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CERN-THESIS-2012-239 18/12/2012 Universit ` a degli Studi di Siena Facolt` a di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Corso di Laurea in Fisica e Tecnologie Avanzate Tesi di Laurea Triennale Analisi preliminare sui dati a s = 8 TeV relativi al tracciatore T2 dell’esperimento TOTEM a LHC Relatore: Candidato: Dott. G. Latino A. Lapertosa Correlatori: Prof. A. Scribano Dott. M. Berretti Anno Accademico 2011/2012 Sessione Invernale - 18 Dicembre 2012

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CER

N-T

HES

IS-2

012-

239

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Universita degli Studi di Siena

Facolta di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali

Corso di Laurea in Fisica e Tecnologie Avanzate

Tesi di Laurea Triennale

Analisi preliminare sui dati a√s = 8 TeV relativi al

tracciatore T2 dell’esperimento TOTEM a LHC

Relatore: Candidato:Dott. G. Latino A. Lapertosa

Correlatori:Prof. A. ScribanoDott. M. Berretti

Anno Accademico 2011/2012

Sessione Invernale - 18 Dicembre 2012

Indice

Introduzione 3

1 L’esperimento TOTEM a LHC 5

1.1 Il Large Hadron Collider . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

1.2 Il complesso CMS - TOTEM . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

1.2.1 I Roman Pot . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

1.2.2 Il telescopio T1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

1.2.3 Il telescopio T2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13

1.2.4 Gas Electron Multiplier . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16

1.2.5 La Beampipe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

2 Programma di fisica 19

2.1 Variabili di Mandelstam . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

2.2 Processi elastici, diffrattivi e inelastici . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

2.3 Sezione d’urto totale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24

2.4 Sezione d’urto differenziale elastica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26

2.5 Ottica del fascio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28

2.6 Ultimi risultati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29

2.6.1 Misura delle sezioni d’urto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29

2.6.2 Misura del dNCH/dη . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29

3 Allineamento del rivelatore 31

3.1 Parametri di traccia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32

3.2 Allineamento interno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34

1

2 INDICE

3.3 Allineamento globale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35

3.3.1 Il metodo “beampipe shadow” . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36

3.3.2 Il metodo “M2” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40

3.4 Misura dei parametri di disallineamento . . . . . . . . . . . . . . . . 41

3.5 Risultati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45

3.6 Versione finale dei parametri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46

4 Studio preliminare del dNCH/dη 49

4.1 Campioni di dati e di MC . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51

4.2 Analisi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53

4.3 Risultati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55

4.4 Verso la misura finale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58

Conclusioni 61

Ringraziamenti 63

Bibliografia 65

Introduzione

TOTEM e un esperimento situato presso il Large Hadron Collider del CERN, il piu

grande acceleratore di particelle al mondo, che attualmente fornisce dati su collisioni

protone-protone ad una energia del centro di massa di 8 TeV.

Lo scopo principale di questo esperimento e effettuare la misura della sezione

d’urto totale con precisione del 1 ÷ 2 %, lo studio della diffusione elastica e delle

interazioni inelastiche nelle collisioni protone-protone. TOTEM partecipera inoltre

ad un piu completo programma di fisica diffrattiva in collaborazione con CMS, l’altro

esperimento presente nel tunnel di LHC allo punto di interazione IP5.

L’esperimento TOTEM e composto da tre distinti apparati di rivelazione posti su

entrambi i lati di IP5: i “Roman Pot” (realizzati con tecnologia al silicio) posti a circa

147 m e 220 m per la rivelazione di protoni diffusi elasticamente e diffrattivamente

fino ad una distanza di circa 1 mm dal fascio; i telescopi inelastici T1 (realizzato

con tecnologia Cathode Strip Chamber) e T2 (realizzato con tecnologia Gas Electron

Multiplier) posti rispettivamente a circa 9 m e 14 m, che permettono la ricostruzione

delle tracce delle particelle cariche prodotte nella regione in avanti (3, 1 < |η| < 6.5).

Nel periodo di permanenza al CERN il candidato ha avuto l’opportunita di la-

vorare presso la collaborazione TOTEM contribuendo allo sviluppo del software de-

dicato ad analizzare i dati raccolti dal tracciatore T2. Piu precisamente il candidato

si e occupato di sviluppare, sulla base di un precedente lavoro elaborato dal grup-

po TOTEM Pisa/Siena, una parte di codice in linguaggio di programmazione C++

volta ad individuare i parametri di disallineamento dei quattro quarti del tracciatore

T2. Questi parametri sono delle correzioni (sugli effetti di spostamento laterale e

inclinazione del rivelatore rispetto alla posizione nominale) da inserire nell’algoritmo

di ricostruzione delle tracce per ottenere un risultato ottimale.

3

4 Introduzione

Il candidato ha poi applicato i risultati degli studi sull’allineamento di T2, parte-

cipando ad una attivita di analisi dati su eventi di collisione protone-protone avvenuti

a 11,25 m dal punto di collisione nominale. Queste collisioni, avvenute in prossi-

mita di uno dei bracci del rivelatore T2, hanno la particolarita di poter estendere

in un differente intervallo angolare (3.1 < |η| < 4.7) la precendete misura sulla den-

sita di particelle cariche in avanti (dNCH/dη) effettuata nell’intervallo 5.3 < |η| <

6.5. Tale misura risulta essere un input importante per il tuning dei modelli teorici

fenomenologici che descrivono le interazioni adroniche “soft”.

La presente tesi e strutturata in 4 capitoli:

nel capitolo 1 viene introdotto l’acceleratore LHC e vengono descritti i rivelatori che

costituiscono l’esperimento TOTEM;

nel capitolo 2 sono illustrati gli obiettivi del programma di fisica dell’esperimento;

nel capitolo 3 e descritto il lavoro svolto dal candidato nel ricavare i parametri di

disallineamento del tracciatore T2;

nel capitolo 4 viene descritta l’attivita di analisi dati relativa allo studio preliminare

del dNCH/dη nell’intervallo 3.8 < |η| < 4.6.

Capitolo 1

L’esperimento TOTEM a LHC

All’inizio degli anni 50 in Europa venne fondato il Centro Europeo per la Ricerca

Nucleare (CERN), un istituto che mirava a promuovere la collaborazione a livello eu-

ropeo nella ricerca scientifica. Da quegli anni fino ad oggi, molti progressi sono stati

fatti nella comprensione dei fenomeni della fisica atomica, nucleare e sub-nucleare.

Nel sito del CERN, al confine tra Svizzera e Francia, sono stati via via costruiti

acceleratori di particelle sempre piu grandi e potenti, in grado di operare ad ener-

gie sempre maggiori per investigare il mondo microscopico piu a fondo. Al giorno

d’oggi questi acceleratori costituiscono un complesso unico (Fig. 1.1), in grado di

incrementare la velocita e quindi l’energia di particelle di vario genere (protoni, an-

tiprotoni, elettroni, ioni, etc.).

Figura 1.1: Complesso degli acceleratori del CERN.

5

6 1.1 Il Large Hadron Collider

1.1 Il Large Hadron Collider

LHC [1] e attualmente l’acceleratore di particelle piu grande al mondo, in grado di

raggiungere un’energia nel centro di massa (√s) di 8 TeV (in futuro l’energia verra

incrementata fino a√s = 14 TeV). Nel tunnel sotterraneo di 27 Km, che ha ospitato

fino al 2000 il Large Electron Positron Collider (LEP), ora sono stati posti i magneti

superconduttori che lo costituiscono (Fig. 1.2 e Fig. 1.3).

Figura 1.2: Interno del tunnel di LHC.

All’interno di caverne artificiali situate a circa 100 metri di profondita sono situati

gli apparati sperimentali (ALICE, ATLAS, CMS, LHCb, LHCf, TOTEM) che si oc-

cupano di raccogliere i dati sulle collisioni protone-protone, protone-ione e ione-ione

realizzate da LHC. I due esperimenti principali, ATLAS (A Toroidal LHC Appa-

ratuS) e CMS (Compact Muon Solenoid), sono costituiti da rivelatori di enormi

dimensioni realizzati da collaborazioni internazionali. Tra gli obiettivi principali di

questi esperimenti ci sono: la ricerca dell’ultima particella fondamentale prevista dal

modello standard (il bosone di Higgs), la ricerca di un’evidenza dell’esistenza della

supersimmetria e la ricerca di nuove dimensioni spazio-temporali. L’esperimento

LHCb e invece progettato per studiare la fisica dei mesoni B, mentre ALICE (A

Large Ion Collider Experiment) e ottimizzato per lo studio delle collisioni tra ioni

pesanti. I due esperimenti piu piccoli TOTEM e LHCf, situati nella regione in avan-

ti degli esperimenti CMS e ATLAS rispettivamente, sono specializzati nello studio

1.1 Il Large Hadron Collider 7

delle collisioni che producono particelle a piccolo angolo rispetto alla direzione dei

fasci.

Per poter raggiungere l’energia finale di LHC, i fasci di particelle sono sottoposti

a diversi stadi di preaccelerazione. I protoni, ottenuti ionizzando atomi di idroge-

no, vengono inizialmente accelerati fino a energie di 50 MeV dall’acceleratore lineare

LINAC 2, quindi sono iniettati nel PSBooster e successivamente nel Proton Synchro-

tron (PS) dove raggiungono un’energia di 26 GeV. Lo stadio successivo e il Super

Proton Synchrotron (SPS), un anello di 2 Km di diametro che porta i protoni a 450

GeV prima di immetterli infine nel Large Hadron Collider. Qui i fasci di protoni

vengono accelerati fino a velocita prossime a quelle della luce e vengono fatti circo-

lare all’interno di due tubi a vuoto paralleli mediante dei magneti superconduttori

raffreddati dall’Elio liquido alla temperatura di 1.9 K (Fig. 1.3). I magneti super-

conduttori generano un campo magnetico di 8.33 Tesla che permette la curvatura

dei fasci. Delle cavita a radiofrequenza accelerano i fasci fino al 99, 999999 % della

velocita della luce, mentre dei quadrupoli magnetici restringono ad ogni passaggio la

sezione del fascio. I due tubi a vuoto all’interno dei quali scorrono i fasci in direzioni

opposte si incrociano in 8 “zone di inserzione”, in 4 di questi punti i fasci vengono

fatti collidere.

Figura 1.3: Sezione di magnete dipolare di LHC.

8 1.2 Il complesso CMS - TOTEM

1.2 Il complesso CMS - TOTEM

Al punto di interazione IP5 sono presenti gli apparati di CMS [2] (Compact Muon So-

lenoid) e di TOTEM [3,4] (TOTal Elastic and diffractive cross section Measurement).

CMS e uno degli esperimenti principali di LHC, costituito da un enorme apparato

sperimentale dalla forma cilindrica, di 14.6 m di diametro e 21.6 m di lunghezza

(Fig. 1.4). Diversi tipi di rivelatori sono posti intorno al punto di collisione:

� il tracciatore al silicio (Tracker) che misura con precisione le tracce lasciate

dalle particelle cariche;

� il calorimetro elettromagnetico (ECAL) che ha lo scopo di rivelare elettroni,

positroni e fotoni;

� il sistema di calorimetri adronici (HCAL e HF), per la misura dei jets di adroni;

� il sistema di camere per muoni (Muon Chamber), per la misura dei muoni.

Tracciatore, ECAL e HCAL sono racchiusi all’interno di un magnete solenoide su-

perconduttore che genera un campo magnetico di 4 Tesla parallelo all’asse dei fasci.

Il campo magnetico permette di curvare le particelle cariche, consentendo la misura

del loro momento e del segno della loro carica.

Figura 1.4: Apparato sperimentale di CMS.

1.2 Il complesso CMS - TOTEM 9

L’apparato di TOTEM e composto da tre dispositivi di rivelazione: T1, T2 e

Roman Pot. I telescopi inleastici T1 e T2 sono alloggiati all’interno di CMS, nella

regione in avanti, a circa 9 m e 14 m da IP5 rispettivamente (Fig. 1.5). Sono dei

rivelatori a gas che si occupano di acquisire dati sulle collisioni inelastiche.

Figura 1.5: Posizione dei tracciatori T1 e T2 nella regione “forward” di CMS.

Lo studio dei processi elastici e invece affidato ai Roman Pot, particolari rivelatori

al silicio situati a circa 147 m e 220 m dal punto di collisione, che sono in grado di

rivelare protoni scatterati ad angoli dell’ordine dei µrad (Fig. 1.6).

Figura 1.6: Posizionamento dei Roman Pots a 147 m e 220 m da IP5.

Il sistema di cordinate adottato da CMS (e da TOTEM) ha l’origine centra-

ta nel punto nominale di collisione, l’asse Y punta verticalmente in alto, l’asse X

punta verso l’interno dell’anello di LHC, mentre l’asse Z punta nella direzione del

fascio che circola in senso antiorario. L’angolo azimutale φ e misurato in senso an-

tiorario a partire dall’asse X nel piano XY. La pseudorapidita η e definita come η

= − ln (tan θ2), dove θ rappresenta l’angolo polare rispetto alla direzione del fascio

misurato a partire dall’asse Z.

10 1.2 Il complesso CMS - TOTEM

Il complesso dei rivelatori CMS-TOTEM e l’apparato con piu grande accettanza

in η mai costruito ad un collisionatore (Tab. 1.1). Questa caratteristica consentira di

effettuare studi congiunti su un’ampia gamma di processi fisici, avendo a disposizione

dati sulle particelle prodotte nelle collisioni su quasi tutto l’angolo solido 4π. In

particolare l’obiettivo sara lo studio delle interazioni diffrattive in cui sono presenti

ampi intervalli in pseudorapidita in cui non vengono prodotte particelle (“rapidy

gap”, vedi Sez. 2.2).

Rivelatore Distanza da IP5 Copertura angolare |θ| Pseudorapida

CMS 0 - 10.8 m 0.05 - π2

rad 0 < |η| < 3

T1 7.5 - 10.5 m 18 - 90 mrad 3.1 < |η| < 4.7

T2 13.8 - 14.2 m 3 - 10 mrad 5.3 < |η| < 6.5

Roman Pot 147 m & 220 m ∼ µrad 10 < |η| < 12

Tabella 1.1: Intervalli in pseudorapidita dei rivelatori del complesso CMS-TOTEM.

La lettura dei rivelatori di TOTEM viene effettuata dal chip digitale “VFAT”

(Very Forward ATLAS and TOTEM chip) che e un “tracking front-end ASIC”

(Application Specific Integrated Circuit) chip, progettato con la tecnologia CMOS

specificamente per l’esperimento TOTEM.

Il sistema di acquisizione dati (DAQ) e il “framework” software di TOTEM sono

stati progettati per essere pienamente compatibili con quelli di CMS, per effettuare in

comune oltre alla presa dati anche la successiva analisi. Per ottenere una completa

compatibilita tra gli esperimenti, CMS e TOTEM utilizzano un unico framework

(CMSSW [5]) basato su linguaggio di programmazione C++.

1.2.1 I Roman Pot

I Roman Pot sono dei rivelatori mobili situati in una seconda camera a vuoto, detta

“Pot”, adiacente al tubo a vuoto principale in cui transita il fascio di protoni (Fig.

1.7, sinistra). In questo modo e possibile avvicinare i rivelatori all’asse del fascio

mentre sono in corso le misure, che sono effettuate in condizioni di fascio “stabi-

le”. Quando un fascio instabile (tipicamente all’inizio di un “fill”) sta circolando

all’interno del tubo a vuoto, e possibile invece ritrarre i delicati rivelatori al silicio

1.2 Il complesso CMS - TOTEM 11

nella seconda camera a vuoto, in modo da preservarli da una eccessiva ed inutile

esposizione alla radiazione.

Figura 1.7: Sinistra: elemento mobile del Roman Pot, in giallo l’area attiva delrivelatore; destra: bordo del rivelatore con parte inattiva di soli 50 µm.

TOTEM ha due stazioni di Roman Pot situate a circa 147 m e 220 m da IP5. Tra

le due stazioni e presente un dipolo magnetico che funziona da spettrometro per la

ricostruzione esatta del momento dei protoni. Ogni stazione (Fig. 1.8) e costituita

da due unita, ciascuna delle quali ha al suo interno tre pot.

Figura 1.8: Stazione di Roman Pot, costituita da due unita separate di circa 4 m.

I tre pot che costituiscono un’unita, due verticali e uno orizzontale, sono mostrati

in figura 1.9. Ogni Pot contiene un tracciatore costituito da 10 piani di rivelatori al

silicio, costruiti con una particolare tecnologia “edgeless” che consente di ridurre la

parte inattiva al bordo del rivelatore a soli 50 µm (Fig. 1.7, destra). Tutte queste

12 1.2 Il complesso CMS - TOTEM

caratteristiche sono state progettate per poter avvicinare i rivelatori fino a circa

1 mm dal fascio e quindi avere la possibilita di rivelare protoni che hanno subito

scattering elastico ad angoli dell’ordine dei µrad.

Figura 1.9: Sinistra: unita di Roman Pot costituita da due pot verticali e unoorizzontale; destra: schema del posizionamento dei rivelatori di un’unita.

1.2.2 Il telescopio T1

Il telescopio T1 e composto da due bracci istallati su ogni lato di IP5 a una distanza

compresa tra 7.5 m e 10.5 m nelle due regioni di forma conica dell’endcaps di CMS.

Ogni braccio e composto da 5 piani di Cathode Strip Chamber (CSC), ugualmente

spaziati di 75 cm (Fig. 1.10).

Figura 1.10: Un braccio del telescopio T1.

1.2 Il complesso CMS - TOTEM 13

La particolare posizione del telescopio T1 e l’ampiezza in superficie dei suoi piani,

permettono di rivelare particelle provenienti da collisioni inelastiche nell’intervallo

di pseudorapidita 3.1 < |η| < 4.7.

Ogni piano del rivelatore e composto da 6 CSC trapezoidali, ognuna delle quali

copre una regione di circa 60° in φ (angolo azimutale). Delle regioni di “overlap” in

φ tra i sestanti dei vari piani provvedono alla tracciatura completa degli eventi e a

minimizzare l’inefficienza dei bordi dei piani. Sono inoltre utilizzati nello sviluppo

delle correzioni di allineamento relativo tra i sestanti mediante le tracce ricostruite.

I sestanti dei piani sono a questo scopo sfalsati di 3° tra di loro; questo permette

anche di ridurre la concentrazione di materiale nella regione antistante al calorimetro

Hadronic Forward (HF) di CMS.

La miscela di gas impiegata (Ar - CO2 - CF4 in proporzioni 40%− 50%− 10%),

i gap di 10.0 mm e la conseguente risposta temporale dei rivelatori sono compatibili

con gli obiettivi dell’esperimento TOTEM: eseguire misure sui processi inelastici a

bassa luminosita. Ad esempio ad una luminosita di L = 1028cm−2s−1 con un numero

basso di pacchetti, si registrano in media 2.5 x 10−3 eventi per bunch crossing; cio

si traduce in un rate inelastico di 1 kHz. Secondo i test effettuati, le camere a

gas CSC sono in grado di sostenere (prima del sopraggiungere del danneggiamento

da radiazione) per 5 anni il passaggio di ∼40 particelle cariche generate in media

per evento. La tecnologia dei rivelatori a gas ha una buona efficienza quando si

opera a bassa luminosita e fino ad oggi i rivelatori di T1 (e T2) hanno eseguito

correttamente le misure, durante i run speciali a bassa luminosita effettuati per

l’esperimento TOTEM.

1.2.3 Il telescopio T2

Anche il telescopio T2 e composto da due bracci, uno su ogni lato di IP5. Come

mostrato in figura 1.11 ogni braccio del rivelatore T2 e alloggiato all’interno della

struttura di schermaggio posta dietro il calorimetro HF, tra un’unita di pompe

ioniche e il calorimetro CASTOR. I due calorimetri dell’esperimento CMS posti nella

regione in avanti (HF dietro a T1 e CASTOR dietro a T2) forniscono informazioni

sull’energia delle particelle generate nella regione in avanti, mentre i due telescopi

14 1.2 Il complesso CMS - TOTEM

T1 e T2 misurano le traiettorie delle particelle cariche nello stesso intervallo di

pseudorapidita.

Figura 1.11: Un braccio di T2, posto tra un’unita di pompe ioniche e il calorimetroCASTOR all’interno della struttura di schermaggio posta dietro il calorimetro HF.

Ogni braccio e composto da due sezioni dette “quarti”, posizionate a entrambi

i lati della beampipe, in modo da avere una copertura di 2π nell’angolo azimutale

φ. Un quarto e composto da 10 piani di rivelatori a “Gas Electron Multiplier”

(GEM) allineati e assemblati in 5 coppie, ognuna distante 91 mm dall’altra, con una

lunghezza complessiva del quarto di 40 cm (Fig. 1.12).

Figura 1.12: Un quarto del telescopio T2.

1.2 Il complesso CMS - TOTEM 15

Ogni piano copre un settore circolare di 192° (Fig. 1.13), in questo modo i due

quarti di un braccio raggiungono una copertura di 360° in φ, con una regione di

sovrapposizione di 12° (per minimizzare la mancanza di efficienza del bordo e per

poter effettuare degli studi di allineamento relativo tra i quarti di un braccio con le

tracce ricostruite in questa zona). Nella sezione 1.2.4 viene illustrata piu in dettaglio

la tecnologia GEM, su cui si basano i rivelatori del tracciatore T2.

Figura 1.13: Uno dei rivelatori di T2: settore circolare di 192° realizzato contecnologia “triple-GEM”.

La read-out board di T2 (raggio interno = 42.46 mm, raggio esterno = 144.46

mm), e composta da due strati separati e sovrapposti: le strip e i pad. Il pattern di

256 x 2 strip circolari (larghe 80 µm e distanti 400 µm) copre un angolo azimutale di

2 x 96° e permette la ricostruzione radiale delle tracce. L’altro pattern e formato da

una matrice di 24 x 65 pad, di dimensione variabile (da 2 x 2 mm2 a 7 x 7 mm2), per

∆η x ∆φ ∼ 0.06 x 0.05 rad, che provvedono alla ricostruzione dell’angolo azimutale

delle tracce. La lettura delle strip e dei pad e affidata al VFAT, un apposito circuito

integrato che fornisce un segnale digitale. Misure effettuate su dati raccolti in sessioni

di test su fascio hanno mostrato una risoluzione spaziale della cordinata radiale di

100 µm, e di circa 1° nella cordinata azimutale.

16 1.2 Il complesso CMS - TOTEM

1.2.4 Gas Electron Multiplier

I rivelatori di questo telescopio utilizzano la tecnologia GEM, inventata da Fabio

Sauli nel 1997 [6] e impiegata con successo nell’esperimento COMPASS [7]. Questa

tipologia di rivelatori e particolamente adatta alle condizioni in cui opera T2 (rate

fino a 1 MHz cm−2 alla luminosita di 1033 cm−2s−1), in quanto concilia una velocita di

risposta molto alta con una buona resistenza alle radiazioni ed una buona risoluzione

spaziale.

La struttura dei rivelatori utilizzati per T2 (molto simile a quella impiegata

in COMPASS) e detta “triple-GEM”, in quanto utilizza tre fogli GEM in cascata

(Fig. 1.14, sinistra). Questa configurazione permette di ridurre la probabilita di

scarica, ottenendo contemporaneamente un guadagno di circa 8000 con un voltaggio

relativamente basso (∼ 400 V) applicato a ciascun foglio di GEM.

Figura 1.14: Sinistra: sezione di una triple-GEM; destra: foglio standard di GEMcon fori dal diametro di 80 µm sulla superficie e 65 µm al centro, separati da unadistanza di 140 µm.

La parte attiva del rivelatore e costituita da due fogli di supporto con una strut-

tura a nido d’ape, tre fogli GEM ed una “read-out board”, assemblati con l’utilizzo

di separatori in materiale isolante e di resine epossidiche. Ogni GEM e costituita

da un foglio di poliammide, spesso 50 µm e rivestito su entrambi i lati da 5 µm di

rame, sul quale vengono praticati piccolissimi fori con tecniche fotolitografiche (Fig.

1.14, destra). Per le GEM utilizzate da TOTEM i fori sono separati da una distanza

di 140 µm e sono doppiamente conici, con un diametro di 80 µm sulla superficie e

65 µm al centro.

1.2 Il complesso CMS - TOTEM 17

Il funzionamento del rivelatore puo essere cosı

descritto: gli elettroni, prodotti dall’interazio-

ne delle particelle ionizzanti con il gas che riem-

pie le camere (Ar al 70% e CO2 al 30%) nella

zona di “drift”, vengono portati da un campo

elettrico di circa 2.4 KV/cm verso i fori del pri-

mo dei tre fogli GEM; qui il campo elettrico,

generato da una differenza di potenziale di cir-

ca 400 V applicata fra i due piani di rame, ha

una intensita di circa 50 KV/cm, il che deter-

mina una moltiplicazione in cascata degli elet-

troni di un fattore 20; il medesimo processo si ripete poi per gli altri due fogli GEM,

separati da zone dette di “transfer” in cui il campo elettrico e di circa 3.6 KV/cm,

finche la carica viene raccolta dalla read-out board.

1.2.5 La Beampipe

La presenza del tubo a vuoto in cui transitano i fasci (beampipe) e di altro materiale

nella regione antistante al telescopio T2 e risultata essere determinante per l’analisi

effettuata dal candidato per ricavare i parametri di disallineamento dei quarti di T2.

In questa sezione vengono descritte in particolare l’“Endcap region”, situata tra IP5

e 10.6 m, e la “Forward region”, compresa tra 10.6 m e il telescopio T2.

Figura 1.15: Endcap region: beampipe composta da sezioni in berillio e in acciaio.

18 1.2 Il complesso CMS - TOTEM

Nell’Endcap region (Fig. 1.15) la beampipe e essenzialmente formata da tre pezzi

di spessore variabile (da 1.0 mm a 2.5 mm): un cilindro di berillio, posto tra il punto

di collisione IP e 1.9 m, che intercetta particelle con |η| < 4.9; due coni di acciaio

posti tra 1.9 m e 10.6 m ad un angolo corrispondente a |η| = 4.9.

La Forward region (Fig. 1.16) e composta principalmente da una sezione conica

di acciaio situata tra 10.7 m e 13.3 m. Le particelle diffuse dal punto di collisione ad

un angolo corrispondente a |η| = 5.53 attraversano circa 2.5 m di acciaio prima di

giungere sul telescopio T2 e possono quindi generare sciami di particelle per intera-

zione elettromagnetica o nucleare. Altre sezioni coniche nei punti in cui la beampipe

riduce il proprio raggio, composte da acciaio con spessore fino a 2.5 mm, interes-

sano l’intervallo angolare 4.9 < |η| < 5.53. Una finestra di acciaio perpendicolare

alla beampipe e la stazione di pompe ioniche (per mantenere il tubo in uno stato

di Ultra High Vacuum) sono poste nella traiettoria di particelle diffuse ad angoli

corrispondenti a 5.53 < |η| < 6.88. Inoltre la sezione di beampipe che attraversa i

piani del telescopio T2 (situato tra Z = 13.8 m e Z = 14.2 m), caratterizzata da uno

spessore di 1 mm con raggio interno di 55 mm, intercetta le particelle nell’intervallo

6.88 < |η| < 6.94.

Figura 1.16: Forward region: le sezioni coniche in acciaio e la stazione di pompeioniche poste nella regione antistante al telescopio T2.

Capitolo 2

Programma di fisica

L’esperimento TOTEM (TOTal Elastic and diffractive cross section Measurement)

si propone di misurare la sezione d’urto totale protone-protone alle energie di LHC.

E importante ottenere una misura con alto livello di precisione, per individuare

quale tra i vari modelli teorico-fenomenologici proposti si adatta meglio a descrivere

i risultati sperimentali. Questa misura verra effettuata con il metodo “luminosity-

indipendent”, descritto nella sezione 2.3. Per poter raggiungere la precisione di

1 ÷ 2 % nella misura della sezione d’urto totale, e necessario realizzare una misura

accurata della sezione d’urto differenziale elastica (Sez. 2.4). Prima di entrare

nei dettagli dei metodi utilizzati da TOTEM per ricavare la sezione d’urto, e utile

introdurre le variabili di Mandelstam e i processi studiati.

2.1 Variabili di Mandelstam

Generalmente la sezione d’urto di un processo in cui sono coinvolte particelle relati-

vistiche e espressa in funzione di grandezze invarianti per trasformazioni di Lorentz.

In particolare e possibile usare le variabili di Mandelstam: s, t e u. Nel caso in

cui l’urto tra due corpi (1 e 2) genera due prodotti di collisione (3 e 4), abbiamo la

reazione:

1 + 2 → 3 + 4 (2.1)

19

20 2.2 Processi elastici, diffrattivi e inelastici

Considerando P1 e P2 come il quadrivettore Energia-Impulso rispettivamente dei

corpi 1 e 2 (e similmente P3 e P4 per i prodotti 3 e 4), e possibile definire le variabili:

s = (P1 + P2)2 = (P3 + P4)

2 (2.2)

t = (P1 − P3)2 = (P2 − P4)

2 (2.3)

u = (P1 − P4)2 = (P2 − P3)

2 (2.4)

Queste variabili sono tali che la loro somma coincide con la somma dei quadrati

delle masse relativistiche dei quattro corpi:

s + t + u =4∑i=1

m2i (2.5)

La variabile s rappresenta il quadrato dell’energia disponibile nel centro di massa

del sistema. Attualmente le collisioni protone-protone di LHC presentano un’ener-

gia di√s = 8 TeV. Come gia discusso precedentemente, l’esperimento TOTEM si

propone di misurare la sezione d’urto totale alle energie di LHC (fino a√s = 14

TeV). Questa misura non e stata mai effettuata prima in laboratorio.

La variabile t indica (a meno del segno) il quadrato del quadrimomento trasferito

nella collisione. Per piccoli angoli di diffusione e nel limite relativistico, vale la

relazione:

|t| ∼ (pθ)2 (2.6)

dove p e il momento del protone e θ e l’angolo di diffusione rispetto alla direzione

del fascio.

2.2 Processi elastici, diffrattivi e inelastici

Nella collisione tra due protoni possono verificarsi vari processi, ognuno definito dalla

sua sezione d’urto: lo scattering elastico, i processi diffrattivi (SD, DD, DPE, Multi

Pomeron Exchange) e le collisioni inelastiche non diffrattive (Minimum Bias). La

sezione d’urto totale stimata a√s = 14 TeV e 90 ÷ 130 mb, di cui circa il 50%

attribuita ai processi elastici e diffrattivi e il restante 50% ai processi inelastici.

2.2 Processi elastici, diffrattivi e inelastici 21

Figura 2.1: Tipologia dei processi studiati: elastici (Elastic scattering), diffrattivi(SD, DD, DPE, Multi Pomeron Exchange) e inelastici non diffrattivi (MinimumBias).

22 2.2 Processi elastici, diffrattivi e inelastici

Nella figura 2.1 sono visualizzati i vari processi, accompagnati da un grafico Pseu-

dorapidita - Angolo azimutale (η - Φ) della distribuzione dei prodotti di collisione

nello stato finale.

Il complesso dei rivelatori di CMS-TOTEM ha un esteso intervallo di accettanza

in η (Fig. 2.2). Cio permette di misurare sia le particelle generate in eventi inelastici

(diffrattivi e non), che i protoni “leading” proiettati in avanti ad angoli piccolissimi

nei processi diffrattivi ed elastici.

Figura 2.2: Accettanza dei rivelatori di CMS-TOTEM nel piano pseudorapidita-azimuth.

Nello scattering elastico i due protoni escono intatti dalla collisione (essendo

deviati a piccoli angoli dalla loro traiettoria originale) con la tipica topologia di

simmetria angolare. I Roman Pot sono stati concepiti appositamente per rivelare

protoni diffusi ad angoli dell’ordine dei µrad sia nei processi elastici che in quelli

diffrattivi. Nel secondo caso sono anche in grado di misurare la loro energia e il

quadrimomento trasferito |t|.

La caratteristica principale dei processi diffrattivi e la mancanza di particelle

nello stato finale in un esteso intervallo di pseudorapidita (∆η > 2) detto “rapidity

gap”. La maggior parte degli eventi diffrattivi mostra inoltre la presenza di protoni

nello stato finale che emergono intatti dalla zona di interazione, avendo perso parte

2.2 Processi elastici, diffrattivi e inelastici 23

del loro quardimomento. Questi protoni, che possono essere rivelati dai Roman

Pot con una grande efficienza, sono caratterizzati dal loro |t| e dalla loro perdita

frazionaria di momento ξ (ξ = ∆p/p).

I processi diffrattivi comprendono (Fig. 2.1):

1. singola diffrazione (SD), in cui un protone esce intatto mentre l’altro si fram-

menta in varie particelle di stato finale che emergono dalla parte opposta;

2. doppia diffrazione (DD), in cui i due protoni generano frammenti di collisione

da entrambi i lati del punto di interazione;

3. singola piu doppia diffrazione (SDD), con un protone intatto e due raggrup-

pamenti di particelle nello stato finale separati da un ulteriore rapidity gap;

4. scambio doppio di Pomerone (DPE), con due protoni (con una consistente per-

dita di momento) nello stato finale separati da estesi rapidity gap e particelle

generate nella zona centrale;

5. processi multi-Pomerone, in cui sono presenti piu zone di produzione di parti-

celle finali intervallate da rapidity gap.

Nella descrizione di questi processi si suppone che tra i

due protoni non vengono scambiati numeri quantici. Que-

sto porta a studiare i processi diffrattivi in termini di scam-

bio di Pomeroni. In alcuni modelli il Pomerone viene iden-

tificato come una scala “colorless” di gluoni scambiata tra

i partoni che costituiscono i protoni. L’assenza di carica

elettrica implica che lo scambio del pomerone non compor-

ti la presenza della radiazione Cherenkov, mentre l’assenza

di carica di colore implica che tali eventi non generino pio-

ni. Tuttavia, non c’e ancora una teoria che spieghi in modo

soddisfacente questo tipo di processi.

Per uno studio piu approfondito della struttura degli eventi diffrattivi, attraverso

la ricostruzione ottimale di rapidity gap abbastanza grandi, e necessaria una presa

24 2.3 Sezione d’urto totale

dati combinata con i rivelatori di CMS-TOTEM. Per questo scopo, il sistema di

acquisizione dati (DAQ) e il trigger di TOTEM sono stati progettati per funzionare

all’interno della struttura generale del DAQ e del trigger di CMS.

Nei processi inelastici non diffrattivi (detti anche Minimum Bias), caratterizzati

dall’assenza di rapidity gap, i protoni collidono generando frammenti distribuiti

nell’intero intervallo η.

La maggior parte degli adroni prodotti negli eventi inelastici sono pioni cari-

chi π+ e π− (che interagiscono con la materia per interazione forte) e pioni neutri

π0 (che decadono rapidamente in due fotoni, i quali interagiscono per interazione

elettromagnetica).

2.3 Sezione d’urto totale

Per raggiungere una precisione di circa 1÷2 mb nella misura della sezione d’urto

totale (σtot), TOTEM utilizzera il metodo detto “indipendente dalla luminosita”.

Questo metodo, basato sul teorema ottico, permette di ottenere il valore di σtot

a partire da quantita misurabili (la misura congiunta dei processi inelastici e dei

protoni elasticamente diffusi nella regione in avanti) senza dover ricorrere alla misura

della luminosita, tipicamente poco accurata. Indicando con Nel il rate elastico, con

Ninel quello inelastico e con L la luminosita 1, si puo scrivere la seguente relazione:

Nel + Ninel = L σtot (2.7)

Considerando il teorema ottico, che mette in relazione σtot con la parte immaginaria

dell’ampiezza di scattering nucleare elastico calcolata in avanti (Ael),

σtot =4π

kIm [Ael(0)] (2.8)

1La luminosita e definita come L = fnpN1N2

4πσxσy, dove σx e σy rappresentano i profili gaussiani

trasversi del fascio al punto di interazione nelle direzioni orizzontale e verticale, N1 e N2 rappre-sentano il numero di protoni del pacchetto, f e la frequenza di rivoluzione dei pacchetti e np e ilnumero di pacchetti.

2.3 Sezione d’urto totale 25

si ottiene la relazione:

Lσtot2 =16π

1 + ρ2· dNel

dt

∣∣∣∣t=0

(2.9)

dove il parametro ρ, che puo essere ricavato con un’estrapolazione teorica dai dati

relativi a esperimenti condotti ad energie piu basse, e dato da:

ρ =Re[Ael(0)]

Im[Ael(0)](2.10)

Le equazioni 2.7 e 2.9 formano un sistema che puo essere risolto per σtot o L,

ottenendo le due relazioni seguenti per la luminosita e la sezione d’urto totale:

L =1 + ρ2

16π· (Nel +Ninel)

2

dNel/dt|t=0

(2.11)

σtot =16π

1 + ρ2dNel/dt|t=0

Nel +Ninel

(2.12)

Per ricavare la sezione d’urto totale TOTEM misurera:

� il rate inelastico Ninel, misurato dai telescopi T1 e T2 e costituito da eventi

non diffrattivi di “Minimum Bias” (σ ∼ 65 mb a LHC) e da eventi diffrattivi

(σ ∼ 18 mb);

� il rate totale elastico Nel, misurato dai Roman Pot;

� la parte nucleare della sezione d’urto elastica estrapolata a t = 0 (dNeldt|t=0),

la cui incertezza nell’estrapolazione dipendera dall’accettanza per i protoni

elasticamente diffusi a piccoli valori di |t| (ovvero a piccoli angoli) e quindi

dall’ottica usata.

Delle stime basate su misurazioni effettuate con raggi cosmici e sui dati speri-

mentali delle collisioni ad energie piu basse (in particolare le collisioni pp a 1.8 TeV

registrate al Tevatron di Chicago) combinati dalla collaborazione COMPETE [8], e

possibile estrarre un valore di aspettazione di σtot ∼ 90 ÷ 130 mb ad energie di√s = 14 TeV (Fig. 2.3). Questo intervallo di aspettazione molto ampio e dovuto

alle grandi incertezze sui dati provenienti dai raggi cosmici, e alla discrepanza di 2.6

deviazioni standard tra i due risultati finali ottenuti al Tevatron.

26 2.4 Sezione d’urto differenziale elastica

Figura 2.3: Fit per la sezione d’urto totale ottenuti dalla collaborazione COMPETE [8]da tutti i dati disponibili sulle diffusioni pp e pp.

2.4 Sezione d’urto differenziale elastica

La misura della sezione d’urto differenziale elastica effettuata su un ampio intervallo

in |t| (ovvero fino a |t| ≈ 10 GeV2), risulta di primaria importanza per poter distin-

guere tra diversi modelli teorici di interazione adronica “soft” tra protoni. In figura

2.4 si possono vedere le previsioni per questa grandezza, valutate per√s = 14 TeV

usando vari modelli teorici messi a punto sui dati sperimentali ad energie piu basse.

E possibile distinguere varie regioni in |t|, a seconda del tipo di interazione che

entra in gioco:

� |t| < 10−5 GeV2: in questa regione, detta Coulombiana perche la diffusione

elastica e dominata dallo scambio di un fotone, l’andamento e descritto dalla

formula di Rutherford: dσ/dt ∼ 1/t2.

� 2×10−3 GeV2 < |t| < 0.4 GeV2: l’interazione in questa regione, detta adronica,

puo essere descritta in maniera semplificata dallo scambio di singolo Pomero-

ne. Qui l’andamento della sezione d’urto differenziale elastica e approssima-

tivamente esponenziale: dσ/dt ∼ e−B |t|. Questa regione risulta importante al

fine di estrapolare dNel/dt a t = 0.

2.4 Sezione d’urto differenziale elastica 27

� Fra le due regioni precedentemente descritte, l’estrapolazione della sezione

d’urto differenziale elastica a t = 0 viene complicata dall’interferenza tra la

diffusione nucleare e quella Coulombiana.

� |t| > 0.4 GeV2: questa regione mostra la struttura diffrattiva del protone. La

presenza di massimi e minimi diffrattivi, che si puo osservare in figura 2.4,

ricorda infatti la distribuzione tipica dell’intensita luminosa per la diffrazione

di un onda piana da un disco circolare.

� |t| > 1.5÷3 GeV2: la regione corrispondente alle collisioni centrali elastiche ad

alto |t|, che possono essere descritte dalla Quantum Chromo Dynamics (QCD)

perturbativa in termini, per esempio, dello scambio di tre gluoni. La sezione

d’urto prevista e proporzionale a |t|−8 [9].

Figura 2.4: Previsione secondo vari modelli teorici [10] della sezione d’urto differenzialeper la diffusione elastica a

√s = 14 TeV. Sono mostrati anche gli intervalli di accettanza

in |t| per diverse condizioni di ottica del fascio.

Dalla figura 2.4 risulta evidente la differenza tra le previsioni dei diversi modelli

teorici, in particolare ad alti valori di |t|. Per distinguere tra i differenti modelli

e quindi importante misurare con precisione la diffusione elastica sul piu ampio

28 2.5 Ottica del fascio

intervallo di |t| possibile. Le misure effettuate da TOTEM con diversi tipi di ottica

del fascio e diverse condizioni di funzionamento dell’acceleratore permetteranno di

avere una copertura in |t| da circa 2.0× 10−3 GeV2 fino a 10 GeV2.

2.5 Ottica del fascio

Per poter misurare la sezione d’urto totale con il metodo indipendente dalla lumi-

nosita, i Roman Pot devono poter rivelare i protoni diffusi in prossimita del fascio.

In tal modo e possibile misurare i piu bassi valori possibili di |t| per i protoni dif-

fusi elasticamente. Questo e possibile soltanto se la divergenza angolare del fascio

nel punto di interazione (∼ 1/√β∗) e piccola in confronto all’angolo di diffusione,

ovvero se l’ottica e ad alto β∗, dove β∗ e la funzione ottica β nell’IP. Per questo

motivo sono previste due ottiche speciali ad alto β∗, una con β∗ = 1540 m ed una

con β∗ = 90 m, con le quali sara possibile ottenere una misura di σtot al 1÷ 2% e al

5 % rispettivamente.

TOTEM e in grado di modificare la propria strategia di trigger, in base alla

luminosita, per poter prendere dati in tutte le condizioni. Durante i run ad alto

β∗ e bassa luminosita le misure sono concentrate sulla diffusione elastica a basso

|t|, sulla sezione d’urto totale e sullo studio del Minimum Bias e della diffrazione

“soft”. Durante i run a basso β∗ vengono studiati la diffusione elastica a grande

|t| e i processi diffrattivi per ξ ≥ 0.02. In tabella 2.1 sono mostrati gli scenari di

operativita per i vari valori di β∗ [3].

β∗ [m] n N/1011 L [cm−2s−1] |t|-range [GeV 2] ξ-range

1540 43÷ 156 0.6÷ 1.15 1028 ÷ 2 · 1029 0.002÷ 1.5 < 0.2

90 156 0.1÷ 1.15 2 · 1028 ÷ 3 · 1030 0.03÷ 10 < 0.2

11 936÷ 2808 1.15 3 · 1032 0.6÷ 8 0.02÷ 0.2

0.5÷ 2 936÷ 2808 1.15 1033 1÷ 10 0.02÷ 0.2

Tabella 2.1: Scenari di operativita per LHC a vari valori di β∗: n = numero di pacchetti;

N = numero di protoni per pacchetto; |t|-range stimato a ξ = 0 (processi elastici).

2.6 Ultimi risultati 29

2.6 Ultimi risultati

2.6.1 Misura delle sezioni d’urto

Usando i dati acquisiti durante l’anno 2011 all’energia di√s = 7 TeV, TOTEM ha

misurato la sezione d’urto differenziale elastica per lo scattering elastico protone-

protone in funzione del quadrimomento trasferito |t|. Grazie a particolari run, che

hanno permesso di effettuare misure con differenti condizioni di ottica e background,

e stato raggiunto un valore di |t| fino a 5 x 10−3 GeV2. La sezione d’urto totale

elastica, ottenuta estrapolando la misura fino a t = 0 (punto ottico), corrisponde

a 25.4 ± 1.1 mb, con una regione non visibile soltanto del 9%. Di conseguenza,

utilizzando il valore della luminosita ricavato da CMS, la sezione d’urto totale pp

misurata e 98.6 ± 2.2 mb [11].

Inoltre, combinando i dati provenienti da T1 e T2, e stato possibile misurare la

sezione d’urto degli eventi inelastici con almeno una particella con pseudorapidita

|η| ≤ 6.5 nello stato finale. Questa sezione d’urto include piu del 99% degli eventi

diffrattivi e non diffrattivi. Sulla base di queste misure, la sezione d’urto totale

inelastica estrapolata (includendo il contributo dei processi diffrattivi a bassa massa,

quindi ad alto rapidity gap, che sono fuori dall’accettanza dei rivelatori di TOTEM)

e σtot = 73.7 ± 3.4 mb [12], in accordo con i risultati delle precedenti misure

indirette effettuate da TOTEM e le misure dirette effettuate dagli altri esperimenti

di LHC [13]. Utilizzando gli stessi campioni di dati e le informazioni congiunte dei

tracciatori T1 e T2 e dei rivelatori elastici Roman Pot e stata ottenuta anche la

misura della sezione d’urto totale a√s = 7 TeV con il metodo “indipendente dalla

luminosita” (σtot = 98.0 ± 2.5 mb) [13]. Utilizzando lo stesso metodo e stata

ottenuta anche la misura della sezione d’urto totale a√s = 8 TeV con dei dati

raccolti nel 2012 (σtot = 101.7 ± 2.9 mb) [14]

2.6.2 Misura del dNCH/dη

Le prime pubblicazioni realizzate dagli esperimenti di LHC trattano lo studio di

una particolare osservabile denominata dNCH/dη, la densita di particelle cariche

30 2.6 Ultimi risultati

in funzione della pseudorapidita (Fig. 2.5, ALICE [15], ATLAS [16], CMS [17],

LHCb [18]). La collaborazione TOTEM ha recentemente pubblicato un articolo [19]

riguardante la misura dNCH/dη nell’intervallo di pseudorapidita di T2 (5.3 < |η| <

6.5). Attualmente e in fase di sviluppo l’analisi dati per ricavare il dNCH/dη anche

nella regione di T1 (3.1 < |η| < 4.7). Tuttavia, come verra illustrato nel capitolo 4,

e in linea di principio possibile effettuare questa misura in quasi tutto l’intervallo in

η di T1 grazie ad alcuni dati particolari registrati dal telescopio T2. Questa misura

addizionale con T2 rappresenterebbe un valido controllo dei risultati che saranno

ottenuti con T1. Una presa dati congiunta CMS-TOTEM e gia stata effettuata nel

corso del 2012 e l’analisi del dNCH/dη su tutto l’intervallo in η coperto dai due

esperimenti e attualmente in corso.

Figura 2.5: dNCH/dη misurato da T2 (in rosso), confrontato con analoghe misure deglialtri esperimenti di LHC.

Lo studio del dNCH/dη nella regione in avanti e importante per il tuning dei

modelli che studiano i raggi cosmici, modelli su cui viene ad esempio basata la

progettazione di stazioni di rivelatori di particelle generate per effetto Cerenkov in

atmosfera. Le collisioni di protoni a 7 TeV realizzate a LHC corrispondono alle col-

lisioni protone-protone che avvengono in atmosfera, con energia del protone cosmico

di circa 25 PeV.

Capitolo 3

Allineamento del rivelatore

Durante i periodi di shut-down dell’acceleratore e possibile accedere alla sala sot-

terranea che ospita CMS-TOTEM e al tunnel di LHC in cui sono collocati i Roman

Pot. I rivelatori possono essere quindi rimossi dal loro sito sperimentale per eseguire

eventuali controlli o riparazioni. Quando i rivelatori vengono riposizionati nei loro

alloggiamenti, risultano tipicamente essere leggermente spostati o inclinati rispet-

to alla loro posizione nominale. Relativamente a T2, spostamenti dell’ordine dei

millimetri o inclinazioni di pochi milliradianti comprometterebbero la qualita delle

tracce ricostruite. Per questo e importante ricavare i parametri di disallineamento e

inserirli nell’algoritmo di ricostruzione delle tracce prima di procedere con l’analisi

dei dati.

I quattro quarti del rivelatore T2 sono stati reinseriti nei loro siti dopo lo shut-

down invernale 2011/2012, durante il quale l’acceleratore e stato preparato per il

successivo livello di energia e di luminosita. Il posizionamento manuale del rive-

latore all’interno del suo alloggiamento e soggetto ad errori dell’ordine di 2 mm.

Utilizzando appositi algoritmi, implementati su piattaforma ROOT [20], vengono

ricavati i parametri che permettono di correggere i corrispondenti disallineamenti di

T2. I dati acquisiti da Maggio 2012 in poi hanno appunto bisogno di questa corre-

zione prima di essere utilizzati nelle analisi di fisica. Questo lavoro di allineamento e

stato svolto su un campione di 400000 eventi di collisione protone-protone registrati

il 13 Luglio 2012, a√s = 8 TeV e luminosita media per bunch collidente di 1.1 x

1030cm2s−1.

31

32 3.1 Parametri di traccia

In questo capitolo, dopo aver brevemente introdotto i parametri di traccia, ver-

ranno illustrate le procedure e i metodi utilizzati per ottenere le due principali

correzioni: l’allineamento interno (Sez. 3.2) e l’allineamento globale (Sez. 3.3).

3.1 Parametri di traccia

L’algoritmo di ricostruzione delle tracce [21] associa alla traiettoria delle particelle

una linea retta, considerato il basso campo magnetico nella regione di T2 e il poco

materiale attraversato nella regione dei 10 piani GEM. Le particelle secondarie co-

stituiscono circa il 90% del totale di tutte le particelle rivelate da T2, a causa delle

interazioni con il materiale presente nella regione di T2. Per questo motivo e stato

necessario imporre determinate condizioni nell’algoritmo, in modo da ottenere una

ricostruzione efficace.

Nella procedura denominata “road finding” viene usata la posizione dei pad

cluster per individuare le tracce. Sono stati preferiti i pad cluster rispetto agli strip

cluster poiche forniscono le posizioni X, Y e Z della particella con una risuluzione

ottimale oltre ad avere minore “occupancy”, un livello minore di rumore di fondo e

migliore efficienza.

Per ogni pad cluster individuato dalla procedura “road finding”, l’algoritmo

“track finding” cerca il relativo strip cluster associato. In eventi ad alta molteplicita

e possibile che il pad cluster sia sovrapposto a piu di uno strip cluster. In questo caso

viene preferita la migliore delle combinazioni in base alla χ2− probability. Da studi

effettuati su campioni di eventi MC risulta che le tracce ricostruite piu efficacemente

sono composte principalmente da hit di classe 1 (formati dalla sovrapposizione di

un pad cluster e di uno strip cluster). Nel caso in cui non sia possibile associare pad

cluster e strip cluster, l’algoritmo prende successivamente in considerazione anche

hit di classe 2 (formati unicamente da un pad cluster) e hit di classe 3 (formati

unicamente da uno strip cluster).

Dopo aver escluso dalla procedura le cosiddette “ghost track”, tracce fisicamente

inconsistenti dovute a erronea ricostruzione, l’algoritmo procede eseguendo un fit

lineare sugli hit individuati dalle procedure precedenti (minimo 3 hit di classe 1

3.1 Parametri di traccia 33

allineati). Quando viene individuata correttamente una traccia, ne vengono estratti

determinati parametri:

� θX e θY : gli angoli polari relativi agli assi X e Y, calcolati rispettivamente

come atan(aX) e atan(aY ), dove aX e aY sono i coefficienti della pendenza

della traccia nei piani XZ e YZ trovati dalla procedura di fit;

� θR: l’angolo polare della traccia θR =√θ2X + θ2Y ;

� Φ: l’angolo azimutale della traccia, calcolato come Φ = atan(aY /aX);

� ηRZ : parametro η calcolato dall’angolo polare ottenuto mediante un fit lineare

nel piano RZ;

� ΦRZ : la media pesata delle cordinate φ degli hit della traccia;

� ηIMP : la pseudorapidita media degli hit della traccia, calcolata sulla cordinata

θ dell’hit rispetto all’IP;

� R0: la cordinata R del punto di intersezione tra la traccia e il piano XY.

In questa analisi e stato usato il parametro ηIMP in quanto, secondo studi effet-

tuati su campioni MC, fornisce una migliore stima della pseudorapidita rispetto al

parametro ηRZ .

Un altro parametro di traccia molto interessante, utile per distinguere tra parti-

celle primarie e secondarie, e il parametro ZImpact (Fig. 3.1). ZImpact e definito

come la cordinata Z del punto di intersezione tra la traccia ricostruita e un piano

π2 contenente l’asse Z e perpendicolare al piano π1 definito dall’asse Z e il punto

di entrata della traccia in T2. Questo parametro di traccia e meno sensibile ad

eventuali anisotropie azimutali legate al disallineamento residuo dei rivelatori. ZIm-

pact e stato usato in questa analisi come riferimento per controllare i progressi del

lavoro svolto: e stato ottenuto correttamente l’allineamento quando si osserva una

distribuzione del parametro di traccia piccata intorno a |ZImpact| = 0 mm.

34 3.2 Allineamento interno

Figura 3.1: Definizione del parametro ZImpact.

3.2 Allineamento interno

Con disallineamento interno si intende lo spostamento, nella direzione X (∆X) o

nella direzione Y (∆Y), dei singoli piani dalla posizione nominale all’interno del

quarto. Per avere a disposizione un campione di dati adatto a questo tipo di analisi,

sono stati effettuati dei tagli sugli eventi e sulle tracce (Tab. 3.1).

1. Numero di tracce massimo per quarto 5

2. Massima separazione ∆R tra tracce dello stesso quarto 30 mm

3. Massima separazione ∆Φ tra tracce dello stesso quarto 15°

4. Numero minimo di hit di classe 1 che compongono la traccia 6

5. Massimo numero di strip accese per hit 4

6. Massimo numero di pad accesi per hit 4

7. Minimo punto di entrata X/R (o Y/R) della traccia 0.7

Tabella 3.1: Condizioni imposte per selezionare eventi e tracce nel campione di dati.

Le condizioni 1, 2 e 3 agiscono sugli eventi di ciascun quarto separatamente. Le

condizioni 4, 5 e 6 servono a selezionare tracce di buona qualita. La condizione 7

seleziona la regione del piano vicina all’asse X (o all’asse Y) a cui appartengono gli

hit delle tracce studiate per ricavare il parametro ∆X (o ∆Y). Utilizzando iterati-

vamente gli algoritmi HIP e MILLIPEDE [21, 22] su questo campione di dati, sono

3.3 Allineamento globale 35

stati ottenuti per ogni piano i parametri ∆X e ∆Y con i relativi errori. Questi sono

riportati nella tabella 3.2.

Tabella 3.2: Valore dei coefficienti di disallineamento interno.Piano ∆X (mm) ∆Y (mm) σ∆X (mm) σ∆Y (mm)0 0.000 0.000 0.006 0.0051 0.110 0.140 0.007 0.0062 0.250 -0.060 0.005 0.0043 -0.181 0.088 0.005 0.0044 0.091 -0.112 0.005 0.0045 0.054 0.003 0.005 0.0046 0.115 -0.262 0.005 0.0047 -0.162 -0.001 0.005 0.0048 0.105 -0.089 0.006 0.0059 -0.135 0.423 0.006 0.00510 -0.173 0.022 0.006 0.00511 -0.027 0.289 0.006 0.00512 0.051 -0.095 0.006 0.00513 0.037 0.231 0.007 0.00514 0.044 -0.332 0.006 0.00515 0.028 -0.068 0.006 0.00416 0.005 -0.244 0.006 0.00417 0.122 0.055 0.006 0.00418 -0.046 0.084 0.006 0.00519 -0.158 0.309 0.006 0.005

Piano ∆X (mm) ∆Y (mm) σ∆X (mm) σ∆Y (mm)20 0.396 0.113 0.019 0.00821 0.440 0.238 0.010 0.00822 0.007 -0.236 0.009 0.00723 -0.178 -0.019 0.009 0.00724 -0.280 0.115 0.008 0.00725 -0.201 -0.147 0.008 0.00726 0.154 -0.239 0.008 0.00727 -0.064 0.158 0.008 0.00728 0.034 0.044 0.009 0.00829 0.333 0.185 0.010 0.01130 0.234 0.197 0.012 0.01631 -0.045 -0.133 0.011 0.01632 -0.161 -0.097 0.010 0.01333 -0.030 0.019 0.011 0.01234 -0.012 0.176 0.010 0.01235 0.000 0.000 0.000 0.00036 -0.018 -0.210 0.010 0.01337 0.019 -0.399 0.011 0.01338 0.044 0.492 0.012 0.01439 -0.029 0.045 0.011 0.014

3.3 Allineamento globale

Esistono vari metodi per ricavare i parametri del disallineamento globale, ognuno

dei quali possiede determinati vantaggi. In questo lavoro sono stati utilizzati in

particolare due metodi, in quanto le loro caratteristiche hanno contribuito in modo

complementare al risultato: il metodo “beampipe shadow” e il metodo “M2”.

I parametri di allineamento globale ricavati per ognuno dei quarti di T2 sono

quattro: Shift X e Shift Y (il possibile spostamento del quarto rispettivamente

lungo l’asse X e l’asse Y), Tilt X e Tilt Y (l’inclinazione del quarto rispettivamente

nel piano XZ e nel piano YZ).

Figura 3.2: Rivelatore spostato nell’asse X (sinistra), inclinato nel piano XZ (destra).

36 3.3 Allineamento globale

3.3.1 Il metodo “beampipe shadow”

Le particelle prodotte nelle collisioni di protoni nel punto IP5, prima di giungere

sui piani del rivelatore T2, attraversano vari strati di materiale caratterizzati da

spessore e densita differenti. Il cono della beampipe che contiene il fascio di particelle

e costituito pricipalmente da acciaio, con spessori che variano da 1.0 mm a 2.5 mm

(Sez. 1.2.5). Le particelle che vengono generate con valore di pseudorapidita attorno

a |η| ' 5.53 tendono ad interagire con il cono della beampipe posizionato a |η| =

5.53. Attraversando quindi una gran quantita di materiale vengono assorbite o

scatterate. Di conseguenza c’e un minor numero di particelle che giunge in T2 in

corrispondenza della zona angolare interessata dalla beampipe. Si ottiene quindi una

zona di “ombra” dalla forma di guscio conico che, proiettata sui piani del rivelatore,

appare come una circonferenza (Fig. 3.3).

Figura 3.3: Tipica distribuzione di hit su un piano di T2. L’ombra circolare risultaevidente.

Con il rivelatore nella posizione nominale, la proiezione dell’ombra circolare del-

la beampipe sarebbe centrata esattamente nel centro di ogni piano del rivelatore.

A causa del disallineamento globale l’ombra risulta invece essere leggermente de-

centrata e la sua proiezione nei piani non rispetta l’andamento ideale. Per poter

visualizzare l’ombra circolare nei grafici dei piani del rivelatore, e stato necessario

imporre delle condizioni che selezionano soltanto le tracce utili a questa analisi.

3.3 Allineamento globale 37

1. Numero di tracce massimo per quarto 10

2. Massimo R0 della traccia 60 mm

3. Massimo valore del parametro di traccia |ZImpact| 8000 mm

4. Minimo χ2 − PXZ e minimo χ2 − PY Z della traccia 0.05

5. Massimo numero di strip accese per hit 3

6. Massimo numero di pad accesi per hit 3

7. Minimo punto di entrata X/R (o Y/R) della traccia 0.8

Tabella 3.3: Condizioni imposte per selezionare eventi e tracce nel campione di dati al

fine di visualizzare l’ombra della beampipe sui piani del rivelatore T2.

Il parametro R0 e stato ricavato come R0 =√X0

2 + Y02, in cui X0 (o Y0) rappresenta

l’intercetta della proiezione della traccia nel piano XZ (o YZ). Per individuare la

posizione in X e Y dell’ombra circolare nel piano si sono studiate tre zone (definite

dalla condizione 7 in tabella 3.3): l’intorno dell’asse X; la regione positiva e quella

negativa nell’intorno dell’asse Y. Nella figura 3.4 (a sinistra), e possibile individuare

le tre zone studiate all’interno del grafico della distribuzione degli hit in un piano.

Figura 3.4: Sinistra: regioni del piano studiate; destra: istogramma della cordinata Rdegli hit.

Costruendo un’istogramma con la distribuzione della cordinata radiale degli hit di

un piano, si visualizza una concavita in corrispondenza dell’ombra della beampipe

(Fig. 3.4, destra). E stato scelto di fittare questa concavita con una funzione di

secondo grado, il cui minimo corrisponde alla posizione dell’ombra nel piano. E stata

sviluppata una apposita macro in linguaggio C++, su piattaforma ROOT [20], che

38 3.3 Allineamento globale

ha permesso di eseguire in modo automatico il fit degli istogrammi per ogni piano

del rivelatore, nelle tre zone studiate. E stata poi eseguita una simulazione di pioni

singoli su “rivelatore perfetto” (ovvero perfettamente posizionato) per ottenere la

posizione ideale dell’ombra della beampipe e usarla come riferimento nel confronto

con i dati. Su questa simulazione sono stati eseguiti gli stessi tagli di selezione delle

tracce e lo stesso tipo di fit con funzione di secondo grado nella concavita (Fig. 3.5).

Figura 3.5: Esempio di fit polinomiale nella regione di ombra della beampipe su uncampione di dati (sinistra) e su un campione MC ( destra).

Utilizzando i coefficienti della funzione di secondo grado fittata sull’istogramma e

la loro matrice di covarianza, sono stati calcolati la posizione del minimo e la pro-

pagazione del suo errore. La parabola di equazione f(a) = x0 + x1a + x2a2 ha il

vertice nel punto di cordinate (− ∆4x1,− x1

2x2) con ∆ = x1

2 − 4x2x0. La posizione

dell’ombra, corrispondente al minimo della parabola fittata sull’istogramma, e stata

quindi individuata come y = − x12x2

. Dato che i coefficienti x1 e x2 sono correlati, il

calcolo dell’errore e stato effettuato mediante la seguente equazione:

che tratta la propagazione degli errori nel caso in cui intervengano variabili correlate.

Sono stati esclusi dall’analisi i piani che presentavano parti danneggiate. In figura

3.6 sono riportati a titolo di esempio: un piano perfettamente funzionante (sinistra,

piano 2); un piano con un settore di pad danneggiati (centro, piano 1) e un piano

con una sezione di GEM danneggiata nel settore centrale (destra, piano 21).

3.3 Allineamento globale 39

Figura 3.6: Esempi di piani del rivelatore: piano perfettamente funzionate (sinistra); pia-no con un settore di pad danneggiato (centro); piano con una sezione di GEM danneggiatanel settore centrale (destra).

Per le tre regioni studiate (X, Y positivo e negativo), sono stati fatti i grafici con le

posizioni di riferimento dell’ombra per i 10 piani di ogni quarto, sia per il campione

di dati che per quello di simulazione. E stato poi effettuato un fit lineare sui punti e

in seguito i coefficienti delle funzioni sono stati utilizzati per il calcolo dei parametri

di disallineamento globale e dei loro errori. La figura 3.7 riporta un esempio.

Figura 3.7: Fit lineare sulle posizioni dell’ombra della beampipe sui piani (quarto H0,regione X). In blu sono riportati i dati e in rosso la simulazione.

Il parametro denominato Shift X corrisponde allo spostamento in millimetri della

posizione lungo l’asse X del primo piano del quarto rispetto alla posizione ideale.

Questo parametro e stato ricavato come la differenza tra la funzione lineare dei dati

e quella della simulazione, in corrispondenza del primo piano del quarto (il piano

piu vicino al punto di interazione IP5).

40 3.3 Allineamento globale

Il parametro Shift Y viene ricavato allo stesso modo utilizzando separatamente le

regioni Y positivo e Y negativo, in modo da confrontare i risultati tra le due regioni

e avere quindi un primo controllo sulla correttezza della procedura.

Il parametro Tilt X, corrispondente all’inclinazione relativa del quarto nel piano

XZ misurata in milliradianti, e stato ricavato come la differenza tra le inclinazioni

delle funzioni di fit lineare sui dati e sulla simulazione. Similmente e stato anche

ricavato il parametro Tilt Y.

3.3.2 Il metodo “M2”

Il metodo “M2” [21] e un algoritmo iterativo che permette di ricavare i parametri

di Shift e Tilt basandosi sulla posizione del vertice da cui hanno origine le tracce di

un evento.

Nel caso ideale, indicando con vG il vertice nel sistema di riferimento globale e

con vQ il vertice nel sistema di riferimento fissato al quarto, otteniamo il seguente

sistema di equazioni in cui vGx = vQx :

vGx = vQx = a vGz + b

vGy = vQy = c vGz + d(3.1)

Nel caso in cui il quarto risulti essere disallineato, le cordinate del vertice sono

regolate dalle seguenti relazioni, dove vQx e la cordinata x del vertice nel sistema di

rifermento del quarto disallineato:

vQx = a vQz + b

vQy = c vQz + d(3.2)

Utilizzando delle trasformazioni che legano le cordinate del vertice misurate nel

sistema di riferimento del quarto disallineato alle cordinate misurate nel sistema di

riferimento del quarto perfettamente allineato, si giunge alla seguente equazione:

b = vQx − a vQz −∆xQ + vQz ∆Qβ

d = vQy − c vQz −∆yQ + vQz ∆Qα

(3.3)

3.4 Misura dei parametri di disallineamento 41

I parametri ∆xQ e ∆yQ, indicando le traslazioni negli assi X e Y, praticamente

corrispondono ai parametri di Shift X e Y. I parametri ∆Qα e ∆Q

β indicano le picole

rotazioni nei piani YZ e XZ, corrispondendo quindi ai parametri Tilt Y e Tilt X.

3.4 Misura dei parametri di disallineamento

Il metodo “beampipe shadow” e risultato ottimale per la misura dei parametri di

Shift ed e stato utilizzato per ottenere una prima stima dei parametri di Tilt. Il

metodo M2 e stato quindi utilizzato per perfezionare i parametri di Tilt stimati dal

metodo “beampipe shadow”. Per la misura dei parametri di disallineamento globale

esistono metodi alternativi a quelli descritti, basati sulle proprieta che le tracce

primarie hanno in un rivelatore perfettamente allineato. Tuttavia questi metodi

sono efficienti unicamente per la misura dei parametri di Tilt.

Per ricavare i parametri in modo ottimale si e proceduto nel seguente modo:

1. i parametri di disallineamento interno (ricavati utilizzando gli algoritmi HIP e

MILLIPEDE, come descritto nella sezione 3.2) sono stati inseriti nell’algoritmo

di ricostruzione delle tracce;

2. utilizzando i dati ricostruiti con questa correzione, sono stati ricavati i para-

metri di disallineamento globale con il metodo “beampipe shadow”;

3. dopo aver ricostruito nuovamente i dati con questa prima versione dei para-

metri Shift e Tilt, sono state ricavate nuove correzioni ai parametri di Tilt

tramite l’algoritmo M2;

4. il metodo “beampipe shadow” e stato utilizzato ancora sui dati, dopo aver

implementato la correzione fornita dal metodo M2, fin quando la correzione e

risultata inferiore all’errore stimato sul parametro;

5. i parametri di Tilt sono stati ulteriormente migliorati cercando di ottenere una

distribuzione di ZImpact con un picco piu stretto e piu centrato in 0 mm, come

mostrato nella sezione 3.6.

42 3.4 Misura dei parametri di disallineamento

Per alcuni quarti si sono presentate condizioni particolari che hanno richiesto di

svolgere lo studio sull’allineamento con una modalita differente.

Il quarto H0 presentava un’ottima visibilita dell’ombra della beampipe proiettata

sui piani, condizione molto favorevole per utilizzare il medodo “beampipe shadow”.

Dopo aver ricavato una prima versione dei parametri, si e perfezionato il risultato

utilizzando il metodo M2 e poi ancora il metodo “beampipe shadow”. Inizialmente,

prima delle correzioni di allineamento, la regione X del quarto H0 presentava un

disaccordo tra dati e simulazione (Fig. 3.7). Alla fine della procedura di allineamento

globale si e ottenuto il risultato mostrato in figura 3.8: il fit lineare dei dati (in blu)

si sovrappone molto bene con quello della simulazione (in rosso).

Figura 3.8: Fit lineare sulle posizioni della beampipe shadow nei piani, dopol’allineamento (quarto H0, regione X).

Utilizzando ulteriormente l’algoritmo di “beampipe shadow”, i nuovi parametri ad-

dizionali ricavati risultano inferiori all’errore stimato (∼ 0.1 mm per lo Shift, ∼ 0.4

mrad per il Tilt). Dalla sovrapposizione delle due rette di fit si nota che la posizione

del primo piano del quarto e l’inclinazione delle rette coincidono per dati e simula-

zione: gli algoritmi utilizzati non sono in grado di fornire ulteriori miglioramenti sui

parametri.

Il quarto H1 presentava buona visibilita dell’ombra circolare nella regione X e

scarsa visibilita nelle regioni Y. Per questo motivo il metodo “beampipe shadow”

risultava poco efficace nel ricavare il parametro Tilt Y. Utilizzando i dati ricostruiti

con la prima correzione e stato ricavato nuovamente il parametro Tilt Y utilizzando

3.4 Misura dei parametri di disallineamento 43

il metodo M2, che permette di ricavare parametri di Tilt consistenti indipenden-

temente dalla visibilita dell’ombra della beampipe. Questo metodo ha fornito un

parametro di Tilt Y = -6.5 mrad: la notevole inclinazione del quarto nel piano YZ

impediva la corretta ricostruzione delle tracce. Nella figura 3.9 e possibile notare

l’evidente miglioramento della visibilita dell’ombra circolare e l’aumento notevole del

numero di hit nel piano dopo aver applicato la correzione. I due parametri sommati

hanno fornito una ricostruzione delle tracce evidentemente migliorata, ma ancora

da perfezionare. Un ulteriore procedimento con l’algoritmo “beampipe shadow” sui

dati ricostruiti ha permesso di ottenere un piccolo miglioramento addizionale.

Figura 3.9: Esempio della distribuzione degli hit in un piano di H1, prima (sinistra) edopo (destra) aver applicato la correzione fornita dal metodo M2.

Il quarto H2 presentava invece scarsa visibilita dell’ombra nella regione X. Dopo

un primo approccio con il metodo “beampipe shadow”, il metodo M2 ha fornito un

parametro di Tilt X = -8.5 mrad. Anche in questo caso, la notevole inclinazione

del quarto nel piano XZ comprometteva la ricostruzione delle tracce: il numero di

tracce ricostruite sul quarto H2 varia notevolmente prima e dopo aver applicato la

correzione. Per perfezionare i parametri e stato infine utilizzato ancora una volta

l’algoritmo “beampipe shadow”. Nella figura 3.10 e possibile osservare il progresso

del parametro di traccia ZImpact durante la procedura di allineamento di H2: nel

grafico a sinistra, relativo ai dati senza correzioni di allineamento, non e possibile in-

44 3.4 Misura dei parametri di disallineamento

dividuare il picco di ZImpact; nel grafico centrale e visibile il miglioramento ottenuto

inserendo i parametri forniti dal metodo M2; nel grafico a destra e visibile il picco di

ZImpact centrato su 0 mm ottenuto inserendo i parametri finali di disallineamento

globale.

Figura 3.10: Progressivo miglioramento del parametro di traccia ZImpact nel quarto H2.

Il quarto H3 presentava ottima visibilita dell’ombra circolare, tuttavia dopo aver

applicato il metodo “beampipe shadow” il picco di ZImpact risultava ancora lontano

da 0 mm. Con un secondo approccio dello stesso algoritmo e stato ottenuto un

miglioramento notevole del risultato, che non ha richiesto ulteriori modifiche.

Figura 3.11: Progressivo miglioramento del parametro di traccia ZImpact nel quarto H3.

Per il calcolo dell’errore sui parametri di Shift sono stati utilizzati i coefficienti

delle rette di fit lineare di dati e simulazione. L’equazione della retta f(x) = a+ bx

e composta dai coefficienti correlati a e b, quindi la propagazione dell’errore e stata

effettuata utilizzando la covarianza tra i due coefficienti. Il parametro di Shift e

stato calcolato come y = a+ bx, in cui x rappresenta la cordinata Z del primo piano

del quarto (|Z| = 13860 mm per H0 e H2, e |Z| = 13810 mm per H1 e H3). La

propagazione dell’errore su y e stata effettuata con l’equazione:

3.5 Risultati 45

che tiene presente la correlazione tra a e b. L’errore trovato per i coefficienti di Shift

X e Y e dell’ordine di 0.1 mm, una precisione accettabile per il nostro tipo di analisi.

Per quanto riguarda i parametri di Tilt, entrambi gli algoritmi “beampipe sha-

dow” e M2 hanno fornito un errore di 0.4 mrad. Nel metodo “beampipe sha-

dow” il parametro di Tilt e stato calcolato come la differenza tra dati e simu-

lazione dell’inclinazione della retta di fit f(x) = a + bx. Ad esempio Tilt X =

arctan (bD) − arctan (bS), dove bD (bS) e il coefficiente angolare della retta di fit

dei dati (della simulazione) nella regione X. L’errore sul valore del parametro Tilt

e stato calcolato come σT iltX =√V ar(D)2 + V ar(S)2, in cui V ar(D) =

σbD1+bD

2

rappresenta la propagazione dell’errore per la funzione arctan (bD).

Gli errori trovati per i parametri di Shift e Tilt, sono parzialmente dipendenti

dalla precisione con cui le parabole di fit si adattano sulla cavita dell’istogramma

(Fig. 3.5). L’errore sulla posizione del minimo risulta essere dell’ordine di 0.1 mm.

Restringendo l’intervallo di fit della funzione di 1 mm a destra e 1 mm a sinistra (ad

esempio passando da un intervallo di [108,117] mm a un intervallo di [109,116] mm)

l’errore sulla posizione del minimo passa da 0.1 mm a 0.15 mm. Conseguentemente

i parametri di Tilt subiscono una variazione dell’errore da 0.4 mrad a 0.8 mrad,

mentre l’errore sui parametri di Shift resta invariato a 0.1 mm.

3.5 Risultati

Quando la nuova correzione da applicare risulta essere inferiore all’errore stima-

to per il parametro, la procedura di allineamento si conclude. Durante l’analisi e

stata costantemente controllata la distribuzione del parametro di traccia ZImpact,

per controllare i progressi ottenuti e assicurare la correttezza dei risultati (vedi ad

esempio Fig. 3.10 e Fig. 3.11).

In figura 3.12 sono mostrati i grafici (normalizzati a 1) di ZImpact prima (nero) e

dopo (rosso) le correzioni di allineamento. E possibile osservare il progresso ottenuto:

46 3.6 Versione finale dei parametri

per tutti e quattro i quarti, il parametro ZImpact mostra infine un picco centrato

circa a 0 mm.

Figura 3.12: Parametro di traccia ZImpact, prima (nero) e dopo (rosso) le correzioni diallineamento.

Alla fine della procedura sono stati trovati i parametri di disallineamento globale

mostrati nella seguente tabella:

Shift X (mm) Shift Y (mm) Tilt X (mrad) Tilt Y (mrad)

H0 −1.5± 0.1 −0.6± 0.1 3.5± 0.4 −1.3± 0.4

H1 −2.3± 0.1 −0.8± 0.1 1.2± 0.4 −6.5± 0.4

H2 0.1± 0.1 −1.3± 0.1 −8.2± 0.4 −0.7± 0.4

H3 1.4± 0.1 −1.8± 0.1 −3.0± 0.4 2.6± 0.4

Tabella 3.4: Valori finali dei parametri di disallineamento globale per i dati del 2012.

3.6 Versione finale dei parametri

I parametri di Tilt sono risultati essere quelli piu decisivi per l’allineamento poiche

si e notato che le loro variazioni influenzano maggiormente l’andamento della distri-

3.6 Versione finale dei parametri 47

buzione di ZImpact, rispetto ai parametri di Shift. Il picco della distribuzione puo

in linea di principio essere ristretto e centrato ulteriormente su 0 mm. I parametri di

Tilt sono affetti da una imprecisione dell’ordine di 0.4 mrad, si e quindi proceduto

con il formare una griglia in cui questi vengono fatti variare di 0.1 mrad all’interno

dell’ampiezza dell’errore. Sono state effettuate ricostruzioni dei dati con ognuno dei

valori della griglia, per scegliere infine il valore che genera una migliore distribuzione

del parametro di traccia. Ad esempio, il parametro di Tilt X = 3.5 mrad del quarto

H0 e stato fatto variare tra 3.1 mrad e 3.9 mrad ed e stato scelto il valore Tilt X =

3.6 mrad per i motivi spiegati. I risultati ottenuti con questa procedura addizionale

sono mostrati in figura 3.13.

Figura 3.13: Parametro di traccia ZImpact prima (nero) e dopo (rosso) le corrizioniaddizionali.

In tabella 3.5 sono riportati i valori dei parametri di disallineamento globale

definitivi ottenuti. Questi sono attualmente utilizzati dalla Collaborazione TOTEM

per una corretta ricostruzione delle tracce delle particelle cariche che attraversano

T2. Saranno inoltre utilizzati anche dalla Collaborazione CMS per le nuove analisi

congiunte CMS-TOTEM. Nel 2012 gli esperimenti TOTEM e CMS hanno infatti

48 3.6 Versione finale dei parametri

iniziato ad acquisire dati in comune, accordando i loro sistemi di trigger, per poter

unire le loro potenzialita al fine di realizzare nuove e interessanti misure di fisica.

Shift X (mm) Shift Y (mm) Tilt X (mrad) Tilt Y (mrad)

H0 −1.5± 0.1 −0.6± 0.1 3.6± 0.4 −1.3± 0.4

H1 −2.3± 0.1 −0.8± 0.1 1.3± 0.4 −6.9± 0.4

H2 0.1± 0.1 −1.3± 0.1 −8.4± 0.4 −0.7± 0.4

H3 1.4± 0.1 −1.8± 0.1 −2.6± 0.4 2.6± 0.4

Tabella 3.5: Valori dei parametri di disallineamento globale definitivi attualmente

utilizzati.

Capitolo 4

Studio preliminare del dNCH/dη

La densita di particelle cariche in funzione della pseudorapidita, dNCH/dη, e definita

come il numero medio di particelle cariche prodotte per singola collisione e unita

di pseudorapidita. Gli esperimenti di LHC hanno misurato questa grandezza nel

proprio intervallo di accettanza in η all’energia del centro di massa di√s = 7 TeV

(Sez. 2.6.2). La collaborazione TOTEM ha effettuato la misura del dNCH/dη [19]

per particelle cariche prodotte nella regione in avanti nell’intervallo di pseudorapidita

di T2 (5.3 < |η| < 6.5). La misura del dNCH/dη effettuata da TOTEM e stata poi

comparata alle stime ottenute con i generatori di eventi Monte Carlo (MC) Pythia,

PhoJet, Sherpa, SY BILL e QGSJET − II (Fig. 4.1).

I generatori di eventi MC Pythia e PhoJet, generalmente usati per simulare

eventi ai collisionatori, hanno in genere sottostimato la misura effettuata dagli espe-

rimenti di LHC. Al contrario i generatori di eventi MC legati allo studio dei raggi

cosmici, ad esempio SY BILL e QGSJET − II, sono risultati essere piu vicini alla

misura effettuata sui dati, descrivendo in oltre meglio la dipendenza dalla variabile

η. In particolare il generatore QGSJET − II sovrastima di circa il 20% la misura

del dNCH/dη ottenuta da TOTEM. E importante considerare in questo confronto

dati-teoria dei generatori di eventi legati allo studio dei raggi cosmici. Per questi

generatori il tuning dovrebbe essere particolarmente curato nella regione in avanti,

che risulta essere di fondamentale importanza per la simulazione degli sciami pro-

dotti nell’interazione dei raggi cosmici nell’atmosfera.

49

50

Figura 4.1: Valore del dNCH/dη misurato da TOTEM nell’intervallo 5.3 < |η| < 6.5(rosso) confrontato con le previsioni teoriche ottenute con diversi generatori di eventi MC.

La Collaborazione TOTEM si accinge a studiare il dNCH/dη anche nell’intervallo

di pseudorapidita di T1 (3.1 < |η| < 4.7) ad un’energia nel centro di massa di√s = 7 TeV. Una presa dati congiunta CMS-TOTEM a

√s = 8 TeV, permettera

di effettuare una misura del dNCH/dη su tutto l’intervallo in η coperto dai due

esperimenti (|η| < 6.5). La relativa analisi dati e tutt’ora in corso.

I dati utilizzati nell’analisi descritta in questa tesi sono relativi a eventi di colli-

sione protone-protone avvenuti in prossimita del braccio “plus” di T2, a 11,25 m dal

punto di collisione nominale. Questi dati con vertice spostato sono caratterizzati

da una variazione dell’accettanza di T2 rispetto a quella nominale. I prodotti di

collisione hanno infatti raggiunto i quarti H0 e H1 (che costituiscono il braccio di

T2 in prossimita del punto di collisione) ad angoli corrispondenti a 3.6 < |η| < 4.8.

In questo lavoro di tesi viene riportata una stima preliminare del dNCH/dη per

8 bin di ampiezza 0.1, nell’intervallo 3.8 < |η| < 4.6. Questo studio, in cui vengono

gia apportate importanti correzioni, costituisce la parte iniziale del lavoro di analisi

che portera ad una misura del dNCH/dη con T2 in questo intervallo di η.

4.1 Campioni di dati e di MC 51

Figura 4.2: Distribuzione in η delle tracce ricostruite nel quarto H1.

4.1 Campioni di dati e di MC

In questa analisi preliminare e stato utilizzato un campione di 135000 eventi di

collisione protone-protone a√s = 8 TeV, acquisiti il 7 luglio 2012. Ogni fascio era

composto da 3 pacchetti di 2 x 1011 protoni ciascuno. Il trigger ha selezionato eventi

con la particolarita di essere avvenuti a 11.25 m dal punto di collisione nominale.

Questa analisi e relativa ai quarti H0 e H1, attraversati dai prodotti di collisione ad

angoli corrispondenti a 3.6 < |η| < 4.8.

Per minimizzare il contributo di tracce ricostruite in modo errato, e stata richie-

sta una χ2 − probability della traccia maggiore di 0.01. Inoltre sono stati esclusi

dall’analisi eventi con piu di 70 pad cluster in media per piano (circa 8% del totale),

tipicamente dovuti a sciami elettromagnetici generati da interazioni delle particelle

primarie con il materiale circostante. Di grande importanza sono risultate risultate

le correzioni di allineamento (interno e globale) effettuate prima della ricostruzione

di traccia. Considerando la distribuzione del parametro di traccia ZImpact, e possi-

bile osservare che prima di inserire le correzioni di allineamento il picco e situato in

prossimita di 11500 mm circa; utilizzando i valori dei parametri di allineamento ri-

cavati nel capitolo 3, il picco si posiziona correttamente a 11250 mm circa (Fig. 4.3).

52 4.1 Campioni di dati e di MC

Figura 4.3: Distribuzione del parametro di traccia ZImpact per il quarto H1, prima (nero)e dopo (rosso) le correzioni di allineamento.

La simulazione del rivelatore e del materiale antistante e basata sul pacchetto

GEANT4. 80000 eventi di Monte Carlo, generati con QGSJET − II, sono stati

analizzati seguendo la stessa procedura di ricostruzione e di selezione utilizzata sui

dati. Inoltre, per riprodurre piu fedelmente le proprieta delle collisioni del campione

di dati, il campione di eventi di simulazione e stato selezionato con percentuali di

molteplicita dei pad cluster uguali a quelle dei dati (Fig. 4.4).

Figura 4.4: Grafici (normalizzati a 1) della molteplicita dei pad cluster per i dati (sini-stra), per la simulazione (centro) e per la simulazione corretta con la molteplicita dei dati(destra).

4.2 Analisi 53

4.2 Analisi

Le tracce usate in questa analisi preliminare sono state suddivise in 8 sotto-intervalli

in η di ampiezza 0.1 ciascuno, nell’intervallo 3.8 < |η| < 4.6. Per ognuno dei sotto-

intervalli e stato calcolato il rapporto primari/secondari utilizzando il parametro

ZImpact.

Particelle con vita media maggiore di 0.3 x 10−10 s sono state considerate come

primarie, compresi i prodotti di decadimento di particelle con vita media inferiore,

secondo la definizione usata dagli altri esperimenti di LHC. Il valore di η per una

traccia e stato definito come la pseudorapidita media degli hit ad essa associati,

calcolata a partire dall’angolo che ogni hit forma rispetto all’IP. E stata adottata

questa definizione per η, in quanto e risultata essere quella che garantisce la migliore

risoluzione sul parametro, secondo studi dettagliati basati sulle simulazioni da MC.

La densita di particelle in funzione della pseudorapidita e stata stimata indipenden-

temente per H0 e per H1. Questo permette di avere un riscontro tra i due risultati,

in quanto l’allineamento e l’efficienza di ricostruzione di traccia sono dipendenti dal

quarto.

Figura 4.5: Distribuzione del parametro ZImpact per le tracce del campione di datiappartenenti al quarto H1 nell’intervallo 4.2 < |η| < 4.3. La funzione in nero (doppiaesponenziale) rappresenta il contributo dovuto ai secondari, mentre la funzione in rosso(doppia gaussiana) e la componente dovuta in maggior parte alle tracce primarie. Il χ2/ndfriportato si riferisce al fit generale nell’intervallo [3000,12500] (in blu, doppia gaussiana piudoppia esponenziale). I valori dei parametri di fit delle funzioni utilizzate sono riportatea destra della figura.

54 4.2 Analisi

In figura 4.5 e possibile osservare il grafico della distribuzione del parametro

ZImpact delle tracce (quarto H1, 4.2 < |η| < 4.3), su cui e stato eseguito il fit. A

destra sono elencati i parametri ricavati per le funzioni doppia esponenziale (nero)

e doppia gaussiana (rosso) utilizzate nel fit. La funzione somma delle due esponen-

ziali rappresenta il background di secondari, mentre l’area interessata dalla doppia

gaussiana comprende le tracce dovute principalmente a particelle primarie. Per le

due gaussiane e stato imposto che avessero il valore della media in comune, mentre

la loro ampiezza e la loro deviazione standard, cosı come la media e l’ampiezza delle

due esponenziali, sono state lasciate libere di variare all’interno del fit.

Per tutti i bin in η considerati e stata effettuata la seguente procedura di fit:

1. sono stati ricavati i parametri della prima funzione esponenziale nell’intervallo

di ZImpact [0,8000] mm;

2. sottraendo il valore di questo background all’istogramma, e stato eseguito un

primo fit con funzione doppia gaussiana nell’intervallo [10700,11800] mm;

3. utilizzando i coefficienti ricavati per le gaussiane e stato effettuato un fit di fun-

zione esponenziale piu doppia gaussiana sul grafico con background sottratto,

nell’intervallo [10100,12200] mm;

4. inserendo i coefficienti ricavati dai precedenti fit, e stato eseguito un fit generale

nell’intervallo [3000,12500] mm con doppia gaussiana e doppia esponenziale.

Per l’analisi del dNCH/dη sono state selezionate le tracce con ZImpact compreso

nell’intervallo in cui l’area interessata dalla doppia gaussiana costituisce il 96% del

totale. La frazione di tracce primarie e stata calcolata per ogni sotto-intervallo in η

in funzione del valore di ZImpact. In questo modo e stato possibile pesare le tracce

secondo la probabilita di essere primarie, in base al loro valore di η e di ZImpact.

Per determinare il dNCH/dη nell’intervallo 5.3 < |η| < 6.5 e stata usata l’equa-

zione seguente [19]:

4.3 Risultati 55

in cui compaiono diversi fattori di correzione: η0 e il valore del centro del bin; ∆η =

0.05 e la larghezza del bin; S e il numero di tracce che soddisfano i criteri di selezione

comprese in η0−∆η/2 < η < η0 + ∆η/2; NEv e il numero di eventi del campione;

W e la probabilita che la traccia sia primaria; ε e l’efficienza di traccia (dove m

indica la molteplicita media di pad cluster); Bj e il fattore di correzione definito

“bin migration” associato al j-esimo bin; G e il fattore di correzione per le particelle

primarie che non raggiungono T2; Sp e il fattore di correzione per il contributo dei

secondari all’area della doppia gaussiana; φ/2π e l’accettanza azimutale del quarto;

H e il fattore di correzione che tiene conto dell’esclusione degli eventi con molteplicita

media di pad cluster maggiore di 70; P e il fattore di correzione per il pile-up.

In questa analisi preliminare viene effettuata una stima del dNCH/dη trascurando

alcune correzioni quali il fattore di bin migration, il fattore di pile-up, l’efficienza di

traccia, H, G e Sp. La formula utilizzata per il risultato e la seguente:

dove la larghezza del bin ∆η considerata e pari a 0.1.

4.3 Risultati

I risultati ottenuti in questo studio preliminare sono riportati nei grafici in figura

4.6, per il quarto H0 (sinistra) e il quarto H1 (destra). I valori stimati del dNCH/dη

per il campione di dati (∼ 3) e di MC (∼ 4), risultano essere inferiori alle aspettative

(basate su misure effettuate da altri esperimenti di LHC nello stesso intervallo in η)

di circa il 40%. Variando l’intervallo di fit per la funzione somma di esponenziali e di

gaussiane, da [3000,12500] mm a [5000,13000] mm, il valore del dNCH/dη ottenuto

aumenta gradualmente fino al 9% in piu circa. Tuttavia il background di secondari

viene meglio descritto dalle funzioni provenienti dal fit con intervallo [3000,12500]

mm. Potrebbero esserci diverse interpretazioni di questo risultato, in quanto in

questa analisi sono stati trascurati vari fattori di correzione. Notiamo come il valore

56 4.3 Risultati

ottenuto dallo studio su eventi generati dal MC QGSJET − II sovrastima del

20÷ 30% il valore del dNCH/dη misurato per i dati.

Figura 4.6: dNCH/dη misurato per il campione di dati (nero) e di MC (blu), per i quartiH0 e H1.

Per la misura precedentemente effettuata da T2 nell’intervallo 5.3 < |η| < 6.5, il

contributo al risultato finale dei diversi fattori di correzione (riportato in tabella 4.1)

e stimato al 2÷9% circa, mentre l’efficienza ε con cui sono ricostruite le tracce e stata

valutata intorno all’80%, ovvero il 20% circa delle tracce non viene correttamente

identificato da T2.

Correction factor Contributo

primary track efficiency ε +20%

primary particles not reaching T2 G +4%

non-primary contribution to the double gaussian peak Sp −9%

events with high secondary multiplicity H +2%

pile-up P −3%

Tabella 4.1: Contributo percentuale dei fattori di correzione alla misura del dNCH/dη

effettuata nell’intervallo 5.3 < |η| < 6.5.

Nella tabella 4.1 si puo notare come la correzione piu influente sul risultato finale

e quella relativa all’efficienza di traccia. C’e da considerare che per la precedente

4.3 Risultati 57

analisi il tracciatore T2 ha operato nell’intervallo di pseudorapidita per cui e stato

progettato, tracciando particelle cariche provenienti dal punto di collisione posto a

14 m circa dal rivelatore. In questo caso le particelle raggiungono T2 ad angoli

di 3-10 mrad circa e l’algoritmo di ricostruzione di traccia e stato ottimizzato per

identificare tracce di questo genere. La particolare situazione in cui ha operato T2

nell’acquisire dati di collisioni avvenute a pochi metri dal rivelatore, non assicura

un’alta efficienza per la ricostruzione di traccia. Questo perche le particelle generate

a 11.25 m dall’IP raggiungono T2 (situato tra 13.8 m e 14.2 m dall’IP) con angoli di

15-50 mrad circa e l’algoritmo di ricostruzione non sempre riesce a individuarne le

tracce. L’algoritmo di ricostruzione di traccia, che generalmente perde il 20% circa

di tracce lavorando in condizioni normali, potrebbe aver perso piu del 40% delle

tracce lavorando nelle condizioni particolari per cui non era stato ottimizzato.

Per ricavare il fattore di correzione dell’efficenza di traccia ε(η0,m) in funzione

di η0 e della molteplicita media di pad-cluster m (definito come la probabilita di

ricostuire con successo una traccia primaria che attraversa il rivelatore) occorre uno

studio approfondito sul campione da MC. Questo studio sull’efficienza non e stato

ancora effettuato, tuttavia e possibile stimare un fattore altrettanto interessante: il

rapporto tra il dNCH/dη calcolato con le tracce degli eventi da MC ricostruite da

T2 e il dNCH/dη calcolato con tutte le tracce prodotte dal generatore di eventi da

MC nell’intervallo η di interesse.

In figura 4.7 (a sinistra) si nota che il valore del dNCH/dη, calcolato tenendo

conto di tutte le particelle generate dall’evento nell’intervallo η di interesse, varia

da 5.3 a 4.8 circa. Nel caso in cui venga trascurato il limite posto sulla molteplicita

media di pad cluster, il valore ottenuto varia da 5.8 a 5.3 circa. Il rapporto tra il

dNCH/dη della simulazione e del generatore (Fig. 4.7, destra) indica la frazione di

tracce prodotte nell’evento che sono state individuate da T2 e rappresenta una stima

del fattore di correzione ε. Il valore del rapporto varia tra 0.65 e 0.75 per i sotto-

intervalli in η dei quarti H0 e H1. Rimuovendo il taglio sulla molteplicita media di

pad cluster la stima dell’efficienza ricavata e sempre dell’ordine del 60÷ 70%.

58 4.4 Verso la misura finale

Figura 4.7: Sinistra: dNCH/dη misurato sul numero di particelle prodotte dal generatoreQGSJET − II nell’intervallo η di interesse (H0 rosso, H1 blu). Destra: rapporto deldNCH/dη ricavato dal campione MC su dNCH/dη ricavato dal generatore.

4.4 Verso la misura finale

In figura 4.8 sono mostrati i risultati di questo studio preliminare: in nero e riportato

il valore del dNCH/dη misurato sul campione di dati, mentre in rosso e riportato il

valore ricavato tenendo conto del fattore di correzione sull’efficienza del 60 ÷ 70%

precedentemente ricavato. Per i dati si trova un valore di circa 3 per la densita

di particelle per unita di pseudorapidita, mentre, apportando la correzione stimata

per l’efficienza, il valore sale a 4. Il valore ottenuto in questo studio preliminare e

tuttavia ancora basso rispetto al valore atteso dal confronto con gli altri esperimenti

(circa 5÷ 6). L’analisi procedera studiando gli altri fattori di correzione, misurando

in particolare nel dettaglio l’efficienza di traccia (come fatto nella precendente ana-

lisi). Inoltre verra valutata la sistematica delle correzioni apportate.

4.4 Verso la misura finale 59

Figura 4.8: Valore del dNCH/dη misurato sui dati (nero) e del dNCH/dη con la

correzione in efficienza (rosso), per i quarti H0 e H1.

Conclusioni

In questo lavoro di tesi e stata riportata l’attivita di ricerca che il candidato ha

svolto nell’ambito dell’esperimento TOTEM al Large Hadron Collider del CERN.

Nella prima parte della tesi e stato descritto il complesso dei rivelatori e gli

aspetti salienti del programma di fisica dell’esperimento TOTEM, mentre nella

seconda parte e stato descritto il contributo del candidato agli studi sulle correzioni

di allineamento per il tracciatore T2 e all’analisi preliminare del dNCH/dη, effettuata

con questo rivelatore sui dati con vertice spostato.

Nel capitolo 1 e stata data una descrizione dei 3 rivelatori (RP, T1 e T2)

costituenti l’esperimento TOTEM, ponendo l’accento sul tracciatore T2 su cui si

e incentrato il lavoro del candidato.

Nel capitolo 2 sono stati descritti gli obiettivi perseguiti dall’esperimento TOTEM:

la misura della sezione d’urto totale protone-protone con precisione dell’1÷ 2 %, lo

studio dei processi elastici e inelastici e lo studio dei processi diffrattivi in collaborazione

con CMS.

Nel capitolo 3 e stato esposto il lavoro svolto dal candidato per ottenere i corretti

parametri di disallineamento globale dei quattro quarti del tracciatore T2.

Nel capitolo 4 e stato descritto lo studio preliminare effettuato per ricavare una

prima stima del dNCH/dη nell’intervallo 3.8 < |η| < 4.6.

61

Ringraziamenti

Tutto questo lavoro non e soltanto farina del mio sacco, ci sono persone da ringraziare,

senza il cui contributo ben poco sarebbe stato fatto.

La mia esperienza al CERN non sarebbe iniziata senza il suo invito a partecipare,

professore, relatore e anche un po’ amico, per la sua supervisione e le sue dritte un

grande ringraziamento va a.. Giuseppe Latino!

I risultati raggiunti sarebbero molto magri senza la sua guida costante e i suoi

utilissimi suggerimenti, grazie mille allo straordinario.. Mirko Berretti!

Il gruppo dell’esperimento TOTEM mi ha accolto e mi ha dato la possibilita di

lavorare in un ambiente stimolante, per questo vanno ringraziati tutti, in particolare..

il Prof. Angelo Scribano, il Dott. Stefano Lami, e il Dott. Nicola Turini!

L’estate trascorsa a Ginevra non e stata solo studio, ma anche divertimento, barbecue,

risate, e tanto altro, grazie a.. Eraldo, Josef e Andrea!

Senza di lei non sarei certamente sopravvissuto allo stress universitario, per tutto

l’affetto e la pazienza, un ringraziamento particolare e la dedica di questo lavoro

vanno alla mia.. Ester ♥

63

Bibliografia

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