UN’ISOLA, UN MONDO, tropicale che scendeva UNA STORIA · UN’ISOLA, UN MONDO, UNA STORIA...

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UN’ISOLA, UN MONDO, UNA STORIA L’ammiraglia della flotta spagnola durante la guerra hispano-americana era il Cristobal Colon ed era stata costruita in Italia, nei cantieri Ansaldo di Genova. Il 3 luglio 1898 si autoaffondò per non cadere preda del nemico. L’abbiamo trovata sul fondo del Caribe, nel mare di Cuba I l ritmo coinvolgente della salsa ci aveva accompagnato per tutto il viaggio, poi giungemmo a quello che battezzammo il guado”: un fiume scendeva dalla montagna, sommerge- va la strada e si trasformava in una cascata di acqua fredda e limpida, per aprirsi, poi, in una laguna tranquilla che si con- giungeva al mare. Questo magnifico laghetto era ricco di gamberi: bastava met- tersi la maschera e guardare nelle spacche sotto il muretto di contenimento della strada per contarne decine e decine. Il guado era un punto magico: tutti vi si fermavano, per bere o per abbeverare il cavallo, per lavare l’automobile o per conce- dersi un bagno tonificante. 8 Marinai d’Italia Marinai d’Italia 9 L’INCROCIATORE CORAZZATO CRISTOBAL COLON Il “Cristóbal Colón” (Cristoforo Colombo), una delle dieci unità gemelle del tipo “Giuseppe Garibaldi”, fu costruito in Italia, nei Cantieri Navali Ansaldo di Sestri Ponente, per conto della Marina Spagnola. Varato nel 1896, a causa dell’acuirsi dei rapporti fra Spagna e Stati Uniti, fu consegnato nel 1897 non ancora terminato e privo delle artiglierie principali. Inviato a Cuba con altre unità della squadra dell’ammiraglio Pascual Cervera y Topete, venne autoaffondato nella Battaglia di Santiago de Cuba il 3 luglio 1898 per non consentirne la cattura da parte degli statunitensi. Dislocava 7.350 tonn. Note di Carlo Di Nitto - Presidente Gruppo Gaeta Anche noi della spedizione italiana a Cuba, organizzata da Nouvelles Frontieres con la collaborazione del Governo Cuba- no e della Mares, non sapemmo resistere alla tentazione di to- glierci borse e macchine fotografiche dal collo, scarpe e vesti- ti, e infilarci in quell’acqua fredda che cancellava la fatica e metteva dentro una corroborante allegria. Un camion tutto giallo, uno di quei camion mastodontici che costruivano negli anni Cinquanta, con il muso lungo e il tappo cromato del radiatore sopra, si fermò in mezzo al guado e un gruppo di cubani ridanciani e chiassosi si dette da fare con scope e spugne per ripulirlo dalla terra rossa appiccicata sui grossi pneumatici. A Cuba eravamo giunti il giorno prima con un volo della Cuba- na de Aviacion, che ci aveva sbarcato a Santiago, la città “ri- belle prima, ospitale oggi ed eroica sempre”, com’è scritto, a caratteri enormi, ovviamente in spagnolo, lungo una delle strade Tratto da “Appunti di Viaggio Momenti di Vita in Giro per il Mondo” di Adriano Madonna socio del Gruppo ANMI di Gaeta il guado”: un fiume scendeva dalla montagna, sommergeva la strada e si trasformava in una cascata di acqua fredda e limpida… Il guado era un punto magico: tutti vi si fermavano… Anche noi non sapemmo resistere alla tentazione di… infilarci in quell’acqua fredda… …il Cristobal Colon… Lo abbiamo esplorato in una mattinata grigia di pioggia, una pioggia tropicale che scendeva incessante sin dalla notte precedente. Il sole era sorto timido da uno strappo fra le nuvole nel momento in cui raggiungevamo un’immensa spiaggia di ciottoli…

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UN’ISOLA,UN MONDO,

UNA STORIAL’ammiraglia della flotta spagnola durante la guerra hispano-americanaera il Cristobal Colon ed era stata costruita in Italia, nei cantieri Ansaldo di Genova.Il 3 luglio 1898 si autoaffondò per non cadere preda del nemico.L’abbiamo trovata sul fondo del Caribe, nel mare di Cuba

I l ritmo coinvolgente della salsa ci aveva accompagnato pertutto il viaggio, poi giungemmo a quello che battezzammo“il guado”: un fiume scendeva dalla montagna, sommerge-

va la strada e si trasformava in una cascata di acqua fredda elimpida, per aprirsi, poi, in una laguna tranquilla che si con-giungeva al mare.Questo magnifico laghetto era ricco di gamberi: bastava met-tersi la maschera e guardare nelle spacche sotto il muretto dicontenimento della strada per contarne decine e decine. Il guado era un punto magico: tutti vi si fermavano, per bere oper abbeverare il cavallo, per lavare l’automobile o per conce-dersi un bagno tonificante.

8 Marinai d’Italia Marinai d’Italia 9

L’INCROCIATORE CORAZZATO CRISTOBAL COLON

Il “Cristóbal Colón” (Cristoforo Colombo), una delle dieci unità gemelle del tipo “Giuseppe Garibaldi”, fu costruitoin Italia, nei Cantieri Navali Ansaldo di Sestri Ponente, per conto della Marina Spagnola.Varato nel 1896, a causa dell’acuirsi dei rapporti fra Spagna e Stati Uniti, fu consegnato nel 1897 non ancora terminatoe privo delle artiglierie principali. Inviato a Cuba con altre unità della squadra dell’ammiraglio Pascual Cervera y Topete,venne autoaffondato nella Battaglia di Santiago de Cubail 3 luglio 1898 per non consentirne la cattura da parte degli statunitensi. Dislocava 7.350 tonn.

Note di Carlo Di Nitto - Presidente Gruppo Gaeta

Anche noi della spedizione italiana a Cuba, organizzata daNouvelles Frontieres con la collaborazione del Governo Cuba-no e della Mares, non sapemmo resistere alla tentazione di to-glierci borse e macchine fotografiche dal collo, scarpe e vesti-ti, e infilarci in quell’acqua fredda che cancellava la fatica emetteva dentro una corroborante allegria. Un camion tutto giallo, uno di quei camion mastodontici checostruivano negli anni Cinquanta, con il muso lungo e il tappocromato del radiatore sopra, si fermò in mezzo al guado e ungruppo di cubani ridanciani e chiassosi si dette da fare conscope e spugne per ripulirlo dalla terra rossa appiccicata suigrossi pneumatici. A Cuba eravamo giunti il giorno prima con un volo della Cuba-na de Aviacion, che ci aveva sbarcato a Santiago, la città “ri-belle prima, ospitale oggi ed eroica sempre”, com’è scritto, acaratteri enormi, ovviamente in spagnolo, lungo una delle strade

Tratto da “Appunti di ViaggioMomenti di Vita in Giro per il Mondo”

di Adriano Madonnasocio del Gruppo ANMI di Gaeta

“il guado”: un fiume scendeva dalla montagna,sommergeva la strada e si trasformava in una cascatadi acqua fredda e limpida…Il guado era un punto magico: tutti vi si fermavano…Anche noi non sapemmo resistere alla tentazione di…infilarci in quell’acqua fredda…

…il Cristobal Colon…Lo abbiamo esplorato

in una mattinata grigiadi pioggia, una pioggiatropicale che scendeva

incessante sin dalla notteprecedente.

Il sole era sorto timidoda uno strappo

fra le nuvole nel momentoin cui raggiungevamoun’immensa spiaggia

di ciottoli…

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Adriano Madonnasocio del Gruppo di Gaeta,è un riconosciuto caposcuoladell’immersione subacquea ed unodei più famosi subacquei italiani.Per la sua notevole attività èdiventato anche uno dei più notigiornalisti e scrittori italiani in temadi mare profondo.Si è immerso un po’ dappertutto,nei più lontani angoli del pianetae considera il mare “la via che dasempre l’uomo ha percorso perscoprire la terra”.L’articolo che proponiamoappartiene ai suoi “appuntidi viaggio”, come ama definirli.

principali, con il volto del Che Guevara che fa capolino da ogniangolo, dipinto sulle mura, nei poster e in enormi manifesti. Lo scopo della spedizione era l’esplorazione del relitto del Cri-stobal Colon (Cristoforo Colombo), l’ammiraglia della flotta spa-gnola costruita nei cantieri Ansaldo di Genova, che si au-toaffondò il 3 luglio 1898. Durante la mia permanenza a Cuba, nella sala del Museo dellaGuerra Hispano-Americana, vidi sopra uno dei pezzi di artiglie-ria recuperati dagli altri relitti della flotta, una targhetta in cui silegge che la bocca da fuoco era stata fusa negli stabilimenti diPozzuoli. Altre, invece, come si legge impresso nel bronzo, fu-rono costruite a Torino. Pur appartenendo alla flotta spagnola,dunque, comandata dall’ammiraglio Cervera, in un certo sensoil Cristobal Colon è anche parte di storia nostra. Lo abbiamoesplorato in una mattinata grigia di pioggia, una pioggia tropi-cale che scendeva incessante sin dalla notte precedente.

Il sole era sorto timido da uno strappo fra le nuvole nel momen-to in cui raggiungevamo un’immensa spiaggia di ciottoli nasco-sta dietro una boscaglia fitta e verde. Là, a pochi passi dalla ri-va, a una ventina di metri di profondità, con la poppa poggiatasul reef corallino, c’è il Cristobal Colon adagiato sul fondo inperfetto assetto di navigazione, con tutta la sua tragica storia.L’ammiraglio Cervera, infatti, come ci aveva raccontato lo sto-rico del museo, quando s’era visto circondato dalle preponde-ranti forze navali americane, per non far cadere il Colon nellemani del nemico aveva deciso di autoaffondarsi.Una carica di dinamite brillò in stiva, si aprì una grossa falla e ilColon colò a picco. Attualmente, la nave si trova davanti al reefcorallino poiché, a suo tempo, gli americani avevano tentato direcuperarla avvicinandola a riva. Le onde dei Caraibi battevano la costa e s’avvolgevano sulla ri-va facendo cantare i ciottoli, in quella mattinata di fine settem-bre, e noi, con le bombole sulle spalle, spiavamo ansiosi la fre-quenza con cui giungevano e si ritiravano i marosi, in cerca delmomento più propizio. Nei tre secondi di calma sui quali pote-vamo contare, ci lanciavamo in acqua nuotando forte verso illargo per superare in fretta la zona dei frangenti. Gli amici subacquei cubani avevano sistemato una boa legatacon una cima alla prua del Colon. Quando mi immersi, penetrai in uno strato di acqua torbida chedopo pochi metri si aprì un discreto azzurro con poca sospen-sione. Il Colon era là, con la prua rivolta verso il largo e la ca-rena appoggiata sul fondo. Sembrava una cosa viva che si sa-rebbe mossa da un momento all’altro, governata dai fantasmidel suo equipaggio, ancora nell’eco delle cannonate e dellatragedia di un secolo fa. Non potei fare a meno di pensare a quella mattina del 3 luglio1898. L’historiador, lo storico del museo, ci aveva detto che labattaglia era iniziata verso le 9 del mattino e certamente il Colonsi era autoaffondato alle 13, quando la flotta americana lo ave-va circondato.

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Il mare conserva tutto quanto gli si affida: la storia, con tutte lesue vicende umane, gli ha offerto il Colon e il mare lo custodi-sce in una teca d’acqua e pian piano l’ha adattato e l’ha tra-sformato in maniera consona alla sua dimensione.Ho trovato la nave completamente avvolta dal corallo e dallespugne in un tripudio di colori, fra i quali si muovono branchi dipesci tropicali. Al largo, qualche squalo fa guardia sovrana aquel pezzetto di storia che giace sul fondo del Caribe. Mi muovevo lungo il Colon con un senso di rispetto e riveren-za e mi sembrava di ascoltare, in lontananza, gli echi dei mari-nai che s’ingegnavano ai pezzi e alle manovre.Poi... più nulla: il destino s’era compiuto e il Colon era diventa-to una cosa morta in fondo al mare, un tempio, una traccia pic-cola piccola delle infinite vicende umane che costruiscono edistruggono questo mondo, un pezzetto di vita vissuta che og-gi il mare racconta a chi sa ascoltare le sue storie. Il relitto è stato completamente trasformato durante la perma-nenza di un secolo sott’acqua: il ponte è una distesa di gorgoniee madrepore di ogni foggia e colore; lungo le murate cresconole spugne: alcune hanno dimensioni grandissime, come quellegialle e rosa a canne d’organo: in sintesi, un habitat sottoma-rino tipico dei Caraibi, con colori densi ma non estremamenteluminosi come quelli dell’Estremo Oriente e del Mar Rosso, mapur sempre una dimensione di grande fascino, ben diversa daquella del nostro Mediterraneo.

Un’isola, un mondo, una storia

Un camion tutto giallo… si fermò in mezzo al guado e un gruppo di cubaniridanciani e chiassosi si dette da fare con scope e spugne per ripulirlodalla terra rossa appiccicata sui grossi pneumatici

…il volto del Che Guevara che fa capolino da ogni angolo, dipinto sullemura, nei poster e in enormi manifesti.

Nota biografica

… la nave completamente avvolta dal coralloe dalle spugne in un tripudio di colori,fra i quali si muovono branchi di pesci tropicali

L’ammiraglioPascual Cerveray Topete

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12 Marinai d’Italia

La Cuba “vera”

Una piccola bicocca sotto le palme ci aspettava: una famigliasimpatica, formata da un uomo e da una donna di mezz’età,tanti bambini splendidi con un paio di gatti e un numero impre-cisabile di cani, ci aveva preparato un lauto pasto.“Vi porto nella Cuba vera!”, ci aveva detto Andrea Bannini. Fuo-ri la pioggia continuava a venire giù, ma noi ci sistemammo lun-go la tavola di assi di legno, mentre i polli e i pezzi di porco sfri-golavano sulla griglia. Una bimba con il suo cucciolo in braccioci guardava e rideva: le sembrava divertente che tanti uomini fra-dici d’acqua, con quel gran vociare tipico di Italiani caciaroni,avessero invaso casa sua, ed era stupita dalla tante bottiglie dibirra che arrivavano piene fra fragorosi applausi e se ne anda-vano vuote, fino a riempire un grosso bidone che una volta ave-va contenuto olio da trattore. Fuori, a un passo di distanza, deibambini e un vecchio pescavano piccoli pesci con un pezzo direte, mentre un maiale nero come la pece gironzolava grufolan-do sulla riva e uno sciame di galline becchettava fra la sabbia el’erba. Nonostante il cielo grigio, la pioggia incessante e i miasmidi letame bagnato che impregnavano l’aria, tutto ciò mi ispiravauna sensazione di grande serenità. Poi, il rum: le bottiglie feceroil giro e l’atmosfera si riscaldò, forse corroborata anche da un ti-mido raggio di sole che nessuno proprio si aspettava. La “Cuba vera”, intrigante e ruffiana, ammaliava nelle primeombre della sera ed esplodeva di tanto in tanto nelle note del-la salsa e del son. “Dio, come piove!” pensai, mentre guardavo le gocce d’acquache rimbalzavano sui tetti di bandone e sulle tettoie di foglie dibanano. La “Cuba vera” la trovammo anche di sera, a Santiago, e cosìmi fu possibile osservare questa dimensione, credo unica almondo, dove i problemi contingenti di tutti i giorni vengono le-niti dalla prepotente voglia di vivere di questo popolo, genteeroica, che sa dimenticare la difficile quotidianità nel suono diuna tromba o dietro le parole accorate di una canzone d’amo-re che riesce a commuovere vecchi e giovani. Poi, basta la so-la nota di una salsa, e i cubani abbandonano le loro languidez-ze sentimentali per scatenarsi con arte consumata in quei bal-li dal ritmo trascinante. Anche Umberto Natoli fu coinvolto inuna salsa “atomica” e mostrò a un pubblico entusiasta le suequalità di consumato ballerino latino-americano. Terminò fragli applausi scroscianti di tutti gli appassionati frequentatoridella Casa della Musica di Santiago.

I Caraibi cubani

I Caraibi cubani sanno dipingersi di colori da favola quando il so-le splende prepotente e veste di smeraldo colline e foreste, masanno anche incupirsi in nuvole tetre color del piombo nel mo-mento in cui la tempesta giunge rapida, schizzando fulmini sullaterra e sull’acqua. Quando avviene ciò, il mare prima si appiatti-sce come una grigia lastra di ghisa, poi si assiste a un crescen-do apocalittico e infine scoppia la tempesta, sempre con scroscidi pioggia e folate di vento che inarcano le palme dal fusto alto. Le nostre immersioni nel Caribe di Santiago de Cuba furonocondizionate da questi improvvisi mutamenti del tempo: le per-turbazioni si susseguivano l’una all’altra, lasciando brevi spazidi cielo pulito e calma di mare. Fummo costretti ad approfitta-re di questi momenti di tregua per le nostre esplorazioni subac-quee. Del resto, come ci avevano spiegato i cubani, eravamoagli inizi della stagione delle piogge, un momento in cui il tem-po diventa estremamente instabile. Ma ciò non ci impedì di gu-starci, anche se con qualche difficoltà, questo singolare ango-lo di mondo, dove la vita scorre ogni giorno secondo una filo-sofia che insegna a cogliere al volo ciò che destino e fortunadi volta in volta riescono a offrire.

… targhetta in cui si legge che la bocca da fuoco era stata fusa negli stabilimenti di Pozzuoli.Altre, invece, come si legge impresso nel bronzo furono costruite a Torino. …

… il ponteè una distesa

di gorgoniee madrepore

di ogni foggiae colore …

L’historiador, lo storico del Museodella Guerra Hispano-Americana

Una sala del Museodella Guerra Hispano-Americana

Poi, il rum: le bottiglie fecero il giroe l’atmosfera si riscaldò…

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Un’isola, un mondo, una storia

Le “grotte dei pirati”

Le avevamo battezzate così, le “grotte dei pirati”, e i cubaniche ci accompagnavano in questo nostro peregrinare lungo lacosta di Santiago e sui relitti della guerra hispano-americana,sembravano molto divertiti dal nome che avevamo dato a que-ste suggestive caverne che sembravano essere scivolate fuo-ri da un romanzo di Salgari.Il realtà, a quanto ci spiegarono, quando la flotta spagnola fuaffondata dagli americani, molti marinai ripararono nelle grot-te, dove si nascosero. Le grotte sono qualcosa di straordinariamente bello e sembra-no davvero appartenere a una favola. Si raggiungono inoltran-dosi in una selva intricata e verde, poi si delinea l’ingresso diquesti antri dalla volta alta, dove piante e roccia si sposano insuggestive sculture.La terra è argillosa e rossa e la pietra è ricamata di stalattiticon arabeschi di tutti i colori. Le grotte comunicano con il ma-re: si guadagna uno stretto passaggio e si imbocca un angustotunnel che immette in una cavità dove vi sono migliaia di pipi-strelli, poi si esce sul mare aperto. L’equipe di Rai 1 e quella della Mediaset, che ci avevano se-guito nella spedizione, dedicarono molto tempo alle riprese diqueste grotte. A tutti sembrò di aver compiuto il primo passo diun viaggio verso il centro della Terra. “Queste grotte”, pensai, “sarebbero piaciute a Giulio Verne”.

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I relitti di Santiago

Il Cristobal Colon non è il solo relitto presente nella baia di San-tiago di Cuba che ricorda quella tragica giornata del 3 luglio1898. Il Colon è uno dei più accessibili e certamente il più im-portante, ma ve ne sono tanti altri al largo e varrebbe davverola pena organizzare una seconda spedizione per effettuare al-tre esplorazioni. Molto vicino alla costa c’è il relitto dell’Almirante Oquendo, coni cannoni che sporgono in superficie e svettano verso l’alto.L’Oquendo è un relitto “facile”: basta guadagnare il mare dal-la spiaggia, percorrere un braccio di mare con maschera e pin-ne e raggiungere ciò che resta della nave. A riva c’è una bicocca dove vive un vecchio pescatore cheama raccontare, a chi capita da quelle parti, la vicenda dell’O-quendo. Parla a voce bassa e mostra ciò che il mare di tantoin tanto porta a riva e che lui, con amore e rispetto, raccogliee custodisce. Al tramonto la spiaggia si tinge di rosa, come i cannoni del-l’Oquendo, e se ti siedi su un sasso, nel silenzio ti sembrache i fantasmi del passato continuino a sussurrarti quellastoria vecchia di un secolo e nascosta nello scrigno di unangolo del Caribe.

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le “grotte dei pirati” …,quando la flotta spagnola fu affondata dagli americani,molti marinai ripararono nelle grotte, dove si nascosero

Copertina della rivista Scientific Americandel 30 luglio 1898 raffigurante l’affondamento

degli incrociatori corazzati spagnoliVizcaya e Almirante Oquendo

nella Battaglia di Santiago de Cuba

La corazzata Almirante Oquendoin affondamento

… il relitto dell’Almirante Oquendo,con i cannoni che sporgono in superficiee svettano verso l’alto