Underground 2008 n. 2

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2 Under Gomorra, il braccio violento dell’Italia Recensioni Liceo statale Galileo Galilei - Caravaggio

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Sommario

2 Under Liceo statale Galileo Galilei - Caravaggio

anno XVII nr. 2

Attualità

3 La forza della

speranza

Barack Obama, il primo nero presidente degli Usa

5 La linea della vita

Eutanasia, il dibattito sul confine tra malattia e vita

7 Quando l’amore è

un dato di fatto

Matrimoni e no: solo unioni ufficiali o anche coppie di fatto?

8 Quella trappola in

cui non cadere

La minaccia delle dro-ghe leggere

10 Nessuno tocchi il

latinorum

Nella scuola italiana c’è ancora spazio per il lati-no?

12 Morire ragazzi,

morire a scuola

La morte di Vito Scafidi in un liceo di Rivoli

Il liceo

13 Straliceo 2008

Sport e diverti-mento per studenti e pro-fessori

16 Stage

lavorativi/1

Un’occasione

per crescere 18 Stage

lavorativi/2

Un’esperienza a contatto con la ricerca scientifica

Foglio aperiodico, gratuito

Pubblicazione a cura di:

Silvia Ambrosini

Impaginazione e grafica:

Filippo De Mariano

Hanno scritto su questo numero:

Paolo Bianchessi, Magherita Catta-

neo, Laura Cau, Giorgia Colombo,

Roberta Ferri, Fabio Fontana,

Marialuisa Grizzuti, Gaia Maina,

Alice Maffioli, Michele Marchesi,

Paola Mascaretti, Manuela Oldoni,

Celeste Rattazzi, Anisa Spaho,

Chiara Tadolti, Deborah Ubbiali,

Roberta Zucchinali

Under

Club

22 Gomorra, il braccio violento

dell’Italia

Il film di Matteo Garrone tratto dal libro di Roberto Saviano

24 Tropa de èlite

Gli squadroni della morte

Segrete sillabe

29 La leggenda delle quattro lune

31 Horizons of Nothingness

“ 22 13 8

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Se vuoi pubblicare un articolo sul

prossimo numero, spediscilo all’indirizzo [email protected]

Ho una metafora che non ho mai pubblicato, ma conservo per me stessa, la chiamo “pensare senza ringhiera”, si va su e giù per le scale, si è sempre trattenuti dalla ringhiera, così non si può cadere. Ma noi abbiamo perduto la ringhiera. Questo mi sono detta. Ed è quello che cerco di fare. Hannah Arendt

Recensioni

Gomorra, il braccio violento dell’Italia

Straliceo 2008

Sport e divertimento

Droghe

Quella trappola in cui non cadere

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anno XVII nr. 2 3

Attualità

Anisa Spaho 5a G

elezione di Obama ci riguarda tutti. Chi governa gli Stati Uniti, con la sua politica interna ed internazionale e perfino economica, influisce su di noi, sulla nostra vita quotidiana, perfino sulle nostre tasse, sulle no-stre banche, sui nostri mutui. Il presidente che è uscito di scena, Geor-ge W. Bush, ha confermato al mondo e alla storia il limite, non di poco conto, della Costituzione americana: il capo degli Stati Uni-ti può essere schiacciato dallo sgradimento popolare (Bush è sceso al 25%), ma non per questo diventa sostituibile. Ha governato in anni di inaudita difficoltà. Mi piace ripetere che l'11 settembre sta all'impero americano come le prime irruzioni dei barbari stava-no all'impero romano: Roma non cadde per quelle irruzioni, ma comprese che un giorno sarebbe caduta. L'impero americano non è crollato sotto l'urto dei kamika-ze che guidavano gli aerei dirotta-

ti, ma ha compreso che un giorno cadrà e un altro po-polo guiderà il mondo. Obama è d'origine afroa-mericana. Che un nero avesse un giorno il po-tere dei bianchi era il “sogno” di Martin Lu-ther King, e “sogno, dream” è la parola-chiave del programma di Obama. Nel dream è compresa la riforma sanitaria, che assicuri l’assistenza medica per

tutti. Adesso l’assistenza medica negli Usa è riservata a chi ha un’-assicurazione privata, l’assicura-zione mira a mangiarti tutto quando devi pagarla e a non darti niente quando ne hai bisogno. È un sistema cannibalico. A mante-nere il sistema ci sono interes-

si enormi. Obama è per una riforma fisca-le che alleggerisca le tasse dei più poveri, e le aggravi ai più ricchi. Diciamo, all’80

% contro il 20 %. La crisi eco-nomica non è colpa del capi-

L’

Ob

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a

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4 Under Liceo statale Galileo Galilei - Caravaggio

Attualità

talismo, è colpa delle banche avi-de e dei politici corrotti. Il pro-gramma di Obama è grandioso, quasi mistico. Di fatto però gli Stati Uniti ci hanno dimostrato questo: che la speranza è l’ultima a morire, che anche un uomo di colore in un paese di artificiale tolleranza co-me l’America può raggiungere la Casa Bianca. È il coronamento di un sogno per miliardi di persone e addirittura un miracolo per altre. Come racconta Obama stesso: «… Ann Nixon Cooper ha 106 anni. È nata a una sola generazio-ne di distanza dalla fine della schiavitù. A quel tempo le perso-ne non potevano votare perché donne e per il colore della pelle. Questa sera io ripenso a tutto quello che lei deve aver vissuto in questo secolo in America, alla sofferenza e alla speranza, alla battaglia al progresso…». Ann ha vissuto un secolo e ha visto cambiamenti di tutti i tipi e finalmente è riuscita a votare e addirittura a votare una persona di colore nero. Rosa Parks, una ragazza di Bir-mingham, Alabama, che nel 1955 rifiutò di cedere il suo posto sull’-autobus a un bianco, afferma: «La gente racconta che non mollai il mio posto perché ero stanca ma non è vero. Non ero stanca, non

fisicamente almeno, l’unica cosa di cui ero stanca era di arrender-mi». Mi colpisce la sua forza, il suo coraggio. Credo che Rosa fosse stanca non soltanto di cedere il suo posto ai bianchi, ma stanca di essere considerata inferiore, un “essere” senza diritti e con una sola sfortuna: il colore della pelle. La lotta è sempre stata difficile e sempre lo sarà, il sogno di un mondo dove tutti sono uguali è un’utopia ormai. Fortunatamente però ci sono stati anche uomini di grande forza d’animo, che non hanno avuto paura di esprimere la loro opinione, e non hanno avuto vergogna di sperare. Martin Luther King era uno di questi: «Se perdete la speranza, in un modo o nell’altro perderete quel-la vitalità che non rende degna la vita, perderete quel coraggio di essere voi stessi, quella qualità che vi fa continuare nonostante tutto». Espresse anche questo desiderio: «…Un giorno ogni negro nella nostra patria, ogni uomo di colore in tutto il mondo sarà giudicato sulla base del suo carattere piuttosto che su quella del colore della sua pelle e ogni uomo rispetterà la dignità e il valore della personalità umana», e nel 1968 venne ucciso. Non è facile sperare quando c’è ancora qualcuno che chiama le

The Times They Are A-Changin’

Fino all’Ottocento Lo schiavismo

Metà del Novecento La lotta per i diritti civili

2008

Il primo presidente nero

persone di colore “negri”, quan-do li guarda con disprezzo, quan-do uccide un uomo di grandi ide-ali solo perché nero. Ci reputia-mo uomini intelligenti, uomini degni del secolo in cui viviamo, uomini del 2008, ma allora per-ché ci comportiamo così? «Trattare familiarmente i tuoi schiavi si addice alla tua saggezza e alla tua cultura», scrisse Seneca nell’Epistola 47 a Lucilio (nel 65 d.C. circa). Tolleranza è sinonimo di saggezza, di rispetto e di cultu-ra. Accettare il colore, la cultura, gli usi e i costumi di un’altra per-sona vuol dire essere umani. È il fondamento di un futuro miglio-re. Il seme dal quale possono crescere tutte le speranze di Mar-tin Luther King e di altri uomini che diedero la vita per renderla migliore agli altri. Obama è quello che serve all’A-merica. E se comincia qui, arrive-rà anche da noi. Obama è quello che serve a tutti. È il cambiamen-to che non è stato possibile nel passato. Il 4 novembre 2008 è un giorno che finirà nella storia. L’-America è stata vista sempre co-me il luogo in cui tutto è possibi-le. Il 4 novembre gli Americani ce l’hanno dimostrato; l’America è pronta per cambiare la sua sto-ria.

Rosa Parks e

Martin Luther King Unit

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anno XVII nr. 2 5 Under

La linea

della

no degli argomenti più dibattuti in questo ulti-mo periodo è l’eutana-sia. Un tema difficile da trattare e che ci costringe a ragionare un po’ più del solito, non solo perché “c’è in gioco” la vita di una persona, ma anche, e soprattutto, perché trovarsi in questa situazione potrebbe succe-dere a ognuno di noi. Una breve descrizione del termi-ne: con eutanasia (letteralmente buona morte), si intende la pratica d e l c o s i d d e t t o ‘addormentamento’ del paziente. Ossia si procura la morte del pa-ziente, nel modo più indolore e rapido possibile. È poi importan-te distinguere l’eutanasia volonta-ria o attiva da quella passiva. L’-eutanasia attiva è quella richiesta dal paziente e che viene accolta dal medico (che non vede possi-bilità di guarigione o migliora-mento), che di conseguenza som-ministra un farmaco che toglie la vita al paziente dopo avergli fatto sottoscrivere una dichiarazione, mentre quella passiva è quell’eu-tanasia nella quale viene staccata

la spina del macchinario che tiene in vita il paziente. Non credo sia giusto prendere una posizione precisa su questo argomento; mi spiego. Credo si debbano valutare le varie situa-zioni, le opzioni, lo stato in cui si trova un paziente. Ricordo la storia di Piergiorgio Welby, costretto a stare in un letto, a causa di una distrofia mu-scolare senza muovere nessuna parte del suo corpo. Gli unici organi ad essere rimasti funziona-li erano gli occhi ed era grazie a questi che comunicava con i suoi cari. Welby chiese che gli fosse staccato il respiratore che lo tene-

va in vita, non po-tendo egli muovere

nessuna parte del corpo e quindi non potendo staccarlo da solo. Ricordo che ci furono molte discussioni a riguardo, fino a che il suo medico anestesista staccò la spina del malato, che morì di conseguenza per insuffi-cienza respiratoria. Il medico, il giorno successivo, spiegò le ri-chieste del paziente e si autode-nunciò, ma l’ordine dei medici ritenne il suo comportamento corretto. Credo che se mi fossi trovata nella sua situazione avrei fatto la stessa cosa. Ovviamente credo anch’io che noi uomini non abbiamo il diritto di decidere della vita o della morte di qualcun altro, ma se un paziente chiede espressamente di morire perché la situazione sta diventando insostenibile, cre-

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Eu

tan

asia

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Giorgia Colombo 3a F

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6 Under Liceo statale Galileo Galilei - Caravaggio

Attualità

do sia giusto esaudire questo suo desiderio. Le più grandi discussioni si ebbe-ro e si hanno tuttora con la Chie-sa, che è contraria a questo gene-re di azioni, preferendo invece cure palliative, anche quando queste ultime rendono più breve la vita al paziente. Un altro argomento di discussio-ne riguarda la capacità di intende-re e di volere del malato. Molti dicono che il malato potrebbe essere spinto a chiedere che gli venga staccata la spina solo per un fatto di insopportabilità del problema, non perché egli voglia davvero morire. Credo che nessu-no voglia morire, e penso anche che il fatto che il paziente davve-ro non riesca più a sostenere la situazione sia una grande ragione. In fin dei conti, nessuno sa cosa si prova in quelle situazioni fin-ché non le si vivono. E con que-sto torno al discorso iniziale: che non si può veramente prendere una posizione precisa perché co-me in qualsiasi altro caso, bisogna trovarsi nelle situazioni per saper rispondere a certe domande. Altri casi molto importanti, oltre a quello di Piergiorgio Welby, sono quelli di Elena Moroni e Giovanni Nuvoli. Quello che fece più scalpore in Italia riguardò Elena Moroni. Il marito, infatti, si introdusse nella camera d’ospedale dove si trova-va la moglie, in coma irreversibi-le, portando con sé una pistola scarica con la quale minacciò il personale dell’ospedale mentre staccava la spina del macchinario che teneva in vita la moglie. Una volta accertata la morte della mo-glie, si lasciò arrestare dagli agen-ti, nel frattempo giunti all’ospeda-le. Inizialmente condannato a 6 anni di reclusione, venne poi giu-dicato non in grado di compren-dere e di volere e fu scagionato,

Il caso di Eluana Englaro

Giovanni Nuvoli

Piergiorgio Welby in quanto la donna venne consi-derata clinicamente morta al mo-mento del distacco del respirato-re. Diverso è il caso di Giovanni Nuvoli, perché fu proprio il diret-to interessato a chiedere ai medici di spegnere il respiratore artificia-le. Un medico anestesista stava finalmente per staccare la spina del macchinario, ma venne suc-cessivamente bloccato. In seguito a questo episodio, Giovanni Nu-voli, ammalato di sclerosi laterale, iniziò uno sciopero della fame e della sete, che lo portò al decesso. Io penso che in qualsiasi caso la vita sia da preferire alla morte, ma in alcuni casi specifici, quan-do è il paziente stesso a richieder-lo, credo sia giusto accogliere le volontà del malato.

Ammalato di sclerosi laterale,

chiese ai medici di spegnere il

respiratore artificiale. Un medi-

co anestesista stava per staccare

la spina del macchinario, ma

venne bloccato. Giovanni Nuvoli

iniziò allora uno sciopero della

fame e della sete, che lo porta-

rono al decesso.

Costretto a letto dalla distrofia

muscolare. Gli unici organi ad

essere rimasti funzionali erano

gli occhi e tramite questi Welby

chiese che gli fosse staccato il

respiratore che lo teneva in vita.

Fu il suo medico anestesista che

staccò la spina del malato, che

morì per insufficienza respirato-

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Il padre di Eluana aveva indirizzato delle

richieste di poter staccare il sondino

nasogastrico alla figlia. La prima è respinta

nel 1999 dal Tribunale di Lecco. La svolta si

verifica il 16 ottobre 2007, quando la

Cassazione, in una sentenza sul caso,

dichiara che il sondino si può staccare a due

condizioni: che la scienza definisca

irreversibile lo stato in cui Eluana si trova, e

che si possa ricostruire la sua «volontà

presunta» in base «alle sue precedenti

dichiarazioni». Il 25 giugno 2008, la prima

sezione civile della Corte d’Appello di Milano

autorizza l’interruzione dell’alimentazione e

dell’idratazione artificiale, incaricandone il

padre di Eluana La Procura di Milano

impugna la decisione davanti alla

Cassazione.

Il 13 novembre scorso la Corte di Cassazione

dichiara inammissibile il ricorso della

Procura. Diventa così definitivo il decreto

della Corte di Appello che aveva autorizzato

il distacco del sondino della Englaro. Il

giorno dopo, 14 novembre, “Avvenire” e

“l’Unità” danno due letture opposte della

decisione.

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anno XVII nr. 2 7 Under

Quando l’amore è un dato…

Chiara Tadolti 3a F

econdo la definizione data dal dizionario: “le unioni civili sono tutte quelle forme di convi-venza fra due persone, legate da vincoli affetti-vi, che non accedono volontariamente all’isti-tuto giuridico del matrimonio”. Quello del riconoscimento delle coppie di fatto, volto a tutelarne i diritti e stabilirne i doveri con una forma contrattuale differente dal matrimonio e defi-nita unione civile, è un tema controverso che ha visto schie-rarsi l’opinione pubblica italiana in due fronti nettamente con-trapposti. L’opposizione alle unioni civili pone principalmente due motiva-zioni. La prima afferma che le unioni tra eterosessuali sono considerate una forma di “matrimonio di serie B” , nel quale la parte debole della coppia e gli eventuali figli sono meno tutelati. Per quanto riguarda inve-ce le unioni tra omoses-suali una delle critiche più diffuse è che il loro ricono-scimento giuridico neghe-rebbe il modello di famiglia intesa nella nostra Costi-tuzione come “società

naturale fondata sul matrimonio”. L’argomento delle coppie di fatto suscita sem-pre grande scalpore nel nostro Paese, tanto che gli esperti pensano che in Italia riuscire a discutere e legiferare sulle unioni di fatto sia più difficile che altrove. Siamo, infatti, fra i pochi Stati europei che ancora non possiedo-no delle norme che regolamentino la convi-venza: dalla Norvegia (nel 1993) all’Ungheria (nel 2007), passando per la Francia, la Spagna, il Regno Unito e la Germania, si può notare

come tutti abbiano dato spazio a questo problema. In Italia, invece, dove

la situazione è rimasta immutata, ad una cop-pia non sposata non vengono riconosciuti i

diritti di eredità, un convivente non può autorizzare un interven-

to urgente al partner né tantomeno chiedere sostegno economico o permessi di lavoro se questi si am-mala. Non si può lasciare in so-speso una questione del genere, credo sia arrivato il momento di affrontarla. Forse in Italia diamo troppo peso al problema, a tal punto da farlo sembrare irrisolvibile e, per que-sto, lo accantoniamo per dedi-carci ad altro. Purtroppo, ten-diamo sempre a complicare questioni semplicissime, come, in questo caso, l’amore. Un esempio ci è dato dalla polemica sollevata nel 2007 in seguito all’aggiornamento del-l’Enciclopedia Italiana Trecca-n i , d o v e , a l l a v o c e “matrimonio”, si parla anche delle nuove forme di

famiglia. Alcuni esponenti di

Matr

imon

ien

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Siamo fra i pochi Stati

europei che ancora

non possiedono delle

norme che

regolamentino la

convivenza

“ ”

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8 Under Liceo statale Galileo Galilei - Caravaggio

Attualità

D a qualche anno a questa parte, in Italia, la discussio-ne sulla liberalizzazione delle dro-ghe leggere, è diventato un tema di interesse nazionale che riguar-da direttamente sia gli adolescenti che gli adulti della nostra società e che ha raggiunto un notevole peso politico, in quanto il con-trollo delle droghe è uno degli argomenti di dibattito durante le elezioni politiche che più interes-sa l'opinione pubblica. Per questi motivi mi sento perso-nalmente chiamato in causa ad esprimere la mia opinione al ri-guardo. Secondo me sarebbe un gravissi-mo errore consentire la libera circolazione delle droghe nel no-stro paese per un motivo che ap-parentemente può sembrare ba-nale: le droghe anche se dette leggere fanno male. Quando si parla di dro-ghe leggere s ' i n t e n dono quegli stupefa-centi che non creano una dipen-denza preoccupante e che non provocano dei seri danni al no-stro organismo, alcuni esempi sono l' ascisc, la marijuana e l'e-cstasy. Procurarsi una di queste droghe è semplicissimo dato che costano poche decine di euro e vengono spacciate nei pressi di pub e discoteche; sono quindi facilmente accessibili ad un pub-blico adolescente. Spesso i più giovani si lasciano affascinare da queste droghe perché pensano che li facciano apparire più grandi e importanti; ma una volta che le droghe “leggere” non li appaghe-ranno più, passeranno alle droghe pesanti che creano seri problemi fisici e mentali. Quindi, secondo me il vero pericolo dell'eventuale liberalizzazione delle droghe leg-gere non sta solo nel semplice F

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partito hanno accusato i redat-tori dell’Enciclopedia di manife-stare la loro posizione politica, semplicemente perché hanno deciso di accennare a questa pro-blematica. Ritengo sbagliata l’idea che alcuni si sono fatti riguardo alle unioni civili. Secondo me, infatti, non minano in alcun modo i valori della famiglia o del matrimonio. Non accettando la loro esistenza, anzi, siamo noi che svalutiamo l’importanza della famiglia e che svuotiamo di significato il matri-monio perché lo rendiamo un semplice atto formale, un contrat-to. Da un lato, con la diffusione delle coppie di fatto, arriverebbe-ro al matrimonio (civile o religio-so) solo coloro che sono vera-

Non accettando la

loro esistenza, siamo

noi che svalutiamo

l’importanza della

famiglia

Le droghe anche

se dette leggere

fanno male

Matr

imon

ien

o “ ”

“ ”

mente convinti di poter compiere questo passo. Dall’altro, sareb-bero tutelati quelli che ritengono non sia indispensabile un contratto per suggellare il loro amore. Mai come in que-sto momento b i s o gn e r ebb e dare importanza prevalente all’-affetto piutto-sto che alle istituzioni.

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anno XVII nr. 2 9 Under

fatto che fanno male, ma piutto-sto nel fatto che renderà il pas-saggio alle droghe pesanti più facile e veloce. Sostenere che l’uso delle droghe leggere non comporti alcun dan-no ai consumatori è assurdo. Ci

sono ragazzi che sono morti an-che soltanto con una mezza pa-sticca di ecstasy, come è successo l'aprile scorso alla povera Kristel dopo una serata alla discoteca Fluid; sfido chiunque a trovare uno spacciatore che venda stupe-facenti purissimi: spesso le dro-ghe vengono mischiate a sostan-ze ancora più dannose per il no-stro organismo. Come esponenti politici a favore del libero consu-mo delle droghe leggere, ha fatto scalpore l'ex ministro per la salute Livia Turco. Sinceramente trovo che sia un paradosso il fatto che un ministro che dovrebbe tutela-re la salute dei propri cittadini sia favorevole al commercio di so-stanze che tale salute possono seriamente compromettere. In più con il libero uso di droghe, aumenterebbe il nu-mero di persone che si appellano a quei centri medici e psicologici che fanno da sostegno a chi vuo-le uscire dal tunnel della droga: così facendo aumenterebbe an-che la spesa sociale, il che non è

Quella trappola in cui non cadere di certo utile alla già critica situa-zione finanziaria del Paese. Sarebbe scandaloso se l'Italia se-guisse il modello olandese sulla libera vendita di droghe leggere: infatti il numero di giovani olan-desi che fanno uso di droghe è salito del 250% e quello dei gio-vani che fanno uso di droghe pesanti del 25% nel giro di una decina d'anni. Penso che sia importante il mes-saggio che dobbiamo dare alle generazioni future sul consumo della droga: cercare il divertimen-to è un qualcosa di assolutamente giustificato e comprensibile per un adolescente, però non è am-missibile che una persona debba rischiare di morire per una pastic-ca nel tentativo di arrivare allo sballo. Ci si può divertire in di-scoteca con i propri amici senza ricorrere a alla droga, questo vuol dire che chi fa uso di stupefacenti non sa divertirsi in maniera nor-male, ma ha bisogno di qualcosa che lo faccia sentire accettato e stimato dagli altri.

Il vero pericolo dell'eventuale

liberalizzazione delle droghe

leggere sta nel fatto che

renderà il passaggio alle

droghe pesanti più facile e

veloce

“ ”

U

D r o g h e l e g g e e r

Page 10: Underground 2008 n. 2

10 Under Liceo statale Galileo Galilei - Caravaggio

Attualità

Fabio Fontana 2a H

S ulla scia di Usa, Germania e Francia, anche in Italia si ricomincia a parlare dell’abolizio-ne dell’insegnamento del latino nei licei, soprattutto in quello scientifico, che sarà rimpiazzato da una seconda lingua straniera. Ma siamo sicuri che cancellando

dalle scuole superiori la lingua di Ovidio e Cicerone si contribuirà a riportare l’ istruzione italiana agli apici delle graduatorie inter-nazionali? O non sarà solo, più

probabilmente, un altro modo per svalutarla? Non è forse il lati-no la lingua che è alle radici della nostra? Bandire dunque lo studio di questo idioma appare una scel-ta inutilmente drastica, visto che, se proprio si vogliono cambiare le cose, si potrebbe ridurne lo ore settimanali di insegnamento, visto che eguagliano o superano quelle delle altre materie, oggigiorno altrettanto importanti. Il latino, infatti, è rilevante nella

Nessuno tocchi

il

l atinorum R

osarosae

“ ”

Ecco come

potrebbero

cambiare i

quadri orari

D a settembre 2010, al

suono della campanella

gli studenti potrebbero avere

a che fare con un nuovo

quadro orario delle

discipline. I grafici riprodotti

qui a fianco indicano come

potrebbe cambiare il

curricolo dei licei scientifico e

linguistico in base alle

indiscrezioni emerse fino a

questo momento.

Anche in Italia si

ricomincia a parlare

dell’abolizione

dell’insegnamento del

latino nei licei,

soprattutto in quello

scientifico

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anno XVII nr. 2 11 Under

formazione culturale di un indivi-duo, poiché aiuta a sviluppare ed incrementare le capacità logiche, razionali e cognitive e, grazie alle sue complesse strutture morfo-sintattiche, rende più facile l’ap-prendimento dell’italiano, miglio-rando le capacità di formare pe-riodi molto più articolati e arric-chendo il proprio vocabolario. È perciò una via per imparare ad esprimersi con maggiore natura-lezza, permettendo di spiegare meglio ciò che passa per la men-te. Inoltre non si potrebbero leggere e studiare i grandi autori latini del passato, come Ovidio, Virgilio, Tacito, senza conoscere appro-fonditamente questa lingua. Dal punto di vista pratico, il lati-no è utile anche nella scelta e nella frequentazione di determi-nate facoltà universitarie, non solo in campo umanistico, poiché il linguaggio di molte discipline scientifiche ha nel latino la sua base principale. Come non ba-

stasse, anche negli Stati Uniti, dove scuola superiore ed univer-sità hanno sempre privilegiato le materie tecnico-scientifiche, si sta riscoprendo la lingua di Cesare e Cicerone, come dimostra l’au-mentato numero di corsi richiesti dagli studenti. Convincere, tuttavia, i tenaci de-trattori del latino è difficile. Una buona parte degli studenti (e non solo) ritengono, infatti, che lo studio del latino sia completa-mente inutile al giorno d’oggi. Per il partito degli abolizionisti, si tratta di una lingua cosiddetta “morta”, ovvero non parlata più, che porta via tempo ad altre ma-terie, più utili nel futuro mondo del lavoro.

Negli Stati Uniti, invece,

dove scuola superiore ed

università hanno sempre

privilegiato le materie

tecnico-scientifiche, si sta

riscoprendo la lingua di

Cesare e Cicerone

“ ”

Ciò è confutato, però, dal fatto che essa rivive, oltre che in opere immortali, anche in numerose lingue moderne, nelle istituzioni ancora oggi vigenti. Esiste il refe-rendum, il quorum nelle elezioni, il qui pro quo, il mitico “carpe diem”, e molto altro ancora. Certo, in parte è vero che sottrae tempo ad altre discipline; tuttavia avere più capacità di ragiona-mento e più strumenti per capi-re il nostro mondo è importante, e ci aiuterà a non fare in tante occasioni la parte del povero

Renzo, confuso dal “latinorum” di Don Abbondio. Non abolire, dunque, ma riorga-nizzare, in modo da dare l’ade-guato spazio a tutte le discipline oggi importanti.

Don Abbondio, tante

volte soggiogato

dagli altri, confuse il

povero Renzo con il

U

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12 Under Liceo statale Galileo Galilei - Caravaggio

Attualità

S abato 22 novembre 2008 è crollato il soffitto dell’aula 13 del liceo Darwin a Rivoli, in provincia di Torino. Erano le 11.00 quando una folata di vento proveniente dalle finestre aperte

fa sbattere la porta e improvvisa-mente tutto precipita. Dei molti feriti della classe 4a G, tre sono gravi, uno addirittura rischia la paralisi. Vito Scafidi perde la vita sotto un tubo di ghisa. Questo agghiacciante fatto di cronaca ha sconvolto l’Italia e fa riaffiorare una situazione nazionale di im-prudenza di gestione dei luoghi pubblici. Il tubo di ghisa che ha provocato la morte di Vito era inutilizzato dagli anni Ottanta ed era sorretto da fili di ferro vetusti e logori. Non si può concepire il fatto che la struttura di questo liceo, che ha origine negli anni Trenta, non sia mai stata sottoposta a manuten-zioni periodiche. Questi argomenti purtroppo ven-gono affrontati solo in seguito a casi di disgrazie. Questi problemi sono presi in considerazione solo se un innocente di diciassette

anni muore. È vergognoso che a fare le spese di queste disatten-zioni siano i più giovani: bambini e adolescenti che vanno a scuola a svolgere il loro dovere, così

come gli ope-rai vanno in fabbrica a lavorare. Chi ha buona me-moria si ricorderà del caso dram-matico di San Giuliano nel Moli-se nel 2002. Anche quel terribile giorno morirono 27 bambini in-nocenti che con le loro maestre si trovavano in classe a fare lezione. Come a Rivoli, cadde sulle loro teste il soffitto delle classi poiché non era a regola ed era troppo fragile. La causa di ciò fu un terremoto. La domanda che ci si poneva allora e alla quale i geni-tori di questi bimbi probabilmen-te non hanno ancora trovato ri-sposta era perché ci fu quel crollo disastroso dato che le case limi-trofe resistettero senza problemi alla scossa. Fatalità o colpa? Le statistiche effettuate in questi

ultimi giorni dimostrano però che moltissimi istituti scolastici d’Ita-lia oltre al liceo Darwin necessita-no il prima possibile di ristruttu-razioni e riparazioni perché sono ormai troppo vecchi e degradati. Purtroppo pensiamo che recente-mente l’Italia abbia fatto del fata-lismo una sua virtù. Si manifesta, si emana, si fanno decreti, si di-scute, si sciopera, si piange, ma

poi tutto termina sempre col di-menticare. Nessuno si adopera per evitare tragedie, ci si accorge solo dopo che queste sono suc-cesse che era possibile far sì che non avvenissero. Nel nostro Paese non mancano le leggi, anzi. Il problema è che non vengono rispettate, o meglio non vengono applicate severamente e, talvolta, solo in parte. È proprio questo nostro eccessivo permissi-vismo che apre la strada a tanti incidenti sicuramente evitabili. Quanti bambini e giovani devono morire ancora? Non c’è colpevo-le più grande di colui che finge di non vedere e lascia che disgrazie simili possano succedere ancora. Lo Stato deve assumersi le sue responsabilità e cambiare radical-mente il suo metodo d’operare. All’Italia serve più rigore e severi-tà in tutti i campi della vita socia-le e pubblica.

Roberta Ferri, Paola Mascaretti e Roberta Zucchinali 3a I

Morire ragazzi, morire a scuola. Morire ragazzi, morire a scuola.

Fatalità colpa o ?

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Page 13: Underground 2008 n. 2

anno XVII nr. 2 13

Il liceo

SPORTSPORT EE DIVERTIMENTODIVERTIMENTO

E così come ogni anno eccoci qui, tutti sudati dopo una bella corsa in campagna. Dopo la giornata del 18 Novembre 2008, possiamo affermare che la Strali-ceo è ormai diventata una tradi-zione, una giornata sportiva che ci riunisce e un modo per fare dello sport divertendoci. Questa competizione non è aper-ta solamente agli studenti — or-ganizzatori e non — ma anche al resto della scuola, compresi i pro-fessori più coraggiosi ed il perso-nale ATA che si rende sempre disponibile per l’organizzazione. Perché lo si fa? Perché correre per cinque chilometri in mezzo ai campi uscendone quasi sempre pieni di fango, sudati e con il fia-

tone?... Per dimagrire? Per diven-tare più belle? Per bere un po’ di tè in compagnia?... Non solo, anche per conoscere meglio se stessi e cercare di superare i pro-pri limiti, magari arrivando anche primi. Ecco allora una piccola classifica dei podisti. Per il biennio maschile si sono classifica-ti in quest’or-dine: Angelo Garlini (2a B), Matteo Borella (1a A), Gianmarco Luggeri (2a I) e per le gentil don-zelle: Giulia Gatti (1a D), Ales-sandra Guaitani (2a E) e Daria Bonfanti (2a H). Abbiamo invece

per il triennio maschile tre baldi giovani in cerca di una ragazza, almeno così dicono: il primo clas-sificato, vincitore della Straliceo 2008, Giorgio Bertola, nonché

Alice Maffioli, Gaia Maina, Michele Marchesi, Manuela Oldoni e Deborah Ubbiali

nostro rappresentante di Istituto (5a E); Matteo Cavalleri (3a A) e Marco Belloli (4a L), un altro dei rappresentanti di Istituto. Infine abbiamo, per le ragazze del B

orn

to r

un

Questa voglia di mettersi

in gioco è una delle più

importanti finalità della

corsa campestre

“ ”

>

Page 14: Underground 2008 n. 2

14 Under Liceo statale Galileo Galilei - Caravaggio Il liceo

BIENNIO

femminile

Gianmarco Luggeri

2a I

Matteo Borella

1a A BIENNIO

maschile

Giorgio Bertola

5a I

Matteo Cavalleri

3a A

Marco Belloli

4a L TRIENNIO

femminile

Anna Testi 4a F

Angelo Garlini

2a B

TRIENNIO

maschile

Giulia Gatti 1a D

Alessandra

Guaita

ni

2a E

Daria

Bonfanti

2a H

Stefania Gusssago

3a H

Sylvia Vassalli

4a H

1a

2a

3 a

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2a

1 a

1o

2o

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2o

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Così a

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ard

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La Straliceo è ormai

diventata una tradizione,

una giornata sportiva che

ci riunisce

“ ”

triennio: Stefania Gussago (3a H), Sylvia Vassalli (4a H) e Anna Testi (4a F). Anche i professori si sono distinti per i loro risultati brillanti. La professoressa Brigatti si è classifi-cata quarta nella corsa del trien-nio con un tempo di 27 minuti e

26 secondi e ha dichiarato che la Straliceo è sempre una bella espe-rienza, alla quale ormai partecipa da anni conoscendo perfettamen-te il percorso. Afferma però an-che che esiste una nota negativa ovvero la scarsa partecipazione da parte dei professori e del per-

sonale ATA alla corsa. Concorda su questo la professoressa Spata-ri, che è riuscita a migliorare il suo tempo di circa cinque minuti rispetto all’anno passato. La stes-sa afferma scherzosamente che il tè distribuito all’arrivo non era dei migliori, ma che apprezza

Studenti...

>

Page 15: Underground 2008 n. 2

anno XVII nr. 2 15 Under

l’impegno degli studenti organiz-zatori. Il professor Amalfa, nuo-vo acquisto del Liceo, si è distin-to per il discreto risultato ottenu-to partecipando con entusiasmo e cogliendo al volo l’opportunità di fare dello sport. Una delle apri fila, Stefania Ca-vazzoli (5a G), che ha seguito la gara da vicino, ha particolarmen-te apprezzato il sano agonismo delle prime arrivate del biennio, che si sono (s)battute con grinta fino alla fine per aggiudicarsi la vittoria sportivamente. Questa voglia di mettersi in gioco e di impegnarsi per raggiungere uno scopo, è una delle più importanti finalità della corsa campestre, che oltre ad essere una possibilità di svagarsi per un giorno dalle lezio-ni è un’esperienza divertente e costruttiva; a dimostrazione di ciò, molti ragazzi delle classi quinta, pur non essendo “obbligati” hanno deciso di par-tecipare, talvolta arrivando tra i primi e in altri casi prendendola

...e professori

sul ridere: «Sto soffrendo, ma mi sento già più in forma». Pur sapendo che questa frase riassume il pensiero comune di quasi tutte le ragazze, speriamo che questa giornata sportiva ab-bia sempre più seguito nei prossi-mi anni, anche da parte dei più pigri - professori compresi - e che continui ad esserci quell’en-tusiasmo e quello spirito sportivo che da sempre la contraddistin-gue. Quindi, ragazzi, ragazze e professori… vi aspettiamo numerosi l’anno prossimo!

Foto di gruppo per i professori

di Educazione fisica,

organizzatori della Straliceo

In questa e nella pagina precedente, le immagini di alcuni atleti

impegnati nella Straliceo. Tra di loro non solo gli studenti ma

anche alcuni insegnanti, come il professor Amalfa e la

professoressa Spatri (qui a destra)

U

Page 16: Underground 2008 n. 2

16 Under Liceo statale Galileo Galilei - Caravaggio Il liceo

Laura Cau 5aF

A nche nel corso dell’anno scolastico 2007/2008 è stata proposta, agli stu-

denti di terza e quarta che lo desi-deravano, l’occasione di parteci-pare, durante i mesi estivi, ad esperienze di stage lavorativi. Questo progetto si svolge ormai da qualche anno a questa parte ed è ormai diventato una consuetu-dine del nostro liceo, che vuo-le offrire ai suoi studenti un contatto diretto con il variegato mon-do del lavoro e una possibilità di schiarirsi le idee riguardo l ’ imm inen t e scelta universi-taria. La maggior parte degli stu-denti che hanno partecipato a questo progetto hanno dato il loro contributo in ditte, municipi, poste, farmacie e uffici vari. Approfittando delle vacanze na-

talizie, ho incontrato Paolo Bian-chessi, studente della 5^F, per scambiarci gli auguri e per scam-biare quattro chiacchiere, cosa non sempre possibile a scuola. Così ho avuto la possibilità di venire a conoscenza del fatto che Paolo quest’estate ha partecipato ad uno stage lavorativo a Roma.

Il mio compagno di classe è rima-sto nella capitale per tre settima-ne, esattamente dal 9 giugno al 27 dello stesso mese, durante le quali ha tradotto dall’inglese un libro del diplomatico israeliano Daniel

Taub, intitolato “ABC per cono-scere l’Ebraismo”. Affascinata da questa sua esperienza e vedendo-lo così entusiasta del suo lavoro, ho deciso di intervistarlo, di mo-do che tutti possano farsi un’idea di come uno stage lavorativo non sia un togliere giorni di vacanza quanto un’occasione di crescita. Allora Paolo, come hai avu-

to questa proposta di lavo-

ro?

Quando è arrivata in classe la circolare riguardante gli stage lavorativi, sinceramente ero un po’ scettico se parteciparvi o me-no. Successivamente, per curiosi-tà, ho preso parte alla riunione indetta della professoressa Gan-zerla, responsabile del progetto. L’esposizione riguardo allo stage della responsabile, professoressa Ganzerla, era stata chiara ed e-sauriente al punto tale di farmi decidere di aderire quasi imme-diatamente. Parlandone successi-vamente con mio zio, responsa-bile in qualità di biblista delle

Stage

Un’occasione per crescere

lavorativi

Inte

rvis

ta/1

?

Page 17: Underground 2008 n. 2

anno XVII nr. 2 17 Under

Edizioni San Paolo (casa editrice romana a sfondo religioso), è emerso che, anche nella loro re-dazione avrebbero avuto bisogno di stagisti traduttori. Ho richiesto alla prof.ssa Ganzerla se c’era la possibilità di svolgere lo stage nella sede di Roma e la risposta è stata subito positiva. Quali sono state le fatiche

che hai dovuto affrontare?

Prima di tutto la difficoltà mag-giore è stata quella di conoscere una trentina di dipendenti che lavoravano nel mio stesso re-parto, i quali devo dire sono stati tutti molto disponibili nell’aiutarmi e nell’indirizzar-mi in quello che poi è stato il mio lavoro. La seconda difficoltà è stata quella di convincermi di essere in grado di svolgere il la-voro assegnatomi. Ter-za, e non trascurabile, difficoltà è stata quella di stare 8 ore in ufficio. Quali abilità comporta un lavo-

ro di questo tipo?

Le abilità richieste per questo tipo di lavoro sono: prima di tut-to la conoscenza della lingua in-glese (per mantenermi fedele al testo originale inglese), la cono-scenza delle strutture morfo-sintattiche della lingua italiana e la precisione nella cura dei contenu-ti. Oltre alla traduzione di un li-bro dall’inglese, durante lo stage ho avuto anche la possibilità di svolgere un lavoro di revisione stilistico-tecnica di un testo in lingua italiana, di formulare un giudizio su un romanzo di lingua inglese e di partecipare a confe-renze stampa per presentazioni di libri. Come fa uno studente a tra-

durre un libro su un argo-

mento, come l’ebraismo,

che non conosce veramen-

te?

Quando qualcosa non mi era

chiaro, era a mia disposizione la mail dell'autore che tra l'altro si è mostrato molto disponibile quan-do gli ho posto alcune domande d i c h i a r i m e n t o . Il fatto poi di essere parte di una redazione biblica garantiva una supervisione preziosa al lavoro. Quindi qual è l’obiettivo di

questo libro? La giusta cono-

scenza del testo è accessibi-

le solo a colui che ha

un’“affinità vissu-

ta” con ciò di cui

parla il testo, cioè

dell’ebraismo, op-

pure tutti possono

affrontarne la lettu-

ra?

L'obiettivo della serie in cui è inserito il volumetto è quello di introdurre in un argomento quanti non vi sono addentro. L’argomento è, infat-ti, trattato in un italiano sempli-ce e immediato, proprio perché i contenuti che devono essere ac-cessibili facilmente a tutti. Bisogna però anche ricordare che tra il cristianesimo e l’ebraismo il legame è molto forte quindi un buon cristiano ha necessariamen-te chiari anche i punti chiave del-l’ebraismo implicitamente. Il rap-porto tra queste due fedi può essere paragonato a quello tra la radice e l'albero. Basta anche solo

sfogliare la Bibbia: più dei due terzi dei libri biblici accomunano cristiani ed ebrei. Non a caso Gesù è nato, cresciuto, vissuto come Ebreo, facendo dell'ebrai-smo vissuto fino in fondo un

nuovo annuncio aperto a tutti gli uomini e a tutte le donne. Cosa hai tratto da un’espe-

rienza come questa?

Lo stage mi ha dato la possibilità di entrare a stretto contatto con la realtà di una grande casa editri-ce e di viverne da vicino le dina-miche. Sono stato coinvolto in progetti molto interessanti, a contatto non solo con l’azienda in senso stretto, ma anche con gli autori dei libri. Di sicuro un’espe-rienza utile e formativa, un primo vero contatto con il mondo del lavoro, in un ambiente dinamico e sempre in movimento. Questa esperienza è stato un passo im-portantissimo per chi, come me, desidera, un giorno, varcare le porte delle più importanti testate nazionali. Non lo nego, il giorna-lismo e tutto ciò che è lavoro di redazione è il mio sogno. Questo stage mi ha aiutato a capire come si lavora in gruppo, mi ha per-messo di conoscere persone im-portanti e di livello. Esperienza utile e importante per tutti gli stu-denti. Credo che l’intervista fatta a Pao-lo e il racconto della sua esperien-za possano essere utili a chiunque sia incuriosito da questo tipo di progetto. Uno stage lavorativo è un’occasione che permette di prendere dimestichezza con il mondo del lavoro, aiuta a miglio-rare il proprio bagaglio di cono-scenza, aiuta a responsabilizzarsi e, come nel caso di Paolo, può rappresentare un primo passo verso la carriera cui ognuno aspi-ra. Invito quindi tutti gli studenti delle classi terze e quarte a ricer-care ulteriori informazioni a ri-guardo, un’esperienza del genere rappresenta una scelta importante sia nel percorso scolastico sia nell’avvicinamento al mondo del lavoro.

Lo stage mi ha dato la

possibilità di entrare a

stretto contatto con la

realtà di una grande casa

editrice e di viverne da

vicino le dinamiche

“ ”

U

Page 18: Underground 2008 n. 2

18 Under Liceo statale Galileo Galilei - Caravaggio Il liceo

Come è nata quest’espe-

rienza?

Il campo delle biotecnologie mi ha sempre affascinato molto, grazie soprattutto alla sua capaci-tà di sfornare sempre nuove e sorprendenti scoperte e alla sua fondamentale utilità in molti campi. Sebbene avessi preso in conside-razione questa ipotesi, l’anno scorso decisi che non avrei segui-to un corso di studio che mi per-mettesse di lavorare in quel cam-po. Prima però di dire addio a questo mondo, avrei voluto co-noscerlo da vicino, se non altro per soddisfare qualche mia curio-sità. Proprio nel periodo in cui facevo queste considerazioni, mi si è presentata l’opportunità di frequentare uno stage presso un

istituto di ricerca sul cancro situa-to a Milano, l’IFOM-IEO, op-portunità che ho colto con piace-re. Quale ambiente hai trova-

to?

Dopo due settimane trascorse in

questo mondo di ricercatori e provette, devo dire che a colpirmi di più non è stata la ricerca scien-tifica, ma chi la compie e dove si compie. Le mie aspettative sono state completamente stravolte: credevo che avrei trovato am-bienti asettici e anonimi, e invece ho potuto osservare spazi resi accoglienti e familiari da fotogra-

fie, cartoline e molto altro appese un po’ dappertutto, scrivanie go-vernate dal disordine tali e quali

alla mia, pian-te… La sterili-tà rimane in-fatti confinata nei laboratori, che non ven-gono usati nella totalità del tempo. I ricercatori

stessi sono stati una sorpresa. Mi aspettavo individui rigidi in cami-ce bianco, magari noiosi, ma non potevo essere più lontana dalla verità. Mi sono trovata, infatti, a collaborare con persone per lo più molto giovani e provenienti

da tutto il mondo, aperte e solari, sempre pronti alla conversazione e alla battuta, sebbene capaci di essere serie nei momenti giusti. Non rimangono neppure sempre in camice, come forse le foto utilizzate per la pubblicazione su articoli potrebbero far credere, anzi, lo utilizzano solo quando è strettamente necessario! Questo è soprattutto il motivo per cui lo In

tervis

ta/2

QUI SI FA LA RICERCA

E SI FUGGE

La ricchezza che ognuno ha dentro di sé va divisa con gli altri, altrimenti non vale la pena di possederla.

Rita Levi Montalcini

A ltre classi, altro stage. Marialuisa Grizzuti e

Margherita Cattaneo, due

ragazze di 5a E e 5a B, a

giugno hanno frequentato per

qualche settimana il campus

La pazienza del buon ricercatore

Ho incontrato ricercatori

giovani e promettenti che

amano il proprio lavoro

ma che si trovano spesso

a disagio per la presenza

di contratti a termine

“ ”

Intervista a Marialuisa Grizzuti 5a E

Page 19: Underground 2008 n. 2

anno XVII nr. 2 19 Under

Come è nata quest’espe-

rienza?

La scorsa primavera la scuola ha offerto a tutti gli studenti del quarto anno la possibilità di par-tecipare a stage lavorativi durante il periodo estivo: esperienze utili sia per la nostra carriera scolasti-ca, sia per quella lavorativa. Que-sta era un’offerta formativa che in principio avevo accolto favore-volmente, ma che poi avevo recli-nato, pensando che, purtroppo non c’era nessun particolare stage che mi avrebbe aiutata nelle mie

stage è stata un’esperienza diver-tente e non pesante, nonostante i viaggi da compiere ogni giorno per raggiungere l’Istituto di ricer-ca. Quali sono i requisiti per

essere un buon ricercatore?

Una cosa che ho compreso dav-vero bene grazie a questo stage è

Margherita Cattaneo e Marialuisa Grizzuti

all’Istituto di ricerca IFOM-IEO

scelte future, principalmente ri-guardanti l’iscrizione all’universi-tà. Poi, all’improvviso durante una lezione di chimica il profes-sor Teri presenta alla classe un bando di concorso: si potevano candidare due alunni per scuola, i primi duecento candidati avreb-bero sostenuto un test di biologia e i primi venti classificati avreb-bero partecipato ad uno stage estivo di due settimane presso il campus IFOM-IEO, il miglior centro di ricerca italiano (e forse anche europeo) di oncologia mo-lecolare! Per me, fu una notizia quasi folgorante! Certo, quando a maggio si trattò di andare a soste-nere questo test, non ero molto sicura del risultato, ma tutto è andato per il meglio e a giugno è iniziata la vera avventura. Qual è stato il tuo lavoro di

ricerca?

Assegnatami la mia postazione al bancone di lavoro del laborato-rio, i vari membri del team mi hanno introdotto alla ricerca e al lavoro che avrei poi seguito: una ricerca su un caso particolare di leucemia acuta mieloide M5, do-vuta ad un riarrangiamento raro del cariotipo con traslocazione 46, XY, t(X;6) (p22;q25). O più semplicemente, lo studio geneti-co degli errori visibili a livello del DNA (sono stati scambiati alcuni geni tra due cromosomi) che hanno portato allo sviluppo di una leucemia (cioè un cancro del

QUI SI FA LA RICERCA

E SI FUGGE

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dell’Ifom-Ieo. Nelle interviste

pubblicate in queste pagine

raccontano come è andata.

Il DNA visto da vicino

Intervista a Margherita Cattaneo 5a B

Page 20: Underground 2008 n. 2

20 Under Liceo statale Galileo Galilei - Caravaggio Il liceo

stata l’importanza della pa-zienza e della quantità di tempo necessaria per svolgere il mestiere di ricercatore. Ogni esperimento va sempre ripetuto più volte, per-ché è necessaria l‘assoluta certez-za della validità di ogni scoperta: capita anche che pur avendo ot-tenuto un risultato positivo in un primo momento, i successivi sia-no tutti o in gran parte deludenti. Nell’ambito dell’esperimento stesso vi sono talvolta fasi che possono durare molto tempo: nel frattempo ci si può dedicare allo svolgimento di altre esperienze di laboratorio, ma di sicuro tenerne troppe contemporaneamente potrebbe creare una confusione nociva per questo lavoro. Per questo capitano momenti in cui ci si ritrova senza nulla da fare, tempo che si può impiegare per studiare articoli pubblicati recen-temente per tenersi aggiornati ma anche per conversare con gli altri ricercatori. Cosa ti ha affascinato?

Dal lato scientifico mi ha affasci-nato per prima cosa vivere la ri-

cerca dal vivo, assistendo a quelle che un domani potrebbero rive-larsi essere grandi scoperte. In secondo luogo è stato davvero soddisfacente e sorprendente osservare finalmente apparec-chiature e procedimenti accennati sui libri, ma che prima potevo solo immaginare. Per questo mi sono stupita vedendo per la pri-ma volta la macchina utilizzata per l’elettroforesi, ovvero l’analisi del DNA: l’immagine che avevo in mente era più quella di una grossa apparecchiatura completa-

mente automatizzata, invece non è più grande di una scatola, e il suo utilizzo è quasi completa-mente manuale, sia in fase di pre-parazione che di analisi dei risul-tati. Il lavoro del ricercatore, anche se non sembra, non è unicamente intellettuale, ma presuppone an-che una forte componente ma-nuale, molto importante. Per e-

sempio, per calcolare la densità di cellule nel liquido in cui vengono fatte crescere (in modo da capire quando far terminare il processo), queste vengono letteralmente contate dal ricercatore stesso. Viene presa una quantità precisa di liquido, ovviamente molto pic-cola, e posta in uno speciale vetri-no che presenta sulla sua superfi-

cie il disegno di una griglia; osservando il vetrino con il microscopio si

conta quante cellule si trovano in un quadratino della griglia, e at-traverso dei calcoli si riesce a co-noscere approssimativamente quante ve ne siano nell’intero liquido. Ci sono state difficoltà che

hai incontrato?

Il mio tutor è stato avvisato in ritardo dell’attività di stage, per questo motivo non aveva prepa-rato delle attività specifiche che potessi condurre in autonomia. Ho quindi seguito gli esperimenti che aveva in programma, ese-

guendo quelle azioni meno cru-ciali che ero in grado di svolgere, come inserire il DNA nel gel uti-lizzato per l’elettroforesi, o cam-biare il terreno di coltura alle cel-lule (cioè farle passare da un li-quido che ha perso nutrimento a causa della loro crescita ad uno nuovo). Non ho quindi incontra-to troppe difficoltà: il problema principale è stato il dovermi ade-guare ai meticolosi standard igie-nici del laboratorio. Si deve lavo-rare in camice e guanti, e tenere le mani e gli strumenti tutti sotto una cappa sterile; le pipette inter-cambiabili vengono tutte preleva-te al momento dalle confezioni singole, e se per caso le loro pun-te toccano qualcosa che non sia l’interno della provetta, devono subito essere buttate via, identifi-cate come rifiuti medici pericolo-si e quindi non riciclabili: proprio pie questo bisogna sempre fare molta attenzione ed essere parti-colarmente precisi. Un’altra difficoltà derivava dalla natura del mio stage, che a diffe-renza degli altri era in inglese. Il mio tutor, Paul Massa, infatti, è un ricercatore proveniente dagli Stati Uniti. Per questo a volte è stato difficile seguire tutte le spie-gazioni degli esperimenti in ingle-se, per la presenza di molti termi-ni tecnici praticamente mai senti-ti. Tuttavia, da questo punto di vista questa esperienza mi ha per-messo di migliorare l’utilizzo del-la lingua inglese. Per ogni studioso l’obietti-

vo prioritario è la continua

esplorazione nel settore di

propria competenza. Come

intendi continuare?

Anche se non continuerò i miei studi nel campo delle biotecnolo-gie, continuerò a seguirne i risul-tati, quel che mi affascina è capire una cosa comprensibile come l’universo. Mi dedicherò comun-In

tervis

ta/2

Il lavoro del ricercatore,

anche se non sembra, non

è unicamente

intellettuale, ma

presuppone anche una

forte componente

manuale

“ ”

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anno XVII nr. 2 21 Under

sangue) che comporta un’ec-cessiva produzione di blasti, che sono lo stadio “infantile” dei glo-buli bianchi. I principali obiettivi su cui si con-centra la ricerca, sono la scoperta dell’esatto punto di rottura fra i geni scambiati e lo studio dell’in-solita proteina che proprio per questo spostamento di materiale genetico viene creata, la proteina MYB-GATA1 (dai nomi dei geni che la compongono). E ovvia-mente è necessario controllare se, come si pensa, è proprio questa

proteina a produrre lo sviluppo della malattia. Così, è stata svolta una serie di esperimenti su delle cellule muri-ne e vetrini con strisci di sangue, prelevati durante tutto il periodo di sviluppo della malattia. Cosa ti ha affascinato?

Durante il mio periodo di stage mi sono state mostrate le modali-tà di estrazione ed analisi del DNA, riuscendo anche a rendere fluorescenti e perciò immediata-mente visibili le proteine interes-sate. Inoltre grazie a degli strisci di sangue su vetrini ho potuto osservare in prima persona, gra-zie ad un potente microscopio elettrico, i globuli bianchi e le loro mutazioni ed anomalie pro-dotte dalla leucemia. Questa è stata decisamente la componente più affascinante dell’intero lavo-

ro: poter “toccare con mano” com’è realmente composto il sangue, che è qualcosa che scorre nel nostro corpo e che spesso ci capita di osservare, ma di cui que-sta è una visione diversa e pecu-liare, incantevole quanto un’ope-ra d’arte. Per ogni studioso l’obietti-

vo prioritario è la continua

esplorazione nel settore di

propria competenza. Come

intendi continuare?

Questa esperienza è stata decisa-mente positiva per me, tanto più in quanto ho potuto dedicarmi veramente, per intere giornate, su argomenti di studio che da subito hanno catalizzato la mia attenzio-ne e mi hanno fatto davvero comprendere che la mia inclina-zione, dopo la preparazione scientifica fornita dal nostro lice-o, mi spinga ad affrontare volen-tieri studi medici. A settembre, in seguito ai test per la Facoltà uni-versitaria di Medicina e Chirurgia, deciderò definitivamente del mio futuro che sarà improntato su materie scientifiche. «Oggi la ricerca ha bisogno

di rivalutare la meritocrazia

senza creare primedonne: i

giovani promettenti devono

essere stimolati». Condividi

quest’affermazione?

Condivido pienamente. Per acce-dere a questo stage, siamo stati selezionati in base alle nostre co-noscenze e predisposizioni e non solo è motivo di orgoglio esser stati scelti, ma anche e soprattut-to un modo per incentivare noi studenti a soddisfare continua-mente la nostra curiosità. Credo che il segreto della creati-vità in campo scientifico risieda soprattutto nella curiosità, nella mente che rimane bambina, co-me diceva Einstein, e nel vedere il mondo con gli occhi aperti.

Il segreto della creatività

in campo scientifico

risieda soprattutto nella

curiosità, nella mente che

rimane bambina, come

diceva Einstein, e nel

vedere il mondo con gli

occhi aperti

“ ”

que alle scienze, ho infatti in pro-gramma di iscrivermi alla facoltà di ingegneria del Politecnico di Milano. “Oggi la ricerca ha bisogno

di rivalutare la meritocrazia

senza creare primedonne: i

giovani promettenti devono

essere stimolati”. Condividi

quest’affermazione?

Quando si parla di diventare ri-cercatori, c’è sempre chi sottoli-nea la “fuga di cervelli” e le ina-deguatezze italiane. Grazie a que-sto stage ho potuto, purtroppo, constatare la verità di tutto ciò. Ho incontrato molti ricercatori giovani e promettenti che amano il proprio lavoro, ma che si trova-no spesso a disagio per la presen-za di contratti a termine o il man-cato aumento di uno stipendio davvero scarso se relazionato all’utilità di simile ricerche, fina-lizzate alla ricerca contro il can-cro. Ma la fuga di cervelli non coinvolge solo i ricercatori italia-ni. Nell’istituto IFOM ,infatti, è presente una forte componente di ricercatori stranieri, molti dei quali decide però ben presto di lasciare il nostro Paese, spesso a malincuore, avendo trovato nel-l’Italia un luogo piacevole in cui vivere ed essendosi innamorati: vengono ostacolati, oltre che dal-la retribuzione non adeguata, anche da svariati problemi buro-cratici, come gravi ritardi nella consegna dei permessi di soggior-no. Penso che questa situazione sia inaccettabile, poiché per svi-luppare la ricerca bisogna predi-sporre di fondi che qui non si trovano, sia per garantire un’at-trezzatura adeguata, sia per ga-rantire una base economica ai giovani ricercatori che non do-vendosi preoccupare per il pro-prio futuro possano così miglio-rare il loro rendimento.

SEGUE DA PAG. 19

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Page 22: Underground 2008 n. 2

22 Under Liceo statale Galileo Galilei - Caravaggio

Club

costeggiate da palazzoni enormi, a quartieri deserti. In queste location si intrecciano quattro storie tragi-che di inquietante e tragico realismo. 1) La storia del tredicenne Totò occupa prevalen-temente la prima parte del film. L’ingenuità di un innocente ragazzino si può velocemente trasformare in vera e propria smania di sentirsi più grande. Totò, durante l’estate, aiuta la madre a gestire un piccolo negozio d’alimentari. Il ragazzino passa velocemente

dalle commissioni per la madre, alle “ambasciate” camorristiche, fino ad entrare a far parte dei grandi clan della mafia. Coinvolto in autentici riti d’iniziazione, che consistono nel farsi sparare in petto con un giubbotto antiproiettile, e guerriglie, Totò sarà costretto a cedere e a ritorna-re un ragazzo normale. 2) Totò non è l’unico teenagers ad avere degli in-

trecci pericolosi con la mafia. Marco e Ciro, cresciuti con il mito di Scarface, so-gnano di opporsi da soli al “sistema”, di diventare “padrini” di tutti, da soli e con-tro tutti. Dopo aver spacciato droga e contraffatto armi per molto tempo, i due capiscono di essere entrati a far parte di una vera e propria guerra, senza esclusioni di colpi. Nel momento in cui realizzeran-no di non avere più scampo, perché ricat-tati dai grandi camorristi sarà ormai trop-po tardi.

Paolo Bianchessi 5a F

“Il sole spuntava sulla terra e Lot era arrivato a Zoar,

quand'ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sodoma e

sopra Gomorra zolfo e fuoco proveniente dal Signore” (Gen

19, 23-24)

C on zolfo e fuoco il Signore distrusse Gomorra, una delle “cinque città della pianura” che, nel corso della Genesi, Dio distrusse

per punire gli abitanti corrotti. I “sodomiti” e “gomorrei”, nella società moderna, sarebbero raccolti in un unico termine: omosessuali. I peccatori contro natura, così Dante li definisce nel Purga-torio, hanno ispirato uno dei fenomeni letterari più imponenti degli ultimi anni. Lo scrittore Roberto Saviano ha deciso di intitolare il suo romanzo shock sulla ca-morra, Gomorra, sia per una certa asso-nanza dei termini, ma anche per un sano uso del paragone. Come Gomorra, Napoli è la città italiana corrotta per eccellenza. Roberto Saviano ordina, Matteo Garrone esegue! Il regi-sta de “L’imbalsamatore” e di “Primo amo-

re” mette in scena dunque una storia complessa e intreccia quattro storie diametralmente opposte in un grandio-so film corale, che ha come filo con-duttore, dall’inizio alla fine, la vita cam-morristica. Il film è ambientato nei vari quartieri di Napoli, dalle Vele di Scampia alle di-scariche abusive, dalle strade asfaltate

Il braccio violento Italia dell’

Totò dopo il rito di iniziazione

per entrare nella gang. Sotto,

Page 23: Underground 2008 n. 2

anno XVII nr. 2 23 Under

3) Franco, interpretato da un bravissimo Toni Ser-villo, propone agli industriali del nord Italia lo smal-timento dei rifiuti tossici a prezzi dimezzati. Gli im-prenditori ac-cettano, pur sapendo che lo smal t imento

avrà luogo nelle discariche abusive della Campania. Nella sua attività, Franco è, in un primo momento aiutato dal figlio, che poi si licenzia. Franco conti-nua nella sua attività illegale, sempre sorvegliato dai camorristi e dai massimi esponenti della mafia na-poletana. 4) L’ultima storia è quella di Pasquale, un bravissi-

Titolo originale: Gomorra

Regia: Matteo Garrone

Anno: 2008

Nazione: Italia

Distribuzione: Fandango

Durata: 135 minuti

Genere: Drammatico

Censura: film per tutti

Data d’uscita italiana: 16 Maggio 2008

Cast:

Salvatore Abruzzese (Totò)

Simone Sacchettin (Simone)

Toni Servillo (Franco)

Italo Renda (Italo)

Salvatore Rocco (Boxer)

Gianfelice Imparato (Don Ciro)

La scheda del film

7+ �

Voto:

Cappotto di legno prima delle botte in petto

La c

an

zon

e

C ome muore Roberto Saviano? Ce lo

spiega il cantante hip-hop napoleta-

no Lucariello, che insieme all’autore di

“Gomorra” hanno deciso di scrivere una

canzone sulla camorra, simulando la

morte di Saviano stesso. Il titolo della

canzone è “Cappotto di legno”. L’imma-

gine del “cappotto di legno” nel gergo

napoletano serve per indicare la bara da

morto. In questa canzone è, più che al-

tro, usata per descrivere una sensazione

di costrizione e insieme di tragica attesa.

Ve ne proponiamo alcuni stralci impor-

tanti in napoletano con la traduzione

italiana a lato.

A Casal vita e morte so a stess cos'

E' l'un e lucid a pistol,

tir n at bott a vol,

vott arint o caricator'

Ca Maronn ncopp u cor',

ess m perdon',ca man ro Signor

ott' bott mpiett ra ret i rin ntu scur

E pur se stu buffon avess ragion,

l'agg guardà nterr fin a quann nu mor

“Vulev sentì a stu Robett Savian, pchhè

Robett Savian è nu pagliacc., è nu buf-

fon, I camurrist sono loro...”

A Casale vita e morte sono la stessa cosa

E’ l’una e lucido la pistola,

Tiro un’altra striscia al volo,

Butto dentro il caricatore,

Con la Madonna sul cuore,

So che lei poi mi perdonerà

Otto colpi nel petto dalla schiena nel buio,

E se questo buffone avesse ragione?

Lo guardo a terra fino a che non muore

Volevo sentire questo Roberto Saviano,

perché ‘sto qua è un pagliaccio, è un

buffone, i camorristi sono loro.

“Uccidere tutti. Tutti

quanti. Anche col dubbio.

Spara! E’ melma. Melma,

solo melma”.

Recen

sio

ni

“ ”

mo sarto che lavora (in nero) nei ranghi privilegiati dell’alta moda. Il sarto si trova spesso ricattato e sfruttato dagli strozzini della camorra. Un po’ per paura e un po’ per guadagnare di più, accetta la pro-posta di un imprenditore cinese che gli offre soldi a palate a lezione per insegnare il mestiere ai suoi >

Page 24: Underground 2008 n. 2

24 Under Liceo statale Galileo Galilei - Caravaggio Club

operai dagli occhi a mandorla. Quando questo suo lavoro viene scoperto dai camorristi, rimarrà vittima di una sparatoria. Scampato alla morte, Pa-squale decide di smettere di fare il sarto e di diven-tare camionista. Un lavoro diverso, senza rischiare la vita. Quando il film finisce, resta nell’aria della sala cine-matografica solo un urlo di rabbia. Non si riesce a capacitarsi del perché, del motivo di tanta violenza, di tanto odio. Quando esci dal cinema e hai visto “Gomorra”, hai ancora negli occhi l’ultima scena: Ciro e Marco morti e trasportati da una ruspa, due cadaveri innocenti, due morti “gratuite”. Ma la cosa che ti rode dentro alla fine del film, il rimorso che ti porta fino all’odio incondizionato, è il realismo con cui Matteo Garrone ha rappresenta-to il suo Gomorra. Uno sguardo sulla realtà, uno squarcio di verità in un mondo di finzioni. Esci dal cinema e sai che quello che hai appena visto non finisce con i titoli di coda, ma continua, fuori della sala cinematografica. Paure, timori, preoccupazioni: è questo che “Gomorra” riesce a suscitare nello spettatore, grazie anche ad una sceneggiatura degna di nota come quella di Saviano. La lotta contro l’omertà e la guer-ra contro la camorra avranno fine prima o poi? Di-pende solo da chi ci opera, da chi gioca, ormai da troppo tempo, con le vite degli altri. I camorristi, i terroristi e i mafiosi dovrebbero almeno riflettere sul problema perché sono loro il motore azionante di questa macchina di morte, che miete vittime in-nocenti in ogni angolo della campagna napoletana. I cadaveri di Marco e Ciro trasportati della ruspa e innalzati al cielo, nelle mani di Dio, l’innocenza per-sa dal piccolo Totò, l’agire nascosto e inconsapevole di Franco e il rifugio nel lavoro in nero di Pasquale sono vittime reali di un sistema e di un mondo che sta andando in frantumi, perso nei fumi della droga e del narcotraffico, un mondo fatto di sparatorie e aggressioni. Mettiamo fine alla camorra! Trasmettia-mo il messaggio alla mafia! “Pensa, prima di sparare, pensa!”.

>

In senso orario, dall’alto: una delle uccisioni più

crude e realistiche; Marco e Ciro in riva al mare

iniziano la ribellione; la scena clou di Gomorra

Recen

sio

ni

Paolo Bianchessi 5a F

I l calcio del fucile saldo nella mano, il dito indice sfiora appena il grilletto. Due occhi scrutano tra muri e macerie alla

ricerca di un bersaglio, per sorprendere il nemico. La

preda esce allo scoperto. E lo sfioro del grilletto diventa pres-

Tropa

Il quartiere più malfamato di Rio

in una scena del film Su internet:

www.robertosaviano.it

www.oltregomorra.com

����

U

Page 25: Underground 2008 n. 2

anno XVII nr. 2 25 Under

arrivo del Papa nella città brasilia-na viene incaricato di “ripulire” le zone più malfamate di Rio. Na-scimento si trova quindi di fronte ad un bivio: prendere il sentiero di destra o quello di sinistra? Sce-gliere la strada della famiglia, ri-nunciando all’incarico o avventu-rarsi nelle vie del “morro Tura-no”, sparando senza pudore? Nascimento sceglie di proseguire dritto per la sua strada, investen-do per il suo futuro. Sceglie due suoi potenziali successori per il posto di ufficiale che è in procin-to di abbandonare e intanto fa piazza pulita nelle favelas. Individua in due giovani poliziot-ti, Neto e Matias, ritenendoli por-tatori di quei requisiti necessari per condurre il battaglione del BOPE. Dopo un duro addestra-mento, mostrato dal regista senza sconti e con uno spietato reali-smo, solo uno dei due sarà rite-nuto idoneo per sparare senza pietà.

A l l ’ e s o r d i e n t e regista José Padi-hla va riconosciu-to il merito di aver saputo congiunge-

re in un solo film due aspetti completamente diversi. Se sullo sfondo ci si concentra, dall’inizio alla fine, sul tema della guerra, del narcotraffico e delle repressioni di massa, emergono in primo piano le storie personali dei due protagonisti, Matias e il Capitano Nascimento, che vengono, in questo modo, studiati fino in fondo dal punto di vista psicolo-gico. Importante è quindi sottolineare quello che è il legame tra i due temi cardine del film. Da una parte il Capitano Nascimento, che matura la decisione, sotto la spinta decisiva della moglie, di lasciare il corpo speciale della polizia, per dedicarsi maggior-

sione, la mano subisce il rinculo dell’arma che ha ormai lanciato la pallottola nell’aria. Urlo di dolore invade l’aria. Nelle favelas di Rio la polizia ha mietuto un’altra vitti-ma. Non c’è pace a Rio de Janei-ro, non esiste più il silenzio; nell’-aria solo spari e rombi di canno-ne. Viene chiamato “morro Turano” il quartiere più pericoloso di Rio de Janerio, zona in balia di spieta-ti narcotrafficanti e di poliziotti corrotti, continuamente protago-nisti di truffe e rapine. In questo clima dominato dalla p au r a , op e r a i l BOPE (Battaglione Operazioni Speciali della Polizia), nel quale lavora il

Capitano Beto Nascimiento. Si tratta di una speciale truppa di eletti (la “tropa de élite” del titolo appunto), che ha il delicato com-pito di scovare e uccidere sia i

trafficanti di droga che i poliziotti corrotti. Il capitano Nascimento sta attraversando uno dei più difficili periodi della sua vita sia dal punto di vista strettamente personale, in quanto la moglie incinta vorrebbe vederlo ritirarsi dal BOPE per dedicare più tem-po a lei e al bambino che sta per arrivare, ma anche da punto di vista professionale. In vista dell’-

Gli squadroni della morte

Titolo originale: Tropa de élite

Regia: José Padihla

Anno: 2007

Nazione: Brasile

Distribuzione: Mikado Film

Durata: 115 minuti

Genere: Drammatico

Censura: vietato ai minori di 14 anni

Data di uscita italiana: 6 Giugno 2008

Cast:

Wagner Moura (Capitano Nascimento)

Caio Junqueira (Neto Gouveia)

André Ramiro (André Matias)

Maria Riberio (Rosane)

Fàbio Lago (Baiano)

La scheda del film

6.75 �

Voto:

de èlite

I ricchi impegnati nel

sociale non riescono a

capire che la guerra è

guerra. Che tu sia

poliziotto o trafficante, a

Rio hai perso in partenza

“ ”

>

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26 Under Liceo statale Galileo Galilei - Caravaggio Club

mente alla famiglia. Ma gli “affari” e il lavoro sporco preval-gono su tutto il resto, Nascimen-to fallisce nel suo intento e la moglie lo lascia, rimane da solo, con il suo fucile tra le mani. Dall’altra parte la storia di Matias, uno dei due pretendenti al posto di ufficiale del BOPE. Prima di sottoporsi all’addestramento for-zato, il ragazzo di colore frequen-tava l’università. Tra libri e ban-chi di scuola c’è tempo anche per una storia d’amore con la ragazza più bella del corso. Ma c’è un problema: anche Rosane fa parte della schiera dei trafficanti di stu-pefacenti. Come è successo per il suo capitano, anche Matias si ritrova davanti a un bivio atroce: amore o guerra? Come sempre prevalgono gli interessi e gli affari e la storia si dissolve nel fumo di una pallottola sparata nell’aria. José Padihla si aggira per le strade di Rio con la sua macchina presa, riprendendo squarci di terrore. Il film è ambientato nel 1997, ma sembra oggi. Anzi, è oggi. Un problema sociale troppo ignorato da parte delle istituzioni quello del narcotraffico in Brasile. E se non se ne occupano le istituzioni del problema serve un organo di repressione di massa, il tanto o-diato BOPE appunto. Il film, quindi, denuncia si un fatto sociale, ma, in un certo sen-so, trova una soluzione “fai da te” al problema, screditando l’o-perato delle istituzioni sociali e dei poliziotti arruolati dallo stato. La parola chiave che meglio raffi-gura “Tropa de élite” è si “realismo”, ma anche “critica serrata”, una critica senza timore, senza paura. “Tropa de élite” è la raffigurazio-ne idealistica del mondo. Non bisogna fidarsi più di nessuno, non esiste un angolo sicuro in cui rifugiarsi, a chiacchierare con gli

A Rio ogni poliziotto deve

fare una scelta: o non fai

niente, o ti sporchi le

mani, o fai la guerra

“ ”

amici. E’ sparito l’angulus orazia-no, è rimasta solo la diffidenza e la paura… E pensare che nessu-no se ne accorge.

Brasil, eu te amo!

D al 2002 a oggi è il caso di dire che il cinema

brasiliano ha fatto molta strada. Quando nel lontano

2001, l’allora solo produttore Walter Salles aveva prodotto

City of God, in ben pochi credevano che il cinema

d’oltreoceano avrebbe ottenuto il consenso della critica

europea e americana. La storia di due ragazzini con

ambizioni diametralmente opposte nelle favelas di Rio de

Janeiro in City of God ha inaugurato una serie di film

prodotti e diretti rigorosamente da brasiliani che hanno

ricevuto anche un discreto successo. Non solo film “low-

cost”, ma anche documentari impegnati: da sottolineare la

riscoperta di Soy Cuba di Kalatozov del 1956,

approfondito nel documentario omonimo del regista

Vicente Ferraz mezzo secolo dopo.

2007: l’anno della svolta. All’ombra della porta di

Brandeburgo, a Berlino, sfilano addirittura due film

brasiliani: L’anno in cui i miei genitori andarono in

vacanza, storia del piccolo Mauro, abbandonato dai suoi

genitori, costretti a fuggire per le loro idee politiche e

Tropa de élite appunto. E se è arrivato addirittura l’Orso

d’oro…e beh, allora…Brasile, ti amo!

La tendenza

Sotto, il capitano Nascimento durante

un’imboscata. A sinistra, Matias durante

un’operazione militare

U

>

«Il cinema è la lingua franca del ventesimo secolo…Dove prima c’era la letteratura ora c’è il cinema.»

Gore Vidal

Page 27: Underground 2008 n. 2

anno XVII nr. 2 27 Under

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58 59 60 61

62 63 64

65 66 67 68

Orizzontali

1. Chief Executive Officer – 4. Giorno molto

breve – 5. Fare di nuovo – 10. Nome di re per-

siani della dinastia sasanide - 12. Prefisso che

si riferisce alla presenza di aria – 14. Cin-

quantuno in numeri romani – 15. Si dice di

mezzo che possiede una coppia del 13 verti-

cale – 17. Un tipo di società – 19. Attrezzo

che si applica al collo dei buoi – 21. Base di

Timina e Adenina – 22. Locali grandi e illumi-

nati – 24. Processo di riproduzione delle cellu-

le con dimezzamento del numero dei cromo-

somi – 27. Atomi che hanno perduto o acqui-

stano elettroni – 28. Tasto che spegne – 30.

Strumento che misura il vento… ma a cui il

vento ha portato via le vocali – 33. Processo

che fa diventare la pelle blu a causa dell’au-

mento di emoglobina non ossigenata – 35. Lo

dice chi obietta – 36. Uno dei due partiti con-

fluiti nel Partito Democratico (sigla) – 39. O-

range County – 40. Nuovo Testamento – 41.

Grande a New York – 42. Studiano il modo di

vita delle piante – 44. Dea greca della giusti-

zia – 46. Lo sono raccolte di novelle come il

Decameron – 50. La serie televisiva che ha

lanciato George Clooney – 51. L’uomo prefe-

rito da Hitler – 52. Autorità Portuale – 53. Me-

tà di otto - 54. Articolo femminile – 55. Una

lista di sole consonanti - 56. Decorazioni

comprese tra le metope – 58. Lo era la isla

cantata da Madonna – 60. Fiume che passa

per Trento – 61. La vecchia sigla di Trenitalia

– 62. Est-Nord-Est – 64. L’inizio di ciò che è

irrimediabile – 65. Umore inglese – 66. Pro-

vincia della Liguria (sigla) – 67. Ci vivono gli

animali – 68. Vocali cool.

Verticali

1. Duecento nell’antica Roma – 2. Abitavano

in Beozia e Tessaglia – 3. In provincia di Ber-

gamo può essere Sopra o Sotto – 4. Lo erano

Giove, Mercurio, Venere – 5. Acido ribonuclei-

co – 6. Una pietà già iniziata – 7. Per i ragazzi

lo è chi dice cose senza senso – 8. Il padre di

Renzo e Lucia (iniziali) - 9. Vetrata al centro

della facciata delle chiese romaniche – 11.

Strumento musicale a fiato – 12. Parte liquida

del sangue – 13. Le hanno gli uccelli e gli ae-

rei, non gli uomini – 16. La proprietà di tutto

ciò che è composto da atomi – 18. Aveva sede

a Salò (sigla) – 19. La figura solida della Ter-

ra – 20. Azienda automobilistica americana

sull’orlo del fallimento (sigla) – 23. Il più

grande amico dei narcisi – 25. Lo è la x

IN QUESTO NUMERO: SCIENZE E FISICA

>

Page 28: Underground 2008 n. 2

28 Under Liceo statale Galileo Galilei - Caravaggio Club

A C A P U A C T O N I O B R A N D O A M E N I P O H M A U L U L A R I A M A E N D D I C D D N A T F R C U P A Z I O I A M N C E E P P A L L I A T A A D L I B I T U M U R L N C E R C O L E N A O E N I A C U R D O M I N U S G R E G I S

U C U R S U S E E R A E S C T T O R E L E D A N M C U R I O R A Z I O D P P I N E T O T E N T I S B E P U R G A T O R I O D O S E T M A R C E L L O N I R O C A I H O M O I N E E A C I N O T

G I L I T T M P A N I M A L B I S E P O L C R I I A D I E M U L E R A I S G O D O T O R A B G O L A N L U C A N O R P G G S N O B A R A I R U N S I I A L E A O N R T L O T O I T A P A C E L L I E G E O

nelle equazioni - 26. Istituto Tecnico Nau-

tico - 29. La quarta nota musicale – 31. Fa

girare in tondo le automobili – 32. Proprietà

di alcune sostanze di attirare frammenti di

ferro – 34. Operazione di immagazzinamento

del carico in una nave – 35. Una nota, ma an-

che una particella pronominale – 37. Il con-

trario di mono – 38. Lo è ognuno dei sei me-

talli leggeri – 41. «Un … tacer non fu mai

scritto» - 43. Fisico danese che ha dato il no-

me all’unità che misura l’intensità di un cam-

po magnetico – 45. Le sue leggi spiegano, tra

l’altro, l’orbita dei pianeti – 47. Offesa – 48.

Agli antipodi del sud – 49. Floscio – 50. Isola

della Toscana – 57. Due per i romani – 59.

Prefisso di ciò che è nuovo – 63. La provincia

con Melzo (sigla).

LA SOLUZIONE DEL NUMERO PRECEDENTE

6 2

1 4

5 8 1 2

4 5 8

3 7 2

8 3 7

6 5 7 1

1 4 5 7

2

>

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anno XVII nr. 2 29

Segrete sillabe

4 o. Lo sforzo era stato immane, e la prosciugò di ogni energia. Il suo corpo etereo si dissolse, trasfor-mandosi nel più nobile degli elementi. Fu allora che accadde l’inaspettato. Il canto di Lum-hi, che ancora permeava la polvere, continuò la lita-nia del vento, e sullo strato argenteo si creò un nuo-vo mondo, quasi del tutto identico ad Inferiora. Così nacque Suspesia, il Mondo di Sopra. Come era accaduto ad Inferiora, anche Suspesia conobbe il miracolo della vita, ma essendo una terra nata dalla polvere di stelle, nacquero esseri viventi che ad Inferiora non si erano mai visti. Dalle piante nacquero le ninfe, signore degli ele-

menti, poi gli spiriti dei boschi, le silfidi e le banshee. Da numerose mescolanze fra le razze nacquero gli avhine, e secoli do-po fecero la loro comparsa i primi uomini e gli animali. Di questi ulti-mi, i primi furono quattro: Ya-quen, il Lupo; Aneya, la Cerva; Bluka, il Falco, e Kyu, il Leviata-no. Gli uomini trattavano i quattro animali, che come loro sapevano

ll’inizio era il fuoco. Poi nacquero il firmamento e gli eterei venti. Poi fu il turno della terra. Quella che sarebbe diventata la madre di ogni vi-venti, in quel tempo era una landa di fuoco e roccia e fiamme, ma Lumhi, lo spirito dei venti, cantò l’a-ria, che circondò la sfera incandescente, proteggen-dola dai dardi infuocati delle stelle. Dal bacio fra il cielo e la terra nacquero le acque adamantine, ed una pioggia purificatrice cadde per curare le ferite della Grande Madre. Così nacque Inferiora, il Mondo di Sotto. L’intero universo, com-mosso, volle fare un dono a quella pic-cola oasi azzurra, che era sperduta nel loro im-menso ed o-scuro deserto, così gli astri lasciarono ca-dere su di essa

A

La leggenda delle lune

Enorya

la propria polvere d’argento, il più nobile tra gli ele-menti. Fu grazie a quel gesto che nacque la vita, poiché fu dalla polvere di stelle che nacquero i pri-mogeniti della Madre Terra, che per ringraziare Lumhi, le donò un pugno di quella polvere lucente. Lo spirito dei venti la pose a metà della quarta sfera delle correnti aeree, il suo luogo prediletto. Con grande stupore, Lumhi notò che la polvere aumentava, e aumentava e aumentava, senza una ragione, come se fosse vivente, rischiando di oscu-rare per sempre la terra, privandola della luce senza la quale i suoi abitanti non potevano vivere. Ma Lumhi non ebbe il cuore di distruggere un dono delle stelle, così fece l’unica cosa che poteva fare: sacrificò se stessa. Lo spirito entrò nella polvere, facendosi tutt’uno con essa, dopodiché intonò una magica litania, e la luce fu in grado di attraversare quello strato argente-

parlare e ragionare, come veri e propri dei, e a loro volta erano trattati con rispetto e benevolenza. Ognuno di loro era dotato di un potere particolare. Yaquen, figlio della Stella del Crepuscolo, era il do-minatore del buio, e proteggeva Suspesia dagli spiriti maligni. Aneya era un’emanazione della Madre Ter-ra, e in quanto tale era assieme vita e morte, creazio-ne e distruzione, Fato e Fortuna. Bluka, progenie del Sole e del vento, dominava le correnti e portava la luce in ogni luogo buio. Kyu, nato dagli oceani, si nascondeva negli abissi più profondi e nonostante nessun essere al mondo l’avesse mai visto, lui era in grado di vedere più in profondità di qualsiasi altro essere. Ma l’avidità dell’uomo ruppe quel rapporto idilliaco. Gadwen, il borgomastro della Landa di Kuolema, invidiava i quattro animali per i loro doni, e prese la decisione di ucciderli. >

Page 30: Underground 2008 n. 2

30 Under Liceo statale Galileo Galilei - Caravaggio Segret

Si recò in una radura nella Landa di Anatha, quella prediletta dai Quattro, e si nascose tra gli alberi con tutto il suo eserci-to, attendendo il loro arrivo. Yaquen, Aneya e Bluka erano sul sentiero per Anatha. Kyu li osservava con l’occhio della mente e comunicava con loro attraverso Yaquen, l’unico che poteva udirlo, poiché entrambi erano fratelli nel vincolo del-l’oscurità. Appena i tre animali erano sul punto di entrare nella radura, Kyu si accorse del pericolo che correvano, e avvertì Yaquen, ma era troppo tardi. Ormai il perfido sovrano li aveva sco-perti, e non avevano via di fuga, poiché miriadi di uomini li avevano circondati. Yaquen fece la sua scelta. Digrignò minacciosamente i denti, e il primo omuncolo che osò avvicinarsi troppo fu azzannato alla gola dalle potenti fauci del lupo, che gli spezzò la colonna vertebrale. Tutto l’esercito si avventò in un unico impeto sull’enorme lupo, il quale sentì mille lame penetrargli nella carne. Yaquen non emise gemito e si voltò a guardare i compagni, facendo loro cenno di fuggire. Aneya e Bluka obbedirono, non prima di aver detto addio al loro compagno e salvatore. Yaquen sapeva bene che non era per codardia e che anche loro a-vrebbero fatto lo stesso per salvarlo. Nonostante il dolore avesse impregnato ogni fibra del suo essere, il lupo non si lasciò andare a gemiti e lacrime, ma con tutte le sue forze riuscì a scrollarsi di dosso i suoi mille assalitori. Era quasi dissanguato, ma non smise un momento di guar-dare negli occhi il proprio aguzzino, il mandante di una tale efferatezza. Gadwen comprese la gravità del proprio gesto, e ingiunse agli uomini di fuggire, non prima di aver voltato le spalle allo sguardo ammonitore della vittima. Quando tutti se ne furono andati, Yaquen raccolse tutte le sue forze e si diresse verso lo Yörnolff, il Cerchio dei Lupi, una catena montuosa circolare e il suo luogo prediletto. Se-guito dal pensiero confortante e incoraggiante di Kyu, rag-giunse la meta dopo cinque giorni di cammino, e non c’era luogo in cui la gente non uscisse in strada ad ammirare quel lupo che, mezzo morto, continuava imperterrito e senza sosta il proprio cammino. Raggiunto il centro esatto dello Yörnolff, proruppe in un ululato così forte da far riecheggiare l’intera Suspesia per tre giorni, dopodiché si accasciò a terra, morto. Ma sua madre, la Stella del Crepuscolo, non lasciò che la salma del suo unigenito restasse senza una degna sepoltura. Invocò Luhmi e la polvere di stelle, affinché modellassero un picco che racchiudesse e conservasse per l’eternità il cor-po del figlio. Il canto di Lumhi, che per prima si era sacrifi-cata per Suspesia, acconsentì immediatamente ed ingiunse alla polvere di obbedire. Un terremoto percorse tutte e sette le Lande, e un enorme picco si chiudeva a cono sulla salma di Yaquen. La Stella della Sera chiamò a sé l’anima di Ya-

quen, che sorse dalla cima del Picco e la raggiunse nel firma-mento, dove le stelle trasformarono Yaquen in una luna vio-la, lo stesso colore che aveva un tempo la sua pelliccia. Gli altri animali erano sconvolti dalla morte del compagno. L’estremo saluto del compagno commosse Aneya, che si recò nella radura in cui Yaquen era morto. Davanti alla poz-za di sangue, che si estendeva ampissima sul confine fra le Lande di Anatha e Dute-metsä, la cerva si fermò ed elevò una preghiera alla Madre Terra. Immediatamente, dal cer-chio cremisi sorse una quercia enorme, larga quanto quella chiazza, che crebbe elevandosi sopra tutti gli altri alberi. In seguito, ogni centimetro di terra che Yaquen aveva calpesta-to, dalla Landa di Dute-metsä fino ad Anatha, si coprì di prati e alberi. La Landa di Anatha, in segno di lutto, fu cir-condata da un alone di silenzio. Ogni Spirito della natura, tranne quello della Quercia, avrebbe mantenuto il silenzio per l’eternità. La Landa fu avvolta dalle nebbie e si ricoprì di neve, e fu consacrata a ogni spirito morto anzi tempo. Bluka, sdegnato dagli umani della terraferma, si esiliò nella Landa di Aeraea, seguito a ruota dagli avhine, che più di tutti gli erano devoti. Ma prima maledisse il nome di Gadwen e la Landa di Kuolema, da cui la luce fu bandita per sempre. Kyu modulò un canto funebre così straziante, che la Landa di Izlaz Misli, nei pressi di cui si trovava, restò congelata, e sarebbe per sempre stata il regno delle nevi e dei ghiacci pe-renni, memore del compianto funebre del Leviatano. Jili, la Landa da cui proveniva la stirpe di Gadwen, fu con-dannata a diventare la Landa dell’illusione e dell’inganno, in cui tutto ciò che immagini può venire all’esistenza, ma in modo del tutto diverso da ciò che ci si aspetta. Quando i tre animali morirono, Yaquen pregò la madre di poterli chiamare in cielo, per poter trascorrere l’eternità as-sieme a loro. La sua richiesta fu esaudita: Aneya divenne la luna bianca, Kyu quella azzurra, Bluka quella rossa. Inoltre, il corpo della Cerva fu accolto all’interno della Grande Quercia, che assunse il nome di Aneya; quello di Bluka si pietrificò su quello che sarebbe stato chiamato dai posteri “Promontorio di Bluka”; Kyu sparì negli abissi, ma diede il nome alla baia che per prima fu congelata dal suo canto. In memoria dei quattro animali, nella Quercia, in una roccia a metà dell’altezza del Promontorio, in fondo all’abisso che dava immediatamente sulla Baia e in cima al Picco furono creati quattro piccoli solchi dalla forma dell’animale che rap-presentavano. Il loro sangue si cristallizzò in quattro piccole pietre preziose: un rubino, un’ametista, un cristallo di rocca ed un’acquamarina, che s’incastonarono nei quattro Sigilli, creati dai corpi dei quattro animali. E ora, ogni volta che una delle quattro lune è nella fase di plenilunio, raggiunge il proprio zenit nel punto esatto in cui si trova la loro tomba, osservando il luogo a loro consacrato ed il loro prediletto.

U

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anno XVII nr. 2 31 Under

What do you do when you fall far from help!

I see people around me

Tell me to let it go.

Cannot give up ‘till comes

The one we’re waiting for.

Can’t recognize this place and

You don’t recognize me. No more…

Was I sleeping, when the others suffered?

Am I sleeping now?

We gaze horizons of nothingness, everything’s dead.

But in all that, what truth will there be?

All I saw disappeared,

The air is full of our cries.

Thoughts and the Cerbero’s dance,

The willow and the bones.

Hidden behind this eyed tree

Lies an undone solution. This light is killing our

minds…

Was I sleeping, when the others suffered?

Am I sleeping now?

We gaze horizons of nothingness, everything’s dead.

But in all that, what truth will there be?

Astride of a grave

And a difficult birth

Sweet Mother Earth, tell me,

Was it all just a dream?

Curtains of tragicomedy

Are the veil of our reality.

Living in a crystal ball,

Death may be the only key. Sun sets…

Was I sleeping, when the others suffered?

Am I sleeping now?

We gaze horizons of nothingness, everything’s dead.

But in all that, what truth will there be?

We’re gazing horizons of nothingness, everything’s dead!

Enorya

Son

g

Page 32: Underground 2008 n. 2