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Università degli Studi di Cagliari FACOLTÀ DI SCIENZE Corso di Laurea Triennale in Fisica SORGENTI DI ERRORE NELLA RIVELAZIONE DIRETTA DI ONDE GRAVITAZIONALI Studente: Relatore: Fabrizio Cogato Prof. Michele Saba Anno Accademico 2016/2017

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Università degli Studi di Cagliari

FACOLTÀ DI SCIENZE Corso di Laurea Triennale in Fisica

SORGENTI DI ERRORE NELLA RIVELAZIONE DIRETTA DI ONDE

GRAVITAZIONALI

Studente: Relatore: Fabrizio Cogato Prof. Michele Saba

Anno Accademico 2016/2017

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Indice

Introduzione 1

1 Onde gravitazionali e metodologie di rivelazione 5

1.1 Generazione, propagazione ed effetto delle onde gravitazionali1.2 Cenni storici sugli sviluppi nella rivelazione di segnali gravitazionali

1.2.1 Barre risonanti1.2.2 Interferometri

2 Ottica Quantistica 17

2.1 Statistica del fotorivelamento2.2 Luce coerente: Statistica di Poisson2.3 Classificazione della luce in base al tipo di statistica2.4 Degradazione della statistica dei fotoni2.5 Teoria del fotorivelamento

2.5.1 Approccio semi-classico2.5.2 Approccio quantistico

2.6 Shot noise nei fotodiodi2.7 Onde di luce come oscillatori armonici

2.7.1 Approccio classico2.7.2 Digrammi dei fasori e quadrature del campo2.7.3 Approccio quantomeccanico

2.8 Campo di vuoto2.9 Stati coerenti2.10 Shot noise e incertezza della fase e del numero di fotoni2.11 Rumore quantistico negli amplificatori

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3 Advanced LIGO 50

3.1 Apparato sperimentale3.2 Grandezze e parametri del sistema3.3 Controlli dell’interferometro3.4 Stima qualitativa della sensibilità di Advanced LIGO

4 Sorgenti di errore 61

4.1 Rumore sismico4.2 Rumore termico4.3 Rumore quantistico4.4 Gas

4.4.1 Squeezed film damping4.4.2 Rumore di fase

4.5 Accumulo di carica4.6 Intensità e frequenza del Laser4.7 Gradi di libertà ausiliari4.8 Oscillatore4.9 Beam jitter4.10 Fenomeni di scattering

4.10.1 Beam tubes4.10.2 Camere a vuoto4.10.3 Fringe wrapping

4.11 Dark noise e attuazione

Conclusioni 84

Ringraziamenti 91

Bibliografia 93

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Ai miei

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Introduzione

IntroduzioneÈ attuale la conferma sperimentale della predizione di Einstein riguardante l’esistenza delle onde gravitazionali.Avvenuta un secolo dopo la sua effettiva predizione, è stata fatta grazie allo sviluppo di un particolare sistema interferometrico, chiamato Advanced LIGO, in grado di rivelare, in maniera diretta, il passaggio e l’effetto di un’onda gravitazionale sulla Terra.

LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory), è costituito da due differenti interferometri laser, uno a Livingston, Louisiana, l’altro a Hanford, Washington.Questi sistemi sono stati progettati per rivelare le onde gravitazionali prodotte da sorgenti astrofisiche lontane, nel range di frequenze compreso tra 10 Hz e 10 kHz. Le onde di gravità producono oscillazioni minime del tessuto spazio-temporale, le quali, ad esempio, rendono leggermente ellittico un oggetto perfettamente sferico. La rivelazione diretta di questo tipo di perturbazione consiste nel misurare una variazione della distanza tra due masse di prova.

Poiché si prevede che questa variazione sia pari a circa un millesimo delle dimensioni di un nucleo atomico, per poter effettuare una misura precisa di una quantità tanto piccola si necessita di una strumentazione tecnologicamente avanzata in grado di scindere il reale segnale gravitazionale da un qualsiasi altro tipo di fenomeno fisico che potrebbe confondersi con esso, le cosiddette sorgenti di errore.

Una qualsiasi modifica della distanza tra le masse rappresenta quindi una sorgente di errore. Poiché i rivelatori sono ancorati al suolo, ed è noto che la crosta terrestre (seppur in maniera minima) è in perenne moto, qualsiasi moto sismico potrebbe modificare la distanza in oggetto.Per sopperire a ciò, oltre all’utilizzo di un particolare sistema di sospensione delle masse, è fondamentale che il sito di locazione dei rivelatori, sia soggetto ad una bassissima attività sismica.

Un’altra tipica sorgente è il rumore termico causato dall’eccitazione intrinseca delle componenti dell’apparato sperimentale. Per eliminare questo effetto sono

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Introduzione

stati sviluppati materiali sempre più adatti allo scopo e le fluttuazioni termiche vengono calcolate analiticamente per prevederne e correggerne l’effetto.

Mano a mano che l’analisi del sistema e dei fenomeni fisici interessati viene approfondita, un gran numero di sorgenti d’errore viene alla luce.Tra le più importanti e influenti c’è sicuramente quella dovuta alla natura quantistica della luce laser utilizzata per la misurazione.Questo effetto, noto come shot noise, deriva direttamente dal fatto che il fascio laser non è continuo, bensì è formato da dei pacchetti energetici, detti fotoni, la cui distribuzione all’interno del fascio è casuale.Comprendere sia le fonti fondamentali che tecniche del rumore risulta quindi necessario per aumentare la sensibilità allo strain degli apparati sperimentali utilizzati per la misura.

È di fondamentale importanza, inoltre, disporre di un sistema di rivelatori locati in diverse zone del globo, poiché una misura contemporanea dello stesso fenomeno, da parte di strumenti indipendenti, fornisce una conferma ulteriore della natura del segnale captato.Un sistema globale di rivelatori permette anche di analizzare diversi aspetti del fenomeno gravitazionale come, ad esempio, la polarizzazione delle onde e la provenienza del segnale.

La prima sessione di osservazione dei rivelatori Advanced LIGO è iniziata a Settembre 2015 e si è conclusa a Gennaio 2016. Durante questa misurazione è stata raggiunta una sensibilità allo strain di ~ 10-24 / √Hz.

In questo lavoro di tesi ci si prefigge di analizzare e caratterizzare le diverse sorgenti di errore a cui si è andati incontro nella rivelazione diretta delle onde gravitazionali con Advanced LIGO, con particolare attenzione all’effetto della natura quantistica della luce.

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Introduzione

Nel Capitolo I, in seguito a semplici nozioni sulla generazione, propagazione ed effetto delle onde gravitazionali, verranno forniti alcuni cenni storici sullo sviluppo di metodologie e tecnologie adatte alla rivelazione di tale fenomeno. Nel Capitolo II verranno affrontati i principi base dell’ottica quantistica.La comprensione di questa particolare branca della Fisica è di vitale importanza per lo studio delle metodologie alla base della rivelazione diretta dei segnali gravitazionali.

Nel Capitolo III si descriverà l’apparato sperimentale utilizzato per la prima sessione di misurazione di Advanced LIGO per poi analizzare le prestazioni del rivelatore.

Nel Capitolo IV verranno individuate le sorgenti di errore cui i rivelatori di questo tipo sono soggetti.

Infine, nelle Conclusioni viene fatta una rassegna dei possibili miglioramenti per Advanced LIGO e degli sviluppi nel rivelamento diretto delle onde gravitazionali.

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Onde gravitazionali e metodologie di rivelazione Capitolo I

Capitolo I

Onde gravitazionali e metodologie di rivelazione

È nota la contraddizione di fondo tra l’elettromagnetismo classico, descritto dalle equazioni di Maxwell, e la relatività galileiana.Attraverso la stesura della “Teoria della Relatività Ristretta” Albert Einstein, nel 1905, risolse questa contraddizione estendendo i principi di relatività galileiana e non considerando più il tempo come una grandezza fisica assoluta.Questa sua nuova visione della Fisica era però in contraddizione con la “Teoria della Gravitazione Universale” di Isaac Newton, secondo la quale le masse esercitano fra loro un’azione istantanea (la propagazione delle informazioni secondo la “Relatività Ristretta” avviene al massimo alla velocità della luce c).Già Laplace, nel 1776, alla ricerca di una spiegazione dei tempi delle eclissi solari medievali, suggerì che l’interazione gravitazionale si dovesse propagare a velocità finita, ma fu lo stesso Einstein, attraverso la stesura della “Teoria Generale della Relatività” nel 1916, a risolvere questa contraddizione.Egli cambiò il modo di concepire l’Universo legando, con l’equazione di campo che prende il suo nome, il concetto di gravità alla geometria intrinseca dell’Universo.Secondo questa visione, l’attrazione gravitazionale altro non è che la curvatura del “tessuto” quadridimensionale di cui è composto l’Universo. Questo tessuto, detto spazio-tempo, è appunto descritto dalle 3 dimensioni spaziali classiche più una nuova dimensione, il tempo, che viene quindi messo al pari delle altre dimensioni.

1.1 Generazione, propagazione ed effetto delle onde gravitazionali

All’interno di questa teoria Einstein predisse l’esistenza delle onde gravitazionali come soluzioni ondulatorie per il tensore metrico dell’equazione di campo linearizzata. Esse sono quindi perturbazioni dello spazio-tempo in grado di modificare la distanza tra due punti dello stesso spazio-tempo.

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Onde gravitazionali e metodologie di rivelazione Capitolo I

A partire dagli anni immediatamente successivi alla stesura della teoria, vennero formulati diversi modelli in grado di descrivere la meccanica di questo nuovo tipo di radiazione.Il modello che ha riscosso il maggior successo è quello, a carattere tensoriale, formulato dallo stesso Einstein, che prevedeva onde di quadrupolo e descriveva il campo gravitazionale in un punto dello spazio-tempo attraverso un insieme di dieci valori, i cosiddetti potenziali gravitazionali.Perciò, i fronti d’onda si propagano attraverso la struttura spazio-temporale dell’Universo alla velocità della luce con due polarizzazioni di quadrupolo trasversali.

Come conseguenza della natura quadrupolare della perturbazione, il passaggio di un’onda gravitazionale provoca, localmente, una distorsione di marea oscillatoria dello spazio-tempo. Nella prima metà del periodo di oscillazione gravitazionale, lo spazio-tempo si contrae in una direzione mentre si allunga nella direzione perpendicolare. Nella seconda metà, invece, l’effetto è invertito: ad una contrazione segue uno stiramento e viceversa.La periodicità di questo fenomeno viene quindi dettata dalla frequenza propria dell’onda gravitazionale.Inoltre, similmente a quel che accade per le radiazioni elettromagnetiche, le onde gravitazionali hanno due tipi di polarizzazione. Questi stati di polarizzazione sono indicati come (+) e (×) a seconda del modello di stiramento e contrazione che esse impongono sulla materia che attraversano.Le distorsioni causate dal passaggio di un’onda gravitazionale sono a loro volta perpendicolari alla direzione di propagazione dell’onda, un’ulteriore analogia col campo elettromagnetico.

Vi sono però delle differenza rispetto alle onde elettromagnetiche. L’ordine più basso previsto per le onde gravitazionali è quello quadrupolare. L’emissione di tali onde avviene infatti ogni talvolta che il momento di quadrupolo di una distribuzione di massa cambia nel tempo. Si ha che la quantità di radiazione gravitazionale emessa da un corpo, o da una sistema a più corpi, dipende dal grado di disomogeneità nella distribuzione della sua massa (in termini di deviazione dalla simmetria sferica).La grandezza fisica che misura questa disomogeneità è per l’appunto il momento di quadrupolo.

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Onde gravitazionali e metodologie di rivelazione Capitolo I

Quando il momento di quadrupolo di un sistema di grande massa subisce delle variazioni vengono emesse onde gravitazionali, la cui intensità e quantità sono proporzionali alla velocità delle variazioni.Si noti, inoltre, che l’intensità della radiazione gravitazionale non è isotropa rispetto alla sorgente.

Mentre la radiazione elettromagnetica può essere studiata producendola in laboratorio, le onde gravitazionali prodotte da spostamenti di masse realizzabili in laboratorio sarebbero talmente deboli da risultare impossibili da rivelare.Si rivolge quindi l’attenzione a fenomeni astronomici in grado di generare una radiazione gravitazionale misurabile.Si conoscono molte possibili sorgenti di onde gravitazionali, tra le quali sistemi binari di stelle e/o buchi neri, pulsar, esplosioni di supernove, buchi neri in vibrazione e galassie in formazione.Dopo la predizione di Einstein nel 1916, le onde gravitazionali furono quasi ignorate dai fisici per circa quattro decenni, come un prodotto apparentemente artificiale delle equazioni della Relatività Generale.L’effetto sullo spazio sembrava comunque troppo piccolo per essere rivelato. Persino Einstein considerava gli effetti troppo deboli e, così come lo stesso autore della teoria, molti componenti della comunità scientifica erano scettici riguardo la possibilità di rivelarle direttamente.

La ricerca delle onde gravitazionali ha molte motivazioni.È possibile utilizzare la radiazione gravitazionale per testare la teoria di Einstein con tutto ciò che essa implica. Forse più interessante, però, è la visione dell’Universo completamente nuova e, in generale, la nuova astronomia che deriva dall’analisi dello spettro delle perturbazioni gravitazionali.La nostra attuale comprensione dell’Universo si basa quasi esclusivamente sull’osservazione e l’analisi dello spettro elettromagnetico.I fotoni, infatti, interagiscono fortemente con la materia e questo, in prima battuta, li rende facili da raccogliere con i telescopi. In realtà, la loro propagazione viene disturbata dalla materia che incontrano durante il loro percorso verso la Terra e molte regioni interessanti dell’Universo, come i nuclei di galassie o il centro di esplosioni di supernove, vengono oscurate dalla materia presente tra noi e queste regioni. Per questo motivo, la debolezza dell’interazione delle onde gravitazionali con lo spazio-tempo si trasforma in un vantaggio.

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Onde gravitazionali e metodologie di rivelazione Capitolo I

Infatti, le onde gravitazionali possono percorrere lunghe distanze e arrivare a noi quasi immutate, senza interagire quindi con la materia interstellare.Questo significa che esse costituiscono un grande strumento per sondare l’Universo nelle sue zone più recondite. Al contempo risulta significativamente difficile progettare uno strumento in grado di percepire il loro passaggio.

Inoltre, le indagini sull’Universo primordiale sono limitate a dopo che esso si è raffreddato abbastanza da consentire la ricombinazione di cariche libere (elettroni e protoni negli atomi di idrogeno), vale a dire circa 380 000 anni dopo il Big Bang. Al contrario, poiché le onde gravitazionali si propagano liberamente nell’Universo dal momento della loro emissione, tramite lo studio dello spettro gravitazionale questo limite potrebbe essere superato.

Infine, questa “nuova” radiazione potrebbe fornire informazioni utili su questioni riguardanti la materia oscura tramite l’osservazione di onde gravitazionali emesse mentre questa si muove attraverso lo spazio.

1.2 Cenni storici sugli sviluppi nella rivelazione di segnali gravitazionali

Già nei primi anni ’70 si ebbero prove indirette dell’emissione di onde gravitazionali. Il team di Russell Hulse e Joseph Taylor usò le osservazioni radio per misurare una diminuzione del periodo orbitale (~40 secondi in 30 anni) di un sistema binario costituito da una pulsar (con emissione radio a 17 Hz) e una stella di neutroni compagna invisibile.Successivamente mostrarono come la perdita di energia associata al tasso di decadimento orbitale fosse coerente con l’emissione di onde gravitazionali.Per la loro scoperta e l’uso di tale sistema per testare la Relatività Generale, Hulse e Taylor hanno vinto il Premio Nobel per la Fisica del 1993.

L’evidenza indiretta, però, non può essere considerata alla stregua delle osservazioni dirette.Prima della misurazione da parte di Advanced LIGO non era stata ancora fatta una rivelazione diretta delle onde gravitazionali. Il rivelamento diretto di qualcosa di così debole richiede infatti un tipo di osservazione non convenzionale.

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Onde gravitazionali e metodologie di rivelazione Capitolo I

La rivelazione di onde gravitazionali può avvenire tramite l’impiego di due principi diversi: la risonanza di corpi solidi e il monitoraggio “elettromagnetico” della distanza tra due masse fisse.

Di conseguenza, i rivelatori di onde gravitazionali si dividono in due ampie categorie:

1.2.1 Barre risonanti

Una perturbazione gravitazionale che colpisce un corpo solido, ad esempio un cilindro metallico, lo farà allungare e contrarre. Se la frequenza dell’onda è simile alla frequenza di risonanza del corpo, allora il passaggio dell’onda ecciterà i suoi modi di risonanza interni, facendo “squillare” il corpo. Queste oscillazioni possono quindi essere monitorate per fornire una misura dello strain dovuto al passaggio delle onde gravitazionali.Le barre risonanti, come suggerisce il nome, sfruttano quindi le risonanze interne dei cilindri metallici, in genere con un peso di poche tonnellate e frequenze di risonanza vicine a 1 kHz.Immaginiamo la barra tagliata in due pezzi di uguale lunghezza uniti da una molla. Al passaggio di un’onda gravitazionale, lo spazio si allungherà o si accorcerà nella direzione della molla e quindi le due masse non saranno più nelle loro posizioni di equilibrio. Di conseguenza, il sistema inizierà a oscillare.Lo stesso vale per un corpo elastico, per esempio, una barra di metallo.Se la frequenza dell’onda gravitazionale coincide con la frequenza di risonanza della barra, l’oscillazione provoca la risonanza della barra e lo spostamento delle estremità della stessa risulterà amplificato. Se viene monitorato lo spostamento delle estremità, è possibile rivelare in modo abbastanza sensibile le perturbazioni.Questa tecnica fu sviluppata da Joseph Weber (1919-2000), che all’inizio degli anni ’60 installò due rivelatori in alluminio separati da una distanza di 1000 km.Questi rivelatori erano cilindri di alluminio con un peso di circa 1 tonnellata sospesi all’interno di una camera a vuoto.Nel 1965 egli iniziò a registrare le coincidenze tra i due rivelatori e per decenni ci furono accesi dibattiti sul fatto se i segnali registrati da Weber fossero veri eventi di onde gravitazionali. Esperimenti in altre parti del mondo, tra cui Monaco di Baviera, Frascati, Glasgow, Rochester e Yorktown Heights non sono riusciti a riprodurre i risultati di Weber.

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Onde gravitazionali e metodologie di rivelazione Capitolo I

Nel corso degli anni i rivelatori sono stati perfezionati per migliorare la sensibilità di picco e la larghezza di banda, fino a quando si è raggiunto il limite tracciato dal rumore termico, ovvero la risonanza interna dovuta all’eccitazione termica della barra.Poiché questa eccitazione può essere ridotta raffreddando la barra, gli strumenti più sensibili fino ad ora operano tutti a temperature criogeniche, nell’intervallo da pochi K fino a 100 mK.Ad ogni modo, la sensibilità che è possibile raggiungere con rivelatori di questo tipo non ha permesso la rivelazione diretta e la conseguente conferma dell’esistenza delle onde gravitazionali.

1.2.2 Interferometri

I rivelatori interferometrici operano secondo il principio che un’onda gravitazionale allunga e contrae lo spazio-tempo facendo variare, al suo passaggio, la distanza tra due masse fisse.Questo passaggio viene rivelato notando un cambiamento nella figura di interferenza creata dalla ricombinazione di due fasci laser percorrenti due diversi bracci dell’interferometro di pari lunghezza.Il cambiamento nella figura di interferenza avviene quando il tempo che il fascio impiega per percorrere un braccio è diverso rispetto all’altro, ovvero quando il passaggio di un’onda gravitazionale contrae un braccio e allunga l’altro e viceversa.

L’uso di interferometri per il rivelamento delle onde gravitazionali ha una storia di circa 4 decenni.

Nel 1962 due fisici russi di Mosca (M. Gertsenshtein e V. I. Pustovoit) per primi proposero di rivelare le onde gravitazionali osservando lo spostamento della frangia all’uscita di un interferometro di Michelson.Stimarono che la sensibilità di un tale interferometro fosse ~ 10-17 / √Hz per frequenze di circa 1 kHz ipotizzando di utilizzare la luce bianca come sorgente luminosa e avendo già intuito di eseguire misure con più strumenti in contemporanea per estrarre informazioni sulla polarizzazione e direzione della sorgente.L’intensità delle onde gravitazionali di origine astrofisica non era così conosciuta come oggi, quindi non sembrava un’impresa impossibile rivelare le onde gravitazionali con una tale sensibilità.

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Forward, insieme a Moss e Miller presso i laboratori di ricerca di Hughes a Malibu, è stato il primo a costruire un interferometro per il rivelamento delle onde gravitazionali nel 1970 e ha raggiunto una notevole sensibilità allo strain, limitata dallo shot noise, di ~ 10-15 / √Hz che poteva essere migliorata sino ad arrivare a ~ 10-16 / √Hz utilizzando un laser più potente e piegando il percorso ottico. Il setup utilizzato era un semplice interferometro di Michelson con una lunghezza del braccio di 2m, leggermente disallineato per ottenere due fasci di uscita separati. Il suo interferometro era montato su un tavolo ottico con pile di gomma/metallo per l’isolamento sismico e la potenza del laser veniva misurata tramite fotorivelatori.A quel tempo era l’interferometro con la migliore sensibilità allo strain.

Nel 1966, Blum e Weiss presentarono un documento che descriveva un set interferometrico limitato dallo shot noise con una sensibilità di ~ 10-14 m / √Hz con una lunghezza del braccio dell'interferometro di 1 m.Dopo aver considerato sistematicamente tutte le fonti di rumore, il gruppo di Weiss al MIT nel 1972 ha iniziato a costruire un interferometro che implementa molte nuove tecniche per ridurre una varietà di fonti di rumore.Molte di queste tecniche sono diventate standard nei rivelatori odierni.

Nel 1975 il gruppo di Garching al Max-Planck-Institut für Quantenoptik, in Germania, iniziò a costruire un interferometro da 3 m e in seguito, negli anni ’80 e ’90, riuscì a mettere in servizio un prototipo da 30 m.

Nel 1977 il gruppo di ricerca sulle onde gravitazionali a Glasgow iniziò a costruire un prototipo da 1 m con celle ottiche bianche per il rivelamento del movimento, continuando in seguito con la costruzione di un interferometro a forma di L di 10 m con l’aggiunta delle cavità di Fabry-Perot nelle braccia.

L’obiettivo di un rivelatore di onde gravitazionali è di raggiungere una sensibilità allo strain elevata, è quindi utile aumentare la lunghezza dei bracci del rivelatore. Poiché lo spazio è piuttosto limitato nella maggior parte dei laboratori, sono stati inventati schemi per aumentare la lunghezza ottica.

Già nel 1972 Weiss propose di piegare il percorso ottico della luce all’interno dei bracci dell’interferometro per aumentare la lunghezza effettiva. In alcuni esperimenti il percorso della luce è stato piegato alcune centinaia di volte.

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Onde gravitazionali e metodologie di rivelazione Capitolo I

La lunghezza del percorso ottimale è metà della lunghezza d’onda di una perturbazione gravitazionale. In questo modo, nel tempo in cui il fascio percorre il braccio dell’interferometro, l’onda gravitazionale completa la contrazione, o lo stiramento, del braccio e l’effetto del suo passaggio risulta quindi più evidente.

Tra il 1979 e il 1980 Drever, trasferitosi da Glasgow al California Institute of Technology di Pasadena, iniziò a costruire un prototipo da 40 m. Questo rivelatore era simile a quello di Glasgow che utilizzava cavità di Fabry-Perot nei bracci dell’interferometro.L’energia ottica immagazzinata nelle cavità di Fabry-Perot perciò determinava la sensibilità dell’interferometro.

Un passo importante nel migliorare la sensibilità è stato quello di ridurre l’accoppiamento del movimento sismico che sposta gli specchi e quindi influenza direttamente la lunghezza del braccio dell’interferometro.Sospendendo gli elementi ottici tramite un sistema di pendoli, il moto oscillatorio degli specchi rispetto al suolo va come 1/f

2 al di sopra della frequenza di risonanza del pendolo, che di solito è intorno a 1 Hz. Le sospensioni degli specchi sono state perfezionate nel corso degli anni per raggiungere un isolamento sempre migliore. A basse frequenze però esse limitano ancora le prestazioni degli strumenti moderni.

Nel 1981 Drever e Schilling ebbero autonomamente l’idea di inserire un altro specchio in ingresso. Questo tipo di accorgimento, chiamato “Power Recycling”, aumenta la potenza ottica all’interno dei bracci dell’interferometro e viene utilizzato tutt’ora per ottimizzare la sensibilità.I laser, che hanno erogato solo 80 μW nel primo interferometro di Forward, sono ora in grado di produrre oltre 100 W di luce laser a singolo modo longitudinale e trasversale.

Nel 1982 il gruppo di Garching iniziò a costruire il prototipo da 30 m aumentando la lunghezza effettiva del braccio a circa 3 km. Nel corso dei successivi anni, alcuni miglioramenti nell’apparato sperimentale (sospensioni, modulazione di fase, stabilizzazione laser, …) hanno portato ad un ulteriore miglioramento della sensibilità dei prototipi.

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Nel 1986 i giapponesi iniziarono a costruire un prototipo da 100 m chiamato TENKO100 che raggiungeva una sensibilità di ~ 7 · 10-20 / √Hz.

I primi esperimenti con apparati dotati dello specchio di power recycling sono stati avviati a Garching e Orsay/Francia intorno al 1987, ma non sono stati raggiunti risultati significativi a causa delle elevate perdite all’interno dell’interferometro. Meers all’università di Glasgow capì che una tecnica di riciclaggio simile può essere utilizzata anche all’uscita interferometro. Questa tecnica viene chiamata “Signal Recycling”. Questa idea è stata dimostrata in un esperimento da banco nei laboratori di Glasgow.

A partire dal 1989 sono state presentate le proposte per la costruzione di tutti i rivelatori su larga scala: LIGO (USA), VIRGO (Francia/Italia) e GEO (Germania/Regno Unito).

La costruzione del rivelatore GEO a 3 km è fallita a causa di problemi finanziari dopo la riunificazione della Germania, quindi in una nuova proposta nel 1994 GEO è stata ridimensionata a GEO600, un rivelatore da 600 m.I giapponesi hanno iniziato il loro lavoro su TAMA300 nel 1995. LIGO, VIRGO e TAMA300 sono interferometri di Michelson dotati del power recycling, mentre GEO600 è un dual-recycled Michelson interferometer, la cui lunghezza effettiva del braccio è aumentata fino a 1200 m.

GEO600 utilizza tecniche avanzate come sospensioni a triplo pendolo con un ultimo stadio quasi-monolitico in silice fusa, un nuovo design del tubo a vuoto con tubi corrugati e attuatori elettrostatici per compensare la lunghezza del braccio più breve rispetto a LIGO e VIRGO.

Parallelamente, una collaborazione principalmente giapponese sta procedendo alla costruzione di un interferometro sotterraneo di 3 km (KAGRA - KAmioka GRAvigational wave Telescope) in una serie di nuovi tunnel nella montagna Kamiokande, vicino al famoso rivelatore di neutrini Super-Kamiokande.

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Onde gravitazionali e metodologie di rivelazione Capitolo I

Un interferometro prototipo da 100 m, CLIO (Cryogenic Laser Interferometer Observatory) ha operato con successo in un tunnel più corto a Kamiokande.

Posizionare l’interferometro sotto il suolo elimina drasticamente il rumore dovuto a disturbi sismici ambientali. La roccia rigida alla base della montagna Kamiokande subisce spostamenti sismici molto più piccoli rispetto alla parte superficiale del suolo.

La prima generazione di rivelatori LIGO consisteva in due interferometri di 4 km e uno di 2 km negli Stati Uniti: L1 a Livingston, Louisiana, H1 e H2 a Hanford, Washington.Erano operativi fino al 2010 e hanno raggiunto la sensibilità allo strain progettata sulla banda di rivelamento, con una sensibilità di picco di 2 · 10-23 /√Hz a 200 Hz.

I rivelatori LIGO iniziali hanno prodotto risultati astrofisicamente rilevanti, tuttavia non sono stati rivelati segnali di onde gravitazionali. Sia LIGO che VIRGO sono stati sottoposti a importanti aggiornamenti per diventare Advanced LIGO e Advanced VIRGO.

I rivelatori Advanced LIGO di seconda generazione sono stati installati negli impianti già esistenti, dal 2010 al 2014.Questa nuova generazione di strumenti è stata progettata per essere 10 volte più sensibile rispetto a LIGO iniziale e ha promesso di aumentare il volume osservabile dell’Universo di un fattore 1000.

A circa 100 Hz, la sensibilità allo strain era ~ 8 · 10-24 / √Hz.

Sebbene non si fosse ancora raggiunta la sensibilità progettata, durante la prima sessione di osservazione la quantità di eventi astronomici rivelabili era già significativamente maggiore di quella di qualsiasi altro rivelatore nel range di frequenze tra 10 Hz e 10 kHz.

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Onde gravitazionali e metodologie di rivelazione Capitolo I

La caratteristica principale dei rivelatori interferometrici è quindi quella di riuscire a captare direttamente segnali gravitazionali misurando delle variazioni nella figura d’interferenza creata da due fasci di luce laser.A differenza dei sistemi risonanti, nei più sofisticati rivelatori interferometrici questo ha permesso di limitare l’effetto del rumore termico, raggiungendo, ad alte frequenze, sensibilità allo strain elevate limitate solamente dal livello di shot noise dovuto alla natura quantistica della luce utilizzata per questo metodo di misurazione.

Poiché per rivelare la figura d’interferenza vengono utilizzati sofisticati metodi di fotorivelazione è necessario comprendere i fenomeni fisici alla base di queste metodologie di misurazione.

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Ottica Quantistica Capitolo II

Capitolo II

Ottica Quantistica

L’utilizzo di un laser Nd:YAG è stato fondamentale per rivelare direttamente l’effetto della perturbazione gravitazionale nella prima sessione di misurazione di Advanced LIGO.Dalla meccanica quantistica è noto che un raggio di luce altro non è che un flusso di fotoni. Si scopre che, questi pacchetti di energia sono distribuiti seguendo regole statistiche ben precise.Possono verificarsi tre tipi di statistica: Poissoniana, super-Poissoniana e sub-Poissoniana.L’osservazione della statistica di Poisson e super-Poissoniana negli esperimenti di fotorivelazione è coerente con la teoria classica della luce.Così non è per la statistica sub-Poissoniana, la quale costituisce quindi una conferma diretta della natura quantistica della luce.La luce sub-Poissoniana è molto sensibile alle perdite ottiche e all’inefficienza nel rivelamento.

Consideriamo il rivelamento di un raggio di luce da parte di un contatore di fotoni come illustrato in Figura 1.

Figura 1.Rivelazione di un debole fascio di luce tramite un sistema formato da un PMT / APD e un contatore di impulsi.

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Il contatore di fotoni è costituito da un rivelatore di luce molto sensibile come un tubo fotomoltiplicatore (PMT) o un fotodiodo a valanga (APD) collegato a un contatore elettronico. Il rivelatore produce impulsi di corrente in risposta al fascio di luce e il contatore registra il numero di impulsi che vengono emessi entro un certo intervallo di tempo impostato dall’utente.Il tasso di conteggio medio è determinato dall’intensità del raggio di luce, ma il tasso di conteggio effettivo varia da misura a misura. A prima vista potrebbe sembrare che il fatto che il rivelatore emetta impulsi individuali sia una prova chiara del fatto che il fascio di luce incidente è costituito da un flusso di pacchetti di energia discreti, i fotoni. Le fluttuazioni nella frequenza di conteggio darebbero quindi informazioni sulle proprietà statistiche del flusso di fotoni incidente. Non è però così semplice. Non è infatti immediato capire se i singoli eventi registrati dai contatori di fotoni sono necessariamente correlati alle statistiche dei fotoni o se sono solo un artefatto del processo di rivelamento.

Dobbiamo distinguere tra:

1. La natura statistica del processo di fotorivelazione

2. La statistica dei fotoni intrinseca nel raggio di luce

2.1 Statistica del fotorivelamento

La funzione di base di un esperimento di conteggio di fotoni è contare il numero di fotoni che colpiscono il rivelatore in un intervallo di tempo T. Consideriamo il rivelamento di un raggio monocromatico perfettamente coerente, di frequenza angolare ω e intensità I.Il raggio è essenzialmente un flusso Φ di fotoni, definito come il numero medio di fotoni che passano attraverso una sezione trasversale del fascio nell’unità di tempo e può essere calcolato dividendo il flusso di energia per l’energia dei singoli fotoni:

(1)

dove A è l’area della sezione trasversale del fascio e P è la potenza dello stesso.

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Φ =IA

!ω≡

P

!ωfotoni s−1

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I rivelatori di conteggio dei fotoni sono caratterizzati dalla loro efficienza quantica η, definita come il rapporto tra il numero di fotoconteggi e il numero di fotoni incidenti.Il numero medio di conteggi registrati dal rivelatore in un tempo di conteggio T è quindi dato da:

(2)

Il corrispondente tasso medio di conteggio medio R è dato da:

(3)

La velocità massima di conteggio che può essere registrata con un sistema di conteggio di fotoni è in genere determinata dal fatto che i rivelatori necessitano di un certo tempo per recuperare dopo ogni singolo rivelamento.Tipicamente, nei contatori comuni questo comporta un tempo “morto” di ~ 1 μs tra due conteggi successivi, il quale impone un limite superiore pratico su R di circa 106 conteggi s−1.Con valori tipici di η del 10% circa, i contatori di fotoni sono utili solo per analizzare le proprietà di fasci con potenze di ~ 10−12 W o meno.

Sebbene il flusso di fotoni medio possa avere un valore ben definito, a causa della natura discreta del fascio, su scale temporali brevi si ottiene una fluttuazione casuale del numero di fotoni attorno al relativo valor medio.

Queste fluttuazioni, che rappresentano la distribuzione dei fotoni all’interno del fascio, sono descritte dalle diverse tipologie di statistiche.

2.2 Luce coerente: Statistica di Poisson

Nella fisica classica, la luce è considerata come un’onda elettromagnetica. Il tipo di luce più stabile immaginabile è un raggio di luce perfettamente coerente che ha frequenza angolare costante ω, fase φ e ampiezza E0.Il raggio emesso da un laser ideale a singolo modo, che funziona ben al di sopra della soglia, ne è un’approssimazione ragionevolmente buona. L’intensità I del raggio è proporzionale al quadrato dell’ampiezza. Se E0 e φ sono indipendenti

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N(T ) = ηΦT =ηPT

R =

N

T=

ηP

!ωconteggi s−1

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dal tempo allora, l’intensità, così come il flusso medio di fotoni, sarà costante nel tempo.Si potrebbe pensare che un raggio di luce con un flusso di fotoni medio invariato nel tempo sia costituito da un flusso di fotoni con intervalli di tempo regolari tra di loro. In realtà, vi saranno comunque fluttuazioni statistiche su scale temporali brevi, a causa della natura discreta della luce. In un raggio di luce di potenza costante P, il numero medio di fotoni all’interno di un segmento di raggio di lunghezza L è dato da:

(4)

Supponiamo di avere un numero medio di fotoni intero ben definito.Suddividendo il raggio in N segmenti uguali e assumendo che N sia sufficientemente grande, la probabilità (molto piccola) di trovare un fotone all’interno di un particolare segmento è data da p = / N.Mentre la probabilità di trovare due o più fotoni in un segmento è trascurabile.La probabilità P(n) di trovare n fotoni entro un raggio di lunghezza L contenente N segmenti è data dalla probabilità di trovare n segmenti contenenti un fotone e (N - n) senza fotoni, in qualsiasi ordine possibile. Di conseguenza, ipotizzando che la probabilità di rivelare un fotone sia indipendente dal fatto che in precedenza se ne siano rivelati altri, è possibile esprimere questa probabilità tramite la seguente distribuzione binomiale:

(5)

ossia:

(6)

Attraverso un’algebra relativamente semplice e considerando il limite per N→∞, concludiamo che il comportamento dei fotoni all’interno di un fascio di luce coerente con intensità costante, è descritto da un’equazione del tipo:

(7)

Questa equazione descrive una particolare distribuzione, detta Poissoniana.

n

n

n

!20

n =ΦL

c

P (n) =N !

n!(N − n)!pn(1− p)N−n

P (n) =N !

n!(N − n)!

!

n

N

"n !

1−n

N

"n

P (n) =nn

n!e−n, n = 0, 1, 2, ...

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La statistica di Poisson generalmente si applica a processi casuali che possono solo restituire valori interi. Le fluttuazioni di una distribuzione statistica sul suo valore medio sono solitamente quantificate in termini di varianza.La varianza è uguale al quadrato della deviazione standard Δn ed è definita da:

(8)

Per la statistica di Poisson si ha che la varianza è uguale al valore medio :

(9)

La deviazione standard per le fluttuazioni del numero di fotoni attorno al valore medio è quindi data da:

(10)

Questo mostra che la deviazione relativa delle fluttuazioni diminuisce all’aumentare di .

2.3 Classificazione della luce in base al tipo di statistica

Da una prospettiva classica, un fascio perfettamente coerente di intensità costante è il tipo di luce più stabile che può essere previsto. Ciò fornisce quindi un punto di riferimento per classificare altri tipi di luce in base alla deviazione standard delle loro distribuzioni del numero di fotoni.In generale, ci sono tre tipologie di statistica:

• sub-Poissoniana:

• Poissoniana:

• super-Poissoniana:

La differenza tra i tre diversi tipi di statistiche è illustrata in Figura 2.

n

n

Δn ≤ n

Δn = n

Δn ≥ n

!21

V ar(n) = (∆n)2 =∞!

n=0

(n− n)2 P (n)

(∆n)2 = n

∆n =√

n

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Poiché un’intensità perfettamente stabile fornisce una statistica Poissoniana, ne consegue che tutti i fasci di luce classici con intensità variabile nel tempo avranno distribuzioni super-Poissoniane.Questi sono chiaramente “più rumorosi” di una luce perfettamente coerente, sia dal punto di vista classico dove si hanno maggiori variazioni nell’intensità, sia dal punto di vista quantistico dove le fluttuazioni nel numero di fotoni sono più grandi. La luce sub-Poissoniana, al contrario, ha una distribuzione più stretta rispetto al caso Poissoniano ed è quindi “meno rumorosa” della luce perfettamente coerente. Poiché un raggio perfettamente coerente è la forma di luce più stabile che può essere prevista nell’ottica classica, la luce sub-poissoniana non ha una controparte classica, ed è quindi un primo esempio di luce impossibile da analizzare con un approccio classico. Un fascio di luce il cui flusso di fotoni sia governato da una statistica sub-Poissoniana è molto difficile da ottenere.Per questo motivo, la statistica di Poisson è quella che attualmente caratterizza la maggior parte dei laser, in quanto essa fornisce le minori fluttuazioni nel numero di fotoni. Il laser Nd:YAG, utilizzato in Advanced LIGO, obbedisce a questo tipo di statistica.

Figura 2.Confronto tra le distribuzioni del numero di fotoni di luce super-Poissoniana e sub-Poissoniana a quella di una distribuzione di Poisson con lo stesso numero medio di fotoni, . Le distribuzioni di luce super-Poissoniana e sub-Poissoniana sono, rispettivamente, più larghe o più strette della distribuzione di Poisson.n = 100

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2.4 Degradazione della statistica dei fotoni

Supponiamo di avere un raggio di luce che passa attraverso un mezzo dissipativo e viene poi rivelato da un fotorivelatore. Se la trasmittanza del mezzo è T, allora possiamo descrivere il processo che porta ad avere perdite ottiche nel flusso di fotoni tramite un particolare modello.

Figura 3.Un fascio di luce, dopo aver attraversato un mezzo dissipativo, con un trasmittanza T, incide su un fotorivelatore.

Questo prevede un divisore di fascio, o beam splitter, con rapporto di divisione T : (1 - T), che separa i fotoni in due flussi distinti diretti verso due diverse porte di uscita, in modo che solo una frazione T dei fotoni colpisca il rivelatore.

Figura 4.Un specchio, inclinato di 45°, separa il fascio in due fasci distinti, in modo che solo una frazione T del fascio iniziale incida sul detector.

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Il processo di divisione del fascio, inteso come separazione dei singoli fotoni, avviene casualmente, con probabilità ponderate per i due percorsi di uscita di T : (1 - T), rispettivamente.Quindi il mezzo dissipativo seleziona a caso i fotoni dal fascio in ingresso con una probabilità T.

Figura 5.I fotoni incidenti sul beam splitter vengono direzionati verso le due diverse uscite in maniera probabilistica. La probabilità è fissata dalla trasmittanza T, in questo caso si ha 50:50.

È noto che la distribuzione ottenuta mediante campionamento casuale di un dato insieme di dati è più casuale rispetto alla distribuzione originale. È evidente quindi che la regolarità degli intervalli di tempo nel flusso di fotoni che vanno al rivelatore è ridotta rispetto al flusso di fotoni iniziale.La natura di campionamento casuale delle perdite ottiche degrada la regolarità del flusso di fotoni e alla fine rende gli intervalli di tempo completamente casuali per bassi valori di T.Il modello del beam splitter per le perdite ottiche è un modo conveniente per considerare i numerosi fattori che riducono l’efficienza negli esperimenti di conteggio dei fotoni. Questi fattori includono:

1. Raccolta ottica inefficiente, viene raccolta solo una frazione della luce emessa dalla sorgente;

2. Perdite dovute all’assorbimento, dispersione o riflessione dei fotoni da parte delle componenti ottiche;

3. Inefficienza nel processo di rivelamento dovuto all’utilizzo di rivelatori con efficienza quantistica imperfetta.

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Tutti questi processi sono equivalenti al campionamento casuale dei fotoni. Il primo seleziona in modo casuale i fotoni dalla sorgente. Il secondo elimina in modo casuale i fotoni dal raggio. Il terzo seleziona casualmente un sottoinsieme di fotoni da rivelare.I primi due degradano le statistiche dei fotoni stessi, mentre il terzo degrada la correlazione tra le statistiche dei fotoni e dei fotoelettroni emessi dal rivelatore.Questo è il principale motivo per il quale è difficile ottenere un fascio di fotoni con statistica sub-Poissoniana: tutte le forme di perdita e di inefficienza tenderanno a degradare la statistica del flusso di fotoni al caso Poissoniano

2.5 Teoria del fotorivelamento

È opportuno considerare la relazione tra la statistica che regola il conteggio del rivelatore e quella dei fotoni che compongono il raggio di luce. È possibile approcciarsi al problema con una teoria semi-classica della fotorivelazione. Supponendo che la luce sia costituita da onde elettromagnetiche classiche ed evidenziando i risultati critici che dimostrano la quantizzazione della luce verrà analizzata in seguito la teoria quantistica della fotorivelazione.

2.5.1 Approccio semi-classico

Figura 6. Processo tramite il quale vengono rivelati i fotoni di un debole raggio di luce.

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Quando un debole fascio di luce viene fatto incidere su un rivelatore, la luce interagisce con gli atomi nel fotocatodo e libera, tramite effetto fotoelettrico, i cosiddetti fotoelettroni.I singoli fotoelettroni incidono su un moltiplicatore, il quale a sua volta rilascia molti più elettroni, generando in tal modo un impulso di corrente abbastanza elevato per essere rivelato da un contatore elettronico.Gli impulsi contati corrispondono quindi al rilascio di singoli fotoelettroni da parte del fotocatodo.Il raggio di luce è considerato come un’onda elettromagnetica classica di intensità I. Assumendo che gli atomi nel fotocatodo emettano in modo probabilistico i fotoelettroni dopo l’assorbimento di un quantitativo discreto di energia, la natura statistica del tempo che intercorre tra gli impulsi in uscita può essere spiegata facendo le seguenti tre assunzioni sul processo di fotorivelazione:

1. La probabilità di emissione di un fotoelettrone in un breve intervallo di tempo Δt è proporzionale all’intensità I, all’area A illuminata e all’intervallo di tempo Δt.

2. Se Δt è sufficientemente piccolo, la probabilità di emettere due fotoelettroni è trascurabilmente piccola.

3. Gli eventi di fotoemissione registrati in intervalli di tempo diversi sono statisticamente indipendenti l’uno dall’altro.

Considerando la prima ipotesi, la probabilità di osservare un evento di fotoemissione nell’intervallo di tempo t → t + Δt, può essere scritta come:

(11)

dove ξ è proporzionale all’area illuminata ed è uguale alla probabilità di emissione per unità di tempo e di intensità.

Il secondo assunto implica quindi che la probabilità di non osservare eventi nello stesso intervallo di tempo è data da:

(12)

!26

P (1; t, t +∆t) = ξI(t)∆t

P (0; t, t +∆t) = 1− ξI(t)∆t

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Dall’ultima ipotesi è possibile dedurre che se Δt è piccola, vi sono solo due modi per ottenere n eventi nell’intervallo di tempo 0 → t + Δt.Ossia:

• n eventi nell’intervallo di tempo 0 → t e nessuno nell’intervallo di tempo:t → t + Δt

• n-1 eventi nell’intervallo di tempo 0 → t e uno nell’intervallo di tempo: t → t + Δt

È possibile dimostrare, attraverso alcuni passaggi algebrici, che quando l’intensità del raggio I(t) è costante nel tempo, la probabilità di ottenere n eventi nell’intervallo di tempo 0 → t + Δt risulta essere pari a:

(14)

È quindi possibile spiegare la statistica Poissoniana del fotoconteggio senza dover considerare il fascio di luce come un flusso discreto di fotoni.Si è assunto semplicemente che l’emissione dei fotoelettroni fosse un processo probabilistico innescato dall’assorbimento di un quantitativo discreto di energia dal fascio di luce.L’analisi della statistica del fotoconteggio non fornisce quindi necessariamente informazioni sulle statistiche dei fotoni.Poiché assumendo che l’intensità del fascio di luce è costante si ottiene la formula di Poisson, se questa variasse col tempo, si può dimostrare che il risultato sarebbe una distribuzione di tipo super-Poissoniano.È chiaro infine che una statistica sub-Poissoniane non è ottenibile all’interno di una teoria semi-classica, di conseguenza l’osservazione di una statistica del fotoconteggio di questo tipo costituisce una dimostrazione dell’inadeguatezza dell’approccio semi-classico.

2.5.2 Approccio quantistico

Lo scopo della teoria quantistica della fotorivelazione è di mettere in relazione la statistica del fotoconteggio con quella dei fotoni incidenti.Non verrà derivato il risultato finale ma si discuteranno le sue implicazioni a livello qualitativo.

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Pn(t) =nn

ne−n

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La relazione tra la variazione nel numero di fotoconteggi (ΔN)2 e la corrispondente varianza (Δn)2 nel numero di fotoni che incidono il rivelatore nello stesso intervallo di tempo T, è data da:

(15)

dove η è l’efficienza quantica del rivelatore, definita precedentemente come il rapporto tra il numero medio di fotoconteggi e il numero medio di fotoni incidente sul rivelatore nello stesso intervallo di tempo:

(16)

Chiaramente se η=1, allora ΔN = Δn e le fluttuazioni del fotoconteggio riprodurranno fedelmente le fluttuazioni del flusso di fotoni incidente.

Se invece, i fotoni incidenti hanno una distribuzione di tipo Poissoniano, allora si ha , per tutti i valori di η.

In altre parole, le statistiche del fotoconteggio forniscono sempre una distribuzione di Poisson.

Infine, se η «1, le fluttuazioni del fotoconteggio tendono alla distribuzione Poissoniana con , indipendentemente dal tipo di statistica dei fotoni incidenti.

Di conseguenza, se si vuole misurare le statistica dei fotoni è necessario l’utilizzo di rivelatori ad alta efficienza. In questo caso, la statistica del fotoconteggio fornisce una misura reale della statistica che governa la distribuzione dei fotoni incidenti, con una fedeltà direttamente proporzionale all’efficienza del rivelatore.

L’efficienza quantica del rivelatore è il parametro critico che determina la relazione tra la statistica dei fotoelettroni e dei fotoni.

Riprendendo il modello del beam splitter per le perdite ottiche, un rivelatore imperfetto di efficienza η equivale ad un rivelatore con un’efficienza del 100% con un beam splitter di trasmittanza η posto tra esso e la sorgente di fotoni.

(ΔN )2 = ηn ≡ N

(ΔN )2 = ηn ≡ N

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(∆N)2 = η2(∆n)2 + η(1− η)n

η =N

n

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La natura di campionamento casuale del processo di divisione del fascio gradualmente rende casuale le statistica dei fotoni, indipendentemente dalla loro statistica originale.Nel limite di efficienze molto basse, gli intervalli di tempo tra i fotoelettroni diventerebbero completamente casuali e si avrebbe una statistica del conteggio di tipo Poissoniano per tutte le possibili distribuzioni in ingresso.

La difficoltà nel produrre rivelatori a singolo fotone con elevate efficienze quantiche è una delle ragioni per cui è difficile osservare la statistica sub-Poissoniana in laboratorio.Con i rivelatori a bassa efficienza, la statistica del fotoconteggio sarà sempre casuale, indipendentemente dalla distribuzione dei fotoni in arrivo.Esistono, tuttavia, rivelatori a singolo fotone con efficienze quantiche superiori al 50% rispetto a particolari lunghezze d’onda.

Come detto, il conteggio a singolo fotone tipicamente è in grado di rivelare con buona precisione solamente luce di debole intensità. Per fasci ad alta intensità vengono utilizzate tecniche di rivelazione tramite fotodiodi, con i quali è possibile ottenere efficienze quantiche prossime al 90%.

2.6 Shot noise nei fotodiodi

Il rivelamento di fasci di luce mediante metodi di conteggio a singolo fotone è appropriato solo per fasci molto deboli con un flusso pari o inferiore a ~ 106 fotoni s-1.

Poiché spesso è necessario l’utilizzo di laser con flusso di fotoni molto elevato, è necessario utilizzare una diversa strategia di rivelamento. Il metodo più comune utilizzato è quello di impiegare rivelatori a fotodiodi.I fotodiodi sono dei dispositivi semiconduttori che generano elettroni in un circuito esterno quando i fotoni eccitano gli elettroni dalla banda di valenza alla banda di conduzione.

Un parametro chiave di un fotodiodo è la sua efficienza quantica η.Questa viene definita, in questo contesto, come il rapporto tra il numero di fotoelettroni generati nel circuito esterno e il numero di fotoni incidenti.

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Quindi la corrente generata nel circuito esterno per un flusso fotonico incidente Φ, ossia la fotocorrente i, è data da:

(17)

dove e è il modulo della carica dell’elettrone, P è la potenza del raggio, e ω è la sua frequenza angolare.Il rapporto i/P = ηe / ω è chiamato reattività del fotodiodo la cui unità di misura è AW-1.Il valore di η può quindi essere estrapolato dalla reattività misurata alla lunghezza d’onda di rivelamento.Il principio alla base dell’utilizzo dei rivelatori a fotodiodi per studiare le proprietà statistiche della luce è che la fotocorrente generata dal raggio fluttua a causa delle fluttuazioni nel numero di fotoni incidenti.Queste fluttuazioni del numero di fotoni si rifletteranno nelle fluttuazioni della fotocorrente con una fedeltà determinata da η.Le fluttuazioni si manifestano come rumore nella fotocorrente.La fotocorrente, dipendente dal tempo, i(t) può essere suddivisa in una corrente media indipendente dal tempo ⟨i⟩ e una fluttuazione Δi(t) variabile nel tempo:

(18)

Figura 7.Dipendenza dal tempo della fotocorrente risultante dalla rivelazione di un intenso fascio di luce con un fotodiodo.

Il valore medio di Δi(t) deve, ovviamente, essere zero, ma la media del quadrato di Δi, cioè ⟨(Δi (t))2⟩, non sarà zero. Poiché la fotocorrente, all’interno del circuito esterno, attraversa una resistenza di carico RL, e genera quindi energia alla velocità di i2RL, è conveniente

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i = ηeΦ ≡ ηeP

i(t) = < i > +∆i(t)

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analizzare le fluttuazioni in termini di una potenza di rumore variabile nel tempo:

(19)

Figura 8.Trasformata di Fourier di (∆i(t))2 che mostra la dipendenza del rumore della fotocorrente dalla frequenza di acquisizione f. In questo caso si assume che il fotodiodo abbia un tempo di risposta pari a τD.

Illuminando il fotodiodo con della luce proveniente da un laser a singolo modo che opera ben oltre la soglia, si prevede che la statistica dei fotoni incidenti sia di tipo Poissoniano, essendo tale luce quasi perfettamente coerente.Di conseguenza, la statistica dei fotoelettroni sarà governata anch’essa da una distribuzione di Poisson, con .Poiché i(t) è proporzionale al numero di fotoelettroni generati al secondo, ne consegue che la variazione di fotocorrente Δi soddisferà la .

Prendendo la trasformata di Fourier di i(t) e misurando poi la varianza delle fluttuazioni di corrente entro una larghezza di banda in frequenza Δf, troviamo:

(20)

La corrispondente potenza del rumore sarà perciò:

(21)

(ΔN )2 = N

(Δi)2 ∝ < i >

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Pnoise(t) = (∆i(t))2RL

(∆i)2 = 2e∆f < i >

Pnoise(f ) = 2eRL∆f < i >

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Queste fluttuazioni vengono chiamate “Shot Noise”.

La varianza delle fluttuazioni di corrente (ossia, la potenza del rumore) è quindi direttamente proporzionale al valore medio della corrente.Inoltre, si ha che lo spettro del rumore è “bianco”, ossia esso è indipendente dalla frequenza del tempo di acquisizione.È quindi una conseguenza del tempo casuale che intercorre tra l’arrivo di due fotoni consecutivi in un fascio Poissoniano.Inoltre, il fatto che lo spettro del rumore sia “bianco”, ovviamente, lo rende soggetto al tempo di risposta τD del fotodiodo, il che significa che in pratica lo shot noise può essere rivelato solo fino a una frequenza massima di ~ (1 / τD).

Tutte le sorgenti luminose mostreranno alcune fluttuazioni classiche di intensità a causa del rumore nella corrente che le alimenta. I laser sono soggetti a rumore classico aggiuntivo a causa delle vibrazioni meccaniche negli specchi della cavità. Queste fonti di rumore classiche tendono a produrre fluttuazioni di intensità a frequenze piuttosto basse, e quindi lo spettro del rumore tende ad essere ben al di sopra del livello di shot noise nel limite di basse frequenze.Tuttavia, ad alte frequenze, le fonti di rumore classiche non sono più presenti e ci rimane solo il rumore fondamentale causato dalla statistica dei fotoni.Quindi uno spettro tipico mostrerà un livello di rumore ben al di sopra del limite di shot noise a basse frequenze, ma dovrebbe infine raggiungerlo per alte frequenze.

Figura 9. Spettro di rumore misurato per un laser Nd: YAG che funziona a 1064 nm.

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La potenza del rumore è specificata in unità di dBm, che è una scala logaritmica definita da:

(22)

I dati mostrano chiaramente che il laser esibisce un rumore classico alle basse frequenze, ma a circa 15 MHz raggiunge il limite di shot noise.

Il rumore classico a bassa frequenza può, in linea di principio, essere rimosso in due modi: il cosiddetto “Noise Eater” e il rivelatore bilanciato.

L’attenzione viene concentrata sul rivelatore bilanciato poiché un sistema simile viene utilizzato nella rivelazione della figura di interferenza in Advanced LIGO.

Figura 10.Rappresentazione schematica di un rivelatore bilanciato.

Il laser in uscita è suddiviso in due fasci di uguale intensità, che vengono poi rivelati con due fotodiodi identici D1 e D2, che generano una fotocorrente i1 e i2, rispettivamente. Le uscite dei fotodiodi sono collegate in modo da poter rivelare il segnale sottratto (i1 - i2).

Da una prospettiva classica, le due correnti devono essere identiche, in modo che il segnale di uscita sia zero. Se un filtro S viene introdotto nel percorso che porta a D2, i2 diminuirà e (i1 - i2) risulterà essere positivo.Con questo tipo di rivelatore, almeno in linea di principio, il rumore classico viene cancellato dalla sottrazione delle due fotocorrenti, e cambiamenti molto più piccoli nell’intensità dovrebbero poter essere rivelabili.

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Power in dBm units = 10× log10

!

Power

1 mW

"

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Il rivelamento bilanciato non è tuttavia in grado di rimuovere lo shot noise. Dal punto di vista dei fotoni, il processo di divisione 50:50 del fascio è casuale e pertanto qualsiasi rumore associato alla natura del fotone della luce non può essere annullato. Dal momento che la natura quantistica della luce dà origine allo shot noise, il segnale in uscita da un rivelatore bilanciato senza il filtro corrisponderà al livello di shot noise.Lo shot noise è quindi molto importante poiché stabilisce un limite pratico nei rapporti segnale / rumore che possono essere ottenuti in circostanze normali. La migliore strategia risulta essere quella di lavorare ad alte frequenze dove il rumore classico del laser è minore. A queste frequenze il rumore del laser è determinato dalla statistica dei fotoni dettato dal limite dello shot noise, che impone quindi un limite di base al rapporto segnale / rumore minimo che può essere raggiunto.L’unico modo per superare il limite dello shot noise è quello di utilizzare fonti di luce non classiche con una statistica sub-Poissoniana.In analogia con la discussione sulle statistiche del conteggio dei fotoni, la statistica dei fotoelettroni emessi da un fotodiodo mostrerà, se il rivelatore è inefficiente, sempre una distribuzione di Poisson.

Inoltre, ci si aspetta anche di osservare lo shot noise dopo il rivelamento di un’onda di luce puramente classica di intensità costante a causa della natura probabilistica del processo di fotorivelazione.

2.7 Onde di luce come oscillatori armonici

È possibile trattare la luce anche da un altro punto di vista. La luce, infatti, è un’onda e come tale può essere trattato in analogia con gli oscillatori armonici. Anche questo tipo di relazione può essere considerata da due punti di vista differenti: un approccio classico e uno quantomeccanico.

Poiché è noto che l’approccio classico fornisce una visione incompleta, l’attenzione verrà focalizzata solo sull’approccio quantomeccanico, in grado di spiegare tutte le fenomenologie tipiche di questa relazione. Tuttavia, per capire al meglio alcuni aspetti quantistici è necessaria la conoscenza dell’approccio classico di cui, perciò, vengono forniti i risultati salienti.

!34

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2.7 .1 Approccio classico

Il collegamento tra le onde di luce e l’oscillatore armonico, da un punto di vista classico, può essere formalizzato stabilendo le equazioni del moto per l’onda luminosa e mostrando che sono equivalenti a quelli di un oscillatore armonico di massa m e di frequenza angolare ω.Le equazioni del moto per un oscillatore armonico classico sono note:

(23)

e

(24)

dove x è lo spostamento e px è il momento lineare.Le cui soluzioni possono essere scritte nella forma:

(25)

(26)

dove

(27)

È possibile inoltre determinare l’energia dell’oscillatore attraverso l’equazione:

(28)

Si vogliono quindi trovare gli equivalenti della posizione e il momento lineare nel caso della perturbazione elettromagnetica.Considerando un’onda elettromagnetica linearmente polarizzata, di lunghezza d’onda λ, racchiusa in una cavità cubica vuota di lato L e supponendo inoltre che essa sia polarizzata lungo l’asse x e si propaghi lungo l’asse z, è possibile scrivere il campo elettrico nella seguente forma:

(29)

!35

px = mx

mx = px = −mω2x

p(t) = p0 cos ωt

x(t) = x0 sin ωt

p0 = mωx0

ESHO =p2x2m

+1

2mω2x2

Ex(z, t) = E0 sin kz sin wt

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dove E0 è l’ampiezza, k = 2π/λ è il vettore d’onda, e ω è la frequenza angolare.

Poiché il campo elettrico è polarizzato lungo l’asse x, la polarizzazione del campo magnetico sarà lungo l’asse y e, dalla risoluzione delle equazioni di Maxwell per il campo elettromagnetico, avremo:

(30)

con

(31)

Si nota subito che il campo elettrico è sfasato di 90° rispetto al campo magnetico, in analogia esatta con le soluzioni x(t) e p(t) dell’oscillatore armonico.Calcolando sia l’energia del campo elettrico sia quella del campo magnetico si trova che l’energia totale è:

(32)

che mostra come l’energia oscilli avanti e indietro tra i due campi.

Vengono definite due nuove coordinate q(t) e p(t):

(33)

(34)

È evidente che q(t) e p(t) sono equivalenti alla posizione e alla quantità di moto dell’oscillatore armonico elettromagnetico.Con queste nuove coordinate possiamo riscrivere l’energia totale del campo elettromagnetico come:

(35)

!36

By(z, t) = B0 cos kz cos wt

B0 =

E0

c

E =V

4

!

ε0E2

0 sin2ωt +B2

0

µ0

cos2ωt

"

q(t) =

!

ε0V

2ω2

"1/2

E0 sin ωt

p(t) =

!

ε0V

2

"1/2

E0 cos ωt

E =1

2

!

p2 + ω2q2"

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L’oscillazione dell’energia tra il campo elettrico e magnetico è quindi descrivibile con lo stesso formalismo utilizzato per l’oscillazione tra l’energia potenziale e cinetica di un oscillatore meccanico.

2.7.2 Digrammi dei fasori e quadrature del campo

La discussione sulla quantizzazione delle onde di luce utilizza i concetti di diagrammi dei fasori e quadrature del campo elettrico. È quindi opportuno prima studiare questi concetti con riferimento alle onde luminose classiche.Si considera nuovamente un’onda monocromatica classica polarizzata sul piano all’interno di una cavità come nel caso precedente.In generale, dovremmo scrivere:

(36)

dove φ è un fattore di fase.

Si può riscrivere il campo come:

(37)

dove E1 = E0 sin kz cos φ, E2 = E0 sin kz sin φ.

Le due ampiezze E1 ed E2, che corrispondono a due campi elettrici oscillanti a sfasati di 90°, sono chiamate quadrature di campo.Queste possono essere incorporate in una singola espressione. In un punto specifico dello spazio, scriviamo l’ampiezza del campo come:

(38)

dove E0(z) = E0 sin kz.L’ampiezza complessa del campo (E1 + iE2) può essere rappresentata come un vettore nel diagramma di Argand in cui la parte reale di E corrisponde all’asse x e la parte immaginaria all’asse y.

Questo tipo di diagramma è chiamato diagramma dei fasori.!37

Ex(z, t) = E0 sin kz sin(ωt + φ)

Ex(z, t) = E1 sin ωt + E2 cos ωt

E(z) = E0(z)eiφ = (E0(z)cos φ+iE0(z)sin φ)

= E1(z) + iE2(z)

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Figura 11.Il campo è rappresentato da un vettore di lunghezza E0 con un angolo φ rispetto all’asse x.

Nell’ottica quantistica, è conveniente lavorare in unità in cui il campo non ha dimensioni. Quindi ridisegniamo il fasore di campo come un vettore di lunghezza (ε0V / 4 ω)1/2 E0 e gli assi divengono le due quadrature del campo, X1 e X2, rispettivamente.

Figura 12.Equivalente adimensionale della rappresentazione del campo E nel diagramma dei fasori.

!38

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Le quadrature X1 e X2 del campo corrispondono alle parti seno e coseno del campo elettrico dipendente dal tempo, rispettivamente:

(39)

Le due quadrature di campo possono essere direttamente correlate alle coordinate generalizzate q(t) e p(t), come:

(40)

(41)

La connessione tra le quadrature X1 e X2 e le coordinate di posizione e quantità di moto fornisce un formalismo per applicare la teoria quantistica dell’oscillatore armonico semplice all’onda elettromagnetica.

2.7.3 Approccio quantomeccanico

Data l’equivalenza esistente tra un’onda luminosa e un oscillatore armonico è possibile applicare le nozioni note sull’oscillatore armonico quantizzato agli stati quantistici del campo elettromagnetico.

È noto che per l’oscillatore armonico quantistico:

1. L’energia è quantizzata in unità di :

(42)

ℏω

!39

X1(t) =

!

ε0V

4!ω

"1/2

E0 sin ωt

X2(t) =

!

ε0V

4!ω

"1/2

E0 cos ωt

X2(t) =

!

1

2!ω

"1/2

p(t)

X1(t) =! ω

2!

"1/2q(t)

En =

!

n +1

2

"

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2. Inoltre, la posizione e il momento devono soddisfare il principio di indeterminazione di Heisenberg:

(43)

Il primo punto può essere interpretato dicendo che abbiamo n fotoni di

frequenza angolare ω, ciascuno con un’energia di punto zero pari a .

Il secondo implica che tutti gli oscillatori armonici possiedano un’incertezza quantistica.

Ci si focalizzerà, ora, sull’incertezza quantistica associata agli oscillatori armonici elettromagnetici e sull’energia di punto zero.Considerando un singolo modo del campo elettromagnetico, con frequenza angolare ω all’interno di una cavità di volume V, e descrivendo il campo in termini di quadrature di campo, si definiscono ΔX1 e ΔX2 come le incertezze sulle due ampiezze.Il loro prodotto è dato da:

(44)

La quale, in termini di x e px, può essere riscritta nella forma:

(45)

Dal principio di indeterminazione di Heisenberg, si ottiene:

(46)

Concludiamo quindi che le quadrature di campo sono soggette all’incertezza quantistica in esatta analogia con l’incertezza quantistica della posizione e della quantità di moto di un oscillatore armonico.L’incertezza quantistica nelle quadrature di campo implica che l’ampiezza e la direzione del vettore del campo elettrico nel diagramma dei fasori devono essere, in qualche misura, incerte.

12

ℏω

!40

∆x∆px ≥!

2

∆X1∆X2 =

! ω

2!

"1/2∆q

#

1

2!ω

$1/2

∆p =1

2!∆q∆p

∆X1∆X2 =1

2!

!

∆x√

m

"

#√

m∆px$

=1

2!∆x∆px

∆X1∆X2 ≥1

4

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Assumendo che le incertezze nelle quadrature di campo siano le stesse, allora ci si aspetta che il diagramma dei fasori appaia come in Figura 13 (a).

Figura 13.(a) Diagramma dei fasori per un campo di luce quantizzato. Il cerchio ombreggiato

rappresenta l’incertezza uguale nelle due quadrature. Il fasore di campo elettrico può trovarsi ovunque all’interno di questo cerchio di incertezza.

(b) Mostra la dipendenza temporale corrispondente per la quadratura del campo X1.

È evidente quindi che l’incertezza quantistica introduce un grado di incertezza sia nell’ampiezza che nella fase dell’onda.

Risulta inoltre ovvio che l’immagine classica di un’onda elettromagnetica con un’ampiezza e una fase perfettamente definite rappresenti un’eccessiva, se non errata, semplificazione.

2.8 Campo di vuoto

L’energia dell’oscillatore armonico quantistico, anche quando nessun fotone è

eccitato, è uguale a .

Questa energia diversa da zero è solitamente chiamata energia di punto zero dell’oscillatore. Nell’ottica quantistica di norma si considera l’energia di punto

12

ℏω

!41

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zero come originata da un campo elettrico che fluttua in maniera casuale, chiamato campo di vuoto o vacuum field.Questo campo è presente ovunque, anche in un completo vuoto. La sua ampiezza Evac può essere calcolata considerando una cavità ottica vuota di volume V, mantenuta ad una temperatura in cui l’energia termica è molto inferiore rispetto all’energia quantistica dell’oscillatore. In queste condizioni ci sarà un’eccitazione termica trascurabile dell’oscillatore e, in assenza di altre fonti di energia, i modi del campo elettromagnetico saranno nello stato n = 0.L’energia di punto zero per modo può quindi essere equiparata all’energia elettromagnetica all’interno del volume V. Poiché i contributi energetici, mediati nel tempo, dei campi elettrici e magnetici sono identici, possiamo scrivere:

(47)

che implica:

(48)

la quale mostra che l’ampiezza del campo di vuoto è maggiore per piccole cavità. L’ampiezza di campo classica E0 è zero nel vuoto, e quindi lo stato di vuoto è rappresentato su un diagramma dei fasori come un cerchio di incertezza centrato nell’origine.

Figura 14.Rappresentazione del campo di vuoto nel diagramma dei fasori. La regione ombreggiata del diagramma dei fasori indica le fluttuazioni casuali del campo di vuoto.

!42

Evac =

!

2ε0V

"1/2

2 ×

!1

2ε0 E

2

vac dV =1

2!ω

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Poiché le incertezze nelle due quadrature sono identiche e ognuna è uguale al minimo consentito dal principio di indeterminazione, si avrà:

(49)

Gli stati, come il campo di vuoto, la cui incertezza è la minima consentita dal principio di indeterminazione sono detti stati di minima incertezza o minimum uncertainty states.

Il campo di vuoto ha conseguenze importanti per diversi fenomeni ottici quantistici.

2.9 Stati coerenti

L’equivalente quantomeccanico di una onda elettromagnetica monocromatica classica è chiamato stato coerente. Questi sono rappresentati nella notazione di Dirac come |α⟩, dove α è un numero complesso adimensionale. Il significato di α può essere compreso considerando una modo lineare polarizzato di frequenza angolare ω racchiuso all’interno di una cavità di volume V.In questo caso, α è definito come:

(50)

dove X1 e X2 sono le quadrature adimensionali del campo all’interno della cavità.Possiamo separare α nella sua ampiezza e fase φ scrivendo:

(51)

con

(52)

e

(53)

!43

∆Xvac

1 = ∆Xvac

2 =1

2

α = X1 + iX2

X2 = |α|sin φX1 = |α|cos φ

|α| =!

X21+X2

2

α = |α|eiφ

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Queste definizioni rendono evidente che lo stato coerente |α⟩ può essere rappresentato come un fasore di lunghezza |α| che forma un angolo φ con l’asse X1.

Figura 15.Rappresentazioni di uno stato coerente |α⟩ nel diagramma dei fasori.

Si può dimostrare che uno stato coerente è uno stato di incertezza minima, non essendovi una preferenza intrinseca per nessuna delle due quadrature, le loro incertezze devono essere identiche.

(54)

come per lo stato di vuoto. Gli stati coerenti possono essere considerati come stati di vuoto “spostati”, con il cerchio di incertezza del campo di vuoto spostato dall’origine dal vettore di campo α dello stato coerente. Il cerchio ombreggiato di diametro 1/2 all’estremità del fasore in Figura 15 rappresenta questa incertezza quantistica.

Si ha che |α| è correlato all’ampiezza del campo elettrico E0 secondo l’equazione:

(55)

!44

∆X1 = ∆X2 =1

2

|α| =

!

ε0V

4!ωE0

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Tramite la quale è possibile esprimere l’energia elettromagnetica classica associata al singolo modo in termini di |α|2:

(56)

Per l’oscillatore armonico elettromagnetico quantistico l’energia di eccitazione nella cavità può essere scritta nella forma:

(57)

dove è il numero medio di fotoni eccitati nella cavità alla frequenza angolare ω.Il secondo termine è l’energia di punto zero associata alle fluttuazioni del campo di vuoto.Possiamo quindi equiparare il primo termine con l’energia classica dovuta a E0.Ponendo , si ottiene quindi:

(58)

La lunghezza del vettore che rappresenta lo stato coerente |α⟩ in un diagramma dei fasori è pari a .

2.10 Shot noise e incertezza della fase e del numero di fotoni

È chiaro che nel diagramma dei fasori, sia la lunghezza che l’angolo dello stato coerente non siano perfettamente definiti in contrasto col caso classico in cui entrambe le quantità risultano ben definite.

È possibile mostrare che l’incertezza quantistica causa sia lo shot noise che l’incertezza della fase e del numero di fotoni.

Consideriamo l’incertezza quantistica di uno stato coerente con ampiezza α.

n

Eclassical = ℏnω

n

!45

Eclassical = !ω|α|2

Equantum = n!ω +1

2!ω

|α| =√n

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Figura 16. Fasore dello stato coerente con lunghezza media |α| e angolatura media φ rispetto all’asse X1.

Il cerchio di incertezza introduce sia un’incertezza sul numero medio di fotoni che sulla fase. L’incertezza del numero di fotoni Δn può essere calcolata considerando che, se il cerchio di incertezza ha un diametro di 1/2, la lunghezza del fasore varia tra (α + 1/4) e (α - 1/4).Poiché il numero medio di fotoni è uguale a |α|2, si ha:

(59)

Ciò dimostra che la statistica dei fotoni in stati coerenti è governata da una distribuzione di tipo Poissoniano. Poiché una statistica Poissoniana dei fotoni causa lo shot noise, esso può essere pensato come originato dall’incertezza quantistica nella luce.In realtà, lo shot noise può essere attribuito alla presenza di un campo di vuoto.

La valutazione dell’incertezza sulla fase ottica risulta essere più complicata. Nell’ottica quantistica la fase ottica non è definita in modo univoco.In realtà, quando »1, è possibile ricavare un risultato utile. Questo limite corrisponde al caso di campi di grande ampiezza in cui gli effetti quantici sono piccoli e la fase ottica dello stato coerente dovrebbe essere uguale alla fase classica dell’onda elettromagnetica.

n

|α | = n

!46

∆n = (|α|+1/4)2−(|α|−1/4)2 = |α| =√n

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Con |α| grande, l’incertezza di fase Δφ può essere elaborata dall’angolo sotteso dal cerchio di incertezza (vedi Figura 16):

(60)

Da cui è possibile derivare la relazione di incertezza tra la fase e il numero di fotoni:

(61)

Da ciò si evince che non è possibile conoscere sia il numero di fotoni (ossia l’ampiezza) che la fase di un’onda con precisione perfetta allo stesso istante.Questo è il motivo per cui la definizione della fase ottica in ottica quantistica è problematica.Se è piccolo, allora Δφ diventa grande. Nell’eventualità in cui Δφ si avvicina al suo valore massimo di 2π, la fase risulta totalmente indefinita. L’incapacità di definire φ in questo limite è una manifestazione della difficoltà intrinseca nel trovare una definizione quantomeccanica della fase ottica.L’incertezza di fase è di grande importanza, ad esempio, per il caso degli interferometri di altissima precisione progettati per rivelare le onde gravitazionali.

2.11 Rumore quantistico negli amplificatori

Gli amplificatori sono componenti importanti nei sistemi ottici. La propagazione di impulsi luminosi comporta il graduale decadimento della loro intensità, dovuto a fenomeni di assorbimento e dispersione. Viene naturale chiedersi se il processo di amplificazione apporti un ulteriore rumore al segnale.Se l’amplificatore opera in regime lineare, con un coefficiente di guadagno γ, e ha una lunghezza L, è possibile definire il guadagno totale, o gain, G dell’amplificatore tramite la seguente equazione:

(62)

n

!47

∆φ =diametro dell′incertezza

α=

1/2√n

∆n∆φ ≥ 1/2

G = exp(γL)

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Il rapporto segnale / rumore, o SNR, del fascio di luce può essere definito classicamente in termini di potenza del segnale rispetto a quello delle fluttuazioni:

(63)

La seconda uguaglianza deriva dal fatto che l’ampiezza massima del segnale che può essere modulata su un raggio è uguale alla sua intensità media ⟨I⟩. L’equivalente quantistico è:

(64)

Uno stato coerente, governato da una statistica Poissoniana, ha quindi un rapporto segnale-rumore pari a .La figura del rumore dell’amplificatore è definita come il rapporto tra l’SNR del fascio in ingresso e quello del fascio in uscita.Si può dimostrare che, quando il segnale in ingresso è uno stato coerente, la figura del rumore è data da:

(65)

dove G è il guadagno.

Ciò implica che l’amplificatore aggiunge rumore per G > 1.Da questa equazione deriva un’importante conseguenza: gli stati amplificati non sono stati di minima incertezza.Supponendo di rappresentare il segnale in un diagramma dei fasori, dopo l’amplificazione, la lunghezza del fasore aumenta di √G, così come aumenta anche l’area del cerchio di incertezza.

n

!48

SNR =(signal amplitude)2

(noise amplitude)2=

< I >2

< ∆I >2

SNR =n2

(∆n)2

Noise figure =SNRin

SNRout= 2−

1

G

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!49

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Advanced LIGO Capitolo III

Capitolo III

Advanced LIGO

La misura diretta delle onde gravitazionali consiste nella rivelazione di una variazione di intensità nella figura di interferenza. Un unico fascio laser viene diviso in due fasci distinti in modo che la ricombinazione di questi dia vita alla figura di interferenza oggetto della misurazione. Si prevede che le onde di gravità producano distorsioni di marea oscillatorie tali da modificare il percorso effettivo dei due fasci laser, inducendo così uno spostamento delle frange di interferenza osservate all’uscita dell’interferometro e dando quindi la possibilità di rivelare direttamente gli effetti dell’onda gravitazionale.

Figura 17.Apparato sperimentale utilizzato per la prima sessione di osservazione di Advanced LIGO, il quale, per primo, è riuscito a registrare una prova diretta del passaggio di un’onda gravitazionale.

!50

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Advanced LIGO Capitolo III

3.1 Apparato sperimentale

Di base, Advanced LIGO consiste in un interferometro di Michelson che utilizza un laser Nd:YAG per generare luce a 1064 nm. Rispetto alla prima versione, in Advanced LIGO, tramite un’amplificazione particolare (sviluppata dai collaboratori GEO), la potenza è stata aumentata da ~ 10 W a ~ 180 W.Ciò riduce significativamente il rumore quantistico ad alta frequenza.In successione al laser vengono posti un modulatore di fase e un primo sistema di specchi, chiamato “Input Mode Cleaner”, che regolano, rispettivamente, la potenza e i modi del laser in entrata. In linea con il laser viene posto un “Beam Splitter”. Questo è uno specchio, inclinato di 45° rispetto alla direzione di propagazione del laser, che divide il laser in due fasci perpendicolari.L’interferometro opera su una frangia scura della figura di interferenza. Per questo motivo una buona parte della luce viene diretta nuovamente verso il laser dal beam splitter. Perciò, tra questo e l’input mode cleaner, viene introdotto uno specchio di “Power Recycling” il cui scopo è quello di aumentare la potenza ottica del fascio rispedendo sul beam splitter quella parte che in prima battuta era stata respinta.L’aumento della potenza disponibile, consente di far circolare un laser con una potenza massima di 800 kW nella cavità del braccio (20 volte superiore rispetto alla prima versione di LIGO).I due fasci splittati vengono così iniettati ciascuno in una cavità di Fabry-Perot, formata da due specchi sospesi posti ad una distanza di ~ 4 km l’uno dall’altro. Gli specchi vengono utilizzati come masse di prova per testare il passaggio delle onde gravitazionali e vengono chiamati, per questo motivo, “test masses”. Possono essere considerati come masse inerziali al di sopra della frequenza di risonanza del pendolo che le tiene in sospensione (~ 1 Hz).L’utilizzo di test masses più grandi e più pesanti comporta una riduzione del rumore indotto dalla pressione di radiazione quantistica e del rumore termico.Il sistema di isolamento sismico è stato migliorato parecchio riducendo l’impatto delle vibrazioni del terreno sulla misura.Un sistema multi-stadio a quadruplo-pendolo in fibra di “high-mechanical-Q-silica” tiene gli specchi sospesi all’interno delle camere a vuoto in cui sono locati. I pendoli filtrano il movimento del terreno e diminuiscono l’influenza del rumore termico dato dalle sospensioni.

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Il sistema di isolamento sismico aggiornato ha apportato un miglioramento della sensibilità allo strain per frequenze inferiori a 60 Hz.

Figura 18.Schema rappresentativo del sistema di pendoli utilizzato per l’attenuazione del rumore sismico in Advanced LIGO.

In via ulteriore, invece di utilizzare coppie di attuazione bobina/magnete per esercitare forze di controllo sulle test masses, viene impiegata l’interazione elettrostatica.

!52

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Questo schema di attuazione aiuta ad evitare l’accoppiamento del rumore magnetico al canale dell’onda gravitazionale.Le cavità di Fabry-Perot sono cavità di risonanza, all’interno delle quali la potenza ottica del laser è amplificata di un fattore Garm ≃ 270.L’aumento della potenza ottica del laser implica un aumento della risoluzione dell’interferometro. Infatti, un maggior numero di fotoni all’interno del fascio rende più nitida la figura di interferenza, dando la possibilità di notare variazioni più piccole della stessa figura.

Una volta che i due fasci entrano nelle cavità di Fabry-Perot, il sistema di specchi, da cui queste sono formate, permette di allungare il percorso ottico che il laser compie all’interno di queste cavità. Infatti il fascio rimbalza circa 280 volte tra gli specchi in ingresso e quelli ancorati sulle test masses finali, rendendo così il percorso effettivo pari a 1120 km.L’aumento della lunghezza effettiva aumenta la sensibilità dell’interferometro alle vibrazioni causate da una perturbazione gravitazionale.

Una volta che i due fasci escono dalle rispettive cavità di Fabry-Perot, vengono ricombinati dal beam splitter e diretti verso un sistema di rivelamento che analizza la figura di interferenza generata dalla loro ricombinazione.Il rivelamento del fascio laser ricombinato avviene tramite un particolare sistema di fotorivelatori che utilizza una tecnica chiamata lettura omodina.Tutti i fotorivelatori, utilizzati nella fase di osservazione, sono installati in camere a vuoto per evitare l’accoppiamento del rumore acustico ambientale con il canale dell’onda gravitazionale.Anche in questa sezione dell’apparato viene utilizzato un sistema supplementare di specchi tra i fotorivelatori e il beam splitter.La cavità di riciclaggio del segnale, detta “Signal Recycling Cavity”, formata dallo specchio per il “Signal Recycling” e dalle due test masses di ingresso, viene utilizzata per ampliare la risposta in frequenza del rivelatore.Il sistema chiamato “Output Mode Cleaner”, così come quello all’ingresso dell’interferometro, è utile per per ridurre il tremolio laterale del fascio e più in generale per sopprimere le fluttuazioni del raggio laser. Questo apparato inoltre trasmette solo il modo longitudinale fondamentale e trasversale del laser, eliminando quelli di ordine superiore.L’uso di cavità di riciclaggio piegate e otticamente stabili consente una migliore selezione dei modi spaziali delle cavità ottiche.

!53

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Advanced LIGO Capitolo III

La cavità di signal recycling, che non era presente nel LIGO iniziale, è stata introdotta per ampliare la risposta in frequenza del rivelatore e migliorarne la sensibilità a frequenze inferiori a 80 Hz e superiori a 200 Hz.

Un apparato di questo tipo, dotato di cavità per il riciclo della potenza e del segnale, è chiamato “Dual-Recycled Michelson Interferometer”.Non tutti i parametri dell’interferometro erano però ai loro valori di progettazione durante la sessione di osservazione; in particolare, la potenza del laser risonante nelle cavità del braccio era di 100 kW invece degli 800 kW previsti. La trasmittanza dello specchio di signal recycling era del 36%, in contrasto con il valore di progetto del 20%. Questo ha migliorato il rumore quantistico nel range di frequenze tra 60 Hz e 600 Hz ma ha ridotto la sensibilità ad altre frequenze.

3.2 Grandezze e parametri del sistema

Nella relatività generale, un’onda gravitazionale lontana dalla sorgente può essere approssimata come una perturbazione lineare della metrica di Minkowski.In questo caso il tensore metrico può essere scritto come:

(66)

dove è la metrica di Minkowski mentre la deformazione spazio-temporale, detta “strain”, viene espressa come un addendo adimensionale, . Le onde gravitazionali faranno vibrare le quattro test masses. Questo determina i due gradi di libertà più rivelanti nell’esperimento: la lunghezza “differenziale” e “comune” dei bracci. Definiamo la lunghezza differenziale come:

(67)

dove L// e L⊥ sono le lunghezze del braccio in linea con la sorgente laser e di quello perpendicolare, rispettivamente.

ημν

hμν

!54

gµν = ηµν + hµν

L = L∥ − L⊥

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Le lunghezze dei due bracci sono uguali, ossia:

(68)

Lo strain e la lunghezza differenziale del braccio sono quindi correlati:

(69)

dove h(f) è lo strain differenziale medio indotto in entrambe le braccia da un’onda gravitazionale di frequenza f. Le onde gravitazionali si accoppiano alla lunghezza differenziale del braccio. La lunghezza comune del braccio, invece, è molto sensibile ai cambiamenti nella frequenza del laser secondo l’equazione:

(70)

dove ν = 2,82 · 1014 Hz è la frequenza portante del laser, V(f) è il rumore di frequenza del laser.

Definiamo inoltre:

1) lunghezza della cavità di power recycling, lp,+:

(71)

2) lunghezza della cavità di signal recycling, ls,+:

(72)

3) lunghezza di Michelson, l-:

(73)

dove le distanze lpr, lsr, l// e l⊥ vengono definiti in Figura 17.

!55

L0 ≈ L∥ ≈ L⊥

L(f ) = L∥ − L⊥ = h(f )L0

L+(f ) =L∥ + L⊥

2= L0

V (f )

ν

l− = l∥ − l⊥

ls,+ = lsr +l∥ + l⊥

2

lp,+ = lpr +l∥ + l⊥

2

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I parametri ottici più importanti degli interferometri Advanced LIGO vengono riassunti di seguito:

TABELLA I. La dimensione del raggio laser è definita come la distanza dal centro del raggio al punto in cui l’intensità è ridotta di un fattore 1/e2.Il polo della cavità fp determina l’ampiezza della risonanza della cavità ed è dato da:

(74)

Parametro Valore Unità

Lunghezza d’onda del laser Lunghezza: Cavità del braccio, L0 Cavità di power recycling, lp,+ Cavità di signal recycling, ls,+ Asimmetria di Michelson, l- Input mode cleaner (andata e ritorno) Output mode cleaner (andata e ritorno) Perdita ottica nella cavità del braccio,Yarm Build-up della cavità del braccio, Garm Polo accoppiato della cavità: comune, f+ differenziale, f- Indice di modulazione rf Test masses: Diametro Spessore Massa Dimensione del raggio laser: Test mass iniziale Test mass finale

1064

3994,5 57,66 56,01

8 32,95 1,13

85-100 270

0,6 335-390 0,13-0,26

34 20 40

5,3 6,2

nm

m m m cm m m

ppm

Hz Hz rad

cm cm kg

cm cm

!56

fp =Y c

8πL0

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dove c è la velocità della luce e Y «1 è la perdita ottica totale nella cavità, inclusa sia la trasmissione degli specchi di ingresso e uscita della cavità sia la dispersione e le perdite dovute all’assorbimento. La risposta degli interferometri Advanced LIGO è diminuita alle alte frequenze a causa di poli di cavità accoppiati “comuni” e “differenziali” (f+ e f-) in base alle funzioni di trasferimento:

(75)

3.3 Controlli dell’interferometro

Durante le misurazioni il laser deve essere in risonanza all’interno delle cavità ottiche. Ciò richiede che il movimento longitudinale residuo delle cavità ottiche sia mantenuto entro una piccola frazione della lunghezza d’onda del laser.Gli specchi sospesi si muovono naturalmente di ~ 1 μm nella banda microsismica (~ 100 mHz). Per sopprimere questo movimento, viene impiegato un sofisticato sistema di rivelamento e controllo della lunghezza, che utilizza sia la nota tecnica di Pound-Drever-Hall che una versione di rivelamento omodina nota come “DC readout”. Il modulatore elettro-ottico genera bande laterali di modulazione di fase a radiofrequenza (rf) a 9 MHz e 45 MHz, distanziati simmetricamente attorno alla frequenza portante del laser. La tecnica Pound-Drever-Hall viene utilizzata per rivelare tutti i gradi di libertà longitudinali ad eccezione del canale del braccio differenziale. I segnali di feedback per il controllo si attivano sugli specchi sospesi, utilizzando sia il magnete a bobina che l’attuazione elettrostatica. La lunghezza comune della cavità del braccio viene anche utilizzata come riferimento per stabilizzare la frequenza del laser, con fluttuazioni residue al di sotto del mHz nella banda di rivelamento.Il segnale dell’onda gravitazionale viene estratto alla porta anti-simmetrica dell’interferometro, dove vengono rivelate le fluttuazioni nella lunghezza differenziale della cavità del braccio. Le cavità del braccio sono tenute leggermente fuori risonanza da una quantità ΔL denominata offset del braccio differenziale. Questo offset di circa 10 pm genera il campo dell’oscillatore locale, necessario per la DC readout.

!57

K+ =f+

if + f+K

−=

f−

if + f−

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L’output mode cleaner viene utilizzato per filtrare le bande laterali rf e qualsiasi modo ottico di ordine superiore, poiché questi componenti non portano informazioni sulla lunghezza differenziale della cavità del braccio.Un simile schema di feedback per il controllo viene impiegato per mantenere gli assi ottici allineati l’uno rispetto all’altro e il raggio laser centrato sugli specchi.I moti angolari delle test masses sono stabilizzati a 3 nrad rms (root-mean-square), mantenendo le fluttuazioni di potenza nelle cavità del braccio inferiori all’1% su una scala temporale di alcune ore.Questo sistema è necessario per massimizzare la potenza ottica nelle cavità risonanti e mantenerlo stabile durante la raccolta dati.

3.4 Stima qualitativa della sensibilità di Advanced LIGO

È quindi possibile, a partire da questi dati e utilizzando le nozioni di ottica quantistica, stimare la deformazione minima che può essere rivelata con un sistema interferometrico di questo tipo.

Per prima cosa, determiniamo il flusso di fotoni per un tempo di acquisizione di 1 secondo.Il laser opera a 1064 nm, l’energia del singolo fotone sarà quindi di 1,17 eV. Poiché la potenza effettiva che circolava nelle cavità durante la prima sessione di misurazione era di 100 kW, si ottiene:

(76)

L’incertezza sul flusso è quindi data da:

(77)

Assumendo di riuscire ad eliminare il rumore classico del laser è possibile calcolare l’incertezza sulla fase dello stesso, tramite la:

(78)

Δn = n = 5,3 ⋅ 1023 ∼ 7,3 ⋅ 1011 Hz

Δϕ =1

2Δn∼ 6,8 ⋅ 10−13 1

Hz!58

n =P

!ω=

100 kW

1, 17 eV∼ 5, 3 · 1023 fotoni s−1

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Una variazione δL nel percorso effettivo del laser induce, nel laser, una variazione δφ della fase, secondo la relazione:

(79)

Si ha quindi che una una variazione δL pari ad una lunghezza d’onda del laser genera una variazione δφ della fase di 2π.Per poter osservare uno spostamento delle frange di interferenza, la variazione δφ dev’essere maggiore rispetto alla sensibilità ∆φ della misura, ossia ∆φ<δφ.Si può quindi stimare lo spostamento δL minimo misurabile:

(80)

A questo punto, conoscendo sia lo spostamento minimo misurabile che la lunghezza effettiva che i fotoni percorrono prima di essere rivelati, è possibile calcolare la deformazione, o strain, minima che è possibile rivelare con un apparato di questo tipo.Lo strain h può essere infatti calcolato come il rapporto tra queste grandezza, per cui:

(81)

δLmin = λ ⋅Δϕ2π

∼ 1,14 ⋅ 10−18 m

Hz

hmin =δLmin

Leff=

1,14 ⋅ 10−18 m1120 ⋅ 103 m

1

Hz∼ 10−24 1

Hz

!59

δφ

2π=

δL

λ

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Sorgenti di errore Capitolo IV

Capitolo IV

Sorgenti di errore

L’accoppiamento di ciascuna sorgente di rumore al canale dell’onda gravitazionale alla frequenza f, è stimato usando la seguente equazione:

(82)

dove N(f) è lo spettro del rumore misurato da un sensore ausiliario, detto testimone, o calcolato utilizzando il modello analitico, e T(f) è la funzione di trasferimento misurata, o simulata dallo stesso sensore, al canale dell’onda gravitazionale.

Le fonti di rumore possono essere suddivise in classi in base alle loro origini e ai loro meccanismi di accoppiamento.

Un modo chiaro per differenziare i rumori consiste nel dividerli in rumori di “displacement” e “sensing”: i primi causano un movimento reale delle test masses o delle loro superfici, mentre i secondi limitano la capacità dello strumento di misurare il movimento delle test masses e quindi l’influenza dell’onda gravitazionale su queste.Questa distinzione non è però perfetta, alcune fonti di rumore possono essere assegnate ad entrambe le categorie.

Un altro modo per classificare le fonti di rumore è dividerle in rumori fondamentali, tecnici e ambientali.

I rumori fondamentali possono essere calcolati da principi primi e determinano la massima sensibilità progettuale dello strumento. Questa classe di rumori, che include il rumore termico e quantistico, non può essere ridotta senza un importante aggiornamento dello strumento, come l’installazione di un nuovo laser o la fabbricazione di rivestimenti ottici migliori.

!61

L(f ) = L0h(f ) = T (f )×N(f )

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Sorgenti di errore Capitolo IV

I rumori tecnici, d’altra parte, derivano dall’elettronica, dai loop di controllo, dalla presenza di cariche residue e altri effetti che possono essere ridotti una volta identificati e attentamente studiati.I rumori ambientali includono il movimento sismico, i rumori acustici e quelli magnetici.

Il design di Advanced LIGO richiede che il contributo dei rumori tecnici e ambientali al canale gravitazionale sia piccolo rispetto ai rumori fondamentali.

Sperimentalmente si trova che, attualmente, a basse frequenze, vi è un divario significativo tra il rumore di strain misurato e il valore quadratico medio dei rumori indagati. Mentre ad alte frequenze, la sensibilità è limitata dallo shot noise e dal tremolio (jitter) del fascio in ingresso.

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Sorgenti di errore Capitolo IV

Figura 19.Grafici del rumore nel canale gravitazionale dei due rivelatori LIGO. Le sensibilità allo strain sono simili tra i due siti. Il grafico (a) mostra le curve a bassa frequenza per L1, mentre il grafico (b) mostra le curve ad alta frequenza per il rivelatore H1. Ogni curva tiene in considerazione tutti i fenomeni che apportano un contributo al rumore per quella particolare sorgente, ad esempio il rumore termico è la somma dei contributi apportati dalle sospensioni e dai rivestimenti ottici.

Di seguito vengono analizzate le diverse sorgenti di errore accoppiatesi al canale dell’onda gravitazionale durante la prima sessione di misurazione di Advanced LIGO.

N.B. Tra parentesi si riportano i nomi e i colori di riferimento con i quali vengono indicati i diversi rumori nei grafici in Figura 20.

!63

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Sorgenti di errore Capitolo IV

4.1 Rumore sismico (Seismic + Newtonian)

Al di sotto dei 10 Hz, c’è un significativo rumore di “displacement” dovuto al movimento sismico residuo.In media, nei siti di Livingston e di Hanford, il terreno si muove di ~ 10-9 m / √Hz a 10 Hz, dieci ordini di grandezza in più rispetto al target di sensibilità di Advanced LIGO a questa frequenza.Per affrontare questa differenza, il rumore sismico viene filtrato utilizzando una combinazione di stages passivi e attivi.Le test masses vengono tenute in sospensione da dei pendoli quadrupli. Questi filtri passivi hanno risonanze a partire da 0,4 Hz e forniscono un isolamento che va come 1 / f 8 nella banda di rivelamento.I pendoli sono montati su piattaforme attive multi-stadio. Questi sistemi utilizzano sensori inerziali a bassissimo rumore e sono in grado di fornire l’isolamento richiesto nella banda di rivelamento e alle frequenze più basse (inferiori a 10 Hz). Questo isolamento è cruciale per portare l’interferometro nel regime lineare e consentire al sistema di controllo longitudinale di mantenerlo in risonanza. Le piattaforme attive combinano controlli di feedback e feedforward per fornire un ordine di grandezza di isolamento alle frequenze microsismiche (intorno a 0,1 Hz) e tre ordini di grandezza tra 1 Hz e 10 Hz.La maggior parte delle risonanze delle sospensioni si trova in questa banda, dove l’eccitazione del terreno causata dal rumore antropogenico (dovuto alla presenza di insediamenti umani in prossimità dei rivelatori) e dal vento, è significativa.Anche le fluttuazioni dei campi di gravità locali attorno alle test masses, causate dal movimento del terreno e dalle vibrazioni degli edifici, delle camere e del pavimento in cemento, si uniscono al canale dell’onda gravitazionale come rumore a gradiente di gravità.L’accoppiamento allo spostamento della lunghezza “differenziale” del braccio è dato da:

(83)

L( f ) = 2Ngrav( f )(2π f )2

Ngrav = βGρNsism( f )

!64

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Sorgenti di errore Capitolo IV

dove Ngrav è la fluttuazione del campo di gravità locale proiettata sull'asse della cavità del braccio, il fattore 2 rappresenta la somma incoerente dei rumori sulle quattro test masses, G è la costante gravitazionale, ρ ≃ 1800 kg m-3 è la densità del suolo vicino allo specchio, β ≃ 10 è un fattore geometrico, e Nsism è il movimento sismico vicino alla massa del test.

Poiché il terreno vicino alle test masses si muove di ~ 10-9 m / √Hz a 10 Hz, le fluttuazioni di gravità locali a questa frequenza sono Ngrav ≈ 10-15 m s-2 / √Hz mentre il rumore totale accoppiato nel canale dell’onda gravitazionale a 10 Hz è L ≈ 5 · 10-19 m / √Hz.

Il rumore dovuto al gradiente di gravità è una delle fonti limitanti del progetto Advanced LIGO nel range di frequenze 10 - 20 Hz.

Tuttavia, la sensibilità tipica misurata durante O1 è ancora lontana da questa limitazione.

4.2 Rumore termico (Thermal noise)

I rumori termici derivano dalle perdite finite presenti nei sistemi meccanici e si accoppiano al canale dell’onda gravitazionale come rumori di displacement.Il rumore termico delle sospensioni provoca il movimento delle test masses a causa delle vibrazioni termiche delle fibre delle sospensioni. Il rumore del rivestimento è causato principalmente dalle fluttuazioni termiche dei rivestimenti ottici e dei multistrati di silice.Lo spessore dei rivestimenti è stato ottimizzato per ridurre il loro rumore termico e fornire l’alta riflettività richiesta degli specchi.Il rumore termico si manifesta anche nei substrati delle test masses, ma questo effetto è meno significativo.

4.3 Rumore quantistico (Quantum noise)

Il rumore quantistico è governato dal limite imposto dallo shot noise.Questo rumore fondamentale si accoppia alla sensibilità dell’interferometro in due modi complementari.

!65

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Sorgenti di errore Capitolo IV

Per uno, le fluttuazioni del campo di vuoto disturbano i campi ottici che risuonano nelle cavità del braccio, creando un rumore di displacement esercitando una forza di pressione di radiazione fluttuante che sposta fisicamente le test masses.

Il campo di vuoto è amplificato dalle cavità ottiche e, il rumore visto nel canale del braccio differenziale è dato da:

(84)

dove h è la costante di Planck e Parm è la potenza che circola nelle cavità del braccio.Questo rumore dovuto alla pressione di radiazione quantistica impone un limite fondamentale alla sensibilità di progetto al di sotto dei 40 Hz.Le fluttuazioni del vuoto che entrano nell’interferometro attraverso la porta anti-simmetrica introducono anche lo shot noise nel canale dell’onda gravitazionale.Le fluttuazioni del vuoto si mescolano anche con il raggio principale a causa di perdite ottiche tra l’interferometro e il fotorivelatore.Nello stato attuale di Advanced LIGO, il 25% della potenza alla porta anti-simmetrica viene persa a causa di vari fattori, tra i quali l’inefficienza quantistica dei fotorivelatori.Quindi la frazione della potenza in uscita dell’interferometro trasmessa ai fotodiodi è η = 0,75.Il rumore di sensing del braccio differenziale dovuto allo shot noise sui fotorivelatori può essere scritto come

(85)

dove è lo shot noise sul fotorivelatore in unità di W/√Hz.Nshot = (2hνηPLO)1/2

!66

L(f ) =2

cMπ2f 2(hνG−Parm)

1/2K−(f )

L(f ) =1, 38 · 10−17

f 2

!

Parm

100 kW

"1/2

K−(f )m

Hz

L(f ) =L0Nshot

C(f )η

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Sorgenti di errore Capitolo IV

Lo shot noise totale è dato dalle equazioni:

(86)

Il livello dello shot noise è indipendente dall’offset del braccio differenziale per piccoli offset ΔL ≲ 100 pm.La configurazione ottica di Advanced LIGO è ottimizzata per massimizzare la potenza circolante nelle cavità del braccio.L’accumulo dell’accoppiamento comune della cavità (rapporto tra la potenza risonante nei bracci e la potenza che entra nell’interferometro) è correlato alle perdite nelle cavità del braccio da:

(87)

dove Yarm è la perdita ottica che il fascio subisce dopo aver percorso andata e ritorno in un braccio.Durante la prima sessione di misurazione, la potenza circolante nelle cavità del braccio era Gcomm ≃ 5000 maggiore della potenza che entra nell’interferometro, corrispondente a una perdita ottica di andata e ritorno di Yarm ≃ 100 ppm (parti per milione) in ciascuna cavità del braccio.

Il target per il guadagno ottico di Advanced LIGO era 7500, corrispondente ad una perdita di ~ 75 ppm. Questo numero può essere raggiunto una volta che le test masses verrano sostituite dopo la seconda misurazione.

Lo shot noise limita la sensibilità progettuale sopra i 40 Hz e la sensibilità attuale sopra i 100 Hz.

!67

L(f ) =λ

4πGarm

!

2hνGsrc

GprcPinη

"1/2 1

K−(f )

L(f ) = 2× 10−20

!

100 kW

Parmη

"1/2 1

K−(f )

m√Hz

Gcomm ≤1

2Yarm

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4.4 Gas (Gas noise)

Gli specchi di Advanced LIGO si trovano all’interno delle camere a vuoto. La pressione del gas nella camera dove è alloggiato il dual-recycled Michelson interferometer, e nei tubi di 4 km, viene mantenuta al di sotto di 10-6 Pa.La presenza di gas residuo causa sia rumore di displacement che di sensing: il movimento termico delle molecole di gas all’interno delle camere a vuoto determina lo scambio di quantità di moto con le test masses attraverso collisioni fra quest’ultime e le molecole; nel frattempo, la dispersione in avanti (forward scattering) dei fotoni da parte delle molecole di gas nei tubi del braccio modula la fase ottica del fascio.

4.4.1 Squeezed film damping

Figura 20. Schema rappresentativo della vista dall’alto di una test mass e dell’ambiente circostante. Vengono rappresentati gli elettrodi usati per l’attuazione sulle test masses (Electrodes), il sistema di riscaldamento ad anelli utilizzato per la correzione della curvatura degli specchi (Ring heater), il rivestimento ad alta riflettività delle test masses (HR coating), la gabbia metallica che tiene in sospensione e scarica a terra il sistema (Suspension cage) e la massa aggiuntiva che aiuta a mantenere stabile la test mass (Reaction mass).

Il gas residuo nel sistema di vuoto esercita una forza di smorzamento sulle test masses introducendo così un rumore di displacement.Questo rumore è amplificato di un fattore di ~ 10 sotto i 100 Hz a causa della piccola apertura di 5 mm tra la test mass finale e la “reaction mass”, Figura 20. Il rumore totale può essere stimato applicando il teorema di fluttuazione-dissipazione o eseguendo una simulazione Monte Carlo.

!68

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Sorgenti di errore Capitolo IV

Il coefficiente di accoppiamento dipende dalla pressione del gas e dalla massa molecolare.Si trova che, sotto i 100 Hz, si ha:

(88)

dove p è la pressione del gas residuo in Pa, e m è la massa di una molecola di gas.

Il rumore di squeezed film damping mostrato in Figura 19 è la somma dei contributi dovuti alla presenza di Azoto (pN2≈ 6 · 10−7 Pa), Idrogeno (pH2 ≈ 2 10−6

Pa) e acqua (pH2O ≈ 10−7 Pa).

4.4.2 Rumore di fase

Il rumore di fase indotto dal transito stocastico delle molecole attraverso il raggio laser nelle cavità del braccio può essere modellato calcolando il disturbo alla fase apportato dal movimento di una molecola di gas attraverso il raggio del campo laser.Tale modello è stato utilizzato per stimare la parte ad alta frequenza della curva di rumore del gas mostrata in Figura 19.Questa stima tiene conto sia della distribuzione della pressione nelle cavità del braccio sia del profilo del raggio laser.Il contributo al rumore più significativo proviene dal centro geometrico del tubo, dove si trova il cosiddetto “beam waist”, ossia il punto del raggio in cui è concentrata la maggior parte della sua potenza.

Il rumore atteso dal gas residuo è dato da:

(89)

dove agas è la polarizzabilità delle molecole di gas.

!69

F (f ) = 1, 5×10−14

! p

10−6Pa

"1/2#

m

mH2

$1/4 N√Hz

L(f ) = 4× 10−21Ngasm

√Hz

Ngas =

!

agasaH2

"!

mgas

mH2

"1/4# p

10−8Pa

$1/2

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4.5 Accumulo di carica

Durante la messa in servizio di Advanced LIGO, è stato scoperto che l’attuazione elettrostatica sulle test masses, ossia il meccanismo che permette di monitorare la posizione degli specchi attraverso impulsi elettrici, non è simmetrica rispetto ai quattro elettrodi situati sulla reaction mass, Figura 20. Questa discrepanza nella forza di attuazione è causata dalla carica elettrostatica, che è distribuita in modo non uniforme sulle test masses.Idealmente, le test masses non dovrebbero avere carica, ad eccezione di quella accumulata a causa dell’attuazione elettrostatica.Tuttavia, alcune cariche elettriche possono essere lasciate dalla rimozione imperfetta di un particolare polimero utilizzato per la pulizia e la protezione degli apparati ottici.Inoltre, le superfici delle test masses perdono anche elettroni a causa dell’incidenza di fotoni UV, generati dal sistema di vuoto. Le particelle di polvere nel sistema del vuoto forniscono un’ulteriore fonte di carica residua. È stato scoperto che la distribuzione della carica cambia su una scala temporale di ~ 1 settimana.Una stima dell’ordine di grandezza della densità di carica sulla superficie anteriore e posteriore delle test masses finali è σ ∼ 10−11 C/cm2.Questo numero è stato stimato stimolando gli elettrodi e il potenziale dei riscaldatori ad anello durante la misurazione del movimento longitudinale e angolare delle test masses.

Esistono due meccanismi di accoppiamento del rumore di carica con il canale dell’onda gravitazionale.Il primo si verifica a causa dell’interazione della carica variabile nel tempo con la gabbia metallica attorno alla test mass, mentre la seconda deriva dalle fluttuazioni di tensione dei vari pezzi di metallo messi a terra in prossimità delle singole test masses.Il rumore di tensione crea fluttuazioni del campo elettrico E e applica una forza Fch sulla test mass secondo la seguente equazione:

(90)

dove l’integrale è calcolato sia sulla superficie anteriore che su quella posteriore della test mass.

!70

Fch =

!EσdS

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Sorgenti di errore Capitolo IV

Il secondo meccanismo è generalmente l’unico considerato, poiché si stima che sia il dominante.Il rumore causato dal voltaggio a livello del suolo risulta di ~ 1 μV / √Hz.Questo numero è stato misurato tra la gabbia di sospensione e i riscaldatori ad anello.Poiché la distanza caratteristica tra le test masses e la gabbia metallica è di 10 cm, le fluttuazioni nel campo elettrico vicino alla test mass sono ~ 10-5 (V/m)/√Hz.

L’accoppiamento totale del rumore sopra i 10 Hz è stimato usando l’equazione:

(91)

L’accoppiamento delle fluttuazioni di tensione al segnale gravitazionale a livello del suolo è stato ridotto di un fattore di 10 - 100 attraverso meccanismi di scarica delle test masses.La carica sulla superficie anteriore può essere rimossa in modo efficiente attraverso l’introduzione nella camera (alla pressione interna di ∼ 103 Pa) di ioni (positivi e negativi) in grado di compensare le cariche superficiali presenti.Durante la procedura di scarica, è stato riscontrato che, a causa del piccolo spazio tra la test mass e la reaction mass, gli ioni non possono raggiungere in modo efficiente la superficie posteriore.La superficie posteriore delle test masses finali viene scaricata aprendo le camere a vuoto, separando la test mass e la reaction mass e dirigendo una pistola a ioni a distanza ravvicinata verso di essa.

4.6 Intensità e frequenza del Laser (Intensity noise e Frequency noise)

Advanced LIGO utilizza un oscillatore ad anello non planare Nd:YAG come laser principale.Le fluttuazioni di intensità e frequenza di un tale laser possono essere approssimativamente considerate pari a 10-4 / f /√Hz e 104 / f Hz/√Hz, rispettivamente, nel range di frequenze 10 Hz - 5 kHz.

!71

L(f ) =Fch

M(2πf )2≈

10−16

f 2

σ

10−11C/cm2

m√Hz

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Sorgenti di errore Capitolo IV

Nella stessa banda, i requisiti di Advanced LIGO sono ~ 10-8 / √Hz per il rumore di intensità e ~ 10-6 Hz / √Hz per il rumore di frequenza.Per soddisfare tali requisiti, viene implementato un sistema di controllo gerarchico. Prima di tutto, i rumori laser vengono attivamente soppressi usando i servo di stabilizzazione di frequenza e di intensità.

Per il rumore dell’ampiezza del laser, esistono diversi meccanismi di accoppiamento. Innanzitutto, la presenza dell’offset ∆L del braccio differenziale diverso da zero (necessario per la lettura omodina) comporta che il fascio alla porta anti-simmetrica è direttamente modulato dal rumore di ampiezza che entra nell’interferometro.Inoltre, la differenza di potenza effettiva che circola all’interno dei bracci e negli specchi portano ad un accoppiamento, a basse frequenze (sotto i 50 Hz), del rumore di intensità attraverso la forza indotta dalla pressione di radiazione.

Oltre i 100 Hz, l’accoppiamento a banda larga più significativo del rumore dell’ampiezza del laser deriva da una diversa convergenza nei fasci laser che si propagano, causato dalla disomogeneità del substrato delle test masses iniziali. La presenza di lenti sbilanciate crea una conversione diretta del campo laser fondamentale in modi spaziali di ordine superiore.Poiché questi modi non entrano in risonanza, essi non vengono filtrati dal modo comune della cavità accoppiata e pertanto contribuiscono all’accoppiamento del rumore dell’intensità del laser.Un sistema di compensazione termica (TCS), che impiega raggi laser CO2 ausiliari e elementi riscaldanti a forma di anello, è stato installato per compensare tali squilibri.Il rumore di frequenza del laser è in gran parte annullato alla porta anti-simmetrica in virtù del rigetto del modo-comune da parte dell’interferometro di Michelson.Tuttavia, il rumore di frequenza residuo si accoppia al segnale gravitazionale attraverso l’asimmetria intenzionale che viene introdotta nell’interferometro di Michelson per produrre le necessarie condizioni di interferenza per le bande laterali di controllo rf e per gli squilibri nelle riflettività della cavità del braccio.Le prestazioni del rumore di frequenza laser ottenute sono limitate principalmente dal rivelamento di rumori (shot noise, rumore del fotodiodo e

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Sorgenti di errore Capitolo IV

dell’elettronica) nel feedback di controllo che stabilizza la frequenza del laser sulla lunghezza (media) comune del braccio dell’interferometro.

In Advanced LIGO, il rumore nei segnali di errore di stabilizzazione della frequenza limita il rumore di frequenza residuo del raggio che entra nell’interferometro principale a ≃ 10-6 Hz / √Hz tra 10 e 100 Hz e aumenta come f sopra i 100 Hz.

4.7 Gradi di libertà ausiliari (MICH control, SRCL control, Angular control)

L’uso di un dual-recycled Michelson interferometer ottimizza la risposta del rivelatore alle onde gravitazionali.Inoltre, il controllo attivo dei gradi di libertà angolari dello specchio è importante per stabilizzare la risposta ottica dell’interferometro.Tuttavia, qualsiasi rumore nei gradi di libertà ausiliari associati si accoppierà, in qualche modo, al canale dell’onda gravitazionale.

Qualsiasi fluttuazione residua della lunghezza di Michelson Nmich si accoppia alla potenza trasmessa dal output mode cleaner, dove viene trasdotto il canale dell’onda gravitazionale.

Il meccanismo di accoppiamento è simile a quello di una fluttuazione della lunghezza differenziale del braccio, ma senza il fattore di amplificazione Garm fornito dall’accumulo della cavità del braccio:

(92)

Questo coefficiente di accoppiamento dipende solo debolmente dall’offset e dall’allineamento del braccio differenziale, a meno che l’accumulo di energia nelle cavità del braccio non sia significativamente modificato (di oltre il 5%).Le fluttuazioni residue della lunghezza della cavità di signal recycling si accoppiano al canale dell’onda gravitazionale, a causa dell’offset del braccio differenziale ΔL, attraverso una forza di pressione di radiazione esercitata sulle test masses dai campi ottici risonanti.

!73

L(f ) =1

GarmNMich(f )

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Sorgenti di errore Capitolo IV

Nel range di frequenze da 10 a 70 Hz, il rumore della lunghezza differenziale L(f) a causa del rumore longitudinale della cavità di signal recycling Nsrcl può essere modellato come:

(93)

dove il fattore numerico è determinato principalmente dalla riflettività dello specchio di signal recycling e dalle masse degli specchi nelle cavità.

Viceversa, l’accoppiamento della lunghezza della cavità di power recycling al canale del braccio differenziale è causato da squilibri nelle cavità dei due bracci e accoppiamenti incrociati con altri gradi di libertà longitudinali.Il rumore residuo della lunghezza della cavità di power recycling risulta trascurabile rispetto ad altri gradi di libertà del dual-recycled Michelson interferometer.

Infine, qualsiasi movimento angolare residuo delle test masses Nang si accoppia geometricamente al canale dell’onda gravitazionale a causa del decentramento d del raggio sugli specchi, secondo l’equazione:

(94)

Il decentramento è a sua volta modulato dal movimento angolare dello specchio d = ‹d› + dac, dove ‹d› e dac∝Nang sono componenti fisse e non stazionarie della posizione del raggio.Per questo motivo, l’accoppiamento del movimento angolare può essere lineare e non lineare.I sistemi di servo di feedback angolare sono ottimizzati per sopprimere il movimento a bassa frequenza dell’asse della cavità e del dac evitando così l’aggiunta di rumore da parte del sensore ad alte frequenze.L’accoppiamento lineare dei gradi di libertà ausiliari al canale dell’onda gravitazionale viene mitigato usando una tecnica di annullamento feed-forward in tempo reale.I segnali dei testimoni vengono opportunamente rimodellati utilizzando i filtri time-domain e i segnali di annullamento vengono applicati direttamente alle test masses.

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L(f ) =0, 16

f 2

∆L

10 pmNsrcl(f )

L(f ) = d×Nang(f )

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Sorgenti di errore Capitolo IV

Questo schema feed-forward riduce significativamente il contributo del rumore dei gradi di libertà ausiliari al canale dell’onda gravitazionale nel range di frequenze 10 - 150 Hz.I tipici fattori di sottrazione per il rumore della lunghezza di Michelson, della lunghezza della cavità di signal recycling e quello angolare sono rispettivamente 30, 7 e 20.

4.8 Oscillatore rf (rf oscillator noise)

L’utilizzo di un oscillatore rf per generare le bande laterali utilizzate nel sistema di controllo di Pound-Drever-Hall comporta l’apporto di un ulteriore rumore di fase e ampiezza che si accoppia al canale dell’onda gravitazionale attraverso il rumore di sensing dell’intensità e il rumore di displacement nei gradi di libertà del dual-recycled Michelson interferometer.Il rumore dell’ampiezza dell’oscillatore fa sì che l’indice di modulazione rf vari con il tempo, variando così la quantità di potenza contenuta nelle bande laterali di rf.Poiché la potenza totale nella portante e le bande laterali rf sono controllate attivamente, le fluttuazioni nelle ampiezze del campo della banda laterale rf producono fluttuazioni nell’ampiezza del campo portante.Queste fluttuazioni si propagano attraverso l’interferometro e si accoppiano nel canale dell’onda gravitazionale attraverso gli stessi meccanismi del rumore dovuto all'intensità del laser.Inoltre, a causa di inefficienza nel sistema di filtraggio, si ha che una piccola quantità di fluttuazioni di potenza della banda laterale appare direttamente sui fotodiodi utilizzati per la rivelazione delle onde gravitazionali.L’accoppiamento del rumore dell’ampiezza dell’oscillatore per le bande laterali a 9 MHz e 45 MHz è stato misurato, ed è risultato essere pari a:

(95)

dove N9 e N45 sono i relativi rumori di ampiezza delle bande laterali a 9 MHz e 45 MHz in unità di 1/√Hz.

!75

L(f ) = 5× 10−22

!

N 9amp

10−6

"

1

K−(f )

m√Hz

L(f ) = 5× 10−21

!

N 45amp

10−6

"

1

K−(f )

m√Hz

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Sorgenti di errore Capitolo IV

Il rumore di fase dell’oscillatore viene convertito in rumore di ampiezza della banda laterale rf attraverso qualsiasi squilibrio della lunghezza del cammino ottico nel grado di libertà dell’interferometro.Le principali fonti di squilibrio sono l’asimmetria intenzionale apportata nell’interferometro e una differenza di trasmittanza degli specchi collocati sulle test masses in ingresso (che produce un ritardo di fase differenziale quando le bande laterali vengono riflesse da ciascun braccio).

L’accoppiamento del rumore di fase dell’oscillatore per le bande laterali a 9 MHz e 45 MHz è stato misurato essere:

(96)

dove N9 e N45 sono i relativi rumori di fase delle bande laterali a 9 MHz e 45 MHz in unità di 1/√Hz.

4.9 Beam jitter (Output and Input jitter)

Le fluttuazioni nel puntamento del laser, quantificate dal fattore Δw/w, dove w è la dimensione del raggio e Δw è il movimento trasversale dello stesso, sono anch’esse una fonte di rumore.In entrata, il significativo jitter (ossia il “tremolio”) del fascio è causato dal movimento angolare e longitudinale degli specchi. Grazie all’immissione del sistema di input mode cleaner, situato nel vuoto, il beam jitter in ingresso è attenuato di un fattore di ~ 150.Il beam jitter residuo in ingresso viene convertito in fluttuazioni di intensità dalle cavità di risonanza dell’interferometro: le cavità di power e signal recycling, le cavità del braccio e infine la cavità dell’output mode cleaner.Questo contributo è stato ridotto migliorando la rigidità degli elementi ottici, riducendone così il movimento.

!76

L(f ) = 10−21

!

N 9ph f

10−2

"

1

K−(f )

m√

Hz

L(f ) = 10−22

!

N 45ph f

10−2

"

1

K−(f )

m√

Hz

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Sorgenti di errore Capitolo IV

Anche in uscita, il beam jitter è causato dal movimento angolare degli specchi.Mentre l’allineamento dell’interferometro è attivamente controllato per ridurre il beam jitter, qualsiasi movimento angolare residuo modula la potenza trasmessa dal output mode cleaner e quindi si accoppia al canale dell’onda gravitazionale.

4.10 Fenomeni di scattering

Il movimento degli specchi è significativamente inferiore a quello del terreno.Tuttavia, le camere a vuoto e i tubi nelle cavità dei bracci, nei quali scorre il laser del fascio di cavità del braccio, detti “beam tubes”, non sono isolati dai rumori sismici o acustico-ambientali.Questo movimento può accoppiarsi al canale dell’onda gravitazionale attraverso la luce retro diffusa (fenomeni di back scattering).Una piccola parte della luce laser si disperde dal raggio principale quando questo incide sulle componenti ottiche.Parte di questa luce viene retro diffusa dalle pareti della camera, da deflettori, specchi o fotodiodi e si unisce nuovamente al fascio principale modulandolo in fase e ampiezza. Questo introduce un ulteriore rumore nel canale dell’onda gravitazionale.La modulazione di fase viene rivelata direttamente sulla porta anti-simmetrica e la modulazione di ampiezza sposta le test masses mediante la pressione di radiazione.Processi di dispersione significativi si verificano all’interno delle cavità del braccio, nelle porte di ingresso e di uscita e nelle cavità di riciclaggio.

4.10.1 Beam tubes

La luce del raggio principale diffusa dalle test masses accoppia il movimento dei beam tubes di 4 km al canale dell’onda gravitazionale.La “funzione di distribuzione della riflettività bidirezionale” (BRDF) delle test masses dipende dalle imperfezioni presenti sulla superficie degli specchi. Se la lunghezza d’onda di un’increspatura del rivestimento è λr, allora l’angolo tra la luce diffusa e il raggio principale è θ = λ / λr.

La quantità di energia dispersa dipende dall’ampiezza dell’ondulazione.

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Sorgenti di errore Capitolo IV

La potenza frazionale dispersa nel cono con θ « 1 e larghezza dθ è data da:

(97)

dove S(θ/λ) = S(λr−1) è la densità spettrale di potenza delle aberrazioni del rivestimento e dΩ = 2πθdθ è l’angolo solido della diffusione.

Per θ~1, il BRDF può essere approssimato da BRDFmirror = 3 · 10−6 cos(θ) sr−1.La luce diffusa al di fuori del raggio principale colpisce un deflettore nel beam tube e si disperde nuovamente nel raggio principale.Il BRDF misurato del deflettore a grandi angoli è BRDFbaffle = 0.02 sr−1.Per tornare al raggio principale, la luce proveniente dal deflettore si disperde nell’angolo solido λ2/r2 × BRDFmirror, dove r è la distanza tra il deflettore e la test mass.

La potenza ottica totale Pr che si ricombina con il raggio principale è determinata dalla seguente equazione:

(98)

I profili dei rivestimenti sono noti e possono essere approssimati come una funzione polinomiale uniforme nella vasta gamma di λr per la dispersione angolare stretta.

Tuttavia, i rivestimenti ad alta riflettività applicati sulle test masses finali mostrano una distinta ondulazione azimutale nell’altezza della superficie del rivestimento.

La lunghezza dell’ondulazione è di 7,85 mm e la sua ampiezza massima tra due picchi consecutivi è 1 nm. Questa ondulazione si trova in un raggio di circa 3 cm dal centro dello specchio e contribuisce in modo significativo al rumore causato dalla diffusione dei fotoni dal raggio principale.

!78

dPs

Parm

!

λ

"2

Sdθ

λ= BRDFm × dΩ

dPr

Parm

=λ2

r2BRDF

2

m BRDFb dΩ

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Il contributo al canale del braccio differenziale del rumore totale dovuto alla diffusione dei fotoni a causa del movimento del beam tube Ntube è:

(99)

dove l’integrale è calcolato su tutti gli angoli di diffusione.

4.10.2 Camere a vuoto

Processi di diffusione simili si verificano nelle camere e nei piccoli tubi della stazione d’angolo, dove si trova il dual-recycled Michelson interferometer.Un metodo per valutare il contributo del rumore di diffusione al background del rivelatore consiste nell’iniettare segnali acustici noti e misurare la risposta nel canale dell’onda gravitazionale.In generale, l’accoppiamento del rumore della luce diffusa non è lineare ma bensì modulato dal movimento a bassa frequenza delle superfici di dispersione.Per questo motivo, viene monitorata la potenza in eccesso nello spettro del segnale.Viene quindi effettuata una proiezione del rumore dovuto alla diffusione sul canale dell’onda gravitazionale secondo la seguente equazione:

(100)

dove Lexc e Nexc sono gli spettri del canale dell’onda gravitazionale e del movimento dell’elemento che causa il back scattering dei fotoni, rispettivamente, quando all’elemento è applicata un’eccitazione.Namb è il movimento dell’elemento senza alcuna eccitazione.

Si ha che il rumore acustico-ambientale proiettato, accoppiato al canale dell’onda gravitazionale, è inferiore alla sensibilità misurata.

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L(f ) =

!

2

"

dPr

ParmNtube(f ) ≈ 10−11 Ntube(f )

L(f ) = Namb(f )Lexc(f)

Nexc(f)

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Sorgenti di errore Capitolo IV

4.10.3 Fringe wrapping

È possibile che alcuni fotoni vengano diffusi attraverso processi non lineari. Tra questi processi si ha il fringe wrapping.In Advanced LIGO questo fenomeno avviene nella porta anti-simmetrica dell’interferometro.Le imperfezioni ottiche dell’output mode cleaner permettono ad una frazione della luce (~ 1 ppm) di tornare indietro nell’interferometro. La maggior parte di questa luce viene respinta dall’isolatore di Faraday, ma una piccola frazione viene trasmessa.Quindi questa luce viene nuovamente riflessa e torna all’output mode cleaner con uno spostamento di fase variabile aggiuntivo a causa del movimento relativo tra l’output mode cleaner e l’interferometro.La relativa fluttuazione dell’intensità (RIN) nella trasmissione all’output mode cleaner dovuta alla retro diffusione dei fotoni è data da:

(101)

dove r = 10−5 – 10−4 è la riflettività effettiva del campo alla porta di uscita dell’interferometro.Nomc(t) è la fluttuazione della distanza tra l’interferometro e l’output mode cleaner. Poiché questa distanza non è controllata, l’ampiezza di Nomc(t) può essere tanto elevata quanto corrispondere ad alcune lunghezze d’onda.Il coseno nell’equazione precedente avvolge questa fase (la quale varia rapidamente tra 0 e 2π), conducendo ad un’innalzamento del movimento a basse frequenze della lunghezza.

In Advanced LIGO, dove il movimento micro-sismico è più alto del normale, questo processo aumenta il rumore del canale dell’onda gravitazionale sotto i 20 Hz.

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RIN(t) = 2rcos(4πNomc(t)/λ)

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4.11 Dark noise e attuazione (Dark noise e Suspension actuation)

In questa sezione vengono riassunti i contributi del rumore dovuti ai circuiti elettronici presenti nei fotorivelatori, attuatori, convertitori analogico-digitale (ADC) e digitale-analogico (DAC) e nelle “whitening boards”; elementi essenziali per il rivelamento di segnali ottici e l’attuazione sulle sospensioni.Dal punto di vista progettuale, tutto il rumore dell’elettronica dovrebbe essere più piccolo rispetto ai rumori fondamentali.Per il segnale della lunghezza differenziale del braccio, una coppia di fotodiodi InGaAs polarizzati inversamente, dotati di pre-amplificatori in vuoto, misura la luce trasmessa dall’output mode cleaner.Successivamente, questi segnali vengono acquisiti da un sistema digitale attraverso convertitori analogico-digitali, dividendo ulteriormente il rumore di rivelamento in due tipi: rumore di buio e rumore ADC.Il rumore di buio include qualsiasi corrente di buio prodotta dai fotodiodi, il rumore di Johnson-Nyquist della transimpedenza di lettura e il rumore in tutti gli altri dispositivi elettronici analogici.Un livello di rumore di corrente, pari a ~ 10 pA / √Hz a 100 Hz, è presente in ciascun circuito che utilizza fotorivelatori.

Prendendo in considerazione la somma coerente di due fotorivelatori, stimiamo che il rumore di buio sia minore di un fattore 8,2 rispetto allo shot noise a 100 Hz, come mostrato in Figura 19.Il rumore in ingresso dell’ADC viene soppresso inserendo ulteriore guadagno analogico e filtraggio, denominati “filtri sbiancanti”.Una misurazione offline del rumore ADC mostra che questo è al di sotto del livello di miglior rumore di corrente di un fattore superiore a 10, sull’intera banda di frequenza di misurazione.L’altro rumore importante in questa categoria è il rumore dell’attuazione utilizzata per applicare le forze di controllo di feedback sugli specchi.Qualsiasi rumore in eccesso a livello dell’attuazione richiesta si accoppia direttamente con lo spostamento dello specchio.

Il rumore di attuazione più critico è dovuto ai convertitori digitale-analogico che collegano il processo di controllo digitale in tempo reale e l’elettronica dell’attuazione analogica della sospensione.

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Sorgenti di errore Capitolo IV

Inoltre, il rumore proveniente dal convertitore digitale-analogico viene filtrato meccanicamente tramite la funzione di trasferimento forza-spostamento della sospensione al di sopra dei 0,5 Hz circa.La stima attuale pone il rumore di attuazione a partire da 3 · 10-18 m / √Hz a 10 Hz.Infine, è noto che lo smorzamento attivo dei sistemi di sospensione introduce rumore. Al di sotto dei 5 Hz, le risonanze delle sospensioni vengono smorzate rivelando il movimento della sospensione rispetto al suo supporto, utilizzando i cosiddetti “sensori ombra”.Secondo i modelli dinamici di sospensione, il rumore proveniente dal controllo locale dello smorzamento è stimato essere pari a 2 · 10-18 m / √Hz a 10 Hz mentre a frequenze più alte diminuisce rapidamente.

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Conclusioni

Conclusioni

Figura 21.L’evento dell’onda gravitazionale GW150914 osservato dai rivelatori Advanced LIGO a Hanford (H1, pannelli della colonna sinistra) e a Livingston (L1, destra rivelatori a colonne). I tempi sono indicati rispetto al 14 settembre 2015 alle 09:50:45 UTC.

A settembre 2015, Advanced LIGO ha dato inizio all’era dell’astronomia a onda gravitazionale con la sua prima sessione di osservazione, la quale ha raccolto dati fino a gennaio 2016. Questa sessione è culminata col primo rivelamento diretto delle onde gravitazionali proveniente dalla coalescenza di un sistema binario di buchi neri di ~ 30 M⊙ ciascuno, chiamato GW150914, che si fusero a circa 400 Mpc di distanza dalla Terra.Durante questa prima osservazione, l’osservatorio era in esecuzione a una sensibilità senza precedenti per quel che riguarda onde gravitazionali nel range

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Conclusioni

di frequenze compreso tra 10 Hz - 10 kHz. La distanza media alla quale i sistemi binari di buchi neri in coalescenza con singole masse di 30 M⊙ potevano essere rivelate, al di sopra di un rapporto segnale-rumore (SNR) di 8, era 1,3 Gpc. Per i sistemi binari di stelle di neutroni “spiraleggianti” era di circa 75 Mpc.

In Figura 21 viene riportato il segnale gravitazionale captato durante la prima sessione di misurazione.

Nella prima riga vengono riportati i segnali misurati dai due interferometri. GW150914 arrivò prima a L1 e circa 6.9 ms più tardi a H1.Nella seconda è mostrato lo sforzo gravitazionale dell’onda proiettato su ciascun rivelatore nella banda 35-350 Hz. Le linee continue mostrano una forma d’onda di relatività numerica per un sistema con parametri coerenti con quelli recuperati da GW150914. Uno (grigio scuro) modella il segnale usando forme d’onda del modello di buco nero binario. L’altro (grigio chiaro) non usa un modello astrofisico, ma calcola invece il segnale di deformazione come una combinazione lineare di onde sinusoidali gaussiane.Queste ricostruzioni hanno una sovrapposizione del 94%.Nella terza riga vengono plottati i rumori di fondo della misura, ossia i residui, ottenuti dopo aver sottratto al segnale misurato quello ricavato numericamente.L’ultima riga è una rappresentazione della frequenza temporale dei dati di deformazione, che mostra la frequenza del segnale che aumenta nel tempo.

L’elevata sensibilità dell’apparato di misura è stata raggiunta tramite un studio approfondito di tutte le sorgenti d’errore che potevano influire sulla misura.Ciò è fondamentale poiché, conoscere sia le sorgenti di errore che il modo con cui queste si accoppiano al segnale gravitazionale, permette lo sviluppo di tecnologie e strumenti in grado di sopperire agli effetti di disturbo che ciascuna fonte di rumore apporta alla misura. Ad esempio, il sistema di pendoli multi-stadio ha aumentato l’isolamento sismico, mentre l’utilizzo di materiali particolari nella costruzione delle varie componenti del sistema ha fatto sì che l’agitazione termica avesse una minima influenza sulla misura.Di fondamentale importanza sono stati, inoltre, tutti i sistemi di controllo elettronico della strumentazione. Tramite questi è stato possibile, ad esempio, far sì che il laser rimanesse stabilmente nel regime lineare, mantenere fissa la distanza tra le test masses, oppure correggere ed eliminare il moto angolare degli specchi.

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Conclusioni

Dall’analisi delle curve di rumore riportate in Figura 19 è possibile trarre alcune conclusioni sull’influenza delle diverse sorgenti d’errore.A basse frequenze, la totalità delle sorgenti d’errore previste non spiega l’andamento del rumore durante la misurazione, Figura 19 (a). Risulta quindi necessario un lavoro futuro per trovare e risolvere ulteriori fonti di rumore, oltreché per migliorare l’attenuazione dell’effetto delle sorgenti note. In questo caso, in seguito un’attenzione particolare verrà data al rumore sismico. Ad alte frequenze, invece, si ha che lo shot noise, nella configurazione odierna, è la sorgente di errore che limita maggiormente la sensibilità allo strain dello strumento.

Shot noise

Per ridurre gli effetti quantistici, in prima analisi, occorre aumentare la potenza del laser. Durante la prima misurazione, Advanced LIGO operava in regime di bassa potenza: la potenza in ingresso era di 25 W rispetto alla potenza massima del laser di ~ 180 W.Prima di aumentare la potenza è però necessario superare una serie di difficoltà tecniche che possono però essere risolte modificando la topologia di controllo del sistema.Inoltre, i livelli di potenza sui fotorivelatori dovrebbero essere regolati per evitare il loro danneggiamento nei processi che portano l’energia ottica immagazzinata a lasciare l’interferometro attraverso le porte di uscita.Un aumento della potenza non può però portare a superare il limite imposto dallo shot noise oltre i 100 Hz.

Questo è il motivo per cui ci si sta adoperando per introdurre particolari stati di luce, chiamati squeezed states, in grado di superare questo limite.

Squeezed states

Il campo di vuoto e gli stati coerenti sono entrambi esempi di stati di minima incertezza con eguali incertezze nelle due quadrature in modo che:

(102)

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∆X1 = ∆X2 =1

2

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Conclusioni

Il principio di indeterminazione sulle incertezze delle quadrature di campo prevede l’esistenza di ulteriori tipi di stati di minima incertezza in cui le incertezze sulle quadrature sono diverse fra loro.

Un modo in cui questo può essere raggiunto è quello di “spremere”, da cui il termine squeezed, il cerchio dell’incertezza del campo di vuoto o dello stato coerente, in modo che essa diventi un’ellisse della stessa area.

Tali stati sono chiamati quadrature-squeezed states.

Figura 22. Vengono illustrati tre diversi tipi di quadrature-squeezed states.(a) Illustra lo stato squeezed del campo di vuoto. Questo è uno stato quantico di luce in cui il cerchio di incertezza in quadratura del campo di vuoto è stato schiacciato in una direzione a scapito dell’altra così da formare un’ellisse. Nelle figure (b) e (c) illustrano altre due forme di luce squeezed.(b) L’asse maggiore dell’ellisse è stato allineato con il fasore dello stato coerente, in modo che l’incertezza di fase sia inferiore a quella nello stato coerente originale.(c) L’asse minore è stato allineato al fine di ridurre l’incertezza di ampiezza.

I due stati mostrati in Figura 21 (b) e (c) sono chiamati phase-squeezed light e amplitude-squeezed light, rispettivamente.

L’uso della luce phase-squeezed consente misurazioni interferometriche con una precisione maggiore rispetto a quella ottenuta con uno stato coerente.Allo stesso modo, l’uso della luce amplitude-squeezed ha un rumore di ampiezza minore rispetto a quello di uno stato coerente.Gli stati coerenti hanno fluttuazioni Poissoniane del numero di fotoni e generano quindi lo shot noise. Viceversa, avendo una statistica sub-Poissoniana,

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Conclusioni

il rivelamento ottico della luce amplitude-squeezed produce un livello di rumore più piccolo rispetto al limite dello shot noise.

Ci sono, naturalmente, molti altri esempi di stati squeezed. Il principio di indeterminazione richiede che vi sia un’area minima per l’incertezza del fasore, ma non impone alcun limite alla forma del profilo di incertezza, che porta alla possibilità di diversi tipi di stati squeezed.L’unico requisito per questi stati è che l’area dell’incertezza in unità di quadratura deve essere ≥ 1/4.

Uno dei tipi più importanti di stati squeezed sono i cosiddetti photon number states. Questi sono stati di luce dove il numero di fotoni è perfettamente definito. Si avrà quindi Δn = 0 e, per lo stesso motivo, una fase completamente indefinita. Il campo è quindi una sovrapposizione di onde con la stessa ampiezza ma con tutte le fasi possibili.

Si noti che i photon number states non sono stati di minima incertezza.

Figura 23.Viene mostrato il diagramma dei fasori per un photon number states. Il fasore è un cerchio di raggio (n+1/2)1/2. La lunghezza del fasore è perfettamente definita e quindi non c’è incertezza nell’ampiezza del campo elettrico E0. D’altra parte, si nota che la fase è totalmente indefinita.

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Conclusioni

Rumore sismico

Per quel che riguarda gli effetti sismici, oltre al miglioramento dei sistemi di isolamento, la comunità scientifica si sta adoperando per l’individuazione di siti in cui l’attività sismica sia minima.Una soluzione è l’installazione degli interferometri nel sottosuolo, poiché questa configurazione comporterebbe un’ulteriore abbattimento del rumore sismico e acustico-ambientale.

Con questo obiettivo, è in fase di elaborazione un rivelatore di terza generazione, chiamato Einstein Telescope, che potrebbe entrare in funzione già a partire dal 2030. Un sistema di questo tipo promette di operare con una sensibilità allo strain dieci volte superiore rispetto ai rivelatori odierni.

All’interno di questo progetto si inserisce la Sardegna. Infatti, la scarsa attività sismica nell’isola e il relativo isolamento da attività antropiche, ha portato alla proposta di installare un nuovo rivelatore nel complesso minerario abbandonato di Sos Enattos, Lula (NU).

In via ulteriore, l’ESA (Agenzia Spaziale Europea) ha in progetto (2032-2034) il lancio di un rivelatore spaziale, chiamato eLISA, il cui obiettivo è quello di portare in orbita attorno alla Terra un sistema di tre satelliti in configurazione triangolare che andrebbero a formare una coppia di interferometri con bracci lunghi circa un milione di chilometri.Lo sviluppo di un rivelatore spaziale darebbe la possibilità di eliminare totalmente il rumore sismico, riuscendo così a misurare fenomeni gravitazionali nella banda di frequenza tra 1 mHz e 100 mHz, molto ricca di sorgenti di onde gravitazionali.

Infine, vi è un ulteriore approccio alla rivelazione delle onde gravitazionali basato sullo studio delle correlazioni temporali tra i segnali radio emessi dalle pulsar. Questo metodo, denominato Pulsar Timing Array, consentirebbe la rivelazione di segnali gravitazionali compresi tra i nHZ e i µHz, generati dalla fusione di buchi neri supermassivi (milioni di masse solari).

In conclusione, la rivelazione di segnali gravitazionali, ad un secolo dalla loro previsione, ha aperto la strada ad un nuovo tipo di astronomia la quale promette di rivoluzionare e stravolgere il nostro sguardo sull’Universo.

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RingraziamentiUn ringraziamento particolare va al Professor Michele Saba per avermi dato la possibilità di realizzare questo lavoro e aver applicato fino all’ultimo il suo metodo didattico.Ringrazio i miei amici, colleghi e coinquilini per avermi sopportato, sostenuto ed essermi stati vicini.Ringrazio soprattuto la mia famiglia per avermi sostenuto dandomi la possibilità e la voglia di concludere questo percorso.

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Bibliografia

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14 Settembre 2015, La nascita di una nuova astronomiaCristiano Palomba, Asimmetrie, Anno 11 numero 21, Novembre 2016

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