UN VIAGGIO PER LE STRADE DELLA FELICITA’ · Era bella la novità … Era bella l’attesa …...

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Casa Circondariale di Montorio VR - Sezione Maschile CORSO INTERCULTURA APRILE - MAGGIO 2016 UN VIAGGIO PER LE STRADE DELLA FELICITA’ RACCONTI E INCONTRI TRA CULTURE DIVERSE Associazione “LA FRATERNITÀ” Via A. Provolo, 28 - 37123 Verona casella postale 62 VR Tel/Fax 045-800.49.60 www.lafraternita.it - [email protected]

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Casa Circondariale di Montorio VR - Sezione Maschile

CORSO INTERCULTURA

APRILE - MAGGIO 2016

UN VIAGGIO PER LE STRADE DELLA FELICITA’

RACCONTI E INCONTRI TRA CULTURE DIVERSE

Associazione “LA FRATERNITÀ” Via A. Provolo, 28 - 37123 Verona

casella postale 62 VR Tel/Fax 045-800.49.60

www.lafraternita.it - [email protected]

HANNO PARTECIPATO:

Abdelaaziz Mohamed Adriatik Mohammed Daniele Tony

Erdit Eros Fabio Giuseppe

Iyobosa Maurizio Kenneth Paola Silvana Simona

GLI INCONTRI:

Momenti di felicità che ho vissuto (5 aprile 2016)

Momenti di felicità in famiglia (12 aprile 2016)

Cosa mi piace di me e cosa non mi piace (19 aprile 2016)

Fiducia è (26 aprile 2016)

Incontro con due classi (3 maggio 2016)

Ponti e non muri (10 maggio 2016)

Perdono e fiducia (17 maggio 2016)

Oltre i muri (24 maggio 2016)

5° INCONTRO (5.04.16)

Oggi si uniscono al gruppo Mohamed, Mohammed e Abdelaaziz che sono originari del Marocco. È ritornato

anche Vasile, che viene dalla Romania. Facciamo un giro di presentazioni. Ciascuno racconta un po’ di sé e

della sua storia.

EROS poi ci parla dei sentimenti provati nei primi quattro incontri del gruppo: “Sono stati utili e belli. È stato

piacevole incontrare le persone, spesso molto diverse fra loro, scambiarsi in libertà, senza formalità, i

vissuti. Ci sono state diverse aperture, ciascuno ha fatto dei cambiamenti. Ho visto cambiare anche i

volontari … Sono stati belli i confronti fra le varie esperienze”.

Si distribuiscono le schede in cui ciascuno, pescando nei suoi ricordi, può scrivere qualcosa dei momenti

felici della propria vita, da bambino, da ragazzo, da giovane …

Quando

finiva la

scuola e

andavo

a giocare

(Fabio)

Quando ricevevo

un regalo

(Daniele)

La nascita del

mio fratellino …

(Mohamed)

Una vacanza in

Marocco con

tutta la famiglia

È bella la grande

famiglia come c’è

lì …

(Mohammed)

Quando andavo

al mercato con

mio nonno

(Giuseppe)

Quando, malgrado la guerra,

sentivo un sentimento di

sicurezza nello stare con i

miei familiari

(Silvana)

Quando

finalmente è

arrivata una bici

tutta per me …

… poi ho dovuto

condividerla con

mio fratello …

e sono nati dei

litigi …

(Abdelaaziz)

Era bello

durante

le

vacanze

andare

con i miei

a fare

mercato

sul Lago

di Garda

(Eros)

Mi piaceva l’inizio della

scuola …

Mi piaceva imparare e

incontrare i compagni

(Vasile) Durante le feste

di Natale

quando

arrivavano i

vestiti nuovi …

Era bella la

novità …

Era bella

l’attesa …

(Kenneth)

Sono nato di

domenica, per questo

la vita mi piace

sempre …

Sono sempre felice!

(Iyobosa)

Ero felice quando

stavo con la mia

famiglia … (Armin)

Quando giocavo

a calcio

(Adriatik)

Scriviamo tutto sul tabellone,

ciascuno spiega, racconta,

aggiunge particolari …

… e cerchiamo

di fare un po’ di sintesi:

I momenti di felicità

che abbiamo ricordato

sono spesso legati a

Alla fine Silvana distribuisce

a ciascuno un foglietto per

continuare da soli

il lavoro iniziato

la vita in famiglia

non esser da soli

stare con gli altri

in condizioni di uguaglianza

6° INCONTRO (12.04.16)

Partiamo dalla conclusione dell’ultimo incontro:

I momenti di felicità che abbiamo ricordato sono spesso legati

alla vita in famiglia, al non esser da soli, allo stare con gli altri in condizioni di uguaglianza …

Si riflette sul “consumismo” oggi dilagante e sull’importanza di amare le persone e non le cose …

Ciascuno mostra il lavoro

che ha fatto durante la settimana:

IYOBOSA

ha portato il disegno di due stambecchi in

un paesaggio di montagna, che gli ha

ricordato il paesaggio della sua terra.

Nella sua terra di origine gli artigiani danno

forma alla creta con la sabbia.

I vecchi saggi dicono che l’artigiano non può

“mangiare serpente” per non perdere

l’abilità delle mani

e lui è fedele a questa tradizione.

IYOBOSA poi inizia una riflessione

sulla sua condizione.

Si sente colpito ingiustamente.

FABIO si associa.

Noi cogliamo i loro sentimenti di sofferenza

e condividiamo la loro emozione.

DANIELE ci mostra il suo disegno di una chiave, ce ne spiega il significato e legge quello che ha scritto:

MOHAMED presenta il disegno di un cavallo, “segno di magica libertà”:

FABIO racconta di una forgia a carbone, di un incudine e di un martello che il padre gli aveva costruito:

“mi isolava completamente da ciò che mi circondava e mi dava modo di inventare piccoli

oggetti in ferro battuto: era tutto un provare e riprovare … quando gli oggetti riuscivano era

una soddisfazione e li guardavo e riguardavo pensando che da un semplice pezzo di ferro

prendeva vita un oggetto e questo mi rendeva felice ed appagato.”

ABDELAAZIZ Ci mostra il disegno del primo

fiore che ha regalato ad una ragazza che poi

è diventata sua moglie.

Dallo stelo nascono dei boccioli, è il segno

del loro figlio.

TONY ricorda soprattutto il gioco del ping

pong e del biliardo … Adorava Bob Marley …

IYOBOSA conclude con un lungo racconto della sua difficile fuga dalla Nigeria, dell’avventuroso viaggio per

attraversare il deserto fino all’arrivo in Libia …

Si riprende la scheda sui momenti felici dell’adoloscenza.

DANIELE ricorda un campeggio pieno di libertà e di felicità ..

MOHAMMED ricorda il giorno in cui il papà gli ha regalato improvvisamente un motorino. Era il giorno del

suo 14° compleanno … è stato il segno che suo papà si fidava di lui e, adesso, lo sentiva responsabile.

ABDELAAZIZ ricorda le sue difficoltà con i ragazzi italiani che non lo accettavano: “Le parole, dice, fanno più

male delle azioni!” … MOHAMMED, che era a Caldiero, non ha avuto questo problema.

FABIO nota che a volte anche fra italiani ci sono incomprensioni: “nel mio paese io ero sentito come

‘foresto’…”

EROS ricorda che a 18 anni si sentiva indipendente …

Alla fine lasciamo la proposta di un lavoro personale:

scrivere una lettera ad un familiare per valorizzare le relazioni che abbiamo.

7° INCONTRO (19.04.16)

Iniziamo il nostro incontro leggendo le lettere che ciascuno ha scritto ad un suo familiare:

FABIO ha scritto a sua cognata…

“Si sente responsabile per quello che

mi è successo … Prima della

carcerazione quasi non la conoscevo,

ma ora siamo diventati amici … ”

“Il carcere mi sta segnando … anche

se non ho figli come alcuni miei

compagni, ho il desiderio di vedere i

miei nipoti …”

“ … è la prima lettera che scrivo … i

veri amici li ho trovati in carcere, con

sentimenti veri che fuori non si

trovano …”

DANIELE ha scritto ad un amico:

“… manca poco … sono cinque mesi

che non vedo mio padre che ha 76

anni e soffro per questo … “

IYOBOSA non ha scritto, si sente solo. Parla con Dio, Lo prega dentro di sé. Ha passato un brutto periodo a

causa della difficile storia della sua vita. Ci racconta altri particolari, le sue disavventure e le sue sofferenze

sia nel centro di accoglienza, sia ora in carcere. Esprime il suo dolore perché non sa, non ricorda e non

capisce il motivo del suo arresto. Era arrivato in barca, nudo con solo un paio di pantaloncini. Ora è ancora

più solo, ha solo Dio …

Silvana condivide la sua sofferenza. Si chiede: “quando mi succede una cosa negativa, che cosa faccio? La

faccio diventare una pietra che mi schiaccia o cerco di trovare una via d’uscita?”

ADRIATIC preferisce non parlare … La lingua gli crea problemi…

Ciao Martina,

ti scrivo dopo aver ricevuto la tua lettera che mi ha

fatto piangere. Sì, è vero, io e te non ci siamo mai

conosciuti veramente o non l’abbiamo voluto fare, tu

perché hai famiglia ed io perché, vivendo da solo,

pensavo di non aver avuto bisogno di nessuno. Invece

mi sbagliavo. Ho sì commesso degli errori

frequentando persone sbagliate, ma in cuor mio sono

sereno perché non ho fatto quello di cui mi accusano

e, se può servire a farti star meglio, non darti colpe

che non hai. Purtroppo la frenesia della vita di oggi ci

rende ciechi ed egoisti, con noi e con gli altri. Mi sono

liberato dei miei demoni in carcere, sì perché qui

tutto si ferma, tutto va a rilento e la vita fuori non ti

appartiene più. Spero venga fatta chiarezza. Ciao,

Fabio

Carissimo Simone,

ti scrivo per dirti che ti stimo tantissimo in tutto quello

che fai per me.

So, immagino che non è facile affrontare tutti i

problemi quotidiani. Ti dico solo di tenere duro. Manca

poco. Vedrai che cambieranno molte cose appena sarò

a casa. Ti ringrazio di tutto quello che tu hai fatto per

me. Un bacio,

Daniele

TONY fa leggere a Giuseppe una lettera

d’amore per sua moglie.

È molto bella, piena dei suoi sentimenti e

di parole positive.

Lo spingiamo ad inviargliela.

EROS prende spunto dall’immagine della valigia: “Un giorno ho preso la valigia e sono andato … Vorrei fare

un nuovo viaggio con lo stesso spirito di allora …”

Passiamo a guardare un vecchio cartone di una pubblicità degli anni sessanta che rappresentava la continua

lotta di un uomo come tanti, Ulisse, con la sua ombra. Lui nervoso e irascibile sempre pronto a sfasciare

tutto, l’ombra calma e riflessiva. Ulisse vuole sbarazzarsi dell’ombra, non vuole né riconoscerla né

ascoltarla, ma non è facile ignorarla, cancellarla.

Ciò che di buono c’è in noi e che magari è nascosto, dobbiamo scoprirlo e lasciarlo venir fuori …

Continuiamo a lavorare su questo tema:

ciascuno su una scheda può scrivere:

“ciò che mi piace di me e ciò che non mi piace

Ciao Amore,

come stai? Io non sto tanto bene perché non riesco a

dormire tutta la notte. Io non faccio che pensare,

mattina e sera, a te e anche ai nostri due gemellini che

io non ho ancora visti. Amore ti prego di prenderti

cura dei bambini, presto tutto andrà bene.

Amore, so che io ho sbagliato e sto pagando per quello.

Prego per te affinché tu hai la forza per andare avanti

con i figli. Tu sai bene che ti amo tanto.

Un abbraccio ai bimbi,

tuo amore Tony

Ne parliamo tutti insieme, ciascuno descrive ciò che gli piace di sé e ciò che fa più fatica ad accettare.

Man mano scriviamo sul tabellone:

Alla fine Silvana dice: di sé le piace l’apertura e la curiosità, non le piace sentirsi affaticata e rinunciataria.

Nota che i due aspetti sono collegati fra loro: se vuole cambiare ciò che non le piace deve rafforzare

l’aspetto positivo: quanto più punterà sull’apertura, sul desiderio di conoscere, sul piacere di fare esperienze

con gli altri (come le sta capitando in questo gruppo) tanto più sarà facile superare la fatica e la rinuncia che

la spingerebbero a restare a casa …

… da soli si può continuare a pensare e a scrivere qualcosa …

8° INCONTRO (26.04.16)

Rivediamo insieme il tabellone dell’incontro precedente, ciascuno ritrova le sue “parole” e aggiunge qualche

commento.

FABIO ci legge quello che ha scritto durante la settimana:

“… di me mi piace:

il mio essere altruista nella vita … mi ha portato ad avere stima di me stesso, ma, nel rovescio della

medaglia, può essere interpretato come atto di “ruffianaggine” … ma l’interpretazione di terze persone

non mi ha mai fatto indietreggiare nell’esserlo.

Cercare di essere ottimista anche nei momenti in cui non c’è niente per esserlo. Fa parte del mio

carattere cercare la positività anche minima nel complesso delle cose e in maniera di non dover avere

incertezze nelle cose in cui si crede fermamente.

L’essere schietto, ossia andare diretto con le persone che ho davanti in maniera di avere la certezza di

non dover cercare scuse … preferisco parlare in modo diretto.

Di me invece non mi piace lasciarmi influenzare dalle persone, pensando che, a volte, un “no” potrebbe

ferirle, ma invece l’esperienza mi ha insegnato che a volte un no deciso ti tiene a distanza dai guai … ma va

in contrasto con il mio essere altruista.”

ABDELAAZIZ: “di me mi piace il desiderio di “vivere bene” e dare una mano agli altri … non mi piace pensare

solo a me stesso. Chi pensa solo a se stesso non può vivere con gli altri …”

MOHAMMED: “di me mi piace la curiosità, mi piace conoscere gli altri popoli, le loro religioni, le loro

culture, i loro cibi; mi piace socializzare con tutti. Non mi piace essere troppo buono, essere ingenuo, ma se

faccio un gesto con tutto il cuore e l’altro pensa che sono stupido, lo faccio lo stesso …”

EROS: “Mi piace l’onestà, ma ho paura talvolta di essere rifiutato …”

TONY: “ Mi riconosco un cuore buono …”

Mettiamo al centro del tavolo il modellino di un tandem …

Vogliamo parlare della fiducia: che rapporto c’è fra una bicicletta e la fiducia? E fra un tandem e la fiducia?

Alcuni dicono: “il tandem ha bisogno di fiducia: se uno pedala e l’altro no, o la fatica la fa uno solo o il

tandem rischia di non andare avanti …”

IYOBOSA ci dice delle sue difficoltà sulla fiducia: “Ho paura di fidarmi, ho preso troppe delusioni. Solo di Dio

mi fido …”

SILVANA: “… Devo scegliere di chi posso fidarmi …”

IYOBOSA: “ … ma come lo so?”

SILVANA: “Ti sei fidato qualche volta?”

IYOBOSA: “No. Poche volte. Ho fatto qualche pezzo di strada con qualcuno di cui mi fidavo, ma tutta la

strada no! Non mi sono mai fidato tanto … In chiesa sì, è più facile …”

ABDELAAZIZ: “Oggi è difficile fidarsi di qualcuno. Avevo un amico, lo chiamavo fratello, lo avevo aiutato

dandogli dei soldi proprio il giorno prima di entrare in carcere. Ne ha approfittato e non mi ha più restituito

i soldi. Ha tradito la mia fiducia …”

SILVANA: “Però è necessario far fiorire in noi la fiducia. Se non riesci a farla fiorire resti da solo …”

ABDELAAZIZ: “ È vero, abbiamo bisogno di fiducia, ma oggi mi fido solo di mio papà, di mia mamma, di mia

moglie, di mio fratello …”

FABIO: “Sì, ci sono persone di cui, per istinto, senti che puoi fidarti … Le persone più vere le ho incontrato in

carcere, fuori ero circondato da persone che cercavano il proprio tornaconto …”

GIUSEPPE: “Il rapporto deve essere profondo, nel rapporto profondo fiorisce la fiducia … Ciascuno deve

investire nel rapporto, bisogna pedalare in due perché fiorisca la fiducia …”

FABIO: “ Per fidarsi ci vuole prudenza e pazienza … col passare dei mesi ti conosci, ti metti alla prova …

Ci chiediamo: come siamo riusciti a diventare adulti? Da soli o perché qualcuno ci ha aiutato? Certo

qualcuno può averci ingannato, ma ci sono altre persone che ci hanno aiutato e che hanno creduto in noi …

Altrimenti non saremmo stati capaci di crescere …

TONY: “È importante fidarsi di qualcuno e poi aiutare qualcuno. Non è detto che quello di cui ti fidi ti

ricambi, ma se poi tu aiuti qualcun altro, Dio ti manderà qualcuno per aiutarti quando ne hai bisogno …”

EROS: “La fiducia è il motore del mondo”

Trascriviamo sul tabellone alcune frasi dette e soprattutto quest’ultimo concetto espresso da Tony

GIUSEPPE: “La fiducia si può costruire. Può nascere a poco a poco, crearsi nel rapporto di reciproca

conoscenza … Quando sono entrato in carcere per il primo gruppo Intercultura nel 2012 ero molto

diffidente. Non avevo mai conosciuto un detenuto e pensavo che non mi potessi fidare … poi a poco a poco

le esperienze che ho fatto mi hanno insegnato che potevo aver fiducia ... Oggi non è difficile per me fidarmi

di voi e non chiudo più le mie tasche con la cerniera …”

KENNETH: “ Si deve provare … se l’altro è affidabile devi scoprirlo … un po’ rischiare e un po’ difendersi …

Si distribuiscono due schede in cui ciascuno, pescando nei suoi ricordi, potrà

scrivere qualche sua esperienza di fiducia, sia data che ricevuta … Ne parleremo

insieme la prossima volta …

9° INCONTRO (03.05.16)

Oggi il gruppo incontra in Biblioteca due classi (5ª A e 5ª B) del Liceo Scientifico “Copernico”.

Ciascuno si presenta, Maurizio presenta le finalità e le tematiche del corso che ha per titolo “Come essere

felici in tutte le lingue: Un viaggio per le strade della felicità”.

I detenuti cominciano a raccontare la loro vita quotidiana in carcere e le difficoltà che incontrano:

“Quando si entra in carcere il mondo si ferma. Da quando sono qui non so più come è fatta una

pianta. Qui c’è solo cemento … Noi viviamo in un mondo parallelo …”

“Però qui siamo informati lo stesso, anche se ci tolgono telefonino e TV … Radiocarcere, il

passaparola, arriva prima …”

“Ci sono regole dello Stato che rendono più difficile la vita a noi detenuti, ma anche agli agenti …”

WALTER, accompagnatore, nota: “Anche noi che viviamo fuori siamo poco liberi, prigionieri di pregiudizi

che ci impediscono di vedere la realtà per quello che è.”

EROS racconta dell’arrivo nella sua cella di un compagno con handicap, per il quale la solidarietà e l’aiuto

materiale dei compagni è importante.

MOHAMMED: “Chi arriva disperato ha bisogno di essere accolto. Noi cerchiamo di parlare con lui, di

offrirgli una sigaretta o un caffè: fra noi c’è solidarietà, senza guardare religione razza o colore.”

FABIO: “… Tuttavia è difficile che in carcere si realizzi la rieducazione delle persone perché le condizioni

sono difficili …”

Si nota: “Ogni occasione presenta lati positivi e lati negativi … È importante scegliere il proprio destino …”

PAOLA sottolinea: “… È importante che ciascuno sappia riconoscere la sua responsabilità personale!”

FABIO: “Il carcere mi ha fatto capire che, anche se non mi sento colpevole del reato di cui sono accusato,

sono responsabile di essermi trovato circondato da persone che mi hanno ingannato. Ho capito

quanto sia pericolosa la droga, molti sono caduti per questo.”

Uno studente chiede delle possibilità di lavoro in carcere. Qualcuno narra la sua esperienza e le sue

difficoltà.

Una ragazza chiede dell’esperienza di fede. Qualcuno risponde: “Il carcere fa nascere il bisogno della

preghiera anche in chi non era praticante”

Si parla dei corsi, dei permessi, delle possibilità di lavoro. Interviene l’Assistente che accompagna gli studenti

e invita a non parlare tanto di divieti quanto a raccontare le esperienze di vita e quello che il carcere

ha fatto capire a ciascuno.

Un altro studente chiede: “Il carcere è per voi un luogo dove si riscopre la propria umanità?”

FABIO: “Il carcere ti dà modo di vedere i tuoi errori e di non farli più …”

MOHAMMED: “… chi sbaglia paga …”

EROS: “Qui le cose vengono fuori ma la tempistica è lenta. Qui ho fatto esperienza di pregiudizi e di

condizionamenti … A volte bisogna saper chiedere e saper ascoltare …”

WALTER: “Dall’esperienza di oggi mi porto via due cose: 1) Ho constatato che le cose sono migliorate

rispetto ad alcuni anni fa; 2) Ho sentito che fra di voi c’è solidarietà anche nei momenti più duri:

portatela anche fuori!”

Quando gli studenti sono andati via noi, come gruppo, ci siamo fermati ancora un po’ per rivedere insieme

l’esperienza ed esprimere i sentimenti provati nell’incontro.

10° INCONTRO (10.05.16)

Raccogliamo le schede sulla fiducia. Ciascuno racconta quello che ha scritto durante la settimana:

IYOBOSA ha scritto che si fida di Dio e di un’amica conosciuta al “Samaritano”. Si chiede: “Perché questa

amica viene a trovarmi in carcere? … Io non ho niente da darle … vorrei conoscerla di più …”.

Parliamo dell’amicizia. Ci chiediamo: è possibile fare qualcosa per amicizia, senza aspettarsi nulla in

cambio? Noi abbiamo mai fatto qualcosa per semplice amicizia?

FABIO: “Mi fido di me stesso … Devo fidarmi di me stesso, anche se sto aprendo uno spiraglio per qualcuno.

In carcere non ci si può fidare del tutto … A volte dici A e viene capito B …

Prima del carcere non avrei detto così, anche se mi sono fidato di amici che mi hanno lavorato

contro … Certo mi devo fidare di qualcuno … sennò dovrei andare a fare l’eremita … Voglio credere

che ci si può fidare!” …

“… non capisco perché sono qui … con me stesso sono in pace perché non ho fatto niente … Mi

dispiace per la mia famiglia, per mio fratello e mia cognata che credono in me … Sto cercando di

trasformare un’esperienza negativa in positivo … Ho amici che credono in me … ricevo tante lettere

… qui sono riuscito a non farmi deviare …”

EROS racconta le sue disavventure con il suo nuovo compagno di cella. Poi parla della fiducia nei confronti

di un suo amico, di altre persone di cui può fidarsi, del fatto che tuttavia è necessario osservare per

un po’ le persone prima di dare loro fiducia…

KENNETH: “La fiducia è una conquista … Se trovo uno che ha fiducia in me, io devo fidarmi, come per i miei

genitori e i miei fratelli. Ma se sono in un posto che non conosco, come in questo paese, devo stare

attento. Se poi uno si fida di me, io mi posso fidare di lui …”

TONY legge sul foglio: “Prima ho fiducia in Dio, poi nei miei genitori perché io sono il loro sangue. I miei

genitori credono in me perché io sono il loro figlio … Si fidano di me i miei due figli, due gemelli

maschi”.

Quindi parliamo della prossima “Festa dei popoli”. Il titolo della manifestazione

è “Non muri, ma ponti”. Su questo tema scriveremo qualcosa e lo faremo

leggere da alcuni detenuti che parteciperanno alla Festa e porteranno la nostra

voce a tutti. Sarà la testimonianza della nostra esperienza in carcere come

luogo di incontro fra persone di diverse culture...

Sul cartellone scriviamo:

I muri sono sbarramenti, creano divisioni … i ponti uniscono, creano relazioni …

Un muro è la segregazione razziale che qualche volta ho provato (Iyobosa)

Il muro limita e rafforza la differenza (Eros)

Se il fiume separa le due rive (da qui viene la parole ‘rivali’) il ponte le riunisce e le mette in relazione …

I muri non sono solo fuori … spesso sono dentro di noi … si chiamano spesso “pregiudizi” (Eros)

Anche i ponti possiamo costruirli innanzi tutto dentro di noi …

Leggiamo insieme quello che qualche settimana fa ha detto CLAUDIU, commentando la carta che

raffigurava un ponte:

Nella carta con il ponte, da un lato ci sono edifici

arabi e dall’altro case occidentali. Ho viaggiato molto

nei Balcani, dove convivono tre religioni: ortodossi,

mussulmani e cattolici. Sono stato a Mostar e lì c’è un

ponte simbolo che la guerra ha distrutto. La guerra ha

separato culture diverse. Io non dimentico di essere

stato bene con persone e famiglie di qua e di là dal

ponte. Non capisco come possono ora stare divise. Il

ponte nuovo che hanno ricostruito è il simbolo che

tutti sono uomini: ortodossi, mussulmani e cattolici!

Il pensiero di Claudiu ci introduce alla visione di alcune diapositive: STORIA DI MURI e STORIA DI UN PONTE

Il “muro” fra Gorizia e Nova Goriĉa

(1947)

Una rete divide in due la Piazza

Transalpina…

… ma può diventare anche la rete di

una partita di pallavolo fra le due parti,

che così ricuciono la relazione che il

confine aveva artificialmente

interrotto.

Nel 2004 il “muro” cade, resta solo un

segnale del confine sull’asfalto e gli

abitanti festeggiano la caduta ballando:

la danza esprime la gioia e la relazione..

Il muro di Berlino (1961), la

sua triste storia, le famiglie

e le relazioni “rotte”, gli

uomini che cercano varchi,

i caduti nelle fughe.

E poi il grande giorno che per tutta

l’umanità diventa un simbolo:

9 novembre 1989, la caduta e …

la musica ritorna con gli uomini:

il grande violoncellista Rostropovich

va a suonare ai piedi del muro che

cade …

i Pink Floyd l’anno successivo fanno a

Berlino un concerto per festeggiare

(“The wall”)

Il muro che Israele ha costruito sul confine con la

Palestina, le lunghe file per passare da una parte

all’altra

i murales dipinti rappresentano il grande

sogno dell’uomo di superare il muro, di aprire

finestre, di cancellare ogni barriera …

Il muro fra il Messico e gli USA …e gli altri muri fino ad oggi …

… le reti al confine del Brennero ci faranno fare un passo indietro?

Commentiamo, discutiamo e riflettiamo sull’esperienza dei “muri”.

Guardiamo quindi la STORIA DI UN PONTE, il “Ponte Vecchio” di Mostar in Bosnia, costruito nel sec XVI, che

per anni ha rappresentato il dialogo e la relazione fra cristiani e musulmani e che poi è stato distrutto

durante la Guerra dei Balcani (1991-95) precisamente l’8 e il 9 novembre 1993.

Dopo la guerra fu improvvisato un ponte sospeso fra le due sponde e, a partire dal 1997, si recuperarono le

macerie nel fiume per poi avviare la ricostruzione.

Nel 2004 con una grande festa fu inaugurato il nuovo ponte, dichiarato l’anno successivo dall’UNESCO

“patrimonio dell’umanità”, quasi a significare che nessuna guerra può distruggere “i ponti” che gli uomini

costruiscono fra loro…

Osservando il manifesto della manifestazione di domenica 22 osserviamo che c’è un ponte di Verona, il ponte Pietra

costruito nel I secolo d.c. dai romani e distrutto alla fine della seconda guerra mondiale (1945).

Silvana, che nel 45 era una bambina e abitava vicino al ponte, si ricorda di quei giorni e ci racconta:

“Ponte Pietra è stato minato e distrutto nel 1945 dai Tedeschi in

ritirata, quando ormai Americani e Inglesi erano alle porte della

città.

Il 24 aprile tutta la popolazione si era rifugiata in luoghi lontani dal

fiume, durante la notte grandi boati hanno scosso la città, le mine

sono state fatte esplodere: due arcate del ponte Pietra sono

cadute. Il fiume, che prima univa la città attraverso i suoi ponti,

ora separava in due la città.

Il 25 aprile dal sud sono arrivati gli Americani, ma si sono fermati

sulla prima arcata del ponte, mentre la popolazione dall'altra

parte li acclamava, libera dai Tedeschi. Dopo due giorni gli

Americani avevano già costruito un ponte di ferro nel luogo del

ponte della Vittoria, per far passare il loro esercito.

Ancora una volta la distruzione di un ponte che univa si è dimostrata inutile, ancora una volta gli uomini e le donne

hanno poi voluto ricostruirlo come era, pietra su pietra.”

Alla fine ci lasciamo con un possibile lavoro di scrittura per ciascuno: “Quali

muri vorrei abbattere e quali ponti vorrei costruire”.

11° INCONTRO (17.05.16)

Cominciamo col leggere quello che ciascuno ha scritto …

Da questi scritti e da quello che è stato detto nell’incontro di martedì scorso ricaviamo il testo che sarà letto

domenica alla Festa dei Popoli a Villa Buri:

Vorrei abbattere i muri dell’indifferenza totale, sia dentro che fuori

dal carcere. Vorrei che la gente capisse che la vita non è fatta di

carriera ma di lavoro onesto e dignitoso. Vorrei costruire ponti di

contatto fra la gente con meno egoismo e meno apparire, cercando

di capire i problemi dei più giovani e renderci conto che bisogna

ricominciare. (Fabio)

Vorrei parlare dei muri che stanno tra le genti ricche e noi normali.

Vorrei che fossimo visti tutti uguali. Ho capito una cosa importante,

dobbiamo essere felici e orgogliosi per chi siamo e non per cosa

abbiamo.

Vorrei costruire un ponte con la mia famiglia che mi è stata sempre

vicina e mi ha perdonato. Prendermi cura di loro dedicando più

tempo. (Erdit)

Vorrei abbattere i muri dell’ignoranza che dividono le persone e

costruire ponti che uniscano tutte le nazioni e i continenti, senza più

confini e frontiere … il mondo è di tutti, non ci sono barriere … noi

siamo ospiti della terra, siamo ospiti dentro le mani di Dio, sotto il

suo occhio … dobbiamo abbattere i tabù che noi abbiamo e fare un

ponte per comunicare e capirci meglio. (Iyobosa)

Talvolta abbiamo costruito muri di malfidenza entro cui ci siamo

barricati per non essere feriti. Ma è sempre possibile sfruttare le

crepe che ci sono e aprire in questi muri delle porte per andare oltre

e stabilire rapporti con la gente.

Come dice una poesia di Kavafis: I muri che altri ci hanno costruito

intorno e quelli che noi abbiamo costruito da soli, non ci hanno

lasciato più vedere, fuori di noi, il mondo. (Adriatik)

Passiamo a leggere un testo tratto da “I miserabili” di Victor Hugo. Jean Valjean, libero grazie ad un amnistia

dopo 19 anni di carcere per il furto di un pane che aveva rubato per dar da mangiare alla sorella e ai nipoti, viene

ospitato dal vescovo di Digne, ma al mattino fugge di nascosto dopo aver rubato le posate d’argento del vescovo.

Ci fermiamo al punto in cui Jean Valjean viene riportato dalle guardie dinanzi al vescovo Myriel. Ci chiediamo:

Che cosa avremmo fatto noi se fossimo stati il vescovo e ci fossimo trovati davanti a Jean Valjean?

… sarei arrabbiato, ma poi alla fine il vescovo dovrebbe avere la forza di perdonare …

… io direi: meno male che l’avete preso!

... certo “visto che l’a ciapà subito, el gà mia da esser una gran cima …”

… Forse lo farei parlare … potrebbe giustificarsi e dimostrare che aveva necessità di rubare …

Oltre che aver subito il furto, quale altra sofferenza prova il

vescovo?

… è spiazzato, sorpreso perché gli aveva dato fiducia …

… è deluso …

… il suo cuore è ferito …

Leggiamo la conclusione di questo primo episodio del romanzo: Il vescovo Myriel fa passare come buono il

racconto del dono dell’argenteria ed aggiunge i candelieri d’argento come ulteriore dono a Jean … il vescovo

cerca di parlare al cuore di Jean, cerca di rafforzare la parte buona che c’è in lui; lo chiama “amico mio” “fratello

mio”, crea una relazione con lui, lo tratta alla pari, sollecita la sua coscienza, lo aiuta a pensar bene, butta un

ponte che lo aiuti a ritrovare se stesso …

… l’obiettivo è quello di salvarlo …

… si vede che il romanzo è del 1862, oggi avrebbero sparato …

… mi colpisce e mi commuove che Hugo, che era un mangiapreti, fa fare questo gesto di perdono e di fiducia proprio ad un prete …

… ma ciò che importa è che sotto l’abito del prete ci sia un cuore buono …

Continuiamo con la lettura del capitolo di Gervasino, il bambino a cui Jean sottrae una moneta d’argento …

dinanzi al pianto e alle preghiere del bambino voi che cosa fareste se foste J. Valjean? Che cosa gli direste?

… gli direi che è uno “stronzo” …

… anche senza considerare la fiducia che aveva ricevuto e che lo doveva portare ad agire bene, quello che fa è male perché ha davanti a sé un bambino …

… forse lui pensava di essere vittima di un ingiustizia…. Pensa ad una vendetta trasversale su tutti …

… cambiare, voltar pagina è la cosa più difficile …

… è difficile tirar fuori il positivo dal negativo, come sto cercando di fare da sei mesi, da quando sono qua

… forse Jean Valjean aveva un muro dinanzi a sé, non era più capace di avere e dare fiducia… ma in questo muro il vescovo aveva creato una crepa …

… non sempre vediamo la crepa nei muri … ci vuole maturazione … non sempre siamo pronti a cogliere le opportunità di cambiare …

Andiamo a leggere il testo: Jean è disorientato quando rivede la moneta rubata è come se si guardasse allo

specchio … prova un senso di pentimento … cerca di recuperare Gervasino … Aggiunge: “Fatemi arrestare, sono

un ladro” … proprio nel momento in cui dice di essere un ladro, nel momento in cui lo riconosce, non lo è più, ha

iniziato un cammino diverso, … “il perdono di quel prete era il più forte attacco” alla durezza del suo cuore … era

la volta che bisognava scegliere … “la lotta era impegnata fra la malvagità e la bontà del suo animo”.

12° INCONTRO (24.05.16)

In questo ultimo incontro ripercorriamo insieme le tappe del nostro “viaggio per le strade della felicità”…

… ricordi, riflessioni, prospettive …

Vincent van Gogh La ronda dei carcerati, 1890

Quando ti metterai in viaggio per Itaca

devi augurarti che la strada sia lunga

fertile in avventure e in esperienze. […]

Devi augurarti che la strada sia lunga

che i mattini d'estate siano tanti

quando nei porti - finalmente e con che gioia -

toccherai terra tu per la prima volta. […]

Sempre devi avere in mente Itaca

- raggiungerla sia il pensiero costante.

Soprattutto, non affrettare il viaggio;

fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio

metta piede sull'isola, tu, ricco

dei tesori accumulati per strada

senza aspettarti ricchezze da Itaca.

Itaca ti ha dato il bel viaggio,

senza di lei mai ti saresti messo

in viaggio: che cos'altro ti aspetti?

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.

Fatto ormai saggio, con tutta la tua esperienza addosso

Già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.

K. Kavafis, Itaca (1911)

Ringraziamo tutti per le esperienze

vissute insieme e per i buoni incontri

che abbiamo fatto, con l’augurio che

il cammino possa continare …

Emanuela, Giuseppe, Maurizio,

Paola, Silvana, Simona