Una Prof Al Macero - Rosa Marciello

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SONO UNA PROF. AL MACERO Mi chiamo Rosa e fino a cinque anni fa ero una prof. di Lettere alle medie, laureata col

massimo dei voti, 6 anni di gavetta in Sardegna, concorso e poi una sede stabile: un piccolo

posto, dove fare, con entusiasmo, il lavoro che mi ero scelta: perché io, nella scuola e nello

scambio di saperi che l’insegnamento genera, ho sempre creduto. Tutto bene finché non

inizio ad avere dei problemi di salute: il mio umore non è più stabile. La sola idea di

presentarmi alle mie classi mi atterrisce, sono larvale ed inizio ad assentarmi per periodi

anche lunghi; credo davvero di impazzire, giorno dopo giorno, poi di colpo ritorna la parola,

il buonumore e tutte le facoltà temporaneamente perse mentre inizio a parlare, lavorare e a

fare tutto forsennatamente, dormendo pochissimo e sentendomi vicina alle vette. Diagnosi :

Disturbo Bipolare, una patologia che si tiene a bada con farmaci e psicoterapia, ma dalla

quale non si guarisce. Del resto ci sono precedenti illustri: Tolstoy,

Malher, Munch, Churchill, Gassman, Virginia Woolf e persino Cossiga (!) erano

bipolari; in Italia siamo vicini al milione di diagnosticati. Tuttavia ciò mi impedisce di

continuare con regolarità il mio lavoro e vengo giudicata non più idonea ad insegnare, entro

cosi a far parte di quel gruppo di docenti che, per svariate e gravi patologie, si occupano

della gestione delle biblioteche scolastiche e di organizzare dei laboratori con gli alunni.

Sempre docenti, ma che lavorano il doppio, 36 ore settimanali anziché 18 e un mese

all’anno di ferie. Cambia il tipo di lavoro, ma è interessante ed ha un che di pionieristico

poiché spesso le BS sono luoghi polverosi e tu, col tuo lavoro di catalogazione , di

acquisizione di nuovi testi, percorsi tematici pensati per

far avvicinare i giovani studenti ai libri, senti di fare qualcosa di utile. I ragazzi iniziano a

cercarti e i colleghi a guardarti in modo meno pietoso e a collaborare. Ma con la scorsa

finanziaria Tremonti - e poi nella Spendine Review – è stato scritto che non dobbiamo più

esistere, siamo uno spreco che

lo Stato non può permettersi. Dobbiamo diventare degli impiegati, degli amministrativi,

lavorare in segreteria, ruolo per cui noi ci sentiamo inadatti, ruolo per cui basterebbe il

diploma di terza

media o delle superiori, e rubando il posto a chi sta facendo quel tipo di lavoro. Una triste

guerra tra poveri. Non dobbiamo più tenere aperte le biblioteche (ma per quelle importanti e

in rete,

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non poche, sono già pronti gli appalti a cooperative private) né lavorare con gli alunni. A chi

può interessare una piccola biblioteca aperta agli alunni, in una scuola destinata a diventare

una azienda? Un’ azienda per la produzione di subcultura marchionnizzata, ovviamente. E i

sindacati? Tutti, ad eccezione di Gilda e soprattutto dei COBAS, che hanno organizzato una

strenua resistenza, culminata con 12 giorni di sciopero della fame, sit-in e 6 convegni a

Roma, hanno firmato entrambi gli accordi con MIUR e MEF, salvo riapparire ora, come

avvoltoi a caccia di voti e con dichiarazioni fuori tempo e del tutto prive di efficacia e

credibilità.

Tuttavia iniziamo ad avere visibilità, passaggi in televisione, Dacia Maraini ed altri hanno

scritto di noi, stiamo uscendo dall’oscurità in cui eravamo relegati finora. È molto evidente

che quello che ci sta accadendo rientra in un disegno più grande: la demolizione della scuola

pubblica, intesa come una scuola per tutti e di tutti.

Pochi giorni fa, alla festa del PD di Modena, Fioroni, che era là con il ministro Profumo

puntualmente contestato dai miei colleghi, ha candidamente detto che noi inidonei

impediamo l’accesso in ruolo ai precari, dimostrando di non sapere neppure diche cosa si

discuteva. La conclusione è quindi un po’ amara: in quanto inidonei non dobbiamo solo

combattere con le nostre patologie, ma con un nemico più subdolo e pericoloso: lo Stato che

vuole annientarci e a meno che la protesta salga fino a farci diventare noi pure un caso

nazionale - ci sta

riuscendo.

Rosa Marciello, docente inidonea