Unità 2 L’arte della novella - Loescher · 2009-02-12 · L’arte della novella. ... era...

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Esercizi di comprensione di lettura Erodoto L’anello di Policrate Dal Novellino Il giullare di Ezzelino Giovanni Boccaccio Andreuccio da Perugia Franco Sacchetti Lapaccio e il morto Unità 2 L’arte della novella

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Esercizi di comprensione di lettura

Erodoto L’anello di PolicrateDal Novellino Il giullare di EzzelinoGiovanni Boccaccio Andreuccio da PerugiaFranco Sacchetti Lapaccio e il morto

Unità 2L’arte della novella

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. ERODOTO

L’anello di Policrate

Le Storie di Erodoto, nato ad Alicarnasso nel 485 a. C. circa, narrano in nove libri la conqui-sta dell’Asia da parte dei Medi e poi dei Persiani e le successive guerre da questi intraprese controi Greci fino alla definitiva vittoria ateniese del 478. La storia dell’anello di Policrate è una delle tan-te novelle inserite nella sua trattazione storiografica, una novella a tesi nella quale l’autore si pro-pone di dimostrare, con un esempio narrativo, una sua convinzione che vale anche, in termini piùampi, sul piano storiografico: nei destini dei popoli e dei singoli individui opera una giustizia divinache agisce nei momenti di ascesa e di declino. Tutti gli uomini e tutte le nazioni sono sottomessi aquesta forza: nessuno dunque può mai esaltarsi pienamente per quanto possiede, perché ogni benee ogni potere sono soggetti alla mutevolezza della sorte.

Mentre Cambise1 faceva la spedizione contro l’Egitto i Lacedemoni2 fecerouna spedizione contro Samo, e precisamente contro Policrate figlio di Eace, chein seguito ad una rivolta s’era impadronito di Samo. Dapprima divisa la città intre parti, la governò insieme ai fratelli Pantagnoto e Silosonte; ma più tardi aven-done ucciso uno e avendo esiliato il più giovane, Silosonte, dominava tutta Samo,e mentre era signore dell’isola strinse legami di ospitalità con Amasi re d’Egit-to, mandandogli doni e ricevendone altri da lui. In poco tempo la potenza diPolicrate crebbe ed era famosa per la Ionia3 e nel resto dell’Ellade4: ovunque sidirigesse per guerreggiare tutto gli riusciva felicemente. Si procurò 100 pente-conteri5 e 1000 arcieri. Depredava e rapinava tutti senza far distinzione per nes-suno; diceva infatti che all’amico si fa cosa più gradita restituendo quel che glisi è preso piuttosto che non prendendo affatto. Conquistò numerose isole eanche molte città del continente. Fra l’altro catturò dopo averli vinti in batta-glia navale anche i Lesbi6, accorsi con tutte le loro forze in aiuto dei Milesi7, edessi come prigionieri scavarono tutto il fossato attorno alle mura di Samo.

La grande fortuna di Policrate non rimase celata ad Amasi, ma ciò era per luioggetto di preoccupazione. E, aumentando ancora molto di più la sua buonafortuna, scritte in una lettera queste parole Amasi la inviò a Samo: «Amasi dicequesto a Policrate; certo è gradevole sapere che un uomo amico e ospite si tro-va in buone condizioni; a me però le tue grandi fortune non piacciono, perchéso che la divinità è invidiosa. Io certo desidero che io stesso e quelli di cui mido pensiero in alcune delle loro cose abbiano fortuna, in altre abbiano difficol-tà, e così trascorrano la vita con sorti alterne piuttosto che essere in tutto for-tunati. Di nessuno infatti ho ancora sentito parlare che, essendo in tutto fortu-nato, da ultimo non sia finito abbattuto fin dalle fondamenta. Tu dunque dammiretta e fa’ questo, contro la buona sorte: dopo aver ben riflettuto getta quellache tu trovi essere per te la cosa di maggior valore e per la cui perdita più tiaffliggeresti l’animo, in modo che non ricompaia più dinanzi agli occhi degliuomini. Se poi dopo di questo le tue fortune non si alternassero con le sventu-re, ponivi ancora rimedio nel modo che t’ho suggerito».

Policrate, letto ciò e comprendendo che Amasi lo consigliava bene, si chiese

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Volume 1, Unità 2

1. Cambise: re di Persia (599-522 a. C.), figlio e successore diCiro il Grande.2. Lacedemoni: Spartani.3. Ionia: antica regione costiera dell’Asia Minore.4. Ellade: Grecia.

5. penteconteri: grosse navi da guerra mosse da 50 remi dispo-sti in un solo ordine.6. Lesbi: abitanti dell’isola greca di Lesbo, nell’Egeo.7. Milesi: abitanti di Mileto, antica città della Caria, in Anatolia,regione della Turchia.

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Verifiche�Volume 1, Unità 1

per la perdita di quale dei suoi gioielli si sarebbe maggiormente addolorato, e riflet-tendo trovò questo: egli era solito portare un anello col sigillo8, legato in oro, fat-to di uno smeraldo; era opera di Teodoro figlio di Telecle, di Samo. Poiché dun-que decise di buttar via questo, fece così: fornita di equipaggio una penteconterevi si imbarcò, e poi ordinò di salpare verso l’alto mare. Quando fu distante dall’iso-la, toltosi l’anello sotto gli occhi di tutti i compagni di viaggio, lo gettò in mare.Fatto ciò tornò indietro e, giunto a casa, si sentì molto addolorato.

Ma al quinto o sesto giorno dopo questi avvenimenti capitò che a Policrateavvenisse il fatto seguente: un pescatore, avendo preso un pesce grande e bel-lo, volle darglielo in dono. Portandolo alla reggia disse di voler essere condottoalla presenza di Policrate, ed essendogli stato concesso ciò, offrendogli il pescedisse: «O re, io dopo averlo preso non ritenni conveniente portarlo al mercato,sebbene io viva del lavoro delle mie mani, ma mi sembrava che fosse degno dite e della tua potenza; così te l’ho portato e te lo dono». Quello compiaciuto diqueste parole rispose così: «Hai fatto assai bene e doppia è la mia riconoscen-za, per le parole e per il dono, e ti invito a pranzo». Il pescatore tutto orgoglio-so di ciò se ne andò a casa, e frattanto i servi tagliando il pesce trovarono chedentro al suo ventre c’era l’anello di Policrate. Non appena lo ebbero visto e pre-so, lo portarono lieti a Policrate, e consegnandogli l’anello narrarono in qualmodo era stato trovato. Ed egli, poiché gli venne in mente l’idea che il fatto fos-se d’origine divina, scrisse in una lettera tutto quel che aveva fatto e ciò che gliera capitato, e scrittala la inviò in Egitto.

Amasi, letta la lettera giunta da parte di Policrate, comprese che impossibi-le è per un uomo sottrarre un altro uomo al futuro che gli è riservato e che Poli-crate, il quale era in tutto fortunato e ritrovava perfino quel che gettava via, nonavrebbe avuto una buona fine. Allora, mandatogli a Samo un araldo9, dichiaròche rompeva il trattato di ospitalità; fece ciò, perché, piombando su Policrateuna sciagura grande e tremenda, egli non dovesse rattristarsi l’animo, come neiriguardi di un suo ospite.

(Erodoto, Storie, libro III, trad. di A. Izzo D’Accinni, Milano, Rizzoli, 1984)

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Volume 1, Unità 2

8. sigillo: superficie su cui sono incisi lettere, cifre, stemmi, oaltri segni che si imprimono su cera o ceralacca.

9. araldo: messaggero.

1 Ricostruisci la struttura della storia di Policrate secondo il seguente schema.a. Situazione di partenza:

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b. Svolgimento:

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c. Rottura dell’equilibrio:

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d. Conclusione:

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Esercizi

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Volume 1, Unità 22 Chi è Policrate? Chi è Amasi?

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3 A quale ceto appartengono? Vi sono nel racconto anche personaggi di basso livello sociale?

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4 In quale luogo è ambientata la vicenda? Ti sembra che la dimensione spaziale sia caratterizzata in sensorealistico?

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5 In quale tempo si svolge la vicenda?

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6 Vi sono riferimenti temporali precisi?

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7 Quale ti sembra essere il messaggio contenuto nel testo?

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8 Ti pare una conclusione di validità universale?

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9 Vi sono nel racconto punti di suspense o effetti sorpresa?

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10 Il narratore di I grado è:

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11 È presente un narratore di II grado? Da chi è rappresentato?

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. DAL NOVELLINO

Il giullare di Ezzelino (Novella XXXI)

Il Novellino è una raccolta anonima di novelle di ambito toscano, risalenti all’ultimo ventennio

del Duecento. L’opera si compone di cento brevi novelle: la maggior parte di esse non è originale,ma rimanda a fonti antiche latine o medievali e, in particolar modo, alla tradizione provenzale. NelNovellino trova spazio un grande patrimonio narrativo: storie mitiche, incontri nobiliari, vicendeamorose più o meno fortunate costituiscono gli argomenti, trattati con diversi registri stilistici, dal-l’exemplum morale a quello profano, dal motto arguto alla beffa. Tratto essenziale è la brevità del-le storie, non dovuta a povertà fantastica ma alla tipologia stessa del racconto, la cui efficacia con-siste appunto nella rapidità dell’azione, nell’uso mordace della parola, nella freschezza e nella vivacitàdel dialogo.

Qui conta1 d’uno novellatore ch’avea messere Azzolino.

Messere Azzolino di Romano avea un suo novellatore, il quale facea favola-re2 quand’erano le notti grandi di verno3. Una notte avenne che ’l favolatore aveagrande talento4 di dormire: e Azzolino il pregava che favolasse. El favolatoreincominciò a dire una favola d’uno villano5 che avea suoi cento bisanti6, il qua-le andò a uno mercato a comperare berbici7, ed ebbene8 due per bisante. Tor-nando con le sue pecore, un fiume ch’avea passato era molto cresciuto per unagrande pioggia che venuta era. Stando alla riva, vide un pescatore povero conun suo burchiello9 a dismisura piccolino, sì che non vi capea10 se non il villanoe una pecora per volta. Allora il villano cominciò a passare con una berbìce ecomincio a vogare: lo fiume era largo. Voca, e passa. E lo favolatore restò11 difavolare. E Azzolino disse: «Va oltre». E lo favolatore rispose: «Lasciate passa-re le pecore, poi conterò il fatto». Che le pecore non sarebero passate in unoanno, sì che intanto puoté bene ad agio dormire.

(Novellino, in La prosa del Duecento, a cura di C. Segre e M. Marti, Milano-Napoli, Ricciardi, 1959)

Volume 1, Unità 2

1. conta: si racconta.2. favolare: raccontare favole.3. verno: inverno.4. talento: desiderio.5. villano: contadino.6. bisanti: monete d’oro.

7. berbici: montoni.8. ebbene: ne ebbe.9. burchiello: piccola barca a remi.10. capea: conteneva.11. restò: cessò.

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Volume 1, Unità 2

1 Che tipo di ambiente viene presentato nella novella?

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2 Chi sono i personaggi? A quale ceto appartengono?

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3 Che ruolo ha il giullare? Quali sono le sue competenze?

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4 Che significato ha il motto di spirito che consente al giullare di interrompere la narrazione?

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5 L’anonimo autore non dice come finisce l’episodio: secondo te, Ezzelino ha riso o no alla battuta del suosubalterno?

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. GIOVANNI BOCCACCIO

Andreuccio da Perugia

La novella di Andreuccio da Perugia, una delle più vivaci del Decameron di Giovanni Boccaccio

(1313-1375) per la ricchezza delle peripezie e per la particolare ambientazione napoletana, si pre-senta quasi come un “romanzo in miniatura”. Attraverso le vicende, affrontate nell’arco temporaledi un’unica notte, il protagonista compie un itinerario di maturazione individuale, apprendendo nelcontempo il “codice di mercatura”, ossia le norme che regolano i commerci e gli scambi. L’ingenuoAndreuccio, partito da Perugia del tutto inesperto delle leggi di questo mondo, uscirà dalle disav-venture della notte del tutto mutato, esperto della vita e capace di sfruttare a suo vantaggio, anchein senso economico, le occasioni che gli sono capitate.

Andreuccio da Perugia, venuto a Napoli a comperar cavalli, in una not-

te da tre gravi accidenti soprappreso1, da tutti scampato, con un rubino

si torna a casa sua.

Le pietre da Landolfo trovate – cominciò la Fiammetta, alla quale del novel-lare la volta toccava2 – m’hanno alla memoria tornata3 una novella non guari4

meno di pericoli in sé contenente che la5 narrata dalla Lauretta, ma in tanto dif-ferente da essa, in quanto quegli forse in più anni e questi nello spazio d’unasola notte addivennero6, come udirete.

Fu, secondo che io già intesi, in Perugia un giovane il cui nome era Andreuc-cio di Pietro, cozzone7 di cavalli, il quale, avendo inteso che a Napoli era buonmercato di cavalli, messisi in borsa cinquecento fiorin d’oro, non essendo maipiù fuori di casa stato8, con altri mercatanti là se n’andò, dove giunto una dome-nica sera in sul vespro, dall’oste suo informato, la seguente mattina fu in sulmercato, e molti ne vide ed assai ne gli piacquero e di più e più mercato tenne;né di niuno9 potendosi accordare, per mostrare che per comperar fosse, sì comerozzo e poco cauto, più volte in presenza di chi andava e di chi veniva trassefuori questa sua borsa de’ fiorini che aveva. Ed in questi trattati10 stando, aven-do esso la sua borsa mostrata, avvenne che una giovane ciciliana11 bellissima,ma disposta per piccol pregio12 a compiacere a qualunque uomo, senza veder-la egli13, passò appresso di lui e la sua borsa vide, e subito seco14 disse: “Chi sta-rebbe meglio di me se quegli denari fosser miei?” e passò oltre. Era con questagiovane una vecchia similmente ciciliana, la quale, come vide Andreuccio, lascia-ta oltre la giovane andare, affettuosamente corse ad abbracciarlo; il che la gio-vane veggendo15, senza dire alcuna cosa, da una delle parti16 la cominciò adattendere. Andreuccio, alla vecchia rivòltosi e conosciutala17, le fece gran festa,e promettendogli essa di venire a lui all’albergo, senza quivi18 tenere troppo lun-go sermone19 si partì, e Andreuccio si tornò a mercatare; ma niente comperò la

Volume 1, Unità 2

1. soprappreso: sorpreso.2. del novellare la volta toccava: toccava narrare.3. tornata: richiamata.4. guari: molto.5. la: quella.6. addivennero: capitarono.7. cozzone: mediatore.8. non essendo... di casa stato: non essendo mai andato fuoridalla sua città.9. niuno: nessuno.

10. trattati: trattative.11. ciciliana: siciliana.12. pregio: prezzo.13. senza vederla egli: senza che egli la vedesse.14. seco: tra sé e sé.15. veggendo: vedendo.16. da una delle parti: in disparte.17. conosciutala: riconosciutala.18. quivi: qui.19. sermone: discorso.

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mattina. La giovane, che prima la borsa d’Andreuccio e poi la contezza20 dellasua vecchia con lui aveva veduta, per tentare se modo alcuno trovar potesse adovere avere quegli denari, o tutti o parte, cautamente incominciò a domanda-re chi colui fosse e donde21, e che quivi facesse e come il conoscesse. La qualeogni cosa così particularmente de’ fatti d’Andreuccio le disse come avrebbe perpoco detto egli stesso, sì come colei che lungamente in Cicilia col padre di lui epoi a Perugia dimorata era22, e similmente le contò dove tornasse23 e perchévenuto fosse. La giovane, pienamente informata e del parentado di lui e de’ nomi,al suo appetito fornire24 con una sottil malizia, sopra questo fondò la sua inten-zione25; ed a casa tornatasi, mise la vecchia in faccenda26 per tutto il giorno,acciò che27 ad Andreuccio non potesse tornare; e presa una sua fanticella28 laquale essa assai bene a così fatti servigi aveva ammaestrata, in sul vespro lamandò all’albergo dove Andreuccio tornava. La qual quivi venuta, per venturalui medesimo, e solo, trovò in su la porta, e di lui stesso il domandò; alla qualedicendole egli che era desso29, essa, tiratolo da parte, disse: «Messere, una gen-til donna di questa terra30, quando vi piacesse, vi parleria31 volentieri». Il quale,udendola, tutto postosi mente32 e parendogli essere un bel fante della perso-na33, s’avvisò34, questa cotal donna dover di lui essere innamorata, quasi35 altrobel giovane che egli non si trovasse allora in Napoli, e prestamente rispose cheera apparecchiato36, e domandolla37 dove e quando questa donna parlargli voles-se. A cui la fanticella rispose: «Messere, quando di venir vi piaccia, ella v’atten-de in casa sua». Andreuccio presto38 senza alcuna cosa dir nell’albergo, disse:«Or via, mettiti avanti; io ti verrò appresso». Laonde39 la fanticella a casa di costeiil condusse, la quale dimorava in una contrada chiamata Malpertugio, la qualequanto sia onesta contrada, il nome medesimo il dimostra. Ma esso, niente diciò sappiendo né suspicando40, credendosi in un onestissimo luogo andare e aduna cara41 donna, liberamente, andata la fanticella avanti, se n’entrò nella suacasa; e salendo su per le scale, avendo la fanticella già la sua donna chiamata edetto: «Ecco Andreuccio!», la vide in capo della scala farsi ad aspettarlo. Ellaera ancora assai giovane, di persona grande42 e con bellissimo viso, vestita edornata assai orrevolmente43. Alla quale come Andreuccio fu presso44, essa incòn-trogli45 da tre gradi46 discese con le braccia aperte, ed avvinghiatogli il collo,alquanto stette senza alcuna cosa dire, quasi da soperchia47 tenerezza impedi-ta; poi lagrimando gli basciò48 la fronte, e con voce alquanto rotta disse: «OAndreuccio mio, tu sii il benvenuto!» Esso, maravigliandosi di così tenere carez-ze, tutto stupefatto rispose: «Madonna, voi siate la ben trovata!» Ella appresso,

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20. contezza: familiarità.21. donde: da dove (venisse).22. dimorata era: aveva vissuto.23. tornasse: albergasse.24. al suo appetito fornire: per soddisfare il suo desiderio.25. intenzione: piano.26. mise... in faccenda: affidò degli incarichi alla vecchia.27. acciò che: affinché.28. fanticella: servetta.29. desso: proprio quello, in persona.30. terra: città.31. parleria: parlerebbe.32. tutto postosi mente: riguardandosi da capo a piedi.33. un bel ... persona: un bel giovanotto.34. s’avvisò: pensò.

35. quasi: come se.36. apparecchiato: pronto.37. domandolla: le domandò.38. presto: subito.39. Laonde: quindi.40. suspicando: sospettando.41. cara: onesta.42. di persona grande: di alta statura.43. orrevolmente: decorosamente.44. presso: vicino.45. incòntrogli: incontro a lui.46. gradi: gradini.47. soperchia: eccessiva, esagerata.48. basciò: baciò.

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. per la man presolo, suso nella sua sala il menò49, e di50 quella, senza alcuna altracosa parlare, con lui nella sua camera se n’entrò, la quale di rose, di fiori d’aran-ci e d’altri odori tutta oliva51, là dove egli un bellissimo letto incortinato52 e mol-te robe su per le stanghe, secondo il costume di là, ed altri assai belli e ricchiarnesi vide; per le quali cose, sì come nuovo53, fermamente credette lei dovereessere non men che gran donna. E postisi a sedere insieme sopra una cassa chea piè del suo letto era, così gli cominciò a parlare: «Andreuccio, io sono moltocerta che tu ti maravigli e delle carezze le quali io ti fo e delle mie lagrime, sìcome colui che non mi conosci e per avventura mai ricordar54 non m’udisti: matu udirai tosto cosa la quale più ti farà forse maravigliare, sì come è che io siatua sorella; e dicoti che, poi che Iddio m’ha fatta tanta grazia che io anzi la55 miamorte ho veduto alcuno de’ miei fratelli, come che56 io disideri di vedervi tutti,io non morrò a quella ora che io consolata non muoia57. E se tu forse questo maipiù non udisti, io tel vo’ dire. Pietro, mio padre e tuo, come io credo che tu abbipotuto sapere, dimorò lungamente in Palermo, e per la sua bontà e piacevolez-za vi fu ed è ancora da quegli che il conobbero amato assai; ma tra gli altri chemolto l’amarono, mia madre, che gentil donna fu ed allora era vedova, fu quel-la che più l’amò, tanto che posta giù la paura del padre e de’ fratelli ed il suoonore, in tal guisa58 con lui si dimesticò59, che io ne nacqui, e sonne60 qual tu mivedi. Poi, sopravvenuta cagione61 a Pietro di partirsi di Palermo e tornare inPerugia, me con la mia madre piccola fanciulla lasciò, né mai, per quello che iosentissi, più né di me né di lei si ricordò: di che io, se mio padre stato non fos-se, forte il riprenderei62, avendo riguardo alla ‘ngratitudine di lui verso mia madremostrata, lasciamo stare all’amore che a me come a sua figliuola non nata d’unafante63 né di vil femina64 dovea portare; la quale65 le sue cose e sé parimente,senza sapere altrimenti chi egli si fosse, da fedelissimo amor mossa rimise nel-le sue mani. Ma che è? Le cose mal fatte e di gran tempo passate sono troppopiù agevoli a riprendere che ad emendare66; la cosa andò pur così. Egli mi lasciòpiccola fanciulla in Palermo, dove, cresciuta quasi come io mi sono, mia madre,che ricca donna era, mi diede per moglie ad un da Gergenti67, gentile uomo e dabene, il quale per amor di mia madre e di me tornò a stare in Palermo; e quivi,come colui che è molto guelfo68, cominciò ad avere alcuno trattato69 col nostrore Carlo70. Il quale sentito dal re Federigo71 prima che dare gli si potesse effet-to, fu cagione di farci fuggire di Cicilia, quando io aspettava essere la maggiorcavalleressa72 che mai in quella isola fosse; donde, prese quelle poche cose cheprender potemmo (poche dico, per rispetto alle molte le quali avavamo), lascia-te le terre e li palazzi, in questa terra ne rifuggimmo, dove il re Carlo verso dinoi trovammo sì grato che, ristoratici73 in parte li danni li quali per lui ricevuti

Volume 1, Unità 2

49. il menò: lo portò.50. di: da.51. oliva: odorava.52. incortinato: col baldacchino.53. nuovo: ingenuo, ignaro.54. ricordar: parlare di me.55. anzi la: prima della.56. come che: benché.57. io non morrò... non muoia: quando morirò, morirò conso-lata.58. in tal guisa: in modo tale.59. si dimesticò: si comportò.60. sonne: ne sono.

61. cagione: ragione.62. riprenderei: biasimerei.63. fante: serva.64. vil femina: donna umile.65. la quale: la madre.66. emendare: correggere.67. Gergenti: Agrigento.68. guelfo: sostenitore del Papa.69. trattato: patto.70. re Carlo: Carlo II d’Angiò, re di Napoli dal 1285 al 1309.71. re Federigo: Federico II d’Aragona, re di Sicilia (1296-1337).72. cavalleressa: moglie di cavaliere.73. ristoratici: dopo averci risarcito.

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avavamo, e possessioni e case ci ha date, e dà continuamente al mio marito, etuo cognato che è, buona provvisione74, sì come tu potrai ancor vedere: ed inquesta maniera son qui, dove io, la buona mercé75 di Dio e non tua, fratel miodolce, ti veggio». E così detto, da capo il rabbracciò, ed ancora teneramentelagrimando gli basciò la fronte. Andreuccio, udendo questa favola così ordina-tamente e così compostamente76 detta da costei, alla quale in niuno77 atto mori-va la parola tra’ denti né balbettava la lingua, e ricordandosi esser vero che ilpadre era stato in Palermo, e per se medesimo de’ giovani conoscendo i costu-mi78, che volentieri amano nella giovanezza, e veggendo le tenere lagrime, gliabbracciari e gli onesti basci, ebbe ciò che ella diceva più che per vero79. Eposcia80 che ella tacque, le rispose: «Madonna, egli non vi dée parer gran cosa81

se io mi maraviglio; per ciò che nel vero82, o che mio padre, per che egli sel faces-se, di vostra madre e di voi non ragionasse83 già mai, o che, se egli ne ragionò,a mia notizia venuto non sia, io per me niuna conoscenza aveva di voi se noncome se non foste84; ed èmmi85 tanto più caro l’avervi qui mia sorella trovata,quanto io ci sono più solo e meno questo sperava86. E nel vero, io non conoscouomo di sì alto affare al quale voi non doveste esser cara, non che a me che unpiccolo mercatante sono. Ma d’una cosa vi priego mi facciate chiaro: come sape-ste voi che io qui fossi?» Al quale ella rispose: «Questa mattina mel fe’ sapereuna povera femina la qual molto meco si ritiene87, per ciò che88 con nostro padre,per quello che ella mi dica89, lungamente ed in Palermo ed in Perugia stette: ese non fosse che più onesta cosa mi parea che tu a me venissi in casa tua cheio a te nell’altrui, egli ha gran pezza che io a te venuta sarei90». Appresso que-ste parole, ella cominciò distintamente a domandare di tutti i suoi parenti nomi-natamente91; alla quale di tutti Andreuccio rispose, per questo ancora più cre-dendo quello che meno di creder gli bisognava.

Essendo stati i ragionamenti lunghi ed il caldo grande, ella fece venire gre-co e confetti92, e fe’ dar bere ad Andreuccio; il quale, dopo questo, partir volen-dosi, per ciò che ora di cena era, in niuna guisa il sostenne93, ma sembianti fat-to di forte turbarsi94, abbracciandol disse: «Ahi lassa95 me! ché assai chiaroconosco come io ti sia poco cara. Che è a pensare che96 tu sii con una tua sorel-la mai più da te non veduta, ed in casa sua, dove, qui venendo, smontato esserdovresti; e vogli di quella uscire per andare a cenare all’albergo? Di vero tu cene-rai con essomeco97: e perché98 mio marito non ci sia, di che forte mi grava, io tisaprò bene, secondo donna99, fare un poco d’onore». Alla quale Andreuccio, nonsappiendo altro che rispondersi, disse: «Io v’ho cara quanto sorella si dée ave-re, ma se io non ne vado, io sarò tutta sera aspettato a cena e farò villania». Edella allora disse: «Lodato sia Iddio, se io non ho in casa per cui mandare a dire

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74. provvisione: stipendio.75. la buona mercé: grazie alla volontà.76. compostamente: abilmente.77. niuno: nessuno.78. costumi: comportamenti.79. ebbe ciò... vero: credette fermamente a ciò che lei diceva.80. poscia: dopo.81. non vi... cosa: non vi dovete stupire.82. per ciò... vero: perché in verità.83. ragionasse: parlasse.84. foste: esisteste.85. èmmi: mi è.86. sperava: mi aspettavo.

87. molto meco si ritiene: passa molto tempo con me.88. per ciò che: poiché.89. per quello che... dica: secondo quello che lei mi dice.90. egli... sarei: sarei già venuta da te da molto tempo.91. nominatamente: facendo i nomi.92. greco e confetti: vino bianco di Grecia e dolciumi.93. il sostenne: lo permise.94. sembianti... turbarsi: fingendo di arrabbiarsi.95. lassa: povera.96. Che è a pensare che: come è possibile che.97. essomeco: me.98. perché: benché.99. secondo donna: come può fare una donna.

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. che tu non sii aspettato100! Benché tu faresti assai maggior cortesia, e tuo dove-re, mandare a dire a’ tuoi compagni che qui venissero a cenare, e poi, se pureandare te ne volessi, ve ne potreste tutti andar di brigata101». Andreuccio rispo-se che de’ suoi compagni non volea quella sera, ma poi che pure a grado l’era,di lui facesse il piacer suo. Ella allora fe’ vista102 di mandare a dire all’albergoche egli non fosse atteso a cena; e poi, dopo molti altri ragionamenti103, postisia cena e splendidamente di più vivande serviti, astutamente quella menò perlungo infino alla notte oscura: ed essendo da tavola levati, ed Andreuccio par-tir volendosi, ella disse che ciò in niuna guisa sofferrebbe104, per ciò che Napo-li non era terra da andarvi per entro di notte, e massimamente un forestiere105,e che, come che egli a cena non fosse atteso aveva mandato a dire, così avevadell’albergo fatto il simigliante106. Egli, questo credendo, e dilettandogli107, dafalsa credenza ingannato, d’esser con costei, stette. Furono adunque dopo cenai ragionamenti molti e lunghi, non senza cagione, tenuti; ed essendo della not-te una parte passata, ella, lasciato Andreuccio a dormire nella sua camera conun piccol fanciullo che gli mostrasse se egli volesse nulla, con le sue femine inun’altra camera se n’andò. Era il caldo grande; per la qual cosa Andreuccio, veg-gendosi solo rimaso, subitamente si spogliò in farsetto108 e trassesi i panni digamba ed al capo del letto gli si pose; e richiedendo il naturale uso di doverediporre il superfluo peso del ventre, dove ciò si facesse domandò quel fanciul-lo, il quale nell’un de’ canti della camera gli mostrò uno uscio, e disse: «Andatelà entro». Andreuccio, dentro sicuramente passato, gli venne per ventura109

posto il piè sopra una tavola la quale, dalla contrapposta parte sconfitta110 daltravicello sopra il quale era, per la qual cosa capolevando111 questa tavola, conlui insieme se n’andò quindi giuso112: e di tanto l’amò Iddio, che niuno male sifece nella caduta, quantunque alquanto cadesse da alto; ma tutto della bruttu-ra della quale il luogo era pieno s’imbrattò. Il quale luogo, acciò che meglio inten-diate e quello che è detto e ciò che segue, come stesse vi mostrerò. Egli era inun chiassetto113 stretto, come spesso tra due case veggiamo: sopra due travicel-li, tra l’una casa e l’altra posti, alcune tavole eran confitte, ed il luogo da sederposto; delle quali tavole quella che con lui cadde era l’una. Ritrovandosi adun-que là giù nel chiassetto Andreuccio, dolente del caso, cominciò a chiamare ilfanciullo: ma il fanciullo, come sentito l’ebbe cadere, così corse a dirlo alla don-na, la quale, corsa alla sua camera, prestamente114 cercò se i suoi panni v’era-no, e trovati i panni e con essi i denari, li quali esso non fidandosi mattamen-te115 sempre portava addosso, avendo quello a che ella di Palermo, sirocchia116

d’un perugin faccendosi, aveva teso il lacciuolo, più di lui non curandosi, pre-stamente andò a chiuder l’uscio del quale egli era uscito quando cadde. Andreuc-cio, non rispondendogli il fanciullo, cominciò più forte a chiamare, ma ciò eraniente117; per che egli, già sospettando e tardi dello ‘nganno cominciandosi ad

Volume 1, Unità 2

100. per cui... aspettato: qualcuno che possa essere mandatoa dire di non aspettarti.101. di brigata: in compagnia.102. fe’ vista: fece finta.103. ragionamenti: discorsi.104. sofferrebbe: potrebbe permettere.105. forestiere: straniero.106. il simigliante: la stessa cosa.107. dilettandogli: poiché la cosa gli faceva piacere.108. si spogliò in farsetto: si tolse la giacca.

109. per ventura: per caso.110. sconfitta: schiodata.111. capolevando: capovolgendo.112. giuso: giù di lì.113. chiassetto: vicoletto.114. prestamente: immediatamente.115. mattamente: con leggerezza, sventatamente.116. sirocchia: sorella.117. ciò era niente: era inutile.

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accorgere, salito sopra un muretto che quel chiassolino della strada chiudea enella via disceso, all’uscio della casa, il quale egli molto ben riconobbe, se n’an-dò, e quivi invano lungamente chiamò, e molto il dimenò e percosse. Di che eglipiagnendo, come colui che chiara vedea la sua disavventura, cominciò a dire:«Oimè lasso! in come piccol tempo ho io perduti cinquecento fiorini ed una sorel-la!» E dopo molte altre parole, da capo cominciò a battere l’uscio ed a gridare;e tanto fece così, che molti de’ circostanti vicini, desti, non potendo la noia118

sofferire, si levarono, ed una delle servigiali119 della donna, in vista120 tutta son-nacchiosa, fattasi alla finestra, proverbiosamente121 disse: «Chi picchia là giù?»«Oh!» disse Andreuccio, «o non mi conosci tu? Io sono Andreuccio, fratello dimadama Fiordaliso». Al quale ella rispose: «Buono uomo, se tu hai troppo bevu-to, va’ dormi e tornerai domattina; io non so che Andreuccio né che ciance122

son quelle che tu di’: va’ in buona ora e lasciaci dormir, se ti piace». «Come?»disse Andreuccio «non sai che io mi dico? Certo sì sai; ma se pur son così fattii parentadi123 di Cicilia, che in sì piccol termine124 si dimentichino, rendimi alme-no i panni125 miei li quali lasciati v’ho, ed io m’andrò volentier con Dio». Al qua-le ella, quasi ridendo, disse: «Buono uomo, el mi par che tu sogni». Ed il dir que-sto ed il tornarsi dentro e chiuder la finestra fu una cosa. Di che Andreuccio,già certissimo de’ suoi danni, quasi per doglia fu presso a126 convertire in rab-bia la sua grande ira, e per ingiuria127 propose di rivolere quello che per paroleriaver non potea; per che da capo, presa una gran pietra, con troppo maggiorcolpi che prima, fieramente128 cominciò a percuoter la porta. Per la qual cosamolti de’ vicini avanti129 destisi e levatisi, credendo lui essere alcuno spiacevo-le130 il quale queste parole fingesse per noiare131 quella buona femina, recatosia noia il picchiare il quale egli faceva, fattisi alle finestre, non altramenti che adun can forestiere tutti quelli della contrada abbaiano addosso, cominciarono adire: «Questa è una gran villania a venire a questa ora a casa le132 buone femi-ne e dire queste ciance; deh! va’ con Dio, buono uomo; lasciaci dormir, se ti pia-ce: e se tu hai nulla a far con lei, tornerai domane, e non ci dar questa seccag-gine stanotte». Dalle quali parole forse assicurato uno che dentro dalla casa era,ruffiano della buona femina, il quale egli né veduto né sentito avea, si fece allefinestre e con una voce grossa, orribile e fiera disse: «Chi è là giù?» Andreuc-cio, a quella voce levata la testa, vide uno il quale, per quel poco che compren-der poté, mostrava di dovere essere un gran bacalare133, con una barba nera efolta al volto, e come se del letto o da alto sonno si levasse, sbadigliava e stro-picciavasi gli occhi. A cui egli, non senza paura, rispose: «Io sono un fratello del-la donna di là entro». Ma colui non aspettò che Andreuccio finisse la risposta,anzi, più rigido assai che prima, disse: «Io non so a che io mi tengo134 che io nonvenga là giù, e deati tante bastonate quante io ti vegga muovere135, asino fasti-dioso ed ebriaco che tu déi essere, che questa notte non ci lascerai dormire per-

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118. la noia: il disturbo che lui arrecava.119. servigiali: domestiche.120. in vista: apparentemente.121. proverbiosamente: in tono di rimprovero (altri intendonoin tono di scherno).122. ciance: sciocchezze.123. parentadi: parentele.124. termine: tempo.125. panni: vestiti.126. per doglia... presso a: per la disperazione fu sul punto di.127. per ingiuria: con la forza.

128. fieramente: furiosamente.129. avanti: prima.130. spiacevole: scocciatore.131. noiare: infastidire.132. le: delle.133. gran bacalare: persona autorevole, sapiente, detto con iro-nia.134. a che io mi tengo: perché mi trattengo.135. e deati... muovere: e darti tante bastonate finché non timuovi più.

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. sona!136» E tornatosi dentro, serrò la finestra. Alcuni de’ vicini, che meglio cono-scieno la condizion di colui, umilmente137 parlando ad Andreuccio dissero: «PerDio, buono uomo, vatti con Dio; non volere stanotte essere ucciso costì; vatte-ne per lo tuo migliore138». Laonde Andreuccio, spaventato dalla voce di colui edalla vista, e sospinto da’ conforti di coloro, li quali gli pareva che da carità mos-si parlassero, doloroso quanto mai alcuno altro e de’ suoi denari disperato, ver-so quella parte onde il dì aveva la fanticella seguita, senza saper dove s’andas-se, prese la via per tornarsi all’albergo. Ed a se medesimo dispiacendo per lopuzzo che a lui di lui veniva, disideroso di volgersi al mare per lavarsi, si torsea man sinistra139 e su per una via chiamata la Ruga catalana si mise; e verso l’al-to della città andando, per ventura davanti si vide due che verso di lui con unalanterna in mano venieno140, li quali temendo non fosser della famiglia della cor-te141 o altri uomini a mal far disposti, per fuggirgli, in un casolare, il qual si videvicino, pianamente ricoverò142. Ma costoro, quasi come a quello proprio luogoinviati andassero143, in quel medesimo casolare se n’entrarono; e quivi l’un diloro, scaricati certi ferramenti che in collo avea, con l’altro insieme gl’incomin-ciò a guardare, varie cose sopra quegli ragionando. E mentre parlavano, dissel’uno: «Che vuol dir questo? Io sento il maggior puzzo che mai mi paresse sen-tire». E questo detto, alzata alquanto la lanterna, ebber veduto il cattivel144 d’An-dreuccio, e stupefatti domandar: «Chi è là?» Andreuccio taceva; ma essi, avvi-cinatiglisi col lume, il domandarono che quivi così brutto145 facesse; alli qualiAndreuccio ciò che avvenuto gli era narrò interamente. Costoro, imaginandodove ciò gli potesse essere avvenuto, dissero fra sé: «Veramente in casa lo sca-rabone146 Buttafuoco fia147 stato questo». Ed a lui rivolti, disse l’uno: «Buonouomo, come che148 tu abbia perduti i tuoi denari, tu hai molto a lodare Iddio chequel caso ti venne che tu cadesti né potesti poi in casa rientrare; per ciò che,se caduto non fossi, vivi sicuro che, come prima addormentato ti fossi, sarestistato ammazzato e co’ denari avresti la persona perduta. Ma che giova oggimaidi piagnere? Tu ne potresti così riavere un denaio come avere delle stelle delcielo: ucciso ne potrai tu bene essere, se colui sente che tu mai ne facci paro-la». E detto questo, consigliatisi alquanto, gli dissero: «Vedi, a noi è presa com-passion di te, e per ciò, dove tu vogli149 con noi essere a fare alcuna cosa la qua-le a fare andiamo, egli ci pare esser molto certi che in parte ti toccherà il valeredi troppo più che perduto non hai150». Andreuccio, sì come disperato, risposeche era presto151. Era quel dì seppellito uno arcivescovo di Napoli, chiamatomesser Filippo Minutolo152, ed era stato seppellito con ricchissimi ornamenti econ un rubino in dito il quale valeva oltre a cinquecento fiorin d’oro, il qualecostoro volevano andare a spogliare; e così ad Andreuccio fecer veduto153, laon-de154 Andreuccio, più cupido che consigliato155, con loro si mise in via. Ed andan-do verso la chiesa maggiore, ed Andreuccio putendo156 forte, disse l’uno: «Non

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136. ci lascerai dormire persona: lascerai dormire nessuno.137. umilmente: con voce bassa.138. lo tuo migliore: il tuo bene.139. si torse a man sinistra: voltò a sinistra.140. venieno: venivano.141. non fosser... corte: che fossero degli sbirri.142. pianamente ricoverò: cautamente cercò riparo.143. inviati andassero: fossero diretti.144. il cattivel: quel poveraccio.145. brutto: sporco.146. lo scarabone: del capo-camorra.

147. fia: sarà.148. come che: benché.149. dove tu vogli: se vorrai.150. in parte... hai: riceverai dal bottino una somma maggioredi quella che hai perduto.151. presto: pronto.152. Filippo Minutolo: personaggio realmente esistito.153. fecer veduto: fecero capire.154. laonde: per cui.155. più cupido che consigliato: più desideroso che avveduto.156. putendo: puzzando.

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potremmo noi trovar modo che costui si lavasse un poco dove che sia, che eglinon putisse così fieramente?» Disse l’altro: «Sì, noi siam qui presso ad un poz-zo al quale suole sempre esser la carrucola ed un gran secchione; andianne làe laveremlo spacciatamente157». Giunti a questo pozzo, trovarono che la funev’era, ma il secchione n’era stato levato; per che insieme diliberarono di legar-lo alla fune e di collarlo158 nel pozzo, ed egli là giù si lavasse, e come lavato fos-se, crollasse159 la fune ed essi il tirerebber suso; e così fecero. Avvenne che, aven-dol costor nel pozzo collato, alcuni della famiglia della signoria160, li quali e perlo caldo e perché corsi erano dietro ad alcuno, avendo sete, a quel pozzo venie-no a bere: li quali come quegli due videro, incontanente161 cominciarono a fug-gire, li famigliari che quivi venivano a bere non avendogli veduti. Essendo giànel fondo del pozzo Andreuccio lavato, dimenò la fune. Costoro, assetati, postigiù lor tavolacci162 e loro armi e lor gonnelle, cominciarono la fune a tirare, cre-dendo a quella il secchion pien d’acqua essere appiccato. Come Andreuccio sivide alla sponda del pozzo vicino, così, lasciata la fune, con le mani si gittò sopraquella; la qual cosa costor vedendo, da subita paura presi, senza altro dir lascia-ron la fune e cominciarono quanto più poterono a fuggire. Di che Andreuccio simaravigliò forte, e se egli non si fosse bene attenuto163, egli sarebbe infin nelfondo caduto, forse non senza suo gran danno o morte: ma pure uscitone e que-ste armi trovate le quali egli sapeva che i suoi compagni non avean portate, anco-ra più s’incominciò a maravigliare. Ma dubitando e non sappiendo che164, dellasua fortuna165 dolendosi, senza alcuna cosa toccar, quindi diliberò di partirsi166;ed andava senza saper dove. Così andando, si venne scontrato167 in que’ duesuoi compagni, li quali a trarlo del pozzo venivano; e come il videro, maraviglian-dosi forte, il domandarono chi del pozzo l’avesse tratto. Andreuccio rispose chenol sapea, e loro ordinatamente disse come era avvenuto e quello che trovatoaveva fuori del pozzo. Di che costoro, avvisatisi168 come stato era, ridendo glicontarono perché s’eran fuggiti e chi stati eran coloro che su l’avean tirato. Esenza più parole fare, essendo già mezzanotte, n’andarono alla chiesa maggio-re, ed in quella assai leggermente entrarono, e furon all’arca169, la quale era dimarmo e molto grande, e con lor ferro il coperchio, che era gravissimo170, sol-levaron, tanto quanto uno uomo vi potesse entrare, e puntellaronlo.

E fatto questo, cominciò l’uno a dire: «Chi entrerà dentro?» A cui l’altro rispo-se: «Non io». «Né io», disse colui «ma entrivi Andreuccio». «Questo non faròio» disse Andreuccio. Verso il quale ammenduni171 costoro rivolti dissero: «Comenon v’entrerai? In fé di Dio, se tu non v’entri, noi ti darem tante172 d’un di que-sti pali di ferro sopra la testa, che noi ti farem cader morto». Andreuccio temen-do v’entrò, ed entrandovi pensò seco: «Costoro mi ci fanno entrare per ingan-narmi, per ciò che, come io avrò loro ogni cosa dato, mentre che io penerò aduscir dell’arca, essi se n’andranno pe’ fatti loro ed io rimarrò senza cosa alcu-

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157. spacciatamente: in un attimo.158. collarlo: calarlo.159. crollasse: tirasse.160. famiglia della signoria: guardie.161. incontanente: immediatamente.162. tavolacci: scudi di legno.163. attenuto: aggrappato.164. dubitando... che: temendo e non capendo più niente.165. fortuna: sorte.

166. quindi diliberò di partirsi: decise di andarsene da quelluogo.167. si venne scontrato: gli capitò di incontrare di nuovo.168. avvisatisi: avendo capito.169. arca: tomba.170. gravissimo: pesantissimo.171. ammenduni: entrambi.172. tante: tanti colpi.

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. na». E per ciò s’avvisò di farsi innanzi tratto la parte sua173; e ricordatosi del caroanello che aveva loro udito dire, come fu giù disceso, così di dito il trasse all’ar-civescovo e miselo a sé; e poi, dato il pasturale e la mitra ed i guanti, e spoglia-tolo infino alla camiscia, ogni cosa die’ loro, dicendo che più niente v’avea174.Costoro, affermando che esservi doveva l’anello, gli dissero che cercasse pertutto; ma esso, rispondendo che nol trovava e sembianti faccendo175 di cercar-ne, alquanto gli tenne in aspettare. Costoro che, d’altra parte, eran sì come luimaliziosi, dicendo pur che ben cercasse, preso tempo176, tiraron via il puntelloche il coperchio dell’arca sostenea, e fuggendosi, lui dentro dall’arca lasciaronracchiuso. La qual cosa sentendo Andreuccio, quale egli allor divenisse, ciascunsel può pensare. Egli tentò più volte e col capo e con le spalle se alzare potes-se il coperchio, ma invano si faticava; per che, da grave dolor vinto, venendomeno cadde sopra il morto corpo dell’arcivescovo; e chi allora veduti gli aves-se, malagevolmente avrebbe conosciuto chi più si fosse morto, o l’arcivescovoo egli. Ma poi che in sé fu ritornato, dirittissimamente cominciò a piagnere, veg-gendosi quivi senza dubbio all’un de’ due fini177 dover pervenire: o in quella arca,non venendovi alcuni più ad aprirla, di fame e di puzzo tra’ vermini del mortocorpo convenirgli morire, o venendovi alcuni e trovandovi lui dentro, sì comeladro dovere essere appiccato178. Ed in così fatti pensieri e doloroso molto stan-do, sentì per la chiesa andar genti e parlar molte persone, le quali, sì come egliavvisava, quello andavano a fare che esso co’ suoi compagni avean già fatto; diche179 la paura gli crebbe forte. Ma poi che costoro ebbero l’arca aperta e pun-tellata, in quistion180 caddero chi vi dovesse entrare, e niuno il voleva fare; purdopo lunga tencione181 un prete disse: «Che paura avete voi? Credete voi cheegli vi manuchi182? Li morti non mangian gli uomini; io v’entrerò dentro io». Ecosì detto, posto il petto sopra l’orlo dell’arca, volse il capo in fuori e dentromandò le gambe per doversi giuso calare. Andreuccio, questo vedendo, in pièlevatosi, prese il prete per l’una delle gambe e fe’ sembianti di volerlo giù tira-re. La qual cosa sentendo il prete, mise uno strido grandissimo e presto dell’ar-ca si gittò fuori; della qual cosa tutti gli altri spaventati, lasciata l’arca aperta,non altramenti a fuggir cominciarono che se da centomilia diavoli fosser perse-guitati183. La qual cosa veggendo Andreuccio, lieto oltre a quello che sperava,subito si gittò fuori e per quella via onde era venuto se ne n’uscì della chiesa. Egià avvicinandosi al giorno, con quello anello in dito andando alla ventura, per-venne alla marina e quindi al suo albergo si rabbatté, dove li suoi compagni el’albergatore trovò tutta la notte stati in sollecitudine de’ fatti suoi184. A’ qualiciò che avvenuto gli era raccontato, parve per lo consiglio dell’oste loro checostui incontanente si dovesse di Napoli partire; la qual cosa egli fece presta-mente ed a Perugia tornossi, avendo il suo185 investito in uno anello, dove percomperare cavalli era andato.

(G. Boccaccio, Decameron, II, 5, Bari, Laterza, 1963)

Volume 1, Unità 2

173. s’avvisò... sua: decise di prendersi prima di tutto la suaparte.174. v’avea: c’era.175. sembianti faccendo: facendo finta.176. preso tempo: al momento opportuno.177. all’un de’ due fini: a una delle due morti.178. appiccato: impiccato.179. di che: per ciò.

180. quistion: discussione.181. tencione: lotta.182. manuchi: mangi.183. non... perseguitati: cominciarono a fuggire come se fos-sero stati inseguiti da centomila diavoli.184. in sollecitudine... suoi: in pensiero per quello che potevaessergli accaduto.185. suo: suo denaro.

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1 A quale punto del testo inizia il racconto vero e proprio?

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2 Rintraccia le tre macrosequenze che costituiscono la novella di Andreuccio.

I. da ............................................................................................................ a ..............................................................................................................

II. da ............................................................................................................ a ..............................................................................................................

III. da ............................................................................................................ a ..............................................................................................................

3 Chi è il protagonista della novella?

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4 In quale città è ambientata la novella? Quali tratti realistici e caratteristici di questa città puoi trovare neltesto?

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5 Quali altri particolari accentuano, a tuo avviso, il realismo di questa novella?

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6 Indica gli spazi aperti e gli spazi chiusi presentati nel testo.

a. Spazi aperti: ............................................................................................................................................................................................................

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b. Spazi chiusi: ............................................................................................................................................................................................................

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7 Nella novella:

a. lo spazio aperto è il luogo ..............................................................................................................................................................................

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b. lo spazio chiuso è il luogo ..............................................................................................................................................................................

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8 In quale arco temporale si svolge la novella?

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Esercizi

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. 9 Perché, secondo te, è ambientata di notte?

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10 Compila la carta di identità di Andreuccio.

Nome: ................................................................................................................................................................................................................................

Età: ......................................................................................................................................................................................................................................

Città: ...................................................................................................................................................................................................................................

Professione: ..................................................................................................................................................................................................................

Segni particolari: ........................................................................................................................................................................................................

11 Elenca gli altri personaggi significativi presenti nella novella. Quali sono aiutanti di Andreuccio e quali suoioppositori?

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12 Cerca di chiarire perché la novella di Andreuccio è un racconto di formazione: quali sono i tratti che carat-terizzano il protagonista all’inizio della storia? E alla fine? Che cosa ha conseguito Andreuccio, nel corsodella vicenda, sul piano economico e su quello spirituale?

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13 Rintraccia nella novella di Andreuccio i diversi livelli della narrazione.

a. Narratore di I grado: .........................................................................................................................................................................................

di tipo: ...............................................................................................................................................................................................................................

b. Narratore di II grado: ......................................................................................................................................................................................

di tipo: ...............................................................................................................................................................................................................................

c. Narratore di III grado: ....................................................................................................................................................................................

di tipo: ...............................................................................................................................................................................................................................

GIUDIZIO .............................................................................................................................................................................................................................

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Volume 1, Unità 2

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FRANCO SACCHETTI

Lapaccio e il morto

Nella novella di Franco Sacchetti (1332 ca.-1400), tratta dal Trecentonovelle, scritto attorno al1384, la superstiziosa paura dei morti del protagonista diventa una vera e propria fobia. Proprio a unsimile personaggio capita per ironia della sorte una strana vicenda: durante un viaggio finisce in un’oste-ria dove la fortuna gli ordisce uno scherzo terribile, dormire addirittura con un morto nel letto.

Lapaccio di Geri da Montelupo a la Ca’ Salvadega dorme con un morto:

caccialo in terra dal letto, non sappiendolo: credelo avere morto, e in fine

trovato il vero, mezzo smemorato si va con Dio.

Tanto avea voglia questa contata1 donna d’andar drieto al morto marito, quan-to ebbe voglia di coricarsi allato a un morto in questa novella Lapaccio di Gerida Montelupo nel contado di Firenze. Fu a’ miei dì2, e io il conobbi, e spesso mitrovava con lui, però che3 era piacevole, e assai semplice uomo. Quando uno gliavesse detto: «Il tale è morto», e avesselo ritocco4 con la mano, subito volea5

ritoccare lui; e se colui si fuggia6, e non lo potea ritoccare, andava a ritoccareun altro che passasse per la via, e se non avesse potuto ritoccare qualche per-sona, averebbe ritocco o un cane, o una gatta; e se ciò non avesse trovato, nel-l’ultimo ritoccava il ferro del coltellino; e tanto ubbioso7 vivea, che se subito,essendo stato tocco, per la maniera detta non avesse ritocco altrui, avea percerto8 di far quella morte che colui per cui9 era stato tocco, e tostamente10.

E per questa cagione, se un malfattore era menato alla justizia, o se una barao una croce fosse passata, tanto avea preso forma la cosa11, che ciascuno cor-rea a ritoccarlo; ed elli correndo or drieto all’uno or drieto all’altro, come unoche uscisse di sé; e per questo quelli che lo ritoccavano, ne pigliavano grandis-simo diletto.

Avvenne per caso che, essendo costui per lo comune di Firenze mandato adeleggere12 uno podestà ed essendo di quaresima, uscìo di Firenze, e tenne13 ver-so Bologna e poi a Ferrara, e passando più oltre, pervenne una sera al tardi inun luogo assai ostico e pantanoso che si chiama la Ca’ Salvadega. E disceso all’al-bergo, trovato modo d’acconciare i cavalli e male, però che vi erano Ungheri eromei14 assai, che erano già andati a letto; e trovato modo di cenare, cenato cheebbe, disse all’oste dove dovea dormire. Rispose l’oste:

«Tu starai come tu potrai; entra qui che ci sono quelle letta15 che io ho, e hac-ci16 molti romei; guarda se c’è qualche proda17; fa’ e acconciati il meglio che puoi,ché altre letta o altra camera non ho».

Lapaccio n’andò nel detto luogo, e guardando di letto in letto così al barlu-me, tutti li trovò pieni salvo che uno, là dove da l’una proda era un Unghero, il

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1. contata: citata.2. Fu a’ miei dì: visse nel mio tempo.3. però che: poiché.4. ritocco: toccato.5. volea: voleva.6. si fuggia: fuggiva.7. ubbioso: inquieto.8. avea per certo: era convinto.9. quella... per cui: la stessa morte di colui.

10. tostamente: presto.11. tanto... cosa: la sua superstizione era ormai così nota.12. eleggere: a consegnare la nomina di podestà.13. tenne: si diresse.14. romei: pellegrini.15. letta: letti.16. hacci: ci sono.17. proda: sponda di letto libera.

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. quale il dì dinanzi s’era morto. Lapaccio, non sapiendo questo (ché prima siserebbe coricato in un fuoco che essersi coricato in quel letto), vedendo chedall’altra proda non era persona, entrò a dormire in quella. E come spesso inter-viene che volgendosi l’uomo18 per acconciarsi, gli pare che il compagno occupitroppo del suo terreno, disse:

«Fatti un poco in là, buon uomo».L’amico stava cheto e fermo, ché era nell’altro mondo. Stando un poco19, e

Lapaccio il tocca, e dice:«O tu dormi fiso20: fammi un poco di luogo, te ne priego». E ’l buon uomo

cheto21.Lapaccio, veggendo che non si movea, il tocca forte:«Deh, fatti in là con la mala pasqua22».Al muro: ché non era per muoversi. Di che Lapaccio si cominciava a versa-

re23, dicendo:«Deh, morto sia tu a ghiado, che tu dei essere uno rubaldo24».E recandosi alla traversa25 con le gambe verso costui, e poggiate le mani alla

lettiera, trae a costui un gran paio di calci, e colselo sì netto che ’l corpo mortocadde in terra dello letto tanto grave, e con sì gran busso26, che Lapaccio comin-ciò fra sé stesso a dire: “Oimè! che ho io fatto?” e palpando il copertoio27 si fecealla sponda, appiè della quale l’amico era ito in terra: e comincia a dire piana-mente:

«Sta’ su; ha’ ti fatto28 male? Torna nel letto».E colui cheto com’olio, e lascia dire Lapaccio quantunche vuole, ché non era

né per rispondere, né per tornare nel letto. Avendo sentito Lapaccio la soda29

caduta di costui, e veggendo che non si dolea, e di terra non si levava, comin-cia a dire in sé: “Oimè sventurato! che io l’avrò morto30”.

E guata e riguata31, quanto più mirava, più gli parea averlo morto: e dice: «OLapaccio doloroso! che farò? dove n’andrò? che almeno me ne potess’io anda-re! ma io non so donde, ché qui non fu’ mai più32. Così foss’io innanzi morto aFirenze che trovarmi qui ancora! E se io sto, serò mandato a Ferrara, o in altroluogo, e serammi tagliato il capo. Se io il dico all’oste, elli vorrà che io moia inprima33 ch’elli n’abbia danno». E stando tutta la notte in questo affanno e inpena, come colui che ha ricevuto il comandamento dell’anima34, la mattinavegnente aspetta la morte.

Apparendo l’alba del dì, li romei si cominciano a levare e uscir fuori. Lapac-cio, che parea più morto che ’l morto, si comincia a levare anco elli, e studiossid’uscir fuori più tosto che poteo per due cagioni che non so quale gli desse mag-gior tormento: la prima era per fuggire il pericolo, e andandosene anzi che l’ostese ne avvedesse35; la seconda per dilungarsi36 dal morto, e fuggire l’ubbia chesempre si recava de’ morti37.

Volume 1, Unità 2

18. che... l’uomo: quando ci si gira per sistemarsi.19. Stando un poco: dopo che passa un po’ di tempo.20. fiso: profondamente.21. cheto: non reagisce.22. con la mala pasqua: accidenti.23. versare: irritare.24. morto... rubaldo: che tu possa morire per un colpo di spa-da, tu che devi essere un mascalzone.25. recandosi alla traversa: mettendosi di traverso.26. busso: tonfo.27. copertoio: coperta.

28. ha’ ti fatto: ti sei fatto.29. soda: violenta.30. morto: ammazzato.31. guata e riguata: guarda e riguarda.32. non... più: non ci sono mai stato.33. in prima: piuttosto.34. il comandamento dell’anima: la sentenza di morte.35. avvedesse: accorgesse.36. dilungarsi: allontanarsi.37. l’ubbia... morti: il disagio che provava nei confronti deimorti.

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Uscito fuori Lapaccio, studia il fante che selli le bestie; e truova l’oste, e fat-ta ragione con lui, il pagava, e annoverando li danari, le mane gli tremavonocome verga. Dice l’oste:

«O fatti38 freddo?»Lapaccio appena poté dire che credea che fosse per la nebbia che era leva-

ta in quel padule39.Mentre che l’oste e Lapaccio erano a questo punto, e un romeo giunge, e dice

all’oste che non truova una sua bisaccia nel luogo dove avea dormito; di chel’oste con uno lume acceso che avea in mano, subito va nella camera, e cercan-do, e ricercando, e Lapaccio con gli occhi sospettosi, stando dalla lunga, abbat-tendosi l’albergatore al letto dove Lapaccio avea dormito, guardando per terracol detto lume, vidde l’Unghero morto appiè del letto. Come ciò vede, cominciaa dire:

«Che diavolo è questo? chi dormì in questo letto?»Lapaccio, che tremando stava in ascolto, non sapea s’era morto o vivo; e un

romeo, e forsi quello che avea perduto la bisaccia, dice:«Dormìvi colui»40, accennando verso Lapaccio.Lapaccio ciò veggendo, come colui a cui parea già l’aver la mannaia sul col-

lo, chiamò l’oste da parte dicendo:«Io mi ti raccomando per l’amor di Dio, che io dormii in quel letto, e non potei

mai fare che colui mi facessi luogo41, e stesse nella sua proda; onde io, pignen-dolo con li calci, cadde in terra; io non credetti ucciderlo: questa è stata unasventura, e non malizia».

Disse l’oste:«Come hai tu nome?»E colui glilo disse. Di che, seguendo oltre, l’oste disse:«Che vuoi tu che ti costi, e camperotti?»42

Disse Lapaccio:«Fratel mio, acconciami come ti piace43 e cavami di qui. Io ho a Firenze tan-

to di valuta, io te ne fo carta44».Veggendo l’oste quanto costui era semplice, dice:«Doh, sventurato! che Dio ti dia gramezza45; non vedestù46 lume iersera? o

tu ti mettesti a giacere con un Unghero che morì ieri dopo vespro».Quando Lapaccio udì questo, gli parve stare un poco meglio, ma non troppo;

però che poca difficultà fece da essergli tagliato il capo, ad esser dormito conun corpo morto47; e preso un poco di spirito e di sicurtà, cominciò a dire all’oste:

«In buona fé che tu se’ un piacevol uomo; o che non mi dicevi tu iersera: egliè un morto in uno di quelli letti? Se tu me l’avessi detto, non che io ci fosse alber-gato48, ma io serei camminato più oltre parecchie miglia, se io dovessi essererimaso nelle valli tra le cannucci49; ché m’hai dato sì fatta battisoffia50 che io nonsarò mai lieto, e forse me ne morrò».

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38. O fatti: hai.39. padule: palude.40. Dormìvi colui: ci dormiva lui.41. potei... luogo: riuscii a ottenere che mi facesse posto.42. Che... camperotti: dimmi quanto mi puoi dare, e io ti sal-verò.43. acconciami... piace: fa’ di me quello che vuoi.44. io... carta: ti lascio uno scritto.

45. che Dio... gramezza: che Dio ti maledica.46. vedestù: vedesti tu.47. però... morto: perché c’era poca differenza per lui tra l’es-sere giustiziato e l’aver dormito accanto a un morto.48. non... albergato: non mi sarei fermato.49. se io... cannucci: a prezzo di passare la notte tra le cannedella palude.50. battisoffia: paura.

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. L’albergatore, che avea chiesto premio, se lo campasse51, udendo le parole diLapaccio, ebbe paura di non averlo a fare a lui52; e con le migliori parole chepoteo, si riconciliò insieme col detto Lapaccio. E ‘l detto Lapaccio si partì, andan-do tosto quanto potea, guardandosi spesso in drieto per paura che la Ca’ Salva-dega nol seguisse, portandone uno viso assai più spunto53 che l’Unghero mor-to, il quale gittò a terra del letto; e andonne con questa pena nell’animo, chenon gli fu piccola, per un messer Andresagio Rosso da Parma che aveva meno54

un occhio, il quale venne podestà di Firenze; e Lapaccio si tornò, rapportandoaver fatta elezione55 al detto podestà, ed esso l’avea accettata. Tornato che fu ildetto Lapaccio a Firenze, ebbe una malattia che ne venne presso a morte56.

Io credo che la fortuna, udendo costui essere così obbioso, e recarsi così ilritoccare de’ morti in augurio, volesse avere diletto di lui per lo modo narratodi sopra, che per certo e’ fu nuovo caso, avvenendo in costui57: in un altro nonserebbe stato caso nuovo. Ma quanto sono differenti le nature degli uomeni! chéseranno molti che non che temino gli augurii, ma elli non vi daranno alcunacosa58 di giacere, e di stare tra’ corpi morti; e altri seranno che non si cureran-no di stare nel letto, dove siano serpenti, dove siano botte59, scorpioni, e ogniveleno, e bruttura; e altri sono che fuggono di non60 vestirsi di verde, che è ilpiù vago61 colore che sia; altri non principierebbono alcun fatto in venerdì, cheè quello dì, nel quale fu la nostra salute62; e così di molte altre cose fantastice63

e di poco senno, che sono tante che non capirebbono64 in questo libro.(F. Sacchetti, Trecentonovelle, Milano, Rizzoli, 1957)

Volume 1, Unità 2

51. premio... campasse: ricompensa per liberarlo dall’im -paccio.52. di non... a lui: ebbe paura che quest’uomo gli morisse lì.53. spunto: pallido.54. aveva meno: era privo di.55. fatta elezione: notificata la nomina.56. ne... morte: per poco non morì.57. avvenendo in costui: in quanto accadde a costui.

58. non... cosa: non si cureranno affatto.59. botte: rospi.60. fuggono di non: evitano.61. vago: bello.62. salute: salvezza.63. fantastice: fantastiche, strane.64. capirebbono: potrebbero essere tutte raccolte.

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1 Riassumi in dieci frasi minime il contenuto della novella.

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2 In quale ambiente si inquadra? Ci sono riferimenti a località realmente esistenti?

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3 Quali personaggi agiscono? Chi è il protagonista?

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4 Quali tratti lo caratterizzano?

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5 Quale arco temporale occupa l’avventura di Lapaccio?

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6 Vi sono nel racconto effetti sorpresa? Se sì, in quali punti?

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7 Evidenzia nella novella le parti mimetiche (in discorso diretto). Quale effetto comunicano al lettore?

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Esercizi

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. 8 Che tipo di narratore è presente nella novella?

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9 Vi sono diversi livelli di narrazione? Quali?

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10 Il realismo sacchettiano punta alla rapidità di una raffigurazione vivace ed essenziale, che tiene sempreben presenti i particolari: sottolinea nella novella i punti in cui i tratti realistici ti sembrano più accentuati.

11 Nella parte iniziale del racconto ricorre l’insistita ripetizione di un termine chiave, il «tocco». Cerca di coglie-re la funzione di questa scelta lessicale.

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12 Come definiresti il ruolo della fortuna nella novella di Lapaccio?

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13 Definisci con cinque aggettivi la personalità del protagonista: Lapaccio è ..........................................................................

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14 Rispetto alle novelle del Decameron, il mondo di Sacchetti è molto più semplice: confronta la novella diLapaccio e il morto con Andreuccio da Perugia relativamente al tema del mondo mercantile.

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GIUDIZIO .............................................................................................................................................................................................................................

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