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Università Ca’ Foscari di Venezia Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di Laurea in Conservazione dei Beni Culturali Tesi di Laurea Triennale Il collezionismo librario nella Venezia dell'Ottocento: il libraio Adolfo Cesare Relatore: Laureando: Prof. Mario Infelise Mario Marino Matricola nr. 814153 Anno Accademico 2008 - 2009 1

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Università Ca’ Foscari di Venezia

Facoltà di Lettere e Filosofia

Corso di Laurea in Conservazione dei Beni Culturali

Tesi di Laurea Triennale

Il collezionismo librario nella Venezia

dell'Ottocento: il libraio Adolfo Cesare

Relatore: Laureando:

Prof. Mario Infelise Mario Marino

Matricola nr. 814153

Anno Accademico 2008 - 2009

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Sommario

3 Introduzione

6 Una panoramica sul mercato antiquario a Venezia fra Sette e Ottocento

11 La figura di Adolfo Cesare attraverso i Diari di E. A. Cicogna 15 Metodologia di ricerca

18 Trascrizione Diari

47 Lettera autografa di Adolfo Cesare a E. A. Cicogna

49 Conclusioni

53 Tavole

56 Bibliografia

60 Indice dei nomi

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Introduzione

L’etimologia del termine antiquariato vede la sua origine in ambito

librario, già nell’editto di Diocleziano De pretiis rerum venalium, del 301 d.

C, la parola antiquarius è impiegata come sinonimo di librarius ad indicare

il maestro di calligrafia e scrittura e, successivamente, l’amanuense che

attendeva alla copia e alla manutenzione dei codici.

Con l’invenzione della stampa, gli antiquarii sono gli estimatori e

collezionisti di antichità e solo a partire dal secolo XVI la figura

dell’antiquario si amplia fino a comprendere la fisionomia del commerciante

di antichità tout court1; ma se è nel Settecento che la bottega dell’antiquario

si istituzionalizza nella sua funzione di luogo di compravendita di oggetti

antichi, è però nell’Ottocento che la professione dell’antiquario si configura

nel senso attuale del termine, ovvero di colui che si occupa del “commercio

di libri, oggetti antichi e di opere d’arte antica”2.

Il piacere di raccogliere, conservare e anche collezionare il libro,

inizialmente nella forma manoscritta e qualche secolo dopo anche stampata,

non è moda recente ma si perde nei meandri della storia della cultura. Si

pensi alle raccolte di papiri avviate in epoca ellenistica, che diedero fama

eterna a istituzioni come la Biblioteca di Alessandria, le cui alterne sorti non

smettono di appassionare gli studiosi di ogni epoca, o alle collezioni private

di epoca romana come quella rinvenuta nella cosiddetta “Villa dei Papiri” ad

Ercolano. E in epoca tardo-medievale, non si può non ricordare l’attività di

bibliofilo di Francesco Petrarca che a buon diritto può essere considerato

l’antesignano di una tendenza che troverà la sua massima espressione

nell’Umanesimo3.

1 Cfr. S. RIZZO, Il lessico filologico degli Umanisti, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1973, p. 203; e s.v. «Antiquari» in Enciclopedia Italiana, 3, Roma 1929, p. 526.2 s.v. «Antiquariato» in Dizionario Enciclopedico Italiano, 1, Roma 1955, p. 507.3 Per una panoramica attenta e dettagliata sulla questione cfr. R. SABBADINI, Le scoperte dei codici latini e greci ne’ secoli XIV e XV. Nuove ricerche, Firenze, Sansoni, 1967.

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Dal punto di vista storico e culturale infatti è l’Umanesimo che

contribuisce in modo determinante alla rinascita del collezionismo librario,

dopo la stasi del Medioevo, in cui la circolazione libraria era legata alla

produzione degli scriptoria monastici, quell’antichità, che era stata

considerata un’epoca priva di valori etici cui attingere, diventa per gli

Umanisti un riferimento e un esempio da seguire e quindi da studiare

attraverso i documenti scritti, in primo luogo, ma anche attraverso

testimonianze come statue, epigrafi, monete4.

In questa fase ad animare l’interesse per i libri antichi è fu soprattutto

l’aspetto filologico, in una visione in cui il testo è più importante del

supporto che lo reca; con lo sviluppo delle Università, che contribuirono alla

laicizzazione del sapere, e con l’ascesa delle oligarchie cittadine (soprattutto

in Italia nella forma della Signoria), le famiglie più in vista si misero in

evidenza per il loro mecenatismo, organizzando intorno a sé veri e propri

circoli culturali, e mostrandosi sempre più sensibili alla fruizione sia passiva

che attiva della cultura.

Tra il Quattrocento ed il Cinquecento si verifica quel cambiamento di

rotta nei gusti e nelle tendenze che si concretizzerà con la bibliofilia

Settecentesca, collezionisti di libri, che ricercano e soprattutto ne

commissionano la produzione oltre all’interesse per il testo in sé, perché

questi oggetti diventano status symbol di un determinato ceto sociale e

investimento economico; certamente capolavori come la Bibbia di Borso

d’Este o il Breviario Grimani non sono stati prodotti per essere usati come

libro di preghiere quotidiane ed i possessori erano perfettamente consapevoli

del loro potenziale valore sul mercato.

All’interesse per lo studio dei testi, che abbiamo visto animare i

collezionisti di libri nel Quattrocento e primi anni del Cinquecento, ovvero la

4 Cfr. anche F. CRISTIANO, L’antiquariato librario in Italia: vicende, protagonisti, cataloghi, Roma, Gela, 1986, pp. 19-20.

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volontà di possedere antichi manoscritti e prime edizioni a stampa

esclusivamente in funzione del contenuto testuale, si veniva affiancando una

passione puramente antiquaria, che porta a considerare il libro antico come

oggetto da collezionare soprattutto per il requisito estrinseco dell’antichità.

Nello specifico, è proprio il Settecento il secolo in cui l’antiquario

diventa anche “cercatore di libri”, in questo secolo infatti si sviluppa fra i

collezionisti di antichità la moda della bibliofilia5 ovvero la passione per i

libri considerati in sé come oggetti da collezione alla stregua di opere d’arte

o monili preziosi6. È in questo Secolo che la passione dei bibliofili si accende

e si sviluppa in tutta la sua intensità, portando alla nascita e all’incremento

delle più ricche e importanti biblioteche private, basti pensare all’esempio

del senatore veneziano Iacopo Soranzo e alla sua celebre Libreria, preziosa

per la raccolta di manoscritti e libri a stampa.

Per i bibliofili più estremi, il libro viene spogliato completamente della

sua funzione primaria di portatore di un testo scritto e quindi di

fondamentale veicolo di cultura, per diventare un puro e semplice oggetto

materiale, non da leggere ma da possedere e la sua ricerca viene guidata

dagli interessi individuali anche se il requisito che diventerà primario nella

selezione di un oggetto-libro piuttosto che di un altro sarà il parametro della

5 Il termine bibliophilia con questa accezione, è attestato per la prima volta nel Seicento utilizzato da SALDENUS nel titolo del suo trattato Christiani Liberii Germani Bibliophilia, Sive De scribendis, legendis et aestimandis Libris Exercitatio Paraenetica, Utrecht, apud Franciscum Halma, 1681; si è diffuso poi nel corso del Settecento mutuato dal francese bibliophilie; una definizione del termine è codificata anche in C. BATTISTI-G.ALESSIO, Dizionario etimologico italiano, Firenze, G. Barbera, 1968 p. 509 e M. CORTELLAZZO-P.ZOLLI, Dizionario etimologico della lingua italiana, 1, Bologna, Zanichelli, 1979, p. 137.6 Per una panoramica sulla figura del collezionista bibliofilo cfr. G. SCHNEIDER, Handbuch der Bibliographie, Lipsia 1926, 217; M. PRAZ, Collezionisti e Cataloghi di libri, in: Studi in onore di Alfredo Schiaffini, Roma, Edizioni dell'Ateneo, 1965, p. 881; F. RIVA, Introduzione a una guida del libro di pregio contemporaneo, «Accademie e Biblioteche d’Italia» 36 (1968), n. 3, p. 139; R. FRATTAROLO, Studi di bibliografia storica ed altri saggi, Roma, Bonacci, 1977, p. 21.

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rarità che spesso, in quest’epoca, si trova a coincidere con quello

dell’antichità7.

Interessante è la discussione teorica che si sviluppò, nel corso del

secolo, intorno al concetto di libro raro. Il concetto di rarità libraria,

pressoché sconosciuto al mondo antico ed estraneo alla cultura medioevale, è

legato all’introduzione della stampa. La tipografia, trasformando

radicalmente il modo di produzione del libro, aveva creato una generica

situazione di abbondanza dei prodotti; si verificò di conseguenza quella

condizione di rarità determinata dalla scarsità di alcuni esemplari.

All’interesse teorico e speculativo per i libri rari, che dava luogo ai vari

trattati e alle numerose bibliografie, si affiancava, in un rapporto di reciproca

influenza, l’interesse “bibliofilico” che ai più diversi livelli ispirava i

collezionisti. In effetti l’aspirazione a possedere un libro integro,

possibilmente “intonso”, tipica del bibliofilo fino ai nostri giorni, trae origine

proprio da questa “scoperta” del libro-manufatto. L’attenzione alla realtà

fisica del libro non era solo circoscritta alla cerchia dei collezionisti e dei

bibliofili, ma interessava tutto il mondo del libro

Il mercato antiquario a Venezia fra Sette e Ottocento

Nel Settecento, il mercato antiquario offerto da Venezia era certamente

uno tra i più ricchi, vasti e vivaci a livello mondiale ma è proprio in questo

secolo che Librerie e collezioni d’arte di ordini religiosi, di patrizi e di

privati cittadini cominciano a mutare fisionomia, destinazione e spesso anche

7 Lo stesso discorso non è applicabile ai nostri giorni, quando i due parametri di antico e raro non sono più sovrapponibili, benchè sia fisiologico che più un libro è antico meno esemplari dovrebbero esserci in giro; a conforto di questa affermazione si pensi alla diffusione di edizioni del Seicento recanti opere di autori classici, ad esempio Cicerone, confrontata con la rarità della prima edizione de’ I Malavoglia di Giovanni Verga edita a Milano nel 1881 dai Fratelli Treves.

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proprietario8. Tre sono gli avvenimenti deleteri per la storia di Venezia che di

riflesso sovvertirono completamente l’approccio al collezionismo: la caduta

della Repubblica nel 1797, fatto che sconvolgerà l’assetto politico,

economico e culturale della città; il passaggio dalla dominazione austriaca

prima, francese poi e quindi nuovamente austriaca fino al 1866, anno in cui

la città venne annessa al neonato Regno d’Italia e per ultimo, anche se non

per ordine cronologico, il famigerato decreto napoleonico per la

soppressione degli Ordini religiosi9.

Focalizzando l’attenzione sul collezionismo librario, non ci si può

esimere dal considerare come esso abbia trovato terreno fertile in una città

che, fin dalle sue origini, per la sua natura prettamente commerciale ha

sentito l’esigenza di familiarizzare con la scrittura10 e sia imposta come

crocevia di culture, per lunghi anni infatti fu l’unico tramite per i contatti fra

Occidente e Oriente.

L’importanza di avere una biblioteca sia essa privata e inaccessibile o di

pubblica utilità11 e il desiderio di costituirla, trova testimonianze già in epoca

medievale, se si pensa che Petrarca, umanista ante litteram, rapito dallo

splendore e dalla pace che il governo della Serenissima garantiva ai suoi

8 Per una panoramica generale ma esaustiva e puntuale sulla diffusione del libro e sul collezionismo a Venezia nel Settecento si rimanda a M. INFELISE, L’editoria veneziana nel Settecento, Milano, Franco Angeli, 1989; M. ZORZI, La circolazione del libro. Biblioteche private e pubbliche, in: Storia di Venezia, 6, Roma 1994, pp. 589-613; id., La stampa, la circolazione del libro, ibid., 8, Roma 1998, pp. 801-860 e al nutrito apparato bibliografico.9 Tra il 1806 e il 1811, sotto il dominio napoleonico si ordinò la soppressione degli ordini religiosi, il decreto riguardava tutti gli Ordini e le Congregazioni eccetto gli Ospitalieri e le Suore di carità, i delegati statali apposero i sigilli e sequestrarono archivi, librerie, casse e appartamenti religiosi, dei beni confiscati quanto vi era di più prezioso o ritenuto tale fu trasportato in Francia, il resto venne messo all’asta; va ricordato che una prima spoliazione ad opera francese avvenne già nel 1797 all’indomani della caduta della Repubblica.10 Per l’analisi del legame tra attività commerciali e sviluppo e diffusione della scrittura cfr. Zorzi, La circolazione del libro, pp. 589 e sgg.11 Spesso anche le biblioteche private dei patrizi veneti, avevano ruolo di pubblica utilità e venivano aperte a studiosi e appassionati grazie alla sensibilità culturale dei propri possessori.

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cittadini, aveva in mente di lasciare in eredità alla Repubblica, proprio per

evitarne la futura dispersione, la sua preziosissima collezione di codici

manoscritti, all’epoca la più importante in Italia, creando così il nucleo per

una biblioteca pubblica12.

La storia delle librerie a Venezia13 si differenzia a seconda della classe

sociale di appartenenza del loro fondatore, di origine più antica, spesso

medievale, quelle religiose; cinque-seicentesche quelle patrizie; molto più

recenti, soprattutto settecentesche e oltre, quelle dei privati cittadini. Per

quanto riguarda gli ordini religiosi, solo per citarne alcune fra le più illustri,

si ricorda quella di S. Giorgio Maggiore, per la quale è possibile datare

all’anno 1362 il primo catalogo dei manoscritti in essa conservati14.

Celeberrima la libreria dei Camaldolesi di S. Michele di Murano15, si

stima che possedesse all’incirca quarantamila volumi tra stampati e

manoscritti; essa era la più ricca del territorio ed il suo incremento maggiore

lo ebbe nel ‘700 grazie alla brillante direzione del padre Giovanni Benedetto

Mittarelli, autore della monumentale opera Annales Camaldulenses16 e del

Catalogo17 a stampa dei libri posseduti dalla Biblioteca di San Michele di 12 Sulla questione e sui motivi per i quali il progetto purtroppo non riuscì cfr. ZORZI, La libreria, pp. 9-22.13 Per un resoconto dettagliato e puntuale sulle vicende delle biblioteche veneziane alla caduta della Repubblica, si veda la compilazione manoscritta di F. S. FAPANNI, Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, Cod. Marc. It. VII, 218 (=9116), Biblioteche di Venezia e delle isole, si veda a riguardo, ancora di FAPANNI, il ms. Cod. Marc. It. VII 2302 (=9131) con alcune varianti rispetto al precedente; per la bibliografia a stampa cfr. M. ZORZI, Le biblioteche a Venezia nel secondo Settecento, in «Miscellanea Marciana», 1 (1986), pp. 253-324; id., La gestione del patrimonio librario, in: Venezia e l’Austria, a cura di G. BENZONI – C. COZZI, Venezia 1999, pp. 265-290.14 Cfr. ZORZI, Le biblioteche, p. 256; tra i suoi frequentatori vi fu Cosimo de’ Medici nel 1433, durante il suo esilio veneziano, egli visitò spesso la biblioteca facendo dono anche di numerosi codici della sua personale biblioteca.15 Cfr. ZORZI, Le biblioteche, pp. 260-261.16 G.B. MITTARELLI, Annales Camaldulenses ordinis Sancti Benedicti, Venetiis, Jo. Baptistam Pasquali, 1755-1773.17 G.B. MITTARELLI, Bibliotheca codicum manuscriptorum Monasterii S. Michaelis Venetiarum prope Murianum, una cum Appendice librorum impressorum seculi XV, Venetiis, ex typographia Fentiana, 1779; pubblicato postumo, il catalogo contiene la descrizione di 1212 manoscritti più un’appendice con la descrizione di 668 incunaboli, presenti nella Biblioteca all’epoca del Mittarelli; l’organizzazione è data secondo l’ordine

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Murano. Benchè di formazione più recente rispetto alle precedenti, quella dei

Chierici Regolari Somaschi a S. Maria della Salute, costruita fra il Sei e

Settecento su progetto del padre generale dell’Ordine Girolamo Zanchi,

gestita dalle personalità più illustri della cultura veneziana18, contava alla

caduta della Repubblica più di trentamila volumi; fu grazie alla sua

dispersione che le quotazioni di Adolfo Cesare come libraio salirono

notevolmente.

Per quanto riguarda le biblioteche patrizie, va riconosciuto e reso onore

al merito che ebbero i patrizi veneti di preservare e custodire la cultura

nonché di permetterne la diffusione tramite le proprie raccolte librarie,

incrementate con pazienza e cura. Scrive Vittorio Rossi: “il patriziato

veneziano, fedele a una nobile tradizione sorta coi primi albori del

Rinascimento e ravvaloratasi nei secoli, fu, mediante le sue biblioteche,

adunate con sollecitudine sapiente e munificenza principesca,

benemeritissimo custode e valido aiutatore di quegli studi eruditi onde al

secolo XVIII viene tanta luce di gloria”19.

Non vi era dimora nobiliare nella quale una stanza non fosse riservata

alla collezione libraria, incrementata spesso durante viaggi all’estero e a

scambi o acquisti con altri collezionisti; anche questo patrimonio librario

subì la stessa sorte riservata a quello delle biblioteche monastiche, disperso o

distrutto dopo la caduta della Repubblica. La motivazione principale fu

quella economica, con la mutazione di regime politico infatti il patriziato

dovette enormenete ridimensionare il proprio tenore di vita, privato com’era

alfabetico dei nomi degli autori, nel caso di opere anonime dei titoli o dei soggetti; per i manoscritti viene data l’indicazione della materia, dell’epoca e la segnatura originale. Nella prefazione alla descrizione dei manoscritti Mittarelli fornisce informazioni sull’origine della Biblioteca, sullo scriptorium in essa attivo, su copisti illustri ed altrettanto illustri possessori e committenti.18 Per un elenco dei padri bibliotecari che la ressero cfr. ZORZI, Le librerie, p. 292 n. 34.19 V. ROSSI, La biblioteca manoscritta del senatore veneziano Jacopo Soranzo, in: Scritti di critica letteraria. Dal Rinascimento al Risorgimento, Firenze, Sansoni, 1930, pp. 251-271, qui p. 251.

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delle sue principali fonti di guadagno20, per monetizzare si era quindi

costretti a disfarsi nel vero senso della parola, dei gioielli di famiglia quali

collezioni di monili preziosi, raccolte d’arte e librerie.

Menzione d’onore merita fra tutte, la biblioteca del senatore Iacopo

Soranzo,21 giudicata eccellente e addirittura principesca già dagli eruditi suoi

contemporanei che ebbero il privilegio e la fortuna di poter essere ammessi

alla sua consultazione; tra questi Apostolo Zeno, possessore anch’egli di una

ricca biblioteca che la giudicava addirittura “immenso tesoro di libri più

ricercati”. Soranzo ne curò l’incrementò senza badare a spese, arrivando a

raccogliere più di quattromila manoscritti, moltissimi dei quali di grande

pregio oltre che per il loro valore artistico anche per l’importanza dal punto

di vista filologico; alla sua morte nel 1757, la biblioteca passò in eredità a

due rami distinti: gli Zorzi a San Severo22, che vendettero la propria quota di

duecentoventi codici a Teodoro Correr23, e i Corner della Ca’ Granda24 a San

Maurizio, che ottennero la parte più cospicua e la rivendettero all’abate

Matteo Luigi Canonici. Della biblioteca Soranzo esistono tre cataloghi

20 Tratto distintivo del patriziato veneto rispetto a quello di altri Stati europei, fu il trarre le proprie ricchezze dalle attività commerciali, ora del tutto loro impedite.21 Iacopo Soranzo (1686-1757) cfr. C. FRATI, Dizionario bio-bibliografico dei bibliotecari e bibliofili italiani dal sec. XIV al sec. XIX, Firenze, Olsckhi, 1933, p. 521; per una storia della Biblioteca Soranzo cfr. V. ROSSI, La biblioteca manoscritta del senatore veneziano Iacopo Soranzo: appunti, «Il libro e la stampa», 1 (1907), pp. 3-8, 122-133; I. MEROLLE, L’abate Matteo Luigi Canonici e la sua biblioteca: i manoscritti Canonici e Canonici-Soranzo delle biblioteche fiorentine, Roma-Firenze 1958, I-XI.22 Cfr. ZORZI, La libreria, p. 285.23 Iniziatore del futuro Museo Civico della città di Venezia; per una resoconto sulla figura di Correr e sulla Biblioteca cfr. G. ROMANELLI, Correr, Teodoro, in DBI, 29, Roma 1983, pp. 509-512; id., Il Museo Correr, Milano, Electa, 1994.24 Cfr. ZORZI, La libreria, p. 273.

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manoscritti in lingua latina e distinti per formato,25 compilati da Francesco

Melchiori, ultimo bibliotecario del senatore.

In questa fase storica, gli unici ad incrementare le proprie ricchezze

furono i mercanti antiquari e i librai, che spesso coincidevano, emergono

così, a cavallo tra i secoli XVIII e XIX, figure come Vincenzo Bianconi;

Antonio Canciani e suo figlio Gaetano, titolari di una delle più antiche

botteghe di libraio di Venezia, sita presso le Mercerie; i fratelli Coleti e

Adolfo Cesare, oggetto della nostra indagine, che susciterà sentimenti

contrastanti per il ruolo che ebbe nel commercializzare alcune fra le più

illustri librerie della storia veneziana.

La figura di Adolfo Cesare attraverso i Diari di Emmanuele Antonio Cicogna

Come già accennato, oggetto della presente ricerca è la figura di Adolfo

Cesare26 nella sua funzione di libraio, la motivazione principale di tale

interesse va ricercata principalmente nel ruolo che egli ebbe nel decretare il

destino finale di numerose librerie veneziane che passarono fra le sue mani.

Ad oggi non esistono studi sistematici, se non cenni fugaci in pubblicazioni

di vario genere, che ripercorrano le fasi della sua attività commerciale, né

25 Due volumi di in folio e uno per gli in quarto, la denominazione esatta dei cataloghi è per i primi Manuscriptorum codicum sexcentorum in folio in Bibliotheca Jacobi Superantii patritii veneti ac senatoris existentium catalogus. Tomus primis e Manuscriptorum codicum DC. in fol. in bibliotheca Jacobi Superantii patricii veneti ac senatoris existentium catalogus. Tomus secundus; per gli in quarto: Manuscriptorum codicum DCCC in 4.to in bibliotheca Jacobi Superantii patricii veneti ac senatoris existentium catalogus. Tomus Primus, era previsto un altro tomo che non è mai stato compilato; i cataloghi manoscritti si trovano conservati sia alla Biblioteca Marciana che presso la Biblioteca Correr, qui con la segnatura mss. Correr 1440-1442.26 Adolfo Cesare (m. 1847) cfr. E. A. CICOGNA, Saggio di bibliografia veneziana, Venezia 1847, p. 573 n. 4330; FRATI, pp. 157-158; Editori italiani dell’Ottocento, Milano 2004, p. 271.

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che propongano un resoconto puntuale sulle librerie da lui acquistate e

rivendute, con esplicito riferimento agli acquirenti.

Si ritiene interessante tale approfondimento poiché la sua Bottega

divenne sia motore di nuove dinamiche del collezionismo veneziano, sia

punto di riferimento e luogo di incontro obbligato per i letterati in città.

Infatti, grazie all’abilità commerciale e alla disponibilità economica, Cesare

fu tra coloro che beneficiarono del decreto napoleonico sulla soppressione

dei conventi, arricchendo il negozio di tali preziosi esemplari da fargli

assumere quasi la funzione di libreria di pubblica utilità27.

Oltre che da Emmanuele Antonio Cicogna28, impegnato fra l’altro in

mansioni organizzative come la stesura del Catalogo, la Libreria fu

assiduamente frequentata da studiosi veneziani fra i quali Giovanbattista

Licini, Mauro Boni, Giovanni Balbi, Luigi Celotti che qui si intrattenevano

su dotti argomenti bibliografici, specie in occasione dell’arrivo da Milano di

Gaetano Melzi e del libraio Carlo Salvi. O ancora da Iacopo Morelli e Pietro

Bettìo e dall’abate Daniele Francesconi motivati da esigenze professionali, in

quanto responsabili di pubbliche biblioteche, o dai collezionisti privati come

Mocenigo, Vanzetti, Pinali, Da Ponte, Pisani, per citare alcuni tra i più noti29.

Accanto a questo considerevole e movimentato interscambio di erudizione, il

Cesare svolgeva anche un’attività editoriale30, seppur modesta e riferibile ad

una pubblicistica divulgativa, Cataloghi di librerie private, almanacchi,

27 Cfr. Cicogna, Diario, I, 1 luglio 1810, p. 150: “L’ab. Torres grecista assai buono di nazione Spagnuolo ora si trova diserto perché non ha librerie, da andarsi a studiare. Esse, come si sa, sono bollate. Il perché va egli ogni giorno dal Cesare, e ivi si mette a studiare”.28 Per la biografia di Emmanuele Antonio Cicogna si rimanda a P. PRETO, Cicogna, Emmanuele Antonio, DBI, 25, Roma 1981, pp. 394-397; L. SPINA, «Sempre a pro degli studiosi». La biblioteca di Emmanuele Antonio Cicogna, in «Studi Veneziani», 39 n.s. (1995); G. BENZONI, La storiografia, in: Storia della Cultura Veneta, 6, Dall’età napoleonica alla prima guerra mondiale, Vicenza 1986, pp. 597-623 qui in pp. 601-602.29 Per i dati identificativi delle persone citate si rimanda alle note di commento ai Diari.30 Secondo Cicogna, Cesare aveva intenzione di fondare una Gazzetta Urbana sulla scia di quelle di Gasparo Gozzi e antonio Piazza ma il governo non gli concesse la licenza, cfr. Cicogna, Diario, II, 7 agosto 1816, p. 4193.

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opuscoli di ammaestramenti morali e religiosi, fra i cui autori spesso

figuravano gli stessi frequentatori della sua libreria e Cicogna in primis.

Strumento indispensabile per delineare a tutto tondo la storia di Adolfo

Cesare, sono i racconti che Cicogna fa di lui nei suoi Diari, i due ebbero

assidua frequentazione anche se definire il loro rapporto amicale risulterebbe

eccessivo31. È invece carente a riguardo l’Epistolario Cicogna, all’interno del

quale si registra la presenza di un’unica lettera inviata da Cesare a Cicogna,

datata 26 novembre 1811.

I Diari32, costituiscono un ricchissimo patrimonio di notizie storiche,

artistiche e letterarie, nonché puntuale ed esaustiva cronaca pubblica e

privata dell’epoca che va dall’anno 1810 al 186633. Inseriti in un filone

ampiamente documentato nella storia di Venezia, si pensi ai Diari di Marino

Sanudo34, sono un’ulteriore testimonianza di quanto la storia della città stesse

a cuore e fosse fra i principali interessi di letterati ed eruditi.

Cicogna non ricoprì cariche ufficiali di prestigio, né mai brillò per

ingegno personale, caratterizzato da una cultura di tipo erudito fu personalità

di notevole importanza ed influenza nel panorama culturale della città; i

Diari oltre a costituire intima riflessione sui fatti della propria vita, furono da

lui costantemente impiegati come fonte principale per le sue innumerevoli

attività di ricerca, ad esempio la monumentale opera Delle inscrizioni

veneziane35 sarebbe stata molto più difficoltosa senza l’apporto delle

minuziose informazioni raccolte nei Diari.

31 Si vedano più avanti i toni spesso polemici, misti sovente ad una superba alterigia con i quali Cicogna si eprime a proposito del Cesare, benche egli paia non meritare questo trattamento.32 In tre volumi manoscritti (mss. Cicogna 2844-2846) più uno (ms. Cicogna 2847) denominato Diario veneto politico, conservati presso la Biblioteca del Civico Museo Correr di Venezia, così come l’intero fondo Cicogna33 I resoconti terminano infatti pochi anni prima della morte dell’autore nel 1868.34 Marino Sanudo (1466-1536) ABI II 547, 181-185; III 380, 100-10135 Pubblicate a fascicoli a partire dal 1824

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Redatti in uno stile mai ordinario ma sempre ricercato e attento, i Diari

rivelano la piena consapevolezza da parte dell’autore, che il loro carattere

solo apparentemente privato, sarebbe stato modificato per renderli strumento

di pubblica diffusione e questo dato è confermato dalla compilazione di un

nutrito volume di Indici36, sintomo della volontà di farne un’edizione a

stampa. In principio la registrazione procede regolare e spesso è occasione di

divagazioni letterarie, numerosi gli aneddoti, racconti, fatti di cronaca,

storielle a sfondo morale, componimenti letterari, racconti salaci, nulla viene

escluso perché ogni avvenimento è considerato un tassello che rivela una sua

logica nella totalità del trascorrere del tempo. Si tratta di materiale per lo più

ordinato, nonostante l’apparente casualità delle annotazioni, con rimandi che

collegano argomenti già trattati, facilitando l’individuazione di tematiche

attorno a cui si sono svolti i dibattiti e le polemiche del mondo culturale

ottocentesco. Dai Diari emergono soprattutto gli interessi di Cicogna, quasi

esclusivamente letterari e bibliografici all’inizio, ma che col tempo rivelano

un curioso interesse verso qualsiasi esperienza culturale, sia essa musicale,

letteraria o artistica, che sancisce l’immagine di erudito che gli ha

riconosciuto la posterità.

Notevole è la fitta rete di relazioni che si evince con letterati e

bibliografi soprattutto di Venezia e Udine, le due città alle quali fu

maggiormente legato, ma anche con personalità di spicco provenienti da

Milano ad esempio Melzi e Salvi, o Firenze. Puntuale è il resoconto delle sue

acquisizioni37 quantunque ancora limitate, date le sue precarie condizioni

economiche e degli scambi, si assiste infatti alla formazione di quella che

sarà la Biblioteca Cicogna, lasciata in seguito a nota testamentaria, inter

36 Rimasta incompleto, la stesura degli Indici fu iniziata dal Cicogna nel 1816, in aggiunta al terzo volume dei Diari (ms. Cicogna 2846); l’intenzione dell’autore di farli rilegare trova conferma in ms. Cicogna 2845,; pp. 4281-4282, 8 novembre 1816 “li farò legare a 10 per tomo quinterni di II fogli l’uno”.37 Di queste si troverà sistematica descrizione nei copiosi cataloghi in sette volumi (mss. Cicogna 4424-4430) in cui descriverà il suo prezioso fondo manoscritti.

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vivos, in dono alla città di Venezia e quindi passata ad incrementare quello

che sarebbe divenuto il Museo Civico Correr.

Il primo incontro fra Emmanuele Antonio Cicogna e Adolfo Cesare

avvenne nel 1805 in occasione di un viaggio a Udine che il Cesare fece per

acquistare la libreria del commendatore Carlo Maria Della Pace38; i rapporti

fra i due si intensificarono a partire dal marzo 1808 quando Cicogna, dopo

aver lasciato il Collegio dei Nobili ad Udine, si trasferi a Venezia con tutti i

suoi libri, per ricoprire l’incarico di commesso alla Corte d’Appello della

città “occupando le ore vacue dall’ufficio di alunno alla Corte d’Appello,

presso il libraio Adolfo Cesare, egli mi regalava libri in compensamento

dell’opera che io gli prestava, unitamente al probo signore Giambattista

Licini della Fava, nel porre in ordine e nel catalogare le centinaia di volumi

ch’egli aveva, e preziosi assai, razzolati da molte librerie veneziane andate

miseramente in vendita, frallequali quella de’ Zeni a’ Gesuiti de’ Gradenigo

segretari a Santa Sofia, del Vanzetti, di santa Maria della Salute ecc. ecc. In

mezzo a questi libri ho potuto affrancarmi nelle cognizioni bibliografiche e

potei mandar fuori la «Dissertazione sul corpo di san Marco» (anno 1811),

la quale è tutta lavorata su autori che vidi ed esaminai presso il Cesare: nella

quale libreria, ch’era divenuta per l’importanza quasi di utilità pubblica”39.

Metodologia di ricerca

Lo studio è stato condotto effettuando lo spoglio del Diario, I,

Scartabelli I-VIII relativi al periodo compreso tra il 1 gennaio 1810 e 21

38 Secolo XIX, cfr. FRATI, pp.194-195; il Catalogo della sua collezione di manoscritti e incunaboli fu stampato presso Adolfo Cesare nel 1807, cfr. CICOGNA, Bibliografia, p. 573 nr. 4330.39 R. FULIN, Saggio del Catalogo dei codici di Emmanuele A. Cicogna, in Nozze Chiodo-Bressanin, Venezia 1872, pp. 63-64

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maggio 181140, da questi vengono tratti degli excerpta relativi alla figura di

Cesare.

I criteri utilizzati per la selezione si basano sulla presenza o meno di

riferimenti significativi, sono stati infatti isolati tutti i passi dai quali emerge

un ritratto esteso e dettagliato della sua attività di libraio (es. acquisizioni,

contatti commerciali etc), mentre sono stati esclusi dalla trascrizione i

resoconti in cui del libraio compaia mera citazione, senza che egli abbia

parte attiva nei fatti narrati o dai quali non sia possibile desumere alcuna

informazione utile all’obiettivo della ricerca.

Trattandosi di fonte manoscritta inedita, è stata proposta una trascrizione

fedele e rispettosa della grafia dell’autore, mantenute le abbreviazioni

laddove presenti e la punteggiatura originale, sono stati invece normalizzati

tutti i punti in cui la lettura sarebbe risultata appensantita o che avrebbero

potuto essere equivocati come refusi di stampa.

Limitati al minimo gli emendamenti al testo, se non in presenza di evidenti

errori segnalati col segno (sic!) nel corpo del testo; benchè la scrittura di

Cicogna si presenti agevole, spesso l'interpretazione di alcuni nomi o parole

pone dubbi significativi sulla lezione da accogliere, in tali casi si darà conto

in nota della lettura incerta.

40 Il primo volume dei Diari, ms. Cicogna 2844, raccoglie le annate dal 1810 al 1816.

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Ritratto di Emmanuele Antonio Cicogna, Morando Morandini, 1810

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Venezia, Biblioteca del Museo Correr, ms. CICOGNA 2844, DIARI DI

EMMANUELE ANTONIO CICOGNA (vol. I) DAL 1808 AL MARZO

1816 (tot pagine 4061, mm 293 x 200)

“N.B. Questi diari erano in fascicoli sciolti. Furono per ordine della

Direzione legati, affinché non andassero dispersi; si mantenne però il N.

progressivo dei fascicoli. Noto anche che la numerazione delle pagine è

sbagliata, nel fascicolo XXIV il Cicogna dalla pag. 1099 passò al 2060,

sorvolando 940 pagine. G. Nicoletti”41

“I Scartabello ossia Diario scritto in fretta e senza alcuno studio da me

Emmanuele Antonio Cicogna veneziano, comincia dal 1 gennaio 1810 a

tutto 28 marzo 1810”

2 gennaio 1810, p. 2:

“ (…) Questa sera ho scorso il Catalogo de’ libri che trovansi vendibili

appresso il Pagani42 a Firenze. Ve ne sono a prezzo vilissimo. Exem. gratia il

Decamerone del 1573 e le Annotazioni de’Deputati del ’7443 ambedue rari e

specialmente il primo, negli altri Cataloghi sono messi del prezzo almeno di

lire venete 70, ed ivi lo sono per paoli 30. La Novella antica del grasso

41 Nota autografa dell’abate Giuseppe Nicoletti (m. 1911), che fece parte del pool di catalogatori costituitosi in occasione del trasferimento della Biblioteca Correr alla sede del Fondaco dei Turchi, nel 1898 ne divenne vice-conservatore, si occupò dell’aggiornamento del Libro delle Classi; anch’egli legò in sede testamentaria i suoi libri alla Biblioteca Correr.42 Si tratta del tipografo e libraio fiorentino Gioacchino Pagani (sec. XVIII), i Cataloghi cui fa riferimento Cicogna e da lui visti presso la Bottega di Cesare potrebbero essere o il Catalogo di una collezione di libri che si vendono presso Giovacchino Pagani librajo in Firenze, Firenze 1802 o il Catalogo di una scelta e copiosa collezione di libri greci, latini, italiani, francesi, inglesi, spagnoli, tedeschi &c. alcuni dei quali di un merito assai distinto che si vendono da Giovacchino Pagani negoziante di libri e stampatore in Firenze, Firenze, aprile 1806.43 Per le questioni bibliografiche a riguardo cfr. Le annotazioni e i discorsi sul Decameron del 1573 dei deputati fiorentini, a cura di G. CHIECCHI, Padova 2001.

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legnajolo44 del Manni 1744, si è fatta assai rara e fu venduta persino oltre lire

100; e nel Catalogo suddetto si vende per 8. Questo fa credere

ragionevolmente che o non esistano presso il Pagani i libri nominati, o se

esistono, siano di pessima conservazione, o mancanti, od altro. Il sig.r Cesare

libraio di qui, appo il quale vidi il Catalogo, non dovrebbe, a mio credere,

farlo vedere a’ suoi amici, perciocché costoro disingannati degli alti prezzi

che ritrovansi sui Cataloghi45 di detto sig.r Cesare a paragone di quelli del

nominato Catalogo, troverebbero di miglior loro interesse il rivolgerse al

Pagani piuttosto che al Cesare, e aperti così gli occhi darebbero la

buonanotte a quello che fino ad ora credettero discreto nel fissare il valore a’

propri libri”.

4 gennaio, 1810 p. 5:

“(…) L’ab. Celotti46 chiaro raccoglitore di libri rarissimi ha seco un unico

ms. e inedito de’ viaggi di certo Bembo Viniziano47 nella China e nella

Persia. Esisteva questo codice pregiatissimo nella libreria di Giuseppe

Gradenigo48 a S. Sofia di Venezia, con note di uomini illustri e del chiar.mo 44 Domenico Maria Manni (1690-1788; DBI, 69, Roma 2007, 94-97), Novella antica del Grasso legnaiuolo, scritta in pura toscana favella, ed ora ritrovata Istoria ec, illustrata e coll’ ajuto di buoni testi emendata, in Firenze 1744, in-4; per la questione cfr. anche la Novella del grasso legniajuolo, riscontrata col manoscritto e purgata da molti e gravissimi errori, a cura di Pietro Fanfani, Firenze 1856; 45 “Alcuni libri vendibili al negozio di Adolfo Cesare, Venezia, 1808 e 1809, in 8; cfr. Cicogna, Bibliografia, p. 576 nr. 4351, p. 582 nr. 4389.46 Luigi Celotti (abate, pubblico consultore, 1789 ca.-1846 ca.) per le notizie sulla sua libreria cfr. FRATI, p. 154; CICOGNA, Delle inscrizioni veneziane, 4, Venezia 1834, p. 380; 6, Venezia 1853, p. 879; ZORZI, La libreria, pp. 275, 525–526 n. 308, 538 n. 83.47 Ambrogio Bembo (1625-1705; DBI, 8, Roma 1966, pp. 101–102), si tratta dell’opera Viaggio e Giornale per parte dell'Asia, (1671-1675); alla voce curata da Ugo Tucci viene data menzione del manoscritto cui fa riferimento Cicogna; cfr. la recente edizione del testo Viaggio e giornale per parte dell'Asia di quattro anni incirca fatto da me Ambrosio Bembo nobile veneto, a cura di A. Invernizzi, Torino, Ed. Abaco, 2006.48 Giuseppe Gradenigo (1738–1820; DBI, 58, Roma 2003, pp. 323-328); possessore di una pregiata libreria cfr., ZORZI, La libreria p. 298, della Biblioteca Gradenigo esisteva un indice curato da Jacopo Bravetti e pubblicato nel 1775 cfr. Cicogna Bibliografia, p. 576 nr. 4350, lo stesso Cicogna, nel resoconto del 18 giugno 1810 (ms. Cicogna 2844, p. 140), racconta di essersi occupato del suo trasporto, impresa di notevole impegno dato che la libreria constava di circa seimila volumi.

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cav. Morelli49 che il tenne in sommo pregio non pel contenuto, ma per la

rarità e unicità di esso. Passato poi con tutta la libreria in poter del sig.r

Cesare questi lo diede all’ab. Celotti (vedi giorno 27 corrente). Non posso

che lodare viemmaggiormente l’istituzion del p. Barnaba50 mentre questa

sera me ne diede più minuti ragguagli. Gli è poi di grande utilità, e di

bell’ornamento l’Enciclopedia di Padova51 che comperò dal sig.r Cesare

onde fornire il suo Collegio52 di ogni articolo di scienza ed arte, e servire così

al vario genio de’ Convittori e di foristieri che vanno a visitarlo (…)”.

13 gennaio, 1810 pp. 9-10:

“(…) Il sig.r Cesare libraio di qui, ha veramente fatto un bell’acquisto nelle

Librerie Zen53, Gradenigo, e parte di quella della Salute54; e acquisto tale che,

a mio credere, e a credere anche di chi conosceva le dette librerie, non verrà

mai pareggiato da qualunque altro che posteriormente si facesse dal Cesare.

49 Iacopo Morelli, (1745-1819; Frati, pp. 379-384) custode della biblioteca Marciana di Venezia dal 1778, per la sua figura cfr. Zorzi, La libreria.50 Ermanno Barnaba, (sec. XIX; padre somasco), Cicogna, Bibliografia, p. 547 nr. 4165.51 Allusione all'Encyclopédie Française stampata a Padova.52 Collegio privato istituito a S. Lucia in Venezia.53 Fondata dal senatore Sebastiano Zen e incrementata da suo figlio Antonio, nato nel 1773, che ne aveva compilato un dettagliato catalogo, egli inoltre prestava con generosità i libri più rari e preziosi, la biblioteca cominciava a disperdersi nel 1808, cfr. ZORZI, Le biblioteche, p. 284, id., La libreria, p. 345; Catalogo cronologico di edizioni del sec. XV che si trovano vendibili appresso Adolfo Cesare Librajo in Venezia in Cicogna, Bibliografia, p. 585 nr. 4407.54 La Libreria dei Chierici regolari Somaschi a Santa Maria della Salute, nata fra la fine del ‘600 e i primi del ‘700, fu arricchita costantemente grazie alla volontà dei suoi bibliotecari, spesso fra i più raffinati eruditi dell’ambiente veneziano, nel 1797 arrivò a contare circa trentamila volumi tra stampati e codici manoscritti. Nel 1810 l’ordine fu soppresso e la biblioteca definitivamente dispersa; dei manoscritti Somaschi esiste un Inventario il cui originale è conservato presso la Biblioteca Marciana Per la Libreria dei Chierici Regolari Somaschi a Santa Maria della Salute, cfr., fra gli altri, M. Zorzi, Le biblioteche, pp. 259-260; essa comprendeva, nel 1797, più di trentamila volumi, fu depredata pesantemente dai Francesi; “Fece sensazione l’accordo che i Somaschi conclusero con il libraio Adolfo Cesare, noto mercante di libri, in possesso di rilevanti mezzi liquidi, che in quel momento era fra i pochissimi ad avere. Egli poteva prendersi tremila libri a sua scelta, pagandoli una cifra fissa: un ducato l’uno; (…) Molti altri libri, sia a stampa sia manoscritti, finirono «nelle mani dei pescivendoli e venditori di pepe»” in Zorzi, La libreria, p. 327.

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Perciocché la Biblioteca Zen oltre il Boccaccio del 27 d’edizione originale

venduto per 90 zecchini (vedi giorno 13 aprile) al sig.r Vanzetti55 colto

bibliografo ed antiquario, oltre le Bibbie poliglotte, i quattrocentisti più rari, i

più scelti Bodoniani, una gran parte degli Aldini, i molti e rari libri d’arti, di

figure ec. ridondava (e ancora in parte ridonda) di libri d’ogni genere e

francesi e latini, e del 500 e moderni e di poemi antichi ec. libri di più legati

ottimamente, e a perfezion conservati. La Biblioteca Gradenigo aveva tutta

intera la Crusca. Chi non vede quanti libri perciò e quanti opuscoli rarissimi

che racchiudeva? V’erano di pregiati quattrocentisti e il celebre manoscritto

Bembo di cui favellai il giorno 4. Pochi, è vero, erano in essa i libri latini e

francesi e di poco pregio, ma i poemi e i libri italiani del 500 compensavano

questa mancanza. Ciò che in essa mi dispiaceva si era che, a riserva della

Crusca, gli altri libri tutti erano o non legati o mal conservati e talora

imperfetti. Tratti i più rari libri della Crusca, essa esiste invenduta tuttora, e

fra poco per opera nostra e del sig.r Licini56 ne sortirà il Catalogo. Che dirò

della libreria della Salute? È già fama ch’essa fosse una delle migliori di

Venezia. Per comprendere se è pregevole quella parte di libri che di essa

acquistò il sig.r Cesare, basti il dire che da quei religiosi stretti dal bisogno

egli ebbe la libertà di scegliersi a piacere 3mila volumi dando un ducato

corrente per ogni volume. È ben facile l’immaginare che il Cesare avrà scelti

i più buoni, i più rari e firmati. Dice Virgilio: quid non mortalia pectora

cogit auri sacra fames: io ometterei l’auri e se vuolsi anche il sacra, e

adatterei acconciamente questo detto ai religiosi della Salute che per pura

fame furon ridotti a spogliarsi di cose tanto preziose. Dirò di passaggio che

fra questi libri scelse il sig.r Cesare il Decor puellarum57, libro tanto noto per 55 LorenzoVanzetti (sec. XVIII-XIX) bibliofilo e antiquario vicentino; per un resoconto sui suoi acquisti cfr. B. GAMBA, Serie dell’edizioni de’ testi di lingua italiana, Milano, dalla Stamperia Reale, 1812, loci varii. 56 Giovanbattista Licini Della Fava, amico personale di Cicogna cfr. Fulin, op. cit., p. 63.57 Il Decor puellarum fu oggetto di una vera e propria disputa bibliografica, a causa di un errore tipografico, il frontespizio recava come data di impressione il 1461 anziché 1471, fu considerato il primo libro stampato a Venezia, a sostenere questa tesi furono Giovanni

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le bibliografiche quistioni che suscitò, e che fu da lui venduto 60 zecchini,

una Bibbia del ‘400 impressa in pergamena, le laudi di Feo Belcari, la Bella

mano del 147258 e del 1595 rarissime, i Capricci del bottaio59 ec.ec.ec. Una

gran parte di questi sono già venduti. Ho io pure cooperato a farne il

Catalogo”.

26 gennaio 1810 p. 21:

“(…) Ho veduto un esemplare delle Rime del Coppetta60 tutto postillato e

con aggiunte inedite a penna del p. Caterino Zeno61 Ch. R. S. assai noto per

la sua erudizione, e ho veduto anche postillato dallo stesso un esemplare

delle Rime del Burchiello62 edizione di Crusca; volli anzi far il confronto

dell’uno e dell’altro carattere onde veder se erano della stessa mano, come in

fatti lo sono. Esistevano nella libreria dei PP. Della Salute, che nominai più

sopra, ed ora il Coppetta è appresso il sig.r Cesare e il Burchiello l’ha

acquistato il sig.r Licini che mi pregò di fare il detto confronto (…)”.

2 febbraio 1810 p. 25:

Maria Paitoni e l’abate Mauro Boni, entrambi sistematicamente smentiti; sulla controversa questione editoriale cfr. D.M. PELLEGRINI, Della prima origine della stampa in Venezia per opera di Giovanni da Spira del 1469. E risposta alla difesa del Decor Puellarum del signor ab. Mauro Boni, Venezia dalle stampe di Antonio Zatta, 1794; CICOGNA, Bibliografia, p. 570, nrr. 4309-4312.58 Giusto de’ Conti, Iusti de Comitibus Romani utriusque iuris interpretis ac poetae clarissimi Libellus foeliciter incipit intitulatus La bella mano, [Bologna], per me Scipionem Malpiglium Bononiensem, 1472.59 Opera di Giovan Battista Gelli, accademico fiorentino, stampati per la prima volta a Firenze nel 1546, qui non è menzionata l’edizione.60 Francesco Beccuti detto il Coppetta (1509-1553; DBI, 7, Roma 1965, pp. 498-502), il riferimento è alla prima edizione delle Rime stampata postuma a Venezia nel 1580 presso i fratelli Guerra e curata da Ubaldo Bianchi.61 Pietro Caterino Zeno, al secolo Nicolò (m. 1732; Ferrari, Onomasticon, p. 633); padre somasco, fratello di Apostolo Zeno, collaborò all’organizzazione della Biblioteca della Salute.62 Domenico Di Giovanni (1404-1449; DBI, 40, Roma 1991, pp. 621-625) detto il Burchiello.

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“Il sig.r Cesare da ier l’altro ha principiato a fare il Catalogo della famosa

libreria Canonici63, ridondante di molte Bibbie stampate, e di molti e molti

pregevolissimi codici m.ssi. Mi trattenni per alcune osservazioni di lingua”.

12 febbraio 1810 pp. 30-31:

“Il sig.r Giovanni Balbi64 Nobile Veneto con cui spesse volte mi trovo nella

Bottega del sig.r Adolfo Cesare (…) ci narrava, come il famoso codice delle

leggi di Ferramondo65 esistente già nel tesoro di s. Marco e poi nella

Biblioteca di S. Marco sotto la custodia del ch. Cav. Morelli per varie volte

ricercato da Luigi XVI, ma che la Repub. non volendosene privare ne fece

fare una copia bellissima e mandogliela in dono, e come lo stesso

preziosissimo codice, essendo stato descritto dal sullodato Morelli nella sua

Biblioteca de’ mss. di S. Marco, fu il primo che i francesi, con tutti gl’altri

più ricchi e pregiati monumenti di questa città, portarono con loro in Francia

unendolo alla copia già fatta (…)”.

14 febbraio 1810 p. 32:

“(…) Si parlò della Libreria Canonici. Non è poi essa tanto pregevole quanto

si dice. Egli è vero che ci sono trecento e più codici manoscritti, ma a riserva

d’una cinquantina gli altri sono de’ comuni. Vero è che vi è una grandissima

serie di Bibbie, ma tradotte una cinquantina, le altre sono di poco valore.

(…)”

22 febbraio 1810 p. 34:

63 Matteo Luigi Canonici (1727-1805; DBI, 18, Roma 1975, pp. 167-170); per la storia della sua celebre libreria cfr. C. FRATI, pp. 134-135; I. Merolle, l’abate Matteo Luigi Canonici e la sua biblioteca, Roma 1958; ZORZI , La libreria, pp. 290, 299, 320, 375, 537. 64 Giovanni Balbi (sec. XIX); cfr. Zorzi, Le biblioteche, p. 271; id., La libreria, p. 334.65 Se la lettura è corretta, si allude al mitico re francese Ferramondo che nel 418 d. C. emanò un codice di leggi, tra cui la Legge Salica, prima di Clodoveo.

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“Feci ieri vedere il Catalogo della libreria Cajmo66 di Udine al sig.r Cesare.

Egli non vi trovò di buono che l’epistole di S. Caterina da Siena67 1500 di

Aldo, e quelle di S. Gerolamo68 in due tomi 1480. Il resto si può vender a

peso di carta”.

“II Scartabello. Comincia da 29 marzo a tutto 22 maggio 1810”

12 aprile 1810, pp. 87-88:

“(….) Nel Catalogo de’ libri che il sig.r Cesare ebbe da’ PP. Della Salute

eravi descritta un’edizione originale del Boccaccio 152769, ma frammischiata

con molte carte dell’edizione contraffatta (vedi 13 Genn.). Iersera l’ab.

Celotti portò seco un Decameron originale dello stesso anno cui mancano

poche carte, una essendone ristampata due altre avendo un pezzo

manoscritto, essendo alcune altre imbrattate. È una fortuna che tra l’uno e

l’altro si perfeziona un esemplare originale, quantunque verrà esso troppo

smarginato. L’esemplar del Cesare è trattenuto dal Mulazzani70 Com. di

Polizia, ma non acquistato. Il Celotti d’altronde non vuol vendere il suo,

vedremo dunque chi dei due avrà la forza di perfezionarlo, lo dirò più

abbasso”.

21 aprile 1810 p. 93:

66 Nobile famiglia udinese, per la vendita della cui biblioteca Cicogna fece da intermediario.67 Epistole deuotissime de sancta Catharina da Siena, Venetia, in casa de Aldo Manutio Romano, 1500 a di xv septembrio68 Hieronymus, Epistolae, quod quidem opus una cum priori volumine in urbe Parmensi diligenter & emendatum & impressum est, 1480 Idibus Maii69 Il Decamerone di m. Giouanni Boccaccio nuouamente corretto et con diligentia stampato, 1527 impresso in Firenze, per li heredi di Philippo di Giunta nell'anno del Signore 1527, adi XIIII del mese d’aprile.70 Antonio Mulazzani, barone (1772-1854) collezionista bibliofilo, per una storia della sua collezione cfr. F. ZANOTTO, Descrizioni della città, in: Venezia e le sue lagune, 2/2, Venezia 1847, p. 480, sul suo ruolo pubblico cfr. M. MERIGGI, Amministrazione e classi sociali nel Lombardo-Veneto (1814-1848), Bologna, Il Mulino, 1983, pp. 216-218.

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“(…) Questa sera capitò a Venezia il sig.r Gaetano Melzi71 famoso

bibliografo a Milano. Vi capitò pure l’ab. Profess. Francesconi72 di Padova e

il professor Cigolini73 nella Specola di Bologna, e il Salvi74 librajo in Milano

assai colto e peritissimo di libri antichi e rari. Giunsero in Bottega dal sig.r

Cesare e si parlò di varie cose bibliografiche (…)”.

24 aprile 1810 p. 95:

“Ippolito Pindemonte75, chiaro poeta (…) il vidi una volta sola nel negozio di

Adolfo Cesare”.

5 maggio1810 p. 111:

“(...) Ieri giunse nella Bottega del sig.r Cesare il Melzi. Il Cesare gli disse

che avrebbe da me ricevuta una Novella76 fatta stampare in 24 esemplari (26

aprile e segg.). Rispose il Melzi che la vedrà volentieri quando gli verrà

consegnata a Milano. Io gli dissi d’essere anche l’autore della prima Novella

che egli già ricevette; e vi soggiunse che ne credeva autore Tommaso

Grapputo77”.

14 maggio 1810 p. 120:

71 Gaetano Melzi, conte (1783-1851), possessore di una biblioteca di circa 30.000 volumi, cfr. notizie in FRATI, pp. 355-356.72 Daniele Francesconi, (1761-1835) professore e bibliotecario della Biblioteca Universitaria di Padova dal 1805, comperò da Adolfo Cesare parte della biblioteca del nobile veneziano Lorenzo Antonio da Ponte; cfr. notizie in FRATI, p. 236.73 Lodovico Maria Ciccolini (1767-1854; DBI, 25, Roma 1981, pp. 357-358) professore di Astronomia all'Universita di Bologna, direttore della Specola e commendatore dell'Ordine gerosolomitano.74 Carlo Salvi, (sec. XIX); per la sua attività di libraio cfr. Catalogo de' libri che trovansi vendibili presso Carlo Salvi, librajo in Milano sul corso di Porta orientale al n. 634 , Novembre 1806; il Supplemento al catalogo de' libri del 1807 e un nuovo Catalogo del 1808.75 Ippolito Pindemonte (1753-1828; ABI I 787, 185-250).76 Per una bibliografia delle Novelle di Cicogna cfr. G. PAPANTI, Catalogo dei Novellieri italiani in prosa, 1, Livorno 1871, pp. 100-102.77 Tommaso Grapputo (sec. XIX), censore alla stampa in Venezia; cfr. Cicogna, Diari, I, 14 marzo 1811, p. 367.

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“Si parlò di cose letterarie in bottega Cesare, vi era il sig. Pinali Gaetano78

Giud. presso questa Corte d’appello, bravo dilettante d’architettura. Vi venne

l’ab. Boni79 questi mi disse che dovette costretto da preghi comporre di poca

voglia l’Epigrafe pel Predicatore (4 maggio), e che era anche incomodato a

letto. Gli parlò di varie edizioni del 400 con figure, di Roma, di Verona etc. e

ciò perché Pinali aveva acquistato di fresco un libro figurato che fu il primo

con figure impresso in Verona80; di alcune cose di letterati del ‘500 fioriti in

Venezia; e come sarebbe utilissimo dalla storia il sapere dove abitavano gli

Aldi, i Gioliti ecc. Vi fu pure l’ab. Francesconi che mi promise, tornato da

Milano per cui parte domani, di rispondermi sulla novella”.

22 maggio 1810 p. 123:

“Ieri il sig. Cesare librajo fece acquisto di vari codici mss. dalla libreria di

PP. Della Salute di questa città, vi sono fra gli altri un Dante assai antico, un

Burchiello, un Petrarca in pergamena ma imperfetto, i corali di S. Gregorio,

la Bella mano in pecora, un Boezio tradotto con note, un altro Petrarca

perfetto in pergamena in forma di 4 grande, alcuni libri di cose venete,

un’opera di S. Agostino ossia i suoi Sermoni volgarizzati, alcuni versi latini

(che paiono indici) di Nicolò Leonici dei Tomei81 veneziano etc. oggi ha

portato alcuni novi mss. ma non li vidi ancora (...)”.

78 Gaetano Pinali (n. 1759) archeologo, giudice ABI I 787,67-7079 Mauro Boni (1746-1817; DBI, 12, 81-84), bibliotecario del Collegio dei Gesuiti in Reggio; cfr. in FRATI, pp. 113-11480 Probabile allusione ad un esemplare dell’editio princeps del De re militari di Roberto Valturio (1405-1475), stampato a Verona nel 1472 da Giovanni di Niccolò da Verona e tradizionalmente indicato come il primo libro illustrato da un incisore italiano, le cui illustrazioni sono variamente attribuite a Giovanni Bettini da Fano e Matteo de Pasti o alla sua scuola romana; per un resoconto sulla questione cfr. fra gli altri F. LOLLINI, Il “De re militari”: qualche considerazione sulle questioni stilistiche, in: Roberto Valturio “De re militari”, Rimini 2006, pp. 107-114.81 Nicolò Leonico Tomeo (1456-1531), filosofo aristotelico docente presso l’Università di Padova; cfr. in G. TENNEMANN-F. LONGHENA, Manuale di storia della filosofia, 4, Milano 1855, pp. 517-518.

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“III Scartabello. Comincia da 23 maggio a tutto 18 luglio 1810”

24 maggio 1810 p. 128-129:

“Al 22 di questo vidi un preziosissimo libro, ed è Antoniana Margarita del

Pereira82 libro descritto da m. De Bure83 al numero 1291. L’esemplare che

vidi io che era presso il sig. Cesare e che prima apparteneva alla Libreria

della Salute corrisponde perfettamente alla descrizione che ne fa De Bure.

(...). Ho acquistato dal sig.r Cesare, presso cui era il suddetto manoscritto84, il

Decamerone del 157385 per lire 12 venete. Ne vale almeno 30. In cambio gli

diedi un Rusconi Architettura in folio. Siccome poi a me non piace

d’ingannare alcuno, così avvisai il sig.r Cesare che l’edizione di questo

Rusconi è quella del Valvassense 166086, ma che non ha il frontispicio di

quella, avendolo invece rimesso dell’edizione Giolito 159087 rarissima.

Aggiungesi che in fine vi è anche l’impressa de’ Gioliti rimessa a bella posta.

E siccome nella fine dell’ultima pagina era indietro il luogo, lo stampatore e

l’anno dell’edizione del Valvasense, così per meglio ingannare il compratore

fu con fortissimo inchiostro cassata questa riga (...)”.

82 Di Juan Gomez Pereyra, Antoniana Margarita, opus nempe physicis, medicis, ac theologis non minus vtile, quam necessarium, per Gometium Pereiram, Methymnae Campi, excusum est hoc opus in officina chalcogrphica Guillielmi de Millis, 1554.83 Guillaume-Francois Debure (sec. XVIII-XIX), libraio e tipografo francesce, autore della Bibliographie instructive, ou Traite de la connoissance des livres rares et singuliers, 1-7, Paris, chez Guillaume-Francois De Bure le jeune, Libraire, quai des Augustins, 1763-1768.84 Si tratta di un volgarizzamento della Prima Deca di Tito Livio.85 Il Decameron di messer Giouanni Boccacci cittadino fiorentino. Ricorretto in Roma, et emendato secondo l'ordine del sacro Conc. di Trento, et riscontrato in Firenze con testi antichi & alla sua vera lezione ridotto da' deputati di loro alt. Ser, nuovamente stampato in Fiorenza, nella stamperia de i Giunti, 1573.86 Si tratta dell’opera del Rusconi I dieci libri d' architettura di Gio. Antonio Rusconi. Secondo i precetti di Vetruuio, nouamente ristampati, & accresciuti della Prattica degl'horologi solari, in Venetia, per Francesco Valvasense, 1660 adi 25 maggio87 Della architettura di Gio. Antonio Rusconi, con centosessanta figure dissegnate dal medesimo, secondo i precetti di Vitruuio, e con chiarezza, e breuita dichiarate libri dieci , in Venetia, appresso i Gioliti, 1590.

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29 maggio 1810 p. 132:

“Oggi ho inviato a regalo l’esemplare 21 della mia seconda novella al co.

Francesco Rizzo88. Signore che possiede di assai buoni libri e rari e che è

gentilissimo. Egli me ne ricercò una copia ier sera nella Bottega del sig.r

Cesare (...)”.

30-31 maggio 1810 p. 132:

“Fui dal sig.r Cesare, e posi in ordine e in Catalogo89 i libri del quattrocento.

Si stamperà questo Catalogo (...)”.

2 giugno 1810 p. 133:

“Ier sera fui di nuovo a Catalogare di quattrocentisti assai rari (…)”

12 giugno 1810 p. 138:

“(…) L’altro giorno scrissi al Tomitano90 rendendogli conto di un esemplare

delle Annotazioni de’ deputati al Decameron 1573, postillato di mano di

Alessandro Tassoni91 che esisteva nella Libreria della Salute e ora è in

vendita presso il sig.r Cesare. So che è assai amante di questi libri Tomitano,

e che anche il Decameron del Salviati 158792 con annotazioni ms. originali di

mano dello stesso Tassoni, esemplare che similmente era in libreria alla

Salute e che pervenuto al Cesare fu da questi ceduto al Grapputo, e il

Grapputo lo diede al Tomitano. In questo esemplare è una nota di mio

88 Francesco Rizzo Patarol (m. 1833), cfr. ZORZI, Le biblioteche, p. 287 e nn. 311-312.89 cfr. Cicogna, Bibliografia, p. 585 nr. 4407 “Catalogo cronologico di edizioni del secolo XV, che si trovano vendibili appresso Adolfo Cesare Librajo in Venezia, in 12, senza data, ma è del 1810 circa. E’ formato per lo più dall’acquisto che il Cesare fece della squisita Biblioteca già fondata da Sebastiano Zeno dei Gesuiti”.90 Giulio Bernardino Tomitano (1761-1828) ABI I 953, 409-417; II 624, 240-241.91 Alessandro Tassoni (1565-1635) Ferrari, 651.92 Il Decameron di messer Giouanni Boccacci cittadin fiorentino, di nuouo ristampato, e riscontrato in Firenze con testi antichi, & alla sua vera lezione ridotto dal caualier Lionardo Saluiati, Firenze, nella stamperia de' Giunti, del mese di febbraio 1587.

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carattere; il perché Tomitano scrivendomi nell’anno scorso credette che

l’esemplare fosse stato mio”.

15 giugno 1810 p. 139:

“(…) Ho lavorato come un cane nel trasportare in tante casse la libreria

Gradenigo. Questo signore affitta quelle stanze a monache, ed ha voluto che

il Cesare trasporti in casa sua la libreria”.

18 giugno 1810 p 140:

“ Si vede a trasportare una quantità di libri di Biblioteche de’ Conventi

Soppressi, e vengono venduti a peso di carta. Se io avessi tempo e luogo

vorrei farne scelta e forse mi capiterebbe alle mani qualche libretto raro. Si è

terminato di trasportare la libreria Gradenigo. Non fu piccola impresa il

trasporto e il metter in altrettanti cassoni una libreria d’oltre 6 mila volumi

numerati progressivamente in modo che traendoli fuori per riporli in nuovi

colci93 non ne vada più uno fuori dal suo luogo, e facilmente possano

trovarsi. Questo è mio merito”.

25 giugno 1810 p. 142:

“Oggi il Cav. Lamberti94 è ito a vedere i libri di casa del Cesare, scelse alcuni

libri di Crusca, di Aldo e del Quattrocento”.

26 giugno 1810 p. 141:

93 Lettura incerta.94 Anton Maria Lamberti, (1757-1832; DBI, 63, Roma 2004, pp. 165-168).

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“Ier sera il Cav. Lamberti fu dal sig.r Cesare. Vi fu anche il cons.e Pino, il p.

Barnaba, il Balbi ed altri (…)”

29 giugno 1810 p. 145:

“Ier sera vidi il Decameron 1527 dell’ab. Celotti di cui parlai altra volta,

dissi che allora volea prenderlo il conte di Aolisin95 egli nol prese e prese

invece per 4 zecchini quello che possedea il Cesare mezzo imperfetto di cui

parimenti parlai. Non si può dar cosa peggiore. Egli aveva la bella

opportunità di perfezionare un esemplare e non volle per la spilorceria di 10

o 12 zecchini che avrebbe costato quello di Celotti in qualche luogo, come

dissi altrove, imperfetto, ma in modo che di due se ne poteva trarne uno

perfettissimo. Chi sa mai quando succede una più bella occasione, forse mai

più! (…)”.

30 giugno 1810 p. 147:

“Ieri di mattina fui in casa del sig. Cesare. Vi venne l’ab. Bettio96 Vice

Bibliotecario di S. Marco. Scelse alcuni opuscoletti. Egli testé raccolti,

dissemi che l’Ab. Morelli ne ha più di mille volumi di opuscoletti, de’ quali

tutti esso ab. Bettìo fece il Catalogo per nome d’autori, e per materie in cui

impiegò più di un anno. Eravi anche Licini. Parlammo di cose letterarie e

bibliografiche. Li ho mostrati vari libri rari. Egli mi disse, e bene, che molti

libri citati dal Vogt97 come rari, tali non sono in Italia ma bensì in Germania.

E infatti molti libri rari sono in un luogo che in un altro non lo sono (…)”.

1 luglio 1810 p. 150:95 La lettura è incerta e non è stata possibile l’identificazione.96 Pietro Bettìo (1769-1846) DBI, 9, Roma 1967, pp. 757-760; successore di Iacopo Morelli come direttore della Biblioteca Marciana, dal 1819 al 1846; per una trattazione esaustiva cfr. Zorzi , La libreria.97 Johann Vogt, Johannis Vogt Catalogus historico-criticus librorum rariorum, jam curis quartis recognitus et copiosa accessione ex symbolis et collatione bibliophilorum per Germaniam doctissimorum adauctus, Hamburgi, sumptibus Christiani Heroldi, 1753.

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“(…) L’ab. Torres98 grecista assai buono di nazione spagnuolo ora si trova

diserto perché non ha librerie, da andarsi a studiare. Esse, come si sa, sono

bollate. Il perché va egli ogni giorno dal Cesare, e ivi si mette a studiare”.

3 luglio 1810 p. 151:

“Ieri l’altro col Licini e coll’ab. Bettìo fummo dal Cesare e l’ab. scelse alcuni

opuscoli, giacché ne fa raccolta. Scelse per la Libreria di S. Marco due libri

di lettere manoscritte autografe di Giovanni Poleni99, e molti libretti di

musica del ‘500” (…)”.

8 luglio 1810 p. 156:

“(…) Ier sera dal Cesare si parlò di varie cose concernenti medaglie, e

veneasi sul discorso dell’immortale Canova (che abita ora in casa

dell’architetto Selva100) (…)”.

13 luglio 1810 p. 164:

“(…) Lo mostrai ier sera al Cesare. Lodò la bellezza, ma ne biasimò il

prezzo dicendo ch’e’ lo venderebbe per 12 zecchini e che per conseguenza lo

comprerebbe per 6 (…)”

“IV Scartabello comincia da 19 Luglio a tutto 28 Agosto 1810”

98 Antonio Torres di Siviglia, (sec. XVIII-XIX) ex-gesuita, autore fra le altre cose delle Antiquitates Cretenses, incomplete per la sopraggiunta morte dell’autore, lasciò nel 1817 una scelta libreria di argomento biblico e archeologico cfr. Zorzi, La gestione del patrimonio librario, p. 281.99 Giovanni Poleni (1683-1761; Ferrari, p. 548); matematico e fisico, docente presso l’Università di Padova.100 Giovanni Antonio Selva (1753-1819; Ferrari, p. 622).

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20 luglio 1810 p. 177:

“Ier sera ho parlato al sig.r Cesare di questa libreria non facendo il nome del

suo possessore. Egli s’accorse subito ch’era quella del Tomitano, e disse che

anche il Salvi di Milano era pronto per farne la compra ma che non si

accordò pel prezzo esorbitante (…). Il Cesare ha delle trattative per comprare

la libreria Pisani101. Esistono in essa de’ libri assai buoni come apparisce dal

Catalogo102 che in tre volumi in 8.vo fecesi stampare, e che ha avuto

pochissimo esito (…)”.

21 luglio 1810 p. 178:

“(…) Il Cesare non è soltanto libraio; è anche antiquario. Chi vede ora la sua

Bottega, vi troverà de’ bronzi non ispregevoli. Egli li comperò da’ Padri della

Salute, se non erro (…)”.

22 luglio 1810 p. 179-180:

“Ieri ebbi lettera del sig. Gaetano Melzi di Milano. Risponde a due mie con

le quali gli mandai la Novella seconda. Mi ringrazia, la loda ecc. disse che ha

parimenti scritto al Cesare sul mio libro delle Cento Novelle”

23 luglio 1810 p. 189:

“Il sig. Melzi mi ha offerto 20 zecchini veneti del libro delle Novelle

antiche. Io gliene avea dimandati per mezzo del Cesare 24 (…)”.

24 luglio 1810 p. 181:

101Per la Libreria Pisani cfr. Zorzi, Le biblioteche, pp. 280-281.102 Bibliotheca Pisanorum Veneta annotationibus illustrata, Venetiis, Curti, 1807-1808, volumi tre, in 8; compilatore e curatore fu Antonio Giovanni Bonicelli, futuro vice bibliotecario della Biblioteca Marciana; cfr. anche Cicogna, Bibliografia, p. 581, nr. 4383

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“Il Cesare aveva scritto anche al Balbi, che ora si trova a Padova perché

parlasse col co. Borromeo103 sul mio libro Delle cento novelle antiche. Ieri il

Balbi rispose al Cesare che il co. Borromeo all’annunzio di questo libro e

all’udire i 24 zecchini svenne; che era presente il co. Lazara104 il quale con

acque e con odori lo fe ritornare in se (…) Ieri poi similmente il Cesare per

far riavere il co. Borromeo dal suo svenimento gli mandò la lettera del Melzi

con cui mi offre 20 zecchini (….). Il Foglierini105 altro librajo di questa città

dicesi che possa per opposizione al sig.r Cesare nell’acquisto della Libreria

Pisani che va all’asta a’ 29 del corrente”

26 luglio 1810 p. 182:

“(…) Ier sera nella Bottega di Adolfo Cesare narraronsi varie storielle (…)”.

2 agosto 1810 p. 191:

“(…) Ieri fui a pranzo dal Cesare, con l’ab. Barnaba, il Bada106 poeta

veneziano e anche altri. Si passò la giornata assai allegramente. Il Cesare ha

un suo figlioletto nel Coll. del detto Barnaba. Non vi potrei dire quanto sia

amato questo figliuolino. Forse egli è anche troppo, il perché è un poco

disubbidiente, cattivo, piange quando lascia il papà e la mamma. Cesare

vuole un ben di vita a cotesto suo figliuolo. In Collegio lo fa trattare meglio

di quanto ve ne pare. Ciò è male. L’invidia è facile che sia suscitata fra gli

altri. Gli fé fare un bicchiere d’argento, gran quantità di camicie, di

biancheria. Maestri egli vuole di tutta la sorta. Egli ha intenzione che questo

suo figliolo diventi un gran frutto. Egli potrà essere. Ma a che ciò se e’ vorrà

poi fare il librajo? Bene è vero che è buono ch’egli sappia di tutto, e che fatto

103 Antonio Maria Borromeo conte (1724-1813; DBI, 13, Roma 1971, pp. 27-28), bibliofilo collezionista e novelliere, cfr. anche Frati, p. 117.104 Nicolò De Lazara (1790-1860; Ferrari, p. 404).).105 Antonio Foglierini (sec. XVIII-XIX; Editori Italiani dell’Ottocento, p. 456), tipografo e libraio.106 Giambattista Bada (sec. XVIII-XIX; ABI I 89, 200).

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grande scelga quello che meglio gli piacerà. Non par al presente che questo

fanciullo abbia talento, e voglia d’apprendere. Ha 4 anni circa. Non so

disapprovare il padre se teneramente e sinceramente l’ama. Fui amato e sono

ancora io similmente dal Padre mio che farebbe tutto per me. Sebben non lo

meriti a niun punto.”

13 agosto 1810 p. 203:

“(…) Venne il giorno 10 in Bottega dal Cesare l’ab. Nalesso107 di Padova. Si

parlò sul legare e lavare, e levare le macchie de’ libri. Pino v’era, ed è assai

valente anche in ciò. (…)”

14 agosto 1810 p. 204:

“(...) Due Ebrei, come dissi comperarono per otto mila ducati la Libreria e la

Galleria di quadri de’ co. Collalto. Il librajo Cesare acquisterà alquanti di

questi libri. La Libreria Pisani è già del Cesare – poi fu acquistata

dall’Occhi108 librajo”

15 agosto 1810 p. 205:

“(…) Il Cesare avea simile intenzione di ristamparlo109. Ne ha una copia

colle immagini ed aggiunte etc. Apparteneva alla Libreria Gradenigo, e credo

di averne parlato (N.d.A. non fu ristampato – 1866)”.

107 Giambattista Nalesso (sec. XVIII-XIX) abate di Padova, collezionista di libri e di opere d’arte.108 Simone Occhi (Sec XVIII-XIX), tipografo e libraio di Venezia, cfr. Zorzi, Le biblioteche, p. 270109 Il riferimento è all’opera di Gasparo Gozzi la “Marfisa bizzarra”, precedentemente citata.

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18 agosto 1810 p. 209:

“L’altra sera capitò in bottega Cesare l’ab. Boni. Parlò della Prefazione che

fece al Petrarca stampata dal Picotti a spese Foglierini in quest’anno (…)”

20 agosto 1810 p. 212-213:

“Il giorno 15 fu venduta all’asta la libreria Pisani, e per 22 mila lire italiane

la comperò il sig.r Cesare senza che alcuno vi concorresse. Unitamente alla

libreria vanno comprese le scancie che sono di noce assai belle e ben

architettate (…) Più bella compera e a sì piccolo prezzo non potea fare il

sig.r Cesare. Ma il bisogno è grande; e come si sa, Ca’ Pisani è colma di

debiti. L’ab. Bonicelli che n’era il Bibliotecario si doleva assai. Egli è degno

di compassione, come lo sarebbe un padre cui venisse tolto suo figlio. Gli

doleva forse anche il crederla venduta per così poco prezzo; ma

opportunamente Pino e altri gli fecero osservare che se non c’era il Cesare

nessuno gli avrebbe date 22 mila lire ma bensì 12 o 16 al più, e forse

nemmeno queste; cosicchè la Libreria (che già dovea vendersi, così

volendolo i creditori) sarebbe stata invenduta o almen data via per poco o

niente. Colpa i tempi, ne’ quali pochi sono quelli che abbian dinaro, e pochi

gli amatori de’ libri. Aggiungesi che fu d’uopo all’asta esborsare il danaro sul

fatto, o almen un generoso deposito. A respiro certamente è più agevole il

vendere qualunque cosa, che a contanti pronti. Il Cesare è un uomo di

credito, di fortuna, e di danari; e il più bello è che non ha bisogno d’alcuno

che gli dia a prestito la somma occorrente per far quegl’acquisti che vuole.

Dice il Foglierini che farebbe concorso all’asta. Egli non si vide. Questo è il

solito di chi gracchia e assomigliasi al cane che abbaja ma non morsica (…)”

22 agosto 1810 p. 215-216:

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“(…) Il Cesare dopo aver acquistato la libreria Pisani la cedette con un

guadagno di due mila ducati correnti a un compagno che gliela ricercò. Bel

guadagno in poche ore di trattative duemila ducati! L’ab. Bonicelli e un certo

Franco fattore di Ca’ Pisani sono le due figure principali che comprarono la

libreria di nuovo. Carminati110 a S. Lio esborsò loro il danaro occorrente cioè

le 24mila lire italiane per l’asta e i 2000 ducati. Foglierini è il direttore della

vendita. Questa libreria che per 24 mila lire italiane era ben comprata e potea

render grandissimo utile al Cesare non sarà che di discapito ai nuovi

compratori. Essa intanto è aggravata Io. di due mila ducati .IIo. di 30 scudini

dati di ricognizione all’inserviente e all’usciere .IIIo. del mezzo per cento che

verrà somministrato al Carminati che esborsò il danaro .IVo. di un tanto al

mese che dee ritrarne l’ab. Bonicelli come Bibliotecario .V°. del dato per

cento che dee averne il Foglierini venditore; oltre le 24 mila lire italiane.

Questi aggravi vanno a peso di compera: e io credo che pochi ce ne saranno.

Essi ben comprarono dal Cesare perché non v’erano che le 24 mila lire di

aggravio e nient’altro. Da alcuni non posson compare che a caro prezzo e la

ragion n’è evidente quando pure voglian i suoi compratori ricavare lo speso,

e guadagnarci. Cesare impiegherà meglio il suo dinaro a momenti. Il Balbi

non approvò questa cosa per parte del Cesare. Egli parla per passione,

mentre non potrà più acquistare que’ pochi libri che aveva già scelti”

“V Scartabello. Comincia da 29 agosto a tutto 6 novembre 1810”

7 settembre 1810 p. 229:

110 Famiglia veneziana proprietaria di una ricca biblioteca, cfr. Zorzi, La libreria, p. 335; non si fa menzione del nome di battesimo del titolare.

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“L’altra sera e ier sera capitò in Bottega dal Cesare l’ab. Boni, noi si fu che

rideva quand’ei capitò. Ci raccontò d’avere stimato la libreria Rossi di

Treviso; ma non volea dire quanto. (…)

La libreria Pisani si va vendendo. Pino111 ha comprato il Catullo Tibullo e

Properzio in due tomi in 8.vo. cum notis per lire 36 italiane. Mi sembra che

l’abbia pagato assai caro. Se il Cesare avesse venduto questa libreria per sé, a

quest’ora sarebbe in più di mezzo?”.

“VI Scartabello. Comincia da 7 novembre fino al 31 dicembre 1810

inclusive”

16 novembre 1810 p. 277:

“(…) Per li 20 del corrente spero di essere a Venezia, e mi metto a comporre

qualche cosa di genio e per istampare e per leggere all’accademia. È molto

tempo che non ho notizie di essa e che non so niente del mio Cesare e di que’

che praticano nella sua bottega. So bene per altro ch’egli un mese fa fu

assalito da tre ladri che lo gittarono a terra. Egli dimenando e mani e piedi si

sghermì e gridò in modo che venuta gente i ladri fuggiano senza torgli nulla.

Aveva 30 luigi in saccoccia, due orologi d’oro e un anello di brillanti in dito

oltre la scatola d’oro (…)”

20 novembre 1810 p. 279:

“Finalmente sono giunto in Venezia. Mia prima cura fu l’andare al Negozio

Cesare. Egli ha fatto il grande acquisto della libreria Collalto112, mole

immense di libri per lire 52 mila. Egli vendette a peso prima, si scelse il 111 Giuseppe Pino (sec.XIX) giudice della Corte d’Appello di Venezia; cfr. Cicogna, Diari, I, 16 gennaio 1810, p. 43.

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meglio per sé, e del rimanente fece tre porzioni cioè, libri in 12 e in 8.vo una

lira veneta, i libri in 4 due lire, libri in folio 4 lire (…)”.

21 novembre 1810 p. 279:

“Se il Cesare avesse saputo fare nella libreria Collalto egli potrebbe

guadagnare il duplo di quello che si crede. Essa sarà stata composta di 150

mila volumi di ogni genere e doppi e imperfetti. Doveva egli, fatto l’acquisto

dagli Ebrei, separare quelli da vendersi a peso, quelli da mandare a casa sua

più scelti, quelli da 1, 2, 4 lire etc. e indi riconosciuto quello che ha chiamare

i compratori. Egli invece fece cosi: appena comperata lasciò ogni maniera di

gente andar dentro per le sale e per le camere a sceglier. Vendé e vende

tuttora senza neppur sapere che cosa egli abbia perché la mole immensa di

libri non permette in breve tempo una scelta. Libri ammonticchiati per terra,

in librerie sciolte, imperfetti. Vendé dei libri per quattro lire che ne valevano

20; moltissimi gli vengono derubati. Al presente non si vedono sui banchetti

che libri di Collalto, e si vendono cari, mentre non hanno costato che pochi

soldi ai loro venditori. Non vi fu mai un catalogo. E io non so come potesse

essere un uomo di gusto quello teneva si male questi libri, e che chiamare si

doveva piuttosto Bibliomano che Bibliografo, e raccoglitori di libri113”.

“VII Scartabello. Comincia da 1 gennaio a tutto 9 marzo 1811”

3 gennaio 1811 p. 320:

112 Giacomo Collalto di San Stin (sec. XVIII), collezionistia veneziano fra i più noti, cfr. M. Zorzi, Le biblioteche, p. 272; id., La libreria, p. 335.113 La vendita della Libreria Collalto suscitò pareri discordanti, Giovanni Rossi in Leggi e costumi dei Veneziani (Biblioteca Marciana di Venezia Cod. It. VII, 1399=9220), vol. 14, c. 190 “Tutto vendettesi, facendone strage indescrivibile e non bastevolmente da deplorarsi dal libraio Adolfo Cesare”;

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“Ier sera in Bottega da Cesare si parlò della Libreria Canonici, e come la

raccolta delle Bibbie toccò di sua porzione al sig.r Cardina, e il restante cioè

la miscellanea, i manoscritti etc. al sig.r Perissinotti ambedue eredi dell’ab.

Canonici istituiti, e ciò in vigore di sentenza nota, o per meglio dir di

accordo fatto114 (…)

10 gennaio 1811 p. 329:

“(…) Dico il vero la cosa che un po’ mi dispiace è quella di dover lasciar de’

libri e delle librerie copiose. Degli amici dotti non parlo, perché poco mi

trovo con essi, atteso che la mia vita è assai solitaria. Mi dispiace lasciar il

crocchio nella bottega di Adolfo Cesare, di lasciar l’Accademia di belle

lettere, la Biblioteca di S. Marco, che qualche volta consultai (…)”

13 gennaio 1811 p. 332:

“Il Cesare mi ha fatto proposizione di darmi lire 3 ½ venete al giorno nel

tempo che mi fermo ancora in Venezia fino alle feste Pasquali purché gli

metta in ordine i libri e ne faccia il Catalogo. Io gli dissi che si, considerando

che alla Corte d’Appello non ho alcuna speranza di guadagno, che già da

Venezia devo partire, che è meglio ricavar 3 ½ al giorno piuttosto che niente,

che le ore di questo mio nuovo impiego sono dalle 9 alle 4 cosicché ho tutte

le sere di libertà e tutte le domeniche, che è una cosa di mio genio giacché al

Cesare stesso feci degli altri Cataloghi senza alcuna utilità (…)”.

114 “Nella libreria del Canonici, fra l’altro, era confluita buona parte di quella del senatore Giacomo Soranzo. Il Canonici aveva 4.000 Bibbie, in 52 lingue diverse, una raccolta di statuti di tutte le città italiane, diverse centinaia di manoscritti, alcuni straordinariamente preziosi. Morendo, nel 1805, lasciò tutto il suo al fratello Giuseppe, che gli sopravvisse di poco. Nel 1807 ereditarono i nipoti, avv. Gianni Perissinotti e Girolamo Cardina. A quest’ultimo toccò la raccolta delle Bibbie; i manoscritti e la miscellanea andarono al Perissinotti. In quello stesso anno 1807 gli eredi, intenzionati a vendere, trattarono tramite il Morelli, con il governo del Regno Italico senza nulla concludere. Poco dopo – attorno al 1810 – le Bibbie furono comperate da Adolfo Cesare” in Zorzi, La libreria, p. 275.

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15 gennaio 1811 p. 333:

“Ieri fui da Cesare e cominciai a por in ordine l’immensa quantità di libri che

ha. Capitò l’avvocato Valentinelli115 ferrarese che sta in Padova e mise alcuni

libri a parte per sé (…)”

16 gennaio 1811 p. 334:

“(…) Non c’è caso, io non mi posso usare a servire un privato. Alla fine de’

conti io non fo che servire il Cesare quantunque sia servo nobile, e sia

solamente per acconciare i libri suoi e farne il Catalogo; pure aspetto che

domenica vengami la risposta di mio Padre e se mi pare ch’egli non ne sia

gran fatto persuaso, io rinuncio volentieri all’utile che mi viene da queste

mie librarie fatiche e torno a frequentare l’Appello finché partirò da Venezia;

e se mi da l’estro rinuncio anche prima che mi giunga la risposta. D’altra

parte io desidero di civanzare qualche dinaro per acquistarmi de’ libri che mi

servano di sollievo in campagna e sono di tre classe cioè alcuni Bibliografi,

alcuni classici latini, e alcuni classici italiani; e se non istò da Cesare non

posso civanzar quattrino perché non ne ho. Ma già io temo che l’amor della

libertà sorpasserà quello dell’interesse (…). Mi disgusta poi molto il veder

quasi riuscir vane ogni di le mie fatiche mentre non v’è alcun ordine in casa

Cesare. E come mai vi può essere se è piena di figli e figli piccini e

grandicelli? Se io metto un libro a suo luogo oggi, dimani non trovo più là

ma in un altro ove non vi sta. Si getta la fatica e bisogna rifar quel che si ha

fatto per non far nulla. C’è un’altra cosa, ed è che ognun che non mi

conosce, crede ch’io sia un garzone di bottega di Cesare e dammi del voi, e

mi comanda. Cosa che io non posso inghiottire, ben diversa essendo stata la

mia educazione da quella di umil servitore”.

19 gennaio 1811 pp. 335-336:

115 Giuseppe Valentinelli (1805-1874; Frati, pp. 555-556).

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“Ho fatto il gran colpo. Questa sera ho vestita l’aria di malinconico. Sono

andato in bottega Cesare, e cominciai col sig.r Licini a lagnarmi di avere

ricevuta di mio Padre nella quale significa che non vuole che io lasci

l’Appello per attender ad un libraio (lettera che fingo di aver ricevuta) che

perciò sono costretto a tornare all’antico mio uffizio, e a rinunciare all’utile

che mi veniva essendo presso Cesare (v. 16 gennajo). Al Cesare, cui

comunicai le stesse cose, dispiacquero fortemente; ma siccome siamo liberi

amendue, così possiamo fare quello che più ci aggrada. Pertanto ritornerò

all’Appello per que’ pochi giorni che ancora mi fermo in Venezia.

Nonostante voglia aver in libertà qualche ora per poter seguitare a mettere in

ordine e in Catalogo alcuni libri di Cesare e di Andrighetti116. Sono poi

obbligato al Cesare il quale mi fece delle agevolezze in alquanti libri che ho

comperati (…)”.

21 gennaio 1811 p. 337:

“La finzione si è avverata. Imperciocché ricevei una lettera da mio Padre,

nella quale, non approva che io m’abbia messo presso il libraio Cesare.

Facendo riflesso all’educazione che ebbi e al desiderio suo di vedermi

all’Appello infine che partirò da Venezia (v. 19 gennaio)”.

22 gennaio 1811 p. 337

“Domani ritornerò alla Corte d’Appello secondo il volere di mio Padre. Ho

posto in ordine da Cesare tutti i libri, e non resta che principiarne il Catalogo.

O egli si contenterà di quel brevissimo tempo che posso aver io per farle, o si

116 Ottavio Andrighetti, conte (1777-1857), la sua biblioteca “passò al nobile Andrea Zon, suo erede, che sposò Teresa Carlotti; la figlia Andriani andò sposa ad Alessandro Marcello; e in casa Marcello la biblioteca ancora oggi si trova affidata alle intelligenti cure del conte Girolamo”, in Zorzi, La libreria, p. 347.

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troverà altri, o aspetterà, a me non importa. Per compenso di quello che feci

non volli denaro, ma libri, e anche questi li pagai benché a buon mercato

(…)”.

24 gennaio 1811 p. 338:

“Il sig. ab. De Martiis117 comperò per 9 zecchini circa l’Aetna118 del Bembo

stampata da Aldo nel 1495, libricciuolo rarissimo venduto fino 15 zecchini

dal Cesare all’ab. Berti119 per Casa Mocenigo120 (…)”.

29 gennaio 1811 p. 341:

“(…) Ier sera nella bottega del sig.r Cesare si giuocò a scacchi dall’ab. De

Martiis e dal sig.r Marco Cesare. (…)”.

31 gennaio 1811 p. 343:

“(…) In poco tempo da Cesare misi in ordine i libri di Crusca e ne feci nota

da spedire a Parigi. Ebbi l’Omero tradotto dal Salvini121 e Anacreonte. Quella

traduzione se non diletta istruisce appunto perché esprime non i pensieri

soltanto ma anche le parole di Omero”.

117 Antonio De Martiis (1772-1850; Ferrari, p. 266), proprietario di una ricca libreria di circa 20.000 esemplari, cfr. Zorzi, Le biblioteche, p. 287.118 Pietro Bembo, De Aetna ad angelum Chabrielem liber, Venetiis, in aedibus Aldi Romani, mense februario 1495.119 Pietro Berti abate (sec. XVIII-XIX), precettore e bibliotecario della famiglia Mocenigo di San Stae, cfr. Zorzi, Le biblioteche, p. 308.120 Il Cesare acquisterà la libreria Mocenigo il 2 luglio dello stesso anno, così come descritto da Cicogna nel suo Diario, I, p. 427: “Il Cesare oggi ha comperata la preziosissima libreria Mocenigo a S. Stae, ma la cosa è secretissima (…). Ella è ridondante di tutti i libri citati a stampa dalla Crusca, di tutti i più belli e rari aldini, di tutti i Santi Padri di Parigi, di tutti i Cominiani ec., di storie ec. Un messale poi, ch’è superbamente miniato, e di cui dal Salvi di Milano all’ab. Berti, maestro di Ca’ Mocenigo, furono offerti zecchini 600; questo è escluso dalla vendita suddetta”. Cesare offrì per l’acquisto era di circa 8000 ducati “eppure si pretendevano dalla famiglia Mocenigo altre volte ducati 20.000”.121 Opere d'Omero tradotte dall'original greco da Anton Maria Salvini. Divise in tomi due, in Padova, nella Stamperia del Seminario, appresso Giovanni Manfre, 1742

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2 febbraio 1811 p. 344:

“Venne a Venezia l’ab. Dalmistro122. Comperò alcuni libri dal Cesare. (…)”.

10 febbraio 1811 p. 349-350:

“(…) L’aver in possesso un esemplare delle Metamorfosi d’Ovidio tradotte

in prosa da Giovanni de’ Bonsignori123 stampato a Venezia da Zuan Rosso

nel 1497 in fol. che fu già appartenente alla diviziosa libreria della Salute di

questa città i cui più rari libri furono venduti al Cesare, esemplare stesso

veduto e descritto dal p. Paitoni124, mi fece sovvenire di aver tra miei libri

un’opera manoscritta del Bonsignori medesimo, che s’aggira sulla vita di S.

Macario della Casa Frangipani romana, e mi spinse a ricercare ulteriori

notizie di questo Bonsignori, e della Casa Frangipani e di altre (…) Per lo

che mi chiamo contento d’aver per poco acquistato fin dall’anno 1805 questo

libro che apparteneva alla libreria Pace di Udine125 comprata dallo steso

Cesare (…)”

“VIII Scartabello. Comincia da 1° marzo a tutto 21 maggio 1811”

17 marzo 1811 p. 349:

122 Angelo Dalmistro (1754-1839; DBI, 32, Roma 1986, pp.153-157).123 Giovanni Bonsignori (sec. XIV; DBI, 12, Roma 1970, pp. 407-409)124 Giovanni Maria Paitoni, protomedico (sec. XVII-XIX) cfr. Zorzi, Le biblioteche, p. 287.125 Carlo Maria Della Pace (sec. XIX; Frati, pp.194-195); il Catalogo della sua collezione di manoscritti e incunaboli fu stampato presso Adolfo Cesare nel 1807, cfr. Cicogna, Bibliografia, p. 573 nr. 4330.

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“(…) Io trovo continuamente fra i libri di Cesare rari opuscoli e libri non

indicati nei cataloghi e ignoti affatto. Se ho tempo voglio farne un catalogo.

È probabile che mi metta a fare il Catalogo delle Bibbie di Canonici tutte

comprate da Cesare. Costui si rende di giorno in giorno formidabile fra i

libraj; oltre le dette Bibbie che sappiamo esservene di rarissime, ebbe i due

Papiri, le Miscellanee e che so io (…)”.

25 marzo 1811 p. 372:

“(…) Ier sera parla coll’ab. Boni dell’acquisto fatto dal Cesare delle Bibbie

Canonici. Egli morrebbe di voglia, come anche io, di farne un catalogo che

veramente sarebbe necessario per istamparsi a comune utilità e dei

Bibliografi specialmente, ma il male si è che quelle Bibbie e que’ codici sono

in mano di chi non ha altra cifra che quella di vendere e non di decretare il

loro nome col darne ragionato catalogo a stampa. Vi avrebbe voluto un

Librajo dotto un Aldo, un Giolito, un Comino, un Fournier, un De Bure, un

Ruinart di Parigi etc., un Remondini, e non il Cesare”.

26 marzo 1811 p. 373:

“Il Cesare ha per suo agente Giuseppe Scapin126 fu libraio di Padova. La

sfortuna di quest’uomo ammogliato con figli il ridusse da padrone a divenir

servo con 200 ducati l’anno. Quindi è che l’uomo nelle prosperità non deve

mai tenersi sicuro; e de viver in esse come se fosse sepolto nella miseria.

L’ab. Celotti che aveva intenzione di comprar tutte le Bibbie acquistate dal

Cesare si ridusse a prender la Magontina127, un’altra Bibbia s. a. ut putant del

1462, 40 o 50 pezzi stampati in carta pecora, i due papiri e due rotoli

126 Giuseppe Scapin (fl. 1802-1811), nipote di Carlo, celebre libraio padovano, alla cui morte, nel 1801, eredita assieme ai fratelli l’attività al Leon d'Oro a Padova; cfr. C. Amedei-P. Randi, Cinque secoli di libri: tipografi, editori, librai a Padova dal Quattrocento al Novecento, Padova, Libreria Draghi editrice, 2001, p. 37.127 Riferimento ad un esemplare della celebre Bibbia stampata da Guttemberg.

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contenenti due Bibbie ebraiche, lunghissimi e rarissimi, e ciò per lire 15 mila

venete”.

11 aprile 1811 p. 381:

“Scrive Adolfo Cesare da Milano che se mi capitasse qualche impiego qui in

Venezia, ho dilazioni di accettarlo mentre egli crede di poter trovarmi un

utile stabilimento a Milano”(…).

19 aprile 1811 p. 387:

“(…) Ho un esemplare del detto Konz128 che ha in principio un’annotazione

di mano di Trifone Wrachien129 giureconsulto della Repubblica di Venezia di

cui si fa menzione nel dizionario degli uomini illustri di Bassano. Si trovano

utilissimi libri che a lui appartenevano, li quali hanno di queste annotazioni

assai erudite, e si trovano i più fra quelli dello Zeno130 a Gesuiti, ora di

Adolfo Cesare librajo. (…)”.

25 aprile 1811 p. 393:

“Gamba131 mi scrive da Milano dicendo che opportune e graditissime gli

riuscirono le nuove osservazioni. Dice ch’egli si è determinato di farne colà

eseguire la edizione e spera che si effettuerà nella Stamperia Reale e in

piccola forma poiché così gli ha suggerito l’ottimo amico e sagacissimo

negoziante sig.r Adolfo (Cesare) (…)”.

128 Lettura incerta, nome non identificato.129 Trifone Wrachien nobile di Cattaro (m. 1784), giureconsulto della Repubblica di Venezia, possedeva una fornita libreria di argomento giuridico ceduta nel 1784, ebbe vari possessori cfr. E. A. Cicogna, Bibliografia, p. 585 nr. 4404, che cita un Catalogo dei libri posseduti dal conte Wrachien consultore della Repubblica di Venezia, in 8° senza frontispizio senz’anno, di pag. 395; cfr. anche Zorzi, Le biblioteche, p. 287.130 Libreria fondata dal senatore Sebastiano Zen e incrementata da suo figlio Antonio (n. 1773), acquistata dal Cesare prima del 1810 cfr. Cicogna, Diario, I, 13 gennaio 1810, p. 41.131 Bartolomeo Gamba (1776-1841; DBI, 51, Roma 1998, pp. 798-800); ex-direttore della casa Remondini e grande bibliografo.

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27 aprile 1811 p. 395:

“Cesare è tornato da Milano ha venduto, ma credea di vender di più. Gamba

è ivi senza impiego. Egli ha in pensiero di trasferirsi a Padova e piantare un

negozio di libri. La sua nuova edizione dei testi di Ciregna si principia a

Milano dalla Stamperia Reale in 16mo in due tometti; così il persuase di fare

il nostro Cesare, a comodo de’ librajo e de’ dilettanti che se li potranno

tenere in saccoccia. (…)”.

9 maggio 1811 p. 400:

“In bottega dal Cesare si è tenuto discorso sul signor Antonioli mercante di

bisutterie e si è dipinto per un raggiratore, per uomo di poco buon nome, per

un ladro, un buffone che so io (…) Queste cose mi furono riferite nella stessa

bottega Cesare dal Giudice Pino, Cesare e Balbi. Costui già è noto, e a punto

guardo di non cadergli nelle mani”

21 maggio 1811 p. 407:

“(…) Gamba aprì un negozio di librajo in Milano. Si servirà di libri da

Cesare (…)”

ms. Cicogna 2898/281 lettera autografa di Adolfo Cesare ad Emmanuele

Antonio Cicogna datata 26/11/1811 (unico esemplare, stranamente

nell’epistolario Cicogna non sono conservate altre lettere fra i due….)

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“Stimat. sig. Emmanuele

Due gite una dopo l’altra a Milano la terza a Bassano fu la causa che la sua

preg.ma lettera resti senza risposta, ora che mi sono ripatriato nella speranza

di non più partire per quest’anno, offro la mia servitù ove mi crede capasse.

Alla venuta di questo Religioso che mi accenna sarò a servirlo alla meglio

che potrò. Ho consegnato al comune amico Licini la Sua lettera e spero che

nel venturo anno, cioè quando le giornate saran lunghe, potrà mettersi

all’impresa di darle risposta e di ciò mi consenta di assicurarla. Viene detto

ch’Ella era in procinto di abbandonare il suo principale per passare

commesso con molto suo vantaggio, tutti godevano di questa metamorfosi

ma avendo poi visto non essersi verificato si avrà di dispiacere. Il Padre

Stella132, col quale ho pranzato a Milano, ambidue a scroco due volte in casa

di altro Stella, non parente però del Padre mi disse di essere in collera seco

Lui per non vedersi riscontrato di qualche lettera a lei diretta e che teme

ch’ella si dimentichi di lui, io l’ho assicurato che la cosa non sarà così ella

dunque le avanzi una lettera. In quanto ai libri ch’ella possede da me

provveduti, non sono al caso di sapere il loro valore ma se starò al limite di

convenienza diamone pure passata.

Ora che fa inverno mi trovo solo alla solita mia collazione di Collalto e mi

rincresce di aver perduto un compagno che avevo assai caro, ho fatto

l’acquisto di tutti gli Aldini e i Classici del Balbi a lei noto. Non sarà difficile

che in breve faccia altro acquisto di una libreria di grandissimo valore, Ella

può immaginare quanto abbia bisogno di una assistenza, fui veramente

sfortunato l’averla dovuta perdere nel momento che avrei potuto

ricompensarla di sue fatiche, se mai non le convenisse a suoi interessi il suo

impiego, non si dimentichi che io sarò sempre disposto d’accettarla in mia

casa. Spero ch’Ella non si dimenticherà che io sono di lui.

132 Isidoro Stella (sec.XVIII-XIX) padre barnabita, insegnante di Cicogna presso il Convitto dei Nobili diretto dai Padri Barnabiti di Udine, cfr. Fulin, op. cit., p.p. 62-63.

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P.S. Avrei piacere di sapere se quel birbante del Buffeli s’attrova costì e qual

vita conduce.

[Udine], 26 Novembre 1811 Aff. Amico A.C.”

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CONCLUSIONI

Dopo aver esaminato il materiale estratto dai primi otto Scartabelli dei

Diari, emergono due dati essenziali: il primo è il notevole rilievo che il

libraio rivestiva nel panorama commerciale della Venezia del primo

Ottocento; il secondo è l’opinione, non sempre benevola, che nutrivano nei

suoi confronti gli “addetti ai lavori” dell’ambito del collezionismo librario e

culturale, un dato che si evince anche dalle parole permeate di sentimenti

spesso contrastanti che Cicogna gli riserva.

Fin dai primi resoconti è chiaro che a Venezia e non solo, non si

verificasse vendita di fondi librari importanti, nella quale Adolfo Cesare non

fosse in qualche misura coinvolto o protagonista principale; il 13 gennaio si

segnala dell’acquisto delle importanti biblioteche Zen e Gradenigo e in parte

di quella della Salute che verrà da tutti considerato il “colpaccio” del Cesare

per l’esiguità della somma pagata rispetto al valore dei libri acquistati133.

La disponibilità economica del libraio doveva essere davvero imponente134

dato che, raramente qualcuno era disposto a fargli concorrenza o nutrisse la

speranza di spuntarla su di lui135, ma nonostante fosse l’unica persona in

grado di acquistare pregiate librerie, non mancavano i suoi detrattori, fra i

quali Cicogna, e non solo, che ne lamenta i prezzi troppo alti136.

133 Cicogna, Diario, I, 13 gennaio, pp. 9-19: “Acquisto tale che, a mio credere, e a credere anche di chi conosceva le dette librerie, non verrà mai pareggiato da qualunque altro che posteriormente si facesse dal Cesare”134 G. Rossi, Leggi e costumi dei Veneziani, vol. XIV, cod. It. VII, 1399 (=9290), c. 136rv “Sarebbe potuto farsi ricchissimo in pochi anni, se fosse stato più giudizioso (…) la sua fortuna, di cui fece uso pessimo, ebbe principio dall’acquisto della libreria dell’abate Munaro”.135 Cicogna, Diario, II, 5 giugno 1819, p. 4560: “Si sa poi d’altronde che Cesare è un dritto di prima sfera, e che capita male chi s’intrica con esso lui, e ne chiamo in testimonio Zen ai Gesuiti, Gradenigo a S. Sofia e molti altri”; si pensi anche all’asta per la vendita della Libreria Pisani alla quale doveva partecipare il Foglierini che però si ritirò all’ultimo momento, cfr. Diario, I, 20 agosto 1810, pp. 212-213.136 Cfr. Diario, I, 2 gennaio 1810, p. 2

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Dalle note dei Diari si evince che Cesare era si un ottimo commerciante

ma mancava di quella cultura ed erudizione di cui il Cicogna si riteneva

impregnato, spesso, infatti, egli scrive contraddicendosi non poco, che anche

le vendite del libraio non erano all’altezza del valore dei libri che erano

spesso sottostimati, con atteggiamento tipico del commerciante che stabilisce

il prezzo di vendita più sul guadagno che intende ricavare da una vendita che

dall’effettivo valore di mercato. D’altro canto dalle considerazioni del

Cicogna, essendo lui stesso un accanito collezionista, non è esente l’invidia

per oggetti che avrebbe voluto possedere ma che la sua precaria condizione

economica al momento, gli permetteva solo di esaminare da studioso. Da qui

i suoi sentimenti contrastanti verso il libraio che da una parte gli concedeva

una relazione economico-lavorativa, spesso retribuita in libri, dall’altra il

sentirsi assoggettato ad un datore di lavoro di cultura sicuramente più

modesta. Ne è la prova il resoconto del gennaio dell’anno 1811137, quando,

su sollecito del padre, scrive di voler lasciare la corte d’appello perché

scarsamente pagato e di voler accettare un incarico nella libreria Cesare

meglio remunerato ma dopo pochi giorni, dato il trattamento ai suoi occhi

riservatogli, sentendosi un umile “garzone” e trovando disdicevole tale

mansione indegna della sua educazione e cultura, si inventa una scusa per

poter ritornare alla sua libertà.

Interessante è sicuramente la funzione che la Libreria assume quasi di

circolo culturale per eruditi, letterati e artisti dell’epoca, si pensi ad Ippolito

Pindemonte e ad Antonio Canova, solo per citarne alcuni, segno evidente

dell’importanza che la Libreria Cesare, ricopriva nonostante tutto, nel

contesto culturale di Venezia.

Personalità come Morelli, Celotti ma anche come il milanese Melzi o il

libraio Salvi, si ritrovavano presumibilmente per disquisizioni di carattere

bibliofilico ma anche per mere trattative commerciali.

137 Cfr. le aspre considerazioni di Cicogna in Diario, I, 13-16 gennaio 1811, pp. 332-334.

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L’impressione che se ne ricava è che, pur non essendo Adolfo Cesare un

erudito nel senso Ottocentesco del termine, fosse una persona che in quel

momento possedeva libri importantissimi per gli studiosi che gravitavano

intorno alla sua Libreria, di conseguenza il frequentare la sua Bottega

diventava cosa obbligata, potendo contare anche sull’immensa generosità del

libraio che permetteva la consultazione gratuita dei libri in vendita adattando

l’attività commerciale allo scopo di pubblica utilità.

Che il Cicogna avesse una dubbia opinione di Cesare, lo si constata

anche quando, ricordando un pranzo in casa sua, ne analizza il

comportamento nei confronti del figlioletto di quattro anni, affermando che

era fuori luogo che Cesare tentasse di educarlo nel migliore dei modi quando

da grande non avrebbe fatto che il libraio, dimostrando una vena di disprezzo

per la professione e per la persona di chi comunque aveva per lui grande

considerazione138. Ancora, si occupò di riordinare la libreria Cesare e di farne

il Catalogo, si lamentava del disordine dovuto alla mancanza di controllo sui

figli del libraio, lasciati liberi di mettere in disordine laddove non avrebbero

dovuto invece avere accesso.

Data la quantità degli Scartabelli esaminati, Cesare muore nel maggio

del 1847, si hanno solo pochi riscontri di carattere umano per poter definire,

in maniera più completa, la personalità del libraio ma i dati emersi sono

sufficienti per poter delineare un suo profilo professionale. La sua

superficialità nell’approccio bibliografico e la sua apparente mancanza di

scrupoli, in realtà, sono sensazioni che emergono nell’animo di soggetti

legati ad una diversa concezione del collezionismo librario. Decisamente

pragmatiche e realistiche infatti paiono le considerazioni del Cicogna quando

a proposito della vendita della Libreria Pisani, a chi lamentava che Cesare

l’avesse acquistata ad un prezzo notevolmente inferiore rispetto al suo valore

138 Si vedano i toni devoti usati da Cesare nei confronti di Cicogna, nella lettera del 26 novembre 1811

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reale, rispondesse “L’ab. Bonicelli che n’era il Bibliotecario si doleva assai.

Egli è degno di compassione, come lo sarebbe un padre cui venisse tolto suo

figlio. Gli doleva forse anche il crederla venduta per così poco prezzo; ma

opportunamente Pino e altri gli fecero osservare che se non c’era il Cesare

nessuno gli avrebbe date 22 mila lire ma bensì 12 o 16 al più, e forse

nemmeno queste; cosicché la Libreria (che già dovea vendersi, così

volendolo i creditori) sarebbe stata invenduta o almen data via per poco o

niente. Colpa i tempi, ne’ quali pochi sono quelli che abbian dinaro, e pochi

gli amatori de’ libri. Aggiungesi che fu d’uopo all’asta esborsare il danaro sul

fatto, o almen un generoso deposito. A respiro certamente è più agevole il

vendere qualunque cosa, che a contanti pronti. Il Cesare è un uomo di

credito, di fortuna, e di danari; e il più bello è che non ha bisogno d’alcuno

che gli dia a prestito la somma occorrente per far quegl’acquisti che

vuole”139.

139 Cfr. Diario, I, 20 agosto 1810, p. 213.

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Fig 2 - Frontespizio del Catalogo di Adolfo Cesare del 1809, cfr. Cicogna, Bibliografia veneziana, p. 582 nr. 4389

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Fig. 3 - Catalogo di Adolfo Cesare del 1809, p. 3; cfr. Cicogna, Bibliografia veneziana, p. 582 nr. 4389

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Fig. 4 - ms. Cicogna 2898/281 intestazione della lettera autografa di Adolfo Cesare a Cicogna del 26 novembre 1811

Fig. 5 - ms. Cicogna 2898/281 lettera autografa di Adolfo Cesare a Cicogna del

26 novembre 1811.

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Bibliografia delle fonti manoscritte

E. A. CICOGNA, Catalogo dei codici della Biblioteca di Emmanuele Cicogna, 1841-1867, Venezia,

Biblioteca del Museo Correr (già mss. Cicogna 4424-4430).

F. S. FAPANNI, Biblioteche di Venezia e delle isole, Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, Cod. Marc. It.

VII, 218 (=9116)

F. S. FAPANNI, Biblioteche di Venezia e delle isole, Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, Cod. Marc.

It. VII 2302 (=9131)

G. ROSSI, Leggi e costumi dei Veneziani, vol. XIV, cod. It. VII, 1399 (=9290).

Bibliografia Abbreviata

ABI = Archivio biografico italiano, a cura di T. Nappo, München, K. G. Saur, 1987-

Cicogna, Bibliografia = E. A. Cicogna, Saggio di bibliografia veneziana, Venezia, G. B.Merlo, 1847.

DBI = Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 1960-

Enciclopedia italiana = Enciclopedia italiana di scienze, lettere ed arti, Roma, Istituto dell'Enciclopedia

Italiana, 1929-

Frati, Dizionario = C. Frati, Dizionario bio-bibliografico dei bibliotecari e bibliofili italiani dal sc. XIV al

XIX, raccolto e pubblicato da A. Corbelli, Firenze, Olsckhi, 1933.

Zorzi, Le biblioteche = M. ZORZI, Le biblioteche a Venezia nel secondo Settecento, in «Miscellanea

Marciana», 1 (1986), pp. 253-324.

Zorzi, La libreria = M. Zorzi, La libreria di San Marco, Milano, Mondadori, 1987.

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Bibliografia*

C. AMEDEI - P. RANDI, Cinque secoli di libri: tipografi, editori, librai a Padova dal Quattrocento al

Novecento, Padova, Libreria Draghi editrice, 2001.

Le annotazioni e i discorsi sul Decameron del 1573 dei deputati fiorentini, a cura di G. Chiecchi, Roma-

Padova, Antenore, 2001.

A. BEMBO, Viaggio e giornale per parte dell'Asia di quattro anni incirca fatto da me Ambrosio Bembo

nobile veneto, ed. e note di A. Invernizzi, disegni di Joseph Guillaume Grelot, Torino, Ed. Abaco, 2006.

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mondiale, Vicenza, Neri Pozza, 1986, pp. 597-623.

E. A. CICOGNA, Delle inscrizioni veneziane raccolte ed illustrate da Emmanuele Antonio Cicogna

cittadino veneto, 1-6, Venezia, presso Giuseppe Picotti stampatore, 1824-1853.

CLIO. Catalogo dei libri italiani dell’Ottocento (1801-1900), Milano, Ed.Bibliografica, 1991.

F. CRISTIANO, L' antiquariato librario in Italia: vicende, protagonisti, cataloghi, Roma, Gela, 1986.

Dizionario Enciclopedico Italiano, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 1955-

Dizionario etimologico della lingua italiana, Bologna, Zanichelli, 1989

Dizionario etimologico italiano, Firenze, G. Barbera, 1968.

R. FRATTAROLO, Studi di bibliografia storica ed altri saggi, Roma, Bonacci, 1977.

R. FULIN, Saggio del Catalogo dei codici di Emmanuele A. Cicogna, in: Nozze Chiodo-Bressanin,

Venezia, Tipografia del Commercio, 1872.

B. GAMBA, Serie dell’edizioni de’ testi di lingua italiana, Milano, dalla Stamperia Reale, 1812.

M. INFELISE, L' editoria veneziana nel Settecento, Milano, Franco Angeli, 1989.

F. LOLLINI, Il “De re militari”: qualche considerazione sulle questioni stilistiche, in: Roberto Valturio

“De re militari”, Rimini 2006, pp. 107-114.

* Si da conto della bibliografia corrente escludendo le opere citate nei Diari, per le quali si rimanda alle note a piè pagina.

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I. MEROLLE, L’abate Matteo Luigi Canonici e la sua biblioteca: i manoscritti Canonici e Canonici-

Soranzo delle biblioteche fiorentine, Roma-Firenze, Biblioteca Mediceo-Laurenziana, 1958, I-XI.

G.B. MITTARELLI, Annales Camaldulenses ordinis Sancti Benedicti, Venetiis, Jo. Baptistam Pasquali,

1755-1773.

G.B. MITTARELLI, Bibliotheca codicum manuscriptorum Monasterii S. Michaelis Venetiarum prope

Murianum, una cum Appendice librorum impressorum seculi XV, Venetiis, ex typographia Fentiana, 1779.

G. PAPANTI, Catalogo dei Novellieri italiani in prosa,1-2, Livorno, pei tipi di F. Vigo, 1871.

D.M. PELLEGRINI, Della prima origine della stampa in Venezia per opera di Giovanni da Spira del

1469. E risposta alla difesa del Decor Puellarum del signor ab. Mauro Boni, Venezia dalle stampe di

Antonio Zatta, 1794.

M. PRAZ, Collezionisti e Cataloghi di libri, in: Studi in onore di Alfredo Schiaffini, Roma, Edizioni

dell'Ateneo, 1965.

P. PRETO, Cicogna, Emmanuele Antonio, Dizionario biografico degli italiani, 25, Roma 1981, pp. 394-

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F. RIVA, Introduzione a una guida del libro di pregio contemporaneo, «Accademie e Biblioteche

d’Italia» 36 (1968), n. 3, p. 139.

G. ROMANELLI, Correr, Teodoro, in: Dizionario biografico degli italiani, 29, Roma, Istituto della

Enciclopedia italiana, 1983, pp. 509-512.

G. ROMANELLI, Il Museo Correr, Milano, Electa, 1994.

S. RIZZO, Il lessico filologico degli Umanisti, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1973.

V. ROSSI, La biblioteca manoscritta del senatore veneziano Iacopo Soranzo: appunti, «Il libro e la

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V. ROSSI, La biblioteca manoscritta del senatore veneziano Jacopo Soranzo, in: Scritti di critica

letteraria. Dal Rinascimento al Risorgimento, Firenze, Sansoni, 1930, pp. 251-271.

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R. SABBADINI, Le scoperte dei codici latini e greci ne’ secoli XIV e XV. Nuove ricerche, Firenze,

Sansoni, 1967.

G. SCHNEIDER, Handbuch der Bibliographie, Leipzig, Karl W. Hiersemann, 1926.

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M. ZORZI, La gestione del patrimonio librario, in: Venezia e l’Austria, a cura di G. Benzoni e G. Cozzi,

Venezia, Marsilio, 1999, pp. 265-290.

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Indice dei nomi

Andrighetti, Ottavio 41

Balbi, Giovanni 12, 23, 30, 33, 36, 45, 47

Barnaba, Ermanno 20, 30, 33

Becccuti, Francesco il Coppetta 22

Belcari, Feo 22

Bembo, Ambrogio 19

Bembo, Pietro 21, 41

Berti, Pietro 41, 42

Bettìo, Pietro 12, 30,

Bianconi, Vincenzo 11

Boni, Mauro 12, 22, 26, 34, 36, 43,

Bonicelli, Antonio Giovanni 32, 35, 36, 51

Bonsignori, Giovanni 42

Bravetti, Jacopo 19

Canciani Antonio 11

Canciani, Gaetano 11

Canonici, Matteo Luigi 10, 11, 23, 38, 43

Canova, Antonio 31, 49

Carlotti, Teresa 41

Celotti, Luigi 12, 19, 20, 24, 30, 44, 49

Cesare, Adolfo 9, 11-13, 15-16, 19-54

Cicogna, Emmanuele Antonio 12-26, 28, 32, 36,

42-55

Coleti, Giovanni Antonio 11

Corner, famiglia10

Correr, Teodoro 10-11, 13, 15, 18

Dalmistro, Angelo 42

D’Este, Borso 4

De Martiis, Antonio 41-42

De’ Conti, Giusto 22

De’ Medici, Cosimo 8

Della Pace, Carlo Maria 15, 43

Di Giovanni, Domenico 22

Francesconi, Daniele 12, 25-26

Gamba, Bartolomeo 21, 45-46

Gelli Giovan Battista 22

Gradenigo, Giuseppe 15, 19-21, 29, 34, 48

Grimani, Domenico 4

Licini della Fava, Giovanbattista 12, 15, 21-22,

30-31, 40, 46

Manni, Domenico Maria 19

Marcello, Alessandro 41

Marcello, Girolamo 41

Melchiori, Francesco 11

Melzi, Gaetano 12, 15, 25, 32-33, 49

Mittarelli, Giovanni Benedetto 9

Mocenigo famiglia12, 41-42

Morandini, Morando 17

Morelli, Iacopo 12, 20, 23, 30, 49

Nicoletti, Giuseppe 18

Pagani, Gioacchino 18-19

Paitoni, Giovanni Maria 22, 42

Petrarca, Francesco 3, 8, 26, 34

Pinali, Gaetano 12, 26

Pindemonte, Ippolito 25, 49

Pisani famiglia12, 32-36, 50

Rossi, Vittorio 9-10, 38, 48

Saldenus, Guilielmus 5

Salvi, Carlo 12, 15, 25, 32, 42, 49

Salviati, Lionardo 29

Salvini, Anton Maria 42

Sanudo, Marino 13

Scapin, Carlo 44

Scapin, Giuseppe 44

Schiaffini, Alfredo 5

Soranzo, Iacopo 5, 9-11, 38

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Stella, Isidoro 47

Superantii, Jacobi 11

Tassoni, Alessandro 29

Tomitano, Giulio Bernardino 28-29, 32

Torres, Antonio 12, 31

Valentinelli, Giuseppe 39-40

Vanzetti, Lorenzo 12, 15, 21

Verga, Giovanni 6

Wrachien, Trifone 44

Zanchi, Girolamo 9

Zeno, Apostolo 10, 22,

Zeno, Pietro Caterino 22

Zeno, Sebastiano 28

Zon, Andrea 41

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