Un superpennacchio alla metà del Cretaceo

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Un superpennacchio alla metà del Cretaceo La Terra ha un «battito cardiaco» irregolare, che può provocare la risalita di enormi quantità di materiale dalle sue profondità; l'ultimo impulso di questo tipo avvenne circa 120 milioni di anni fa di Roger L. Larson NUCLEO INTERNO che si susseguono sia per i superpennacchi sia per i pennacchi normali: na- scita in corrispondenza del limite nucleo-mantello; ascesa attraverso il man- tello; appiattimento alla base della litosfera; eruzione in superficie. La di- sposizione reale dei singoli pennacchi durante l'episodio di superpennacchio avvenuto a metà del Cretaceo nel Pacifico occidentale era più irregolare. LIMITE MANTELLO LITOSFERA NUCLEO- -MANTELLO Al l'una di notte in punto, il 13 di- cembre 1989, fui svegliato nella mia cabina a bordo della nave scientifica da perforazione JOIDES Re- solution da rumori di festeggiamenti che provenivano dalla cabina attigua. Dato che alle quattro avrei comunque dovuto iniziare il mio turno, mi alzai per unirmi alla festa. I paleontologi del- la spedizione avevano appena riferito a Yves Lancelot, che dirigeva con me la crociera (e che attualmente lavora al- l'Università di Aix-Marsiglia), di aver trovato microfossili giurassici in un fo- ro di sonda nel fondo del Pacifico occi- dentale, a quasi 5000 metri di profon- dità. Due giorni più tardi il foro rag- giunse il basamento cristallino: crosta oceanica risalente al Giurassico medio, vale a dire a circa 165 milioni di anni fa. Un mistero vecchio di vent'anni era giunto a soluzione. Finalmente aveva- mo una solida prova del fatto che vi so- no sedimenti di mare profondo e rocce vulcaniche ancora in posto dopo intere ere geologiche. Nei giorni successivi mi dedicai a ri- flettere sul perché la ricerca avesse ri- chiesto tanto tempo. Insieme con i miei colleghi Clement G. Chase dell'Univer- sità dell'Arizona, Walter C. Pitman III del Lamont-Doherty Geological (Earth) Observatory e Thomas W. C. Hilde del- la Texas A&M University, avevo co- minciato ad affrontare il problema negli anni settanta. Il nostro bersaglio non era certo di piccole dimensioni. Avevamo previsto, in base a dati geofisici, che un'area del Pacifico occidentale delle dimensioni degli Stati Uniti continenta- li dovesse risalire al Giurassico, vale a dire fra 145 e 200 milioni di anni fa. Ma ogniqualvolta effettuavamo dragaggi o carotaggi in quell'area, quasi invariabil- mente venivano recuperati basalti for- mati da eruzioni vulcaniche avvenute a metà del Cretaceo e quindi di età com- presa fra 80 e 120 milioni di anni. I pri- mi campioni di questi basalti erano sta- ti dragati nel 1950 dai rilievi medio-pa- cifici a opera di una spedizione del- la Scripps Institution of Oceanography. Fino alla scoperta della JOIDES, co- munque, non si erano realizzati molti progressi nel rispondere ai quesiti sul- l'origine dei basalti della metà del Cre- taceo, a quanto pareva onnipresenti, o sulla possibile esistenza di materiale giurassico sottostante. La scoperta del 1989 forniva qualche risposta di tipo qualitativo. I più antichi sedimenti e la più antica crosta oceani- ca erano stati sepolti a metà del Creta- ceo da ciò che ora designamo come un «superpennacchio» di materiale vulca- nico. Finalmente, le nostre elucubrazio- ni geofisiche dei primi anni settanta po- tevano trovar riscontro in fatti concreti: esisteva il Giurassico nel Pacifico occi- dentale, e di esso avevamo campioni a bordo della JOIDES Resolution. Essendo io un geofisico, tendo a de- scrivere la Terra e i suoi processi in mo- do quantitativo. Volevo quindi determi- nare le dimensioni di questo superpen- nacchio, sperando così di ricavare indi- zi sulle sue origini. Ma, come dice il proverbio, tra il dire e il fare... Che co- sa si trattava di misurare e in che modo? Io non sapevo neppure come fosse un episodio di pennacchio cosiddetto nor- male. Come potevo dunque sperare di descriverne uno anomalo? Il problema doveva essere ampliato al di là del con- testo spaziotemporale del Pacifico occi- dentale a metà del Cretaceo. Decisi di studiare la velocità di formazione della crosta oceanica - costituita principal- mente da rocce vulcaniche come i ba- salti, che formano il basamento cristal- lino al di sotto del fondo oceanico - per tutti i bacini oceanici e per tutto il corso della loro storia. In questo modo l'a- nomalia, quale che ne fosse la natura, si sarebbe stagliata nettamente dallo sfon- do. Inoltre si sarebbero potute ottenere indicazioni sul tempo che ancora ci se- para dalla comparsa di un superpennac- chio prossimo venturo. Verso la metà del Cretaceo, un'e- stesa attività eruttiva copri o creò molto rapidamente ampie por- zioni del fondo oceanico. Normalmente l'espansio- ne dei fondi oceanici genera buona parte della crosta ocea- nica in manie- ra più lenta e regolare. I superpennacchi formano vaste aree di plateau oceanici e vulcani sottomarini in confronto alle piccole regioni interessate dai pennacchi normali. I pennacchi sono mostrati in una serie ordinata di eventi, nulla di tutto ciò. La sua fisiografia rammenta piuttosto una strada sterrata in un periodo di grandi piogge. Le cate- ne di vulcani sottomarini, in apparen- za orientate a caso e più elevate del nor- male, e i plateau oceanici che costitui- scono il fondo del Pacifico occidentale non presentano regolari gradienti di età. La sola caratteristica in comune è la da- tazione a metà del Cretaceo, almeno per quanto ci è possibile misurare. Il primo passo della mia ricerca con- sisteva nel misurare le variazioni della velocità di produzione della crosta o- ceanica. Per fare ciò, ho raccolto e ordi- nato le informazioni disponibili sulla superficie e sull'età del fondo oceani- co e ho stimato lo spessore della crosta. Sono riuscito a calcolare questa velo- cità . per gli ultimi 150 milioni di anni, risalendo quindi quasi al limite estre- mo di età dei bacini oceanici di tutto il mondo. Questi calcoli sulla produ- zione crostale complessi- va mostrano net- tamente l' esi- 7b44 stenza di un superpennacchio alla metà del Cretaceo. L'inizio dell'impulso I dati relativi alla Terra nel suo- com- plesso mostrano l'improvviso instaurar- si del pennacchio tra 120 e 125 milioni di anni fa, quando la formazione della crosta oceanica raddoppiò in circa cin- que milioni di anni. La produzione di nuova crosta ebbe un picco subito dopo l'inizio dell'impulso e iniziò a scemare più o meno linearmente nei successivi 70-80 milioni di anni. Essa tornò, 30-40 milioni di anni fa, a valori quasi ugua- li a quelli precedenti l'episodio. Il su- perpennacchio della metà del Cretaceo, quanto a produzione di crosta oceanica, spicca nettamente a scala globale. Il fat- to di averne appurato l'esistenza, tutta- via, non dice perché esso sia avvenuto. Ho pensato che la chiave del rompi- capo potesse risiedere nella genesi dei plateau oceanici e delle catene vulcani- che sottomarine. A metà del Cretaceo la velocità di formazione di queste strut- ture si impennò in concomitanza con l'aumento globale della produzione di nuova crosta, con lo stesso inizio re- pentino e una lunga, graduale di- 0 0 minuzione fino ai valori nor- /00, e. mali. Benché l'incremento nella formazione dei li- , lievi sottomarini sia 0 4,4rve stato in assoluto mi- nore di quello del- la crosta ocea- nica a livello In questo processo la crosta diviene simmetricamente più antica via via che ci si allontana dalla dorsale medio-o- ceanica, laddove il magma provenien- te dal mantello fuoriesce e solidifica. A mano a mano che nuovo magma conti- nua a fuoriuscire, la crosta oceanica già solidificata viene spinta via dal centro di eruzione e si allontana dalla dorsale. È come se due nastri trasportatori iden- tici spostassero in senso opposto ogni porzione idealmente puntiforme di cro- sta (si veda l'articolo La dorsale me- dio-oceanica di Kenneth C. Macdonald e Paul J. Fox in «Le Scienze» n. 264, agosto 1990). Le parti di fondo oceanico formate dall'espansione, le cosiddette piane a- bissali, sono coperte da serie ordinate di rilievi abissali e zone di frattura che de- corrono perpendicolarmente alle dorsa- li medio-oceaniche. Tuttavia il Pacifico occidentale non mostra EFFUSIONE DI F'LATEAUE. VULCA 80 LE SCIENZE n. 320, aprile 1995 LE SCIENZE n. 320, aprile 1995 81

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Un superpennacchioalla metà del Cretaceo

La Terra ha un «battito cardiaco» irregolare, che può provocarela risalita di enormi quantità di materiale dalle sue profondità;

l'ultimo impulso di questo tipo avvenne circa 120 milioni di anni fa

di Roger L. Larson

NUCLEO INTERNO

che si susseguono sia per i superpennacchi sia per i pennacchi normali: na-scita in corrispondenza del limite nucleo-mantello; ascesa attraverso il man-tello; appiattimento alla base della litosfera; eruzione in superficie. La di-sposizione reale dei singoli pennacchi durante l'episodio di superpennacchioavvenuto a metà del Cretaceo nel Pacifico occidentale era più irregolare.

LIMITE MANTELLO LITOSFERANUCLEO-

-MANTELLO

All'una di notte in punto, il 13 di-cembre 1989, fui svegliato nellamia cabina a bordo della nave

scientifica da perforazione JOIDES Re-solution da rumori di festeggiamentiche provenivano dalla cabina attigua.Dato che alle quattro avrei comunquedovuto iniziare il mio turno, mi alzaiper unirmi alla festa. I paleontologi del-la spedizione avevano appena riferito aYves Lancelot, che dirigeva con me lacrociera (e che attualmente lavora al-l'Università di Aix-Marsiglia), di avertrovato microfossili giurassici in un fo-ro di sonda nel fondo del Pacifico occi-dentale, a quasi 5000 metri di profon-dità. Due giorni più tardi il foro rag-giunse il basamento cristallino: crostaoceanica risalente al Giurassico medio,vale a dire a circa 165 milioni di annifa. Un mistero vecchio di vent'anni eragiunto a soluzione. Finalmente aveva-mo una solida prova del fatto che vi so-no sedimenti di mare profondo e roccevulcaniche ancora in posto dopo intereere geologiche.

Nei giorni successivi mi dedicai a ri-flettere sul perché la ricerca avesse ri-chiesto tanto tempo. Insieme con i mieicolleghi Clement G. Chase dell'Univer-sità dell'Arizona, Walter C. Pitman IIIdel Lamont-Doherty Geological (Earth)Observatory e Thomas W. C. Hilde del-la Texas A&M University, avevo co-minciato ad affrontare il problema neglianni settanta. Il nostro bersaglio non eracerto di piccole dimensioni. Avevamoprevisto, in base a dati geofisici, cheun'area del Pacifico occidentale delledimensioni degli Stati Uniti continenta-li dovesse risalire al Giurassico, vale adire fra 145 e 200 milioni di anni fa. Maogniqualvolta effettuavamo dragaggi ocarotaggi in quell'area, quasi invariabil-mente venivano recuperati basalti for-mati da eruzioni vulcaniche avvenute ametà del Cretaceo e quindi di età com-

presa fra 80 e 120 milioni di anni. I pri-mi campioni di questi basalti erano sta-ti dragati nel 1950 dai rilievi medio-pa-cifici a opera di una spedizione del-la Scripps Institution of Oceanography.Fino alla scoperta della JOIDES, co-munque, non si erano realizzati moltiprogressi nel rispondere ai quesiti sul-l'origine dei basalti della metà del Cre-taceo, a quanto pareva onnipresenti, osulla possibile esistenza di materialegiurassico sottostante.

La scoperta del 1989 forniva qualcherisposta di tipo qualitativo. I più antichisedimenti e la più antica crosta oceani-ca erano stati sepolti a metà del Creta-ceo da ciò che ora designamo come un«superpennacchio» di materiale vulca-nico. Finalmente, le nostre elucubrazio-ni geofisiche dei primi anni settanta po-tevano trovar riscontro in fatti concreti:esisteva il Giurassico nel Pacifico occi-dentale, e di esso avevamo campioni abordo della JOIDES Resolution.

Essendo io un geofisico, tendo a de-scrivere la Terra e i suoi processi in mo-do quantitativo. Volevo quindi determi-nare le dimensioni di questo superpen-nacchio, sperando così di ricavare indi-zi sulle sue origini. Ma, come dice ilproverbio, tra il dire e il fare... Che co-sa si trattava di misurare e in che modo?Io non sapevo neppure come fosse unepisodio di pennacchio cosiddetto nor-male. Come potevo dunque sperare didescriverne uno anomalo? Il problemadoveva essere ampliato al di là del con-testo spaziotemporale del Pacifico occi-dentale a metà del Cretaceo. Decisi distudiare la velocità di formazione dellacrosta oceanica - costituita principal-mente da rocce vulcaniche come i ba-salti, che formano il basamento cristal-lino al di sotto del fondo oceanico - pertutti i bacini oceanici e per tutto il corsodella loro storia. In questo modo l'a-nomalia, quale che ne fosse la natura, si

sarebbe stagliata nettamente dallo sfon-do. Inoltre si sarebbero potute ottenereindicazioni sul tempo che ancora ci se-para dalla comparsa di un superpennac-chio prossimo venturo.

Verso la metà del Cretaceo, un'e-stesa attività eruttiva copri o creòmolto rapidamente ampie por-zioni del fondo oceanico.Normalmente l'espansio-ne dei fondi oceanicigenera buona partedella crosta ocea-nica in manie-ra più lentae regolare.

I superpennacchi formano vaste aree diplateau oceanici e vulcani sottomarini inconfronto alle piccole regioni interessatedai pennacchi normali. I pennacchi sonomostrati in una serie ordinata di eventi,

nulla di tutto ciò. La sua fisiografiarammenta piuttosto una strada sterratain un periodo di grandi piogge. Le cate-ne di vulcani sottomarini, in apparen-za orientate a caso e più elevate del nor-male, e i plateau oceanici che costitui-scono il fondo del Pacifico occidentalenon presentano regolari gradienti di età.La sola caratteristica in comune è la da-tazione a metà del Cretaceo, almeno perquanto ci è possibile misurare.

Il primo passo della mia ricerca con-sisteva nel misurare le variazioni dellavelocità di produzione della crosta o-ceanica. Per fare ciò, ho raccolto e ordi-nato le informazioni disponibili sullasuperficie e sull'età del fondo oceani-co e ho stimato lo spessore della crosta.Sono riuscito a calcolare questa velo-cità . per gli ultimi 150 milioni di anni,risalendo quindi quasi al limite estre-mo di età dei bacini oceanici di tutto

il mondo. Questi calcoli sulla produ-zione crostale complessi-

va mostrano net-tamente

l' esi-7b44

stenza di un superpennacchio alla metàdel Cretaceo.

L'inizio dell'impulso

I dati relativi alla Terra nel suo- com-plesso mostrano l'improvviso instaurar-si del pennacchio tra 120 e 125 milionidi anni fa, quando la formazione dellacrosta oceanica raddoppiò in circa cin-que milioni di anni. La produzione dinuova crosta ebbe un picco subito dopol'inizio dell'impulso e iniziò a scemarepiù o meno linearmente nei successivi70-80 milioni di anni. Essa tornò, 30-40milioni di anni fa, a valori quasi ugua-li a quelli precedenti l'episodio. Il su-perpennacchio della metà del Cretaceo,quanto a produzione di crosta oceanica,spicca nettamente a scala globale. Il fat-to di averne appurato l'esistenza, tutta-via, non dice perché esso sia avvenuto.

Ho pensato che la chiave del rompi-capo potesse risiedere nella genesi deiplateau oceanici e delle catene vulcani-che sottomarine. A metà del Cretaceo lavelocità di formazione di queste strut-ture si impennò in concomitanza conl'aumento globale della produzione di

nuova crosta, con lo stesso inizio re-pentino e una lunga, graduale di-

00 minuzione fino ai valori nor-/00,

e. mali. Benché l'incremento

nella formazione dei li-,lievi sottomarini sia

04,4rve stato in assoluto mi-nore di quello del-

la crosta ocea-nica a livello

In questo processo la crosta divienesimmetricamente più antica via via checi si allontana dalla dorsale medio-o-ceanica, laddove il magma provenien-te dal mantello fuoriesce e solidifica. Amano a mano che nuovo magma conti-nua a fuoriuscire, la crosta oceanica giàsolidificata viene spinta via dal centrodi eruzione e si allontana dalla dorsale.È come se due nastri trasportatori iden-tici spostassero in senso opposto ogniporzione idealmente puntiforme di cro-sta (si veda l'articolo La dorsale me-dio-oceanica di Kenneth C. Macdonalde Paul J. Fox in «Le Scienze» n. 264,agosto 1990).

Le parti di fondo oceanico formatedall'espansione, le cosiddette piane a-bissali, sono coperte da serie ordinate dirilievi abissali e zone di frattura che de-corrono perpendicolarmente alle dorsa-li medio-oceaniche. Tuttavia il Pacificooccidentale non mostra

EFFUSIONE DI F'LATEAUE.

VULCA

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L'aspetto da «strada fangosa» che caratterizza il fondo oceanico del Pacifico occi-dentale risulta dall'intensa attività vulcanica connessa all'episodio di superpennac-chio della metà del Cretaceo, che produsse plateau orientati casualmente e catene dirilievi sottomarini. Il fondo del Pacifico orientale mostra per converso una fisiogra-ha liscia e con lineazioni regolari, caratteristica di una crosta formata da normaleespansione. (Da World Ocean Floor Map di Bruce C. Heezen e Marie Tharp, 1977.)

i

40 — PRC DUZIONE DI CROSTA OCEANICA (MILIONI DI CHILOMETRI CUI PER MILIONE DI NNI)

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PLATEAU OCEANICI E VULCANI SOTTOMARINI

o150 140 130 120 110 100 90

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INVERSIONI MAGNETICHECAMPO NORMALE

I'CAMPO INVERTITO

TEMPERA URA SUPERFICI LE ALLE ALTE LATITUDINI (GRADI ELSIUS)

NNSIEME DI ATI

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150 140 130 120 110 100 90 80 70 60 50 40 30 20 10MILIONI DI ANNI FA

Le conseguenze geologiche dell'evento di superpennacchio a metà del Cretaceo (120--80 milioni di anni fa) includono l'innalzamento della temperatura superficiale e dellivello del mare. Il superpennacchio stesso è rivelato dall'aumento della velocità glo-bale di produzione di crosta oceanica; è particolarmente evidente nella velocità diformazione dei plateau oceanici e delle catene di vulcani sottomarini. Inoltre le in-versioni del campo magnetico terrestre cessarono durante l'episodio. Attualmente leinversioni avvengono con frequenza, e ciò indica che l'attività dei pennacchi è bassa.

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globale, l'aumento relativo fu molto piùpronunciato. Mentre la produzione tota-le di crosta oceanica raddoppiò, quelladei plateau e dei rilievi sottomarini au-mentò di cinque volte.

Ma che cosa dà origine a questi pla-teau sommersi e alle catene di vulcanisottomarini? Indipendentemente, altriricercatori si sono convinti che essi sia-no originati da pennacchi di materialeprovenienti da grandi profondità i quali,surriscaldati, risalgono per spinta idro-statica, data la loro minore densità (siveda l'articolo Le grandi province mag-matiche di Millard F. Coffin e OlavEldholm in «Le Scienze» n. 304, di-cembre 1993). In particolare, i plateauoceanici sono il risultato delle impo-nenti e rapide eruzioni iniziali causatedalla risalita dei pennacchi. Tali risaliteavvengono occasionalmente sui conti-nenti, dove possiamo studiarle diretta-mente. Regioni come i Basalti del Pa-ranà in Brasile, i Trappi del Deccan inIndia occidentale e i Trappi della Sibe-

ria si presentano come vasti campi diflussi basaltici, estesi per centinaia dichilometri e di spessore compreso frauno e due chilometri (si veda l'artico-lo Vulcanismo di rift di Robert S. Whi-te e Dan P. McKenzie in «Le Scienze»n. 253, settembre 1989). I plateau ocea-nici hanno caratteristiche simili a quelledei loro affini continentali, ma sono an-cora più vasti. Per esempio, si stima cheil maggiore dei plateau oceanici (il pla-teau di Ontong Giava del Pacifico occi-dentale) sia 25 volte più vasto del piùgrande fra i plateau continentali (i Trap-pi del Deccan). Le catene sottomarine sidipartono dai plateau e sono formate damateriale situato dietro e al di sotto del-la testa del pennacchio in risalita. Datoche i pennacchi sono relativamente fissie le sovrastanti zolle tettoniche si spo-stano in orizzontale, la serie di conieruttivi delle catene testimonia il movi-mento delle zolle. Pertanto queste cate-ne montuose dovrebbero essere più an-tiche nelle parti vicine ai plateau ocea-

nici loro «genitori», e i vulcani che lecostituiscono dovrebbero essere pro-gressivamente più giovani via via chedai plateau ci si allontana. Alla fine del-la catena ci si dovrebbe attendere unvulcano attivo, sempre che il camino dialimentazione proveniente dal mantellonon abbia cessato la sua attività. La piùnota di queste catene è costituita dal-l'arcipelago delle Hawaii, che si pro-lunga sotto l'oceano molto a nord-ovestdelle isole stesse. Il pennacchio che l'haoriginata si trova attualmente al di sottodell'isola di Hawaii, dove continuano averificarsi eruzioni vulcaniche. Le isolee i rilievi sottomarini divengono pro-gressivamente più vecchi via via che cisi sposta verso nord-ovest, in quanto so-no solidali alla zolla del Pacifico che simuove in quella direzione rispetto alpennacchio, relativamente fisso.

Una volta compreso che le strutturedella crosta oceanica più interessatedall'attività vulcanica a metà del Creta-ceo - ossia i vulcani e i plateau sottoma-rini - erano il prodotto di pennacchi dimateriale del mantello, fu questione diun piccolo passo logico il supporre chel'intero episodio anomalo fosse dovutoa un'attività di pennacchio molto piùimponente di quella «normale». Viven-do in una società avvezza all'uso di su-perlativi, ho deciso di coniare al pro-posito il termine di «superpennacchio».L'impulso iniziale del superpennacchioraggiunse la superficie della Terra circa120 milioni di anni fa; l'intensa attivitàvulcanica iniziò improvvisamente versola metà del Cretaceo e si protrasse perdecine di milioni di anni, dopodiché ini-ziò a scemare gradualmente.

Pennacchi surriscaldati

L'episodio di superpennacchio fu conogni probabilità causato dalla risalita diuno o forse più enormi pennacchi, che sifecero strada nel mantello, si allargaro-no alla base del più rigido guscio ester-no della Terra, la litosfera, e fuoriusci-rono sul fondo oceanico. Per quanto ilPacifico sia stato il bacino di gran lungapiù interessato, tracce dell'evento sipossono riscontrare anche nell'OceanoIndiano, nell'Atlantico meridionale enel Mar delle Antille. L'area del Pacifi-co coinvolta si estendeva forse per di-verse migliaia di chilometri, a differenzadelle regioni interessate attualmente daipennacchi, che sono circa dieci volte piùpiccole.

Ritengo che i pennacchi surriscaldatirisalgano dalla base del mantello e in-fluenzino il processo che causa le inver-sioni del campo magnetico terrestre nelsottostante nucleo esterno. Esiste in ge-nerale una relazione inversa fra velocitàdi produzione della crosta formata daipennacchi e frequenza delle inversionidel campo magnetico terrestre. Per e-sempio, nei periodi di intensa attività dipennacchio, inclusa la metà del Creta-ceo, quasi non si registrano inversioni

del campo magnetico. Viceversa quan-do l'attività di pennacchio è bassa, co-me oggi, le inversioni magnetiche si ve-rificano con una frequenza molto alta.Come il campo magnetico terrestre in-verta la propria polarità è un mistero.Peter L. Olson della Johns Hopkins U-niversity e io pensiamo che la correla-zione tra la formazione di crosta e le in-versioni del campo magnetico possa of-frire elementi per comprendere in chemodo abbiano luogo le inversioni e perstabilire la fonte del materiale che costi-tuisce il pennacchio. Riteniamo che unincremento del «tasso di ebollizione»del nucleo possa far sì che le inversio-ni magnetiche diventino meno frequen-ti. Inoltre questa correlazione potrebbefornire informazioni sui tempi del su-perpennacchio prossimo venturo.

Il ferro fuso del nucleo esterno è qua-si certamente all'origine del campo ma-gnetico terrestre, dato che si tratta di uneccellente conduttore di corrente elettri-ca. Sono i moti convettivi del nucleo e-sterno e i campi elettrici a essi associatia generare il campo magnetico terrestre.Il calore ceduto dal ferro fuso si tra-smette per conduzione attraverso il li-mite nucleo-mantello che costituisce,per così dire, il coperchio della pentola.Il calore rimane intrappolato appena aldi sopra del confine, nei 100-200 chilo-metri più profondi di roccia silicaticasolida del mantello. Questo processocontinua fino a che non si accumula ab-bastanza calore in eccesso. A questopunto la spinta di galleggiamento delmateriale del mantello inferiore, che es-sendo surriscaldato è relativamente me-no denso, vince la viscosità della piùdensa roccia sovrastante Immani pen-nacchi di materiale del mantello risal-gono per quasi 3000 chilometri, e allafine del loro percorso scatenano eruzio-ni vulcaniche in superficie. Il materialeascendente sottrae calore dalle parti piùprofonde del mantello, permettendo alnucleo esterno di «bollire» anche piùvigorosamente che in precedenza.

Effetti globali

Il più recente di questi sconvolgi-menti ebbe inizio appunto tra 120 e 125milioni di anni fa. Molto del materialeche giunse in superficie a quell'epocaprodusse l'effetto di «strada fangosa»che si può osservare attualmente sulfondo del Pacifico occidentale. Un epi-sodio di questa portata, in grado di rad-doppiare in un breve periodo la veloci-tà globale di produzione della crosta o-ceanica, deve avere avuto conseguenzegeologiche sbalorditive. Quell'epoca fuin effetti caratterizzata da un gran nu-mero di profonde anomalie, provocateappunto dal superpennacchio.

Prima fra tutte le anomalie, e proba-bilmente la meno controversa, è la risa-lita del livello marino di oltre 250 me-tri rispetto all'attuale. Assumendo chela quantità totale di acqua negli oceani

sia costante, una risalita del livello dellasuperficie marina è semplicemente laconseguenza di una corrispondente so-praelevazione del fondo. L'oceano chesormonta crosta di recente formazione èrelativamente poco profondo, in quan-to la crosta e la litosfera sottostante so-no ancora calde, poco dense ed espan-se. Nel raffreddarsi, esse si contraggo-no, facendo sì che l'oceano aumenti diprofondità. Questo fenomeno di espan-sione e contrazione spiega perché ledorsali medio-oceaniche, dove si haformazione di nuova crosta, risultino ri-levate rispetto alla crosta più antica epiù profonda lontana da esse. Se si vaformando rapidamente un'anormalequantità di nuova crosta - così come ac-cadde agli inizi dell'episodio di super-pennacchio - allora il livello medio delfondo oceanico andrà elevandosi, e conesso il livello della superficie marina. Ametà del Cretaceo l'incremento del li-vello marino sommerse gran parte diciò che attualmente è terra ferma; per e-

sempio il luogo in cui sono nato, nelloIowa, era a quell'epoca coperto dal ma-re. Quando le acque regredirono, lascia-rono sul posto depositi calcarei e gesso-si, tra cui le celebri «bianche scogliere»di Dover, in Inghilterra.

Anche la temperatura globale ebbeun incremento in conseguenza dell'epi-sodio di superpennacchio. Quando ilmagma raggiunge la superficie, libe-ra una certa quantità di gas, tra cui ani-dride carbonica. Alti livelli di anidridecarbonica nell'atmosfera della metà delCretaceo provocarono un effetto serranaturale, che fece innalzare la tempera-tura media di circa 10 gradi Celsius. Lostudio degli effetti di elevati livelli di a-nidride carbonica durante questo perio-do permette forse di tratteggiare possi-bili scenari per il clima della Terra nelfuturo: il consumo intensivo di combu-stibili fossili e la deforestazione su va-sta scala continuano infatti a incremen-tare i livelli di anidride carbonica nel-l'atmosfera attuale.

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I diamanti delle kimberliti, come questi trovati in A-frica occidentale, furono portati in superficie duran-te l'episodio di superpennacchio a metà del Cretaceo.

A metà del Cretaceo andò an-che depositandosi una notevolequantità di carbonio organico e dicarbonati. Questo fenomeno è daporre in relazione agli incrementisuddetti del livello marino e dellatemperatura atmosferica. Minu-scoli organismi vegetali e anima-li, il fitoplancton e lo zooplanc-ton, vivevano negli strati più su-perficiali dell'oceano, dove pote-va penetrare la luce. A quanto pa-re, il plancton ebbe un vigorososviluppo in un oceano reso anor-malmente caldo dal riscaldamen-to atmosferico. Quando questi or-ganismi muoiono, i loro scheletricadono nelle acque profonde e sidissolvono rapidamente per l'al-tissima pressione; in quel periodoperò molti organismi affondaro-no nelle acque poco profonde chericoprivano i continenti. Così, ilcarbonio che costituiva gli sche-letri non si sciolse. Parte di essoandò a costituire formazioni cal-caree, parte fu sepolta più inprofondità e finì con l'essere tra-sformata in petrolio. Il petrolio al-lora generato costituisce fino al50 per cento delle riserve mon-diali. Per ironia della sorte, fuquell'episodio di riscaldamento globalea creare il combustibile che a sua voltaavrebbe causato un altro episodio di ef-fetto serra, questa volta non naturale.

Anomalie geologiche associate al su-perpennacchio provocarono inoltre lamessa in posto di una considerevolepercentuale dei giacimenti diamantiferiterrestri. I diamanti, come è noto, sonofatti di soli atomi di carbonio struttura-ti nella disposizione cristallografica piùdensa possibile, quale si può produr-re solo alle pressioni esistenti 200-300chilometri al di sotto della superficieterrestre. I diamanti sono per la maggiorparte antichi anche rispetto alla scaladei tempi geologici, essendosi formatioltre un miliardo di anni fa ma, secondoStephen E. Haggerty dell'Università delMassachusetts ad Amherst, molti di essifurono portati in superficie a metà delCretaceo. Essi furono trasportati all'in-terno di strutture vulcaniche denomina-te camini kimberlitici (dal nome del-l'area estrattiva di Kimberley, in SudAfrica), che si estendono in profonditànella crosta e presumibilmente nel man-tello superiore.

La formazione di gran parte delle ca-tene montuose che contornano le costeoccidentali di Nord e Sud America fufortemente condizionata dall'episodiodi superpennacchio. La Sierra Nevada,nel Nord America occidentale, e le An-de, nel Sud America occidentale, si ori-ginarono a metà del Cretaceo a causa diuna più rapida subduzione della zolladel Pacifico al di sotto dei continentinord- e sudamericano. La subduzioneavviene a ridosso dei continenti quandola litosfera oceanica viene spinta al di

sotto della massa continentale adiacentee finisce per essere riciclata nel mantel-lo sottostante. Si rammenti che, a causadei pennacchi, l'espansione del Pacificoebbe un drastico incremento. Se il dia-metro della Terra rimane costante, ilmateriale in subduzione deve bilanciarequello che risale: di conseguenza anchela velocità di subduzione ebbe un incre-mento. Quantità abnormi di crosta ven-nero sospinte in profondità al di sottodei margini occidentali di Nord e SudAmerica. Via via che la crosta, insiemecon i sedimenti oceanici, scendeva percentinaia di chilometri al di sotto dellasuperficie terrestre, i minerali a più bas-so punto di fusione diventavano semili-guidi per l'incremento di temperatura epressione. Anche parte della crosta con-tinentale fondeva per il calore dovutoall'attrito. Questa combinazione di roc-ce fuse iniziò a sua volta a risalire versola superficie, data la sua minore densità,e finì per solidificare formando i nucleigranitici delle catene montuose che co-stituiscono la spina dorsale della costaoccidentale delle Americhe.

Il prossimo impulso

Gran parte della storia della Terra ècontrollata da eventi che hanno originea grande profondità, circa 3000 chilo-metri sotto di noi. In questo articolo hopresentato solo alcuni dei processi dina-mici che causano l'occasionale risalitadi materiale dal limite nucleo-mantello.Il più recente di questi impulsi ha alte-rato profondamente il clima e l'assettosuperficiale della Terra e la formazionedi combustibili fossili e di minerali.

Solo ora stiamo iniziando acercare tracce di episodi di su-perpennacchio ancora preceden-ti, e si discute animatamente sulritmo dell'antico «battito cardia-co» terrestre. Il nostro pianeta haevidentemente «smaltito» gli ef-fetti del più recente evento di su-perpennacchio, ma quando si ve-rificherà il prossimo è materia dispeculazione. Durante gli ultimi40 milioni di anni, la formazionedi plateau oceanici e di catenevulcaniche sottomarine ha avutoun incremento molto più lentoche in precedenza. Il livello delmare è sceso quasi ai minimi del-la storia geologica. Dato che stia-mo vivendo in una pausa di un'e-ra glaciale, la temperatura glo-bale ai nostri giorni potrebbe es-sere definita come quella di una«ghiacciaia» anziché di una «ser-ra». Come ci si può attendere inperiodi di scarsa attività di pen-nacchio, il campo magnetico ter-restre si inverte con frequenza, ealla base del mantello si verificauna considerevole anomalia ter-mica che indica una lenta ebolli-zione del nucleo sottostante. Se-condo le attuali stime, la tempe-

ratura aumenta di 1000-1500 gradi nei100-200 chilometri più profondi delmantello.

Sono trascorsi 120 milioni di annidall'ultimo evento di superpennacchio,ma nessuno è in grado di prevede-re quando avverrà il prossimo. Comescienziati, siamo in una situazione para-gonabile a quella di un agricoltore checerchi di prevedere l'arrivo della prima-vera osservando il comportamento de-gli animali. Possiamo solo affermareche il prossimo episodio di superpen-nacchio è ormai «dietro l'angolo».

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LE SCIENZE n. 320, aprile 1995