MAGNETOTERAPIA · Una magnetoterapia che ebbe molto successo presso i traumatologi ha lo schema...

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PRINCIPI DI ELETTRONICA MEDICALE

MAGNETOTERAPIA

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RIASSUNTO

Lo studio scientifico della magnetoterpia non si limita unicamente all'osservazione degli effetti   terapeutici  derivanti  dalla somministrazione dei  campi magnetici,  ma è  preceduto dalla conoscenza delle configurazioni circuitali delle apparecchiature elettroniche che, con particolari   modalità   tecniche,   producono   campi   elettrici,   magnetici   od   onde elettromagnetiche. 

L'energia veicolata in ambito biologico dai suddetti campi, deve produrre effetti biofisici non   di   carattere   termico  a   cui   si   associano   effetti   terapeutici   utili   o   addirittura indispensabili per la cura delle malattie. 

Quando un costruttore di magnetoterapie dichiara che un certo apparecchio medicale è in grado di  produrre   in  modo ottimale  uno o  più   specifici  effetti   terapeutici,   indicando  in dettaglio come si deve usare la magnetoterapia, ne afferma l'idoneità  terapeutica  per la cura di una o più specifiche patologie.

L'idoneità   terapeutica   dipende   dal   modo   con   cui   una   magnetoterapia   è   stata progettata, costruita e usata e  le configurazioni circuitali elettroniche  rappresentano un   fondamentale   punto   di   riferimento   per   la   valutazione   scientifica   della   corretta esecuzione tecnica delle magnetoterapie in quanto tali; inoltre, costituiscono la base per l'ulteriore analisi biofisica e medica.

I   criteri  progettuali  di  molte  magnetoterapie   sono  dettati  dall'osservanza  di   certi   luoghi comuni, vale a dire di cose date come scontate, ovvero di banalizzazioni di fondamentali principi fisici e biofisici, non per colpa dei progettisti, ma per carenza di valide informazioni scientifiche. La conseguenza pratica, consiste nell'introdurre dei parametri progettuali non veritieri   da   cui   derivano   sistemi   e   procedure   di   controllo   del   tutto   inutili   o   erronei. L'articolo   intende   fare   luce   sulle  cause  di  un  certo   empirismo,  ponendo   l'accento   sulle principali leggi della Fisica che ritroviamo intatte anche in ambito biologico, ma che vanno “lette” in termini biofisici.   Ad esempio, esistono le magnetoterapie a bassa frequenza che generano  impulsi  di campo magnetico ad onda quadra.      In questo caso, dato che in ambito biologico il campo magnetico agisce in modo ben diverso da quanto previsto dai luoghi  comuni;   la  “frequenza      fisica   ”  di  100 Hz (valore  assoluto  letto  sul  panello  della magnetoterapia) in realtà  corrisponde alla  “frequenza bi   ofisica   ”  di 200 Hz  che è  quella attiva, ma esistono altre incongruenze.

L'Autore,  (Marco Montanari)  mette a disposizione della comunità  umana e scientifica la propria   esperienza  di  oltre  un   lustro  dedicata,   tra   l'altro,   allo   studio   approfondito  della magnetoterapia.   Nell'articolo sono inclusi numerosi disegni e fotografie che consentono la descrizione dettagliata dei principi di funzionamento delle configurazioni elettroniche degli amplificatori per magnetoterapie a bassa e ad alta frequenza, frutto di personale esperienza. 

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INDICE

LE CONFIGURAZIONI ELETTRONICHE DELLE MAGNETOTERAPIE

pag.4      Introduzione

6      Due circuiti primitivi dotati di limitata e particolare idoneità terapeutica

9      Indotto biologico

10    Cos'è una configurazione elettronica

10 /11 Definizione dell'idoneità o vocazione terapeutica di un apparecchio per magnetoterapia

13    Configurazioni elettroniche delle magnetoterapie a bassa frequenza

14    Amplificatori di impulsi a bassa frequenza monofasici e bifasici asimmetrici

16    Una cattiva impostazione scientifica determina gravi errori progettuali

23    Amplificatori di impulsi a bassa frequenza bifasici e simmetrici

25    Configurazioni elettroniche delle magnetoterapie ad alta frequenza

26    Amplificatori di impulsi di campo magnetico ad alta frequenza

28 / 29 Basi biofisiche degli apparecchi per magnetoterapia (elenco sintetico)

34    Amplificatori di impulsi di campo magnetico ed elettrico e di onde elettromagnetiche ad alta .         frequenza

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Le configurazioni elettroniche delle magnetoterapie

di  Marco Montanari

Lo   studio   approfondito   della   magnetoterapia   richiede   un   approccio interdisciplinare.

La   conoscenza   delle   possibili   configurazioni   elettroniche   delle magnetoterapie   costituisce   un'introduzione   alla   nozione   composita dell'idoneità   tecnico   scientifica   delle   magnetoterapie   in   funzione   della vocazione terapeutica dichiarata dal costruttore.Prima   di   entrare   nel   merito,   si   presentano   alcuni   schemi   elettrici   che furono utilizzati all'origine della ricerca magnetoterapica.

Fig. 1. – Un primo tentativo di magnetoterapia ad alta frequenza dalla        potenza irrisoria che imita una primitiva marconiterapia ­

                   (molto utile solo al portafoglio di chi la vendeva).

Alla fine degli anni Sessanta, quando si era ancora agli albori della ricerca, in Europa era in vendita uno scatolotto che si doveva portare al collo, da 

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cui usciva un'antenna a forma di cappio che terminava con un anello del diametro di circa 10 cm, ma modificabile a piacere dall'utente.In Figura 1. ne è raffigurato lo schema di principio.Il transistor Q1 è il componente attivo di un classico oscillatore Colpitts al quarzo (XTAL), con frequenza di oscillazione di 27 MHz.L'onda   generata   è   sinusoidale   e   di   piccola   ampiezza   ed   è   amplificata alcune volte dal transistor Q2 che opera in classe A. Il   segnale,   prelevato   dal   terminale   di   collettore   di   Q2,   viene   inviato all'antenna   enormemente   accorciata   che   non   presenta   alcun   tipo   di accordo, la cui realizzazione sarebbe improponibile.Il fabbricante vantava effetti sorprendenti, tra cui la cura e la prevenzione di malattie cardiache.Il   suddetto   circuito   non   è   un   esempio   di   un'applicazione   elettronica concettualmente mal riuscita perché, se realizzato con i giusti componenti è perfettamente funzionante, ma sul piano commerciale è emblematico del tentativo   di   illudere   il   consumatore   che   un   certo   circuito   elettronico possegga delle doti terapeutiche, quando in realtà non ne ha nessuna !.

Tutto ciò ha già i connotati di una truffa, ma esiste anche il caso in cui un certo apparato elettronico sia effettivamente idoneo alla cura di una o di alcune   condizioni   patologiche,   ma   il   venditore,   forse   preso dall'entusiasmo, dichiara fattibili  anche altre applicazioni terapeutiche in realtà non esercitabili da quel particolare apparecchio.

Altre  volte,   riguardo  al  modo  di   usare  una  magnetoterapia,   si   verifica l'obbligo  di  osservare  scrupolosamente   la  prescrizione  miracolistica;  ad esempio   un'applicazione   di   23   minuti   al   giorno   guarirebbe   differenti patologie infiammatorie e, per ingigantire ulteriormente il presunto potere taumaturgico dell'apparecchio, il costruttore impone il divieto di esporsi al campo magnetico per più di un'ora al giorno.Quanto descritto  non è   rappresentativo  di  un evento  raro e,  come pare evidente, tutto ciò non ha nulla a che vedere con l'applicazione scientifica dei campi elettromagnetici in terapia.

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DUE CIRCUITI PRIMITIVI DOTATI DI LIMITATA E PARTICOLARE IDONEITA' TERAPEUTICA

Fig. 2. – Con un circuito simile a questo si effettuò il primo esperimento       in  doppio  cieco  che  dimostrò che i  campi  magnetici  pulsati        avevano un sorprendente ruolo terapeutico (1976).

Durante il secondo “Colloquio bioclimatologico” che si tenne a Monaco nel settembre 1976, fu presentato il resoconto di una serie di esperimenti, relativi all'azione terapeutica dei campi magnetici, iniziati dal Prof. Dott. R.  Mecke  dell'Università   di  Freiburg   (1968)   e   continuati   dai  Dott.  W. Hermann e W. Ludwig e altri, tutti ricercatori dell'Università di Tübingen (vedi articolo: “Le origini della magnetoterapia”).In Figura 2. si osserva un circuito simile a quello utilizzato dai ricercatori in   cui   IC1a   e   IC1b   sono   due   porte   NAND   nella   configurazione   di oscillatore   a   rilassamento   ad   onda   quadra   a   bassissima   frequenza (regolabile a scatti) ottenibile chiudendo uno o più interruttori (S 1. 2. 3).Le frequenze variavano da circa  1 Hz fino a 15 Hz. Il  condensatore C differenzia   (vedi  oltre)   l'onda  quadra   e  gli   impulsi   negativi  portano   in conduzione il transistor Q1 che è di tipo PNP.Il collettore di Q1 è collegato alla bobina L dotata di traferro (nucleo di ferro dolce o di ferrite) che genera un breve, ma sufficientemente intenso campo magnetico.In questa ancora primitiva magnetoterapia, il tipo di circuito e le ridotte 

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dimensioni dell'induttore non consentono un uso terapeutico esteso a molte situazioni   patologiche,   ma   vi   sono   contenuti   tutti   gli   elementi   fisici fondamentali che sono alla base delle nozioni della biofisica dell'induzione elettromagnetica in ambito biologico.Una magnetoterapia che ebbe molto successo presso i traumatologi ha lo schema circuitale osservabile in Figura 3. : 

Fig. 3. ­ Circuito di una magnetoterapia dalla disarmante semplicità, con cui                   si è  dimostrato che impulsi a bassa frequenza di un debole campo                   magnetico, accelerano e/o riattivano l'osteosintesi e l'osteogenesi.       

Il circuito già elementare, è ulteriormente semplificabile.

Il  trasformatore T abbassa la tensione di rete da 230 V a 12 o 24 V e, tramite il doppio deviatore S1 ­ S2, alimenta o il diodo D o il ponte di diodi P che si collegano agli induttori L1 ed L2 privi di traferro.

In   questo   circuito   è   di   fondamentale   importanza   la   totale   assenza   di condensatori  che, alterando la forma d'onda sinusoidale,  diminuirebbero ulteriormente la già bassa idoneità o vocazione terapeutica di questo tipo di magnetoterapia.

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L'intensità   del   campo  magnetico  varia  nel   tempo,   seguendo   l'ampiezza della semionda della frequenza di rete la cui durata è di 10 ms.Nell'induttore fluisce la massima corrente concessa dal potenziale di picco presente ai capi della resistenza R.

Questo   tipo   di   magnetoterapia,   messo   a   confronto   con   quelle   che generano onde quadre, consentì di stabilire che l'onda quadra era la migliore forma d'onda in grado di facilitare la produzione degli effetti terapeutici.

I due elettromagneti erano posizionati affacciati e con i poli contrapposti in modo che la parte anatomica veniva attraversata da un campo magnetico uniforme con intensità dichiarata di 20 – 40 Gauss.Ne   esistono   ancora   in   commercio   e   da   alcuni   traumatologi   è   ancora prescritta, limitatamente all'induzione della produzione del callo osseo.

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INDOTTO BIOLOGICO

I circuiti  alla base delle magnetoterapie,  oggetto di queste pagine, sono privi di significato se l'osservatore non include nello schema elettrico la parte  biologica  del  circuito  o  indotto  biologico  che è  schematicamente rappresento come un solido concatenato col campo magnetico inducente costituito da innumerevoli spire cilindriche e coassiali che sono il luogo delle  correnti   indotte  e,   in  quanto  tali,   sembrano apparire  dal  nulla  nel tempuscolo in cui si verifica il fenomeno dell'induzione elettromagnetica.

L'indotto biologico ha origine nei tessuti biologici che, dal punto di vista elettrico,   costituiscono   un   complicato   conduttore   di   seconda   specie (elettrolitico) in cui la corrente indotta è ionica. 

Sono   prevedibili   comportamenti   biofisici   del   tutto   assenti   nei   tessuti soggetti al solo campo elettrico; inoltre, il ciclo di isteresi del medesimo si deve presumere con area infinitesima; vale a dire che la risposta biologica all'induzione del  campo magnetico è  di  estrema rapidità,  probabilmente dell'ordine di qualche picosecondo. In pratica, il campo magnetico statico non svolge una funzione terapeutica.

L'idea   dell'indotto   biologico   qui   accennata   è   del   tutto   innovativa   ed   è caratterizzata da un'estrema complessità, il cui studio richiede un grande impegno sia teorico che sperimentale.

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Cos'è una configurazione elettronica

Gli   apparecchi   medicali   per   elettroterapia   e   magnetoterapia   sono essenzialmente costituiti da tre sezioni o moduli fondamentali:

1. Un generatore di segnale pilota in grado di erogare singoli impulsi di breve durata, oppure un'onda quadra o sinusoidale con frequenza, forma e distribuzione costante oppure variabile nel tempo.

2. Una sezione o modulo di potenza che amplifica il segnale pilota.

3. Una interfaccia biofisica che consente di trasferire ai tessuti viventi l'energia prodotta dalla sezione di  potenza; ad esempio,  una o più antenne, una o più bobine, elettrodi di forme diverse e/o variamente strutturati,   oppure   trasduttori   elettromeccanici   o   elettromagnetici. L'interfaccia   biofisica   può   essere   unidirezionale   od   anche bidirezionale,   cioè  l'informazione   terapeutica   elettromagnetica “viaggia” verso e attraverso i tessuti od anche in senso opposto. 

I suddetti moduli si riconoscono negli schemi elettrici precedenti: Nel primo (Figura 1.) il transistor Q1 è il  modulo 1, il transistor Q2 è il modulo 2 e l'antenna A è il modulo 3.Nel secondo schema elettrico (Figura 2.) IC1a e IC1b sono il modulo 1, il transistor Q1 è il modulo 2 e l'induttore L è il modulo 3.Nel   terzo   circuito   (Figura   3.)   il  modulo   1  è   costituito   dalla   rete   di distribuzione   della   corrente   elettrica   che   fornisce   anche   il   segnale sinusoidale  a  50  Hz.   Il   trasformatore  T,  opportunamente  dimensionato, mediante il doppio deviatore S1­S2 alimenta il diodo D oppure il ponte di diodi P; la resistenza R è il modulo 2 che regola la corrente e le induttanze L1 ed L2 costituiscono il modulo 3.

I moduli 2 e 3 possono essere diversamente strutturati o configurati e una   singola   configurazione   può   dare   origine   a   diverse apparecchiature,   ciascuna   con   proprie   indicazioni   terapeutiche; quanto   maggiori   sono   queste   ultime,   parimenti   elevata   sarà   anche l'idoneità   terapeutica.   Nella   fattispecie,   l'idoneità   o   vocazione 

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terapeutica   di   una   magnetoterapia   dipende   essenzialmente   dalla realizzazione  pratica  della  configurazione  elettronica  del  modulo di potenza e dai parametri elettrici e di forma dell'interfaccia biofisica, in funzione del segnale pilota.

A prova di quanto affermato, come origine di un generico elettromedicale si può prendere in considerazione il circuito di Figura 1.; se al  modulo 1 composto  dal   transistor  Q1 che genera un'onda stazionaria  di  27 MHz, viene   collegato   un   modulo   di   potenza,   (in   questo   caso   un   particolare amplificatore   di   alta   frequenza)   la   cui   configurazione   è   qui schematicamente rappresentata:

Fig. 4. – Configurazione di un particolare amplificatore di alta frequenza per    elettroterapia (applicazione per diatermia capacitiva):L induttanza di blocco, Q componente attivo, M manipolo, IS superficie isolante (in verde), ei elettrodo indifferente

Se si sceglie il componente attivo (Q) in funzione della frequenza e della potenza da erogare e si utilizzano diverse interfacce biofisiche (M ed ei), si possono ottenere i seguenti apparecchi elettromedicali:

● Marconiterapia:   Q   è   una   valvola   termoionica   di   potenza   (circa 200W) e per alta frequenza (AF) e l'interfaccia biofisica è costituita da due grandi  elettrodi  piani  di  forma circolare  con la superficie opportunamente isolata.

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● Elettrobisturi:  Q è una valvola termoionica per AF (150 – 200W) e l'interfaccia   biofisica   è   costituita   da   uno   o   più   manipoli   per elettrobisturi e da un grande elettrodo indifferente.

● Apparecchio per diatermia capacitiva (Figura. 4.) o resistiva:Q è un transistor di potenza per AF e, se il manipolo è isolato, la diatermia è capacitiva, altrimenti è resistiva.

● Depilatore:  Q è  un   transistor  o  un mosfet  di  bassa  potenza  e   il manipolo è una pinzetta di idonea forma e isolamento elettrico.

Avendo previsto un segnale pilota alla frequenza costante di 27 MHz, non tutte   le   apparecchiature   elencate   sono   in   grado  di   funzionare   in  modo ottimale, in ogni caso tutti i suddetti apparecchi medicali sono applicazioni diverse  della  medesima  diatermia   (è   una  branca  dell'ipertermia)   che   si occupa   dello   studio   degli   effetti   biofisici   di   tipo   termico   prodotti   dal campo elettrico o dalle onde elettromagnetiche.

Analogamente,   gli   apparecchi   per   magnetoterapia   possono   essere molteplici e necessariamente non tutti ugualmente efficaci.

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Configurazioni elettronichedelle magnetoterapie a bassa frequenza

Le   classificazioni   che   seguono   fanno   unicamente   riferimento   alle configurazioni elettroniche dei moduli di potenza delle magnetoterapie e ai parametri   elettrici   e   di   forma  dell'interfaccia   biofisica,   in   funzione  del segnale pilota.Si deve rammentare che in tutte le seguenti configurazioni  non sono descritti i dispositivi meccanici ed elettronici di processo e di controllo che   nella   pratica   determinano   il   buon   funzionamento   di   ogni apparecchio medicale. 

Come premesso, gli apparecchi che generano impulsi di campo magnetico a   bassa   o   a   bassissima   frequenza,   furono   le   prime  macchine  magnetoterapiche  con cui si introdusse in medicina l'uso terapeutico dei campi magnetici.

Le magnetoterapie a bassa frequenza, sono classificabili in due categorie del tutto equivalenti nei riguardi dell'azione terapeutica, ma   diverse per complessità e per capacità di generare campi magnetici molto intensi, la cui durata massima è dell'ordine di alcuni millisecondi.

1. Amplificatori di impulsi a bassa frequenza monofasici e  bifasici asimmetrici

2. Amplificatori   di   impulsi   a   bassa   frequenza   bifasici  simmetrici

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AMPLIFICATORI DI IMPULSI A BASSA FREQUENZAMONOFASICI  E  BIFASICI ASIMMETRICI

Fig. 5. – Configurazioni delle magnetoterapie a bassa frequenza che       generano impulsi di campo magnetico asimmetrici o monofasici  

● L = bobina (induttore di campo magnetico)● Q – Q1– Q2 – SCR = componenti attivi● D = diodo● C = condensatore● RV = resistenza variabile● Vcc = Alimentazione singola.

Sul piano elettronico queste configurazioni sono definite  single­ended  in quanto tutte le tensioni fanno riferimento ad un punto comune che è   la massa del circuito. L'interfaccia biofisica è  l'induttore L che può essere dotato di nucleo di ferrite o di ferro dolce (traferro). La sua presenza comporta un notevole aumento dell'intensità  del campo magnetico in prossimità dei poli, ma è anche causa di una ridotta estensione del medesimo campo nello spazio che circonda l'elettromagnete.Molte   magnetoterapie   utilizzano   induttori   privi   di   traferro,   ma   questa scelta non si deve per forza generalizzare.La fondamentale caratteristica di queste configurazioni è il controllo della corrente che circola nell'interfaccia biofisica che è ottenuta in tre modi diversi.

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Nelle configurazioni (a) e (b) l'intensità della corrente che circola in L è ampiamente indipendente dal  duty cycle  del segnale pilota che è sempre un'onda quadra.  Si definisce duty cycle il ciclo di lavoro D come rapporto tra l'intervallo di tempo in cui il  segnale pilota è alto (in un ciclo) e la durata dell'intero ciclo. 

            D=T 1

T

Il  duty   cycle  viene   anche   espresso   come   percentuale   di   T1  rispetto   al periodo T.I   componenti   attivi   dei   circuiti   di   Figura   5.   sono   equivalenti   a   degli interruttori meccanici che possono essere o aperti (OFF) o chiusi (ON).La rapida sequenza di chiusure e di aperture del circuito, nell'interfaccia biofisica (L) in particolare negli schemi (a) e (b), genera impulsi di campo magnetico   (alternato   e   asimmetrico)   e,   di   conseguenza,   nell'indotto biologico viene prodotta  una corrente alternata  asimmetrica  il  cui  verso rispetta la legge di Lenz.Più   in   dettaglio,   a   partire   dall'interfaccia   biofisica;   il   flusso   di autoinduzione elettromagnetica (Φ  flusso del campo magnetico misurato in Weber) presente nell'induttore  L  (il cui valore è misurato in Henry) è direttamente  proporzionale  alla  corrente   (i  misurata   in  Ampere)  che   lo attraversa:

(t) = L i(t)Φ

Affinché   ciò   si   verifichi  è   necessario  che   trascorra  un  certo   tempo   (t)  solitamente   variabile   da   qualche   microsecondo   al   millisecondo   che dipende dal valore dell'induttore, trascorso il quale la corrente che fluisce nell'interfaccia  biofisica  non aumenta  ulteriormente   il   flusso  del  campo magnetico per cui l'induttore diventa dissipativo, quindi si comporta come una resistenza che si scalda o al limite come un corto circuito.Quanto detto si può esprimere in forma differenziale in modo da mettere in 

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evidenza   la  forza  elettro  motrice  (f.e.m)   autoindotta  che  nell'interfaccia biofisica si oppone alla variazione della corrente, da cui si devono detrarre le   perdite   previste   dalla   legge   di   Lenz   e   l'influenza   della   componente resistiva della medesima interfaccia biofisica (ri):

f.e.m=−Ldit dt

−ri

Fintanto  che  persiste   la  f.e.m,  esiste  anche  la  variazione  di   flusso  del campo magnetico concatenato con l'indotto biologico in cui si genera la   corrente   ionica;   dunque,   in   queste   condizioni   una   ipotetica magnetoterapia   funzionerebbe   correttamente,   in   quanto  il   campo magnetico statico non ha ruolo terapeutico.Infine,   si   deve   sottolineare   che   l'induzione   elettromagnetica   in   ambito biologico   è   unicamente   associata   ai   rapidi  fronti   ascendenti   e/o discendenti di ogni impulso che hanno luogo nell'interfaccia biofisica per cui il picco di tensione nell'indotto biologico (Vi) segue la legge di Faraday – Neumann – Lenz:

vi=−ΔΦ

L'applicazione pratica di quanto esposto è riconoscibile nella configurazione di Figura 5. (a):

Il condensatore C è dimensionato in modo da differenziare l'onda quadra 

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secondo lo schema seguente:

 

U 2=τdUdt

(  τ è la costante di tempo RC)

Nello schema elettrico il transistor Q è di tipo NPN per cui solo i fronti ascendenti dell'onda quadra (T0 e T2) possono portarlo in conduzione.I diodi D velocizzano la scarica di C e contemporaneamente accelerano l'interdizione di Q; dunque, l'interfaccia biofisica, essendo percorsa dalla corrente per un tempo molto limitato, non si scalda e nemmeno forma un corto circuito, ma la variazione di flusso è sufficiente a indurre nell'indotto biologico una corrente ionica a cui si associano alcuni effetti terapeutici.La  configurazione  appena  descritta   si  può   riconoscere  nello   schema di Figura 2. che attualmente ha solo un interesse didattico e storico, essendo ampiamente superata dalle configurazioni (b) e (c). Nella  configurazione di Figura 5. (b)  il segnale pilota (sempre ad onda quadra),   comanda   un   generatore   di   corrente   costante   composto   dai transistor Q1 e Q2 e dalla resistenza variabile RV: 

Il valore della corrente dipende dalla relazione:i≈

,0 6

RV

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dove 0,6V è la tipica tensione della giunzione base emettitore del transistor Q2;  quest'ultimo   controlla   la   corrente  di   base  di  Q1   che,   a   sua  volta, mantiene   costante   la   corrente   di   collettore   che   attraversa   l'interfaccia biofisica (L) che, essendo sempre percorsa da corrente costante, nella fase stazionaria  dell'impulso  non è  causa di  corto  circuito,  ma si  scalda  per effetto Joule.

La   resistenza   RV,   già   descritta   come   variabile,   nella   pratica   si   può realizzare mediante commutazione meccanica di alcune resistenze o con altro componente elettronico con identica funzione.

UNA CATTIVA IMPOSTAZIONE SCIENTIFICADETERMINA GRAVI ERRORI PROGETTUALI

Si deve sottolineare l'insistenza con cui fino ad ora si è fatto riferimento in modo   diretto   e   indiretto   alla   legge   di  Faraday   –   Neumann   –   Lenz  a fondamento scientifico dell'origine dei complessi fenomeni che hanno sede nell'indotto biologico.

La   maggioranza   delle   attuali   magnetoterapie   a   bassa   frequenza,   sono purtroppo   il   frutto  del   seguente  assunto   teorico:  “Il   campo  magnetico  produce effetti terapeutici”,  affermazione che banalizza le già enunciate fondamentali nozioni di fisica e di biofisica.Se coloro che progettano magnetoterapie a bassa frequenza ritengono vera la suddetta affermazione, incorrono nei seguenti gravi errori concettuali:

1. Trascurano l'esistenza dell'indotto biologico oppure assimilano l'insieme [interfaccia  biofisica  e   indotto  biologico]  ad  un  normale   trasformatore elettrico.

2. Considerano terapeuticamente efficace la fase stazionaria dell'impulso.3. Ritengono che la “potenza” di una magnetoterapia coincida con la misura 

dell'intensità del campo magnetico.4. Ritengono   valida   la   correlazione   tra   il   valore   efficace   del   campo 

magnetico e l'intensità del medesimo.5. Quindi dimenticano che l'intensità del campo magnetico dipende sempre 

dal valore dell'interfaccia biofisica (induttanza di L) e  dall'intensità della 

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corrente (nella fattispecie  I / t).Δ Δ

Di conseguenza, il progetto si incentra sulla variazione del  duty cycle  e secondariamente sulla variazione di frequenza.Un sensore di Hall inserito nell'interfaccia biofisica genera un potenziale elettrico proporzionale all'intensità del campo magnetico che coincide  con la fase stazionaria di ogni impulso di onda quadra che, dopo integrazione, è riassunta dal disegno seguente:

Se   la   corrente   che   fluisce   nell'interfaccia   biofisica   è   costante,   si   può giungere qualitativamente al medesimo risultato integrando gli impulsi del segnale pilota. Gli impulsi in A e in B hanno la medesima frequenza, ma il duty cycle è diverso per cui il campo magnetico di A appare più intenso di B, essendo minore il valore efficace di quest'ultimo.Gli utilizzatori di queste magnetoterapie a bassa frequenza, non si devono stupire   se  a   frequenza   costante  non   avvertono   differenze   al   presunto variare dell'intensità  del  campo magnetico,  poiché  nell'indotto  biologico gli impulsi A e B hanno identiche proprietà terapeutiche.Non   è   casuale   che   le   formule   riportate   in   questo   testo,   relative all'induzione   elettromagnetica   in   ambito   biologico,   sono   tutte rappresentate in forma differenziale.La magnetoterapia di Figura 3. è nota per la sua bassa idoneità terapeutica, poiché le semionde sinusoidali a 50 o 100 Hz hanno un tempo di salita estremamente   lento,  ma   purtroppo   si   deve   anche   rammentare   la frequente   raccomandazione   empirica   che   tutte   le   magnetoterapie dovrebbero avere un segnale pilota ad onda quadra,  ritenendo l'onda quadra valida in quanto tale (nel suo insieme).

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Il permanere dell'ovvietà di queste false nozioni non giova a nessuno:ai medici, ai progettisti di magnetoterapie e soprattutto a coloro che leusano.L'energia   che   viene   immagazzinata   nell'induttanza   L   è   notoriamente espressa dalla seguente equazione:

E V =12

Li2

Se  il   solenoide  è   cilindrico  e   se   la   sua   lunghezza  è  molto  minore  del diametro, meno della metà del flusso si concatena con l'indotto biologico, quindi si ha una notevole dispersione dell'energia accumulata, poiché solo in   piccola   parte   viene   ceduta   ai   tessuti   (vedi   articolo:  “L'induzione elettromagnetica in ambito biologico”).In base a quanto esposto, risulta ancora una volta evidente che l'energia generata dalle interfacce biofisiche delle magnetoterapie a bassa frequenza non si deve valutare in funzione dell'intensità del campo magnetico statico, ma in base alla sua variazione nel tempo, vale a dire che il dato cruciale ed oggettivo   è   il   valore   della  f.e.m  indotta   in   prossimità   dell'interfaccia biofisica   e   a   distanza   crescente   (vedi   articolo:  “Modalità   di  somministrazione dei campi elettromagnetici pulsati (CMP)”.

La configurazione di Figura 5. ( c ) è quella che consente di produrre i migliori   effetti     terapeutici   tramite   le   magnetoterapie   a   bassa frequenza.La corrente impulsiva che fluisce nell'interfaccia biofisica (L) può essere elevatissima (anche centinaia di Ampere) ed è regolabile in continuità al 

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solo variare della tensione di carica del condensatore C (es.: 10μF) di tipo antinduttivo e con alta   tensione di  lavoro che viene caricato tramite un particolare alimentatore a tensione variabile  con escursione da 200 V ad oltre 5.000 V (energia della scarica: da 0,2 a 125 Joule, ma non è difficile raggiungere e superare i 1.000 J).Terminata la carica del condensatore, l'SCR (diodo controllato) passa in conduzione in modo subitaneo, mediante un singolo impulso positivo di breve durata (circa 100 microsecondi).

La fotografia oscilloscopica di Figura 6. ritrae la curva della f.e.m indotta in   una   singola   spira   dalla   variazione   di   flusso   del   campo   magnetico prodotto da un solenoide campione soggetto a scarica capacitiva.

Detto solenoide è in grado di generare importanti effetti terapeutici.

Fig. 6. – Solenoide campione: scarica capacitiva ­ durata 1,7 ms – frequenza 20 Hz ­L = 1,86 mH – R = 0,62 ohm – energia della scarica 0,147 J ­ nucleo di ferrite – diametro solenoide 42 mm – filo di rame smaltato diametro 1 mm ­ (foto dell'autore)

La formula che consente di calcolare l'energia (in Joule) ottenibile dalla scarica di un condensatore è simile a quella dell'induttore: 

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E=12

CV 2

C è la capacità (espressa in Farad) e V è la tensione (in volt).Se l'energia della scarica del condensatore è molto alta (decina o centinaia di Joule) per cui la frequenza massima può essere dell'ordine di qualche impulso al secondo (ci vuole più tempo per caricare il condensatore), in tal caso l'SCR può essere sostituito da un interruttore elettromeccanico. Questa apparecchiatura ha il difetto di essere rumorosa e ingombrante, ma sul piano terapeutico i vantaggi superano i difetti (vedi articolo: “Principi  costruttivi delle magnetoterapie a bassa frequenza (VLF – ULF)”).Ad   ogni   scarica   del   condensatore,   le   singole   spire,   che   sono   gli elettromagneti elementari, per autoinduzione si attraggono l'una con l'altra (effetto   magnetostrittivo);   detto   fenomeno   è   avvertibile   acusticamente come   un   tichettio   più   o   meno   sonoro   che   dipende   dall'intensità   della corrente che fluisce nell'interfaccia biofisica (L).

Questo   tipo   di   magnetoterapia,   in   modo   peculiare,   origina   un   intenso dolore  evocato  (vedi  articolo:  “Il  campo magnetico   in  azione  –  Effetti  soggettivi”).

Si può affermare che una magnetoterapia a bassa frequenza non deve generare unicamente deboli campi magnetici, ma può e deve generare un ampio spettro di rapide variazioni  di flusso associato a deboli  o intensi   o   intensissimi   campi   magnetici  (vedi   articolo:  “Il   campo magnetico in azione – Effetti oggettivi”).

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AMPLIFICATORI DI IMPULSI A BASSA FREQUENZA BIFASICI  E  SIMMETRICI

Gli amplificatori di impulsi bifasici simmetrici non sembrano in grado di migliorare  l'efficacia  terapeutica delle precedenti  configurazioni,  ma per averne   l'assoluta   certezza   è   necessaria   una   lunga   ed   esauriente sperimentazione che attualmente (nel 2008) ancora non esiste.Un probabile   fenomeno di  un  certo   interesse  è   la  possibilità   teorica  di ritardare o di ridurre l'evocazione del dolore.

Fig. 7. – Amplificatori bifasici simmetrici: L = interfaccia biofisica.      A) Amplificatore detto “a ponte” con alimentazione singola.      B) Amplificatore con alimentazione duale.

In Figura 7. in A è rappresentata la configurazione detta  “a ponte”  con alimentazione singola, mentre in B è osservabile un identico amplificatore, ma con alimentazione duale. In ambedue gli schemi, RV rappresenta una generica   resistenza  variabile  che   indica  esclusivamente   la  possibilità   di regolare   la   corrente   che   circola   nell'interfaccia   biofisica,   mediante   un reostato o un generatore di corrente costante.

Gli   amplificatori   bifasici   simmetrici   sono   anche   in   grado   di   produrre qualunque forma d'onda tipica degli amplificatori della classe precedente, descritti   in   Figura   7.(a)   (b)   e   a   bassa   frequenza   hanno   le   medesime limitazioni.

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Fig. 8. – ( A ) Impulsi bifasi simmetrici senza ritardo.       ( B ) Impulsi bifasici simmetrici con ritardo.

Nel segnale pilota si possono includere dei ritardi temporali tra cicli e/o tra semicicli (Figura 8.) e l'aumento della variabilità  dello stimolo potrebbe manifestarsi con ulteriori proprietà terapeutiche, ma tutte da dimostrare.La   configurazione   di   Figura   7.(B)   consente   di   operare   fino   ad   alcune centinaia   di   kHz   e   ciò   può   far   confluire   in   un   unico   apparecchio   le proprietà singolari delle magnetoterapie a bassa frequenza insieme a quelle di più ampia portata tipica delle magnetoterapie ad alta frequenza.Dal punto di vista costruttivo questa classe di magnetoterapie è l'unica in cui è giustificabile l'applicazione di programmi informatici di processo e di controllo. E' prevedibile una molteplicità  di controlli manuali che richiede l'uso di contenitori   ingombranti   il   cui   pannello   appare   ricco   di   simboli   e/o   di riferimenti   fisici  mediati   da   abbreviazioni,   per   cui   l'utente   inesperto  di elettronica, di magnetoterapia e di medicina, non è in grado di interagire con la macchina. Non da ultimo, come previsto nella definizione dell'idoneità terapeutica di una generica magnetoterapia, a causa dell'ampia gamma di frequenze e di potenze erogabili, queste magnetoterapie necessitano di tipologie diverse di   interfacce biofisiche da applicare  di  volta   in  volta,   in funzione della frequenza del segnale pilota e dall'energia generata dal modulo di potenza.

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Configurazioni elettronichedelle magnetoterapie ad alta frequenza

Al   pari   delle   magnetoterapie   a   bassa   frequenza,   anche   quelle   ad   alta frequenza sono classificabili in due classi o tipi.

1. Amplificatori di impulsi di campo magnetico ad alta frequenza.

2. Amplificatori di impulsi di campo magnetico ed elettrico e di onde elettromagnetiche ad alta frequenza.

Riguardo alla seconda classe nel prosieguo si comprenderà il motivo della suddetta articolata enunciazione.

Le magnetoterapie ad alta frequenza di classe 1 e 2, sono le uniche apparecchiature elettroniche che in assoluto svolgono una vastissima e profonda azione terapeutica. L'origine della loro grande efficienza è probabilmente   insita   nella   dimensione   quantistica     nella   quale operano. 

I principi fisici che sono alla base del loro funzionamento dimostrano la veridicità   di   quanto   precedentemente   esposto   in   merito   all'origine dell'interazione tra campi magnetici e le strutture viventi.

Contrariamente agli  oscillatori  di bassa frequenza,  tutti  gli  oscillatori  di alta   frequenza   non   sono   in   grado   di   produrre   autentiche  onde   quadre, erogano infatti onde sinusoidali o quasi sinusoidali, in cui il tempo di salita è decisamente esiguo, al massimo è dell'ordine di qualche nanosecondo; dunque,   questa   è   la   prova   definitiva   che,   anche   in   ambito   biologico, l'induzione elettromagnetica segue la legge di Faraday – Neumann – Lenz.Le   configurazioni   elettroniche   di   ambedue   le   classi   generano   onde bifasiche asimmetriche.

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AMPLIFICATORI DI IMPULSI DI CAMPO MAGNETICOAD ALTA FREQUENZA

Le magnetoterapie che generano impulsi di campo magnetico ad alta frequenza   sono   totipotenti,   possedendo   una   intrinseca   e   completa capacità   di   guarire   e,   se   costruite   ad   arte,   sono   dotate   di   grande idoneità terapeutica.

Fig. 9. –  Configurazioni dei moduli di potenza degli amplificatori di campo          magnetico ad alta frequenza. L = interfaccia biofisica ­         Lb = induttanza di blocco – C = condensatore – Q = transistor

Al pari delle configurazioni delle magnetoterapie a bassa frequenza anche quelle   operanti   ad   alta   frequenza,   sul   piano   elettronico   sono   definite single­ended  in  quanto   tutte   le   tensioni   fanno   riferimento   ad  un  punto comune che è la massa del circuito.In  Figura  9.   sono   rappresentate   le   configurazioni   in  grado  di  generare campi magnetici ad alta frequenza e questi circuiti non si devono in alcun modo   banalizzare   poiché   il   loro   scopo   non   è   quello   di   svolgere   un convenzionale  “lavoro   elettronico”,   ma   un  “lavoro   biofisico”  in   cui, come   già   premesso,   è   indispensabile   fare   riferimento   alla   presenza dell'indotto biologico ed è per questo motivo che il solenoide che genera il campo magnetico viene sempre definito: “interfaccia biofisica”. L'assoluta semplicità della configurazione (a) deriva dalla semplificazione della configurazione (b) ed ambedue nascondono una certa criticità nella fase di taratura della magnetoterapia.

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All'atto della stesura di questo articolo (febbraio 2008) non pare che in commercio esistano magnetoterapie ad alta frequenza che adottano questa configurazione   (a),   ma   l'autore   da   circa   quindici   anni   ne   sperimenta continuamente l'eccellente idoneità terapeutica.Negli anni Ottanta del secolo scorso apparvero le prime magnetoterapie ad alta   frequenza   che   erano   afflitte   dalla   carenza   del   tutto   evidente   di adeguata   sperimentazione,   quindi   di   nozioni   biofisiche;   in   compenso abbondavano quelle puramente elettroniche, ma farcite di luoghi comuni.Le  ovvietà  che   ispiravano   la   costruzione   delle   magnetoterapie   ad   alta frequenza sono contenute nell'elenco delle seguenti affermazioni:

1. Le onde elettromagnetiche sono la causa di tutti gli effetti terapeutici.2. Le frequenze più alte possiedono le migliori doti farmacologiche.3. Le frequenze armoniche svolgono un ruolo fondamentale e maggiore 

è la loro estensione, maggiore è l'efficacia della magnetoterapia.4. Per   aumentare   le   armoniche   il   segnale   pilota   deve   assolutamente 

essere con sweep (variazione rapida e continua della frequenza) a cui erano associati dei “programmi terapeutici”.

5. La logica conseguenza dei precedenti luoghi comuni era la ricerca di particolari interfacce biofisiche in forma di sofisticate, ma utopistiche antenne aperiodiche. 

6. Le   magnetoterapie   devono   sempre   sviluppare   piccole   potenze elettriche; ne consegue l'installazione di batterie ricaricabili  (anche per altre ragioni).

7. La   magnetoterapia   si   può   usare   solo   per   un'ora   al   giorno (installazione di timer).

Le   precedenti   affermazioni   sono   tutte   incentrate   sulle   azioni   note   o presunte   delle   onde   elettromagnetiche   in   genere   e   in   particolare   delle altissime frequenze, ma del tutto assenti nella dimensione farmacologica della magnetoterapia. La logica conseguenza fu che, svanendo il solenoide, l'interfaccia biofisica fu convertita in una vera e propria antenna.A questo punto il lettore potrà chiedersi se le magnetoterapie costruite in base ai suddetti principi funzionassero veramente e la risposta può essere solo metaforica: “funzionavano senza pretese, similmente all'avanzare di un'automobile col freno a mano tirato”.  Solo coloro che hanno provato 

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anche le magnetoterapie che adottano la configurazione (a) sanno quanto sia vera questa metafora.Attualmente   esiste   la   tendenza   a   sostituire   le   magnetoterapie   ad   alta frequenza (costruite in base alle specifiche sopra elencate) con quelle a bassa   frequenza   che,   generando   più   intense   correnti   ioniche   indotte, certamente appaiono dotate di maggiore idoneità terapeutica.Si deve anche sottolineare che le magnetoterapie a bassa frequenza hanno una buona compatibilità elettromagnetica. 

L'autore, per oltre un decennio ha preso in seria considerazione le suddette affermazioni (vedi oltre), ma ad una ad una le ha messe alla prova dei fatti e i risultati sono riassunti nel seguente elenco:

1. I campi magnetici impulsivi sono la causa prima di tutti gli effetti terapeutici,   includendo   anche   quelli   indotti   dal   solo   campo elettrico.

2. Le   frequenze   più   basse   (onde   lunghe   e   media   frequenza) possiedono   le   migliori   doti   farmacologiche  (la   loro   lunghezza d'onda consente unicamente l'interazione di campo).

3. Le   frequenze   fondamentali   svolgono   il   principale   ruolo terapeutico.

4. Il   segnale   pilota   può   essere   indifferentemente   con   sweep (variazione   rapida   e   continua   della   frequenza)   o   a   frequenza costante   e,   per   evidenziare   eventuali   differenze,   si   richiede   il ricorso al doppio cieco. I  “programmi   terapeutici”  sono   privi   di   significato   poiché   la costanza   dello   stimolo   a   bassa   frequenza,   produce   più   effetti terapeutici rispetto alla sua variazione.

5. Il solenoide è l'unica interfaccia biofisica valida.6. Gli  apparecchi  per  magnetoterapia  devono  sviluppare   tutte   le 

potenze  elettriche   in  grado  di  produrre   tutti   i  possibili   effetti terapeutici,   come   previsto   nella   definizione   dell'idoneità terapeutica di un apparecchio per magnetoterapia.

7. La magnetoterapia si deve effettuare per ore (minimo cinque) e senza soluzione di continuo, ma esistono delle eccezioni.

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I   campi   magnetici   in   modo   fisico   svolgono   un   ruolo farmacologico simile a quello prodotto da sostanze chimiche, ma non   esistono   i   fenomeni   della   tolleranza   e   dell'assuefazione; inoltre, i campi magnetici ad alta frequenza interagiscono con i farmaci (nascita della magnetofarmacologia).

8. Non da ultimo, i campi magnetici utilizzati nelle magnetoterapie sia a bassa sia ad alta frequenza, non dimostrano avere effetti nocivi a breve e a lungo termine.I campi magnetici la cui intensità è associata a rapide variazioni di flusso e idonei per la terapia degli stati infiammatori, all'inizio del   processo   terapeutico   generano   effetti   soggettivi   che disturbano   il   malato   (dolore   evocato).   Il   significato   di   tale fenomenologia è autonomo ed è nettamente distinto da quello di aggravamento.

Gli autori, in articoli appositamente dedicati, illustrano in modo scientifico quanto esposto nel precedente elenco.

Si procede con la descrizione del funzionamento di una magnetoterapia ad alta frequenza la cui configurazione è quella di Figura 9.(a).

Il   segnale  pilota  viene  “confezionato”  a  partire  da  un'onda  quadra  con frequenza, variabile manualmente, da 28 / 30 Hz a 640 Hz in cui il periodo attivo (alto) è costante con durata da 160 a 200 s.μ

Quest'ultimo viene “riempito” o dalla frequenza di risonanza (vedi oltre) o da un particolare spettro continuo di frequenze (sweep); in ambedue i casi questa operazione si identifica con la taratura della magnetoterapia.

In   Figura   10.   si   possono   osservare   14  burst  (“esplosioni”  o   meglio “pacchetti di impulsi”) del segnale pilota alla frequenza di 640 Hz.

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Fig. 10. –  Segnale pilota (640 Hz) di magnetoterapia ad alta frequenza. (Foto dell'autore) 

 Fig. 11. – Burst del segnale pilota (640 Hz) di magnetoterapia ad alta frequenza           (Foto dell'autore). 

Fig. 12. –  Burst del segnale pilota di magnetoterapia ad alta frequenza prima            della taratura.   Impulso attivo (160 microsecondi) con sweep.            Le onde quasi sinusoidali risultano squadrate.      (Foto dell'autore)

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Fig. 13. –  Interfaccia biofisica (solenoide) in risonanza 300 kHz.   Burst dopo taratura.     Campo magnetico indotto, ottenuto tramite sonda magnetica. Si evidenzia la   asimmetria e la forma a campana di ogni burst (specialmente in alto).                           (Foto dell'autore)                                                                            

Le Figure 11. e 12. mostrano il segnale pilota antecedente la taratura finale di una magnetoterapia ad alta frequenza di prima classe.La  Figura  13.   documenta   l'inviluppo  prodotto   dallo  sweep  del   segnale pilota in coincidenza con la risonanza propria dell'interfaccia biofisica.Al fine di promuovere l'induzione elettromagnetica nell'indotto biologico e per   ridurre   la   produzione  di   calore   da  parte   dell'elemento   attivo   Q,   il solenoide deve essere costruito con un elevato fattore di qualità.  Qualora   si   utilizzassero   esclusivamente  burst  alla   frequenza  propria   di risonanza   dell'interfaccia   biofisica,   gli   inviluppi   asimmetrici   non   si discostano  da quelli   (monofasici)  visibili   in  Figura  11.,  ma aumenta   la necessità di dissipare il calore prodotto da Q.Nel caso delle magnetoterapie operanti  in alta frequenza e dal punto di vista puramente elettronico, nel circuito elettrico il solenoide comprende anche il relativo cavo di connessione al generatore, per cui la frequenza di risonanza  va   ricercata   col   cavo  definitivamente   connesso  all'interfaccia biofisica.   L'unico   vantaggio   dell'uso   di   un   segnale   pilota   con  sweep consiste   nel   fatto   che,   qualora   si   verifichi   un  piccolo   spostamento  del valore  dell'induttanza  dell'interfaccia  biofisica,  quest'ultima  è   sempre   in grado di  entrare  in risonanza.  Alcuni utenti  delle magnetoterapie  hanno un'innata capacità  di maltrattare le interfacce biofisiche,  per cui devono 

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essere costruite in modo estremamente solido anche per evitare variazioni significative del valore dell'induttanza.

Similmente ai solenoidi soggetti a scarica capacitiva, anche quelli in alta frequenza   mostrano   in   modo   meno   evidente   l'effetto   magnetostrittivo; avvicinando la bobina all'orecchio si ode distintamente un ronzio od un sibilo alla frequenza del segnale pilota e l'utilità consiste nella possibilità di controllare in modo empirico la buona efficienza della magnetoterapia.

Le interfacce biofisiche generano un indotto biologico la cui dimensione dipende   dalla   superficie   del   solenoide   e   dall'espansione   tra   i   poli   del campo  magnetico  utile   ai   fini  biologici   che  per  ora  ha  una  profondità massima utile di 150 mm. 

Le magnetoterapie ad alta frequenza di prima classe hanno un'accettabile compatibilità   elettromagnetica,   non   esistendo   le   condizioni   elettriche necessarie   per   trasformare   un   apparecchio   per   magnetoterapia   in   un rudimentale   trasmettitore  di   impulsi  ad alta  frequenza.  Le armoniche  si propagano  per  un   raggio  di   alcuni  metri  dalla   sorgente  e  con  intensità rapidamente decrescente (del tutto prevedibile).

La   prima   configurazione   (a)   funziona   a   frequenza   variabile,   ma   una variante a frequenza fissa è rappresentata nella figura seguente: 

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L'interfaccia  biofisica  è  costituita  da un circuito  accordato  oscillante   in parallelo composto da L e C che oscilla alla frequenza di commutazione di Q1.  In questo caso il campo magnetico generato da L è simmetrico e ciò riduce o annulla del tutto il fenomeno dell'evocazione del dolore.  Anche  la  configurazione  (b)   (circuito  accordato oscillante   in  serie)  può oscillare a frequenza fissa o in modo aperiodico a frequenza variabile. 

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 AMPLIFICATORI DI IMPULSIDI CAMPO MAGNETICO ED ELETTRICO

E DI ONDE ELETTROMAGNETICHEAD ALTA FREQUENZA

Fig. 14. –  Configurazioni frutto della personale ricerca dell'autore.     Lb = induttanza di blocco – C = condensatore piano ­           L = solenoide avvolto sul condensatore piano ­.                       ei = elettrodo indifferente

Dai primordi della ricerca e per oltre un decennio, l'autore credette che in ambito biologico l'unica interazione biofisica ad ampio spettro terapeutico fosse attuabile  unicamente mediante le onde elettromagnetiche.Cercò  di migliorare la limitata idoneità   terapeutica degli apparecchi per magnetoterapia   ad   alta   frequenza   che,   come   interfaccia   biofisica, adottavano un'antenna aperiodica.Inizialmente sperimentò numerose forme di antenne accorciate e risonanti sulle frequenze di 15 ­ 20 e 27 Mhz, mantenendo rigorosamente costante la potenza erogabile, ma con risultati terapeutici deludenti.La   logica   della   ricerca   imponeva   l'uso   di   misuratori   di   campo elettromagnetico, ma ben presto divennero inutili; infatti, non si trattava di trasmettere   nello   spazio   delle   onde   elettromagnetiche,   vale   a   dire   di operare in campo lontano, ma nemmeno di operare in campo vicino, bensì direttamente a contatto con i tessuti biologici .Il mondo dei radioamatori sovrabbonda di persone dotate di grande spirito 

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di osservazione unita a grande abnegazione ed è storica oltre che granitica usanza condividere a tutti i livelli la miriade di esperienze che scaturiscono dall'uso   professionale   di   impianti   ricetrasmittenti   specialmente   se autocostruiti.  Risultava   strano  che  nessuno  avesse  comunicato  di   avere migliorato   o   peggiorato   la   propria   salute   a   causa   delle   onde elettromagnetiche anche dopo anni di esposizione e questa osservazione contribuì non poco a modificare l'ottica indagativa dell'autore.

Durante   lo   studio   di   fattibilità   riguardante   il   possibile   uso   biofisico dell'antenna EH, essendo l'unica antenna (rigorosamente monobanda)  in grado  di   operare   in   campo  prossimo  o  vicino,   la   cui   struttura   suggerì all'autore   l'idea   di   stravolgere   totalmente   il   percorso   di   ricerca   di   una idonea interfaccia biofisica.L'antenna EH è formata da un condensatore le cui armature sono di forma conica   o   cilindrica,   normalmente   disposte   a   dipolo   e   da  uno   o   più induttori  che hanno lo scopo di mettere in fase il campo elettrico  E  col campo magnetico H all'interno del condensatore e per adattare l'impedenza verso  l'apparato ricetrasmittente.  A dirlo sembra facilissimo,  ma farlo è veramente molto difficile.

Dopo questa doverosa premessa, chiunque è in grado di comprendere che prima   di   cimentarsi   nella   titanica   impresa   di   costruire   un'antenna assimilabile   ad   una  “protesi   biofisica”  che   in   opera   costituisce   un “insieme   biofisico”,  a   titolo   sperimentale  ci   si   può   approssimare   al concetto   insiemistico   semplicemente  “dimenticando”  di   soddisfare   una delle condizioni basilari del teorema di Poynting che consiste nel mettere in fase il campo elettrico E col campo magnetico H.Qualora l'interfaccia biofisica,  che si  osserva in Figura 14.(a) e (b), fosse   costruita   con   normali   componenti   elettronici   e/o   se   fosse considerata come antenna, non avrebbe nessun significato sia elettrico che biofisico.Il condensatore C è piano e ogni armatura in origine ha un'area di 189 cm2

la  capacità  viene  portata  a  circa  1000 pF  togliendo  parte  dei   lati  delle armature   (per   i   dettagli   consultare:  Principi   costruttivi   delle  

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magnetoterapie ad alta frequenza); quindi, sul condensatore, si avvolgono con molta cura alcune spire isolate con inizio in un'armatra e fine nell'altra e successivamente, con idonea apparecchiatura, si misura la frequenza di risonanza:

f=1

2πLC

e il relativo campo di risonanza ( Δν) in regime sinusoidale e soprattutto in   regime   non   sinusoidale,   poiché  il   circuito   risonante   in   oggetto costituisce un'applicazione molto diversa rispetto a quello normalmente in uso nei ricevitori o negli oscillatori. La frequenza di risonanza può essere “bassa”, al limite tra le onde lunghe e la media frequenza 400 ­ 500 kHz oppure “alta” tra 2,5 e 5 MHz. Il solenoide è piatto o leggermente ellittico e,   non   essendo   cilindrico,   sarebbe   dispersivo   cercare   di   calcolarne l'induttanza, per cui l'unico modo certo per conoscere le sue caratteristiche elettriche è la misura diretta.

Lo   studio   sistematico   delle   proprietà   terapeutiche   della   suddetta interfaccia   biofisica,   ha   permesso   di   comprendere   alcune   regole fondamentali che sono alla base della pratica della magnetoterapia che sinteticamente   sono   già   state   elencate   in   questo   testo   e   che   hanno consentito di perfezionare l'idoneità terapeutica degli apparecchi per magnetoterapia.

Dopo questa lunga, ma già illuminante premessa, segue la descrizione del funzionamento di un apparecchio per magnetoterapia che genera  burst di campi magnetici ed elettrici ed onde elettromagnetiche.Le   interfacce   biofisiche   degli   apparecchi   per   magnetoterapia   ad   alta frequenza di seconda classe possono funzionare nei modi già descritti per la prima classe: burst alla frequenza di risonanza oppure con sweep (vedi oltre).  Procedendo per gradi, si suppone di operare con la configurazione di Figura 14.(a) in uno dei due modi previsti, ma senza usare il circuito risonante come interfaccia biofisica.Avvicinando l'orecchio al solenoide, ma senza toccarlo, si ode lievemente 

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il sibilo prodotto dall'effetto magnetostrittivo, ma il circuito, non essendo chiuso verso massa, in teoria non dovrebbe funzionare. La spiegazione del fenomeno è rappresentata nella seguente illustrazione.

Non è visibile, ma esiste una capacità distribuita (più genericamente detta: parassita) verso massa il cui valore non è mai minore di 220 pF.Nel secolo scorso era diffusa consuetudine l'autocostruzione di apparecchi radio ricetrasmittenti e coloro che vi si cimentavano conoscevano molto bene il cosiddetto  “effetto mano”  che impediva una corretta sintonia dei più elementari apparecchi riceventi. Il fenomeno, normalmente visto solo come   inutile   e   disturbante,   è   di   fondamentale   importanza   per   il   buon funzionamento di antenne ricetrasmittenti, sistemi di allarme, accumulo di cariche elettrostatiche nell'ambiente e di altre applicazioni pratiche.Lo   schema   seguente   rappresenta   il   circuito   nella   realtà,   dove   Cd   è   la capacità distribuita.

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Alla frequenza di 500 kHz la capacità distribuita ha una reattanza di circa 1.445 ohm, per cui  la corrente che fluisce nel circuito LC è  di qualche decina  di  mA,   ma   quando   l'interfaccia   biofisica   viene   posta   in   intimo contatto   con   l'utente   (anche   sopra   ai   vestiti),   la   capacità   distribuita aumenta,   quindi   la   sua   reattanza   capacitiva   diminuisce   e   la   corrente aumenta   bruscamente   e,   per   effetto   magnetostrittivo,   aumenta notevolmente anche l'intensità acustica del sibilo.In   pratica,   la   configurazione   di   Figura   14.(a)   dimostra   un'accettabile idoneità   terapeutica   di   gran   lunga   migliore   delle   antenne   aperiodiche. Nella   figura   sottostante   il   circuito   risonante  LC si   chiude  verso  massa tramite i tessuti biologici, rappresentati dal parallelo Cp ed R, a loro volta in serie con la capacità distribuita Cd.

Dopo  la  scoperta  dell'efficacia  del  circuito  appena descritto,   l'autore  ha trascorso   molto   tempo   nella   ricerca   delle   dimensioni   elettriche   e geometriche   ottimali   da   conferire   all'interfaccia   biofisica   in   funzione degli effetti terapeutici.

Il successivo perfezionamento fu la soppressione della capacità distribuita mediante   l'uso   di   un   elettrodo   indifferente   (ei)   che   va   posto  a   diretto contatto con la cute  al fine di eliminare l'armatura del condensatore che collega Cd a CpR.

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La soppressione della capacità distribuita consente di esprimere in ambito biologico tutti gli effetti biofisici ottenibili dalla potenza elettrica erogata dal circuito elettronico e ceduta all'interfaccia biofisica.In altri termini,  la particolare configurazione dell'interfaccia biofisica determina un perfetto accordo con l'impedenza propria delle strutture biologiche che vengono  interessate  sia  dal  campo magnetico sia  dal campo elettrico.  Quest'ultimo attraversa obbligatoriamente   i   tessuti biologici,   producendo   gli   effetti   terapeutici   che   gli   competono   in funzione della sua frequenza ed intensità.

La suddetta definizione è anche il prologo dell'ultimo, ma fondamentale argomento  di  carattere  elettrico   inerente   la  configurazione   in  oggetto  e riguarda  anche  il  modo articolato  con cui  è   stato  enunciato   il   titolo  di questo capitolo.

L'interfaccia biofisica è dotata di un perfetto isolamento galvanico, per cui l'unico “contatto” elettrico possibile con le strutture biologiche è tramite le linee di campo elettrico che si espandono in modo circolare nello spazio circostante a partire da una delle armature del condensatore piano che è sempre prossimo ai tessuti biologici.

Si supponga di operare con burst alla frequenza di risonanza.

Quando il condensatore si carica, il campo elettrico periferico induce una corrente   elettrica   nei   tessuti   (spostamento   di   ioni   o   corrente   di spostamento) e, tramite l'elettrodo indifferente, il circuito si chiude verso massa.

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Il   volume   corporeo   interessato   dal   campo   elettrico   è   ampio   e profondo.Quando   il   condensatore   si   scarica   nel   solenoide,   il   relativo   campo magnetico   anch'esso   periferico   all'induttore,   si   concatena   con   i   tessuti sottostanti, generando nell'indotto biologico una nuova corrente ionica, ma con diversa intensità e con direzione perpendicolare alla prima.Il volume corporeo interessato dal campo magnetico è spostato sulla superficie e l'area è circa quella dell'interfaccia biofisica (200 cm2).I campi, magnetico ed elettrico sono differiti nel tempo, mentre nelle onde elettromagnetiche   sono   isocroni   e   perfettamente   in   fase   è   quindi giustificata la dizione:  “Amplificatori di impulsi di campo magnetico ed elettrico ...”.

Ora, si supponga di operare nel secondo modo previsto, vale a dire con sweep.  E'   necessario   sottolineare   che   sul   piano   elettronico   questa condizione   è   caratterizzata   da   una   maggiore   stabilità   rispetto   alla precedente.In   sede   di   taratura   si   fa   partire   l'oscillatore   ad   una   frequenza   subito precedente il campo di risonanza in regime non sinusoidale.Il   circuito   LC   completa   rapidamente   il   proprio   ciclo   di   risonanza   e, all'aumentare della frequenza, la reattanza induttiva cresce, mentre quella capacitiva  diminuisce,   per   cui   il   campo   elettrico   e   la   relativa   corrente ionica   di   spostamento   (che   aumenta)   si   incuneano   profondamente   nei tessuti sottostanti.Esiste  una certa parentela  tra la  configurazione di  Figura 4.  e quella di Figura 14.(b); lo studio delle configurazioni elettroniche per elettroterapia illumina il  percorso di ricerca del perfezionamento degli apparecchi per magnetoterapia.

Le   seguenti   fotografie  di   tracce  oscilloscopiche,  ottenute  mediante  una singola  spira non schermata,  mostrano il  corteo dei cicli   indotti,  prima magnetici poi elettrici che sono inclusi in ogni singolo burst con sweep e conseguenti al processo di taratura, il cui scopo è quello di fare coincidere l'inizio   del   burst   con   una   frequenza   prossima   alla   risonanza   della interfaccia biofisica.

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Fig. 15. – Inviluppo bipolare simmetrico. Frequenza 640 Hz  –             Ampiezza 0,1 V div ­                    (Foto dell'autore)

Fig. 16. – Ingrandimento della traccia precedente – A sinistra dei burst si osserva il campo magnetico con risonanza a circa 2 Mhz, e a destra il campo elettrico la cui escursione di frequenza termina a circa 5 MHz  ­ Ampiezza 50 mV div ­                                     (Foto dell'autore)

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Fig. 17. – Ingrandimento di un singolo burst  – A sinistra si osserva il campo magnetico e a destra il campo elettrico. Ampiezza 50 mV div –  Base tempi 20  s div              (Foto dell'autore)μ

Fig. 18. – Ulteriore ingrandimento di un singolo burst  – A sinistra si osserva il campo magnetico e a destra il campo elettrico. Ampiezza 20 mV div –  Base tempi 20  s div                (Foto dell'autore)μ

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Le   magnetoterapie   che   adottano   il   circuito   risonante   come   interfaccia biofisica   hanno   come  “effetto   collaterale”  la   produzione   di   onde elettromagnetiche,   quindi   dimostrano   una   pessima   compatibilità elettromagnetica;   infatti   sono  in  grado di   interferire  con  le   trasmissioni radio (AM ­ FM) e televisive fino al primo canale RAI e, a breve distanza dalla sorgente, la bassa frequenza del segnale pilota è udibile nel telefono fisso e nel citofono.

Dalla   suddetta   descrizione   e   dalla   documentazione   fotografica,   risulta evidente   che   quest'ultima   configurazione   genera   un   campo   elettrico dominante   che,   essendo   per   eccellenza   depolarizzante   è   causa   di   un intenso   dolore   evocato,   unitamente   all'effetto   eccitomotore   che   si manifesta sia in ambito nervoso che muscolare. Questa configurazione è utile per i grandi obesi, poiché il campo elettrico si diffonde e penetra in profondità nella massa corporea.

La   ricerca   non   è   terminata;   sono   possibili   applicazioni   in   campo diagnostico unitamente ad altre decisamente sorprendenti,  ma ancora  in corso di studio.

BIBLIOGRAFIA

Paul A. Tipler – Corso di Fisica – volume II,  Zanichelli, 2000

R. Touchet – Cours d'electronique – DipÔles et quadripÔles ­ Masson & Cie, 1970

Articolo pubblicato il, 11 marzo 2008Aggiornato ..............., 12 maggio 2008Aggiunta   delle   fotografie   delle   tracce   oscilloscopiche   di   una   magnetoterapia   di   alta frequenza di classe 2.Aggiornato ................, 20 maggio 2008L'articolo è preceduto da un Riassunto.Aggiornato ................, 01 marzo 2009Aggiunto disegno di interfaccia biofisica risonante a pagina 32.

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