Una Storia Romana - Giornata della Memoria - Nicola Zingaretti - Provincia di Roma

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“UNa storia romaNa Film-iNtervista a eNrica sermoNeta moscati Una TesTimone RacconTa la Razzia del GheTTo 16 ottobre 1943-16 ottobre 2008 Per non dimenticare N°3

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“UNa storia romaNa”Film-iNtervista a eNrica sermoNeta moscatiUna TesTimone RacconTa la Razzia del GheTTo

16 ottobre 1943-16 ottobre 2008

Per non dimenticare

N°3

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“Una Storia romana”Film-interviSta a enrica Sermoneta moScati

16 ottobre 1943-16 ottobre 2008Per non dimenticare

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Quaderni

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i Quaderni della Provincia di roma - n°3

indice

una storia romana per coltivare la memoria ......................................pag. 5Intervento di Nicola Zingaretti

alle origini di questo lavoro..................................................................pag. 9Intervento di Pupa Garribba

16 ottobre 1943-16 ottobre 2008. Per non dimenticare .................pag. 11

Intervento di Umberto Gentiloni

scheda biografica di enrica sermoneta moscati .............................pag. 17

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“Una storia romana” per coltivare la memoria

Intervento di Nicola Zingaretti

enrica sermoneta moscati era solo una bambina quando il 16 otto-bre del 1943 una parte della sua famiglia, i suoi amici e, i suoi vicini dicasa furono catturati nel ghetto di roma per essere deportati nel campodi concentramento di auschwitz-Birkenau. da quel momento enrica,sua madre e i suoi fratelli vivranno un lungo pellegrinaggio, tra roma eil viterbese, braccati dalla polizia fascista e dalle ss tedesche. enrica riu-scirà a sopravvivere, insieme a una delle sue sorelle; ma la guerra e lepersecuzioni nazi-fasciste le porteranno via un pezzo della sua infanziae quasi tutti i suoi affetti più cari di bambina, privandola per sempre diquella spensieratezza e di quella gioia di vivere di cui tutti abbiamo di-ritto nei nostri anni di gioventù.

la storia di enrica è la storia di tutti noi. Perché tutti noi dobbiamosentire la responsabilità di quel che accadde in italia e in europa in queiterribili anni di guerra: la persecuzione e lo sterminio degli ebrei in ita-lia rappresentano uno spartiacque imprescindibile per chi crede nella li-bertà, nella solidarietà e nella democrazia come strumento di convivenzacivile e rispetto tra i popoli.

a quel momento devono guardare tutti coloro che hanno avuto lafortuna e la possibilità di crescere in un Paese aperto e democratico, perricordare quei terribili momenti e le migliaia di vittime innocenti, e perrafforzare con quel ricordo la convinzione che la dignità degli individuinon può essere in alcun modo a disposizione di nessun regime o sistemapolitico. È anche su questa convinzione e sul riconoscimento di quegliorrori che è nata la costituzione repubblicana del 1948.

in questo senso, la memoria non è solo uno strumento prezioso. È labase su cui costruire una società migliore in cui a essere emarginati siano

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gli episodi di intolleranza e xenofobia, e in cui il rispetto per la dignitàdi tutti sia la base per una condivisione di valori e prospettive.

Praticare la memoria, renderla viva e presente nel nostro agire quoti-diano è un impegno che richiede un’attenzione e una fatica costanti. maè un impegno che se ben realizzato può davvero dare i suoi frutti mi-gliori. Parlare di memoria non è diverso dal parlare di solidarietà di unterritorio, della sua capacità di includere e di non emarginare, della pos-sibilità che tutti si sentano partecipi di una crescita collettiva. la me-moria di ciò che è stato, oltre a rappresentare il giusto omaggio allevittime, è anche lo strumento con cui rafforzare l’identità di una comu-nità e con essa la sua capacità di migliorarsi e di aprirsi all’esterno.

Per fare questo non ci sono scorciatoie. la memoria deve essere col-tivata, costantemente e assiduamente. Per fare sì che i nostri giovani co-noscano innanzitutto la storia. sappiano quel che è accaduto. Perché laconoscenza di ciò che è avvenuto in quei tragici anni tra il 1922 e il 1945in italia sia sempre più vasta e approfondita e scevra da qualunque formadi strumentalizzazione dettata dalla moda o dall’ideologia del momento.

Per questo oggi, oltre sessanta anni dopo quel 16 ottobre, la Provinciadi roma ha proposto alle scuole e ai cittadini del suo territorio il rac-conto di enrica sermoneta moscati. una storia “piccola”, secondo al-cuni. secondo noi invece una storia enorme, in cui i destini di una donna- anzi di una bambina - si incrociano con quelli dei grandi avvenimentidella realtà del suo tempo; una di quelle vicende in cui la storia si fa vis-suto quotidiano ed esplode con tutte le sue contraddizioni e drammati-cità, aiutandoci a comprendere il senso profondo di quegli avvenimenti.

e uno dei momenti più belli è stato leggere negli occhi dei tantissimistudenti che hanno partecipato alla prima proiezione dell’intervista dienrica sermoneta moscati, la voglia di capire e di sapere di più; nonsolo di commuoversi, come è naturale che sia, ma anche di interrogarsisu ciò che è stato, per cercare di capire e quindi, per non ripetere, nondimenticare.

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raccontare questa storia vuole essere un ulteriore tassello di un per-corso che deve essere certamente ampio, articolato e condiviso. Per que-ste ragioni la Provincia di roma vuole avviare una serie di progetti e dipercorsi che, tramite il coinvolgimento delle scuole e a vario modo ditutti i cittadini del territorio, possa tenere vivo il filo conduttore che legail nostro presente di uomini e donne nati liberi in un Paese democraticocon il passato di uomini e donne che a vario modo hanno contribuitoalla nostra libertà di oggi.

È anche questo il compito delle istituzioni. Praticare la memoria pernon dimenticare; guardare alla storia non tanto per trovare le risposte aiproblemi del presente, ma per farci le domande giuste e a partire da que-ste assumere pienamente coscienza della necessità di lavorare affinchégli orrori del passato non si ripetano. Perché governare un territorio nonsignifica solo cercare di amministrare bene, ma anche cercare di resti-tuire il senso di un percorso collettivo, di un cammino comune, che cilega tutti.

e questo soprattutto per un’area come quella di roma, nella quale ilricordo e il vissuto degli avvenimenti di cui si parla in questo video sonoparte fondante del tessuto collettivo e sociale della popolazione. la me-moria di quei fatti la ritroviamo ad esempio nel nostro paesaggio, per-correndo ogni giorni i luoghi e le strade che ci riportano alla memoriadi quei giorni e di quegli episodi che tanto segnarono la storia della no-stra città e della nostra provincia.

Per queste ragioni, la storia di enrica è la storia di tutti noi. e per que-ste ragioni è importante renderle il giusto omaggio e ringraziamento peraver scelto di raccontarci la sua vicenda. nella speranza e nella convin-zione che oggi enrica si senta meno sola e che noi tutti siamo diventatipiù consapevoli della necessità di costruire un futuro dove il rispetto ela dignità di ciascuno siano un punto di partenza irrinunciabile.

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alle origini di questo lavoro

le circostanze che hanno dato vita a questo film-intervista sono stret-tamente legate al fecondo clima di collaborazione che ha animato unpiccolo gruppo, che crede nel valore civile della conoscenza della storiae della trasmissione della memoria. tutto ha inizio con l’incontro aroma, a fine giugno 2008, tra due persone che non si conoscevano: lostorico milanese marco cavallarin, impegnato nella stesura di un librosui partigiani ebrei, e la ricercatrice dell’associazione nazionale ex de-portati e studiosa romana Pupa Garribba, invitata a raccontare la storiadi quattro cugini che avevano scelto di combattere il nazifascismo. trai due si instaura un rapporto di fiducia reciproca e inizia uno scambiodi informazioni utili ad allargare il proprio campo d’azione nell’ambitodella ricerca storica e dalla raccolta di memorie.

rientrato a milano lo storico informa Pupa Garribba di aver ascol-tato casualmente, durante un incontro con il fratello del partigiano ro-mano marco moscati, alcune battute della moglie enrica sermoneta chegli avevano fatto intuire una storia importante mai raccontata. cavalla-rin suggerisce di intervistare la signora e favorisce il contatto tra per-sone che non si erano mai incontrate prima; la signora enrica, dopoaver parlato con Pupa Garribba, accetta di essere intervistata nella primasettimana di luglio. Per una fortunata coincidenza, immediatamentedopo umberto Gentiloni presidente dell’istituto romano per la storiad’italia dal fascismo alla resistenza, chiede a Pupa Garribba se ha qual-che idea per ricordare la razzia degli ebrei romani del 16 ottobre 1943.“l’intervista ad una testimone che non ha mai parlato”, è la risposta.

nicola Zingaretti accetta il progetto a scatola chiusa e mette a dispo-sizione la troupe cinematografica e la sala di montaggio. l’intervista haluogo l’8 luglio 2008 a casa della signora enrica, alla presenza del ma-

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rito angelo e di umberto Gentiloni che seguirà tutte le fasi della lavo-razione del film. le esitazioni iniziali della signora enrica, che per set-tant’anni non ha mai raccontato pubblicamente una storia moltodolorosa, lasciano presto il passo ad un racconto di straordinaria inten-sità ed immediatezza. il montaggio successivo risulta laborioso perchéil materiale raccolto non segue un ordine cronologico; diviene anche ne-cessario tagliare ripetizioni collegate a episodi particolarmente dram-matici. straordinario è il risultato finale ottenuto da lorenzo serpilli eluca singer della europanews, due giovani che si alternano nel pazientelavoro di montaggio, che prevede anche l’inserimento di vari disegnischizzati dal pittore aldo Gay durante la razzia del Ghetto e l’occupa-zione nazista.

al generoso contributo della famiglia Gay si aggiunge la disponibilitàdi due amici musicisti che offrono la loro musica per il completamentodel film-intervista: i titoli di testa hanno come sottofondo roma ad ago-sto, composta ed eseguita da Gabriele coen, mentre i titoli di coda sonoaccompagnati dal canto Anì maamin, eseguito dal coro Ha-Kol e dal so-lista marco di Porto. intitolato una storia romana, il film-intervista èstato presentato il 16 ottobre a roma, a cura della Provincia di roma.la mattina una proiezione per gli studenti nell’aula magna dell’istitutosuperiore antincendi, grazie al prezioso interessamento dell’assessorealla cultura carla di veroli dell’Xi municipio; nel pomeriggio al cinemaFarnese, affollato di pubblico che, insieme al presidente della comunitàebraica riccardo Pacifici e a enrica sermoneta moscati, ha voluto ri-cordare una pagina nera della storia di roma.

Pupa GarribbaAned

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16 ottobre 1943-16 ottobre 2008. Per non dimenticare

rivolgere lo sguardo al passato con diverse motivazioni: ricordare,comprendere, mettere a fuoco immagini sfocate, restituire senso a untempo apparentemente lontano, ma che ancora ci appartiene, segnato datragici eventi e grandi opportunità. ricordare per capire, per non di-menticare, per farci le domande giuste su perché e come, ad esempio,una delle più grandi tragedie della storia dell’umanità, la shoah, possa es-sere accaduta nel cuore della “civiltà” occidentale. Per impedire che sipossa ripetere. tenere viva la memoria non significa soltanto la pur do-verosa celebrazione delle vittime o l’indagine costante della ricostru-zione storica; significa anche ricercare gli strumenti per rendere la nostracomunità più aperta, più solidale, pronta a comprendere e valorizzare leragioni degli altri.

È questo il messaggio profondo e il significato più vivo che vogliamodare ai progetti per la storia e la memoria avviati dalla Provincia di romain questi mesi, e che proseguiranno nel corso del 2009. Progetti e atti-vità che si snodano in un percorso attraverso un filo rosso che li tieneinsieme. dalla commemorazione del 16 ottobre 1943, cui è dedicatoquesto Quaderno, alle iniziative per la Giornata della memoria 2009, inoccasione dei sessantaquattro anni dalla liberazione del campo di ster-minio di auschwitz-Birkenau, il 27 gennaio 1945, e con essa, simboli-camente, la fine delle persecuzioni nazi-fasciste in europa. e ancora, iprogetti di formazione nelle scuole, il premio “4 giugno liberazione diroma”, il viaggio della memoria degli studenti della provincia verso ilcampo di auschwitz nella prossima primavera, e molte altre iniziativecercando di coinvolgere scuole, centri anziani, comuni, luoghi della me-moria sparsi su tutto il nostro territorio.

la memoria delle persecuzioni antisemite negli anni della seconda

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guerra mondiale rappresenta uno dei momenti chiave del nostro pro-getto. ricordare la shoah, per roma, per tutti e non solo per la comu-nità ebraica, significa innanzitutto ricordare quella mattina del 16 ottobre1943. un giorno terribile che segna l’ingresso delle politiche di depor-tazione e sterminio nel cuore della nostra città, nel vissuto di migliaia dipersone, nella storia tragica di centinaia di famiglie da allora divise, spez-zate, costrette a subire il peso di una discriminazione inimmaginabile.

la storia dell’antisemitismo ha, come è noto, radici antiche. le per-secuzioni, con differente intensità, hanno caratterizzato diversi secoli,per manifestarsi con particolare virulenza tra la fine dell’ottocento e iprimi anni del XX secolo. tra la Prima e la seconda guerra mondiale,l’antisemitismo si è mescolato con altre ragioni legate alla crisi che ha at-traversato vari paesi europei; da allora le politiche di persecuzione dellecomunità ebraiche ebbero una straordinaria e drammatica accelerazione,con un crescendo di intensità e durezza senza pari nella storia.

in italia, le leggi razziali del 1938 volute dal fascismo rappresentaronouno dei momenti più significativi di un’ideologia totalitaria che si an-dava diffondendo nei regimi dittatoriali alleati o satelliti della Germa-nia. di lì a poco, lo scoppio della seconda guerra mondiale e la decisionedi avviare la “soluzione finale” sulla cosiddetta “questione ebraica” daparte del nazismo rappresentano un’ulteriore, decisivo, salto di qualità.con l’occupazione di roma da parte delle truppe tedesche, dopo gli av-venimenti del settembre 1943, gli ebrei romani, già duramente provatidalle persecuzioni del regime di mussolini (dal 1938), andarono incon-tro al tragico destino che avrebbe decimato e ferito la comunità ebraicapiù antica della diaspora.

la “soluzione finale” per gli ebrei romani ha inizio il 25 settembre1943 con l'ordine da Berlino di trasferire in Germania per essere liqui-dati tutti gli ebrei romani «senza distinzione di nazionalità, età, sesso econdizioni», attraverso «un’azione di sorpresa». il dispaccio firmato daHimmler era indirizzato al tenente colonnello Herbert Kappler, co-

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mandante delle ss a roma. il 16 ottobre 1943, alle 5 e 30 del mattino,cominciò la retata degli ebrei romani da parte delle forze di occupazionenazista. Preparata con cura nelle settimane precedenti, parteciparonoall’operazione 365 uomini sotto la guida del crudele “specialista” the-dor dannecker. il ghetto fu circondato e le vie di accesso bloccate: viadel tempio, via del Progresso (oggi piazza delle cinque scole), piazzacostaguti, piazza mattei, via del Portico d’ottavia e il teatro marcello.

così descrive Giacomo debenedetti quelle drammatiche ore:«i tedeschi bussarono; poi, non avendo ricevuto risposta sfondarono

le porte. dietro le quali, impietriti come se posassero per il più spaven-tosamente surreale dei gruppi di famiglia, stavano in esterefatta attesa gliabitatori, con gli occhi da ipnotizzati e il cuore fermo in gola. l’allarmeera stato dato da forse un’ora: ma nella concitazione di consultarsi, difuggire, di salvare un po’ di roba, nella ridda di decisioni impotenti econtraddittorie, quasi nessuno aveva trovato il tempo di vestirsi». (Gia-como debenedetti, 16 ottobre 1943).

in venti minuti, senza alcuna preavviso, senza alcuna consapevolezzadi ciò che sarebbe loro accaduto, decine di famiglie furono costrette araccogliere lo stretto necessario per quello che si preannunciava comeun lungo viaggio verso l’ignoto. alcuni, i più avveduti cercarono di na-scondersi o fuggire, altri, totalmente impreparati agli eventi, pure tra lelacrime e il terrore si piegarono agli ordini delle ss.

scrive aldo Gay nelle pagine del suo diario: «uomini, donne, bambini (anche lattanti), vecchi, infermi, moribondi,

furono tolte con la più feroce brutalità all’affetto dei loro cari, caricatisu camion e portati via verso un destino ignoto e terribile nei campi diconcentramento di Germania e Polonia. Quanto saranno ancora vivi diessi? Quanti ritorneranno? ed in quali condizioni? È questa la piùgrande tragedia che ha colpito un popolo chi ha potuto salvarsi nonpotrà certo dimenticare l’orrore di quel drammatico 16 ottobre 1943».(aldo Gay, diario dei nove mesi, bilancio di una tragedia).

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incredulità, paura, stupore, si mescolarono negli animi e nelle emo-zioni degli arrestati di quelle ore. lo si legge anche nella testimonianzadi sabatino Finzi, arrestato il 16 ottobre e deportato due giorni dopo adauschwitz:

«io potevo scappare. non l’ho fatto…avevo paura di rappresaglie permia madre e mio padre. io potevo scappare benissimo perché siamopassati per Ponte sisto, e lì c’era un avvallamento, dove il camion si eraquasi fermato. io, che stavo dietro, potevo saltare dal camion. là c’eranotutti vicoli. ma quando uno sta col padre e la madre…poi non crede-vamo di andare a morire, pensavamo che ci portassero a lavorare.»

Gay, al contrario di Finzi, riuscì insieme a pochi altri abitanti del ghettoa salvarsi dalla retata. il rastrellamento non interessò soltanto il ghetto.centinaia di persone di religione o cultura ebraica residenti in altre zonedella città furono arrestate nelle stesse ore. in tutto, 1265 persone furonotrasferite al collegio militare di via della lungara. di queste, poco piùdi 250 furono rilasciate nelle ore successive. le altre, 1015 persone trauomini, donne e bambini (tra questi addirittura un bambino nato dopol’arresto della madre) dopo avere trascorso due lunghi giorni di attesa,ignari del loro destino e in condizioni igieniche impossibili, furono tra-sferite la mattina del 18 ottobre alla stazione tiburtina, da dove parti-rono per il campo di concentramento di auschwitz.

Ha scritto elsa morante, riprendendo le memorie di settimia spizzi-chino, deportata e sopravvissuta ad auschwitz:

«in fondo alla rampa, su un binario morto rettilineo stazionava untreno che pareva a ida di lunghezza sterminata. il vocìo veniva di là den-tro. erano forse una ventina di carri bestiame. non avevano nessuna fi-nestra se non una minuscola apertura a grata in alto. a qualcuna di quellegrate si sporgevano due mani aggrappate o un paio di occhi fissi». (elsamorante, la storia.)

nell’ottobre del 1943 si stima che vivessero a roma circa 13.000 ebrei.molti di questi riuscirono a salvarsi grazie al proprio spirito di iniziativa,

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all’accoglienza fornita dagli istituti religiosi, al tessuto di solidarietà dif-fuse dei romani che li aiutarono a nascondersi e che offrirono loro ciboe rifugio in quelle drammatiche ore, nel corso dell’inverno più lungodella capitale. alcuni (poco più di 700) furono arrestati e deportati neimesi successivi al 16 ottobre in conseguenza di delazioni di italiani chehanno continuato a sostenere il nazifascismo spesso per denaro o pic-coli interessi; 76 persone di religione ebraica furono uccise alle Fosseardeatine; altri riuscirono a sopravvivere ai rastrellamenti che conti-nuarono nelle settimane e nei mesi successivi.

È il caso di enrica sermoneta moscati. riuscita a scampare fortuno-samente ai rastrellamenti del 16 ottobre, enrica, sua madre e i suoi fra-telli vissero un lungo pellegrinaggio, tra roma e il viterbese, braccatidalla polizia fascista e dalle ss tedesche. enrica riuscirà a sopravvivere,insieme a una delle sue sorelle a quegli ultimi due anni di guerra; ma ilconflitto e le persecuzioni nazi-fasciste le porteranno via un pezzo dellasua infanzia e quasi tutti i suoi affetti più cari. la tragica forza della sto-ria di enrica sermoneta, rimasta in silenzio per oltre sessant’anni, è di-ventata parte del percorso di ricostruzione della memoria della Provinciadi roma. il suo racconto ha coinvolto, commosso e, soprattutto, fattointerrogare centinaia di giovani e meno giovani della nostra provinciaquando il 16 ottobre 2008 è stato proposto agli studenti in occasionedell’anteprima del documentario. da quel giorno in molte città d’italiaci è stato chiesto di proiettare una storia romana come contributo allaconoscenza e alla memoria.

nel complesso, oltre duemila ebrei romani furono deportati nei campidi concentramento e di sterminio nazista dopo il 1943. dei circa 1015ebrei catturati il 16 ottobre sopravvissero solo in 16, di cui una soladonna (settimia spizzichino). nessuno degli oltre 200 bambini è so-pravvissuto. Per chi si è salvato, oltre al dolore per le perdite subite, allascomparsa delle persone care e alle conseguenze delle persecuzioni edelle privazioni subite nei campi di concentramento, si apriva la strada

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di un difficile ritorno alla vita. la paura di non essere creduti o di esserescambiati per pazzi spinse molti a tacere, quando non a vergognarsi diessere sopravvissuti alla tragedia. sono sentimenti che appaiono chiara-mente, ad esempio nelle pagine di Primo levi, nella sua straordinariatestimonianza sulla condizione umana dentro e fuori i campi di con-centramento; ma sono anche i sentimenti che spinsero, un uomo comeshlomo venezia a non parlare per molto tempo della propria esperienzanel sonderkommando di Birkenau.

ricordare il 16 ottobre e la shoah in italia serve anche a questo. afare sentire meno soli i sopravvissuti. a ricordare i loro e i nostri cari,conosciuti o sconosciuti, scomparsi in quelle drammatiche fasi della no-stra storia contemporanea, laddove forse più che mai la “grande” sto-ria si mescola e si fonde con il vissuto quotidiano di milioni di persone.ricordare serve a rendere ai morti e ai sopravvissuti l’omaggio che la so-cietà gli deve. soprattutto per chi è venuto dopo. Per comprendere ilpassato, per impedire che ciò che è stato possa ripetersi.

Prof. umberto GentiloniDelegato per la storia e la memoria

del Presidente Provincia di Roma

Sul 16 ottobre 1943. Bibliografia minima

F. coen, 16 ottobre 1943. La grande razzia degli ebrei di Roma, Giuntina, 2007.G. de Benedetti, 16 ottobre 1943, einaudi, 2005. a. riccardi, L’inverno più lungo. 1943-44: Pio XII, gli ebrei e i nazisti a Roma, la-

terza, 2008.16 ottobre 1943. Gli occhi di Aldo Gay, a cura di m. Pezzetti e u. Gentiloni,

Gangemi, 2007.Roma, 16 ottobre 1943. Anatomia di una deportazione, di s. Haia antonucci, s.

Gremoli, K. lelo, c. Procaccia, G. rigano, G. spizzichino, archivio storicodella comunità ebraica di roma, Guerini e associati, 2006.

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Scheda biografica di enrica Sermoneta moscati

enrica nasce a roma il 5 agosto 1932, quinta di sette figli. il padre Be-nedetto fa il robivecchi, la madre costanza della rocca va a serviziopresso famiglie benestanti. la famiglia vive nel Ghetto in condizioni diestrema indigenza.

settembre 1938: enrica e i fratelli sono espulsi da scuola a seguitodell’entrata in vigore delle leggi razziali.

28 settembre 1943. la famiglia sermoneta partecipa alla consegna di50 chili d’oro alle ss di Herbert Kapler da parte della comunità ebraicaromana, in cambio della promessa nazista di salvaguardare i capifami-glia ebrei dall’arresto e dalla deportazione.

15 ottobre 1943. in serata la madre costanza con i figli va da una pa-rente che abita nel Ghetto, per festeggiare la nascita di due gemelli, de-cidendo di fermarsi per la notte; il padre Benedetto resta a casa.

16 ottobre 1943. nelle prime ore della giornata le ss circondano ilGhetto: i sermoneta assistono alla retata dalla finestra. la madre, primadi rifugiarsi dal fratello a trastevere in piazza ippolito nievo, mandaenrica, che aveva allora dieci anni, e la sorella maggiore a cercare ilpadre, già catturato. le ss arrivano anche a piazza nievo: la famiglia delparente si nasconde al piano superiore da una vicina, enrica e i figli sononascosti dalla portiera in una fontana, sotto mucchi di panni da lavare.

17 ottobre 1943. la famiglia sermoneta si rifugia a vignanello, paesein provincia di viterbo, aiutati da un amico del fratello maggiore; sonoospitati da una parente dell’amico che vive in una casa fatiscente. in se-guito, dichiarandosi sinistrati, madre e figli si sistemano in una scuola ab-bandonata insieme ad altri ebrei in fuga. i sermoneta si arrangiano aprocurarsi il cibo, ma la fame non si calma mai.

i tedeschi arrivano anche a vignanello e i sermoneta decidono di rien-trare a roma, illudendosi che tutto sia finito. ora sono i fascisti a brac-

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carli, per intascare la taglia posta su ogni ebreo individuato e denunciato.la vita è molto precaria, si saltano i pasti.

21 febbraio 1944. la madre costanza e i suoi cinque figli camminanonel Ghetto quando sono fermati da tre fascisti, che chiedono i docu-menti al fratello maggiore; questi viene immediatamente arrestato. altritre fascisti poco dopo fermano la madre, arrestata anch’essa con gli altriquattro figli (sfuggono alla cattura i due che erano rimasti a giocare daamichetti). enrica si salva fuggendo dentro un negozio di abbigliamento,dove viene nascosta per qualche ora da una generosa commerciante die-tro ad un appendiabiti da uomo. la sera rientra a casa, dove ritrova la so-rella e il fratello sfuggiti alla cattura. nel periodo successivo i tre tiranoavanti con qualche lavoretto che il fratello riesce a procurarsi.

la madre e i figli arrestati, che sono stati rinchiusi nel campo di tran-sito di Fossoli, riescono a dare loro notizie prima di essere tradotti adauschwitz (enrica conserva una cartolina spedita dalla madre da Fos-soli).

i tre ragazzini superstiti vanno a vivere da una vecchia ebrea, che na-sconde in casa i suoi figli e alcuni generi. il 22 marzo 1944 suonano duefascisti che vogliono arrestare il fratello di enrica; la bambina, urlando,si butta loro addosso supplicandoli di non portarglielo via (gli altri uo-mini sono nascosti nell’ultima stanza). i fascisti, impietositi, se ne vanno,raccomandando ad enrica di non aprire più la porta a nessuno.

23 marzo 1943. i giovani nascosti nella casa della vecchia ebrea, sen-tendo sparare per la strada, si spaventano, salgono sul tetto e si calanodalla grondaia. vengono scoperti, catturati e portati a regina coeli; ilgiorno dopo saranno uccisi nell’eccidio delle Fosse ardeatine (nel-l’elenco ci sono anche emanuele e marco moscati, fratelli del futuromarito di enrica).

aprile 1945. Finita la guerra, si riprende a vivere con difficoltà atten-dendo il ritorno dei familiari catturati. il primo ex deportato cominciaa raccontare l’orrore dei campi.

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le sorelle sermoneta, senza madre e familiari, si sposano giovanis-sime. enrica studia all’avviamento professionale che lascia, a 17 anni,quando è in attesa del primo figlio da angelo moscati. alleva da sola ilpiccolo cesare, perché il marito è sotto le armi. non ha latte e il bam-bino, che piange in continuazione, rischia di morire di fame. dopo la na-scita di un secondo figlio, una bambina, la giovane coppia emigra incanada; ma rientrerà delusa a roma due anni dopo.

Per dieci anni la coppia lavora nella portineria del tempio ebraico divia Balbo, ma le condizioni economiche rimangono precarie, anche per-ché nel frattempo è nato un terzo figlio. la situazione economica mi-gliora quando angelo ottiene la licenza di “ricordaro”, venditore diricordini e souvenir. i moscati cambiano varie abitazioni, fino all’attuale,in via oderisi da Gubbio.

oggi la coppia vive decorosamente con alcune pensioni di guerra, ot-tenute in seguito alle persecuzioni subite da enrica e dai suoi familiari.sono nonni e bisnonni. enrica soffre di depressione, di attacchi di pa-nico, ed è ossessionata dai racconti sui lager. Prova solo un piccolo sol-lievo nel raccontare finalmente la sua storia, perché “quello che è stato,è stato” e dei suoi cari non è tornato nessuno. È molto grata alla suabella e grande famiglia, che la circonda di immenso affetto.

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