Una definizione - Documento senza titolo · origine costituzionale» presente nella definizione...

12

Transcript of Una definizione - Documento senza titolo · origine costituzionale» presente nella definizione...

G. REID LYON, S.E. SHAYWITZ E B.A. SHAYWITZ – Una definizione di dislessia

265

G. Reid Lyon, Sally E. Shaywitz e Bennett A. Shaywitz

Questo articolo elabora gli aspetti di una definizione operativa di Dislessia Evolutiva. Esso segue il formato generale di un articolo di Lyon pubblicato su «Annals of Dyslexia» nel 1995, che rielaborava una definizione operativa propo-sta nel 1994 (Lyon, 1995). La definizione corrente su cui si è accordato il gruppo di lavoro aggiorna ed estende la definizione del 1994.1

Definizione del 2003

La dislessia è una disabilità specifica dell’apprendimento di origine neurobiologica. Essa è caratterizzata dalla difficoltà a effettuare una lettura accurata e/o fluente e da scar-se abilità nella scrittura e nella decodifica. Queste difficoltà derivano tipicamente da un deficit nella componente fonologica del linguaggio, che è spesso inattesa in rapporto alle altre abilità cognitive e alla garanzia di un’adeguata istruzione scolastica. Conseguenze secondarie possono includere i problemi di comprensione nella lettura e una ridotta pratica della lettura, che può impedire la crescita del vocabolario e della conoscenza generale.

Definizione operativa del 1994

La Dislessia è una delle numerose disabilità dell’apprendimento. È un disturbo speci-fico su base linguistica di origine costituzionale, caratterizzato da difficoltà nella decodifica

Una definizionedi dislessia

Vol. 1, n. 3, ottobre 2004 (pp. 265-275)Edizioni Erickson – Trento

1 In aggiunta agli autori, i membri del gruppo di lavoro dell’International Dyslexia Association includevano Susan Brady, Hugh Catts, Emerson Dickman, Guinevere Eden, Jack Fletcher, Jeffrey Ginger, Robin Morris, Harley Tomey e Thomas Viall.

o r

d e

e t m n ii n a e t

l i e cl a r c r a

Vol. 1, n. 3, ottobre 2004

266

odi singole parole, che di solito riflette un’insufficiente elaborazione fonologica. Queste difficoltà nella decodifica di singole parole sono spesso inattese in rapporto all’età e ad altre abilità cognitive e scolastiche; esse non derivano da una disabilità evolutiva generalizzata o da una menomazione sensoriale. La dislessia si manifesta con una difficoltà variabile in diverse forme di abilità linguistica, includendo spesso, in aggiunta ai problemi con la lettura, un problema cospicuo nell’acquisizione dell’efficienza nella scrittura.

La dislessia è una disabilità specifica dell’apprendimento…

La frase di apertura identifica la dislessia come una disabilità specifica dell’appren-dimento, in contrasto al termine più generale disabilità di apprendimento (DA). Sebbene la categoria generale delle DA comprenda un’ampia gamma di disturbi nell’espressione e nella comprensione orale, nella lettura, nella scrittura e nella matematica (USOE, 1977), continuiamo a raccomandare (Fletcher et al., 2002; Lyon, 1995) che questo ambito inter-rompa l’uso del termine generico disabilità di apprendimento nel trattare delle disabilità di lettura, e parli invece di disabilità specifiche definite in termini di domini coerenti e operativi. Da una prospettiva epidemiologica, le disabilità di lettura riguardano almeno l’80% della popolazione con DA e, quindi, costituiscono il tipo più prevalente di DA (Lerner, 1989; Lyon, 1995).

Come osservato in precedenza (Lyon, 1995), è anche importante riconoscere che molti soggetti con dislessia presentano deficit co-occorrenti o in comorbilità in altre aree cognitive e scolastiche come l’attenzione (Shankweiler et al., 1995; B.A. Shaywitz, Fletcher e S.E. Shaywitz, 1994), la matematica (Fletcher e Loveland, 1986), e/o la scrittura (Lindamood, 1986; Moats, 1994). Queste osservazioni di comorbilità non tolgono nulla alla definizione operativa di specificità della dislessia qui proposta, dato che le caratteristiche cognitive dei deficit nell’attenzione e nella matematica sono abbastanza diverse dalle caratteristiche cognitive associate ai deficit nelle abilità basilari di lettura (Lyon, 1995; Lyon, Fletcher e Barnes, 2003).

… di origine neurobiologica

Questa frase riconosce i grandi progressi nella comprensione delle basi neurali della dislessia negli otto anni successivi alla precedente definizione e va ben oltre la frase «di origine costituzionale» presente nella definizione del 1994. L’origine neurobiologica del-la dislessia era sospettata già oltre un secolo fa. Così, già nel lontano 1891, il neurologo francese Dejerine (Dejerine, 1891) suggerì che una parte della regione posteriore sinistra del cervello svolgesse un ruolo critico nella lettura. A partire da Dejerine, una vasta mole di dati sull’inabilità acquisita di leggere (Alessia) ha descritto le lesioni neuroanatomiche principalmente localizzate nell’area parieto-temporale (inclusi il giro angolare, il giro so-pramarginale e le porzioni posteriori del giro temporale superiore) come le regioni critiche nella «mappatura» del percetto visivo della parola scritta nella sua struttura fonologica (Damasio e Damasio, 1983; Friedman, Ween e Albert, 1993; Geschwind, 1965). Dejerine

G. REID LYON, S.E. SHAYWITZ E B.A. SHAYWITZ – Una definizione di dislessia

267

o(1892) descrisse anche un’altra regione posteriore del cervello — questa più ventrale nel-l’area occipito-temporale — come critica per la lettura. Nell’era moderna, varie indagini neurobiologiche condotte su campioni di cervello analizzati post mortem (Galaburda et al., 1985), con la morfometria cerebrale (Brown et al., 2001; Eliez et al., 2000; Filipek, 1996), e con la Risonanza Magnetica (MRI) (Klingberg et al., 2000) sostengono l’ipotesi che vi siano differenze nelle regioni temporo-parieto-occipitali del cervello tra soggetti disles-sici e normolettori. Forse, la prova più convincente di una base biologica della dislessia proviene dai dati convergenti e ora preponderanti delle indagini con le neuroimmagini funzionali. Superando i limiti dell’esame autoptico post-mortem del cervello o quelli della misurazione delle dimensioni delle regioni cerebrali con indici morfometrici statici, le neuroimmagini funzionali offrono la possibilità di esaminare il funzionamento cerebrale durante l’esecuzione di un compito cognitivo. In linea di principio, le neuroimmagini funzionali sono abbastanza semplici. Quando a un individuo viene richiesto di eseguire un compito cognitivo identificabile, quel compito pone richieste di elaborazione a parti-colari sistemi neurali del cervello. Per soddisfare le richieste, è necessaria l’attivazione di sistemi neurali in specifiche regioni cerebrali, e i cambiamenti nell’attività neurale possono essere misurati da tecniche come la risonanza magnetica funzionale (fMRI) e la magnetoencefalografia (MEG). Dato che l’fMRI e la MEG sono tecniche sicure e non invasive, possono essere usate ripetutamente, proprietà che le rendono ideali specialmente nello studio dei bambini.

Diverse indagini neurobiologiche condotte da scienziati in varie parti del mondo hanno documentato l’alterazione dei sistemi neurali dedicati alla lettura nella dislessia trasversal-mente alle diverse lingue e culture. Evidenze convergenti ottenute con le neuroimmagini funzionali in lettori adulti dislessici mostrano il mancato funzionamento delle parti posteriori dell’emisfero sinistro durante la lettura (Brunswick et al., 1999; Helenius et al., 1999; Horwitz, Rumsey e Donohue, 1998; Paulesu et al., 2001; Rumsey et al., 1992; 1997; Salmelin et al., 1996; Shaywitz et al., 2003; Shaywitz et al., 1998; Simos et al., 2000), allo stesso modo che in compiti di elaborazione visiva non di lettura (Demb, Boynton e Heeger, 1998; Eden et al., 1996). Anche i sistemi anteriori, specialmente quelli riguardanti le regioni attorno al giro frontale inferiore, sono stati coinvolti nella lettura, sia in studi di pazienti con lesioni cerebrali (Benson, 1977), sia in studi di neuroimmagini (Brunswick et al., 1999; Corina et al., 2001; Georgiewa et al., 1999; Gross-Glenn et al., 1991; Paulesu et al., 1996; Rumsey et al., 1997; Shaywitz et al., 1998). Queste evidenze neurobiologiche di disfunzioni nei circuiti posteriori della lettura dell’emisfero sinistro sono già presenti in bambini dislessici e non possono essere semplicemente ascritte a una vita di lettura scadente (Seki et al., 2001; B.A. Shaywitz et al., 2002; Simos et al., 2000; Temple et al., 2001).

Questi dati consentono ai neuroscienziati e ai clinici di utilizzare un modello di lavoro dei sistemi neurali per la lettura basato sul lavoro storico di Dejerine e sulla più moderna teoria di Gordon Logan. Logan (1988; 1997) ha proposto due sistemi critici per lo sviluppo di una elaborazione automatica ed efficiente. Uno riguarda l’analisi della parola, che opera su unità discrete della parola come i fonemi, e richiede risorse attentive e una processazione relativamente lenta. Il secondo sistema che opera sulla parola come entità globale è un sistema automatico e obbligatorio che non richiede attenzione ed elabora l’informazione

Vol. 1, n. 3, ottobre 2004

268

omolto rapidamente. Prove convergenti derivanti da diversi filoni di ricerca (vedi sopra) indicano che il sistema di analisi della parola ipotizzato da Logan è localizzato nella re-gione parieto-temporale, mentre il sistema automatico, a elaborazione rapida, è localizzato nell’area occipito-temporale, che funziona come un’area per la forma visiva delle parole (Cohen et al., 2000; 2002; Dehaene et al., 2002; 2001; McCandliss, Cohen e Dehaene, 2003; Moore e Price, 1999). L’area della forma visiva delle parole sembra rispondere preferenzialmente a stimoli presentati rapidamente (Price, Moore e Frackowiak, 1996) ed è impegnata anche quando la parola non è stata percepita coscientemente (Dehaene et al., 2001). È questo sistema occipito-temporale che sembra predominare quando il lettore è diventato esperto, e ha collegato assieme, integrandoli, gli aspetti ortografici, fonologici e semantici della parola.

La dislessia è caratterizzata da difficoltà a effettuare una lettura accurata e fluente e da difficoltà nella scrittura e nella decodifica

Questa frase sostituisce la definizione del 1994 che si riferiva semplicemente a «dif-ficoltà nella decodifica di parole singole». La nuova definizione estende questo concetto, riferendosi specificamente a difficoltà nel riconoscimento accurato delle parole (identifica-zione di parole reali) e alle abilità di decodifica (pronuncia di non-parole). Essa riconosce anche una scadente abilità ortografica di scrittura come caratteristica della dislessia.

La componente ortografica della scrittura è intimamente legata alla lettura non solo perché i suoni sono collegati alle lettere, ma anche perché le parole vengono codificate — let-teralmente messe in codice anziché essere soltanto decifrate o decodificate. (S. Shaywitz, 2003, p. 191)

Forse il cambiamento più importante in questa parte della definizione è il riconosci-mento che ciò che caratterizza le persone dislessiche, particolarmente gli adolescenti e gli adulti, è l’incapacità di leggere in modo fluente. La fluenza è la capacità di leggere un testo rapidamente, accuratamente e con un buon livello di comprensione (Report of National Reading Panel, 2000; Wolf, Bowers e Biddle, 2001) e costituisce il segno distintivo del lettore abile.

I dati indicano che i lettori affetti da dislessia possono migliorare, con lo sviluppo, l’accuratezza nella lettura delle parole, ma la loro lettura rimane disfluente e ciò risulta in una lettura lenta e faticosa (Lefly e Pennington, 1991; S. Shaywitz, 2003).

Le difficoltà ravvisabili nei soggetti dislessici derivano tipicamente da un deficit nella componente fonologica del linguaggio…

Anche se sono state proposte teorie sulla dislessia basate sul sistema visivo (Stein e Walsh, 1997) e altri fattori come la processazione temporale degli stimoli entro questo sistema (Talcott et al., 2000; Tallal, 2000), vi è ormai un forte consenso tra gli studiosi in questo campo che la difficoltà centrale alla dislessia è il riflesso di un deficit entro il sistema

G. REID LYON, S.E. SHAYWITZ E B.A. SHAYWITZ – Una definizione di dislessia

269

olinguistico (vedi Ramus et al., 2003, per una rassegna aggiornata delle teorie della dislessia). I ricercatori sanno da tempo che il linguaggio consente a chi lo usa di creare un numero pressoché indefinito di parole, combinando e permutando un piccolo numero di segmenti fonologici, le consonanti e le vocali, che sono i costituenti naturali della specializzazione biologica per il linguaggio. La trascrizione alfabetica (cioè, la lettura) consegna la stessa abilità ai lettori, ma solo se essi connettono i suoi caratteri arbitrari (le lettere) ai segmenti fonologici che esse rappresentano. Stabilire questa connessione richiede la consapevolezza che tutte le parole possono essere scomposte in segmenti fonologici. È questa consapevolez-za che consente al lettore di connettere le stringhe di lettere (l’ortografia) alle corrispondenti unità linguistiche (i costituenti fonologici) che esse rappresentano. La consapevolezza che tutte le parole possono essere scomposte nei loro elementi linguistici basilari (i fonemi) consente al lettore di decifrare il codice della lettura. Per leggere, un bambino deve scoprire che le parole nella loro forma verbale possono essere divise in fonemi e che le lettere di una parola scritta rappresentano questi suoni. Come hanno dimostrato numerosi studi, co-munque, questa consapevolezza è largamente assente nei bambini e negli adulti dislessici (Bruck, 1992; Fletcher et al., 1994; Liberman e Shankweiler, 1991). I risultati condotti su popolazioni ampie e ben studiate con disabilità di lettura confermano che, in bambini delle prime classi elementari (Fletcher et al., 1994; Stanovich e Siegel, 1994) come anche negli adolescenti (S.E. Shaywitz et al., 1999), un deficit nel sistema fonologico costituisce il correlato più stabile e specifico (Morris et al., 1998) della disabilità di lettura. Questi risultati formano la base degli interventi rieducativi più promettenti e basati sull’evidenza (Report of the National Reading Panel, 2000).

… Che è spesso inattesa in rapporto ad altre abilità cognitive e alla garanzia di un’adeguata istruzione scolastica

Questa affermazione ha provocato una grande quantità di discussioni all’interno del comi-tato. Da una parte, il comitato riconosceva che la nozione di difficoltà inattesa nell’apprendimento della lettura è basilare in quasi tutte le definizioni di dislessia, inclusa quella del 1995 (Lyon, 1995; Orton, 1937). D’altra parte, conservando il concetto di insuccesso inatteso, il comitato non voleva abbracciare l’idea che il deficit fondamentale nella decodifica e nel riconoscimento delle parole dovesse essere significativamente peggiore del QI, come è specificato nelle tipiche formule di discrepanza. Infatti, c’è un consenso emergente tra i ricercatori e tra i clinici che la dipendenza dalla discrepanza tra QI e successo nella lettura per la diagnosi di dislessia sia sopravvissuta alla sua utilità (S. Shaywitz, 2003, p. 137). I dati suggeriscono, piuttosto, che il divario inatteso dovrebbe essere valutato attraverso il confronto dell’età di lettura con l’età cronologica e/o comparando l’abilità di lettura al livello educativo e al livello professionale raggiunto (ibidem, p. 133). La principale preoccupazione derivante dall’affidarsi alle formule di discrepanza è che esse provocano troppo spesso un ritardo nell’identificazione del problema di lettura, e questo ritardo nell’identificazione provoca un ritardo nell’intraprendere un efficace insegnamento della lettura. Rimandiamo il lettore a Fletcher et al. (2002) e a Lyon et al. (2003) per una discussione più dettagliata di questo punto.

Vol. 1, n. 3, ottobre 2004

270

oLa novità in questa parte della definizione è il concetto che il bambino necessita di

un’istruzione scolastica efficace. Documentare la storia scolastica del bambino e l’inse-gnamento che ha ricevuto è fondamentale per comprendere la natura delle difficoltà di lettura osservate. Per esempio, molti bambini a rischio di fallimento nell’acquisizione della lettura provengono da ambienti svantaggiati in cui un’educazione precoce di buona qualità ed esperienze prescolastiche sono meno garantite. Quindi, frequentemente, essi iniziano la scolarizzazione formale senza molte delle abilità linguistiche essenziali e di altri prerequisiti della lettura (cioè, la sensibilità fonologica, il vocabolario e la consa-pevolezza della scrittura), che sono critici per un efficiente sviluppo della lettura. Se l’insegnamento della lettura che viene fornito al bambino in classe non tiene conto della mancanza di queste abilità prerequisite e non viene adeguato per insegnarle, tipicamente si va incontro a un insuccesso nell’acquisizione della lettura (Lyon et al., 2001). D’altra parte, vari studi recenti (vedi Torgesen, 2000, per una rassegna) hanno mostrato come molti bambini, identificati a rischio per un insuccesso nella lettura nell’ultimo anno di scuola dell’infanzia o in prima elementare, a cui veniva fornita un’istruzione adeguata, riuscivano a sviluppare buone abilità iniziali di lettura. Infatti, Torgesen (2000) ha ripor-tato che interventi precoci efficaci riuscivano a ridurre l’incidenza attesa di insuccessi nell’acquisizione della lettura dal 18% della popolazione scolastica a una percentuale compresa tra l’1,4% e il 5,4%.

Ma gli studi sull’intervento precoce riassunti da Torgesen (2000) indicavano chiara-mente che nessuno dei programmi di intervento era altrettanto efficace per tutti i bambini a rischio studiati, anche quando venivano trattati intensivamente da insegnanti qualificati. Nel discutere di questi risultati in seno al comitato, è emerso un consenso relativamente al fatto che il ruolo della storia educativa deve essere preso in seria considerazione. Spe-cificamente, la mancanza di risposta a un’istruzione fondata su basi scientifiche è uno dei fattori che differenziano i deficit di lettura severi e intrattabili dagli insuccessi di lettura derivanti da un’istruzione inadeguata. Pertanto, la definizione di dislessia evolutiva e l’identificazione di soggetti dislessici dovrebbe prendere in esame e valutare la qualità della risposta a una valida istruzione.

Le conseguenze secondarie possono includere problemi di com-prensione in lettura e una ridotta pratica della lettura che può impedire la crescita del vocabolario e della conoscenza generale

L’aggiunta di questa frase porta alle conseguenze negative delle difficoltà fonolo-giche. Questo aspetto è critico perché tutti comprendano quanto le difficoltà fonologiche conducano a problemi di accuratezza e fluenza, che a loro volta possono portare a pro-blemi nello sviluppo del vocabolario e nell’acquisizione di conoscenze generali. Nel loro insieme, esse possono influire sulla lettura e sulla comprensione del testo. È importante che ciò sia affermato in modo esplicito, per mettere a tacere l’argomento che l’accuratezza e la fluenza nel riconoscimento delle parole scritte «non costituiscono una vera lettura». Inoltre, l’inclusione di questi effetti negativi sul vocabolario e sulle conoscenze generali

G. REID LYON, S.E. SHAYWITZ E B.A. SHAYWITZ – Una definizione di dislessia

271

ofornisce un modello causale che aiuta a mettere a punto una valutazione più complessiva del problema di lettura, che comprende la consapevolezza fonologica, il principio alfabetico, l’accuratezza, la fluenza e il vocabolario.

Considerazioni conclusive

Dalla definizione operativa iniziale di dislessia pubblicata dal nostro comitato nel 1995, si sono accumulate sostanziali e convergenti evidenze circa l’epidemiologia, il corso evolutivo, la neurobiologia e le caratteristiche cognitivo-linguistiche della dislessia. Allo stesso modo, dal 1995, la nostra comprensione della dislessia è stata influenzata da numerosi studi sull’intervento e la rieducazione che, attualmente, offrono l’opportunità di integrare le informazioni sulla natura e l’ampiezza della risposta all’insegnamento nelle nostre teo-rie correnti della dislessia evolutiva. La definizione proposta nel 2003, discussa in questo articolo, riflette la nostra considerazione per la natura dinamica della ricerca scientifica e della sua utilità nell’estendere la nostra comprensione della dislessia. Abbiamo rivisto la definizione operativa del 1995 sulla base delle attuali evidenze convergenti circa l’acqui-sizione, le disabilità e l’insegnamento della lettura. Ma il nostro compito non è concluso... La nostra comprensione della dislessia è ancora in corso e continuerà a esserlo in futuro. Sicuramente, nei prossimi cinque anni, la nostra capacità di portare nuove e migliorate metodologie di ricerca nello studio della dislessia garantirà l’acquisizione di nuove cono-scenze che avranno l’effetto di apportare nuove modifiche alla definizione. La costante è che sia questa che le nuove definizioni riflettono il meglio che la scienza ci offre.

TITOLO ORIGINALE

Defining Dyslexia, Comorbidity, Teachers’ Knowledge of Language and Reading: A definition of Dyslexia. Tratto da «Annals of Dyslexia», vol. 53, 2003, pp. 1-14. © 2003 The International Dyslexia Association. Pubblicato con il permesso dell’editore. Traduzione italiana di Enrico Savelli.

G. REID LYON, National Institute of Child Health and Human Development, National Institutes of Health, Bethesda, Maryland.

SALLY E. SHAYWITZ E BENNETT A. SHAYWITZ, Yale University School of Medicine, New Haven, Con-necticut.

Bibliografia

Benson, D. (1977). The third alexia. Arc-him of Neurology, 34, 327-331.Brown, W. E., Eliez, S., Menon, V., Rumsey, J. M., White, C. D., & Reiss, A. L. (2001). Preliminary eviden-

ce of widespread morphological variations of the brain in dyslexia. Neurology, 56(6), 781-783.

Vol. 1, n. 3, ottobre 2004

272

oBruck, M. (1992). Persistence of dyslexics’ phonological awareness deficits. Developmental Psycho-

logy, 28, 874-886.Brunswick, N., McCrory, E., Price, C. J., Frith, C. D., & Frith, U. (1999). Explicit and implicit pro-

cessing of words and pseudowords by adult developmental dyslexics: A search for Wernicke’s Wortschatz? Brain, 122, 1901-1917.

Cohen, L., Dehaene, S., Naccache, L., Lehéricy, S., Debaene-Lambertz, G., Hénaff, M.-A., & Michel, F. (2000). The visual word form, area: Spatial and temporal characterization of an initial stage of reading in normal subjects and posterior split-brain patients. Brain, 123, 291-307.

Cohen, L., Lehéricy, S., Chochon, F., Lemer, C., Rivaud, S., & Dehaene, S. (2002). Language-specific tu-ning of visual cortex? Functional properties of the visual word form area. Brain, 125, 1054-1069.

Corina, D., Richards, T., Serafini, S., Richards, A., Steury, K., Abbott, R., et al. (2001). fMRI auditory language differences between dyslexic and able reading children. NeuroReport, 12, 1195-1201.

Damasio, A. R., & Damasio, H. (1983). The anatomic basis of pure alexia. Neurology, 33, 1573-1583.

Dehaene, S., Le Clec’H, G., Poling, J., Le Bihan, D., & Cohen, L. (2002). The visual word form area: A prelexical, representation of visual words in the fusiform, gyrus. NeuroReport, 13, 1-5.

Dehaene, S., Naccache, L., Cohen, L., Le Bihan, D., Mangin, J., Poline, J., et al. (2001). Cerebral mechanisms of word masking and unconscious repetition priming. Nature Neuroscience, 4, 752-758.

Dejerine, J. (1891). Sur un cas de cécité verbale avec agraphie, suivi d’autopsie. Société du Biologie, 43, 197-201.

Dejerine, J. (1892). Contribution a l’etude anatomo-pathologique et clinique des differentes varietes de cécité verbale. Memoires de la Societe de Biologie, 4, 61-90.

Demb, J., Boynton, G., & Heeger, D. (1998). Functional magnetic resonance imaging of early visual pathways in dyslexia. Journal of Neuroscience, 18, 6939-6951.

Eden, G. F., VahMeter, J. W., Rumsey, J. M., Maisog J. M., Woods, R. P., & Zeffiro, T. A. (1996). Abnormal processing of visual, motion in dyslexia revealed by functional brain imaging. Na-ture, 382, 66-69.

Eliez, S., Rumsey, J. M., Giedd, J. N., Schmitt, J. E., Patwardhan, A. J., & Reiss, A. L. (2000). Morphological alteration of temporal lobe gray matter in dyslexia: An MR1 study. Journal of Child Psycholology and Psychiatry, 41(5), 637-644.

Filipek, P. (1996). Structural variations in measures in the developmental disorders. In R. Thatcher, G. Lyon, J. Rumsey, & N. Krasnegor (Eds.), Developmental neuroimaging: Mapping the de-velopment of brain and behavior (pp. 169-186). San Diego, CA: Academic Press.

Fletcher, J. M., & Loveland, K. (1986). Neuropsychology of arithmetic disabilities in children. Focus on Leaming Problems in Mathematics, 8, 23-40.

Fletcher, J. M., Lyon, G. R., Barnes, M., Steubing, K. K., Francis, D. J., Olson, R. K., et al. (2002). Classification of learning disabilities: An evidence-based evaluation. In R. R. Bradley, L. Da-nielson, & D. Hallahan (Eds.). Identification of learning disabilities: Research to practice (pp. 185-250). Mahwah, NJ: Lawrence Erlbaum Associates.

Fletcher, J. M., Shaywitz, S. E., Shankweiler, D. P., Katz, L., Liberman, I. Y., Stuebing, K. K., Francis, D. J., Fowler, A. E., & Shaywitz, B. A. (1994). Cognitive profiles of reading disa-bility: Comparisons of discrepancy and low achievement definitions. Journal of Educational Psychology, 86, 6-23.

Friedman, R. F., Ween, J. E., & Albert, M. L. (1993). Alexia. In K. M. Heilman & E. Valenstein (Eds.). Clinical neuropsychology Ord (3rd ed., pp. 37-62). New York: Oxford University Press.

G. REID LYON, S.E. SHAYWITZ E B.A. SHAYWITZ – Una definizione di dislessia

273

oGalaburda, A. M., Sherman, G. F., Rosen, G. D., Aboitiz, F., & Geschwind, N. (1985). Develop-

mental dyslexia: Four consecutive patients with cortical anomalies. Annals of Neurology, 18(2), 222-233.

Georgiewa, P., Rzanny, R., Hopf, J., Knab, R., Glauche, V., Kaiser, W., et al. (1999). fMRI during word processing in dyslexic and normal reading dffldren. NeuroReport, 10, 3459-3465.

Geschwind, N. (1965). Disconnection syndromes in animals and man. Brain, 88, 237-294.Gross-Glenn, K., Duara, R., Barker, W. W., Loewenstein, D., Cliang, J.-Y., Yoshii, F., et al. (1991).

Positron emission tomographic studies during serial word-reading by normal and dyslexic adults. Journal of Clinical and Experimental Neuropsychology, 13(4), 531-544.

Helenius, P., Tarkiainen, A., Cornelissen, P., Hansen, P. C., & Salmelin, R. (1999). Dissociation of normal feature analysis and deficient processing of letter-strings in dyslexic adults. Cerebral Cortex, 4, 476-483.

Horwitz, B., Rumsey, J. M., & Donohue, B. C. (1998). Functional connectivity of the angular gyrus in normal reading and dyslexia. Proceedings of the National Academy of Sciences, USA, 95, 8939-8944.

Klingberg, T., Hedehus, M., Temple, E., Salz, T., Gabrieli, J., Moseley, M., et al. (2000). Micro-structure of temporo-parietal white matter as a basis for reading ability: Evidence from diffusion tensor magnetic resonance imaging. Neuron, 25, 493-500.

Lefly, D. L, & Pennington, B. F. (1991). Spelling errors and reading fluency in compensated adult dyslexics. Annals of Dyslexia, 41, 143-162.

Lerner, J. (1989). Educational interventions in learning disabilities. Journal of the American Academy of Child and Adolescent Psychiatry, 28, 326-331.

Liberman, I. Y., & Shankweiler, D. (1991). Phonology and the beginning reader. A tutorial. In L. Rieben & C. A. Perfetti (Eds.). Learning to read: Basic research and its implications (pp. 24-42). Hillsdale, NJ: Lawrence Erlbaum Associates.

Lindamood, P. (1994). Issues in researching the link between phonological awareness, learning disabilities, and spelling. In G. R. Lyon (Ed.). Frames of reference for the assessment of lear-ning disabilities: New views on measurement issues (pp. 351-373). Baltimore: Paul H. Brookes Publishing Company.

Logan, G. (1988). Toward an instance theory of automatization. Psychological Review, 95, 492-527.

Logan, G. (1997). Automaticity and reading: Perspectives from the instance theory of automatization. Reading and Writing Quarterly: Overcoming Learning Disabilities, 13, 123-146.

Lyon, G. R. (1995). Toward a definition of dyslexia. Annals of Dyslexia, 45, 3-27.Lyon, G. R., Fletcher, J. M., & Barnes, M. C. (2003). Learning disabilities. In E. J. Mash & R. A.

Barkley (Eds.). Child psychopathology (2nd ed., pp. 520-586). New York: Guilford Press.Lyon, G. R., Fletcher, J. M., Shaywitz, S. E., Shaywitz, B. A., Torgeser, J. K., Wood, F. B.,

Schulte, A., & Olson, R. K. (2001). Rethinking learning disabilities. In C. E. Finn, Jr., R. A. J. Rotherham & C. R. Hokanson, Jr. (Eds.). Rethinking special education for a new century (pp. 259-287). Washington, DC: Thomas B. Fordham Foundation and Progressive Policy Institute.

McCandliss, B., Cohen, L., e Dehaene, S. (2003).The visual word from area: Expertise in reading in the fusiform gyrus. Trends in Cognitive Sciences, 7(7), 293-299.

Moats, L. (1994). Issues in researching the link between phonological awareness, learning disabi-lities, and spelling. In G. R. Lyon (Ed.). Frames of reference for the assessment of learning disabilities: New views on measurement issues (pp. 333-349). Baltimore: Paul H. Brookes Publishing Company.

Vol. 1, n. 3, ottobre 2004

274

oMoore, C. J., & Price, C. J. (1999). Three distinct ventral occiptotemporal regions for reading and

object naming. NeuroImage, 10, 181-192.Morris, L. D., Stuebing, K. K., Fletcher, J. M., Shaywitz, S. E., Lyon, G. R., Shankweiler, D. P.,

Katz, L., Francis, D. J., & Shaywitz, B. A. (1998). Subtypes of reading disability: Variability around a phonological core. Journal of Educational Psychology, 90, 347-373.

Orton, S. (1937). Reading, writing, and speech problems in children: A presentation of certain types of disorders in the development of the language faculty. New York: W.W. Norton.

Paulesu, E., Démonet, J.-F., Fazio, F., McCrory, E., Chanoine, V., Brunswick, N., Cappa, S.F., Cossu, G, Habib, M., Frith, C. D., & Frith, U. (2001). Dyslexia: Cultural diversity and biology unity. Science, 291, 2165-2167.

Paulesu, E., Frith, U., Snowling M., Gallagher, A., Morton, J., Frackowiak, R. S. J., & Frith, C. D. (1996). Is developmental dyslexia a disconnection syndrome? Evidence from PET scanning. Brain, 119, 143-157.

Price, C., Moore, C., & Frachowiak, R. S. J. (1996). The effect of varying stimulus rate and duration on brain activity during reading. NeuroImage, 30(1), 40-52.

Ramus, F., Rosim, S., Dakin, S., Day, B., Castellote, J., White, S., & Frith, U. (2003). Theories of developmental dyslexia: Insights from a multiple case study of dyslexic adults. Brain, 126, 841-865.

Report of the National Reading Panel (2000). Teaching children to read: An evidence based assessment of the scientific research literature on reading and its implications for reading instruction (Vol. NIH Pub. No. 00-4754): Washington, DC: U.S. Department of Health and Human Services. Public Health Service, National Institutes of Health, National Institute of Child Health and Human Development.

Rumsey, J. M., Andreason, P., Zametkin, A. J., Aquino, T., King, C., Hamburber, S. D., et al. (1992). Failure to activate the left temporoparietal cortex in dyslexia. Archives of Neurology, 49, 527-534.

Rumsey, J. M., Nace, K., Donohue, B., Wise, D., Maisog, J. M., & Andreason, P. (1997). A posi-tron emission tomographic study of impaired word recognition and phonological processing in dyslexic men. Archives of Neurology, 54, 562-573.

Salmelin, R., Service, E., Kiesila, P., Uutela, K., & Salonen, O. (1996). Impaired visual word proces-sing in dyslexia revealed with magnetoencephalography. Annals of Neurology, 40, 157-162.

Seki, A., Koeda, T., Sugihara, S., Kamba, M., Hirata, Y., Ogawa, T., & Takeshita, K. (2001). A functional magnetic resonance imaging study during sentence reading in Japanese dyslexic children. Brain & Development, 23, 312-316.

Shankweiler, D., Crain, S., Katz, L., Fowler, A. E., Liberman, A. M., Brady, S. A., Thornton, R., Lundquist, E., Dreyer, L., Fletcher, J. M., Stuebing, K. K., Shaywitz, S. E., & Shaywitz, P. A. (1995). Cognitive profiles of reading-disabled children: Comparison of language skills in phonology, morphology, and syntax. Psychological Science, 6, 149-156.

Shaywitz, B. A., Fletcher, J. M., & Shaywitz, S. E. (1994). A conceptual framework for learning disabilities and attention-deficit hyperactivity disorder. Canadian Journal of Special Education, 9(3),1-32.

Shaywitz, B. A., Shaywitz, S. E., Pugh, K. R., Mend, W. E., Fulbright, R. K., Skudlarski, P., Con-stable, K. T., Marchione, K. E, Fletcher, J. M., Lyon, G. R., & Gore, J. C. (2002). Disruption of posterior brain systems for reading in children with developmental dyslexia. Biological Psychiatry, 52, 101-110.

Shaywitz, S. (2003). Overcoming dyslexia: A new and complete, science-based program for reading problem at any level. New York: Alfired A. Knopf.

G. REID LYON, S.E. SHAYWITZ E B.A. SHAYWITZ – Una definizione di dislessia

275

oShaywitz, S. E., Fletcher, J. M., Holahan, J. M., Shneider, A. E., Marchione, K. E., Stuebing K. K.,

Francis, D. J., Pugh, K. R., & Shaywitz, B. A. (1999). Persistence of dyslexia: The Connecticut longitudinal study at adolescence. Pediatrics, 104, 1351-1359.

Shaywitz, S. E., Shaywitz, B. A., Fulbright, R. K., Skudlarski, P., Mencl, W. E., Constable, R. T., Pugh, K. R., Holahan, J. M., Marchione, K. E., Fletcher, J. M., Lyon, G. R., & Gore, J. C. (2003). Neural systems for compensation and persistence: Young adult outcome of childhood reading disability. Biological Psychiatry, 54, 25-33.

Shaywitz, S. E., Shaywitz, B. A., Pugh, K. R., Fulbright, R. K., Constable, R. T., Mencl, W. E., Shankweiler, D. P., Liberman, A. M., Skudlarski, P., Fletcher, J. M., Katz, L., Marchione, K. E., Lacadie, C., Gatenby, C, & Gore, J. C. (1998). Functional disruption in the organization of the brain for reading in dyslexia. Proceedings of the National Academy of Sciences, USA, 95, 2636-2641.

Simos, P., Breier, J., Fletcher, J., Bergman, E., & Papanicolaou, A. (2000). Cerebral mechanisms involved in word reading in dyslexic children: A magnetic source imaging approach. Cerebral Cortex, 10, 809-816.

Stanovich, K. E., & Siegel, L. S. (1994). Phenotypic performance profile of children with reading disabilities: A regression-based test of the phonological-core variable difference model. Journal of Educational Psychology, 86(1), 24-53.

Stein, J., & Walsh, V. (1997). To see but not to read: The magnocellular theory of dyslexia. Trends in Neurosciences, 20(4), 147-152.

Talcott, J. B., Witton, C., McLean, M. F., Hansen, P. C., Rees, A., Green, G. G. R., & Stein, J. F. (2000). Dynamic sensory sensitivity and children’s word decoding skills. Proceedings of the National Academy of Sciences, USA, 97, 2952-2957.

Tallal, P. (2000). The science of literacy: From the laboratory to the classroom. Proceedings of the National Academy of Sciences, USA, 97, 2402-2404.

Temple, E., Poldrack, R. A., Salidas, J., Deutsch, G. K., Tallal, P., Merzenich, M. M., & Gabrieli, J. D. (2001). Disrupted neural responses to phonological and orthographic processing in dyslexic children: An fMRI study. NeuroReport, 12, 299-307.

Torgesen, J. K. (2000). Individual differences in response to early interventions in reading: The lin-gering problem of treatment resisters. Learning Disabilities Research & Practice, 1, 55-64.

U.S. Office of Education (USOE) (1977). Definition and criteria for defining students as learning disabled. Washington, DC: U.S. Government Printing Office.

Wolf, M., Bowers, P. G., & Biddle, K. (2001). Naming speed processes, timing, and reading: A conceptual review. Journal of Learning Disabilities, 33, 387-407.