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Il Tempo
"Un profugo in casa mia? Mai". Abbiamo stanato i radical chic
Ci siamo spacciati per una Ong chiedendo ai vip un gesto simbolico. Risposte incredibili: su 100 solo 4 hanno detto sì
di Alessandro Migliaccio
8 Luglio 2018
«Io non sto con Salvini». A parole. Ma nei fatti? La rivista Rolling Stone, nei giorni scorsi, ha lanciato l’appello, come si legge sul sito ufficiale, «a musicisti, attori, scrittori e figure legate allo showbiz e alla tv» chiedendo di «prendere una posizione» contro la politica messa in atto nelle ultime settimane sullo sbarco dei migranti in Italia dal vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Interno del Governo Conte, Matteo Salvini. La chiosa finale non lascia spazio ad interpretazioni: «Per una società aperta, moderna, libera e solidale».
E così, alla luce di questo appello, sostenuto secondo Rolling Stone da molti personaggi famosi, e di quello lanciato dal giornalista Franco Viviano di indossare simbolicamente, nella giornata di ieri, delle magliette rosse in favore dell’accoglienza dei migranti, anch’esso condiviso da molti vip, abbiamo provato a testare la veridicità delle adesioni raccolte. La coerenza tra le parole ed i fatti. Ci siamo finti volontari di una Ong (organizzazione non governativa), la «International Open Blue Sea» che tradotto dall’Inglese significa «Mare aperto». E abbiamo sondato la reale disponibilità di intellettuali, scrittori, politici, personaggi famosi dello showbiz e della tv a fare quel passo in avanti che i firmatari di questi appelli chiedono agli italiani di compiere: accogliere gli immigrati.
Badate bene: non abbiamo chiesto di aprire la casa a una famiglia intera di migranti bensì, per qualche tempo, ad uno solo di loro in difficoltà. Abbiamo spiegato a tutti che si sarebbe trattato di un gesto utile non solo alla persona ospitata ma anche a tutti gli italiani e che ci avrebbe aiutato ad avviare una campagna di sensibilizzazione sulla delicata tematica dei migranti.
Abbiamo composto cento numeri di telefono ma, tra attese inutili alla cornetta e depistaggi dei vari agenti-manager o addetti stampa, solo meno della metà ci hanno concesso qualche minuto del loro prezioso tempo presentandoci come volontari della Ong International Open Blue Sea. La domanda è stata la stessa per tutti: «Ma lei, sarebbe disposto ad ospitare a casa sua uno degli immigrati sbarcati in Italia di cui ci occupiamo per un periodo limitato?». Le risposte, però, sono state sorprendenti e per il 90% negative. Tra gli intellettuali, i politici e gli uomini dello spettacolo interpellati che ci hanno risposto solo in quattro detto «sì», spiegando di essere disposti ad accogliere un immigrato. Tutti gli altri hanno preso tempo o accampato scuse di vario genere o declinato subito l’invito. C’è chi lo ha fatto in maniera gentile, chi meno. C’è chi ci ha detto «no» spiegando che ospitare a casa sua un immigrato non sarebbe la soluzione al problema e chi si è giustificato dicendo che non può perché ha la casa piccola. Qualcun altro, invece, ci ha tenuto a lungo al telefono a discutere del sesso degli angeli, ovvero i problemi dell’Italia, della figura di Salvini e dell’Europa: tante chiacchiere per addolcire la pillola del secco rifiuto alla nostra proposta solidale. Vi proponiamo, di seguito, tutte le risposte che abbiamo ricevuto. E che dimostrano che una cosa sono le parole ed un’altra i fatti. Partiamo dalle rarissime notizie buone, ovvero da quelli che hanno detto sì.
Tra questi c’è Stefano Fassina, che si è mostrato disponibile a prendere in considerazione l’idea di ospitare un immigrato chiedendo di ricevere una e-mail con le informazioni necessarie per avviare la pratica. Allo stesso modo, lo scrittore Erri De Luca non ha fatto una piega, chiarendo di non essere il solo a dover decidere a casa sua su una scelta così importante, ma fornendo la sua adesione al nostro programma per l’adozione di un migrante. Così come la giornalista e conduttrice televisiva Daria Bignardi che definisce la nostra proposta come un’idea magnifica, spiegando di aver pensato già diverse volte di accogliere un immigrato perché se ne parla tanto ma poi nessuno lo fa. La sua è stata una dichiarazione convinta di disponibilità a mettere finalmente in pratica i suoi buoni propositi sul tema dell’accoglienza. Anche Paolo Cento, coordinatore di Sel nel Lazio, offre la sua disponibilità rimandando, però, il discorso a future valutazioni legali e alle condizioni della nostra richiesta. Per il resto, abbiamo incassato una sfilza di «no» da quelli che Salvini ha definito «i multimilionari radical chic», di risposte vaghe e di arrampicamenti sugli specchi più o meno imbarazzanti. Gad Lerner non ci ha risposto dando la colpa al treno, dicendo di non sentire bene anche se i problemi alla conversazione si sono manifestati soltanto nel momento in cui avrebbe dovuto risponderci con un «sì» o un «no». Linus di Radio Deejay figura tra i firmatari dell’appello di Rolling Stone contro la politica di Salvini sui migranti, eppure dopo aver ascoltato con attenzione la nostra proposta di mandargli a casa un immigrato per qualche mese, ha preferito attaccarci il telefono in faccia per poi non risponderci più. Anche lo stilista Ennio Capasa ha aderito all’appello, ma quando gli chiediamo di aprire concretamente la sua abitazione ad un profugo, inizia a farfugliare, per poi rinviare il discorso all’anno prossimo, dal momento che quest’anno è troppo impegnato all’estero col lavoro ed anche quando gli abbiamo chiesto di aiutarci a trovare un’altra sistemazione per un bisognoso ci ha ribadito che quest’anno sarà spesso in Asia e quindi non può aiutarci. Firmatari dell’appello di Rolling Stone sono anche l’attore di Gomorra, Marco D’Amore, il quale ci ha spiegato di ricevere due miliardi di proposte simili alla nostra in un anno solare chiedendoci casomai di contattare suo fratello per poi valutare la nostra proposta, ed il conduttore televisivo Costantino Della Gherardesca, che pure ha preso tempo dicendo di essere impegnato all’estero. Lo stesso direttore della rivista Rolling Stone, Massimo
Coppola non ci è parso molto disponibile, ha rimandato il tutto a futuri scambi di e-mail ma ha precisato che se andiamo in edicola ed acquistassimo la rivista che dirige, ci accorgeremmo che lui sta già facendo molto per i migranti. Certo, tuttavia ospitarne uno sarebbe ancora meglio. Il giornalista e conduttore radiofonico David Parenzo, dopo aver ascoltato il nostro invito, ha risposto solo di essere impegnato col lavoro alla radio. Il senatore del Pd, Nicola
Latorre si è detto contrario all’idea di mettere a disposizione la sua casa come una specie di albergo e all’idea di lasciare gente a casa sua senza di lui anche se la nostra proposta, come per tutti gli altri intervistati, era di ospitare un solo immigrato e non una famiglia intera. Il deputato del Pd, Emanuele Fiano ha declinato la nostra richiesta solidale spiegandoci di non potere per motivi logistici. Restando nell’area Pd, anche Esterino Montino nega la disponibilità chiarendo di avere una casa piccola. Diverso l’approccio di Alessandra Moretti, dirigente nazionale del Pd, che non dice “sì” ma nemmeno nega la possibilità di accogliere un immigrato anche se la decisione dipende dalla sua presenza a Vicenza, dai tempi e dalla disponibilità dei suoi familiari. Familiari che rappresentano un ostacolo per la nostra proposta anche per il comico Dario
Vergassola, che spiega di non poter ospitare un migrante perché la sua casa è già piena di parenti. L’attore Leo Gullotta, invece, taglia corto dicendo che non può accogliere uno dei migranti a causa dei lavori in casa e della presenza degli operai, ma quando gli chiediamo se magari tra un mese o due la sua casa sarà libera, replica che i lavori saranno lunghi. Tuttavia tiene a precisare che capisce e sostiene la nostra iniziativa. Solo a parole, però. Il regista e sceneggiatore Pupi Avati, l’anno scorso, parlando del suo ultimo film «Con il sole negli occhi», che tratta il tema dell’immigrazione, aveva detto di «essersi reso conto che il dramma dei migranti, di un mar Mediterraneo pieno di persone che non ce l’hanno
fatta, aveva bisogno di essere raccontato in modo diverso da quanto hanno fatto finora i media perché si parla di numeri che ci sembrano estranei, lontani da noi» e per questo ha «scelto di raccontare la storia di uno di questi migranti». Eppure, quando gli chiediamo di compiere un gesto concreto ospitandone uno, ci risponde che in questo momento non può, perché vive una situazione familiare complicata. Risposta simile a quella che ci ha fornito il deputato del Pd, Piero Fassino del quale abbiamo apprezzato i modi (a differenza di altri ha risposto con molta cortesia, ndr) ma dal quale comunque abbiamo ricevuto un gentilissimo «no» per motivi familiari. Altro deputato del Pd ed altro diniego: neanche Giuseppe
Fioroni si dice disposto ad ospitare un immigrato. L’ex ministro del Lavoro, Cesare
Damiano racconta di avere una casa relativamente piccola e che negli spazi liberi ci sono i suoi scatoloni per cui lo spazio per l’immigrato non c’è. L’attore e regista Massimo Ghini, dopo aver ascoltato la nostra richiesta di aiuto, non risponde spiegandoci di essere impegnato sul set rimandando il discorso. Dal conduttore televisivo e attore Paolo
Ruffini giunge un secco e deciso rifiuto all’idea di aiutare un profugo aprendogli casa sua: ci urla che non gli interessa minimamente la campagna per la sensibilizzazione sul tema dei migranti. Semaforo rosso anche dall’attore e regista Gabriele Lavia, che chiarisce subito che la sua casa è molto molto piccola e che non offre la possibilità di accogliere un profugo anche se non disdegna la possibilità di aiutarci in qualche altro modo sul tema dell’immigrazione. Il conduttore televisivo Giancarlo Magalli, pochi mesi fa ha rilasciato dichiarazioni sul tema dei migranti condannando chi è diffidente contro i migranti. «Gli italiani sono generosi, sono buoni - spiegava Magalli - però abbiamo imparato a diffidare». Magalli di fronte alla nostra proposta di ospitare un immigrato risponde picche, ammettendo di avere una casa grande come estensione ma precisando che è piccola come numero di camere e che non ha la camera per gli ospiti. Stesso problema che impedisce alla senatrice Pd, Valeria Fedeli di rispondere positivamente alla nostra iniziativa. Filosofo, accademico e politico, Massimo Cacciari rifiuta nettamente l’ipotesi di accogliere un immigrato spiegando di non voler tenere nella sua abitazione una persona senza nessuna forma di controllo. In molti, però, non hanno risposto alle chiamate della finta ong Open Sea. Abbiamo atteso invano un segnale di vita ma non ricevendolo abbiamo inviato un messaggio sms o whatsapp chiedendo loro la disponibilità ad ospitare un migrante: messaggi in gran parte letti ai quali però, fino al momento di andare in stampa, pochissimi hanno risposto. Tra questi ultimi Gianni Cuperlo che ha preso tempo chiedendo l’invio di una mail, e Giuseppe
Civati che chiede di essere richiamato. Con la speranza che i diretti interessati non abbiamo cambiato utenza nel frattempo (nel caso ce ne scusiamo preventivamente) riportiamo alcuni dei tantissimi nomi contattati illusi che, dopo aver letto del nostro giochetto sotto l’ombrellone, qualcuno si faccia avanti comunque. Ecco chi sono, in rigoroso ordine di chiamata. Si tratta dell’attore Claudio
Amendola, del conduttore «mondiale» di Balalaika Nicola Savino, dell’ex vicedirettore de L’Espresso (oggi parlamentare Pd) Tommaso Cerno, l’attore Luigi Locascio, l’ex ministro della Salute, Beatrice Lorenzin e tanti, tanti,tantissimi altri. Fuori tempo massimo la risposta dell’ex sindaco di Roma, Ignazio Marino: «Vivo negli Usa dal 2016, se posso aiutare lo farò volentieri».
L'ASSEMBLEA DEL PD
Martina segretario e congresso prima delle Europee. Scontro tra Renzi e Zingaretti
L'ex premier non risparmia stoccate alla minoranza. Il governatore del Lazio: "Io sono in campo"
Maurizio Martina è stato eletto segretario del Pd dall’Assemblea: circa 200 firme a sostegno della
sua candidatura e, al momento del voto, 7 contrari e 13 astenuti. Dopo una sfibrante mediazione, a
tenere insieme tutte le anime del partito è stato il mandato a termine del neo segretario, che nel suo
discorso si è impegnato a convocare il Congresso «entro le elezioni europee». Una formula inserita
ancor più vagamente nell’Odg finale approvato dall’Assemblea (congresso da tenere «in vista delle
europee») che i big del partito avrebbero concretizzato con una intesa per primarie entro febbraio,
il 24 probabilmente. Ad inizio settimana Martina annuncerà la nuova segreteria condivisa, mentre
le tappe principali del percorso «aperto» e «nuovo» dei dem sono i congressi locali entro dicembre,
un forum programmatico a Milano a ottobre e un’altra Assemblea entro fine anno per formalizzare
le primarie. Ma sull’Assemblea ha lasciato il segno Matteo Renzi, con un intervento che non ha
risparmiato stoccate dentro e fuori il partito. «Non me ne sono andato quando conveniva e non me
ne vado ora. Rispetterò le decisioni dell’Assemblea e darò il mio contributo», ha premesso il
senatore dem invocando unità: «Sono ottimista sul fatto che la musica cambierà, si può ripartire
ma senza considerare nemico chi sta a fianco a noi». È stato nell’analisi delle ragioni della sconfitta
che Renzi non ha fatto sconti a nessuno. «La responsabilità è mia, lo dico con la consapevolezza che
questo non basta», è stata la sua premessa. Nello svolgimento, però, il senatore ha puntato il dito
sulla minoranza ai tempi della sua segreteria: «Hanno picchiato contro l’argine del sistema, sul web
e con divisioni assurde che hanno fatto il male del Pd». L’ex segretario si è rivolto alla sinistra («si è
visto, poi, che l’alternativa al Pd non era la scissione o Leu ma la destra e Salvini»), sulle possibili
formule nel futuro del Pd («la ripartenza non può essere in simil Ds o simil Unione»), sulla stampa
e gli intellettuali pro M5S («hanno fatto la guerra al Matteo sbagliato e ora si ritrovano il governo
Salvini»). E anche parlando dei compagni di partito, Renzi si è tolto più di un sassolino dalla
scarpa: ha criticato «l’apatia» come segno della campagna elettorale e il «falso nueve» (Gentiloni?)
e sul caso Consip ha spiegato: «Non mi sarei aspettato più affetto dalla gente, perché quello non è
mai mancato, ma maggiore solidarietà nel partito». Poi, tra qualche brusio della platea, ha
spiegato: «Continuate così, ci vediamo al Congresso, perderete di nuovo e come sempre
comincerete a criticare chi ha vinto. Ma così segate il ramo su cui siete seduti». All’ex segretario ha
risposto Gianni Cuperlo: «Io non vedo nostalgie, oggi non si può cantare ’Bandiera rossà ma
nemmeno sostituirla con ’Uno su mille ce la fà». Nicola Zingaretti ha rintuzzato: «Renzi non si
predispone all’ascolto degli altri, un limite». Mentre Martina ha espresso il suo auspicio di un Pd
«che suona come un’orchestra». A margine, Zingaretti ha ancora una volta ribadito, «io sono in
campo». Per ora, l’unica candidatura formale alle primarie.
IL GOVERNO AL LAVORO
Lunedì al Quirinale l'incontro tra Mattarella e Salvini
Capo dello Stato e leader leghista si vedranno alle 12. Al centro del colloquio non c'è la magistratura. Il ministro dell'Interno: "Spiegherò al presidente cosa ho fatto nel mio primo mese al Viminale"
di Daniele Di Mario
Sergio Mattarella e Matteo Salvini si vedranno lunedì a mezzogiorno al Quirinale. Ad
annunciarlo è lo stesso ministro dell'Interno e segretario della Lega. «Lunedì a
mezzogiorno incontrerò il Presidente Mattarella. Avrò il piacere di spiegargli le tante cose
fatte nel mio primo mese da ministro, per mantenere le promesse, per difendere i confini,
per proteggere gli italiani e riportare ordine, rispetto e tranquillità in Italia. Ora e sempre
prima gli italiani», scrive su Facebook Salvini, che specifica che salirà al Colle per
rendicontare al Capo dello Stato il lavoro svolto nel suo primo mese al Viminale. Non si
parlerà insomma dei soldi della Lega e della sentenza della Cassazione che ne impone il
sequestro ovunque siano, fino al raggiungimento della somma di 49 milioni di euro. Una
nota dell'ufficio stampa del Quirinale, del resto, conferma che il presidente della
Repubblica, Sergio Mattarella, riceverà il vice presidente e ministro dell’Interno, Matteo
Salvini, lunedì prossimo alle ore 12, specificando che «sono, ovviamente, escluse
dall’oggetto del colloquio valutazioni o considerazioni su decisioni della magistratura».
EMERGENZA IMMIGRAZIONE
Asse Italia-Libia per i rimpatri, la strategia di Salvini anti-migranti
Il ministro dell'Interno invia la circolare ai prefetti ma precisa: "Donne incinte e bimbi restano"
Continua l'offensiva del ministro dell'Interno Matteo Salvini sui migranti. La strategia del vicepremier passa per un aiuto diretto alla Libia, che sarà poi sbandierato davanti ai
colleghi europei per convincerli a contribuire anche loro. Salvini, che tramite decreto ha fatto avere alla Marina libica 12 mezzi italiani, e sta ora lavorando al trasferimento di altri 17, ha accolto al Viminale il numero due del Consiglio presidenziale della Libia, Ahmed Maitig.
"L'asse tra Italia e Libia deve tornare ad essere strategico ed irrinunciabile per entrambi i Paesi - ha spiegato al termine del colloquio bilaterale, davanti ai giornalisti -. Abbiamo fatto passi avanti rispetto a una decina di giorni fa", quando era stato Salvini ad andare in Libia. Durante la conferenza stampa si è parlato anche della nuova circolare messa a punto dal Viminale, che rivede i parametri per concedere i permessi di 'protezione umanitaria'.
Il ministro ha respinto con forza le critiche piovutegli addosso mentre la circolare arrivava nelle redazioni dei giornali. "Donne incinte, bambini e rifugiati restano in Italia - ha sottolineato Salvini -. Si vergognino i disinformati che dicono e scrivono il contrario. Me lo aspetto da una rivista come Rolling Stone, ma non da altri. Faccio presente da papà che non ce l'ho con bambini e donne incinte".
Da parte sua il libico Maitig, al lavoro per una Conferenza sui migranti che si terrà a Tripoli il prossimo settembre, ha sottolineato che "dall'Ue non viene garantito sostegno nella lotta all'immigrazione clandestina" nel Paese africano, mentre "abbiamo l'Italia che garantisce questo supporto". "Il problema è che al momento non abbiamo mezzi di sostegno a disposizione della Guardia costiera e della polizia sul territorio - ha spiegato il vicepremier -. Non riusciamo a garantire sicurezza marittima, perché la Libia è vittima dell'embargo".
Su questo argomento il titolare del Viminale è d'accordo. "Per ora ho visitato un solo centro, peraltro in costruzione, ma sono convinto che, se lasciassimo la Libia libera di spendere i soldi come vuole, le cose andrebbero meglio", ha detto Salvini durante la conferenza stampa, aggiungendo che ha intenzione di visitare entro l'estate tutti i Paesi nordafricani.
La prossima tappa, però, si terrà in Austria: tra qualche giorno Salvini andrà ad Innsbruck dove discuterà del dossier migratorio con i suoi colleghi europei, in primis gli omologhi di Germania e Austria. Le navi fornite a Tripoli, infatti, "sono un'iniziativa soltanto italiana - ha sottolineato il ministro -. Vorrei chiedere ai colleghi europei che facessero una minima parte di quello che stiamo facendo".
LA DECISIONE DEL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA
Marcello Dell’Utri sarà scarcerato: differimento della pena per l’ex senatore Marcello Dell'Utri lascerà il carcere di Rebibbia nelle prossime ore per gli arresti domiciliari: il tribunale di sorveglianza di Roma ha accolto l'istanza dei legali Simona Filippi e Alessandro De Federicis che ne avevano chiesto la scarcerazione per motivi di salute. Dell'Utri, condannato nel 2014 a 7 anni per concorso esterno alla mafia, si era visto negare tre già volte le istanze presentate al tribunale e legate alle patologie da cui è affetto. Secondo la decisione dei giudici di piazzale Clodio la pena per l'ex senatore di Forza Italia viene differita, e con tutta probabilità lascerà il carcere domani.
L'istanza sulla base della quale il tribunale ha deciso, era stata discussa il 15 giugno. Il 22 giugno i giudici avevano affidato una nuova perizia medica sul detenuto che si è focalizzata
sui suoi problemi cardiaci. Dell'Utri, oltre ad essere da anni cardiopatico, è diabetico e affetto da un tumore alla prostata per il quale, tra marzo e aprile, è stato ricoverato, in regime di detenzione, presso il Campus Biomedico della capitale.
IL PROCESSO
Compravendita senatori, reato prescritto per Berlusconi
Lo ha deciso la sesta sezione penale della Cassazione
eato prescritto per Silvio Berlusconi. Lo ha deciso la sesta sezione penale della Cassazione,
nell’ambito del processo sulla compravendita dei senatori. I giudici della Corte hanno accolto in
toto le richieste formulate stamane dal pg Orsi: il reato di corruzione contestato a Berlusconi è
stato riqualificato in quello di corruzione impropria. Il ricorso della difesa dell’ex premier - che
puntava all’assoluzione piena - così come quello del movimento politico Forza Italia (in qualità di
responsabile civile), è stato rigettato ed è stata confermata la prescrizione già intervenuta ai tempi
del processo d’appello celebrato a Napoli tra il 2016 e il 2017. Entrambi i ricorrenti dovranno
pagare le spese processuali. La prescrizione del reato non incide sul risarcimento, disposto nel 2015
in primo grado - quando Berlusconi, assieme a Valter Lavitola, venne condannato a 3 anni con
l’interdizione per 5 anni dai pubblici uffici - a favore del Senato, parte civile nel processo: tali
statuizioni andranno stabilite dal giudice civile. Le motivazioni della sentenza sono attese entro 90
giorni.
Cinecittà in fiamme, bruciano gli Studios di Silvia Mancinelli
Un incendio devastante, divampato all’una della notte scorsa, ha distrutto la scenografia di "Roma
Antica". Sul posto i vigili del fuoco con otto mezzi. Nessun ferito, ma ancora da valutare i danni
sicuramente importanti.
IL PROVVEDIMENTO
Vaccini, per la scuola basta un'autocertificazione
Il ministro della Salute: "Non si tratta di una proroga, ma di una semplificazione"
Rimane la scadenza del 10 luglio e la vaccinazione resterà obbligatoria per accedere a scuola. Ma i genitori non dovranno portare alcun documento sanitario per dimostrare che i figli sono in regola. Basterà un'autocertificazione dove si dovrà sottoscrivere che i vaccini sono stati fatti o si faranno per poterli iscrivere al prossimo anno scolastico. Sarebbe questo, a quanto si apprende, il contenuto di un provvedimento amministrativo dei ministeri Salute e Istruzione che sarà presentato domani.
Sull'obbligo vaccinale ha parlato la ministra della Salute Giulia Grillo al Question Time alla Camera parlando di semplificazione della normativa: "Il ministero della Salute è al lavoro, insieme al Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, per individuare le iniziative più idonee a tal fine: iniziative che terranno certamente conto di quel migliore bilanciamento tra il diritto all'inclusione, in età scolare e pre-scolare, e il diritto alla tutela della salute - individuale e collettiva - che è rinvenibile nel contratto di Governo e che, dunque, costituisce la stella polare per la nostra attività in materia".
Grillo inoltre parla "non una semplice proroga, ma una significativa semplificazione dell'onere
documentale a carico dei genitori dei minori di sedici anni, che frequentano le scuole di ogni ordine
e grado e i servizi educativi per l'infanzia non una misura temporanea, per cosi' dire "a tampone",
ma un insieme di accorgimenti che rendano, progressivamente, sempre più pacifico e meno
conflittuale il rapporto tra cittadino e istituzioni sanitarie e scolastiche".
ALLARME SURGELATI
Rischio listeria, Findus ritira il minestrone
Il ministro Grillo rassicura. L'azienda: "Il richiamo in via del tutto precauzionale"
Ormai è allarme per i minestroni contaminati dal batterio della listeria. La Findus sta conducendo un richiamo volontario "in via del tutto precauzionale" di una serie di lotti di Minestrone Tradizione "a seguito della segnalazione del fornitore Greenyard, della
potenziale contaminazione da Listeria di una partita di fagiolini, utilizzati in minima parte all'interno dei prodotti oggetto del richiamo".
Findus, che pubblica l'avviso sul suo sito online con i precisi riferimenti dei lotti in questione, "tiene a precisare che la categoria dei prodotti oggetto del richiamo prevede il consumo solo previa cottura, come chiaramente indicato sulle confezioni. La cottura del prodotto annulla ogni potenziale rischio per la salute", chiarisce inoltre, che "questo richiamo precauzionale e su base volontaria si riferisce esclusivamente ai lotti dei prodotti menzionati e non riguarda in nessun modo né altri lotti degli stessi prodotti, né altri prodotti a marchio Findus".
Analoghe misure precauzionali sono state prese nei supermercati di Gran Bretagna, Germania e Austria. Sulla questione è intervenuta anche la ministra della Salute, Giulia Grillo che ha rassicurato: "In Italia, al momento, non risultano focolai di infezione in Italia ed il ritiro dei prodotti sono effettuati in via precauzionale".
La listeria causa la listeriosi che è una grave infezione che, anche se in casi rari, può portare alla morte soprattutto soggetti fragili come neonati, anziani, donne incinte e adulti immuno-compromessi. I sintomi consistono, generalmente, in una gastroenterite con febbre, che si manifesta nel giro di poche ore dall’ingestione del prodotto contaminato. Fra i segni clinici (a seconda della tipologia), ritroviamo: febbre alta, endocardite, osteomielite, colecistite, peritonite, meningite, paralisi dei nervi cranici, perdita della funzionalità motoria. Le donne in gravidanza evidenziano solitamente una forma simile all'influenza con febbre e altri sintomi non specifici.
LA DENUNCIA
"Nuovi mezzi Cotral senza cinture di sicurezza" L’associazione RomaNuova: "Le vetture extraurbane Atac, vecchie di 15 anni, sono state adeguate. I nuovi veicoli Cotral, no. E non tutti sono accessibili ai disabili"
di Fernando M. Magliaro
Almeno in una cosa, pare che Atac riesca a superare Cotral: le cinture di sicurezza per i passeggeri sulle vetture che effettuano servizio extraurbano. Perché Atac, pur avendo una flotta vecchia come l’Arca di Noè, le cinture le ha fatte installare sui propri veicoli. Mentre Cotral, che la flotta l’ha appena rinnovata acquistando centinaia di vetture dalla polacca Solaris, invece le cinture non le ha. E arrivano anche le multe.
La denuncia arriva dall’Associazione RomaNuova che, con il suo presidente Antonello Palmieri, spiega: “Lascia interdetti la scelta della Regione Lazio di rinnovare il parco mezzi Cotral, acquistando centinaia di pullman senza cinture di sicurezza. I grandi bus, realizzati da una ditta polacca, sono stati multati in provincia di Viterbo dalla polizia stradale. Dopo il ricorso dell’azienda, la questione è finita davanti al giudice di pace che ha dato ragione al Cotral. Ma probabilmente la parola fine non è stata ancora scritta. La problematica, finora
passata sottotraccia, come tutte le questioni calde che riguardano il Lazio (chissà perché, poi), è destinata a salire alla ribalta. Tra l'altro, solo una ridotta percentuale dei pullman è accessibile alle persone con disabilità. In caso di bisogno, se ne deve prenotare uno specifico”.
Insomma, secondo Palmieri si preannuncia una lunga trafila di multe a Cotral e ricorsi alla
giustizia: “Mentre c’è molta attenzione sui mezzi pubblici romani, quasi per nulla si parla dei
problemi dei pendolari che si muovono sui pullman e sui treni regionali. Ebbene, per paradosso, i
bus dell’Atac che effettuano lunghe percorrenze, ad esempio su Aurelia, Boccea, Cristoforo
Colombo e Pontina, hanno in dotazione le cinture di sicurezza per i passeggeri. Sono vecchi, i bus,
anche di 15 anni, però sono stati modificati in base alle normative, anche per prevenire fastidiosi
ricorsi sulle interpretazioni delle stesse. La Regione Lazio, invece, ha rinnovato il parco mezzi,
sorvolando, però, sulla questione delle cinture e, in parte, anche sulle esigenze delle persone con
disabilità. Una scelta che a nostro parere meriterebbe un approfondimento”, ha concluso Palmieri.
LA CAPITALE CHE NON VA
Roma, la differenziata in strada e a Termini resta un sogno
Niente cestini e sacchetti per plastica, vetro e carta. Ma Grillo elogia la Raggi
di Alessandro Migliaccio
Beppe Grillo elogia il sindaco di Roma, Virginia Raggi per gli sforzi prodotti sulla raccolta differenziata, scatenando l’ira di migliaia di cittadini che sostengono, invece, che nella capitale la raccolta non funziona bene e a testimoniarlo ci sono i tanti cassonetti colmi di rifiuti. Quando si parla di raccolta differenziata, oltre al “porta a porta” cioè al ritiro a domicilio dell’immondizia separata, non si può non considerare anche quella che viene effettuata in strada e nei luoghi di maggiore affollamento di persone, specie in una città come Roma che è sempre invasa dai turisti. E la domanda è proprio questa: tutti i rifiuti prodotti dai romani e dai turisti in strada, vengono differenziati? La risposta è “no” e paradossalmente ciò non dipende tanto dalla civiltà di chi getta i rifiuti quanto dall’impossibilità di trovare i cestini per la separazione degli stessi. Infatti, in strada ci sono solo i cassonetti grandi della differenziata ma sono pochi e non sono nemmeno presenti in tutte le vie. Per i tantissimi turisti che visitano la città esistono solo i cestini generici in cui gettare tutta la spazzatura insieme: che si tratti di scarti alimentari, di carta, di plastica o di vetro. Se si vuole fare davvero la raccolta differenziata, non si può non considerare l’enorme flusso di spazzatura prodotta ogni giorno in strada dai cittadini e dai turisti.
Lo scenario è paradossale: la gente separa i rifiuti ma poi non può depositarli in diversi sacchetti in quanto in strada si trovano solo i cestini misti in cui va a finire qualsiasi materiale. Non è difficile, infatti, vedere bottiglie di plastica o vetro o bicchieri di carta ammassati o appoggiati accanto o sopra ai cestini presenti sui marciapiedi. Cittadini e turisti vorrebbero separare i rifiuti ma, di fatto, è impossibile. L’unica soluzione sarebbe quella di portarsi dietro la spazzatura per poi gettarla nei cassonetti grandi della
differenziata che, però, non sono presenti in tutte le strade e quando ci sono, spesso, sono già pieni di immondizia. Invece, una città come Roma potrebbe e dovrebbe essere dotata di cestini per la differenziata anche in strada e nelle aree pedonali, così come avviene nelle altre capitali europee ma anche in città come Milano o in piccoli centri come Cassino o Savona.
La situazione diventa ancora più paradossale nella stazione ferroviaria Termini, dove i contenitori per la differenziata ci sono, ma in quasi tutti non vengono applicati i sacchetti negli spazi destinati alla plastica e alla carta, bensì solo dove si raccolgono i rifiuti misti. Il risultato è lo stesso che si registra sui marciapiedi della città con bottiglie di plastica o vetro o bicchieri di carta accatastati sopra al cestino per non essere mischiati. Come documentato dal video presente sul nostro sito (www.iltempo.it), gli utenti non trovando i sacchetti per la raccolta della plastica e della carta, gettano la spazzatura nel sacchetto dei rifiuti misti. Insomma, sui marciapiedi della città non ci sono cestini per la differenziata mentre a Termini ci sono ma non vengono posizionati gli appositi sacchetti per le differenti tipologie di materiale da raccogliere.
Oltre a migliorare il “porta a porta”, il Comune di Roma non può dimenticarsi dei rifiuti prodotti ogni giorno dai cittadini e dalle migliaia di turisti in strada o in luoghi di aggregazione come la stazione Termini
CANCELLIERA ALL'ANGOLO
Merkel in bilico. Il ministro Seehofer: via se non cambia sui migranti Respingimenti migranti, Merkel annuncia accordi con 14 Paesi. Praga e Budapest smentiscono: non è vero
Il presidente della Csu Horst Seehofer potrebbe rimanere in politica e non dimettersi come ministro dell'Interno se la Cdu di Angela Merkel facesse un passo indietro nella politica sui migranti. Lo scrive l'agenzia Dpa international su Twitter citando fonti di partito. Seehofer ieri sera aveva offerto le sue dimissioni sia dalla presidenza del partito sia dalla guida del ministero dell'Interno, dimissioni che però erano state respinte dal capogruppo della Csu al Bundestag, Alexander Dobrindt.
In una riunione a porte chiuse con la direzione della Csu - il "cugino" bavarese della Cdu di Merkel - Seehofer si è lamentato di non avere "alcun appoggio" dopo il suo fallimento nel convincere la Cancelliera della necessità di espellere i migranti registrati in altri Paesi e non - come risposto da Merkel - di accoglierli in speciali centri in Germania.
VOTO NEL SANGUE: 133 MORTI
Lopez Obrador nuovo presidente del Messico. Ecco chi è il populista di sinistra anti-Trump Il Messico desidera un a "relazione di amicizia e cooperazione" con gli Stati Uniti. Sono le prime dichiarazioni rivolte al paese vicino da Andres Manuel Lopez Obrador, che ha vinto le elezioni presidenziali con almeno il 53% dei voti. Il capo della sinistra populista messicana ha tratto vantaggi, tra l'altro, dalle sue dure critiche contro il 'muro' di Donald Trump, al confine tra i due paesi. E Trump si è congratulato con Obrador, dicendosi pronto a collaborare con il candidato della sinistra messicana. "C'è molto da fare a beneficio di Stati Uniti e Messico" ha twittato Trump, le cui politiche anti-immigrazione hanno inasprito fortemente i rapporti bilaterali; Lopez Obrador da parte sua si è detto pronto a perseguire una politica di "amicizia e cooperazione" con gli Stati Uniti.
DI SINISTRA E POPULISTA - Andres Manuel Lopez Obrador, potente ex sindaco di Citta' del Messico, classe 1953, e' esponente del "Movimento di rigenerazione nazionale" (Morena), di sinistra e populista, e'd e' stato appoggiato, nelle recente elezioni presidenziali che lo hanno visto trionfare, dalla coalizione 'Insieme faremo la storia' ('Juntos haremos historia') formata dal Partito del Lavoro e dal Partito Incontro Sociale. SANGUE SULLE ELEZIONI - Il voto da cui esce il Messico di Obrador è stato il piu' insanguinato della storia del paese nordamericano: 133 vittime, un bagno di sangue causato dalla frammentazione criminale causata dalla lotta ai grandi cartelli del narcotraffico. Oltre a proseguire quest'ultima, senza lasciare il monopolio della violenza a gruppi criminali emergenti, Obrador dovra' fare i conti con una corruzione dilagante, attuare una necessaria riforma del sistema giudiziario e garantire la complessa gestione dell'ordine pubblico, affrontare i temi legati alla riforma del nafta, osteggiata da Washington. Tutti temi che hanno dominato la campagna elettorale dei principali candidati, con il nuovo presidente che ha promesso di attuare la "quarta trasformazione del paese: pacifica, ordinata, profonda e radicale, per porre fine al vecchio regime autoritario e corrotto". L'EFFETTO TRUMP - Lo scenario e' stato seguito con preoccupazione dall'altra parte della frontiera, dall'amministrazione americana. L'ex ambasciatrice Usa in Messico, Roberta Jacobson, in carica fino a poche settimane fa, aveva dichiarato al 'New Yorker' che "alcuni funzionari statunitensi sono molto pessimisti: se vince lui, accadra' il peggio". Parte della crescente popolarita' di 'AMLO' (acronimo del nome) viene attribuita proprio a Donald Trump, che col Messico ha optato per il pugno duro sull'immigrazione, attuando una politica della 'tolleranza zero' - causa di centinaia di casi di bambini separati forzatamente dalle proprie famiglie al confine - e annunciando la possibile costruzione di un muro. Negli ultimi mesi sono anche arrivati i dazi sulle importazioni di acciaio e alluminio. Un anno e mezzo di Trump alla Casa Bianca ha dato ulteriori punti a Lopez Obrador e alla sinistra piu' radicale messicana, aprendo la strada all'insediamento a Citta' del Messico di un governo molto ostile agli Stati Uniti
IL SOLE 24 ORE
09/07/2018 09:24
Borsa: indici ancora in rialzo aspettano
Draghi, Milano sale dello 0,4% Saipem e Mediaset capofila. Ko Carige su caos in cda (Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) - Milano, 09 lug - Le Borse europee provano a
dar seguito al positivo inizio del mese di luglio e, sulla scia delle vivaci performance di Tokyo e degli altri listini asiatici, aprono la
settimana in rialzo.
La guerra commerciale Usa-Cina resta per il momento sullo sfondo e l'attenzione oggi sara' invece posta sull'intervento del presidente
Bce Mario Draghi al Parlamento Ue. Piazza Affari sale dello 0,46% e si muovono sostanzialmente allo stesso ritmo anche Parigi,
Francoforte e Londra. Sul Ftse Mib in prima fila Saipem (+2,7%) grazie a una raccomandazione positiva di Morgan Stanley in vista
della trimestrale, bene tutto il comparto bancario con Unicredit (+1,1%) e Banco Bpm (+0,9%) piu' brillanti. Prosegue la risalita di
Mediaset (+1,4%) che all'inizio della scorsa settimana era scivolata ai minimi dal dicembre 2016. Le vendite sul Ftse Mib riguardano
soprattutto le utility e Ferragamo (-0,8%). Cade del 2,3% Carige dopo che sono arrivate venerdi' sera le terze dimissioni dal consiglio
di amministrazione nel giro di poche settimane: domani e' previsto un cda con al centro il tema della governance.
Sale il prezzo del petrolio (Wti a 74,1 dollari al barile nel contratto agosto e Brent a 77,64 dollari nella consegna settembre): le
tensioni riguardanti la messa al bando del petrolio iraniano da parte degli Stati Uniti e le preoccupazioni per l'offerta di greggio in
Libia, Venezuela e Canada sono i temi sotto la lente degli operatori.
Piuttosto stabile il mercato valutario: l'euro/dollaro scambia a 1,1766 da 1,1746. Euro/yen a 129,97 (da 129,77), Dollaro/yen a 110,46
(da 110,47). Per il momento la sterlina resta sulle posizioni di venerdi' dopo le dimissioni del ministro inglese per la Brexit David
Davis.
Il microcredito sociale vola con l’aiuto del tutor di Flavia Landfolfi
08 luglio 2018
n giovane vuole aprire una startup, ma non ha case di proprietà né mamma o papà che possano coprirgli le spalle con una garanzia. Un extracomunitario ha un’idea imprenditoriale in testa e pochi soldi in tasca. Un gruppo di donne - una commercialista, un’avvocata e una consulente del lavoro - coltivano il progetto di fare squadra e di avviare uno studio a tutto campo: nessuna garanzia reale, solo la voglia di mettersi in gioco. Per loro, si sa, la strada dei finanziamenti tradizionali è sbarrata: non ci sono ipoteche da accendere né fidejussioni da sottoscrivere.
C’è però un microcredito alternativo, socialmente sostenibile, a portata di tutti gli esclusi dai canali tradizionali: si chiamano in un gergo impietoso “soggetti non bancabili”. Questi prestiti in Italia stanno volando: secondo il nuovo rapporto dell’Ente nazionale per il microcredito, le richieste potrebbero raggiungere quest’anno quota tremila.
L’ACCELERAZIONE DEI PICCOLI PRESTITI I dati dal 2016 al primo semestre 2018. (Fonte: Ente nazionale per il microcredito)
In due anni e mezzo le domande - e le erogazioni di credito - sono lievitate. Fino ad assestarsi nel primo semestre del 2018 a quota 1.507 richieste di finanziamento che da sole superano i volumi di tutto il 2017.
Le proiezioni elaborate dall’Ente prevedono - e sono stime prudenziali - un raddoppio: il 2018 potrebbe chiudersi quindi a quota 3mila trascindandosi dietro finanziamenti per oltre 24 milioni di euro. Fermandoci a oggi e quindi tenendo presente l’intero periodo fino al primo semestre di quest’anno, le erogazioni si attestano a 31,4 milioni di euro, con 1034 finanziamenti andati a buon fine di cui 517 solo nel primo semestre del 2018 contro i 603 prestiti erogati in tutto il 2017.
«Questi dati dimostrano che il Paese sta uscendo da un clima di sfiducia dilagante nei confronti dei sistemi di aiuto alle imprese - dice Mario Baccini, presidente dell’Ente nazionale per il microcredito- e che l’aver abbracciato
l’economia sociale di mercato come lotta all’esclusione si sta rivelando una formula vincente». Lo strumento, infatti, funziona senza il ricorso a garanzie reali: l’imprenditore o aspirante tale fa domanda di prestito a una delle 25 banche convenzionate con l’Ente (1.300 filiali in tutto) e il Fondo di garanzia per le Pmi interviene a tutela del rientro del finanziamento. Il tutto veicolato dal servizio di tutoraggio, una new entry che a regime sta dando i suoi frutti. «Nulla a che vedere - tuona Baccini - con alcune formule di microcredito che monitoriamo e che vengono offerti sul mercato in totale assenza di servizi ausiliari e con tassi di default che arrivano anche al 20 per cento».
Il tutoraggio sembra invece la mossa vincente: spiega l’alto tasso di accoglimento delle domande e spiega anche il basso tasso di default: solo lo 0,73 per cento.
«Il microcredito imprenditoriale che abbiamo avviato nel 2016 e che oggi, grazie alle convenzioni con le banche, può contare su un planfond di 300 milioni - spiega Giovanni Nicola Pes, vicesegretario di Enm - prevede l’assistenza di 325 tutor iscritti all’elenco nazionale obbligatorio da noi vigilato e che sono sparsi sull’intero territorio nazionale.
I tutor offrono assistenza prima, durante e dopo il finanziamento: è la vera grande rivoluzione del nostro modello che ha permesso al microcredito imprenditoriale di assestarsi su un così basso tasso di default contro il 10% di quello tradizionale».
Figura centrale, il tutor è un libero professionista che fa richiesta all’Enm, affronta un breve periodo di formazione e poi si iscrive all’elenco nazionale obbligatorio. È lui che incontra gli aspiranti imprenditori o i professionisti che fanno domanda di microcredito, ne analizza la tenuta sul mercato, fa una prima scrematura scartando le domande non finanziabili e redige il business plan. Insomma, accompagna i progetti imprenditoriali passo dopo passo. I tempi medi dal primo contatto con il tutor alla delibera bancaria sono di circa tre mesi: 34 giorni per le operazioni di tutoraggio e 62 di attesa per la delibera bancaria
Con questa formula l’Ente ha accolto il 68% delle domande dal 2016 al primo semestre 2018, pari a 1.368 richieste soddisfatte: non sono poche se si considera, dati alla mano, che quelle rifiutate sono in realtà soltanto il 10% perché un buon 22% delle istanze sono state ritirate per rinuncia da parte del”candidato”.
La top ten regionale riserva qualche sorpresa: i finanziamenti più consistenti sono andati alla Sicilia (18,3%), Sardegna (7,9%) e Calabria (7,2 per cento).
Enel spinge sulle rinnovabili e investe nella digitalizzazione di Vittorio Carlini
08 luglio 2018
Il business di Enel è articolato. Così, per cogliere alcune priorità del gruppo, può
essere utile guardare alle tabelle del piano d’impresa 2018-2020. In particolare a
quelle che descrivono gli investimenti capitalizzati (Capex). La società, nell’arco
del business plan, ne ha previsti 24,6 miliardi. Di questi: 3,3 miliardi sono riferiti
agli “allacciamenti in rete”(“connections”) mentre 6,7 miliardi sono per l’attività
di manutenzione. Infine la più grande parte (14,6 miliardi) vengono
direttamente legati alla crescita (Capex growth).
È chiaro che questi ultimi, in linea di massima, possono considerarsi una cartina
tornasole delle strategie di sviluppo. Quali, allora, le linee di business cui sono
indirizzati? Per 8,3 miliardi vengono ricondotti alle rinnovabili; ulteriori 1,5
miliardi sono ripartiti tra la “thermal generation”(700 milioni) ed Enel X (cioè la
nuova divisione cui tra le altre cose si riconducono l’illuminazione pubblica, la
mobilità elettrica, l’efficienza energetica, la domotica e servizi innovativi a valore
aggiunto). I rimanenti 4,7 miliardi, infine, sono destinati alle reti. Dai numeri,
insomma, si evince abbastanza chiaramente come, insieme alla rinnovabili, il
“network” sia tra i focus aziendali.
Il digitale
L’indicazione, evidentemente, non stupisce. Sennonché la rete è altresì un
tassello di un processo più ampio che coinvolge non solo gli asset ma le stesse
attività, i processi aziendali fino ai clienti e la cyber security. È la cosiddetta
digitalizzazione. La strategia prevede, nell’arco di piano 2018-2020, esborsi per
5,3 miliardi. Un impegno che, per l’appunto, ha come oggetto pure il “network”.
In che modo? Una delle strade seguite porta ai contatori intelligenti.
L’introduzione, in Italia, di quelli di prima generazione è da tempo completata
mentre, ad esempio in Spagna, è a buon punto l’installazione massiva dei
contatori elettronici (più indietro gli altri mercati). Adesso, però, si punta alla
nuova generazione di “smart meters”. Un progetto che nel mercato domestico è
già avviato. Il passaggio per Enel è rilevante: da un lato consente alla società di
gestire in maniera più proattiva la rete stessa. Dall’altro offre alle famiglie uno
strumento di maggiore (e reale) efficienza energetica. Quest’ultima caratteristica,
a ben vedere, è connessa alla prevista ulteriore elettrificazione dei consumi
energetici casalinghi. Se, come sono convinti diversi esperti, si andrà verso la più
stretta interazione degli elettrodomestici (ad esempio con l’Internet delle cose) e
al calo dell’uso del gas è chiaro che disporre di un software in grado di gestire, e
ridurre, il consumo di Mega Watt è importante.
Ma non è solo il contatore intelligente. C’è anche l’automazione della rete stessa
(ad esempio, apertura o chiusura di parti del network da remoto). Senza
dimenticare, poi, i big data. Enel, soprattutto attraverso l’uso di sensori,
raccoglie informazioni sui suoi asset. Un’operatività che, grazie all’utilizzo di
algoritmi, è alla base, ad esempio, della manutenzione predittiva. Cioè: si
individuano, prima che il sinistro accada, le sezioni o i punti che hanno maggiori
probabilità di rompersi. E li si sostituisce. Il tutto con vantaggi sul fronte delle
efficienze e della riduzione dei costi. Sennonché il risparmiatore esprime una
perplessità: la spinta sulla digitalizzazione implica la crescita del rischio legato
alla cyber security. Una situazione che può danneggiare il business di Enel. La
società, di cui Il Sole 24 Ore ha incontrato i vertici, pure consapevole del
problema smorza il dubbio. Il gruppo, è l’indicazione, ha una struttura dedicata a
contrastare il fenomeno ed investe un’adeguata somma sul tema. Inoltre,
aggiunge Enel, giornalmente l’azienda già è oggetto di centinaia di cyber
attacchi. Un contesto che però non ha provocato alcun impatto rilevante. La
società, quindi, non vede particolari criticità.
Le “renewables”
Fin qui alcune considerazioni su Capex e digitalizzazione. Quali tuttavia le
ulteriori priorità? Una tra le altre, per l’appunto, è proseguire nella spinta sulle
rinnovabili. Secondo il piano d’impresa, rispetto al quale Enel in generale
conferma i target, gli investimenti cumulati per le “renewables” sono 8,3
miliardi. Un impegno concentrato su aree geografiche precise? Nel complesso la
società non ha un focus su mercati particolari. Si guarda laddove le rinnovabili
hanno buoni trend di crescita. Così, ad esempio, in Cile il livello raggiunto di
Mega Watt installati è considerato soddisfacente. Discorso diverso per gli Usa.
Qui il periodo di agevolazione fiscale sugli investimenti nelle “renawables”
termina nel 2020. Quindi c’è spazio per crescere. Analogamente all’Europa,
compresi Paesi quali la Spagna e la stessa Italia.
Insomma, tutto facile come bere un bicchiere d’acqua? La realtà è più
complicata. Il risparmiatore nota un aspetto. Ogni piano d’impresa ha in sé l’
“execution risk”. Nel caso in oggetto un angolo visuale per analizzarlo è il
seguente: c’è il rischio che, a fronte del protezionismo avviato dagli Usa e del
pericolo di una crescente “guerra sui dazi”, ci sia l’allontanamento delle reali
variabili macroeconomiche ed energetiche (ad esempio prezzo del petrolio) dai
valori assunti a base del piano d’impresa stesso.
Enel, augurandosi che nessun ulteriore “conflitto commerciale” si concretizzi,
non vede particolari problemi. Dapprima, sottolinea la multinazionale, le
assunzioni del business plan si basano su fenomeni di fondo globali, quali la
decarbonizzazione dei consumi energetici o l’incremento dell’urbanizzazione,
che sono avviati e proseguono ben oltre le dinamiche contingenti. Inoltre,
afferma sempre l’utility, nei Paesi avanzati la domanda di energia elettrica è, da
una parte, slegata dalla crescita del Pil; e, dall’altra, sottostà a logiche strutturali
quali la ricerca di più efficienze o l’elettrificazioni dei consumi. Poi, aggiunge il
gruppo, il rialzo delle commodity implica un vantaggio per chi, come Enel, è
diversificato sulle rinnovabili. Queste infatti, per loro stessa natura, scontano
solo i costi fissi degli investimenti sugli impianti. Ciò detto, però, può anche
obiettarsi che le attuali turbolenze in America Latina, seppure non direttamente
imputabili alle dinamiche su dazi, possono dare fastidio. Enel rigetta l’ulteriore
dubbio. Anche in quell’area, nonostante le dinamiche di breve, i trend di fondo
sono al rialzo: l’economia cresce, gli investimenti industriali proseguono e la
demografia, con la forte preponderanza di giovani, sostiene la domanda
energetica.
Già, la domanda di energia. Questa, ovviamente, è anche legata all’incremento
dei clienti finali (retail). Quei consumatori che, insieme all’incremento
dell’efficienza operativa, costituiscono un altro focus di Enel. Il gruppo infatti,
pure attraverso l’erogazione di innovativi servizi a valore aggiunto, punta ad
incrementare i clienti finali. Soprattutto sul mercato libero.
Rispetto a quest’ultimo tema però in Italia, che costituisce un’importante area
dove sviluppare la strategia, è stato di nuovo paventato il rinvio dell’abolizione
del “Mercato a maggiore tutela”. Un problema? La società risponde
negativamente. In primis, è l’indicazione, già adesso ci si trova di fatto in una
situazione di liberalizzazione. Il gruppo, in Italia, ha circa 10 milioni di clienti nel
mercato libero. Un numero che, dice Enel, testimonia come la sua offerta di
servizi sia considerata ragionevole e sensata. Ciò detto l’auspicio della società è
che, prevedendo un sistema di protezione per le fasce deboli dei consumatori, si
arrivi all’eliminazione del “Mercato a maggiore tutela”. Il nuovo contesto,
caratterizzato da precise regole, potrà consentire a realtà quali Enel di
differenziarsi con la propria offerta. Se ciò accadrà con ritardo, afferma sempre
l’azienda, non sarà un problema. Al momento del passaggio, conclude il gruppo,
avendo Enel avviato da tempo l’erogazione dei nuovi servizi potrà vantare un
vantaggio competitivo.
A fronte di un simile contesto, quali allora le prospettive sul 2018? La società,
dicendosi in linea con il piano d’impresa, ne conferma gli obiettivi. Quindi, a fine
dell’attuale esercizio, l’Ebitda ordinario dovrebbe essere di circa 16,2 miliardi
mentre l’utile netto ordinario dovrebbe assestarsi intorno a 4,1 miliardi.
VERSO L’ESAME DEL PARLAMENTO
Decreto Lavoro, incentivi per le stabilizzazioni. Taglio del cuneo fiscale in manovra di Marco Mobili e Claudio Tucci
9 luglio 2018
na riduzione strutturale del cuneo fiscale è l’altra faccia dell’intervento sul mercato del lavoro a cui pensa il governo Conte. L’operazione, risorse permettendo, dovrebbe concretizzarsi, in autunno, con la legge di Bilancio, ma non è escluso che qualche primo intervento possa essere introdotto già in sede di conversione parlamentare del decreto estivo, che oggi, salvo ulteriori rinvii, è atteso in Gazzetta ufficiale, dopo essere stato firmato dal Capo dello Stato (l’esame partirà poi dalla Camera).
Al momento le ipotesi un po’ più gettonate sono due e non necessariamente alternative tra di loro. La prima, ripetuta, da giorni, dal titolare del dicastero di via Veneto, Luigi Di Maio, è quella di un taglio selettivo del costo del lavoro, a partire da due settori innovativi e strategici, made in Italy e imprese digitali. Il dossier, da quanto si apprende, è in fase di approfondimento tecnico, sia per quanto riguarda l’eventuale compatibilità con la normativa Ue sia sul capitolo costi (immaginando, infatti, un intervento per favorire i nuovi contratti stabili in questi settori, ogni punto contributivo in meno, come noto, costa a regime intorno ai 2,5 miliardi di euro). Anche per questo, l’opzione dovrà essere valutata in sede di manovra 2019.
Decreto Lavoro, incentivi per le stabilizzazioni. Taglio del cuneo fiscale in manovra di Marco Mobili e Claudio Tucci 9 luglio 2018
Una riduzione strutturale del cuneo fiscale è l’altra faccia dell’intervento sul
mercato del lavoro a cui pensa il governo Conte. L’operazione, risorse
permettendo, dovrebbe concretizzarsi, in autunno, con la legge di Bilancio, ma
non è escluso che qualche primo intervento possa essere introdotto già in sede di
conversione parlamentare del decreto estivo, che oggi, salvo ulteriori rinvii, è
atteso in Gazzetta ufficiale, dopo essere stato firmato dal Capo dello Stato
(l’esame partirà poi dalla Camera).
Al momento le ipotesi un po’ più gettonate sono due e non necessariamente
alternative tra di loro. La prima, ripetuta, da giorni, dal titolare del dicastero di
via Veneto, Luigi Di Maio, è quella di un taglio selettivo del costo del lavoro, a
partire da due settori innovativi e strategici, made in Italy e imprese digitali. Il
dossier, da quanto si apprende, è in fase di approfondimento tecnico, sia per
quanto riguarda l’eventuale compatibilità con la normativa Ue sia sul capitolo
costi (immaginando, infatti, un intervento per favorire i nuovi contratti stabili in
questi settori, ogni punto contributivo in meno, come noto, costa a regime
intorno ai 2,5 miliardi di euro). Anche per questo, l’opzione dovrà essere valutata
in sede di manovra 2019.
La seconda ipotesi farebbe, invece, leva sull’eventuale introduzione nel decreto,
in accordo con le Camere, di un incentivo, più o meno automatico, sulle
stabilizzazioni di contratti a tempo determinato, considerata l’imminente stretta
su questa tipologia negoziale in arrivo con il testo.
Anche qui l’aspetto dei costi, e delle relative coperture, non è una variabile
secondaria. L’intenzione della maggioranza “giallo-verde” sarebbe, tuttavia,
quella di agevolare l’uscita dal precariato, riconoscendo, al tempo stesso, uno
sgravio monetario all’impresa che scommette stabilmente sulla risorsa. La
tentazione, su questa seconda ipotesi, è quella di sondare il Parlamento, durante
l’esame del decreto estivo, per valutare la fattibilità (almeno politica)
dell’intervento.
Del resto, le prime reazioni non sono affatto di chiusura. Laura Castelli (M5s),
ora sottosegretario all’Economia ma in attesa di essere nominata viceministro
dal titolare di Via XX Settembre, Giovanni Tria, ricorda che «il taglio del cuneo
fiscale, questa volta, non potrà prescindere, come è accaduto in passato con il
Governo Renzi, da una riduzione del carico contributivo versato dalle imprese
all’Inail». E si farà, per sgombrare il campo da ogni equivoco, «con la prossima
legge di Bilancio». Sulla possibilità, poi, di abbattere il costo del lavoro in modo
selettivo la Castelli aggiunge che si «tratterà di scegliere quali settori delle
attività produttive sostenere maggiormente in termini di crescita», anche se la
via maestra per la viceministra resta quella della riduzione delle tasse: «Questo
ci chiedono le imprese».
IL PESO DI TASSE E CONTRIBUTI SUL LAVORO, PAESI A
CONFRONTO
Cuneo fiscale e contributivo nei principali Paesi Ocse. Valori in % del costo del
lavoro (Fonte: Ocse)
D’accordo anche Armando Siri (Lega), sottosegretario alle Infrastrutture: «Il
lavoro è al centro del patto di governo; e il taglio al cuneo è certamente una
priorità».
Per la neopresidente della commissione Finanze della Camera, Carla Ruocco
(M5S), l’intervento si rende imprescindibile in quanto «il taglio del cuneo fiscale
sui contratti a tempo indeterminato va a completare la manovra di contrasto al
precariato, aiutando l’economia dal fronte delle aziende, per due motivi:
aumento della competitività e incremento della domanda interna».
Corretta, almeno secondo Daniele Pesco presidente della commissione Bilancio
del Senato, la volontà di un taglio selettivo: «Partire dalle imprese digitali, spiega
Pesco, vuol dire restare al passo degli altri Paesi e consentire al sistema
produttivo di non restare indietro». Mentre sulla riduzione mirata al made in
Italy, il presidente della Bilancio di Palazzo Madama precisa che «occorre
sostenere senza se e senza ma le nostre imprese, facendo però attenzione ai
limiti che impone Bruxelles sugli aiuti di Stato».
Di Maio: i tavoli Ue sui migranti antipasto di quello che avverrà a quelli dell’economia
Passando al decreto estivo, tre sono i temi su cui si accenderà un faro in
Parlamento. Le causali, su cui una fetta della maggioranza chiede un
ammorbidimento. La somministrazione, per evitare di paralizzare le attività
delle agenzie per il lavoro visto che il giro di vite contenuto nel provvedimento si
applica (forse, un’altra svista?) al rapporto tra agenzia e lavoratore, e non al
contratto commerciale stipulato con l’impresa utilizzatrice. E terzo, il periodo
transitorio, considerato che la nuova normativa vale anche per i contratti in
corso, seppur limitatamente a proroghe e rinnovi. Qui, in particolare, il governo
apre a una riflessione, e si dice disposto a trovare una soluzione in Parlamento
per posticipare (si ragiona su settembre) l’entrata in vigore delle nuove
disposizioni.
Libia: Serraj chiede al ministro Moavero la riattivazione dell’accordo Berlusconi-Gheddafi igranti ma non solo nel viaggio lampo a Tripoli del ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi che sabato ha incontrato a Tripoli il presidente del Consiglio presidenziale Fayez Al Serraj, il viceprimo ministro Ahmed Maitig, il ministro degli esteri Mohammed Taher Siyala e il presidente dell'Alto Consiglio di Stato Khaled Al Meshri. Nel corso dei colloqui le autorità libiche hanno confermato la
volontà di proseguire e rafforzare il partenariato strategico con l’Italia che è l’unico Paese Ue ad avere un’ambasciata aperta in Libia.
Serraj: ripartire da accordo del 2008 Il presidente Serraj e il ministro degli Esteri Siyala hanno ribadito la volontà di riattivare il trattato di amicizia e cooperazione firmato nel 2008 dall’ex premier italiano Silvio Berlusconi e da Muammar Gheddafi. L’accordo prevedeva tra l’altro la costruzione di un’autostrada litoranea di 1700 km dal confine tunisino a quello egiziano sul tracciato della via Balbia dal costo di 5 miliardi di dollari in 20 anni. Il primo lotto dell’opera era stato assegnato all’Impregilo nel 2013 ma la forte instabilità del Paese aveva costretto l’azienda a sospendere i lavori. Le autorità libiche hanno garantito a Moavero la possibilità che le imprese italiane tornino in Libia anche sulla scorta delle dichiarazioni di interesse emerse dall’ultima conferenza di Agrigento di alcuni mesi fa. La settimana prossima i rappresentanti del consorzio Aeneas che sta lavorando alla ristrutturazione dell’aeroporto internazionale di Tripoli effettueranno una missione nel Paese per valutare tempi e modalità dei lavori. Lo stesso sta facendo la Piacentini per i lavori nel porto di Zawara. Nel corso dei colloqui non sarebbe stata sollevata la questione degli insoluti di pagamento per circa 600 milioni di dollari dovuti ad aziende italiane da controparti pubbliche libiche, questione che la Confindustria ritiene pregiudiziale per una ripresa delle relazioni economiche con il Paese.
Thailandia, riprese le operazioni di recupero dei ragazzi dalla grotta 09 luglio 2018
Sono riprese le operazioni di recupero degli otto ragazzi più l'allenatore
intrappolati nella grotta Tham Luang, in Thailandia. Ieri erano stati
portati fuori dalla grotta i primi quattro ragazzi dei 12 intrappolati con il
loro coach nella grotta Tham Luang in Thailandia (le autorità hanno corretto il
numero dopo che era stato diffuso in precedenza il numero di sei ragazzi salvati).
Uno è in gravi condizioni. Il ragazzino è stato portato in barella sull'elicottero
che lo ha poi trasportato all'ospedale di Chang Rai, a 60 km. Gli altri sono stati
invece portati in ambulanza. All’operazione partecipano 90 sommozzatori, di
cui 40 thailandesi e i restanti 50 provenienti da diverse parti del mondo.
Secondo quanto riferito dai media locali, i primi dei ragazzi intrappolati nella grotta in Thailandia ad essere usciti sono stati quelli “più deboli”. Lo ha riferito l'inviato di Skynews sul posto. Prima di iniziare le operazioni di evacuazione un medico ha visitato tutti, ragazzi e allenatore, e stabilito una lista di uscita. Quelli rimasti sono “i più forti”.
I ragazzi salvati saranno tenuti in isolamento anche tra di loro e senza vedere le famiglie per le prime 24 ore, come precauzione per evitare infezioni. Lo
riportano le tv thailandesi. Un intero piano dell'ospedale Prachanukroh di Chiang Rai è stato riservato per il gruppo. L'area è stata interdetta ai media.
08 luglio 2018
Dalla grotta viene recuperata una persona per volta. Si immergono 2 sub per ciascuna persona costretta nella cava. Il recupero ha avuto inizio domenica alle 10 locali, le 5 in Italia. Il governatore Narongsak Osatanakorn, che dirige le operazioni, ha detto che «i ragazzi sono pronti fisicamente e determinati» a resistere fino al termine dell’operazione. Dopo l’interruzione delle procedure per il salvataggio dei ragazzi bloccati nella grotta, ha ricominciato a piovere intensamente, dopo ore di tempo clemente che ha consentito le operazioni di soccorso. Un peggioramento nelle condizioni meteorologiche era previsto già dai giorni scorsi, il che ha convinto le autorità ad agire in fretta per evitare che il livello dell'acqua nella grotta torni a salire complicando il recupero dei ragazzi intrappolati con il loro allenatore da oltre due settimane.
Il recupero potrebbe durare due giorni Le operazioni di recupero potrebbero durare «un paio di giorni», e sono dipendenti anche dal maltempo. La maggior parte del tragitto per uscire dalla grotta è «percorribile a piedi» e il livello dell'acqua ora è il più basso degli ultimi giorni, dice Osatanakorn, responsabile delle operazioni, senza specificare se e per quanti metri i ragazzi sono costretti a immergersi. Sull'area attorno alla grotta Tham Luang è ricominciato a piovere in modo insistente, anche se non con la tipica violenza dei monsoni, e la montagna che ricopre la grotta è costantemente circondata da nuvoloni alti poche centinaia di metri. Un'eventuale salita del livello d'acqua all'interno potrebbe complicare e allungare i tempi delle operazioni di recupero. Annunciando il via libera al blitz, i responsabili dei soccorsi avevano menzionato l'alta probabilità di acquazzoni in arrivo.
I ragazzi divisi in quattro gruppi
I 12 ragazzi intrappolati nella grotta Tham Luang sono stati divisi in un primo
gruppo di quattro persone, seguiti da tre gruppi di tre. L'allenatore della squadra
di giovani calciatori sarà l'ultimo a uscire. Già nei giorni scorsi, i responsabili dei
soccorsi avevano fatto capire che il recupero avrebbe dato precedenza ai ragazzi
più pronti fisicamente e mentalmente. L'allenatore era stato segnalato come il
più debole, anche perché per giorni aveva rinunciato alla sua parte di cibo,
lasciandola ai suoi ragazzi.
Finita la luna di miele tra Trump e Kim? Pyongyang: «Pompeo ha modi da gangster» di Stefano Carrer
08 luglio 2018
E’ già finita la sorprendente luna di miele tra Donald Trump e Kim Jong-un
avviata con l’enfatico incontro bilaterale di Singapore? Pare proprio di sì, a
giudicare da come i media nordcoreani hanno biasimato il segretario di stato
Mike Pompeo poco dopo la sua partenza di ieri da Pyongyang. Se ai giornalisti
Pompeo aveva fatto dichiarazioni relativamente rassicuranti («Penso che
abbiamo fatto progressi in ogni elemento centrale delle discussioni» pur
riconoscendo l’esistenza di punti da chiarire), l’agenzia ufficiale KCNA ha
attribuito a un portavoce del ministero degli Esteri di Pyongyang dure
dichiarazioni.
L’atteggiamento di Pompeo sarebbe stato “molto spiacevole” per la sua insistenza nel richiedere una unilaterale, completa verificabile e irreversibile denuclearizzazione, anziché concordare un processo graduale in cui le parti fanno ciascuna passi avanti. Una richiesta “da gangster”, afferma il portavoce, che ha portato il negoziato ad alto livello a un punto in cui la Corea del Nord «potrebbe riconsiderare l’incrollabile volontà in favore della denuclearizzazione».
Molti analisti a questo punto pensano che Pyongyang sia tornata alle sue consuete tattiche negoziali: incassare concessioni in cambio di promesse per poi rimettere tutto in discussione. In sostanza, il messaggio che arriva dalla Corea del Nord pare abbastanza preciso: la richiesta di denuclearizzazione unilaterale è respinta e gli Stati Uniti dovranno fare nuove concessioni perché i negoziati possano fare progressi.
Trump aveva invece esaltato l'incontro di Singapore con Kim come una già avvenuta svolta storica. Ma la Corea del Nord mantiene il suo arsenale nucleare e anzi, secondo indicazioni delle ultime due settimane, starebbe proseguendo come se niente fosse nei piani di upgrading delle sue capacità belliche (anche sul fronte atomico).
Kim, comunque, ha fatto recapitare a Pompeo una sua lettera personale per il presidente Trump, in cui afferma la sua “aspettativa e convinzione” che i sentimenti e la buona fede tra i due leader possano ulteriormente consolidarsi in futuro attraverso il dialogo. Ma forse Trump avrà cominciato ad accorgersi di avere cantato vittoria troppo presto. Trasportare sul fronte diplomatico astuzie da businessman ed enfasi sugli
effetti mediatici, specialmente se si tratta della questione coreana, non può garantire buoni risultati sostanzi
ali.
Duro colpo al governo May: si dimette il ministro per la Brexit, David Davis 09 luglio 2018
l governo conservatore britannico di Theresa May perde un pezzo da novanta: il ministro per la Brexit, David Davis, elemento chiave della compagine, ha annunciato stanotte le sue dimissioni in polemica con la svolta verso un negoziato più morbido con l’Unione Europea annunciata dalla premier dopo le lunghe trattative di venerdì scorso con i suoi ministri. Davis, esponente di punta della corrente Tory euroscettica, ha deciso dopo qualche giorno di riflessioni di non poter accettare la nuova strategia più conciliante verso Bruxelles che May aveva imposto al consiglio dei ministri e che all’inizio sembrava essere stata accettata da tutti.
Le dimissioni del ministro, in attesa dell’ufficializzazione di Downing Street e della nomina di un sostituto, sono state confermate dalla Bbc e da tutti i media del Regno Unito. Davis, 69 anni, finora responsabile per il governo britannico dei negoziati sul divorzio con l’Ue, aveva sottoscritto venerdì - come tutti gli altri ministri - il compromesso proposto da Theresa May per cercare di sbloccare le trattative con Bruxelles: compromesso sgradito ai “brexiteers” ultrà del suo stesso partito, considerato da qualcuno alla stregua di un tradimento del risultato del referendum del 2016 e improntato a un’apertura sull’ipotesi di creazione di un’area di libero scambio post Brexit - con regole comuni - almeno per i beni industriali e per l’agricoltura, oltre che alla definizione di nuove intese doganali con l'Ue.
Concessioni interpretate da diversi deputati della corrente dei falchi come un cedimento, ma su cui inizialmente la premier sembrava aver ricomposto una sia pur fragile unanimità in seno al gabinetto, ora rotta da Davis. L’uscita di scena del ministro per la Brexit rischia di essere in effetti l’inizio di un effetto domino (il primo a seguire potrebbe essere il titolare degli Esteri, Boris Johnson) in grado di mandare in pezzi l’esecutivo, la maggioranza e la compattezza del Partito Conservatore. Con tanto di scenario incombente di elezioni anticipate.
E le reazioni non si sono fatte attendere. Dal fronte dei “brexititeers”, plausi al gesto «coraggioso e da uomo di principi» di Davis arrivano a tamburo battente da deputati come Peter Bone, Andrea Jenkyns e Harry Smith, mentre molti osservatori danno già per scontata una sfida imminente alla leadership
Tory della May. Da quello dell’opposizione laburista di Jeremy Corbyn - indicata in corsia di sorpasso in caso di ritorno alle urne da un ultimo sondaggio pubblicato giusto ieri - si guarda invece apertamente a questo punto allo sbocco ravvicinato di un possibile nuovo voto entro pochi mesi. «Il Partito Conservatore è ormai nel caos», commenta fra gli altri il presidente del consiglio nazionale del Labour, Ian Lavery. E non manca chi rilancia alla fine di tutto il processo anche lo scenario di un referendum bis sulla Brexit
FOCUS
Bologna. Focus Group per RLST – Progetto ARLES
Data/Orario Data: 11 Lug 2018
Ora: 9:00 AM - 6:00 PM Luogo
IIPLE Nell’ambito dell’Accordo di collaborazione tra Inail, rappresentato dalla Direzione centrale prevenzione, e l’ATS Formedil-Cncpt rappresentata da Formedil (capofila mandatario in partenariato con Cncpt, per la realizzazione del progetto ARLES “Attività del rappresentante dei lavoratori per un’edilizia in sicurezza” risultato rispondente alle finalità dell’avviso pubblico per la raccolta delle c.d. “manifestazioni di interesse” per la stipula di accordi sul tema dell’informazione e sviluppo della cultura della prevenzione per la figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con particolare riferimento al settore dell’edilizia, dell’agricoltura e delle aziende sanitarie ed ospedaliere, reso pubblico in data 21 ottobre 2015, si inseriscono i focus group di seguito elencati e rivolti agli RLST.
L’obiettivo del progetto ARLES “Attività del rappresentante dei lavoratori per un’edilizia in sicurezza” è quello di promuovere la cultura della prevenzione dei rappresentanti per la sicurezza RLS e dei rappresentanti della sicurezza territoriale RLST nel settore delle costruzioni, attraverso un’azione di sistema della bilateralità di settore, con particolare interesse allo scambio di informazioni tra rappresentanti, e realizzando una profonda condivisione delle esperienze di cantiere, di quelle territoriali, e delle esperienze di “ruolo”. L’obiettivo strategico del progetto risiede nel promuovere una nuova cultura in materia sicurezza nei luoghi di lavoro per accrescere le competenze non solo dei lavoratori RLS, ma di tutte le figure che ruotano attorno a loro. Il progetto si pone tra i suoi obiettivi quello di far aumentare la consapevolezza del ruolo di rappresentanza dei propri colleghi gestendo l’aspetto relazionale tra le figure professionali con cui gli RLS/RLST possono e devono confrontarsi. Il progetto è stato pensato a partire dalla centralità della partecipazione attiva degli RLS/RLST di settore a una sistemica e unitaria campagna di focus group gestiti dagli enti bilaterali nazionali e territoriali del settore edile.
Le sedi dei focus group sono state scelte per coprire tutto il territorio italiano, la durata di ciascun evento è di 8 ore giornaliere a partire dalle ore 9.00 presso le sedi degli enti territoriali del sistema della bilateralità edile. Per ulteriori informazioni o chiarimenti potrete rivolgervi ad Antonella Linari, Diego de Gisi e Massimiliano Sonno ai seguenti recapiti:
06/852612
06/852613
Ferrara. Focus Group per RLST – Progetto ARLES
Data/Orario Data: 12 Lug 2018 Ora: 9:00 AM - 6:00 PM Luogo Edilform estense c/o Confartigianato
CASSA EDILE
BANDO SOGGIORNI 2018 (dal 25 Agosto al 1 Settembre)
La domanda deve essere presentata (e quindi pervenire alla Cassa) entro il 20 Luglio 2018 La Cassa Edile di Mutualità ed Assistenza di Roma e Provincia ha deliberato per il periodo Agosto/Settembre 2018 un programma di attività turistiche. I Soggiorni si svolgeranno nei luoghi prescelti e comprenderanno:
pensione completa;
trasporto da e per Roma (effettuato esclusivamente con pullman);
assistenza e accompagnatori;
assicurazione.
I lavoratori che, in base alla graduatoria elaborata, risulteranno aventi diritto al SOGGIORNO, riceveranno regolare avviso a mezzo lettera con tutte le indicazioni necessarie.
REGOLAMENTO DI PARTECIPAZIONE Articolo 1 Possono partecipare i lavoratori edili ed i loro familiari (coniuge o convivente e figli a carico) che alla data del 30 Aprile 2018, risultino:
occupati presso una impresa edile iscritta ed in regola con gli adempimenti (denunce e versamenti) della Cassa Edile di Roma fino al mese di Marzo 2018;
in possesso, nel periodo 1° Aprile 2017 - 31 Marzo 2018, di un numero minimo di 950 ore di lavoro ordinario (sono considerate valide ai fini del requisito le ore di malattia ed infortunio regolarmente indennizzate e le ore di C.I.G.S. documentate);
beneficiari di prestazioni APE (Anzianità Professionale Edile), di cui, almeno una, erogata dalla Cassa Edile di Roma da Maggio 2014 a Maggio 2018.
Non aver fruito del soggiorno nell’anno precedente al presente Bando; Articolo 2 Le domande di ammissione, corredate di tutti i documenti “in originale” previsti dall’Articolo 3, dovranno essere
spedite a mezzo raccomandata A/R ovvero a mezzo email ( [email protected]) ovvero presentate a
mano e pervenire alla Cassa Edile entro i termini improrogabili stabiliti dal presente Bando (venerdì 20 Luglio
2018); a tal fine farà testo la data nell'avviso di ricevimento ovvero la data di presentazione effettuata
direttamente agli sportelli della Cassa Edile ovvero la data di arrivo della Email. Articolo 3 Per partecipare ai soggiorni gli interessati dovranno presentare:
Domanda di partecipazione utilizzando il presente stampato che dovrà essere compilato in ogni sua parte;
Certificato di stato di famiglia con codici fiscali oppure modello ISEE;
Nel caso di convivenza: autocertificazione (autenticata dal Comune) attestante il/la convivente a carico;
Dichiarazione dell’impresa attestante il rapporto di lavoro in atto alla data del 30 Aprile 2018;
Modello di consenso privacy (art. 13 del REG. UE 2016/679) in allegato. Articolo 4 Alla formazione delle graduatorie dei partecipanti ai soggiorni presiederà una Commissione Giudicatrice così composta:
Presidente della Cassa Edile;
Vice Presidente della Cassa Edile;
Quattro consiglieri del Comitato di Gestione della Cassa Edile.
Articolo 5 La Commissione Giudicatrice, nella formazione della graduatoria, oltre quanto previsto dagli artt. 1 e 2, si atterrà ai seguenti elementi di giudizio in ordine di priorità:
Fruizione per la prima volta della prestazione;
Numero dei soggiorni già effettuati dal 2008 al 2017 (si terrà conto dell’anno di fruizione più remoto);
Numero di erogazioni A.P.E. percepite fino a Maggio 2018.
Il giudizio della Commissione Giudicatrice è insindacabile. Articolo 6
I lavoratori e le loro famiglie, selezionati dalla graduatoria, sono tenuti a partecipare al soggiorno assegnato;
Coloro che, per particolari situazioni familiari, non siano in grado di partecipare al soggiorno organizzato, devono darne immediata comunicazione telefonica alla Cassa Edile, motivando la rinuncia ed inviando opportuna documentazione giustificativa, in mancanza della quale si provvederà ad applicare la sanzione di addebito delle quote preventivate per i familiari a carico del lavoratore, nonché l’esclusione de llo stesso dalla partecipazione dei soggiorni organizzati dalla Cassa Edile per i DUE anni successivi. Articolo 7 La Cassa Edile, nel rispetto delle graduatorie dei non classificati, provvederà a sostituire i lavoratori che hanno comunicato la rinuncia al soggiorno, con altri lavoratori e rispettivi familiari che si renderanno disponibili, anche per le vie brevi, a dare conferma della partecipazione al soggiorno. Articolo 8 Qualora per la località indicata dal lavoratore i posti disponibili non siano sufficienti, la Cassa Edile comunicherà al lavoratore la fruizione del soggiorno in altra località. Articolo 9
ADESIONI E QUOTE DI PARTECIPAZIONE
Per il lavoratore iscritto il soggiorno è completamente gratuito.
Per il coniuge o convivente (a carico) il contributo è di € 160,00.
Per ogni figlio (a carico) partecipante il contributo è di € 160,00.
Per i figli l’età massima prevista è il 17° anno (non devono aver compiuto il 18° anno alla data del 31 Marzo 2018).
Le quote di partecipazione saranno trattenute dalla Cassa Edile sui pagamenti di GNF e di altre prestazioni. In mancanza di tali erogazioni, il lavoratore è tenuto ad effettuare il versamento dell’importo dovuto entro la fine del corrente anno a mezzo del c/c postale n° 351015 intestato alla Cassa Edile di Roma.
N.B.: Le domande, pur presentate nei termini di cui all’art. 2, non corredate di tutti i documenti e/o dati
richiesti, non saranno prese in considerazione.
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Data
Pagina
Foglio
09-07-20183
113159
Quotidiano
Lavori pubblici
Codic
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bbonam
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È morto il regista Carlo Vanzina, col fratello Enrico ha proseguito la commedia "dei padri" di CHIARA UGOLINI Aggiornato il 09 luglio 2018
Era figlio di Steno, era stato assistente di Monicelli. Aveva 67 anni. Grazie al sodalizio con il fratello ha raccontato gli italiani in tante commedie di successo. I funerali martedì a Roma
È morto Roma Carlo Vanzina, aveva 67 anni. Regista, sceneggiatore, produttore, con il fratello
sceneggiatore Enrico ha raccontato le vacanze degli italiani e con quelle commedie di
successo, a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, ha saputo tratteggiare le trasformazioni del
nostro Paese attraverso tanti personaggi talvolta ingenui, talvolta cinici, che hanno fatto la
fortuna di molti interpreti, da Christian De Sica a Massimo Ghini, da Massimo Boldi a Jerry
Calà. I funerali saranno celebrati martedì 10 luglio alle 11 a Roma, nella Basilica di Santa
Maria degli Angeli e dei Martiri, in piazza della Repubblica. A quanto si apprende, non sarà
allestita la camera ardente.
Carlo Vanzina era malato da tempo. A dare la notizia della morte sono stati la moglie Lisa e il
fratello Enrico. "Nella sua amata Roma, dov'era nato, ancora troppo giovane e nel pieno della
maturità intellettuale, dopo una lotta lucida e coraggiosa contro la malattia - si legge nella nota
della famiglia - ci ha lasciati il grande regista Carlo Vanzina amato da milioni di spettatori ai
quali, con i suoi film, ha regalato allegria, umorismo e uno sguardo affettuoso per capire il
nostro Paese". E pensare che non voleva fare il regista, il suo sogno era fare il critico
cinematografico: "Da ragazzino tenevo degli album che riempivo con tutti i film che vedevo e
ne vedevo tantissimi - raccontava - scrivevo le mie minicritiche, mettevo già le stellette anche
se non si usava, scrivevo tutto il cast dagli attori al direttore della fotografia. Ero un vero
malato di cinema".
Figlio del grande Steno (nome d'arte per Stefano Vanzina) e di Maria Teresa Nati, nato il 13
marzo 1951, ha avuto come maestro il grande Mario Monicelli. "Mio padre mi portò da
Monicelli che era un suo grande amico e col quale aveva lavorato tanto - proseguiva Vanzina -
all'inizio mi trattò malissimo, non voleva certo che mi sentissi privilegiato in quanto figlio di".
Sul set di film come Brancaleone alle crociateo Romanzo popolare Carlo Vanzina apprese
molti dei trucchi del mestiere "Monicelli era un burbero, un finto cattivo. Mi ha trattato in
maniera infernale, ho pianto tanto ma nonostante questo ho serrato i denti e sono andato
avanti finché mi ha fatto suo primo aiuto". Carlo ha imparato molto da Monicelli, soprattutto
nella direzione degli attori, lezioni che ha messo in pratica quando ha debuttato come regista
nel 1976 con Luna di miele in tre con Renato Pozzetto e Stefania Casini, scritto dal fratello
Enrico, come sempre sarà con la sessantina di film che hanno realizzato insieme.
Il primo grande successo è Sapore di mare del 1983. Il primo di una lunga lista di film sulle
vacanze, avevano scelto quel titolo perché i diritti per Sapore di sale erano già stati acquistati
da Neri Parenti, e il titolo portò loro fortuna, il film incassò dieci miliardi di lire. Sulla scia di
quello straordinario successo si pensò a una versione invernale, Vacanze di Natale. Il film uscì
l'antivigilia di Natale e inaugurò un genere che, con trasformazioni e aggiustamenti, è arrivato
fino a oggi.
La critica, che li osteggiava, li etichettò come "cinepanettoni" (termine che sia Carlo che Enrico
hanno sempre rifiutato), ma il pubblico li amava e ne decretava il successo. "Al di là del
fenomeno di costume che ne è seguito, Vacanze di Natale era una vera commedia all'italiana
che si ispirava a Vacanze d'inverno, il film di Camillo Mastrocinque prodotto da Dino De
Laurentiis nel '59 - raccontava Enrico Vanzinaper il trentennale - a noi interessava quel tipo di
cinema che era quello che avevamo imparato a fare sui set di nostro padre, Steno. De
Laurentiis ha avuto la capacità di trasformare un film in un brand e di imporlo come gusto
nazional popolare. Ha creato la coppia di successo Boldi-De Sica, coppia che aveva esordito
nel nostro film Yuppies - I giovani di successo e si è poi rivelata una perfetta macchina da
guerra comica".
La lista dei film che hanno firmato i due fratelli è infinita, spesso nello stesso anno sono usciti
anche due o tre titoli. Carlo Vanzina ha diretto quasi tutti gli attori italiani: Diego Abatantuono,
Gian Maria Volonté, Sergio Castellitto, Renato Pozzetto, Paolo Villaggio, Gigi Proietti, Enrico
Montesano, Vincenzo Salemme, Christian De Sica, Massimo Boldi, Enrico Brignano, Michele
Placido, Virna Lisi, Monica Bellucci. Molti di loro lo hanno ricordato oggi. Il rapporto con gli
interpreti è stato per lui sempre la parte più importante del suo lavoro: "Anche se una
sceneggiatura è scritta bene e ci sono buoni dialoghi - raccontava - se arriva un bravo attore di
commedia, che è intelligente e spiritoso, è chiaro che tu come regista non devi frenarlo ma
invece pungolarlo, spingerlo".
L'ultimo film è stato Caccia al tesoro (2017) con Vincenzo Salemme, Serena Rossi, Carlo
Buccirosso, che come scrive Paolo D'Agostini nella sua recensione, si riallaccia alla commedia
all'italiana con la quale i fratelli Vanzina si sono formati. Sul modello di Operazione San
Gennaro del 1966 di Dino Risi, Manfredi protagonista e Totò guest star come nei Soliti
ignoti (che qui come lì è sempre archetipo), un gruppetto di disgraziati unisce le forze per
rubare il tesoro di San Gennaro.
a Ischia alla Festa di Roma i festival italiani si preparano a rendergli omaggio. "Carlo Vanzina
ha saputo raccontare con intelligenza e spesso con grande preveggenza le debolezze e le
mode della società italiana contemporanea. Colto e raffinato, ha scelto di parlare al grande
pubblico: sarò onorato di ricordarlo e omaggiarlo alla Festa del cinema". Lo annuncia Antonio
Monda, direttore artistico della Festa del cinema di Roma. A Carlo Vanzina, "maestro della
commedia", sarà invece assegnato il 'Legend Award' dell'Ischia Global Film & Music festival,
che ospiterà una rassegna dei suoi successi con proiezioni gratuite nelle piazze di
Casamicciola e Lacco Ameno dal 15 al 22 luglio. A ritirare il premio potrebbero essere la
moglie Lisa o il fratello Enrico, spiega il fondatore e produttore del festival, Pascal Vicedomini,
che nei giorni scorsi aveva annunciato il tributo a Vanzina, "deciso all'unanimità dal board di
Ischia Global nel quale siedono Marina Cicogna, Enrico Lucherini, Dante Ferretti, Francesca lo
Schiavo, Franco Nero, Tony Renis". I funerali saranno celebrati martedì 10 luglio alle 11 a
Roma, nella Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, in piazza della Repubblica. Non
sarà allestita la camera ardente.