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24 Incentivare COVER RIBALTA IN-HOUSE DOSSIER DESTINAZIONI NEWS CORPORATE STRATEGY & COMPETITIVE ADVANTAGE Una volta individuate le business unit di cui occuparsi – scopo dichiarato di una corretta strategia aziendale – occorre creare un vantaggio competitivo in ognuna delle singole business unit con le quale l’azienda compete sul mercato. È questo l’obiettivo della Competitive Strategy. Se si fallisce in questo, fallisce tutta la Corporate Strategy Una volta individuate le business unit di cui occuparsi – scopo dichiarato di una corretta strategia aziendale – occorre creare un vantaggio competitivo in ognuna delle singole business unit con le quale l’azienda compete sul mercato. È questo l’obiettivo della Competitive Strategy. Se si fallisce in questo, fallisce tutta la Corporate Strategy Una strategia per partire in vantaggio Una strategia per partire in vantaggio 024-029 dossier Acunzo 4-11-2008 11:01 Pagina 24

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Incentivare

COVER RIBALTA IN-HOUSE DOSSIER DESTINAZIONI NEWS

CORPORATE STRATEGY & COMPETITIVE ADVANTAGE

Una volta individuate le business unit di cui occuparsi –scopo dichiarato di una corretta strategia aziendale –occorre creare un vantaggio competitivo in ognuna delle singole business unit con le quale l’azienda competesul mercato. È questo l’obiettivo della Competitive Strategy.Se si fallisce in questo, fallisce tutta la Corporate Strategy

Una volta individuate le business unit di cui occuparsi –scopo dichiarato di una corretta strategia aziendale –occorre creare un vantaggio competitivo in ognuna delle singole business unit con le quale l’azienda competesul mercato. È questo l’obiettivo della Competitive Strategy.Se si fallisce in questo, fallisce tutta la Corporate Strategy

Una strategiaper partire

in vantaggio

Una strategiaper partire

in vantaggio

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siness unit: le aziende diversificate noncompetono tra di loro, bensì solo a livello dibusiness unit, e la corporate Strategy devenecessariamente basarsi con l’attenzioneprimaria al successo di ogni singola busi-ness unit altrimenti la strategia è destinataa fallire indipendentemente da quanto siastata ben disegnata.Di base quindi la Corporate Strategy vincen-te è quella che si sviluppa e rinforza la Com-petitive Strategy.

2. La diversificazione inevitabilmente ag-giunge costi e limitazioni alle BusinessUnit. E non parliamo tanto di costi genera-li, quanto delle limitazioni/implicazioni ditempo per la business unit nel riferire deci-sioni al top management, nel pianificare enel dover seguire le linee guida e le politi-che aziendali di gruppo.

3. Gli azionisti/titolari possono prontamentediversificare il proprio portfolio di titoli sele-zionando quelli che presentato i profili di pre-ferenza e di rischio che meglio si abbinanoalle singole esigenze. Questo significa che

mentre l’azionistapuò diversificare odismettere titoli aseconda delle sin-gole economie e va-lori, l’azienda nonpuò fare con altret-tanta velocità lastessa cose con le

proprie business unit. E quindi la CorporateStrategy non può produrre successi senzapoter apportare un reale valore alle singolebusiness unit fornendo benefici tangibili chepossano più che compensare i costi di man-canza di autonomia (è una business unit enon un’azienda per cui deve riportare), e ap-portare quindi valore anche agli azionisticreando una diversificazione che loro nonpossono replicare/riprodurre altrimenti.

Formulareuna Corporate StrategyPer meglio comprendere come formulareuna Corporate Strategy è necessario speci-ficare le condizioni sotto le quali la diversifi-cazione può creare valore per gli azionisti, etali condizioni possono essere definite con 3test:1. Il test dell’attrattiva (Attractiveness Test): isettori scelti per la diversificazione devonoessere strutturalmente attraenti o capaci dipoter diventare attraenti.Il tasso di ritorno/profitto generabile dal com-

DI ANTONIO ACUNZO

Mai come in un momento cosìdelicato e particolare dell’eco-nomia globale, come quelloche stiamo tutti vivendo, le

aziende (incentive house comprese) si tro-vano a dover affrontare, da una prospettivadifferente, un aspetto di vitale importanzaper la sopravvivenza, e per lo sviluppo delproprio business: la strategia aziendale e ilvantaggio competitivo.Il professor Michael Porter della Harvard Bu-siness School, a distanza di 10 anni dallapubblicazione nel 1998 del suo classico “OnCompetition”, ci ripropone oggi, a fine 2008,con “On Competition, updated and expan-ded edition” un’interpretazione aggiornatasu come approcciare la strategia.La Corporate Strategy, il piano strategicogenerale per un’azienda diversificata, è,nel pensiero di Porter, sia il figlio dilettosia il figliastro delle pratiche managerialiattuali: il figlio prediletto perché i Ceo so-no stati ossessionati con il concetto delladiversificazione fin dai primi Anni 60, e il fi-gliastro perché è davvero raro trovare unconsenso unanime su cosa sia esatta-mente la Corporate Strategy, e ancora me-no come un’azienda dovrebbe formularla.Un’azienda diversificata ha due livelli di stra-tegia: una strategia per le business unit(quindi competitive strategy) e una strategiaa livello generale (quindi corporate strategy).E una incentive house ben strutturata, pre-senta diverse business unit a seconda dellatipologia di prodotto: incentive, congress,events, Dmc, business travel, retail, eventcommunication, space planning, e così via.Mentre la Competitive Strategy si occupadi come creare un vantaggio competitivoin ognuna delle singole business unit conle quale l’azienda compete, la CorporateStrategy si occupa di due differenti aspet-ti: di quali tipi di business l’azienda si do-vrebbe occupare (Incentive? Biz travel?Retail? Eventi?) e come la direzione gene-rale dovrebbe gestire lo spiegamento diqueste business unit.Semplificando ulteriormente, la CorporateStrategy dovrebbe quindi contribuire a crea-re un valore complessivo dell’azienda chesia superiore alla somma dei valori delle sin-gole parti, o business unit.

Le premesse della Corporate StrategyOvviamente qualsiasi Corporate Strategyper produrre risultati e successo si deve ba-sare su un certo tipo di premesse.1. La Competizione avviene a livello di bu-

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Mentre la Competitive

Strategy si occupa di come

creare un vantaggio

competitivo nelle singole

business unit, la Corporate

Strategy si occupa di due

differenti aspetti: quali

business cavalcare e come

gestire le business unit

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di operare attraverso business unit altamen-te/completamente autonome deve sviluppa-re non soltanto solide strategie di businessma anche motivare il team di manager.Ma mentre questo concetto sta perdendovalore e applicabilità nell’economicamenteevoluto mondo occidentale, soprattutto per ilruolo, diciamo semplificando “passivo e rele-gato come mero finanziatore e revisore”, lasovrabbondanza di aziende attraenti e conmanagement capace e una efficace strate-gia può sempre essere finanziata e soprat-tutto le piccole e medie aziende non hannobisogno di essere inglobate in una parentcompany di grandi dimensioni; nei Paesi invia di sviluppo dove le grandi aziende sonopoche e il management capace è una risor-sa scarsa se non addirittura rara, il PortfolioManagement ha ancora successo.

2. Ristrutturazione: questa strategia, ampia-mente applicata, punta a organizzazioni esettori sottosviluppati, mal gestiti, o minac-ciati ma sull’orlo, o meglio, pronti a un cam-biamento significativo.Il risultato, miscelando strategia, un mana-gement con la capacità e l’intuito di trasfor-mare, tecnologia, può essere sorprendente,con un’azienda/business unit rafforzata eun’industria addirittura rigenerata.

3. Trasferimento di Capacità (Skills): se ilfine della Corporate Strategy è quello dicreare valore attraverso le varie relazionitra casa madre/HQ e le varieassociate/business unit autonome, il ruo-lo della casa madre è triplice: selettore,finanziatore e interventista.Sia la tecnologia sia i progetti di sviluppicompetitivi creano e plasmano molti collega-menti tra società/unit e consentono la crea-zione di nuove possibilità/potenzialità per unvantaggio competitivo.Se definiamo come attività di valore le attivi-

petere all’interno di un settore è una funzio-ne della struttura stessa del settore: sarà peresempio difficile entrare in un settore in cui ilritorno sull’investimento può garantire valorialti perché sicuramente ci saranno alte bar-riere all’ingresso, fornitori e acquirenti hannoun modesto potere contrattuale, iprodotti/servizi alternativi sono pochi e lacompetizione tra gli attori esistenti è decisa-mente stabile. Di conseguenza la diversifica-zione non può generare un valore per l’azio-nista/titolare a meno che il settore abbia unastruttura favorevole che generi ritorni supe-riore al costo del capitale d’ingresso. E se ilsettore non offre questa opportunità, l’azien-da dovrà essere in grado di ristrutturare ilsettore oppure guadagnare un significativovantaggio competitivo che possa generareritorni superiori alla media del settore.

2. Il test del costo d’ingresso (Cost ofEntry test): il costo d’ingresso non deveavere un valore tale da azzerare le proie-zioni di profitti futuri.Si può entrare in un settore in due modi: ri-levando un’azienda esistente oppure conuno start-up, e dipende tutto dal valoredell’investimento.Acquisire un’azienda esistente può significa-re acquistare a un valore differente, anchesuperiore al valore reale di mercato, il chevuol dire per semplice deduzione matemati-ca, che in questo caso i profitti dovrebberoessere superiori in proporzione per sostene-re l’eventuale Roi di pre-acquisizione.

3. Il test della posizione migliore (Better-offTest): la nuova business unit deve generareun vantaggio competitivo dall’essere asso-ciata all’azienda, o viceversa l’azienda devecapitalizzare un vantaggio competitivo dal-l’aver iniziato una nuova divisione.Spesso però questo vantaggio deriva solouna volta, e quasi spesso al momento del-

l’ingresso nel settore (per causa di un inve-stimento più focalizzato e/o per la presenzadi un team di management più portato alladiversificazione) e quando la business unitnon genera più un valore che compensi i co-sti relativi viene a mancare la giustificazionelogica del continuare a mantenere la busi-ness unit stessa, che viene di conseguenzadismessa liberando così risorse utilizzabili inmaniera differente all’interno dell’azienda.

Ovviamente questi tre test sono altamen-te restrittivi per cui per delineare una Cor-porate Strategy vincente bisogna prende-re in considerazione 4 concetti, ognunodei quali non esclude gli altri ma offre dif-ferenti meccanismi per creare valore:1. Gestione del Portfolio (Portfolio Manage-ment): questo è l’approccio di CorporateStrategy più diffuso e si basa principalmentesulla diversificazione attraverso acquisizioni:l’azienda capogruppo/holding acquisisceaziende/rami d’azienda/divisioni sane, soli-de e attraenti unitamente a manager compe-tenti. Ovviamente la diversificazione ha alcu-ni limiti nel senso che è ottimale diversificareall’interno della propria industria/settore cosìda ridurre anche il livello di competenza spe-cifica richiesto dal top management.Le aziende acquisite/le business unit nuovesono autonome e i team sono compensati infunzione dei risultati; la capogruppo forniscei capitali necessari e lavora con ogni nuovaunit per diffondere le tecniche e i valori dimanagement di gruppo; il top managementdelinea gli obiettivi di business e analizza i ri-sultati delle singole business unit.Nella logica del portfolio management si de-lineano alcuni aspetti di carattere vitale: se ilpiano di diversificazione di un’azienda pre-vede il test di attrattiva e quello del costod’ingresso, l’azienda/unità acquisita deveessere ottima ma sotto-valutata; mentre nelcaso del test della posizione migliore lo stile

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La “vera” competizione

avviene a livello di business

unit: le aziende

non competono tra di loro,

ma puntano al successo

di ogni singola business unit,

altrimenti è l’intera strategia

aziendale a fallire

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tà di una business unit (dalle vendite alla ge-stione clienti, e così via) perché è su questeattività che si determina l’ambito in cui com-petere, si va ad attivare una sorta di catenadel valore, o “value chain”, perché è a livellodi business unit che si determina il vantaggiocompetitivo e non a livello di azienda.Le attività definite “primarie”, come marke-ting, sales, operations, service, creano il pro-dotto/servizio, lo consegnano, lo posiziona-no sul mercato e ne curano l’assistenza do-po la vendita.Le attività definite “di supporto”, come tecno-logia, acquisti, HR management, provvedonol’alimentazione e l’infrastruttura che consen-tono lo svolgimento delle attività primarie.Questa catena del valore consente di creareun rapporto biunivoco che consente di tra-sferire capacità, abilità, competenze, edeventualmente condividere delle attività: peresempio due business unit possono condivi-dere la stessa forza vendite, oppure la stes-sa logistica.Quindi ogni singola business unit ha una suacatena del valore, ma la conoscenza su co-me performare alcune attività viene trasferi-ta ad altre business unit creando un trasferi-mento di capacità (skills) che genera un van-taggio competitivo.Tale vantaggio competitivo si manifesta peròsolo se si incontrano 3 condizioni:a. Le attività di ogni singola business unit so-

no similari per cui ha senso condividere lecapacità, la competenza e le esperienze.

b. Il trasferimento di skills prevede attivitàimportanti per delineare il vantaggio com-petitivo.

c. Gli skills trasmessi e condivisi sono unasignificativa fonte di vantaggio competiti-vo per la business unit che li riceve.

4. Condivisione delle Attività: ovverossiacondividere le attività nelle catene del valoreall’interno delle singole business unit, accre-

scendo il vantaggio competitivo diminuendoi costi o aumentando la differenziazione.E, ovviamente, la condivisione è funzionaleesclusivamente per quelle attività che pos-sono essere significative per il vantaggiocompetitivo, e quindi non per tutte le attività(per esempio il venditore di due differenti bu-siness unit, prendiamo come esempio un ac-count executive che segue sia la businessunit incentive che quella business travel).

La strategia deve evolvereLa scelta aziendale della propria CorporateStrategy spesso riflette aspetti delpassato/storico aziendale ma non deve maiessere unica e inconfutabile perché non esi-ste una strategia stile modello unico per ognisituazione, bensì deve essere una visioneche può, anzi si deve evolvere.

La strategie per creare valore per l’azioni-sta si sposta sempre di più dal modelloPortfolio Management a quello Trasferi-mento di Skills.Ovviamente non esistono regole scolpitenella roccia e non modificabili: possonobenissimo esserci situazioni di ristruttu-razione della strategia e contempora-neamente trasferimenti di skills e condi-visioni di attività.Una strategia basata sulla condivisione delleattività diventa ancora più efficace se le busi-ness unit possono anche scambiarsi skills.Le aziende con i migliori tassi di acquisizionesono oggi quelle che fanno un uso più fortedella media di start-up e di joint-venture.E sebbene la convinzione comune sia quel-le di rischio per le start-up, mentre le joint-venture possono essere rischiose al pari

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delle acquisizioni,questo non è il ca-so delle start-up.Gruppi di successocome Procter &Gamble e Johnson& Johnson hannoeccellenti record disuccesso con leunit attivate come start-up.Se un’azienda ha la capacità interna di atti-vare una start-up, può essere meno costosoe più sicuro attivare una company ex novoche procedere a una acquisizione e doverpoi avere a che fare con tutti i problemi rela-tivi all’integrazione.E sintetizzando la teoria con un “Action Pro-gram” possiamo fissare i seguenti caposaldiper una Corporate Strategy:1.) Identificare le interrelazioni tra business

unit già esistenti.2.) Selezionare il core business (o i core bu-

sinesses) alla base della Corporate Stra-tegy.

3.) Creare un meccanismo organizzativoorizzontale per facilitare le interrelazionitra i vari core businesses e gettare le ba-si per future diversificazioni correlate.

4.) Perseguire le opportunità di diversifica-zione che permettano la condivisione diattività.

5.) Perseguire la diversificazione attraversoil trasferimento di skills se le opportunitàper condividere le attività sono limitate oesaurite.

6.) Perseguire una strategia di ristrutturazio-ne se questa ben si accorda con le capa-cità del management, oppure non esisto-no buone opportunità per forgiare rela-

zioni intra-aziendali.7.) Pagare i dividen-

di così da tra-sformare gliazionisti in Port-folio Managers.

Infine, ma non perquesto meno impor-

tante, creare un tema, un motivo aziendaleper assicurarsi un ulteriore crescita del valo-re per l’azionista.

Il triangolo delle Bermuda Come dice Porter, passare dalla CompetitiveStrategy alla Corporate Strategy è come at-traversare il triangolo delle Bermuda: il falli-mento della Corporate Strategy riflette il fat-to che buona parte delle aziende diversifica-te hanno fallito nel pensare nei termini di co-me creare valore aggiunto.Una Corporate Strategy che amplifica real-mente il Competitive Advantage di ogni busi-

ness unit è la miglior difesa contro il guasta-tore aziendale.Con un focus più mirato sui test di diversifi-cazione, e la scelta esplicita di un chiaroconcetto di Corporate Strategy, il trend di di-versificazione delle aziende potrà differire, equindi migliorare, sensibilmente.Questo è uno spunto di riflessione per molteincentive house, o presunte tali, che puntanoa diversificare in ogni ambito, allargando ilproprio Portfolio di servizi, ma che rischianodi creare semplicemente dei cloni di attivitàgià esistenti perché manca l’elemento diffe-renziante che le rende, per l’appunto, diffe-renti dagli altri.Manca quel vantaggio competitivo in tema diinnovazione, servizi, competenza, originali-tà, customer service, e via dicendo.Insomma, l’efficienza operativa e la stra-tegia sono essenziali per una performan-ce superiore: operare efficaciemente si-gnifica svolgere attività simili meglio del-la concorrenza, e raggiungere una profi-tability maggiore, migliore, ma non basta,e questo continuo benchmarking con leaziende concorrenti tende a produrre unasorta di cloni, di appiattimento.E la competizione basata sulla sola efficien-za operativa può essere distruttiva e genera-re attriti che possono essere limitati soltantolimitando la concorrenza stessa.

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