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1 UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BOLOGNA FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA MASTER DI 1° LIVELLO IN “MANAGEMENT NELLA’AREA INFERMIERISTICA, OSTETRICA E TECNICO SANITARIA IL LABORATORIO PRECLINICO NELL’APPRENDIMENTO DELLE COMPETENZE INFERMIERISTICHE DEGLI STUDENTI. PROGETTO: SVILUPPARE LE ABILITA’GESTUALI COME PREPARAZIONE ALL’ASSISTENZA DEI PAZIENTI RELATORE: STUDENTI Prof. COSTANZA MELE FEDERICA MAGNI

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BOLOGNA

FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA

MASTER DI 1° LIVELLO IN

“MANAGEMENT NELLA’AREA INFERMIERISTICA, OSTETRICA E

TECNICO SANITARIA

IL LABORATORIO PRECLINICO NELL’APPRENDIMENTO DELLE COMPETENZE INFERMIERISTICHE DEGLI STUDENTI .

PROGETTO: SVILUPPARE LE ABILITA’GESTUALI COME PREPARAZIONE ALL’ASSISTENZA DEI PAZIENTI

RELATORE: STUDENTI

Prof. COSTANZA MELE FEDERICA MAGNI

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I N D I C E

INTRODUZIONE

PRIMA PARTE

1 LA FORMAZIONE UNIVERSITARIA pag 8

1.1 legge 19.11.1990 n°341 pag. 9

1.2 DL 30.12.1992 n°502 pag 10

1.3 DM 3.11.1999 n°509 pag 10

1.4 DM 22.10.2004 n°270 pag 11

1.5 documenti fondamentali che regolamentano il CdL pag 12

2 L’APPRENDIMENTO pag.16

2.1 I laboratori nell’apprendimento pag.19

2.2 Lo scopo del laboratorio pag.20

2.3 Modelli di laboratorio pag 23

2.4 Conclusione pag 24

3 I METODI E GLI STRUMENTI DI APPRENDIMENTO pag 28

3.1 La lezione pag 29

3.2 Mappa concettuale pag 30

3.3 Il caso pag 31

3.4 Lo skills lab pag 31

3.5 Lavori in piccoli gruppi pag 32

3.6 Il Gioco dei ruoli pag 32

3.7 Il portfolio pag 33

3.8 Il PBL pag 35

3.9 I diari pag 36

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4 IL TUTOR pag 38

4.1 La storia pag 38

4.2 Le funzioni pag 40

4.3 Il tutor nella formazione Universitaria pag 43

4.4 I modelli di riferimento pag 46

4.5 La stima quantitativa dei tutor nelle aziende sanitarie pag 47

5 GLI STUDI e PROGRAMMI IN LETTERATURA pag 48

5.1 Origine della simulazione pag 48

5.2 1° caso-Studio 2010 pag 50

5.3 2° Studio Cuneo pag 57

5.4 3° Studio pag 61

5.5 La realtà di Rimini pag 70

5.6 I dati relativi al volume di studenti pag 74

SECONDA PARTE

6 IL PROGETTO

6.1 Introduzione pag 78

6.2 Strumenti e metodi pag 78

6.3 Breve analisi del contesto pag 80

6.4 Problema/Criticità individuate pag 81

6.4.1 Possibili cause e soggetti coinvolti pag 81

6.5 Obiettivi del progetto pag 82

6.6 Costruzione del gruppo di lavoro pag 83

6.7 Fasi di sviluppo del progetto pag 84

6.8 Matrice delle responsabilità pag89

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6.9 Strumenti operativi pag 91

6.10 Risorse pag 91

6.11 I Ruoli pag 94

6.12 Le modalità ed i tempi pag96

6.13 Stima dei costi pag 100

6.14 Tempi di realizzazione pag 100

Allegato A Diagramma di Gantt del Progetto pag 101

CONCLUSIONI pag 102

BIBLIOGRAFIA pag 104

INTRODUZIONE

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“L’insegnamento clinico è l’aspetto della formazione infermieristica attraverso il quale

gli studenti, facenti parte di un gruppo e in contatto diretto con persone sia sane che

malate o con una collettività, apprendono a pianificare, fornire,valutare l’assistenza

infermieristica globale richiesta sulla base delle conoscenze e capacità acquisite; lo

studente impara non solo ad essere un membro del gruppo, ma anche guida del gruppo

capace di organizzare l’assistenza infermieristica globale …. Gli studenti partecipano

alle attività dei servizi nei limiti in cui tali attività contribuiscano alla loro formazione,

permettendo loro ad imparare ad assumere le responsabilità inerenti l’assistenza

infermieristica” (Decreto Legislativo 2/5/94 n° 353”–art. 6 ) ora D.Lgs 206/2007

L’elaborato è la sintesi di quanto in letteratura è descritto sulle tecniche di

apprendimento che si ri-producono nell’ambito dei contesti di formazione

infermieristica mediati dalla tecnologia. L’obiettivo del lavoro è quello di interrogarsi se

gli ambienti simulati possono essere considerati luogo di creazione, di sapere pratico e

sensibile e, conseguentemente, descrivere come avviene il processo di creazione e

circolazione del sapere pratico in un contesto mediato da operatori competenti e

tecnologia.

La pratica dell’apprendimento tramite l’utilizzo di manichini altamente sofisticati e la

realtà virtuale si sta diffondendo sempre più grazie ai risultati che si sono raggiunti,

all’abbattimento dei costi in seguito all’utilizzo dei software e al parziale superamento

dello scetticismo nei riguardi delle nuove tecnologie. Queste tecniche, in molti contesti,

sono una condizione indispensabile per prepararsi allo svolgimento delle normali

attività lavorative. (STS Italia online paper)

Lo svolgimento della professione infermieristica richiede specifiche competenze,

disponibilità e sensibilità, nonché saperi pratici. Le simulazioni, grazie al supporto

tecnologico, introducono direttamente lo studente in un setting simulato, che riproduce

più o meno fedelmente la realtà lavorativa. Il sistema prevede l’uso di simulatori

provvisti di caratteristiche anatomiche altamente realistiche. Numerosi sono i vantaggi

delle simulazioni, quali ad esempio,

l’assenza di rischi per i pazienti,

la possibilità di mettere in pratica le procedure e riprovarle più volte,

la possibilità di critica costruttiva grazie all’esperienza personale

la possibilità di commettere errori.

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La formazione diviene così un momento in cui gli studenti , generalmente, suddivisi per

gruppi , simulano il lavoro di equipe, apprendendo dall’esperienza, prendendo decisioni,

risolvendo problemi e sviluppando autonomia. Vettore (2007)

Questa realtà è ormai presente in molte sedi universitarie in quanto sono forti le

evidenze scientifiche che ne dimostrano l’efficacia.

Il background teorico che utilizzeremo per affrontare questo lavoro è quello offerto dal

primo studio: “Nurse Education in Pratic” Jane Warland (2010) dove, l'obiettivo

principale della simulazione è quello di preparare in modo sicuro studenti per un

contesto di vita reale, clinica. Secondo studio:“Nurse Education Today” C.S.

McCaugher, M.K. Traynor (2010), sembra essere il primo ad affrontare la questione

della preparazione di una valutazione nel contesto di simulazione, e aggiunge così una

nuova dimensione per la base concreta per simulazione. I partecipanti approvano la sua

efficacia per questo prezioso scopo. Terzo studio “progetto di Cuneo” L’obiettivo di

questo studio è quello di integrare le scelte pedagogiche adottate con nuove strategie

didattiche al fine di migliorare lo standard formativo e la padronanza degli studenti

negli stage attraverso utilizzo dei laboratori dei gesti attraverso la costruzione di casi.

Dott.ssa Sarina Lombardo Coordinatore Corso di Laurea in Infermieristica- Sede di

Cuneo- Università degli Studi di Torino).

Tutti e tre gli studi hanno adottato la prospettiva practice-based dove si supera la

concezione classica dello studio e si adotta una visione che va oltre la concezione

mentale e razionale della conoscenza e dell’apprendimento Bruni et al (2007), grazie al

quale si arriva a sostenere che gli studenti durante le simulazione negli skill-lab

producono, riproducono ed attivano la loro realtà organizzativa, e dove imparano

“praticando”, negli errori , nella produzione e ri-produzione quotidiana in un contesto

protetto. E’da queste premesse che nasce la scelta di cercare di individuare tra i vari

studi sull’argomento quello più efficace, più vicino alla nostra realtà.

Il contesto preso in considerazione è Rimini il Polo dell’Università di medicina e

chirurgia di Bologna, dove attualmente è presente un laboratorio dei gesti con due

postazioni contenente materiale e manichini che permettono simulazioni controllate.

Si tratta di uno spazio fisico organizzato, sito in via Flaminia, in cui gli studenti possono

sviluppare l’apprendimento delle abilità tecnico-gestuali professionali in un ambiente

d’apprendimento controllato. Rappresenta un metodo preparatorio alla pratica clinica e

sulla base della programmazione didattica, gli studenti sperimentano manovre e

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tecniche professionali su appositi manichini; possono esercitarsi in piccoli gruppi tra

studenti con la supervisione dei tutor.

L’obiettivo principale che ci siamo poste con questo lavoro è stato quello di elaborare

un progetto che potesse garantire agli studenti del CdL un metodo preparatorio alla

pratica clinica , è proprio all’interno dei laboratori che gli studenti sperimentano

manovre e tecniche professionali su appositi manichini; lo possono fare esercitandosi in

piccoli gruppi con la supervisione dei tutori.

La tesi è suddivisa in due parti. La prima parte è puramente descrittiva dove vengono

approfonditi argomenti come: la formazione universitaria, l’apprendimento, alcuni

concetti basilari i suoi scopi, i suoi modelli, i tipi di laboratorio nell’apprendimento; le

teorie che ne sono alla base , le metodologie didattiche per gli adulti. il tutor: la

funzione,le diverse figure , i modelli di riferimento studi e programmi in letteratura .

Nella seconda parte viene descritta la realtà operativa dove verrà implementato il

progetto che abbiamo costruito.

La ricerca degli studi e le revisioni in letteratura sull’argomento sono stati identificati

attraverso una ricerca automatica in diversi data base.

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PRIMA PARTE

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1 LA FORMAZIONE UNIVERSITARIA DELLE PROFESSIONI SAN ITARIE

La professione infermieristica negli anni ha sostanzialmente modificato la modalità di

partecipazione al Sistema Sanitario. La formazione Universitaria e la legislazione hanno

stimolato, reso visibile e percepibile questa trasformazione ai singoli professionisti, reali

sostenitori del sistema, e a caduta a tutte la altre professioni che agiscono ed

interagiscono con l’infermiere. L’Università, quale luogo di libertà di pensiero e di

proposizione di tutto ciò che riguarda il sapere e la ricerca di verità, coniuga in modo

organico ricerca e didattica, garantendone la completa libertà.

Per realizzare i suoi fini istituzionali, che sono l’insegnamento e la ricerca scientifica,

l’Università si avvale delle facoltà, dei corsi, dei dipartimenti, degli istituti e dei centri

di servizio. Nel corso degli ultimi venti anni sono state realizzate rilevanti modifiche

nella distribuzione dei poteri di governo, dell’Università e oggi la sua gestione è ispirata

ai principi di autonomia e responsabilità. C.Galletti, et al (2008).

Infatti, la creazione nel 1989 mediante scorporo dal Ministro della Pubblica Istruzione,

del Ministro dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica (MURST), nel

quale sono state accorpate del funzioni di coordinamento dei due settori dell’istruzione

Universitaria e della ricerca scientifica ha permesso di separare il momento delle scelte

di politica universitaria, assegnato al Ministero, da quello della gestione delle scelte,

assegnato alle Università e agli enti di ricerca consentendo la operativa realizzazione

dell’autonomia. C.Galletti, et al (2008).

Terminato tale processo di riordino il Ministero dell’Università è tornato a confluire in

un unico Ministero dell’educazione: l’attuale Ministero dell’Istruzione, dell’Università e

della Ricerca (MIUR). Il progressivo e ampio trasferimento di poteri dal livello centrale

di governo alle singole sedi Universitarie ha segnato la crescita dell’autonomia

complessiva delle sedi Universitarie in particolare sono cresciute l’autonomia statutaria

e regolamentare, l’autonomia finanziaria, l’autonomia didattica, l’autonomia di

reclutamento della docenza universitaria. Alcune delle tappe più significative del

processo legislativo di riforma del sistema universitario sono:

1.1 Legge 19 novembre 1990 n°341

“Riforma degli ordinamenti didattici universitari” ha delineato la possibilità di inserire

nelle Università italiane accanto ai tradizionali corsi di Laurea, di Specializzazione, di

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Dottorato e di Perfezionamento, i Diplomi Universitari di laurea breve. Tali corsi si

svolgono nelle facoltà, hanno una durata non inferiore ai due e non superiore ai tre anni

e gli studi compiuti nello svolgimento dei curriculum devono essere riconosciuti dalla

facoltà per proseguire gli studi e conseguire lauree e diplomi universitari affini (art 2

comma 1e2). Per attivare i corsi di Diploma Universitario l’art.9 comma 1 previsto, che,

entro due anni dalla data di entrata in vigore della norma, dovessero essere definiti ed

aggiornati con uno o più decreti gli ordinamenti didattici dei corsi di diploma

universitario, dei corsi di laurea e delle scuole di specializzazione e le rispettive tabelle.

Tali decreti devono essere formulati tenendo conto della normativa comunitaria di

riferimento e delle previsioni occupazionali riducendo le duplicazioni e ricomponendo

gli insegnamenti secondo criteri di omogeneità disciplinare; individuando, per

raggiungere definitivi obiettivi didattico-formativi, le aree disciplinari. Il merito di

questa Legge n°341 (1990 ) è stato quello di avviare l’allineamento dello schema

formativo dell’istruzione superiore italiana a quello degli altri paesi europei Tale

normativa si poneva anche l’intento di facilitare l’introduzione nel mondo del lavoro dei

giovani e di assicurare loro un’ adeguata conoscenza di metodi, contenuti scientifici e

culturali che li rendessero capaci di rispondere a bisogni di professionalità che la società

esprime. L’inserimento del servizio di orientamento e della figura del tutore (la

medesima normativa introduce con l’art 13 ) era stato previsto per orientare e assistere

gli studenti lungo tutto il percorso degli studi, per renderli attivamente partecipi al

processo formativo, a rimuovere gli ostacoli ad una proficua frequenza dei corsi, anche

attraverso iniziative rapportate alle necessità, alle attitudini ed alle esigenze dei singoli.

Ciascuna università provvede ad istituire con regolamento il tutorato, sotto la

responsabilità dei consigli delle strutture didattiche. G.Marmo et al (2008).

Il tutor adeguatamente formato, ha una valenza centrale nel percorso di acquisizione di

abilità pratiche perché permette di collegare il sapere disciplinare ad un sapere pratico in

costante evoluzione. Un aspetto innovativo è dato anche dall’art 6 comma 2 che

sottolinea come l’importanza scientifico–formativa dell’Università non si esaurisca con

i corsi di studio legati a “ tabelle nazionali” ma possa essere ampliata con l’attivazione

di corsi di perfezionamento e aggiornamento culturale legati a particolari ed emergenti

ambiti di ricerca. Come già ricordato, per l’applicazione di questa Legge di riordino e

l’avvio ufficiale dei corsi di Diploma Universitario si è dovuto attendere fino al 1996

con l’emanazione delle “nuove” tabelle (XXVIII-ter). Il percorso è stato abbastanza

lungo poiché il cambiamento legislativo è andato ad incidere su “alcune cristallizzazioni

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accademiche” e le sedi universitarie hanno dovuto attuare una serie di cambiamenti di

carattere strutturale e organizzativo. G.Marmo et al (2008)

1.2 Decreto Legislativo 30 dicembre del 1992 n°502

“Riordino della disciplina in materia sanitaria” a norma dell’articolo 1 della Legge 23

ottobre 1992, n°421 dove in particolare all’articolo 6 si rileva l’azione del riordino delle

figure professionali sanitarie e dove acquista centralità il problema della formazione. Il

comma 3 delega il Ministro della Sanità ad individuare con proprio decreto le figure

professionali sanitarie da formare con i relativi profili ed il MURST a definire i relativi

ordinamenti didattici. La norma disponeva la cessazione entro 2 anni, dal 1° gennaio

1994, di tutti i corsi previsti dal precedente ordinamento. Veniva così sancita la

formazione universitaria come unico canale formativo per le formazioni sanitarie, ai

sensi della legge 341/90 (la riforma degli ordinamenti didattici universitari), e la

chiusura definitiva della formazione di tipo regionale . C.Galletti, et al (2008).

1.3 Il DM n° 509 del 1999

Realizza una radicale riorganizzazione dell’ordinamento dei corsi di studio prevedendo,

in sintesi, il passaggio dal preesistente ordinamento “tabellare” ad un sistema basato su

pochi vincoli specificamente architettato per consentire alle singole sedi universitarie

una più ampia autonomia propositiva in ordine alla progettazione dei contenuti dei corsi

di studi. Questo regolamento ha segnato il passaggio da un sistema di tipo

“centralistico”, in cui lo stesso percorso formativo veniva indistintamente offerto da un

pluralità di atenei, ad un sistema nel quale sono gli stessi atenei a progettare i propri

percorsi formativi nel rispetto delle proprie specificità e caratteristiche. L’architettura

degli studi universitari delimitata dal DM n°509 del 1999 è caratterizzato

dall’introduzione dei crediti formativi, come strumento sia per misurare la qualità del

lavoro effettivo di apprendimento richiesto allo studente, sia per assicurare la mobilità

degli studenti fra i diversi percorsi formativi all’interno dell’ateneo e dell’intero sistema

universitario italiano ed europeo. C.Galletti, et al (2008).

Articolazione dei corsi di studio universitari in tre cicli (laurea, laurea specialistica,

dottorato di ricerca) cui si accompagna la disciplina dei master di primo e secondo

livello. In particolare: Il primo ciclo di durata triennale ( laurea equivalente ad un carico

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didattico di 180 crediti) che fornisce allo studente un adeguata padronanza dei metodi e

contenuti specifici generali. Il secondo ciclo di durata biennale (corrispondente ad un

carico didattico di complessivi 300 crediti , comprensivi dei 180 crediti già acquisiti con

il titolo di studio di primo livello) che fornisce allo studente una formazione di livello

avanzato per l’esercizio di attività di elevata qualificazione in ambito scientifico.

G.Marmo et al (2008)

Terzo ciclo di durata variabile (non necessariamente associata a crediti) a cui si accede

con la laurea specialistica. Gli obiettivi perseguiti dalla riforma didattica erano diretti al

raggiungimento delle seguenti finalità: Diversificazione dell’offerta formativa attraverso

la qualificazione dei corsi di studio ed il miglioramento della didattica. Riduzione della

durata reale dei corsi e del numero degli abbandoni, anche attraverso il sostegno e

potenziamento delle attività di orientamento e tutorato. Adeguamento dei corsi di studio

all’evoluzione della domanda sociale di formazione ed ai mutamenti del sistema

produttivo e del mercato di lavoro. Internazionalizzazione dei corsi di studio con

conseguente armonizzazione nel contesto europeo. Il contributo decisivo alla

realizzazione del DM n°509 del 1999 si ha con:

� Il DM del 4 agosto 2000 (determinazione delle classi delle laure universitarie);

� Il DM del 28 novembre 2000 (determinazione delle classi delle lauree

universitarie specialistiche);

� Il DM del 2 aprile 2001 (determinazione delle classi delle lauree universitarie della

professioni sanitarie);

Il DM 12 aprile 2001 (determinazione delle classi delle lauree e delle lauree

specialistiche nelle scienze della difesa e della sicurezza). G.Marmo et al (2008)

1.4 DM 22 ottobre 2004, n° 270

Il Decreto MIUR 22 ottobre 2004 n. 270 “Modifiche al regolamento recante norme

concernenti l’autonomia didattica degli atenei”, ha introdotto alcune novità circa la

progettazione dei corsi. I corsi di laurea afferenti alla medesima classe o gruppi affini di

essi devono prevedere un primo anno comune (pari al conseguimento di almeno 60

crediti formativi universitari riferiti all’attività di base). Il DM n° 270 del 2004

sostituisce integralmente il DM 509 del1999.

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Le innovazioni di questo decreto si collocano in un netto aumento degli spazi di

autonomia dei singoli atenei da attuare sulla base di criteri generali definiti dalle

normative. L’autonomia degli atenei richiede, anche, che il sistema acquisisca non solo

regole di efficacia ma anche di efficienza. C.Galletti-et al:(2008).

La progettazione dei nuovi curricula dei corsi di studio, che impegnerà le università

fino al 2010, rappresenta un passaggio e un ulteriore avanzamento verso un sistema più

libero e meno burocratizzato. I punti di forza e gli obiettivi della riforma sono

rappresentati dalla differenzazione delle offerte didattiche e dalla flessibilità dei

percorsi. La riforma si impone, per il futuro dell’organizzazione didattica universitaria,

anche per superare l’eccessiva frammentazione dei corsi e degli insegnamenti e il

proliferare dei corsi di laurea e laurea magistrale. G.Marmo et al (2008)

Importante è anche la limitazione nell’applicazione dell’art. 5 comma 7 del DM 270 del

2004, fissando il riconoscimento dei crediti derivati dall’esperienza nel limite massimo

di 60 per il primo ciclo e di 40 per il secondo ciclo. Un aspetto critico da presidiare, per

evitare di lasciare la riforma a metà, è la permanenza nel sistema italiano del valore

legale del titolo di studio per cui si dovranno stabilire nuovamente meccanismi di

raccordo tra la vecchia e la nuova normativa in materia di studi universitari e la

disciplina delle professioni intellettuali. Emerge, pertanto, come il sistema cerchi di

trovare nuovi equilibri mettendo al centro dell’offerta didattica la ricerca di qualità

formativa e la convergenza tra il sistema universitario e i nuovi modelli economico-

sociali che richiede una nuova governance globale di macro-sistema. G.Marmo et al

(2008)

1.5 I documenti fondamentali che regolamentano un corso di Laurea

Ordinamento didattico

Regolamento didattico

Programmazione didattica

L’ordinamento didattico definisce :

• la denominazione del Corso di studio;

• l’indicazione della classe di appartenenza;

• gli obiettivi formativi specifici;

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• i requisiti di ammissione e le modalità di conferimento e di recupero degli eventuali

debiti formativi;

• il quadro generale delle attività formative con il numero dei crediti ad esse associati e i

settori scientifico‐disciplinari di riferimento;

• le eventuali obbligatorietà di frequenza;

• le modalità di conseguimento dei crediti e le modalità di svolgimento della prova

finale;

• gli ambiti occupazionali previsti per i laureati del corso di studio

OBIETTIVI FORMATIVI SPECIFICI

I laureati in Infermieristica sono operatori sanitari in grado di svolgere, ai sensi del

D.M. 739/1994 e in conformità a quanto disposto dalla L. 251/2000 in via autonoma o

in collaborazione con le altre figure sanitarie, su prescrizione medica L.42/1999 tutti gli

La prova finale, con valore di Esame di Stato abilitante alla professione, organizzato in

due sessioni in periodi concordati su base nazionale, comprende:

• a) una prova di dimostrazioni di abilità pratiche.

• b) la redazione di un elaborato di natura teorico-applicativa

STRUTTURA DEL CORSO

• La laurea di primo livello in Infermieristica in base alla riforma universitaria viene

normalmente conseguita in un corso di tre anni dopo aver acquisito 180 crediti (CFU).

• Il lavoro dello studente si suddivide in apprendimento autonomo e apprendimento

guidato.

Apprendimento autonomo = studio individuale

Apprendimento guidato = lezione formale

Esercitazioni, tirocinio guidato, attività tutoriali, seminari,

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OBBLIGO DI FREQUENZA E PROPEDEUTICITÀ

La frequenza all'attività didattica formale , alle attività integrative, alle attività formative

professionalizzanti e di tirocinio è obbligatoria. Per essere ammesso all'esame finale di

laurea – che ha valore abilitante – lo studente deve aver superato tutti gli esami di

profitto, compreso quelli di tirocinio.

Decreto MURST 2 aprile 2001

emanato nel rispetto dei criteri stabiliti dal D.M. 509/1999

Individua per ogni Corso di Studio gli obiettivi formativi qualificanti e le attività

formative indispensabili per conseguirlo, raggruppandole in sei tipologie:

A= di Base

B= Caratterizzanti

C= Affini o Integrative

D= Scelta dallo studente

E= Lingua inglese

F=Tirocinio

Come armonizzare teoria e pratica

Quali sono le modalità di integrazione di didattica e tirocinio e cioè delle due diverse

filosofie:

• block system e

• sistema “pratica e grammatica”.

Il regolamento didattico riporta le materie per anno, per semestre, la composizione dei

corsi integrati e il numero dei CFU corrispondenti. Un corso integrato (C.I.) è l’insieme

di

insegnamenti affini che possono essere tenuti da docenti diversi ma aventi programmi

integrati fra loro al fine di dare completezza al titolo della materia con cui è denominato

il corso integrato.

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La responsabilità didattica del C.I.

Al Docente più “rappresentativo” o “alto in grado” viene affidata la verbalizzazione in

qualità di responsabile, Presidente di commissione. Agli altri docenti facenti parte del

C.I. è riservato il ruolo di

Il corso elettivo

È la classificazione di un corso monodisciplinare che viene scelto dallo studente fra

quelli proposti dal CdL o dalla Facoltà. Nel piano di studi è riservato un numero di

crediti specifico per questi corsi commissari.

Programmazione didattica

E’ lo strumento quotidiano sulla quale si costruiscono gli orari delle lezioni e tutte le

attività didattiche ad esso correlate. Riporta i nominativi dei docenti e le caratteristiche

normative dell’affidamento dell’insegnamento attribuito loro. Riporta anche il nome del

Docente che presiederà la commissione d’esame nell’ambito del Corso integrato.

Le modifiche e gli aggiornamenti

In caso di modifica la complessità è decrescente dall’Ordinamento alla Programmazione

Didattica, toccando piani di responsabilità differenti che vanno dal Consiglio di Corso

(sempre e comunque) alle Commissioni didattiche di Facoltà e di Ateneo fino al

Ministero.

Crediti Formativi

E’ stato calcolato che uno studente, ogni anno può dedicare 1500 ore del proprio tempo

allo studio

1 anno di studio = 1500 ore = 60 crediti

Credito Formativo: unità di misura del lavoro dello studente riconosciuta come

formazione acquisita che comprende: studio individuale, frequenza alle lezioni e ai

laboratori, stage, che ogni Facoltà può disciplinare in % variabili. G.Santucci (2010)

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2 L’APPRENDIMENTO CLINICO

Il progetto formativo del Corso di Laurea in Infermieristica mira ad far conseguire agli

studenti le competenze professionali proprie dell’infermiere, cosi come stabilite della

normativa Europea con il (DLgs 6 Novembre 2007 n°206 ), dall’ordinamento didattico

universitario e delle altre due coordinate che definiscono, ai sensi della legge 42/99, il

campo proprio di attività e responsabilità delle professioni sanitarie: il profilo

professionale, il codice deontologico. Galletti, et al (2008)

Da tempo i paesi Europei perseverano su alcuni cambiamenti strutturali che devono

avvenire nelle Università per ciò che attiene la programmazione, la metodologia

didattica e i sistemi di valutazione. Dalla conferenza di Bologna del 1999 ai descrittori

di Dublino del 2004 si sono sempre più puntualizzate le capacità che devono essere

acquisite dagli studenti universitari per essere testimoni attivi e privilegiati nel mondo

del lavoro. I descrittori di Dublino definiscono che i risultati dell’apprendimento devono

essere comuni a tutti i laureati di un corso di studio, non solo in termini di conoscenze

attese ma anche in termine di competenze, di abilità/capacità ( di soluzione di problemi;

di apprendere ); ciò comporta, non essendo essi esaustivi e prescrittivi la scelta di

obiettivi e contenuti specifici per i diversi corsi di studio e la continua ricerca di metodi

didattici innovativi che accompagnano quelli più tradizionali, quali le lezioni

abitualmente utilizzata nelle Università. Galletti, et al (2008)

In Italia i ritardi su questi temi, anche se richiamati nelle riforme finora attuate, la

disattenzione verso le difficoltà, il rifiuto a volte nei confronti del manifestarsi dei saperi

accademici da parte degli studenti e l’uso invariato delle forme di comunicazione

didattica, enfatizza sugli aspetti verbalistico–nozionistici delle singole discipline, hanno

portato secondo l’analisi di Frabboni e Callari Galli, la massimizzare la lezione

minimizzando nel contempo altre forme di mediazione cognitiva come l’esercitazione,

il seminario, il laboratorio, l’osservazione sul campo, il tirocinio. Allo stesso modo si è

massimizzato l’esame finale, limitando al contempo le forme intermedie del controllo

docimologico, come la diagnosi iniziale, la valutazione formativa in itinere finalizzata al

recupero e soprattutto l’autovalutazione dello studente quasi sconosciute nell’Università

italiana. Il confronto con l’Europa implica quindi il ripensamento anche delle pratiche

didattiche correnti. G.Marmo et al (2008)

Lo stesso mandato professionalizzante dell’Università che per alcuni corsi di laurea ad

esempio quelli delle professioni sanitarie è abilitante all’esercizio di una professione, va

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riferito a contesti di lavoro in cui viene richiesto il pensiero scientifico e competenze di

mediazione tra teoria e pratica, tra principio e caso, tra generale e particolare .E’

importante il verificarsi di una stretta connessione oggi presente tra ricerca in ambito

pedagogico-didattico e insegnamento, da cui derivano nuove modalità didattiche che

evitano la riproposizione di saperi cristallizzati, pronti all’applicazione diretta, a favore

di un sapere fluido, problematizzante, aperto a domande e a soluzioni innovative, alla

ricerca di metodi e tecniche per interrogare l’esperienza e per sperimentare sui fenomeni

della realtà per comprenderla meglio. G.Marmo, et al (2008)

La metodologia del lavoro didattico all’Università va fondata su strategie di problem-

solving intesi come proposta di temi non routinari, ma tali da richiedere strutturazione

autonomia del sapere e decentramento cognitivo. L’utilizzo di simulazioni, dai giochi di

ruolo agli studi di caso, ai laboratori dei gesti, al tirocinio in situazione reale, va in

questa direzione, proponendo il confronto con 1situazioni relativamente complesse,

rappresentative della realtà o effettivamente reali stimolanti la partecipazione attiva

degli studenti. Galletti et al (2008)

La nuova didattica universitaria parte dalla constatazione dell’insufficienza delle forme

tradizionali di insegnamento, identificate nel ciclo di lezioni frontali, che privilegiano da

un lato il ruolo magistrale del docente, le sue capacità comunicative e argomentative

l’esposizione sequenziale di contenuti scientifico culturali organizzati e dall’altro lato

una funzione prevalentemente ricettiva da parte dello studente impegnato a decodificare

termini e concetti trasmessi oralmente attraverso linguaggio comune o

formale/scientifico.

I modelli teorici dell’apprendimento che meglio supportano quei metodi didattici che

riconoscono, invece, allo studente un ruolo attivo nel suo percorso di apprendimento

confrontando saperi teorici e saperi esperienziali. L.Gamberoni et al (2009).

Per fare questo è necessario ricorrere oltre alle teorie classiche dell’apprendimento,

quella comportamentista e quella cognitivista, anche a quella socio-culturale che

privilegia l’apprendimento per scoperta, caratteristica del paradigma interazionista, che

considera la comunicazione didattica come sistema tecnologico di relazioni

interpersonali significative che valorizzano le forma mentis individuali. L’oggetto della

conoscenza non è più solo il” sapere cosa” ma anche il “sapere come”.

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Questo comporta :

• esplorare/osservare la realtà in laboratorio e sul campo

• intervenire nei fenomeno ponendo i problemi e ricercando le procedure

di soluzione

• utilizzare strategie analogiche e simulative di produzione organizzazione

rappresentazione delle conoscenze.

Con questo procedimento si realizzano esperienze formative, le cui parole chiave sono

progetto, trasformazione, cambiamento, in cui l’obiettivo del docente non è più quello

di trasferire/spiegare conoscenze, ma piuttosto quello di aiutare a scegliere il metodo

corretto per risolvere i problemi, proponendo anche le vie operative per “far pratica”,

utilizzando anche ambienti tecnologici reali/virtuali in grado di creare contesti

amichevoli ed emotivamente coinvolgenti, preliminari all’incontro con la realtà vera

della comunità di pratica (l’apprendimento che avviene nelle professioni sanitarie in cui

il tirocinio è parte costruente del ciclo di studi). L.Gamberoni et al (2009).

Il percorso verso una nuova didattica si completa con l’apprendimento situato di Cole e

cooperativo di Slavin ispirati al metodo costruttivista/sociale in cui la comunicazione

didattica si fonda su processi collaborativi e si realizza in comunità reali/ virtuali di

studio e/o di lavoro L’apprendimento contestualizzato è mirato principalmente ad

acquisire cultura professionale, si realizza quindi, in situazioni reali (tirocinio) in cui

l’incertezza l’unicità e i conflitti di valore impediscono di risolvere i problemi solo per

mezzo di conoscenze di base, metodi e procedure predefinite..Il ciclo di apprendimento

clinico ha origine dai principi e dai concetti insegnati nel programma teorico.

L.Gamberoni et al (2009)

Gli insegnanti clinici adottano varie strategie didattiche nelle fasi di laboratorio, briefing

e debriefing. Queste possono essere, ad esempio, il lavoro di gruppo, il role play, i

giochi e le microabilità quali: il rafforzamento, la spiegazione e il porre domande.

Qualunque metodo adottino, gli insegnanti clinici devono immediatamente affrontare la

responsabilità di preparare gli studenti per la pratica clinica. M.Bozzolan et al (2009).

Sebbene alcuni insegnanti preferiscono tenere le lezioni nell’ambiente clinico, la

maggior parte di essi ammette che esistono delle buone ragioni per una pratica che

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preceda l’attività vera e propria, prima che gli studenti impiegano le loro abilità nella

situazione reale e con pazienti”veri”.

2.1 I laboratori nell’apprendimento

Il laboratorio nell’istruzione infermieristica ha assunto molte forme. Ci sono corsi in cui

il laboratorio è un’aula per le “esercitazioni”ed è utilizzato soprattutto da studenti che si

esercitano nelle tecniche, ad un livello prestabilito, prima di procedere alla pratica

clinica In altri programmi il laboratorio è piuttosto un corso o un seminario con un

lavoro scritto da svolgere e/o un’esposizione orale da parte degli studenti. L.Gamberoni

et al (2009).

Il laboratorio, nei corsi che si svolgono nelle Università, può anche avere affinità con le

attività svolte nei laboratori delle discipline fondamentali, dove viene attribuita molta

importanza al metodo scientifico. In parte il laboratorio infermieristico è analogo al

laboratorio scientifico, proprio per il suo scopo che consiste nel coinvolgere gli studenti

nelle attività pratiche attraverso:

• l’analisi della loro preparazione teorica

• la sperimentazione di nuove idee, attrezzature e metodi

• l’interpretazione della teoria e il suo legame con la pratica

• lo sviluppo di abilità infermieristiche e pratiche .

Schweer (1972) descrive il laboratorio come un luogo in cui gli studenti utilizzano”il

problem solving” per sviluppare varie tecniche in un ambiente di apprendimento

controllato. Scheweer usa il termine “metodo di laboratorio” sia per il locale dove si

svolge il lavoro che per le sessioni cliniche e comunitarie. D’altra parte, Infante

distingue tra laboratorio scolastico, dove non ci sono pazienti, e il laboratorio clinico in

cui gli studenti entrano in contatto con il paziente. Anche Reilly e Oermann usano il

termine laboratorio in riferimento all’ambiente clinico distinguendolo dal laboratorio di

risorse per l’apprendimento, più simile al laboratorio scolastico descritto da Infante; il

quale descrive il laboratorio come un’officina in cui il metodo di laboratorio, sia a

scuola che nell’ambito clinico è quello di permettere agli studenti di scoprire da se le

cose, senza tener conto se queste siano state scoperte da altri oppure no. IL laboratorio

porge agli studenti l’opportunità di sviluppare la loro abilità di osservare in modo

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preciso e ordinato. L’importanza di permettere agli studenti in laboratorio di risolvere

da sé i problemi, per giungere alle loro conclusioni, non va però sopravvalutata. E’ bene

che ogni scuola decida le proprie finalità generali del laboratorio , in accordo con

l’organizzazione e la struttura del corso. Inoltre, i singoli insegnanti che hanno una parte

degli studenti di una stessa classe possono avere la necessità di modificare le finalità

durante le sessioni di briefing, di pratica clinica e di de briefing, a seconda del livello di

apprendimento del loro gruppo di studenti. L.Gamberoni et al (2009).

2.2 Lo scopo del laboratorio

Lo scopo del laboratorio, all’interno del ciclo di apprendimento clinico, comprende

l’assistenza degli studenti affiche capiscano, verificano e utilizzano i principi generali

del programma teorico nella pratica clinica, sviluppano abilità pratiche, intellettive e

attitudinali come preparazione all’assistenza dei pazienti, scoprono i principi e

sviluppano le intuizioni attraverso delle esercitazioni pratiche che mirino ad applicare le

discipline fondamentali alla pratica infermieristica. Esaminiamo questi scopi :

Comprensione, verifica e utilizzo dei principi generali del programma teorico nella

pratica clinica.

Il laboratorio garantisce il collegamento tra il programma teorico e la sessione di

briefing precedente la pratica clinica. Anche nelle fasi iniziali gli studenti devono capire

che le loro abilità cliniche dipendono per gran parte dalle loro conoscenze teoriche .Essi

devono essere in grado di comprendere le motivazioni delle procedure e i principi

sociali, comportamentali e biologici che sottendono l’applicazione di abilità a un certo

numero di condizioni e situazioni. Applicare le nozioni ad un preciso paziente implica

necessariamente che lo studente abbia una certa familiarità con lo stesso paziente, in

modo da usare queste nozioni nell’assistenza. L.Gamberoni et al (2009).

Anche in laboratorio si possono svolgere l’attività per la comprensione, la prova e

l’utilizzo dei principi teorici ad un livello generale. I concetti generali che gli studenti

devono padroneggiare e applicare derivano dalle discipline di base, delle scienze sociali

comportamentali, infermieristiche e anche delle precedenti esperienze pratiche degli

stessi studenti.

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Sviluppo delle abilità pratiche ed intellettive e determinazione delle attitudini

L’insegnamento in laboratorio o il metodo di laboratorio implicano che gli studenti

imparino mentre svolgono da se i vari compiti. Non è sufficiente dire loro come

svolgerli, guardare gli altri che li svolgono o ascoltare gli altri che ne parlano. Insegnare

agli studenti come raggiungere il KNOWING-IN-ACTION è uno dei problemi centrali

dell’insegnamento e dell’apprendimento in laboratorio. Tan (1987) riporta le tra fasi di

apprendimento di Fitts et al(1967):

• Fase iniziale o cognitiva

• Fase intermedia o associativa

• Fase finale o autonoma

Tan ritiene improbabile che gli studenti possono efficacemente integrare concetti e

teorie con le loro abilità pratiche fino a quando non sia raggiunta la fase finale o

autonoma.

Inoltre potrebbe risultare difficile stabilire un rapporto efficace con il paziente, finche

non sia memorizzato lo schema delle attività da svolgere. Benner (1984) richiede che

vengono date delle regole precise agli allievi alle prime armi per guidare le loro attività

pratiche e afferma che in laboratorio si può raggiungere un livello di performance che

comprenda i principi teorici e tale prestazione è nettamente distinta dalle abilità

valutative dipendenti dal contesto , che possono essere acquisite solo in situazioni reali.

Come si può fare tutto questo? Quali sono le conseguenze dell’apprendimento in

laboratorio? Fondamentalmente gli studenti devono sapere che cosa ci si aspetta da loro,

come vada eseguita una determinata procedura, come mettere in pratica la loro abilità e

come ricevere il feedback della loro prestazione . L.Gamberoni et al (2009).

Per insegnare in laboratorio le abilità sono:

• catturare l’attenzione ;

• informare lo studente dell’obiettivo stabilito;

• stimolare il recupero di insegnanti precedenti;

• presentare materiale stimolante ( con dimostrazioni o esercizi di problem solving)

• guidare all’apprendimento;

• stimolare all’azione pratica;

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• dare il feedback relativo alla prestazione;

• aumentare la memorizzazione delle conoscenze e la capacità di adattarle ad altre

situazioni assistenziali.

Lo sviluppo la destrezza, la pratica nell’assemblare e nello smontare l’attrezzatura,

l’identificazione degli errori commessi e la scoperta di come correggerli, il consapevole

miglioramento della propria prestazione e la risposta di feedback data ai colleghi nelle

esercitazioni simulate, tutti questi elementi richiedono spazio, tempo, attrezzature oltre

che l’interesse e la guida di un insegnante. L.Gamberoni et al (2009).

Un’altra abilità da imparare in laboratorio è la “riflessione durante l’azione”. Ciò è

importante, dato che lo studente potrà cosi imparare a mettere in discussione

l’adeguatezza del metodo per raggiungere lo scopo e sarà in grado di criticare le

motivazioni per adottare una certa procedura invece di altre.

Comunque, gli studenti necessitano di una guida assidua da parte degli insegnanti,

perché li rendono capaci di pensare e riflettere durante la loro attività.

Anche la “determinazione delle attitudini”(altra abilità) dovrebbe fare parte degli

insegnanti di laboratorio. Il laboratorio benché sia un ambiente artificiale, può

dimostrare modelli di comportamento preferibili, grazie alle dimostrazioni e ai video

filmati, all’esaltazioni delle doti di sensibilità, responsabilità, onesta e affidabilità, per

nominare solo alcune vie. Allo stesso modo, i role play, videoregistrati e rivisti in

seguito, risultano essere un potente strumento per accrescere negli studenti la

consapevolezza degli aspetti positivi e negativi dei loro comportamenti. L.Gamberoni et

al (2009).

Scoperta dei principi e sviluppo delle istituzioni attraverso esercitazioni pratiche che

mirano ad applicare le discipline fondamentali alla pratica infermieristica

E’ possibile ipotizzare che gli studenti sviluppano abilità di pensiero critico attraverso le

esercitazioni di laboratorio? Alcuni insegnanti clinici vorrebbero che gli studenti

acquisissero le abilità pratiche all’interno di un contesto di assistenza globale e

mettessero in discussione i metodi e le motivazioni che stanno dietro a procedure ed

interventi. Molti sostengono l’utilizzo del laboratorio come strumento per avvicinare la

teoria alla pratica. I corsi di studi spesso richiedono che gli studenti integrino e

applichino alla pratica clinica i concetti, i principi e le teorie derivate dalle scienze e in

alcuni casi anche gli approcci “ideologici”. L.Gamberoni et al (2009).

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Nel ciclo di apprendimento clinico il laboratorio è il centro per l’applicazione delle

discipline teoriche alla pratica in senso generale indipendentemente dai problemi dei

singoli pazienti. Un metodo di approccio può essere imparato in laboratorio, ma è nelle

sessioni di briefing e de briefing che si focalizza sul contesto concreto e sul problema di

un singolo paziente. La pratica infermieristica è ben più che portare la teoria in loco ed

usarla per migliorare la pratica stessa. Imparare la pratica infermieristica implica anche

una maturazione dello studente verso il ruolo di professionista esperto che sa trarre

insegnamenti direttamente dalla pratica. E’ anche vero che le abilità riflessive e l’uso

delle astrazioni si sviluppano nel tempo e con l’esperienza, è bene incoraggiare i nuovi

studenti del laboratorio, per poter riflettere sui loro processi intellettivi .Gli studenti

saranno spinti a cogliere la stimolante complessità che sta alla base delle abilità pratiche

concrete, cosi spesso date per scontato. L’idea dell’insegnamento in laboratorio

(LABORATORY TEACHIN) e tratta dall’opera di Dewey(1916) il quale sosteneva che

l’apprendere facendo (LEANING BY DOING), assieme al problem solving,

permettesse un tipo di apprendimento ideale per capire l’importanza che ha la scienza e

la pratica professionale. Molti dei modelli di insegnamento in laboratorio comprendono

queste due componenti, ovvero il coinvolgimento attivo e il problem solving.

2.3 I modelli di laboratorio

In un’indagine dei metodi utilizzati nell’insegnamento di laboratorio in campo

universitario sono emersi otto approcci (modelli di insegnamento in laboratorio nei corsi

universitari, adattati per i laboratori infermieristici). L.Gamberoni et al (2009).

PIANO KELLER O SISTEMA D’ISTRUZIONE PERSONALIZZATO

Vengono impiegati laboratori di apprendimento indipendenti, in cui gli studenti

infermieri lavorano ad un loro ritmo, e che a volte si adattano ai programmi clinici e di

studio, per dare l’opportunità agli studenti di acquisire competenze e velocità nelle

abilità pratiche.

METODO AUDIO-TUTORIALE

L’uso delle attrezzature audiovisive e delle guide allo studio e alla pratica permettono

agli studenti di lavorare indipendentemente.

Gli studenti guardano un video filmato o ascoltano un nastro registrato mentre seguono

un manuale chiarificatore e rispondono a dei quiz che precedono la pratica, per poi

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dedicarsi al laboratorio per la pratica e, in, ultimo, la valutazione. L.Gamberoni et al

(2009).

APPRENDIMENTO ASSISTITO DA COMPUTER .i

I programmi dei computer vengono usati come strumenti d’istruzione, lo studente è

trasportato in una situazione di pratica infermieristica, alla quale risponde con un’azione

scelta fra più alternative consigliate, riceve poi un feedback e, infine viene indirizzato a

svolgere un’attività, a relazionare su di essa e ad inserire il risultato nel computer. Se il

risultato non è buono, si aggiungono un ulteriore feedback, altre pratiche e commenti

prima che lo studente proceda alla sequenza di laboratorio successivo.

LABORATORIO DI AIUTI PER L’APPRENDIMENTO.

Con questo modello si presentono ulteriori opportunità di apprendimento per aiutare gli

studenti ad acquisire abilità e conoscenze per attività speciali che normalmente non sono

comprese nei normali programmi .Questi laboratori sono stati chiamati “seminari

clinici”, sono gestiti da clinici e rimangono aperti, solitamente per una settimana, in

modo che gli studenti abbiano tempo per osservare le dimostrazioni, porre domande,

familiarizzare con l’attrezzatura, esercitare le tecniche e ricevere il feedback per le

conoscenze e le abilità. L.Gamberoni et al (2009).

LABORATORIO MODULARE.

Con questo metodo si crea un collegamento diretto, tra programma teorico e l’ambiente

clinico, che viene assicurato dai moduli di laboratorio concernenti sequenze di

apprendimento, complete in ogni modulo. Si approntano un pacchetto di apprendimento

per gli studenti e una guida didattica per gli insegnanti clinici.

LABORATORIO INTEGRATO

In un ambulatorio integrato i principi delle scienze biologiche,fisiche, sociali,

comportamentali e della disciplina infermieristica vengono applicati a stati clinici (

agitazione, stress,la dipendenza, l’immobilità) Ad esempio, i concetti della fisica

vengono insegnati attraverso esempi pratici di assistenza:i concetti di forza, gravità,

momento e leva possono infatti essere applicati alle attività della pratica infermieristica,

come, per esempio al posizionamento e al sollevamento dei pazienti o alle trazioni.

L.Gamberoni et al (2009).

LAVORO DI PROGRAMMAZIONE

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Sono i progetti di assistenza infermieristica extraospedaliera, iniziati in laboratorio e

continuati i istituzioni della comunità o a casa dei pazienti.

PARTECIPAZIONE ALLA RICERCA

Nonostante non sia comune, l’esperienza del coinvolgimento in uno studio di ricerca

clinica permette agli studenti più esperti di applicare a una ricerca le abilità di indagini

apprese precedentemente. Gli insegnanti clinici oltre ad adattare modelli presi da altri

campi hanno predisposto laboratori che rispondono ai loro bisogni particolari:

L.Gamberoni et al (2009).

LABORATORIO PER SIMULARE LAPPRENDIMENTO DELLE ABILITA’.

Cook e Hill (1985) descrivono un laboratorio infermieristico. Il loro modello ebbe inizio

come tentativo di ridurre lo stress dei nuovi studenti nell’ambito clinico. La tecnica

didattica usata è un sistema a coppie di studenti che collaboravano. Questo è un modo

per sostenere e controllare un collega senza eccessive pressioni, cosi come è anche un

modo per permettere ad ogni studente di essere sia il paziente che l’infermiere .Viene

fornita una serie di moduli di abilità, composti di audiovisivi e materiale scritto, che gli

studenti devono osservare e leggere prima di svolgere un breve test finale. Si riceve un

feedback immediato e la coppia di studenti procede con il modulo di pratica seguente.

Gli studenti prima praticano e in seguito chiedono l’intervento di un membro del corpo

docenti se i loro tentativi non hanno buon esito. Con questo modello si ha la possibilità

di introdurre in concomitanza le abilità pratiche con le lezioni teoriche e che i luoghi per

la pratica sono scelti per facilitare l’applicazione della teoria e delle abilità.

L.Gamberoni et al (2009).

LABORATORIO SIMULATO

Infante ritiene la simulazione un modello importante d’insegnamenti in laboratorio. Un

laboratorio offre eccellenti opportunità per fornire un ambiente il più vicino possibile

alla realtà. Infante da esempi di analisi dei casi, di giochi, di simulazioni scritte, di role

playing di risorse audiovisive e, i più importanti, esempi di pazienti simulati.

SEMINARIO DI COLLABORAZIONE SULLE ABILITA’ CLINICHE

Consiste nel fissare seminari intensivi ad intervalli regolari in modo che gli studenti più

esperti possono avere l’opportunità di discutere, di praticare e imparare insieme alla

staff clinico dei reparti. Il contenuto dei seminari è determinato dalla necessità degli

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studenti, i seminari si svolgono solitamente nei laboratori, ma possono anche tenersi in

reparto se sia necessario ricorrere all’utilizzo di attrezzature sofisticate. Questi seminari

danno l’opportunità di raggiungere degli obiettivi, padronanza delle abilità complesse,

attuazione dell’ansia per l’imminente assunzione di responsabilità come infermiere

diplomato promozione della collaborazione tra le istituzioni cliniche e didattiche e tra

gli studenti e gli infermieri diplomati. L.Gamberoni et al (2009).

Si può concludere dicendo che l’apprendimento è un processo individuale, archetipico,

attivabile spontaneamente da chiunque in quanto correlato fisiologicamente alla crescita

e alla maturazione della persona. L’apprendimento efficace genera nella persona

mutamenti stabili e consapevoli del “proprio stare nel mondo”. L’apprendimento

professionalizzante, rivolto a un soggetto adulto e guidato da uno specifico progetto

formativo, è efficace se intercetta, amplifica e orienta ciò che la persona già possiede

naturalmente la capacità di autodeterminare i mutamenti necessari per conseguire

risultati valutati importanti e, quindi, motivati.

L’apprendimento è posto, quindi, in primis, sotto la diretta responsabilità dello studente.

La struttura formativa si impegna, attraverso qualificati setting formativi e metodi

appropriati a porre lo studente nelle condizioni di condividere, contattare, organizzare,

realizzare e valutare il proprio percorso formativo. Tutto ciò nella convinzione che colui

che è artefice dei propri cambiamenti, non si limita a reagire agli stimoli e agli eventi,

ma si colloca in un’autonoma prospettiva pensante, che gli consente di travalicare gli

apriorismi e di interrogarsi sul significato delle cose e sul senso della propria esperienza

in rapporto agli altri. L.Gamberoni et al (2009).

L’insegnamento clinico è l’aspetto della formazione infermieristica attraverso il quale

gli studenti, facenti parte di un gruppo e in contatto diretto con persone sia sane cha

malate o con una collettività, apprendono a pianificare, fornire, valutare l’assistenza

infermieristica globale sulla base delle conoscenze e capacità acquisite; lo studente

impara non solo a essere un membro del gruppo, ma anche giuda del gruppo capace di

organizzare l’assistenza infermieristica globale. Gli studenti partecipano alle attività dei

servizi nei limiti in cui le attività contribuiscono alla loro formazione, permettendo loro

di imparare ad assumere le responsabilità inerenti l’assistenza infermieristica (Decreto

Legislativo 2/5/94 n°353 delle direttive CEE in materia di riconoscimento di diplomi e

svolgimento di attività di medico ,odontoiatra ,veterinario,infermiere ,ostetrica –art6)

L.Gamberoni et al (2009).

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2.4 Conclusione

Il raggiungimento delle competenze professionali si attua attraverso una formazione

teorica e pratica che includa anche l’acquisizione di competenze comportamentali e che

venga conseguita nel contesto lavorativo specifico di ogni profilo, cosi da garantire, al

termine del percorso formativo, la piena padronanza di tutte le necessarie competenze e

la loro immediata spendibilità nell’ambiente di lavoro. Particolare rilievo, come parte

integrante e qualificante della formazione professionale, riveste l’attività formativa

pratica e di tirocinio clinico, svolta con la supervisione e la guida di tutori professionali

appositamente assegnati, coordinata da un docente appartenente al più elevato livello

formativo previsti per ciascun profilo professionale e corrispondente alle norme definite

a livello Europeo ove esistenti (DECRETO Interministeriale 2 aprile 2001-

Determinazione delle classi delle lauree universitarie delle professioni sanitarie)

L’integrazione fra obiettivi teorici ed obiettivi di tirocinio dà allo studente la possibilità

di comprendere la logica del percorso formativo e di cogliere la continuità fra contenuto

del tirocinio ed i quadri teorici di riferimento che precedono o seguono l’esperienza

clinica. L.Gamberoni et al (2009).

Uno dei punti problematici della formazione infermieristica è quello dell’analogia fra

l’approfondimento teorico del nursing clinico e la realtà assistenziale concretamente

vissuta nei reparti. Il gap teorico pratico a volte appare evidente già nell’orientamento

degli infermieri docenti e degli infermieri clinici.

L’infermiere docente punta ad uno studio teorico dei modelli infermieristici ricavati

dalle migliori esperienze internazionali, ma non sempre sperimentabili e applicabili sul

campo, l’infermiere clinico risponde al pressing crescente di un modello direttivo che da

indicatori di qualità più legati all’efficienza che alla qualità soggettivamente percepita.

L.Gamberoni et al (2009).

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3 I METODI/STRUMENTI DI APPRENDIMENTO

Quale metodo/strumento per un reale apprendimento? La spirale della pianificazione

dell’educazione prevede:

• Individuazione dei problemi prioritari di salute e definizione degli obiettivi

educativi;

• Pianificazione di un sistema di valutazione;

• Pianificazione ed attuazione del programma educativo, individuazione dei metodi

di insegnamento/apprendimento;

• Attuazione della valutazione.

I metodi di apprendimento da adottare non devono essere fini a se stessi, bensì strumenti

essenziali per la realizzazione efficace delle finalità formative; devono essere coerenti

con i loro obiettivi, con i ruoli e con le funzioni degli attori; devono essere praticabili in

relazione alle risorse e alle situazioni reali. Devono, inoltre, stimolare l’apprendimento

per curiosità, per ricerca e per scoperta; integrare conoscenze, competenze e abilità;

privilegiare l’approccio integrativo in piccolo gruppo. Molta attenzione viene data al

metodo, anche se esso non è tutto. La scelta di un giusto metodo è sicuramente un

investimento redditizio. E’ soprattutto grazie al metodo che lo studente “impara ad

imparare”.G. Marmo et al (2009).

Le tappe sono le seguenti:

• Definire il contenuto da trasmettere

• Tradurlo in un obiettivo formativo

• Scegliere un metodo di valutazione valido

• Scegliere un metodo di apprendimento valido, appropriato a contenuto e metodo di

valutazione

• Definire la condizione efficace al raggiungimento di quell’obiettivo.

Ogni sfera, ambito o campo di contenuti, ogni tipo di obiettivo dell’apprendimento

richiede una metodologia didattica appropriata e coerente. Distinguiamo, pertanto, la

sfera del processo intellettivo, la sfera della comunicazione,la sfera delle abilità tecnico

gestuali. La prima comprende: mappa concettuale; lezione; caso; PBL (apprendimento

basato sui problemi); Portfolio; Journal club; conversazione clinica; pensiero ad alta

voce; studio indipendente; riflessione strutturata: briefing e de briefing; contratti di

apprendimento. La seconda comprende: griglia di analisi; lavoro in piccoli gruppi;

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gioco dei ruoli; riflessione strutturata: briefing e debriefing; insegnamento reciproco;

incontro con il paziente simulato/standardizzato; contratti di apprendimento; narrazione

e cinema. La terza comprende: skills lab (laboratorio dei gesti); insegnamento reciproco;

incontro con il paziente simulato/standardizzato. I metodi/strumenti di

apprendimento/insegnamento che analizzeremo sono i seguenti: G. Marmo et al (2009).

3.1 La lezione

La lezione è lo strumento privilegiato quando la finalità prevalente del momento

formativo è costituita dalla trasmissione di concetti, informazioni o schemi

interpretativi. La lezione ex-cattedra o magistrale rappresenta da lungo tempo il metodo

tradizionale di insegnamento. Presenta comunque alcuni lati negativi, riconducibili al

fatto che pone gli studenti in una posizione passiva. E’ uno strumento di motivazione

che sarebbe utile per trasmettere dati e per suscitare interesse verso un argomento. Di

solito è organizzata in una introduzione, uno sviluppo centrale e una conclusione. La

lezione è quindi uno strumento suggeribile solo nei casi in cui i partecipanti all’attività

formativa sono sprovvisti realmente di elementi conoscitivi rispetto al contenuto

trattato. Le opportunità di apprendimento offerte dalla lezione sono: Permette di

trasmettere un elevato numero di informazioni, contenuti, concetti e conoscenze in un

breve periodo di tempo. G. Marmo et al (2009).

Permette di omogeneizzare parzialmente le disparità di conoscenze teoriche degli

individui che partecipano ad un’attività formativa. Permette la dotazione teorica di

strumenti interpretativi o di azione che sarebbe difficile o eccessivamente dispersivo, in

termini di tempo, costruire attraverso altre metodologie.

Il “tempo parola” di chi tiene una lezione è tendenzialmente più breve del “tempo

ascolto” degli uditori. Per ottenere un’acquisizione reale dei propri messaggi, il docente

deve sincronizzare bene i “tempi parola” necessari per l’ascolto, così da riuscire a

stabilizzare il messaggio contenuto nella lezione. La lezione va suddivisa in” punti

chiave” che vanno dichiarati agli uditori all’inizio e che occorre ricordare

frequentemente durante l’esposizione dei contenuti. La lezione prevede una sequenza

degli argomenti:

• Sequenza espositiva o deduttiva, presentazione dei principi generali della

materia; approfondimento dei singoli aspetti; esempi applicativi; conclusioni.

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• Sequenza esperienziale o induttiva, fatto o problema che suscita domande;

riflessioni sulle possibili cause/spiegazioni; generalizzazioni in una teoria o

principio; conseguenze applicative ad altre situazioni.

• Sequenza storica, presentazione dei passaggi temporali che hanno caratterizzato

la materi

• Sequenza per problemi, presentazione di alcuni problemi; enfatizzazione del

perchè di tali problemi;trattazione del primo, del secondo problema e così via;

conclusioni. L.Gamberoni et al (2009)

Lo strumento della lezione può essere utilizzato in affiancamento ad altre tecniche di

apprendimento (casi, simulazioni,ecc). E’ molto meglio proporre una lezione dopo

un’esercitazione didattica (caso, simulazione,ecc) piuttosto che prima.

3.2 La mappa concettuale

La mappa concettuale è un metodo pedagogico che permette di focalizzare il grado delle

preconoscenze dei discenti e il livello di comprensione delle stesse su un determinato

argomento. Può essere utilizzato dal docente sia in fase di pianificazione del programma

didattico, che al termine delle attività didattiche, per verificare la quota di

apprendimento conseguito. La mappa concettuale consiste nel chiedere ai discenti di

riportare su un foglio, in modo assolutamente libero, i concetti rilevanti su un

argomento dato. Questi concetti vanno poi collegati tra loro attraverso “nodi”, cioè linee

che li congiungono in sequenze logiche, che danno una prospettiva dinamica alla

rappresentazione finale. Il disegno diventa in pratica un albero di concetti, con tanti

elementi che lo compongono e collegamenti che li uniscono. Novak, J.D., (1998).

L’analisi delle mappe concettuali del gruppo classe consente al docente di conoscere il

livello di conoscenze dei discenti prima dello svolgimento del programma didattico e di

adeguarlo di conseguenza. Può essere utile verificare l’efficacia didattica del modulo

didattico ripetendo al termine delle attività la stessa prova e verificandone le modifiche

e gli scostamenti.

3.3 Il caso

Il caso è la trattazione scritta di un fatto rispetto al quale si richiede ai partecipanti di

un’attività formativa un lavoro di analisi dei fattori e degli elementi più rilevanti. Esso

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contempla spesso la ricerca e la formulazione di ipotesi e di decisioni ritenute più

adeguate rispetto agli eventi in esso descritti. Il caso addestra all’elaborazione razionale

di tematiche complesse e a prendere delle decisioni frutto di un’elaborazione

consapevole. G. Marmo et al (2009).

Il caso va preparato in aderenza alle finalità di apprendimento e non viceversa; va

preparato attraverso una griglia di narrazione contenente gli indicatori più rilevanti per il

tema formativo prescelto. Infine va costruita una serie di domande, questioni e

suggerimenti utili per la discussione. Il caso viene proposto in un primo momento come

lettura individuale. Successivamente si richiede ai singoli partecipanti di esprimere

richieste di chiarimento o pareri sui quesiti presenti al termine del caso. Poi il caso viene

discusso in gruppo, precisando che occorre concentrarsi sul metodo per affrontare i

problemi, più che sulle singole risposte. Il docente deve poi sollecitare un dibattito sulle

alternative possibili, senza puntare sulla ricerca “rigida” della soluzione “giusta”.

Esistono casi aperti e casi chiusi: nei primi si privilegia l’elaborazione, nei secondi la

ricerca di soluzioni. Quando il caso è il racconto di una storia, si presta ad una gestione

“ a tappe”. Il docente deve interpretare il proprio ruolo maieutico, senza presentare

soluzioni, ma solo evocando reazioni costruttive da parte dei partecipanti. G. Marmo et

al (2009).

3.4 Gli skills laboratori dei gesti

Consente di acquisire in modo sistematico e graduale competenze pratiche e tecniche in

un apposito spazio fisico corredato da strumenti diagnostici, presidi terapeutici, studenti

“attori”, in cui gli studenti hanno la possibilità di apprendere, di esercitarsi secondo il

proprio ritmo e di essere anche valutati secondo delle check-lists.

Le check-lists o liste di controllo possono essere costruite dagli studenti in piccoli

gruppi dopo aver analizzato l’esecuzione di una manovra tecnica-gestuale da parte di un

professionista. Il vantaggio di far costruire check-lists agli studenti, anziché offrirglieli

già confezionate (procedure o protocolli), è di sviluppare in essi la capacità di analisi di

una manovra in singoli atti e vedere l’integrazione tra manovre tecniche e concetti delle

varie scienze. Nel processo di costruzione delle check-lists l’esercitatore prima esegue

la manovra senza parlare, poi chiede agli studenti di scrivere i singoli atti nella loro

concatenazione logica, quindi chiede ai singoli studenti di esercitarsi nel ripetere la

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manovra e infine dà un feedback ad ogni studente sulla base check-list costruita. G.

Marmo et al (2009).

3.5 I lavori in piccoli gruppi

L’insegnamento a piccoli gruppi gode di un posto importante tra i vari metodi, perché

più di altri favorisce e stimola l’interazione fra il docente e i discenti e la partecipazione

attiva dei discenti alla propria formazione. Inoltre, questo metodo permette lo sviluppo

di abilità intellettive quali il ragionamento e l’abilità di risoluzioni di problemi, lo

sviluppo di abilità interpersonali quali l’ascolto, il parlare, la leadership e la discussione.

Queste abilità sono estremamente utili per coloro che si troveranno in futuro a lavorare

in équipe, coinvolti in relazione con pazienti, operatori sanitari, gruppi sul territorio ed

altro. Un piccolo gruppo di solito è di preferenza costituito da 5 a 8 studenti, che si

trovano a lavorare su “ materiale-stimolo” fornito dal docente. La gamma “di materiale-

studio”è molto ampia e può variare da un caso, a un film intrigante, a un paziente,

all’osservazione di un gioco di ruoli, all’articolo di una rivista, al rapporto di uno

studente su un paziente reale. G.Marmo et al (2009)

3.6 Il Gioco dei ruoli

Il “gioco dei ruoli” o “role playing” è una metodologia che richiede ai partecipanti di

una attività formativa la “recita” di una situazione direttamente inerente alle finalità di

apprendimento perseguito. Si tratta quindi della mini-rappresentazione di una realtà di

apprendimento nella quale ai partecipanti è richiesta l’interpretazione di un “parte”

descritta dal “copione”del role playing. Grazie al gioco dei ruoli gli studenti apprendono

a rapportarsi con pazienti, familiari, colleghi, superiori in un ambiente protetto

diventando consapevoli del proprio stile di comunicazione. Si recita senza costumi di

scena e senza accessori e a volte anche senza scena. Si possono recitare situazioni

professionali presenti, quotidiane, banali, ma anche difficili, irritanti, incomprensibili.

Spesso si possono sdrammatizzare situazioni professionali mettendosi nei panni

dell’altro grazie a un inversione di ruolo. La preparazione parte con la scelta degli

obiettivi educativi nel campo della comunicazione che si vogliono far raggiungere agli

studenti, quindi con la scelta del copione da consegnare allo studente che reciterà la

parte del paziente simulato o del collega o del familiare del paziente. Si individua lo

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studente cui consegnare la parte e con questi si discuterà della sua immedesimazione del

ruolo. G. Marmo et al (2009).

Il protagonista ha avuto il mandato in mano e si comporta spontaneamente come ritiene

meglio. Qualora si sentisse in difficoltà, egli può chiedere il time out ossia una pausa del

gioco per interrogare gli spettatori e chiedere loro come andare avanti o se ricominciare

daccapo in altro modo. Gli altri attori invece recitano a soggetto il copione che gli è

stato attribuito. In particolare il paziente simulato ha imparato un copione consegnatoli

dal conduttore del gioco qualche giorno prima. Nel copione sono indicate le

informazioni che può dare spontaneamente e quelle che invece deve dare solo su

richiesta. Inoltre sono specificate le aspettative dall’incontro, le risposte a domande

specifiche, le risposte a domande sotto pressione. E’ possibile ampliare il numero dei

co-protagonisti aggiungendo un familiare del paziente oppure, in caso di obiettivi

educativi relativi a competenze di collaborazione intra o inter-professionale, creare

situazioni in cui non ci sono i pazienti ma piuttosto colleghi, dirigenti, altro personale

sanitario. L.Gamberoni et al (2009)

Il conduttore del gioco dei ruoli osserva in tutte e tre le direzioni: il protagonista e gli

attori, l’insieme del gruppo (e ogni osservatore con uno sguardo non inquisitore, senza

fissare) e il suo orologio (1/3 per il suo svolgimento, 1/3 per i commenti). Il conduttore

del gioco domanda al protagonista di esprimere il suo vissuto, poi agli altri co-

protagonisti e quindi agli osservatori. E’ importante far parlare tutti i componenti del

gruppo perché è proprio l’insieme dei commenti e del feed-back a facilitare l’analisi

degli elementi della comunicazione. Alla fine della seduta il conduttore del gioco, fa

emergere quali sono gli elementi teorici che essi vogliono approfondire per la volta

successiva e dopo che ognuno ha chiaro gli argomenti di studio, chiude la seduta e

termina all’ora stabilita. G. Marmo et al (2009).

3.7 Il portfolio

Il portfolio nel mondo anglosassone è una cartella usata prevalentemente da designers,

architetti, fotografi. Contiene foto dei lavori già eseguiti ed è una sorta di ampliamento

del curriculum che si esibisce quando si cerca lavoro. Questo termine è stato usato dal

Consiglio europeo di Strasburgo per incitare i docenti di lingua a far compilare agli

studenti una sorta di “diario autocosciente” della loro carriera scolastica per poterlo

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esibire soprattutto nel corso degli scambi culturali tra una nazione e l’altra. L’idea

comincia ora ad allargarsi a tutte le discipline. G. Marmo et al (2009).

Il portfolio delle competenze è uno strumento unitario che raccoglie ordinatamente e

stabilmente le documentazioni più significative del percorso scolastico dell’alunno

registrandone esiti e modalità di svolgimento del suo processo formativo. Lo

accompagna dalla scuola dell’infanzia fino alla conclusione del 1° ciclo di istruzione

per tracciare la sua “storia” e per offrirsi in ogni momento a supporto di analisi

ragionate e condivise dei risultati ottenuti per i docenti per l’alunno e per i suoi genitori.

Portfolio nella formazione in medicina e nelle professioni sanitarie. L.Gamberoni et al

(2009)

Il portfolio può essere una raccolta dei lavori migliori di uno studente o una raccolta dei

lavori più rappresentativi che mostrano lo sviluppo di una persona durante un periodo di

tempo. Un portfolio può essere una scheda strutturata che documenta il percorso

effettuato, gli obiettivi, gli sviluppi, i risultati e le reali abilità acquisite durante il corso

o la pratica clinica. G. Marmo et al (2009). In Olanda viene utilizzato per documentare

lo sviluppo delle competenze degli studenti in particolare per valutare le capacità

riflessive che vengono considerate abilità professionali a tutti gli effetti. Agli studenti

viene chiesto di selezionare quelle parti del proprio lavoro che meglio testimoniano il

livello di apprendimento e di consegnarle al proprio tutor in modo che questi possa

raccoglierle in una cartella.

E’anche uno strumento di valutazione formativa. È controversa la sua validità nella

valutazione sommativa. È un ottimo strumento di autovalutazione Le tipologie di

portfolio differiscono a seconda dei destinatari a cui si rivolge, a seconda dei materiali

che sono raccolti e a seconda dell’area curriculare a cui si riferisce. Tra le diverse

tipologie si possono identificare due macrotipologie: i portfoli certificativi e i portfoli

formativi. G. Marmo et al (2009).

• I portfoli certificativi hanno come finalità l’attestazione documentale delle

competenze acquisite dagli studenti.

• I portfoli formativi, invece, sono caratterizzati da una finalità di riflessione e

sviluppo del processo formativo e dei suoi risultati. Indipendentemente dalla

scelta della tipologia la costruzione del portfolio deve rispondere a quattro

parametri, ovvero:

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il portfolio ha come obiettivo quello di aiutare lo studente a diventare consapevole del

proprio modo di apprendere inducendolo a riflettere sull’esperienza passata. E’ un

ottimo strumento di autovalutazione e di valutazione formativa. E’ controversa la sua

validità nella valutazione sommativa. Il portfolio è una raccolta sistematica di lavori

viene utilizzato per la valutazione formativa è controverso il suo utilizzo nella

valutazione certificativa viene utilizzato per l’autovalutazione ha la finalità di

raccogliere materiale proveniente da varie esperienze. Le esperienze da riportare

saranno auto-selezionate non ci saranno cose giuste o sbagliate L.Gamberoni et al

(2009)

3.8 Il PBL

L’ apprendimento basato sui problemi è un processo attraverso cui lo studente impara

ad analizzare e risolvere problemi sanitari. Egli si trova in un piccolo gruppo di 10-12

studenti guidati da un tutor: tutti insieme cercano di capire, spiegare e risolvere il

problema che viene loro sottoposto. Il problema viene posto in tutta la sua interezza fin

dall’inizio della sua attività di apprendimento. Un problema concepito per le finalità di

apprendimento è la descrizione di un certo numero di fenomeni o di fatti tra cui

sembrano intercorrere certi rapporti, a cui lo studente deve fornire una o molteplici

spiegazioni e/o soluzioni pertinenti da mettere in pratica.

• Problemi clinici od organizzativi scritti

I casi scritti sono quelli usati principalmente nei piccoli gruppi tutoriali e presentano

argomenti legati sia a un singolo individuo, sia a una determinata popolazione o ad

aspetti organizzativi. Possono essere corredati da radiografie, referti, piani terapeutici,

risorse audiovisive.

• Pazienti standardizzati

I pazienti standardizzati sono persone sane addestrate a simulare un problema sanitario.

Offrono agli studenti la possibilità di apprendere e praticare abilità quali capacità di

intervista, manovre terapeutiche o esplorazione dei propri valori o atteggiamenti.

• Pazienti veri

I pazienti veri sono la principale risorsa dell’apprendimento in ambito professionale.

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• Presentazioni audiovisive

La presentazione audiovisiva di problemi sanitari può illustrare il problema di un

singolo individuo o paziente, oppure un argomento sanitario, etico, organizzativo più

ampio.

Presentazione di problemi con formato informatico G. Marmo et al (2009).

La presentazione informatica di un problema può essere utilizzata individualmente o in

piccolo gruppo dagli studenti. I problemi sanitari possono essere presentati come una

simulazione gestita al computer. Il gruppo di studenti può intervistare, visitare e curare

un paziente simulato e, seguendo varie piste, può prendere decisioni e verificarne

immediatamente le conseguenze. Esistono vari sistemi autore che permettono di

predisporre casi clinici per l’apprendimento degli studenti.

E’ richiesta la guida di un tutor, ossia di un docente appositamente formato al ruolo di

“tutor meta-cognitivo”, sulla dinamica dei piccoli gruppi di apprendimento e sulla

valutazione. Il tutor è un docente che funge da facilitatore dell’apprendimento e, quindi,

non trasmette conoscenze, ma si preoccupa di allenare i singoli studenti e il gruppo ad

analizzare e risolvere problemi facendo ricorso a tecniche maieutiche. In particolare il

tutor deve presidiare la procedura dei cosiddetti “10 salti” e deve saper porre le

domande corrette per ogni salto o tappa. I DIECI SALTI DEL PBL

• Chiarire i termini e dati non immediatamente comprensibili

• Definire il problema e le sue componenti

• Ricercare le ipotesi esplicative

• Schematizzare e classificare le ipotesi

• Formulare obiettivi di studio

• Studio individuale e raccolta di ulteriori informazioni al di fuori del gruppo

• Sintetizzare e valutare le informazioni

• Formulare domande di ricerca

• Valutare il lavoro di gruppo

• Valutare il lavoro personale G. Marmo et al (2009).

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3.9 I diari

Il diario è uno strumento che si basa su fatti e avvenimenti accaduti nel gruppo o sul

lavoro. Non è altro che un racconto personale su un argomento d’interesse che si

articola secondo alcune regole di redazione. Secondo Van Manen scrivere diari

“contribuisce al processo di apprendimento degli studenti dal momento che questi sono

incoraggiati a continuare a riflettere sulle loro esperienze di apprendimento e cercare di

scoprire le relazioni che altrimenti non potrebbero essere viste”. Ciò che si scrive in un

diario è costituito da molte cose, anche diverse tra loro, come osservazioni, idee,

reazioni, sensazioni, percezioni, riflessioni. Essendo uno strumento di tipo privato ciò

che ne rende difficile l’uso è la trascrizione pubblica. Questo strumento viene utilizzato

dagli studenti per descrivere la loro esperienza in una determinata situazione, ad

esempio di tirocinio, può essere utile pre-strutturarlo, in modo da renderne l’uso più

facile, costruendo apposite tracce guida. I diari, a differenza dei diari di bordo o dei diari

di tirocinio non sono pre-strutturati e non ci sono domande guida. Trovano maggior

impiego nei master di tutorato o nei corsi di formazione specifica per docenti dove la

relazione docente/studente può essere definita tra pari.

Il diario strutturato, il diario di bordo

E’ una modalità di documentare un’esperienza in chiave riflessiva. Il sapere

dell’esperienza si costituisce attraverso una sintesi riflessiva: mediante la narrazione

scritta è possibile trasformare la riflessione che elabora la conoscenza tacita, matura nel

campo , in conoscenza esplicita, come sapere dell’esperienza.

I diari possono essere strutturati, in modo sequenziale e narrativo; secondo uno schema

di appunti, utilizzando una modalità espositiva con ricostruzione di quanto preso in

esame e delle modalità con cui è stato esplorato; individuazione negli eventi esposti ciò

che, a giudizio dello studente, costituisce l’incidente critico; spiegazione delle ragioni

della criticità con ipotesi interpretative. L.Gamberoni et al (2009)

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4 IL TUTOR

4.1 La storia

Il termine tutor è di origine latina e deriva dal sostantivo “tutor tutoris” e questo dal

verbo tueri, il significato può essere così inteso: colui che cura, che sostiene , che

protegge, che dà sicurezza. La figura non è certo nuova nel panorama pedagogico anzi è

stata presente sin dall’antichità e si è rafforzata dal Medioevo in poi, in particolare

presso gli ordini religiosi detentori di cultura e di mezzi di trasmissione del sapere come

la lettura e la scrittura. (www.studiotaf.it 2010))

La funzione tutoriale deriva originariamente dalla cultura anglosassone nella quale il

tutor era l’insegnante o il precettore privato che si incaricava personalmente

dell’educazione e dell’istruzione dei giovani appartenenti alla nobiltà inglese.

Comunemente si è soliti parlare dell’insegnante e del tutor come se fossero

interscambiabili., ma la distinzione tra loro è reale. È infatti implicito nel tutor il

riconoscimento di una responsabilità di carattere non sono intellettuale ma anche etica e

professionale. L. Gamberoni et al(2003)

L’invenzione della stampa e la diffusione di testi stampati ha permesso, dal 1500 in poi

a chi lo desiderava, di leggere e quindi di informarsi autonomamente e a costi

relativamente accessibili, naturalmente i forti cambiamenti economici e la necessità di

accedere ad informazioni sempre più preziose per una partecipazione consapevole e

remunerativa all’attività intrapresa ha fatto si che si sviluppassero forme più ampie di

accesso all’educazione, quindi la creazione di scuole dove un maestro potesse insegnare

a più studenti. La figura del tutor-precettore si è man mano persa, in questi ultimi tempi

c’è stata una riscoperta del ruolo che può assumere il tutor in ambiti determinati come

quello aziendale, universitario, scolastico, si è cercato di definirne non solo il ruolo, ma

soprattutto le competenze, le funzioni, i comportamenti. L. Gamberoni et al(2003)

Sicuramente la funzione tutoriale ha una sua validità e di certo può essere ritenuta utile

se non addirittura essenziale nell’istruzione e nella formazione intesa nell’accezione più

ampia che comprende anche l’educazione degli adulti ed in particolare, per il settore di

nostra competenza, quella degli insegnanti. Si afferma nell’art.5 lettera g) della legge n.

53/2003 che “ le strutture di cui alla lettera e) curano anche la formazione in servizio

degli insegnanti interessati ad assumere funzioni di supporto, di tutorato, di

coordinamento dell’attività educativa, didattica e gestionale delle istituzioni scolastiche

e formative. (www.studiotaf.it 2010) E’ sempre difficile delineare le competenze perché

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spesso non si è d’accordo sul significato da attribuire al termine, L. Lelli afferma che “

può ritenersi competente colui che nel settore in cui opera, evidenzia una adeguata

padronanza delle conoscenze di fondo, dei processi di svolgimento delle attività , delle

abilità necessarie per perseguire consapevolmente le mete verso le quali si tende, dei

meccanismi logici e funzionali di comprensione, analisi sintesi, valutazione, inferenza,

deduzione”.Annali dell’istruzione. (2002).

Si parla quindi di una persona capace, cioè colui che ha autorevolezza e sa fare, al quale

viene affidata una persona incapace, cioè che non sa o che non sa ancora fare.

Il tutor è uno studioso di valore, esperto nei processi comunicativi e relazionali, il tutor

ha una funzione di connessione e integrazione tra le diverse componenti del sistema di

apprendimento. Innanzitutto è funzione fondamentale del tutor mantenere il

collegamento con i diversi attori di apprendimento allo stesso tempo il tutor deve

facilitare il collegamento tra lo staff e il gruppo di apprendimento. Inoltre il tutor si

pone come elemento di collegamento tra le diverse modalità di apprendimento

utilizzate, e quindi tra le diverse dimensioni psicosociali

implicate(cognitiva,affettiva,operativa,relazionale,sociale,istituzionale) il percorso di

apprendimento può infatti essere caratterizzati da modalità e dimensioni di

apprendimento differenti e tra loro articolate: modalità prevalentemente teoriche che

coinvolgono soprattutto il livello cognitivo; modalità sperimentale-addestrative che

attivano prevalentemente le dimensioni cognitive operative; modalità esperenziali che

coinvolgono soprattutto il livello affettivo relazionale e a seconda dei dispositivi

possono coinvolgere la dimensione sociale e istituzionale; modalità di tipo riflessivo che

consentono una elaborazione sia della dimensione cognitiva che della dimensione

affettiva attivate nel percorso di apprendimento. L.Sasso et al (2003).

Le diverse modalità, e quindi differenti livelli di apprendimento attivati vengono di fatto

realizzate attraverso dispositivi didattici diversi e articolati: introduzione lezioni

teoriche, ricerca d’aula, lavori in sotto gruppo, simulazione e role-playng, visione di

sequenze cinematografiche,ecc. è compito del tutor gestire in modo adeguato il

collegamento tra momenti didattici differenti, affiancando e supportando il docente da

un punto di vista metodologico rispetto alle specifiche attività intraprese o anche

proponendole, in accordo con il docente, qualora ne avverta la necessità inoltre il tutor

si pone come elemento di connessione tra i diversi momenti del percorso di

apprendimento:il momento che precede l’attività d’aula, il momento di realizzazione

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dell’attività formativa, i momenti fuori dall’aula, di attività on the job sul lavoro o di

verifica o trasferimento degli apprendimenti. Quanto più il tutor riesce a dare continuità

al passaggio tra momento conoscitivo, momento sperimentale, momento applicativo,

momento elaborativo, tanto più i partecipanti saranno in grado di apprendere in modo

utile ed efficace. In fine, è opportuno che il tutor aiuti e faciliti il collegamento e

l’integrazione tra le diverse risorse per l’apprendimento messe a disposizione dei

partecipanti: il materiale e gli strumenti presentati in aula, il materiale di studio le

indicazioni bibliografiche, gli strumenti per i lavori di applicazioni i docenti, il project

leader o il direttore del corso, il tutor stesso. L.Gamberoni (2003).

Al tutor tendenzialmente è affidata all’attività di ordinamento organizzativo. Tale

funzione si riferisce al presidio degli aspetti di organizzazione alle risorse implicate

nell’attività formative d’aula. Da questo punto di vista il tutor è il luogotenente in aula

del project leader, e in tal senso fa le veci del padrone di casa, assumendosene gli onori

e gli oneri. L.Sasso et al (2003).

4.2 Le funzioni del tutor

E’ necessario condividere il significato della parola “funzione” la definizione che ne dà

il dizionario dell’Enciclopedia Italiana “attività svolta abitualmente o temporaneamente

in vista di un determinato fine, per lo più considerata nel complesso del sistema sociale,

burocratico ecc.” o ancora “compito affidato o assunto sia da parte di persone singole

sia di organismi o istituzioni in un determinato ambiente o contesto”. Enciclopedia

Italiana (2000)

La seconda sembra in questo momento più consona al compito affidato al docente tutor,

questi non deve assumere la veste e i comportamenti dell’insegnante caratterizzato dal

possesso e dalla trasmissione del sapere, anzi deve avere una caratteristica professionale

fatta di esperienza, sapienza, disponibilità ad accompagnare lo studente/i

nell’apprendimento. Il tirocinio è considerato dagli studenti un momento fondamentale

della formazione: si mettono in pratica le proprie competenze, ma ci si confronta anche

con i limiti, le paure, le aspettative proprie ed altrui. E sopratutto ci si avvicina ai

pazienti, con tutte le implicazioni cognitive ed emotive. L.Sasso et al (2003).

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tanto per cominciare quali sono le competenze che deve possedere il tutor? poi quali

sono i punti di riferimento per la valutazione del suo operato, e per quello degli studenti.

Altro grosso "buco" è la compensazione ed il riconoscimento di questa attività sotto il

profilo economico e di carriera. L.Sasso et al (2003).

Malgrado queste difficoltà il tutoraggio si fa: e con il tempo si fa sempre meglio. Così

come la professione infermieristica si va strutturando in modelli assistenziali sempre più

efficaci e con competenze sempre più articolate, che penso sarebbero piaciute anche alla

Nightingale, proprio perché vanno molto oltre a quello che lei era riuscita a realizzare....

Naturalmente il tutor viene formato per essere in grado di: assumere, e/o consolidare, le

competenze necessarie a svolgere al meglio il proprio ruolo

• Sviluppare un sistema condiviso di tutoraggio

• Costruire strumenti di monitoraggio, valutazione ed autovalutazione delle attività

degli studenti e dei tutor

• Aumentare la consapevolezza dell’impatto di questo ruolo sulle dinamiche

organizzative e sulle motivazioni personali degli studenti

• Sviluppare conoscenze che permettano la maggiore flessibilità nelle strategie di

tutoraggio

• Migliorare la comunicazione tra l'università e le strutture dove si svolge il tirocinio

• Acquisire conoscenza delle corrette metodologie di delega e controllo in un

processo di apprendimento

• Favorire una corretta integrazione degli studenti nell’organizzazione

• Svolgere con soddisfazione il ruolo di tutor

Si può dire che la professione infermieristica è una professione che si deve svolgere:

con la testa, con le mani e con il cuore".

Ci pare che non ci sia un modo migliore per identificare le priorità di un tirocinio.

La testa: perché le competenze bisogna averle, e bisogna sviluppare la capacità di

applicarle.

Le mani: perché il sapere teorico diventa assistenza attraverso il fare. Ed il fare

dell'infermiere ha come protagonista il paziente: una persona che soffre e spesso è

spaventata

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Il cuore o la pancia, o la pelle. Non è un patetico appello alla "missione" ma la semplice

evidenza della carica emozionale della professione. Senza empatia non si può fare

buona assistenza, ma soccombere all'emozione è dannoso per il professionista e per il

paziente. Nel tirocinio gli studenti affrontano questa realtà per la prima volta, ed è

importante che vi sia uno spazio di elaborazione (www.studiotaf.it 2010).

Tra aula e reparto non dovrebbe esserci una cesura schizofrenica: quel che si insegna

dovrebbe almeno somigliare a quel che si fa. Ma è anche importante che i tutor che

accompagnano il processo di apprendimento e di integrazione degli studenti nei due

diversi ambiti si scambino informazioni articolate e tempestive per sostenere gli studenti

e per sviluppare programmi di tirocinio realisticamente fattibili, utili agli studenti e

coerenti con il piano di studio.

Il beneficio che si ottiene è la soddisfazione degli studenti, e dei tutor, che vedono la

possibilità di misurare concretamente i propri progressi e i propri problemi.

La parola valutazione rimanda a differenti concetti come: il controllo, il giudizio, la

misurazione,la votazione. La valutazione è uno dei momenti cardine di tutti i processi

formativi. È’ orientata ad attuare un confronto tra una situazione di partenza e una

situazione d’arrivo. Ha inizio con una chiara definizione degli obiettivi educativi

derivati dai problemi prioritari di salute e dal profilo professionale. In questo contesto la

valutazione può riguardare tre campi dell’apprendimento: intellettuale, gestuale e della

comunicazione interpersonale. L.Sasso et al (2003).

La valutazione degli insegnanti tutoriali da parte degli studenti si configura come

un’azione che accompagna l’analisi della professionalità del tutor stesso.

La valutazione alla quale sono chiamati gli studenti nei confronti dei loro tutor può

infatti fornire ai tutor stessi un feedback molto utile sulla qualità dei loro insegnamenti.

La didattica tutoriale, pone lo studente al centro del suo processo di apprendimento e in

posizione attiva nei confronti del suo percorso formativo e professionalizzante. Pertanto

allo scopo di migliorare, integrare, rivedere insegnamenti e processi, il tutor dovrebbe

sollecitare l’opinione degli studenti. La valutazione ha un ruolo centrale in tutti i

processi di apprendimento. Il tutor può trovare un ruolo e offrire un validissimo

contributo ai processi di valutazione sia formativa che certificativa. A seconda dei

campi di apprendimento coinvolti nel processo valutativo vengono proposti differenti

metodi di valutazione. A.Lotti et al (2003)

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Il problema della valutazione nel tirocinio è centrale, e presenta gli stessi aspetti di

complessità della valutazione delle prestazioni professionali. Per prima cosa è

importante garantire agli studenti una valutazione equa. Sembra facile, ma ci sono dei

rischi: soggettività nell’attribuzione delle priorità: ciò che è essenziale per me potrebbe

non esserlo per il mio collega. Ovviamente valutando la stessa prestazione daremmo

due giudizi diversi. In organizzazioni grandi come quelle sanitarie definire degli

standard e degli indicatori condivisi è, ovviamente, essenziale per garantire che la

valutazione sia utile ed equa diversa interpretazione delle scale di valutazione: se un

valutatore utilizza una scala da 1 a 10, ed il secondo non attribuisce mai valori inferiori

a 5 e superiori a 7, di nuovo non avremo una valutazione comparabile, e quindi non

avremo una valutazione utile e tanto meno equa. L.Sasso et al (2003).

Oltre alle diverse interpretazioni esistono poi degli ostacoli di carattere cognitivo: i più

comuni, sono:

il tunnel cognitivo: che poi è quel fenomeno che mi fa cambiare prospettiva in funzione

della vicinanza; in parole povere se valuto una mia prestazione o quella di una persona

che conosco bene tendo a valutare l’impegno, se invece valuto la prestazione di un

estraneo la mia attenzione va al risultato. Ovviamente le due valutazioni non sono

comparabili. L’effetto “vicinanza” in una valutazione tendo a dare peso agli

avvenimenti più vicini nel tempo, mentre ciò che è accaduto mesi prima sfuma.

Naturalmente anche in questo caso avremo una valutazione parziale, e difficilmente

comparabile. L’effetto “fama”: la stessa prestazione compiuta da due soggetti con una

diversa “fama” verrà interpretata diversamente.

Con questa breve sintesi si vede la necessità di sviluppare dei modelli di valutazione

condivisi. L’autovalutazione resta un passaggio essenziale per lo studente: è importante

per fissare ed elaborare la miriade di stimoli che si sommano in una "normale" giornata

e per diventare un professionista maturo ed autosufficiente. L.Gamberoni et al(2003).

Non meno importante è la valutazione dei tutor: l'autovalutazione ed il confronto con i

colleghi da un lato, e la valutazione fornita dagli studenti dall'altro. Durante i percorsi di

formazione intervento è fondamentale dedicare tempo alla costruzione, alla

personalizzazione, ed alla taratura di strumenti per queste valutazioni. Sono un punto di

riferimento, ma anche una rassicurazione per gli operatori e per gli studenti.

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4.3 Il tutor nella formazione universitaria

E’ con la legge 341 del 1990 al’art.13, “Riforma degli ordinamenti didattici

universitari” che nasce in Italia la funzione tutoriale. Ogni Università, entro un anno

dalla data in vigore, doveva provvedere ad istituire un proprio regolamento interno sul

tutoraggio sotto la propria responsabilità. Questo articolo riporta che il tutorato si

propone obiettivi quali:

• Assistere ed orientare gli studenti nel corso degli studi

• Renderli partecipi del processo formativo

• Collaborare con gli organismi di sostegno al diritto allo studio

• Rimuovere gli ostacoli ad una conveniente frequenza dei corsi.

Poteva essere una legge innovativa che portava cambiamenti rispetto al modello di

rapporto tra studente e docente. A venti anni di distanza, il tutor non ha avuto la

visibilità attesa. Successivamente si è reso necessario approfondire e riflettere circa la

funzione tutoriale che sembra, sempre più, essere una figura indispensabile per facilitare

i percorsi di apprendimento e ridurre i rischi di abbandono. Dal 1990 la figura del tutor

ha fatto il suo ingresso ufficiale anche nella formazione universitaria delle professioni

sanitarie. Dalle esperienze nelle università italiane dall’analisi emergono tre tipologie di

tutor, che vengono definite in modo diverso a seconda della realtà, delle tradizioni e

della cultura presente. L. Sasso et al (2003)

Il tutor istruttore: realizza la lezione a distanza pertanto deve conoscere e presentare i

contenuti del corso in questione, deve avere abilità di design per la formulazione di

materiale formativo, essere abile nel reperire in maniera rapida ulteriore materiale per

approfondimenti se gli vengono chiesti dai discenti e avere una certa capacità di

mantenere aggiornate le risorse.

Il tutor facilitatore : deve mantenere le relazioni con i discenti. Le interazioni fra tutor e

discenti possono essere di due tipi; o uno a molti e quindi il tutor riesce a gestire tramite

mailing listi o forum tanti studenti, è consigliabile, in questo caso, non superare il

numero di 20 partecipanti; oppure uno a uno in genere via mail. Le abilità che deve

avere in entrambi i casi sono comunicative e relazionali, deve saper porre le domande

giuste al momento giusto, osservare, ascoltare e intervenire in modo opportuno solo

quando necessario e dare il feedback ai discenti, incoraggiarli e sostenerli. L.Gamberoni

(2003)

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Il Tutor moderatore - animatore: è presente quando si creano delle vere e proprie

comunità di discenti. Cerca di mantenere la discussione del gruppo aderente agli

argomenti del corso, sollecitandola o reindirizzandola se occorre o smorzandone i toni.

Cerca di creare un clima di familiarità e partecipazione di ogni singolo discente, ha il

compito di favorire nuovi spunti per dibattiti e mantenere alta la motivazione. Ha la

funzione di instaurare un clima di fiducia reciproca e di serenità. A volte le sue

mansioni vengono in parte integrate e in parte sostituite dal peer tutoring ovvero una

sorta di tutoraggio fra pari.

In relazione a quanto sopra evidenziato e la necessità di sviluppare due modalità di

tutorato nella Professione Sanitaria .L. Sasso et al(2003)

Il coordinatore didattico come facilitatore dell’acquisizione di competenze

intellettive, relazionali e gestuali è il professionista che nell’ambito della sede formativa

assume la responsabilità di facilitare , gestire l’intero percorso formativo dello studente

programmando percorsi personalizzati e portando la sua competenza nella progettazione

formativa e nelle metodologie didattiche. I tutor didattici dei CdL hanno un ruolo

sanitario e dipendono dalle strutture sanitarie, collaborano con il coordinatore tecnico-

pratico nell’organizzazione e nell’attuazione del percorso didattico professionalizzante

e nella programmazione delle attività specifiche, guidano ed orientano i singoli studenti

nell’apprendimento ; coordinano l’insieme delle attività di docenza per l’insegnamento

professionalizzante. L.Sasso et al(2003)

Il tutor clinico o guida di tirocinio ha un ruolo importante perché accoglie gli studenti

nei reparti o nei servizi sanitari durante il periodo di tirocinio; funge da facilitatore

dell’acquisizione delle competenze in ambito professionale;ancora può facilitare

l’integrazione tra teoria e pratica e tra i tre campi dell’apprendimento. Il periodo che lo

studente trascorre con il tutor clinico va pianificato con attenzione grazie ad alcune

metodologie che vengono descritte: il briefing o preparazione del periodo di tirocinio, il

contratto tra lo studente e i suoi tutors, il de briefing o momento di riflessione

sull’esperienza vissuta in ambito lavorativo. è il professionista sanitario che facilita

l’apprendimento di competenze professionali esplicitando modelli teorici e fornendo le

connessioni tra apprendimenti teorici e apprendimenti esperenziali. Aiuta lo studente

alla comprensione del proprio ruolo. Il tutor clinico dipende dalla struttura presso la

quale si svolge la formazione clinica, appartiene al ruolo sanitario e ha lo stesso profilo

dello studente che affianca. Pur continuando a svolgere l’attività. L.Sasso, et al (2003)

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4.4 Modelli di riferimento

Sono tanti i modelli di riferimento di tutorship presenti in letteratura, che pur nella loro

similitudine , si differenziano per modalità , luoghi, ambiti e tempi diversi.

Mentor-mentoring ; la storia dice che Ulisse affidò suo figlio Telemaco, durante la sua

assenza da Itaca ad un uomo di nome Mentore affinché lo educasse e lo proteggesse. La

funzione del mentoring è quindi uno strumento di sviluppo delle competenze

professionali e sostegno psicologico. Nelle facoltà straniere il ruolo del mentor è svolto

da studenti che frequentano gli anni successivi e che, partecipando alle attività

didattiche dei gruppi di studenti di primo anno, offrono la loro prospettiva di studenti

più esperti. G. Marmo et al (2009).

Counselor-counseling dal latino consumere, far riflettere, richiamare. In tempi più

moderni è inteso come processo dove due persone interagiscono (il counselor e persona)

con lo scopo di l’una di abilitare l’altra a prendere decisione importanti su problemi e

difficoltà . Può essere considerato il consigliere o tutor con funzione di consigliere. Le

competenze di counseling si possono acquisire tramite corsi di formazione mirati a far

prendere consapevolezza del proprio tipo di atteggiamento spontaneo nel corso di un

colloquio e alla sperimentazione delle abilità dell’ascolto attivo e della riformulazione.

L. Gamberoni et al (2009)

Coach-coaching generalmente è un termine che è molto usato nello sport. Il coach

prepara un programma personalizzato per i suoi allievi e pianifica gli obiettivi personali

nei confronti della squadra. La funzione del coaching è quella di stimolare non solo i

processi di apprendimento individuali ma anche quelli collettivi, facilitando il

trasferimento delle abilità del singolo a patrimonio e risorsa del gruppo. L. Gamberoni

et al (2009)

L’attività principale degli studenti durante il tirocinio è l’apprendere. La didattica

tutoriale e le teorie dell’apprendimento sono molteplici.

Nella formazione delle professioni sanitarie, anni di esperienza hanno evidenziato che

l’aspetto professionalizzante inserito nel percorso formativo, finalizza e migliora anche

gli apprendimenti intellettivi, in quanto se ben guidato e inserito in tempi e modi

opportuni fornisce consapevolezza e senso a tutto il percorso di apprendimento. Se non

si capisce questa difficoltà, la pratica stessa non può essere compresa, generata o

migliorata. Molto spesso si tende a pensare che compiti complessi possono essere

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ricondotti ad un insieme o sommatoria di passi semplici, teyloristici, per usare un

termine noto al mondo organizzativo, che è possibile seguire senza sforzi di

comprensione ed elaborazione. Guidare gli studenti alla risoluzione dei problemi

(problem solving) e quindi guidarli all’osservazione, alla ricerca di connessioni, di

ipotesi e di soluzioni verificate significa aiutarli a porsi domande più che fornire

risposte. Le domande devono essere riferite alla teoria e richiedono una buona

conoscenza clinica da parte del tutor. Solo un tutor esperto e preparato hsi muove

agevolmente in questa strada. A.Lotti et al (2003)

4.5 Stima quantitativa dei tutor nelle aziende sanitarie

Una effettiva e complessiva quantificazione della diffusione dei tutor nel sistema

sanitario regionale non esiste se non in modo molto indiretto attraverso un sondaggio

coordinato dalla Regione Emilia Romagna nel 2006, che ha evidenziato come una

percentuale variabile dal 20% al 45% degli operatori delle Aziende sanitarie dedica una

parte del proprio tempo allo svolgimento di funzioni formative Dossier 174 (2009)

Complessivamente gli operatori delle Aziende sanitarie dell’Emilia Romagna impegnati

a vario titolo in qualità di tutor sarebbero oltre 10.000, un valore certamente cospicuo,

probabilmente anche inferiore alla realtà. Anche se i dati sono ancora da approfondire di

possono segnalare alcuni aspetti rilevanti:

Più della metà (circa 5.200) sono Tutor di tirocinio delle professioni sanitarie,

soprattutto della professione infermieristica; Quasi tutti i Tutor didattici delle

professioni sanitarie (oltre 200) svolgono un lavoro a tempo pieno; Oltre 1.000 sono i

Tutor attivi per le Scuole mediche di specializzazione; gli operatori impegnati come

Tutor d’aula per la formazione continua sono oltre 900. Nella formazione sul campo

sarebbero impegnati oltre 1.400 Tutor di diversi profili professionali;

In 13 Aziende sono stati preparati Tutor per la formazione a distanza;

Infine, in 9 Aziende agiscono oltre 435 Tutor per i Corsi di laurea e pre-abilitazione di

altre professioni o per studenti frequentanti Istituti superiori o in tirocinio di

adattamento. Dossier 174 (2009)

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5 STUDI E PROGRAMMI IN LETTERATURA

5.1 Le origini della simulazione

La diffusa adozione della tecnologia della simulazione in America non è stata un

fenomeno improvvisato, ma un’evoluzione graduale verificatasi nell’arco di numerosi

decenni. Quella che potrebbe essere definita l’era moderna della simulazione medica è

cominciata circa 40 anni fa nel 1967, i dottori Abrahamson e Denson hanno presentato

alla University of Souther California “Sim One”. Questo simulatore, che riproduceva in

modo molto realistico un paziente , aveva molte caratteristiche di elevata fedeltà ed era

il primo manichino controllato da un computer. Ross J. Scalese et al (2008)

I suoi sviluppatori hanno utilizzato Sim One per l’addestramento degli anestesisti

ospedalieri ed il seppur limitato numero di studi da loro svolto ne ha dimostrato

l’efficacia per insegnare a questi medici manovre come, ad esempio, l’intubazione

endotracheale. Sfortunatamente ne è stato costruito un solo prototipo: allora infatti la

tecnologia informatica era troppo costosa per la commercializzazione e la notizia

ancora molto lontana dal contesto didattico del tempo, il concetto/disegno generale di

Sim One, comunque, è servito da modello per gli attuali manichini automatizzati.

Al contrario, Harvey, simulatore del paziente cardiopolmonare presentato per la prima

volta all’American Heart Association Scientific Session nel 1968 è ancora in

produzione dopo svariate generazioni di perfezionamento e rappresenta il più lungo

progetto continuativo di simulazione di elevata fedeltà nella storia della formazione

medica. Ross J. Scalese et al (2008)

Harvey era nato per insegnare a valutare il paziente allettato per compiere alcune

competenze diagnostiche: l’attuale generazione di questo sistema di addestramento

computerizzato, di grandezza naturale, riproduce in modo appropriato le pressioni

arteriose, i polsi arteriosi e venosi, gli impulsi precordiali, così come i suoni

cardiaco/polmonare, tutti sincronizzati realisticamente a simulare 30 differenti

condizioni cardiache.

Harvey è stato utilizzato per il training e per le simulazioni in laboratori preclinici non

solo da medici ma anche da infermieri, tecnici. Inoltre è stato sottoposto a test rigorosi

per verificarne l’efficacia didattica. Uno studio multicentrico su oltre 200 studenti degli

ultimi anni di medicina ha evidenziato come coloro che si erano esercitati con Harvey

abbiano dimostrato , all’esame della loro capacità di identificare i segni cardiaci su

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pazienti veri,una performance significativamente migliore del gruppo di controllo(che

aveva fatto pratica solo su pazienti). Ross J. Scalese et al (2008)

Successivamente, progressi significativi per quanto riguarda lo sviluppo della

simulazione negli Stati Uniti sono stati compiuti negli anni ottanta, quando due gruppi

hanno sviluppato , in modo indipendente l’uno dall’altro,dei Cem destinati al training

anestesiologico. Oggi sul mercato è presente “Human Patient Simulator” il successore

più sofisticato di Cem. Nei vent’anni successivi sono stati prodotti e commercializzati

numerosi altri simulatori , inclusi ulteriori manichini automatizzati e altri sistemi di

addestramento mirati, che riproducono quasi ogni funzione clinica e più di recente

simulatori basati sulla realtà virtuale per l’esame e addestramento all’esecuzione di

procedure. Per molti di questi device, gli studi di validazione hanno dimostrato

l’interesse e l’entusiasmo dei discenti, alti livelli di realismo, validità dei contenuti e

della struttura e migliorati risultati educativi in molti ambiti. Ross J. Scalese et al

(settembre 2008)

Che i programmi basati sulla simulazione abbiano avuto un “così grande” successo a

tutt’oggi argomento dibattuto. Aldilà delle evidenze in favore della sua efficacia

didattica, l’ampia adozione della simulazione medica ed infermieristica, negli Usa forse

rappresenta un differente tipo di “successo” se osservata dal punto di vista dei Paesi in

cui queste tecnologie non hanno ancora raggiunto lo stesso livello di accettazione.

Negli Stati Uniti molti centri per la simulazione sono stati allestiti nel contesto di centri

accademici. Qui gli studenti tendono ad essere più giovani, “la generazione di internet” ,

molto disinvolti nell’utilizzo della tecnologia. Poiché vengono abituati alla simulazione

sin dalle prime fasi della loro formazione, essi la considerano parte routinaria del

programma educativo quando la ritrovano più tardi , nel corso della loro carriera. Ross

J. Scalese et al (settembre 2008).

In altri paesi , i centri di simulazione forniscono principalmente educazione continua a

professionisti della pratica clinica ,che hanno bisogno di imparare nuove tecniche o di

mantenere la certificazione specialistica. Questo non si limita esclusivamente al

contesto dell’educazione medica anche molti programmi di simulazione e training delle

scuole per infermieri e per altre figure professionali del settore. Molti comitati statali di

infermieri comprendono le problematiche del training tradizionali con veri pazienti e

ora consentono che una parte dell’esperienza clinica avvenga in contesti simulati;

ancora una volta i giovani sembrano accettare questa novità più velocemente di coloro

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che si sono formati “alla vecchia maniera”. Negli Usa il numero di istituzioni che

impiegano la simulazione sta aumentando così rapidamente che l’elenco dei centri può

diventare, in breve tempo, obsoleto. Ross J. Scalese et al (settembre 2008)

5.2 1° Caso-Studio 2010 ( University South Australia)

Negli ultimi anni la simulazione è stata ampiamente usata nell’istruzione scolastica

Jeffries, (2007). La carenza di infermieri in tutto il mondo significava che la laure in

Scienze Infermieristiche sta diventando una laurea sempre più popolare. Con il numero

in aumento di studenti universitari, i posizionamenti clinici sono sempre più scarsi. Al

fine di preparare adeguatamente gli studenti infermieri per il lavoro clinico, le università

hanno bisogno di diventare più innovative in materia di istruzione. Inoltre, vi è un

requisito medico-etico per le università di preparare adeguatamente gli studenti per il

posizionamento in clinica e di ridurre il 'paziente come pratica' il modello d'istruzione

del passato. L'uso della simulazione clinica nei corsi di infermieristica è stato un modo

per rispondere a queste esigenze. Jeffries, (2007).

La University of South Australia (UNISA) ha fornito un programma di educazione nel

corso della laurea triennale di Infermieristica come avviene in molte altre università che

offrono formazione infermieristica, la simulazione è ampiamente usata durante tale

programma. Nel primo e secondo anno le simulazioni mirano a fornire agli studenti

l'opportunità di praticare una serie di competenze di base come la realizzazione di letti ,

rilevare i parametri vitali e terapia farmacologica in ambienti protetti, controllati dove

simulano in assenza di rischi per il paziente. Nella seconda fase, i manichini sofisticati

sono usati per insegnare agli studenti le competenze cliniche, come l'ascolto di suoni di

cuore e rianimazione cardiopolmonare, successivamente viene insegnato la venipuntua e

gestione della terapia farmacologica (EV-OS-IM-SC….) Nel terzo anno gli studenti si

impegnano nel laboratorio di simulazione descritti in questo studio con l'obiettivo

primario di gestione del tempo, gestione delle competenze organizzative e gestione di

tutta la modulistica. Jeffries, (2007).

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Descrizione della simulazione

La simulazione ha la durata di quattro settimane , 6 ore al giorno, e viene realizzata

prima del tirocinio clinico. al quale gli studenti arrivano dopo aver raggiunto e superato

la prova obbligatoria. Ogni caso in genere ha la durata di circa 30/45 minuti.

Ogni laboratori è costituito da: posti letto con sei manichini, con gruppi di studenti di

10/13. Si simulano tre scenari. Ogni studente raffigura il ruolo di paziente, il ruolo di

infermiera, e di un 'extra'.(che potrebbe essere un medico, parente o un degente) Ogni

simulazione descrive uno scenario che rappresenta sei 'pazienti' (tutti con una

condizione cronica come l'asma e diabete) e tre o quattro 'infermiere', con il altri

studenti nel ruolo di un 'extra' .

Gli studenti hanno utilizzato abilità cliniche durante le simulazioni, quali la gestione

della terapia somministrazione della terapia, e hanno capito che lo scopo principale

della simulazione è stato quello di imparare come gestire il loro tempo, le persone e le

circostanze che li circonda. Gli studenti erano stati assegnati ad un ruolo per tutta la

giornata. Il tutor responsabile del laboratorio suddivideva il gruppo in tre elenchi.

Questi elenchi di nomi, è progettato per dare ad ogni studente un ruolo in ogni

simulazione. Quindi lo studente che nella prima simulazione rappresentava il ruolo di

paziente, in quella successiva rappresentava invece l’infermiere e così via. La

simulazione inizia con tutti gli studenti che ascoltano il passaggio di consegne. con lo

scopo di dare in modo dettagliato la diagnosi del paziente, motivo per di ammissione,

durata del soggiorno, la condizione attuale, ecc.

Gli studenti che hanno avuto il ruolo di infermiere tengono una breve riunione per

prendere una decisione sulla ripartizione del lavoro. Così come si avrebbe nella vita

reale, concludono questo incontro con un “foglio riassuntivo”, ossia un elenco

prioritario di attività che si devono svolgere e raggiungere. Nel frattempo, gli studenti

che hanno avuto il ruolo di pazienti indossano un abito/camice, il braccialetto di

identificazione e occupano un letto. Gli studenti che simulano gli infermieri iniziano a

lavorare come se fossero in un reparto A seconda della priorità iniziano con la

rilevazione dei parametri vitali, la gestione della terapia. A ciascun studente che invece

simula il paziente è stata data una scheda contenente alcune informazioni di base per

esempio, attendere 10 minuti e poi diventa molto agitato e aggressivo. Ogni simulazione

sviluppata e costruita in 'tempo reale' ha richiesto all'infermiera di rispondere in modo

diverso ai pazienti a seconda delle circostanze e delle priorità.

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Ad esempio, il paziente (A) nella prima simulazione doveva essere pronto per un

intervento chirurgico, all'infermiera in questo caso le è stato richiesto di intervistare il

paziente al fine di organizzare un piano di dimissione e successivamente preparare per

la dimissione anche per il paziente. Nella simulazione successiva il paziente, operato,

scivola e cade dal letto con l’apertura della ferita. Al’infermiera è stato richiesto di

riportare il paziente sul letto di chiamare aiuto, provvedere ad una medicazione

compressiva. Contattare il medico curante informarlo di quanto accaduto e inviare il file

del rapporto sull'accaduto. Nell’ultima parte della simulazione il paziente aveva bisogno

di essere preparato per la sala dove il chirurga dove avrebbe ricucito la ferita.

L'infermiera prepara la checklist e rassicura il paziente che era comprensibilmente

sconvolto. Questa prova ha sicuramente evitato svantaggi per gli studenti che

rivestivano il ruolo di infermiere nella simulazione Ogni simulazione in genere ha la

durata di circa 30/45 minuti dove viene osservato e rilevato il rendimento degli studenti

ai fini della valutazionee, se necessario, si potrebbe "congelare la scena" Moss, (2000),

una tecnica che consente di intervenire con uno o più studenti, al fine di facilitare il

pensiero critico ed il problem solving e / o suggerimenti se necessario.

Le domande tipiche poste durante il blocco sono state:

� Come ti senti adesso?

� Perché pensi che ti stanno reagendo in questo modo?

� Perché pensi che sei in questa situazione

� Cosa pensi che puoi fare per migliorare la vostra situazione?

� Cosa ti piacerebbe vedere accadere ora? Telesco, (2006)

Al termine la simulazione veniva chiamato uno stop formale, gli studenti insieme erano

chiamati ad un debriefing della durata di 30/40 minuti. Si trattava di tipo debriefing

standard con domande Fritzsche et al.,( 2004) ad esempio:

� Che cosa ti senti è andato bene? Cosa non è andato così bene? “

� Cosa faresti diversamente la prossima volta?

� Come ti sei sentito in quel momento? Il tuo livello di ansia era appropriato?

Hai avuto tempo per completare l’iter pre-operatorio la seconda volta che il paziente è

tornato in sala con la preparazione della relativa la checklist delle azioni?

Soluzioni possibili e le possibili azioni alternative sono state sollevate e

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discusse Questo riscontro è stato immediato, prezioso e importante per rinforzare

l'apprendimento che si era appena verificato Goldenberg et al., (2005).

A seguito di questo debriefing gli studenti hanno avuto l'opportunità di scrivere una

dichiarazione di riflessione, dare un significato alla comprensione controllata. Prima di

iniziare la simulazione successiva gli studenti si scambiano i ruoli in base alla

pianificazione giornaliera programmata e si procedeva con il nuovo caso simulato da

“attori” diversi attraverso lo scambio dei ruoli, della durata di 30/40 minuti, a

conclusione un altro de briefing.

valutazione degli studenti

I lavori sono stati sviluppati come parte del curriculum ri-sviluppo intrapresa

nell'ultima parte del 2008 e sono stati consegnati per la prima volta in 'scuola estiva'

2008/9. Siccome era la prima volta, agli studenti è stato chiesto il feedback in due

occasioni:

• immediatamente ,dopo il completamento del laboratorio nel febbraio 2009

• 2 mesi dopo (Aprile 2009), quando gli studenti frequentavano il tirocinio clinico.

Agli studenti è stato consegnato due giorni dopo la conclusione delle simulazioni, un

sondaggio. Dato che la partecipazione degli studenti era stata su base volontaria la

compilazione era anonima e facoltativa I dati raccolti attraverso questa indagine sono

stati utilizzati per migliorare la qualità dell'insegnamento e apprendimento a UniSA e

potrebbe essere utilizzato anche per pubblicazione esterne e presentazione. Le risposte

individuali rimanevano quindi confidenziali e non sarebbero soggette ad

identificazione. Mikilewic (2008) Ci fu un tasso di risposta del 92% (n = 115/125).

Le simulazioni in laboratorio fa acquisire competenze verso l’assistito e la propria

comprensione dei sistemi e l’organizzazione dell'assistenza infermieristica

Si prega di dare un esempio di come questa simulazione ha preparato

il dare sicurezza, e l'assistenza infermieristica

Dei 115 intervistati, il 77,4% (n = 89) è d'accordo o fortemente d'accordo

con la prima affermazione. Così la stragrande maggioranza degli studenti vede la

simulazione come contributo a guadagnare la comprensione dei sistemi e

l'organizzazione delle cure infermieristiche. Commento di uno studente in merito alla

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55

simulazione

“ Il laboratorio di competenze mi ha fatto capire quanto sia importante essere

organizzato all'inizio del turno attraverso una pianificazione. Mi ha fatto capire quanto

rapidamente la salute di un cliente può deteriorarsi e come è necessario rivalutare

costantemente le esigenze dei clienti/pazienti ed il tempo da gestire. L’attività di

simulazione ha sottolineato i punti chiave per esempio tempo gestione, lavoro di

squadra, con priorità e strategie. Erano divertenti, utili e importanti per capire il tempo

capacità di gestione in un reparto. Mi ha insegnato che qualsiasi cosa può andare male

in un cambiamento e bisogna concentrarsi su ciò che si presenta. Fondamentale è

mantenere la calma. Le simulazioni mi ha aiutato a utilizzare tutte le competenze che ho

imparato e costruire su di loro così come individuare i problemi o buchi nel mio

bagaglio teorico e imparare a riparare.”

Gli studenti sono stati invitati a rispondere a due domande rispetto a cosa si potrebbe

fare per migliorare le prossime simulazioni:

� Commentare su qualsiasi aspetto del workshop che non sono stati d'aiuto

� Come potrebbe il workshop essere migliorato?

Molti studenti hanno lasciato in bianco queste domande o scritto qualcosa

come "non applicabile". Sette studenti hanno espresso un parere rispetto al quale la

simulazione è stata complessa e confusa in quanto il giorno della simulazione sembrava

caotico, ma non sono sicuro che come potrebbe essere migliorata. Un piccolo numero di

studenti (n = 5) ha espresso insoddisfazione nella loro incapacità di "agire" o chiesto

che attori pagati (n = 10) da utilizzare in futuro.

78%

6%

9%4% 3%

Il follow-up indagine è stata somministrata per via elettronica. Una e-mail

invitava gli studenti a partecipare a un'ulteriore valutazione , è stata inviata a tutti gli

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studenti che avevano intrapreso il workshop in Summer School. L'e-mail conteneva un

link al sondaggio elettronico. Al fine di rispettare l'etica UniSA come requisito del

sondaggio conteneva l'anonimato della dichiarazione di riservatezza sopra descritte

Mikilewicz, (2008). L'indagine includeva le seguenti due affermazioni:

Impresa del seminario di simulazione mi ha aiutato con la mia

capacità organizzative a trovare la mia collocazione clinica

Impresa del seminario di simulazione mi ha aiutato con la mie competenze a gestire il

cliente/paziente. Cinque punti scale Likert sono stati utilizzati. Tasso di risposta del

37% (46/125) a questo sondaggio elettronico. Venti studenti (43%) d'accordo o

fortemente d'accordo con la prima istruzione e 17 (36%) d'accordo o fortemente

d'accordo con la seconda. C'è stato anche spazio per gli studenti di aggiungere

commenti. Una selezione di questi sono qui riportati:

“Ho scoperto che essere in grado di provare ciò che può accadere quando

sarò in reparto davanti ad un paziente vero, mi ha permesso di sentirmi più sicuro

e mi ha orientato ad una situazione che potrebbe cambiare. Prendendo il ruolo di un

Infermiere che ho rivestito in risposta a diversi situazioni (ad esempio l'impostazione di

reparto) mi ha fatto realizzare il valore e l'importanza della 'gestione del tempo'

l’ambiente e le priorità.” “Tutte le attività proposte durante il workshop sono stati

fortemente incentrate su un lavoro di squadra e mi ha aiutato a sviluppare il conflitto

gestione delle competenze. Essere in grado di praticare parlando con i pazienti mi ha

dato e gestendo la mia ansia”. C'era anche un solo commento negativo :

“Ho trovato scarso beneficio considerando gli attori in generale, c’è bisogno di attori

con talento per rendere tutto ciò più credibile, più vero. Ognuno di noi è così

concentrato su quello che si sta recitando, che resta poco tempo per pensare e rendersi

conto di quello che sta succedendo. pensare a ciò che faremmo come infermieri in una

situazione simile. “

discussione

Nel 2004, Beaubien e Baker hanno dichiarato che simulazione ad alta fedeltà sono state

utilizzati quasi come sinonimi nella letteratura. Dal momento che questa dichiarazione è

stata fatta c'è stato un fiorire di letteratura, segnalazione dell'utilizzo di manichino ad

alta fedeltà per insegnare una serie di competenze infermieristiche cliniche poco

pubblicato per l'uso di altri tipi di simulazione utilizzati per altri scopi educativi.

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A seguito di una revisione sistematica di attività di simulazione, Kakien e Arwood

(2009) suggeriscono che le simulazioni sono più spesso utilizzati per insegnare le

tecniche di cura, piuttosto che facilitare l'apprendimento dei concetti.

Questo indica che vi è ancora un posto per insegnare concetti come organizzazione e

gestione del tempo di lavoro in formazione infermieristica utilizzando il tipo di attività

di simulazione descritti in questo documento. Inoltre, non c'è dubbio che le metodologie

didattiche utilizzati nella formazione basata sulla simulazione sono decisamente in linea

con la principi di educazione degli adulti . Feingold et al., (2004). Non è quindi motivo

di pensare che i benefici di simulazione deve essere limitato solo per manichino ad alta

fedeltà di simulazione. In effetti richiedono allo studente di interagire con la vasta

gamma di competenze professionali necessarie per completare con successo la

simulazione descritte in questo documento, è di fondamentale importanza per la

preparazione alla assistenza infermieristica. L'uso di questo tipo di simulazione di

reparto è stato riportato in sia in ambito medico sia in letteratura infermiera. Una

simulazione che include elementi simili a questo, tra cui "le interruzioni a tempo,

interazioni del team, gli scenari di routine e di emergenza è stato descritto da Ker et al.

(2006). Questi autori concludono che non solo così è possibile una simulazione di

emulare la realtà che può fornire anche una buona opportunità per gli studenti per

osservare da vicino e fornire un feedback per le prestazioni di tutti i giorni; è questa una

opportunità spesso non disponibile nel mondo reale a causa della pressione del tempo.

Mole e McLafferty (2004) concludono anche che il loro simulato esercizio di reparto per

gli infermieri del terzo anno è stato percepito come una buona occasione per consolidare

la clinica, nonché di organizzazione di competenze.

Il problema più comunemente identificato è che con questo tipo di simulazione

il 10/15% dei partecipanti non riescono a comportarsi da attori Aldrich,

(2005) o "sospendere l'incredulità" Beaubien e Baker, (2004) questo è stato

certamente menzionato da circa il 10% degli studenti coinvolti in questo

simulazione che ha chiesto di "attori pagati".

In definitiva l'obiettivo principale di ogni simulazione è quello di preparare in modo

sicuro studenti per un contesto di vita reale clinica. La capacità degli studenti di

consolidare le competenze apprese e il trasferimento di questi dalla simulazione in

ambito clinico è dunque indispensabile Kneebone e Nestel, (2005). Questa simulazione

si conclude con la valutazione che verrà riconosciuta nel curriculum la cui intenzione

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era quella di non controllare e non misurare gli esiti, ma fornire una relazione

descrittiva sul caso.

Conclusione

L'utilizzo di manichino di simulazione ad alta fedeltà è solo un modo di usare

la simulazione nella formazione infermieristica. Nel reparto di simulazione su scala

del tipo descritto in questo documento, e possono anche fornire un eccellente

opportunità di apprendimento degli studenti infermieri. In effetti richiedono allo

studente di interagire con la vasta gamma di competenze professionali necessarie per

completare con successo questo tipo di simulazione, è importante per loro essere in

grado di fornire completa, e sicura assistenza infermieristica. In definitiva l'obiettivo

principale di ogni simulazione è quello di preparare in modo sicuro

studenti per un contesto di vita reale, clinica. Mentre l'insegnamento specifico

di competenze cliniche attraverso l'uso di apparecchiature ad alta fedeltà è, ovviamente,

sia importante sia utile, di simulazione su scala clinici utilizzati per

fini di un apprendimento di organizzazione del lavoro e gestione del personale

Entrambe le strategie possono essere utilizzati insieme per tutta la durata del corso di

infermieristica a una migliore preparare degli studenti che lavoreranno in ambito

clinico. Jeffries, (2007).

5.3 2° Studio “CUNEO”

Da parecchi anni presso la sede di Cuneo sono state attivate molteplici attività di

laboratorio: cognitivi (studio casi, presentazione casi da parte degli studenti con la

supervisione dei tutor e degli infermieri-guida di tirocinio per sviluppare la capacità di

ragionamento clinico), gestuali e relazionali, questi ultimi da incrementare. Ragionare

intorno ai “laboratori” sulle finalità, le strategie didattiche, la valutazione dei risultati

ottenuti, è un’iniziativa molto interessante ed opportuna alla luce di: contrazione del

numero di ore di tirocinio, necessità di rafforzare alcune competenze come ponte tra

teoria e prassi, sollecitare costantemente la ricerca di buone pratiche ed il razionale di

esse. Il laboratorio funziona 3/4 giorni alla settimana in accordo la programmazione

didattica complessiva ed è condotto da due tutor. Annualmente viene progettato un

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percorso di apprendimento per gli studenti, coinvolti periodicamente in sessioni di

laboratorio sulle competenze meno agite o ritenute “più fragili”.

E’ un progetto che nasce dalla criticità, la distanza tra operatività ed atteso, dalla

formazione in termini di consolidamento delle performance. Inoltre i setting

organizzativi non rispondono a ritmi e tempi richiesti dai tirocinanti.

L’obiettivo di questo è quello di integrare le scelte pedagogiche adottate con nuove

strategie didattiche al fine di migliorare lo standard formativo e la padronanza degli

studenti negli stage (apprendimento del ragionamento clinico e padronanza delle abilità

gestuali). Vi è l’attivazione tutto l’anno accademico di opportunità formative e strategie

didattiche di supporto al tirocinio curate dai tutor. Il tutor è considerato il facilitatore ,la

figura di snodo tra apprendimento clinico che raccorda il setting formativo con

l’esperienza clinica. Perché si è pensato progettare un laboratorio?

Laboratorio inteso come:

• forma mentis: che serva ad osservare, studiare l’apprendimento, a valutare

l’efficacia delle strategie formative adottate, laboratorio inteso,

• palestra, che sia accogliente, stimolante, coinvolgente; e che sia a disposizione

dello studente, naturalmente piccoli gruppi per coniugare azione e riflessione in

modo attivo.

Inoltre il laboratorio deve dare la possibilità di mettere in azione le conoscenze,avere

una manipolazione attiva, la possibilità di scelta e decisione nell’analisi dei casi clinici.

Produrre pensiero a partire dall’azione. L’obiettivo del progetto:

Implementare lo sviluppo di competenze gestuali,relazionali e di ragionamento clinico

negli studenti del CdL, attraverso la creazione di un setting di laboratorio sperimentale.

Individuare ed applicare strategie didattiche,metodi e strumenti innovativi di

insegnamento/apprendimento con il coinvolgimento degli studenti.

Attivare delle sessioni di laboratorio finalizzate all’autoapprendimento ed

all’autovalutazione degli studenti e tra i diversi anni. Creare un dossier “casi” a

complessità crescente pertinenti con i problemi prioritari di salute e coerenti con i

progetti di tirocinio. Incrementare il numero delle procedure descritte nel dossier delle

ceck lists da sottoporre a revisione annuale. Creare una documentazione per monitorare

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la progressione nell’apprendimento. Sperimentare sessioni di revisione tra pari delle

abilità gestuali dei formatori.

Responsabilizzare i tutor nella ricerca di strategie per assicurare continuità e coerenza

tra apprendimento in sede di stage e di laboratorio per il consolidamento delle

performance richieste allo studente. Consolidare l’apprendimento in ambito clinico-

operativo degli studenti, in laboratorio, quale supporto per l’integrazione tra sedi di

stage e sede formativa.

Le fasi dello sviluppo del progetto:

� fase preliminare

� fase di impostazione

� fase di sperimentazione/sviluppo

� fase di valutazione

� fase di revisione

Fase preliminare:

Completamento acquisto attrezzatura didattica : acquisto manichini,simulatori,PC,ecc

Miglioramento setting (allestimento come camere di degenza, sala medicazione,ecc)

Individuazione tutor di riferimento responsabile di laboratorio.

Fase di impostazione:

Approfondimento dei presupposti teorici alla base dell’apprendimento gestuale e clinico

con i tutor ed attivazione di 2 edizioni dei corsi per gli infermieri guida

sull’apprendimento clinico. Definizione tra tutor delle competenze irrinunciabili per

ogni anno di corso, sulle quali programmare attività di laboratorio.

Uniformare le modalità di conduzione dei laboratorio e tirocinio da parte dei tutor.

Sistematizzazione del dossier check-list con revisione ed implementazione.

Programmazione annuale dei laboratorio da attivare con definizione dei criteri di

accesso (su richiesta tutor,studente,previsione ciclica). Predisposizione della tipologia

dei laboratorio da attivare: 1° esercizio, revisione,ecc

Costruzione dossier casi cartacei,Cd-rom,filmati.

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61

Messa a punto di modalità di comunicazione /condivisione tra sede formativa ed altra

sedi per facilitare l’apprendimento dello studente.

Fase di sperimentazione/sviluppo

Realizzazione laboratorio secondo calendario.

Monitoraggio percorso dello studente con verifica formativa a cadenza periodica delle

performance.

Proposta di attività elettive mirate a costruire dispositivi multimediali,trascrizione di

auto-casi, preparazione e gestione di sessioni di laboratorio da parte degli studenti.

Messa a punto e realizzazione di laboratori per l’analisi dei casi clinico-assistenziali.

FASI DEL PROGETTO

Fase di valutazione

Valutazione periodica del grado di realizzazione del progetto

Valutazione del miglioramento delle performance degli studenti attraverso: n° di

laboratori realizzati e loro tipologia, annotazione dei tutor partecipanti, grado di

soddisfazione degli studenti e loro annotazioni riportate su questionario annualmente

somministrato,raccolta di segnalazioni provenienti dalle sedi di tirocinio, relazione

annuale del responsabile dei laboratori.

Fase di revisione

Analisi dell’esperienza e dei risultati prodotti,esame degli scostamenti ed adozione di

correttivi nell’anno accademico 2005/06

1° anno di corso: 1 giornata di revisione per tutti gli studenti di 4 tecniche

2° anno di corso: 2 giornate di revisione per tutti gli studenti di 7 tecniche

3° anno di corso: 1 giornata di revisione per tutti gli studenti di 4 tecniche.

Vengono richiamati a Maggio coloro che non hanno raggiunto una performance

sufficiente.

Livelli di responsabilità

Fase Preliminare Coordinatore del CdL. il progetto rientra nelle competenze previste dal

regolamento didattico e d ha ricevuto il placet del Presidente del Consiglio di Corso

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Fase di Impostazione Coordinatore, Tutor Clinico responsabile del progetto, Tutor

clinici individuati per sistematizzazione dossier check lists ed elaborazione casi.

Fase di Sperimentazione/ Sviluppo Tutor clinico responsabile del Laboratorio, Tutor

Clinici della sede a supporto del progetto ed implicati a rotazione, collaborazione

occasionale dei tutor di sede a % e degli infermieri guida.

Fase di Valutazione Coordinatore e Tutor Responsabile, sessione di valutazione

collegiale con i tutor coinvolti.

Fase di Revisione Coordinatore, Tutor Responsabile e Presidente Consiglio di Corso.

(dott.ssa Sarina Lombardo Coordinatore Corso di Laurea in Infermieristica- Sede di

Cuneo- Università degli Studi di Torino)

Agli studenti è stato somministrato un questionario di gradibilità. Il risultato è il

seguente:

Il 20% dei quali ha dato parere negative

L’80% ha dato parere positivo

80%

20% 0%0%

5.4 3° Studio

IL RUOLO DELLA SIMULAZIONE NELLA FORMAZIONE INFERMIERISTICA

Articolo del 10.03.2010 journal NURSE EDUCATION TODAY

Riassunto

Questa indagine descrittiva valuta il ruolo della simulazione per la preparazione della

clinica pratica infermieristica, dalla percezione di studenti del terzo anno di laurea. Un

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63

questionario è stato distribuito a 153 studenti. I dati sono stati raccolti attraverso l'uso di

scale Likert, (scala di valutazione degli atteggiamenti) mentre una casella di commento

consentito per la compilazione di osservazioni qualitative. Un 60% (n = 93) è il tasso di

risposta che è stato raggiunto. I risultati indicano che la simulazione è percepita dagli

studenti come un prezioso metodo di apprendimento, che dovrebbe avere un impatto

positivo sull'efficacia clinica di studenti infermieri. Inoltre i partecipanti credevano che

la loro esperienza con simulatori aumentasse la sicurezza nella pratica.

Questo studio ha rafforzato che l'utilizzo di simulatori viene visto dagli studenti come

un mezzo per aiutare migliorare il collegamento tra teoria e pratica. Le nuove

conoscenze da questa ricerca suggerisce che i simulatori di alta fedeltà può contribuire

significativamente alla preparazione alla valutazione finale gli studenti infermieri 'di

gestione delle attività prima dell'ingresso alla cura. Midwifery Council (NMC)

Motivazione / sfondo per lo studio

Nel contesto della formazione di laurea infermieristica, Wellard et al.

(2007) raffigurano simulazione come la fornitura di fac-simili di assistenza sanitaria

impostazioni, che contengono reperti ospedale per fornire agli studenti

oggetti simulati, esperienze, attraverso le quali poter praticare attività infermieristica

clinica. La simulazione è una strategia di insegnamento che completa le tradizionali

formazione con pazienti/manichini e consente agli studenti di imparare a lavorare senza

rischi per i pazienti. L'obiettivo, secondo Reilly e Spratt (2007), è quello di fornire al

tirocinante in modo realistico, dinamico, la situazione complessa, che richiede pensiero

critico, problem solving e capacità decisionale.

Moule et al (2006) e Wilson et al (2005) concordano sul fatto che la simulazione del

paziente va ben oltre le competenze cliniche di dimostrazione; Esso prevede la

possibilità per lo studente un approccio clinico basato su scenari e su prove che si

riferiscono a decisioni pratiche, a competenza clinica, e fiducia senza la possibilità di

danneggiare il paziente.

Alternative alla simulazione è data dalla possibilità del gioco dei ruoli. Coinvolgere gli

studenti stessi a simulare il paziente, l’infermiere e il familiare; in questo modo gli

studenti sono addestrati a simulare con persone in modo coerente e realistico.

Oltre alla mancanza di consenso sulle definizioni sia di simulazione e di fedeltà, che

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compromette la comparabilità degli studi, Bradley (2006) riconosce che vi è una

carenza di prove come risultato di studi o studi mal costruiti.

Si tratta soprattutto di valutazione in natura, giungere a conclusioni ambigue e che

utilizzano metodologie deboli che generalizzano. Infatti Issenberg et al (2005) da una

revisione sistematica di studi randomizzati e controllati (RCT) e studi quasi

sperimentali 1969-2003, ha rilevato che l'80% dei risultati sono stati ambigui. Ci sono

risultati positivi associati che simulano l’apprendimento all'interno di letteratura medica

e infermieristica, con segnalazioni che la simulazione ha promosso lo sviluppo di

competenze e competenza (Barsuk et al, 2005;. Wayne et al, 2005, 2006;. Steadman et

al, 2006;. Ti et al, 2006;. Beyea et al, 2007;. Kory et al, 2007;. Maslovitz et al, 2007;.

Shukla et al, 2007;. Tuttle et al, 2007), e aumento di. apprendimento (Goldenberg et al,

2005;. Bearnson e Wiker, 2005; Moule et al, 2006;. Robertson, 2006; Crofts et al,

2007).. In effetti, una letteratura Recensione di Ravert (2002), ha riferito che il 75%

degli studi inclusi indica l'acquisizione di competenze. Si è preteso di massimizzare la

fiducia in praticanti (Bearnson e Wiker, 2005; Goldenberg et al, 2005. Bremner et al,

2006;. Schoening et al, 2006;. Beyea et al, 2007;. Infermieri e il Consiglio di

simulazione Ostetricia e Pratica Learning Project, 2007;

Scherer et al, 2007;. Shukla et al, 2007;. Wayne et al, 2008) e lo è.

Quasi tutti ritengono una piacevole esperienza (Tsai et al. 2003;. Barsuk et al, 2005;

Rodi e Curran, 2005; Wayne et al, 2005. Wilson et al, 2005;. Alinier et al, 2006;. Childs

e Sepples, 2006; Parr e Sweeney, 2006; Robertson, 2006; Maslovitz et al, 2007;.

Infermieri e il Consiglio di simulazione Ostetricia e Pratica Learning Project, 2007;

Reilly e Spratt, 2007; Shukla et al, 2007;. Wallin et al, 2007)..Mancanza di prove del

trasferimento di competenze dalla simulazione laboratorio alla pratica clinica è un limite

comune individuati nel simulazione di letteratura (Barsuk et al, 2005;. Schoening et al,

2006;. Reilly e Spratt, 2007; Tuttle et al, 2007).. Wayne et al. (2008), nella loro

retrospettiva quasi sperimentale studio caso-controllo, coinvolgendo acuta cardiache

Life Support (ACLS),

Lo scopo dello studio era di valutare il ruolo della simulazione per la preparazione degli

studenti per la pratica clinica e di valutare come gli stessi studenti affrontano

l’approccio del tirocinio sul campo. Questo è essenzialmente uno studio longitudinale in

cui un primo approccio quantitativo è stato adottato, congruente con l'accesso a un più

ampio campione. L'approvazione etica per lo studio è stato dato nel gennaio 2008. Lo

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studio è stato effettuato in un arco di tempo di sei mesi. Il campione è una coorte di (n =

153) studenti infermieri di un Istituto di istruzione superiore (HEI) è stata invitata a

partecipare. Questo campione è stato redatto con studenti che di recente erano stati

sottoposti a simulate di apprendimento e si stavano avvicinando al passaggio da

studente a professionisti. Durante la loro esposizione all’ apprendimento simulato, gli

studenti sono stati osservati attraverso uno specchio unidirezionale e tutte le sessioni

sono state registrate per facilitare successivamente il de briefing. Un questionario con

trentadue-item, incorporando 27 scale di Likert e cinque domande demografica (al fine

di costruire profili della popolazione), è stato ideato per questo studio. A cinque punti

scala composta da "fortemente d'accordo", "d'accordo", "indeciso",

"d'accordo","Fortemente in disaccordo". Il questionario ha avuto anche un "libero

risposta "sezione per consentire di elaborare risposte, ampliare, chiarire o illustrare le

loro risposte. Durante la costruzione, domande sono state raggruppate sotto i temi di

ricerca di cinque obiettivi prima di essere ordinati in modo casuale. Per garantire la

validità del questionario è stato sottoposto ai membri della Scuola di Infermieristica e

Ostetricia Simulation Team che hanno fornito suggerimenti per quanto riguarda la

rilevanza delle questioni. L'affidabilità della simulazione ha partecipato anche mediante

l'uso di "forme alternative" a tale tecnica Parahoo, (2006) in cui le domande sono state

elaborate in forme diverse, commutazione tra, periodicamente, sia positivi che negativi.

Il questionario è stato somministrato l'ultimo giorno di scuola degli studenti del terzo

anno , quando sono tornati all'università per una mattinata per completare la

documentazione di registrazione del questionario somministrato. Inoltre il questionario

è stato anche inviato alle case di sei gli studenti che erano assenti, uno dei questionari

postali è stato restituito. I dati del questionario sono stati codificati per attribuire un

codice numerico Al termine dell'immissione di dati, i dati registrati sono stati

controllati e fatto un controllo incrociato con i questionari originali per garantire

massima precisione.

Risultati ottenuti

Un totale di 93 questionari compilati sono stati restituiti, ciò costituisce un tasso di

risposta del 60%. Tutti erano stati disposti per l'apprendimento utilizzando il simulatore

per un periodo di un'ora, per quattro giorni nel corso degli ultimi otto mesi. I dati sono

stati raccolti, analizzati ed è stato presentato sotto chiave cinque aree:

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L'impatto che la simulazione ha sulla percezione degli studenti della loro

efficacia clinica. Gli studenti hanno comunicato in modo schiacciante che la

simulazione è stato un utile modo di testare la loro capacità di valutare le condizioni dei

pazienti (n = 90, 96,8%). Questi risultati sono stati, inoltre, sottolineati da un soggetto

che ha dichiarato che la simulazione "Mi ha aiutato a diventare più consapevole della

mia pratica e come io valuterei i pazienti, a come fornire assistenza e affrontare le

situazioni ". Infatti 82,8% (n = 77) ha affermato che la simulazione ha consentito loro di

pianificare un piano di assistenza per i pazienti in modo più efficace. Questo commento

qualitativo da un intervistato sostiene ulteriormente questo vantaggio di simulazione.

"Sentivo che era una buona esperienza di apprendimento che mi ha aiutato essere più

organizzato nella cura del paziente ". Il 75% degli intervistati ritiene che la

simulazione ha migliorato le loro capacità di fornire un'assistenza completa,

25%

75%

mentre la capacità di simulazione per migliorare la propria capacità di valutare allo

stesso modo la cura è stata riconosciuta, con 81,7% (n = 76). I partecipanti sono stati

interrogati circa il loro impatto nell'utilizzo di scenari di simulazione attraverso il lavoro

di gruppo. Il 71% (n = 66) ha considerato la simulazione come aumentare il loro

valore come membro del team sanitario.

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67

71%

29%

0%

La questione è stata inoltre costruita in un modello negativo (simulazione ha fatto

alcuna differenza per la mia squadra competenze lavorative) con il risultato che il 73,1%

(n = 68) è opposto a questa dichiarazione. Questo aumenta la validità concorrente del

questionario e aumenta la credibilità di questo risultato. Gli studenti infermieri erano

tenuti a rispondere alla comunicazione che la simulazione nel corso di laurea scienze

infermieristiche migliorava la sicurezza del paziente. E 'da notare che non vi era

disaccordo con questa affermazione e un impressionante 96,8% (n = 90) acconsentiva.

L'effetto che la simulazione ha sulla percezione degli studenti della loro sviluppo

professionale. Simulazione è stata giudicata dal 92,5% (n = 86) degli intervistati dice

che la stessa aumenta la fiducia nei loro giudizio clinico.

92%

8%

Novanta-tre per cento degli studenti infermieri ha anche riferito che l'apprendimento

attraverso la simulazione facilita l'individuazione delle aree di miglioramento nella

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68

pratica. Inoltre il 97% concorda che con la simulazione si è appreso anche dagli

errori commessi.

97%

3%

Questi risultati sono stati rafforzati da un partecipante, il quale ha osservato che, la

simulazione aumenta la mia fiducia e ho imparato dai miei errori individuando le zone

sulle quali avevo bisogno di concentrarmi.

L'effetto percepito che la simulazione è di aiutare lo studente a la teoria di collegamento

alla pratica. Gli intervistati in questo studio di simulazione ritengono vantaggiosa per

collegamento teoria e pratica. Ottantasette per cento (n = 81) ha verificato che la

simulazione la avuto rilevanza nel passaggio dal laboratorio al tirocinio clinico.

13%

87%

1

2

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69

Infatti la stragrande maggioranza (95,7%, n = 89) conferma di essere stati in grado di

utilizzare le abilità apprese durante la simulazione nel tirocinio clinico. Inoltre la

simulazione è stata ritenuta un metodo preferito dagli studenti di imparare e prepararsi

per la pratica clinica da 92,5% di studenti infermieri. Un partecipante ha rafforzato

questo, commentando che la simulazione è stata molto utile. “Ha contribuito a preparare

me per circostanze infelici ". È interessante notare che una percentuale inferiore di

intervistati, anche se ancora la (N 58,1%, = 54) maggioranza, considera gli scenari di

simulazione clinica realistici. Una simile affermazione "apprendimento simulato non è

stata una autentica esperienza di apprendimento "è stata anche posta con risultati più

positivi. L'ottanta per cento (n = 74) dei partecipanti in disaccordo con questa

affermazione.

Sebbene non sembra esserci essere conflitto tra queste risposte, è possibile che alcuni

studenti non avevano incontrato la situazioni di emergenza nella pratica clinica per data

e che sono state emanate durante la simulazione al contrario ha trovato gli scenari

simulati irrealistici. Come è stato stabilito da altri ricercatori Tsai et al, (2003). Rodi e

Curran (2005); Wilson et al. (2005); Giovanni et al, (2007). Lasater, (2007);.

Eccessivamente et al (2007) anche la simulazione ad alta fedeltà ha dei limiti in termini

di autenticità, una scoperta che condivide questo studio. Questo è avvalorata dal

seguente commento. "Ho sentito la simulazione è stata utile, ma si capiva che si fingeva,

era irrealistica .

Questo studio corrisponde a molti altri, trovando che la simulazione è quasi

universalmente considerata come una utile esperienza di apprendimento Bearnson e

Wiker (2005);. Goldenberg et al, (2005); Moule et al,. (2006); Robertson (2006); Crofts

et al, (2007);. Tuttavia in questo caso è stato esaminato in modo specifico la

preparazione per una gestione autonoma dei tempi e organizzazione. Nessuno dei

partecipanti ha contestato tale beneficio, mentre il 92,5% (N = 76) era d'accordo. Infatti

86,0% (n = 80) degli intervistati, la relazione che l'impiego del simulatore aumenta la

gamma delle competenze necessarie per un anno dello studente universitario in

infermieristica. Inoltre questa ricerca ha scoperto che la simulazione è percepita dal

74,2% (n = 69) degli studenti di svolgere un ruolo nella realizzazione della loro

valutazione della gestione.

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70

80%

20%0%0%

Non vi sono prove convincenti che suggeriscono che l'impatto positivo sulla

simulazione e la fiducia degli studenti in funzione della stessa con 84.9% (n = 79)

d'accordo. Tuttavia quando si chiede se la simulazione fatta è stata fatta da studenti più

ansiosi per quanto riguarda le simulazioni, i risultati sono stati più ambigui. L’opinione

dicotomica, in cui il 30% (n = 28) molto d'accordo/ d'accordo, mentre il 55,9% (n =

52) in disaccordo o per niente d'accordo.

35%

65%

0%

Conclusione

Questo studio afferma in maniera convincente l'influsso costruttivo che la simulazione è

un metodo che rafforza le pratiche di apprendimento valido che porta lo studente a

risultati importanti.. Inoltre, oltre tre quarti di studenti infermieri (77,4%) ha approvato

che la simulazione è un buon metodo per migliorare la loro capacità di fornire

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71

un'assistenza completa, indicando così che lo studente considera gli ambienti simulati

come luogo di creazione del sapere pratico. La constatazione che gli studenti infermieri

sono stati abilitati attraverso la simulazione per individuare le aree di miglioramento

nella loro pratica e imparare dagli errori convalida i vantaggi della simulazione riportato

da altri ricercatori (Haskvitz e Koop, 2004); Rodi e Curran, 2005;. Hunt et al, 2006;

Crofts et al, 2007;. Eccessivamente et al, 2007). Anche i benefici per la capacità di

comunicazione e team di lavoro sono incoraggianti come il “Safer Patient Initiative”

NPSA,(2008) identifica comunicazione collaborativa e lavoro di squadra come la

priorità per la qualità e miglioramento. Questo studio sembra essere il primo ad

affrontare la questione della preparazione di una valutazione nel contesto di

simulazione, e aggiunge così una nuova dimensione per la base concreta per

simulazione. I partecipanti approvano la sua efficacia per questo prezioso scopo.

Questo studio offre una prova molto incoraggiante per sostenere l'uso di

simulazione durante i tre anni della laurea in infermieristica. I risultati dello studio

aumentano così la validità dei risultati ottenuti. In effetti non è solo la simulazione

percepita dagli studenti come un efficace meccanismo di apprendimento.

Uno dei risultati più sorprendenti è il beneficio potenziale di accresciuta competenza e

la pratica sicura degli operatori a seguito dell’esposizione alla simulazione. Non vi è

indicazione che le competenze acquisite durante l'esercizio di simulazione saranno

trasferite alla pratica clinica per il vantaggio di cura del paziente. Anche se ci fosse

qualche ambivalenza per quanto riguarda il realismo del simulatore e gli scenari del

caso, nel complesso l'apprendimento simulato è stato considerato un autentico

apprendimento esperienza. Questo studio ha fornito nuove informazioni sul ruolo di

simulazione per preparazione di studenti infermieri per la loro valutazione della

gestione e la transizione verso infermiere qualificato. Simulazione con l'alta fedeltà

di simulatori offre infinite opportunità di affrontare la sicurezza del paziente

problemi e per aiutare la collaborazione tra istruzione e pratica.

5.5 La realtà di Rimini

Le caratteristiche degli studenti che si iscrivono al corso triennale di laure in

infermieristica risultano notevolmente cambiate in questi ultimi anni. Ad un generale

miglioramento del livello culturale dovuto al possesso del diploma di scuola media

superiore, si aggiungono le problematiche connesse alla disomogeneità dei gruppi di

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72

studenti (età – etnia – lingua – provenienza – motivazioni – esperienze lavorative

precedenti) ai quali gli infermieri tutor devono rivolgersi contemporaneamente durante

le lezioni e specialmente le attività formative professionalizzanti, attività didattiche

elettive e altre attività formative.

Si tratta di un percorso definito da obiettivi che integrano, arricchiscono, verificano gli

apprendimenti teorici. Individuare e selezionare la sede di tirocinio, assegnare allo

studente un percorso personalizzato, è compito del tutor didattico il quale pondera

criteri importanti (presenza di tutor, motivazione del gruppo, presenza di professionisti

qualificati, presenza di strumenti facilitatori, clima sereno, tiene in considerazione delle

necessità personali dello studente). Consentendo allo studente di sviluppare competenze

professionali attraverso processi di elaborazione e integrazione delle informazioni.

Costituisce così l’elemento di saldatura tra il sapere teorico ed il sapere pratico,

rappresentando l’elemento caratterizzante di tutto il processo formativo.

Il tirocinio ha sempre avuto una valenza centrale nel curriculum infermieristico, perché

permette la trasmissione di una cultura professionale legata ad una pratica in

evoluzione. Dato che nella sede in cui si svolge, lo studente trova conferme o smentite

circa il proprio modo di intendere e agire la professione, il tirocinio è un’occasione

privilegiata di formazione del proprio ruolo professionale, dove sono in gioco diversi

tipi di apprendimento. In Emilia Romagna nelle AUSL sono stati attivati 25 corsi per

tutor di tirocinio per categorie professionali (assistenti sociali, psicologi, educatori

professionali, infermieri, terapisti, tecnici di radiologia e di laboratorio). Risultano

presenti varie tipologie di tutor con denominazioni diverse( tutor clinico, tutor didattico

…) che fanno intuire differenze in funzione e collocazione.

Nella realtà di Rimini al Polo Didattico dell’Università sono presenti 6 coordinatori

didattici che si occupano in coppia di un anno del CdL .Ogni coppia, nell’iter formativo,

all’inizio di ogni anno accademico prevede, programma, pianifica gli obiettivi educativi

e standard attesi. Inoltre hanno il compito di progettare il percorso di tirocinio

personalizzato, tenendo conto di alcune variabili relative allo studente come la distanza

sede, attività lavorative, altre relative alla sede di tirocinio come la presenza di operatori

motivati, la presenza di tutor formati, clima organizzativo ottimale. Il tirocinio si svolge

in quasi tutte le U.O. di Rimini, Riccione; Cattolica; Sant’arcangelo e a livello

territoriale ADI, Valloni, Maccolini, Molari, Sol et Salus, Luce sul Mare…

I coordinatori didattici sono suddivisi per area di tirocinio.

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73

Referente d’area che comprende : Medicina 1, Post Acuti (Rn), Hospice, Terapia

Antalgica, P.S., RSA, Medicina D’urgenza, Ginecologia e Ostetricia, Urologia,

Diabetologia, Endoscopia Digestiva, Malattie Infettive .

Referente d’area che comprende : Medicina 2, Chirurgia generale, d’urgenza,

Vascolare; Sala Operatoria, Rianimazione, 118, Istituto MaccolinI (sede esterna)

Referente d’area che comprende: Geriatria, Nefrologia, Cardiologia, Utic, ORL,

Ortopedia Psichiatria, CSM, Neurologia, Istituto Valloni (sede esterna).

Referente d’area che comprende : Oncologia, Medicina 3, Lungodegenza Post Acuti,

Sala Operatoria, Chirurgia (Sn), ADI, Villa Salus, Sol et Salus, Istituto S.A. Molari

(sedi esterne).

Referente d’area che comprende : tutte le U.O. di Cattolica e Pediatria, Nido, Chirurgia

Pediatrica, TIN di Rimini.

Esiste una rete di tutor clinici formati. Si tratta di circa 167 unità, così distribuiti:

30 tutor clinici per quanto riguarda il primo referente

44 tutor clinici per quanto riguarda il secondo referente

21 tutor clinici per il terzo referente

45 tutor clinici per il quarto referente

27 tutor clinici per il quinto referente

Il tirocinio si svolge in quasi tutte le U.O. di Riccione, Rimini, Cattolica, Sant’arcangelo

e sedi esterne. In queste U.O. sono presenti circa 167 tutor formati e solo in 25 U.O.

esiste un progetto formativo di tirocinio che i tutor clinici, all’interno dell’UO, hanno

elaborato e presentano agli studenti prima di cominciare il tirocinio. Si tratta di una

sorta di contratto di apprendimento che il tutor elabora, propone e condivide prima con

il gruppo di operatori della stessa U.O.,poi con gli studenti. Il progetto descrive l’U.O.,

l’organizzazione, le regole da rispettare, gli obiettivi specifici che si devono raggiungere

che sono proprie di ogni U.O. I tutors sono guida e sostegno per un inserimento

protetto, ma non sono affiancati ogni giorno agli studenti, in loro sostituzione potranno

essere presenti infermieri esperti o infermieri referenti di modulo, a discrezione del

coordinatore.

Nell’azienda di Rimini, nel 2010, è prodotto l’ultimo corso tutor, c’è una richiesta

elevata di operatori che vogliono formarsi. Si sta cercando di infittire la rete già

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74

esistente nell’azienda in modo da garantire in tutte le U.O. la produzione e l’utilizzo di

strumenti. Il corso di formazione prevede il raggiungimento dei seguenti obiettivi.

Essere in grado di

� condurre il ragionamento clinico come strumento per l’apprendimento, la soluzione

dei problemi di salute assistenziali e la valutazione dei risultati.

� Utilizzare la relazione con la persona assistita, i famigliari, le persone di

riferimento per instaurare un processo di aiuto ed educativo per la corretta gestione dei

problemi di salute.

� Sviluppare conoscenze logiche e metodologiche di organizzazione dell’assistenza

infermieristica intra ed extraospedaliera.

� Identificare gli strumenti per l’integrazione organizzativa.

� Favorire l’apporto cognitivo che può dare lo studente in tirocinio per il

miglioramento continuo delle conoscenze scientifiche.

� Creare dei percorsi specifici di apprendimento attraverso i quali lo studente in ogni

momento possa essere in grado di conoscere il suo percorso formativo e il

raggiungimento degli obiettivi concordati all’inizio del tirocinio.

Sono chiamati a svolgere le funzioni di guida degli studenti universitari in tirocinio tutti

gli infermieri ma soprattutto gli infermieri tutor che hanno frequentato un corso di

formazione per tutor clinici complessivamente di 60 ore di lezione ,organizzato dal

corso di laurea in Infermieristica dell’Università di Rimini e rivolto a infermieri esperti

delle strutture sanitarie pubbliche e convenzionate. La formazione di base delle

professioni sanitarie ha subito enormi cambiamenti negli ultimi dieci anni e l’avvio dei

percorsi universitari ha creato nuovi scenari, all’interno dei quali si confrontano il

mondo dell’organizzazione e il mondo della formazione. Il nuovo orientamento ha

rivisto i contenuti, le finalità e le modalità con cui attuare la formazione, anche

attraverso il coinvolgimento degli infermieri nella didattica, ripensando al loro ruolo

come formatori in un contesto universitario e individuando funzioni e compiti diversi a

seconda dei diversi ambiti educativi di intervento. La tutorship diventa così una

relazione educativa che si differenzia dall’apprendimento tradizionale e pone al centro

dell’attenzione lo studente con i propri bisogni formativi, stimolando la sua

partecipazione attiva e riflessiva all’interno di un percorso delineato da obiettivi chiari e

condivisi.

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75

E’ questa un’opportunità offerta ai professionisti sanitari per formarsi nel ruolo di tutor

con la consapevolezza che essere guida nell’apprendimento di altri comporta

l’acquisizione e manutenzione di competenze specifiche e l’assunzione di responsabilità

nei confronti del discente e dei committenti. La gestione dell’apprendimento richiede

che il tutor clinico non sia solo un professionista, ma anche un formatore.

Durante il corso di formazione sono stati forniti gli elementi teorici di base per

l’orientamento dentro la moderna formazione infermieristica e sono state create

opportunità di apprendimento individuali e di gruppo per facilitare l’acquisizione di

abilità cognitive, pratiche e relazionali utili alla progettazione e gestione dei processi di

apprendimento e di valutazione delle competenze infermieristiche nell’ambito del

setting clinico. (www.qui.uniud.it 2010).

5.6 Dati relativi al volume di studenti

Numero candidati alla prova di ammissione 2007/08:

2007/08 224

2008/09: 283

2009/10: 348

2010/11: 410

Immatricolati

2007/08: 192 (di cui 27 stranieri)

2008/09: 202 (di cui 23 stranieri)

2009/10: 206 (di cui 25 stranieri)

2010/11: 207 (di cui 24 stranieri)

Immatricolati italiani 2007

Principali regioni di provenienza:

EMILIA-ROMAGNA 88

PUGLIA 28

SICILIA 15

CAMPANIA 10

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76

BASILICATA 6

Immatricolati italiani 2008

Principali regioni di provenienza:

EMILIA-ROMAGNA 83

PUGLIA 27

SICILIA 14

CAMPANIA 6

BASILICATA 9

Immatricolati italiani 2009

Principali regioni di provenienza:

EMILIA-ROMAGNA 88

PUGLIA 29

SICILIA 10

MARCHE 10

CAMPANIA 6

Immatricolati stranieri 2007

Principali nazioni di provenienza:

ALBANIA 3

SAN MARINO 3

PERÙ 3

MAROCCO 3

MOLDAVIA 2

BRASILE 2

Immatricolati stranieri 2008

Principali nazioni di provenienza:

ALBANIA 3

SAN MARINO 3

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ROMANIA 3

MOLDAVIA 2

TUNISIA 2

Immatricolati stranieri 2009

Principali nazioni di provenienza:

ALBANIA 5

ROMANIA 3

POLONIA 3

SAN MARINO 2

UCRAINA 2

RUSSIA 2

…In uscita senza titolo…E in entrata

2007/08: 15 (di cui 9 rinunce)

2008/09: 11 (di cui 7 rinunce)

2009/10: 9 (di cui 2 rinunce)

2007/08 2 trasferimenti da altro Ateneo

2008/09 5

2009/10 2

2010/11 12

Laureati

Numero laureati:

2006/07: 111

2007/08: 145

2008/09: 115

Laureati

Numero laureati fuori corso:

2006/07: 19

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78

2007/08: 21

2008/09: 28

Laureati

Media voto di laurea:

2006/07: 99,90

2007/08: 100,17

2008/09: 97,04

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79

SECONDA PARTE

IL PROGETTO

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80

6.1 INTRODUZIONE

La progettazione del laboratorio dei gesti si inserisce all’interno del core curriculum del

Corso di studi ed è finalizzato a far acquisire allo studente competenze gestuali attese

per l’esercizio della professione.

È richiesto infatti allo studente di padroneggiare, nel percorso di formazione, livelli

crescenti di complessità degli apprendimenti gestuali. Attraverso esperienze progressive

e strutturate in ambiente protetto, lo studente deve avere la possibilità di osservare,

riflettere, imitare, sperimentare alcune manovre tecniche professionali arrivando

progressivamente alla loro applicazione in contesto reale, in tirocinio, sulla persona.

Il laboratorio rappresenta appunto lo spazio fisico “protetto”, organizzato e attrezzato,

principalmente per:

• La dimostrazione di manovre tecniche professionali;

• La visione di materiale audiovisivo inerente pratiche proprie del personale sanitario;

• La pratica su manichini o simulatori tridimensionali di manovre specifiche;

• L’esercitazione tra studenti o tra colleghi.

È necessario che le esercitazioni siano graduate, in modo da fare acquisire ai

partecipanti progressiva sicurezza e abilità.

Loredana G. et al, (2009)

6.2 STRUMENTI E METODI

Il background teorico che abbiamo utilizzato per affrontare questo lavoro è quello

offerto da:

1) libri di testo che ci hanno permesso di costruire la matrice, lo schema sul quale lavorare;

i più significativi sono:

• A.Santullo: “L’infermiere e le innovazioni in sanità” Mc Graw Hill

• Calamandrei C., Orlandi C.: “La dirigenza infermieristica” Mc Graw Hill, Milano,

1998.

2) Alcuni studi effettuati presso diverse sedi universitarie:

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81

Primo studio: “Nurse Education in Pratic”(Jane Warland 2010) dove l'obiettivo

principale della simulazione è quello di preparare in modo sicuro studenti per un

contesto di vita reale, clinica. (University-South-Australia caso studio 2010)

Secondo studio:“Nurse Education Today “(C.S. McCaugher, M.K.Traynor 2010),

sembra essere il primo ad affrontare la questione della preparazione di una valutazione

nel contesto di simulazione, e aggiunge così una nuova dimensione per la base concreta

per simulazione. I partecipanti approvano la sua efficacia per questo prezioso scopo.

(Studio misto Regno Unito 2010)

Terzo studio: dott.ssa Sarina Lombardo Coordinatore Corso di Laurea in

Infermieristica “progetto di Cuneo”. L’obiettivo di questo studio è quello di integrare le

scelte pedagogiche adottate con nuove strategie didattiche al fine di migliorare lo

standard formativo e la padronanza degli studenti negli stage attraverso utilizzo dei

laboratori dei gesti attraverso la costruzione di casi.

(Sede di Cuneo- Università degli Studi di Torino)

3) strumenti didattici efficaci per la costruzione delle chek-list contenenti tecniche

infermieristiche aggiornate in base alle ultime evidenze scientifiche.

• (Patrizia Albinelli, Katiuscia Cottafavi, Paola Ferri, “L’infermiere tra teoria e prassi,

un manuale per la didattica di laboratorio clinico”, Athena, Modena, 2008)

4) Uno strumento utilizzato per la costruzione del progetto è il diagramma di Gantt infatti

lo scopo di questo strumento è monitorare con un semplice sistema di rappresentazione

lo sviluppo nel tempo di attività pianificate.

In questo modo tutte le attività che compongono un determinato processo vengono

elencate in modo che se ne possa conoscerla durata prevista e la sequenza

di svolgimento.

Diagramma di Gantt a fine progetto. Calamandrei C. et al. (1998)

TITOLO DEL PROGETTO:

Il laboratorio preclinico nell’apprendimento delle competenze infermieristiche degli

studenti : sviluppare le abilità gestuali come preparazione all'assistenza dei pazienti.

Giuseppe M. et al. ( 2009)

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STRUTTURA ORGANIZZATIVA

Corso di Laurea in Infermieristica – Polo Scientifico- Didattico di Rimini Facoltà di

Medicina e Chirurgia Università di Bologna

RESPONSABILE DEL PROGETTO:

Coordinatore didattico responsabile del laboratorio dei gesti:

DESTINATARI DEL PROGETTO:

Studenti del corso di laurea in Infermieristica

6.3 BREVE ANALISI DEL CONTESTO

L’apprendimento delle abilità gestuali prevede la scansione di attività di laboratorio in

periodi stabiliti nella programmazione generale del corso di laurea nell'anno accademico

La progettazione prevede prima del inizio dell'apprendimento clinico degli studenti 1°

anno II semestre delle simulazioni ed esercitazioni guidate (abilità gestuali) in un

contesto protetto, nella fattispecie attività riguardanti assunzione della responsabilità

nella:

-“assistenza alla persona nelle situazioni di alterazione di bisogni di assistenza

infermieristica e conseguentemente di stato dipendenza: nella posturazione e

mobilizzazione, nel igiene e cura personale, nell' eliminazione urinaria e intestinale,

nell' alimentazione ”. DM 739/94

Dopo di che gli studenti sviluppano nel tirocinio clinico con la guida e/o la

supervisione di professionisti esperti (tutori clinici e didattici) tali abilità sperimentate

precedentemente nel laboratorio delle esercitazioni.

Si organizza in un secondo momento di apprendimento sempre in laboratorio di

attività riguardanti assunzione della responsabilità nel:

-“garantire la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche”. D.M

739/94

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Ogni studente utilizza durante il tirocinio e nelle sedute tutoriali un libretto “Guida per

l’apprendimento clinico” finalizzato all’autovalutazione del suo percorso di

apprendimento. Pesaresi et al (2007)

6.4 PROBLEMA/CRITICITA’ INDIVIDUATE

Tutto ciò nasce dalla criticità da distanza tra operatività ed atteso dalla formazione in

termini di consolidamento delle performance. Inoltre i setting organizzativi non

rispondono a ritmi e tempi richiesti dai tirocinanti. Sarina L., “Progetto di Cuneo”

L’obiettivo è di integrare le scelte pedagogiche adottate con nuove strategie didattiche

al fine di migliorare lo standard formativo e la padronanza degli studenti negli stage

(apprendimento del ragionamento clinico e padronanza delle abilità gestuali). A.Lotti et

al (2003)

Vi è l’attivazione in tutto l’anno accademico di opportunità formative e strategie

didattiche di supporto al tirocinio curate dai tutor. Il tutor è considerato il facilitatore ,la

figura di snodo tra apprendimento clinico che raccorda il setting formativo con

l’esperienza clinica. Lombardo S. “progetto di Cuneo”

Perché si è pensato progettare un laboratorio?

� laboratorio inteso come forma mentis: che serva ad osservare, studiare

l’apprendimento, a valutare l’efficacia delle strategie formative adottate;

� laboratorio inteso come palestra: che sia accogliente, stimolante, coinvolgente; e

che sia a disposizione dello studente, naturalmente piccoli gruppi per coniugare azione e

riflessione in modo attivo. Lombardo S. “progetto di Cuneo”

Inoltre il laboratorio deve dare la possibilità di mettere in azione le conoscenze, avere

una manipolazione attiva, la possibilità di scelta e decisione nell’analisi dei casi clinici.

Produrre pensiero a partire dall’azione.

6.4.1 POSSIBILI CAUSE E SOGGETTI COINVOLTI

Sul versante della formazione la prima causa ipotizzata è legata al progressivo aumento

del numero degli immatricolati degli ultimi anni senza un adeguato mantenimento del

rapporto tutori/studenti.

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Questa situazione è momentaneamente compensata con soluzioni temporanee, come la

ridistribuzione dell’attività tutoriale tra i diversi operatori della sede formativa, e gli

studenti del 3°anno. ( C'è una referenziata letteratura su l'efficacia dell'apprendimento

tra studenti).

Nel coinvolgimento dell'attività di laboratorio i tutori clinici vengono inseriti nel

progetto non sempre in modo costante e stabile, con conseguente reale difficoltà nello

svolgere ed espletare la funzione di facilitatore e guida dell'apprendimento clinico a gli

studenti, e in seconda istanza non è da sottovalutare la complessità di coordinamento

tra figure coinvolte . La disponibilità per svolgere attività di apprendimento è

ricavata dal tempo libero dalla turnazione del lavoro ovviamente tale impegno è

riconosciuto istituzionalmente.

La seconda causa da indagare riguarda sia l'aspetto organizzativo delle attività di

laboratorio e sia dal sistema di valutazione dell’apprendimento clinico.

L'incremento numerico degli studenti ha richiesto una maggior concentrazione degli

stessi nelle sedi di tirocinio, con l’attivazione e l'accreditamento di nuove sedi,

abitualmente non utilizzate per gli studenti del 1° anno e quindi con una rimodulazione

dell'offerta formativa attraverso la rivisitazione degli obiettivi di apprendimento clinico.

A questo punto le piste di ricerca e di implementazione di proposte per la risoluzione

del problema, vertono su diverse ipotesi:

- Quale rapporto di efficacia esiste tra attività di laboratorio e l’apprendimento clinico?

- I metodi di apprendimento incidono sulle performance degli studenti?

- Chi valuta, quando e come la padronanza delle abilità gestuali?

6.5 OBIETTIVI DEL PROGETTO

Obiettivo primario del Progetto

Implementare lo sviluppo di competenze gestuali e di ragionamento clinico negli

studenti del Corso di Laurea in Infermieristica attraverso la creazione di un setting di

laboratorio di abilità gestuali.

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Obiettivi secondari del Progetto

1. Individuare ed applicare strategie didattiche, metodi e strumenti innovativi di

insegnamento/apprendimento con il coinvolgimento degli studenti;

2. Attivare delle sessioni di laboratorio finalizzate all’autoapprendimento ed

all’autovalutazione degli studenti e tra studenti dei diversi anni;

3. Incrementare il numero delle procedure descritte nel dossier delle check-list, presente

in sede, rispondenti alle EBN, da sottoporre a revisione annuale;

4. Creare una documentazione per monitorare la progressione nell’apprendimento “un

portfolio” dello studente; a supporto degli obiettivi;

5. Sperimentare delle sessioni di revisione tra pari delle abilità richieste tra i formatori;

6. Responsabilizzare i tutor nella ricerca di strategie per assicurare continuità e coerenza

tra apprendimento in sede di stage e di laboratorio per il consolidamento delle

performance richieste allo studente

7. Consolidare l’apprendimento in ambito clinico-operativo degli studenti, in laboratorio,

quale supporto per l’integrazione tra sedi di stage e sede formativa;

8. Creare una banca dati per censire il reale apprendimento degli studenti;

9. Rafforzare lo sviluppo autoapprendimento degli studenti quale base di riferimento per

il loro futuro professionale;

10. Sviluppare un’alleanza pedagogica tra tutor clinici e studenti in un setting di

apprendimento flessibile ed aperto ai bisogni degli studenti, sviluppare la creatività

degli studenti sollecitando il loro contributo nella preparazione di dispositivi formativi

innovativi;

11. Annualmente viene progettato un percorso di apprendimento per gli studenti, coinvolti

periodicamente in sessioni di laboratorio sulle competenze meno agite o ritenute “più

fragili”. Sarina L., “progetto di Cuneo”

6.6 COSTRUZIONE DEL GRUPPO DI LAVORO

Responsabile di

progetto

Infermieri referenti del

progetto

Infermieri partecipi al

progetto

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I Incontro della durata di 2 ore:

• Partecipanti: direzione Infermieristica, coordinatore CdL., il coordinatore didattico, il

tutor responsabile di laboratorio e tutor clinici per la presentazione del progetto.

• Obiettivi : evidenziare il problema e l’importanza di simulazioni controllate in

laboratorio Condivisione delle fasi di realizzazione e per acquisire osservazioni e

suggerimenti.

Responsabile incontro: il coordinatore referente del progetto (tutor responsabile del

laboratorio).

II incontro della durata di 2 ore

• Partecipanti: coordinatore CdL., il coordinatore didattico, il tutor responsabile e tutor

clinici.

• Obiettivi : Incontro formativo sulla nascita di laboratori di apprendimento

Creazione gruppi di lavoro (tutor clinici formati e autorizzati che partecipano

attivamente alla costruzione di procedure.)

Responsabile incontro: tutor responsabile dei laboratori.

III incontro della durata di 2 ore

• Partecipanti coordinatore CdL. ,il coordinatore didattico, il tutor responsabile e tutor

clinici.

• Obiettivi : presentazione del progetto Alla fine di tale incontro verranno fornite anche

delle dispense sulle quali poter approfondire l’argomento.

Responsabile incontro: tutor responsabile dei laboratori.

Incontri individuali con i tutor clinici

L’incontro servirà per un confronto tra i tutor clinici per uniformare le procedure e

modalità didattiche che verranno eseguite nel laboratorio dei gesti.

Incontri in itinere

Verranno inoltre stabiliti degli incontri durante la fase di sperimentazione del progetto

(1 anno) per monitorarne la realizzazione e per eventuali modifiche da apportare.

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6.7 FASI DI SVILUPPO DEL PROGETTO

L’individuazione del problema e l’obiettivo posto, evidenziano la necessità di

intervenire su più livelli: incrementare l’intensità delle attività di laboratorio, affinché lo

studente, prima di agire in situazione reale abbia raggiunto uno standard accettabile e

condiviso di abilità.

Attività di laboratorio

Oggi Domani

- Dimostrazione a piccoli gruppi delle

procedure

- Costruzione delle check-list

- Ripetizione procedura a piccoli

gruppi su prenotazione del

laboratorio

- Dimostrazione a piccoli gruppi delle

procedure

- Realizzazione della check-list

- Ripetizione procedura a piccoli

gruppi

- Utilizzo autogestito da parte di

piccoli gruppi di un video con un

filmato contenente principi teorici e

procedura di esecuzione

- Possibilità di ripetizione della

procedura su manichino sempre in

gruppo autogestito

È altrettanto evidente che occorre definire tempi e metodi per la certificazione del

raggiungimento di una padronanza nell’esecuzione dell’attività. Questo aspetto

necessariamente deve essere valutato dopo che lo studente ha effettuato l’esperienza

guidata dai tutori clinici, che intervengono direttamente sull’acquisizione delle abilità

gestuali nel contesto reale.

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La proposta che si vuole costruire è di effettuare la valutazione delle competenze

gestuali durante la simulazione in laboratorio, nel momento in cui lo studente, ritiene di

aver raggiunto una padronanza in una singola procedura ossia si sente padrone delle

abilità gestuale apprese e messe in azione, viene sottoposto a prova finale attraverso la

somministrazione della chek-list appositamente costruita dai tutor (vedi in allegato).

La performance raggiunta verrà poi certificata, con la firma sul libretto di tirocinio dal

infermiere tutor/guida di tirocinio responsabile di valorizzare ciò.

Valutazione dell’apprendimento clinico

Oggi Domani

In tirocinio, lo studente utilizza un

libretto guida per l’apprendimento

clinico (con le dell’abilità gestuali

da apprendere sulle quali si auto

valuta).

La valutazione dell’apprendimento

clinico viene effettuata in ogni

singola sede utilizzando una scheda

di valutazione, che misura le

competenze tecniche (elencate),

relazionali ed organizzative. Vedi

allegato

La valutazione delle competenze

gestuali verrà effettuata in

laboratorio utilizzando, da parte del

tutor una apposita check-list.

La valutazione della singola

procedura verrà richiesta dallo stesso

studente, quando si sente pronto per

essere valutato.

Lo stesso studente si farà firmare dal

tutor clinico, durante il tirocinio, il

raggiungimento dell’abilità sul

libretto di tirocinio.

Fase preliminare

• Individuare la sede di tirocinio in cui sperimentare l'apprendimento clinico con

il nuovo progetto.

• Individuazione dei tutori/guida di tirocinio che faranno parte del gruppo di

progetto.

• Definire modalità e tempi.

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• Completamento acquisto attrezzatura didattica : acquisto

manichini,simulatori,PC,ecc.

• Miglioramento setting (allestimento come camere di degenza, sala

medicazione,ecc).

• Individuazione tutor di riferimento responsabile di laboratorio.

Fase di impostazione

• Definire lo standard di accettabilità delle capacità gestuali prima dell’inserimento degli

studenti della pratica.

• Revisione del libretto delle tecniche.

• Costruzione della griglia di osservazione per la valutazione delle procedure contenente

la sequenza tecnica degli atti professionali.

• Incrementare l’intensità delle attività di laboratorio utilizzando la metodologia

dell’autoapprendimento ad integrazione della metodologia tradizionale.

Tutti gli studenti accedono al laboratorio come da programmazione tradizionale.

Inoltre utilizzano in piccoli gruppi autogestiti un video che propone la sequenza delle

attività professionali oggetto di apprendimento.

• Presentazione del progetto.

Informazione degli studenti: presentazione del progetto sperimentale; condivisione dei

“nuovi strumenti” ed illustrazione modalità di utilizzo.

Tutti gli operatori sono informati sulle finalità del progetto, sulle modalità di

realizzazione, sui referenti del progetto stesso.

Tutti gli studenti sono informati e dimostrano di saper utilizzare gli strumenti.

• Approfondimento dei presupposti teorici alla base dell’apprendimento gestuale e clinico

con i tutor ed attivazione di 2 edizioni dei corsi per gli infermieri guida

sull’apprendimento clinico.

• Definizione tra tutor delle competenze irrinunciabili per ogni anno di corso, sulle quali

programmare attività di laboratorio.

• Uniformare le modalità di conduzione dei laboratorio e tirocinio da parte dei tutor.

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• Sistematizzazione del dossier check-list con revisione ed implementazione.

• Programmazione annuale dei laboratorio da attivare con definizione dei criteri di

accesso (su richiesta tutor,studente,previsione ciclica).

• Costruzione dossier casi cartacei,Cd-rom,filmati.

• Messa a punto di modalità di comunicazione /condivisione tra sede formativa ed altra

sedi per facilitare l’apprendimento dello studente.

Fase di sperimentazione

Durante questa fase del progetto si verificherà la fattibilità e l’efficacia dello stesso.

Dopo questa prima fase, se la valutazione avrà riscontro positivo si considereranno le

eventuali modifiche da apportare e si passerà alla standardizzazione e alla fase di messa

a regime del progetto.

• Avvio sperimentazione e monitoraggio del progetto

• Registrazione di ogni eventuale osservazione ritenuta utile

• Realizzazione laboratorio secondo calendario

• Monitoraggio percorso dello studente con verifica formativa a cadenza periodica delle

performance

• Proposta di attività elettive mirate a costruire dispositivi multimediali,trascrizione di

auto-casi, preparazione e gestione di sessioni di laboratorio da parte degli studenti

• Messa a punto e realizzazione di laboratori per l’analisi dei casi clinico-assistenziali.

Fase di valutazione

Durante questa fase avviene la valutazione delle performance degli studenti attraverso:

• N° laboratori realizzati e loro tipologia,

• Annotazione dei tutor partecipanti,

• Grado di soddisfazione degli studenti e loro annotazioni riportate su questionario

annualmente somministrato

• Raccolta di segnalazioni provenienti dalle sedi di tirocinio,

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• Relazione annuale del responsabile dei laboratori.

Fase di revisione

Analisi dell’esperienza e dei risultati prodotti,i ed adozione di correttivi nel corso

dell’anno accademico

- 1° anno di corso: 1 giornata di revisione per tutti gli studenti di 2tecniche

- 2° anno di corso: 2 giornate di revisione per tutti gli studenti di 2 tecniche

- 3° anno di corso: 1 giornata di revisione per tutti gli studenti di 2 tecniche.

Vengono richiamati in sessione programmata coloro che non hanno raggiunto una

performance sufficiente.

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6.8 MATRICE DELLE RESPONSABILITA’

Fase Preliminare Coordinatore del C.d.L. il progetto

rientra nelle competenze previste dal

regolamento didattico ed ha ricevuto

il placet del Presidente del Consiglio

di Corso

Il Progetto deve essere progettato e

condiviso con il Direttore della

Direzione Assistenziale e Tecnica

dell' AUSL

Fase di Impostazione, Coordinatore didattico, Tutor

Responsabile del progetto, Tutor

responsabile di laboratorio, Tutor

Clinici

Fase di Sperimentazione/

Sviluppo

Coordinatore didattico, Tutor

Responsabile di laboratorio, tutor

Clinici

Fase di Valutazione Coordinatore e Tutor Responsabile

di laboratorio, sessione di

valutazione collegiale con i tutor

coinvolti

Fase di Revisione Tutor Responsabile di laboratorio e

Presidente Consiglio di Corso

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INDIVIDUAZIONE DI UNA SEDE DI TIROCINIO IN CUI SPER IMENTARE LA

NUOVA METOLDOLOGIA

Situazione attuale Visione futura

La sede del laboratorio dei gesti è

individuata in due aule presenti

presso la sede del corso di laurea in

infermieristica.

La sede di del laboratorio dei gesti è

individuata in due sedi differenti:

-Presidio Ospedaliero di Rimini

-Presidio Ospedaliero di Riccione

Ogni aula è composta da due posti

letto per le esercitazioni.

Le sedi possono essere anche più di

due, in base alle disponibilità

Aziendali.

INDIVIDUAZIONE TUTOR DI RIFERIMENTO RESPONSABILE DI

LABORATORIO

Il tutor di riferimento responsabile del laboratorio dei gesti è il collante tra il

Coordinatore didattico e il tutor clinico, deve essere in possesso del titolo di Tutor e del

Master di I livello in Management per le funzioni di Coordinamento.

INDIVIDUAZIONE DEI TUTOR/GUIDA DI TIROCINIO CHE FAR ANNO PARTE

DEL GRUPPO DI PROGETTO

I tutor guida che faranno parte del gruppo progetto devono possedere il titolo di tutor

clinico, sono già individuate alcune figure.

È necessario che queste figure uniformino le modalità di conduzione dei laboratori,

affinché venga standardizzato il metodo d’insegnamento.

Per questo é necessario realizzare una giornata formativa con i seguenti obiettivi:

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Condividere con i partecipanti le premesse della sperimentazione, analizzare i

presupposti concettuali e le implicazioni metodologiche e organizzative connesse alla

sperimentazione, definire strategie operative per realizzare la stessa sulla base delle

condizioni di partenza

La giornata formativa è articolata in:

Momenti di riflessione teorica su:

� Significato dell’apprendimento clinico, condizioni organizzative e pedagogiche

dell’apprendimento clinico

� Sistema di coerenze tra apprendimento clinico, progetto formativo,

regolamentazione professionale, normativa europea e condizioni organizzative del

laboratorio dei gesti

� Modelli organizzativi dell’assistenza infermieristica: vantaggi, svantaggi, coerenze

con la regolamentazione professionale.

Momenti di lavoro analitico/progettuale dei partecipanti su:

� Identificazione delle necessità di cambiamento e definizione delle strategie

attuative

Analisi delle conseguenze dei cambiamenti prospettati sulla pianificazione delle attività

che si svolgeranno nei laboratori a seconda dell’anno di corso

6.9 GLI STRUMENTI OPERATIVI

Tutti gli strumenti operativi creati saranno visibili in allegato

• Procedure e protocolli rivisti secondo le ultime evidenze scientifiche

• Chek-list di valutazione per le procedure

• Scheda delle registrazioni delle somministrazioni farmacologiche

• Libretto guida per l’apprendimento clinico revisionato

• Scheda di criticità personalizzata

• Questionario di gradimento del laboratorio

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6.10 LE RISORSE

A priori è impossibile stabilire l’assegnazione esatta delle risorse necessarie per

implementare un tale progetto, anche perché è difficile prevedere con precisione gli

spazi assegnati, e la disponibilità dei tutor clinici.

Le risorse maggiormente impiegate, nella prima fase del progetto saranno legate alla

formazione dei tutor, nonché al materiale cartaceo fornito durante le lezioni e al costo

orario del docente.

Una risorsa molto importante in ogni progetto è rappresentato dalle risorse umane,

soprattutto in un laboratorio di apprendimento.

È fondamentale che il formatore, nell’ambito specifico delle professioni sanitarie, debba

rappresentare un modello di comportamento etico e professionale e debba avere la

capacità di trasferire ai discenti non solo le conoscenze, ma anche abilità tecniche e

relazionali; inoltre esso deve mantenere costantemente aggiornate le sue conoscenze

teoriche e clinico-assistenziali, alla luce delle ultime evidenze scientifiche. Paola Ferri

et al (2008)

L’Azienda e l’Università devono predisporre le risorse materiali atte a rendere

operativo il Servizio; tali risorse possono variare da un minimo di requisiti

indispensabili ad un corollario di attrezzature a cui ogni Servizio deve tendere per

migliorare il tipo di erogazione fornita.

Le risorse materiali richieste per l’operatività del Servizio devono essere suddivise in:

◊Ambiente di lavoro

◊Forniture

�Attrezzature

a) Ambiente di lavoro: Il locale da utilizzare è identificato nella zona…. . La struttura

nel suo complesso comprende:, …..; è collegata….. Nello stesso corridoio si trova…..

b) Forniture: è necessaria la presenza, oltre alle normali forniture di ogni laboratorio

pre-clinico, di una quantità di materiale adeguata al numero di studenti, e di marca

uguale a quella utilizzata nella pratica clinica all’interno dell’Azienda

c) Attrezzature: le attrezzature di base dovrebbero comprendere i mezzi di

informatizzazione con eventuali software dedicati, manichini per esercitazioni

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Materiale occorrente

• Scheda delle registrazioni delle somministrazioni farmacologiche

• Siringhe monouso sterili 1U.I.- 2,5 ml – 5 ml – 10 ml – 20 ml con ago

• Aghi cannula varie misure

• Aghi farfalla varie misure

• Flebo 100 ml – 250 ml – 500 ml

• Deflussori

• Regolatori di flusso

• Rubinetti tre vie

• Tappi per flebo

• Cerotto di carta

• Garze

• Garze sterili

• Forbici

• Cerotto fixomull

• Cerotti anallergici

• Disinfettante antisettico

• Cotone

• Guanti monouso varie misure

• Guanti sterili varie misure

• Sapone per lavaggio delle mani

• Sapone antisettico

• Gel antibatterico a base alcolica

• Gancio di sostegno per flebo (pali)

• Frigorifero

• Farmaci (flaconi, blister…)

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• Arcelle

• Prontuario farmaceutico

• Acqua

• Bicchieri monouso

• Mortaio e pistello

• Coppetta per farmaci

• Solventi per diluizione (acqua sterile o soluzione fisiologica

• Manichini appositi

• Telini

• Telini sterili

• Laccio emostatico

• Kit per aerosol

• Kit per cateterismo vescicale

• Set per trasfusione

• Prontuario on-line

• Informatore farmaceutico

• PC

6.11 I RUOLI

Il ruolo del Coordinatore del Corso di Laurea

Il Coordinatore Didattico è una nuova figura che nasce per facilitare i rapporti tra i vari

soggetti coinvolti nel processo formativo (studenti, docenti e segreterie).

Fornisce informazioni agli studenti sia sui i contenuti e sia sull'organizzazione dei Corsi

di Studio, sui servizi didattici e informatici e offre loro durante l'intero percorso di studi

un supporto orientativo tramite mail, telefono e negli orari di ricevimento.

Interagisce inoltre con:

• rappresentanti degli studenti;

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• i referenti dei corsi di Studio;

• le commissioni istituite a livello di corso di laurea

• la segreteria del corso

Il ruolo del tutor responsabile del laboratorio

È il tutor clinico che in possesso del Master di I livello in Management per le funzioni

di Coordinamento, è responsabile del laboratorio dei gesti.

Ha un ruolo sanitario e dipende dalla struttura sanitaria, funge da collante tra il

Coordinatore del corso di Laurea, il Coordinatore didattico e i tutor clinici.

Il suo obiettivo è quello di abbattere la distanza tra operatività ed atteso e di integrare le

scelte pedagogiche adottate.

Rappresenta la figura di snodo tra apprendimento clinico e il setting formativo con

l’esperienza clinica.

Realizza la lezione e presenta i contenuti con gli obiettivi di apprendimento, deve avere

abilità di design per la formulazione di materiale formativo, essere abile nel reperire in

maniera rapida ulteriore materiale per approfondimenti se gli vengono chiesti dai

discenti e avere una certa capacità di mantenere aggiornate le risorse.

Deve mantenere le relazioni con i discenti. Le interazioni fra tutor e discenti possono

essere di due tipi; o uno a molti e quindi il tutor riesce a gestire tramite mailing listi o

forum tanti studenti, è consigliabile, in questo caso, non superare il numero di 20

partecipanti; oppure uno a uno. Le abilità che deve avere in entrambi i casi sono

comunicative e relazionali, deve saper porre le domande giuste al momento giusto,

osservare, ascoltare e intervenire in modo opportuno solo quando necessario e dare il

feedback ai discenti, incoraggiarli e sostenerli.

Cerca di mantenere la discussione del gruppo aderente agli argomenti del corso,

sollecitandola o reindirizzandola se occorre o smorzandone i toni. Cerca di creare un

clima di familiarità e partecipazione di ogni singolo discente, ha il compito di favorire

nuovi spunti per dibattiti e mantenere alta la motivazione. Ha la funzione di instaurare

un clima di fiducia reciproca e di serenità.

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Il coordinatore didattico

Il Coordinatore didattico o tutore di anno di corso è il facilitatore dell’acquisizione

di competenze intellettive, relazionali e gestuali, è il professionista che nell’ambito della

sede formativa assume la responsabilità di facilitare , gestire l’intero percorso formativo

dello studente programmando percorsi personalizzati e portando la sua competenza

nella progettazione formativa e nelle metodologie didattiche. I Coordinatori didattici dei

CdL hanno un ruolo sanitario e dipendono dalle strutture sanitarie, collaborano con il

tutor responsabile di laboratorio, con i tutor clinici e con il Coordinatore del corso di

Laurea nell’organizzazione e nell’attuazione del percorso didattico professionalizzante

e nella programmazione delle attività specifiche, guidano ed orientano i singoli studenti

nell’apprendimento; coordinano l’insieme delle attività di docenza per l’insegnamento

professionalizzante. L. Sasso, et al. (2003)

Il ruolo del tutor clinico

Il tutor clinico o guida di tirocinio ha un ruolo importante perché accoglie gli studenti

nei reparti o nei servizi sanitari durante il periodo di tirocinio; funge da facilitatore

dell’acquisizione delle competenze in ambito professionale;ancora può facilitare

l’integrazione tra teoria e pratica e tra i tre campi dell’apprendimento. Il periodo che lo

studente trascorre con il tutor clinico va pianificato con attenzione grazie ad alcune

metodologie che vengono descritte: il briefing o preparazione del periodo di tirocinio, il

contratto tra lo studente e i suoi tutor, il de briefing o momento di riflessione

sull’esperienza vissuta in ambito lavorativo. è il professionista sanitario che facilita

l’apprendimento di competenze professionali esplicitando modelli teorici e fornendo le

connessioni tra apprendimenti teorici e apprendimenti esperenziali. Aiuta lo studente

alla comprensione del proprio ruolo. Il tutor clinico dipende dalla struttura presso la

quale si svolge la formazione clinica, appartiene al ruolo sanitario e ha lo stesso profilo

dello studente che affianca pur continuando a svolgere l’attività. L. Sasso, et al. (2003)

6.12 LE MODALITA’ ED I TEMPI

La simulazione ha la durata di una settimana, sei ore al giorno per ogni laboratorio e

viene realizzata prima del tirocinio clinico al quale gli studenti arrivano dopo aver

raggiunto il superamento degli obiettivi prefissati.

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I laboratori dei gesti saranno individuati in due aule ognuna delle quali possiede due

postazioni.

La simulazione consiste nell’eseguire delle procedure stabilite dal tutor responsabile di

laboratorio nei tempi e nelle modalità previste.

LA DESCRIZIONE DEL METODO

Una volta definiti gli obiettivi educativi attesi con il laboratorio dei gesti, il loro

raggiungimento dovrebbe avvenire con gradualità passando dalla osservazione della

dimostrazione effettuata da parte del professionista esperto, alla ricostruzione in forma

sequenziale e logica degli atti compiuti dal dimostratore, alla prova di tale manovra

prima su manichino e poi, se la tecnica lo consente, su colleghi o pazienti simulati fino

ad arrivare alla persona assistita.

È possibile anche l’utilizzo di un supporto audiovisivo, in quanto i filmati rappresentano

un valido ausilio per la comprensione, da parte del discente, della sequenza cronologica

delle azioni che compongono la tecnica e delle motivazioni che le sostengono; inoltre

essi sono il punto di partenza per lo sviluppo delle abilità pratiche. Patrizia A.et al

(2008)

Ciò nasce dalla consapevolezza che la sola sperimentazione della tecnica in laboratorio

non riesce ad assicurare allo studente l’avvenuto apprendimento delle abilità dei gesti e

quindi la sicurezza auspicata nell’esecuzione della procedura.

Il procedimento

Presentazione del metodo agli studenti

È necessario che il docente/tutor presenti al gruppo il metodo sottolineando il ruolo

atteso dagli studenti.

Dimostrazione della manovra

L’esperto svolge la tecnica una prima volta senza commentare o spiegare quello che fa,

con una velocità di esecuzione simile a quella richiesta in contesto operativo reale.

Lo ripete poi una seconda volta ma in modo molto più rallentato per dare la possibilità

agli studenti di annotarsi su foglio i vari atti osservati.

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Costruzione della check-list

Vengono ricostruite in forma plenaria da parte del gruppo studenti, tutti i singoli atti

eseguiti dal dimostratore, giustificandoli in modo convincente, in modo da costruire una

check-list.

Il tutor poi deve sollecitare il gruppo a identificare la corretta sequenza temporale degli

atti motivandola.

La check-list costruita da ogni singolo studente è lo strumento condiviso in gruppo che

verrà discusso e rivisto in aula, dopodiché verrà confrontata con la procedura

precedentemente costruita dal tutor.

Il tutor in questo momento ha la possibilità di valutare l’apprendimento di ogni singolo

studente.

Lo studente che ha acquisito le competenze gestuali, può auto-valutarsi sulla manovra

oggetto della check-list.

Questo metodo di apprendimento “tutoriale” di apprendere abilità gestuali nella

formazione infermieristica, è quello della creazione attiva, da parte dello studente, di

check-list.

Si tratta di una metodologia particolarmente adatta per l’apprendimento di procedure

con elevata caratterizzazione tecnico pratica.

Lo studente viene messo nelle condizioni di osservare una determinata procedura

professionale (attraverso l’osservazione di una situazione clinica, di una situazione

simulata, ad esempio su manichino, o di una situazione videoregistrata) e di definire

prima autonomamente poi, se possibile, in piccolo gruppo, la sequenza di realizzazione

cioè la check-list della procedura osservata.

L'apprendimento scaturisce non tanto dall'applicazione di una determinata check list, ma

dal processo di creazione della stessa. In questo processo lo studente viene posto in

posizione di attivo osservatore di una determinata manovra professionale, con il

compito preciso di analizzare attentamente tutti gli step che la compongono. Non si

tratta affatto di costruire liste interminabili di comportamenti a riprodurre in modo

automatico, ma di innescare processi di osservazione e di interiorizzazione delle

fondamentali competenze pratiche da acquisire.

La costruzione di check list si basa su un modello di apprendimento sequenziale,

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sostanzialmente di stampo comportamentista. La logica di fondo di queste metodologie

è quella dell'apprendimento per rinforzo, progressivo e sequenziale, per micro-unità di

sapere rispetto ad un oggetto la cui completa conoscenza è garantita dal compimento

dell'intero percorso. La tutorship non si limita però al controllo dell'esattezza delle

sequenzialità di una determinata abilità, ma attiva processi di riflessione e di

integrazione di conoscenze, utilizzando come situazione-stimolo l'apprendimento

dell'abilità stessa.

Sperimentazione su colleghi

Se la tecnica lo consente, lo studente dovrebbe esercitarsi sui compagni e con i

compagni perché questo facilita la sperimentazione da parte dello studente della

condizione di persona assistita dal punto di vista delle emozioni e dei sentimenti.

Valutazione dello studente in tirocinio

Lo studente verrà valutato attraverso 2 strumenti:

� scheda valutazione fornita ai tutor clinici dai tutor didattici

� libretto “Guida per l’apprendimento clinico” ,in possesso di ogni studente, il

quale deve essere appositamente firmato dal tutor clinico a conclusione del periodo di

tirocinio. Pesaresi, et al. (2007)

Le condizioni di efficacia

Nell’utilizzo efficace di questo metodo didattico è necessario garantire alcune

condizioni di apprendimento:

• garantire il setting durante la dimostrazione, ovvero organizzare lo spazio e i materiali

necessari alla simulazione della tecnica in oggetto;

• organizzare gli studenti in piccoli gruppi (max 10/15) affinché sia ottimizzata la loro

possibilità di partecipazione, di osservazione e la successiva possibilità di provare la

manovra tecnica;

• verificare che le manovre tecniche professionali presentate siano fondate sulle migliori

evidenze scientifiche disponibili;

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• durante la costruzione della check-list il tutor deve stimolare gli studenti ponendo loro

domande volte a sondare maggiormente in profondità le questioni sollevate, oppure

svolte a sviluppare pensiero critico e flessibile, chiedendo possibili alternative,

obbligando così gli studenti a considerare i fatti da angolature diverse oppure ancora

domande volte a portare lo studente ad approfondire fatti, teorie attraverso

l’esplorazione delle conseguenze delle sue affermazioni. Loredana G. et al ( 2009)

Punto di vista dello studente Punto di vista del tutor

Lo studente sviluppa, in un contesto

concreto molto favorevole e

stimolante, capacità di osservazione,

di pensiero critico.

Ha la possibilità di provare in

ambiente protetto la manovra

tecnica in una dimensione

verosimile molto simile a quella

reale avendo la possibilità di

confrontarsi con presidi e materiali

vari necessari per l’esecuzione della

tecnica potenziando anche così le

capacità legate alla manovra.

Lo studente viene responsabilizzato

nel percorso di apprendimento della

competenza gestuale richiesta

poiché una volta costruita la check-

list è sua responsabilità auto valutare

il proprio livello di padronanza e

competenza attivandosi per colmare,

attraverso simulazioni ripetute, le

lacune presenti.

Attraverso l’utilizzo di tale metodo

didattico il tutor ha la possibilità di:

• rendere gli studenti consapevoli dei

loro processi mentali ponendo loro

domande e spingendoli a formulare

le loro spiegazioni a voce alta

• stimolare le capacità di osservazione

e riflessione.

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104

6.13 STIMA DEI COSTI

Sono presenti dei finanziamenti da parte dell’ Università per l’acquisto delle

attrezzature, manichini etc, al quale si possono aggiungere dei portatori di interesse

come gli sponsor.

È da aggiungere il costo dei docenti/tutor che effettuano le esercitazioni del laboratorio

dei gesti.

6.14 TEMPI DI REALIZZAZIONE

Il progetto è stato ideato nell’anno 2010, la data di inizio può essere identificata nel

mese di gennaio 2011 con realizzazione finale nel mese di marzo/aprile.

Diagramma di Gantt a seguire..

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AGO 2010

SETT 2010

OTT 2010

NOV 2010

DIC 2010

GEN 2010

FEB 2010

MAR 2011

Ideazione progetto

Pianificazione progetto

Valutazione risorse

umane Analisi fabbisogni

materiali

Identificazione ubicazione ambulatorio

Ristrutturazione degli

spazi

Allestimento/arredamento laboratorio

Assegnazione

coordinatore di laboratorio

Asseggnazione tutor di laboratorio

Formazione dei tutor sui

nuovi strumenti operativi

Pianificazione del calendario delle attività

de gruppi Invio richiesta di

autorizzazione di inizio attività di laboratorio

Informazione e

comunicazione di inizio attività di laboratorio

agli altri servizi

Formazione su tutto il personale sui nuovi strumenti operativi

Inizio attività di laboratorio

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CONCLUSIONI

Questo progetto vuole essere lo stimolo per orientare l’approccio all’anziano verso

un’ottica anche di prevenzione, oltre che di cura e assistenza delle malattie.

Se associamo infatti l’incidenza delle cadute e i costi che ne derivano da queste, in una

fascia di anziani alla quale è già attribuita una buona parte della spesa sanitaria, è facile

intuire come la progettazione di un programma di prevenzione delle cadute costituisca

senza dubbio una delle azioni più rilevanti in termini di tutela della salute degli anziani.

Spesso, nell’anziano, si tende ancora a considerare l’intervento preventivo, soprattutto

quello primario, di scarsa o nulla utilità. Contro tale radicato pregiudizio parlano i dati

di letteratura, i costi e le conseguenze che derivano dalle patologie croniche invalidanti

dove curare significa spesso non essere stati capaci di prevenire.

La prevenzione delle cadute e l’incremento dell’attività motoria hanno un ruolo

fondamentale nel mantenimento dell’autonomia, nella riduzione delle malattie e della

mortalità.

Prevenire le cadute vuol dire quindi favorire un buon livello qualitativo di vita al

domicilio, prevenire l’ospedalizzazione, la precoce istituzionalizzazione, la disabilità e

tutte le conseguenze che abbiamo visto derivanti dalla caduta.

Il programma per la prevenzione delle cadute proposto, individuato sulla base delle

evidenze scientifiche, ha il vantaggio di essere semplice, non particolarmente oneroso,

basato principalmente sull’educazione dei soggetti a rischio e quindi anche di

promozione di stili di vita positivi.

Inoltre, pur avendo richiesto per la sua progettazione e realizzazione l’apporto di più

competenze professionali, il contributo della figura infermieristica è centrale dove,

applicando un’organizzazione per percorsi assistenziali, svolge un’importante funzione

di integrazione tra ospedale e territorio con l’obiettivo di migliorare la qualità del

servizio ed ottimizzare i costi.

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L’apprendimento preclinico, quindi, è in grado di operare trasformazioni profonde sui

comportamenti abituali, in quanto sollecita a riflessioni critiche relativamente agli

assunti, alle idee, alle prospettive, ai valori culturali che normalmente orientano la

percezione del mondo.

Attraverso le simulazioni in laboratorio ogni apprendimento è indirizzato a far acquisire

cognizioni o abilità che mettono in grado il soggetto di sapere determinate cose, di

svolgere determinate attività, di assumere determinati comportamenti.

La formazione preclinica costituisce una leva strategica fondamentale per lo sviluppo

professionale, per la realizzazione degli obiettivi programmati e per una migliore tutela

della salute dei cittadini, nonché un processo di acquisizione, sviluppo delle abilità e

competenze, è anche trasmissione di valori di riferimento e norme comportamentali. I

benefici principali sono pertanto indirizzati verso gli interessi della collettività.

L’educazione informativa non può limitarsi a fornire informazioni, nozioni e norme di

comportamento, ma deve produrre nel discente attraverso, il laboratorio preclinico,

conoscenze che consentano non soltanto risposte pronte e corrette alle richieste semplici

e abituali, ma anche interventi più elaborati in situazioni operative insolite o complesse,

quali vengono spesso proposte dai molteplici fenomeni e problemi della realtà

professionale. L'oggettività di creare laboratori specializzati per creare le pratiche di

apprendimento nelle professioni sanitarie durante il corso di laurea si è evoluto in molte

sedi universitarie. Abbiamo preso in considerazione tre studi che hanno adottato la

prospettiva practice-based dove si supera la concezione classica dello studio per arrivare

a sostenere che gli studenti durante le simulazioni negli skill-lab producono e dove

imparano “praticando”, negli errori , nella produzione e ri-produzione quotidiana

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contesto protetto. Nella nostra realtà la sede del laboratorio dei gesti è individuata in

due aule presenti presso la sede del corso di laurea in infermieristica, dall’analisi del

contesto risulta possibile l’individuazione del laboratorio in due sedi differenti: P.O. di

Rimini e P.O. di Riccione, dove ogni aula é composta da due posti letto per le

esercitazioni. Le sedi possono essere più di due, in base alle disponibilità Aziendali.

L' uso appropriato di simulatori di bassa, media e alta fedeltà permette agli educatori di

strutturare le opportunità di apprendimento in un contesto in cui la situazione del

paziente influenza le conoscenze e le competenze da attuare.

Gli infermieri educatori sono chiamati ad attuare l'insegnamento, strategie che

promuove la competenza clinica, critico-riflessiva e la capacità di pensiero degli

studenti. Questa sfida deriva dal progresso tecnologico, dall’aumento dei livelli di

gravità del paziente, dai problemi riscontrati in merito alla sicurezza del paziente e dai

mandati da parte degli organismi di accreditamento.

La Lega Nazionale per Infermieri (Nln; 2003) ha esplicitamente affermato che gli

educatori sono infermieri il cui compito è quello di creare "ambienti di apprendimento

che facilitino gli studenti al pensiero critico, all’ auto-riflessione e di preparare laureati

per la pratica in un ambiente complesso e dinamico di assistenza sanitaria " .

La simulazione è un’ opportunità di apprendimento in cui si integrano feedback,

debriefing e riflessione guidata. Essa inoltre, ha la capacità di facilitare il legame tra

teoria e pratica, la capacità di aiutare gli studenti a sintetizzare conoscenze, e a

promuovere insight .

L’uso appropriato della simulazione richiede una pianificazione strategica e può essere

utilizzata nella pratica ambiente per promuovere e validare il giudizio clinico e la

competenza degli infermieri.

Pertanto, la simulazione come processo educativo è una valida opzione per la

valutazione delle competenze professionali indipendentemente dal livello (studente o

neolaureato) .

Simulazione quindi come strategia educativa, fornisce una modalità unica di

apprendimento e di valutazione. L'impostazione simulata fornisce anche un ambiente

privo di rischi, dove gli studenti possono integrare teoria e pratica, senza il timore di

nuocere ai pazienti. Ciò è particolarmente vero quando le esperienze di vita reale sono

scoraggiati a causa dei rischi che si possono apportare ad altri. Una volta integrato

correttamente in test di apprendimento e competenza, la simulazione svolge un ruolo

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importante ad acquisire le critiche e la capacità riflessive necessarie per fornire

un'assistenza sicura al paziente.

La simulazione, come definito dal NCSBN (2005), è un processo educativo.

Un'esperienza di apprendimento simulato imita l'ambiente di lavoro e richiede al

discente di dimostrare le tecniche procedurali, il processo decisionale, e il pensiero

critico.

Gaba (2004) definisce la simulazione una tecnica educativa in cui gli elementi del reale

mondo sono opportunamente integrati per ottenere specifici obiettivi connessi alla

formazione o di valutazione.

Un obiettivo importante per gli educatori infermieri, a prescindere dal loro ambiente di

lavoro, è quello di garantire iniziale e continua competenza di infermieri diplomati. La

competenza comporta l'acquisizione di conoscenze pertinenti, lo sviluppo delle capacità

psicomotorie, e la capacità di applicare le conoscenze e le competenze in modo

adeguato in un dato contesto.

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