“CONTINUITA’ ASSISTENZIALE OSTETRICA” Alimonti Daniela, ASL 5 - Collegno (TO)
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BOLOGNA “MANAGEMENT … · “MANAGEMENT NELLA’AREA...
Transcript of UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BOLOGNA “MANAGEMENT … · “MANAGEMENT NELLA’AREA...
1
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BOLOGNA
FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA
MASTER DI 1° LIVELLO IN
“MANAGEMENT NELLA’AREA INFERMIERISTICA, OSTETRICA E
TECNICO SANITARIA
IL LABORATORIO PRECLINICO NELL’APPRENDIMENTO DELLE COMPETENZE INFERMIERISTICHE DEGLI STUDENTI .
PROGETTO: SVILUPPARE LE ABILITA’GESTUALI COME PREPARAZIONE ALL’ASSISTENZA DEI PAZIENTI
RELATORE: STUDENTI
Prof. COSTANZA MELE FEDERICA MAGNI
2
I N D I C E
INTRODUZIONE
PRIMA PARTE
1 LA FORMAZIONE UNIVERSITARIA pag 8
1.1 legge 19.11.1990 n°341 pag. 9
1.2 DL 30.12.1992 n°502 pag 10
1.3 DM 3.11.1999 n°509 pag 10
1.4 DM 22.10.2004 n°270 pag 11
1.5 documenti fondamentali che regolamentano il CdL pag 12
2 L’APPRENDIMENTO pag.16
2.1 I laboratori nell’apprendimento pag.19
2.2 Lo scopo del laboratorio pag.20
2.3 Modelli di laboratorio pag 23
2.4 Conclusione pag 24
3 I METODI E GLI STRUMENTI DI APPRENDIMENTO pag 28
3.1 La lezione pag 29
3.2 Mappa concettuale pag 30
3.3 Il caso pag 31
3.4 Lo skills lab pag 31
3.5 Lavori in piccoli gruppi pag 32
3.6 Il Gioco dei ruoli pag 32
3.7 Il portfolio pag 33
3.8 Il PBL pag 35
3.9 I diari pag 36
3
4 IL TUTOR pag 38
4.1 La storia pag 38
4.2 Le funzioni pag 40
4.3 Il tutor nella formazione Universitaria pag 43
4.4 I modelli di riferimento pag 46
4.5 La stima quantitativa dei tutor nelle aziende sanitarie pag 47
5 GLI STUDI e PROGRAMMI IN LETTERATURA pag 48
5.1 Origine della simulazione pag 48
5.2 1° caso-Studio 2010 pag 50
5.3 2° Studio Cuneo pag 57
5.4 3° Studio pag 61
5.5 La realtà di Rimini pag 70
5.6 I dati relativi al volume di studenti pag 74
SECONDA PARTE
6 IL PROGETTO
6.1 Introduzione pag 78
6.2 Strumenti e metodi pag 78
6.3 Breve analisi del contesto pag 80
6.4 Problema/Criticità individuate pag 81
6.4.1 Possibili cause e soggetti coinvolti pag 81
6.5 Obiettivi del progetto pag 82
6.6 Costruzione del gruppo di lavoro pag 83
6.7 Fasi di sviluppo del progetto pag 84
6.8 Matrice delle responsabilità pag89
4
6.9 Strumenti operativi pag 91
6.10 Risorse pag 91
6.11 I Ruoli pag 94
6.12 Le modalità ed i tempi pag96
6.13 Stima dei costi pag 100
6.14 Tempi di realizzazione pag 100
Allegato A Diagramma di Gantt del Progetto pag 101
CONCLUSIONI pag 102
BIBLIOGRAFIA pag 104
INTRODUZIONE
5
“L’insegnamento clinico è l’aspetto della formazione infermieristica attraverso il quale
gli studenti, facenti parte di un gruppo e in contatto diretto con persone sia sane che
malate o con una collettività, apprendono a pianificare, fornire,valutare l’assistenza
infermieristica globale richiesta sulla base delle conoscenze e capacità acquisite; lo
studente impara non solo ad essere un membro del gruppo, ma anche guida del gruppo
capace di organizzare l’assistenza infermieristica globale …. Gli studenti partecipano
alle attività dei servizi nei limiti in cui tali attività contribuiscano alla loro formazione,
permettendo loro ad imparare ad assumere le responsabilità inerenti l’assistenza
infermieristica” (Decreto Legislativo 2/5/94 n° 353”–art. 6 ) ora D.Lgs 206/2007
L’elaborato è la sintesi di quanto in letteratura è descritto sulle tecniche di
apprendimento che si ri-producono nell’ambito dei contesti di formazione
infermieristica mediati dalla tecnologia. L’obiettivo del lavoro è quello di interrogarsi se
gli ambienti simulati possono essere considerati luogo di creazione, di sapere pratico e
sensibile e, conseguentemente, descrivere come avviene il processo di creazione e
circolazione del sapere pratico in un contesto mediato da operatori competenti e
tecnologia.
La pratica dell’apprendimento tramite l’utilizzo di manichini altamente sofisticati e la
realtà virtuale si sta diffondendo sempre più grazie ai risultati che si sono raggiunti,
all’abbattimento dei costi in seguito all’utilizzo dei software e al parziale superamento
dello scetticismo nei riguardi delle nuove tecnologie. Queste tecniche, in molti contesti,
sono una condizione indispensabile per prepararsi allo svolgimento delle normali
attività lavorative. (STS Italia online paper)
Lo svolgimento della professione infermieristica richiede specifiche competenze,
disponibilità e sensibilità, nonché saperi pratici. Le simulazioni, grazie al supporto
tecnologico, introducono direttamente lo studente in un setting simulato, che riproduce
più o meno fedelmente la realtà lavorativa. Il sistema prevede l’uso di simulatori
provvisti di caratteristiche anatomiche altamente realistiche. Numerosi sono i vantaggi
delle simulazioni, quali ad esempio,
l’assenza di rischi per i pazienti,
la possibilità di mettere in pratica le procedure e riprovarle più volte,
la possibilità di critica costruttiva grazie all’esperienza personale
la possibilità di commettere errori.
6
La formazione diviene così un momento in cui gli studenti , generalmente, suddivisi per
gruppi , simulano il lavoro di equipe, apprendendo dall’esperienza, prendendo decisioni,
risolvendo problemi e sviluppando autonomia. Vettore (2007)
Questa realtà è ormai presente in molte sedi universitarie in quanto sono forti le
evidenze scientifiche che ne dimostrano l’efficacia.
Il background teorico che utilizzeremo per affrontare questo lavoro è quello offerto dal
primo studio: “Nurse Education in Pratic” Jane Warland (2010) dove, l'obiettivo
principale della simulazione è quello di preparare in modo sicuro studenti per un
contesto di vita reale, clinica. Secondo studio:“Nurse Education Today” C.S.
McCaugher, M.K. Traynor (2010), sembra essere il primo ad affrontare la questione
della preparazione di una valutazione nel contesto di simulazione, e aggiunge così una
nuova dimensione per la base concreta per simulazione. I partecipanti approvano la sua
efficacia per questo prezioso scopo. Terzo studio “progetto di Cuneo” L’obiettivo di
questo studio è quello di integrare le scelte pedagogiche adottate con nuove strategie
didattiche al fine di migliorare lo standard formativo e la padronanza degli studenti
negli stage attraverso utilizzo dei laboratori dei gesti attraverso la costruzione di casi.
Dott.ssa Sarina Lombardo Coordinatore Corso di Laurea in Infermieristica- Sede di
Cuneo- Università degli Studi di Torino).
Tutti e tre gli studi hanno adottato la prospettiva practice-based dove si supera la
concezione classica dello studio e si adotta una visione che va oltre la concezione
mentale e razionale della conoscenza e dell’apprendimento Bruni et al (2007), grazie al
quale si arriva a sostenere che gli studenti durante le simulazione negli skill-lab
producono, riproducono ed attivano la loro realtà organizzativa, e dove imparano
“praticando”, negli errori , nella produzione e ri-produzione quotidiana in un contesto
protetto. E’da queste premesse che nasce la scelta di cercare di individuare tra i vari
studi sull’argomento quello più efficace, più vicino alla nostra realtà.
Il contesto preso in considerazione è Rimini il Polo dell’Università di medicina e
chirurgia di Bologna, dove attualmente è presente un laboratorio dei gesti con due
postazioni contenente materiale e manichini che permettono simulazioni controllate.
Si tratta di uno spazio fisico organizzato, sito in via Flaminia, in cui gli studenti possono
sviluppare l’apprendimento delle abilità tecnico-gestuali professionali in un ambiente
d’apprendimento controllato. Rappresenta un metodo preparatorio alla pratica clinica e
sulla base della programmazione didattica, gli studenti sperimentano manovre e
7
tecniche professionali su appositi manichini; possono esercitarsi in piccoli gruppi tra
studenti con la supervisione dei tutor.
L’obiettivo principale che ci siamo poste con questo lavoro è stato quello di elaborare
un progetto che potesse garantire agli studenti del CdL un metodo preparatorio alla
pratica clinica , è proprio all’interno dei laboratori che gli studenti sperimentano
manovre e tecniche professionali su appositi manichini; lo possono fare esercitandosi in
piccoli gruppi con la supervisione dei tutori.
La tesi è suddivisa in due parti. La prima parte è puramente descrittiva dove vengono
approfonditi argomenti come: la formazione universitaria, l’apprendimento, alcuni
concetti basilari i suoi scopi, i suoi modelli, i tipi di laboratorio nell’apprendimento; le
teorie che ne sono alla base , le metodologie didattiche per gli adulti. il tutor: la
funzione,le diverse figure , i modelli di riferimento studi e programmi in letteratura .
Nella seconda parte viene descritta la realtà operativa dove verrà implementato il
progetto che abbiamo costruito.
La ricerca degli studi e le revisioni in letteratura sull’argomento sono stati identificati
attraverso una ricerca automatica in diversi data base.
8
PRIMA PARTE
9
1 LA FORMAZIONE UNIVERSITARIA DELLE PROFESSIONI SAN ITARIE
La professione infermieristica negli anni ha sostanzialmente modificato la modalità di
partecipazione al Sistema Sanitario. La formazione Universitaria e la legislazione hanno
stimolato, reso visibile e percepibile questa trasformazione ai singoli professionisti, reali
sostenitori del sistema, e a caduta a tutte la altre professioni che agiscono ed
interagiscono con l’infermiere. L’Università, quale luogo di libertà di pensiero e di
proposizione di tutto ciò che riguarda il sapere e la ricerca di verità, coniuga in modo
organico ricerca e didattica, garantendone la completa libertà.
Per realizzare i suoi fini istituzionali, che sono l’insegnamento e la ricerca scientifica,
l’Università si avvale delle facoltà, dei corsi, dei dipartimenti, degli istituti e dei centri
di servizio. Nel corso degli ultimi venti anni sono state realizzate rilevanti modifiche
nella distribuzione dei poteri di governo, dell’Università e oggi la sua gestione è ispirata
ai principi di autonomia e responsabilità. C.Galletti, et al (2008).
Infatti, la creazione nel 1989 mediante scorporo dal Ministro della Pubblica Istruzione,
del Ministro dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica (MURST), nel
quale sono state accorpate del funzioni di coordinamento dei due settori dell’istruzione
Universitaria e della ricerca scientifica ha permesso di separare il momento delle scelte
di politica universitaria, assegnato al Ministero, da quello della gestione delle scelte,
assegnato alle Università e agli enti di ricerca consentendo la operativa realizzazione
dell’autonomia. C.Galletti, et al (2008).
Terminato tale processo di riordino il Ministero dell’Università è tornato a confluire in
un unico Ministero dell’educazione: l’attuale Ministero dell’Istruzione, dell’Università e
della Ricerca (MIUR). Il progressivo e ampio trasferimento di poteri dal livello centrale
di governo alle singole sedi Universitarie ha segnato la crescita dell’autonomia
complessiva delle sedi Universitarie in particolare sono cresciute l’autonomia statutaria
e regolamentare, l’autonomia finanziaria, l’autonomia didattica, l’autonomia di
reclutamento della docenza universitaria. Alcune delle tappe più significative del
processo legislativo di riforma del sistema universitario sono:
1.1 Legge 19 novembre 1990 n°341
“Riforma degli ordinamenti didattici universitari” ha delineato la possibilità di inserire
nelle Università italiane accanto ai tradizionali corsi di Laurea, di Specializzazione, di
10
Dottorato e di Perfezionamento, i Diplomi Universitari di laurea breve. Tali corsi si
svolgono nelle facoltà, hanno una durata non inferiore ai due e non superiore ai tre anni
e gli studi compiuti nello svolgimento dei curriculum devono essere riconosciuti dalla
facoltà per proseguire gli studi e conseguire lauree e diplomi universitari affini (art 2
comma 1e2). Per attivare i corsi di Diploma Universitario l’art.9 comma 1 previsto, che,
entro due anni dalla data di entrata in vigore della norma, dovessero essere definiti ed
aggiornati con uno o più decreti gli ordinamenti didattici dei corsi di diploma
universitario, dei corsi di laurea e delle scuole di specializzazione e le rispettive tabelle.
Tali decreti devono essere formulati tenendo conto della normativa comunitaria di
riferimento e delle previsioni occupazionali riducendo le duplicazioni e ricomponendo
gli insegnamenti secondo criteri di omogeneità disciplinare; individuando, per
raggiungere definitivi obiettivi didattico-formativi, le aree disciplinari. Il merito di
questa Legge n°341 (1990 ) è stato quello di avviare l’allineamento dello schema
formativo dell’istruzione superiore italiana a quello degli altri paesi europei Tale
normativa si poneva anche l’intento di facilitare l’introduzione nel mondo del lavoro dei
giovani e di assicurare loro un’ adeguata conoscenza di metodi, contenuti scientifici e
culturali che li rendessero capaci di rispondere a bisogni di professionalità che la società
esprime. L’inserimento del servizio di orientamento e della figura del tutore (la
medesima normativa introduce con l’art 13 ) era stato previsto per orientare e assistere
gli studenti lungo tutto il percorso degli studi, per renderli attivamente partecipi al
processo formativo, a rimuovere gli ostacoli ad una proficua frequenza dei corsi, anche
attraverso iniziative rapportate alle necessità, alle attitudini ed alle esigenze dei singoli.
Ciascuna università provvede ad istituire con regolamento il tutorato, sotto la
responsabilità dei consigli delle strutture didattiche. G.Marmo et al (2008).
Il tutor adeguatamente formato, ha una valenza centrale nel percorso di acquisizione di
abilità pratiche perché permette di collegare il sapere disciplinare ad un sapere pratico in
costante evoluzione. Un aspetto innovativo è dato anche dall’art 6 comma 2 che
sottolinea come l’importanza scientifico–formativa dell’Università non si esaurisca con
i corsi di studio legati a “ tabelle nazionali” ma possa essere ampliata con l’attivazione
di corsi di perfezionamento e aggiornamento culturale legati a particolari ed emergenti
ambiti di ricerca. Come già ricordato, per l’applicazione di questa Legge di riordino e
l’avvio ufficiale dei corsi di Diploma Universitario si è dovuto attendere fino al 1996
con l’emanazione delle “nuove” tabelle (XXVIII-ter). Il percorso è stato abbastanza
lungo poiché il cambiamento legislativo è andato ad incidere su “alcune cristallizzazioni
11
accademiche” e le sedi universitarie hanno dovuto attuare una serie di cambiamenti di
carattere strutturale e organizzativo. G.Marmo et al (2008)
1.2 Decreto Legislativo 30 dicembre del 1992 n°502
“Riordino della disciplina in materia sanitaria” a norma dell’articolo 1 della Legge 23
ottobre 1992, n°421 dove in particolare all’articolo 6 si rileva l’azione del riordino delle
figure professionali sanitarie e dove acquista centralità il problema della formazione. Il
comma 3 delega il Ministro della Sanità ad individuare con proprio decreto le figure
professionali sanitarie da formare con i relativi profili ed il MURST a definire i relativi
ordinamenti didattici. La norma disponeva la cessazione entro 2 anni, dal 1° gennaio
1994, di tutti i corsi previsti dal precedente ordinamento. Veniva così sancita la
formazione universitaria come unico canale formativo per le formazioni sanitarie, ai
sensi della legge 341/90 (la riforma degli ordinamenti didattici universitari), e la
chiusura definitiva della formazione di tipo regionale . C.Galletti, et al (2008).
1.3 Il DM n° 509 del 1999
Realizza una radicale riorganizzazione dell’ordinamento dei corsi di studio prevedendo,
in sintesi, il passaggio dal preesistente ordinamento “tabellare” ad un sistema basato su
pochi vincoli specificamente architettato per consentire alle singole sedi universitarie
una più ampia autonomia propositiva in ordine alla progettazione dei contenuti dei corsi
di studi. Questo regolamento ha segnato il passaggio da un sistema di tipo
“centralistico”, in cui lo stesso percorso formativo veniva indistintamente offerto da un
pluralità di atenei, ad un sistema nel quale sono gli stessi atenei a progettare i propri
percorsi formativi nel rispetto delle proprie specificità e caratteristiche. L’architettura
degli studi universitari delimitata dal DM n°509 del 1999 è caratterizzato
dall’introduzione dei crediti formativi, come strumento sia per misurare la qualità del
lavoro effettivo di apprendimento richiesto allo studente, sia per assicurare la mobilità
degli studenti fra i diversi percorsi formativi all’interno dell’ateneo e dell’intero sistema
universitario italiano ed europeo. C.Galletti, et al (2008).
Articolazione dei corsi di studio universitari in tre cicli (laurea, laurea specialistica,
dottorato di ricerca) cui si accompagna la disciplina dei master di primo e secondo
livello. In particolare: Il primo ciclo di durata triennale ( laurea equivalente ad un carico
12
didattico di 180 crediti) che fornisce allo studente un adeguata padronanza dei metodi e
contenuti specifici generali. Il secondo ciclo di durata biennale (corrispondente ad un
carico didattico di complessivi 300 crediti , comprensivi dei 180 crediti già acquisiti con
il titolo di studio di primo livello) che fornisce allo studente una formazione di livello
avanzato per l’esercizio di attività di elevata qualificazione in ambito scientifico.
G.Marmo et al (2008)
Terzo ciclo di durata variabile (non necessariamente associata a crediti) a cui si accede
con la laurea specialistica. Gli obiettivi perseguiti dalla riforma didattica erano diretti al
raggiungimento delle seguenti finalità: Diversificazione dell’offerta formativa attraverso
la qualificazione dei corsi di studio ed il miglioramento della didattica. Riduzione della
durata reale dei corsi e del numero degli abbandoni, anche attraverso il sostegno e
potenziamento delle attività di orientamento e tutorato. Adeguamento dei corsi di studio
all’evoluzione della domanda sociale di formazione ed ai mutamenti del sistema
produttivo e del mercato di lavoro. Internazionalizzazione dei corsi di studio con
conseguente armonizzazione nel contesto europeo. Il contributo decisivo alla
realizzazione del DM n°509 del 1999 si ha con:
� Il DM del 4 agosto 2000 (determinazione delle classi delle laure universitarie);
� Il DM del 28 novembre 2000 (determinazione delle classi delle lauree
universitarie specialistiche);
� Il DM del 2 aprile 2001 (determinazione delle classi delle lauree universitarie della
professioni sanitarie);
Il DM 12 aprile 2001 (determinazione delle classi delle lauree e delle lauree
specialistiche nelle scienze della difesa e della sicurezza). G.Marmo et al (2008)
1.4 DM 22 ottobre 2004, n° 270
Il Decreto MIUR 22 ottobre 2004 n. 270 “Modifiche al regolamento recante norme
concernenti l’autonomia didattica degli atenei”, ha introdotto alcune novità circa la
progettazione dei corsi. I corsi di laurea afferenti alla medesima classe o gruppi affini di
essi devono prevedere un primo anno comune (pari al conseguimento di almeno 60
crediti formativi universitari riferiti all’attività di base). Il DM n° 270 del 2004
sostituisce integralmente il DM 509 del1999.
13
Le innovazioni di questo decreto si collocano in un netto aumento degli spazi di
autonomia dei singoli atenei da attuare sulla base di criteri generali definiti dalle
normative. L’autonomia degli atenei richiede, anche, che il sistema acquisisca non solo
regole di efficacia ma anche di efficienza. C.Galletti-et al:(2008).
La progettazione dei nuovi curricula dei corsi di studio, che impegnerà le università
fino al 2010, rappresenta un passaggio e un ulteriore avanzamento verso un sistema più
libero e meno burocratizzato. I punti di forza e gli obiettivi della riforma sono
rappresentati dalla differenzazione delle offerte didattiche e dalla flessibilità dei
percorsi. La riforma si impone, per il futuro dell’organizzazione didattica universitaria,
anche per superare l’eccessiva frammentazione dei corsi e degli insegnamenti e il
proliferare dei corsi di laurea e laurea magistrale. G.Marmo et al (2008)
Importante è anche la limitazione nell’applicazione dell’art. 5 comma 7 del DM 270 del
2004, fissando il riconoscimento dei crediti derivati dall’esperienza nel limite massimo
di 60 per il primo ciclo e di 40 per il secondo ciclo. Un aspetto critico da presidiare, per
evitare di lasciare la riforma a metà, è la permanenza nel sistema italiano del valore
legale del titolo di studio per cui si dovranno stabilire nuovamente meccanismi di
raccordo tra la vecchia e la nuova normativa in materia di studi universitari e la
disciplina delle professioni intellettuali. Emerge, pertanto, come il sistema cerchi di
trovare nuovi equilibri mettendo al centro dell’offerta didattica la ricerca di qualità
formativa e la convergenza tra il sistema universitario e i nuovi modelli economico-
sociali che richiede una nuova governance globale di macro-sistema. G.Marmo et al
(2008)
1.5 I documenti fondamentali che regolamentano un corso di Laurea
Ordinamento didattico
Regolamento didattico
Programmazione didattica
L’ordinamento didattico definisce :
• la denominazione del Corso di studio;
• l’indicazione della classe di appartenenza;
• gli obiettivi formativi specifici;
14
• i requisiti di ammissione e le modalità di conferimento e di recupero degli eventuali
debiti formativi;
• il quadro generale delle attività formative con il numero dei crediti ad esse associati e i
settori scientifico‐disciplinari di riferimento;
• le eventuali obbligatorietà di frequenza;
• le modalità di conseguimento dei crediti e le modalità di svolgimento della prova
finale;
• gli ambiti occupazionali previsti per i laureati del corso di studio
OBIETTIVI FORMATIVI SPECIFICI
I laureati in Infermieristica sono operatori sanitari in grado di svolgere, ai sensi del
D.M. 739/1994 e in conformità a quanto disposto dalla L. 251/2000 in via autonoma o
in collaborazione con le altre figure sanitarie, su prescrizione medica L.42/1999 tutti gli
La prova finale, con valore di Esame di Stato abilitante alla professione, organizzato in
due sessioni in periodi concordati su base nazionale, comprende:
• a) una prova di dimostrazioni di abilità pratiche.
• b) la redazione di un elaborato di natura teorico-applicativa
STRUTTURA DEL CORSO
• La laurea di primo livello in Infermieristica in base alla riforma universitaria viene
normalmente conseguita in un corso di tre anni dopo aver acquisito 180 crediti (CFU).
• Il lavoro dello studente si suddivide in apprendimento autonomo e apprendimento
guidato.
Apprendimento autonomo = studio individuale
Apprendimento guidato = lezione formale
Esercitazioni, tirocinio guidato, attività tutoriali, seminari,
15
OBBLIGO DI FREQUENZA E PROPEDEUTICITÀ
La frequenza all'attività didattica formale , alle attività integrative, alle attività formative
professionalizzanti e di tirocinio è obbligatoria. Per essere ammesso all'esame finale di
laurea – che ha valore abilitante – lo studente deve aver superato tutti gli esami di
profitto, compreso quelli di tirocinio.
Decreto MURST 2 aprile 2001
emanato nel rispetto dei criteri stabiliti dal D.M. 509/1999
Individua per ogni Corso di Studio gli obiettivi formativi qualificanti e le attività
formative indispensabili per conseguirlo, raggruppandole in sei tipologie:
A= di Base
B= Caratterizzanti
C= Affini o Integrative
D= Scelta dallo studente
E= Lingua inglese
F=Tirocinio
Come armonizzare teoria e pratica
Quali sono le modalità di integrazione di didattica e tirocinio e cioè delle due diverse
filosofie:
• block system e
• sistema “pratica e grammatica”.
Il regolamento didattico riporta le materie per anno, per semestre, la composizione dei
corsi integrati e il numero dei CFU corrispondenti. Un corso integrato (C.I.) è l’insieme
di
insegnamenti affini che possono essere tenuti da docenti diversi ma aventi programmi
integrati fra loro al fine di dare completezza al titolo della materia con cui è denominato
il corso integrato.
16
La responsabilità didattica del C.I.
Al Docente più “rappresentativo” o “alto in grado” viene affidata la verbalizzazione in
qualità di responsabile, Presidente di commissione. Agli altri docenti facenti parte del
C.I. è riservato il ruolo di
Il corso elettivo
È la classificazione di un corso monodisciplinare che viene scelto dallo studente fra
quelli proposti dal CdL o dalla Facoltà. Nel piano di studi è riservato un numero di
crediti specifico per questi corsi commissari.
Programmazione didattica
E’ lo strumento quotidiano sulla quale si costruiscono gli orari delle lezioni e tutte le
attività didattiche ad esso correlate. Riporta i nominativi dei docenti e le caratteristiche
normative dell’affidamento dell’insegnamento attribuito loro. Riporta anche il nome del
Docente che presiederà la commissione d’esame nell’ambito del Corso integrato.
Le modifiche e gli aggiornamenti
In caso di modifica la complessità è decrescente dall’Ordinamento alla Programmazione
Didattica, toccando piani di responsabilità differenti che vanno dal Consiglio di Corso
(sempre e comunque) alle Commissioni didattiche di Facoltà e di Ateneo fino al
Ministero.
Crediti Formativi
E’ stato calcolato che uno studente, ogni anno può dedicare 1500 ore del proprio tempo
allo studio
1 anno di studio = 1500 ore = 60 crediti
Credito Formativo: unità di misura del lavoro dello studente riconosciuta come
formazione acquisita che comprende: studio individuale, frequenza alle lezioni e ai
laboratori, stage, che ogni Facoltà può disciplinare in % variabili. G.Santucci (2010)
17
2 L’APPRENDIMENTO CLINICO
Il progetto formativo del Corso di Laurea in Infermieristica mira ad far conseguire agli
studenti le competenze professionali proprie dell’infermiere, cosi come stabilite della
normativa Europea con il (DLgs 6 Novembre 2007 n°206 ), dall’ordinamento didattico
universitario e delle altre due coordinate che definiscono, ai sensi della legge 42/99, il
campo proprio di attività e responsabilità delle professioni sanitarie: il profilo
professionale, il codice deontologico. Galletti, et al (2008)
Da tempo i paesi Europei perseverano su alcuni cambiamenti strutturali che devono
avvenire nelle Università per ciò che attiene la programmazione, la metodologia
didattica e i sistemi di valutazione. Dalla conferenza di Bologna del 1999 ai descrittori
di Dublino del 2004 si sono sempre più puntualizzate le capacità che devono essere
acquisite dagli studenti universitari per essere testimoni attivi e privilegiati nel mondo
del lavoro. I descrittori di Dublino definiscono che i risultati dell’apprendimento devono
essere comuni a tutti i laureati di un corso di studio, non solo in termini di conoscenze
attese ma anche in termine di competenze, di abilità/capacità ( di soluzione di problemi;
di apprendere ); ciò comporta, non essendo essi esaustivi e prescrittivi la scelta di
obiettivi e contenuti specifici per i diversi corsi di studio e la continua ricerca di metodi
didattici innovativi che accompagnano quelli più tradizionali, quali le lezioni
abitualmente utilizzata nelle Università. Galletti, et al (2008)
In Italia i ritardi su questi temi, anche se richiamati nelle riforme finora attuate, la
disattenzione verso le difficoltà, il rifiuto a volte nei confronti del manifestarsi dei saperi
accademici da parte degli studenti e l’uso invariato delle forme di comunicazione
didattica, enfatizza sugli aspetti verbalistico–nozionistici delle singole discipline, hanno
portato secondo l’analisi di Frabboni e Callari Galli, la massimizzare la lezione
minimizzando nel contempo altre forme di mediazione cognitiva come l’esercitazione,
il seminario, il laboratorio, l’osservazione sul campo, il tirocinio. Allo stesso modo si è
massimizzato l’esame finale, limitando al contempo le forme intermedie del controllo
docimologico, come la diagnosi iniziale, la valutazione formativa in itinere finalizzata al
recupero e soprattutto l’autovalutazione dello studente quasi sconosciute nell’Università
italiana. Il confronto con l’Europa implica quindi il ripensamento anche delle pratiche
didattiche correnti. G.Marmo et al (2008)
Lo stesso mandato professionalizzante dell’Università che per alcuni corsi di laurea ad
esempio quelli delle professioni sanitarie è abilitante all’esercizio di una professione, va
18
riferito a contesti di lavoro in cui viene richiesto il pensiero scientifico e competenze di
mediazione tra teoria e pratica, tra principio e caso, tra generale e particolare .E’
importante il verificarsi di una stretta connessione oggi presente tra ricerca in ambito
pedagogico-didattico e insegnamento, da cui derivano nuove modalità didattiche che
evitano la riproposizione di saperi cristallizzati, pronti all’applicazione diretta, a favore
di un sapere fluido, problematizzante, aperto a domande e a soluzioni innovative, alla
ricerca di metodi e tecniche per interrogare l’esperienza e per sperimentare sui fenomeni
della realtà per comprenderla meglio. G.Marmo, et al (2008)
La metodologia del lavoro didattico all’Università va fondata su strategie di problem-
solving intesi come proposta di temi non routinari, ma tali da richiedere strutturazione
autonomia del sapere e decentramento cognitivo. L’utilizzo di simulazioni, dai giochi di
ruolo agli studi di caso, ai laboratori dei gesti, al tirocinio in situazione reale, va in
questa direzione, proponendo il confronto con 1situazioni relativamente complesse,
rappresentative della realtà o effettivamente reali stimolanti la partecipazione attiva
degli studenti. Galletti et al (2008)
La nuova didattica universitaria parte dalla constatazione dell’insufficienza delle forme
tradizionali di insegnamento, identificate nel ciclo di lezioni frontali, che privilegiano da
un lato il ruolo magistrale del docente, le sue capacità comunicative e argomentative
l’esposizione sequenziale di contenuti scientifico culturali organizzati e dall’altro lato
una funzione prevalentemente ricettiva da parte dello studente impegnato a decodificare
termini e concetti trasmessi oralmente attraverso linguaggio comune o
formale/scientifico.
I modelli teorici dell’apprendimento che meglio supportano quei metodi didattici che
riconoscono, invece, allo studente un ruolo attivo nel suo percorso di apprendimento
confrontando saperi teorici e saperi esperienziali. L.Gamberoni et al (2009).
Per fare questo è necessario ricorrere oltre alle teorie classiche dell’apprendimento,
quella comportamentista e quella cognitivista, anche a quella socio-culturale che
privilegia l’apprendimento per scoperta, caratteristica del paradigma interazionista, che
considera la comunicazione didattica come sistema tecnologico di relazioni
interpersonali significative che valorizzano le forma mentis individuali. L’oggetto della
conoscenza non è più solo il” sapere cosa” ma anche il “sapere come”.
19
Questo comporta :
• esplorare/osservare la realtà in laboratorio e sul campo
• intervenire nei fenomeno ponendo i problemi e ricercando le procedure
di soluzione
• utilizzare strategie analogiche e simulative di produzione organizzazione
rappresentazione delle conoscenze.
Con questo procedimento si realizzano esperienze formative, le cui parole chiave sono
progetto, trasformazione, cambiamento, in cui l’obiettivo del docente non è più quello
di trasferire/spiegare conoscenze, ma piuttosto quello di aiutare a scegliere il metodo
corretto per risolvere i problemi, proponendo anche le vie operative per “far pratica”,
utilizzando anche ambienti tecnologici reali/virtuali in grado di creare contesti
amichevoli ed emotivamente coinvolgenti, preliminari all’incontro con la realtà vera
della comunità di pratica (l’apprendimento che avviene nelle professioni sanitarie in cui
il tirocinio è parte costruente del ciclo di studi). L.Gamberoni et al (2009).
Il percorso verso una nuova didattica si completa con l’apprendimento situato di Cole e
cooperativo di Slavin ispirati al metodo costruttivista/sociale in cui la comunicazione
didattica si fonda su processi collaborativi e si realizza in comunità reali/ virtuali di
studio e/o di lavoro L’apprendimento contestualizzato è mirato principalmente ad
acquisire cultura professionale, si realizza quindi, in situazioni reali (tirocinio) in cui
l’incertezza l’unicità e i conflitti di valore impediscono di risolvere i problemi solo per
mezzo di conoscenze di base, metodi e procedure predefinite..Il ciclo di apprendimento
clinico ha origine dai principi e dai concetti insegnati nel programma teorico.
L.Gamberoni et al (2009)
Gli insegnanti clinici adottano varie strategie didattiche nelle fasi di laboratorio, briefing
e debriefing. Queste possono essere, ad esempio, il lavoro di gruppo, il role play, i
giochi e le microabilità quali: il rafforzamento, la spiegazione e il porre domande.
Qualunque metodo adottino, gli insegnanti clinici devono immediatamente affrontare la
responsabilità di preparare gli studenti per la pratica clinica. M.Bozzolan et al (2009).
Sebbene alcuni insegnanti preferiscono tenere le lezioni nell’ambiente clinico, la
maggior parte di essi ammette che esistono delle buone ragioni per una pratica che
20
preceda l’attività vera e propria, prima che gli studenti impiegano le loro abilità nella
situazione reale e con pazienti”veri”.
2.1 I laboratori nell’apprendimento
Il laboratorio nell’istruzione infermieristica ha assunto molte forme. Ci sono corsi in cui
il laboratorio è un’aula per le “esercitazioni”ed è utilizzato soprattutto da studenti che si
esercitano nelle tecniche, ad un livello prestabilito, prima di procedere alla pratica
clinica In altri programmi il laboratorio è piuttosto un corso o un seminario con un
lavoro scritto da svolgere e/o un’esposizione orale da parte degli studenti. L.Gamberoni
et al (2009).
Il laboratorio, nei corsi che si svolgono nelle Università, può anche avere affinità con le
attività svolte nei laboratori delle discipline fondamentali, dove viene attribuita molta
importanza al metodo scientifico. In parte il laboratorio infermieristico è analogo al
laboratorio scientifico, proprio per il suo scopo che consiste nel coinvolgere gli studenti
nelle attività pratiche attraverso:
• l’analisi della loro preparazione teorica
• la sperimentazione di nuove idee, attrezzature e metodi
• l’interpretazione della teoria e il suo legame con la pratica
• lo sviluppo di abilità infermieristiche e pratiche .
Schweer (1972) descrive il laboratorio come un luogo in cui gli studenti utilizzano”il
problem solving” per sviluppare varie tecniche in un ambiente di apprendimento
controllato. Scheweer usa il termine “metodo di laboratorio” sia per il locale dove si
svolge il lavoro che per le sessioni cliniche e comunitarie. D’altra parte, Infante
distingue tra laboratorio scolastico, dove non ci sono pazienti, e il laboratorio clinico in
cui gli studenti entrano in contatto con il paziente. Anche Reilly e Oermann usano il
termine laboratorio in riferimento all’ambiente clinico distinguendolo dal laboratorio di
risorse per l’apprendimento, più simile al laboratorio scolastico descritto da Infante; il
quale descrive il laboratorio come un’officina in cui il metodo di laboratorio, sia a
scuola che nell’ambito clinico è quello di permettere agli studenti di scoprire da se le
cose, senza tener conto se queste siano state scoperte da altri oppure no. IL laboratorio
porge agli studenti l’opportunità di sviluppare la loro abilità di osservare in modo
21
preciso e ordinato. L’importanza di permettere agli studenti in laboratorio di risolvere
da sé i problemi, per giungere alle loro conclusioni, non va però sopravvalutata. E’ bene
che ogni scuola decida le proprie finalità generali del laboratorio , in accordo con
l’organizzazione e la struttura del corso. Inoltre, i singoli insegnanti che hanno una parte
degli studenti di una stessa classe possono avere la necessità di modificare le finalità
durante le sessioni di briefing, di pratica clinica e di de briefing, a seconda del livello di
apprendimento del loro gruppo di studenti. L.Gamberoni et al (2009).
2.2 Lo scopo del laboratorio
Lo scopo del laboratorio, all’interno del ciclo di apprendimento clinico, comprende
l’assistenza degli studenti affiche capiscano, verificano e utilizzano i principi generali
del programma teorico nella pratica clinica, sviluppano abilità pratiche, intellettive e
attitudinali come preparazione all’assistenza dei pazienti, scoprono i principi e
sviluppano le intuizioni attraverso delle esercitazioni pratiche che mirino ad applicare le
discipline fondamentali alla pratica infermieristica. Esaminiamo questi scopi :
Comprensione, verifica e utilizzo dei principi generali del programma teorico nella
pratica clinica.
Il laboratorio garantisce il collegamento tra il programma teorico e la sessione di
briefing precedente la pratica clinica. Anche nelle fasi iniziali gli studenti devono capire
che le loro abilità cliniche dipendono per gran parte dalle loro conoscenze teoriche .Essi
devono essere in grado di comprendere le motivazioni delle procedure e i principi
sociali, comportamentali e biologici che sottendono l’applicazione di abilità a un certo
numero di condizioni e situazioni. Applicare le nozioni ad un preciso paziente implica
necessariamente che lo studente abbia una certa familiarità con lo stesso paziente, in
modo da usare queste nozioni nell’assistenza. L.Gamberoni et al (2009).
Anche in laboratorio si possono svolgere l’attività per la comprensione, la prova e
l’utilizzo dei principi teorici ad un livello generale. I concetti generali che gli studenti
devono padroneggiare e applicare derivano dalle discipline di base, delle scienze sociali
comportamentali, infermieristiche e anche delle precedenti esperienze pratiche degli
stessi studenti.
22
Sviluppo delle abilità pratiche ed intellettive e determinazione delle attitudini
L’insegnamento in laboratorio o il metodo di laboratorio implicano che gli studenti
imparino mentre svolgono da se i vari compiti. Non è sufficiente dire loro come
svolgerli, guardare gli altri che li svolgono o ascoltare gli altri che ne parlano. Insegnare
agli studenti come raggiungere il KNOWING-IN-ACTION è uno dei problemi centrali
dell’insegnamento e dell’apprendimento in laboratorio. Tan (1987) riporta le tra fasi di
apprendimento di Fitts et al(1967):
• Fase iniziale o cognitiva
• Fase intermedia o associativa
• Fase finale o autonoma
Tan ritiene improbabile che gli studenti possono efficacemente integrare concetti e
teorie con le loro abilità pratiche fino a quando non sia raggiunta la fase finale o
autonoma.
Inoltre potrebbe risultare difficile stabilire un rapporto efficace con il paziente, finche
non sia memorizzato lo schema delle attività da svolgere. Benner (1984) richiede che
vengono date delle regole precise agli allievi alle prime armi per guidare le loro attività
pratiche e afferma che in laboratorio si può raggiungere un livello di performance che
comprenda i principi teorici e tale prestazione è nettamente distinta dalle abilità
valutative dipendenti dal contesto , che possono essere acquisite solo in situazioni reali.
Come si può fare tutto questo? Quali sono le conseguenze dell’apprendimento in
laboratorio? Fondamentalmente gli studenti devono sapere che cosa ci si aspetta da loro,
come vada eseguita una determinata procedura, come mettere in pratica la loro abilità e
come ricevere il feedback della loro prestazione . L.Gamberoni et al (2009).
Per insegnare in laboratorio le abilità sono:
• catturare l’attenzione ;
• informare lo studente dell’obiettivo stabilito;
• stimolare il recupero di insegnanti precedenti;
• presentare materiale stimolante ( con dimostrazioni o esercizi di problem solving)
• guidare all’apprendimento;
• stimolare all’azione pratica;
23
• dare il feedback relativo alla prestazione;
• aumentare la memorizzazione delle conoscenze e la capacità di adattarle ad altre
situazioni assistenziali.
Lo sviluppo la destrezza, la pratica nell’assemblare e nello smontare l’attrezzatura,
l’identificazione degli errori commessi e la scoperta di come correggerli, il consapevole
miglioramento della propria prestazione e la risposta di feedback data ai colleghi nelle
esercitazioni simulate, tutti questi elementi richiedono spazio, tempo, attrezzature oltre
che l’interesse e la guida di un insegnante. L.Gamberoni et al (2009).
Un’altra abilità da imparare in laboratorio è la “riflessione durante l’azione”. Ciò è
importante, dato che lo studente potrà cosi imparare a mettere in discussione
l’adeguatezza del metodo per raggiungere lo scopo e sarà in grado di criticare le
motivazioni per adottare una certa procedura invece di altre.
Comunque, gli studenti necessitano di una guida assidua da parte degli insegnanti,
perché li rendono capaci di pensare e riflettere durante la loro attività.
Anche la “determinazione delle attitudini”(altra abilità) dovrebbe fare parte degli
insegnanti di laboratorio. Il laboratorio benché sia un ambiente artificiale, può
dimostrare modelli di comportamento preferibili, grazie alle dimostrazioni e ai video
filmati, all’esaltazioni delle doti di sensibilità, responsabilità, onesta e affidabilità, per
nominare solo alcune vie. Allo stesso modo, i role play, videoregistrati e rivisti in
seguito, risultano essere un potente strumento per accrescere negli studenti la
consapevolezza degli aspetti positivi e negativi dei loro comportamenti. L.Gamberoni et
al (2009).
Scoperta dei principi e sviluppo delle istituzioni attraverso esercitazioni pratiche che
mirano ad applicare le discipline fondamentali alla pratica infermieristica
E’ possibile ipotizzare che gli studenti sviluppano abilità di pensiero critico attraverso le
esercitazioni di laboratorio? Alcuni insegnanti clinici vorrebbero che gli studenti
acquisissero le abilità pratiche all’interno di un contesto di assistenza globale e
mettessero in discussione i metodi e le motivazioni che stanno dietro a procedure ed
interventi. Molti sostengono l’utilizzo del laboratorio come strumento per avvicinare la
teoria alla pratica. I corsi di studi spesso richiedono che gli studenti integrino e
applichino alla pratica clinica i concetti, i principi e le teorie derivate dalle scienze e in
alcuni casi anche gli approcci “ideologici”. L.Gamberoni et al (2009).
24
Nel ciclo di apprendimento clinico il laboratorio è il centro per l’applicazione delle
discipline teoriche alla pratica in senso generale indipendentemente dai problemi dei
singoli pazienti. Un metodo di approccio può essere imparato in laboratorio, ma è nelle
sessioni di briefing e de briefing che si focalizza sul contesto concreto e sul problema di
un singolo paziente. La pratica infermieristica è ben più che portare la teoria in loco ed
usarla per migliorare la pratica stessa. Imparare la pratica infermieristica implica anche
una maturazione dello studente verso il ruolo di professionista esperto che sa trarre
insegnamenti direttamente dalla pratica. E’ anche vero che le abilità riflessive e l’uso
delle astrazioni si sviluppano nel tempo e con l’esperienza, è bene incoraggiare i nuovi
studenti del laboratorio, per poter riflettere sui loro processi intellettivi .Gli studenti
saranno spinti a cogliere la stimolante complessità che sta alla base delle abilità pratiche
concrete, cosi spesso date per scontato. L’idea dell’insegnamento in laboratorio
(LABORATORY TEACHIN) e tratta dall’opera di Dewey(1916) il quale sosteneva che
l’apprendere facendo (LEANING BY DOING), assieme al problem solving,
permettesse un tipo di apprendimento ideale per capire l’importanza che ha la scienza e
la pratica professionale. Molti dei modelli di insegnamento in laboratorio comprendono
queste due componenti, ovvero il coinvolgimento attivo e il problem solving.
2.3 I modelli di laboratorio
In un’indagine dei metodi utilizzati nell’insegnamento di laboratorio in campo
universitario sono emersi otto approcci (modelli di insegnamento in laboratorio nei corsi
universitari, adattati per i laboratori infermieristici). L.Gamberoni et al (2009).
PIANO KELLER O SISTEMA D’ISTRUZIONE PERSONALIZZATO
Vengono impiegati laboratori di apprendimento indipendenti, in cui gli studenti
infermieri lavorano ad un loro ritmo, e che a volte si adattano ai programmi clinici e di
studio, per dare l’opportunità agli studenti di acquisire competenze e velocità nelle
abilità pratiche.
METODO AUDIO-TUTORIALE
L’uso delle attrezzature audiovisive e delle guide allo studio e alla pratica permettono
agli studenti di lavorare indipendentemente.
Gli studenti guardano un video filmato o ascoltano un nastro registrato mentre seguono
un manuale chiarificatore e rispondono a dei quiz che precedono la pratica, per poi
25
dedicarsi al laboratorio per la pratica e, in, ultimo, la valutazione. L.Gamberoni et al
(2009).
APPRENDIMENTO ASSISTITO DA COMPUTER .i
I programmi dei computer vengono usati come strumenti d’istruzione, lo studente è
trasportato in una situazione di pratica infermieristica, alla quale risponde con un’azione
scelta fra più alternative consigliate, riceve poi un feedback e, infine viene indirizzato a
svolgere un’attività, a relazionare su di essa e ad inserire il risultato nel computer. Se il
risultato non è buono, si aggiungono un ulteriore feedback, altre pratiche e commenti
prima che lo studente proceda alla sequenza di laboratorio successivo.
LABORATORIO DI AIUTI PER L’APPRENDIMENTO.
Con questo modello si presentono ulteriori opportunità di apprendimento per aiutare gli
studenti ad acquisire abilità e conoscenze per attività speciali che normalmente non sono
comprese nei normali programmi .Questi laboratori sono stati chiamati “seminari
clinici”, sono gestiti da clinici e rimangono aperti, solitamente per una settimana, in
modo che gli studenti abbiano tempo per osservare le dimostrazioni, porre domande,
familiarizzare con l’attrezzatura, esercitare le tecniche e ricevere il feedback per le
conoscenze e le abilità. L.Gamberoni et al (2009).
LABORATORIO MODULARE.
Con questo metodo si crea un collegamento diretto, tra programma teorico e l’ambiente
clinico, che viene assicurato dai moduli di laboratorio concernenti sequenze di
apprendimento, complete in ogni modulo. Si approntano un pacchetto di apprendimento
per gli studenti e una guida didattica per gli insegnanti clinici.
LABORATORIO INTEGRATO
In un ambulatorio integrato i principi delle scienze biologiche,fisiche, sociali,
comportamentali e della disciplina infermieristica vengono applicati a stati clinici (
agitazione, stress,la dipendenza, l’immobilità) Ad esempio, i concetti della fisica
vengono insegnati attraverso esempi pratici di assistenza:i concetti di forza, gravità,
momento e leva possono infatti essere applicati alle attività della pratica infermieristica,
come, per esempio al posizionamento e al sollevamento dei pazienti o alle trazioni.
L.Gamberoni et al (2009).
LAVORO DI PROGRAMMAZIONE
26
Sono i progetti di assistenza infermieristica extraospedaliera, iniziati in laboratorio e
continuati i istituzioni della comunità o a casa dei pazienti.
PARTECIPAZIONE ALLA RICERCA
Nonostante non sia comune, l’esperienza del coinvolgimento in uno studio di ricerca
clinica permette agli studenti più esperti di applicare a una ricerca le abilità di indagini
apprese precedentemente. Gli insegnanti clinici oltre ad adattare modelli presi da altri
campi hanno predisposto laboratori che rispondono ai loro bisogni particolari:
L.Gamberoni et al (2009).
LABORATORIO PER SIMULARE LAPPRENDIMENTO DELLE ABILITA’.
Cook e Hill (1985) descrivono un laboratorio infermieristico. Il loro modello ebbe inizio
come tentativo di ridurre lo stress dei nuovi studenti nell’ambito clinico. La tecnica
didattica usata è un sistema a coppie di studenti che collaboravano. Questo è un modo
per sostenere e controllare un collega senza eccessive pressioni, cosi come è anche un
modo per permettere ad ogni studente di essere sia il paziente che l’infermiere .Viene
fornita una serie di moduli di abilità, composti di audiovisivi e materiale scritto, che gli
studenti devono osservare e leggere prima di svolgere un breve test finale. Si riceve un
feedback immediato e la coppia di studenti procede con il modulo di pratica seguente.
Gli studenti prima praticano e in seguito chiedono l’intervento di un membro del corpo
docenti se i loro tentativi non hanno buon esito. Con questo modello si ha la possibilità
di introdurre in concomitanza le abilità pratiche con le lezioni teoriche e che i luoghi per
la pratica sono scelti per facilitare l’applicazione della teoria e delle abilità.
L.Gamberoni et al (2009).
LABORATORIO SIMULATO
Infante ritiene la simulazione un modello importante d’insegnamenti in laboratorio. Un
laboratorio offre eccellenti opportunità per fornire un ambiente il più vicino possibile
alla realtà. Infante da esempi di analisi dei casi, di giochi, di simulazioni scritte, di role
playing di risorse audiovisive e, i più importanti, esempi di pazienti simulati.
SEMINARIO DI COLLABORAZIONE SULLE ABILITA’ CLINICHE
Consiste nel fissare seminari intensivi ad intervalli regolari in modo che gli studenti più
esperti possono avere l’opportunità di discutere, di praticare e imparare insieme alla
staff clinico dei reparti. Il contenuto dei seminari è determinato dalla necessità degli
27
studenti, i seminari si svolgono solitamente nei laboratori, ma possono anche tenersi in
reparto se sia necessario ricorrere all’utilizzo di attrezzature sofisticate. Questi seminari
danno l’opportunità di raggiungere degli obiettivi, padronanza delle abilità complesse,
attuazione dell’ansia per l’imminente assunzione di responsabilità come infermiere
diplomato promozione della collaborazione tra le istituzioni cliniche e didattiche e tra
gli studenti e gli infermieri diplomati. L.Gamberoni et al (2009).
Si può concludere dicendo che l’apprendimento è un processo individuale, archetipico,
attivabile spontaneamente da chiunque in quanto correlato fisiologicamente alla crescita
e alla maturazione della persona. L’apprendimento efficace genera nella persona
mutamenti stabili e consapevoli del “proprio stare nel mondo”. L’apprendimento
professionalizzante, rivolto a un soggetto adulto e guidato da uno specifico progetto
formativo, è efficace se intercetta, amplifica e orienta ciò che la persona già possiede
naturalmente la capacità di autodeterminare i mutamenti necessari per conseguire
risultati valutati importanti e, quindi, motivati.
L’apprendimento è posto, quindi, in primis, sotto la diretta responsabilità dello studente.
La struttura formativa si impegna, attraverso qualificati setting formativi e metodi
appropriati a porre lo studente nelle condizioni di condividere, contattare, organizzare,
realizzare e valutare il proprio percorso formativo. Tutto ciò nella convinzione che colui
che è artefice dei propri cambiamenti, non si limita a reagire agli stimoli e agli eventi,
ma si colloca in un’autonoma prospettiva pensante, che gli consente di travalicare gli
apriorismi e di interrogarsi sul significato delle cose e sul senso della propria esperienza
in rapporto agli altri. L.Gamberoni et al (2009).
L’insegnamento clinico è l’aspetto della formazione infermieristica attraverso il quale
gli studenti, facenti parte di un gruppo e in contatto diretto con persone sia sane cha
malate o con una collettività, apprendono a pianificare, fornire, valutare l’assistenza
infermieristica globale sulla base delle conoscenze e capacità acquisite; lo studente
impara non solo a essere un membro del gruppo, ma anche giuda del gruppo capace di
organizzare l’assistenza infermieristica globale. Gli studenti partecipano alle attività dei
servizi nei limiti in cui le attività contribuiscono alla loro formazione, permettendo loro
di imparare ad assumere le responsabilità inerenti l’assistenza infermieristica (Decreto
Legislativo 2/5/94 n°353 delle direttive CEE in materia di riconoscimento di diplomi e
svolgimento di attività di medico ,odontoiatra ,veterinario,infermiere ,ostetrica –art6)
L.Gamberoni et al (2009).
28
2.4 Conclusione
Il raggiungimento delle competenze professionali si attua attraverso una formazione
teorica e pratica che includa anche l’acquisizione di competenze comportamentali e che
venga conseguita nel contesto lavorativo specifico di ogni profilo, cosi da garantire, al
termine del percorso formativo, la piena padronanza di tutte le necessarie competenze e
la loro immediata spendibilità nell’ambiente di lavoro. Particolare rilievo, come parte
integrante e qualificante della formazione professionale, riveste l’attività formativa
pratica e di tirocinio clinico, svolta con la supervisione e la guida di tutori professionali
appositamente assegnati, coordinata da un docente appartenente al più elevato livello
formativo previsti per ciascun profilo professionale e corrispondente alle norme definite
a livello Europeo ove esistenti (DECRETO Interministeriale 2 aprile 2001-
Determinazione delle classi delle lauree universitarie delle professioni sanitarie)
L’integrazione fra obiettivi teorici ed obiettivi di tirocinio dà allo studente la possibilità
di comprendere la logica del percorso formativo e di cogliere la continuità fra contenuto
del tirocinio ed i quadri teorici di riferimento che precedono o seguono l’esperienza
clinica. L.Gamberoni et al (2009).
Uno dei punti problematici della formazione infermieristica è quello dell’analogia fra
l’approfondimento teorico del nursing clinico e la realtà assistenziale concretamente
vissuta nei reparti. Il gap teorico pratico a volte appare evidente già nell’orientamento
degli infermieri docenti e degli infermieri clinici.
L’infermiere docente punta ad uno studio teorico dei modelli infermieristici ricavati
dalle migliori esperienze internazionali, ma non sempre sperimentabili e applicabili sul
campo, l’infermiere clinico risponde al pressing crescente di un modello direttivo che da
indicatori di qualità più legati all’efficienza che alla qualità soggettivamente percepita.
L.Gamberoni et al (2009).
29
3 I METODI/STRUMENTI DI APPRENDIMENTO
Quale metodo/strumento per un reale apprendimento? La spirale della pianificazione
dell’educazione prevede:
• Individuazione dei problemi prioritari di salute e definizione degli obiettivi
educativi;
• Pianificazione di un sistema di valutazione;
• Pianificazione ed attuazione del programma educativo, individuazione dei metodi
di insegnamento/apprendimento;
• Attuazione della valutazione.
I metodi di apprendimento da adottare non devono essere fini a se stessi, bensì strumenti
essenziali per la realizzazione efficace delle finalità formative; devono essere coerenti
con i loro obiettivi, con i ruoli e con le funzioni degli attori; devono essere praticabili in
relazione alle risorse e alle situazioni reali. Devono, inoltre, stimolare l’apprendimento
per curiosità, per ricerca e per scoperta; integrare conoscenze, competenze e abilità;
privilegiare l’approccio integrativo in piccolo gruppo. Molta attenzione viene data al
metodo, anche se esso non è tutto. La scelta di un giusto metodo è sicuramente un
investimento redditizio. E’ soprattutto grazie al metodo che lo studente “impara ad
imparare”.G. Marmo et al (2009).
Le tappe sono le seguenti:
• Definire il contenuto da trasmettere
• Tradurlo in un obiettivo formativo
• Scegliere un metodo di valutazione valido
• Scegliere un metodo di apprendimento valido, appropriato a contenuto e metodo di
valutazione
• Definire la condizione efficace al raggiungimento di quell’obiettivo.
Ogni sfera, ambito o campo di contenuti, ogni tipo di obiettivo dell’apprendimento
richiede una metodologia didattica appropriata e coerente. Distinguiamo, pertanto, la
sfera del processo intellettivo, la sfera della comunicazione,la sfera delle abilità tecnico
gestuali. La prima comprende: mappa concettuale; lezione; caso; PBL (apprendimento
basato sui problemi); Portfolio; Journal club; conversazione clinica; pensiero ad alta
voce; studio indipendente; riflessione strutturata: briefing e de briefing; contratti di
apprendimento. La seconda comprende: griglia di analisi; lavoro in piccoli gruppi;
30
gioco dei ruoli; riflessione strutturata: briefing e debriefing; insegnamento reciproco;
incontro con il paziente simulato/standardizzato; contratti di apprendimento; narrazione
e cinema. La terza comprende: skills lab (laboratorio dei gesti); insegnamento reciproco;
incontro con il paziente simulato/standardizzato. I metodi/strumenti di
apprendimento/insegnamento che analizzeremo sono i seguenti: G. Marmo et al (2009).
3.1 La lezione
La lezione è lo strumento privilegiato quando la finalità prevalente del momento
formativo è costituita dalla trasmissione di concetti, informazioni o schemi
interpretativi. La lezione ex-cattedra o magistrale rappresenta da lungo tempo il metodo
tradizionale di insegnamento. Presenta comunque alcuni lati negativi, riconducibili al
fatto che pone gli studenti in una posizione passiva. E’ uno strumento di motivazione
che sarebbe utile per trasmettere dati e per suscitare interesse verso un argomento. Di
solito è organizzata in una introduzione, uno sviluppo centrale e una conclusione. La
lezione è quindi uno strumento suggeribile solo nei casi in cui i partecipanti all’attività
formativa sono sprovvisti realmente di elementi conoscitivi rispetto al contenuto
trattato. Le opportunità di apprendimento offerte dalla lezione sono: Permette di
trasmettere un elevato numero di informazioni, contenuti, concetti e conoscenze in un
breve periodo di tempo. G. Marmo et al (2009).
Permette di omogeneizzare parzialmente le disparità di conoscenze teoriche degli
individui che partecipano ad un’attività formativa. Permette la dotazione teorica di
strumenti interpretativi o di azione che sarebbe difficile o eccessivamente dispersivo, in
termini di tempo, costruire attraverso altre metodologie.
Il “tempo parola” di chi tiene una lezione è tendenzialmente più breve del “tempo
ascolto” degli uditori. Per ottenere un’acquisizione reale dei propri messaggi, il docente
deve sincronizzare bene i “tempi parola” necessari per l’ascolto, così da riuscire a
stabilizzare il messaggio contenuto nella lezione. La lezione va suddivisa in” punti
chiave” che vanno dichiarati agli uditori all’inizio e che occorre ricordare
frequentemente durante l’esposizione dei contenuti. La lezione prevede una sequenza
degli argomenti:
• Sequenza espositiva o deduttiva, presentazione dei principi generali della
materia; approfondimento dei singoli aspetti; esempi applicativi; conclusioni.
31
• Sequenza esperienziale o induttiva, fatto o problema che suscita domande;
riflessioni sulle possibili cause/spiegazioni; generalizzazioni in una teoria o
principio; conseguenze applicative ad altre situazioni.
• Sequenza storica, presentazione dei passaggi temporali che hanno caratterizzato
la materi
• Sequenza per problemi, presentazione di alcuni problemi; enfatizzazione del
perchè di tali problemi;trattazione del primo, del secondo problema e così via;
conclusioni. L.Gamberoni et al (2009)
Lo strumento della lezione può essere utilizzato in affiancamento ad altre tecniche di
apprendimento (casi, simulazioni,ecc). E’ molto meglio proporre una lezione dopo
un’esercitazione didattica (caso, simulazione,ecc) piuttosto che prima.
3.2 La mappa concettuale
La mappa concettuale è un metodo pedagogico che permette di focalizzare il grado delle
preconoscenze dei discenti e il livello di comprensione delle stesse su un determinato
argomento. Può essere utilizzato dal docente sia in fase di pianificazione del programma
didattico, che al termine delle attività didattiche, per verificare la quota di
apprendimento conseguito. La mappa concettuale consiste nel chiedere ai discenti di
riportare su un foglio, in modo assolutamente libero, i concetti rilevanti su un
argomento dato. Questi concetti vanno poi collegati tra loro attraverso “nodi”, cioè linee
che li congiungono in sequenze logiche, che danno una prospettiva dinamica alla
rappresentazione finale. Il disegno diventa in pratica un albero di concetti, con tanti
elementi che lo compongono e collegamenti che li uniscono. Novak, J.D., (1998).
L’analisi delle mappe concettuali del gruppo classe consente al docente di conoscere il
livello di conoscenze dei discenti prima dello svolgimento del programma didattico e di
adeguarlo di conseguenza. Può essere utile verificare l’efficacia didattica del modulo
didattico ripetendo al termine delle attività la stessa prova e verificandone le modifiche
e gli scostamenti.
3.3 Il caso
Il caso è la trattazione scritta di un fatto rispetto al quale si richiede ai partecipanti di
un’attività formativa un lavoro di analisi dei fattori e degli elementi più rilevanti. Esso
32
contempla spesso la ricerca e la formulazione di ipotesi e di decisioni ritenute più
adeguate rispetto agli eventi in esso descritti. Il caso addestra all’elaborazione razionale
di tematiche complesse e a prendere delle decisioni frutto di un’elaborazione
consapevole. G. Marmo et al (2009).
Il caso va preparato in aderenza alle finalità di apprendimento e non viceversa; va
preparato attraverso una griglia di narrazione contenente gli indicatori più rilevanti per il
tema formativo prescelto. Infine va costruita una serie di domande, questioni e
suggerimenti utili per la discussione. Il caso viene proposto in un primo momento come
lettura individuale. Successivamente si richiede ai singoli partecipanti di esprimere
richieste di chiarimento o pareri sui quesiti presenti al termine del caso. Poi il caso viene
discusso in gruppo, precisando che occorre concentrarsi sul metodo per affrontare i
problemi, più che sulle singole risposte. Il docente deve poi sollecitare un dibattito sulle
alternative possibili, senza puntare sulla ricerca “rigida” della soluzione “giusta”.
Esistono casi aperti e casi chiusi: nei primi si privilegia l’elaborazione, nei secondi la
ricerca di soluzioni. Quando il caso è il racconto di una storia, si presta ad una gestione
“ a tappe”. Il docente deve interpretare il proprio ruolo maieutico, senza presentare
soluzioni, ma solo evocando reazioni costruttive da parte dei partecipanti. G. Marmo et
al (2009).
3.4 Gli skills laboratori dei gesti
Consente di acquisire in modo sistematico e graduale competenze pratiche e tecniche in
un apposito spazio fisico corredato da strumenti diagnostici, presidi terapeutici, studenti
“attori”, in cui gli studenti hanno la possibilità di apprendere, di esercitarsi secondo il
proprio ritmo e di essere anche valutati secondo delle check-lists.
Le check-lists o liste di controllo possono essere costruite dagli studenti in piccoli
gruppi dopo aver analizzato l’esecuzione di una manovra tecnica-gestuale da parte di un
professionista. Il vantaggio di far costruire check-lists agli studenti, anziché offrirglieli
già confezionate (procedure o protocolli), è di sviluppare in essi la capacità di analisi di
una manovra in singoli atti e vedere l’integrazione tra manovre tecniche e concetti delle
varie scienze. Nel processo di costruzione delle check-lists l’esercitatore prima esegue
la manovra senza parlare, poi chiede agli studenti di scrivere i singoli atti nella loro
concatenazione logica, quindi chiede ai singoli studenti di esercitarsi nel ripetere la
33
manovra e infine dà un feedback ad ogni studente sulla base check-list costruita. G.
Marmo et al (2009).
3.5 I lavori in piccoli gruppi
L’insegnamento a piccoli gruppi gode di un posto importante tra i vari metodi, perché
più di altri favorisce e stimola l’interazione fra il docente e i discenti e la partecipazione
attiva dei discenti alla propria formazione. Inoltre, questo metodo permette lo sviluppo
di abilità intellettive quali il ragionamento e l’abilità di risoluzioni di problemi, lo
sviluppo di abilità interpersonali quali l’ascolto, il parlare, la leadership e la discussione.
Queste abilità sono estremamente utili per coloro che si troveranno in futuro a lavorare
in équipe, coinvolti in relazione con pazienti, operatori sanitari, gruppi sul territorio ed
altro. Un piccolo gruppo di solito è di preferenza costituito da 5 a 8 studenti, che si
trovano a lavorare su “ materiale-stimolo” fornito dal docente. La gamma “di materiale-
studio”è molto ampia e può variare da un caso, a un film intrigante, a un paziente,
all’osservazione di un gioco di ruoli, all’articolo di una rivista, al rapporto di uno
studente su un paziente reale. G.Marmo et al (2009)
3.6 Il Gioco dei ruoli
Il “gioco dei ruoli” o “role playing” è una metodologia che richiede ai partecipanti di
una attività formativa la “recita” di una situazione direttamente inerente alle finalità di
apprendimento perseguito. Si tratta quindi della mini-rappresentazione di una realtà di
apprendimento nella quale ai partecipanti è richiesta l’interpretazione di un “parte”
descritta dal “copione”del role playing. Grazie al gioco dei ruoli gli studenti apprendono
a rapportarsi con pazienti, familiari, colleghi, superiori in un ambiente protetto
diventando consapevoli del proprio stile di comunicazione. Si recita senza costumi di
scena e senza accessori e a volte anche senza scena. Si possono recitare situazioni
professionali presenti, quotidiane, banali, ma anche difficili, irritanti, incomprensibili.
Spesso si possono sdrammatizzare situazioni professionali mettendosi nei panni
dell’altro grazie a un inversione di ruolo. La preparazione parte con la scelta degli
obiettivi educativi nel campo della comunicazione che si vogliono far raggiungere agli
studenti, quindi con la scelta del copione da consegnare allo studente che reciterà la
parte del paziente simulato o del collega o del familiare del paziente. Si individua lo
34
studente cui consegnare la parte e con questi si discuterà della sua immedesimazione del
ruolo. G. Marmo et al (2009).
Il protagonista ha avuto il mandato in mano e si comporta spontaneamente come ritiene
meglio. Qualora si sentisse in difficoltà, egli può chiedere il time out ossia una pausa del
gioco per interrogare gli spettatori e chiedere loro come andare avanti o se ricominciare
daccapo in altro modo. Gli altri attori invece recitano a soggetto il copione che gli è
stato attribuito. In particolare il paziente simulato ha imparato un copione consegnatoli
dal conduttore del gioco qualche giorno prima. Nel copione sono indicate le
informazioni che può dare spontaneamente e quelle che invece deve dare solo su
richiesta. Inoltre sono specificate le aspettative dall’incontro, le risposte a domande
specifiche, le risposte a domande sotto pressione. E’ possibile ampliare il numero dei
co-protagonisti aggiungendo un familiare del paziente oppure, in caso di obiettivi
educativi relativi a competenze di collaborazione intra o inter-professionale, creare
situazioni in cui non ci sono i pazienti ma piuttosto colleghi, dirigenti, altro personale
sanitario. L.Gamberoni et al (2009)
Il conduttore del gioco dei ruoli osserva in tutte e tre le direzioni: il protagonista e gli
attori, l’insieme del gruppo (e ogni osservatore con uno sguardo non inquisitore, senza
fissare) e il suo orologio (1/3 per il suo svolgimento, 1/3 per i commenti). Il conduttore
del gioco domanda al protagonista di esprimere il suo vissuto, poi agli altri co-
protagonisti e quindi agli osservatori. E’ importante far parlare tutti i componenti del
gruppo perché è proprio l’insieme dei commenti e del feed-back a facilitare l’analisi
degli elementi della comunicazione. Alla fine della seduta il conduttore del gioco, fa
emergere quali sono gli elementi teorici che essi vogliono approfondire per la volta
successiva e dopo che ognuno ha chiaro gli argomenti di studio, chiude la seduta e
termina all’ora stabilita. G. Marmo et al (2009).
3.7 Il portfolio
Il portfolio nel mondo anglosassone è una cartella usata prevalentemente da designers,
architetti, fotografi. Contiene foto dei lavori già eseguiti ed è una sorta di ampliamento
del curriculum che si esibisce quando si cerca lavoro. Questo termine è stato usato dal
Consiglio europeo di Strasburgo per incitare i docenti di lingua a far compilare agli
studenti una sorta di “diario autocosciente” della loro carriera scolastica per poterlo
35
esibire soprattutto nel corso degli scambi culturali tra una nazione e l’altra. L’idea
comincia ora ad allargarsi a tutte le discipline. G. Marmo et al (2009).
Il portfolio delle competenze è uno strumento unitario che raccoglie ordinatamente e
stabilmente le documentazioni più significative del percorso scolastico dell’alunno
registrandone esiti e modalità di svolgimento del suo processo formativo. Lo
accompagna dalla scuola dell’infanzia fino alla conclusione del 1° ciclo di istruzione
per tracciare la sua “storia” e per offrirsi in ogni momento a supporto di analisi
ragionate e condivise dei risultati ottenuti per i docenti per l’alunno e per i suoi genitori.
Portfolio nella formazione in medicina e nelle professioni sanitarie. L.Gamberoni et al
(2009)
Il portfolio può essere una raccolta dei lavori migliori di uno studente o una raccolta dei
lavori più rappresentativi che mostrano lo sviluppo di una persona durante un periodo di
tempo. Un portfolio può essere una scheda strutturata che documenta il percorso
effettuato, gli obiettivi, gli sviluppi, i risultati e le reali abilità acquisite durante il corso
o la pratica clinica. G. Marmo et al (2009). In Olanda viene utilizzato per documentare
lo sviluppo delle competenze degli studenti in particolare per valutare le capacità
riflessive che vengono considerate abilità professionali a tutti gli effetti. Agli studenti
viene chiesto di selezionare quelle parti del proprio lavoro che meglio testimoniano il
livello di apprendimento e di consegnarle al proprio tutor in modo che questi possa
raccoglierle in una cartella.
E’anche uno strumento di valutazione formativa. È controversa la sua validità nella
valutazione sommativa. È un ottimo strumento di autovalutazione Le tipologie di
portfolio differiscono a seconda dei destinatari a cui si rivolge, a seconda dei materiali
che sono raccolti e a seconda dell’area curriculare a cui si riferisce. Tra le diverse
tipologie si possono identificare due macrotipologie: i portfoli certificativi e i portfoli
formativi. G. Marmo et al (2009).
• I portfoli certificativi hanno come finalità l’attestazione documentale delle
competenze acquisite dagli studenti.
• I portfoli formativi, invece, sono caratterizzati da una finalità di riflessione e
sviluppo del processo formativo e dei suoi risultati. Indipendentemente dalla
scelta della tipologia la costruzione del portfolio deve rispondere a quattro
parametri, ovvero:
36
il portfolio ha come obiettivo quello di aiutare lo studente a diventare consapevole del
proprio modo di apprendere inducendolo a riflettere sull’esperienza passata. E’ un
ottimo strumento di autovalutazione e di valutazione formativa. E’ controversa la sua
validità nella valutazione sommativa. Il portfolio è una raccolta sistematica di lavori
viene utilizzato per la valutazione formativa è controverso il suo utilizzo nella
valutazione certificativa viene utilizzato per l’autovalutazione ha la finalità di
raccogliere materiale proveniente da varie esperienze. Le esperienze da riportare
saranno auto-selezionate non ci saranno cose giuste o sbagliate L.Gamberoni et al
(2009)
3.8 Il PBL
L’ apprendimento basato sui problemi è un processo attraverso cui lo studente impara
ad analizzare e risolvere problemi sanitari. Egli si trova in un piccolo gruppo di 10-12
studenti guidati da un tutor: tutti insieme cercano di capire, spiegare e risolvere il
problema che viene loro sottoposto. Il problema viene posto in tutta la sua interezza fin
dall’inizio della sua attività di apprendimento. Un problema concepito per le finalità di
apprendimento è la descrizione di un certo numero di fenomeni o di fatti tra cui
sembrano intercorrere certi rapporti, a cui lo studente deve fornire una o molteplici
spiegazioni e/o soluzioni pertinenti da mettere in pratica.
• Problemi clinici od organizzativi scritti
I casi scritti sono quelli usati principalmente nei piccoli gruppi tutoriali e presentano
argomenti legati sia a un singolo individuo, sia a una determinata popolazione o ad
aspetti organizzativi. Possono essere corredati da radiografie, referti, piani terapeutici,
risorse audiovisive.
• Pazienti standardizzati
I pazienti standardizzati sono persone sane addestrate a simulare un problema sanitario.
Offrono agli studenti la possibilità di apprendere e praticare abilità quali capacità di
intervista, manovre terapeutiche o esplorazione dei propri valori o atteggiamenti.
• Pazienti veri
I pazienti veri sono la principale risorsa dell’apprendimento in ambito professionale.
37
• Presentazioni audiovisive
La presentazione audiovisiva di problemi sanitari può illustrare il problema di un
singolo individuo o paziente, oppure un argomento sanitario, etico, organizzativo più
ampio.
Presentazione di problemi con formato informatico G. Marmo et al (2009).
La presentazione informatica di un problema può essere utilizzata individualmente o in
piccolo gruppo dagli studenti. I problemi sanitari possono essere presentati come una
simulazione gestita al computer. Il gruppo di studenti può intervistare, visitare e curare
un paziente simulato e, seguendo varie piste, può prendere decisioni e verificarne
immediatamente le conseguenze. Esistono vari sistemi autore che permettono di
predisporre casi clinici per l’apprendimento degli studenti.
E’ richiesta la guida di un tutor, ossia di un docente appositamente formato al ruolo di
“tutor meta-cognitivo”, sulla dinamica dei piccoli gruppi di apprendimento e sulla
valutazione. Il tutor è un docente che funge da facilitatore dell’apprendimento e, quindi,
non trasmette conoscenze, ma si preoccupa di allenare i singoli studenti e il gruppo ad
analizzare e risolvere problemi facendo ricorso a tecniche maieutiche. In particolare il
tutor deve presidiare la procedura dei cosiddetti “10 salti” e deve saper porre le
domande corrette per ogni salto o tappa. I DIECI SALTI DEL PBL
• Chiarire i termini e dati non immediatamente comprensibili
• Definire il problema e le sue componenti
• Ricercare le ipotesi esplicative
• Schematizzare e classificare le ipotesi
• Formulare obiettivi di studio
• Studio individuale e raccolta di ulteriori informazioni al di fuori del gruppo
• Sintetizzare e valutare le informazioni
• Formulare domande di ricerca
• Valutare il lavoro di gruppo
• Valutare il lavoro personale G. Marmo et al (2009).
38
3.9 I diari
Il diario è uno strumento che si basa su fatti e avvenimenti accaduti nel gruppo o sul
lavoro. Non è altro che un racconto personale su un argomento d’interesse che si
articola secondo alcune regole di redazione. Secondo Van Manen scrivere diari
“contribuisce al processo di apprendimento degli studenti dal momento che questi sono
incoraggiati a continuare a riflettere sulle loro esperienze di apprendimento e cercare di
scoprire le relazioni che altrimenti non potrebbero essere viste”. Ciò che si scrive in un
diario è costituito da molte cose, anche diverse tra loro, come osservazioni, idee,
reazioni, sensazioni, percezioni, riflessioni. Essendo uno strumento di tipo privato ciò
che ne rende difficile l’uso è la trascrizione pubblica. Questo strumento viene utilizzato
dagli studenti per descrivere la loro esperienza in una determinata situazione, ad
esempio di tirocinio, può essere utile pre-strutturarlo, in modo da renderne l’uso più
facile, costruendo apposite tracce guida. I diari, a differenza dei diari di bordo o dei diari
di tirocinio non sono pre-strutturati e non ci sono domande guida. Trovano maggior
impiego nei master di tutorato o nei corsi di formazione specifica per docenti dove la
relazione docente/studente può essere definita tra pari.
Il diario strutturato, il diario di bordo
E’ una modalità di documentare un’esperienza in chiave riflessiva. Il sapere
dell’esperienza si costituisce attraverso una sintesi riflessiva: mediante la narrazione
scritta è possibile trasformare la riflessione che elabora la conoscenza tacita, matura nel
campo , in conoscenza esplicita, come sapere dell’esperienza.
I diari possono essere strutturati, in modo sequenziale e narrativo; secondo uno schema
di appunti, utilizzando una modalità espositiva con ricostruzione di quanto preso in
esame e delle modalità con cui è stato esplorato; individuazione negli eventi esposti ciò
che, a giudizio dello studente, costituisce l’incidente critico; spiegazione delle ragioni
della criticità con ipotesi interpretative. L.Gamberoni et al (2009)
39
4 IL TUTOR
4.1 La storia
Il termine tutor è di origine latina e deriva dal sostantivo “tutor tutoris” e questo dal
verbo tueri, il significato può essere così inteso: colui che cura, che sostiene , che
protegge, che dà sicurezza. La figura non è certo nuova nel panorama pedagogico anzi è
stata presente sin dall’antichità e si è rafforzata dal Medioevo in poi, in particolare
presso gli ordini religiosi detentori di cultura e di mezzi di trasmissione del sapere come
la lettura e la scrittura. (www.studiotaf.it 2010))
La funzione tutoriale deriva originariamente dalla cultura anglosassone nella quale il
tutor era l’insegnante o il precettore privato che si incaricava personalmente
dell’educazione e dell’istruzione dei giovani appartenenti alla nobiltà inglese.
Comunemente si è soliti parlare dell’insegnante e del tutor come se fossero
interscambiabili., ma la distinzione tra loro è reale. È infatti implicito nel tutor il
riconoscimento di una responsabilità di carattere non sono intellettuale ma anche etica e
professionale. L. Gamberoni et al(2003)
L’invenzione della stampa e la diffusione di testi stampati ha permesso, dal 1500 in poi
a chi lo desiderava, di leggere e quindi di informarsi autonomamente e a costi
relativamente accessibili, naturalmente i forti cambiamenti economici e la necessità di
accedere ad informazioni sempre più preziose per una partecipazione consapevole e
remunerativa all’attività intrapresa ha fatto si che si sviluppassero forme più ampie di
accesso all’educazione, quindi la creazione di scuole dove un maestro potesse insegnare
a più studenti. La figura del tutor-precettore si è man mano persa, in questi ultimi tempi
c’è stata una riscoperta del ruolo che può assumere il tutor in ambiti determinati come
quello aziendale, universitario, scolastico, si è cercato di definirne non solo il ruolo, ma
soprattutto le competenze, le funzioni, i comportamenti. L. Gamberoni et al(2003)
Sicuramente la funzione tutoriale ha una sua validità e di certo può essere ritenuta utile
se non addirittura essenziale nell’istruzione e nella formazione intesa nell’accezione più
ampia che comprende anche l’educazione degli adulti ed in particolare, per il settore di
nostra competenza, quella degli insegnanti. Si afferma nell’art.5 lettera g) della legge n.
53/2003 che “ le strutture di cui alla lettera e) curano anche la formazione in servizio
degli insegnanti interessati ad assumere funzioni di supporto, di tutorato, di
coordinamento dell’attività educativa, didattica e gestionale delle istituzioni scolastiche
e formative. (www.studiotaf.it 2010) E’ sempre difficile delineare le competenze perché
40
spesso non si è d’accordo sul significato da attribuire al termine, L. Lelli afferma che “
può ritenersi competente colui che nel settore in cui opera, evidenzia una adeguata
padronanza delle conoscenze di fondo, dei processi di svolgimento delle attività , delle
abilità necessarie per perseguire consapevolmente le mete verso le quali si tende, dei
meccanismi logici e funzionali di comprensione, analisi sintesi, valutazione, inferenza,
deduzione”.Annali dell’istruzione. (2002).
Si parla quindi di una persona capace, cioè colui che ha autorevolezza e sa fare, al quale
viene affidata una persona incapace, cioè che non sa o che non sa ancora fare.
Il tutor è uno studioso di valore, esperto nei processi comunicativi e relazionali, il tutor
ha una funzione di connessione e integrazione tra le diverse componenti del sistema di
apprendimento. Innanzitutto è funzione fondamentale del tutor mantenere il
collegamento con i diversi attori di apprendimento allo stesso tempo il tutor deve
facilitare il collegamento tra lo staff e il gruppo di apprendimento. Inoltre il tutor si
pone come elemento di collegamento tra le diverse modalità di apprendimento
utilizzate, e quindi tra le diverse dimensioni psicosociali
implicate(cognitiva,affettiva,operativa,relazionale,sociale,istituzionale) il percorso di
apprendimento può infatti essere caratterizzati da modalità e dimensioni di
apprendimento differenti e tra loro articolate: modalità prevalentemente teoriche che
coinvolgono soprattutto il livello cognitivo; modalità sperimentale-addestrative che
attivano prevalentemente le dimensioni cognitive operative; modalità esperenziali che
coinvolgono soprattutto il livello affettivo relazionale e a seconda dei dispositivi
possono coinvolgere la dimensione sociale e istituzionale; modalità di tipo riflessivo che
consentono una elaborazione sia della dimensione cognitiva che della dimensione
affettiva attivate nel percorso di apprendimento. L.Sasso et al (2003).
Le diverse modalità, e quindi differenti livelli di apprendimento attivati vengono di fatto
realizzate attraverso dispositivi didattici diversi e articolati: introduzione lezioni
teoriche, ricerca d’aula, lavori in sotto gruppo, simulazione e role-playng, visione di
sequenze cinematografiche,ecc. è compito del tutor gestire in modo adeguato il
collegamento tra momenti didattici differenti, affiancando e supportando il docente da
un punto di vista metodologico rispetto alle specifiche attività intraprese o anche
proponendole, in accordo con il docente, qualora ne avverta la necessità inoltre il tutor
si pone come elemento di connessione tra i diversi momenti del percorso di
apprendimento:il momento che precede l’attività d’aula, il momento di realizzazione
41
dell’attività formativa, i momenti fuori dall’aula, di attività on the job sul lavoro o di
verifica o trasferimento degli apprendimenti. Quanto più il tutor riesce a dare continuità
al passaggio tra momento conoscitivo, momento sperimentale, momento applicativo,
momento elaborativo, tanto più i partecipanti saranno in grado di apprendere in modo
utile ed efficace. In fine, è opportuno che il tutor aiuti e faciliti il collegamento e
l’integrazione tra le diverse risorse per l’apprendimento messe a disposizione dei
partecipanti: il materiale e gli strumenti presentati in aula, il materiale di studio le
indicazioni bibliografiche, gli strumenti per i lavori di applicazioni i docenti, il project
leader o il direttore del corso, il tutor stesso. L.Gamberoni (2003).
Al tutor tendenzialmente è affidata all’attività di ordinamento organizzativo. Tale
funzione si riferisce al presidio degli aspetti di organizzazione alle risorse implicate
nell’attività formative d’aula. Da questo punto di vista il tutor è il luogotenente in aula
del project leader, e in tal senso fa le veci del padrone di casa, assumendosene gli onori
e gli oneri. L.Sasso et al (2003).
4.2 Le funzioni del tutor
E’ necessario condividere il significato della parola “funzione” la definizione che ne dà
il dizionario dell’Enciclopedia Italiana “attività svolta abitualmente o temporaneamente
in vista di un determinato fine, per lo più considerata nel complesso del sistema sociale,
burocratico ecc.” o ancora “compito affidato o assunto sia da parte di persone singole
sia di organismi o istituzioni in un determinato ambiente o contesto”. Enciclopedia
Italiana (2000)
La seconda sembra in questo momento più consona al compito affidato al docente tutor,
questi non deve assumere la veste e i comportamenti dell’insegnante caratterizzato dal
possesso e dalla trasmissione del sapere, anzi deve avere una caratteristica professionale
fatta di esperienza, sapienza, disponibilità ad accompagnare lo studente/i
nell’apprendimento. Il tirocinio è considerato dagli studenti un momento fondamentale
della formazione: si mettono in pratica le proprie competenze, ma ci si confronta anche
con i limiti, le paure, le aspettative proprie ed altrui. E sopratutto ci si avvicina ai
pazienti, con tutte le implicazioni cognitive ed emotive. L.Sasso et al (2003).
42
tanto per cominciare quali sono le competenze che deve possedere il tutor? poi quali
sono i punti di riferimento per la valutazione del suo operato, e per quello degli studenti.
Altro grosso "buco" è la compensazione ed il riconoscimento di questa attività sotto il
profilo economico e di carriera. L.Sasso et al (2003).
Malgrado queste difficoltà il tutoraggio si fa: e con il tempo si fa sempre meglio. Così
come la professione infermieristica si va strutturando in modelli assistenziali sempre più
efficaci e con competenze sempre più articolate, che penso sarebbero piaciute anche alla
Nightingale, proprio perché vanno molto oltre a quello che lei era riuscita a realizzare....
Naturalmente il tutor viene formato per essere in grado di: assumere, e/o consolidare, le
competenze necessarie a svolgere al meglio il proprio ruolo
• Sviluppare un sistema condiviso di tutoraggio
• Costruire strumenti di monitoraggio, valutazione ed autovalutazione delle attività
degli studenti e dei tutor
• Aumentare la consapevolezza dell’impatto di questo ruolo sulle dinamiche
organizzative e sulle motivazioni personali degli studenti
• Sviluppare conoscenze che permettano la maggiore flessibilità nelle strategie di
tutoraggio
• Migliorare la comunicazione tra l'università e le strutture dove si svolge il tirocinio
• Acquisire conoscenza delle corrette metodologie di delega e controllo in un
processo di apprendimento
• Favorire una corretta integrazione degli studenti nell’organizzazione
• Svolgere con soddisfazione il ruolo di tutor
Si può dire che la professione infermieristica è una professione che si deve svolgere:
con la testa, con le mani e con il cuore".
Ci pare che non ci sia un modo migliore per identificare le priorità di un tirocinio.
La testa: perché le competenze bisogna averle, e bisogna sviluppare la capacità di
applicarle.
Le mani: perché il sapere teorico diventa assistenza attraverso il fare. Ed il fare
dell'infermiere ha come protagonista il paziente: una persona che soffre e spesso è
spaventata
43
Il cuore o la pancia, o la pelle. Non è un patetico appello alla "missione" ma la semplice
evidenza della carica emozionale della professione. Senza empatia non si può fare
buona assistenza, ma soccombere all'emozione è dannoso per il professionista e per il
paziente. Nel tirocinio gli studenti affrontano questa realtà per la prima volta, ed è
importante che vi sia uno spazio di elaborazione (www.studiotaf.it 2010).
Tra aula e reparto non dovrebbe esserci una cesura schizofrenica: quel che si insegna
dovrebbe almeno somigliare a quel che si fa. Ma è anche importante che i tutor che
accompagnano il processo di apprendimento e di integrazione degli studenti nei due
diversi ambiti si scambino informazioni articolate e tempestive per sostenere gli studenti
e per sviluppare programmi di tirocinio realisticamente fattibili, utili agli studenti e
coerenti con il piano di studio.
Il beneficio che si ottiene è la soddisfazione degli studenti, e dei tutor, che vedono la
possibilità di misurare concretamente i propri progressi e i propri problemi.
La parola valutazione rimanda a differenti concetti come: il controllo, il giudizio, la
misurazione,la votazione. La valutazione è uno dei momenti cardine di tutti i processi
formativi. È’ orientata ad attuare un confronto tra una situazione di partenza e una
situazione d’arrivo. Ha inizio con una chiara definizione degli obiettivi educativi
derivati dai problemi prioritari di salute e dal profilo professionale. In questo contesto la
valutazione può riguardare tre campi dell’apprendimento: intellettuale, gestuale e della
comunicazione interpersonale. L.Sasso et al (2003).
La valutazione degli insegnanti tutoriali da parte degli studenti si configura come
un’azione che accompagna l’analisi della professionalità del tutor stesso.
La valutazione alla quale sono chiamati gli studenti nei confronti dei loro tutor può
infatti fornire ai tutor stessi un feedback molto utile sulla qualità dei loro insegnamenti.
La didattica tutoriale, pone lo studente al centro del suo processo di apprendimento e in
posizione attiva nei confronti del suo percorso formativo e professionalizzante. Pertanto
allo scopo di migliorare, integrare, rivedere insegnamenti e processi, il tutor dovrebbe
sollecitare l’opinione degli studenti. La valutazione ha un ruolo centrale in tutti i
processi di apprendimento. Il tutor può trovare un ruolo e offrire un validissimo
contributo ai processi di valutazione sia formativa che certificativa. A seconda dei
campi di apprendimento coinvolti nel processo valutativo vengono proposti differenti
metodi di valutazione. A.Lotti et al (2003)
44
Il problema della valutazione nel tirocinio è centrale, e presenta gli stessi aspetti di
complessità della valutazione delle prestazioni professionali. Per prima cosa è
importante garantire agli studenti una valutazione equa. Sembra facile, ma ci sono dei
rischi: soggettività nell’attribuzione delle priorità: ciò che è essenziale per me potrebbe
non esserlo per il mio collega. Ovviamente valutando la stessa prestazione daremmo
due giudizi diversi. In organizzazioni grandi come quelle sanitarie definire degli
standard e degli indicatori condivisi è, ovviamente, essenziale per garantire che la
valutazione sia utile ed equa diversa interpretazione delle scale di valutazione: se un
valutatore utilizza una scala da 1 a 10, ed il secondo non attribuisce mai valori inferiori
a 5 e superiori a 7, di nuovo non avremo una valutazione comparabile, e quindi non
avremo una valutazione utile e tanto meno equa. L.Sasso et al (2003).
Oltre alle diverse interpretazioni esistono poi degli ostacoli di carattere cognitivo: i più
comuni, sono:
il tunnel cognitivo: che poi è quel fenomeno che mi fa cambiare prospettiva in funzione
della vicinanza; in parole povere se valuto una mia prestazione o quella di una persona
che conosco bene tendo a valutare l’impegno, se invece valuto la prestazione di un
estraneo la mia attenzione va al risultato. Ovviamente le due valutazioni non sono
comparabili. L’effetto “vicinanza” in una valutazione tendo a dare peso agli
avvenimenti più vicini nel tempo, mentre ciò che è accaduto mesi prima sfuma.
Naturalmente anche in questo caso avremo una valutazione parziale, e difficilmente
comparabile. L’effetto “fama”: la stessa prestazione compiuta da due soggetti con una
diversa “fama” verrà interpretata diversamente.
Con questa breve sintesi si vede la necessità di sviluppare dei modelli di valutazione
condivisi. L’autovalutazione resta un passaggio essenziale per lo studente: è importante
per fissare ed elaborare la miriade di stimoli che si sommano in una "normale" giornata
e per diventare un professionista maturo ed autosufficiente. L.Gamberoni et al(2003).
Non meno importante è la valutazione dei tutor: l'autovalutazione ed il confronto con i
colleghi da un lato, e la valutazione fornita dagli studenti dall'altro. Durante i percorsi di
formazione intervento è fondamentale dedicare tempo alla costruzione, alla
personalizzazione, ed alla taratura di strumenti per queste valutazioni. Sono un punto di
riferimento, ma anche una rassicurazione per gli operatori e per gli studenti.
45
4.3 Il tutor nella formazione universitaria
E’ con la legge 341 del 1990 al’art.13, “Riforma degli ordinamenti didattici
universitari” che nasce in Italia la funzione tutoriale. Ogni Università, entro un anno
dalla data in vigore, doveva provvedere ad istituire un proprio regolamento interno sul
tutoraggio sotto la propria responsabilità. Questo articolo riporta che il tutorato si
propone obiettivi quali:
• Assistere ed orientare gli studenti nel corso degli studi
• Renderli partecipi del processo formativo
• Collaborare con gli organismi di sostegno al diritto allo studio
• Rimuovere gli ostacoli ad una conveniente frequenza dei corsi.
Poteva essere una legge innovativa che portava cambiamenti rispetto al modello di
rapporto tra studente e docente. A venti anni di distanza, il tutor non ha avuto la
visibilità attesa. Successivamente si è reso necessario approfondire e riflettere circa la
funzione tutoriale che sembra, sempre più, essere una figura indispensabile per facilitare
i percorsi di apprendimento e ridurre i rischi di abbandono. Dal 1990 la figura del tutor
ha fatto il suo ingresso ufficiale anche nella formazione universitaria delle professioni
sanitarie. Dalle esperienze nelle università italiane dall’analisi emergono tre tipologie di
tutor, che vengono definite in modo diverso a seconda della realtà, delle tradizioni e
della cultura presente. L. Sasso et al (2003)
Il tutor istruttore: realizza la lezione a distanza pertanto deve conoscere e presentare i
contenuti del corso in questione, deve avere abilità di design per la formulazione di
materiale formativo, essere abile nel reperire in maniera rapida ulteriore materiale per
approfondimenti se gli vengono chiesti dai discenti e avere una certa capacità di
mantenere aggiornate le risorse.
Il tutor facilitatore : deve mantenere le relazioni con i discenti. Le interazioni fra tutor e
discenti possono essere di due tipi; o uno a molti e quindi il tutor riesce a gestire tramite
mailing listi o forum tanti studenti, è consigliabile, in questo caso, non superare il
numero di 20 partecipanti; oppure uno a uno in genere via mail. Le abilità che deve
avere in entrambi i casi sono comunicative e relazionali, deve saper porre le domande
giuste al momento giusto, osservare, ascoltare e intervenire in modo opportuno solo
quando necessario e dare il feedback ai discenti, incoraggiarli e sostenerli. L.Gamberoni
(2003)
46
Il Tutor moderatore - animatore: è presente quando si creano delle vere e proprie
comunità di discenti. Cerca di mantenere la discussione del gruppo aderente agli
argomenti del corso, sollecitandola o reindirizzandola se occorre o smorzandone i toni.
Cerca di creare un clima di familiarità e partecipazione di ogni singolo discente, ha il
compito di favorire nuovi spunti per dibattiti e mantenere alta la motivazione. Ha la
funzione di instaurare un clima di fiducia reciproca e di serenità. A volte le sue
mansioni vengono in parte integrate e in parte sostituite dal peer tutoring ovvero una
sorta di tutoraggio fra pari.
In relazione a quanto sopra evidenziato e la necessità di sviluppare due modalità di
tutorato nella Professione Sanitaria .L. Sasso et al(2003)
Il coordinatore didattico come facilitatore dell’acquisizione di competenze
intellettive, relazionali e gestuali è il professionista che nell’ambito della sede formativa
assume la responsabilità di facilitare , gestire l’intero percorso formativo dello studente
programmando percorsi personalizzati e portando la sua competenza nella progettazione
formativa e nelle metodologie didattiche. I tutor didattici dei CdL hanno un ruolo
sanitario e dipendono dalle strutture sanitarie, collaborano con il coordinatore tecnico-
pratico nell’organizzazione e nell’attuazione del percorso didattico professionalizzante
e nella programmazione delle attività specifiche, guidano ed orientano i singoli studenti
nell’apprendimento ; coordinano l’insieme delle attività di docenza per l’insegnamento
professionalizzante. L.Sasso et al(2003)
Il tutor clinico o guida di tirocinio ha un ruolo importante perché accoglie gli studenti
nei reparti o nei servizi sanitari durante il periodo di tirocinio; funge da facilitatore
dell’acquisizione delle competenze in ambito professionale;ancora può facilitare
l’integrazione tra teoria e pratica e tra i tre campi dell’apprendimento. Il periodo che lo
studente trascorre con il tutor clinico va pianificato con attenzione grazie ad alcune
metodologie che vengono descritte: il briefing o preparazione del periodo di tirocinio, il
contratto tra lo studente e i suoi tutors, il de briefing o momento di riflessione
sull’esperienza vissuta in ambito lavorativo. è il professionista sanitario che facilita
l’apprendimento di competenze professionali esplicitando modelli teorici e fornendo le
connessioni tra apprendimenti teorici e apprendimenti esperenziali. Aiuta lo studente
alla comprensione del proprio ruolo. Il tutor clinico dipende dalla struttura presso la
quale si svolge la formazione clinica, appartiene al ruolo sanitario e ha lo stesso profilo
dello studente che affianca. Pur continuando a svolgere l’attività. L.Sasso, et al (2003)
47
4.4 Modelli di riferimento
Sono tanti i modelli di riferimento di tutorship presenti in letteratura, che pur nella loro
similitudine , si differenziano per modalità , luoghi, ambiti e tempi diversi.
Mentor-mentoring ; la storia dice che Ulisse affidò suo figlio Telemaco, durante la sua
assenza da Itaca ad un uomo di nome Mentore affinché lo educasse e lo proteggesse. La
funzione del mentoring è quindi uno strumento di sviluppo delle competenze
professionali e sostegno psicologico. Nelle facoltà straniere il ruolo del mentor è svolto
da studenti che frequentano gli anni successivi e che, partecipando alle attività
didattiche dei gruppi di studenti di primo anno, offrono la loro prospettiva di studenti
più esperti. G. Marmo et al (2009).
Counselor-counseling dal latino consumere, far riflettere, richiamare. In tempi più
moderni è inteso come processo dove due persone interagiscono (il counselor e persona)
con lo scopo di l’una di abilitare l’altra a prendere decisione importanti su problemi e
difficoltà . Può essere considerato il consigliere o tutor con funzione di consigliere. Le
competenze di counseling si possono acquisire tramite corsi di formazione mirati a far
prendere consapevolezza del proprio tipo di atteggiamento spontaneo nel corso di un
colloquio e alla sperimentazione delle abilità dell’ascolto attivo e della riformulazione.
L. Gamberoni et al (2009)
Coach-coaching generalmente è un termine che è molto usato nello sport. Il coach
prepara un programma personalizzato per i suoi allievi e pianifica gli obiettivi personali
nei confronti della squadra. La funzione del coaching è quella di stimolare non solo i
processi di apprendimento individuali ma anche quelli collettivi, facilitando il
trasferimento delle abilità del singolo a patrimonio e risorsa del gruppo. L. Gamberoni
et al (2009)
L’attività principale degli studenti durante il tirocinio è l’apprendere. La didattica
tutoriale e le teorie dell’apprendimento sono molteplici.
Nella formazione delle professioni sanitarie, anni di esperienza hanno evidenziato che
l’aspetto professionalizzante inserito nel percorso formativo, finalizza e migliora anche
gli apprendimenti intellettivi, in quanto se ben guidato e inserito in tempi e modi
opportuni fornisce consapevolezza e senso a tutto il percorso di apprendimento. Se non
si capisce questa difficoltà, la pratica stessa non può essere compresa, generata o
migliorata. Molto spesso si tende a pensare che compiti complessi possono essere
48
ricondotti ad un insieme o sommatoria di passi semplici, teyloristici, per usare un
termine noto al mondo organizzativo, che è possibile seguire senza sforzi di
comprensione ed elaborazione. Guidare gli studenti alla risoluzione dei problemi
(problem solving) e quindi guidarli all’osservazione, alla ricerca di connessioni, di
ipotesi e di soluzioni verificate significa aiutarli a porsi domande più che fornire
risposte. Le domande devono essere riferite alla teoria e richiedono una buona
conoscenza clinica da parte del tutor. Solo un tutor esperto e preparato hsi muove
agevolmente in questa strada. A.Lotti et al (2003)
4.5 Stima quantitativa dei tutor nelle aziende sanitarie
Una effettiva e complessiva quantificazione della diffusione dei tutor nel sistema
sanitario regionale non esiste se non in modo molto indiretto attraverso un sondaggio
coordinato dalla Regione Emilia Romagna nel 2006, che ha evidenziato come una
percentuale variabile dal 20% al 45% degli operatori delle Aziende sanitarie dedica una
parte del proprio tempo allo svolgimento di funzioni formative Dossier 174 (2009)
Complessivamente gli operatori delle Aziende sanitarie dell’Emilia Romagna impegnati
a vario titolo in qualità di tutor sarebbero oltre 10.000, un valore certamente cospicuo,
probabilmente anche inferiore alla realtà. Anche se i dati sono ancora da approfondire di
possono segnalare alcuni aspetti rilevanti:
Più della metà (circa 5.200) sono Tutor di tirocinio delle professioni sanitarie,
soprattutto della professione infermieristica; Quasi tutti i Tutor didattici delle
professioni sanitarie (oltre 200) svolgono un lavoro a tempo pieno; Oltre 1.000 sono i
Tutor attivi per le Scuole mediche di specializzazione; gli operatori impegnati come
Tutor d’aula per la formazione continua sono oltre 900. Nella formazione sul campo
sarebbero impegnati oltre 1.400 Tutor di diversi profili professionali;
In 13 Aziende sono stati preparati Tutor per la formazione a distanza;
Infine, in 9 Aziende agiscono oltre 435 Tutor per i Corsi di laurea e pre-abilitazione di
altre professioni o per studenti frequentanti Istituti superiori o in tirocinio di
adattamento. Dossier 174 (2009)
49
5 STUDI E PROGRAMMI IN LETTERATURA
5.1 Le origini della simulazione
La diffusa adozione della tecnologia della simulazione in America non è stata un
fenomeno improvvisato, ma un’evoluzione graduale verificatasi nell’arco di numerosi
decenni. Quella che potrebbe essere definita l’era moderna della simulazione medica è
cominciata circa 40 anni fa nel 1967, i dottori Abrahamson e Denson hanno presentato
alla University of Souther California “Sim One”. Questo simulatore, che riproduceva in
modo molto realistico un paziente , aveva molte caratteristiche di elevata fedeltà ed era
il primo manichino controllato da un computer. Ross J. Scalese et al (2008)
I suoi sviluppatori hanno utilizzato Sim One per l’addestramento degli anestesisti
ospedalieri ed il seppur limitato numero di studi da loro svolto ne ha dimostrato
l’efficacia per insegnare a questi medici manovre come, ad esempio, l’intubazione
endotracheale. Sfortunatamente ne è stato costruito un solo prototipo: allora infatti la
tecnologia informatica era troppo costosa per la commercializzazione e la notizia
ancora molto lontana dal contesto didattico del tempo, il concetto/disegno generale di
Sim One, comunque, è servito da modello per gli attuali manichini automatizzati.
Al contrario, Harvey, simulatore del paziente cardiopolmonare presentato per la prima
volta all’American Heart Association Scientific Session nel 1968 è ancora in
produzione dopo svariate generazioni di perfezionamento e rappresenta il più lungo
progetto continuativo di simulazione di elevata fedeltà nella storia della formazione
medica. Ross J. Scalese et al (2008)
Harvey era nato per insegnare a valutare il paziente allettato per compiere alcune
competenze diagnostiche: l’attuale generazione di questo sistema di addestramento
computerizzato, di grandezza naturale, riproduce in modo appropriato le pressioni
arteriose, i polsi arteriosi e venosi, gli impulsi precordiali, così come i suoni
cardiaco/polmonare, tutti sincronizzati realisticamente a simulare 30 differenti
condizioni cardiache.
Harvey è stato utilizzato per il training e per le simulazioni in laboratori preclinici non
solo da medici ma anche da infermieri, tecnici. Inoltre è stato sottoposto a test rigorosi
per verificarne l’efficacia didattica. Uno studio multicentrico su oltre 200 studenti degli
ultimi anni di medicina ha evidenziato come coloro che si erano esercitati con Harvey
abbiano dimostrato , all’esame della loro capacità di identificare i segni cardiaci su
50
pazienti veri,una performance significativamente migliore del gruppo di controllo(che
aveva fatto pratica solo su pazienti). Ross J. Scalese et al (2008)
Successivamente, progressi significativi per quanto riguarda lo sviluppo della
simulazione negli Stati Uniti sono stati compiuti negli anni ottanta, quando due gruppi
hanno sviluppato , in modo indipendente l’uno dall’altro,dei Cem destinati al training
anestesiologico. Oggi sul mercato è presente “Human Patient Simulator” il successore
più sofisticato di Cem. Nei vent’anni successivi sono stati prodotti e commercializzati
numerosi altri simulatori , inclusi ulteriori manichini automatizzati e altri sistemi di
addestramento mirati, che riproducono quasi ogni funzione clinica e più di recente
simulatori basati sulla realtà virtuale per l’esame e addestramento all’esecuzione di
procedure. Per molti di questi device, gli studi di validazione hanno dimostrato
l’interesse e l’entusiasmo dei discenti, alti livelli di realismo, validità dei contenuti e
della struttura e migliorati risultati educativi in molti ambiti. Ross J. Scalese et al
(settembre 2008)
Che i programmi basati sulla simulazione abbiano avuto un “così grande” successo a
tutt’oggi argomento dibattuto. Aldilà delle evidenze in favore della sua efficacia
didattica, l’ampia adozione della simulazione medica ed infermieristica, negli Usa forse
rappresenta un differente tipo di “successo” se osservata dal punto di vista dei Paesi in
cui queste tecnologie non hanno ancora raggiunto lo stesso livello di accettazione.
Negli Stati Uniti molti centri per la simulazione sono stati allestiti nel contesto di centri
accademici. Qui gli studenti tendono ad essere più giovani, “la generazione di internet” ,
molto disinvolti nell’utilizzo della tecnologia. Poiché vengono abituati alla simulazione
sin dalle prime fasi della loro formazione, essi la considerano parte routinaria del
programma educativo quando la ritrovano più tardi , nel corso della loro carriera. Ross
J. Scalese et al (settembre 2008).
In altri paesi , i centri di simulazione forniscono principalmente educazione continua a
professionisti della pratica clinica ,che hanno bisogno di imparare nuove tecniche o di
mantenere la certificazione specialistica. Questo non si limita esclusivamente al
contesto dell’educazione medica anche molti programmi di simulazione e training delle
scuole per infermieri e per altre figure professionali del settore. Molti comitati statali di
infermieri comprendono le problematiche del training tradizionali con veri pazienti e
ora consentono che una parte dell’esperienza clinica avvenga in contesti simulati;
ancora una volta i giovani sembrano accettare questa novità più velocemente di coloro
51
che si sono formati “alla vecchia maniera”. Negli Usa il numero di istituzioni che
impiegano la simulazione sta aumentando così rapidamente che l’elenco dei centri può
diventare, in breve tempo, obsoleto. Ross J. Scalese et al (settembre 2008)
5.2 1° Caso-Studio 2010 ( University South Australia)
Negli ultimi anni la simulazione è stata ampiamente usata nell’istruzione scolastica
Jeffries, (2007). La carenza di infermieri in tutto il mondo significava che la laure in
Scienze Infermieristiche sta diventando una laurea sempre più popolare. Con il numero
in aumento di studenti universitari, i posizionamenti clinici sono sempre più scarsi. Al
fine di preparare adeguatamente gli studenti infermieri per il lavoro clinico, le università
hanno bisogno di diventare più innovative in materia di istruzione. Inoltre, vi è un
requisito medico-etico per le università di preparare adeguatamente gli studenti per il
posizionamento in clinica e di ridurre il 'paziente come pratica' il modello d'istruzione
del passato. L'uso della simulazione clinica nei corsi di infermieristica è stato un modo
per rispondere a queste esigenze. Jeffries, (2007).
La University of South Australia (UNISA) ha fornito un programma di educazione nel
corso della laurea triennale di Infermieristica come avviene in molte altre università che
offrono formazione infermieristica, la simulazione è ampiamente usata durante tale
programma. Nel primo e secondo anno le simulazioni mirano a fornire agli studenti
l'opportunità di praticare una serie di competenze di base come la realizzazione di letti ,
rilevare i parametri vitali e terapia farmacologica in ambienti protetti, controllati dove
simulano in assenza di rischi per il paziente. Nella seconda fase, i manichini sofisticati
sono usati per insegnare agli studenti le competenze cliniche, come l'ascolto di suoni di
cuore e rianimazione cardiopolmonare, successivamente viene insegnato la venipuntua e
gestione della terapia farmacologica (EV-OS-IM-SC….) Nel terzo anno gli studenti si
impegnano nel laboratorio di simulazione descritti in questo studio con l'obiettivo
primario di gestione del tempo, gestione delle competenze organizzative e gestione di
tutta la modulistica. Jeffries, (2007).
52
Descrizione della simulazione
La simulazione ha la durata di quattro settimane , 6 ore al giorno, e viene realizzata
prima del tirocinio clinico. al quale gli studenti arrivano dopo aver raggiunto e superato
la prova obbligatoria. Ogni caso in genere ha la durata di circa 30/45 minuti.
Ogni laboratori è costituito da: posti letto con sei manichini, con gruppi di studenti di
10/13. Si simulano tre scenari. Ogni studente raffigura il ruolo di paziente, il ruolo di
infermiera, e di un 'extra'.(che potrebbe essere un medico, parente o un degente) Ogni
simulazione descrive uno scenario che rappresenta sei 'pazienti' (tutti con una
condizione cronica come l'asma e diabete) e tre o quattro 'infermiere', con il altri
studenti nel ruolo di un 'extra' .
Gli studenti hanno utilizzato abilità cliniche durante le simulazioni, quali la gestione
della terapia somministrazione della terapia, e hanno capito che lo scopo principale
della simulazione è stato quello di imparare come gestire il loro tempo, le persone e le
circostanze che li circonda. Gli studenti erano stati assegnati ad un ruolo per tutta la
giornata. Il tutor responsabile del laboratorio suddivideva il gruppo in tre elenchi.
Questi elenchi di nomi, è progettato per dare ad ogni studente un ruolo in ogni
simulazione. Quindi lo studente che nella prima simulazione rappresentava il ruolo di
paziente, in quella successiva rappresentava invece l’infermiere e così via. La
simulazione inizia con tutti gli studenti che ascoltano il passaggio di consegne. con lo
scopo di dare in modo dettagliato la diagnosi del paziente, motivo per di ammissione,
durata del soggiorno, la condizione attuale, ecc.
Gli studenti che hanno avuto il ruolo di infermiere tengono una breve riunione per
prendere una decisione sulla ripartizione del lavoro. Così come si avrebbe nella vita
reale, concludono questo incontro con un “foglio riassuntivo”, ossia un elenco
prioritario di attività che si devono svolgere e raggiungere. Nel frattempo, gli studenti
che hanno avuto il ruolo di pazienti indossano un abito/camice, il braccialetto di
identificazione e occupano un letto. Gli studenti che simulano gli infermieri iniziano a
lavorare come se fossero in un reparto A seconda della priorità iniziano con la
rilevazione dei parametri vitali, la gestione della terapia. A ciascun studente che invece
simula il paziente è stata data una scheda contenente alcune informazioni di base per
esempio, attendere 10 minuti e poi diventa molto agitato e aggressivo. Ogni simulazione
sviluppata e costruita in 'tempo reale' ha richiesto all'infermiera di rispondere in modo
diverso ai pazienti a seconda delle circostanze e delle priorità.
53
Ad esempio, il paziente (A) nella prima simulazione doveva essere pronto per un
intervento chirurgico, all'infermiera in questo caso le è stato richiesto di intervistare il
paziente al fine di organizzare un piano di dimissione e successivamente preparare per
la dimissione anche per il paziente. Nella simulazione successiva il paziente, operato,
scivola e cade dal letto con l’apertura della ferita. Al’infermiera è stato richiesto di
riportare il paziente sul letto di chiamare aiuto, provvedere ad una medicazione
compressiva. Contattare il medico curante informarlo di quanto accaduto e inviare il file
del rapporto sull'accaduto. Nell’ultima parte della simulazione il paziente aveva bisogno
di essere preparato per la sala dove il chirurga dove avrebbe ricucito la ferita.
L'infermiera prepara la checklist e rassicura il paziente che era comprensibilmente
sconvolto. Questa prova ha sicuramente evitato svantaggi per gli studenti che
rivestivano il ruolo di infermiere nella simulazione Ogni simulazione in genere ha la
durata di circa 30/45 minuti dove viene osservato e rilevato il rendimento degli studenti
ai fini della valutazionee, se necessario, si potrebbe "congelare la scena" Moss, (2000),
una tecnica che consente di intervenire con uno o più studenti, al fine di facilitare il
pensiero critico ed il problem solving e / o suggerimenti se necessario.
Le domande tipiche poste durante il blocco sono state:
� Come ti senti adesso?
� Perché pensi che ti stanno reagendo in questo modo?
� Perché pensi che sei in questa situazione
� Cosa pensi che puoi fare per migliorare la vostra situazione?
� Cosa ti piacerebbe vedere accadere ora? Telesco, (2006)
Al termine la simulazione veniva chiamato uno stop formale, gli studenti insieme erano
chiamati ad un debriefing della durata di 30/40 minuti. Si trattava di tipo debriefing
standard con domande Fritzsche et al.,( 2004) ad esempio:
� Che cosa ti senti è andato bene? Cosa non è andato così bene? “
� Cosa faresti diversamente la prossima volta?
� Come ti sei sentito in quel momento? Il tuo livello di ansia era appropriato?
Hai avuto tempo per completare l’iter pre-operatorio la seconda volta che il paziente è
tornato in sala con la preparazione della relativa la checklist delle azioni?
Soluzioni possibili e le possibili azioni alternative sono state sollevate e
54
discusse Questo riscontro è stato immediato, prezioso e importante per rinforzare
l'apprendimento che si era appena verificato Goldenberg et al., (2005).
A seguito di questo debriefing gli studenti hanno avuto l'opportunità di scrivere una
dichiarazione di riflessione, dare un significato alla comprensione controllata. Prima di
iniziare la simulazione successiva gli studenti si scambiano i ruoli in base alla
pianificazione giornaliera programmata e si procedeva con il nuovo caso simulato da
“attori” diversi attraverso lo scambio dei ruoli, della durata di 30/40 minuti, a
conclusione un altro de briefing.
valutazione degli studenti
I lavori sono stati sviluppati come parte del curriculum ri-sviluppo intrapresa
nell'ultima parte del 2008 e sono stati consegnati per la prima volta in 'scuola estiva'
2008/9. Siccome era la prima volta, agli studenti è stato chiesto il feedback in due
occasioni:
• immediatamente ,dopo il completamento del laboratorio nel febbraio 2009
• 2 mesi dopo (Aprile 2009), quando gli studenti frequentavano il tirocinio clinico.
Agli studenti è stato consegnato due giorni dopo la conclusione delle simulazioni, un
sondaggio. Dato che la partecipazione degli studenti era stata su base volontaria la
compilazione era anonima e facoltativa I dati raccolti attraverso questa indagine sono
stati utilizzati per migliorare la qualità dell'insegnamento e apprendimento a UniSA e
potrebbe essere utilizzato anche per pubblicazione esterne e presentazione. Le risposte
individuali rimanevano quindi confidenziali e non sarebbero soggette ad
identificazione. Mikilewic (2008) Ci fu un tasso di risposta del 92% (n = 115/125).
Le simulazioni in laboratorio fa acquisire competenze verso l’assistito e la propria
comprensione dei sistemi e l’organizzazione dell'assistenza infermieristica
Si prega di dare un esempio di come questa simulazione ha preparato
il dare sicurezza, e l'assistenza infermieristica
Dei 115 intervistati, il 77,4% (n = 89) è d'accordo o fortemente d'accordo
con la prima affermazione. Così la stragrande maggioranza degli studenti vede la
simulazione come contributo a guadagnare la comprensione dei sistemi e
l'organizzazione delle cure infermieristiche. Commento di uno studente in merito alla
55
simulazione
“ Il laboratorio di competenze mi ha fatto capire quanto sia importante essere
organizzato all'inizio del turno attraverso una pianificazione. Mi ha fatto capire quanto
rapidamente la salute di un cliente può deteriorarsi e come è necessario rivalutare
costantemente le esigenze dei clienti/pazienti ed il tempo da gestire. L’attività di
simulazione ha sottolineato i punti chiave per esempio tempo gestione, lavoro di
squadra, con priorità e strategie. Erano divertenti, utili e importanti per capire il tempo
capacità di gestione in un reparto. Mi ha insegnato che qualsiasi cosa può andare male
in un cambiamento e bisogna concentrarsi su ciò che si presenta. Fondamentale è
mantenere la calma. Le simulazioni mi ha aiutato a utilizzare tutte le competenze che ho
imparato e costruire su di loro così come individuare i problemi o buchi nel mio
bagaglio teorico e imparare a riparare.”
Gli studenti sono stati invitati a rispondere a due domande rispetto a cosa si potrebbe
fare per migliorare le prossime simulazioni:
� Commentare su qualsiasi aspetto del workshop che non sono stati d'aiuto
� Come potrebbe il workshop essere migliorato?
Molti studenti hanno lasciato in bianco queste domande o scritto qualcosa
come "non applicabile". Sette studenti hanno espresso un parere rispetto al quale la
simulazione è stata complessa e confusa in quanto il giorno della simulazione sembrava
caotico, ma non sono sicuro che come potrebbe essere migliorata. Un piccolo numero di
studenti (n = 5) ha espresso insoddisfazione nella loro incapacità di "agire" o chiesto
che attori pagati (n = 10) da utilizzare in futuro.
78%
6%
9%4% 3%
Il follow-up indagine è stata somministrata per via elettronica. Una e-mail
invitava gli studenti a partecipare a un'ulteriore valutazione , è stata inviata a tutti gli
56
studenti che avevano intrapreso il workshop in Summer School. L'e-mail conteneva un
link al sondaggio elettronico. Al fine di rispettare l'etica UniSA come requisito del
sondaggio conteneva l'anonimato della dichiarazione di riservatezza sopra descritte
Mikilewicz, (2008). L'indagine includeva le seguenti due affermazioni:
Impresa del seminario di simulazione mi ha aiutato con la mia
capacità organizzative a trovare la mia collocazione clinica
Impresa del seminario di simulazione mi ha aiutato con la mie competenze a gestire il
cliente/paziente. Cinque punti scale Likert sono stati utilizzati. Tasso di risposta del
37% (46/125) a questo sondaggio elettronico. Venti studenti (43%) d'accordo o
fortemente d'accordo con la prima istruzione e 17 (36%) d'accordo o fortemente
d'accordo con la seconda. C'è stato anche spazio per gli studenti di aggiungere
commenti. Una selezione di questi sono qui riportati:
“Ho scoperto che essere in grado di provare ciò che può accadere quando
sarò in reparto davanti ad un paziente vero, mi ha permesso di sentirmi più sicuro
e mi ha orientato ad una situazione che potrebbe cambiare. Prendendo il ruolo di un
Infermiere che ho rivestito in risposta a diversi situazioni (ad esempio l'impostazione di
reparto) mi ha fatto realizzare il valore e l'importanza della 'gestione del tempo'
l’ambiente e le priorità.” “Tutte le attività proposte durante il workshop sono stati
fortemente incentrate su un lavoro di squadra e mi ha aiutato a sviluppare il conflitto
gestione delle competenze. Essere in grado di praticare parlando con i pazienti mi ha
dato e gestendo la mia ansia”. C'era anche un solo commento negativo :
“Ho trovato scarso beneficio considerando gli attori in generale, c’è bisogno di attori
con talento per rendere tutto ciò più credibile, più vero. Ognuno di noi è così
concentrato su quello che si sta recitando, che resta poco tempo per pensare e rendersi
conto di quello che sta succedendo. pensare a ciò che faremmo come infermieri in una
situazione simile. “
discussione
Nel 2004, Beaubien e Baker hanno dichiarato che simulazione ad alta fedeltà sono state
utilizzati quasi come sinonimi nella letteratura. Dal momento che questa dichiarazione è
stata fatta c'è stato un fiorire di letteratura, segnalazione dell'utilizzo di manichino ad
alta fedeltà per insegnare una serie di competenze infermieristiche cliniche poco
pubblicato per l'uso di altri tipi di simulazione utilizzati per altri scopi educativi.
57
A seguito di una revisione sistematica di attività di simulazione, Kakien e Arwood
(2009) suggeriscono che le simulazioni sono più spesso utilizzati per insegnare le
tecniche di cura, piuttosto che facilitare l'apprendimento dei concetti.
Questo indica che vi è ancora un posto per insegnare concetti come organizzazione e
gestione del tempo di lavoro in formazione infermieristica utilizzando il tipo di attività
di simulazione descritti in questo documento. Inoltre, non c'è dubbio che le metodologie
didattiche utilizzati nella formazione basata sulla simulazione sono decisamente in linea
con la principi di educazione degli adulti . Feingold et al., (2004). Non è quindi motivo
di pensare che i benefici di simulazione deve essere limitato solo per manichino ad alta
fedeltà di simulazione. In effetti richiedono allo studente di interagire con la vasta
gamma di competenze professionali necessarie per completare con successo la
simulazione descritte in questo documento, è di fondamentale importanza per la
preparazione alla assistenza infermieristica. L'uso di questo tipo di simulazione di
reparto è stato riportato in sia in ambito medico sia in letteratura infermiera. Una
simulazione che include elementi simili a questo, tra cui "le interruzioni a tempo,
interazioni del team, gli scenari di routine e di emergenza è stato descritto da Ker et al.
(2006). Questi autori concludono che non solo così è possibile una simulazione di
emulare la realtà che può fornire anche una buona opportunità per gli studenti per
osservare da vicino e fornire un feedback per le prestazioni di tutti i giorni; è questa una
opportunità spesso non disponibile nel mondo reale a causa della pressione del tempo.
Mole e McLafferty (2004) concludono anche che il loro simulato esercizio di reparto per
gli infermieri del terzo anno è stato percepito come una buona occasione per consolidare
la clinica, nonché di organizzazione di competenze.
Il problema più comunemente identificato è che con questo tipo di simulazione
il 10/15% dei partecipanti non riescono a comportarsi da attori Aldrich,
(2005) o "sospendere l'incredulità" Beaubien e Baker, (2004) questo è stato
certamente menzionato da circa il 10% degli studenti coinvolti in questo
simulazione che ha chiesto di "attori pagati".
In definitiva l'obiettivo principale di ogni simulazione è quello di preparare in modo
sicuro studenti per un contesto di vita reale clinica. La capacità degli studenti di
consolidare le competenze apprese e il trasferimento di questi dalla simulazione in
ambito clinico è dunque indispensabile Kneebone e Nestel, (2005). Questa simulazione
si conclude con la valutazione che verrà riconosciuta nel curriculum la cui intenzione
58
era quella di non controllare e non misurare gli esiti, ma fornire una relazione
descrittiva sul caso.
Conclusione
L'utilizzo di manichino di simulazione ad alta fedeltà è solo un modo di usare
la simulazione nella formazione infermieristica. Nel reparto di simulazione su scala
del tipo descritto in questo documento, e possono anche fornire un eccellente
opportunità di apprendimento degli studenti infermieri. In effetti richiedono allo
studente di interagire con la vasta gamma di competenze professionali necessarie per
completare con successo questo tipo di simulazione, è importante per loro essere in
grado di fornire completa, e sicura assistenza infermieristica. In definitiva l'obiettivo
principale di ogni simulazione è quello di preparare in modo sicuro
studenti per un contesto di vita reale, clinica. Mentre l'insegnamento specifico
di competenze cliniche attraverso l'uso di apparecchiature ad alta fedeltà è, ovviamente,
sia importante sia utile, di simulazione su scala clinici utilizzati per
fini di un apprendimento di organizzazione del lavoro e gestione del personale
Entrambe le strategie possono essere utilizzati insieme per tutta la durata del corso di
infermieristica a una migliore preparare degli studenti che lavoreranno in ambito
clinico. Jeffries, (2007).
5.3 2° Studio “CUNEO”
Da parecchi anni presso la sede di Cuneo sono state attivate molteplici attività di
laboratorio: cognitivi (studio casi, presentazione casi da parte degli studenti con la
supervisione dei tutor e degli infermieri-guida di tirocinio per sviluppare la capacità di
ragionamento clinico), gestuali e relazionali, questi ultimi da incrementare. Ragionare
intorno ai “laboratori” sulle finalità, le strategie didattiche, la valutazione dei risultati
ottenuti, è un’iniziativa molto interessante ed opportuna alla luce di: contrazione del
numero di ore di tirocinio, necessità di rafforzare alcune competenze come ponte tra
teoria e prassi, sollecitare costantemente la ricerca di buone pratiche ed il razionale di
esse. Il laboratorio funziona 3/4 giorni alla settimana in accordo la programmazione
didattica complessiva ed è condotto da due tutor. Annualmente viene progettato un
59
percorso di apprendimento per gli studenti, coinvolti periodicamente in sessioni di
laboratorio sulle competenze meno agite o ritenute “più fragili”.
E’ un progetto che nasce dalla criticità, la distanza tra operatività ed atteso, dalla
formazione in termini di consolidamento delle performance. Inoltre i setting
organizzativi non rispondono a ritmi e tempi richiesti dai tirocinanti.
L’obiettivo di questo è quello di integrare le scelte pedagogiche adottate con nuove
strategie didattiche al fine di migliorare lo standard formativo e la padronanza degli
studenti negli stage (apprendimento del ragionamento clinico e padronanza delle abilità
gestuali). Vi è l’attivazione tutto l’anno accademico di opportunità formative e strategie
didattiche di supporto al tirocinio curate dai tutor. Il tutor è considerato il facilitatore ,la
figura di snodo tra apprendimento clinico che raccorda il setting formativo con
l’esperienza clinica. Perché si è pensato progettare un laboratorio?
Laboratorio inteso come:
• forma mentis: che serva ad osservare, studiare l’apprendimento, a valutare
l’efficacia delle strategie formative adottate, laboratorio inteso,
• palestra, che sia accogliente, stimolante, coinvolgente; e che sia a disposizione
dello studente, naturalmente piccoli gruppi per coniugare azione e riflessione in
modo attivo.
Inoltre il laboratorio deve dare la possibilità di mettere in azione le conoscenze,avere
una manipolazione attiva, la possibilità di scelta e decisione nell’analisi dei casi clinici.
Produrre pensiero a partire dall’azione. L’obiettivo del progetto:
Implementare lo sviluppo di competenze gestuali,relazionali e di ragionamento clinico
negli studenti del CdL, attraverso la creazione di un setting di laboratorio sperimentale.
Individuare ed applicare strategie didattiche,metodi e strumenti innovativi di
insegnamento/apprendimento con il coinvolgimento degli studenti.
Attivare delle sessioni di laboratorio finalizzate all’autoapprendimento ed
all’autovalutazione degli studenti e tra i diversi anni. Creare un dossier “casi” a
complessità crescente pertinenti con i problemi prioritari di salute e coerenti con i
progetti di tirocinio. Incrementare il numero delle procedure descritte nel dossier delle
ceck lists da sottoporre a revisione annuale. Creare una documentazione per monitorare
60
la progressione nell’apprendimento. Sperimentare sessioni di revisione tra pari delle
abilità gestuali dei formatori.
Responsabilizzare i tutor nella ricerca di strategie per assicurare continuità e coerenza
tra apprendimento in sede di stage e di laboratorio per il consolidamento delle
performance richieste allo studente. Consolidare l’apprendimento in ambito clinico-
operativo degli studenti, in laboratorio, quale supporto per l’integrazione tra sedi di
stage e sede formativa.
Le fasi dello sviluppo del progetto:
� fase preliminare
� fase di impostazione
� fase di sperimentazione/sviluppo
� fase di valutazione
� fase di revisione
Fase preliminare:
Completamento acquisto attrezzatura didattica : acquisto manichini,simulatori,PC,ecc
Miglioramento setting (allestimento come camere di degenza, sala medicazione,ecc)
Individuazione tutor di riferimento responsabile di laboratorio.
Fase di impostazione:
Approfondimento dei presupposti teorici alla base dell’apprendimento gestuale e clinico
con i tutor ed attivazione di 2 edizioni dei corsi per gli infermieri guida
sull’apprendimento clinico. Definizione tra tutor delle competenze irrinunciabili per
ogni anno di corso, sulle quali programmare attività di laboratorio.
Uniformare le modalità di conduzione dei laboratorio e tirocinio da parte dei tutor.
Sistematizzazione del dossier check-list con revisione ed implementazione.
Programmazione annuale dei laboratorio da attivare con definizione dei criteri di
accesso (su richiesta tutor,studente,previsione ciclica). Predisposizione della tipologia
dei laboratorio da attivare: 1° esercizio, revisione,ecc
Costruzione dossier casi cartacei,Cd-rom,filmati.
61
Messa a punto di modalità di comunicazione /condivisione tra sede formativa ed altra
sedi per facilitare l’apprendimento dello studente.
Fase di sperimentazione/sviluppo
Realizzazione laboratorio secondo calendario.
Monitoraggio percorso dello studente con verifica formativa a cadenza periodica delle
performance.
Proposta di attività elettive mirate a costruire dispositivi multimediali,trascrizione di
auto-casi, preparazione e gestione di sessioni di laboratorio da parte degli studenti.
Messa a punto e realizzazione di laboratori per l’analisi dei casi clinico-assistenziali.
FASI DEL PROGETTO
Fase di valutazione
Valutazione periodica del grado di realizzazione del progetto
Valutazione del miglioramento delle performance degli studenti attraverso: n° di
laboratori realizzati e loro tipologia, annotazione dei tutor partecipanti, grado di
soddisfazione degli studenti e loro annotazioni riportate su questionario annualmente
somministrato,raccolta di segnalazioni provenienti dalle sedi di tirocinio, relazione
annuale del responsabile dei laboratori.
Fase di revisione
Analisi dell’esperienza e dei risultati prodotti,esame degli scostamenti ed adozione di
correttivi nell’anno accademico 2005/06
1° anno di corso: 1 giornata di revisione per tutti gli studenti di 4 tecniche
2° anno di corso: 2 giornate di revisione per tutti gli studenti di 7 tecniche
3° anno di corso: 1 giornata di revisione per tutti gli studenti di 4 tecniche.
Vengono richiamati a Maggio coloro che non hanno raggiunto una performance
sufficiente.
Livelli di responsabilità
Fase Preliminare Coordinatore del CdL. il progetto rientra nelle competenze previste dal
regolamento didattico e d ha ricevuto il placet del Presidente del Consiglio di Corso
62
Fase di Impostazione Coordinatore, Tutor Clinico responsabile del progetto, Tutor
clinici individuati per sistematizzazione dossier check lists ed elaborazione casi.
Fase di Sperimentazione/ Sviluppo Tutor clinico responsabile del Laboratorio, Tutor
Clinici della sede a supporto del progetto ed implicati a rotazione, collaborazione
occasionale dei tutor di sede a % e degli infermieri guida.
Fase di Valutazione Coordinatore e Tutor Responsabile, sessione di valutazione
collegiale con i tutor coinvolti.
Fase di Revisione Coordinatore, Tutor Responsabile e Presidente Consiglio di Corso.
(dott.ssa Sarina Lombardo Coordinatore Corso di Laurea in Infermieristica- Sede di
Cuneo- Università degli Studi di Torino)
Agli studenti è stato somministrato un questionario di gradibilità. Il risultato è il
seguente:
Il 20% dei quali ha dato parere negative
L’80% ha dato parere positivo
80%
20% 0%0%
5.4 3° Studio
IL RUOLO DELLA SIMULAZIONE NELLA FORMAZIONE INFERMIERISTICA
Articolo del 10.03.2010 journal NURSE EDUCATION TODAY
Riassunto
Questa indagine descrittiva valuta il ruolo della simulazione per la preparazione della
clinica pratica infermieristica, dalla percezione di studenti del terzo anno di laurea. Un
63
questionario è stato distribuito a 153 studenti. I dati sono stati raccolti attraverso l'uso di
scale Likert, (scala di valutazione degli atteggiamenti) mentre una casella di commento
consentito per la compilazione di osservazioni qualitative. Un 60% (n = 93) è il tasso di
risposta che è stato raggiunto. I risultati indicano che la simulazione è percepita dagli
studenti come un prezioso metodo di apprendimento, che dovrebbe avere un impatto
positivo sull'efficacia clinica di studenti infermieri. Inoltre i partecipanti credevano che
la loro esperienza con simulatori aumentasse la sicurezza nella pratica.
Questo studio ha rafforzato che l'utilizzo di simulatori viene visto dagli studenti come
un mezzo per aiutare migliorare il collegamento tra teoria e pratica. Le nuove
conoscenze da questa ricerca suggerisce che i simulatori di alta fedeltà può contribuire
significativamente alla preparazione alla valutazione finale gli studenti infermieri 'di
gestione delle attività prima dell'ingresso alla cura. Midwifery Council (NMC)
Motivazione / sfondo per lo studio
Nel contesto della formazione di laurea infermieristica, Wellard et al.
(2007) raffigurano simulazione come la fornitura di fac-simili di assistenza sanitaria
impostazioni, che contengono reperti ospedale per fornire agli studenti
oggetti simulati, esperienze, attraverso le quali poter praticare attività infermieristica
clinica. La simulazione è una strategia di insegnamento che completa le tradizionali
formazione con pazienti/manichini e consente agli studenti di imparare a lavorare senza
rischi per i pazienti. L'obiettivo, secondo Reilly e Spratt (2007), è quello di fornire al
tirocinante in modo realistico, dinamico, la situazione complessa, che richiede pensiero
critico, problem solving e capacità decisionale.
Moule et al (2006) e Wilson et al (2005) concordano sul fatto che la simulazione del
paziente va ben oltre le competenze cliniche di dimostrazione; Esso prevede la
possibilità per lo studente un approccio clinico basato su scenari e su prove che si
riferiscono a decisioni pratiche, a competenza clinica, e fiducia senza la possibilità di
danneggiare il paziente.
Alternative alla simulazione è data dalla possibilità del gioco dei ruoli. Coinvolgere gli
studenti stessi a simulare il paziente, l’infermiere e il familiare; in questo modo gli
studenti sono addestrati a simulare con persone in modo coerente e realistico.
Oltre alla mancanza di consenso sulle definizioni sia di simulazione e di fedeltà, che
64
compromette la comparabilità degli studi, Bradley (2006) riconosce che vi è una
carenza di prove come risultato di studi o studi mal costruiti.
Si tratta soprattutto di valutazione in natura, giungere a conclusioni ambigue e che
utilizzano metodologie deboli che generalizzano. Infatti Issenberg et al (2005) da una
revisione sistematica di studi randomizzati e controllati (RCT) e studi quasi
sperimentali 1969-2003, ha rilevato che l'80% dei risultati sono stati ambigui. Ci sono
risultati positivi associati che simulano l’apprendimento all'interno di letteratura medica
e infermieristica, con segnalazioni che la simulazione ha promosso lo sviluppo di
competenze e competenza (Barsuk et al, 2005;. Wayne et al, 2005, 2006;. Steadman et
al, 2006;. Ti et al, 2006;. Beyea et al, 2007;. Kory et al, 2007;. Maslovitz et al, 2007;.
Shukla et al, 2007;. Tuttle et al, 2007), e aumento di. apprendimento (Goldenberg et al,
2005;. Bearnson e Wiker, 2005; Moule et al, 2006;. Robertson, 2006; Crofts et al,
2007).. In effetti, una letteratura Recensione di Ravert (2002), ha riferito che il 75%
degli studi inclusi indica l'acquisizione di competenze. Si è preteso di massimizzare la
fiducia in praticanti (Bearnson e Wiker, 2005; Goldenberg et al, 2005. Bremner et al,
2006;. Schoening et al, 2006;. Beyea et al, 2007;. Infermieri e il Consiglio di
simulazione Ostetricia e Pratica Learning Project, 2007;
Scherer et al, 2007;. Shukla et al, 2007;. Wayne et al, 2008) e lo è.
Quasi tutti ritengono una piacevole esperienza (Tsai et al. 2003;. Barsuk et al, 2005;
Rodi e Curran, 2005; Wayne et al, 2005. Wilson et al, 2005;. Alinier et al, 2006;. Childs
e Sepples, 2006; Parr e Sweeney, 2006; Robertson, 2006; Maslovitz et al, 2007;.
Infermieri e il Consiglio di simulazione Ostetricia e Pratica Learning Project, 2007;
Reilly e Spratt, 2007; Shukla et al, 2007;. Wallin et al, 2007)..Mancanza di prove del
trasferimento di competenze dalla simulazione laboratorio alla pratica clinica è un limite
comune individuati nel simulazione di letteratura (Barsuk et al, 2005;. Schoening et al,
2006;. Reilly e Spratt, 2007; Tuttle et al, 2007).. Wayne et al. (2008), nella loro
retrospettiva quasi sperimentale studio caso-controllo, coinvolgendo acuta cardiache
Life Support (ACLS),
Lo scopo dello studio era di valutare il ruolo della simulazione per la preparazione degli
studenti per la pratica clinica e di valutare come gli stessi studenti affrontano
l’approccio del tirocinio sul campo. Questo è essenzialmente uno studio longitudinale in
cui un primo approccio quantitativo è stato adottato, congruente con l'accesso a un più
ampio campione. L'approvazione etica per lo studio è stato dato nel gennaio 2008. Lo
65
studio è stato effettuato in un arco di tempo di sei mesi. Il campione è una coorte di (n =
153) studenti infermieri di un Istituto di istruzione superiore (HEI) è stata invitata a
partecipare. Questo campione è stato redatto con studenti che di recente erano stati
sottoposti a simulate di apprendimento e si stavano avvicinando al passaggio da
studente a professionisti. Durante la loro esposizione all’ apprendimento simulato, gli
studenti sono stati osservati attraverso uno specchio unidirezionale e tutte le sessioni
sono state registrate per facilitare successivamente il de briefing. Un questionario con
trentadue-item, incorporando 27 scale di Likert e cinque domande demografica (al fine
di costruire profili della popolazione), è stato ideato per questo studio. A cinque punti
scala composta da "fortemente d'accordo", "d'accordo", "indeciso",
"d'accordo","Fortemente in disaccordo". Il questionario ha avuto anche un "libero
risposta "sezione per consentire di elaborare risposte, ampliare, chiarire o illustrare le
loro risposte. Durante la costruzione, domande sono state raggruppate sotto i temi di
ricerca di cinque obiettivi prima di essere ordinati in modo casuale. Per garantire la
validità del questionario è stato sottoposto ai membri della Scuola di Infermieristica e
Ostetricia Simulation Team che hanno fornito suggerimenti per quanto riguarda la
rilevanza delle questioni. L'affidabilità della simulazione ha partecipato anche mediante
l'uso di "forme alternative" a tale tecnica Parahoo, (2006) in cui le domande sono state
elaborate in forme diverse, commutazione tra, periodicamente, sia positivi che negativi.
Il questionario è stato somministrato l'ultimo giorno di scuola degli studenti del terzo
anno , quando sono tornati all'università per una mattinata per completare la
documentazione di registrazione del questionario somministrato. Inoltre il questionario
è stato anche inviato alle case di sei gli studenti che erano assenti, uno dei questionari
postali è stato restituito. I dati del questionario sono stati codificati per attribuire un
codice numerico Al termine dell'immissione di dati, i dati registrati sono stati
controllati e fatto un controllo incrociato con i questionari originali per garantire
massima precisione.
Risultati ottenuti
Un totale di 93 questionari compilati sono stati restituiti, ciò costituisce un tasso di
risposta del 60%. Tutti erano stati disposti per l'apprendimento utilizzando il simulatore
per un periodo di un'ora, per quattro giorni nel corso degli ultimi otto mesi. I dati sono
stati raccolti, analizzati ed è stato presentato sotto chiave cinque aree:
66
L'impatto che la simulazione ha sulla percezione degli studenti della loro
efficacia clinica. Gli studenti hanno comunicato in modo schiacciante che la
simulazione è stato un utile modo di testare la loro capacità di valutare le condizioni dei
pazienti (n = 90, 96,8%). Questi risultati sono stati, inoltre, sottolineati da un soggetto
che ha dichiarato che la simulazione "Mi ha aiutato a diventare più consapevole della
mia pratica e come io valuterei i pazienti, a come fornire assistenza e affrontare le
situazioni ". Infatti 82,8% (n = 77) ha affermato che la simulazione ha consentito loro di
pianificare un piano di assistenza per i pazienti in modo più efficace. Questo commento
qualitativo da un intervistato sostiene ulteriormente questo vantaggio di simulazione.
"Sentivo che era una buona esperienza di apprendimento che mi ha aiutato essere più
organizzato nella cura del paziente ". Il 75% degli intervistati ritiene che la
simulazione ha migliorato le loro capacità di fornire un'assistenza completa,
25%
75%
mentre la capacità di simulazione per migliorare la propria capacità di valutare allo
stesso modo la cura è stata riconosciuta, con 81,7% (n = 76). I partecipanti sono stati
interrogati circa il loro impatto nell'utilizzo di scenari di simulazione attraverso il lavoro
di gruppo. Il 71% (n = 66) ha considerato la simulazione come aumentare il loro
valore come membro del team sanitario.
67
71%
29%
0%
La questione è stata inoltre costruita in un modello negativo (simulazione ha fatto
alcuna differenza per la mia squadra competenze lavorative) con il risultato che il 73,1%
(n = 68) è opposto a questa dichiarazione. Questo aumenta la validità concorrente del
questionario e aumenta la credibilità di questo risultato. Gli studenti infermieri erano
tenuti a rispondere alla comunicazione che la simulazione nel corso di laurea scienze
infermieristiche migliorava la sicurezza del paziente. E 'da notare che non vi era
disaccordo con questa affermazione e un impressionante 96,8% (n = 90) acconsentiva.
L'effetto che la simulazione ha sulla percezione degli studenti della loro sviluppo
professionale. Simulazione è stata giudicata dal 92,5% (n = 86) degli intervistati dice
che la stessa aumenta la fiducia nei loro giudizio clinico.
92%
8%
Novanta-tre per cento degli studenti infermieri ha anche riferito che l'apprendimento
attraverso la simulazione facilita l'individuazione delle aree di miglioramento nella
68
pratica. Inoltre il 97% concorda che con la simulazione si è appreso anche dagli
errori commessi.
97%
3%
Questi risultati sono stati rafforzati da un partecipante, il quale ha osservato che, la
simulazione aumenta la mia fiducia e ho imparato dai miei errori individuando le zone
sulle quali avevo bisogno di concentrarmi.
L'effetto percepito che la simulazione è di aiutare lo studente a la teoria di collegamento
alla pratica. Gli intervistati in questo studio di simulazione ritengono vantaggiosa per
collegamento teoria e pratica. Ottantasette per cento (n = 81) ha verificato che la
simulazione la avuto rilevanza nel passaggio dal laboratorio al tirocinio clinico.
13%
87%
1
2
69
Infatti la stragrande maggioranza (95,7%, n = 89) conferma di essere stati in grado di
utilizzare le abilità apprese durante la simulazione nel tirocinio clinico. Inoltre la
simulazione è stata ritenuta un metodo preferito dagli studenti di imparare e prepararsi
per la pratica clinica da 92,5% di studenti infermieri. Un partecipante ha rafforzato
questo, commentando che la simulazione è stata molto utile. “Ha contribuito a preparare
me per circostanze infelici ". È interessante notare che una percentuale inferiore di
intervistati, anche se ancora la (N 58,1%, = 54) maggioranza, considera gli scenari di
simulazione clinica realistici. Una simile affermazione "apprendimento simulato non è
stata una autentica esperienza di apprendimento "è stata anche posta con risultati più
positivi. L'ottanta per cento (n = 74) dei partecipanti in disaccordo con questa
affermazione.
Sebbene non sembra esserci essere conflitto tra queste risposte, è possibile che alcuni
studenti non avevano incontrato la situazioni di emergenza nella pratica clinica per data
e che sono state emanate durante la simulazione al contrario ha trovato gli scenari
simulati irrealistici. Come è stato stabilito da altri ricercatori Tsai et al, (2003). Rodi e
Curran (2005); Wilson et al. (2005); Giovanni et al, (2007). Lasater, (2007);.
Eccessivamente et al (2007) anche la simulazione ad alta fedeltà ha dei limiti in termini
di autenticità, una scoperta che condivide questo studio. Questo è avvalorata dal
seguente commento. "Ho sentito la simulazione è stata utile, ma si capiva che si fingeva,
era irrealistica .
Questo studio corrisponde a molti altri, trovando che la simulazione è quasi
universalmente considerata come una utile esperienza di apprendimento Bearnson e
Wiker (2005);. Goldenberg et al, (2005); Moule et al,. (2006); Robertson (2006); Crofts
et al, (2007);. Tuttavia in questo caso è stato esaminato in modo specifico la
preparazione per una gestione autonoma dei tempi e organizzazione. Nessuno dei
partecipanti ha contestato tale beneficio, mentre il 92,5% (N = 76) era d'accordo. Infatti
86,0% (n = 80) degli intervistati, la relazione che l'impiego del simulatore aumenta la
gamma delle competenze necessarie per un anno dello studente universitario in
infermieristica. Inoltre questa ricerca ha scoperto che la simulazione è percepita dal
74,2% (n = 69) degli studenti di svolgere un ruolo nella realizzazione della loro
valutazione della gestione.
70
80%
20%0%0%
Non vi sono prove convincenti che suggeriscono che l'impatto positivo sulla
simulazione e la fiducia degli studenti in funzione della stessa con 84.9% (n = 79)
d'accordo. Tuttavia quando si chiede se la simulazione fatta è stata fatta da studenti più
ansiosi per quanto riguarda le simulazioni, i risultati sono stati più ambigui. L’opinione
dicotomica, in cui il 30% (n = 28) molto d'accordo/ d'accordo, mentre il 55,9% (n =
52) in disaccordo o per niente d'accordo.
35%
65%
0%
Conclusione
Questo studio afferma in maniera convincente l'influsso costruttivo che la simulazione è
un metodo che rafforza le pratiche di apprendimento valido che porta lo studente a
risultati importanti.. Inoltre, oltre tre quarti di studenti infermieri (77,4%) ha approvato
che la simulazione è un buon metodo per migliorare la loro capacità di fornire
71
un'assistenza completa, indicando così che lo studente considera gli ambienti simulati
come luogo di creazione del sapere pratico. La constatazione che gli studenti infermieri
sono stati abilitati attraverso la simulazione per individuare le aree di miglioramento
nella loro pratica e imparare dagli errori convalida i vantaggi della simulazione riportato
da altri ricercatori (Haskvitz e Koop, 2004); Rodi e Curran, 2005;. Hunt et al, 2006;
Crofts et al, 2007;. Eccessivamente et al, 2007). Anche i benefici per la capacità di
comunicazione e team di lavoro sono incoraggianti come il “Safer Patient Initiative”
NPSA,(2008) identifica comunicazione collaborativa e lavoro di squadra come la
priorità per la qualità e miglioramento. Questo studio sembra essere il primo ad
affrontare la questione della preparazione di una valutazione nel contesto di
simulazione, e aggiunge così una nuova dimensione per la base concreta per
simulazione. I partecipanti approvano la sua efficacia per questo prezioso scopo.
Questo studio offre una prova molto incoraggiante per sostenere l'uso di
simulazione durante i tre anni della laurea in infermieristica. I risultati dello studio
aumentano così la validità dei risultati ottenuti. In effetti non è solo la simulazione
percepita dagli studenti come un efficace meccanismo di apprendimento.
Uno dei risultati più sorprendenti è il beneficio potenziale di accresciuta competenza e
la pratica sicura degli operatori a seguito dell’esposizione alla simulazione. Non vi è
indicazione che le competenze acquisite durante l'esercizio di simulazione saranno
trasferite alla pratica clinica per il vantaggio di cura del paziente. Anche se ci fosse
qualche ambivalenza per quanto riguarda il realismo del simulatore e gli scenari del
caso, nel complesso l'apprendimento simulato è stato considerato un autentico
apprendimento esperienza. Questo studio ha fornito nuove informazioni sul ruolo di
simulazione per preparazione di studenti infermieri per la loro valutazione della
gestione e la transizione verso infermiere qualificato. Simulazione con l'alta fedeltà
di simulatori offre infinite opportunità di affrontare la sicurezza del paziente
problemi e per aiutare la collaborazione tra istruzione e pratica.
5.5 La realtà di Rimini
Le caratteristiche degli studenti che si iscrivono al corso triennale di laure in
infermieristica risultano notevolmente cambiate in questi ultimi anni. Ad un generale
miglioramento del livello culturale dovuto al possesso del diploma di scuola media
superiore, si aggiungono le problematiche connesse alla disomogeneità dei gruppi di
72
studenti (età – etnia – lingua – provenienza – motivazioni – esperienze lavorative
precedenti) ai quali gli infermieri tutor devono rivolgersi contemporaneamente durante
le lezioni e specialmente le attività formative professionalizzanti, attività didattiche
elettive e altre attività formative.
Si tratta di un percorso definito da obiettivi che integrano, arricchiscono, verificano gli
apprendimenti teorici. Individuare e selezionare la sede di tirocinio, assegnare allo
studente un percorso personalizzato, è compito del tutor didattico il quale pondera
criteri importanti (presenza di tutor, motivazione del gruppo, presenza di professionisti
qualificati, presenza di strumenti facilitatori, clima sereno, tiene in considerazione delle
necessità personali dello studente). Consentendo allo studente di sviluppare competenze
professionali attraverso processi di elaborazione e integrazione delle informazioni.
Costituisce così l’elemento di saldatura tra il sapere teorico ed il sapere pratico,
rappresentando l’elemento caratterizzante di tutto il processo formativo.
Il tirocinio ha sempre avuto una valenza centrale nel curriculum infermieristico, perché
permette la trasmissione di una cultura professionale legata ad una pratica in
evoluzione. Dato che nella sede in cui si svolge, lo studente trova conferme o smentite
circa il proprio modo di intendere e agire la professione, il tirocinio è un’occasione
privilegiata di formazione del proprio ruolo professionale, dove sono in gioco diversi
tipi di apprendimento. In Emilia Romagna nelle AUSL sono stati attivati 25 corsi per
tutor di tirocinio per categorie professionali (assistenti sociali, psicologi, educatori
professionali, infermieri, terapisti, tecnici di radiologia e di laboratorio). Risultano
presenti varie tipologie di tutor con denominazioni diverse( tutor clinico, tutor didattico
…) che fanno intuire differenze in funzione e collocazione.
Nella realtà di Rimini al Polo Didattico dell’Università sono presenti 6 coordinatori
didattici che si occupano in coppia di un anno del CdL .Ogni coppia, nell’iter formativo,
all’inizio di ogni anno accademico prevede, programma, pianifica gli obiettivi educativi
e standard attesi. Inoltre hanno il compito di progettare il percorso di tirocinio
personalizzato, tenendo conto di alcune variabili relative allo studente come la distanza
sede, attività lavorative, altre relative alla sede di tirocinio come la presenza di operatori
motivati, la presenza di tutor formati, clima organizzativo ottimale. Il tirocinio si svolge
in quasi tutte le U.O. di Rimini, Riccione; Cattolica; Sant’arcangelo e a livello
territoriale ADI, Valloni, Maccolini, Molari, Sol et Salus, Luce sul Mare…
I coordinatori didattici sono suddivisi per area di tirocinio.
73
Referente d’area che comprende : Medicina 1, Post Acuti (Rn), Hospice, Terapia
Antalgica, P.S., RSA, Medicina D’urgenza, Ginecologia e Ostetricia, Urologia,
Diabetologia, Endoscopia Digestiva, Malattie Infettive .
Referente d’area che comprende : Medicina 2, Chirurgia generale, d’urgenza,
Vascolare; Sala Operatoria, Rianimazione, 118, Istituto MaccolinI (sede esterna)
Referente d’area che comprende: Geriatria, Nefrologia, Cardiologia, Utic, ORL,
Ortopedia Psichiatria, CSM, Neurologia, Istituto Valloni (sede esterna).
Referente d’area che comprende : Oncologia, Medicina 3, Lungodegenza Post Acuti,
Sala Operatoria, Chirurgia (Sn), ADI, Villa Salus, Sol et Salus, Istituto S.A. Molari
(sedi esterne).
Referente d’area che comprende : tutte le U.O. di Cattolica e Pediatria, Nido, Chirurgia
Pediatrica, TIN di Rimini.
Esiste una rete di tutor clinici formati. Si tratta di circa 167 unità, così distribuiti:
30 tutor clinici per quanto riguarda il primo referente
44 tutor clinici per quanto riguarda il secondo referente
21 tutor clinici per il terzo referente
45 tutor clinici per il quarto referente
27 tutor clinici per il quinto referente
Il tirocinio si svolge in quasi tutte le U.O. di Riccione, Rimini, Cattolica, Sant’arcangelo
e sedi esterne. In queste U.O. sono presenti circa 167 tutor formati e solo in 25 U.O.
esiste un progetto formativo di tirocinio che i tutor clinici, all’interno dell’UO, hanno
elaborato e presentano agli studenti prima di cominciare il tirocinio. Si tratta di una
sorta di contratto di apprendimento che il tutor elabora, propone e condivide prima con
il gruppo di operatori della stessa U.O.,poi con gli studenti. Il progetto descrive l’U.O.,
l’organizzazione, le regole da rispettare, gli obiettivi specifici che si devono raggiungere
che sono proprie di ogni U.O. I tutors sono guida e sostegno per un inserimento
protetto, ma non sono affiancati ogni giorno agli studenti, in loro sostituzione potranno
essere presenti infermieri esperti o infermieri referenti di modulo, a discrezione del
coordinatore.
Nell’azienda di Rimini, nel 2010, è prodotto l’ultimo corso tutor, c’è una richiesta
elevata di operatori che vogliono formarsi. Si sta cercando di infittire la rete già
74
esistente nell’azienda in modo da garantire in tutte le U.O. la produzione e l’utilizzo di
strumenti. Il corso di formazione prevede il raggiungimento dei seguenti obiettivi.
Essere in grado di
� condurre il ragionamento clinico come strumento per l’apprendimento, la soluzione
dei problemi di salute assistenziali e la valutazione dei risultati.
� Utilizzare la relazione con la persona assistita, i famigliari, le persone di
riferimento per instaurare un processo di aiuto ed educativo per la corretta gestione dei
problemi di salute.
� Sviluppare conoscenze logiche e metodologiche di organizzazione dell’assistenza
infermieristica intra ed extraospedaliera.
� Identificare gli strumenti per l’integrazione organizzativa.
� Favorire l’apporto cognitivo che può dare lo studente in tirocinio per il
miglioramento continuo delle conoscenze scientifiche.
� Creare dei percorsi specifici di apprendimento attraverso i quali lo studente in ogni
momento possa essere in grado di conoscere il suo percorso formativo e il
raggiungimento degli obiettivi concordati all’inizio del tirocinio.
Sono chiamati a svolgere le funzioni di guida degli studenti universitari in tirocinio tutti
gli infermieri ma soprattutto gli infermieri tutor che hanno frequentato un corso di
formazione per tutor clinici complessivamente di 60 ore di lezione ,organizzato dal
corso di laurea in Infermieristica dell’Università di Rimini e rivolto a infermieri esperti
delle strutture sanitarie pubbliche e convenzionate. La formazione di base delle
professioni sanitarie ha subito enormi cambiamenti negli ultimi dieci anni e l’avvio dei
percorsi universitari ha creato nuovi scenari, all’interno dei quali si confrontano il
mondo dell’organizzazione e il mondo della formazione. Il nuovo orientamento ha
rivisto i contenuti, le finalità e le modalità con cui attuare la formazione, anche
attraverso il coinvolgimento degli infermieri nella didattica, ripensando al loro ruolo
come formatori in un contesto universitario e individuando funzioni e compiti diversi a
seconda dei diversi ambiti educativi di intervento. La tutorship diventa così una
relazione educativa che si differenzia dall’apprendimento tradizionale e pone al centro
dell’attenzione lo studente con i propri bisogni formativi, stimolando la sua
partecipazione attiva e riflessiva all’interno di un percorso delineato da obiettivi chiari e
condivisi.
75
E’ questa un’opportunità offerta ai professionisti sanitari per formarsi nel ruolo di tutor
con la consapevolezza che essere guida nell’apprendimento di altri comporta
l’acquisizione e manutenzione di competenze specifiche e l’assunzione di responsabilità
nei confronti del discente e dei committenti. La gestione dell’apprendimento richiede
che il tutor clinico non sia solo un professionista, ma anche un formatore.
Durante il corso di formazione sono stati forniti gli elementi teorici di base per
l’orientamento dentro la moderna formazione infermieristica e sono state create
opportunità di apprendimento individuali e di gruppo per facilitare l’acquisizione di
abilità cognitive, pratiche e relazionali utili alla progettazione e gestione dei processi di
apprendimento e di valutazione delle competenze infermieristiche nell’ambito del
setting clinico. (www.qui.uniud.it 2010).
5.6 Dati relativi al volume di studenti
Numero candidati alla prova di ammissione 2007/08:
2007/08 224
2008/09: 283
2009/10: 348
2010/11: 410
Immatricolati
2007/08: 192 (di cui 27 stranieri)
2008/09: 202 (di cui 23 stranieri)
2009/10: 206 (di cui 25 stranieri)
2010/11: 207 (di cui 24 stranieri)
Immatricolati italiani 2007
Principali regioni di provenienza:
EMILIA-ROMAGNA 88
PUGLIA 28
SICILIA 15
CAMPANIA 10
76
BASILICATA 6
Immatricolati italiani 2008
Principali regioni di provenienza:
EMILIA-ROMAGNA 83
PUGLIA 27
SICILIA 14
CAMPANIA 6
BASILICATA 9
Immatricolati italiani 2009
Principali regioni di provenienza:
EMILIA-ROMAGNA 88
PUGLIA 29
SICILIA 10
MARCHE 10
CAMPANIA 6
Immatricolati stranieri 2007
Principali nazioni di provenienza:
ALBANIA 3
SAN MARINO 3
PERÙ 3
MAROCCO 3
MOLDAVIA 2
BRASILE 2
Immatricolati stranieri 2008
Principali nazioni di provenienza:
ALBANIA 3
SAN MARINO 3
77
ROMANIA 3
MOLDAVIA 2
TUNISIA 2
Immatricolati stranieri 2009
Principali nazioni di provenienza:
ALBANIA 5
ROMANIA 3
POLONIA 3
SAN MARINO 2
UCRAINA 2
RUSSIA 2
…In uscita senza titolo…E in entrata
2007/08: 15 (di cui 9 rinunce)
2008/09: 11 (di cui 7 rinunce)
2009/10: 9 (di cui 2 rinunce)
2007/08 2 trasferimenti da altro Ateneo
2008/09 5
2009/10 2
2010/11 12
Laureati
Numero laureati:
2006/07: 111
2007/08: 145
2008/09: 115
Laureati
Numero laureati fuori corso:
2006/07: 19
78
2007/08: 21
2008/09: 28
Laureati
Media voto di laurea:
2006/07: 99,90
2007/08: 100,17
2008/09: 97,04
79
SECONDA PARTE
IL PROGETTO
80
6.1 INTRODUZIONE
La progettazione del laboratorio dei gesti si inserisce all’interno del core curriculum del
Corso di studi ed è finalizzato a far acquisire allo studente competenze gestuali attese
per l’esercizio della professione.
È richiesto infatti allo studente di padroneggiare, nel percorso di formazione, livelli
crescenti di complessità degli apprendimenti gestuali. Attraverso esperienze progressive
e strutturate in ambiente protetto, lo studente deve avere la possibilità di osservare,
riflettere, imitare, sperimentare alcune manovre tecniche professionali arrivando
progressivamente alla loro applicazione in contesto reale, in tirocinio, sulla persona.
Il laboratorio rappresenta appunto lo spazio fisico “protetto”, organizzato e attrezzato,
principalmente per:
• La dimostrazione di manovre tecniche professionali;
• La visione di materiale audiovisivo inerente pratiche proprie del personale sanitario;
• La pratica su manichini o simulatori tridimensionali di manovre specifiche;
• L’esercitazione tra studenti o tra colleghi.
È necessario che le esercitazioni siano graduate, in modo da fare acquisire ai
partecipanti progressiva sicurezza e abilità.
Loredana G. et al, (2009)
6.2 STRUMENTI E METODI
Il background teorico che abbiamo utilizzato per affrontare questo lavoro è quello
offerto da:
1) libri di testo che ci hanno permesso di costruire la matrice, lo schema sul quale lavorare;
i più significativi sono:
• A.Santullo: “L’infermiere e le innovazioni in sanità” Mc Graw Hill
• Calamandrei C., Orlandi C.: “La dirigenza infermieristica” Mc Graw Hill, Milano,
1998.
2) Alcuni studi effettuati presso diverse sedi universitarie:
81
Primo studio: “Nurse Education in Pratic”(Jane Warland 2010) dove l'obiettivo
principale della simulazione è quello di preparare in modo sicuro studenti per un
contesto di vita reale, clinica. (University-South-Australia caso studio 2010)
Secondo studio:“Nurse Education Today “(C.S. McCaugher, M.K.Traynor 2010),
sembra essere il primo ad affrontare la questione della preparazione di una valutazione
nel contesto di simulazione, e aggiunge così una nuova dimensione per la base concreta
per simulazione. I partecipanti approvano la sua efficacia per questo prezioso scopo.
(Studio misto Regno Unito 2010)
Terzo studio: dott.ssa Sarina Lombardo Coordinatore Corso di Laurea in
Infermieristica “progetto di Cuneo”. L’obiettivo di questo studio è quello di integrare le
scelte pedagogiche adottate con nuove strategie didattiche al fine di migliorare lo
standard formativo e la padronanza degli studenti negli stage attraverso utilizzo dei
laboratori dei gesti attraverso la costruzione di casi.
(Sede di Cuneo- Università degli Studi di Torino)
3) strumenti didattici efficaci per la costruzione delle chek-list contenenti tecniche
infermieristiche aggiornate in base alle ultime evidenze scientifiche.
• (Patrizia Albinelli, Katiuscia Cottafavi, Paola Ferri, “L’infermiere tra teoria e prassi,
un manuale per la didattica di laboratorio clinico”, Athena, Modena, 2008)
4) Uno strumento utilizzato per la costruzione del progetto è il diagramma di Gantt infatti
lo scopo di questo strumento è monitorare con un semplice sistema di rappresentazione
lo sviluppo nel tempo di attività pianificate.
In questo modo tutte le attività che compongono un determinato processo vengono
elencate in modo che se ne possa conoscerla durata prevista e la sequenza
di svolgimento.
Diagramma di Gantt a fine progetto. Calamandrei C. et al. (1998)
TITOLO DEL PROGETTO:
Il laboratorio preclinico nell’apprendimento delle competenze infermieristiche degli
studenti : sviluppare le abilità gestuali come preparazione all'assistenza dei pazienti.
Giuseppe M. et al. ( 2009)
82
STRUTTURA ORGANIZZATIVA
Corso di Laurea in Infermieristica – Polo Scientifico- Didattico di Rimini Facoltà di
Medicina e Chirurgia Università di Bologna
RESPONSABILE DEL PROGETTO:
Coordinatore didattico responsabile del laboratorio dei gesti:
DESTINATARI DEL PROGETTO:
Studenti del corso di laurea in Infermieristica
6.3 BREVE ANALISI DEL CONTESTO
L’apprendimento delle abilità gestuali prevede la scansione di attività di laboratorio in
periodi stabiliti nella programmazione generale del corso di laurea nell'anno accademico
La progettazione prevede prima del inizio dell'apprendimento clinico degli studenti 1°
anno II semestre delle simulazioni ed esercitazioni guidate (abilità gestuali) in un
contesto protetto, nella fattispecie attività riguardanti assunzione della responsabilità
nella:
-“assistenza alla persona nelle situazioni di alterazione di bisogni di assistenza
infermieristica e conseguentemente di stato dipendenza: nella posturazione e
mobilizzazione, nel igiene e cura personale, nell' eliminazione urinaria e intestinale,
nell' alimentazione ”. DM 739/94
Dopo di che gli studenti sviluppano nel tirocinio clinico con la guida e/o la
supervisione di professionisti esperti (tutori clinici e didattici) tali abilità sperimentate
precedentemente nel laboratorio delle esercitazioni.
Si organizza in un secondo momento di apprendimento sempre in laboratorio di
attività riguardanti assunzione della responsabilità nel:
-“garantire la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche”. D.M
739/94
83
Ogni studente utilizza durante il tirocinio e nelle sedute tutoriali un libretto “Guida per
l’apprendimento clinico” finalizzato all’autovalutazione del suo percorso di
apprendimento. Pesaresi et al (2007)
6.4 PROBLEMA/CRITICITA’ INDIVIDUATE
Tutto ciò nasce dalla criticità da distanza tra operatività ed atteso dalla formazione in
termini di consolidamento delle performance. Inoltre i setting organizzativi non
rispondono a ritmi e tempi richiesti dai tirocinanti. Sarina L., “Progetto di Cuneo”
L’obiettivo è di integrare le scelte pedagogiche adottate con nuove strategie didattiche
al fine di migliorare lo standard formativo e la padronanza degli studenti negli stage
(apprendimento del ragionamento clinico e padronanza delle abilità gestuali). A.Lotti et
al (2003)
Vi è l’attivazione in tutto l’anno accademico di opportunità formative e strategie
didattiche di supporto al tirocinio curate dai tutor. Il tutor è considerato il facilitatore ,la
figura di snodo tra apprendimento clinico che raccorda il setting formativo con
l’esperienza clinica. Lombardo S. “progetto di Cuneo”
Perché si è pensato progettare un laboratorio?
� laboratorio inteso come forma mentis: che serva ad osservare, studiare
l’apprendimento, a valutare l’efficacia delle strategie formative adottate;
� laboratorio inteso come palestra: che sia accogliente, stimolante, coinvolgente; e
che sia a disposizione dello studente, naturalmente piccoli gruppi per coniugare azione e
riflessione in modo attivo. Lombardo S. “progetto di Cuneo”
Inoltre il laboratorio deve dare la possibilità di mettere in azione le conoscenze, avere
una manipolazione attiva, la possibilità di scelta e decisione nell’analisi dei casi clinici.
Produrre pensiero a partire dall’azione.
6.4.1 POSSIBILI CAUSE E SOGGETTI COINVOLTI
Sul versante della formazione la prima causa ipotizzata è legata al progressivo aumento
del numero degli immatricolati degli ultimi anni senza un adeguato mantenimento del
rapporto tutori/studenti.
84
Questa situazione è momentaneamente compensata con soluzioni temporanee, come la
ridistribuzione dell’attività tutoriale tra i diversi operatori della sede formativa, e gli
studenti del 3°anno. ( C'è una referenziata letteratura su l'efficacia dell'apprendimento
tra studenti).
Nel coinvolgimento dell'attività di laboratorio i tutori clinici vengono inseriti nel
progetto non sempre in modo costante e stabile, con conseguente reale difficoltà nello
svolgere ed espletare la funzione di facilitatore e guida dell'apprendimento clinico a gli
studenti, e in seconda istanza non è da sottovalutare la complessità di coordinamento
tra figure coinvolte . La disponibilità per svolgere attività di apprendimento è
ricavata dal tempo libero dalla turnazione del lavoro ovviamente tale impegno è
riconosciuto istituzionalmente.
La seconda causa da indagare riguarda sia l'aspetto organizzativo delle attività di
laboratorio e sia dal sistema di valutazione dell’apprendimento clinico.
L'incremento numerico degli studenti ha richiesto una maggior concentrazione degli
stessi nelle sedi di tirocinio, con l’attivazione e l'accreditamento di nuove sedi,
abitualmente non utilizzate per gli studenti del 1° anno e quindi con una rimodulazione
dell'offerta formativa attraverso la rivisitazione degli obiettivi di apprendimento clinico.
A questo punto le piste di ricerca e di implementazione di proposte per la risoluzione
del problema, vertono su diverse ipotesi:
- Quale rapporto di efficacia esiste tra attività di laboratorio e l’apprendimento clinico?
- I metodi di apprendimento incidono sulle performance degli studenti?
- Chi valuta, quando e come la padronanza delle abilità gestuali?
6.5 OBIETTIVI DEL PROGETTO
Obiettivo primario del Progetto
Implementare lo sviluppo di competenze gestuali e di ragionamento clinico negli
studenti del Corso di Laurea in Infermieristica attraverso la creazione di un setting di
laboratorio di abilità gestuali.
85
Obiettivi secondari del Progetto
1. Individuare ed applicare strategie didattiche, metodi e strumenti innovativi di
insegnamento/apprendimento con il coinvolgimento degli studenti;
2. Attivare delle sessioni di laboratorio finalizzate all’autoapprendimento ed
all’autovalutazione degli studenti e tra studenti dei diversi anni;
3. Incrementare il numero delle procedure descritte nel dossier delle check-list, presente
in sede, rispondenti alle EBN, da sottoporre a revisione annuale;
4. Creare una documentazione per monitorare la progressione nell’apprendimento “un
portfolio” dello studente; a supporto degli obiettivi;
5. Sperimentare delle sessioni di revisione tra pari delle abilità richieste tra i formatori;
6. Responsabilizzare i tutor nella ricerca di strategie per assicurare continuità e coerenza
tra apprendimento in sede di stage e di laboratorio per il consolidamento delle
performance richieste allo studente
7. Consolidare l’apprendimento in ambito clinico-operativo degli studenti, in laboratorio,
quale supporto per l’integrazione tra sedi di stage e sede formativa;
8. Creare una banca dati per censire il reale apprendimento degli studenti;
9. Rafforzare lo sviluppo autoapprendimento degli studenti quale base di riferimento per
il loro futuro professionale;
10. Sviluppare un’alleanza pedagogica tra tutor clinici e studenti in un setting di
apprendimento flessibile ed aperto ai bisogni degli studenti, sviluppare la creatività
degli studenti sollecitando il loro contributo nella preparazione di dispositivi formativi
innovativi;
11. Annualmente viene progettato un percorso di apprendimento per gli studenti, coinvolti
periodicamente in sessioni di laboratorio sulle competenze meno agite o ritenute “più
fragili”. Sarina L., “progetto di Cuneo”
6.6 COSTRUZIONE DEL GRUPPO DI LAVORO
Responsabile di
progetto
Infermieri referenti del
progetto
Infermieri partecipi al
progetto
86
I Incontro della durata di 2 ore:
• Partecipanti: direzione Infermieristica, coordinatore CdL., il coordinatore didattico, il
tutor responsabile di laboratorio e tutor clinici per la presentazione del progetto.
• Obiettivi : evidenziare il problema e l’importanza di simulazioni controllate in
laboratorio Condivisione delle fasi di realizzazione e per acquisire osservazioni e
suggerimenti.
Responsabile incontro: il coordinatore referente del progetto (tutor responsabile del
laboratorio).
II incontro della durata di 2 ore
• Partecipanti: coordinatore CdL., il coordinatore didattico, il tutor responsabile e tutor
clinici.
• Obiettivi : Incontro formativo sulla nascita di laboratori di apprendimento
Creazione gruppi di lavoro (tutor clinici formati e autorizzati che partecipano
attivamente alla costruzione di procedure.)
Responsabile incontro: tutor responsabile dei laboratori.
III incontro della durata di 2 ore
• Partecipanti coordinatore CdL. ,il coordinatore didattico, il tutor responsabile e tutor
clinici.
• Obiettivi : presentazione del progetto Alla fine di tale incontro verranno fornite anche
delle dispense sulle quali poter approfondire l’argomento.
Responsabile incontro: tutor responsabile dei laboratori.
Incontri individuali con i tutor clinici
L’incontro servirà per un confronto tra i tutor clinici per uniformare le procedure e
modalità didattiche che verranno eseguite nel laboratorio dei gesti.
Incontri in itinere
Verranno inoltre stabiliti degli incontri durante la fase di sperimentazione del progetto
(1 anno) per monitorarne la realizzazione e per eventuali modifiche da apportare.
87
6.7 FASI DI SVILUPPO DEL PROGETTO
L’individuazione del problema e l’obiettivo posto, evidenziano la necessità di
intervenire su più livelli: incrementare l’intensità delle attività di laboratorio, affinché lo
studente, prima di agire in situazione reale abbia raggiunto uno standard accettabile e
condiviso di abilità.
Attività di laboratorio
Oggi Domani
- Dimostrazione a piccoli gruppi delle
procedure
- Costruzione delle check-list
- Ripetizione procedura a piccoli
gruppi su prenotazione del
laboratorio
- Dimostrazione a piccoli gruppi delle
procedure
- Realizzazione della check-list
- Ripetizione procedura a piccoli
gruppi
- Utilizzo autogestito da parte di
piccoli gruppi di un video con un
filmato contenente principi teorici e
procedura di esecuzione
- Possibilità di ripetizione della
procedura su manichino sempre in
gruppo autogestito
È altrettanto evidente che occorre definire tempi e metodi per la certificazione del
raggiungimento di una padronanza nell’esecuzione dell’attività. Questo aspetto
necessariamente deve essere valutato dopo che lo studente ha effettuato l’esperienza
guidata dai tutori clinici, che intervengono direttamente sull’acquisizione delle abilità
gestuali nel contesto reale.
88
La proposta che si vuole costruire è di effettuare la valutazione delle competenze
gestuali durante la simulazione in laboratorio, nel momento in cui lo studente, ritiene di
aver raggiunto una padronanza in una singola procedura ossia si sente padrone delle
abilità gestuale apprese e messe in azione, viene sottoposto a prova finale attraverso la
somministrazione della chek-list appositamente costruita dai tutor (vedi in allegato).
La performance raggiunta verrà poi certificata, con la firma sul libretto di tirocinio dal
infermiere tutor/guida di tirocinio responsabile di valorizzare ciò.
Valutazione dell’apprendimento clinico
Oggi Domani
In tirocinio, lo studente utilizza un
libretto guida per l’apprendimento
clinico (con le dell’abilità gestuali
da apprendere sulle quali si auto
valuta).
La valutazione dell’apprendimento
clinico viene effettuata in ogni
singola sede utilizzando una scheda
di valutazione, che misura le
competenze tecniche (elencate),
relazionali ed organizzative. Vedi
allegato
La valutazione delle competenze
gestuali verrà effettuata in
laboratorio utilizzando, da parte del
tutor una apposita check-list.
La valutazione della singola
procedura verrà richiesta dallo stesso
studente, quando si sente pronto per
essere valutato.
Lo stesso studente si farà firmare dal
tutor clinico, durante il tirocinio, il
raggiungimento dell’abilità sul
libretto di tirocinio.
Fase preliminare
• Individuare la sede di tirocinio in cui sperimentare l'apprendimento clinico con
il nuovo progetto.
• Individuazione dei tutori/guida di tirocinio che faranno parte del gruppo di
progetto.
• Definire modalità e tempi.
89
• Completamento acquisto attrezzatura didattica : acquisto
manichini,simulatori,PC,ecc.
• Miglioramento setting (allestimento come camere di degenza, sala
medicazione,ecc).
• Individuazione tutor di riferimento responsabile di laboratorio.
Fase di impostazione
• Definire lo standard di accettabilità delle capacità gestuali prima dell’inserimento degli
studenti della pratica.
• Revisione del libretto delle tecniche.
• Costruzione della griglia di osservazione per la valutazione delle procedure contenente
la sequenza tecnica degli atti professionali.
• Incrementare l’intensità delle attività di laboratorio utilizzando la metodologia
dell’autoapprendimento ad integrazione della metodologia tradizionale.
Tutti gli studenti accedono al laboratorio come da programmazione tradizionale.
Inoltre utilizzano in piccoli gruppi autogestiti un video che propone la sequenza delle
attività professionali oggetto di apprendimento.
• Presentazione del progetto.
Informazione degli studenti: presentazione del progetto sperimentale; condivisione dei
“nuovi strumenti” ed illustrazione modalità di utilizzo.
Tutti gli operatori sono informati sulle finalità del progetto, sulle modalità di
realizzazione, sui referenti del progetto stesso.
Tutti gli studenti sono informati e dimostrano di saper utilizzare gli strumenti.
• Approfondimento dei presupposti teorici alla base dell’apprendimento gestuale e clinico
con i tutor ed attivazione di 2 edizioni dei corsi per gli infermieri guida
sull’apprendimento clinico.
• Definizione tra tutor delle competenze irrinunciabili per ogni anno di corso, sulle quali
programmare attività di laboratorio.
• Uniformare le modalità di conduzione dei laboratorio e tirocinio da parte dei tutor.
90
• Sistematizzazione del dossier check-list con revisione ed implementazione.
• Programmazione annuale dei laboratorio da attivare con definizione dei criteri di
accesso (su richiesta tutor,studente,previsione ciclica).
• Costruzione dossier casi cartacei,Cd-rom,filmati.
• Messa a punto di modalità di comunicazione /condivisione tra sede formativa ed altra
sedi per facilitare l’apprendimento dello studente.
Fase di sperimentazione
Durante questa fase del progetto si verificherà la fattibilità e l’efficacia dello stesso.
Dopo questa prima fase, se la valutazione avrà riscontro positivo si considereranno le
eventuali modifiche da apportare e si passerà alla standardizzazione e alla fase di messa
a regime del progetto.
• Avvio sperimentazione e monitoraggio del progetto
• Registrazione di ogni eventuale osservazione ritenuta utile
• Realizzazione laboratorio secondo calendario
• Monitoraggio percorso dello studente con verifica formativa a cadenza periodica delle
performance
• Proposta di attività elettive mirate a costruire dispositivi multimediali,trascrizione di
auto-casi, preparazione e gestione di sessioni di laboratorio da parte degli studenti
• Messa a punto e realizzazione di laboratori per l’analisi dei casi clinico-assistenziali.
Fase di valutazione
Durante questa fase avviene la valutazione delle performance degli studenti attraverso:
• N° laboratori realizzati e loro tipologia,
• Annotazione dei tutor partecipanti,
• Grado di soddisfazione degli studenti e loro annotazioni riportate su questionario
annualmente somministrato
• Raccolta di segnalazioni provenienti dalle sedi di tirocinio,
91
• Relazione annuale del responsabile dei laboratori.
Fase di revisione
Analisi dell’esperienza e dei risultati prodotti,i ed adozione di correttivi nel corso
dell’anno accademico
- 1° anno di corso: 1 giornata di revisione per tutti gli studenti di 2tecniche
- 2° anno di corso: 2 giornate di revisione per tutti gli studenti di 2 tecniche
- 3° anno di corso: 1 giornata di revisione per tutti gli studenti di 2 tecniche.
Vengono richiamati in sessione programmata coloro che non hanno raggiunto una
performance sufficiente.
92
6.8 MATRICE DELLE RESPONSABILITA’
Fase Preliminare Coordinatore del C.d.L. il progetto
rientra nelle competenze previste dal
regolamento didattico ed ha ricevuto
il placet del Presidente del Consiglio
di Corso
Il Progetto deve essere progettato e
condiviso con il Direttore della
Direzione Assistenziale e Tecnica
dell' AUSL
Fase di Impostazione, Coordinatore didattico, Tutor
Responsabile del progetto, Tutor
responsabile di laboratorio, Tutor
Clinici
Fase di Sperimentazione/
Sviluppo
Coordinatore didattico, Tutor
Responsabile di laboratorio, tutor
Clinici
Fase di Valutazione Coordinatore e Tutor Responsabile
di laboratorio, sessione di
valutazione collegiale con i tutor
coinvolti
Fase di Revisione Tutor Responsabile di laboratorio e
Presidente Consiglio di Corso
93
INDIVIDUAZIONE DI UNA SEDE DI TIROCINIO IN CUI SPER IMENTARE LA
NUOVA METOLDOLOGIA
Situazione attuale Visione futura
La sede del laboratorio dei gesti è
individuata in due aule presenti
presso la sede del corso di laurea in
infermieristica.
La sede di del laboratorio dei gesti è
individuata in due sedi differenti:
-Presidio Ospedaliero di Rimini
-Presidio Ospedaliero di Riccione
Ogni aula è composta da due posti
letto per le esercitazioni.
Le sedi possono essere anche più di
due, in base alle disponibilità
Aziendali.
INDIVIDUAZIONE TUTOR DI RIFERIMENTO RESPONSABILE DI
LABORATORIO
Il tutor di riferimento responsabile del laboratorio dei gesti è il collante tra il
Coordinatore didattico e il tutor clinico, deve essere in possesso del titolo di Tutor e del
Master di I livello in Management per le funzioni di Coordinamento.
INDIVIDUAZIONE DEI TUTOR/GUIDA DI TIROCINIO CHE FAR ANNO PARTE
DEL GRUPPO DI PROGETTO
I tutor guida che faranno parte del gruppo progetto devono possedere il titolo di tutor
clinico, sono già individuate alcune figure.
È necessario che queste figure uniformino le modalità di conduzione dei laboratori,
affinché venga standardizzato il metodo d’insegnamento.
Per questo é necessario realizzare una giornata formativa con i seguenti obiettivi:
94
Condividere con i partecipanti le premesse della sperimentazione, analizzare i
presupposti concettuali e le implicazioni metodologiche e organizzative connesse alla
sperimentazione, definire strategie operative per realizzare la stessa sulla base delle
condizioni di partenza
La giornata formativa è articolata in:
Momenti di riflessione teorica su:
� Significato dell’apprendimento clinico, condizioni organizzative e pedagogiche
dell’apprendimento clinico
� Sistema di coerenze tra apprendimento clinico, progetto formativo,
regolamentazione professionale, normativa europea e condizioni organizzative del
laboratorio dei gesti
� Modelli organizzativi dell’assistenza infermieristica: vantaggi, svantaggi, coerenze
con la regolamentazione professionale.
Momenti di lavoro analitico/progettuale dei partecipanti su:
� Identificazione delle necessità di cambiamento e definizione delle strategie
attuative
Analisi delle conseguenze dei cambiamenti prospettati sulla pianificazione delle attività
che si svolgeranno nei laboratori a seconda dell’anno di corso
6.9 GLI STRUMENTI OPERATIVI
Tutti gli strumenti operativi creati saranno visibili in allegato
• Procedure e protocolli rivisti secondo le ultime evidenze scientifiche
• Chek-list di valutazione per le procedure
• Scheda delle registrazioni delle somministrazioni farmacologiche
• Libretto guida per l’apprendimento clinico revisionato
• Scheda di criticità personalizzata
• Questionario di gradimento del laboratorio
95
6.10 LE RISORSE
A priori è impossibile stabilire l’assegnazione esatta delle risorse necessarie per
implementare un tale progetto, anche perché è difficile prevedere con precisione gli
spazi assegnati, e la disponibilità dei tutor clinici.
Le risorse maggiormente impiegate, nella prima fase del progetto saranno legate alla
formazione dei tutor, nonché al materiale cartaceo fornito durante le lezioni e al costo
orario del docente.
Una risorsa molto importante in ogni progetto è rappresentato dalle risorse umane,
soprattutto in un laboratorio di apprendimento.
È fondamentale che il formatore, nell’ambito specifico delle professioni sanitarie, debba
rappresentare un modello di comportamento etico e professionale e debba avere la
capacità di trasferire ai discenti non solo le conoscenze, ma anche abilità tecniche e
relazionali; inoltre esso deve mantenere costantemente aggiornate le sue conoscenze
teoriche e clinico-assistenziali, alla luce delle ultime evidenze scientifiche. Paola Ferri
et al (2008)
L’Azienda e l’Università devono predisporre le risorse materiali atte a rendere
operativo il Servizio; tali risorse possono variare da un minimo di requisiti
indispensabili ad un corollario di attrezzature a cui ogni Servizio deve tendere per
migliorare il tipo di erogazione fornita.
Le risorse materiali richieste per l’operatività del Servizio devono essere suddivise in:
◊Ambiente di lavoro
◊Forniture
�Attrezzature
a) Ambiente di lavoro: Il locale da utilizzare è identificato nella zona…. . La struttura
nel suo complesso comprende:, …..; è collegata….. Nello stesso corridoio si trova…..
b) Forniture: è necessaria la presenza, oltre alle normali forniture di ogni laboratorio
pre-clinico, di una quantità di materiale adeguata al numero di studenti, e di marca
uguale a quella utilizzata nella pratica clinica all’interno dell’Azienda
c) Attrezzature: le attrezzature di base dovrebbero comprendere i mezzi di
informatizzazione con eventuali software dedicati, manichini per esercitazioni
96
Materiale occorrente
• Scheda delle registrazioni delle somministrazioni farmacologiche
• Siringhe monouso sterili 1U.I.- 2,5 ml – 5 ml – 10 ml – 20 ml con ago
• Aghi cannula varie misure
• Aghi farfalla varie misure
• Flebo 100 ml – 250 ml – 500 ml
• Deflussori
• Regolatori di flusso
• Rubinetti tre vie
• Tappi per flebo
• Cerotto di carta
• Garze
• Garze sterili
• Forbici
• Cerotto fixomull
• Cerotti anallergici
• Disinfettante antisettico
• Cotone
• Guanti monouso varie misure
• Guanti sterili varie misure
• Sapone per lavaggio delle mani
• Sapone antisettico
• Gel antibatterico a base alcolica
• Gancio di sostegno per flebo (pali)
• Frigorifero
• Farmaci (flaconi, blister…)
97
• Arcelle
• Prontuario farmaceutico
• Acqua
• Bicchieri monouso
• Mortaio e pistello
• Coppetta per farmaci
• Solventi per diluizione (acqua sterile o soluzione fisiologica
• Manichini appositi
• Telini
• Telini sterili
• Laccio emostatico
• Kit per aerosol
• Kit per cateterismo vescicale
• Set per trasfusione
• Prontuario on-line
• Informatore farmaceutico
• PC
6.11 I RUOLI
Il ruolo del Coordinatore del Corso di Laurea
Il Coordinatore Didattico è una nuova figura che nasce per facilitare i rapporti tra i vari
soggetti coinvolti nel processo formativo (studenti, docenti e segreterie).
Fornisce informazioni agli studenti sia sui i contenuti e sia sull'organizzazione dei Corsi
di Studio, sui servizi didattici e informatici e offre loro durante l'intero percorso di studi
un supporto orientativo tramite mail, telefono e negli orari di ricevimento.
Interagisce inoltre con:
• rappresentanti degli studenti;
98
• i referenti dei corsi di Studio;
• le commissioni istituite a livello di corso di laurea
• la segreteria del corso
Il ruolo del tutor responsabile del laboratorio
È il tutor clinico che in possesso del Master di I livello in Management per le funzioni
di Coordinamento, è responsabile del laboratorio dei gesti.
Ha un ruolo sanitario e dipende dalla struttura sanitaria, funge da collante tra il
Coordinatore del corso di Laurea, il Coordinatore didattico e i tutor clinici.
Il suo obiettivo è quello di abbattere la distanza tra operatività ed atteso e di integrare le
scelte pedagogiche adottate.
Rappresenta la figura di snodo tra apprendimento clinico e il setting formativo con
l’esperienza clinica.
Realizza la lezione e presenta i contenuti con gli obiettivi di apprendimento, deve avere
abilità di design per la formulazione di materiale formativo, essere abile nel reperire in
maniera rapida ulteriore materiale per approfondimenti se gli vengono chiesti dai
discenti e avere una certa capacità di mantenere aggiornate le risorse.
Deve mantenere le relazioni con i discenti. Le interazioni fra tutor e discenti possono
essere di due tipi; o uno a molti e quindi il tutor riesce a gestire tramite mailing listi o
forum tanti studenti, è consigliabile, in questo caso, non superare il numero di 20
partecipanti; oppure uno a uno. Le abilità che deve avere in entrambi i casi sono
comunicative e relazionali, deve saper porre le domande giuste al momento giusto,
osservare, ascoltare e intervenire in modo opportuno solo quando necessario e dare il
feedback ai discenti, incoraggiarli e sostenerli.
Cerca di mantenere la discussione del gruppo aderente agli argomenti del corso,
sollecitandola o reindirizzandola se occorre o smorzandone i toni. Cerca di creare un
clima di familiarità e partecipazione di ogni singolo discente, ha il compito di favorire
nuovi spunti per dibattiti e mantenere alta la motivazione. Ha la funzione di instaurare
un clima di fiducia reciproca e di serenità.
99
Il coordinatore didattico
Il Coordinatore didattico o tutore di anno di corso è il facilitatore dell’acquisizione
di competenze intellettive, relazionali e gestuali, è il professionista che nell’ambito della
sede formativa assume la responsabilità di facilitare , gestire l’intero percorso formativo
dello studente programmando percorsi personalizzati e portando la sua competenza
nella progettazione formativa e nelle metodologie didattiche. I Coordinatori didattici dei
CdL hanno un ruolo sanitario e dipendono dalle strutture sanitarie, collaborano con il
tutor responsabile di laboratorio, con i tutor clinici e con il Coordinatore del corso di
Laurea nell’organizzazione e nell’attuazione del percorso didattico professionalizzante
e nella programmazione delle attività specifiche, guidano ed orientano i singoli studenti
nell’apprendimento; coordinano l’insieme delle attività di docenza per l’insegnamento
professionalizzante. L. Sasso, et al. (2003)
Il ruolo del tutor clinico
Il tutor clinico o guida di tirocinio ha un ruolo importante perché accoglie gli studenti
nei reparti o nei servizi sanitari durante il periodo di tirocinio; funge da facilitatore
dell’acquisizione delle competenze in ambito professionale;ancora può facilitare
l’integrazione tra teoria e pratica e tra i tre campi dell’apprendimento. Il periodo che lo
studente trascorre con il tutor clinico va pianificato con attenzione grazie ad alcune
metodologie che vengono descritte: il briefing o preparazione del periodo di tirocinio, il
contratto tra lo studente e i suoi tutor, il de briefing o momento di riflessione
sull’esperienza vissuta in ambito lavorativo. è il professionista sanitario che facilita
l’apprendimento di competenze professionali esplicitando modelli teorici e fornendo le
connessioni tra apprendimenti teorici e apprendimenti esperenziali. Aiuta lo studente
alla comprensione del proprio ruolo. Il tutor clinico dipende dalla struttura presso la
quale si svolge la formazione clinica, appartiene al ruolo sanitario e ha lo stesso profilo
dello studente che affianca pur continuando a svolgere l’attività. L. Sasso, et al. (2003)
6.12 LE MODALITA’ ED I TEMPI
La simulazione ha la durata di una settimana, sei ore al giorno per ogni laboratorio e
viene realizzata prima del tirocinio clinico al quale gli studenti arrivano dopo aver
raggiunto il superamento degli obiettivi prefissati.
100
I laboratori dei gesti saranno individuati in due aule ognuna delle quali possiede due
postazioni.
La simulazione consiste nell’eseguire delle procedure stabilite dal tutor responsabile di
laboratorio nei tempi e nelle modalità previste.
LA DESCRIZIONE DEL METODO
Una volta definiti gli obiettivi educativi attesi con il laboratorio dei gesti, il loro
raggiungimento dovrebbe avvenire con gradualità passando dalla osservazione della
dimostrazione effettuata da parte del professionista esperto, alla ricostruzione in forma
sequenziale e logica degli atti compiuti dal dimostratore, alla prova di tale manovra
prima su manichino e poi, se la tecnica lo consente, su colleghi o pazienti simulati fino
ad arrivare alla persona assistita.
È possibile anche l’utilizzo di un supporto audiovisivo, in quanto i filmati rappresentano
un valido ausilio per la comprensione, da parte del discente, della sequenza cronologica
delle azioni che compongono la tecnica e delle motivazioni che le sostengono; inoltre
essi sono il punto di partenza per lo sviluppo delle abilità pratiche. Patrizia A.et al
(2008)
Ciò nasce dalla consapevolezza che la sola sperimentazione della tecnica in laboratorio
non riesce ad assicurare allo studente l’avvenuto apprendimento delle abilità dei gesti e
quindi la sicurezza auspicata nell’esecuzione della procedura.
Il procedimento
Presentazione del metodo agli studenti
È necessario che il docente/tutor presenti al gruppo il metodo sottolineando il ruolo
atteso dagli studenti.
Dimostrazione della manovra
L’esperto svolge la tecnica una prima volta senza commentare o spiegare quello che fa,
con una velocità di esecuzione simile a quella richiesta in contesto operativo reale.
Lo ripete poi una seconda volta ma in modo molto più rallentato per dare la possibilità
agli studenti di annotarsi su foglio i vari atti osservati.
101
Costruzione della check-list
Vengono ricostruite in forma plenaria da parte del gruppo studenti, tutti i singoli atti
eseguiti dal dimostratore, giustificandoli in modo convincente, in modo da costruire una
check-list.
Il tutor poi deve sollecitare il gruppo a identificare la corretta sequenza temporale degli
atti motivandola.
La check-list costruita da ogni singolo studente è lo strumento condiviso in gruppo che
verrà discusso e rivisto in aula, dopodiché verrà confrontata con la procedura
precedentemente costruita dal tutor.
Il tutor in questo momento ha la possibilità di valutare l’apprendimento di ogni singolo
studente.
Lo studente che ha acquisito le competenze gestuali, può auto-valutarsi sulla manovra
oggetto della check-list.
Questo metodo di apprendimento “tutoriale” di apprendere abilità gestuali nella
formazione infermieristica, è quello della creazione attiva, da parte dello studente, di
check-list.
Si tratta di una metodologia particolarmente adatta per l’apprendimento di procedure
con elevata caratterizzazione tecnico pratica.
Lo studente viene messo nelle condizioni di osservare una determinata procedura
professionale (attraverso l’osservazione di una situazione clinica, di una situazione
simulata, ad esempio su manichino, o di una situazione videoregistrata) e di definire
prima autonomamente poi, se possibile, in piccolo gruppo, la sequenza di realizzazione
cioè la check-list della procedura osservata.
L'apprendimento scaturisce non tanto dall'applicazione di una determinata check list, ma
dal processo di creazione della stessa. In questo processo lo studente viene posto in
posizione di attivo osservatore di una determinata manovra professionale, con il
compito preciso di analizzare attentamente tutti gli step che la compongono. Non si
tratta affatto di costruire liste interminabili di comportamenti a riprodurre in modo
automatico, ma di innescare processi di osservazione e di interiorizzazione delle
fondamentali competenze pratiche da acquisire.
La costruzione di check list si basa su un modello di apprendimento sequenziale,
102
sostanzialmente di stampo comportamentista. La logica di fondo di queste metodologie
è quella dell'apprendimento per rinforzo, progressivo e sequenziale, per micro-unità di
sapere rispetto ad un oggetto la cui completa conoscenza è garantita dal compimento
dell'intero percorso. La tutorship non si limita però al controllo dell'esattezza delle
sequenzialità di una determinata abilità, ma attiva processi di riflessione e di
integrazione di conoscenze, utilizzando come situazione-stimolo l'apprendimento
dell'abilità stessa.
Sperimentazione su colleghi
Se la tecnica lo consente, lo studente dovrebbe esercitarsi sui compagni e con i
compagni perché questo facilita la sperimentazione da parte dello studente della
condizione di persona assistita dal punto di vista delle emozioni e dei sentimenti.
Valutazione dello studente in tirocinio
Lo studente verrà valutato attraverso 2 strumenti:
� scheda valutazione fornita ai tutor clinici dai tutor didattici
� libretto “Guida per l’apprendimento clinico” ,in possesso di ogni studente, il
quale deve essere appositamente firmato dal tutor clinico a conclusione del periodo di
tirocinio. Pesaresi, et al. (2007)
Le condizioni di efficacia
Nell’utilizzo efficace di questo metodo didattico è necessario garantire alcune
condizioni di apprendimento:
• garantire il setting durante la dimostrazione, ovvero organizzare lo spazio e i materiali
necessari alla simulazione della tecnica in oggetto;
• organizzare gli studenti in piccoli gruppi (max 10/15) affinché sia ottimizzata la loro
possibilità di partecipazione, di osservazione e la successiva possibilità di provare la
manovra tecnica;
• verificare che le manovre tecniche professionali presentate siano fondate sulle migliori
evidenze scientifiche disponibili;
103
• durante la costruzione della check-list il tutor deve stimolare gli studenti ponendo loro
domande volte a sondare maggiormente in profondità le questioni sollevate, oppure
svolte a sviluppare pensiero critico e flessibile, chiedendo possibili alternative,
obbligando così gli studenti a considerare i fatti da angolature diverse oppure ancora
domande volte a portare lo studente ad approfondire fatti, teorie attraverso
l’esplorazione delle conseguenze delle sue affermazioni. Loredana G. et al ( 2009)
Punto di vista dello studente Punto di vista del tutor
Lo studente sviluppa, in un contesto
concreto molto favorevole e
stimolante, capacità di osservazione,
di pensiero critico.
Ha la possibilità di provare in
ambiente protetto la manovra
tecnica in una dimensione
verosimile molto simile a quella
reale avendo la possibilità di
confrontarsi con presidi e materiali
vari necessari per l’esecuzione della
tecnica potenziando anche così le
capacità legate alla manovra.
Lo studente viene responsabilizzato
nel percorso di apprendimento della
competenza gestuale richiesta
poiché una volta costruita la check-
list è sua responsabilità auto valutare
il proprio livello di padronanza e
competenza attivandosi per colmare,
attraverso simulazioni ripetute, le
lacune presenti.
Attraverso l’utilizzo di tale metodo
didattico il tutor ha la possibilità di:
• rendere gli studenti consapevoli dei
loro processi mentali ponendo loro
domande e spingendoli a formulare
le loro spiegazioni a voce alta
• stimolare le capacità di osservazione
e riflessione.
104
6.13 STIMA DEI COSTI
Sono presenti dei finanziamenti da parte dell’ Università per l’acquisto delle
attrezzature, manichini etc, al quale si possono aggiungere dei portatori di interesse
come gli sponsor.
È da aggiungere il costo dei docenti/tutor che effettuano le esercitazioni del laboratorio
dei gesti.
6.14 TEMPI DI REALIZZAZIONE
Il progetto è stato ideato nell’anno 2010, la data di inizio può essere identificata nel
mese di gennaio 2011 con realizzazione finale nel mese di marzo/aprile.
Diagramma di Gantt a seguire..
105
AGO 2010
SETT 2010
OTT 2010
NOV 2010
DIC 2010
GEN 2010
FEB 2010
MAR 2011
Ideazione progetto
Pianificazione progetto
Valutazione risorse
umane Analisi fabbisogni
materiali
Identificazione ubicazione ambulatorio
Ristrutturazione degli
spazi
Allestimento/arredamento laboratorio
Assegnazione
coordinatore di laboratorio
Asseggnazione tutor di laboratorio
Formazione dei tutor sui
nuovi strumenti operativi
Pianificazione del calendario delle attività
de gruppi Invio richiesta di
autorizzazione di inizio attività di laboratorio
Informazione e
comunicazione di inizio attività di laboratorio
agli altri servizi
Formazione su tutto il personale sui nuovi strumenti operativi
Inizio attività di laboratorio
106
CONCLUSIONI
Questo progetto vuole essere lo stimolo per orientare l’approccio all’anziano verso
un’ottica anche di prevenzione, oltre che di cura e assistenza delle malattie.
Se associamo infatti l’incidenza delle cadute e i costi che ne derivano da queste, in una
fascia di anziani alla quale è già attribuita una buona parte della spesa sanitaria, è facile
intuire come la progettazione di un programma di prevenzione delle cadute costituisca
senza dubbio una delle azioni più rilevanti in termini di tutela della salute degli anziani.
Spesso, nell’anziano, si tende ancora a considerare l’intervento preventivo, soprattutto
quello primario, di scarsa o nulla utilità. Contro tale radicato pregiudizio parlano i dati
di letteratura, i costi e le conseguenze che derivano dalle patologie croniche invalidanti
dove curare significa spesso non essere stati capaci di prevenire.
La prevenzione delle cadute e l’incremento dell’attività motoria hanno un ruolo
fondamentale nel mantenimento dell’autonomia, nella riduzione delle malattie e della
mortalità.
Prevenire le cadute vuol dire quindi favorire un buon livello qualitativo di vita al
domicilio, prevenire l’ospedalizzazione, la precoce istituzionalizzazione, la disabilità e
tutte le conseguenze che abbiamo visto derivanti dalla caduta.
Il programma per la prevenzione delle cadute proposto, individuato sulla base delle
evidenze scientifiche, ha il vantaggio di essere semplice, non particolarmente oneroso,
basato principalmente sull’educazione dei soggetti a rischio e quindi anche di
promozione di stili di vita positivi.
Inoltre, pur avendo richiesto per la sua progettazione e realizzazione l’apporto di più
competenze professionali, il contributo della figura infermieristica è centrale dove,
applicando un’organizzazione per percorsi assistenziali, svolge un’importante funzione
di integrazione tra ospedale e territorio con l’obiettivo di migliorare la qualità del
servizio ed ottimizzare i costi.
107
L’apprendimento preclinico, quindi, è in grado di operare trasformazioni profonde sui
comportamenti abituali, in quanto sollecita a riflessioni critiche relativamente agli
assunti, alle idee, alle prospettive, ai valori culturali che normalmente orientano la
percezione del mondo.
Attraverso le simulazioni in laboratorio ogni apprendimento è indirizzato a far acquisire
cognizioni o abilità che mettono in grado il soggetto di sapere determinate cose, di
svolgere determinate attività, di assumere determinati comportamenti.
La formazione preclinica costituisce una leva strategica fondamentale per lo sviluppo
professionale, per la realizzazione degli obiettivi programmati e per una migliore tutela
della salute dei cittadini, nonché un processo di acquisizione, sviluppo delle abilità e
competenze, è anche trasmissione di valori di riferimento e norme comportamentali. I
benefici principali sono pertanto indirizzati verso gli interessi della collettività.
L’educazione informativa non può limitarsi a fornire informazioni, nozioni e norme di
comportamento, ma deve produrre nel discente attraverso, il laboratorio preclinico,
conoscenze che consentano non soltanto risposte pronte e corrette alle richieste semplici
e abituali, ma anche interventi più elaborati in situazioni operative insolite o complesse,
quali vengono spesso proposte dai molteplici fenomeni e problemi della realtà
professionale. L'oggettività di creare laboratori specializzati per creare le pratiche di
apprendimento nelle professioni sanitarie durante il corso di laurea si è evoluto in molte
sedi universitarie. Abbiamo preso in considerazione tre studi che hanno adottato la
prospettiva practice-based dove si supera la concezione classica dello studio per arrivare
a sostenere che gli studenti durante le simulazioni negli skill-lab producono e dove
imparano “praticando”, negli errori , nella produzione e ri-produzione quotidiana
108
contesto protetto. Nella nostra realtà la sede del laboratorio dei gesti è individuata in
due aule presenti presso la sede del corso di laurea in infermieristica, dall’analisi del
contesto risulta possibile l’individuazione del laboratorio in due sedi differenti: P.O. di
Rimini e P.O. di Riccione, dove ogni aula é composta da due posti letto per le
esercitazioni. Le sedi possono essere più di due, in base alle disponibilità Aziendali.
L' uso appropriato di simulatori di bassa, media e alta fedeltà permette agli educatori di
strutturare le opportunità di apprendimento in un contesto in cui la situazione del
paziente influenza le conoscenze e le competenze da attuare.
Gli infermieri educatori sono chiamati ad attuare l'insegnamento, strategie che
promuove la competenza clinica, critico-riflessiva e la capacità di pensiero degli
studenti. Questa sfida deriva dal progresso tecnologico, dall’aumento dei livelli di
gravità del paziente, dai problemi riscontrati in merito alla sicurezza del paziente e dai
mandati da parte degli organismi di accreditamento.
La Lega Nazionale per Infermieri (Nln; 2003) ha esplicitamente affermato che gli
educatori sono infermieri il cui compito è quello di creare "ambienti di apprendimento
che facilitino gli studenti al pensiero critico, all’ auto-riflessione e di preparare laureati
per la pratica in un ambiente complesso e dinamico di assistenza sanitaria " .
La simulazione è un’ opportunità di apprendimento in cui si integrano feedback,
debriefing e riflessione guidata. Essa inoltre, ha la capacità di facilitare il legame tra
teoria e pratica, la capacità di aiutare gli studenti a sintetizzare conoscenze, e a
promuovere insight .
L’uso appropriato della simulazione richiede una pianificazione strategica e può essere
utilizzata nella pratica ambiente per promuovere e validare il giudizio clinico e la
competenza degli infermieri.
Pertanto, la simulazione come processo educativo è una valida opzione per la
valutazione delle competenze professionali indipendentemente dal livello (studente o
neolaureato) .
Simulazione quindi come strategia educativa, fornisce una modalità unica di
apprendimento e di valutazione. L'impostazione simulata fornisce anche un ambiente
privo di rischi, dove gli studenti possono integrare teoria e pratica, senza il timore di
nuocere ai pazienti. Ciò è particolarmente vero quando le esperienze di vita reale sono
scoraggiati a causa dei rischi che si possono apportare ad altri. Una volta integrato
correttamente in test di apprendimento e competenza, la simulazione svolge un ruolo
109
importante ad acquisire le critiche e la capacità riflessive necessarie per fornire
un'assistenza sicura al paziente.
La simulazione, come definito dal NCSBN (2005), è un processo educativo.
Un'esperienza di apprendimento simulato imita l'ambiente di lavoro e richiede al
discente di dimostrare le tecniche procedurali, il processo decisionale, e il pensiero
critico.
Gaba (2004) definisce la simulazione una tecnica educativa in cui gli elementi del reale
mondo sono opportunamente integrati per ottenere specifici obiettivi connessi alla
formazione o di valutazione.
Un obiettivo importante per gli educatori infermieri, a prescindere dal loro ambiente di
lavoro, è quello di garantire iniziale e continua competenza di infermieri diplomati. La
competenza comporta l'acquisizione di conoscenze pertinenti, lo sviluppo delle capacità
psicomotorie, e la capacità di applicare le conoscenze e le competenze in modo
adeguato in un dato contesto.
110
BIBLIOGRAFIA
• Loredana Sasso, Antonella Lotti, Loredana Gamberoni “Il Tutor per le Professioni
Sanitarie” (2003)
• www.studiotaf.it 31.10.2010 h.12.00
• enciclopedia italiana 2000
• Binetti P., Pontati S., Santini D., Il tutorato – modelli di esperienze nella didattica
universitaria, Società Editrice Universo, Roma 1999
• Challis M AMEE Medical Education Guide No.11 (revised): Portfolio-based learning
and assessment in medical education, Volume 21, Number 4, 1 July 1999, pp. 370-
386(17)
• Harris S, Doran G, Fairbairn GReflecting on the use of student portfolio In Nursing
Education Today 2001,21:278-86
• Mathers NJ Challis MC; Howe AC Field NJ Portfolios in continuing medical
education – effective and efficient?, Volume 33, Number 7, July 1999, pp. 521-530(10)
• Wenzel LS et Al. (1998) Portfolio: authentic assessment in the age of the curriculum
revolution in Journal of Nursing Education 37 (5): 208-212
• Zannini L (2005) La tutorship nella formazione degli adulti Guerini Scientifica
• Sasso L, Lotti A Problem based learning per le professionali sanitarie. MC Graw Hill
• legge 341 del 1990 “Riforma degli ordinamenti didattici universitari”
• Challis M AMEE Medical Education Guide No.11 (revised): Portfolio-based learning
and assessment in medical education, Volume 21, Number 4, 1 July 1999, pp. 370-
386(17)
• Harris S, Doran G, Fairbairn GReflecting on the use of student portfolio In Nursing
Education Today 2001,21:278-86
• Mathers NJ Challis MC; Howe AC Field NJ Portfolios in continuing medical
education – effective and efficient?, Volume 33, Number 7, July 1999, pp. 521-530(10)
• Wenzel LS et Al. (1998) Portfolio: authentic assessment in the age of the curriculum
revolution in Journal of Nursing Education 37 (5): 208-212
111
• Zannini L (2005) La tutorship nella formazione degli adulti Guerini Scientifica
• Sasso L, Lotti A Problem based learning per le professionali sanitarie. MC Graw Hill
• Artioli G, Giarelli G. (a cura di), L’abbandono nei Corsi di laurea in infermieristica in
Emilia-Romagna: una non scelta? Dossier 152, Agenzia sanitaria regionale dell'Emilia-
Romagna, 2007. Disponibile al link: http://asr.regione.emilia-
romagna.it/wcm/asr/collana_dossier/doss152.htm.
• AA. VV., Simulazione: l’innovazione nella formazione medica, Quaderni de Il Sole
Sanità n. 38, Il Sole 24 Ore, Milano 2008.
• Benetton M. L'acquisizione di abilità (skills) pratiche attraverso l'apprendimento in
laboratorio. Scenario 2006;23(3):13–16.
• Blakely G, Skirton H, Cooper S, Allum P, Nelmes P. Use of educational games in the
health professions: a mixed-methods study of educators' perspectives in the UK. Nurs
Health Sci. 2010 Mar;12(1):27-32.
• Burns P, Poster EC. Competency development in new registered nurse graduates:
closing the gap between education and practice. J Contin Educ Nurs. 2008
Feb;39(2):67-73.
• Cant RP, Cooper SJ. Simulation-based learning in nurse education: systematic review.
J Adv Nurs. 2010 Jan;66(1):3-15.
• De Camillis N, Ottaviani F, Renzi E. Il role playing con la videoripresa per lo sviluppo
delle abilità relazionali: Un'esperienza di attività didattica elettiva nel corso di laurea in
infermieristica dell'Università degli studi "G. d'Annunzio" di Chieti. Professioni
infermieristiche 2005;58(3):133–138.
• Corradi G., Tecnologie di simulazione e re-training medico/infermieristico, paper
presentato a II Convegno nazionale STS Italia: Catturare Proteo. Tecnoscienza e società
della conoscenza in Europa, Università di Genova, 19-21 Giugno 2008; disponibile sul
sito www.stsitalia.org/papers2008.
• Dante A, Valoppi G, Saiani L, Palese A. Factors associated with nursing students'
academic success or failure: A retrospective Italian multicenter study. Nurse Educ
Today. 2010 Apr 26. [Epub ahead of print]
112
• Decker S, Sportsman S, Puetz L, Billings L. The evolution of simulation and its
contribution to competency. J Contin Educ Nurs. 2008 Feb;39(2):74-80.
• Destrebecq AL, Destafani C, Sponton A. Abbandono universitario: indagini sulle
motivazioni che spingono gli studenti a ritirarsi dal corso di laurea in infermieristica.
Professioni infermieristiche 2008;61(2):80–86.
• Lambton J. Clinical simulation as an instructional strategy for animating the clinical
nurse framework. J Prof Nurs. 2010 May-Jun;26(3):176-81.
• McCaughey CS, Traynor MK. The role of simulation in nurse education. Nurse Educ
Today. 2010 Nov;30(8):827-32.
• Maginnis C, Croxon L. Transfer of learning to the nursing clinical practice setting.
Rural Remote Health. 2010 Apr-Jun;10(2):1313.
• Shepherd CK, McCunnis M, Brown L, Hair M. Investigating the use of simulation as
a teaching strategy. Nurs Stand. 2010 May 5-11;24(35):42-8.
• Warland J. Using simulation to promote nursing students' learning of work
organization and people management skills: A case-study. Nurse Educ Pract. 2010 Sep
20. [Epub ahead of print]
• Warne T, Johansson UB, Papastavrou E, Tichelaar E, Tomietto M, Van den Bossche
K, Moreno MF, Saarikoski M. An exploration of the clinical learning experience of
nursing students in nine European countries. Nurse Educ Today. 2010 Nov;30(8):809-
15.
• Novak, J.D., 1998, Learning, creating and using knowledge, trad. it., L’apprendimento
significativo. Le mappe concettuali per creare e usare conoscenza, Trento, Erickson,
2001
• http://en.wikipedia.org/wiki/Gantt_chart (ultimo accesso 20 ottobre 2010)
• A.Santullo: “L’infermiere e le innovazioni in sanità” Mc Graw Hill
• Calamandrei C., Orlandi C.: “La dirigenza infermieristica” Mc Graw Hill, Milano,
1998;
• Chiari P., Santullo A., “L'infermiere case manager”, Mc Graw-Hill Ed. Libri Italia
Milano, 2001
• Cristina Fabbri, Marilena Montalti, L’Infermiere, Maggioli, 2005
113
• Brunner Suddarth, Susanne C. Smeltzer, Brenda G. Bare, “Nursing Medico-
Chirurgico”, Ambrosiana 2001
• Paolo Chiari, Daniela Mosci, Enrico Naldi, “l’infermieristica basata su prove di
efficacia, guida operativa per l’Evidence Based Nurcing”, McGraw-Hill 2006
• Ruth White, Christine Ewan, “Il tirocinio, l’insegnamento clinico del nursing”,
Sorbona, Milano 1994
• Patrizia Albinelli, Katiuscia Cottafavi, Paola Ferri, “L’infermiere tra teoria e prassi, un
manuale per la didattica di laboratorio clinico”, Athena, Modena, 2008
• Loredana Gamberoni, Giuseppe Marmo et al, “apprendimento clinico, riflessività e
tutorato”, EdiSES, Napoli, 2009
• Sarina Lombardo Coordinatore Corso di Laurea in Infermieristica “progetto di Cuneo”
(Sede di Cuneo- Università degli Studi di Torino
• Pesaresi G., Mele C., Montalti M., Nicolò E., Gugnali A.M., Dionisi, “Corso di laurea
in Infermieristica”, Rimini, 2007.
• Decreto Ministeriale 14 settembre 1994, n.739
• Legge 19.11.1990 n°341
• DL 30.12.1992 n°502
• DM 3.11.1999 n°509
• DM 22.10.2004 n°270