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UNIVERSIT ` A DEGLI STUDI DI FIRENZE Facolt ` a di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali corso di laurea in Fisica Elena Vigiani La fase di Berry tesi di laurea triennale Relatore: Dott. Giulio Pettini anno accademico 2007/2008

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UNIVERSITA DEGLI STUDI DI FIRENZE

Facolta di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

corso di laurea in Fisica

Elena Vigiani

La fase di Berry

tesi di laurea triennale

Relatore: Dott. Giulio Pettini

anno accademico 2007/2008

Indice

Introduzione 1

1 La fase di Berry 2

1.1 Lo spazio dei parametri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.2 L’approssimazione adiabatica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31.3 Il fattore di fase di Berry . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51.4 Proprietà geometriche e gauge-invarianza del fattore di Berry . . . . . . . . . . . 51.5 Analogia formale con l’elettromagnetismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

2 Particella con spin in campo magnetico ruotante 10

2.1 L’Hamiltoniana d’interazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102.2 Soluzione in approssimazione adiabatica e calcolo della fase di Berry . . . . . . . 122.3 Soluzione esatta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 152.4 Confronto tra le soluzioni cicliche esatte e quelle adiabatiche . . . . . . . . . . . . 16

3 Oltre la fase di Berry 20

3.1 Fasi topologiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 203.1.1 Fase di Aharonov-Bohm . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 223.1.2 Interpretazione di Berry dell’effetto Aharonov-Bohm . . . . . . . . . . . . 23

3.2 Cenni sull’interprezione geometrica della fase di Berry . . . . . . . . . . . . . . . 24

Riferimenti bibliografici I

i

Introduzione

Circa venticinque anni fa il fisico inglese Michael Berry scoprì che la funzione d’onda di unsistema quantistico, in seguito a un’evoluzione ciclica adiabatica, può acquistare un fattore difase osservabile e di natura geometrica, ossia dipendente da proprietà geometriche dello spaziodei parametri e non dalla dinamica del problema. La fase di Berry ha suscitato fin dal suoavvento un vivo interesse nella comunità scientifica perché la sua presenza, benchè prevedibilesulle basi della Meccanica Quantistica, era stata trascurata per un cinquantennio.

L’argomento che si apre è potenzialmente molto ampio, esistono infatti analogie che spazianodalla meccanica classica alla teoria dei campi e quindi molte potenziali applicazioni fenomenolo-giche. Da un punto di vista teorico, la comprensione profonda della comparsa di fasi di naturageometrica nelle funzioni d’onda richiede la padronanza di strumenti matematici adeguati, inparticolare di geometria differenziale.

La fase di Berry è quindi un argomento vasto, con molti collegamenti, e che si presta adiversi stili di presentazione. In questa tesina si è scelta un’impostazione didattica, centratasu un esempio specifico trattato in dettaglio, in modo da fornire un appoggio per successivegeneralizzazioni e approfondimenti.

Nel primo capitolo, dopo avere introdotto sinteticamente l’approssimazione adiabatica, ven-gono ricapitolati i passaggi fondamentali che portano alla fase di Berry, con la dimostrazione dicome questa non possa essere eliminata utilizzando l’invarianza per trasformazioni di fase dellafunzione d’onda.Nel secondo capitolo è presentato l’esempio fisico più noto nel quale compare una fase di Berrynon banale: quello di una particella con spin in interazione con un campo magnetico esternoruotante attorno a un asse fisso. Il vantaggio di questo sistema fisico è che l’equazione di Schrö-dinger relativa può essere risolta esattamente, permettendo un confronto tra il risultato esattoe quello calcolato in approssimazione adiabatica. Questo permette di comprendere che la fasedi Berry è il limite adiabatico di una fase di natura geometrica presente nella soluzione esattaciclica che possiede lo stesso periodo di ciclicità del moto periodico del campo magnetico. Sivede chiaramente in tal modo che l’esistenza di una fase di Berry è una proprietà inerente alsistema fisico in esame, che prescinde dall’approssimazione adiabatica nella quale fu scoperta eintrodotta.Nel terzo capitolo, rinunciando a pretese di rigore matematico, si cerca tuttavia di aprire l’oriz-zonte nel quale la fase di Berry si colloca, che è quello più ampio delle fasi di natura geometricae topologica, che sono indipendenti da approssimazioni di qualunque tipo e sono proprietà geo-metriche globali dello spazio dei parametri nel quale vive il sistema fisico. In conclusione vieneanche fatto cenno all’interpretazione delle fasi geometriche esatte in termini di olonomia e al-la consistenza con l’analoga interpretazione già nota dai tempi dell’articolo di Berry, valida inapprossimazione adiabatica.

1

1 La fase di Berry

1.1 Lo spazio dei parametri

Si consideri un sistema quantistico la cui hamiltoniana H dipenda da un set di parametriR = (R1, . . . , Rk) che descrive la configurazione ambientale in cui il sistema si trova immerso.L’ambiente esterno sarà trattato come un sistema classico.L’insieme di tutti i possibili valori di R descrive quello che viene definito spazio dei parametri

o anche varietà dei parametri M, di generica dimensione k. In generale R potrà dipenderedal tempo t e in questo caso i parametri si muoveranno su M lungo una curva definita daR(t) = (R1(t) . . . Rk(t)), che sarà supposta regolare.L’hamiltoniana che descrive il sistema quantistico dipende quindi dai parametri ambientali e,qualora si abbia un processo di evoluzione ambientale, essa viene a dipendere da t attraversoR. Si assume che H sia una funzione continua e a un sol valore di R su tutta la varietà, il cheimplica che se R(t), durante il suo percorso su M, assume più di una volta lo stesso valore, lostesso farà l’hamiltoniana H.

Considerando lo spazio di Hilbert H i cui elementi rappresentano gli stati del sistema quan-tistico, si postula che esso contenga le soluzioni dell’equazione di Schrödinger per tutti i valoridi R su M e quindi per tutti i possibili processi di evoluzione ambientale descritti dalle curveR = R(t) sulla varietà.Si suppone infine che, fissato R ∈ M, H(R) ammetta uno spettro discreto e non degenere diautovalori, definito dall’equazione

H(R) |n;R〉 = En(R) |n;R〉 (1)

con 〈m;R |n;R〉 = δmn. In definitiva, per ogni valore di R si assume che esista una baseortonormale di autovettori dell’hamiltoniana |n;R〉. Definito un certo processo ambientaleR = R(t), le considerazioni appena fatte si estendono assumendo che, a ogni t fissato, si possascrivere l’equazione agli autovalori

H(R(t)) |n;R(t)〉 = En(R(t)) |n;R(t)〉 (2)

dove |n;R(t)〉 sono gli autostati di H(R(t)) a t fissato e con 〈m;R(t) |n;R(t)〉 = δmn.L’assunzione che l’hamiltoniana ammetta uno spettro discreto e non degenere di autovalori vienequindi a valere istante per istante ed è possibile definire, a ogni t, una base ortonormale diautostati |n;R(t)〉.

L’ipotesi che H(R) sia una funzione continua di R implica la continuità dei suoi autovalori eautovettori e dall’ipotesi che essa sia una funzione a un sol valore su tutta M si deduce che, seR(t) compie un ciclo chiuso su M tale che R(T ) = R(0), allora

H(T ) = H(R(T )) = H(R(0)) = H(0) (3)

Inoltre, essendo i suoi autovalori univocamente determinati dalla (2), si ha

En(T ) = En(R(T )) = En(R(0)) = En(0) (4)

Invece, per quanto riguarda gli autovettori, questi sono definiti dalla (2) a meno di un fattore difase arbitrario. Non potremo quindi dire in generale che per R(T ) = R(0)

|n;R(T )〉 = |n;R(0)〉 (5)

ma solo che|n;R(T )〉 = eiχ |n;R(0)〉 (6)

2

1.2 L’approssimazione adiabatica

Si prenda adesso in esame la dinamica del sistema caratterizzato dall’hamiltoniana H(R(t))assumendo che la dipendenza temporale sia dovuta solo all’evoluzione dei parametri.Dovremo quindi risolvere l’equazione di Schrödinger 1

i∂ |ψ(t)〉∂t

= H(R(t)) |ψ(t)〉 (7)

Fissata la condizione iniziale, l’evoluzione temporale dello stato è descritta dall’operatore unitariodi evoluzione U(t), tale che

|ψ(t)〉 = U(t) |ψ(0)〉 (8)

il quale può essere espresso nella forma

U(t) =∞∑

n=0

1

n!(−i)n

∫ t

0dt1 . . .

∫ t

0dtnT (H(t1) . . . H(tn)) ≡ T (e−i

R t0dt′H(t′)) (9)

dove T indica il prodotto t-ordinato. La soluzione della (7) è quindi

|ψ(t)〉 = T (e−iR t

0dt′H(t′)) |ψ(0)〉 (10)

e in generale non sarà possibile ricavarla esattamente, ma sarà necessario ricorrere a metodiapprossimati.

Nella nostra discussione saremo interessati a casi in cui la dipendenza dal tempo dell’hamil-toniana sia sufficientemente lenta da poter applicare l’approssimazione adiabatica.Ribadiamo quindi le seguenti ipotesi di lavoro:

• la dipendenza dal tempo dell’hamiltoniana è continua;

• l’hamiltoniana ammette, istante per istante, uno spettro discreto di autovalori;

• gli autovalori dell’hamiltoniana restano sempre distinti tra loro, ossia non sono presenti,ad ogni t, degenerazioni.

In pratica si suppone che lo spettro discreto di H(0) evolva nello spettro discreto di H(t) inmodo tale che due livelli non collassino mai in uno solo o, equivalentemente, che non si abbiamai intersezione dei livelli.Verificate queste condizioni, l’approssimazione adiabatica stabilisce che: quando la dipendenzatemporale dell’hamiltoniana è sufficientemente lenta, se il sistema è descritto al tempo t = 0 dal-l’autostato dell’hamiltoniana H(0) relativo all’autovalore En(0), al tempo t generico è descrittodall’autostato di H(t) corrispondente all’autovalore En(t), deducibile con continuità da En(0).Ciò equivale ad affermare che il numero quantico che caratterizza lo stato resta costante neltempo.Dobbiamo a questo punto definire cosa si intende per evoluzione lenta. Sarà ovviamente neces-sario confrontare due scale di tempo: se la scala temporale con la quale varia l’hamiltoniana ègrande rispetto alla scala dei tempi intrinseca del problema considerato, allora si può parlare divariazione lenta dell’hamiltoniana e applicare l’approssimazione adiabatica.

Si consideri lo stato che descrive il sistema quantistico al tempo t sviluppato sulla base degliautostati istantanei dell’hamiltoniana |n;R(t)〉. Imponendo che a t = 0 il sistema si trovinell’autostato n-esimo di H(R(0)), si ha

|ψ(t)〉 =∑

m

cm(t) |m;R(t)〉 ; cm(0) = δmn (11)

cm(t) rappresenta l’ampiezza di probabilità che il sistema si trovi, all’istante t, nell’autosta-to |m;R(t)〉. L’approssimazione adiabatica equivale ad assumere trascurabile la probabilità

1In tutto il testo lavoreremo in unità ℏ = 1.

3

di transizione, durante l’evoluzione temporale, dal livello n-esimo al livello m-esimo a causadell’interazione con l’ambiente esterno. In approssimazione adiabatica si può quindi scrivere

|ψ(t)〉ad = cn(t) |n;R(t)〉 (12)

Dato che lo stato iniziale è normalizzato e l’operatore di evoluzione è un operatore unitario, segueche cn(t) deve essere un fattore di fase di modulo uno.

Prima di concentrarsi sulla determinazione di cn(t), soffermiamoci su due importanti consi-derazioni riguardanti l’approssimazione adiabatica.In primo luogo mostriamo che l’evoluzione adiabatica (12) non può che essere un’approssimazione,a meno che lo stato non sia stazionario. Si consideri a questo proposito il proiettore sullo statoΠad(t) = (|ψ(t)〉 〈ψ(t)|)ad, elemento dello spazio proiettivo P(H). Esso coincide col proiettoresull’n-esimo autostato di H(R(t)); dalla (12) si ha infatti

Πad(t) = (|ψ(t)〉 〈ψ(t)|)ad = |n;R(t)〉 〈n;R(t)| = Πn(R(t)) (13)

La (13) e la (7) sono due condizioni indipendenti sullo stato e possono in generale essere noncompatibili tra loro. Scrivendo l’equazione di moto per i proiettori

idΠ(t)

dt= [H(R(t)),Π(t)] (14)

e sostituendovi la (13) e la decomposizione spettrale di H(R(t)) si ottiene il risultato

idΠad(t)

dt= [

m

Em(R(t))Πm(R(t)),Πn(R(t)) ] = 0 (15)

che discende immediatamente dall’ortonormalità degli autostati di H(R(t)). Si deduce quindiche l’evoluzione adiabatica è compatibile con l’equazione di Schrödinger solo se il proiettore sullostato non evolve, ossia nel caso stazionario.

Messo in evidenza che l’evoluzione adiabatica è solo un’approssimazione, vediamo quandoquesta è giustificata. Inserendo lo stato adiabatico (12) nell’equazione di Schrödinger si ha

(dcn(t)

dt+ iEn(R(t))cn(t)

)

|n;R(t)〉 = −cn(t)d

dt|n;R(t)〉 (16)

Eseguendo il prodotto scalare con 〈m;R(t)| con m 6= n

〈m;R(t)|(dcn(t)

dt+ iEn(R(t))cn(t)

)

|n;R(t)〉 = −〈m;R(t)| cn(t)d

dt|n;R(t)〉 (17)

e usando l’ortonormalità degli autostati, si arriva alla condizione

〈m;R(t)| ddt

|n;R(t)〉 = 0 ; m 6= n (18)

Questa condizione può essere riespressa in termini degli elementi di matrice dell’operatoredH(t)/dt derivando l’equazione (2) rispetto al tempo. Infatti si ha

dH(R(t))

dt|n;R(t)〉 +H(R(t))

d

dt|n;R(t)〉 =

dEn(R(t))

dt|n;R(t)〉 + En(R)

d

dt|n;R(t)〉 (19)

che, moltiplicata per 〈m;R(t)| con m 6= n, fornisce

〈m;R(t)| ddt

|n;R(t)〉 =〈m;R(t)| dH(R(t))

dt|n;R(t)〉

En(R(t)) − Em(R(t)); m 6= n (20)

Quindi la (18) implica

〈m;R(t)| dH(R(t))dt

|n;R(t)〉En(R(t)) − Em(R(t))

= 0 ; m 6= n (21)

La (18) non può essere esatta perchè frutto della (12), valida in approssimazione adiabatica, percui l’uguaglianza che compare nella (21) è solo approssimata. La quantità che compare nella (21)ha le dimensioni di una frequenza e dovrà quindi essere confrontata con una scala di frequenzeintrinseca al problema.

4

1.3 Il fattore di fase di Berry

Vogliamo adesso ricavare l’espressione esplicita per il fattore di fase cn(t) che compare nellasoluzione adiabatica (12).Sostituendo la (12) nell’equazione (7), si ha

idcn(t)

dt|n;R(t)〉 + icn(t)

d |n;R(t)〉dt

= H(R(t))cn(t) |n;R(t)〉 (22)

ed eseguendo quindi il prodotto scalare con 〈n;R(t)| si ottiene

dcn(t)

dt= −icn(t)

(

En(R(t)) − i 〈n;R(t)| ddt

|n;R(t)〉)

(23)

In definitiva

cn(t) = e−i∫ t

0En(R(t′)) dt′

ei

∫ t

0i⟨n;R(t′)

∣∣d

dt′∣∣n;R(t′)

⟩dt′

(24)

Il primo dei due fattori di fase è detto dinamico. Esso tiene memoria dell’evoluzione dinamicadel sistema e si riduce nel caso stazionario al ben noto fattore exp(−iEnt).Il secondo fattore di fase è quello che ci proponiamo di studiare in questo capitolo.Essendo cn(t) un fattore di fase, la quantità

γn(t) =

∫ t

0i⟨n;R(t′)

∣∣d

dt′∣∣n;R(t′)

⟩dt′ mod 2π (25)

deve essere reale. E’ immediato dimostrare che questo è vero, infatti

0 =d

dt〈n;R(t) |n;R(t)〉 =

(d

dt〈n;R(t)|

)

|n;R(t)〉 + 〈n;R(t)| ddt

|n;R(t)〉

〈n;R(t)| ddt

|n;R(t)〉 = −(d

dt〈n;R(t)|

)

|n;R(t)〉 (26)

e quindi 〈n;R(t)| ddt

|n;R(t)〉 è immaginario puro.

E’ importante sottolineare inoltre che la fase γn(t) è definita dalla (25) a meno di un multiplointero di 2π.

In conclusione la soluzione generale dell’equazione di Schrödinger in approssimazione adia-batica è

|ψ(t)〉ad = e−i∫ t

0En(R(t′)) dt′

ei

∫ t

0i⟨n;R(t′)

∣∣d

dt′∣∣n;R(t′)

⟩dt′

|n;R(t)〉 (27)

Fino agli anni ′80 del secolo scorso, periodo in cui si colloca il lavoro di Berry [1], la fase (25) fuin un certo senso dimenticata, sulla base dell’argomentazione che è sempre possibile ridefinire gliautostati di H(R(t)) in modo da eliminarla. Il merito di Berry fu quello di mettere in evidenzale condizioni sotto le quali questa argomentazione viene a cadere. Egli mostrò infatti che, inpresenza di un’evoluzione ciclica dei parametri, tale che R(T ) = R(0), qualora la fase γn(T )risulti non banale, ossia non nulla o pari a un multiplo intero di 2π, essa è ineliminabile.

1.4 Proprietà geometriche e gauge-invarianza del fattore di Berry

Per arrivare alla conclusione di Berry dobbiamo prima analizzare le proprietà caratteristiche diγn(t), riesprimendo innanzitutto la definizione (25) in una forma più adatta a tale scopo.

5

L’integrale temporale può essere infatti riespresso come integrale di linea sulla curva percorsa daR(t) in M: 2

γn(t) =

∫ t

0i 〈n;R(t)| ∂

∂Ri|n;R(t)〉 dR

i(t)

dtdt mod 2π

=

∫ R(t)

R(0)i 〈n;R| ∂

∂Ri|n;R〉 dRi mod 2π

(28)

mettendo in evidenza il fatto che tale fase non dipende da come R si muove lungo la curva,ossia dalla dinamica del problema, ma solo dalla geometria del cammino che esso descrive nellavarietà. Naturalmente questa affermazione è ristretta a quei moti sulla curva per i quali valel’approssimazione adiabatica in quanto è in tale approssimazione che la fase (28) è stata ricavata.3

Se adesso introduciamo il vettore k-dimensionale An(R), detto potenziale vettore di Berry4,di componenti

Ani (R) = i 〈n;R| ∂

∂Ri|n;R〉 (29)

possiamo riscrivere la (28) nella forma

γn(t) =

ΓAni (R) dRi mod 2π (30)

dove indichiamo con Γ la curva percorsa da R in M. La fase γn(t) è definita quindi comel’integrale curvilineo del potenziale di Berry lungo la curva Γ.

Consideriamo adesso la varietà dei parametri M che, ricordiamo, ha dimensione k e cheassumiamo di classe C∞.5 Se è sufficiente un’unica carta per parametrizzare la varietà, è pos-sibile mettere in corrispondenza biunivoca tutti i suoi punti con i punti di R

k e trovare un setortonormale di autostati dell’hamiltoniana definiti come funzioni a un sol valore di R su tuttaM. Se invece sono necessarie almeno due carte per ricoprirla, possiamo definire gli autostatidell’hamiltoniana come funzioni a un sol valore di R sui singoli aperti Ui ⊂ M, ma non sullavarietà nel suo complesso. Se su un aperto U1 sono definiti, come funzioni a un sol valore, gliautovettori |n;R(t)〉 e sull’aperto U2, tale che U1 ∩ U2 6= ∅, sono definiti e a un sol valore gliautovettori |n;R(t)〉′, nell’intersezione tra i due aperti essi saranno legati da una trasformazionedi fase del tipo

|n;R(t)〉′ = eiχn(R(t)) |n;R(t)〉 (31)

dove, dato che in U1∩U2 sono entrambi a un sol valore, il fattore di fase deve essere una funzionemonodroma di R(t).Trasformazioni di fase come quella appena scritta, in cui la fase è funzione dei parametri, ossiadel punto sulla varietà M, sono dette trasformazioni di gauge6.

2Adottiamo la convenzione di Einstein della somma sugli indici ripetuti.3Rimandiamo al capitolo conclusivo per un accenno sulla possibilità di svincolarsi dall’approssimazione

adiabatica.4Il nome è dovuto all’analogia formale col potenziale vettore dell’elettromagnetismo, che diventerà esplicita

più avanti.5Una varietà differenziabile di dimensione k e classe Cl, è costituita da un insieme M non vuoto e da una

famiglia di omeomorfismi φi : Ui → φi(Ui), con Ui aperto su M e φi(Ui) aperto di Rk, tali che sono soddisfatte le

seguenti proprietà:

•S

i∈IUi = M, dove I è l’insieme di indici su cui varia i;

• comunque scelti i e j in I, se Ui ∩Uj = W è non vuoto, allora gli insiemi φi(W) e φj(W) sono sottoinsiemiaperti di R

k e le applicazioni φj φ−1

i e la sua inversa φi φ−1

j sono anche esse omeomorfismi, di classe Cl.

La coppia (Ui, φi) è detta parametrizzazione locale o carta su M e una famiglia (Ui, φi)i∈I con le proprietàsopra elecate è detto atlante su M. Gli aperti Ui sulla varietà, parametrizzati da φi, sono omeomorfi agli apertidi R

k. Localmente la varietà è quindi equivalente a Rk.

6Questo generalizza l’invarianza di gauge dell’elettromagnetismo che, come sappiamo corrisponde all’invarianzasotto trasformazioni di fase U(1) delle funzioni d’onda e degli operatori nelle quali il parametro della trasformazionedipende dalle coordinate.

6

Il potenziale vettore di Berry è definito utilizzando i vettori base |n;R〉 e il fatto che in generalenon sia possibile sceglierli come funzioni a un sol valore su tutta M si ripercuote su An(R): nonsarà in generale possibile definire il potenziale vettore globalmente sulla varietà, ma solo sullesingole carte.Nel prossimo capitolo analizzeremo il caso in cui M ≡ S2, dove S2 è la superficie sferica unitaria,mettendo in evidenza l’impossibilità di definire gli autostati come funzioni a un sol valore su tuttala varietà e la conseguente necessità di definire il potenziale di Berry singolarmente su ciascunacarta.Per comodità assumiamo che il cammino percorso da R(t) sulla varietà M sia tutto contenutoin un aperto U sul quale sia definita una base di autovettori a un sol valore |n;R(t)〉. La nostratrattazione può essere estesa al caso in cui il cammino giaccia su più carte semplicemente tenendoconto delle necessarie trasformazioni per passare da una carta a un’altra.

Tentiamo adesso di eliminare la fase γn(t) dall’espressione dello stato in approssimazioneadiabatica (27). Sfruttando il fatto che gli autostati di H(R(t)) sono definiti dalla (2) a menodi un fattore di fase, possiamo pensare di eliminare γn(t) con un’opportuna trasformazionedi fase. Dal momento che γn(t) dipende dai parametri, quella che dobbiamo effettuare è unatrasformazione di fase locale, del tipo (31), richiedendo la monodromia del fattore di fase in modoche i vettori trasformati siano anch’essi funzioni a un sol valore su U . Dobbiamo cioè effettuareuna trasformazione di gauge.Dalla definizione (29) si ottiene la legge con la quale trasformano le componenti del potenzialedi Berry per trasformazioni del tipo (31)7

Ani −→ A′ni = i 〈n;R|′ ∂

∂Ri|n;R〉′

= i 〈n;R| e−iχn(R) ∂

∂Rieiχn(R) |n;R〉

= Ani − ∂χn(R)

∂Ri

(32)

Da questa consegue, secondo la (30), la legge di trasformazione di γn(t)

γn(t) −→ γ′

n(t) = γn(t) − χn(R(t)) + χn(R(0)) (33)

dalla quale è evidente che, scegliendo opportunamente χn(R(t)) − χn(R(0)), la fase γ′

n(t) puòessere resa banale. Nella base |n;R(t)〉′ si avrà quindi

|ψ(t)〉ad = e−i∫ t

0En(t

′) dt′

|n;R(t)〉′ (34)

dove compare solo la fase dinamica. Sulla base di questa argomentazione il fattore di faseaggiuntivo è stato trascurato fino all’articolo di Berry [1].

L’argomento appena esposto viene però a cadere quando il cammino compiuto da R(t) sullavarietà M è un cammino chiuso C, ossia tale che a un certo istante t = T si abbia R(T ) = R(0).In questo caso infatti la monodromia del fattore exp(iχn(R(t))) implica che, se R(T ) = R(0)

χn(R(T )) = χn(R(0)) + 2πq con q intero (35)

Sostituendo la (35) nella (33), si ha

γ′

n(T ) = γn(T ) − 2πq con q intero. (36)

Da cui si deduce che

e iγ′

n(T ) = e iγn(T ) (37)

7E’ palese l’analogia formale col potenziale vettore elettromagnetico le cui componenti trasformano, pertrasformazioni di gauge, secondo la (32).

7

ossia che il fattore di fase exp(iγn(T )), che viene definito fattore di fase di Berry, è gauge inva-

riante e quindi ineliminabile e potenzialmente osservabile.La fase di Berry è quindi definita da

γn(T ) =

C

Ani (R) dRi mod 2π (38)

ossia come circuitazione lungo C del potenziale di Berry.Va sottolineato che la fase di Berry risulta banale nel caso in cui la varietà dei parametri M

abbia topologia banale. 8

In conclusione il fattore di Berry presenta le seguenti proprietà fondamentali:

• se la varietà dei parametri M ha topologia banale esso è banale;

• dipende esclusivamente dalla geometria del circuito descritto da R(t) sulla varietà duranteil periodo T , e non dal modo in cui R si muove su di essa;

• è invariante per trasformazioni di gauge.

Le prime due proprietà permettono di dare alla fase di Berry un significato puramente geometrico, legato allo spazio dei parametri. Mentre la fase dinamica contiene informazioni riguar-danti l’evoluzione temporale del sistema e costituisce in un certo senso una memoria dinamicadel sistema, la fase di Berry costituisce una sorta di memoria geometrica del sistema. L’infor-mazione contenuta nel circuito C è infatti un aspetto puramente geometrico inerente la varietàdei parametri, mentre il fatto che la fase sia non banale contiene informazioni circa la caratteristiche geometriche e topologiche della varietà nel suo complesso. In pratica essa tiene memoriadelle configurazioni ambientali in cui il sistema si è trovato immerso nel passato e, cosa ancorapiù sorprendente, tiene traccia della struttura globale della varietà, anche se le configurazioniambientali visitate dal sistema giacciono in una regione limitata di quest’ultima.Ma è l’ultima proprietà a dare al fattore di fase di Berry il ruolo di grandezza fisica misu-rabile, sappiamo infatti che una qualsiasi grandezza quantistica per essere osservabile devenecessariamente essere indipendente dalla scelta della base dello spazio di Hilbert.

1.5 Analogia formale con l’elettromagnetismo

Come accennato in precedenza, esiste un’analogia formale tra il potenziale di Berry e ilpotenziale vettore dell’elettromagnetismo, che diventa evidente considerando una varietà deiparametri tridimensionale. In questo caso il potenziale di Berry è un vettore a 3 componentidefinito da

An(R) = i 〈n;R|∇ |n;R〉 (39)

che, per trasformazioni di gauge del tipo (31), trasforma secondo la legge

An(R) −→ A′n(R) = An(R) − ∇χn(R) (40)

Esso è quindi in perfetta analogia col potenziale vettore dell’elettromagnetismo. Ribadiamotuttavia che l’analogia è puramente formale in quanto il potenziale di Berry è definito nellospazio dei parametri.Sempre considerando una varietà tridimensionale, è possibile proseguire l’analogia definendo ilvettore formalmente analogo al vettore di induzione magnetica

Fn = ∇× An = i(∇〈n;R|) × (∇ |n;R〉) (41)

8Si dice che una varietà ha topologia banale quando essa è contraibile con continuità a un punto. Gli aperti diR

3, come ad esempio il disco pieno, hanno topologia banale mentre invece S2 è un esempio di varietà non banale.Sottolineamo anche che se è sufficiente una sola carta per ricoprire la varietà, allora la topologia è banale. E’importante notare che il fatto che la varietà abbia topologia non banale è condizione necessaria ma non sufficienteperchè si abbia una fase di Berry non banale. Un approfondimento in proposito va oltre gli scopi di questa tesi.

8

che, com’è immediato verificare, è gauge-invariante. Dalla sua definizione e dalla (40) discendeinfatti

Fn −→ F′n = ∇× An −∇×∇ζn

= Fn(42)

Dalla definizione (38), utilizzando il teorema di Stokes, si ottiene

γn(T ) =

C

An · dR =

S

Fn · dS mod 2π (43)

dove la superficie S è tale che ∂S = C. L’elemento di superficie dS ha direzione normalea S e l’elemento di linea dR tangente a C è orientato secondo la regola della mano destraconcordemente col verso di dS. Il fatto che Fn sia gauge-invariante fa sì che questo sia definitoglobalmente su tutta la varietà e quindi indipendente dalla scelta della fase dei vettori di base.Come conseguenza abbiamo che la superficie S può essere scelta arbitrariamente, purchè essa siatutta contenuta in M e abbia C come contorno. La fase di Berry è quindi data dal flusso di Fn

attraverso una qualsiasi superficie su M contornata dalla curva C.

9

2 Particella con spin in campo magnetico ruotante

Analizziamo adesso in dettaglio un esempio nel quale compare, in approssimazione adiaba-tica, una fase di Berry non banale. Il problema è esattamente solubile e permette quindi uninteressante confronto tra la soluzione adiabatica e quella esatta.

2.1 L’Hamiltoniana d’interazione

Consideriamo un sistema quantistico costituito da una particella di carica q, massa m e spinJ, immersa in un campo magnetico esterno di modulo costante |B| che compie un moto diprecessione attorno a un asse fisso con velocità angolare ω e periodo T = 2π/ω.L’hamiltoniana di interazione è

H(t) = −µ · B(t) = −gqB2mc

J · n(t) (44)

dove il versore n(t) indica la direzione del campo magnetico. Introducendo la frequenza di Larmor

ωL =gqB

2mc, la (44) diventa

H(t) = −ωL J · n(t) (45)

In questo caso i parametri che caratterizzano l’ambiente esterno sono le componenti del versoren(t) e quindi la varietà dei parametri M coincide con S2, ossia con la superficie sferica unitariaimmersa in R

3.Senza perdere in generalità fissiamo un sistema di riferimento ortonormale orientato in modo chel’asse di precessione coincida con l’asse z e che all’istante iniziale il campo magnetico giaccia nelpiano (x, z), formando un angolo θ con l’asse z. Al generico istante t il campo B(t) sarà quindiorientato secondo il versore

n(t) = n(θ, ϕ(t)) =

(

sin θ cosϕ(t), sin θ sinϕ(t), cos θ

)

(46)

dove ϕ(t) = ωt.L’hamiltoniana di interazione all’istante generico è quindi

H(θ, ωt) = −ωL J · n(θ, ωt)

= −ωL (sin θ(cosωtJx + sinωtJy) + cos θ Jz)(47)

che, utilizzando la relazione9

e−iϕJzJxeiϕJz = Jx cosϕ+ Jy sinϕ (48)

diventa

H(θ, ωt) = −ωL(cos θJz + sin θ e−iωtJzJxeiωtJz)

= −ωL e−iωtJz (cos θJz + sin θJx)eiωtJz

= e−iωtJzH(θ, 0)eiωtJz

(49)

Si deduce quindi, come è intuitivo, che H(θ, ωt) rappresenta la rotazione di un angolo ωt attornoalla direzione z dell’hamiltontoniana iniziale H(θ, 0).

9Questa relazione, come quelle analoghe che verranno utilizzate in seguito, discende dalle regole dicommutazione del momento angolare e può essere ricavata utilizzando la formula

eA

Be−A = B +

+∞X

n=1

Bn

n!

dove B0 = B e Bn = [A, Bn−1].

10

A un istante fissato, ossia fissato il parametro ϕ, risolviamo il problema agli autovalori perl’hamiltoniana H(θ, ϕ) ottenendo

H(θ, ϕ) |m; θ, ϕ〉 = −ωL J · n(θ, ϕ) |m; θ, ϕ〉 = −ωLm |m; θ, ϕ〉 (50)

dove m è l’autovalore di J · n(θ, ϕ) corrispondente all’autovettore |m; θ, ϕ〉. Dato che l’operatoreJ · n(θ, ϕ) è ottenuto ruotando Jz con l’operatore unitario U(θ, ϕ) corrispondente alla rotazionedi un angolo θ attorno a y e di un angolo ϕ attorno a z, i suoi autovalori coincidono con quellidi Jz e i suoi autovettori sono

|m; θ, ϕ〉 = U(θ, ϕ) |m; z〉 (51)

Scegliamo l’operatore di rotazione

U(θ, ϕ) = Uz(ϕ)Uy(θ)Uz(−ϕ) = e−iϕJze−iθJyeiϕJz (52)

da cui discende|m; θ, ϕ〉 = e−iϕJze−iθJyeiϕJz |m; z〉 (53)

L’operatore Uz(−ϕ) non ha alcun effetto su |m; z〉, ma il suo inserimento nella (52) ci permettedi avere, eccettuando il polo sud S dove θ = π, una corrispondenza uno a uno tra i punti di S2

e i vettori |m; θ, ϕ〉. Quindi gli autostati definiti dalla (53) sono funzioni a un sol valore su unaperto U1 che escluda S, cioè tale che U1 = S2 − S. In particolare al polo nord N dove θ = 0, siha |m; 0, ϕ〉 = |m; z〉. A N è quindi associato un unico autovettore.Considerando invece il polo sud S si ha

|m;π, ϕ〉 = e−iϕJze−iπJyeiϕJz |m; z〉= ei2ϕme−iπJy |m; z〉

(54)

ossia, a causa dell’indeterminazione sull’angolo ϕ al punto S corrispondono infiniti autovettori.Il risultato (54) si ottiene utilizzando la formula

e−iθJyJzeiθJy = Jz cos θ + Jx sin θ (55)

che, per θ = π valee−iπJyJze

iπJy = −Jz (56)

da cui otteniamo

e−iπJyeiϕJzeiπJy = e−iπJy

(+∞∑

n=0

(iϕ)n

n!Jnz

)

eiπJy

=+∞∑

n=0

(iϕ)n

n!e−iπJyJze

iπJy . . . e−iπJyJzeiπJy

︸ ︷︷ ︸

n volte

=

+∞∑

n=0

(iϕ)n

n!(−Jz)n = e−iϕJz

(57)

Sostituendo nell’espressione di |m;π, ϕ〉 il prodotto e−iπJyeiϕJzeiπJy al posto di e−iϕJz si ricavail risultato (54).

La scelta (53) non è l’unica possibile. E’ possibile in effetti ridefinire gli autovettori diJ · n(θ, ϕ) in modo da avere un unico autovettore associato a S. Consideriamo a tal scopo latrasformazione di gauge

|m; θ, ϕ〉′ = e−i2ϕm |m; θ, ϕ〉 (58)

La scelta degli autostati definiti dalla (58) per θ = π fornisce infatti

|m;π, ϕ〉′ = e−i2ϕm |m;π, ϕ〉 = e−i2ϕme−iπJyei2ϕm |m; z〉 = e−iπJy |m; z〉 (59)

11

Ma se adesso consideriamo N troviamo che ad esso corrispondono infiniti autovettori:

|m; 0, ϕ〉′ = e−i2ϕm |m; 0, ϕ〉 = e−i2ϕm |m; z〉 (60)

L’ambiguità si è quindi semplicemente spostata dal polo sud al polo nord. Gli autostati |m; θ, ϕ〉′definiti dalla (59) sono funzioni a un sol valore su un aperto che escluda N, ossia su U2 = S2 − N.Concludiamo quindi che su S2 non è possibile definire globalmente gli autostati di base in modoche essi siano in corrispondenza uno a uno con i punti della varietà.Scegliamo la base |m; θ, ϕ〉 definita dalla (53) su U1, la base |m; θ, ϕ〉′ definita dalla (59),su U2. Nell’intersezione dei due aperti entrambe le basi sono costituite da vettori definiti comefunzioni a un sol valore, legati tra loro dalla trasformazione di gauge (58).

2.2 Soluzione in approssimazione adiabatica e calcolo della fase di Berry

L’hamiltoniana (47) è una funzione continua del tempo e ammette, istante per istante, unospettro discreto e non degenere di autovalori definito dall’equazione

H(θ, ωt) |m; θ, ωt〉 = −ωLm |m; θ, ωt〉 (61)

Dalla trattazione svolta nel capitolo precedente, sappiamo che se la scala temporale con la qualel’hamiltoniana varia nel tempo è grande rispetto alla scala temporale caratteristica del sistemaquantistico, è lecito utilizzare l’approssimazione adiabatica. Nell’esempio considerato è evidenteche la scala temporale con la quale varia l’hamiltoniana è ω−1, mentre quella caratteristica delproblema è ω−1

L , per cui la condizione di validità dell’approssimazione adiabatica è data daω ≪ ωL. Il problema considerato è esattamente solubile e questo ci permetterà di verificareeffettivamente che nel limite ω ≪ ωL la soluzione esatta tende a quella adiabatica.

Supponendo che la condizione di adiabaticità sia soddisfatta e che il sistema si trovi all’istanteiniziale nell’autostato di H(θ, 0) con autovalore Em(0), ricaveremo lo stato |ψ(t)〉ad. Conside-rando poi che il processo di evoluzione ambientale è ciclico con periodo T , ricaveremo lo stato|ψ(T )〉ad, il quale differisce dallo stato iniziale solo per un fattore di fase che include, oltre al fat-tore dinamico, il fattore di Berry. Calcoleremo la fase di Berry come circuitazione del potenzialevettore di Berry sul circuito chiuso tracciato dai parametri su S2.

Imponendo la condizione iniziale

|ψ(0)〉 = |m; θ, 0〉 (62)

dalla (27) si ha che la soluzione in approssimazione adiabatica è

|ψ(t)〉ad = eiωLmteiγm(t) |m; θ, ωt〉 (63)

Il set di parametri (θ, ϕ(t)) da cui dipende H(t) compie un’evoluzione ciclica con periodoT = 2π/ω, muovendosi su S2 lungo la circonferenza parallela al piano equatoriale e posta alatitudine θ, che indicheremo con C. La curva C giace cioè sull’intersezione degli aperti U1 e U2,nella quale sono definiti a un sol valore sia gli autostati |m; θ, ϕ〉 che gli autostati |m; θ, ϕ〉′.La soluzione in approssimazione adiabatica a t = T , dalla (63) è

|ψ(T )〉ad = eiωLmT eiγm(T ) |m; θ, 2π〉 = eiωLmT eiγm(T ) |m; θ, 0〉 (64)

dove abbiamo usato il fatto che i vettori di base |m; θ, ϕ〉 sono definiti a un sol valore.Calcoliamo adesso la fase di Berry γm(T ). Utilizziamo la (38) effettuando il calcolo prima

sull’aperto U1, poi sull’aperto U2, per confrontare i due risultati.Per ricavare il potenziale vettore di Berry di cui dobbiamo calcolare la circuitazione, sfruttiamoil fatto che M ≡ S2 è immersa in R

3 e consideriamo quindi il vettore

Am = i 〈m; θ, ϕ| ∇ |m; θ, ϕ〉 (65)

12

definito sull’aperto U1.Ricordando l’espressione del gradiente in coordinate sferiche e riprendendo la (51) si ottiene

Am = i 〈m; z|U †(θ, ϕ)

(

er∂

∂r+ eθ

1

r

∂θ+ eϕ

1

r sin θ

∂ϕ

)

U(θ, ϕ) |m; z〉 (66)

Riprendendo la definizione (52) e utilizzando la relazione

e−iϕJzJyeiϕJz = −Jx sinϕ+ Jy cosϕ (67)

calcoliamo

iU †(θ, ϕ)∂

∂θU(θ, ϕ) = e−iϕJzJye

iϕJz = −Jx sinϕ+ Jy cosϕ (68)

Analogamente, tramite la (55) e la (48), si ha

iU †(θ, ϕ)∂

∂ϕU(θ, ϕ) = e−iϕJzeiθJyJze

−iθJyeiϕJz − Jz

= e−iϕJz(Jz cos θ − Jx sin θ)eiϕJz − Jz = Jz(cos θ − 1) − e−iϕJzJxeiϕJz sin θ

= Jz(cos θ − 1) − (Jx cosϕ+ Jy sinϕ) sin θ

(69)

Sostituendo infine i risultati appena ottenuti nella (66) si ottiene

Am = 〈m; z| 1

r(−Jx sinϕ+ Jy cosϕ) eθ +

+1

r sin θ(Jz(cos θ − 1) − (Jx cosϕ+ Jy sinϕ) sin θ) eϕ |m; z〉 (70)

che, essendo nullo il valore di aspettazione di Jx e Jy sugli autostati di Jz diventa

Am =m

r sin θ(cos θ − 1) eϕ ; θ 6= π (71)

Il calcolo sull’aperto U2, utilizzando gli autostati (58), fornisce

A′m = i 〈m; θ, ϕ|′ ∇ |m; θ, ϕ〉′

= i 〈m; z|U †(θ, ϕ)ei2mϕ(

er∂

∂r+ eθ

1

r

∂θ+ eϕ

1

r sin θ

∂ϕ

)

e−i2mϕU(θ, ϕ) |m; z〉(72)

Dalle (52), (55) e (48), si ha

iU †(θ, ϕ)ei2mϕ∂

∂ϕe−i2mϕU(θ, ϕ) = 2m− Jz + e−iϕJzeiθJyJze

−iθJyeiϕJz

= 2m− Jz + e−iϕJz(Jz cos θ − Jx sin θ)eiϕJz

= 2m+ Jz(cos θ − 1) − (Jx cosϕ+ Jy sinϕ) sin θ

(73)

e inserendo le (73) e (68) nella (72)

A′m = 〈m; z| 1

r(−Jx sinϕ+ Jy cosϕ) eθ +

+1

r sin θ(2m+ Jz(cos θ − 1) − (Jx cosϕ+ Jy sinϕ) sin θ) eϕ |m; z〉 (74)

e in conclusioneA

′m =m

r sin θ(cos θ + 1)eϕ ; θ 6= 0 (75)

Prima di completare il calcolo della fase di Berry, facciamo una constatazione riguardante i vettoriAm e A

′m calcolati rispettivamente sugli aperti U1 e U2. Essi sono funzioni vettoriali a un sol

13

valore su S2 − N− S, dove gli autovettori |m; θ, ϕ〉 e |m; θ, ϕ〉′ sono legati da una trasformazionedi gauge del tipo (31) con χm(θ, ϕ) = −2mϕ. Se quindi andiamo a confrontare Am e A

′m

otteniamo

A′m − Am =

2m

r sin θeϕ = −∇(−2mϕ) (76)

in accordo con la (40).Torniamo ora al calcolo della fase di Berry. Utilizzando Am definito dalla (71), si ha

γm(T ) =

C

Am · dl

=

C

m1

r sin θ(cos θ − 1)r sin θdϕ = 2πm(cos θ − 1) mod 2π

(77)

dove abbiamo posto dl = (dr, rdθ, r sin θdϕ).Ripetendo il calcolo con A

′m definito dalla (75), si ha invece

γ′

m(T ) =

C

A′m · dl = 2πm(cos θ + 1) mod 2π. (78)

Come già notato in precedenza, la fase di Berry può anche essere calcolata utilizzando la (43)dove Fm = ∇ × Am ed ha la proprietà di essere gauge invariante. Questo permette di utilizzareindifferentemente per il calcolo sia l’aperto U1 che l’aperto U2 essendo Fm globalmente definitosu M.Nell’aperto U1, utilizzando il teorema di Stokes, si può quindi calcolare

γm(T ) =

C

Am · dl =

S1

Fm · dS mod 2π (79)

dove S1 è la calotta sferica avente C come contorno e contenuta in U1 e dove il vettore dS èdiretto radialmente e orientato verso l’esterno della sfera, coerentemente col verso di percorrenzadi C, secondo la regola della mano destra.Utilizzando la (71) quindi

Fm = ∇ × m

r sin θ(cos θ − 1) eϕ = −m

r2er (80)

e dalla (80) si ha

γm(T ) = −∫ 2π

0

∫ θ

0

m

r2er · er r2 sin θdθdϕ

= −m Ω(C) = 2πm(cos θ − 1) mod 2π

(81)

dove Ω(C) è l’angolo solido sotteso dalla curva C. Il risultato così ottenuto è in accordo conla (77).Analogamente in U2

γ′

m(T ) =

C

A′m · dl =

S2

Fm · dS′ (82)

dove S2 = S2 − S1 e dS′ = −dS è coerente con l’orientazione di C. Possiamo quindi scrivere

γ′

m(T ) = −∫

S2−S1

Fm · dS = −∫

S2

Fm · dS +

S1

Fm · dS

= 4πm+ γm(T )

(83)

L’invarianza del fattore di fase di Berry eiγm(T ) impone quindi il seguente vincolo

m = 0, ±1

2, ±1, ±3

2, . . . (84)

14

ossia m deve essere intero o semintero. Questo risultato concorda perfettamente col fatto che mè l’autovalore della componente lungo z del momento angolare, ma è importante far notare cheè ottenuto per via indipendente dalla teoria del momento angolare.

E’ interessante far notare inoltre che il vettore Fn ottenuto nella (80) e che ricordiamo, ècostruito in analogia col vettore induzione magnetica, ha la forma di un campo di monopolomagnetico. Se esistesse un monopolo di carica magnetica g, la forza esercitata su una caricaelettrica isolata e sarebbe

eBmon =eg

r2er (85)

e, per argomentazioni analoghe a quelle precedenti, fornirebbe una giustificazione della quan-tizzazione della carica elettrica in termini dell’inverso della carica di monopolo magnetico 1/g.10

2.3 Soluzione esatta

L’equazione di Schrödinger per l’hamiltoniana (47), che riscriviamo per comoditàH(θ, ωt) = −ωL J · n(θ, ωt), è esattamente solubile.Come visto nella (49) questa può essere espressa come rotazione dell’hamiltoniana inizialeH(θ, 0).Il problema si risolve allora facilmente tenendo fissi gli operatori e facendo compiere agli stati larotazione opposta, il che corrisponde alla scelta di una base rotante per lo spazio di Hilbert.

〈ψ(t)|H(θ, ωt) |ψ(t)〉 = 〈ψ(t)| e−iωtJzH(θ, 0)eiωtJz |ψ(t)〉 = 〈ψ(t)|rH(θ, 0) |ψ(t)〉r (86)

dove abbiamo introdotto lo stato ruotato

|ψ(t)〉r = eiωtJz |ψ(t)〉 (87)

Usando l’ equazione di Schrödinger (7) si ha

id

dt|ψ(t)〉r = i

d

dt

(eiωtJz |ψ(t)〉

)

= −ωJzeiωtJz |ψ(t)〉 + ieiωtJzd

dt|ψ(t)〉

= −ωJzeiωtJz |ψ(t)〉 + eiωtJzH(θ, ωt) |ψ(t)〉=(−ωJz + eiωtJzH(θ, ωt)e−iωtJz

)|ψ(t)〉r

(88)

L’evoluzione temporale dello stato ruotato è quindi generata dall’hamiltoniana Hr definita da

Hr ≡ eiωtJzH(θ, ωt)e−iωtJz − ωJz = H(θ, 0) − ωJz (89)

dove abbiamo usato la (49) e dove notiamo che Hr è indipendente dal tempo.Possiamo quindi scrivere l’equazione

id

dt|ψ(t)〉r = Hr |ψ(t)〉r (90)

che si integra immediatamente portando al risultato

|ψ(t)〉r = e−iHrt |ψ(0)〉 (91)

L’hamiltoniana (89), usando la (47), può essere posta nella forma

Hr = −ωL(

sin θJx + (cos θ +ω

ωL)Jz

)

= −Ω J · ωLΩ

(

sin θ, 0, cos θ +ω

ωL

) (92)

10Per approfondimenti rimandiamo aP.A.M.Dirac: Quantised Singularities in the Electromagnetic Field, Proc Royal Society London 133, 60 (1931)

15

con la frequenza Ω definita in modo che il vettoreωLΩ

(sin θ, 0, cos θ +ω

ωL) abbia modulo unita-

rio, ossia

Ω = ωL

1 +ω

ωL(2 cos θ +

ω

ωL) (93)

La (92) può infine essere riportata alla forma

Hr = −Ω J · (sin Θ, 0, cos Θ)

= −Ω J · n(Θ, 0)(94)

dove abbiamo introdotto l’angolo Θ tale che

cos Θ =ωLΩ

(

cos θ +ω

ωL

)

=(cos θ + ε)√

1 + 2ε cos θ + ε2(95)

sin Θ =ωLΩ

sin θ =sin θ√

1 + 2ε cos θ + ε2(96)

con ε = ω/ωL e dove n(Θ, 0) ha la forma del versore (46). Facciamo notare che l’hamiltonianaruotata e l’hamiltoniana iniziale hanno la stessa forma operatoriale.In conclusione, la soluzione esatta si ottiene eseguendo la trasformazione inversa alla (87) eusando la (91)

|ψ(t)〉 = e −iωtJz |ψ(t)〉r = e −iωtJze iΩtJ · n(Θ, 0) |ψ(0)〉 (97)

2.4 Confronto tra le soluzioni cicliche esatte e quelle adiabatiche

La possibilità di risolvere esattamente l’equazione di Schrödinger per l’hamiltoniana (47)permette un interessante confronto tra la soluzione esatta e quella ottenuta in approssimazioneadiabatica. Fornisce inoltre uno spunto per l’estensione del concetto di fase di Berry a quello difase geometrica, svincolato dall’approssimazione adiabatica.11

Per effettuare un confronto tra la soluzione esatta e quella adiabatica saremo interessatialla (97) per t = T = 2π/ω, che corrisponde a un periodo nello spazio dei parametri.Dobbiamo a questo punto aprire una parentesi dando la definizione di stato ciclico. Definiamociclico uno stato non stazionario il cui proiettore descriva nel tempo una curva chiusa nello spazioproiettivo P(H). E’ bene sottolineare che, mentre le soluzioni in approssimazione adiabatica sonotutte cicliche, le soluzioni esatte del tipo (97) lo sono solo scegliendo opportunamente |ψ(0)〉.Per quanto riguarda |ψ(t)〉ad si ha infatti, dalla (13) che12

Πad(T ) = Πn(R(T )) = Πn(R(0)) = Πad(0) se R(T ) = R(0) (98)

ossia che tutte le soluzioni adiabatiche sono cicliche con lo stesso periodo di ciclicità dell’evolu-zione dei parametri.13

Questo non è vero per le soluzioni esatte. Per effettuare un confronto, dobbiamo quindi selezio-nare, nella classe delle soluzioni esatte (97) la sottoclasse di quelle cicliche, cioè tali che

|ψ(τ)〉 〈ψ(τ)| = |ψ(0)〉 〈ψ(0)| (99)

dove τ è il periodo con cui il proiettore sullo stato torna in se stesso.Dalla (99) si deduce che

|ψ(τ)〉 = e−iα(τ) |ψ(0)〉 (100)

11La definizione di fase geometrica per una generica evoluzione ciclica è stata formalizzata da Aharonov eAnandan [2]. Rimandiamo all’ultimo capitolo per una discussione qualitativa in proposito.

12Questo risultato è immediato nell’ipotesi che il cammino C sia tutto contenuto in un aperto U ⊂ M sul qualei vettori di base siano definiti come funzioni a un sol valore, ma continua a valere anche se prescindiamo da questaipotesi e discende direttamente dalla (6).

13Va tuttavia sottolineato che, come abbiamo dimostrato precedemente, le soluzioni adiabatiche sono soloapprossimate.

16

Imporre questa condizione equivale a risolvere il problema agli autovalori per l’operatore dievoluzione al tempo τ . Infatti da quanto appena detto, l’equazione da risolvere è

|ψ(τ)〉 = U(τ) |ψ(0)〉 = e−iα(τ) |ψ(0)〉 (101)

In pratica, scegliendo lo stato iniziale |ψ(0)〉 autostato di U(τ), lo stato |ψ(t)〉 ottenuto tramitel’operatore di evoluzione U(t) soddisfa la (99).Dalla (97) ricaviamo l’operatore

U(τ) = e −iωτJz e iΩτJ · n(Θ, 0) (102)

di cui dobbiamo trovare gli autostati. Per semplicità cerchiamo un autostato simultaneo deglioperatori

e−iωτJz e eiΩτJ · n(Θ, 0) (103)

Questo esisterà solo per determinati valori di τ per cui vale

[ e −iωτJz , e iΩτJ · n(Θ, 0) ] = 0 (104)

Verifichiamo che questa condizione è soddisfatta per τ = 2π/ω = T che è il caso a cui siamointeressati, volendo effettuare un confronto tra le soluzioni cicliche esatte e quelle adiabatiche:

[e−i2πJz , eiΩTJ·n(Θ,0)] = e−i2πJzeiΩTJ·n(Θ,0) − eiΩTJ·n(Θ,0)e−i2πJz

= e−i2πJzeiΩTJ·n(Θ,0) − e−i2πJzei2πJzeiΩTJ·n(Θ,0)e−i2πJz(105)

usando la relazione (48) si ha

ei2πJzJ · n(Θ, 0)e−i2πJz = ei2πJz (Jx sin Θ + Jz cos Θ)e−i2πJz = J · n(Θ, 0) (106)

con un procedimento analogo a quello seguito per passare dalla (56) alla (57), si ottiene

ei2πJzeiΩTJ·n(Θ,0)e−i2πJz = eiΩTJ·n(Θ,0) (107)

e quindi la (105) diventa

e−i2πJzeiΩTJ·n(Θ,0) − e−i2πJzeiΩTJ·n(Θ,0) = 0 (108)

come volevamo verificare. 14

Scegliendo quindi lo stato iniziale come autostato simultaneo degli operatori

e−i2πJz e eiΩTJ·n(Θ,0) (109)

lo stato |ψ(t)〉 definito dalla (97) è automaticamente uno stato ciclico con periodo T = 2π/ω.A questo punto dobbiamo individuare un autostato che faccia al caso nostro. Considerando

un autostato di J · n(Θ, 0), questo sarà ovviamente autostato dell’operatore eiΩTJ·n(Θ,0); se poidimostriamo che è anche autostato di e−i2πJz , potremo sceglierlo come stato iniziale.Risolviamo quindi il problema agli autovalori

J · n(Θ, 0) |m; Θ, 0〉 = m |m; Θ, 0〉 (110)

Definiamo, con un procedimento analogo a quello seguito per ottenere gli autostati (53) diJ · n(θ, ϕ), gli autostati

|m; Θ, 0〉 = e−iΘJy |m; z〉 (111)

14Da notare però che τ = T non è l’unico valore di τ per cui la condizione (104) è soddisfatta.

17

Verifichiamo infine che |m; Θ, 0〉 è anche autostato di e−i2πJz :

e−i2πJze−iΘJy |m; z〉 = e−i2πJze−iΘJyei2πJze−i2πJz |m; z〉= e−iΘJye−i2πm |m; z〉= e−i2πme−iΘJy |m; z〉

(112)

dove è stata utilizzata la relazione (67) con ϕ = 2π.In conclusione lo stato definito dalla (111) origina un’evoluzione ciclica esatta con periodo

τ = 2π/ω = T . Quindi dalla (97), con |ψ(0)〉 = |m; Θ, 0〉, la soluzione esatta per t = T è

|ψ(T )〉 = e −i2πmei2π

Ω

ωm

|m; Θ, 0〉 (113)

mentre la soluzione al tempo t = T in approssimazione adiabatica, ottenuta con la condizioneiniziale (62) è, sostituendo l’espressione della fase di Berry (77) nella (64),

|ψ(T )〉ad = ei2π

ωLωme i2πm(cos θ − 1) |m; θ, 0〉 (114)

A questo punto siamo in grado di confrontare le due soluzioni e di mostrare in particolareche nel limite ω ≪ ωL la soluzione (113) tende alla (114), rendendo così esplicita la condizionedi validità dell’approssimazione adiabatica.Gli stati che originano un’evoluzione ciclica adiabatica sono autostati dell’operatore J · n(θ, 0),ovvero dell’hamiltoniana iniziale H(θ, 0), mentre quelli che originano un’evoluzione ciclica esattasono autostati di J · n(Θ, 0), ossia di Hr. Nel limite adiabatico gli autostati |m; Θ, 0〉 dovrannoquindi coincidere con gli autostati |m; θ, 0〉.Dal confronto fra le due soluzioni, notiamo che mentre nella (114) compaiono due fasi dal significa-to ben distinto, la fase dinamica δm(T ) = −2πm(ωL/ω) e la fase di Berry γm(T ) = 2πm(cos θ−1),lo stesso non vale per la soluzione esatta (113) .Mostriamo tuttavia che è possibile isolare all’interno della fase totale che compare nella (113)

αm(T ) = 2πm

(

1 − Ω

ω

)

(115)

una fase di significato dinamico αdm(T ) e una di significato geometrico αgm(T ) tali che

αm(T ) = αdm(T ) − αgm(T ) (116)

verificando poi che ciascuna delle due tende, nel limite adiabatico, alla rispettiva fase che comparenella (114).

Necessariamente dobbiamo dare una definizione ragionevole di una delle due, ottenendo l’altraper differenza. Aharonov e Anandan [2] hanno formulato la seguente definizione di fase dinamicaper una generica hamiltoniana H(t)

αd(T ) =

∫ T

0

⟨ψ(t′)

∣∣H(t′)

∣∣ψ(t′)

⟩dt′ (117)

Non è difficile verificare che questa definizione è ragionevole: se infatti consideriamo un’hamilto-niana indipendente dal tempo otteniamo

αd(T ) = EnT (118)

e se consideriamo l’approssimazione adiabatica abbiamo

αd(T ) =

∫ T

0En(t

′)dt′ (119)

18

con n il numero quantico caratteristico dello stato iniziale. Questi risultati sono in accordo conla soluzione del caso stazionario e con la soluzione adiabatica (27).

Calcoliamo quindi la fase dinamica (117) relativa all’hamiltoniana (47). Utilizzando lasoluzione esatta (97) e riprendendo la (89), si ha

〈ψ(t)|H(θ, ωt) |ψ(t)〉 = 〈ψ(0)| e−iΩtJ·n(Θ,0)eiωtJzH(θ, ωt)e−iωtJzeiΩtJ·n(Θ,0) |ψ(0)〉= 〈ψ(0)| e−iΩtJ·n(Θ,0)(Hr + ωJz)e

iΩtJ·n(Θ,0) |ψ(0)〉= 〈ψ(0)| e−iΩtJ·n(Θ,0)(−ΩJ · n(Θ, 0) + ωJz)e

iΩtJ·n(Θ,0) |ψ(0)〉(120)

Prendendo come stato iniziale lo stato ciclico (111) e ricordando che esso è autostato di J·n(Θ, 0),si ha

〈ψ(t)|H(t) |ψ(t)〉 = −Ωm+ ω 〈m; Θ, 0| Jz |m; Θ, 0〉= −Ωm+ ω 〈m; z| (Jz cos Θ − Jx sin Θ) |m; z〉= −Ωm+ ωm cos Θ

(121)

dove abbiamo usato la relazione (55) e il fatto che il valore di aspettazione di Jx sugli autostatidi Jz è nullo. In conclusione, integrando la (121) si ottiene la fase dinamica

αdm(T ) = 2π m

(

cos Θ − Ω

ω

)

(122)

Verifichiamo adesso che la fase dinamica così ottenuta tende effettivamente, nel limite ω ≪ ωL,cioè, per ε = ω/ωL → 0, alla fase dinamica che compare nella (114). Dalle (95), (96) e (93), alprimo ordine in ε, si ha

cos Θ ≃ cos θ + ε sin2 θ (123)

sin Θ ≃ sin θ − ε cos θ (124)

Ω ≃ ωL(1 + ε cos θ) (125)

da cui si deduce che nel limite ε → 0 l’angolo Θ tende all’angolo θ. Quindi, la (122), al primoordine in ε, diventa

αdm(T ) ≃ 2πm(

cos θ + ε sin2 θ − ωLω

− cos θ)

(126)

da cui

limε→0

αdm(T ) = −2π

ωωLm (127)

che coincide con la fase dinamica ottenuta in approssimazione adiabatica.Ricaviamo adesso la fase geometrica per sottrazione dalla fase totale (115)

αgm(T ) = 2πm(cos Θ − 1) (128)

Al primo ordine in ε si haαgm(T ) ≃ 2πm(cosθ + ε sin2 θ − 1) (129)

da cuilimε→0

αgm(T ) = 2πm(cos θ − 1) (130)

che coincide con la fase di Berry.

19

3 Oltre la fase di Berry

In questo capitolo conclusivo, abbandonando ogni pretesa di rigore e generalità, ci proponiamodi dare un’idea del vasto panorama su cui si affaccia lo studio di Berry. Introdurremo il concettodi fase topologica e ci dedicheremo poi ad un breve accenno sull’interpretazione geometrica dellafase di Berry e sulla sua generalizzazione ad evoluzioni cicliche non adiabatiche.

3.1 Fasi topologiche

La fase di Berry porta con sè informazioni riguardanti il circuito percorso nella varietà deiparametri, mantenendo memoria delle configurazioni ambientali che il sistema ha visitato nelpassato e della struttura della varietà nel suo complesso.Berry [1] mostrò come l’effetto Aharonov-Bohm possa essere interpretato come un esempio par-ticolare della fase che poi ha preso il suo nome. La fase di Aharonov-Bohm presenta in realtàcaratteristiche peculiari rispetto alla fase di Berry e in effetti essa è un esempio di quella cheviene definita fase topologica.

Si consideri lo spazio delle configurazioni15 di un dato sistema quantistico. La rappresenta-zione degli operatori di posizione Xi e di impulso Pi nello spazio delle configurazioni discendedalle regole di commutazione

[Xi,Xj ] = 0 (131)

[Pi, Pj ] = 0 (132)

[Xi, Pj ] = iδij (133)

ed è usualmente definita nella forma16

〈x|Xi |ψ〉 = xiψ(x) (134)

〈x|Pi |ψ〉 = −i∂iψ(x) (135)

Non è difficile verificare che le regole di commutazione sono rispettate anche riscrivendo la (135)nella forma

〈x|Pi |ψ〉 =

(

−i∂i + wi(x)

)

ψ(x) (136)

purchè valga la condizione∂iwj(x) − ∂jwi(x) = 0 (137)

Dirac17 fu il primo ad accorgersi della presenza di questo termine aggiuntivo ma, limitandosi aconsiderare uno spazio delle configurazioni coincidente con R

k o con un aperto di Rk, concluse

che esso poteva essere riassorbito in una ridefinizione della funzione d’onda. Si consideri la formadifferenziale w = wi dx

i: dalla condizione (137) essa risulta essere una forma chiusa, ossia taleche dw = 0. Se lo spazio della configurazioni M è topologicamente equivalente a uno stellato diRk, il fatto che w sia una forma chiusa implica che essa sia anche esatta. Esiste cioè una funzione

regolare f(x) tale cheω = ∂if(x)dxi = df (138)

e in questo caso la (136) può essere ricondotta alla (135) con un’opportuna trasformazione digauge della funzione d’onda

ψ(x) −→ ψ′

(x) = eif(x)ψ(x) (139)

15Finora abbiamo parlato di spazio dei parametri, lo spazio delle configurazioni non è però concettualmentediverso. Immaginiamo infatti il sistema racchiuso in una scatola, vedendo la posizione della scatola rispetto aun fissato sistema di riferimento come un parametro. Muovendo la scatola nello spazio si definisce la varietà deiparametri che viene così a coincidere con lo spazio delle configurazioni del sistema.

16Utilizziamo la notazione ∂i =∂

∂xi17P.A.M.Dirac, Principle of quantum mechanics.

20

Questa argomentazione viene a cadere quando lo spazio delle configurazioni non è uno stellato diRk. Supponiamo ad esempio che lo spazio delle configurazioni del sistema coincida con il piano

meno un disco, ossia M ≡ R2 −D, dove il disco rappresenta quindi una singolarità topologica.

Non è più vero, globalmente, che la forma chiusa w è anche esatta e non sarà più possibilerimuoverla con una trasformazione di gauge.Per mostrare quali sono le conseguenze di questo fatto, ricordiamo che l’operatore impulso P

è il generatore delle traslazioni nello spazio delle configurazioni. Considerando dapprima unatraslazione di una quantità infinitesima ǫ = (ǫ1, ǫ2), al primo ordine in ǫ, si ha

〈x| e−iǫiPi |ψ〉 = ψ(x− ǫ)e−iǫiwi (140)

che può essere estesa a traslazioni finite sfruttando il fatto che le componenti dell’operatore P

commutano tra loro.La presenza di wi nella (136) comporta quindi l’emergere di un fattore di fase nella funzioned’onda traslata.Se la curva lungo la quale la funzione d’onda viene traslata è aperta, la regione su cui essagiace è sicuramente isomorfa a R

2 e sulla base delle considerazioni precedenti è sempre possibileeliminare wi, ottenendo così una fase banale.Se la funzione d’onda viene traslata lungo una curva chiusa C, essa non torna esattamente in sestessa ma acquista il fattore di fase

ψ(x) = e−i∮

C

ωψ(x) (141)

Se la curva C non contorna la singolarità, essa giace su uno stellato di R2 e la forma chiusa w è

anche esatta su tale regione, per cui la fase acquisita dalla funzione d’onda è banale. Lo stessonon può essere detto se la curva contorna la singolarità e in questo caso avremo una fase nonbanale.

Mostriamo adesso che tale fase non dipende dal circuito considerato, ma solo dal fatto cheesso circondi il disco.Considerando la superficie S avente come contorno C ∪ ∂D, ossia l’anello che contorna il discoe utilizzando il teorema di Stokes con particolare attenzione all’orientazione delle curve, si ha

C

w −∮

∂D

w =

S

dw = 0 (142)

dove si è usato il fatto che w è chiusa e quindi dw = 0. Se la curva C si avvolge attorno al discon volte in senso orario e n in senso antiorario, si ha quindi

C

w = (n − n)

∂D

w (143)

In conclusione il fattore di fase è dato da

e−i∮

C

w=

e

−i∮

∂D

w

(n−n)

(144)

ovviamente esso è non banale se∮

Cw 6= 2πn con n intero e se n − n 6= 0.

La principale proprietà di questo fattore di fase è quella di non dipendere dalla geometria di Cma solo dal fatto che esista una singolarità topologica, in questo caso il foro D, e dal numero diavvolgimenti di C attorno ad essa. Una fase di questo tipo, invariante per deformazioni continuedella curva C, viene detta fase topologica.

21

3.1.1 Fase di Aharonov-Bohm

L’esempio fisico più significativo di fase topologica è sicuramente l’effetto Aharonov-Bohm.Consideriamo una particella di massa m, carica q e velocità v immersa in un campo magneticoB costante e uniforme, ortogonale a v. Essa si muove sul piano ortogonale a B, compiendo un

moto circolare uniforme con frequenza ωc =qB

mc.

E’ noto che la dinamica quantistica della particella è descritta dall’equazione di Schrödinger perla particella libera con la sostituzione minimale

P −→ P − q

cA(X) (145)

con A potenziale vettore elettrodinamico, cioè tale che B = ∇ × A. Se consideriamo la rappresentazione nello spazio delle configurazioni dell’operatore che compare nella (145), in analogiacon la (136) si ha

〈x| (Pi −q

cAi(X)) |ψ〉 =

(

−i∂i + wi(x) −q

cAi(x)

)

ψ(x) (146)

con la condizione (137) soddisfatta. Il vettore w che ha per componenti le wi è, in virtù del-la (137), irrotazionale ed è perciò possibile inglobarlo in una ridefinizione di A senza cambiarela fisica del problema, in quanto

∇× (A + w) = ∇× A = B (147)

possiamo quindi riscrivere

〈x| (Pi −q

cAi(X)) |ψ〉 =

(

−i∂i −q

cAi(x)

)

ψ(x) (148)

L’effetto del potenziale vettore elettromagnetico è incluso nella ridefinizione dell’operatore im-pulso, è quindi evidente che studiare il moto della particella lungo la curva chiusa C equivale aconsiderare la traslazione della funzione d’onda della particella lungo tale curva, generata dal-l’operatore P − q

cA. In analogia con quanto detto precedentemente, dopo un ciclo la funzione

d’onda non torna in se stessa, ma acquista un fattore di fase

eiq

c

C

A · dl= e

iq

cΦS(B)

(149)

dove ΦS(B) è il flusso di B attraverso la superficie che ha C come contorno. La fase così ottenuta

viene detta fase elettromagnetica o di Dirac.Supponendo adesso di spegnere il campo magnetico, la fase diventa banale. In assenza di campomagnetico infatti il potenziale vettore è irrotazionale e, dato che lo spazio delle configurazioni èR

2, questo implica che esiste una funzione regolare ϕ(x) tale che A = ∇ϕ e quindi∮

C

A · dl = 0 (150)

Si supponga adesso di confinare il campo magnetico in un disco D, facendo in modo che esso siainaccessibile alla particella e che il cammino chiuso che essa percorre si avvolga attorno al disco.Dato che D è inaccessibile alla particella, lo spazio delle configurazioni diventa R

2 − D. Nellaregione su cui si muove la particella B = 0 e A è irrotazionale ma, a causa della presenza delforo D, questo non implica che esso sia esprimibile come gradiente di una funzione e la fase è ingenerale non banale. Con considerazioni analoghe a quelle che conducono alla (142) si ha che lafunzione d’onda della particella che ha compiuto un giro completo attorno a D ha acquistato ilfattore di fase

eiq

c

C

A · dl= e

iq

c

∂D

A · dl= e

iq

cΦD(B)

(151)

dove ΦD(B) è il flusso di B attraverso la superficie del foro D. La fase definita nella (151) èchiaramente un esempio di fase topologica, essa è infatti invariante per deformazioni continue delcircuito C e dipende solo dal fatto che C contorna una singolarità topologica nello spazio delleconfigurazioni.

22

3.1.2 Interpretazione di Berry dell’effetto Aharonov-Bohm

Riportiamo adesso il calcolo col quale Berry [1] mostrò che la fase di Aharonov-Bohm puòessere ricavata come un caso particolare di fase di Berry. Si consideri un solenoide infinitodi sezione D ed un sistema quantistico costituito da una particella di carica q che si immaginiracchiusa in una scatola. Indichiamo con R la posizione della scatola rispetto a un fissato sistemadi riferimento con origine sull’asse del solenoide. Si indichi con x la posizione della particellarispetto allo stesso sistema di riferimento e con x − R la posizione rispetto a un sistema diriferimento con origine nel vertice della scatola.

AharonovBohm.eps

Figura 1: Interpretazione di Berry dell’effetto Aharonov-Bohm.

In assenza di campo magnetico, l’hamiltoniana generica che descrive il sistema quantistico è

H = H(P,X−R) (152)

dove le componenti di R rappresentano i parametri ambientali e le autofunzioni corrispondentisono

ψn(x−R) = x |n;R (153)

con |n;R le soluzioni dell’equazione di Schrödinger stazionaria.In presenza del campo magnetico, la dinamica della particella è descritta dall’equazione diSchrödinger per l’hamiltoniana con la sostituzione minimale (145)

H = H(P− q

cA(X),X−R) (154)

e le autofunzioni corrispondenti sono

ψn(x−R) = ˜x |n;R (155)

dove ˜|n;R sono gli autostati dell’hamiltoniana (154). Dal principio di invarianza di gau-ge otteniamo che la funzione d’onda del sistema è legata alla funzione d’onda (153) dallatrasformazione

ψn(x−R) = eiqc

R

x

RA(x)·dx

ψn(x−R) (156)

23

dove ψn(x − R) può essere scelta reale senza perdere generalità.Supponendo adesso di trasportare la scatola su un circuito chiuso C che si avvolge una voltaattorno al solenoide, proviamo a calcolare la fase di Berry utilizzando le autofunzioni definitedalla (156). Calcoliamo quindi il potenziale di Berry

i ˜〈n;R|∇ ˜|n;R〉 = i

d3x ψ∗n(x − R)∇ψn(x − R)

= i

d3x ψn(x − R)(

−iqcA(R)ψn(x − R) + ∇ψn(x − R)

)

=q

cA(R) + i

d3x ψn(x − R)∇ψn(x −R)

(157)

dove il fatto che il secondo termine della (157) si annulli discende dalla condizione di normalizza-zione di |n;R〉. Il potenziale di Berry coincide quindi, a parte il fattore q/c, col potenziale vettoreelettrodinamico. L’analogia formale diventa in questo caso un’analogia effettiva. Riprendendola definizione della fase di Berry (38) si ha quindi

γn(C) =q

c

C

A · dl =q

cΦD(B) (158)

La fase di Aharonov-Bohm è quindi ottenibile dalla definizione di fase di Berry, essa presentaperò delle caratteristiche peculiari. Il problema in esame è infatti svincolato dall’approssimazioneadiabatica e la fase ottenuta indipendente dal numero quantico n che caratterizza lo stato. Taleformula è quindi valida per una qualsiasi sovrapposizione lineare di autostati dell’energia. Inoltreessa non dipende dalla forma del circuito C ma solo dalla presenza di una singolarità topologica.E’ quest’ultima caratteristica che la colloca nella classe della fasi topologiche.

3.2 Cenni sull’interprezione geometrica della fase di Berry

In un articolo del 1983 Simon [3] diede una descrizione geometrica della fase di Berry 18,mostrando come essa rappresenti un interessante esempio della profonda relazione che intercorretra matematica e fisica. In un certo senso lo studio di Simon reinterpreta quello di Berry da unpunto di vista geometrico, restando comunque vincolato all’approssimazione adiabatica.L’esempio considerato nel testo ci ha permesso di evidenziare come la comparsa di un fattore difase ineliminabile in uno stato ciclico non sia un accidente dell’approssimazione adiabatica, mauna caratteristica intrinseca del problema fisico. Questo ci suggerisce che l’ambito in cui ricer-care la comparsa di una fase osservabile non sia necessariemente quello delle evoluzioni ciclicheadiabatiche, ma quello più generale delle evoluzioni cicliche esatte. Alla luce di questo, sebbenelo studio di Simon sia immediatamente successivo a quello di Berry, è preferibile dare un cennodell’approccio di Aharonov e Anandan [2] che, svincolandosi dall’approssimazione adiabatica,conduce alla generalizzazione del concetto di fase di Berry al concetto di fase geometrica perevoluzioni cicliche generiche.

L’ambiente geometrico in cui si sviluppano queste interpretazioni è una struttura matematicadetta fibrato, la cui trattazione rigorosa esula dallo scopo di questa discussione. Ci proponiamocomunque di darne un’idea, anche se intuitiva, soffermandoci sul fibrato considerato da Aharonove Anandan.Si consideri lo spazio proiettivo P(H) associato allo spazio di Hilbert H. Fissato un elementoΠ ∈ P(H), a esso corrispondono infiniti vettori |ψ〉 ∈ H tali che Π = |ψ〉 〈ψ|. Si definisce fibra

su Π l’insieme dei vettori |ψ〉 in H il cui proiettore coincide con Π.Immaginando di incollare ad ogni punto Π dello spazio proiettivo, che viene detto spazio base, lafibra corrispondente, quella che viene definita è una varietà che può essere identificata localmentecome il prodotto cartesiano P(H) × H19 e che viene detta spazio totale. Un punto nello spazio

18E’ curioso come l’articolo di Simon, che riprende e reinterpreta il lavoro di Berry, sia in realtà stato pubblicatoprima di quello di Berry!

19Per H intendiamo qui lo spazio di Hilbert privato del vettore nullo.

24

totale si rappresenta nella forma p = (Π, |ψ).La varietà così definita, munita dell’operazione di proiezione π : |ψ −→ Π = |ψ ψ|, costituisceun esempio di fibrato. Una rappresentazione intuitiva di questa struttura può essere ottenu-ta immaginando P(H) come una superficie sulla quale sono disposte delle linee verticali cherappresentano le fibre e che si trovano immerse in H.

figura.eps

Figura 2: Diversi sollevamenti della curva C nel fibrato. La curva evidenziata rappresenta il sollevamento

orizzontale di Aharonov e Anandan, la cui olonomia dà la fase geometrica.

Si consideri adesso una curva chiusa C nello spazio proiettivo, a cui corrisponde un’evoluzioneciclica con periodo T definita dalla condizione

Π(T ) = Π(0) (159)

Fissato un punto |ψ(0) sulla fibra associata a Π(0), si vuole determinare la curva descritta dalvettore |ψ(t) nello spazio di Hilbert H tale che la sua proiezione coincida con la curva C. Unacurva con questa proprietà viene detta sollevamento di C. E’ chiaro che le informazioni datenon sono sufficienti a individuare univocamente il sollevamento, in quanto esistono infiniti solle-vamenti della curva C passanti per il punto |ψ(0). E’ necessario definire il modo in cui il punto|ψ(t) viene trasportato in H a partire dal punto |ψ(0). Questo corrisponde all’introduzione diuna struttura matematica, detta connessione, che connette tra loro le fibre definendo così il tipodi sollevamento.E’ evidente che, comunque scelto il sollevamento, trasportando il punto |ψ(t) a partire dal punto|ψ(0), dopo il tempo T esso torna sulla fibra iniziale, ma in generale non nel punto di partenza.Il fattore di fase per il quale il punto |ψ(T ) si discosta da |ψ(0) dipende dalla connessione sceltae, nel linguaggio matematico, viene definito olonomia della connessione, valutata rispetto allacurva C.Per visualizzare il concetto di olonomia, si consideri un vettore tangente a una sfera al polonord che venga trasportato lungo il meridiano al quale è tangente fino all’equatore, poi lungo untratto equatoriale e infine riportato al polo nord lungo un altro meridiano, essendo mantenutoper tutto il percorso tangente alla sfera. Il tipo di connessione scelta definisce il modo in cuiesso viene trasportato e in generale quando viene riportato al polo nord esso ha una direzionediversa rispetto a quella di partenza. L’angolo tra la direzione iniziale e quella finale corrispondeall’olonomia della connessione scelta.Aharonov e Anandan considerarono un particolare tipo di sollevamento, detto sollevamento oriz-

zontale che ha la caratteristica di essere univocamente determinato dal problema fisico.Si consideri un sistema quantistico descritto da un’hamiltoniana H(t), che compie un’evoluzione

25

parallelo.eps

Figura 3: Trasporto parallelo di un vettore tangente alla sfera.

ciclica nel tempo [0, T ] e il cui proiettore Π(t) descriva la curva chiusa C in P(H). Sia |ψ(t)il vettore di stato normalizzato, soluzione ciclica esatta dell’equazione di Schrödinger. Esso simuove in H lungo una curva la cui proiezione coincide con C e che ne definisce quindi un solle-vamento.Si consideri quindi il vettore

˜|ψ(t) = eiR t

0ψ(t)|H(t)|ψ(t) dt |ψ(t) (160)

che equivale alla soluzione ciclica esatta a cui è stata sottratta la fase dinamica (117). E’ facileverificare, che la (160) corrisponde alla soluzione dell’equazione di Schrödinger per l’hamiltonianaH(t) = H(t) − ψ(t)|H(t) |ψ(t) e che soddisfa la condizione

˜ψ(t)| d

dt˜|ψ(t) = 0 (161)

La curva descritta da ˜|ψ(t) in H definisce un sollevamento di C che risulta caratterizzato dallacondizione (161). Questo viene definito sollevamento orizzontale. Esso corrisponde a trasportareil vettore ˜|ψ(t) tramite spostamenti infinitesimi ad esso ortogonali, nel senso dello spazio diHilbert.Aharonov e Anandan hanno dimostrato che il sollevamento definito dalla condizione (161) è uni-vocamente determinato dalla curva C, ossia dall’evoluzione ciclica considerata.Definito il sollevamento orizzontale e stabilito che esso è univocamente determinato dalla curvanello spazio proiettivo, risulta univocamente determinata anche l’olonomia associata alla connes-sione che genera il sollevamento orizzontale.Fissato infatti il punto di partenza ˜|ψ(0), il sollevamento orizzontale passante per tale punto èunico e quindi il vettore ˜|ψ(T ) è univocamente determinato. Esso appartiene alla stessa fibra di

˜|ψ(0), e il fattore di fase che ha acquistato durante il sollevamento, ossia l’olonomia di questaconnessione, è quello che Aharonov e Anandan definirono fattore di fase geometrico.Nell’esempio trattato precedentemente la fase geometrica (128) è quella ottenuta dal sollevamen-to orizzontale appena definito e prende perciò anche il nome di fase di Aharonov e Anandan.Come abbiamo visto nell’esempio, essa tende nel limite adiabatico alla fase di Berry.Tutta la descrizione di Aharonov e Anandan rappresenta una generalizzazione dello studio diSimon, che considerò il sollevamento orizzontale definito da una condizione analoga alla (161),ma a partire dalle soluzioni adiabatiche.

Ulteriori approfondimenti vanno al di là dello scopo di questa tesi nella quale si voleva mostra-re, attraverso l’analisi di un esempio specifico, come la fase di Berry emerge e come questa sia il li-mite adiabatico di una caratteristica intrinseca del problema fisico legata a proprietà geometrichee topologiche della varietà dei parametri, indipendenti dall’approssimazione adiabatica.

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Riferimenti bibliografici

[1] M.V.Berry Quantal Phase Factors Accompanying Adiabatic Changes, Proc. R. Soc. Lond. A392, 45 (1984)

[2] Y.Aharonov and J.Anandan Phase Change during a cyclic Quantum Evolution Phys. Rev.Lett. 58, 16 (1987)

[3] B.Simon Holonomy, the Quantum Adiabatic Theorem, and Berry’s Phase, Phys. Rev. Lett.51, 24 (1983)

[4] A.Bohm, A.Mostafazadeh, H.Koizumi, Q.Niu, J.Zwanziger The Geometric Phase in Quantum

Systems, Springer

[5] F.Salmistraro La fase di Berry, Quaderni di fisica teorica, Università degli Studi di Pavia

I