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Una Riserva di... Ricerche vol.3 I boschi COMUNITÀ DI UCCELLI NELLE FAGGETE E GESTIONE DELLA FORESTA - I BOSCHI DELLA RISERVA

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Una Riserva di...Ricerche vol.3I boschi

COMUNITÀ

DIUCCELLI

NELLE

FAGGETE

EGESTIONE

DELLA

FORESTA-

IBOSCHI

DELLA

RISERVA

COMUNE DI

MORINO

REGIONEABRUZZO

Una Riserva di... Ricerche vol. 3

I boschi

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1-IN

DICE

COMUNITÀ DI UCCELLI E GESTIONE DELLA FORESTA NELLE FAGGETE DELLA RISERVA NATURALEREGIONALE ZOMPO LO SCHIOPPO1 Descrizione dell’area di studio pag 7

2 Le faggete pag 102.1 Metodi di ricerca sulla comunità di uccelli 2.2 Il metodo utilizzato2.3 Risultati2.4 Osservazioni sul piano di gestione forestale 1987-1996

ed indicazioni di carattere gestionale

3 Il picchio dorsobianco pag 223.1 La specie 3.2 Conclusioni3.3 Bibliografia

I BOSCHI DELLA RISERVA NATURALE REGIONALE ZOMPO LO SCHIOPPO E DELLE AREE LIMITROFE: PRIMIRISULTATI DI UNO STUDIO DENDROLOGICO SULLE FAGGETE1 I boschi della Riserva Naturale e delle aree limitrofe pag 281.1 Premessa 1.2 I boschi della Riserva Naturale Zompo lo Schioppo e aree

limitrofe1.3 Il bosco dei grandi faggi1.4 La faggeta1.5 Primi risultati di un’analisi compositiva e strutturale1.6 Primi risultati di uno studio sulle caratteristiche

tecnologiche del legno di faggio dei boschi di Morino1.7 Caratteristiche tecnologiche 1.8 Considerazioni1.9 Alcune considerazioni per la gestione delle faggete

Indice

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Comunità di uccelli e gestione dellaforesta nelle faggete della RiservaNaturale Regionale Zompo lo Schioppo

Dott. Mauro Bernoni

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Comunità di uccelli e gestionedella foresta nelle faggete della Riserva Naturale Regionale“Zompo lo Schioppo”

4-CO

MUNITÀ

DIUCCELLI

EGESTIONE

DELLA

FORESTA

NELLA

FAGGETA

Il sistema montuosodei monti Ernici -Simbruini - Carseola-ni si estende per unalunghezza di circa 50km in direzione NW-SEnella zona di confinetra il Lazio e l’A-bruzzo; esso è costi-tuito da una serie dicatene parallele, chenella parte più anord sono poste abreve distanza l’unadall’altra, mentrenell’area meridionalesi riducono ad ununico grande allinea-mento montuoso. LaRiserva Naturale“Zompo lo Schioppo”si estende per circa1000 ettari e com-prende la gran partedella porzione bo-schiva del Comune diMorino posta all’in-terno del grande an-fiteatro montuoso asud del Monte Viglio(2156 m), la vettapiù elevata della zo-na. Una serie di ci-me, comprese tra i1900 ed i 2000 m s.l. m., chiudono adovest, oltre il Vi-glio, questa grandevallata, che si ab-bassa di quota solo asud, dove i valichi

per raggiungere ilversante laziale sonoa quota 1400. Oltreil confine ammini-strativo tra Abruzzoe Lazio si estende lavasta zona boscosadella Valle dell’In-ferno: complesse vi-cende storiche fannosì che, nonostante ilconfine amministrati-vo tra le due regio-ni, il Comune di Mo-rino, proprietario ditutti i boschi delversante orientale,sia in possesso anchedi ca. 800 ha di bo-sco della testatadella Valle dell’In-ferno, in territoriolaziale. Più a sud,in direzione dellaValle del Rio e delPizzo Deta, la catenamontuosa è caratte-rizzata da una mag-giore acclività, ed iversanti sono copertida formazioni boschi-ve di minore qualità,in prevalenza faggetecedue; il bosco d’al-to fusto, invece,sebbene con livellidi sfruttamento e diqualità dell’ambienteassai diversi, coprela maggior parte del-la Riserva. Il siste-

ma Ernici - Simbruini-Carseolani ed il li-mitrofo Parco Nazio-nale d’Abruzzo pre-sentano una percen-tuale di coperturaboschiva tra le piùalte dell’Appennino edell’intero Paese,conservatasi presumi-bilmente grazie al-l’esposizione setten-trionale, alle pioggeabbondanti che favo-riscono la rigenera-zione del bosco dopoil taglio e alla di-stanza dai grandicentri abitati delpassato, luoghi digrande consumo delmateriale legnoso. Laqualità ambientaledella copertura bo-schiva nella catenaErnici - Simbruini -Carseolani è tra lepiù elevate dell’Ap-pennino, inferioresolo a quella del vi-cino Parco Nazionaled’Abruzzo, dove i ta-gli ormai da 30 annisono condotti concriteri naturalisticie in molte aree nonsi taglia più da de-cenni.La Regione Abruzzo haindividuato nel 1995-96, nell’ambito del

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5-DE

SCRIZIONE

DELL’A

REA

DISTUDIO

CARTA

TOPOGRAFICA

DELL’A

REA

DISTUDIO

Progetto Bioitaly, lezone di maggiore va-lore naturalisticodestinate a costitui-re la Rete Europeadenominata NATURA2000: tra queste,l’intera area dei tregruppi montuosi e, inparticolare, tutto ilterritorio della Ri-serva, soprattuttoper il valore della

copertura boschiva edelle specie animalie vegetali in essaconservate. Per quan-to riguarda gli uc-celli, sono rappre-sentate soprattuttospecie tipiche del-l’ambiente boschivo(Picchio dorsobianco,Balia dal collare)mentre assai meno im-portante si presenta

l’area per le specielegate agli ambientirocciosi o d’altitu-dine, in quanto solonella porzione tra ilMonte Viglio e ilPizzo Deta le cimedei monti raggiungonoquote e pendenze talida non essere rico-perte dal manto bo-schivo.

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6-CO

MUNITÀ

DIUCCELLI

EGESTIONE

DELLA

FORESTA

NELLA

FAGGETA

Il territorio dellaRiserva Naturale Re-gionale “Zompo loSchioppo”, istituitanel 1987 dalla Regio-ne Abruzzo, si esten-de per ca. 1025 ha ecomprende un’ampiaporzione della valla-ta chiusa a Nord dalMonte Viglio ed a Suddal Pizzo Deta. Iconfini della Riservacoincidono con limitinaturali nella por-zione Ovest, lungo lacresta del Monte Cre-pacuore - Peschiodelle Diavole - MonteOrtara, mentre per ilresto sono riferibiliin prevalenza ad ele-menti amministrativi(confini comunali) oantropici (limite in-feriore della vegeta-zione arborea). Nellaparte a valle circa300 ha costituisconouna fascia di prote-zione al territorioeffettivamente tute-lato.La Riserva è quasiintegralmente copertada boschi; solo nelleporzioni più alte al-cune decine di ettarisono caratterizzatida ambienti rocciosie praterie d’altitu-dine. Anche a quoteinferiori si incon-trano radure relati-vamente ampie nellaporzione nord (Fondidi Collalto, Casale,Ara di Collelungo) e

nelle aree caratte-rizzate da pendenzemeno accentuate. Acausa dell’acclivitàassai elevata delterreno, in alcunicasi domina l’ambien-te roccioso: l’esem-pio più significativoè quello della spet-tacolare cascata dalquale trae il nome laRiserva stessa. L’e-sposizione E-NE-N digran parte del terri-torio, la ricchezzadi acque superficialie la notevole piovo-sità, stimata perquote di 1200 m ca.ad oltre 1600 mm an-nui (Piano Agro-sil-vo-pastorale del Co-mune di Morino), ren-dono la faggeta laformazione dominanteanche a quote piutto-sto basse. In parti-colare, lungo la val-le del torrente ori-ginato dalla cascata,a 600 m s. l. m., ilbosco è caratterizza-to da grandi esempla-ri di faggio. Nellealtre aree a bassaquota, al di sottodei 900-1000 m, alfaggio si mescolanoil carpino nero,l’orniello, il cerro,la roverella e variespecie di acero. Aldi sopra dei 1200 m,le faggete sono pre-valentemente costi-tuite da fustaie pu-re, raramente frammi-

ste ad esemplari,talvolta secolari, diacero e tasso; allequote inferiori, in-vece, caratterizzateda un maggiore gradodi sfruttamento, siaffermano boschi ce-dui di modesto valorenaturalistico. Per la continuitàdella Valle dell’In-ferno con la RiservaNaturale “Zompo loSchioppo” e poiché laproprietà e la ge-stione di quest’areasono, come ricordato,del Comune di Morino,la presente indagineè stata estesa allefaggete della testatadi Valle dell’Infernoed alla porzione Ci-metta - Valle Fredda- Monte Prato che,seppure fuori daiconfini della Riser-va, non sono ambien-talmente separabilidall’area protetta.Il limite dell’areadi studio è dunque asud il ripido Vadodella Spigliuca e ilversante est di MontePrato che scende sulVallone del Rio, ca-ratterizzato da bo-schi di mediocre va-lore naturalistico;per il resto del ter-ritorio i confini co-incidono con quelliamministrativi dellaRiserva.Complessivamente, lasuperficie dell’area

Capitolo 1 Descrizione dell’areadi studio

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7-DE

SCRIZIONE

DELL’A

REA

DISTUDIO

UNTIPICO

ASPETTO

DELLA

FAGGETA

NELLARI

SERVANA

TURALE

DIZO

MPO

LOSC

HIOPPO

di studio risultaestesa per circa 2230ha, 970 dei quali re-lativi alla Riserva,180 alla fascia diprotezione, 250 allaValle Fredda - MontePrato e 830 alla te-stata della Valledell’Inferno nel La-zio. Paradossalmente, comesi chiarirà più avan-ti, proprio nellaValle Fredda e nellaValle dell’Inferno,al di fuori dei con-fini della Riserva,si trovano alcunedelle strutture bo-schive più interes-santi e meglio con-servate della zona,tanto che il Piano

Agro-silvo-pastoraledel comune di Morinoassegna alla catego-ria A i boschi dellaValle d’Inferno edalla B quelli rica-denti nella Riserva,anche se tale classi-ficazione è legatasoprattutto alle mi-gliori possibilità disfruttamento dellazona A, grazie allestrade disponibili edalle pendenze menoaccentuate.Lo stato di conserva-zione dei boschi al-l’interno dell’areaprotetta è discreto,ma risente pesante-mente delle politicheforestali messe inatto fino ad epoche

recenti e della forteacclività di alcunearee, che non favori-sce certo la ripresadel bosco dopo losfruttamento. In ge-nerale, le aree mi-gliori sono collocatealle quote intermedie(1300-1500 m), doveil bosco assume atratti un aspettospettacolare conesemplari colonnarialtissimi. Al limitesuperiore del boscosi affermano, invece,giovani fustaie dimodesto valore, men-tre alle quote piùbasse dominano boschicedui misti e giovanifustaie in conversio-ne ad alto fusto. Nel versante lazia-le, nonostante lequote modeste e l’e-sposizione meridio-nale che generalmen-te non favorisconola faggeta, il bo-sco, soprattutto neitratti pianeggianti,assume un portamentograndioso, con pian-te di elevato diame-tro e notevole al-tezza, seppure quasidel tutto privo diesemplari secchi omarcescenti. Il settore dellaValle Fredda e dellacresta Monte Prato -Cimetta - Monte Fer-rera, infine, è ca-ratterizzato da unaaccentuata acclivitàe presenta tratti difaggeta disetanea dinotevole valore, re-lativamente ricchidi piante mature etra i più belli del-l’intera area.

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8-CO

MUNITÀ

DIUCCELLI

EGESTIONE

DELLA

FORESTA

NELLA

FAGGETA

Gli autori di diversearee geografiche han-no risolto il proble-ma dello studio dellecomunità di uccellisu vaste aree in ma-niere sostanzialmentediverse, anche in re-lazione alle caratte-ristiche del territo-rio. Infatti, a dif-ferenza delle regionisettentrionali, nellequali troviamo unadiscreta continuitàambientale, i terri-tori dell’Europa cen-trale e, in manieraassai maggiore, quel-li del Mediterraneosi presentano come uncomposto mosaico, nelquale i diversi am-bienti seguono unadisposizione punti-forme. Questo ha indotto gliautori scandinavi(Merikallio, Jarvi-nen, Vaisanen) ad in-dirizzarsi prevalen-temente sul transet-to, mentre quellifrancesi (Blondel,Ferry, Frochot) hanno“inventato” una seriedi metodi basati sul-le “stazioni d’ascol-to”, punti scelti al-

l’interno dell’am-biente che si deside-ra studiare.Sostanzialmente, iltransetto è una sortadi mappaggio su stri-scia, basato su una opiù visite, che con-sente di ottenere va-lori di frequenza(numero di contatti /km o numero di con-tatti / unità di tem-po ) e di estrapolarevalori di densità ebiomassa. I metodifrancesi IPA (IndicesPonctuels d’Abondan-ce; Blondel, Ferry eFrochot, 1970) ed EFP(Echantillonage fre-quentiel-progressif;Blondel, 1975) si ba-sano sulle stazionid’ascolto e fornisco-no solo indici difrequenza delle spe-cie. L’IKA (IndicesKilometriques d’Abon-dance; Ferry e Fro-chot, 1958), untransetto nel qualesi rilevano solo in-dici di frequenzadelle specie, è inve-ce una tecnica a metàstrada tra le due me-todologie, poiché nonfornisce valori di

densità e biomassa.I due diversi atteg-giamenti nei confron-ti dell’indagine sul-le comunità di uccel-li dipendono, come siè detto, dalla diver-sa continuità ambien-tale rilevabile nelnord e nel sud del-l’Europa. Oltre allacomposizione a mosai-co del territorio,esistono altri consi-stenti problemi:l’attività degli uc-celli e la loro “de-tectability” non sonosempre uguali nellastagione riproduttivae, soprattutto, nonsono uguali tra lediverse specie. Per-ciò il transetto fi-nisce in teoria persottostimare le spe-cie più “silenziose”,tanto che alcuni au-tori hanno adottatocoefficienti corret-tivi per alcune spe-cie. I metodi punti-formi cercano di ov-viare a questa diffi-coltà con la sostanei punti d’ascolto,che dovrebbe teorica-mente consentire diregistrare anche lespecie più silenzio-se.

Capitolo 2 Le faggete2.1 Metodi di ricerca sulla comunità di uccelli

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9-LE

FAGGETE

Allo scopo di ottene-re dati quantitativi,comprendenti anchevalori di densità edi biomassa, e consi-derata la relativaomogeneità ambientaledelle faggete, è sta-to scelto il metododel transetto (LineTransect Method; Me-rikallio, 1946) conun limite di 25 m adestra e sinistra perle specie di piccoledimensioni e di 100 ma destra e sinistraper Cuculidi, Picidi,Columbiformi ed alcu-ni Turdidi (Tordobottaccio e Merlo).Quest’ultimo accorgi-mento è stato adotta-to per valutare su uncampione di superfi-cie più esteso ladensità delle speciemeno frequenti e do-tate di elevata “de-tectability”. Non so-no stati adottati co-efficienti di corre-zione (Jarvinen eVaisanen, 1983).L’inizio dei rileva-menti è stato legger-mente tardivo rispet-to alla quota ed allasituazione climatica(4 maggio). Nel cal-colo dei parametridella comunità, i da-ti sono stati scorpo-rati in due gruppiallo scopo di limita-re al massimo la per-dita di quelli rela-tivi alle specie pre-coci (Picidi, Certii-di, Sittidi, Paridi,ecc.), ed a quelletardive, che altri-

menti risulterebberosottostimate in quan-to rilevate quandocantano poco (nidifi-canti precoci) oquando assenti (mi-gratori tardivi).L’aspetto delle meto-dologie va sottoli-neato, perché iltransetto, se ripetu-to un numero diversodi volte nella sta-gione riproduttiva,può fornire risultatiquantitativi diversi,poiché riesce a rile-vare un numero di in-dividui più basso sele visite sono in nu-mero minore o non co-prono l’intera sta-gione riproduttiva.Tutti i rilievi quan-titativi sono staticompiuti nel corso di11 visite compiutetra il 4 maggio ed il18 giugno 1996, ini-ziate sempre nelleprime ore del matti-no. Sono state rea-lizzate 68 unità ditransetto di 15’ cia-scuna, per complessi-vi 33,6 km. La super-ficie occupata dalmain belt (25 m) èdunque di 165 ha ca.,mentre il campionepreso in esame perciò che riguarda lespecie più grandi(limite di 100 m) èdi 670 ha: si trattarispettivamente del 7% e del 28% del ter-ritorio occupato dafaggete, un campionedunque estremamentesignificativo.Allo scopo di evitare

le conseguenze dovuteall’effetto margine,ci si è mantenutisempre di almeno 100m all’interno del bo-sco, evitando o in-terrompendo il trans-etto in prossimità digrandi radure.Nell’esame dei datisono stati considera-ti i seguenti parame-tri:

Densità: numero cop-pie / 10 ha di super-ficie

Ricchezza del popola-mento: numero dellespecie incontrate

IKA: Indices Kilome-triques d’Abondance(Ferry e Frochot,1958); numero di con-tatti relativi ad unadeterminata specie ocomplessivo, rilevatoper chilometro ditransetto.

pi: Indice di fre-quenza della specieiesima: può andare da0 (specie assente) ad1 (tutti gli indivi-dui presenti appar-tengono alla medesimaspecie). Vengono con-siderate dominanti lespecie con pi > 0.05(Turcek, 1956), sub-dominanti quelle con0.02 < pi < 0.05.

Bb: Biomassa bruta,ossia il peso di tuttigli individui dellacomunità, espresso ing / 10 ha. Per il pesodelle specie si è fat-to riferimento a datibibliografici locali.

2.2 Il metodo utilizzato

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Bc: Biomassa consu-mante (Salt, 1957).Espressa in g / 10ha. e calcolato ele-vando alla potenza0.7 il peso delle di-verse specie. Taleprocedimento serve acompensare il metabo-lismo più veloce del-le specie più picco-le, così da avere unacorrezione che tengaconto dell’effettivoruolo nella catenaalimentare delle di-verse specie.

H’: Indice di diversi-tà (Shannon e Weaver,1963). È il più diffu-so degli indici per lamisura della comples-sità di una comunitàbiotica. Evidenzia illegame tra complessitàe conservazione del-l’ecosistema.

J’: Equipartizione(Lloyd e Ghepardi,1964), misura il rap-porto tra la diversi-

ta’ verificata e lamassima diversita’possibile, e variadunque da 0 (1 solaspecie presente), ad 1(tutte le specie pre-senti ugualmente dis-tribuite, ossia con ilmedesimo pi).

% Non Passeriformes:poiché si ritiene chei non-Passeriformessiano la parte piùesigente della comuni-tà, dalla loro percen-tuale si deduce lamaggiore o minore com-plessità della comuni-tà ornitica.

Nd: Numero specie do-minanti. Sono quelleil cui pi supera ilvalore di 0.05 (il 5%del totale della co-munità) e rappresen-tano le specie carat-teristiche di una de-terminata comunità(Turcek, 1956). Persubdominanti si in-tendono invece le

specie con 0.02 < pi< 0.05.

Allo scopo di rileva-re le caratteristichedella comunità di uc-celli in relazionealla tipologia am-bientale delle fagge-te, sono stati presiin considerazione an-che numerosi parame-tri ambientali e ve-getazionali:a)tipologia del bosco

(alto fusto, ceduo,ceduo con emergen-ti);

b)diametro medio delbosco;

c)altezza media dellostrato superiore;

d)maturità del bosco(numero di piantemature, morte osecche incontrateper unità di trans-etto);

e)copertura % dellostrato boschivo edarbustivo.

10-C

OMUNITÀ

DIUCCELLI

EGESTIONE

DELLA

FORESTA

NELLA

FAGGETA

2.3 Risultati

I risultati eviden-ziano (tab. I e II)una composizione or-nitica caratterizzatada un discreto numerodi specie (30) e davalori della densitàe dell’indice I.K.A.(Ferry e Frochot1958), in linea conquanto rilevato nelParco Nazionale d’A-bruzzo ed in altrezone occupate da fag-gete (tab. V) conanaloghe tecniche(visite ripartite su

due cicli).Il Fringuello (Frin-gilla coelebs) ed ilPettirosso (Erithacusrubecula) sono lespecie con i maggiorivalori di dominanza ecostituiscono da solirispettivamente il21.9% e 9.5% dei va-lori della densità edil 18.9% e 10.8% deicontatti I.K.A.; an-che negli altri dati(tab. VI) provenientida faggete (Lunigia-na, Farina 1982; Mon-

ti Ernici, Bernoni,in prep.; Parco Na-zionale d’Abruzzo) ivalori più alti trale specie dominantierano occupati daqueste due specie,con il Pettirossoprevalente negli sta-di di bosco più gio-vane ed il Fringuelloche domina nellestrutture a fustaia. La presenza dei Pici-formi è discreta, con4 specie nidificanti,anche se i valori di

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11-L

EFAGGETE

densità riscontratisi mostrano decisa-mente bassi, in lineacon la scarsità dipiante mature o sec-che. Per gli aspetti rela-tivi alla presenzadel Picchio dorso-bianco (Picoides leu-cotos), che costitui-sce comunque la spe-cie di Piciforme conil maggior valore didominanza per i con-tatti I.K.A., si vedail capitolo 3; tra lealtre specie occorrericordare il Picchiorosso maggiore (Pi-coides major), ubi-quitario, presente intutti gli ecosistemiboschivi italiani, eil Picchio rosso mi-nore (Picoides mi-nor), raro nelle fag-gete, ma segnalatoquasi sempre nellestrutture boschiveben conservate (Co-stantini e Melletti,1992; Bernoni, 1992).Il Picchio verde (Pi-cus viridis), invece,è presente con densi-tà bassissime, asso-ciato in prevalenzaalle aree ecotonali eai boschi misti, comepure nel vicino ParcoNazionale e in altrezone. Di discreta ri-levanza è anche lapresenza della Baliadal collare (Ficedulaalbicollis), specierara in Italia e con-siderata minacciata alivello europeo, nelnostro Paese nidifi-cante in discreto nu-mero soltanto nellefaggete dell’Appenni-

no centrale: essa èrelativamente comunenella porzione deiboschi di Morino conpiante mature e quotepiù elevate, con va-lori leggermente in-feriori soltanto aquelli del Parco Na-zionale d’Abruzzo(tab. VI). La compresenza delRampichino alpestre(Certhia familiaris)e del Rampichino(Certhia brachidacty-la) non deve essereletta come una effet-tiva sovrapposizionedella nicchia, poichéle rilevazioni diRampichino provengonoda zone a quota infe-riore a 1000 m, ca-ratterizzate da fag-gete miste, mentre ilRampichino alpestre èassociato alla fu-staia pura di faggio. La comunità nidifi-cante di uccelli ri-sulta costituita inprevalenza (7 domi-nanti su 9 e 2 subdo-minanti su 3) da spe-cie ubiquitarie degliambienti forestalidel nostro Paese;complessivamente, ri-spetto ad altri ri-lievi in faggete ap-penniniche, appareevidente la relativafrequenza delle spe-cie tipicamente mon-tane (Picchio dorso-bianco, Rampichinoalpestre, Balia dalcollare, Cincia mora,Ciuffolotto, Tordobottaccio, Tordela,Luì verde), che ca-ratterizza le strut-ture boschive meglio

conservate. L’Astoree lo Sparviero com-pletano il quadrodelle specie ecologi-camente più esigenti,mentre Luì bianco eCodibugnolo possonoessere considerateaccessorie nelle fag-gete più calde. Scorporando i datiper faggete con dia-metro medio rispetti-vamente maggiore eminore di 25 cm (tab.IV), è possibile ri-levare in quest’ulti-ma una significativadiminuzione (21%)della densità com-plessiva della comu-nità, del 12% per ilvalore I.K.A, del 32%per la biomassa brutae del 28% per la bio-massa consumante, aconferma della mag-giore ricchezza intermini qualitativi equantitativi espressadagli stadi più matu-ri del bosco. Ancheil numero delle spe-cie rilevate è infe-riore (28 contro 26);solo negli stadi piùgiovani sono presentiil Luì bianco e ilRampichino, mentresolo in quelli didiametro maggiore ni-dificano Tordela,Picchio rosso minore,Sparviero ed Astore.Inoltre, Fringuello,Cinciarella, Picchiodorsobianco, Picchiomuratore, Luì verde,Balia dal collare,Cinciallegra e Cinciabigia, Rampichino al-pestre e Fiorrancinopresentano densitàsensibilmente più al-

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te negli stadi piùmaturi, Pettirosso eScricciolo, invece,in quelli più giova-ni. Anche l’analisi deirisultati suddivisiper classi di maturi-tà del bosco (numerodi esemplari maturiincontrati per unitàdi transetto) mostradifferenze statisti-camente significativetra le tre diversesituazioni, confer-mando l’importanzadelle piante maturequali siti di nidifi-cazione (tab. III).Complessivamente, dalpunto di vista dellastruttura della comu-nità ornitiche nidi-ficanti e della pre-senza di specie mon-tane tipiche, le fag-gete di Zompo loSchioppo sono le piùsimili (tab. V e VI)a quelle del ParcoNazionale d’Abruzzo,che, per la ricchezzaed i valori dellabiomassa, costitui-scono un importantepunto di riferimento.La ricchezza comples-siva, 30 specie con-tro le 39 del Parco,

potrebbe apparire si-gnificativamente in-feriore: in realtà lesole specie tipichedella faggeta assentinella Riserva e nidi-ficanti nel Parco so-no il Codirosso(Phoenicurus phoeni-curus) e il Picchiorosso mezzano (Picoi-des medius), di soli-to associate ad eco-sistemi maturi e mol-to rare sull’Appenni-no. I risultati comples-sivi di densità ebiomassa, con valoritalvolta inferiorianche di 7-8 volterispetto a quelli ri-levati in ambientiboschivi italiani po-sti sul livello delmare, non devono co-munque sorprendere:le faggete costitui-scono ambienti pove-ri, a causa delle lo-ro caratteristichevegetazionali (strut-tura prevalentementemonofitica, modestadifferenziazione ecomplessità dellostrato arbustivo ederbaceo) e delle con-dizioni climatiche;tale aspetto è aggra-

vato dalla scarsitàdi piante mature, lesole ricche di cavitàe di porzioni di le-gno morto, che favo-riscono la nidifica-zione. In particola-re, nel caso di Zompolo Schioppo, lestrutture molto chiu-se del bosco, con al-beri a portamento co-lonnare, spesso anchedi grandi dimensioni,ma privi di ramiorizzontali, sono trale meno adatte a ren-dere disponibili sitidi nidificazione. Dal punto di vistadella tipologia delbosco, nelle stazionidi rilevamento sonoemersi i seguenti ri-sultati: netta preva-lenza delle formazio-ni d’alto fusto (83%)rispetto ai cedui edai cedui con emergen-ti; diametro mediodello strato boschivosuperiore cm 30,8;altezza media dellefustaie m 21,3; coper-tura media dello stra-to superiore 85,2%;copertura media delsottobosco 6,3%.

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OMUNITÀ

DIUCCELLI

EGESTIONE

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FAGGETA

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EFAGGETE

Tab. I) Densità (coppie x 10 ha.) e I.K.A. (contatti x km) e relativi pi(%) delle specie di uccelli nidificanti rilevate nelle faggete del Comu-ne di Morino .

Specie Nome scientifico Densità pi (d) I.K.A. PI (ika)

Fringuello Fringilla coelebs 5.15 .213 ** 5.30 .189 **Pettirosso Erithacus rubecula 2.42 .095 ** 3.03 .108 **Cinciarella Parus caeruleus 2.11 .087 ** 1.99 .071 **Scricciolo Troglodytes troglodytes 1.87 .077 ** 1.99 .071 **Capinera Sylvia atricapilla 1.82 .080 ** 1.88 .067 **Cinciallegra Parus major 1.64 .068 ** 1.40 .050 **Luì verde Phylloscopus sibilatrix .52 .063 ** 1.64 .058 *Luì piccolo Phylloscopus collibyta 1.40 .058 ** 1.88 .062 **Picchio muratore Sitta europaea 1.17 .048 * 1.23 .044 *Balia dal collare Ficedula albicollis 1.09 .045 * 1.33 .048 *Cincia mora Parus ater 1.05 .044 * 1.09 .039 *Fiorrancino Regulus ignicapillus 0.94 .039 * 0.94 .033 *Cincia bigia Parus palustris 0.35 .015 0.36 .013Tordo bottaccio Turdus philomelos 0.29 .012 0.64 .023 *Rampichino alpestre Certhia familiaris 0.29 .012 0.30 .011Rampichino Certhia brachydactyla 0.24 .010 0.12 .004Merlo Turdus merula 0.18 .008 0.48 .017Colombaccio Columba palumbus 0.16 .008 0.73 .026 *Ghiandaia Garrulus glandarius 0.12 .005 0.23 .008Codibugnolo Aegithalos caudatus 0.06 .002 0.06 .002Picchio dorsobianco Picoides leucotos 0.05 .002 0.21 .008Picchio rosso maggiore Picoides major 0.05 .002 0.12 .004 *Tordela Turdus viscivorus 0.05 .002 0.09 .003Picchio rosso minore Picoides minor 0.04 .002 0.09 .003Cuculo Cuculus canorus 0.03 .001 0.41 .015Picchio verde Picus viridis 0.03 .001 0.18 .006Sparviero Accipiter nisus 0.03 .001 0.03 .001Astore Accipiter gentilis 0.02 .001 0.02 .001Ciuffolotto Pyrrhula pyrrhula 0.00 .000 0.15 .005Luì bianco Phylloscopus bonelli 0.00 .000 0.06 .002TOTALE 24.15 28.07

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OMUNITÀ

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EGESTIONE

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FORESTA

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FAGGETA

Tabella II) Principali parametri della comunità ornitica delle faggetedella Riserva naturale di Zompo lo Schioppo

Densità (coppie x 10 ha.) 24.1I.K.A. (contatti x km) 28.1Diversita’ (H’) 2.82Equipartizione (J’) 0.83Ricchezza (numero delle specie) 30 Numero delle specie dominanti 8 Numero delle specie subdominanti 4Biomassa bruta (Bb) 1072.7Biomassa consumante (Bc) 379.5% di Non Passeriformes 2.9%

Tabella III) Confronto tra i principali parametri relativi alle faggetedi Zompo lo Schioppo suddivise per classi di maturità del bosco (no dipiante mature x unità di transetto).

Maturità 0 Maturità 1 Maturità 2-3 (nessuna pianta (1-2 piante mature x (>2 piante mature x matura) unità transetto) unità transetto)

Densità (coppie x 10 ha.) 20.4 23.1 28.3I.K.A. (contatti x km) 25.4 30.9 31.5Ricchezza (numero delle specie) 23 27 27Biomassa bruta (Bb) 714.8 1038.4 1346.8Biomassa consumante (Bc) 291.0 360.8 459.2

Tabella IV) Confronto tra i principali parametri relativi alle faggetedi Zompo lo Schioppo suddivise per classi di diametro medio del bosco.

Diametro medio Diametro medio> 25 cm <= 25 cm

Densità (coppie x 10 ha.) 26.5 20.9I.K.A. (contatti x km) 30.3 26.6Diversita’ (H’) 2.83 2.77Equipartizione (J’) 0.85 0.85Ricchezza (numero delle specie) 29 26Numero delle specie dominanti 9 7Numero delle specie subdominanti 5 6Biomassa bruta (Bb) 1217.6 831.1Biomassa consumante (Bc) 422.7 308.2

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EFAGGETE

Velino-Sirente Serra Alta P.N. Lunigiana(ZPE del PNA) d’Abruzzo

Metodo utilizzato transetto mappaggio mappaggio mappaggioNo. di unità di transetto 93 --- --- ---No. di specie 31 25 22 15Specie dominanti 7 5 6 5Densità (cp. x 10 ha) 23.9 22.9 30.0 21.0I.K.A. (contatti x km) 29.4 --- --- ---Biomassa bruta (gr.x10 ha) 1079 --- 943Biomassa consumante (gr. x 10 ha) 381 --- 275FONTE (Bernoni (Papi 1996) (Bernoni (Farina

1997a) 1996) 1982)

Tab. V) Principali parametri delle comunità ornitiche di 7 faggete ap-penniniche confrontate con quella di Zompo lo Schioppo.

Zompo lo Val Feudo Ugni P.N.Schioppo di Foro d’Abruzzo

Metodo utilizzato transetto transetto IKA transettoNo. di unità di transetto 68 26 56 783No. di specie 30 20 25 40Specie dominanti 9 6 8 7Densità (cp. x 10 ha) 24.1 21.0 --- 24.5I.K.A. (contatti x km) 28.1 27.7 24.1 31.7Biomassa bruta (gr.x10 ha) 1073 938 --- 1285Biomassa consumante (gr. x 10 ha) 379 345 --- 425FONTE Presente (Bernoni (Pellegrini (Bernoni

ricerca 1997b) 1995) in prep.)

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OMUNITÀ

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FAGGETA

Tab. VI) Valori di densità (coppie x 10 ha) delle specie di uccelli do-minanti nidificanti in 7 diverse faggete dell’Appennino. Tra parentesisono indicate le specie che in alcune aree non raggiungono il livellodi dominanza (5% del totale).

Zompo lo Val P.N. Velino-SirenteSchioppo di Foro d’Abruzzo (ERNICI)

Fringuello Fringilla coelebs 5.1 6.0 5.7 4.8Pettirosso Erithacus rubecula 2.4 3.2 1.3 2.3Cincia bigia Parus palustris (0.3) (0.3) (0.8) (0.4)Capinera Sylvia atricapilla 1.8 (0.9) 1.5 (1.0)Cinciarella Parus caeruleus 2.1 (0.9) 1.2 1.9Luì verde Phylloscopus sibilatrix 1.5 (0.6) (1.1) 1.6Luì piccolo Phylloscopus collybita 1.4 (1.1) 1.6 2.7Balia dal collare Ficedula albicollis (1.1) --- 1.3 (0.4)Cincia mora Parus ater (1.0) (0.9) 1.2 1.4Cinciallegra Parus major 1.6 1.8 (0.9) 1.7Scricciolo Troglodytes troglodytes 1.9 1.8 (0.8) (1.2)Merlo (0.2) (0.7) (0.3) (0.3)Rampich. alpestre Certhia familiaris (0.3) --- (1.2) (0.4)

FONTE Presente (Bernoni (Bernoni (Bernoni ricerca 1997b) in prep.) 1997a)

Serra Alta P.N. Lunigiana(ZPE del PNA) d’Abruzzo

(mappaggio)

Fringuello Fringilla coelebs 4.3 7.9 2.7Pettirosso Erithacus rubecula 2.8 (1.2) 2.9Cincia bigia Parus palustris 3.7 (0.9)Capinera Sylvia atricapilla --- (1.2) 1.8Cinciarella Parus caeruleus 1.2 2.4 (0.5)Luì verde Phylloscopus sibilatrix 1.2 1.8 ---luì piccolo Phylloscopus collybita --- 2.1 5.5Balia dal collare Ficedula albicollis --- (1.2) ---Cincia mora Parus ater 2.5 1.5 1.1Cinciallegra Parus major 1.2 (1.2) ---Scricciolo Troglodytes troglodytes --- (1.2) (0.7)Merlo (0.9) (1.2) 1.8Rampich. alpestre Certhia familiaris 1.5 1.5 ---

FONTE (Papi, (Bernoni (Farina 1996) prep.) 1982)

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EFAGGETE

Sebbene redatto inepoca relativamenterecente, nel periododi costituzione dellaRiserva Naturale, ilPiano Agro-silvo-pa-storale del Comune diMorino, realizzatodall’Ispettorato Ri-partimentale delleForeste dell’Aquila,risente di un’impo-stazione tipicamenteforestale. Infatti,nonostante menzioniin più punti concettiquali la disetaneiz-zazione del bosco, ildanno ambientale epaesistico determina-to dall’apertura dipiste esbosco su pen-denze accentuate el’idea di costituireun’area di protezionesul versante laziale,la visione globalerimane completamenteappiattita su concet-ti di tipo produtti-vo. E così, quando sitratta di dare indi-cazioni per la ge-stione del bosco, sisuggerisce di“...eliminare lepiante in soprannume-ro e quelle deperien-ti, deformi, seccagi-nose per continuarela regolarizzazionedella struttura...”oppure “ ...ove dis-etaneo sopprimere lestramature e le matu-re...” mentre dopoaver sottolineato ildanno causato dallestrade si dice cheper meglio sfruttarela zona B (oggi al-

l’interno della Riser-va ) “...il macchiati-co può essere ulte-riormente elevato conla realizzazione dipoche piste affattodannose dal lato am-bientale e paesistico...”.Va detto che l’appli-cazione del piano èstata sospesa all’in-terno della Riservadove, dall’istituzionenel 1987, i tagli sonostati sospesi (Febbo,ex verbis).Occorre però ricordareche il prelievo neglianni 60-70 è stato su-periore persino aquanto stabilito nelpiano di assestamento1964-73 (oltre 84000mc contro i 70000 pre-ventivati) e che, solonegli anni successivi,a causa della mancanzadi un nuovo piano, ilprelievo è diminuitosensibilmente. Tutta-via, le conseguenzedelle politiche fore-stali attuate in pas-sato sono visibili an-cora oggi, con areesfruttate intensamenteanche su pendii dielevata acclività efenomeni di degradodestinati a perdurareper tempi lunghi. Ricerche recenti (Ber-noni, 1994; Penteria-ni, 1995) hanno mo-strato come anche alivello appenninico laconservazione di im-portanti specie di uc-celli (Picchio dorso-bianco, Astore) parti-

colarmente esigentisul piano della quali-tà dell’ambiente sialegata alla presenzadi piccole strutturedi bosco maturo o diporzioni di bosco conpiante di grandi di-mensioni, inserite inpiù ampi complessid’alto fusto, dellequali occorre favorirela creazione o chevanno tutelate se pre-senti. Il taglio potràessere attuato concriteri di selvicoltu-ra naturalistica, inparte nelle aree dasfoltire o riconverti-re situate nelle fascepiù basse governate inprevalenza a ceduo, inparte nelle aree menoacclivi dove operarel’apertura di buche,che contribuiranno al-l’aumento della diver-sità ambientale. Talediversità aumenterà ladisponibilità di ciboe di siti di nidifica-zione; l’opportuno im-pianto di piante e ce-spugli da frutto potràcontribuire alla crea-zione di un punto diattrazione per l’Orso. Il mantenimento diquesta attività, oltrea positive conseguenzeoccupazionali, renderàla Riserva più graditaalla popolazione loca-le. Oggi le piante matureo secche (del tutto oparzialmente) sonodavvero poche all’in-terno del bosco e sonominacciate da opera-

2.4 Osservazioni sul piano di gestione forestale 1987-1996 ed indicazioni di carattere gestionale

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zioni di taglio, ancheabusivo, nonché dallascarsa sensibilità na-turalistica da partedel personale foresta-le. La loro tutela co-stituisce il presuppo-sto fondamentale diqualsiasi progetto diriqualificazione natu-ralistica, che in fu-turo potrà favorire ilritorno e l’aumento didensità delle speciepiù selettive di Pici-formi, Paridi, Sittidie Certiidi con unaprogressiva rinatura-lizzazione del bosco,attualmente troppoorientato verso formecolturali. Si trattadi modeste misure sulpiano conservazioni-stico, con oneri e li-mitazioni all’uso delbene da parte dellapopolazione localemolto lievi, conside-rato lo scarso valoredi tali piante, ma digrande importanza intermini di prospettivefuture.Essendo il 1996 l’ul-timo anno preso inconsiderazione dalpiano forestale, varilevata la necessitàdi formulare un nuovostrumento di gestioneadeguato alla nuovarealtà dell’area, chetenga conto della pre-senza della Riserva edei progetti di tuteladella Valle d’Inferno,in territorio del La-zio, e della ValleFredda. Tutto ciò an-che in prospettivadella realizzazione diun Parco regionalelungo l’intera catena,

per il quale l’area diZompo lo Schioppo co-stituirà un importantepunto di riferimento,poiché rappresental’unica realtà protet-ta già esistente. Lenuove prescrizioni peri tagli dovranno tenerconto di quanto sopraaffermato, tutelandosoprattutto le piantemature, secche e mar-cescenti, di modestis-simo valore economico,ma di rilevante signi-ficato naturalistico;risparmiando ad isolele strutture boschivecon le caratteristichemigliori; favorendo lacreazione di nuovecondizioni di questotipo. Queste misurevanno attuate soprat-tutto al di fuori del-l’ambito della Riser-va, ad esempio nellefasce sommitali diMonte Prato, del Val-lone del Rio, dell’a-rea di Monte Prato -Monte Ginepro - Montedel Passeggio - PizzoDeta, tutte di notevo-le rilievo dal puntodi vista ambientale. Aquesto proposito, po-trà valere come puntodi riferimento l’esem-pio del vicino ParcoNazionale d’Abruzzo,dove sono tutelati gliesemplari al di sopradei 70 cm e tutte lepiante diverse dalfaggio; il prelievonon supera il 15-20%della massa legnosa;il legname è rimossosenza ricorso all’a-pertura di nuove pi-ste; le operazioni ditaglio si svolgono al

di fuori del periodoriproduttivo (feb-braio-agosto). I ri-scontri effettuatinelle aree tagliatecon questi metodi nelParco Nazionale d’A-bruzzo (Sulli e Berno-ni, 1993) confermanolo scarso impatto sul-le popolazioni orniti-che e sulle specie piùesigenti.Alcune aree, indicatenella carta di fig. 2,sono state individuatecome tipologie boschi-ve particolarmente si-gnificative, meritevo-li dunque di una piùattenta conservazione.Si ritiene che questestrutture vadano pro-tette e risparmiate altaglio, in particolarequelle poste al difuori della Riserva:per i ca. 250 ha chedal confine attualeportano fino al MontePrato e comprendono laValle Fredda, si pro-pone, inoltre, un’im-mediata inclusione al-l’interno del territo-rio protetto o quantomeno una serie di at-tenti provvedimentilimitativi del tagliosimili a quelli sopraindicati. Si tratta in partico-lare delle particelle39, 40, 41, 42, e del-le porzioni sommitalidelle particelle 19,20, 21, 31a, 32, chepresentano struttureboschive di notevolevalore naturalistico,tra le più interessan-ti dell’intera area,con una presenza nontrascurabile di piante

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OMUNITÀ

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EGESTIONE

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EFAGGETE

ZONIZZAZIONE

DELP.A.F. 1987-1996

mature ed in partesecche, caratterizzateinoltre da acclivitàmolto accentuate chesuggeriscono, quantomeno, forme di utiliz-zazioni estremamenteprudenti.Un discorso analogovale per l’area del-l’alta Valle dell’In-ferno (in particolareper la zona delle par-ticelle 25a, 25b, 27a,31b, 34b, 35 e 36) e

per le porzioni basalipiù pianeggianti delleparticelle 22, 24,28a, dove, grazie allamodesta acclività, lafaggeta si sviluppacon notevole vitalitàe, malgrado l’esposi-zione meridionale ingenere non particolar-mente favorevole, pre-senta aspetti spetta-colari con grandi fu-staie, purtroppo pove-re di piante mature o

secche a causa del-l’intensa utilizzazio-ne.Poiché, per motivi dicompetenza regionale,non sono possibiliforme di tutela daparte della RegioneAbruzzo, almeno finquando non venga presain esame la possibili-tà di una variazionedei confini regionali,si propone in partico-lare per questa area

Proposte di tutela delle aree di maggiore valore naturalistico all’interno della Riserva Naturale“Zompo lo Schioppo” e dei territori limitrofi di proprietà del Comune di Morino.

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una preclusione pres-soché assoluta dei ta-gli nelle aree sopraindicate e più in ge-nerale, per il terri-torio di competenzadel comune di Morino,un’utilizzazione delbosco secondo le normedi gestione adottateper esempio nel vicinoParco Nazionale d’A-bruzzo (vedi sopra).Si dovranno risparmia-re, inoltre, le areead acclività troppoaccentuata, le piccoleisole di bosco intornoa singoli o gruppi diesemplari maturi e lefasce sommitali. Que-ste ultime aree costi-tuiscono, forse ancheper la maggiore con-centrazione di piantemature, siti di nidi-ficazione preferenzia-le per alcune impor-tanti e rare specie(Balia dal collare,Rampichino alpestre,Codirosso), dove tute-lare con maggiore at-tenzione gli esemplarimaturi.Come si è ricordato,la gestione all’inter-no della Riserva hasino ad oggi preclusole operazioni di ta-glio: in futuro si po-trà prendere in consi-derazione l’ipotesi diriprendere tale atti-vità per alcune areecaratterizzate da unaminore qualità ambien-tale (giovani fustaiecoetanee, cedui, ceduiinvecchiati), seppurefinalizzate ad unaselvicoltura naturali-stica, con il pienorispetto delle pre-

scrizioni sopra sugge-rite e delle esigenzedi altre importantispecie animali (Orso,Lupo). Parte dellearee degradate potràessere infine lasciataad un’evoluzione natu-rale, costituendo co-munque la Riserva unlaboratorio all’ariaaperta, destinato an-che a forme di speri-mentazione, nel qualestudiare ad esempio lecapacità di ripresaspontanea del bosco.Una gestione piùorientata verso taglia buche, potrà essereinfine praticata nellearee nord della Riser-va, intorno alle radu-re sopra Cauto, CasaleAra di Collelungo,Collalto (particelle2, 3a, 3b, 5) che,grazie alla minore ac-clività ed all’esi-stenza di aree aperte,si prestano meglio atali forme di utiliz-zo. Questo tipo di ta-glio potrà senza dub-bio aumentare l’esiguabiodiversità di moltefaggete e costituire,soprattutto per alcunespecie di Mammiferi,un’importante risorsaalimentare accessoria. Andranno comunque ri-sparmiate le aree lun-go la strada principa-le, per la quale sonourgenti lavori di re-cupero del dissestoidrogeologico (v. ol-tre) e che, nonostantel’impatto della stradaed il disturbo antro-pico da essa origina-to, presentano in al-cuni settori, per

esempio in prossimitàdel Rifugio della Li-scia ed oltre, sino alvalico tra Monte Fer-rera e Monte Ortara,al confine regionale,aspetti scenograficidi notevole rilievo,con piante altissime,seppure in un quadrodi grave erosione delsuolo.L’intera area occupatadal fondo dei vallonidella Liscia e dellaSalvastrella e limita-ta dal fosso di Campo-vano e dalla strada(particelle 8a, 11a,13 e 14 ed in parte 7ae 11b), costituisce ilcuore della Riservacon una ricchezza diacque del tutto parti-colare nell’Appenninocalcareo e struttureboschive assai varie,capaci, grazie all’e-sposizione, di notevo-le ripresa. Questi tre nuclei(Valle Fredda, Salva-strella - Liscia efondo dell’alta Valledell’Inferno) potreb-bero costituire al-trettante aree convincoli di protezionemaggiore, all’internodel territorio protet-to, nella prospettiva,per ora lontana, diriunificare in una so-la gestione l’interoterritorio o di costi-tuire un Parco deiMonti Ernici - Sim-bruini - Carseolani.Un problema di granderilevanza gestionale èinvece rappresentatodalla rete stradale,il cui grave dissestodovrà essere recupera-

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EFAGGETE

stituisce sul pianopaesaggistico un veroe proprio scempio, cheperaltro necessita dicontinui interventiallo scopo di mantene-re libera dal bosco lafascia sotto i cavi.La Riserva dovrà atti-varsi per valutare seesistano le condizioniper una rimozione o,quanto meno, un inter-ramento della linea adalta tensione. Questeopere, oltre a resti-tuire all’area condi-zioni ambientalmente epaesaggisticamente ac-cettabili, rappresen-terebbero una impor-tante occasione di oc-cupazione per la popo-lazione locale, mi-gliorando e rendendopiù credibile la pre-senza della Riservasul territorio.to al più presto con

tecniche di ingegnerianaturalistica, nontanto per mantenerepercorribili le piste,quanto per arrestare igravi fenomeni erosi-vi, in atto soprattut-to lungo la stradaprincipale che dalfondovalle conduce alRifugio della Lisciae, seppure in misuraminore, in altre zone(tratto stradale Li-scia - Valico tra Mon-te Ferrera e Monte Or-tara; tratto stradaleLiscia - Campovano esuccessivi tornanti).La natura geologica ela vocazione naturali-stica delle aree inte-ressate suggerisconointerventi di ripri-stino con tecniche abasso impatto ambien-

tale, quali le paliz-zate vive e morte, at-tuate con successo inmolte zone soggette asimili fenomeni didissesto. Gli ingentifondi relativi a taliopere, certamente aldi fuori delle possi-bilità economiche delComune, potranno forseessere reperiti trami-te progetti regionali,nazionali o comunitarivolti al ripristinoambientale nelle areeprotette e tramite ilconcorso dell’ENEL,interessata alla con-servazione della via-bilità, per via del-l’elettrodotto (fig.3), che purtroppo,sventra la vallata.Quest’ultimo elementoantropico, al di làdel rischio per Rapacidiurni e notturni, co-

La porzione sommitale della faggeta nella Riserva Zompo loSchioppo nell’area di Campovano

Scorcio della faggeta dellapresso il valico tra M.Ferrerae M.Ortara.

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Nel corso di questostudio, una particola-re attenzione è statadedicata alla rileva-zione della presenzadel Picchio dorsobian-co, senza dubbio laspecie ornitica piùsignificativa dellaRiserva e non a casoil suo simbolo. A cau-sa delle sue prefe-renze ecologiche, laspecie, associata perla riproduzione el’alimentazione adalberi morti e boschimaturi, rappresentaun eccellente indica-tore ecologico dellaqualità dell’ambienteforestale. Il Picchio dorsobiancooccupa un areale va-stissimo, esteso dalGiappone sino all’Eu-ropa; se ne possonodistinguere una decinadi sottospecie diver-se. La sottospecie me-ridionale Picoidesleucotos lilfordi oc-cupa un areale vasto eframmentato (Cramp,1987) che va dai Pire-nei, limite occidenta-le della distribuzionedella specie, all’Ita-lia, ai Balcani, al-l’Asia minore (Tur-chia, Caucaso). Inmolte aree, per lequali sono disponibilidati attendibili(Scandinavia: Aulen,

1988), si è verificatanell’ultimo secolo unadrastica riduzionedella consistenza nu-merica, tanto che oggila specie è minacciatadi estinzione in granparte dei paesi Euro-pei.Anche l’Italia nonsfugge a questa condi-zione: il Picchio dor-sobianco è nidificantesoltanto nelle faggetedell’Appennino centra-le, dove è stato sco-perto solo alla finedegli anni ‘50 (Molto-ni, 1959) e sul Mas-siccio del Gargano (DiCarlo, 1965: dato daaccertare). La consi-stenza numerica com-plessiva è stimata aca. 200-300 coppie(Bernoni, 1992) pre-senti soprattutto nelParco Nazionale d’A-bruzzo e sulla catenaErnici - Simbruini -Carseolani (Costantinie Melletti, 1992). Lacontinuità ambientaledi queste aree e lesegnalazioni prove-nienti da altre zoneMajella, Sirente - Du-chessa (De Sanctis etal., 1993; Spinetti,1995), abetine al con-fine tra Abruzzo e Mo-lise (Pinchera et al.,1995) e da altri luo-ghi non precisati del-l’Appennino centrale

(Castiglia et al.,1976), suggerisconoche l’areale possa es-sere più vasto diquanto sino ad oggiaccertato. È bene ri-cordare, tuttavia, chesino ad oggi sono sta-ti reperiti nidi dellaspecie soltanto nellearee del Parco Nazio-nale d’Abruzzo e sugliErnici - Simbruini -Carseolani. Tale si-tuazione è facilmenteinterpretabile allaluce della qualità fo-restale degli ambientiboschivi presenti inquesti territori; nona caso, il Parco Na-zionale d’Abruzzo ed iMonti Simbruini - Car-seolani sono le zonemeglio conservate del-l’Italia Centrale sulpiano forestale. La specie è fortementestanziale, osservabilenelle faggete anche inpieno inverno; sonolargamente documentatein letteratura ripetu-te nidificazioni nellastessa area o addirit-tura sullo stesso al-bero. Di solito, ognianno viene scavato unnuovo nido e questaattività di scavo age-vola la ricerca dellecoppie nidificanti.L’attività territoria-le è un altro elementoutile ad individuareuna specie altrimentiassai elusiva, a causa

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Capitolo 3 Il picchio dorsobianco

3.1 La specie

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delle basse densitàriscontrabili e dell’-habitat di vita esclu-sivamente forestale.In periodo riprodutti-vo è possibile indivi-duare e localizzare ilPicchio dorsobianco,spesso senza vederlo,tramite il tambureg-giamento, una serie dicolpi di becco su untronco secco e sonoro,ad altezza generalmen-te elevata, riconosci-bili per il numero, iritmi e gli intervallidi tempo, diversi trale specie.La tecnica del play-back, che consiste ap-punto nel riprodurrerichiami e tambureg-giamenti precedente-mente registrati perattendere poi la ri-sposta, è stata uti-lizzata per raccoglie-re dati.Tale metodo è statoapplicato in parte du-rante lo svolgimentodei transetti, nel-l’interruzione traun’unità e l’altra,inviando richiami percirca 2’ e attendendoper 3’ la risposta, inparte lungo altri per-corsi realizzati inore successive a quel-le del mattino, sfrut-tando i sentieri e larete stradale esisten-te e distanziando talipunto di ascolto dialmeno 400 m. Questoha consentito una buo-na copertura dell’a-rea. Complessivamentesono stati realizzati,all’interno di strut-ture d’alto fusto, 49km di transetti e 110

unità di ascolto; sti-mando una coperturamedia di 100 m a de-stra e sinistra deltransetto, possiamoconsiderare una super-ficie monitorata dica. 1000 ha, pari al45% del totale dell’a-rea considerata. Di grande importanza èanche la scelta dell’-habitat che la specieopera, privilegiandoper le aree di ripro-duzione strutture bo-schive mature, ed inparticolare alberisecchi, morti o conparti morte per la ni-dificazione. In parti-colare, precedenti ri-cerche (Bernoni, 1994)hanno messo in risaltola stretta correlazio-ne tra il diametro me-dio del bosco e la ma-turità dello stesso(numero di piante ma-ture, secche e marce-scenti x unità ditransetto) con la fre-quenza della specie. Naturalmente, i per-corsi dei transettihanno consentito diraccogliere elementied osservazioni sullecaratteristiche am-bientali, in parte ri-feribili anche ad al-tre specie di Picifor-mi, ma comunque signi-ficativi. Questi ele-menti si basano su: - segni di presenzatipica (scavi per l’a-limentazione su cep-paie o tronchi morti);- vecchi nidi (in mol-ti casi difficilmentedistinguibili da quel-li di Picchio Rossomaggiore a causa del

diametro simile);- strutture boschivefavorevoli, quali fu-staie mature, rileva-bili a priori sulleortofotocarte dellaRegione Abruzzo (scala1:10000) e in seguitoconfermate dai rilievicompiuti con l’identi-ficazione anche dieventuali nuclei dialberi maturi o morti(se presenti).Considerata l’ecologiadella specie e la suapreferenza per strut-ture boschive mature,alcune aree ad elevataacclività, costituiteda giovani fustaie co-etanee, e l’intera fa-scia boschiva posta aquote inferiori, ca-ratterizzata da ceduio boschi misti di mo-desta qualità, appaio-no del tutto inadattealla specie, che nonvi è mai stata rileva-ta nel periodo ripro-duttivo. A questo pro-posito va ricordatoche, a causa delleabitudini riservate,sono assai scarsi idati sugli ambientifrequentati al di fuo-ri della riproduzione:anche se numerose os-servazioni sembranosuggerire che la spe-cie sia prevalentemen-te stanziale, non è daescludere che le zoneposte a quota inferio-re possano, almeno ininverno, essere inte-ressate dal Picchiodorsobianco, come os-servato in Spagna, do-ve la specie è statavista mentre si ali-mentava su noccioli al

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di fuori delle fagge-te.A causa della scarsitàdi piante mature osecche, delle struttu-re molto chiuse delbosco e degli stadirelativamente giovanidi alcune porzionidella faggeta, le con-dizioni risultano com-plessivamente poco fa-vorevoli al Picchiodorsobianco, che pe-raltro occupa, laddoveè presente, vaste aree

di bosco. I dati sem-brano suggerire lapresenza di 5-10 cop-pie nidificanti, conuna densità media ri-levata nel transettoper le aree favorevolidi 0.5 coppie x kmq,valore piuttosto bas-so, ma sostanzialmentein linea con quellirilevati in faggetepovere di alberi sec-chi o maturi. Rispettoal dato di Costantinie Melletti (1992) che

stimano a 20-25 lecoppie nidificanti perl’intera catena Ernici- Simbruini, tale va-lore deve considerarsisenza dubbio elevatoe, oltre a suggerireche la consistenza nu-merica della speciepotrebbe essere mag-giore, conferma l’im-portanza ambientaledell’area.Alcune di queste cop-pie presenti nellaValle Fredda, nell’al-ta Valle dell’Inferno,nell’area Salemeta -Tassiti, sono stateeffettivamente loca-lizzate mediante l’os-servazione in periodoriproduttivo di sog-getti con l’imbeccatao in tipico atteggia-mento territoriale chesi osservano in generea poche centinaia dimetri da nidi occupa-ti. In un caso (ValleFredda) sono stati os-servati anche giovaniusciti da pochi giornidal nido (18.6.1996).Purtroppo, una partenon trascurabile diqueste segnalazioni(50% circa) provengonoproprio dall’area aldi fuori dei confinidella Riserva, ancoraoggi priva di una rea-le tutela del territo-rio e si può stimareche almeno 3-5 coppienidifichino nella Val-le Fredda e Valle del-l’Inferno; queste 2aree, comprese alcunevallette laterali,sembrano offrire con-dizioni ambientali piùfavorevoli di quelledella Riserva stessa.

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La Costa dell’Ortara e la profonda incisione dell’alto Vallonedella Liscia.

La profonda incisione del Vallone della Liscia vista dalla cre-sta che fa da confine della Riserva e della Regione.

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Appare in primo luogoindispensabile, anchenella prospettivadella costituzione diun Parco regionalesul versante abruzze-se dei monti Carseo-lani - Simbruini -Ernici, l’estensionedella Riserva Natura-le alla Valle Fredda, fino a comprendere

il versante NW delmonte Prato, tutelan-do così una porzioneboschiva tra le piùinteressanti dellazona, di valore cer-tamente superiore adaltre aree attualmen-te entro i confini.Adeguate norme disalvaguardia, o quan-to meno provvedimenti

di regolamentazionedel taglio secondocriteri naturalisti-ci, andranno adottatianche per l’alta Val-le dell’Inferno, pro-prietà del Comune diMorino posta al difuori dei confini re-gionali, che costi-tuisce una delle piùbelle faggete delversante laziale del-l’Appennino.

3.2 Conclusioni

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3.3 Bibliografia

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I boschi della Riserva Naturale Regionale

Zompo lo Schioppo e delle aree limitrofe:

primi risultati di uno studio dendrologico sulle faggete

Dott. Mauro Bernoni, dott. Gianluca Piovesan

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I boschi del Comunedi Morino e, in par-ticolare, quelli del-la Riserva Naturale“Zompo lo Schioppo”fanno parte di un in-sieme di formazionimontane dove si stan-no conducendo, ormaida diversi anni, ri-cerche di carattereforestale coordinatedal Prof. BartolomeoSchirone.Questi popolamentisono stati seleziona-ti secondo il crite-rio dendrologico,cioè sono stati scel-ti poiché presentava-no degli aspetti com-positivi e/o struttu-rali caratteristicidi stadi nemoralievoluti oggi, pur-troppo, piuttosto ra-ri nell’Appenninocentrale.I nostri studi si so-no per ora limitatiai boschi dominatidal faggio, riguar-dando in particolare:

1) il bosco dei gran-di faggi, interessan-te per l’ubicazionecollinare e le carat-teristiche struttura-li;2) le faggete monta-ne, caratterizzate daspecie quali il tassoe il frassino maggio-re, che nell’Appenni-no sono tipici di ce-nosi che non hannosubito un forte de-grado a causa dell’a-zione antropica. Perquesto motivo, le in-dagini sono statecondotte anche nellalimitrofa Valle del-l’Inferno, che, inbase ai nostri studie quelli di altri au-tori, sta rivelandoaspetti di elevatanaturalità.Inoltre, è stato ini-ziato uno studio ri-guardante le caratte-ristiche tecnologichedel legno di faggio.Tale indagine non èin contraddizione conlo spirito dell’isti-

tuzione della Riser-va, poiché la tuteladi queste faggete po-trebbe servire a con-servare genotipi difaggio particolarmen-te pregiati per illoro portamento e perle loro caratteristi-che tecnologiche. In-fatti, se da succes-sivi approfondimentiqueste caratteristi-che di pregio risul-tassero fissate gene-ticamente, “Zompo loSchioppo” potrebbeassumere il ruolo diriserva biogenetica.Ciò sarebbe partico-larmente importanteanche perché in talifaggete si potrebbeprelevare seme dautilizzare nei lavoridi riabilitazione fo-restale e, addirittu-ra, nell’arboricoltu-ra da legno.Vengono, infine, sug-gerite alcune primeindicazioni per unagestione naturalisti-ca delle faggete del-la Riserva.

Capitolo 1 I boschi della Riserva Naturale e delle areelimitrofe

1.1 Premessa

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I boschi di Zompo loSchioppo si estendonoper circa 1000 ha trai 650 e i 1800 m s.l. m., in una sortadi grande anfiteatroformato dalle pendiciorientali di alcunevette dei Monti Can-tari (Monte Pozzetel-lo, 1997 m). Oltre che dall’espo-sizione, il caratteremediterraneo di que-st’area è mitigatodalle abbondantipiogge, causate dalleperturbazioni prove-nienti dal Tirreno,che su questi montiraggiungono la massi-ma intensità.Le formazioni a quotainferiore ai 1300 ms.l.m. sono protettedalle fredde correntisettentrionali dallacatena della SerraLunga, che si snodacon direzione NW-SEda Monte Romanella

(1759 m) al MonteCornacchia (2003 m).In questo contestoclimatico particolar-mente felice, il bo-sco, nei suoi diversiaspetti compositivi estrutturali, è laformazione che dominail paesaggio. Moltedelle soluzione dicontinuità sono, in-fatti, dovute allapassata azione antro-pica (p.e. pascoli).Solo verso la partesommitale delle mon-tagne la foresta tro-va nei forti venti unfattore ecologico li-mitante e lascia spa-zio agli arbusteti diquota (p.e. ginepronano) e alle prateriedi altitudine.Tali condizioni am-bientali particolar-mente permissive de-terminano una notevo-le diversità di spe-cie arboree, ricchez-

za dendrologica cheracchiude in unastessa area geografi-ca entità dall’arealemediterraneo (p.e.corbezzolo e leccio),submediterraneo (p.e.terebinto, orniello,carpino nero, aceroopalo), europeo (p.e.faggio, frassino mag-giore, acero montanoe riccio) o addirit-tura boreale (sorbodegli uccellatori). Inoltre, la morfolo-gia movimentata, par-ticolarmente acciden-tata nella zona com-presa tra la fasciabasale e quella mon-tana dominata dalfaggio, ha fornitoquella eterogeneitàambientale che per-mette in un’area li-mitata la coesistenzadi specie dal diversotemperamento.

1.2 I boschi della Riserva Naturale Zompo lo Schioppo e aree limitrofe

1.3 Il bosco dei grandi faggi

Il popolamento adia-cente alla cascata ècaratterizzato dallapresenza di faggi digrandi dimensioni.L’habitus che osser-viamo non è il natu-rale portamento dellaspecie, ma il risul-tato di tagli di ca-pitozzatura infertiin passato a questiindividui. Uno diquesti grandi alberiè stato sottoposto adanalisi dendrocrono-logia; lo studio ha

confermato che lapianta, di età intor-no ai due secoli, hasubito periodicheasportazioni dellebranche. Infatti lacurva dello sviluppodegli incrementi ra-diali è caratterizza-ta da brusche ridu-zioni della crescitaseguite da gradualiriprese. I segni ri-trovati sulla curvaindicano che questapratica è proseguitafino agli inizi del

Novecento.Molto probabilmentesiamo di fronte, comein altri siti del-l’Appennino, a uno diquei boschetti collo-cati in vicinanza disorgenti che da tempimolto remoti venivanorisparmiati dal ta-glio degli alberi. Inquesti boschi, spessoritenuti sacri, eraal massimo permessodi tagliare dellebranche dagli alberiper fare legna e fo-

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raggiare il bestiamedurante le crisiestive. Tale pratica,inoltre, unita ad unarada densità deglialberi, favoriva l’e-spansione della chio-ma delle piante cosìda aumentarne la ca-pacità di fruttifica-zione. Infatti, que-sti boschi a parcosono tipici di molteciviltà pastorali incui la produzione diseme da parte di al-beri indigeni fornivaal bestiame un ali-mento particolarmentericco di sostanze nu-trienti durante l’au-tunno. Più in genera-le, questi boschierano utilizzati nel-le varie stagioni perintegrare la dietadel bestiame, cometestimonia la formacontorta delle piantecon numerose cicatri-ci, risultato di unacostante e fortepressione animale,che iniziava dallafase giovanile, quan-do le piantine sub-ivano numerose lesio-ni a causa del morsodegli animali.Questo popolamento,oltre al valore cul-turale, rappresentauna testimonianzadella presenza delfaggio a quote infe-riori a quelle oggigeneralmente attri-buite a questa spe-cie. Dai primi studidendro-auxologici,infatti, si rilevauna buona capacità dicrescita del faggio:

negli anni favorevo-li, il diametro deigiovani individui siaccresce di oltre uncm all’anno. Come in altri conte-sti simili (p.e. lagodi Vico, Monti Sabi-ni, Monti della Tol-fa, Monti Aurunci) ilfaggio si trova asso-ciato al pungitopo,ai ciclamini, all’e-dera, alla dafne (Ru-scus aculeatus,Cyclamen spp., Hederahelix, Dapnhe laureo-la ), alle felci(Pteridium aquilinum,Phyllitis scolopen-drium), nonché ad al-tre specie erbaceetipicamente nemorali(p.e. Galanthus niva-lis, Scilla bifolia,Crocus sp., Hepaticanobilis), che in pri-mavera danno luogo aspettacolari onde difioritura. Nel com-plesso questo ambien-te si può definirecolchico, cioè carat-terizzato da alti li-velli di umidità du-rante l’estate che,uniti alla buona ter-micità del sito, per-mettono al faggio divegetare associato anumerose specie sem-preverdi, così comeoggi avviene in quel-l’area della Turchiache si affaccia sulMar Nero (Colchide).La presenza del lec-cio e del corbezzolosulle rupi indica ap-punto questo partico-lare microclima, umi-do e mite. Anche alcuni aceri

(acero opalo) rag-giungono dimensionidegne di nota, men-tre, scendendo in uncontesto di maggiorependenza, si rinvieneuna cintura di mae-stosi carpini neri,anch’essi di dimen-sioni non comuni.Questa cenosi, sebbe-ne per alcuni aspettiparticolarmente pre-ziosa, è stata peròfortemente manomessadall’azione antropicanon solo negli aspet-ti strutturali, maanche in quelli com-positivi. L’eserciziodel pascolo e la vi-cinanza del centroabitato hanno sicura-mente portato allariduzione o all’e-stinzione locale dispecie che in questosito dovrebbero tro-vare un ambiente ot-timale (p.e. agrifo-glio, tasso, frassinomaggiore, tigli eforse addiritturaabete bianco). Infat-ti, le foreste dibassa quota con fag-gio sono in generecaratterizzate, oltreche dalla presenza dinumerose specie sem-preverdi, da una no-tevole ricchezza den-drologica. La presen-za nei boschi limi-trofi di specie ingenere associate alfaggio nelle stazionidi bassa quota puòfar pensare ad unaloro estinzione loca-le dovuta all’azioneantropica.

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La faggeta caratte-rizza, per estensionee maestosità, la Ri-serva Naturale “Zompolo Schioppo”. Sitratta di una forma-zione dominata dalfaggio, in cui le al-tre latifoglie esi-genti di fertilità(p.e. acero di monte,acero riccio, aceroopalo, frassino mag-giore, tiglio) ap-paiono solamente inmaniera sporadica.Queste divengono piùfrequenti al margine

inferiore, dove ilfaggio perde il ruolodominante lasciandospazio ad un boscomisto, formato so-prattutto da speciesubmediterranee (p.e.carpino nero, orniel-lo, cerro, roverel-la). Molto probabil-mente il dominio delcarpino nero in que-sta fascia è legatoalle frequenti cedua-zioni che in passatohanno interessatoquesti versanti e chehanno causato una ge-

nerale regressionedelle latifoglie esi-genti e del faggio.Attualmente, infatti,grazie ad una cessa-zione degli interven-ti di utilizzazione,si stanno osservandoi segni di dinamichericostruttive, conuna diminuzione dispecie recessive(p.e. ginepro) e unaumento della rinno-vazione di specietardo-successionali(p.e. faggio e ace-ro).

1.4 La faggeta

1.5 Primi risultati di un’analisi compositiva e strutturale

L’aspetto tendenzial-mente monofitico deisoprassuoli di faggioè una caratteristicanaturale di questapianta. Infatti, èopinione diffusa chein assenza di fortidisturbi, antropici oclimatici, il faggiopossieda quelle ca-ratteristiche che glipermettono di esclu-dere competitivamentele eventuali speciearboree meso-eliofileassociate. La densaombra prodotta dallesue chiome, la capa-cità di tollerarel’aduggiamento neglistadi giovanili e ladeposizione annua diuna spessa lettieralo rendono competiti-vamente superiore.Per questo motivo,una maggiore ricchez-za di specie arboreesi rinviene general-

mente verso i marginidella faggeta. Tuttavia, l’interven-to antropico ha conmolta probabilitàesasperato dei dina-mismi latenti, poichéle latifoglie esigen-ti nelle faggete do-vevano essere un po’più numerose di quel-le attuali. Le causedi questo impoveri-mento dendrologicovanno essenzialmentericercate nel pascoloe nella semplifica-zione strutturalecausata dal tagliodelle cenosi primor-diali.Le specie legnose cheriescono a sopravvi-vere all’interno diuna faggeta densa echiusa sono il tassoe l’agrifoglio, oggispesso a portamentoarbustivo in seguitoall’azione antropica,

ma in passato carat-terizzate da un habi-tus arboreo con al-tezze anche di 20 m.Anche il tasso e l’a-grifoglio soffronodella competizionedel faggio, benché,paradossalmente, laloro sopravvivenzasia legata proprio albioclima creato daquest’ultimo. Il pro-blema del rapportofaggio-tasso verràaffrontato in unospecifico progettoLIFE. Per ora va det-to che, nella monta-gna appenninica, lasopravvivenza di al-cune specie dal tem-peramento mesofilo èspesso legata al man-tenimento di condi-zioni di particolareintegrità della voltaforestale. Il tasso eil frassino maggioresono due specie oggi

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piuttosto rare nellamontagna appenninica,ma, quando sono pre-senti, si trovanospesso associate. Es-se, necessitando dialti livelli di umi-dità atmosferica,hanno esigenze bio-climatiche simili,garantite nei nostriboschi, oltre che daparticolari contestistazionali, da cenosimature ad elevatapresenza di biomassa.Gli aspetti di fore-sta particolarmenteevoluti proteggonoqueste specie dalforte irraggiamentoe, soprattutto, dallacrisi di precipita-zioni nel periodoestivo, permettendocosì il loro svilup-po. Infatti, a diffe-renza di quanto acca-de nelle regioni aclima oceanico (p.e.Inghilterra), il tas-so e il frassino mag-giore sui nostri ver-santi non sono ingrado, in genere, diattivare le succes-sioni forestali, ruo-lo che spetta di so-lito alle specie sub-mediterranee e/o agliarbusti, ma rimangonoquasi sempre rilegatein contesti forestaliben sviluppati. Insintesi, se il tassoe il frassino maggio-re caratterizzano gliaspetti di faggetameglio conservati, illoro temperamento neiconfronti della luceè opposto, mentre du-rante la fase giova-nile sono entrambe

particolarmente sen-sibili al pascolo. Iltasso riesce ad inse-diarsi sotto livellidi copertura elevatied ad accrescersilentamente, mentre ilfrassino maggiore,anche se riesce adattendere per alcunianni allo stadio dipiantina, per non mo-rire necessita diaperture della voltaarborea causate dalloschianto di grandibranche, ma, soprat-tutto, dalla cadutadi alberi. Il frassi-no ha un comportamen-to molto simile aquello degli aceri,poiché, grazie allaspiccata capacità diaccrescersi in altez-za, riesce ad avvan-taggiarsi su eventua-li concorrenti. Unpassato processo dicicatrizzazione diun’apertura nellavolta arborea è te-stimoniato da indivi-dui di frassino mag-giore dal diametro dioltre 70 cm e con lachioma inserita inalto, che emergononello strato dellafaggeta della Valledell’Inferno.Lo strato erbaceo ècaratterizzato da di-verse specie squisi-tamente nemorali. Traqueste si citano Ac-taea spicata, Dryop-teris filix-mas, Fra-garia vesca, Galiumodoratum, Prenanthespurpurea, Neottia ni-dus-avis, Hepaticanobilis, Viola rei-chenbachiana, Lathy-

rus vernus, Mycelismuralis, Sanicula eu-ropea, Geranium ro-bertianum, Liliummartagon, Digitalismicrantha. In realtà, lungo ilcenocline dei boschidi faggio che si svi-luppa dagli 800/900 mai 1800 m, appaiono,soprattutto nel sot-tobosco, specie dif-ferenziali a secondadelle diverse carat-teristiche ambienta-li. Così, ad esempio,nella porzione infe-riore dei boschi difaggio va rilevata laricchezza di geofite(p.e. bucaneve, ci-clamini, scilla) e dispecie ascrivibili aduna origine laurifil-lica (p.e. edera,tasso, agrifoglio,dafne). A questo pro-posito sarebbe moltointeressante analiz-zare da un punto divista dendroecologicoi differenti tipi difaggeta che si vengo-no a formare a secon-da della quota e del-le caratteristichemicrostazionali. Lostudio avrebbe un no-tevole carattere dioriginalità, poichési potrebbero corre-lare la capacità dicrescita del faggio ela flora nemorale,seguendo un gradientealtitudinale che sisnoda per un disli-vello di oltre 1000 min un contesto fore-stale sufficientemen-te integro.Nei pressi della lo-calità La Liscia, in

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FIG. 1) C

URVA

DIDISTRIBUZIONE

DIAMETRICA.

contesti di faggetaevoluta, sono statecondotte due aree disaggio. Da queste ri-sulta la buona densi-tà che generalmentecaratterizza questiboschi e una struttu-ra che con il passaredegli anni tenderàsempre più a diveniremonoplana (fig. 1). I livelli di biomassaoggi presenti - gene-ralmente maggiori di500 m3/ha - non sonocompatibili con ilclassico bosco dis-etaneo. Infatti, gra-zie ad una interru-zione nelle utilizza-zioni forestali, lafaggeta, oltre a cre-scere di biomassa, siè evoluta struttural-mente. Ciò ha compor-tato una perdita perautodiradamento degliindividui di dimen-sioni inferiori e unrallentamento deiprocessi rinnovazio-ne. Oggi si rilevaun’abbondanza di gio-vani piante di faggiosolo nelle bucheaperte dalle passatecampagne di utilizza-zione. Parallelamen-te, una forte compe-tizione per la luce

ha stimolato la cre-scita in altezza del-le piante, che neitratti migliori supe-rano i 35 m. Con ilpassare degli anni,se questi boschi se-guiranno la loro na-turale evoluzione, lafaggeta tenderà adassumere un aspetto acattedrale, monostra-tificato e puro, conun numero ridotto difusti di grandi di-mensioni e alti li-velli di biomassa(forse anche 1000m3/ha). È questo ilnaturale dinamismodei boschi di faggio,in contesti abbastan-za fertili, abbando-nati al loro destinodopo un uso intensi-vo. Anche nella limitrofaValle dell’Infernonon si può parlare diuna struttura diseta-nea secondo i canoniclassici (fig. 2 inalto). Infatti, a in-terrompere l’andamen-to iperbolico, emergeuna moda a testimo-nianza dell’aspettomonostratificato chequesta faggeta tende-rà ad assumere con ilpassare degli anni se

si continueranno aseguire gli attualiindirizzi selvicoltu-rali. I rilievi hannoconfermato, anche inquesta stazione, lapresenza di processirinnovativi soprat-tutto in corrispon-denza di buche e,purtroppo, la mancan-za di individui digrandi dimensioni checaratterizzano gliaspetti più evolutidel ciclo strutturaledei boschi di faggio.Infine, la curva ip-sometrica evidenziala particolare ferti-lità di questo popo-lamento con piante di80 cm di diametro cheraggiungono i 35 m dialtezza (fig. 2 inbasso). Da un’analisicronologica tuttorain corso emerge chenon esiste una buonacorrelazione diame-tro/età, soprattuttonegli strati superio-ri del bosco, comeinvece era stato mes-so in rilievo nelpiano di assestamen-to. Così, per esem-pio, un faggio di 60cm di diametro puòavere da 150 fin ol-tre i 300 anni d’età.Questa notevole dif-ferenza è dovuta so-prattutto agli stadidi soppressione cheun albero può aversubito prima di en-trare nello stratosuperiore. Peculiari-tà di questa forma-zione, inserita inuna valle dal micro-clima particolare, èla presenza di una

LA LISCIA

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La forma dei fustidelle piante dellafascia più propria-mente montana diffe-risce nettamente daquella dei grandifaggi che vegetano invicinanza della ca-scata, a minore alti-tudine. Questi ulti-mi, infatti, sonostati oggetto di unaforte pressione an-tropica che ne ha al-terato la fisionomia:presentano fusti dinotevole diametro,fortemente rastrematie con chioma inseritain basso. Frequentisono i nodi marci ele ferite sul troncoe sulle radici piùesposte, veicolo

d’accesso di attacchifungini e di carieche arriva a svuotarei tronchi.Un tempo accadeva chele piante con questidifetti sovente nonfossero tagliate, peril loro basso valorecommerciale: cosìl’uomo ha operato,talvolta, una sele-zione alla rovescia,arrivando a creareinteri boschi dipiante malformate. Èil caso, ad esempio,della foresta diVerzy in Francia epotrebbe anche essereil caso di alcunitratti di faggeta dipiù bassa altitudinenell’area esaminata.

Al contrario, la for-ma dei fusti dellefaggete di quota, checostituiscono la granparte dei boschi del-la Riserva, si pre-senta ottima, conchioma inserita inalto, tronchi pocorastremati e liberida rami fino ad unanotevole altezza, fi-bratura nella maggiorparte dei casi dirit-ta. È questo un mira-bile esempio di veroportamento forestale,purtroppo ormai raronei boschi appennini-ci a causa dei taglie della degradazionedei suoli.

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FIG. 2) I

NALTO

CURVA

DIDISTRUZIONE

DIAMETRICA. IN

BASSO

CURVA

IPSOMETRICA.

consistente popola-zione di tasso che sirinnova abbondante-mente. Come si è det-to, l’ecologia e laconservazione deltasso saranno oggettodi uno specifico pro-getto LIFE.

1.6 Primi risultati di uno studio sulle caratteristiche tecnologiche del legno di faggio dei boschi di Morino

VALLE DELL'INFERNO

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FIG. 3) P

RESENZA

DIDURAME

FACOLTATIVO.

1.7 Caratteristiche tecnologiche

Il colore del legnodi faggio è, general-mente, roseo pallido,ma può variare infunzione delle carat-teristiche pedologi-che e ambientali. Ta-le variabilità è im-portante per l’indu-stria del mobile edei pannelli, chepredilige legno difaggio chiaro e omo-geneo a scapito diquello di color rosascuro, generalmentepiù duro e più sog-getto a inconvenientidurante la lavorazio-ne. Ad una prima esommaria osservazionedei caratteri macro-scopici, il legnodelle piante in quotaè sembrato corrispon-dente alle miglioriqualità, indubbiamen-te superiore a quellodelle piante di piùbassa altitudine.È stata indagata lapresenza di durame(durame facoltativodetto comunementefalso durame o cuorerosso), carattere noncostante, consideratotecnologicamente undifetto.Una preliminare inda-gine condotta esclu-sivamente sulle pian-te in quota di etàmedia di 143 anni, hamostrato che il 56%delle piante non ma-nifesta tale difetto(fig. 3).Inoltre soltantol’11% delle piante hadifferenziato quellaparticolare formazio-

ne detta “cuore stel-lato”, caratteristicadel legno consideratogeneralmente di qua-lità scadente, chespesso prelude ad at-tacchi fungini degra-datori.Pur trattandosi diprimi risultati, talipercentuali sono daconsiderarsi nel com-plesso buone, vistoche diversi autori(p.e. Lanier, Le Ta-con e Sachsse) hannotrovato valori intor-no all’80% di piantecon cuore rosso inboschi con età mediadi poco superiore a100 anni.Per avere un’ideadelle caratteristichemeccaniche del legnodi faggio dei boschidi Morino, 13 campio-ni, prelevati dapiante diverse, sonostati sottoposti acompressione assiale.Nella prova di com-pressione assiale ilprovino, di dimensio-ni unificate (2x2x3cm) e con la dimen-sione maggiore paral-lela alla fibratura,viene posto tra lepiastre di applica-

zione del carico.Il carico F agente sudi esso viene appli-cato con incrementocostante nel tempo,fino a che un rumoresecco e la bruscaperdita di carico in-dicheranno l’avvenutocedimento del mate-riale.Il valore del caricoapplicato per cui èavvenuta la rotturaviene detto caricoultimo ed è indicatocol simbolo Fu.Per essere valida laprova deve svolgersicon una velocitàd’incremento del ca-rico compresa fra 70e 100 N/cm2 s.La resistenza a com-pressione assiale(fc,0) viene definitacome:fc,0 = Fu/Adove Fu è il caricoultimo e A l’areadella sezione tra-sversale.I valori di fc,0 misu-rati in questa ricer-ca sono dello stessoordine di grandezzadi quelli riportatida altri autori (tab.1) e, in particolare,denotano una buona

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Da una indagine pre-liminare sembra cheil legno dei faggi diMorino sia, nel com-plesso, di buona qua-lità, in particolareper la forma dei fu-sti, per la generaleomogeneità e per lebuone caratteristichedi resistenza a com-pressione assiale.Ulteriori ricerchesarebbero auspicabiliper valutare con mag-giore precisione lareale presenza di du-

rame facoltativo eper determinare altrecaratteristiche fisi-co-meccaniche. Ciònon solo per le im-plicazioni nel campodel commercio del le-gno, e quindi dellaqualificazione deilegnami, ma anche permotivi di tipo con-servazionistico.Infatti, le ricerchesulla qualità del le-gno possono contri-buire alla definizio-ne di un particolare

patrimonio biogeneti-co. Eventuali pecu-liarità potrebberonon essere solo inrelazione a condizio-ni ambientali o sta-zionali, ma anche,spesso, a caratteri-stiche genetiche chederivano dall’esi-stenza di razze oprovenienze con dis-tribuzione geograficapiù o meno ampia eche vanno attentamen-te studiate e salva-guardate.

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resistenza del mate-riale alla compres-sione nel senso dellafibratura.

Per uniformità d’in-terpretazione in ta-bella i valori sonoespressi in kg/cm2,ricordando che:

1 MPa = 1 N/mm2 = 1MN/m2 = 10kg/cm2

TAB. 1: confronto dei risultati di diversi AA.sui valori di fc,0 del legno di faggio.

Autore fc,0 (kg/ cm2)

Giordano (Italia) 580Cividini (Italia) 525Nardi Berti (Italia) 580Morath (Germania) 590Mozina (Slovenia) 606Kollmann (Germania) 620Ugrenovic (Jugoslavia) 530Janca (Austria) 657Corona (Italia) 550-600Tsoumis (Europa) 460ns. (Morino) 570

1.8 Considerazioni

1.9 Alcune indicazioni per la gestione delle faggete

La faggeta del Comunedi Morino, come lamaggior parte dellefaggete appenniniche,ha subito nel secondodopoguerra forti cam-pagne di utilizzazio-ne forestale, durate,anche se con intensi-tà decrescente, finoagli inizi degli anniottanta.

Grazie, però, ad unambiente particolar-mente favorevole alfaggio, la rispostadel bosco è statapronta, cosicché nonsi sono verificatigli estesi fenomenidi degrado che hannoinvece caratterizzatoaltri contesti dellamontagna appenninica.

La biomassa nel com-plesso si è mantenutasu livelli accettabi-li e la ricchezza dispecie arboree è ri-masta elevata.In molti tratti, rag-giunti grazie all’a-pertura di strade episte (p.e. Valledell’Inferno), po-trebbero essere so-

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pravvissuti fino acirca cinquanta annifa lembi di forestaad uno stato quasinaturale, in cui l’u-nico disturbo antro-pico era rappresenta-to dal pascolo e daltaglio sporadico dialcuni alberi da de-stinare all’impiegolocale (p.e. capanneper pastori, fuoco).Infatti, la posizioneparticolarmente inac-cessibile di questeforeste le aveva ri-sparmiate da un usointensivo. A testimonianza di unpassato non molto re-moto caratterizzatoda un’alta naturali-tà, resta la presenzadi specie che nel-l’Appennino richiedo-no un habitat nemora-le particolarmenteintegro. Tra le spe-cie vegetali si ri-corda la consistentepopolazione di tasso,una delle più impor-tanti di tutto l’Ap-pennino, nonché lapresenza sporadica dilatifoglie esigenti(frassino maggiore,acero di monte, aceroriccio, tigli), oggicaratteristiche delleforeste meglio con-servate. Tra le spe-cie animali, la fre-quentazione da partedell’Orso e la pre-senza del Picchiodorsobianco e dellaSalamandrina dagliocchiali qualificanoqueste aree in manie-ra indiscutibile. In questo senso, èauspicabile un am-

pliamento dei confinidella Riserva in mododa comprendere anchel’adiacente Valledell’Inferno, nonchéaltre vallate limi-trofe (p.e. ValleFredda). Lo scopo èquello di aumentarela stabilità dellespecie nemorali siavegetali (p.e. favo-rire il ricongiungi-mento attraverso Col-le del Fago dei duenuclei separati ditasso) e animali(p.e. l’orso predili-ge un tranquillo ha-bitat di foresta ve-tusta). Purtroppo, le campa-gne di utilizzazionedegli anni passati,facilitate da telefe-riche e quindi dastrade camionabili,hanno portato a unasemplificazione dellastruttura di questiboschi. Quasi tutti igrandi alberi sonostati tagliati e imaestosi tassi chesono sopravvissuti lodevono al loro legnocariato che li rende-va inutilizzabili.Interessante a questoproposito un maestosoesemplare di tassotagliato e abbandona-to sul posto poichépresentava il legnocipollato.La gestione di questiboschi deve, quindi,mirare a ricreare neltempo quella diversi-tà compositiva estrutturale che inpassato caratterizza-va queste faggete, inparte perduta. Si do-

vrebbe ricreare quelcomplesso mosaico ti-pico delle forestevetuste, dove sonopresenti numerosi mi-cropopolamenti nellediverse fasi del ci-clo strutturale e an-che successionale.Ciò può avvenire sialasciando alcunitratti alla loro na-turale evoluzione,sia sperimentando inaltri, opportunamenteselezionati, metodidi ricostituzione fo-restale allo scopo diaccelerare certe ten-denze dinamiche natu-rali. Infatti, sareb-be preferibile evita-re un eccessiva mono-stratificazione delsoprassuolo di faggioche condurrebbe tradiversi decenni aprocessi rinnovativiin massa; allo stessotempo si dovrebbe ac-celerare, attraversoopportuni diradamen-ti, il raggiungimentodella fase a catte-drale per alcunitratti di foresta.A proposito delleutilizzazioni fore-stali, sono necessarialcuni chiarimenti. Il legno di faggio èscarsamente durabileed è soggetto ad at-tacchi di funghi che,in determinate condi-zioni di temperaturae umidità, lo dete-riorano rapidamente.Data la quota in cuiquest’albero vive(spesso sopra i 1000m) in alcuni periodidell’anno i boschisono inaccessibili;

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durante l’inverno, inparticolare, spessonon è possibile ef-fettuare alcuna ope-razione forestale(abbattimento, esbo-sco, ecc.). D’altraparte, i tagli rea-lizzati in estate so-no i più dannosi,perché favorisconogli attacchi di fun-ghi che trovano lecondizione termo-igrometriche idealiper il loro sviluppo.Non è opportuno ef-fettuare gli abbatti-menti neanche in pri-mavera, perché aiprimi tepori le pian-te di faggio inizianoa vegetare ancoraprima che si possaaccedere ai boschi.Comunque, anche se sipotesse, si incorre-rebbe nell’inconve-niente di avere le-gname tagliato insucchio, che presentaproblemi di conserva-zione, di colorazionee di resistenza aipatogeni.Così, per vari moti-vi, l’abbattimentodelle piante vieneeffettuato in autun-no, durante la stasi

vegetativa. Spesso leabbondanti nevicatenon permettono iltrasporto dei tron-chi, che rimangonosotto la neve tuttol’inverno e al momen-to di essere esbosca-ti, in primavera,presentano notevolialterazioni dovute adattacchi fungini. Illegname così sobbol-lito è molto deprez-zato e spesso questasvalutazione non vie-ne sufficientementeconsiderata.Dunque, le condizionidi utilizzazione ot-timali sarebberoquelle di tagliaredurante il periodo distasi vegetativa (dafine settembre a finemarzo) e, soprattut-to, di esboscare pri-ma possibile. Ciòeviterebbe ad un ma-teriale per sua natu-ra di ottima qualitàdi passare per sca-dente.Alcune condizioni so-no indispensabili perqualsiasi progetto diricomposizione e ri-abilitazione foresta-le: controllare o,meglio, eliminare il

pascolo di animalidomestici, ed evitare(almeno in queste fa-si iniziali) il rila-scio degli ungulati,finché essi non sa-ranno controllati dailoro naturali preda-tori. È importantesottolineare che uneccessivo carico dierbivori, oltre acompromettere gliobiettivi prefissati,potrebbe addiritturacreare seri problemidi stabilità dellacenosi, come è acca-duto in diverse Ri-serve centro-europee. Un corretto uso dellerisorse boschive ren-derebbe la Riserva diMorino all’avanguar-dia, non solo per lapolitica di conserva-zione perseguita, maanche perché, vistele buone condizionidel materiale di par-tenza, potrebbe co-stituire un esempioper molte altre areeprotette sulle metodo-logie da usare per ilrestauro di cenositardo-successionali inambiente appenninico.

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Allegato 1Le specie legnose più frequenti nei boschi della Riserva Naturale Zompolo Schioppo

Nome scientifico Nome comune

Acer campestre L. Acero campestreAcer platanoides L. Acero riccioAcer monspessulanum L. Acero minoreAcer obtusatum W. et K. Acero opaloAcer pseudoplatanus L. Acero di monteCarpinus betulus L. Carpino biancoCornus mas L. CornioloCorylus avellana L. NoccioloEuonymus latifolius (L.) Miller FusaggineEuonymus europaeus L. FusaggineFagus sylvatica L. FaggioFraxinus excelsior L. Frassino maggioreFraxinus ornus L. OrnielloIlex aquifolium L. AgrifoglioJuniperus communis L. var. montana Aiton Ginepro nanoLaburnum anagyroides Medicus MaggiociondoloOstrya carpinifolia Scop. Carpino neroPistacia terebinthus L. TerebintoPrunus avium L. CiliegioPyrus pyraster Burgsd. PerastroQuercus cerris L. CerroQuercus ilex L. LeccioQuercus pubescens Willd. RoverellaSalix spp. SaliciSambucus nigra L. SambucoSorbus aria (L.) Crantz Sorbo montanoSorbus aucuparia L. Sorbo degli uccellatoriSorbus torminalis (L.) Crantz CiavardelloTaxus baccata L. TassoTilia cordata Mill. Tiglio selvaticoTilia platyphyllos Scop. Tiglio nostranoUlmus glabra Uds. Olmo montano

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Una Riserva di...Ricerche vol.3I boschi

COMUNITÀ

DIUCCELLI

NELLE

FAGGETE

EGESTIONE

DELLA

FORESTA-

IBOSCHI

DELLA

RISERVA

COMUNE DI

MORINO

REGIONEABRUZZO

Una Riserva di... Ricerche vol. 3

I boschi