alterazione della condizione di accomodazione in posizione di riposo o

dell’accomodazione minima tale da essere indistinguibile dalla condizione

refrattiva non accomodata;

Infine, questo stato di accomodazione prolungata causa un’alterazione

delle strutture anatomiche tale che l’occhio diviene anatomicamente

miope [1].

21

I dati epidemiologici attuali evidenziano l’aumento apprezzabile, nelle ultime 2/3

generazioni, della prevalenza miopica in diverse aree di tutto il mondo. Poiché i

caratteri genetici delle popolazioni non possono essere cambiati

significativamente nell’arco di così poco tempo, è improbabile che fattori

genetici abbiano giocato un ruolo in questa tendenza, ed è, quindi, più probabile

che fattori ambientali abbiano influenzato la maggiore incidenza di miopia che

caratterizza queste ultime generazioni. Infatti, molti studi riportano

l’associazione tra miopia e fattori ambientali come lo status socio-economico più

elevato e raggiungimento di livelli di educazione più elevati. All’interno del

contesto del processo di miopizzazione, l’istruzione, lo status socio-economico e

l’occupazione sono considerate come variabili correlate al maggiore utilizzo della

visione da vicino. Gli studi sulla prevalenza della miopia mostrano un aumento di

essa negli abitanti di Singapore con livelli di educazione più elevati, un reddito

personale mensile maggiore e occupazione associata al lavoro prossimale [7]. Alti

livelli di miopia sono stati trovati anche nei bambini coreani provenienti da

famiglie con reddito elevato [47]. I bambini miopi sembrano avere una più forte

storia refrattiva familiare nelle famiglie con genitori più istruiti, maggiore reddito,

e come occupazione impiegati o professionali.

Diversi studi sull’effetto della lettura hanno cercato di dimostrare la diretta

relazione tra miopia e attività prossimali, ma tale relazione è molto complessa e

ancora poco compresa. Le stime dell’esposizione al lavoro prossimale sono

soggette a considerevoli errori di misura. Gli effetti stimati possono variare

dipendendo dall’unità di misura scelta, dalla definizione dell’esito, o per l’età,

etnia e circostanze sociali dei soggetti studiati. Queste discrepanze nelle

caratteristiche e nelle metodologie degli studi possono portare a risultati

discordanti. Inoltre, la diffusione della tecnologia attuale come computer,

dispositivi di gioco, cellulari e smartphone ha aggiunto un livello di complessità

maggiore alla domanda di lavoro prossimale.

Lo studio di Saw e colleghi, esaminando le refrazioni di 1204 studenti cinesi tra i

10 e i 12 anni, stima che i fattori di rischio ambientali spiegano solo l’ 11.6% della

22

varianza miopica [37]. Similmente, Mutti trova che fattori come anno scolastico,

genitori miopi e lavoro prossimale spieghino solo il 12% della varianza miopica

[17].

Nel 2001, Hepsen et al. prendono in considerazione un campione di 177 individui

divisi in due gruppi in base all’errore refrattivo di partenza: il primo gruppo

(emmetropi) composto da soggetti caratterizzati da un difetto refrattivo tra

+0.50D e -0.50D (n=78) e il secondo gruppo formato da soggetti con errore

refrattivo tra +1.00D e -1.00D (n=114). Questi due gruppi, analizzati nei tre anni

successivi dall’inizio dello studio, vengono suddivisi in due sottogruppi ciascuno

separando gli studenti di una scuola privata dagli apprendisti lavoratori

specializzati. Nel primo gruppo, dei 41 studenti, 20 subiscono un cambiamento

miopico nella refrazione (48.8%) mentre i restanti non mostrano significativi

cambiamenti; sempre nel primo gruppo su 37 apprendisti 7 mostrano un

cambiamento refrattivo verso la miopia (18.9%), 27 non mostrano alcun

cambiamento (73.0%) e 3 subiscono una variazione verso l’ipermetropia (8.1%)

(tabella IV). Nel secondo gruppo dei 67 studenti, 40 subiscono un cambiamento

verso la miopia (59.7%), 27 non mostrano cambiamenti significativi; dei 47

apprendisti, 10 (21.3%) mostrano un cambiamento refrattivo verso la miopia, 34

(72.3%) non mostrano alcun cambiamento e 3 (6.4%) subiscono un cambiamento

verso l’ipermetropia (tabella V). Dai dati si evince che la progressione miopica

risulta essere più significativa nei soggetti frequentanti la scuola privata rispetto

agli apprendisti. La maggior parte dei cambiamenti refrattivi nel primo gruppo è

stata riscontrata nei primi 18 mesi di studio. Quest’analisi non mette in evidenza

l’esatta causa della progressione; la spiegazione più ragionevole è che i 18 mesi

considerati corrispondano al primo anno per questi studenti nella loro scuola

secondaria privata e quindi ad una maggiore quantità di studio. Anche gli

apprendisti devono comunque eseguire lavori da vicino, e nei risultati si

evidenzia una significativa differenza tra i due gruppi basata principalmente sulle

ore trascorse in attività prossimali. Il cambiamento miopico in questo studio è

stato associato ad un aumento statisticamente significativo nella media della

23

profondità della camera anteriore, della profondità della camera vitrea e

conseguentemente della lunghezza assiale. In conclusione quindi da questo

studio possiamo trarre che la lettura e le attività prossimali, ovvero fattori

ambientali, possano causare un cambiamento miopico nei giovani adolescenti,

che è attribuibile alla visione prossimale sostenuta [9].

Gruppo 1 (ER ± 0.50D)

Studenti (n=41) Apprendisti (n=37)

Cambio miopico

Nessun cambio

Cambio ipermetropico

Cambio miopico

Nessun cambio

Cambio ipermetropico

20 (48.8%)

21

(51.2%)

0 7

(18.9%)

27 (73.0%)

3

(8.1%)

Gruppo 2 (ER ± 1.00D)

Studenti (n=67) Apprendisti (n=47)

Cambio miopico

Nessun cambio

Cambio ipermetropico

Cambio miopico

Nessun cambio

Cambio ipermetropico

40 (59.7%)

27 (40.3%)

0 10 (21.3%)

34 (72.3%)

3

(6.4%)

Un altro studio prende come campione bambini dai 7 ai 9 anni. Dei 1005 soggetti

l’8.1% presenta miopia di grado elevato e il 24.3% miopia lieve. I valori di

prevalenza, in generale, sono più alti nei bambini cinesi (37.0%) che nei bambini

non cinesi (19.9%) presi in considerazione. È evidente anche un’associazione

positiva tra miopia elevata e status socioeconomico considerato nei termini dei

redditi familiari più elevati e istruzione avanzata dei genitori. Inoltre, nei bambini

cinesi emerge una significativa associazione tra miopia elevata e libri letti alla

settimana, utilizzo del computer (valore due volte più alto di miopia elevata) e

lezioni di musica; e se, in particolare hanno almeno un genitore miope,

presentano l’inizio dello sviluppo miopico in età precoce. Mentre nei bambini

Tabella V. Cambiamenti refrattivi degli studenti e degli apprendisti non emmetropi,

nell’arco di 3 anni. [9]

Tabella IV. Cambiamenti refrattivi degli studenti e degli apprendisti emmetropi, nell’arco di

3 anni. [9]

24

non cinesi nessuna di queste associazioni è significativa. Inoltre i bambini che

leggono più di due libri alla settimana e che hanno almeno un genitore miopie

presentano una lunghezza assiale maggiore, che non risulta essere una relazione

statisticamente significativa, se non associata alla miopia, mettendo in evidenza

che l’associazione tra miopia e lavoro prossimale è più forte nei bambini cinesi

che in quelli non cinesi. Questo suggerisce, ancora una volta, che il lavoro

prossimale e altri fattori ambientali possano influenzare diversamente il possibile

sviluppo di errori refrattivi nei bambini cinesi rispetto ai non cinesi. Nel modello

multivariato, il fattore di rischio più forte per miopia elevata sono i libri letti alla

settimana, seguiti dall’età, dalla miopia presente o meno nei genitori e dal tipo di

scuola frequentata. Tali fattori predicono, indipendentemente, la miopia di alto

grado. Altri studi mettono in evidenza che i bambini miopi hanno maggiore

probabilità di avere genitori miopi e di provenire da famiglie con un più elevato

status economico [31] [48]. È postulato che lo status socioeconomico possa

essere un surrogato di fattori ambientali di stili di vita come i traguardi

accademici, abilità intellettive o lavoro prossimale. Il tipo di scuola è stato

associato alla miopia e può essere un surrogato di altri fattori ambientali

correlati alla miopia: intelligenza, personalità, o altri non identificati fattori di

rischio ambientali. Questo studio in qualche modo prova ulteriormente la

correlazione tra miopia e lavoro prossimale, ma non risolve il dubbio se le attività

a distanza ravvicinata siano un fattore di rischio per lo sviluppo di miopia o se sia

un surrogato di altri fattori ambientali o genetici [49].

Sempre nel 2002, Mutti nota che i bambini miopi trascorrono più tempo in

attività prossimali, per compiti scolastici e lettura di piacere, e meno in attività

sportive, paragonati agli emmetropi [17]. Le ore impiegate nella visione della TV

o nel gioco con videogame è uguale in tutti e tre i gruppi (miopi, emmetropi,

ipermetropi). I bambini emmetropi e ipermetropi si eguagliano nell’utilizzo delle

ore per le diverse attività (tabellaVI).

25

Attività Tutti i soggetti (n=366)

Miopi

(n=67)

Emmetropi

(n=271)

Ipermetropi

(n=28)

Studio 9.4 ± 5.7 11.2 ± 7.2* 8.9 ± 5.2* 9.4 ± 4.9

Lettura di piacere

4.4 ± 4.5 5.8 ± 4.8* 4.1 ± 4.6* 3.6 ± 2.9

Tv 8.3 ± 5.9 9.2 ± 6.8 8.3 ± 5.7 6.6 ± 4.5

Video-game e computer

2.3 ± 3.3 2.7 ± 4.1 2.2 ± 3.2 1.4 ± 1.8

Sport 9.3 ± 6.4 7.4 ± 6.7* 9.7 ± 6.2* 9.8 ± 7.9

I punteggi dei test di profitto (utilizzando il test Iowa Tests of Basic Skills) sono

più alti nei bambini miopi che negli emmetropi, nell’area della lettura e della

lingua, sia considerando i percentili nazionali che quelli locali. Mentre paragonati

ai bambini ipermetropi, i bambini miopi realizzano un maggior punteggio

nell’area della lettura sia percentile nazionale che locale, nella lingua nazionale,

ma non in quella locale, questa inconsistenza può dipendere dalla fonte dei

punteggi, suggerendo che l’associazione tra miopia e i risultati di lettura misurati

da ITBS possa essere debole. Una delle difficoltà nel valutare questi fattori di

rischio è la loro interconnessione, e il loro potenziale, di confondere

l’associazione con la miopia. Infatti punteggi nell’area della matematica non

mostrano differenze tra i tre gruppi, mentre punteggi più alti dei bambini miopi

in lettura e lingua sembrano essere il risultato di un comfort visivo maggiore

durante il test. Pertanto risultati simili nella parte di matematica suggeriscono

che ogni gruppo refrattivo può vedere egualmente bene il test, ma che i gruppi

possano differire in abilità specifiche nel linguaggio (tabella VII).

Tabella VI. Paragone tra le ore trascorse da soggetti miopi, emmetropi e ipermetropi per le

attività prese in considerazione in questo studio. Tra emmetropi e ipermetropi nessun paragone

è significativo. Paragoni tra miopi e emmetropi sono significativi come sottolineato nella

tabella*. I dati sono espressi come ore in media ± DS. [17].

26

ITBS subtest

Tutti i soggetti

(n=366)

Miopi

(n=67)

Emmetropi

(n=271)

Ipermetropi

(n=28)

Nazionale

Lettura 79.6 ± 23.2 82.9 ± 23.7!^ 79.2 ± 23.1! 75.3 ± 22.9^

Lingua 82.8 ± 19.0 86.6 ± 17.7!^ 82.2 ± 19.2! 790 ± 20.2^

Matematica 83.8 ± 19.8 84.1 ± 21.4 83.5 ± 20.0 86.3 ± 13.6

Locale

Lettura 53.7 ± 29.6 62.5 ± 31.0! 52.6 ± 28.9! 41.5 ± 26.6

Lingua 55.1 ± 28.8 64.2 ± 29.7!^ 53.2 ± 28.1! 52.2 ± 29.2^

Matematica 54.5 ± 28.5 57.4 ± 29.6 53.6 ± 28.4 59.7 ± 26.7

Ip studia un campione di studenti australiani di 12anni, dimostrando che le

principali attività prossimali sono lo studio e l’uso del computer, anche se ci sono

differenze nei sottogruppi per etnie, sesso e scolarizzazione [50]. Le ragazze

dedicano più tempo dei loro coetanei di sesso maschile nelle attività prossimali;

per quanto riguarda l’etnia, in totale gli studenti euro-caucasici trascorrono

meno ore in attività da vicino rispetto agli studenti dell’est asiatico. In generale

esiste solamente una debole correlazione tra equivalente sferico e lavoro

prossimale, quest’ultimo si associa debolmente anche con la lunghezza assiale e

la curvatura corneale. I bambini che riportano una lettura continuativa per lunghi

periodi di tempo tendono a sviluppare miopia, quest’attitudine però non

raggiunge una significatività statistica e non risulta neppure avere una relazione

con la lunghezza assiale tanto meno con la curvatura corneale. Trascorrere molto

tempo nella pratica di attività all’esterno, invece, tra gli studenti adolescenti di

Singapore, viene associato ad una refrazione ipermetropica più lieve. Eseguendo

il modello multivariato, le associazioni significative con la miopia risultano essere

l’etnia, il tipo di scuola, la presenza di miopia nei genitori, la lettura continuativa

per 30min o più e la distanza di lettura ravvicinata (meno di 30 cm). In

Tabella VII Paragone tra i punteggi dei test locali e nazionali, di diversi ambiti, tra i soggetti

miopi, emmetropi ipermetropi. Tra emmetropi e ipermetropi i paragoni non sono significativi. Tra

miopi e emmetropi sono significativi come sottolineato nella tabella !. Tra miopi e ipermetropi i

dati significativi sono sottolineati nella tabella^. I dati sono espressi in punteggi medi ± DS. [17].

27

conclusione, in questo studio, vengono associate alla miopia le ore trascorse

nella lettura continuata (>30 min) (debole correlazione) e la distanza ravvicinata

(correlazione significativa). [51].

A un anno dallo studio di IP, Lu prendendo in considerazione un campione di,

ragazzi con età media 14.7 anni, provenienti da un area rurale cinese, non trova

nessuna evidenza nella relazione tra maggior tempo trascorso in attività

prossimali e miopia. Trova, invece, associazione tra una minore distanza per le

attività prossimali e la miopia. L’associazione può essere interpretata in due

modi: come un’ulteriore evidenza dello sviluppo della miopia causata dal lavoro

prossimale, oppure che la distanza di lettura ridotta sia una conseguenza della

più corta lunghezza focale del sistema ottico, propria dei miopi non corretti da

lenti [52].

Anche studi su studenti universitari supportano la teoria che il lavoro prossimale

sostenuto influenzi la progressione e lo sviluppo miopico nel soggetto. Per

esempio Klinge et al. paragonano lo stato refrattivo tra gli studenti universitari in

Norvegia e la popolazione generale nei paesi della Scandinavia. La popolazione

generale mostra una prevalenza miopica significativamente più bassa (33%) nei

confronti degli studenti (47%) [53]. Oltre all’alta prevalenza di miopia tra gli

studenti universitari, i risultati di questi studi dimostrano che, mentre sono

impegnati in attività che richiedono periodi significativi di lavoro prossimale

concentrato (per esempio: 7ore alla settimana di lettura di articoli scentifici [54],

la maggior parte degli studenti (da 40% a 80%) mostra un peggioramento del

proprio errore refrattivo e diventa più miope [55] [56] [57] [58]. Basandosi su

queste investigazioni, Jiang et al. studiano un campione di studenti al primo anno

di optometria dividendoli in tre gruppi: soggetti miopi, ipermetropi ed

emmetropi. Dopo i primi nove mesi di studio l’errore refrattivo tra gli studenti

universitari miopi subisce un cambiamento significativo, per gli altri due gruppi le

variazioni refrattive non sono significative. La progressione miopica è continua

durante ogni semestre, ma cessa durante le vacanze invernali. Gli autori

confrontano anche sette diverse attività visive e il loro impiego nel primo

28

semestre e nelle vacanze invernali (lavoro in classe, lettura e scrittura, guardare

la televisione, lettura di piacere, attività all’aperto, attività all’interno e lavoro al

computer); tutte, eccetto il lavoro al computer, in numero di ore per giorno,

sono significativamente differenti tra il semestre e il periodo di vacanza. Durante

il periodo di studio gli studenti spendono 10.23 ± 2.26 ore al giorno per il lavoro

in classe, per la lettura e per la scrittura collegata allo studio accademico e per il

lavoro al computer, mentre in vacanza trascorrono solo 3.14 ± 3.37 ore al giorno

per queste attività correlate al lavoro prossimale. Al contrario per le attività quali

guardare la televisione, lettura di piacere, attività all’esterno e all’interno

durante il semestre le ore che utilizzano sono 4.15 ± 2.03 al giorno, mentre in

vacanza sono 8.56 ± 3.81 ore al giorno (tabella VIII).

Periodo dell’anno Attività prossimali legate allo studio

Attività all’aperto, ore di TV e lettura di piacere

Semestre di studio 10.23 ± 2.26 4.15 ± 2.03

Vacanze invernali/estive

3.14 ± 3.37 8.56 ± 3.81

Questi dati indicano chiaramente che la richiesta di lavoro prossimale cala

significativamente durante il periodo di vacanza. Tutto ciò conferma che il lavoro

prossimale è un importante fattore nello sviluppo miopico per gli studenti

universitari e suggerisce che la progressione miopica in questi studenti possa

essere interrotta da un semplice evento, come per esempio le vacanze [8].

Un altro aspetto da valutare come fattore dell’attività prossimale è la miopia

transiente indotta dal lavoro prossimale (nearwork-induced transient myopia,

NITM). Questo tipo di miopia si riferisce ai piccoli e momentanei cambiamenti

miopici in un punto lontano riscontrato dopo un periodo di lavoro prossimale

sostenuto. La NITM riflette un’inabilità della lente cristallina di ridurre il suo

potere appropriatamente e rapidamente, risultando in un fenomeno

Tabella VIII. Ore dedicate alle diverse attività dagli studenti nel

periodo di studio universitario e durante le vacanze estive e

invernali. I dati sono espressi in ore in media ± DS. [8].

29

effetto/isteri accomodativa. La miopia transiente può essere influenzata da vari

fattori: la durata del compito a distanza prossimale, errore refrattivo, età,

richiesta diottrica e fattori cognitivi. L’ampiezza della NITM iniziale e la durata del

decadimento sono due parametri chiave utilizzati per descrivere la risposta

accomodativa per un punto lontano dopo una mansione di lavoro prossimale

sostenuta. L’ampiezza iniziale della NITM è definita come la differenza diottrica

tra lo stato refrattivo immediato pre- e l’immediato post-compito prossimale. La

durata di decadimento rappresenta la quantità di tempo per questa risposta

accomodativa momentanea utile a ritornare ai livelli base prima del compito

prossimale.

Lin et al. nel 2012, prendono come campione bambini miopi, ipermetropi e

emmetropi di 7 anni per investigare alcuni aspetti della miopia transiente indotta

dal lavoro prossimale. Trovano che l’ampiezza della NITM iniziale è

significativamente e consistentemente più alta nel gruppo di bambini miopi

rispetto agli altri bambini ipermetropi e emmetropi (tabella IX) [59]. Risultati

simili sono stati trovati anche riguardo al tempo di decadimento considerando

tutte e tre i gruppi. Questi risultati concordano con uno studio precedente di

Wolffsohn et al. [60] che ricerca le caratteristiche della miopia transiente in 45

preadolescenti miopi ed emmetropi con età media di 7.5 anni. Viene riportato

che l’ampiezza della NITM iniziale è significativamente più elevata nei miopi

rispetto agli emmetropi; inoltre non risulta esserci una significativa riduzione

nella NITM durante l’intervallo di tre minuti dopo il compito prossimale. Questi

risultati suggeriscono che i preadolescenti miopi di Hong Kong sono più

suscettibili, rispetto ai loro compagni emmetropi, allo sfocamento indotto.

Questo è coerente con una ricerca precedente. Quest’ultima evidenzia che il 30%

dei bambini bianchi americani, tra i 4 e i 10 anni, mantengono un’elevata, e non

decaduta NITM, durante l’intervallo dei tre minuti, dopo la mansione di 5 minuti

di lavoro prossimale sostenuto eseguito binocularmente [61]. La differenza tra i

risultati riguardanti la miopia transiente sono collegati alla condizione visiva (test

eseguito monocularmente o binocularmente). Nel secondo studio viene utilizzata

30

la visione binoculare, nella quale la vergenza accomodativa indotta potrebbe

aver ridotto il generale sfocamento causato e, quindi, ridotto anche la NITM.

Anche se la NITM non è stata indotta in tutti gli studenti in ognuno dei tre gruppi

refrattivi, la più bassa porzione di NITM non indotta si trova nel gruppo dei miopi

paragonati agli emmetropi e ipermetropi. La percentuale di studenti che

esprimono l’incompleto decadimento della NITM è significativamente più alto

nei miopi rispetto ai coetanei ipermetropi e emmetropi (tabella IX). Perciò gli

occhi miopi dimostrano essere suscettibili all’errore refrattivo sia rispetto

all’ampiezza della NITM iniziale sia al tempo di decadimento di essa. Simili

risultati sono stati riportati in altri due studi, nei quali la miopia transiente è stata

testata in giovani adulti. Vera-Diaz et al. riportano che dopo 10 minuti della

mansione del lavoro prossimale in un gruppo di 13 miopi progressivi, con età tra i

18 e i 27 anni, la miopia transiente media non decade completamente ai valori

base durante l'intervallo di 2 minuti dopo il compito [62]. Più recentemente,

Vasudevan e Ciuffreda [63] testano la possibile conseguenza dell'additività della

miopia transiente e le caratteristiche del decadimento, caratteristica nei giovani

adulti miopi e emmetropi dopo due ore di lettura continuativa.

Approssimativamente il 35% dei miopi e il 33% degli emmetropi mostra un

aumento della miopia transiente con incompleto decadimento dopo la prima ora

di lettura. Queste percentuali aumentano bruscamente fino al 80% e al 60% dei

miopi e degli emmetropi, rispettivamente, dopo la seconda ora di lettura

continuativa. Questa tendenza comune tra miopi ed emmetropi trova valore

valutando cosa si intende per emmetropi, ossia soggetti con un errore refrattivo

-0.50D < ER≤ +0.50D.Le percentuali di studenti nel presente studio con

decadimento incompleto della NITM in entrambi i gruppi refrattivi, mostrano

simili tendenze agli studenti dello studio sopra citato, suggerendo che la NITM sia

un fenomeno accomodativo considerevole. Un’altra interessante scoperta dello

studio di Lin et al. è che circa il 30% degli ipermetropi mostra un decadimento

incompleto. La ragione di ciò rimane sconosciuta.

31

NITM Miopi Emmetropi Ipermetropi

Ampiezza NITM iniziale (D) 0.18 ± 0.16 0.9 ± 0.13 0.10 ± 0.19

Decadimento incompleto (%) 37.9 19.6 29.0

Tuttavia tutti gli ipermetropi presi in considerazione in questo studio sono

studenti della scuola primaria (8.4±1.1 anni di età media) con potenziale

predisposizione alla miopia, all’aumentare del livello scolastico e dell’aumento

del lavoro prossimale corrispondente. Una verifica della NITM e dell’errore

refrattivo nei seguenti due anni dovrebbe provare il cambiamento miopico

previsto precedentemente. Concludendo, l’incompleto decadimento della miopia

transiente sembra essere una caratteristica relativamente comune e un possibile

guadagno nella conoscenza della natura potenzialmente miopica nel futuro. Una

successiva valutazione di questi bambini nei prossimi 3 anni porterà alla

conoscenza del possibile ruolo della NITM nello sviluppo della miopia

permanente durante il periodo scolastico [59].

2.2.1 Lavoro prossimale e risposte accomodative e del sistema di vergenza.

Nel lavoro prossimale un aspetto fondamentale è il processo

dell’accomodazione. Le attività da vicino, infatti, richiedono l’attivazione

dell’accomodazione e del sistema di vergenza per raggiungere una chiara e

singola visione binoculare. Numerosi studi hanno dimostrato che una fissazione

prossimale sostenuta induce adattamento dell’accomodazione e dei sistemi di

vergenza. Nel 2002 M. Rosenfield studia le risposte accomodative di target a

distanza prossimale in 23 giovani (età media 23.0 anni) emmetropi, miopi e un

ipermetrope, nessuno dei soggetti presenta astigmatismo superiore alle 0.75D. I

risultati non portano ad una significativa correlazione tra il gradiente richiesta-

risposta accomodativa né della progressione miopica o, complessivamente,

cambi nell’errore refrattivo. L’unica significativa evidenza è un basso gradiente

stimolo-responso accomodativo nei miopi stabili. Anche se il periodo di

Tabella IX. Valori della miopia transiente indotta dal lavoro prossimale nei bambini

miopi, emmetropi e ipermetropi. I valori dell’ampiezza iniziale di NITM sono espressi in

diottrie in media ± DS [59].

32

sperimentazione è relativamente breve, questi risultati suggeriscono che prima

dello sviluppo della miopia non si verificano cambiamenti nel gradiente. Quando

vengono presentati i marcatori prossimali, convergenti, d’induzione dello

sfocamento per l’accomodazione, si evidenzia che ogni variazione che si verifica

nel gradiente stimolo-responso possa essere in funzione dell’essere miope,

piuttosto che rappresentare uno stimolo per un possibile sviluppo di un errore

refrattivo. Emerge anche che lo sviluppo della miopia non è associato a un

aumento del lag accomodativo. Infatti, i soggetti che mostrano una elevata

progressione miopica hanno più piccoli lag di accomodazione. Di nuovo, questo

sta ad indicare che il cambiamento della risposta accomodativa è influenzato

dalla miopia. In conclusione dai dati di questo studio possiamo dedurre che

quando tutti i marcatori per l’accomodazione vengono presentati, l’ampiezza

dell’errore accomodativo è indipendente dallo sviluppo dell’errore refrattivo. I

dati non supportano, quindi, la proposta che lo sviluppo della miopia in giovani

adulti sia accompagnata da una risposta accomodativa ridotta durante il lavoro

prossimale [64].

Un altro studio indaga, in un periodo 12 mesi, se le anomalie accomodative sono

collegate all’errore refrattivo, all’età di inizio della miopia o alla progressione

della miopia, misurando un’ampia gamma di funzioni accomodative, in soggetti

miopi e non miopi, per determinare se esistano differenze tra i due gruppi.

Esamina anche la correlazione tra le varie funzioni accomodative per vedere se

queste sono co-dipendenti, e, mediante un modello a regressione multipla per

vedere se le funzioni accomodative sono influenzate dalla progressione della

miopia. Emerge una correlazione significativamente positiva tra l’errore

refrattivo e l’ampiezza accomodativa, accomodazione attraverso foro stenopeico

e il lag accomodativo binoculare a 33 cm. I non miopi mostrano in media delle

ampiezze accomodative significativamente più elevate dei miopi. Le due migliori

funzioni accomodative indipendenti che fungono da predittori della progressione

miopica sono il lag binoculare di accomodazione in distanza prossimale (33cm) e

la facilità accomodativa monoculare prossimale (tabella X).

33

Soggetti Facilità accomodativa (risposta positiva)

(cicli/minuto)

Ampiezza accomodativa

(D)

Monoculare Binoculare

Miopi 2.53 ± 3.21 2.17 ± 1.08 8.12 ± 0.96

Emmetropi 1.86 ± 0.96 1.77 ± 0.81 8.88 ± 1.01

Tali risultati sono in accordo con studi passati che dimostrano un aumento del lag

accomodativo negli individui con miopia progressiva. Il tempo di risposta positiva

nella facilità accomodativa è più lungo nei partecipanti che diventano più miopi. I

ritardi nell’ottenere l’immagine a fuoco, quando cambia la fissazione da lontano

a vicino, possono portare a brevi periodi di defocus ipermetropico. Se questo

defocus retinico si accumula in aggiunta al defocus che si presenta durante

l’esecuzione del test, allora possono verificarsi periodi considerevoli di defocus. Il

defocus accumulato dovrebbe essere massimo nelle persone che trascorrono più

tempo durante il giorno cambiando continuamente punti di fissazione, per

esempio tra la lettura e un punto visuale più distante, come succede all’interno

della classe agli studenti. Si conferma quindi che il lag accomodativo è un

significante predittore di progressione miopica. Riassumendo, le due funzioni

accomodative chiave, che differenziano gli individui con un errore refrattivo

stabile e individui che mostrano un aumento di esso verso la miopia, sono la

facilità accomodativa e il lag accomodativo [65].

Nel 2006 Harb et al., prendendo in considerazione un campione di adulti miopi

ed emmetropi non trovano nessuna differenza statisticamente rilevante tra i lag

accomodativi dei due gruppi, anche dopo un periodo di 2-3 min di lettura

prossimale sostenuta. I miopi adulti mostrano una maggiore variabilità della

risposta accomodativa, durante periodi estesi di lettura in termini sia della

deviazione standard della risposta accomodativa sia del potere delle

microfluttuazioni accomodative. In conclusione in questo ricerca emerge che nei

soggetti adulti con miopia stabile, la media dell’ampiezza accomodativa della

Tabella X. Valori delle funzioni accomodative significativamente diverse tra i soggetti miopi

e emmetropi. I dati della facilità accomodativa sono espressi in media dei cicli al minuto ±

DS. I dati dell’ampiezza accomodativa sono espressi in media delle diottrie ± DS. [65].

34

risposta, durante un periodo esteso di lettura, è virtualmente identico a quello

degli adulti emmetropi. Tuttavia, trovano più variabilità accomodativa nei miopi,

concordemente con l’ipotesi che i miopi siano meno sensibili al defocus. Inoltre

le piccole fluttuazioni nella risposta accomodativa può essere individualmente

troppo piccole per stimolare la crescita del bulbo oculare e l’integrazione nel

tempo delle fluttuazioni durante periodi di lettura sostenuta possa essere

sufficiente per produrre un segnale sfocato che induce miopia [46].

Similmente, nel 2008 Langaas et al. non trovano nessuna differenza nel lag

accomodativo tra i giovani miopi e quelli non miopi, mentre, tra i due gruppi

emergono differenze significative nella variabilità della risposta accomodativa.

Quest’ultima aumenta all’aumentare del grado di miopia. Il gruppo di bambini

emmetropi mostra un aumento lineare nella variabilità della risposta

accomodativa con l’aumento della domanda dei target; invece i bambini miopi

dimostrano di avere un’ampia variabilità nella risposta accomodativa al target di

0.25D, nessun aumento nella variabilità al target da 2D e un più grande aumento,

e un più grande aumento al target da 4D, rispetto al gruppo emmetrope [66]. Lo

stesso pattern della variabilità della risposta accomodativa viene seguito da

soggetti adulti emmetropi e miopi presi in considerazione nello studio di Day et

al., in particolare il modello di variabilità degli adulti con miopia tardiva è simile a

quello dei bambini con miopia precoce, questo porta a supportare un ruolo di un

aumento della variabilità della risposta accomodativa nell’eziologia di entrambe

le miopie: precoce e tardiva [67],poiché l’aumento di essa risulta in un’immagine

retinica sfuocata quando viene integrata nel tempo. Questo potrebbe causare il

fallimento nell’emmetropizzazione producendo un significativo allungamento del

bulbo oculare [68]. Tuttavia, è possibile anche che l’aumento della variabilità sia

prodotto dalla miopia come dimostrato per il lag accomodativo sia nella miopia

sia tardiva sia in quella precoce [69] [70].

35

3. Fattori genetici: la miopia come malattia multifattoriale.

3.1 Breve introduzione ai concetti chiave della genetica di malattie

complesse.

3.1.1 Genotipo e fenotipo.

Il genotipo di un individuo può essere definito come l’insieme delle

caratteristiche genetiche di un individuo. Un gene è definibile come una regione

del genoma (locus ovvero una sequenza di DNA) che codifica per un prodotto

proteico o per un RNA funzionale. Sequenze diverse del gene, le varianti

alleliche, loci allelici o alleli, possono essere osservate in diversi individui di una

specia. Le varianti alleliche possono determinare differenze nel fenotipo (dal

greco phainein, che significa "apparire", e týpos, che significa "impronta"). Un

carattere ereditario, ovvero una caratteristica osservabile del fenotipo di un

individuo, può essere ereditato nelle generazioni in modo Mendeliano o in modo

più complesso. Un carattere determinato da un singolo gene si dice Mendeliano

(monogenico), mentre se è dipendente da più geni si dice poligenico. Un tratto

poligenico riflette l’attività di più di un gene. I caratteri Mendeliani possono

essere riconosciuti dalle tipiche modalità di trasmissione negli alberi genealogici.

Un esempio delle modalità di trasmissione dei caratteri mendeliani negli alberi

genealogici può essere la malattia Huntington che è una patologia a ereditarietà

autosomica dominante.

Figura 4. Albero

genealogico

della malattia di

Huntington.

(http://upload.wi

kimedia.org/wiki

pedia/commons/

thumb/e/e0/Auto

somal_Dominant

_Pedigree_Char

t2.svg/513px-

Autosomal_Dom

inant_Pedigree_

Chart2.svg.png).

36

L’albero genealogico mostrato in figura 4 illustra il modello di ereditarietà della

malattia: ogni discendente di un individuo affetto avrà un rischio del 50% di

ereditare l'allele mutante e quindi di essere colpito dalla malattia. Questa

probabilità è indipendente dal sesso e il fenotipo “non salta” generazioni.

La maggior parte dei caratteri determinati geneticamente nell’uomo non si

comporta in modo mendeliano poiché controllata da più loci genici. I caratteri

poligenici comprendono caratteri determinati da due o pochi geni con un effetto

importante (oligenici) e caratteri sotto il controllo di numerosi geni diversi,

ciascuno dei quali contribuisce al fenotipo in modo più o meno decisivo. Sia i

caratteri monogenici sia quelli poligenici possono anche essere multifattoriali,

ovverosia influenzati anche dall’ambiente. I caratteri poligenici non influenzati

dall’ambiente si dicono poligenici puri e sono molto rari: ad esempio, il colore

degli occhi è vicino a essere puramente poligenico. La maggior parte dei caratteri

comuni come l’altezza, il colore della pelle, il peso corporeo sono caratteri

poligenici multifattoriali. La predisposizione alla maggior parte delle malattie più

diffuse, quali cancro, diabete e malattie mentali, così come alcune tendenze

comportamentali hanno ereditarietà multifattoriale. Nel caso dei caratteri

multifattoriali, la relazione tra genotipo e ambiente può essere molto complessa,

e il contributo al fenotipo di un singolo allele di un gene è più difficile da

identificare e prevedere, a causa delle azioni combinate degli altri geni e

dell’ambiente. Una condizione poligenica multifattoriale può riflettere i

contributi additivi di diversi geni. Come già accennato, ogni gene conferisce un

certo grado di suscettibilità, ma l’influenza di diversi geni non è necessariamente

di ugual peso. Inoltre gli effetti di più geni possono non essere semplicemente

additivi, ma prevedere delle sinergie più complesse.

I caratteri monogenici sono qualitativi o discreti, e spesso forniscono un fenotipo

“tutto o niente”, così come “normale” rispetto ad “affetto”. Per un tratto

poligenico, l’azione combinata di molti geni produce spesso una “variazione

continua” del fenotipo, che viene indicato anche come carattere quantitativo. In

alcuni casi, la presenza del fenotipo qualitativo (ad es. labiopalatoschisi, “labbro

37

leporino” o palato normale) è probabilmente dovuta ad un effetto soglia, oltre il

quale si manifesta il fenotipo. Le sequenze di DNA che contribuiscono ai caratteri

poligenici sono chiamate loci di caratteri quantitativi o continui, o QTL (da

Quantitative Trait Locus). Se un carattere mostra una variazione continua

generalmente è anche poligenico. In altre parole, è la componente multigenica

del carattere che contribuisce alla variazione continua del fenotipo. Presi

singolarmente, i geni che conferiscono un carattere poligenico a un individuo

seguono le leggi di Mendel ma, nel loro insieme, non producono rapporti

fenotipici tipici di un singolo gene. Essi sono tutti fattori che contribuiscono al

fenotipo, senza che relazioni di dominanza e recessività tra i diversi alleli di

ciascun gene siano facilmente riconoscibili. Alcuni geni contribuiscono più di altri

ad un carattere poligenico. Considerando un singolo gene, diversi alleli possono

inoltre avere effetti diversi sul fenotipo a seconda di come modificano

esattamente una proteina codificata, le caratteristiche funzionali o l’espressione

di questa.

Il tipo di variabilità riscontrata nella popolazione differenzia in modo sostanziale i

caratteri quantitativi da quelli qualitativi: mentre i fenotipi di caratteri

mendeliani possono essere facilmente raggruppati in classi distinte sulla base di

un solo criterio di discriminazione (variabilità discontinua), nel caso di caratteri

quantitativi ciò non è possibile perché fenotipi si distribuiscono entro un certo

ambito di valori-limite senza soluzione di continuità (variabilità continua), tanto

che l’osservatore è costretto ad utilizzare criteri arbitrari di discriminazione per

procedere alla classificazione. La maggior parte delle misure di caratteri

quantitativi presenta distribuzioni rapportabili a Gaussiane, per cui possono

essere descritte usando i parametri tipici delle distribuzioni normali.

I caratteri quantitativi presentano, dunque, una variabilità continua, tuttavia alla

base di questa variabilità sta la variabilità discontinua generata dalla

segregazione di ogni singolo locus. Aumentando il numero di loci aumenta anche

il valore di classi genotipiche. Le differenze di valore fenotipico tra le diverse

classi diminuiscono con l’aumentare del numero di loci implicati nella

38

determinazione del carattere. Inoltre, la variabilità dovuta a cause non genetiche

ma ambientali contribuisce ad annullare eventuali discontinuità tra i fenotipi

associati ai diversi genotipi (combinazione di alleli in diversi geni), rendendo

spesso molto difficile l’analisi dei determinanti genetici dei caratteri quantitativi

[71].

3.1.2 Valore fenotipico.

La misura del carattere quantitativo viene definita “valore fenotipico”. Esso è

determinato dall’azione di due componenti: il genotipo (G), che rappresenta un

particolare assortimento di geni posseduto da un individuo; l’ambiente (E) che è

l’insieme delle circostanze non-genetiche in grado di influenzare l’espressione

del carattere. Le due componenti, allora, possono agire additivamente nel senso

che l’espressione fenotipica è la somma del genotipo e delle deviazioni casuali

che l’ambiente esercita sul carattere in esame. L’Equazione fondamentale della

genetica quantitativa è pertanto:

in cui P: il fenotipo; G: valore genotipico; E: deviazione che l’ambiente esercita

sull’espressione del carattere.

Poiché le deviazioni ambientali calcolate su tutta la popolazione animale sono

distribuite normalmente e, in quanto casuali, la loro somma è zero, la media del

valore fenotipico in una popolazione è uguale alla media del valore genotipico; in

altri termini per una popolazione animale abbastanza numerosa, il fenotipo

medio è uguale al genotipo medio e quindi (P = G).

µ : media delle condizioni ambientali comuni al gruppo di animali cui l’individuo i

appartiene;

Gi: il valore genotipico dell’individuo i;

Ei: rappresenta l’insieme degli effetti ambientali (E = environment) che hanno

influenzato il fenotipo dell’animale [72]. Assumendo per semplicità che non vi

39

siano interazioni genotipo/ambiente la quota di origine genetica della varianza

fenotipica osservata in una popolazione, viene definita ereditabilità (h2):

Il valore h2 può variare da 0 a 1; il valore h2 sarà ovviamente tanto maggiore

quanto più rilevante sarà la varianza di origine genetica rispetto alla varianza

fenotipica globale. Quando h2=1, il carattere è determinato geneticamente in

modo stretto e non presenta variabilità dovuta a effetti ambientali. Dall’altra

parte, se le differenze tra gli ambienti cui gli individui sono esposti tendono a

zero (ad es. in un allevamento di animali in condizioni standard e controllate)

l’ereditabilità dei caratteri sarà massima. L’ereditabilità stima la percentuale di

variazione fenotipica per un carattere particolare che è dovuta a differenze

genetiche di una certa popolazione in un determinato momento. Pur essendo le

stime di ereditabilità estremamente utili esse non possono avere valore assoluto,

ma al massimo valore relativo alla popolazione e all’ambiente in cui lo studio è

stato condotto.

3.1.3 Penetranza e espressività.

Per penetranza s’intende la frequenza con cui individui di un dato genotipo

manifestano il carattere a livello fenotipico. Teoricamente un carattere con

eredità dominante dovrebbe manifestarsi in tutti gli individui nel cui genotipo è

presente l’allele dominante in questione. Al contrario in alcune malattie

ereditarie si nota una penetranza incompleta o ridotta. La causa di tale

fenomeno può essere ricercata in un effetto “ambientale”, ma più spesso deve

essere attribuita allo sfondo genetico, costituito dai molti geni ancora ignoti che,

con le loro varianti, possono influire positivamente o negativamente sulla

manifestazione del genotipo nel fenotipo.

L’espressività si riferisce al grado con cui un dato genotipo si manifesta a livello

fenotipico. Si distinguono caratteri con espressività costante, qualora la

manifestazione sia molto simile in tutti gli individui che mostrano il carattere, e

40

caratteri con espressività variabile se invece esiste una forte variabilità nella

manifestazione.

3.1.4 Malattie complesse e studi familiari.

Per poter analizzare i fattori genetici coinvolti nelle malattie complesse comuni è

necessario stabilire i criteri tramite i quali le persone possono essere classificate

come affette o non affette. Nel caso di sindromi mendeliane è abbastanza ovvio

stabilire quali caratteristiche di un paziente facciano parte della sindrome e quali

invece siano solo delle coincidenze. Nel caso di malattie non mendeliane, invece,

le cose sono definite molto meno chiaramente. Una volta stabiliti dei criteri

chiari diagnostici per una malattia complessa, è necessario verificare se la

genetica abbia un qualche ruolo nell’eziologia della malattia. Sotto quest’ipotesi

maggiore è la quota di DNA che due persone hanno in comune, più alta

dovrebbe essere la probabilità che queste due persone condividano anche il

fenotipo in questione. La strada più ovvia per affrontare questo problema è

quella di dimostrare che il carattere si trasmetta all’interno di famiglie e questo

comporta studi di familiarità, oppure sui gemelli e su individui adottati.

Il grado con cui una malattia si riscontra e ricorre nelle famiglie può essere

espresso dal rapporto di rischio (R) ovvero il rischio che un familiare (R) di un

probando malato ha di presentare la malattia, in confronto al rischio nella

popolazione generale. Un rischio di 1 indica che non vi è alcun rischio aggiuntivo

oltre a quello che caratterizza la popolazione; valori di R superiori a 1 mostrano

la ricorrenza familiare della malattia. Il rischio dipende dal grado di parentela con

il probando e generalmente i valori tendono a 1 per i parenti più lontani del

malato, come nipoti e cugini.

Non bisogna dimenticare che le persone forniscono ai loro figli anche l’ambiente,

oltre che ai geni. Molti caratteri si manifestano all’interno delle famiglie in

quanto i membri della famiglia condividono lo stesso ambiente. Ci si dovrebbe

sempre chiedere se la condivisione dello stesso ambiente può essere la ragione

di familiarità di un carattere. Questa considerazione diventa ancora più

41

importante nel caso di caratteristiche comportamentali, come il cosiddetto

quoziente d’intelligenza (QI) o per le malattie mentali.

L’analisi della segregazione è uno strumento statistico per analizzare

l’ereditarietà di qualsiasi carattere, può fornire prove a favore o contro il

coinvolgimento di un locus principale di suscettibilità e permette, almeno in

parte, di definirne le proprietà. I risultati di questo tipo di analisi possono essere

utili per indirizzare studi futuri di linkage o di associazione. Gli studi di linkage

analizzano i soggetti appartenenti alla stessa famiglia, gemelli omozigoti ed

eterozigoti basandosi sul concetto “identity by descent”. Altri studi si avvalgono

di soggetti adottati con genitori biologici ed adottivi inclusi nello studio.

Un approccio diverso e molto in voga è utilizzato dagli studi di associazione.

Questi si basano sul concetto di “identity by status” ovvero sul fatto che individui

non imparentati di una popolazione possano condividere alcune caratteristiche

genotipiche in quanto condividono gli stessi alleli nel gene o nei geni che

determinano il fenotipo (figura 5).

Figura 5. Le analisi di linkage testano la co-segregazione degli alleli all’interno

dei membri della stessa famiglia mentre le analisi per associazione ricercano le

differenze nelle frequenze alleliche tra individui non imparentati affetti e non

affetti [180].

42

3.2 I componenti oculari refrattivi, in particolare LA, sono caratteri

geneticamente determinati?

La refrazione è dovuta alla coordinazione di componenti oculari biometrici come

la lunghezza assiale, la profondità della camera anteriore, la curvatura corneale e

lo spessore della lente (figura 6). La lunghezza assiale (LA) è considerata come la

maggiore determinante dell’errore refrattivo. L’ereditabilità della LA è stimata in

un intervallo tra il 40 e il 94% [12]. La miopia e gli altri errori refrattivi sono le

conseguenze di una disarmonia errata dei componenti e strutture oculari.

In uno studio longitudinale Sorsby [73] raccolse i dati refrattivi di 68 bambini di

età tra i 3 e gli 8 anni alle loro prime visite e li rivalutò la seconda volta dopo 6.5

anni in media. I bambini vennero suddivisi in due gruppi: nel primo emerse uno

sviluppo normale o vicino all’emmetropia; mentre il secondo mostrò segni di

miopia. Nel primo gruppo si evidenziò uno stabile decremento di ipermetropia

(media di 0.09D per anno) nei 6.5 anni e un aumento della lunghezza assiale

(media= 0.14mm per anno). Nel secondo gruppo invece, si verifica un maggiore

decremento di ipermetropia (media=0.38D per anno) e un maggiore incremento

della lunghezza assiale (media=0.24D per anno) che risulta essere quasi il doppio

rispetto al primo gruppo. Molti altri studi riportano la correlazione tra LA e

miopia, ovvero tanto maggiore la lunghezza assiale tanto maggiori sono la

Figura 6. Illustrazione della

lunghezza assiale LA. PCA=

profondità della camera

anteriore; SL= spessore della

lente; PCV= profondità della

camera vitrea.

43

severità e il grado della miopia. Un aumento di 1mm di LA senza altre

compensazioni è equivalente ad un cambiamento miopico di -2 o -2.5D.

La lunghezza assiale viene analizzata come fattore poligenico e come un tratto

quantitativo. La previsione di tale parametro per poter anticipare un possibile

sviluppo di miopia, si ha solamente nei 2-4 anni che precedono l’inizio dell’errore

refrattivo in questione. Si nota infatti che LA raggiunge il suo valore di maggior

variazione nell’anno precedente al principio della miopia, mentre le variazioni

successive all’esordio della miopia sono più limitate [74].

Diverse evidenze supportano la forte componente genetica nella determinazione

di LA. Bambini con genitori miopi presentano un LA più lungo rispetto ai bambini

che non hanno genitori miopi [75]. Molti studi, che hanno analizzato la

componente genetica della miopia e della LA, hanno fornito stime

dell’ereditabilità dell’errore refrattivo notevolmente variabili. Le variazioni

derivano dai diversi gradi di parentela, considerate tra i soggetti, ovvero i valori

risultano differenti negli studi tra gemelli e quelli tra genitore e figlio. La varianza

di LA causata da fattori ambientali risulta essere solo del 6% circa contrastando

quella della miopia tra il 14% e il 33% (tabella XI) [10] [76].

Tratto Ereditabilità Studio

Gemelli Fratelli Nuclei familiari

LA 0.88 0.73 0.75 [11]

Miopia 0.82 0.50 0.21 [10]

Uno studio, con campione dei bambini cinesi di età tra i 5 e i 16 anni, rivela che la

lunghezza assiale è maggiore nei bambini con due genitori miopi (media

23.65mm) seguita da quella dei bambini con un solo genitore miope (media

23.51mm) e, infine, la lunghezza assiale dei bambini con nessuno dei due genitori

miope (media 23.47mm). I bambini con due genitori miopi tendono ad avere

anche la camera vitrea più profonda, mentre i valori della camera anteriore e

dello spessore della lente sono simili tra i bambini con le diverse storie familiari.

Tabella XI. Ereditabilità paragonata tra LA (lunghezza assiale) e

miopia.

44

Nel sottogruppo di bambini pre-miopi, quelli che non hanno nessuno dei due

genitori miope hanno LA più lungo (media=23.15 mm), ma una minore crescita

(media=0.20 mm per anno) rispetto sia ai bambini con due genitori miopi

(media=23.11 mm e crescita media di 0.37 mm per anno) che a quelli con un solo

genitore miope (media=23.07 mm e crescita media di 0.26 mm per anno) (tabella

XII).

Genitore/i miope/i (num.)

LA in mm Crescita annuale in mm

Nessuno 23.15 0.20

Uno 23.07 0.37

Due 23.11 0.25

In conclusione, in questo studio la storia refrattiva familiare mostra avere una

correlazione positiva con la lunghezza assiale e il suo cambiamento nei bambini

non miopi, in quanto bambini pre-miopi con due genitori miopi mostrano avere

una maggiore crescita annua della lunghezza assiale rispetto agli altri bambini

[14].

Diversi studi su gemelli supportano l’importanza della componente genetica

nell’errore refrattivo e nel determinare la LA. Ne è esempio lo studio di Dirani e

colleghi del 2008, in cui gemelli di entrambi i sessi vengono esaminati per

determinare in quale proporzione l’associazione tra LA e miopia sia dovuta a

fattori genetici o fattori ambientali. Si evidenzia che, come già visto in

precedenza, il 50% della varianza dell’equivalente sferico è spiegato dalla forte

correlazione negativa tra errore refrattivo e LA [77] [78] [79] [80]. Questo

suggerisce che LA sia uno dei maggiori determinanti dell’errore refrattivo.

L’ereditabilità stimata dell’equivalente sferico risulta essere del 75%-88%, e

concorda con studi precedenti [81]. Viene anche evidenziata una forte base

genetica della LA, confermando studi precedenti di gemelli [82] [83] [84]. In

conclusione da questo studio emerge che una grande proporzione della relazione

Tabella XII. Confronto tra il numero di genitori miopi e la lunghezza

assiale, con relativa crescita annuale. LA e crescita annuale sono

dati espressi in media. [92]

45

tra equivalente sferico e lunghezza assiale è spiegata da effetti genetici per

entrambi i sessi, mentre in piccola parte sembra essere dovuta da fattori

ambientali unici [76].

3.3 Ricorrenza familiare degli errori refrattivi e loro ereditabilità.

Il contributo dei determinanti genetici nello sviluppo della miopia e degli errori

refrattivi è stato ipotizzato da oltre un secolo grazie ad osservazioni riguardanti

numerosi studi su gemelli. L’evidenza del ruolo della genetica nello sviluppo delle

miopia è emerso anche negli studi su soggetti appartenenti alla stessa famiglia.

Sebbene il fattore ereditarietà sia ormai noto essere importante nella refrazione

oculare, l’ambiente e il comportamento giocano un ruolo di rilievo nello sviluppo

refrattivo anche se le dinamiche non sono ancora chiare. Nel tentativo di

determinare il ruolo di fattori genetici nello sviluppo della miopia Pacella et al.

nel 1999 esaminano la genealogia di 43 soggetti con miopia giovanile,

utilizzando i dati raccolti da un campione di soggetti giovani, partecipanti ad uno

studio longitudinale durato 24 anni. Ne emerge che avere due genitori miopi è il

fattore predittivo per lo sviluppo della miopia nel periodo scolastico, fornendo

l’evidenza di una componente genetica nell’eziologia della miopia. Inoltre, si può

evidenziare che livelli moderati di miopia giovanile possono essere ereditati

come un fattore complesso, che coinvolge fattori sia genetici sia ambientali.

Queste scoperte sono in accordo con le evidenze emerse in “The Orinda

longitudinal study of myopia” [85]: i fattori genetici giocano un ruolo

nell’eziologia della miopia, anche se i fattori ambientali sono comunque

importanti. E’ possibile che, essendo un tratto complesso, la suscettibilità alla

miopia possa essere dovuta a più di un gene. I geni possono predisporre un

individuo alla miopia e fattori ambientali, quali lavoro prossimale, possono

attivare l’espressione di tale condizione. Il risultato del 30% di bambini con

nessuno dei due genitori miopi che effettivamente diventa miope per l’età di 15

anni è in contrasto con l’ipotesi che la miopia segua le leggi classiche mendeliane

di ereditabilità, ovvero una modalità di trasmissione autosomica dominante.

46

Infatti con questa modalità di trasmissione ci si aspetterebbe che i soggetti di

ogni generazione fossero affetti. I risultati di questo studio non mostrano tale

schema e anche i dati dell’analisi genealogica sono inconsistenti con il modello di

ereditarietà autosomica dominante con penetranza completa. Tutti questi

risultati sulla natura genetica della miopia sono largamente empirici [13].

Studi sull’ereditabilità, basati sullo studio di gemelli ed individui della stessa

famiglia, hanno riportato una stima in percentuale di ereditabilità elevata,

variabile tra il 50% e il 90%. Infatti attraverso l’utilizzo di essi può essere

dimostrato che gemelli identici o monozigoti (MZ), i quali condividono il 100% dei

loro geni, presentano stati refrattivi più simili paragonati ai gemelli non identici o

dizigoti (DZ), che condividono fino al 50% dei loro geni. In questo modo si può

stimare la relativa importanza dei fattori genetici e ambientali paragonando

gemelli MZ con gemelli DZ per la concordanza della malattia per tratti qualitativi

o per la correlazione per tratti quantitativi. I gemelli sono descritti come

concordanti se entrambi mostrano il tratto identico, e discordanti se solo uno dei

due mostra il carattere. Una concordanza per un carattere che sia

significativamente maggiore nei gemelli MZ che nei gemelli DZ è una prova della

base genetica per quel tratto. Bisogna notare che gli studi basati sui classici

modelli sui gemelli hanno un potenziale errore verso il “trovare effetti genetici”

in quanto il modello assume che la correlazione degli effetti ambientali condivisa

all’interno della coppia di gemelli non dipenda dal tipo di gemelli, e

conseguentemente ogni eccessiva correlazione in gemelli MZ paragonata a

quella dei gemelli DZ è attribuita solo a fattori genetici e non a fattori ambientali

condivisi dai gemelli MZ come quelli relativi alla vita in utero. Questo problema

può risultare in una sovrastima del contributo genetico nella variazione

dell’equivalente sferico come in altri tratti oculari biometrici (LA, curvatura

corneale e la profondità della camera anteriore). Un altro studio sui gemelli

prende come campione 226 coppie di gemelle monozigoti e 280 coppie di

gemelle con un età media di 62.4 e 62.1 anni per MZ e DZ rispettivamente; è

emerso che l’effetto additivo genetico è responsabile del 86% della variazione

47

dell’equivalente sferico. Il fattore genetico sembra dare il contributo maggiore

nella variabilità degli errori refrattivi nella popolazione [86].

Molti studi confermano che genitori miopi tendono ad avere figli miopi. La

prevalenza di miopia nei bambini con due genitori miopi è del 30- 40%,

diminuendo nei bambini con un genitore miope ( 20-25%) e meno del 10% nei

bambini con nessuno dei due genitori miope [87] [88] [89]. Nello studio di Wu,

del ’99, vengono analizzati soggetti della stessa famiglia appartenenti a tre

generazioni diverse (bambino= 3^generazione, genitore= 2^ generazione e

nonno= 1^ generazione); tutte e tre le generazioni vengono suddivise in due

sottogruppi: miopi (≥-1.00D) e non miopi. La percentuale di miopia è 5.8%, 20.8%

e 26.2% nella prima, seconda e terza generazione rispettivamente (tabella XIII).

Generazione Miopia in %

Bambino (3^) 26.2

Genitore (2^) 20.8

Nonno (1^) 5.8

Si nota che la probabilità di essere miope nella terza generazione e sei volte più

alta rispetto alle altre due generazioni. In generale nella terza generazione la

probabilità di diventare miope aumenta con l’aumentare del numero di genitori

miopi. Nella seconda generazione si nota lo stesso meccanismo anche se i valori

risultano più bassi rispetto a quelli della terza generazione. Queste grandi

differenze nei valori devono essere dovute a fattori ambientali e non a fattori

genetici, in quanto non sarebbe possibile un cambiamento così veloce in così

poco tempo nella componente genetica dell’errore refrattivo. Questo studio

sottolinea la maggiore possibilità di sviluppare miopia se entrambi i genitori sono

miopi rispetto a bambini con un solo genitore miope o con nessun genitore

miope. Ne risulta anche che la miopia debba essere considerata come un tratto

poligenico multifattoriale nel quale l’input genetico è rimasto più o meno lo

stesso nelle tre generazioni, mentre è aumentata l’influenza ambientale dallo

Tabella XIII. Confronto tra le percentuali di

soggetti miopi tra tre generazioni. [90].

48

zero nella prima generazione ad un livello molto significativo nella terza

generazione, con la seconda generazione come via di mezzo [90].

Uno studio più recente indaga la relazione tra la storia dei genitori e la miopia

giovanile precoce, in bambini che sono diventati miopi e bambini che rimangono

non miopi durante la durata dello studio (dal I al VIII anno di scuola). Nei bambini

rimasti non miopi il 48% ha la madre miope, mentre nei bambini che hanno

sviluppato la miopia la percentuale di madri miopi è 69%; risultati simili si

ottengono considerando i padri miopi e non. Il numero dei genitori miopi, quindi,

è fortemente associato al possibile sviluppo futuro della miopia del figlio. Infatti

tra i bambini rimasti non miopi solo il 21% ha due genitori miopi, mentre nel

gruppo dei bambini che hanno sviluppato la miopia il 45% ha due genitori miopi.

Paragonato con il gruppo di riferimento (bambini con nessuno dei due genitori

miopi) i valori di probabilità per la futura miopia dei bambini con uno e due

genitori miopi sono significativi. Un altro aspetto su cui vanno ad indagare è se la

storia refrattiva dei genitori e le ore spese a praticare sport all’esterno sono in

qualche modo relazionabili tra di loro. Il risultato è che meno ore di sport o

attività all’esterno aumentano la probabilità di sviluppare miopia nei bambini con

due genitori miopi, rispetto ai bambini con uno o nessuno dei genitori miope. La

probabilità di diventare miopi per i bambini con nessuno dei due genitori miopi,

paragonata con quella dei bambini con uno o due genitori miopi, appare più

bassa nei bambini con la più alta quantità di ore trascorse praticando sport e

attività all’aperto. Da questo studio si può concludere che la storia refrattiva dei

genitori è un importante predittore nel possibile sviluppo di miopia del figlio, con

un effetto accentuato considerando come altra variabile le ore di sport o di

attività all’aperto per settimana [3].

Un altro esempio dell’importanza della storia refrattiva dei genitori rispetto

all’errore refrattivo del figlio, si ha in uno studio tra australiani di 12 anni da cui

emerge che i giovani con due genitori miopi hanno il più alto grado negativo di

errore refrattivo e la più lunga lunghezza assiale(aggiustando per fattori

ambientali e demografici) [91]. Un altro studio svolto su giovani cinesi di 5-16

49

anni residenti a Hong Kong concorda con i risultati descritti nel precedente

studio, ma, diversamente dai bambini australiani, evidenzia che storia refrattiva

dei genitori non è significativamente associata con una maggiore velocità di

crescita oculare e cambiamento miopico nel tempo [92]. Anche se una maggiore

severità della miopia del genitore aumenta il rischio di sviluppare miopia nel

figlio, l’impatto della miopia del genitore sulla miopia elevata nei bambini rimane

ancora indeterminato. Da tutti questi studi si evince che la probabilità in un

bambino di sviluppare miopia aumenta all’aumentare del numero dei genitori

miopi. Ciò sottolinea, dunque, la forte componente genetica nell’errore

refrattivo.

3.4 Geni candidati per la miopia.

La scoperta dei possibili geni implicati in malattie complesse come la miopia che

risultano da una componente sia genetica che ambientale si è dimostrata

difficile. Un approccio di studio è quello della Systems Genetics, utilizzato per

comprendere il flusso delle informazioni biologiche che determinano i tratti

complessi. Gli studi che hanno utilizzato questo tipo di metodo hanno fornito la

prima visione globale dell’architettura molecolare sottostante a caratteri

complessi e sono utili per l’identificazione dei geni, delle pathway e i network che

stanno alla base di malattie umane comuni. L’identificazione dei geni e delle

varianti genetiche responsabili di molte malattie monogeniche Mendeliane come

la fibrosi cistica, la malattia di Huntington e l’emocromatosi è stata ottenuta con

successo già da alcuni anni. Gli studi volti a identificare i geni coinvolti negli

errori refrattivi hanno utilizzato prevalentemente approcci di associazione

genetica. Un esempio sono gli studi di associazione genica a vasto raggio

(Genome-wide association studies, GWASs) che hanno identificato migliaia loci

genici che contribuiscono alle malattie umane comuni. L’ampia maggioranza dei

loci identificati per le malattie comuni mostrano degli effetti modesti che

potrebbero essere difficili da riprodurre. Questo spiega la limitata

sovrapposizione tra i risultati di studi diversi. Anche se questa tipologia di studio

50

può essere una potente metodologia per scoprire le possibili cause della miopia,

gli studi di associazione hanno diversi limiti. In questo tipo di studio possono

risultare dei falsi positivi che non sono replicati in studi successivi oppure risultati

veritieri possono non essere replicati in studi successivi a causa di assetti

sperimentali meno potenti o a causa di eterogeneità della popolazione presa

come campione negli studi seguenti. I risultati degli studi di associazione devono

essere replicati in ulteriori studi su distinte etnie prima che un gene possa essere

definitivamente considerato associato, positivamente o negativamente, con la

miopia. I geni candidati sono stati scelti, in questi studi, per la loro posizione

fisica in regioni cromosomiche conosciute per la miopia, grazie alla loro funzione

biologica conosciuta o in base al pattern di espressione del gene.

Negli ultimi anni, molti studi hanno riportato numerosi possibili geni implicati

nello sviluppo della miopia. Una relazione positiva sembra essere stata

riscontrata nei geni coinvolti nella crescita della matrice extracellulare e vie di

segnale coinvolte nel rimodellamento della matrice. Tra questi sono inclusi geni

che codificano per diversi costituenti extracellulari comprendendo:

collagene (COL2A1, COL1A1);

fattori di crescita transformanti (TGFB1, TGFB2, TGIF1);

hepatocyte growth factor (HGF) e i suoi recettori (cMET);

insuline-like growth factor (IGF1);

metalloproteinasi della matrice (MMP1, MMP2, MMP3, MMP9) e

proteoglicano lumicano (LUM).

Il 90% della sclera nei mammiferi è costituita dalla relazione tra i prodotti di

questi geni e il collagene. Questi risultati sottolineano fortemente che la base

genetica dell’errore refrattivo umano è parzialmente spiegata dalle variazioni

genetiche che colpiscono direttamente la composizione della matrice

extracellulare nel tessuto sclerale, portando a differenti valori di ingrandimento

oculare e di suscettibilità alla miopia. La maggior parte dei possibili geni implicati

nella miopia fino a ora identificati riguarda la miopia elevata. Almeno due di

51

questi geni (HGF, hepatocyte growth factor e COL2A1,collagen, type II, alpha 1)

hanno mostrato una correlazione anche con i gradi più lievi di miopia.

Verhoeven, nel 2013, pubblica una meta-analisi internazionale utilizzando i dati

degli equivalenti sferici di più di 45000 partecipanti, dei quali 37382 individui da

27 popolazioni di discendenza europea, e 8376 individui da cinque popolazioni di

discendenza asiatica. In tutti i partecipanti allo studio sono stati identificati 26

loci significativi, includendo 15 regioni cromosomiche già identificate in studi

precedenti. I geni identificati sono coinvolti:

nella neurotrasmissione ( GRIA4),

nel trasporto degli ioni (KCNQ5, CD55, CHNRG),

nel metabolismo dell’acido retinoico ( RDH5, RORB, CYP26A1),

nel rimodellamento della matrice extracellulare (LAMA2, BMP2) e

nello sviluppo dell’occhio (SIX4, PRSS56, CHD7).

Nonostante queste scoperte, così come per la maggior parte delle malattie

complesse, le associazioni significative spiegano solo il 3-4% della varianza [16].

Nello stesso anno, Kiefer compie un più ampio studio di associazione genomica

usufruendo dei dati raccolti dal progetto commerciale per la ricerca di parenti

basata su DNA 23andMe. Con quasi 26000 casi di miopia e 20000 casi controllo,

identifica 22 loci associati significativi [15]. La somiglianza dei risultati, di due

differenti studi che hanno utilizzato metodologie completamente diverse, è

degna di nota: dei 22 loci scoperti da Verhoeven, 14 sono stati replicati da Kiefer

e quelle regioni non confermate hanno una suggestiva associazione in altri studi.

Come già discusso, negli ultimi anni sono stati condotti numerosi studi sui

determinanti ereditari della miopia, ciascuno dei quali ha evidenziato in maniera

più o meno chiara il possibile coinvolgimento di uno o più geni. In questo

elaborato si è cercato di svolgere una ricerca per quanto possibile esaustiva dei

risultati pubblicati e, sulla base di questi, di raccogliere e riportare un gruppo di

geni verosimilmente associati allo sviluppo e alla progressione della miopia e la

sua progressione, abbiamo raccolto una lista di nomi e simboli di possibili geni

implicati nello sviluppo di tutti i gradi di miopia. Gli 82 geni riportati in almeno

52

uno degli studi presi in considerazione, sono elencati nella tabella XIV. Per

ciascun gene si riporta il codice “gene symbol” ufficiale secondo l’ HGNC (Human

Gene Nomenclature Consortium) e il “gene name” che rappresenta una breve

descrizione delle caratteristiche e della funzione del gene.

GENI IMPLICATI NELLA MIOPIA

Gene Symbol

Gene Name References

ADORA2A adenosine A2a receptor [93]

ANTXR2 anthrax toxin receptor 2 [94]

B4GALNT2 beta-1,4-N-acetyl-galactosaminyl transferase 2 [95]

BICC1 BicC family RNA binding protein 1 [96]

BMP2 bone morphogenetic protein 2 [97] [16]

BMP2K BMP2 inducible kinase [98]

BMP3 bone morphogenetic protein 3 [99]

BMP4 bone morphogenetic protein 4 [100]

C1QTNF9B C1q and tumor necrosis factor related protein 9B [101]

C1QTNF9B-

AS1

C1QTNF9B antisense RNA 1 [101]

CD55 CD55 molecule, decay accelerating factor for

complement

[16]

CHD7 chromodomain helicase DNA binding protein 7 [16]

CHNRG Cholinergic receptor, nicotinic, gamma (muscle) [16]

CHRM1 Cholinergic receptor, muscarinic 1 [102] [103]

CHRM2 Cholinergic receptor, muscarinic 2 [59]

CHRM3 Cholinergic receptor, muscarinic 3 [59]

CHRM4 Cholinergic receptor, muscarinic 4 [59]

cMET mesenchymal-epithelial transition factor [104] [105] [106]

COL1A1 collagen 1A1 [107] [108] [109]

COL2A1 collagen2A1 [108] [110]

CRYBA4 crystallin, beta A4 [111]

CTNND2 catenin (cadherin-associated protein), delta 2 [112] [113] [114]

CYP26A1 cytochrome P450, family 26, subfamily A,

polypeptide 1

[16]

DLG2 discs, large homolog 2 (Drosophila) [15]

DLX1 distal-less homeobox 1 [115]

EHBP1L1 EH domain binding protein 1-like 1 [15]

FMOD Fibromodulin [116] [117]

53

GJD2 gap junction protein, delta 2, 36kDa [118]

GPR25 G protein-coupled receptor 25 [15]

GRIA4 glutamate receptor, ionotropic, AMPA 4 [16]

GRM6 glutamate receptor, metabotropic 6 [119]

HGF hepatocyte growth factor (hepapoietin A; scatter

factor)

[120] [121] [104]

[122] [123]

HLA-DQB1 major histocompatibility complex, class II, DQ beta

1

[124] [125]

IGF1 insulin-like growth factor 1 (somatomedin C) [126]

KCNMA1 potassium large conductance calcium-activated

channel, subfamily M, alpha member 1

[15]

KCNQ5 potassium voltage-gated channel, KQT-like

subfamily, member 5

[16]

LAMA1 Laminin, alpha 1 [127]

LAMA2 laminin, alpha 2 [16]

LEPREL1 leprecan-like 1 [128]

LRFN5 leucine rich repeat and fibronectin type III domain

containing 5

[15]

LRRC4C leucine rich repeat containing 4C [15]

LUM LUM [129] [121] [103]

[130] [102] [117]

LYPLAL1 lysophospholipase-like 1 [131]

MFRP membrane frizzled-related protein [132]

MIPEP mitochondrial intermediate peptidase [101]

MMP1 matrix metalloproteinase [133]

MMP2 matrix metalloproteinase [133]

MMP3 matrix metalloproteinase [109] [134]

MMP9 matrix metalloproteinase [134]

MYO1D myosin ID [134]

MYOC myocilin, trabecular meshwork inducible

glucocorticoid response

[135] [136] [137]

[138]

NPLOC4 nuclear protein localization 4 homolog (S.

cerevisiae)

[139]

NYX Nyctalopin [140]

OPTC opticin [117]

PABPCP2 poly(A) binding protein, cytoplasmic 1 pseudogene

2

[15]

PAX6 Paired box 6 [110] [141] [142]

[143] [144] [145]

54

[146] [147] [148]

PDE11A phosphodiesterase 11A [15]

PRELP proline/arginine-rich end leucine-rich repeat

protein

[117]

PRSS56 protease, serine, 56 [16]

PZP pregnancy-zone protein [149]

QKI QKI, KH domain containing, RNA binding

RASGRF1 Ras protein-specific guanine nucleotide-releasing

factor 1

[150]

RBFOX1 RNA binding protein, fox-1 homolog (C. elegans) 1 [151]

RDH5 retinol dehydrogenase 5 (11-cis/9-cis) [16]

RGR retinal G protein coupled receptor [152]

RORB RAR-related orphan receptor B [16]

SERPINI2 serpin peptidase inhibitor, clade I (pancpin),

member 2

[153]

SETMAR SET domain and mariner transposase fusion gene [15]

SFRP1 secreted frizzled-related protein 1 [154]

SHISA6 shisa family member 6 [15]

SIX4 sine oculis-related homeobox 4 [16]

SLC30A10 solute carrier family 30, member 10 [131]

TCF7L2 transcription factor 7-like 2 (T-cell specific, HMG-

box)

[155]

TGFB1 Trasforming growth factor, beta 1 [156] [157] [121]

[158] [157] [158]

[159]

TGFB2 Trasforming growth factor, beta 2 [116]

TJP2 tight junction protein 2 [15]

UMODL1 uromodulin-like 1 [160]

VDR vitamin D (1,25- dihydroxyvitamin D3) receptor [161]

ZBTB38 zinc finger and BTB domain containing 38 [15]

ZC3H11B zinc finger CCCH-type containing 11B

pseudogene

[131]

ZIC2 zinc finger protein of the cerebellum 2 [162]

ZNF644 zinc finger protein 644 [163] [164]

A partire da questo gruppo di geni raccolto in letteratura, per questo elaborato

sono state condotte anche alcune analisi originali per ottenere una migliore

Tabella XIV. Lista dei possibili geni candidati nella miopia.

55

interpretazione del significato funzionale dei geni rappresentati nel loro insieme

e per superare il livello di granularità relativo al singolo gene, con il fine ultimo di

caratterizzare i possibili elementi funzionali di circuiti regolativi o di interazione

proteina-proteina che vedono rappresentati più geni implicati nella miopia.

I geni non agiscono infatti in isolamento: il prodotto o i prodotti genici, le

proteine (o gli RNA funzionali), esplicano le loro funzioni all’interno di complessi

molecolari più grandi, comprendenti diverse proteine, oppure fanno parte di vie

biosintetiche o regolative che vedono la partecipazione di molti elementi

codificati da geni diversi. L’espressione dei geni è inoltre regolata da RNA e

proteine prodotti da altri geni.

Le funzioni geniche sono codificate in diversi database.

La Gene Ontology [165]riporta, per molti geni, le Funzioni Molecolari (MF), i

Processi Biologici in cui sono coinvolti (BP) e le Componenti Cellulari di cui fanno

parte (CC).

Il database KEGG [166] è il più completo database di mappe che ricapitolano

vie biosintetiche e vie regolative che modellizzano le interazioni tra geni e

prodotti genici in diversi contesti biologici. Entrambi i database utilizzano

linguaggi controllati e organizzati in gerarchie ordinate e “machine readable”.

Una branca della biologia moderna detta Systems Biology, utilizza metodi

mutuati dalle scienze esatte, come la matematica e la fisica, per la ricostruzione

e l’analisi di reti (grafi in cui i nodi rappresentano i geni e gli archi delle relazioni)

in grado di ricapitolare diversi tipi di relazioni tra geni e prodotti genici e

modellizzare, in ultima analisi, il funzionamento dei sistemi biologici. Dopo aver

raccolto la lista di geni implicati nella miopia abbiamo eseguito un’analisi di

arricchimento funzionale con un webtool chiamato David. Quest'analisi

considera le funzioni note dei geni nel loro insieme e va a ricercare ontologie

arricchite nel gruppo specifico di geni associati alla miopia, rispetto a quanto

atteso, considerando la numerosità dei geni per funzione, in tutto il genoma

umano (background gene set). Il webtool David utilizza il Gene Ontology, un

progetto bioinformatico atto ad unificare la descrizione delle caratteristiche dei

56

geni in tutte le specie. Infatti la mancanza di una terminologia universale

standard nel campo della biologia e i domini correlati, rende la comunicazione e

la condivisione dei dati più difficile. Il progetto Gene Ontology fornisce una

ontologia di termini definiti, che descrivono le funzioni dei geni in maniera

organizzata mappando la conoscenza su una struttura ad albero basata su un

dizionario controllato, che rappresenta le proprietà dei prodotti dei geni.

L'ontologia è suddivisa in tre ambiti:

Cellular component (CC): le parti di una cellula o dal suo ambiente

extracellulare;

Molecular function (MF): le attività elementari di un prodotto genico a

livello molecolare, come legante o catalisi;

Biological process (BP): le operazioni o complessi di eventi molecolari con

un inizio e una fine definiti, pertinenti al funzionamento di unità viventi

integrate: cellule, tessuti, organi e organismi.

Ogni termine GO all'interno dell’ontologia ha una nomenclatura precisa, che può

essere una parola o una stringa di parole, un identificativo alfanumerico univoco,

una definizione con le fonti citate, e un namespace che indica il dominio cui

appartiene.

Dei nostri 82 geni, 5 non sono ritrovati nel database di David, che ne annota

quindi 77. Per ciascuna delle tre ontologie, viene eseguito un test di

arricchimento, che identifica i termini funzionali (GO terms) significativamente

arricchiti nel gruppo di geni considerati rispetto all’ipotesi nulla, basata su un

gruppo di geni scelti a caso nel genoma umano. Per ogni test viene calcolato un

p-value, quest’ultimo viene poi corretto per i test multipli, ottenendo un valore

FDR (False Discovery Rate) [167]. Nella nostra piccola ricerca abbiamo

considerato significativamente arricchiti i termini con FDR<0.05. Come esempio

dalla tabella prendiamo il processo biologico della percezione sensoriale dello

stimolo luminoso (GO:0050953). Con questo termine sono associati 12 geni della

nostra lista (GJD2, LUM, GRM6, PAX6, RORB, COL2A1, COL1A1, RGR, MFRP,

CRYBA4, RDH5, NYX). Il termine risulta significativamente arricchito nella lista

57

(FDR = 4,55 E-06), in quanto osserviamo 12 geni su 77 associati al termine

funzionale, 12,1 volte di più di quanto atteso per caso, cioè scegliendo 77 geni

dal genoma umano in modo casuale. Gli stessi geni trovati nella percezione

sensoriale dello stimolo luminoso li troviamo anche nella percezione visuale. Nei

processi biologici quali il processo del sistema neurologico e la cognizione oltre

ad altri geni sono presenti anche quelli sopra citati, eccetto per il COL1A1 (tabella

XV). Anche gli arricchimenti in termini riguardanti GO CC e GO MF sono

interessanti, rispettivamente in quanto risultano arricchiti termini riguardanti la

matrice extracellulare, struttura importante per l'istologia dell'occhio e termini

relativi alla funzione dei recettori muscarinici dell'acetilcolina accoppiati e

proteine G. Da notare che, tra questi, il gene CHRM3 codifica per un recettore

che controlla la contrazione del muscolo liscio e risulta coinvolto

nell'accomodamento [168].

Un’analisi simile ci ha permesso di cercare le mappe KEGG significativamente

arricchite nei geni considerati. L’unica KEGG pathway arricchita dove ritroviamo

12 geni presenti nella lista iniziale, con FDR < 0.05 è quella che descrive tutta una

serie di processi regolativi fondamentali alterati in diversi tipi di tumori e

caratteristici delle cellule tumorali (tabella XVI).

58

Category Term Gene Count

Genes Fold Enrichment respectively to the background

P Value enrichment

FDR enrichment

Fu

nzio

ni

gen

ich

e a

rric

ch

ite

(G

en

e O

nto

log

y)

GO

TE

RM

_B

P_

FA

T

GO:0050877~neurological system process

22

GJD2, KCNMA1, ADORA2A, LUM, CTNND2, PAX6, RORB, COL2A1, GRIA4, MFRP, TGFB1, RDH5, KCNQ5, CHD7, RASGRF1, CHRM1, GRM6, QKI, COL1A1, RGR, CRYBA4, NYX

4,0 3,01E-08 4,94E-05

GO:0050890~cognition 16

GJD2, ADORA2A, LUM, CTNND2, PAX6, RORB, COL2A1, MFRP, RDH5, CHD7, RASGRF1, GRM6, COL1A1, RGR, CRYBA4, NYX

3,8 8,68E-06 0,014258715

GO:0001501~skeletal system development

14 BMP4, BMP3, BMP2, MMP9, IGF1, COL2A1, SIX4, MMP2, TGFB1, PRELP, VDR, DLX1, CHD7, COL1A1

9,6 1,30E-09 2,13E-06

GO:0050953~sensory perception of light stimulus

12 GJD2, LUM, GRM6, PAX6, RORB, COL2A1, COL1A1, RGR, MFRP, CRYBA4, RDH5, NYX

12,1 2,77E-09 4,55E-06

GO:0007601~visual perception 12 GJD2, LUM, GRM6, PAX6, RORB, COL2A1, COL1A1, RGR, MFRP, CRYBA4, RDH5, NYX

12,1 2,77E-09 4,55E-06

GO:0007423~sensory organ development

10 KCNMA1, BMP4, CHD7, PAX6, RORB, COL2A1, SIX4, CRYBA4, TGFB1, TGFB2

9,5 7,87E-07 0,001292714

GO:0043009~chordate embryonic development

10 BMP4, DLX1, CHD7, SFRP1, PAX6, COL2A1, SIX4, COL1A1, TCF7L2, ZIC2

6,6 1,59E-05 0,026185382

GO:0009792~embryonic development ending in birth or egg

hatching 10 BMP4, DLX1, CHD7, SFRP1, PAX6, COL2A1,

SIX4, COL1A1, TCF7L2, ZIC2

6,5 1,71E-05 0,028131546

GO:0040012~regulation of locomotion

9 LAMA2, LAMA1, ADORA2A, MMP9, CHRM1, PAX6, IGF1, TGFB1, TGFB2

10,2 2,20E-06 0,00361623

GO:0051240~positive regulation of multicellular organismal process

9 BMP4, LAMA2, BMP2, CHD7, CHRM3, ADORA2A, GRIA4, TGFB1, TGFB2

8,0 1,29E-05 0,021164107

59

Category Term Gene Count

Genes Fold Enrichment respectively to the background

P Value enrichment

FDR enrichment

GO:0001503~ossification 8 BMP4, BMP3, BMP2, IGF1, COL2A1, COL1A1, MMP2, TGFB1

15,2 7,97E-07 0,001309102

GO:0060348~bone development 8 BMP4, BMP3, BMP2, IGF1, COL2A1, COL1A1, MMP2, TGFB1

14,2 1,26E-06 0,002063499

GO:0042476~odontogenesis 6 BMP4, DLX1, BMP2, COL1A1, TGFB1, TGFB2 24,2 4,21E-06 0,006913815

GO:0030278~regulation of ossification

6 BMP4, BMP2, SFRP1, BMP2K, TGFB1, TGFB2

16,8 2,59E-05 0,04247923

GO:0032963~collagen metabolic process

5 MMP9, COL1A1, MMP3, MMP2, MMP1

39,0 7,06E-06 0,011599992

GO:0044259~multicellular organismal macromolecule

metabolic process 5

MMP9, COL1A1, MMP3, MMP2, MMP1

35,2 1,07E-05 0,017646462

GO:0044236~multicellular organismal metabolic process

5

MMP9, COL1A1, MMP3, MMP2, MMP1

29,5 2,21E-05 0,03629544

GO:0007213~muscarinic acetylcholine receptor signaling

pathway 4

CHRM4, CHRM3, CHRM2, CHRM1

79,3 1,40E-05 0,023035012

GO

TE

RM

_C

C_

FA

T

GO:0005576~extracellular region 28

FMOD, PZP, MMP9, LUM, COL2A1, MMP3, MMP2, TGFB1, MFRP, MMP1, TGFB2, MYOC, NYX, BMP4, OPTC, BMP3, BMP2, IGF1, HGF, PRELP, SERPINI2, LAMA2, LAMA1, C1QTNF9B, UMODL1, SFRP1, ANTXR2, COL1A1

2,8 1,70E-07 2,03E-04

GO:0044421~extracellular region part

22

OPTC, BMP4, FMOD, BMP3, BMP2, PZP, MMP9, LUM, IGF1, COL2A1, MMP3, MMP2, MMP1, TGFB1, PRELP, TGFB2, LAMA2, LAMA1, SFRP1, COL1A1, MYOC, NYX

4,6 1,87E-09 2,23E-06

GO:0031012~extracellular matrix 16 BMP4, OPTC, FMOD, MMP9, LUM, COL2A1, MMP3, MMP2, MMP1, TGFB1, PRELP, TGFB2, LAMA2, LAMA1, COL1A1, NYX

9,4 6,40E-11 7,64E-08

60

Category Term Gene Count

Genes Fold Enrichment respectively to the background

P Value enrichment

FDR enrichment

GO:0005578~proteinaceous extracellular matrix

15 BMP4, OPTC, FMOD, LUM, MMP9, COL2A1, MMP3, MMP2, MMP1, TGFB1, PRELP, LAMA2, LAMA1, COL1A1, NYX

9,5 2,82E-10 3,36E-07

GO:0043005~neuron projection 10 KCNMA1, CHRM4, CHRM3, ADORA2A, CHRM2, RASGRF1, CHRM1, GRIA4, TGFB1, TGFB2

5,9 3,68E-05 0,043889317

GO:0030424~axon 9 KCNMA1, CHRM4, CHRM3, ADORA2A, CHRM2, CHRM1, GRIA4, TGFB1, TGFB2

11,5 9,19E-07 0,001097657

GO:0045211~postsynaptic membrane

8 KCNMA1, CHRM4, CHRM3, ADORA2A, CHRM2, CHRM1, GRIA4, DLG2

12,0 3,80E-06 0,004540728

GO:0033267~axon part 7 KCNMA1, CHRM4, CHRM3, ADORA2A, CHRM2, CHRM1, GRIA4

26,3 2,19E-07 2,62E-04

GO:0043679~nerve terminal 6 KCNMA1, CHRM4, CHRM3, CHRM2, CHRM1, GRIA4

32,9 8,81E-07 0,001052485

GO:0032279~asymmetric synapse 5 CHRM4, CHRM3, ADORA2A, CHRM2, CHRM1

112,7 6,21E-08 7,41E-05

GO

TE

RM

_M

F_

FA

T

GO:0016907~G-protein coupled acetylcholine receptor activity

4

CHRM4, CHRM3, CHRM2, CHRM1

164,9 1,03E-06 0,001283589

GO:0004981~muscarinic acetylcholine receptor activity

4

CHRM4, CHRM3, CHRM2, CHRM1

164,9 1,03E-06 0,001283589

Tabella XV. Nella tabella sono riportati i termini divisi nei tre ambiti delle tre ontologie. Per ogni termine sono espressi: il numero dei geni della lista trovati

in quel particolare processo biologico, componente cellulare e funzione molecolare; i nomi dei geni; l’arricchimento rispetto al background; il p-value e il

valore FDR. Quest’ultimo indica la significatività statistica dell’arricchimento osservato.

61

KEGG PATHWAY Gene Count Genes Fold

Enrichment P Value FDR

hsa05200 Pathways in

cancer 12

BMP4, LAMA2, LAMA1, BMP2, MMP9, IGF1, HGF, TCF7L2, MMP2, MMP1, TGFB1, TGFB2

5,3 5.08E-06 0,0051

Tabella XVI. Per il termine pathways in cancer sono riportati il numero dei geni, della lista iniziale, trovati; il nome dei geni; il p-value e il valore FDR per

l’arricchimento osservato.

62

Figura 7. In questa

pathway KEGG

intitolata “Pathways

in cancer” sono

mostrati i geni noti

per essere coinvolti

nello sviluppo dei

tumori e le relazioni

tra geni e prodotti

genici. I 12 geni,

mostrati con una

stellina a fianco al

nome, sono presenti

anche nella lista di

geni implicati per la

miopia. La pathway

risulta

significativamente

arricchita in geni

collegati alla miopia,

molti dei quali hanno

importanti ruoli

regolativi in processi

fisiologici che sono

alterati nei tumori.

63

A partire dalla lista dei geni abbiamo costruito una rete con il programma String

(http://string-db.org/), che mette in evidenza le relazioni tra i prodotti dei geni in

base a diversi tipi di evidenze sperimentali e di dati di conoscenza e letteratura.

Noi abbiamo cercato le coppie di geni che potessero essere collegati in base a

evidenze di:

co-espressione genica;

interazioni proteina-proteina;

co-rappresentazioni dei nomi dei geni in database di conoscenza e in

letteratura.

In questo modo abbiamo ottenuto una rete che collega 41 su 77 (53.24%) dei

geni considerati e ne descrive le relazioni. Nella figura 8 sono rappresentati tutti i

geni con le possibili interazioni tra di essi, in questa immagine sono raffigurati

anche i geni che non mostrano avere relazioni di nessun tipo con un altro gene

presente nella lista. Poi abbiamo eliminato i nodi della rete non connessi e

abbiamo calcolato gli arricchimenti funzionali usando solo i 41 geni della

componente connessa della rete, quindi abbiamo ricalcolato la rete String

mostrando gli archi che collegano i nodi con spessore proporzionale al peso delle

evidenze sperimentali che supportano le interazioni (Figura 9).

64

Legenda

Interazione proteina-proteina sperimentalmente dimostrata

Geni co-espressi quindi potenzialmente e funzionalmente correlati

Gruppo di interazioni proteina-proteina da database

Gruppo interazioni proteina-proteina estratti dagli abstract scientifici

Omologia delle proteine

Figura 8. Evidenzia la presenza/ assenza di legami dei geni candidati per essere

implicati nella miopia e i prodotti genici corrispondenti. Ogni nodo rappresenta un gene e

in particolare la principale proteina codificata. Gli archi che connettono coppie di nodi

mostrano relazioni funzionali note. Con i diversi colori si identificano diversi tipi di

relazioni tra i nodi, come spiegato dalla legenda.

65

Figura 9. Rete di interazioni proteina-proteina supportate sperimentalmente, del

sottoinsieme dei geni implicati nello sviluppo e nella progressione della miopia che

risultano connessi ad almeno un altro gene in base alle analisi con il programma String.

Lo spessore degli archi è direttamente proporzionale al peso delle informazioni

disponibili riguardo a ciascuna interazione.

66

4. Conclusione: fattori ambientali e genetici interagiscono in modo

complesso.

Nell’elaborato abbiamo dimostrato, grazie a vari studi presi in considerazione,

che la refrazione è un fenotipo complesso influenzato sia da fattori ambientali sia

da fattori genetici.

Numerose evidenze, da modelli di miopia sperimentale e studi epidemiologici,

hanno dimostrato che l’esposizione ambientale gioca un ruolo cruciale nella

crescita oculare e lo sviluppo refrattivo. Il preciso meccanismo biologico

attraverso il quale i fattori ambientali influenzano la refrazione umana è,

tuttavia, ancora tema di discussione. È probabile che variabili esogene

interagiscano con fattori ereditabili al fine di modulare la crescita del bulbo

oculare durante lo sviluppo dell’occhio. L’evidenza a favore di un ruolo della

predisposizione genetica nello sviluppo refrattivo è anch’essa convincente.

Diversi studi di linkage hanno mappato circa 20 loci per la miopia elevata e per la

miopia moderata considerando la refrazione come un tratto quantitativo. Gli

studi di associazione genetica hanno identificato delle varianti in almeno 25 geni

presumibilmente coinvolti nella refrazione oculare. In ogni caso, solo poche

associazioni positive sono state replicate in maniera convincente da campioni

indipendenti. Gli studi di associazione Genome-wide che sono in corso al

momento, aiuteranno a scoprire nuove variabili coinvolte negli errori refrattivi,

facendo chiarezza sulla relazione tra le variabili conosciute di suscettibilità per la

miopia, e di offrire una maggiore conoscenza nel meccanismo complesso che sta

alla base dello sviluppo refrattivo.

Per sviluppare l’immagine completa dell’epidemiologia dell’errore refrattivo

bisognerà considerare sia i fattori ambientali che quelli genetici.

Nello studio di Mutti e colleghi, del 2002 [17], la più importante associazione,

potenzialmente contradditoria, è tra il lavoro prossimale e l’errore refrattivo dei

genitori. Forse i genitori miopi hanno figli miopi solo perché hanno trasmesso

loro un “ambiente miope” caratterizzato da richieste di lavoro prossimale

intense. Le variabili sono state valutate in un modello di regressione multivariato.

67

L’associazione tra miopia e numero di genitori miopi, lavoro prossimale in

diottrie-ore per settimana, il numero di ore trascorse in attività sportive per

settimana, e i risultati locali del ITBS (Iowa tests of basic skilles) per la lettura

sono stati aggiustati per gli effetti di ogni altro fattore in questo modello.

Nonostante la loro correlazione, i fattori di rischio hanno un effetto lievemente

contradditorio nell’associazione con la miopia. Questo suggerisce che

l’associazione tra la miopia dei bambini e quella dei genitori possa essere dovuta

all’ereditarietà piuttosto che a maggiori richieste di lavoro prossimale in bambini

miopi con genitori miopi. Il lavoro prossimale sembra avere un’associazione

indipendente con la miopia che non viene spiegata da attitudini accademiche

maggiori nei miopi o miopia nei genitori. Similmente, i miopi riescono ad

ottenere punteggi più alti nei test di lettura indipendentemente dalla quantità di

tempo che dedicano alle attività prossimali.

L’ipotesi di ereditabilità della suscettibilità al lavoro prossimale può essere

valutata statisticamente testando se sia presente un’interazione significativa tra

lavoro prossimale e la storia refrattiva dei genitori. Se l’ipotesi fosse vera, gli

odds ratio associati al lavoro prossimale dovrebbero essere molto più elevati nei

bambini con due genitori miopi e i valori più bassi nei bambini con nessuno dei

due genitori miopi. In questo studio livelli ottenuti non corrispondono alle

aspettative, quindi, non trovano evidenze che supportino la teoria che

l’ereditabilità sia importante solo perché i genitori miopi hanno figli che

trascorrono più tempo in attività prossimali. Bambini con genitori non miopi

dedicano lo stesso tempo, dei bambini con genitori miopi, allo svolgimento di

attività prossimali. In conclusione sia il lavoro prossimale che i genitori miopi

sono associati alla miopia ritrovata nei bambini, l’ereditabilità dell’errore

refrattivo però rimane un fattore più importante nello sviluppo e progressione

miopica. Non emergono evidenze a supporto né della teoria che i bambini con

miopia somiglino ai genitori poiché svolgono più attività prossimali né che essi

possano ereditare una suscettibilità all’ambiente.

68

Fino ad oggi, la maggior parte degli studi hanno indagato separatamente sui

fattori ambientali e genetici della la miopia. Rimane ancora da delucidare se

esistano interazioni tra i segni genetici e l’esposizione ambientale sul rischio della

miopia. Nello studio di Fan [18], si esamina se il livello di istruzione modifichi

l’associazione tra i polimorfismi a singolo nucleotide (SNPs), recentemente

scoperti, e l’errore refrattivo, utilizzando i dati da cinque studi di coorte basati

sulla popolazione di Singapore. I partecipanti allo studio sono cinesi, malesiani e

indiani con un età tra i 30 e i 55 anni. In questo studio, le interazioni più

promettenti tra SNPs e l’educazione sono state individuate su tre loci genetici

(SHISA6-DNAH9, GJD2, ZMAT4-SFRP1). Modelli di interazioni simili sono stati

osservati anche per la lunghezza assiale e la miopia. Di questi tre loci genetici

GJD2 è stato identificato come il primo gene consistente per la suscettibilità della

miopia. La sua importanza è stata scoperta per la prima volta in uno studio di

associazione genome-wide su soggetti europei al marker genetico rs634990

[118], seguito da diverse replicazioni in plurimi studi [168] [169] [170]. I geni

all’interno o vicini ai loci SHISA6-DNAH9 e ZMAT4-SFRP1 sono connessi al

processo della trasduzione del segnale nella retina e quindi probabilmente

coinvolti nello sviluppo degli errori refrattivi. I geni DNAH9, SFRP1 e GJD2

giocano un ruolo cruciale nella retina mantenendo le funzioni dei fotorecettori

[171], determinando la degenerazione delle cellule dei fotorecettori [172] o

abilitando la trasduzione molecolare tra queste cellule neuronali [118]. Gli alleli,

che aumentano il rischio della miopia (varianti di SNPs: rs524952 in GJD2,

rs2969180 in SHISA6-DNAH9 e rs2137227 in ZMAT4-SFRP1) mostrano una

significativa associazione con tale errore refrattivo negli individui con un’elevata

istruzione (25% del campione preso in considerazione). Questo suggerisce che

l’influenza dei geni sulla suscettibilità della miopia può essere altamente

dipendente da fattori ambientali presenti. Inoltre gli alleli di rischio in questo

studio hanno una minore o nulla influenza sul cambiamento miopico negli

individui con un’istruzione minore. Possiamo supporre quindi che la

predisposizione genetica alla miopia possa essere latente o soppressa con una

69

minore esposizione ad un ambiente miope, che viene associato in questo caso al

livello di istruzione. Al contrario, è possibile che un’esposizione maggiore ad un

ambiente protettivo, come l’attività prossimale, possa colpire differentemente gli

individui che maggiormente sono predisposti geneticamente allo sviluppo della

miopia paragonati a quelli con un minor rischio. La chiave determinante del

potere statistico negli studi che prendono in considerazione l’interazione

ambiente-genetica sono:

le dimensioni del campione,

la rilevanza dell’interazione,

la frequenza allelica,

la forza dell’associazione per i principali effetti e

la soglia significativa.

Riassumendo, da questo studio si evince che il livello di educazione influenza

l’associazione tra i tre recenti loci individuati e l’errore refrattivo. L’effetto

genetico di questi tre loci in una refrazione miopica è significativamente più

elevato all’interno del gruppo di soggetti con un’istruzione elevata rispetto a

quelli con un’educazione minore. Queste scoperte sottolineano l’importanza del

ruolo dell’interazione ambiente-genetica nello sviluppo della miopia.

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