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UNA MAPPATURA DELLE ATTIVITÀ, DEI BISOGNI E DELLE
CRITICITÀ
A cura di Alessandra Campani, Letizia Lambertini e Associazione Il progetto Alice
PROGETTO PRIMO PASSO EDUCARE www.primopassoeducare.it
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INDICE
Introduzione ............................................................................................................................................ 3
1. La prospettiva degli enti locali ............................................................................................................ 4 1.1 Distribuzione geografica, motivazione e ambiti di intervento ..................................................... 4 1.2. Contesti educativi, tipologie di intervento e soggetti attuatori .................................................. 6 1.3 Bisogni e nodi problematici .......................................................................................................... 8
2. La prospettiva delle scuole ................................................................................................................. 9 2.1 Ordini di scuola, distribuzione geografica e ambiti di intervento ................................................ 9 2.2 Tipologie di attività e soggetti attuatori ..................................................................................... 11 2.3 Bisogni e nodi problematici ........................................................................................................ 12
3. La prospettiva del privato sociale ..................................................................................................... 14 3.1 Tipologia e distribuzione geografica delle associazioni e ordini di scuola ................................. 14 3.2 Tipologie di attività, motivazioni e modalità di attuazione ........................................................ 15 3.3 Bisogni e nodi problematici ........................................................................................................ 18
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Introduzione
Questo rapporto di ricerca presenta gli esiti della prima fase del progetto Primo passo: educare e ha
l’obiettivo di fornire una fotografia delle attività, delle logiche di intervento, dei nodi problematici e
delle possibili strategie di miglioramento rispetto ai progetti di educazione al genere e alle
differenze, contrasto delle discriminazioni, dell’omofobia e del bullismo omofobico e di prevenzione
alla violenza maschile contro le donne realizzate sul territorio regionale.
Dal punto di vista metodologico la ricerca si è svolta attraverso la somministrazione di tre
questionari online rivolti ad altrettanti soggetti significativi nell’ambito oggetto della ricerca (gli enti
locali, gli insegnanti dai servizi di nido alle secondarie di secondo grado, il privato sociale) per
sondare le tipologie di attività realizzate, le modalità di realizzazione, i bisogni per il loro
miglioramento, le fonti di finanziamento e le difficoltà incontrate.
Le schede sono state diffuse via email a tutti gli indirizzari scolastici delle nove provincie (inclusi i
coordinamenti pedagogici per la fascia 0-6), alle associazioni presenti sul territorio e a tutti gli enti
locali della regione. La diffusione agli enti locali è stata facilitata dalla collaborazione con il Servizio
Coordinamento politiche sociali e socio-educative della Regione, mentre la diffusione al privato
sociale si è avvalsa delle reti presenti sul territorio (Educare alle Differenze, Attraverso lo specchio)
e della conoscenza dell’ambito da parte del gruppo di lavoro. Minore responsività c’è stata da parte
del mondo della scuola poiché non è stato possibile diffondere il questionario attraverso canali
istituzionali quali l’ufficio scolastico regionale che avrebbe permesso una maggiore incisività della
comunicazione.
Complessivamente sono state raccolte 189 schede nelle tre categorie. Si tratta di un numero
significativo che, seppur non abbia ambizione di rappresentatività, permette di illustrare le
tendenze più diffuse e di riflettere sia sugli aspetti virtuosi che sui nodi problematici nell’ambito
dell’educazione al genere e alle differenze, il contrasto delle discriminazioni, dell’omofobia e del
bullismo omofobico e la prevenzione della violenza maschile contro le donne.
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1.Laprospettivadeglientilocali
1.1Distribuzionegeografica,motivazioneeambitidiinterventoIl questionario on line è stato compilato da 80 enti locali, con una prevalenza per piccoli e medi
comuni diffusi su tutto il territorio regionale con una prevalenza nelle provincie di Bologna, Modena
e Reggio Emilia.
I servizi coinvolti nella compilazione del questionario sono di differenti tipologie: principalmente gli
uffici competenti per le pari opportunità e i servizi di coordinamento deiservizi educativi, ma anche
le politiche giovanili e culturali, soprattutto nel caso dei comuni più piccoli dove il medesimo
servizio gestisce più deleghe contemporaneamente.
Tra le tipologie di intervento realizzate sono maggioritarie quelle relative al contrasto alla violenza
maschile contro le donne, seguite da attività su differenze, discriminazioni e stereotipi di genere,
mentre il contrasto all’omofobia e al bullismo omofobico sono decisamente minoritarie così come
l’educazione sessuale e affettiva1. si può supporre che la priorità data al tema della prevenzione e
dell’educazione alle relazioni tra i generi da parte delle istituzioni sia da ricollegare anche alla
politica culturale portata avanti dai Centri Antiviolenza sia a livello nazionale, ma anche regionale,
1 E’ altrettanto degno di nota che il 25% degli enti che ha compilato il questionario dichiari di non realizzare alcuna attività su questi temi.
22%
14%
19%10%
12%
10%
5%4% 5%
Province
Bologna
Modena
ReggioEmilia
Parma
Piacenza
Forlì-Cesena
Rimini
Ferrara
Ravenna
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grazie ad una presenza locale sul territorio della Regione superiore rispetto alla media di altre
realtà. Un altro motivo più generale, può essere considerato il peso delle rivendicazioni del
movimento femminista nonché gli esiti positivi della Legge Regionale Quadro n. 6 per la Parità e
contro le discriminazioni che in forme diverse sono riuscite a portare al centro del dibattito
pubblico il fenomeno della violenza maschile contro le donne e di conseguenza ad inserire nelle
priorità delle istituzioni – almeno quelle locali. Diversamente il tema del contrasto all'omofobia e al
bullismo omofobico, così come l’educazione sessuale, non sono ancora entrati a pieno titolo
nell’agenda delle politiche locali, tanto meno in quelle educative, a dimostrazione di quanto pesi
ancora una profonda stigmatizzazione su queste forme di discriminazione.
Tra le motivazioni che hanno spinto a realizzare attività di questo tipo un elemento centrale è la
sensibilizzazione delle nuove generazioni e la trasformazione dei modelli culturali di genere.
L’educazione alle differenze e il contrasto a violenze e discriminazioni assolvono una funzione di
crescita e trasformazione della comunità nella direzione della parità, della libertà e del rispetto
reciproco.
Sono da notare, tuttavia, delle differenze significative tra le istituzioni che hanno compilato in
termini di ingaggio e competenze: alcuni soggetti, infatti, mostrano di padroneggiare “il linguaggio
delle differenze” e descrivono un contesto istituzionale consapevole del proprio ruolo
6%
24%
43%
1%
25%
Tipologiadiinterventi
Educazionesessualeoaffettiva
Differenze,discriminazioniestereotipidigenere
Prevenzioneesensibilizzazionesullaviolenzacontroledonne
Orientamentosessuale,omofobiaebullismoomofobico
No,nessuna
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trasformativo nella promozione dei diritti e nel contrasto a violenze e discriminazioni; altri invece
sembrano avere minore famigliarità sia con i temi che con il lessico e fanno riferimento ad una
generica “diversità” che le istituzioni sono chiamate a valorizzare.
1.2.Contestieducativi,tipologiediinterventoesoggettiattuatori
Rispetto agli ordini di scuola sono maggioritari gli interventi nelle scuole secondarie di primo e
secondo grado, anche se vi è una presenza significativa anche nei servizi educativi 0-6. Due
elementi vanno sottolineati: in primo luogo molti enti hanno indicato di lavorare in ambiti extra-
scolastici come le biblioteche, le sale comunali, le piazze cittadine.
Gli enti che hanno indicato contesti diversi rispetto a quelli scolastici, sono anche quelli che hanno
interpretato il compito di intervenire nell’ambito dell’educazione al genere e alle differenze, il
contrasto alle discriminazioni e alle violenze di genere e di orientamento sessuale come una mission
strettamente culturale che si è tradotta principalmente in attività di sensibilizzazione e divulgazione
sul territorio attraverso spettacoli teatrali, dibattiti o convegni su temi di rilievo nell’ambito delle
pari opportunità. Seppur si tratti di attività indubbiamente meritevoli, non possono essere
0%5%10%15%20%25%30%35%
Contestieducativi
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qualificate come attività educative e non presuppongono un pensiero istituzionale articolato sul
mondo della scuola e dell’educazione in relazione a questi temi.
In secondo luogo, oltre a chi lavora su ordini di scuola specifici, una percentuale significativa
(attorno al 20%) di enti dichiara di lavorare in maniera olistica su tutte le fasce d’età dal nido alla
scuola superiore. In entrambi i casi sono due le tipologie di attività proposte: la formazione per il
corpo docente e le attività laboratoriali rivolte ad alunni e alunne. La formazione per il corpo
docente è maggioritaria per la fascia 0-6 nell’ambito delle differenze e degli stereotipi di genere, ma
vi sono anche esperienze di formazione rivolte a docenti di scuola secondaria di primo e secondo
grado in questo caso con un focus più specifico principalmente sulla violenza maschile contro le
donne. Si tratta di formazione a carattere volontario di un numero di ore compreso tra le 6 e le 20
che, seppur non in tutti i casi, include l’elaborazione di strumenti didattici ed educativi per il lavoro
in aula.
Le attività laboratoriali rivolte a studenti e studentesse riguardano esclusivamente le scuole
secondarie di primo e secondo grado e sono principalmente volte al contrasto delle discriminazioni
di genere e alla violenza maschile contro le donne. Si tratta di laboratori mediamente di 6-8 ore in
orario curriculare che utilizzano metodologie non frontali come il role playing e l’utilizzo di supporti
audiovisivi. In alcuni casi i progetti descritti prevedono una combinazione di queste due attività con
l’obiettivo di intervenire su tutti gli attori del mondo scolastico in maniera integrata.
Due elementi sono degni di nota: la scuola primaria – sia per quanto riguarda la formazione al corpo
docente che ad alunni e alunne – è la più sottorappresentata. Il coinvolgimento delle famiglie nelle
attività formative e/o culturali su questi temi è sporadico e non vi sono progetti specificatamente
rivolti ai genitori.
Le attività descritte sono state quasi tutte realizzate in collaborazione con le associazioni del
territorio, principalmente i Centri Antiviolenza e le associazioni femminili/femministe. Oltre al
mondo associativo, in alcuni casi è stato coinvolto il Centro di Studi sul Genere e l’Educazione
dell’Università di Bologna (in particolare nelle formazione nella fascia 0-6) e l’Azienda Sanitaria
Locale (in particolare nei progetti di educazione alla sessualità e all’affettività). I progetti che
presentano un rapporto consolidato con le associazioni del territorio sembrano quelli con un
impianto più solido e un approccio più trasversale alle fasce d’età e agli ordini scolastici.
Dal punto di vista economico, le attività sono state realizzate principalmente con i fondi destinati
alle Pari Opportunità del bilancio dei comuni. A queste si affiancano i finanziamenti regionali – in
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particolare del bando regionale contro la violenza contro le donne e la promozione delle pari
opportunità - in alcuni casi i piani di zona e sporadicamente i finanziamenti europei.
1.3BisognienodiproblematiciAlla richiesta di identificare quali sono i bisogni maggiormente sentiti per implementare le attività
educative in questo ambito la richiesta principale è di maggiori risorse economiche, seguita dalla
richiesta di una normativa di riferimento, mentre sembrano essere percepiti come meno essenziali
formazione e strumenti sul merito dei temi.
Analizzando le risposte sulle difficoltà, la mancanza di adeguate risorse economiche si traduce
soprattutto in una mancanza di adeguate risorse umane per realizzare al meglio i progetti (per
esempio potendo inserire attività di monitoraggio e di documentazione) e per ampliare il numero di
destinatari per aumentare la ricaduta formativa. A questo elemento se ne affiancano altri due: la
difficoltà nel coinvolgimento delle scuole e dei/delle insegnanti allargando il coinvolgimento oltre a
coloro che sono già sensibili su questi temi e l’ostilità mostrata da alcune famiglie rispetto ai
6,3%9,4%
12,5%
62,5%
9,4%
Bisogni
Formazionesuicontenuti
Formazionesullemetodologie
Unanormativadiriferimento
Risorseeconomiche
Strumentididattici
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progetti legati alle questioni di genere a seguito del polemiche mediatiche e politiche che hanno
caratterizzato il dibattito pubblico negli ultimi anni.
2.Laprospettivadellescuole
2.1Ordinidiscuola,distribuzionegeograficaeambitidiinterventoIl questionario è stato compilato da 63 insegnanti con percentuali relativamente simili tra i diversi
ordini di scuola, fatta salva una presenza maggiore di insegnanti di scuola primaria e una severa
sotto-rappresentazione di educatrici di nido e insegnanti della formazione professionale. Poiché –
come si anticipava nell’introduzione - il questionario non è stato diffuso attraverso canali
istituzionali possiamo ipotizzare che abbiano compilato le/gli insegnanti più motivati e/o coloro che
sono stati raggiunti dai contatti del gruppo di ricerca e che dunque il dato non sia rappresentativo
dell’effettiva situazione regionale.
Al netto di questo, tuttavia, è ragionevole presumere che i servizi educativi 0-3 siano effettivamente
meno coinvolti in attività educative di questo tipo così come i centri di formazione professionale
5%
21%
29%22%
17%
6%
Ordinediscuola
Nido
Scuoladell'Infanzia
ScuolaPrimaria
ScuolaSecondariadiPrimoGrado
ScuolaSecondariadiSecondoGrado
FormazioneProfessionale
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che, avendo uno statuto differente rispetto alla scuola ordinaria, non sono coinvolti al pari di altre
istituzioni in progetti sostenuti dagli enti locali.
Dal punto di vista della distribuzione geografica, la provincia di Bologna è significativamente sovra
rappresentata, seguita da Piacenza e Parma. Anche in questo caso, nonostante il capoluogo di
regione sia effettivamente un contesto di storica attenzione verso questa tipologia di attività
educative, il dato non è da intendersi come rappresentativo della situazione regionale, ma come
una distorsione dovuta alla modalità di diffusione del questionario.
Per quanto riguarda le tipologie di intervento sono maggioritarie le attività di educazione sessuale o
affettiva e quelle volte al contrasto delle discriminazioni e degli stereotipi di genere, mentre sono
molto meno presenti le attività di contrasto alla violenza maschile contro le donne e all’omofobia e
al bullismo omofobico. Disaggregando i dati per ordine di scuola, tuttavia, l’educazione sessuale e
affettiva è particolarmente diffusa alle scuole secondarie di primo e secondo grado così come i
progetti di contrasto alla violenza maschile contro le donne; mentre nella scuola dell’infanzia e nella
primaria sono maggioritari i progetti volti alla decostruzione degli stereotipi e al contrasto delle
discriminazioni.
46%
19%
8%5%
3% 13%
5%2%
Province
Bologna
Modena
ReggioEmilia
Ravenna
Ferrara
Parma
Forlì-Cesena
Piacenza
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2.2TipologiediattivitàesoggettiattuatoriGli/le insegnanti intervistati/e descrivono sostanzialmente due tipologie di attività educative: in
alcuni casi si tratta di percorsi educativi inseriti nell’attività curriculare e gestiti direttamente da
insegnanti individualmente interessati ai temi della parità e delle differenze attraverso il supporto di
materiali didattici o narrativi (manuali e/o storie su stereotipi e discriminazioni di genere). In altri
casi – in particolare si tratta di progetti svolti con il supporto di soggetti esterni sia singoli esperti/e
che istituzioni e associazioni. Nel caso dell’educazione sessuale e affettiva i progetti sono realizzati
principalmente in collaborazione con l’Azienda Sanitaria attraverso il progetto regionale “W
l’amore” che prevede sia interventi in classe di operatori/trici e medici del consultorio con studenti
e studentesse che brevi attività formative per il corpo docente. Nel caso delle attività in contrasto
alla violenza maschile contro le donne e il superamento di stereotipi di genere e discriminazioni gli
interventi sono realizzati principalmente in collaborazione con i centri anti-violenza/case delle
donne del territorio e/o con associazioni che hanno una competenza specifica su questi temi. Si
tratta di tipologie d’intervento molto variabili che vanno da singoli incontri di sensibilizzazione di
alcune ore a interventi più strutturati (per un massimo di 10 ore) che prevedono un vero e proprio
0,0%
5,0%
10,0%
15,0%
20,0%
25,0%
30,0%
35,0%
Educazionesessualeoaffettiva
Differenze,discriminazioniestereotipidigenere
Prevenzioneesensibilizzazionesullaviolenzacontrole
donne
Orientamentosessuale,omofobiaebullismo
omofobico
Tipologiadiinterventi
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percorso educativo, in entrambe i casi solo su alcune classi. La disomogeneità delle tipologie
d’intervento – seppur nella parzialità del campione – ci sembra rappresentativa dello scenario delle
scuole in regione dove in assenza di norme e risorse strutturali una programmazione sia
qualitativamente che quantitativamente significativa non è possibile.
Inoltre, se da un lato la collaborazione con soggetti competenti sui temi è un elemento positivo che
testimonia delle sinergie virtuose sui territori, dall’altro la figura “dell’esperto/a” – soprattutto nei
casi in cui non si tratta di associazioni o istituzioni, ma di libere/i professionisti/e – può anche
suggerire un meccanismo di delega del compito educativo su questi temi da parte dell’istituzione
scolastica e non un approccio integrato e strutturale dell’educazione alle differenze e al contrasto a
violenze e discriminazioni.
Infine, è da notare che alcune scuole indicano come progetti di contrasto agli stereotipi e di
contrasto al bullismo e all’omofobia progetti di educazione digitale – con particolare riferimento al
cyberbullismo – realizzati in collaborazione con esperti/e e, talvolta, la polizia postale. Si tratta,
tuttavia, di interventi che non hanno né nelle premesse pedagogiche né nei metodi un approccio di
genere e/o un esplicito riferimento al contrasto della violenza maschile contro le donne o al
bullismo omofobico.
2.3BisognienodiproblematiciRispetto a quanto emerso dalla scheda degli enti locali, il bisogno di maggiori risorse economiche –
seppur anche in questo caso elevato – è affiancato da altri elementi in percentuali significative. Il
bisogno di formazione sia sui contenuti che sulle metodologie è rilevante per il 30% del campione a
cui si affianca il bisogno di una normativa di riferimento nel quale inquadrare le attività svolte.
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E’ interessante notare che nella voce “Altro” vi sono alcuni bisogni particolarmente interessanti: da
un lato la richiesta di un catalogo e/o di una documentazione sui progetti educativi su queste
tematiche disponibili sul proprio territorio su cui il collegio docenti ed i singoli consigli di classe
possano confrontarsi per selezionare, basandosi su informazioni accurate ed una garanzia di
qualità, le attività che ritengono più adatte alle proprie classi; dall’altro la richiesta di un albo di
esperti/e qualificati/e da poter contattare per realizzare attività educative o attività di consulenza
su questi temi avendo la garanzia di qualità e professionalità. Ci paiono entrambe richieste che
sollecitano gli enti locali – ma anche l’ufficio scolastico regionale – a supportare in maniera più
strutturata le scuole nello sviluppo di queste attività educative non solo attraverso l’erogazione di
fondi, ma anche facendosi garanti e promotori dei saperi e delle competenze diffuse sui territori.
Per quel che concerne i nodi problematici, l’elemento emerso con maggior forza è la relazione con i
genitori che sui temi del genere, della violenza contro le donne e dell’omofobia è talvolta
problematica. La difficoltà di spiegare ad alcuni genitori la tipologia di attività svolte e il valore
educativo e di cittadinanza delle stesse è lamentato da molte/i insegnanti, soprattutto nel clima
culturale degli ultimi anni in cui abbiamo assistito ad una progressiva demonizzazione dei progetti
educativi di questo tipo e ad un incrinarsi ulteriore del già fragile rapporto tra scuola e famiglie. A
questo si aggiunge il nodo della collegialità: la mancanza di formazione e conoscenze degli/lle
stessi/e insegnanti su questi temi e sulla loro rilevanza educativa è lamentata da molte/i come
37%
14%16%
17%
3% 13%
Checosaservirebbeallatuascuolaperrealizzarealmeglioattivitàdiquestotipo?
Risorseeconomiche
Formazionesullemetodologie
Formazionesuicontenuti
Unanormativadiriferimento
Strumentididattici
Altro
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ostacolo all’effettiva realizzazione su larga scala di progetti di questo tipo che vengono dunque
sostenuti e promossi da singoli/e insegnanti spesso in una situazione di solitudine.
3.Laprospettivadelprivatosociale
3.1TipologiaedistribuzionegeograficadelleassociazionieordinidiscuolaHanno compilato il questionario 46 associazioni di differenti tipologie. Sono ampiamente
rappresentate le associazioni femminili e femministe (sia di fondazione storica come UDI) che di più
recente fondazione, così come sono moltissimi i Centri Anti-violenza. In entrambe questi casi
l’impegno nell’educazione si affianca ad altre attività di promozione dei diritti delle donne e delle
pari opportunità o di accoglienza e supporto alle donne vittime di violenza. E’ interessante notare,
tuttavia, che, nonostante in questi casi l’educazione sia una delle mission associative accanto ad
altre, nel racconto delle intervistate ricopre un ruolo strategico per l’implementazione complessiva
dei propri obiettivi. A queste si affiancano associazioni che hanno una specifica vocazione educativa
nell’ambito delle differenze di genere e del superamento degli stereotipi – quali Il progetto Alice,
Deneb o Falling Book e associazioni di promozione dei diritti delle persone LGBT quali i circoli
provinciali di Arcigay.
Dal punto di vista della distribuzione geografica le associazioni che hanno compilato provengono
principalmente dalla provincia di Bologna seguita da Reggio Emilia, Ferrara e Ravenna. Come per le
altre tipologie di soggetti intervistate questa distribuzione non è da intendersi come
rappresentativa delle attività associative a livello regionale poiché il carattere auto-compilato del
questionario non può garantire di aver raggiunto la totalità del campione; tuttavia, è indubbio che il
capoluogo di Regione abbia una notevole vivacità associativa sia sul fronte femminile/femminista
che sul fronte dell’associazionismo LGBT.
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Rispetto agli ordini di scuola sono drasticamente maggioritari gli interventi realizzati nelle scuole
secondarie di primo e secondo grado, mentre solo poche associazioni lavorano anche con la scuola
primaria o i servizi educativi 0-6. E’ interessante notare, tuttavia, che molte associazioni indicano
come ambiti d’intervento anche luoghi educativi satellitari alla scuola – come i centri di
aggregazione giovanile, le biblioteche, le palestre e le sale di quartiere oppure luoghi educativi
informali come gli spazi autogestiti a testimonianza che il lavoro educativo svolto dalle associazioni
eccede lo spazio scolastico istituzionale e si configura come un lavoro di comunità che cerca di
intercettare bambine/i e ragazzi/e in ambienti molteplici. Al lavoro con studenti e studentesse,
inoltre, molte associazioni affiancano interventi formativi con i/le docenti poiché li identificano
come soggetti cruciali per una trasformazione strutturale e di lungo periodo della cultura educativa
del mondo scolastico su questi temi.
3.2Tipologiediattività,motivazioniemodalitàdiattuazioneLe tipologie di attività realizzate rispecchiano la composizione delle associazioni rispondenti: sono
maggioritarie le iniziative per la prevenzione alla violenza maschile contro le donne e il contrasto a
discriminazioni e stereotipi di genere, seguite da una percentuale consistente (e decisamente
maggiore rispetto agli enti pubblici e alle scuole intervistate) di progetti educativi in contrasto
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60%
BOLOGNA
MODENA
FORLì-CESENA
RAVENNA
FERRARA
PIACENZA
REGGIOEMILIA
RIMINI
Province
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all’omofobia e al bullismo omofobico. E’ minoritaria, invece, l’educazione alla sessualità e
all’affettività.
Interpellate sulle motivazioni che le muovono, le associazioni, in maniera più netta degli altri
soggetti intervistati, hanno evidenziato in maniera molto chiara il ruolo “trasformativo”
dell’educazione nell’ambito delle relazioni tra i generi e il contrasto delle violenze - sia di genere che
a sfondo omofobico. Pare molto alta la consapevolezza del privato sociale non solo del carattere di
“prevenzione” di questi interventi, per evitare il perpetuarsi di discriminazioni e violenze, ma anche
il ruolo culturale che interventi educativi di questo tipo possono avere nel formare futuri/e cittadini
e cittadine socializzati a modelli di genere e di relazione orientati alla libertà, la parità e
l’autodeterminazione.
Pare più alta, inoltre, la “consapevolezza pedagogica” nella progettazione degli interventi e degli
strumenti educativi utilizzati in aula. Per quanto riguarda studenti e studentesse si tratta di
interventi che vanno da un minimo di 2 ad un massimo di 12 ore in orario curriculare a seconda
della disponibilità della scuola. Si tratta di progetti svolti con modalità educative partecipative e non
frontali di varia natura quali i lavori di gruppo, l’analisi di materiale audio-visivo, il metodo narrativo,
la drammatizzazione, il role-playing eccetera attraverso cui vengono messi a fuoco e discussi con
6%
42%
31%
19%
2%
Tipologiadiattività
Educazionesessualeoaffettiva
Differenze,discriminazioniestereotipidigenere
Prevenzioneesensibilizzazionesullaviolenzacontroledonne
Orientamentosessuale,omofobiaebullismoomofobico
No,nessuna
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studenti e studentesse alcune questioni specifiche quali la violenza maschile contro le donne, gli
stereotipi di genere nei mass media, gli orientamenti sessuali, l’omofobia, i diritti e le
discriminazioni, eccetera. Indipendentemente dal tema specifico, dalle risposte delle associazioni
emerge un approccio di tipo “maieutico” e non “didattico” ovvero orientato a fornire degli stimoli
che permettano a ragazze e ragazzi di interrogarsi su questi temi e di far emergere le proprie
visioni, dubbi e vissuti piuttosto che fornirgli conoscenze in senso unidirezionale.
A questa tipologia si affiancano interventi in orario extracurriculare o durante le assemblee
d’istituto su invito diretto di ragazze e ragazzi: è un caso più frequente per le associazioni LGBT e gli
interventi che riguardano l’omosessualità e l’omofobia. Da un lato, come già sottolineato altrove,
queste tematiche continuano a godere di minore cittadinanza in ambito scolastico ed è
ragionevolmente ipotizzabile che incontrino maggiori resistenze ad inserirsi nelle attività curriculari
degli istituti scolastici; dall’altro l’invito diretto di studenti e studentesse testimonia l’interesse e il
bisogno dei e delle adolescenti di affrontare questi temi e quindi la loro urgenza educativa.
Alcune associazioni, inoltre, affiancano al lavoro con studenti e studentesse dei percorsi formativi
con il corpo docente da un minimo di 4 ad un massimo di 12 ore; si tratta in questo caso di
interventi formativi più convenzionali dal punto di vista metodologico (lezioni frontali, distribuzione
di materiale, eccetera) orientate a sensibilizzare i/le docenti sui temi in oggetto (violenza di genere,
stereotipi di genere, omofobia, eccetera) e fornirgli le conoscenze necessarie a mettere in
discussione i propri stereotipi e agire in aula in maniera consapevole e trasformativa.
Infine, si tratta nella quasi totalità dei casi di associazioni che realizzano questi progetti in ottica di
rete sia tra associazioni (per esempio combinando competenze differenti) che tra associazioni, enti
locali e scuole. Dal punto di vista delle risorse economiche, moltissimi progetti sono stati realizzati
con risorse proprie dell’associazione e attraverso il lavoro volontario di soci e socie; a ciò si
affiancano finanziamenti di enti locali (sia comuni che Regione), in minor misura, di fondazioni
private o attraverso progetti europei e, in rarissimi casi, con finanziamenti diretti delle scuole. E’
interessante notare che alcune associazioni hanno finanziato queste attività attraverso il bando
della Chiesa Valdese rivolto al terzo settore.
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3.3BisognienodiproblematiciSimilmente alle altre tipologie intervistate, anche le associazioni identificano le risorse economiche
come un bisogno cruciale per poter realizzare meglio e in maniera stabile questo tipo di attività
educative. Tuttavia, è significativa anche la percentuale di chi ritiene importante una normativa che
fornisca una cornice istituzionale forte a questo tipo di attività. Infine, è molto interessante ciò che
include la voce “altro” poiché rende visibili bisogni più articolati del mondo associativo tra cui per
esempio la richiesta di un albo regionale delle associazioni che si occupano di questi temi,
l’istituzione di cabine di regia territoriali per promuovere il dialogo tra associazioni, scuole e
istituzioni, la stabilizzazioni di reti di associazioni sui diversi territori per condividere maggiormente
obiettivi e competenze.
Similmente a quanto emerso anche dal mondo della scuola e degli enti locali, anche per le
associazioni la principale difficoltà affrontata negli ultimi anni è legata alla crescente ostilità e
diffidenza verso progetti educativi che tematizzano il genere, la sessualità e la discriminazione
etichettati come “ideologia del gender”, che si traduce in reticenza da parte dei dirigenti scolastici e
dei/delle insegnanti a sostenere i progetti proposti dalle associazioni per paura di rimostranze da
parte dei genitori.
20%
59%
4%
4%
13%
Bisogni
Unanormativadiriferimento
Risorseeconomiche
Strumentididattici
Formazionesullemetodologie
altro