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348 ANN IST SUPER SANITÀ 2006 | V OL. 42, NO. 3: 348-364 RESEARCH AND METHODOLOGIES/RICERCHE E METODOLOGIE INTRODUZIONE Fin dai tempi di Ippocrate l’errore è stato considerato una componente ineliminabile dell’ “arte” medica. Ciononostante nella storia non sono mancate prati- che, a volte anche piuttosto feroci, tese a sanzionare gli interventi medici dagli esiti meno fortunati [1]. Nell’ultimo secolo la via ufficiale adottata dai cittadini per risolvere i problemi nati in seguito ad errori medici o chirurgici è sicuramente stata quella giudiziale. Più precisamente, il fenomeno della medical malprac- tice litigation nasce intorno al 1850 negli Stati Uniti, per raggiungere un apice significativo intorno al 1930 e pro- seguire in un crescendo ininterrotto fino ad oggi [2]. Negli ultimi decenni l’aumento delle denunce per “malapratica” ha conosciuto un’importanza crescente anche in Europa e nella maggior parte dei paesi a svilup- po avanzato e, forse proprio per questo motivo, in molti paesi si stanno studiando nuove modalità di risoluzione del contenzioso per responsabilità medica e nuovi mec- canismi di regolamentazione dei processi di cura. Tradizionalmente, per limitare l’impatto degli incidenti iatrogeni, la classe medica ha adottato meccanismi di rego- lamentazione interni e corporativi, basati su codici deonto- logici e meccanismi di controllo tra pari non sempre effica- ci nell’arginare i comportamenti scorretti, né tantomeno nel valutare l’appropriatezza di certi tipi di interventi [3-5]. Un confronto di opinioni di alcuni medici italiani sugli errori nella medicina clinica Sabina Gainotti (a) , Carlo Petrini e Maria Rosaria Spedicato (a) (a) Istituto di Igiene, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma (b) Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute, Istituto Superiore di Sanità, Roma Indirizzo per la corrispondenza (Address for correspondence): Carlo Petrini, Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute, Istituto Superiore di Sanità, Via Giano della Bella 34, 00162 Roma. E-mail: [email protected]. Riassunto. Sono raccolte, confrontate e discusse opinioni riguardanti l’errore in medicina esposte nella letteratura. Sono anche raccolte mediante questionari le opinioni di 173 medici che lavorano in un ospe- dale romano con più di 500 posti letto. Lo studio è dedicato a conoscere le opinioni dei medici riguardo ai concetti di responsabilità professionale e “di sistema” di fronte agli errori, nell’idea di riscontrare una loro maggior attribuzione di responsabilità ai singoli operatori piuttosto che alla struttura d’appartenenza, ed un maggiore interesse per le problematiche comunicative e relazionali che non per quelle strumentali o tecnologiche nella prevenzione e gestione degli incidenti. Più in particolare gli aspetti in esame riguar- dano: la numerosità degli errori, le loro cause, i possibili rimedi e le ripercussioni degli errori sulla sensi- bilità di chi li ha commessi. Nel testo sono raccolti i risultati essenziali ottenuti, che confermano l’idea di una cultura medica prevalentemente responsabilizzante e meno interessata ai difetti di sistema. I medici intervistati segnalano soprattutto problemi relativi al carico di lavoro e alla mancanza di comunicazione in ospedale. Le problematiche di sistema interessano principalmente i medici che lavorano nei servizi. Differenze relative all’impatto psicologico degli errori sono emerse confrontando i risultati secondo l’an- zianità, il sesso, ed il luogo di attività dei medici. Parole chiave: errori in medicina, comunicazione, etica, inchiesta, medici italiani. Summary (A survey on some Italian doctors’ opinions about errors in clinical medicine). The paper dis- cusses opinions on medical errors from the scientific literature and from a survey on 173 medical doctors working in a large hospital (> 500 beds) in Rome (Italy). The study is meant to explore doctors’ opinions on professional and/or system responsibility in front of errors. In our hypothesis doctors are more favour- able to attribute responsibility to individual carers rather than to institutions, and they are interested in solutions involving relational and communicational enhancements more than in technological or systemic innovations for risk management. The focus of the questionnaire is on errors’ frequency, their principal causes and possible remedies, and their emotional impact. The main findings of the survey are presented. They confirm the idea of a medical culture essentially focused on individual responsibility rather than on system’s responsibility. According to doctors the major causes of errors result from work overload and from a lack of communication inside medical teams and among different medical specialties. System er- rors, as well as technological solutions, are more quoted by doctors working in laboratories. Psychological consequences of errors vary by doctors’ sex, length of exercise, and place of activity. Key words: medical errors, communication, ethics, surveys, Italian medical doctors.

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349ERRORI NELLA MEDICINA CLINICA

INTRODUZIONE Fin dai tempi di Ippocrate l’errore è stato considerato

una componente ineliminabile dell’ “arte” medica.Ciononostante nella storia non sono mancate prati-

che, a volte anche piuttosto feroci, tese a sanzionare gli interventi medici dagli esiti meno fortunati [1]. Nell’ultimo secolo la via ufficiale adottata dai cittadini per risolvere i problemi nati in seguito ad errori medici o chirurgici è sicuramente stata quella giudiziale.

Più precisamente, il fenomeno della medical malprac-tice litigation nasce intorno al 1850 negli Stati Uniti, per raggiungere un apice significativo intorno al 1930 e pro-seguire in un crescendo ininterrotto fino ad oggi [2].

Negli ultimi decenni l’aumento delle denunce per “malapratica” ha conosciuto un’importanza crescente anche in Europa e nella maggior parte dei paesi a svilup-po avanzato e, forse proprio per questo motivo, in molti paesi si stanno studiando nuove modalità di risoluzione del contenzioso per responsabilità medica e nuovi mec-canismi di regolamentazione dei processi di cura.

Tradizionalmente, per limitare l’impatto degli incidenti iatrogeni, la classe medica ha adottato meccanismi di rego-lamentazione interni e corporativi, basati su codici deonto-logici e meccanismi di controllo tra pari non sempre effica-ci nell’arginare i comportamenti scorretti, né tantomeno nel valutare l’appropriatezza di certi tipi di interventi [3-5].

Un confronto di opinioni di alcuni medici italiani sugli errori nella medicina clinica Sabina Gainotti(a), Carlo Petrini e Maria Rosaria Spedicato(a)

(a)Istituto di Igiene, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma(b)Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute, Istituto Superiore di Sanità, Roma

Indirizzo per la corrispondenza (Address for correspondence): Carlo Petrini, Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute, Istituto Superiore di Sanità, Via Giano della Bella 34, 00162 Roma. E-mail: [email protected].

Riassunto. Sono raccolte, confrontate e discusse opinioni riguardanti l’errore in medicina esposte nella letteratura. Sono anche raccolte mediante questionari le opinioni di 173 medici che lavorano in un ospe-dale romano con più di 500 posti letto. Lo studio è dedicato a conoscere le opinioni dei medici riguardo ai concetti di responsabilità professionale e “di sistema” di fronte agli errori, nell’idea di riscontrare una loro maggior attribuzione di responsabilità ai singoli operatori piuttosto che alla struttura d’appartenenza, ed un maggiore interesse per le problematiche comunicative e relazionali che non per quelle strumentali o tecnologiche nella prevenzione e gestione degli incidenti. Più in particolare gli aspetti in esame riguar-dano: la numerosità degli errori, le loro cause, i possibili rimedi e le ripercussioni degli errori sulla sensi-bilità di chi li ha commessi. Nel testo sono raccolti i risultati essenziali ottenuti, che confermano l’idea di una cultura medica prevalentemente responsabilizzante e meno interessata ai difetti di sistema. I medici intervistati segnalano soprattutto problemi relativi al carico di lavoro e alla mancanza di comunicazione in ospedale. Le problematiche di sistema interessano principalmente i medici che lavorano nei servizi. Differenze relative all’impatto psicologico degli errori sono emerse confrontando i risultati secondo l’an-zianità, il sesso, ed il luogo di attività dei medici.

Parole chiave: errori in medicina, comunicazione, etica, inchiesta, medici italiani.

Summary (A survey on some Italian doctors’ opinions about errors in clinical medicine). The paper dis-cusses opinions on medical errors from the scientific literature and from a survey on 173 medical doctors working in a large hospital (> 500 beds) in Rome (Italy). The study is meant to explore doctors’ opinions on professional and/or system responsibility in front of errors. In our hypothesis doctors are more favour-able to attribute responsibility to individual carers rather than to institutions, and they are interested in solutions involving relational and communicational enhancements more than in technological or systemic innovations for risk management. The focus of the questionnaire is on errors’ frequency, their principal causes and possible remedies, and their emotional impact. The main findings of the survey are presented. They confirm the idea of a medical culture essentially focused on individual responsibility rather than on system’s responsibility. According to doctors the major causes of errors result from work overload and from a lack of communication inside medical teams and among different medical specialties. System er-rors, as well as technological solutions, are more quoted by doctors working in laboratories. Psychological consequences of errors vary by doctors’ sex, length of exercise, and place of activity.

Key words: medical errors, communication, ethics, surveys, Italian medical doctors.

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Solo da poco più di un decennio, alcuni studi epi-demiologici basati sulla revisione di cartelle cliniche hanno permesso di stimare l’impatto degli errori e dei cosiddetti eventi avversi in ambito ospedaliero, ma anche di fornire dati sulla loro potenziale evitabilità [6-12].

Sebbene l’idea di “errore evitabile” possa sollevare forti perplessità, specialmente quando il titolo di “evi-tabile” è attribuito a posteriori [13-16], in seguito a questi lavori autorevoli istituzioni hanno pubblicato rapporti interamente dedicati al problema degli errori e degli eventi avversi in sanità, con lo scopo di studia-re nuove soluzioni per ridurre il loro impatto [17-20].

Da qualche anno anche in Italia, soprattutto in alcu-ne regioni, sono state avviate delle iniziative di moni-toraggio e di analisi del fenomeno. Ad esempio sono state avviate diverse iniziative dal Tribunale dei Diritti del Malato, dall’Istituto S. Raffaele di Milano dove è stato istituito un Centro per lo studio dell’errore in medicina (CESREM), da diverse regioni e aziende sa-nitarie locali che hanno dato il via ad esperienze origi-nali in modo autonomo, e dal Ministero della Salute.

Nell’intraprendere iniziative di gestione del rischio clinico però le difficoltà da affrontare sono molte, e dipendono in buona misura da carenze linguistiche e comunicative che fino ad ora non hanno consentito di studiare il problema in modo approfondito, e che tuttora non facilitano la partecipazione al dibattito sul tema degli errori da parte degli operatori sanitari.

Nel presente studio sono confrontate e discusse opi-nioni riguardanti l’errore in medicina raccolte diretta-mente con un’inchiesta mediante questionari originali ed espressamente preparati per medici ospedalieri.

Gli aspetti in esame riguardano: la numerosità degli errori, le cause, i possibili rimedi, le ripercussioni degli errori sulla sensibilità di chi li ha commessi, le conseguenze dell’esperienza dell’errore sulla profes-sionalità del medico che li ha compiuti e sulle cono-scenze in medicina.

Nel testo sono raccolti i risultati essenziali ottenuti. Le opinioni e le riflessioni riguardano gli operatori

sanitari e non chi è parte lesa.Non ci si è proposti di affrontare né le problemati-

che di etica concernenti le competenze di legislatori e magistratura, né l’approccio dei mass-media all’argo-mento.

SUL SIGNIFICATO DI ALCUNI TERMINILe classificazioni degli errori, come di qualsiasi

altro oggetto, in categorie rispondono a convenzioni e ad esigenze operative. È evidente che nelle varie componenti che caratterizzano l’errore non sempre l’attribuzione ad una categoria è univoca ed esau-riente.

Tralasciando la categoria degli atti commessi delibe-ratamente e consapevolmente con intenzioni dolose, che non sono oggetto di questo lavoro, esistono nume-rose classificazioni di errore, alcune delle quali inclu-dono anche, almeno implicitamente, considerazioni di tipo etico [21, 22].

Errore non è sinonimo di evento avverso: l’evento avverso è un danno causato dall’assistenza sanitaria piuttosto che dalla patologia o dalle condizioni del paziente [6]. Non tutti gli eventi avversi sono dovuti ad errori e non tutti gli errori producono danni: alcuni errori non sono dannosi ed altri causano soltanto un aumento del rischio.

Gli errori in medicina possono definirsi come eventi non intenzionali, frutto di decisioni attive o passive potenzialmente suscettibili di recare danno al paziente e/o alla comunità.

Usualmente si distingue fra errori derivanti da cono-scenze scientifiche insufficienti (errori della medicina) ed errori generati dall’inosservanza delle conoscenze (errori dei medici).

L’errore conoscitivo è intrinsecamente connesso ai limiti del sapere umano. La maggioranza delle deci-sioni diagnostiche e terapeutiche si fonda su criteri probabilistici. Ciò rende l’errore inseparabile dalla pratica medica, come da ogni altra attività umana. Non si deve quindi trascurare il fatto che nel campo sanita-rio i risultati sfavorevoli sono determinati non soltanto da errori, ma anche dai fatti aleatori e dalle incertezze che caratterizzano la medicina, dove non tutto è spie-gato e non tutto è spiegabile [23]. L’errore conoscitivo è incolpevole se deriva da limiti nel patrimonio cultu-rale disponibile. Vi è invece una responsabilità se esso deriva da negligenza nel curare la propria personale formazione e nel mantenersi aggiornati.

L’errore applicativo deriva da conoscenze di per sé adeguate, ma la cui applicazione è ancora incerta. Come per l’errore conoscitivo, vi è responsabilità sol-tanto quando vi è una negligenza.

Nell’errore operativo, derivante da imperizia, impru-denza o negligenza, vi è una rilevanza morale [24].

Alcuni errori sono casuali, altri sono sistematici. Errori sistematici derivano spesso da carenze ed anomalie logistiche e di natura organizzativa. Essi oltrepassano la responsabilità personale del singolo medico.

Si deve inoltre considerare il fatto che la medicina moderna è sempre più dipendente da tecnologie so-fisticate, che da una parte permettono un controllo preciso di molti processi, ma dall’altra aumentano le possibili occasioni di errore.

Da questa breve premessa si evince come in gene-rale non sia possibile dare una definizione univoca ed esaustiva di “errore” in medicina, proprio perché la natura sperimentale della scienza e della pratica medica, che si basa molto spesso su induzioni, prove ed errori rende quasi impossibile distinguere i veri e propri “errori” dalle cosiddette “complicazioni”.

Le discipline che si sono occupate di dare una defi-nizione di errore medico ne hanno dato inoltre letture molto diverse.

Secondo la psicologia cognitiva, ad esempio, gli er-rori umani dipendono da distorsioni nel normale fun-zionamento della mente. La mente umana, a seconda dei problemi che si ritrova a dover risolvere, può avva-lersi di abilità acquisite, automatiche e ripetitive, rego-le relativamente semplici, o conoscenze elaborate.

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In questo senso gli errori possono distinguersi in slips o sbagli, che derivano da automatismi, e mistakes, che derivano da un ragionamento sbagliato.

Secondo la psicologia cognitiva, dunque, l’errore può essere considerato una mancanza nel completare un’azione pianificata (errore di esecuzione) o nella pia-nificazione (errore di pianificazione) [23, 25].

Una definizione più filosofica di errore è stata elabo-rata dall’eticista Edmund Howe, che distingue tra “non errore”, “errore” ed “errore possibile”.

Per illustrare la sua definizione, Howe porta l’esem-pio della lettura di una lastra del torace studiata da 100 radiologi. Questa lastra suggerisce la presenza di un tumore all’apparato respiratorio. Tuttavia, se 98 radiologi su 100 non si accorgono della presenza del tumore, essendo essi la maggioranza, secondo Howe non avrebbero commesso un errore. In questo caso Howe parla di “non errore”. Un errore sussiste qua-lora inequivocabilmente il curante abbia commesso una negligenza. Questo è il caso di un radiologo che non noti la presenza di un tumore quando tutti gli altri se ne siano accorti. Esiste poi la categoria dell’errore possibile, che si pone tra le due precedenti. Se solo 50 dei 100 radiologi sapessero diagnosticare il tumore, gli altri 50 avrebbero, sempre secondo Howe, commesso un errore possibile. Quest’ultimo tipo di errore nella pratica medica è molto frequente.

Oltre alle definizioni di “errore” date dagli esperti, può essere interessante studiare la definizione che ne danno, implicitamente o esplicitamente, gli stessi medici che li commettono.

Secondo la sociologa americana Marianne Paget, che ha intervistato in profondità più di 40 medici su questo problema, gli errori sono parte integrante della pratica medica, che è un’attività error ridden, dove gli errori sono sempre in agguato. La presenza di così tanti errori nel lavoro porta i medici a ridefinire il significato del “commettere errori”. Se vengono presi in tempo, que-sti possono rimanere ai margini della consapevolezza, mentre gli errori irreparabili sono quelli più difficili da dimenticare, e sono i “veri” errori. Anche gli errori che non hanno conseguenze reali non sono considerati importanti, ed i medici non li considerano errori ma approssimazioni progressive nella loro comprensione del carattere della malattia [26].

Sempre secondo la Paget, i medici danno maggiore importanza agli errori di commissione che a quelli di omissione, perché questi ultimi sono vissuti e percepiti come meno gravi.

La percezione di cosa costituisce un errore può dun-que essere molto variabile, e legato alle conseguenze dei singoli atti sbagliati.

Ancor più problematico è stabilire in modo chiaro le cause e le responsabilità degli errori: secondo Charles Bosk all’interno della classe medica “Il processo di identificazione e di attribuzione della responsabilità degli errori è controverso: decidere perché l’errore si sia verificato, chi ne è il responsabile può anche essere un dibattito senza soluzioni” [27].

Gli operatori si trovano spesso in disaccordo nel deci-dere cosa sia accaduto e perché, se l’evento costituisca

un errore o meno. In questo senso gli errori tra medici sono concetti essentially contested. Il termine più neu-tro di “evento avverso” dovrebbe aiutare la discussione del problema, anche se non lo risolve del tutto [27].

La mancanza di una classificazione condivisa degli errori sicuramente contribuisce a creare confusioni nella pratica clinica.

Per questo motivo da qualche anno, soprattutto nel mondo anglosassone, è in atto un tentativo di creare un “vocabolario” comune e condiviso degli errori, che dia conto della varietà dei possibili eventi negativi, faciliti il compito di analisi degli stessi e permetta ai medici di comunicare in modo più preciso sull’argomento. Il rapporto statunitense dell’ Institute of Medicine (IOM) To err is human, building a safer health system [17] ad esempio riporta un glossario in appendice che distingue tra incidente, errore attivo, violazione, evento avverso, errore, errore latente, bad outcome e altri. In ambito far-macologico invece si può distinguere tra drug misadven-ture, adverse drug event, medication error, dispensing error, prescribing error, opportunity for error, ed altri [28], mentre la US Pharmacopeia ha fornito un’ulteriore distinzione dei tipi di eventi avversi possibili secondo la loro gravità (Error category index) [29].

Una volta che si sia stabilito un linguaggio capace di dare un nome alle diverse tipologie di errori resta co-munque il problema di stabilirne le cause e le respon-sabilità, non tanto per punire i responsabili, quanto per cercare di individuare e correggere a monte le cause profonde dei problemi, secondo una tecnica detta root cause analysis.

ERRORE E RESPONSABILITÀDEL SISTEMA Il problema che si pone oggi è quello di evitare gli

errori evitabili, di far sì che gli errori non si ripetano, ma per realizzare questi obiettivi bisogna prima capire le origini degli errori, che non sono mai solo il frutto di inadempienze individuali, quanto piuttosto il risultato di complesse interazioni tra le varie figure professiona-li e tra queste ultime e l’ambiente.

Nella complessa catena di azioni e reazioni indivi-duali, collettive e di sistema, è difficile stabilire cosa favorisca maggiormente gli errori, cosa vada migliora-to o modificato.

Gli esperti di ergonomia e di psicologia cognitiva sostengono fortemente la necessità di migliorare l’ambiente di lavoro, di individuare i difetti presenti nel “sistema” (detti anche errori di sistema o errori la-tenti), che riguardano il malfunzionamento delle appa-recchiature, l’irrazionalità dell’ambiente e dei supporti materiali del lavoro di cura [30-35]. In una prospettiva “di sistema”, i luoghi dell’assistenza possono essere pericolosi soprattutto perché non sono mai stati “dise-gnati” nel vero senso della parola, ma sono semplice-mente cresciuti su se stessi. Queste carenze di design possono riguardare i processi, i compiti e gli strumenti di lavoro, ma anche l’ambiente fisico in cui il lavoro si svolge. Le carenze di processo dipendono da una man-canza di riflessione sulle finalità dell’organizzazione e

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sul modo migliore di raggiungerle. Le carenze legate alla definizione dei compiti, così come i difetti di stru-mentazione, nascono dall’incapacità di tener conto dei “fattori umani” nel progettare gli stessi. In un ambiente ben disegnato i compiti dovrebbero essere semplificati e non dovrebbero richiedere livelli di memoria o di vi-gilanza esagerati. Anche alcuni precursori psicologici come i turni lavorativi, l’assegnazione dei compiti, le relazioni interpersonali, spesso possono essere fonte di stress e causare errori. Ed ancora, il caldo eccessivo, l’illuminazione inadeguata, l’ambiente sovraffollato, l’eccesso di rumore, il carico e l’orario di lavoro, lo sti-le manageriale inefficace, sono tutti fattori di rischio.

Oltre allo studio dei difetti del sistema, altri studiosi si sono interessati alla responsabilità professionale e alle reazioni psicologiche dei medici di fronte agli errori [36-38].

Secondo alcuni, di fronte ad un errore i medici pos-sono reagire in modo molto diverso: chi si assume totalmente la responsabilità dell’incidente può provare un senso di colpa molto forte, una perdita quasi totale dell’autostima ed una grande difficoltà a proseguire la propria attività [37]. All’opposto, la negazione del pro-blema può portare il medico ad attribuire la responsabi-lità dell’errore all’ambiente, agli altri o alle circostanze, dunque a disinteressarsene e a non imparare da esso.

I medici che reagiscono assumendosi la responsabili-tà degli errori sembrano anche essere i più propensi ad imparare da essi e a non ripeterli [38].

ERRORE E RESPONSABILITÀ PROFESSIONALE Sotto il profilo dell’etica, uno dei caratteri più rile-

vanti che qualificano l’errore è la responsabilità. La responsabilità non deve essere considerata un po-

tenziale nemico da temere, né un onere fastidioso contro cui premunirsi, trincerandosi nella medicina difensiva. La responsabilità è invece un perno centrale attorno al quale far gravitare, in positivo, la professione, è il fon-damento stesso, psicologico ed etico, della professione (come di ogni altra impresa dell’uomo). Responsabilità non è infatti sinonimo di colpa. È piuttosto attitudine ed obbligo a rispondere consapevolmente delle proprie azioni. La responsabilità contribuisce alla libertà ed al-la dignità professionale e personale: la colpa è soltanto il peggiore prodotto della responsabilità.

Questi aspetti della responsabilità sono tratteggiati anche nel Codice di Deontologia Medica italiano, che agli articoli 4 e 5 avvicina la responsabilità alla libertà intellettuale, al rispetto delle conoscenze scientifiche ed all’osservanza dei valori etici fondamentali, “assu-mendo come principio il rispetto della vita, della salute fisica e psichica, della libertà e della dignità della per-sona” [39].

La componente fondamentale nel considerare l’etica della responsabilità è evidentemente la volontarietà.

Negli ultimi decenni probabilmente si è progressi-vamente adottato un approccio più schietto nel rico-noscere gli errori in medicina. In ciò vi è forse anche una componente “preventiva”, essendo gli operatori

sanitari consapevoli del fatto che con sempre maggiore frequenza i cittadini tendono a ricorrere ai tribunali quando subiscono danni a causa di errori.

Riconoscere il proprio errore è un dovere morale, ma alcuni vi vedono anche un’esigenza pratica, aper-tamente suggerita anche da risk managers, associazioni di consumatori ed utenti, giuristi. La componente prag-matica si basa anche sulla constatazione che spesso i tentativi di nascondere gli errori si traducono non solo in un aggravio di sofferenze per chi li ha subiti e per chi li ha commessi, ma anche in conseguenze penali (quando applicabili) più gravose.

Il tema della responsabilità medica si presta a inter-pretazioni non univoche anche per la diversità di ruoli ricoperti dai professionisti. È noto, per esempio, che in genere non si attribuisce il medesimo grado di re-sponsabilità ai giovani che si impratichiscono rispetto ai loro supervisori.

L’ERRORE COME STRUMENTO DI CONOSCENZA E IL CASO PARTICOLARE DELLA MEDICINALa sensazione che l’errore suscita rispetto alla verità

è forse paragonabile a quella evocata in noi dalla ma-lattia rispetto alla salute.

In un’opera dedicata a L’energia dell’errore Viktor Školovskij osserva che Sancho Panza voleva sapere “prima la soluzione e poi l’indovinello. Non voleva cercare né conoscere la dolcezza dell’errore. Non sa-peva di avere più volte provato questa fatica, questa mescolanza di verità e menzogna nella sua vita” [40].

Tuttavia, l’errore è anche un momento utile per ac-quisire conoscenza, per crescere nell’esperienza.

Nel dialogo Dell’invenzione Alessandro Manzoni scrive che “l’errore porta indirettamente questa utilità, che, cercando nelle cose aspetti novi, provoca le menti savie a osservar più in là, e dà occasione, anzi necessità di scoprire. È come una pietra dove inciampa e cade chi va avanti alla cieca; e per chi sa alzare il piede, diventa scalino”.

Per il progresso della conoscenza scientifica l’errore è uno strumento utile. Karl Popper, appro-fondendo l’approccio falsificazionista nel metodo scientifico, afferma che non è possibile giustifi-care le nostre teorie, ma soltanto razionalmente criticarle, e adottare in via di tentativo quelle che sembrano resistere meglio alle critiche, e che han-no il maggiore potere esplicativo [41]. Per Popper l’errore e la critica sono strumenti con cui la scienza progredisce: una volta che un’ipotesi scientifica è stata formulata i ricercatori devono impegnarsi ad individuare dove possano esservi errori che per-mettano di confutarla o correggerla. Se un’ipotesi viene confutata lo scienziato proverà con un tenta-tivo differente, che a sua volta sarà sottoposto alla critica più severa. Nella scienza non esiste una via metodologica che consenta di evitare l’errore, ed in genere quanto più si tenta, tanto più si impara.

Nel campo della medicina, però, la situazione è radi-calmente diversa rispetto ad altre scienze: se nell’ambito

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delle teorie scientifiche l’errore rappresenta un’utile oc-casione di conoscenza, questo criterio si applica solo in parte agli errori medici.

La medicina viene infatti esercitata sulle persone, e gli errori molto spesso si traducono in danni per le persone.

Popper afferma addirittura che l’errore è un successo non solo per chi confuta una teoria, ma anche per chi, sbagliando, ha suggerito la confutazione e quindi dato l’opportunità di migliorare [42]. In medicina invece l’errore è quasi sempre una sconfitta, anche se talvolta può essere occasione di crescita nella conoscenza. Già un precetto della scuola ippocratica recitava: “loderò il medico che avrà sbagliato poco”.

DALL’ERRORE ALLA SUA CORREZIONESi è sopra accennato al fatto che l’errore può essere

occasione di arricchimento e miglioramento. In generale, ma in modo tutto particolare in medicina,

è un dovere etico chiedersi quale sia il modo migliore per rispondere agli errori. L’etica non può infatti limi-tarsi a studiare le responsabilità: deve anche stimolare l’impegno per correggere le cause di errore.

Spear e Schmidhofer si sono interrogati sui motivi per cui alcune istituzioni sono costantemente più sog-gette ad errori rispetto ad altre. Gli autori evidenziano come le organizzazioni orientate al miglioramento della qualità in genere sappiano utilizzare il verifi-carsi di un errore per riconsiderare il processo che lo ha generato. Nell’analisi del processo occorre non solo definire chiaramente “chi fa cosa”, ma anche “come” e “perché”. I medesimi autori, considerando che il settore sanitario è sempre più complesso e che in esso intervengono numerosi attori con compiti diversi, suggeriscono un approccio graduale per fron-teggiare gli errori. Anziché mettere in discussione l’intero processo, può essere preferibile start small, intervenendo sui singoli punti critici, e start simple, considerando che i cittadini hanno bisogno in primo luogo di diagnosi accurate e di terapie appropriate, e che il perfezionamento dei processi più complessi non è prioritario rispetto a queste esigenze [43].

Affinché l’errore sia occasione anche di crescita è particolarmente importante la formazione.

È auspicabile che nella formazione sia pre-laurea, sia post-laurea si riservi uno spazio adeguato alla di-scussione degli errori e delle loro cause individuali, collettive ed ambientali.

Molto utili possono essere, anche per la formazione, le linee-guida ed i protocolli prodotti da autorevoli gruppi di esperti sulla base di un’esaustiva analisi della letteratura. Tali strumenti non sono ricettari (in senso culinario) da seguire pedissequamente, ma giovano a prevenire ed a correggere gli errori.

Utili possono essere anche basi dati informatizzate [44]. Operativamente, in una lista che non pretende di es-

sere completa, si invita a [45]: • orientare l’operato sempre verso il bene del paziente

e dell’utente anziché verso gli interessi personali;• curare l’aggiornamento, per tutto il periodo in cui si

esercita l’attività professionale;

• essere consapevoli dei limiti della propria compe-tenza e lavorare senza oltrepassarli pericolosamen-te;

• conoscere ed applicare norme, regole, linee guida, codici di condotta pertinenti con la propria profes-sione;

• conoscere e rispettare competenze, responsabilità, incarichi dei colleghi;

• adoperarsi per essere efficacemente integrati nel-l’ambiente di lavoro e rispondere alle legittime attese dei pazienti;

• essere disponibili al confronto ed alla discussione;• favorire un clima di apertura, lontano dalla cultura

del sospetto e della critica; • prevedere misure per riparare, nel limite del possi-

bile gli errori, nella consapevolezza che questi non possono essere completamente eliminati;

• prevedere sistemi di supporto ed aiuto per coloro che eventualmente subiscono danni.

OBIETTIVI Per imparare dagli errori è necessario saper ricono-

scere ed analizzare le loro cause.La letteratura scientifica dedicata allo studio dell’er-

rore in medicina è ricca di prospettive di analisi dei problemi che rendono i moderni sistemi di cura poten-zialmente rischiosi o error prone. Tradizionalmente la classe medica, nello sforzo di prevenire e correggere gli incidenti iatrogeni, assegna un’importanza primaria alla responsabilità dei singoli operatori, che però da sola non basta a garantire l’efficacia e l’appropriatezza delle cure. Quando poi gli eventi si svolgono nella dire-zione desiderata, l’enfasi posta sulla responsabilità del-le singole persone spesso si traduce nella “ricerca del colpevole” [34, 46], e porta gli operatori a nascondere gli errori piuttosto che a discuterne. Per questo motivo le analisi più recenti dedicate al rischio nelle organiz-zazioni sono centrate sulle disfunzionalità del sistema, che in certe condizioni contribuiscono al verificarsi ed al ripetersi degli errori umani.

Numerose sono le proposte di studiosi ed esperti orientate a tutelare la sicurezza del paziente; queste possono essere finalizzate al miglioramento del siste-ma, e prevedere dunque nuove regole organizzative o innovazioni di tipo tecnologico, oppure possono riguardare la conoscenza scientifica, la responsabilità individuale degli operatori e la cultura medica [17-20, 47].

In generale la filosofia della qualità e della sicurezza si propone di partire dagli errori per migliorare il lavoro di assistenza: gli errori dovrebbero essere un’occasio-ne, un segnale che permetta di rimettere in discussione le disfunzioni organizzative e gestionali del “sistema sanità”. In questo senso è stato suggerito di trattare gli errori in medicina come “tesori della medicina” [48].

Per imparare dagli errori però il mondo dell’assistenza deve mettere in atto una trasformazione culturale pro-fonda, basata sulla segnalazione dei rischi e degli eventi avversi e sul potenziale di miglioramento che gli errori portano con sé. La cultura medica non dovrebbe essere

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tanto “punitiva” nei confronti di chi sbaglia, quanto “giusta”. Una cultura giusta riconosce i limiti dell’at-tività umana, stabilisce regole e aspettative chiare di responsabilità, senza per questo punire o rimproverare gli operatori ogni volta che commettono uno sbaglio [19].

Alcuni studi americani tuttavia suggeriscono che in sanità le idee di “cultura non punitiva”, di “responsa-bilità di sistema” e di “errore di sistema” siano state adottate soprattutto dalla classe dirigenziale ed ammi-nistrativa. Il personale direttamente coinvolto nel lavo-ro di cura, medici ed infermieri, non sempre accoglie le moderne teorie del risk management senza scetticismo [49]. I risultati di alcuni studi condotti sull’argomento supportano l’idea di una cultura medica responsabiliz-zante e talvolta punitiva, perlomeno negli Stati Uniti.

L’interesse per il problema degli errori è sicuramente in aumento anche in Italia, ma poco si conosce sulle idee dei medici riguardo a certe problematiche.

Il presente studio è finalizzato ad esplorare le idee di un campione non selezionato di medici ospedalieri sulla frequenza degli errori, sulle loro cause e sui ri-medi potenzialmente adatti a diminuirne l’impatto. In particolare ci si propone di conoscere meglio le loro idee riguardo i concetti di responsabilità professiona-le e/o di sistema, per capire quanto gli errori siano, secondo loro, il risultato delle mancanze di singoli operatori, di un’intera équipe o di problemi strutturali. Un’attenzione particolare è stata dedicata all’impatto psicologico che possono avere gli errori sulla sensibi-lità di chi li commette. Tutte le volte che si trova in situazioni conflittuali o ambivalenti, l’individuo mette in atto strategie psicologiche e cognitive per evitare l’errore. Quindi l’errore da un punto di vista emozio-nale porta in sé inequivocabilmente un conflitto, e la sua elaborazione dipende dal vissuto soggettivo delle singole persone.

Nella nostra ipotesi tuttavia l’importanza assegnata alla responsabilità individuale di fronte agli errori, e dunque anche il loro impatto psicologico, possono variare secondo l’anzianità di servizio, il sesso, ed il luogo di attività dei medici intervistati.

In particolare le ipotesi di lavoro che intendiamo verificare riguardano gli effetti di una cultura indivi-dualistica e forse “punitiva” nella professione medica che, come evidenziato in alcuni studi statunitensi [36, 47, 49] potrebbe esplicitarsi in:

- maggiore importanza attribuita alla responsabilità individuale degli operatori piuttosto che alla re-sponsabilità di gruppo o ai difetti del sistema nella genesi degli errori;

- maggior enfasi posta sul bisogno di migliorare le prestazioni individuali piuttosto che l’organizzazio-ne della struttura ospedaliera;

Un altro polo di interesse riguarda il peso della cultura gerarchica [50] sulle opinioni dei medici, che potrebbero esprimersi in:

- maggiori resistenze nei confronti dell’errore in quanto “tesoro della medicina” e tendenza a mini-mizzare il problema degli errori da parte dei medici più anziani;

- maggiori insicurezze, timore dell’errore e bisogno di parlarne da parte dei medici più giovani e analo-ghe insicurezze da parte dei medici donne.

MATERIALI E METODI Per conoscere l’opinione dei medici sul problema de-

gli errori è stato elaborato un questionario e distribuito a 173 medici che lavorano in un grande ospedale (con più di 500 posti letto) di Roma.

Il questionario è stato elaborato da un’equipe di ricerca composta da esperti in sociologia sanitaria (Sabina Gainotti), in psicologia delle organizzazioni (Maria Rosaria Spedicato), ed in risk management applicato alla ginecologia ed ostetricia (Pierluigi Paparella).

La somministrazione dei questionari è avvenuta nel 2001-2002 a più riprese durante un corso sulla “Formazione del personale sanitario per una comu-nicazione efficace con la persona assistita e i suoi familiari” avviato dall’Istituto di Bioetica dell’Uni-versità Cattolica di Roma nell’ambito del programma di “Educazione Continua in Medicina” del Ministero della Salute.

La totalità dei partecipanti al corso ha risposto al que-stionario, il campione tuttavia non è stato raccolto se-condo criteri rigorosi di randomizzazione. La maggior parte dei rispondenti al questionario esercita la profes-sione medica da più di 20 anni (53%) ed è di sesso maschile (65%). I medici intervistati lavorano in sala operatoria e terapia intensiva (34,7%), nelle degenze mediche e chirurgiche (43%) e nei servizi (20,8).

La maggior parte dei medici che lavora nelle degenze ed in sala operatoria ha tra i 15 e i 25 anni di anzianità, mentre nei servizi quasi la metà di loro ha meno di 15 anni di esperienza (44,4%). I medici che lavorano in sala operatoria e in terapia intensiva sono prevalente-mente uomini (73%), mentre la presenza femminile si concentra nelle degenze medica (38%) e chirurgica (41%).

Il questionario è articolato in tre diverse aree pro-blematiche, volte ad indagare le opinioni dei medici riguardo:

1) la frequenza degli errori in ospedale e le loro cause principali;

2) i rimedi che dovrebbero essere adottati per preve-nire ed affrontare gli errori e gli eventi avversi;

3) le difficoltà comunicative e relazionali che impe-discono di parlare degli errori e l’eventualità di depenalizzare gli errori non punendo i medici che li segnalano.

Le domande del questionario consistono prevalen-temente in affermazioni cui gli intervistati potevano attribuire un punteggio di accordo o di importanza (da 1= accordo minimo a 4= accordo massimo).

Molte delle cause di errore elencate nel questio-nario, così come alcuni dei rimedi proposti, sono stati ripresi da uno studio pubblicato negli Stati Uniti. Questo studio ha messo a confronto, tramite un que-stionario, le opinioni di medici e pazienti sul rischio clinico [51].

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Altre potenziali cause di errori ed altri rimedi sono stati inseriti dopo aver consultato articoli apparsi sul-l’argomento [34, 47, 52].

Per quanto riguarda le cause di errori sono state elen-cate nel questionario problematiche di tipo personale, relazionale e comunicativo, ma anche di tipo “siste-mico” e strumentale. Le problematiche relazionali e comunicative comprendono la mancanza di comunica-zione all’interno delle équipes e tra specialità diverse, nonché i conflitti tra medici e tra medici ed infermieri. Quelle personali includono la superficialità e la poca competenza di alcuni operatori ed alcuni precursori psicologici come la paura di sbagliare, la fatica e la noia. I fattori sistemico-organizzativi riguardano il troppo lavoro, il poco tempo dedicato ai pazienti, la complessità del lavoro di cura, le frequenti interruzioni del lavoro e l’eccesso di mobilità del personale (fattore quest’ultimo che può anche essere sintomo di disagi collegati all’ambiente lavorativo). I fattori strumentali includono le cartelle cliniche spesse e disordinate, la strumentazione di non facile uso, la scarsa manutenzio-ne delle apparecchiature, la difficoltà a reperire gli esiti relativi agli esami effettuati.

Anche per quanto riguarda i possibili rimedi al pro-blema degli errori sono stati distinti gli interventi di tipo culturale e formativo da quelli di tipo strumentale e organizzativo.

Tra gli interventi di tipo culturale sono stati elencati provvedimenti “tradizionali”, come aumentare la su-pervisione ed imporre sanzioni a chi commette troppi errori, ed altri meno gerarchizzanti, come il migliora-mento dello spirito di gruppo, la definizione delle re-sponsabilità di ognuno, l’attività formativa, l’aumento della specializzazione.

Altre proposte riguardavano la razionalizzazione e riorganizzazione del lavoro attraverso la creazione di protocolli condivisi, la programmazione della mobilità del personale e la regolamentazione delle visite dei parenti.

Infine sono state inserite proposte che prevedevano l’introduzione di nuove tecnologie: la cartella clinica informatizzata, il carrello intelligente per la sommini-strazione dei farmaci, i sistemi di “aiuto alle decisioni” per la prescrizione dei farmaci.

Nell’area dedicata alle problematiche comunicative e relazionali, alcune domande sono state finalizzate a conoscere le principali reazioni psicologiche e com-portamentali dei medici in seguito ad uno sbaglio. Le reazioni psicologiche ed emotive elencate sono il disagio, il senso di colpa, il rammarico, la frustrazione, la rabbia, l’umiliazione, l’impotenza. Le reazioni im-mediate distinguono comportamenti di tipo ossessivo, come il pensarci continuamente, il criticarsi, il rimugi-nare, reazioni di apertura e dialogo, e meccanismi di difesa quali la negazione e la fuga.

Altre domande riguardavano gli ostacoli alla discus-sione che possono dipendere da problemi “interni” al mondo dell’assistenza (paura di perdere la reputazio-ne, paura per le conseguenze in termini di carriera) o “esterni” (paura di denunce da parte dei pazienti) [53]. Infine quattro domande sono state dedicate a conoscere

le opinioni dei medici riguardo la possibilità di depe-nalizzare l’errore, per capire se in Italia l’idea di una cultura “non punitiva” possa essere bene accetta dagli operatori sanitari.

I dati sono stati processati con il software di elabo-razione statistica SPSS. Le domande che prevedevano l’attribuzione di punteggi su scala da 1 a 4 sono state dicotomizzate per distinguere le risposte di accordo minimo o basso da quelle di accordo medio o alto. L’analisi è stata mirata ad individuare differenze di opi-nioni riferibili a diverse anzianità di servizio, al sesso ed al luogo di attività. Per quanto riguarda l’anzianità di servizio sono distinti i medici giovani (5-15 anni di anzianità) da quelli esperti (15-25 anni di anzianità), mentre i luoghi di attività considerati sono le degenze mediche, quelle chirurgiche, le sale operatorie/terapie intensive ed i servizi.

Nei paragrafi che seguono le opinioni sulla frequen-za degli errori, le loro cause, i loro possibili rimedi ed il loro impatto psicologico sono esaminate partendo dalle risposte della totalità del campione, ed in seguito analizzate per riscontrare differenze secondo l’an-zianità, il sesso ed il luogo di attività. Per necessità di sintesi saranno riportati solo dati che riguardano l’attribuzione di punteggi medio-alti, nel testo e nelle tabelle.

RISULTATI Gli errori più frequenti e le loro causePer quanto riguarda la frequenza degli errori, la

maggior parte dei medici afferma di commettere o di assistere ad errori circa 1-6 volte l’anno (33%); alcuni riportano numeri più elevati, ovvero 6-12 volte l’an-no (29,5%), ed altri ancora più di 12 l’anno (23,7%). Secondo un numero più esiguo gli errori accadono meno di una volta l’anno (4%).

Va precisato che il termine “errore” non è stato defi-nito in modo preciso nel questionario, ma si è lasciata ai medici la libertà di interpretarne il senso. Questi dati riguardano una percezione “soggettiva” dei medici sul-la frequenza degli errori, e non sono dunque confron-tabili con risultati di studi “oggettivi” ricavati dall’os-servazione diretta, dalla revisione di cartelle cliniche o anche dalle segnalazioni dei pazienti disponibili per l’Italia [54, 55].

La frequenza degli errori riportati varia secondo l’anzianità e secondo il sesso dei medici intervistati, mentre il luogo di attività non sembra giocare un ruolo significativo.

Secondo i medici giovani gli errori accadono più spesso (il 35% segnala >12 errori l’anno, contro il 19% dei medici esperti, p = 0,05). Anche secondo i medici donne gli errori sono frequenti (il 63,7% riporta > 6 errori l’anno, contro il 49,5% degli uomini).

Gli errori segnalati come abbastanza o molto impor-tanti riguardano in primo luogo le diagnosi (52,6%), seguiti dalla richiesta di esami inutili (50,3%) e dalla prescrizione inadeguata di farmaci (47,4%). Meno importanti sono gli errori di somministrazione delle terapie, che riguardano più da vicino la professione

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infermieristica (36,4%), e l’esecuzione di interventi inadeguati (38,2%).

I medici giovani richiedono più esami inutili ed eseguono interventi inadeguati, ma soprattutto segna-lano errori di prescrizione (61% li ritiene abbastanza o molto frequenti, contro il 42% dei medici esperti, p = 0,02). I medici esperti segnalano soprattutto errori nella diagnosi.

Questo dato può far pensare ad una divisione del lavoro organizzata secondo l’anzianità di servizio: i medici esperti avendo un ruolo maggiore nell’attività diagnostica, i giovani nel monitoraggio delle terapie.

L’importanza assegnata ad alcune tipologie di errori varia secondo il sesso. I medici uomini richiedono molto più spesso esami inutili (59% contro il 34,5% delle donne, p = 0,003) adottando un comportamento decisamente “difensivo”.

I medici donne segnalano errori di diagnosi (56%), ma soprattutto di prescrizione (58% contro il 40,7% degli uomini, p = 0,03) e di somministrazione delle terapie (43,6% contro il 32%); quest’ultima differenza lascerebbe ipotizzare una loro maggiore attenzione al lavoro infermieristico.

Le differenze relative al sesso vanno comunque in-terpretate alla luce della concentrazione delle donne nelle degenze medica e chirurgica e della prevalenza maschile in sala operatoria e terapia intensiva.

Nei diversi luoghi di attività alcuni errori sono più comuni di altri (Tabella 1): gli errori di diagnosi sono segnalati soprattutto in degenza chirurgica, gli errori di prescrizione e somministrazione in degenza medica, la richiesta di esami inutili soprattutto in sala operatoria e terapia intensiva, l’esecuzione di interventi inadeguati in degenza chirurgica e sala operatoria/terapia intensiva.

Per quanto riguarda le cause degli errori sono stati distinti i concetti di “responsabilità” e quello di “cau-sa”. Se gli errori possono dipendere da diverse cause, come ad esempio il troppo lavoro, a monte di queste cause è possibile individuare, anche se in modo arbitra-rio, dei responsabili. Il troppo lavoro ad esempio può dipendere dalle inadempienze di alcuni colleghi, ma anche dalla disattenzione dei dirigenti, o da politiche di budget “restrittive” messe in atto dalla struttura in cui si lavora.

Secondo il totale dei medici la responsabilità degli er-rori è prevalentemente individuale (il 70,5% ritiene la responsabilità individuale abbastanza o molto impor-tante), mentre le responsabilità dell’equipe assistenzia-le e della struttura ospedaliera hanno ottenuto punteggi più modesti (rispettivamente il 48% ed il 46%).

Questo risultato conferma l’idea di una cultura me-dica che fa affidamento soprattutto sulla responsabilità dei singoli operatori per la prevenzione e gestione degli errori. I medici giovani tuttavia sono più propensi ad attribuire responsabilità alla struttura ospedaliera (53% di loro la ritiene abbastanza o molto importante, contro il 43% dei medici esperti).

I medici donne prediligono l’attribuzione di respon-sabilità alle singole persone e, rispetto agli uomini, assegnano un’importanza marginale all’equipe (40% contro il 50% degli uomini) e alla struttura ospedaliera (29% contro il 53% degli uomini, p = 0,003).

Al di là delle responsabilità degli errori, diverse do-mande sono state dedicate alle loro cause dirette.

Secondo la totalità dei medici intervistati le cause principali di errore sono il carico di lavoro eccessivo (71%), i problemi comunicativi interni all’équipe (71%), la superficialità di alcuni operatori (70,5%) e la mancanza di comunicazione tra specialità diverse (69%). Le cause legate all’ambiente come la scarsa manutenzione delle apparecchiature o la strumentazio-ne di non facile uso sono segnalate come abbastanza o molto importanti da un numero più ristretto di medici (rispettivamente il 26% e il 19%). Tra i fattori sistemici quello che causa più problemi è la gestione delle cartel-le cliniche (62,5%).

A conferma di quanto riscontrato in precedenza (la minore attribuzione di responsabilità alla struttura ospedaliera), i difetti “di sistema” sono percepiti come meno rilevanti dei problemi comunicativi e personali.

I punteggi attribuiti alle diverse cause di errore non variano in modo significativo secondo l’anzianità di servizio. Tuttavia per i medici giovani alcune cause di errore sono più importanti (Tabella 2): il troppo lavoro, la mancanza di comunicazione nell’équipe e tra specia-lità diverse, la superficialità di alcuni operatori, ma an-che le interruzioni del lavoro troppo frequenti. I medici

Tabella 1 | Tipi di errori secondo il luogo di attività (errori segnalati come abbastanza o molto importanti)

Luogo di attività

Degenza medica

DegenzaChirurgica

Sala op.Terapia int.

Servizi Totale p

(%) (%) (%) (%) (%)

Errori di diagnosi 49 68 55 44,4 52,6 0,320

Errori di prescrizione 60,3 36,3 38,3 50 47,4 0,081Errori di somministrazione 52,8 4,5 36,7 33,3 36,8 0,001Richiesta esami inutili 49,1 36,4 56,7 52,8 50,9 0,427

Interventi inadeguati 28,3 40,9 50 33,3 38 0,105

Le percentuali riportate si riferiscono solo alle risposte segnalate come abbastanza o molto importanti nei diversi luoghi d’attività e sono state omesse le non risposte; per questo motivo i totali di riga e di colonna non sono uguali a 100.

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esperti di contro indicano più spesso il poco tempo da dedicare ai pazienti, la complessità delle cure, i con-flitti tra medici, ma soprattutto la noia, ed alcuni fattori “strumentali” come la difficoltà a reperire gli esami e la scarsa manutenzione delle apparecchiature.

I problemi segnalati dai giovani fanno pensare ad un loro maggiore attivismo, ad un loro contatto più fre-quente con i colleghi che può anche essere vissuto in modo problematico.

Il fatto che i medici esperti lamentino più spesso la mancanza di tempo da dedicare ai pazienti, la com-plessità delle cure e la difficoltà a reperire gli esami fa sempre pensare ad una loro attività di tipo prevalente-mente diagnostico.

Anche la diversa importanza attribuita alla “noia” in funzione dell’anzianità di servizio (31,6% dei medici esperti contro il 17,6% dei giovani) dipende probabil-mente dal fatto che per i medici più anziani molte situa-zioni sono diventate routinarie, vengono svolte senza molta attenzione e quindi aumentano il rischio di errori. Questo non succede invece nei medici meno esperti per i quali molte situazioni sono relativamente nuove e quindi vengono vissute con maggiore attenzione.

A questo proposito c’è anche chi ha fatto notare co-me in ospedale le attenzioni maggiori vengano spesso rivolte ai “casi interessanti” che sono i più rari e com-plessi (e spesso rischiosi), e questo fatto può rendere il ricovero più rischioso per chi ha invece problemi banali da risolvere [28].

Rispetto agli uomini, le donne assegnano punteggi leggermente più elevati ad alcune cause di errore: le

interruzioni troppo frequenti (31% contro il 20%) ed il troppo lavoro (76,5% contro il 68%).

Gli uomini segnalano più spesso la scarsa comuni-cazione tra specialità diverse (73,5% contro 58% delle donne), la superficialità e la poco competenza di alcuni operatori (rispettivamente il 73,5% contro il 63,5% e il 62% contro il 52%), la complessità delle cure (44% contro il 29%) e la difficoltà a reperire gli esami (32% contro 23%).

L’importanza attribuita ad alcune cause di errore non varia in modo significativo secondo il luogo di attività. I medici che lavorano nelle degenze mediche ed in sala operatoria/terapia intensiva però hanno attribuito punteggi mediamente più elevati a tutte le potenziali cause di errore elencate nel questionario, in particolare ai problemi relazionali: la scarsa comunicazione nelle équipes, il troppo lavoro, la superficialità e la poca competenza di alcuni operatori, il poco tempo dedicato ai pazienti, la fatica e la complessità delle cure. Altri problemi sono più specifici.

Gli specialisti delle degenze mediche ad esempio segnalano in misura superiore problemi di comunica-zione tra specialità diverse, cartelle cliniche spesse e disordinate, difficoltà a reperire gli esiti degli esami effettuati, noia, interruzioni frequenti, e mobilità del personale (la mobilità ed il turn over, lo ricordiamo, possono essere segnali di un ambiente stressante e dif-ficile da sopportare).

In sala operatoria e terapia intensiva questi proble-mi sembrano meno importanti. La noia in particolare ottiene punteggi inferiori alla media, mentre la paura

Tabella 2 | Principali cause di errore secondo l’anzianità (cause di errori segnalate come abbastanza o molto importanti)

Anzianità di servizio

5-15 anni(%)

15-25 anni(%)

Totale (%)

p

Troppo lavoro 80,4 67,5 71,4 0,090

Mancanza di comunicazione nell’équipe 78,4 68,4 71,4 0,185

Superficialità di alcuni operatori 76,5 69,2 70,5 0,340

Mancanza di comunicazione tra specialità diverse 72,5 68,4 69,6 0,589

Poco tempo dedicato ai pazienti 58,8 67,5 64,9 0,278

La fatica 60,8 63,2 62,5 0,762

Cartelle cliniche spesse e disordinate 58,8 64 62,5 0,516

La poca competenza di alcuni operatori 60,8 59,8 60,1 0,907

La complessità delle cure 35,3 41,9 39,9 0,423

Conflitti tra medici 35,3 41 39,3 0,484

Conflitti tra medici e infermieri 31,4 30,7 31 0,938

La difficoltà a reperire gli esami 19,6 32,5 28,6 0,090

La noia 17,6 31,6 27,4 0,062

La scarsa manutenzione delle apparecchiature 19,6 29 26,2 0,200

Le interruzioni del lavoro troppo frequenti 31,4 22,2 25 0,208

La troppa mobilità del personale 25,5 24,8 25 0,923

La paura di sbagliare 17,6 20,5 19,6 0,667

La strumentazione di non facile uso 17,6 19,6 19 0,760

Le percentuali riportate si riferiscono solo alle risposte segnalate come abbastanza o molto importanti secondo le diverse fasce di anzianità e sono state omesse le non risposte, per questo motivo i totali di riga e di colonna non sono uguali a 100.

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ottiene punteggi nettamente superiori (30% contro il 19% del totale, p = 0,04).

In questo caso l’incidenza di noia e paura sembra ri-conducibile al lavoro più routinario svolto in corsia ed al maggior livello di attenzione/stress richiesto in sala operatoria e terapia intensiva.

Le degenze mediche e chirurgiche assegnano pun-teggi simili a due soli fattori: i conflitti tra medici ed infermieri e le interruzioni del lavoro troppo frequenti, problemi tipici del lavoro di corsia; in corsia la presen-za di pazienti e familiari può rendere l’attività assisten-ziale più “turbolenta” e discontinua.

Rispetto agli altri, i medici delle degenze chirurgiche attribuiscono importanza maggiore ad un solo fattore: i conflitti tra medici.

Gli specialisti dei servizi invece segnalano più spesso problemi di comunicazione tra specialità diverse, ma anche cartelle cliniche spesse e disordinate, scarsa manutenzione delle apparecchiature e strumentazione di non facile uso, dunque problemi culturali ma, più degli altri, “di sistema”. Nei servizi il lavoro principale richiede di interfacciarsi con tecnologie ed apparec-chiature sofisticate, e l’attività non gravita intorno al paziente. Questo tipo di impegno, diversamente da quanto accade negli altri contesti, richiede meno spes-so di lavorare in gruppo; i problemi di comunicazione riguardano soprattutto il rapporto con medici di altre specialità e non l’équipe.

Secondo le ipotesi della ricerca anche i medici del-le sale operatorie e terapie intensive, che lavorano in ambienti altamente tecnologici e complessi, avrebbero dovuto prestare grande attenzione a problemi sistemici come ad esempio “la strumentazione di non facile uso”. Questo però non è accaduto. A questo proposito c’è chi ha fatto notare che nelle specialità mediche l’importan-za assegnata all’efficacia individuale in quanto elemen-to critico è piuttosto variabile. La chirurgia ad esempio si caratterizza per un’organizzazione gerarchica ed una divisione gerarchica dei compiti, in cui il capo chirurgo assume il ruolo di “capitano della nave”; l’importanza assegnata all’abilità individuale del chirurgo rende me-no interessante l’approccio sistemico, pur essendo la chirurgia un’attività di sistema [56].

Alcuni potenziali rimedi all’errore in medicinaIl questionario proponeva una serie di modalità di pre-

venzione e di gestione degli errori cui i medici potevano attribuire un punteggio di importanza su scala da 1 a 4.

Alcune di queste proposte sono più centrate sulla co-municazione, la formazione, il rapporto con le regole e con la leadership, altre riguardano l’innovazione tecno-logica, ed in particolare l’informatica e la Information and Communication Technology (ICT) (la cartella clini-ca informatizzata, l’automazione dei processi di prescri-zione e di somministrazione dei farmaci).

I rimedi segnalati più spesso come abbastanza o molto importanti riguardano il migliorare lo spirito di gruppo (80,7%), la creazione di protocolli condivisi (80,7%) e l’attività formativa (79,5%).

Il tipo di comunicazione preferito dai medici sembra essere di tipo “democratico”, infatti le idee di aiutare

gli operatori a comunicare tempestivamente gli errori e di definire meglio le responsabilità di ognuno ottengo-no punteggi superiori (77% e 65%) rispetto a quelle di aumentare la supervisione sugli operatori o di imporre sanzioni a chi sbaglia troppo (50% e il 32,7%).

Le proposte che riguardano la comunicazione ottengo-no punteggi superiori rispetto a quelle dedicate all’infor-matizzazione e all’innovazione tecnologica. In generale le tecnologie informatiche applicate alla prescrizione e somministrazione dei farmaci interessano una minoranza di medici (rispettivamente il 29,8% e il 32% ritiene le proposte abbastanza o molto interessanti).

Delle soluzioni tecnologiche proposte quella che trova più fortuna è la cartella clinica informatizzata (54%).

Il fatto di assegnare meno importanza alle proposte che riguardano l’innovazione tecnologica è coerente con l’attribuzione di punteggi relativamente bassi ai difetti di sistema in quanto cause di errore.

L’anzianità di servizio non ha un ruolo determinante nel condizionare le preferenze dei medici per partico-lari tipi di intervento.

I medici giovani assegnano punteggi leggermente più elevati a quasi tutte le proposte elencate nel questiona-rio, tra cui anche quella di aumentare la supervisione su tutti gli operatori e di imporre sanzioni a chi sbaglia troppo. Questa peculiarità sembrerebbe riconducibile alla loro minor esperienza, minor sicurezza, e quindi alla maggior richiesta di supervisione e di controllo da parte dei medici esperti.

Anche le differenze di genere non cambiano in modo significativo le preferenze dei medici per particolari tipi di intervento. I medici donne però assegnano punteggi leggermente più elevati alle proposte che riguardano il migliorare lo spirito di gruppo ed il programmare la mobilità degli operatori. I medici uomini, dal canto loro, sembrano più favorevoli ad aumentare la specializzazione e la supervisione, ma anche all’introduzione di tecnologie informatiche (cartella clinica informatizzata e sistemi di aiuto alle decisioni per la prescrizione di farmaci).

Il maggiore interesse degli uomini verso le tecnologie informatiche sembra ricalcare un cliché che li vuole più fiduciosi nella tecnologia rispetto alle donne, ma meno interessati alla comunicazione ed alle relazioni inter-personali. Può sembrare contraddittorio il fatto che le donne assegnino maggiore importanza al “migliorare lo spirito di gruppo”, mentre nell’indicare le cause di errore segnalavano meno problemi comunicativi.

Le preferenze dei medici per alcuni rimedi variano leggermente secondo il loro luogo di attività (Tabella 3). Nel precedente paragrafo abbiamo indicato alcuni punti comuni alle degenze mediche e alle sale operatorie/terapie intensive riguardo le cause degli errori (la scarsa comuni-cazione nelle équipes, il troppo lavoro, la superficialità e la poca competenza di alcuni operatori, il poco tempo dedi-cato ai pazienti, la fatica, la complessità delle cure).

I provvedimenti segnalati più spesso dagli specialisti delle degenze mediche e delle sale operatorie/terapie intensive per ridurre il numero di errori sono in linea con le cause citate poc’anzi: migliorare lo spirito di gruppo, fare più attività formativa, aiutare a comu-nicare tempestivamente gli errori, definire meglio le

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responsabilità degli operatori, aumentare la specializ-zazione, programmare la mobilità.

I medici che lavorano nelle degenze mediche sotto-lineano più degli altri l’esigenza di regolamentare le visite dei parenti (51% contro il 35,7% del campione totale), ma anche di imporre sanzioni a chi sbaglia troppo. Di contro, i medici delle sale operatorie/terapie intensive assegnano punteggi più elevati all’idea di aumentare la supervisione sugli operatori (65% rispet-to al 50% del campione totale) e sugli specializzandi (41,7% contro il 26,9% del campione totale), ma so-prattutto di adottare protocolli condivisi (90%).

Il carattere più “supervisorio” della sala operatoria e terapia intensiva può essere dovuto alla natura di emergenza del lavoro tipica di questi luoghi, dove gli errori hanno spesso effetti immediati e più facilmente identificabili sia dai medici che dagli stessi pazienti. In questo senso la supervisione è sicuramente utile ad identificare in tempo i problemi.

Nelle degenze mediche gli errori commessi non sempre hanno effetti immediati: in alcuni casi passano inosservati, e altre volte ci si accorge degli errori solo a distanza di tempo. Per questo motivo la supervisione continua qui può sembrare meno utile.

I medici che lavorano nelle degenze chirurgiche as-segnano punteggi mediamente più bassi a tutti i rimedi proposti, mentre chi lavora nei servizi è meno interes-sato allo spirito di gruppo e sottolinea più di altri l’im-portanza di adottare protocolli condivisi, di informatiz-zare le cartelle cliniche e soprattutto le prescrizioni di farmaci (41,7% contro il 29,8% del totale).

I medici dei servizi, lo ricordiamo, rispetto ai loro colleghi avevano assegnato punteggi più elevati ad

alcune cause di errore di tipo “sistemico” (cartelle cliniche disordinate, difficoltà a reperire gli esami, scarsa manutenzione, strumentazione di non facile uso); anche per quanto riguarda i rimedi, pur indicando in primo luogo interventi di tipo culturale, essi sono più interessati degli altri alle innovazioni tecnologiche come l’informatizzazione delle cartelle cliniche e della prescrizione di farmaci.

L’errore ed i problemi psicologici e comunicativi Alla domanda: “sarebbe giusto discutere in modo

puntuale degli errori quando accadono?” la maggior parte dei medici ha risposto in modo affermativo (93%).

Parlare dei propri errori può essere utile per elaborar-li e per affrontarne meglio l’impatto psicologico [27, 35, 36]. In seguito ad un errore le reazioni psicologiche più comuni di tutti i medici intervistati sono il senso di colpa (il 79,8% indica il senso di colpa una reazio-ne abbastanza o molto importante) ed il rammarico (74,5%).

L’anzianità di servizio però tende a modificare le reazioni dei medici in seguito ad un errore.

I medici esperti provano più spesso disagio (73,5% contro il 66% dei medici giovani) essendo l’errore un evento che fa vacillare la stima e la sicurezza di sé, mentre i medici giovani indicano più spesso sen-timenti di frustrazione (70% contro il 58%), paura (51% contro 38%) ed impotenza (41% contro 30%), in linea con una maggiore insicurezza ed inesperienza (Tabella 4).

La maggior parte dei medici giovani sostiene anche di pensare continuamente all’errore commesso (88%,

Tabella 3 | Potenziali soluzioni al problema degli errori secondo il luogo di attività (soluzioni segnalate come abbastanza o molto importanti)

Luogo di attività DegenzaMedica

(%)

DegenzaChirurgica

(%)

Sala op.Terapia int.

(%)

Servizi

(%)

Totale

(%)

p

Migliorare lo spirito di gruppo 86,8 81,8 83,3 66,7 80,7 0,107

Adottare protocolli condivisi 73,6 72,7 90 80,6 80,7 0,114

Fare più attività formativa 83 72,7 83,3 72,2 79,5 0,434

Aiutare a comunicare tempestivamentegli errori commessi

86,8 68,2 80 63,9 77,2 0,053

Aumentare la specializzazione 71,7 40,9 75 55,6 65,5 0,013

Definire meglio le responsabilità di ognuno 67,9 63,6 68,3 55,6 64,9 0,589

Programmare meglio la mobilità degli operatori 66 36,4 58,3 47,2 55,6 0,077

Informatizzare le cartelle cliniche 54,7 54,5 51,7 58,3 54,3 0,981

Aumentare la supervisione su tutti gli operatori 45,3 36,3 65 41,6 50,2 0,075

Regolamentare le visite dei parenti 50,9 22,7 31,7 27,8 35,7 0,039

Imporre sanzioni a chi sbaglia troppo 41,5 22,7 31,7 27,8 32,7 0,350

Informatizzare le somministrazioni 34 36,4 30 30,6 32,2 0,934

Informatizzare le prescrizioni 32 22,7 23,3 41,7 29,8 0,233

Aumentare la supervisione sugli specializzandi 20,8 18,2 41,7 16,7 26,9 0,015

Le percentuali riportate si riferiscono solo alle risposte segnalate come abbastanza o molto importanti nei diversi luoghi d’attività e sono state omesse le non risposte, per questo motivo i totali di riga e di colonna non sono uguali a 100.

358 Gainotti Sabina, Petrini Carlo, e Spedicato Maria Rosaria 359ERRORI NELLA MEDICINA CLINICA

contro il 61,5% dei medici esperti, p=0,001) e di con-sultare un superiore (76,4% contro il 64%).

Indipendentemente dall’anzianità la maggior parte dei medici si critica aspramente dopo aver sbagliato (66%), tuttavia i medici esperti riportano più spesso di aspettare gli eventi (36% contro 21,6%), di evitare di parlarne (19% contro 11%) o di pensarci (14% contro 7,8%).

Con l’anzianità di servizio si modificano anche alcu-ni comportamenti dei medici.

I medici giovani sostengono di parlare più spesso con il paziente, con i familiari e di cercare consulenza legale.

Secondo loro gli impedimenti alla comunicazione in seguito ad un errore dipendono soprattutto da barriere “interne” alla classe medica: la paura di sentirsi sotto accusa, la paura di sentirsi sviliti, la paura delle conse-guenze. I medici esperti condividono queste paure, ma in misura più lieve. L’unico fattore a cui assegnano un punteggio superiore riguarda una barriera comunicati-va “esterna” alla classe medica: la paura che il paziente ne venga a conoscenza (39% contro 35% dei medici giovani). Queste differenze emozionali e comunicative sono in linea con l’atteggiamento più conservatore, scettico e tendente a minimizzare il problema dei me-dici più anziani, e con la maggior insicurezza, l’ansia dell’errore ed il bisogno di parlarne per elaborarlo dei medici più giovani. Il sentimento che provano i medici giovani in seguito ad un errore è stato descritto nei ter-mini di feeling like a fraud, una sensazione che segue l’idea di aver ingannato qualcuno [57].

Il sesso dei medici intervistati sembra pure condizio-nare le loro reazioni psicologiche ed i loro comporta-menti in seguito ad un errore (Tabella 5).

Il senso di colpa ed il rammarico sono comuni a

uomini e donne in ugual misura, i medici uomini però riportano più spesso sentimenti di disagio (77% con-tro 60%), rabbia (56,6% contro 43%) ed umiliazione (42,5% contro 29%), le donne sentimenti di frustrazio-ne (69% contro 56,6%).

Queste differenze permangono anche all’interno delle stesse fasce d’anzianità. Le donne più giovani però riportano sentimenti di paura più elevati rispetto ai giovani uomini (65% contro il 42%).

In seguito ad un errore sono pochi i medici che ri-portano di avere reazioni di negazione; gli uomini però sostengono più delle donne di “aspettare gli eventi” (38% contro 22%) di “non pensarci” (15% contro il 7,3% delle donne) e di “non parlarne” (20% contro l’11% delle donne).

Nondimeno, la maggior parte dei medici uomini sembra adottare comportamenti più “attivi” in seguito ad un errore, ad esempio parlarne al paziente (63,7% contro il 42% delle donne) e ai familiari (38% contro il 25% delle donne), ma anche tutelarsi legalmente (52% contro il 42%). Le donne riportano invece di condivi-dere la responsabilità con i colleghi (52,7% contro il 44,6% degli uomini). Questo atteggiamento timoroso delle donne nei confronti dei pazienti e dei familiari è confermato da un altro dato, che riguarda gli ostacoli alla discussione in seguito ad un errore. Tutti i medici, uomini e donne, temono di sentirsi sotto accusa ed hanno paura delle eventuali conseguenze di un errore “interno” al gruppo. Le donne però segnalano più spes-so di avere “paura che il paziente lo sappia” (45,4% contro il 33,6% degli uomini).

Questo insieme di dati sembrerebbe indicare un atteg-giamento più reattivo di fronte agli errori da parte dei

Tabella 4 | Anzianità di servizio e reazioni psicologiche dei medici di fronte agli errori (reazioni segnalate come abbastanza o molto importanti)

Anzianità di servizio 5-15 anni

(%)15-25 anni

(%)Totale

(%)p

Senso di colpa 80,4 79,5 79,8 0,893

Rammarico 74,5 75,2 75 0,923

Disagio 66,7 73,5 70,5 0,367

Frustrazione 70 58 63 0,126

Rabbia 53 53,8 53,4 0,914

Paura 51 38,4 44 0,131

Umiliazione 39,2 37,6 38,6 0,843

Impotenza 41 30 35 0,155

Ci pensa in continuazione 88,2 61,5 69,6 0,001

Consulta un superiore 76,4 64 70 0,115

Si critica aspramente 64,7 67,5 66,7 0,722

Aspetta gli eventi 21,6 36 31,5 0,066

Si chiude e ci rimugina su 29,4 26,5 27 0,697

Evita di parlarne 11,7 19,7 17,3 0,213

Evita di pensarci 7,8 14,5 12,5 0,228

Le percentuali riportate si riferiscono solo alle risposte segnalate come abbastanza o molto importanti secondo le diverse fasce di anzianità e sono state omesse le non risposte, per questo motivo i totali di riga e di colonna non sono uguali a 100.

360 Gainotti Sabina, Petrini Carlo, e Spedicato Maria Rosaria 361ERRORI NELLA MEDICINA CLINICA

medici uomini, che si esprime in maggior rammarico, disagio, rabbia, umiliazione ed impotenza, ma anche in strategie di difesa passive (non pensarci, minimizzare) ed attive (parlarne con il paziente ed i familiari) nei confronti delle possibili conseguenze dell’errore. In accordo con questa interpretazione ricordiamo anche che nel nostro studio, come abbiamo segnalato in pre-cedenza, la richiesta di esami inutili che è una tipica caratteristica della medicina difensiva, risulta essere un errore tipico degli uomini (anche perché più frequente in sala operatoria e terapia intensiva che nel nostro studio sono luoghi “al maschile”). Le donne sembrano avere un atteggiamento più insicuro e maggiori difficoltà ad elaborare strategie autonome di difesa: frustrazione, paura che il paziente lo sappia, condivisione della re-sponsabilità con i colleghi, ma anche meno richieste di esami inutili. Queste differenze legate al genere sembra-no ricalcare schemi piuttosto tradizionali che assumono un atteggiamento più “realista” ed una maggior capacità gestionale di possibili conflitti da parte degli uomini, ed un maggior bisogno di condivisione, aiuto, protezione da parte dei medici donne.

Un’ultima considerazione sulle conseguenze psicolo-giche degli errori riguarda il luogo di attività.

Anche per quanto riguarda questa problematica i medici delle degenze mediche e della sala operatoria/terapia intensiva riportano punteggi più elevati in tutti i tipi di reazioni emotive e comportamentali, siano esse i sentimenti di colpa, disagio e rammarico, il fatto di pen-sarci continuamente, ma anche l’opposto: il non pen-sarci, il non parlarne ed il minimizzare. Queste ultime reazioni sono molto rare invece tra i medici dei servizi, forse perché in questi luoghi di attività gli errori hanno

conseguenze meno dirette sul paziente, o perlomeno meno visibili.

L’impatto diretto che l’errore ha sul paziente nelle de-genze e nelle terapie intensive provoca reazioni più forti, sia nel senso di una presa di responsabilità, con relativi sensi di colpa, sia nel senso di una presa di distanza.

In seguito ad un errore, al di là del sesso, dell’anzianità di servizio, e del luogo di attività, per i medici l’ostaco-lo principale alla comunicazione riguarda la “paura di sentirsi sotto accusa” (il 68% del campione assegna im-portanza abbastanza o molto elevata a questa risposta). Del problema di una cultura punitiva, che colpevolizza l’operatore sanitario soprattutto all’interno del suo am-biente di lavoro si è già parlato [46, 49]. Per migliorare la comunicazione negli ospedali a seguito di un errore la cultura professionale degli operatori deve cambiare, diventare meno punitiva e più collaborativa.

Nel questionario è stato chiesto ai medici cosa succe-derebbe secondo loro se si garantisse l’incolumità agli operatori che segnalano i propri errori.

Il questionario prevedeva due risposte positive (sarà più facile discutere; sarà più facile assumersi le proprie responsabilità) e due negative (nessuno si sentirà più responsabile di niente; si finirebbe per perdonare tutto) a cui si poteva attribuire un punteggio da 1 a 4 .

Quasi tutti concordano con l’idea che se si garantisce agli individui che nessuno li vuole punire “sarà più fa-cile discutere” (l’83% dei medici intervistati assegna un punteggio elevato a questo item); l’idea che “sarà più facile assumersi le proprie responsabilità” è un po’ meno forte (il 63,6% del campione assegna un punteggio ele-vato), e viene sostenuta soprattutto dai medici giovani (68,5% contro il 58% dei medici più anziani) e di sesso

Tabella 5 | Reazioni psicologiche dei medici di fronte agli errori secondo il sesso (reazioni segnalate come abbastanza o molto importanti)

SessoMaschio

(%)Femmina

(%)Totale

(%)p

Senso di colpa 81,4 76,4 79,8 0,444

Rammarico 76 69 73,8 0,332

Disagio 77 60 70,5 0,022

Frustrazione 56,6 69 60,6 0,121

Rabbia 56,6 43,6 52,4 0,113

Paura 42,5 41,8 42 0,935

Umiliazione 42,5 29 37,6 0,094

Impotenza 35,4 29 33,3 0,416

Ci pensa continuamente 68 69 68,5 0,901

Consulta un superiore 69 63,6 67,3 0,485

Si critica aspramente 66,4 62 65 0,562

Aspetta gli eventi 38 22 30 0,035

Si chiude e ci rimugina su 29,2 23,6 27,4 0,448

Non ne parla 20 11 17,3 0,128

Non ci pensa 15 7 12,5 0,153

Le percentuali riportate si riferiscono solo alle risposte segnalate come abbastanza o molto importanti secondo il sesso, per questo motivo i totali di riga e di colonna non sono uguali a 100.

360 Gainotti Sabina, Petrini Carlo, e Spedicato Maria Rosaria 361ERRORI NELLA MEDICINA CLINICA

maschile (70% contro 49% delle donne, p = 0,02).Una minoranza di medici sostiene che nessuno si

sentirebbe più responsabile di niente (20,8%) e che si finirebbe per perdonare tutto (12%).

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVEGli obiettivi che ci proponevamo con la nostra ricer-

ca consistevano: • nell’analizzare le opinioni di un campione di medici

operanti in un grande ospedale del centro Italia sul-l’errore in medicina, la sua incidenza, le sue cause e le strategie più adeguate per ridurne la frequenza e l’impatto;

• nel disaggregare questi dati in funzione di un certo numero di variabili, come l’anzianità di servizio, il sesso del rispondente e la struttura di appartenenza.

L’analisi globale dei dati era mirata a confrontare le opinioni e gli atteggiamenti dei medici italiani con quel-li rilevati negli Stati Uniti, mentre l’analisi disaggregata aveva lo scopo di mettere in evidenza differenze in base all’anzianità, al sesso ed al luogo principale di attività, che potrebbero essere utili per impostare una campagna articolata di formazione sull’errore in medicina.

Una delle ipotesi enunciate all’inizio dello studio era dedicata a verificare l’importanza assegnata dai medici alla responsabilità individuale di fronte agli errori, piuttosto che alla struttura di riferimento.

I medici da noi intervistati hanno più spesso risposto attribuendo responsabilità ai singoli operatori, diremmo anche in misura superiore ai medici americani. Bisogna precisare che nello studio a cui ci riferiamo ai medici era chiesto di attribuire esclusivamente la responsabilità degli errori al singolo medico (55%) o alla struttura di appartenenza (43%) [51]. Questa differenza può dipen-dere forse dalle difficoltà oggettivamente più pressanti che spesso i medici americani devono affrontare per assecondare “interferenze” nel sistema di cura da parte delle imprese assicuratrici e delle health maintenance organizations. Questo dato tuttavia può anche essere spiegato con la maggior consapevolezza che i medici americani hanno a proposito degli “errori di sistema”, di cui molto si discute negli USA soprattutto in seguito alla pubblicazione del rapporto IOM nel 1999 [17].

Anche per quanto riguarda le cause degli errori ed i possibili rimedi da adottare per evitarli emergono alcune differenze tra i medici americani e quelli da noi intervistati. I medici americani hanno assegnato punteggi più elevati a tutte le cause di errore elencate nel loro (e comuni al nostro) questionario, che riguar-davano il troppo lavoro, la mancanza di comunicazio-ne nell’équipe, il poco tempo dedicato ai pazienti e la complessità delle cure. L’unico fattore a cui i medici italiani ed americani hanno assegnato un punteggio molto simile riguarda la superficialità di alcuni ope-ratori (indicata come molto importante dal 17% dei medici italiani e dal 15% di quelli americani).

Per quanto riguarda i potenziali rimedi agli errori in medicina, i medici da noi intervistati hanno assegnato punteggi leggermente più elevati ad una proposta “tra-dizionale”: l’attività formativa.

Quelli intervistati nello studio statunitense hanno mo-strato maggiore interesse per l’utilizzo di cartelle clini-che informatizzate, ma soprattutto per l’introduzione di sistemi di “aiuto alle decisioni” nelle prescrizioni di farmaci (proposta giudicata molto interessante dal 6,5% dei medici italiani e dal 23% di quelli americani). Tuttavia i dati dello studio americano non sono diretta-mente confrontabili con quelli esposti nel presente arti-colo poiché nei loro risultati vengono considerate solo le risposte segnalate come “molto importanti”, mentre noi abbiamo accorpato le risposte segnalate come “ab-bastanza importanti” con quelle “molto importanti”. Un’analisi separata dei dati è stata eseguita per fare quest’ultimo confronto.

Queste differenze possono trovare diverse spiega-zioni; probabilmente negli USA la pubblicazione del rapporto IOM ha fatto molto discutere, e ha contribuito alla diffusione delle teorie sull’errore umano sostenute da psicologi cognitivi e da esperti del miglioramento continuo in medicina. Il carattere di emergenza del fenomeno medical malpractice litigation inoltre da decenni preoccupa medici, infermieri e personale am-ministrativo sanitario negli USA, dove la gestione del rischio clinico a livello “sistemico” è divenuta attività di routine in moltissime strutture.

Anche tra i medici che abbiamo intervistato comun-que, alcuni sono sembrati più propensi ad attribuire responsabilità importanti alla struttura di riferimento nel verificarsi degli errori, e sono i medici più giovani. Più numerosi sono anche i medici giovani che ritengo-no interessanti le proposte di informatizzare le cartelle cliniche ed i sistemi di somministrazione dei farmaci. Queste proposte, come detto in precedenza, hanno ot-tenuto punteggi elevati soprattutto da parte dei medici che lavorano nei servizi, e che presumibilmente lavora-no in ambienti a densità tecnologica maggiore rispetto ad altri. Si può dunque ipotizzare che la dimestichezza con certe tecnologie favorisca un atteggiamento più fiducioso nel loro potenziale di prevenzione degli errori.

In generale comunque, al di là del confronto con gli Stati Uniti, i medici intervistati hanno assegnato importanza marginale ai problemi strumentali come causa di errore, così come hanno attribuito minore interesse verso le proposte che riguardano l’innova-zione tecnologica e la tecnologia ICT. Questi risultati non sono di certo applicabili ad altre strutture, tuttavia suggeriscono che prima di implementare politiche di gestione del rischio clinico o di introdurre nuove tec-nologie per il controllo degli errori è importante cono-scere le opinioni di chi lavora “sul campo”. Negli Stati Uniti in seguito alla pubblicazione del rapporto IOM [17], che per diminuire l’incidenza degli eventi avversi assegnava primaria importanza al miglioramento del “sistema” e all’adozione di tecnologie informatiche, sono stati fatti investimenti considerevoli a livello tec-nico ed ingegneristico [58].

Tuttavia, la definizione di errore tipica degli ambienti ingegneristici – caratterizzati da procedure standard, input costituiti da materiali e tecnologie relativamente stabili – non sempre è applicabile in medicina. La cul-

362 Gainotti Sabina, Petrini Carlo, e Spedicato Maria Rosaria 363ERRORI NELLA MEDICINA CLINICA

tura professionale medica tende a celebrare il giudizio clinico individuale, l’unicità di ogni singolo paziente e la mutevolezza degli interventi diagnostici e terapeuti-ci. La costruzione sociale dell’idea di “errore” da parte dei medici non può essere ignorata prima di proporre qualunque tipo di intervento [53, 56].

A questo proposito si possono segnalare alcune con-traddizioni emerse durante l’analisi delle risposte dei medici. Una di queste riguarda il rapporto tra responsa-bilità individuale e responsabilità dell’equipe. Secondo i medici la responsabilità degli errori è prevalentemente individuale, e riguarda molto meno l’équipe assistenziale e la struttura ospedaliera di riferimento. Ciò nonostante la causa principale di errore segnalata dagli stessi medi-ci è proprio “la mancanza di comunicazione all’interno dell’équipe”, mentre dei rimedi proposti per ridurre il numero di errori, quello che ha ottenuto punteggi più elevati riguarda il “migliorare lo spirito di gruppo”.

L’idea di gruppo e di équipe rimane dunque impor-tante per i medici, anche se di fronte ad un errore la responsabilità maggiore viene attribuita soprattutto al singolo operatore.

La superficialità di alcuni operatori poi viene segna-lata come uno dei problemi più seri da molti medici, anche se l’idea di “imporre sanzioni” non è gradita alla maggioranza di loro. Di fatto la superficialità degli operatori può dipendere da una scarsa o assente motivazione iniziale verso la professione medica, che è prima di tutto una professione di aiuto; per molti però la superficialità può essere sintomo di stress e di burn out, che derivano dall’essere perennemente esposti a domande di aiuto, cui non sempre è possibile rispondere in modo efficace. L’incapacità dei medici di arginare i comportamenti scorretti dei loro colleghi, qualunque ne sia la causa, è stata sottolineata da diversi studi sociologici qualitativi [3-5, 28]; in uno di questi studi la diagnosi che viene fatta riguardo al problema del controllo e degli errori è la seguente: “Il problema non è la mancanza di controllo, socializzazione o senso etico nella professione medica; il problema è piuttosto un sistema che celebra la coscienza individuale come meccanismo principale di controllo, ignorando il ruolo della responsabilità corporativa” [28].

I problemi relazionali e comunicativi, la non discus-sione degli errori possono essere causate secondo alcu-ni da un’organizzazione eccessivamente gerarchica del lavoro medico, che si basa e che tende ad alimentare il “principio di autorità” o la “dottrina del capitano della nave”. L’esasperazione del principio di autorità porterebbe i medici, soprattutto quelli più esperti, a non parlare dei propri errori per non svilire la propria immagine e per non perdere il controllo, ed allo stesso tempo impedirebbe ad altri operatori di intervenire in caso di pericolo, di mettere in discussione le decisioni prese dai propri superiori [50, 59].

Secondo le nostre ipotesi la cultura gerarchica poteva esprimersi in un minore interesse e in un minor impatto psicologico degli errori da parte dei medici più esperti, e dunque anche in una minore importanza attribuita da parte loro alle diverse domande del questionario. Questo in parte si è verificato: i medici esperti hanno

segnalato errori meno frequenti rispetto ai giovani, probabilmente perché l’esperienza porta a sbagliare di meno, ma può portare pure a minimizzare gli errori commessi. I medici giovani in effetti hanno segnalato più spesso di pensare continuamente ai loro errori, di parlarne con i superiori, con i pazienti e con i familiari. I medici giovani inoltre hanno assegnato punteggi più elevati a molte cause di errore relative alla sfera comu-nicativa e personale (la mancanza di comunicazione nell’équipe e tra specialità diverse, la superficialità di alcuni operatori), mentre tra i possibili rimedi hanno attribuito importanza maggiore alla comunicazione, alla formazione ed alla supervisione.

Il maggior desiderio di comunicazione espresso dai giovani può essere collegato proprio all’impatto psico-logico degli errori, che nei medici con meno esperienza può essere molto forte. I meccanismi di difesa che si sviluppano con l’anzianità, e che sono più elevati pro-prio tra i medici che lavorano a stretto contatto con il paziente, possono forse servire a reagire, ad “andare avanti” nell’attività di cura.

Il rischio però, è che la minimizzazione dei problemi porti ad atteggiamenti di distacco eccessivo, e dunque anche ad uno scarso interesse per il problema della si-curezza da parte dei medici con più anzianità.

La mancanza di comunicazione in medicina come prima causa di errori è sottolineata anche da ulteriori indagini, sempre statunitensi [10, 60].

Anche per questo motivo negli ultimi anni, nei siste-mi sanitari di alcuni paesi anglosassoni, si sta studian-do il modo di applicare in sanità una modalità di lavoro che ha avuto successo nell’ambito dell’aeronautica, il cosiddetto lavoro “in team”.

La filosofia del team e del lavoro di squadra richiede agli operatori di aiutarsi e di controllarsi a vicenda, per verificare che i propri colleghi non commettano sbagli, che non siano temporaneamente sovraccarichi di lavo-ro, e dunque maggiormente a rischio di errori. Questo modo di lavorare comporta elasticità, disponibilità da parte degli operatori a dare e ad accettare consigli, a sostituirsi ad altri membri del team che sono troppo occupati, e capacità di fidarsi degli altri [59, 61-64].

Nelle cosiddette high reliability organisations, orga-nizzazioni particolarmente complesse ma affidabili co-me l’aeronautica o le centrali nucleari, questo modo di lavorare ha dimostrato di essere particolarmente sicuro ed efficace [65].

Anche nelle high reliability organisations comunque il cambiamento di “paradigma”, centrato non più sulle forti gerarchie e sulla responsabilità individuale ma sulla responsabilità di gruppo, è il frutto di attività formative intense e continue, che richiedono investimenti notevoli i cui risultati sono visibili solo nel lungo periodo.

Ad ogni modo l’errore in medicina ha dei costi sociali ed economici, ma anche psicologici, che investono le vi-te di pazienti e medici in modo forte e talvolta dramma-tico. Per affrontarne l’impatto sarà necessario fare sforzi di lungo periodo, per migliorare sia il sistema delle cure in senso organizzativo e tecnologico, ma anche e soprat-tutto il sistema di comunicazione tra i medici, e tra i medici, gli altri operatori sanitari ed i pazienti.

362 Gainotti Sabina, Petrini Carlo, e Spedicato Maria Rosaria 363ERRORI NELLA MEDICINA CLINICA

Il presente studio ha molti limiti: i medici da noi intervistati rispecchiano solo parte di una realtà, che è quella di una grande ospedale romano. La maggior parte dei medici intervistati ha più di 15 anni di an-zianità ed è di sesso maschile, ed i luoghi di attività dell’ospedale in questo studio non sono tutti rappre-sentati numericamente in modo uguale.

Questo studio rappresenta solo un primo sforzo di comprensione delle idee, opinioni e sentimenti che circolano tra i medici attorno all’errore in medicina, ma i suoi risultati non possono di certo essere general-izzati ad altre strutture o realtà locali. Non sono rilev-ate le idee degli infermieri e delle altre professionalità di assistenza sul problema degli errori, né quelle dei managers, e questo è un ulteriore limite dello studio.

Infine non sappiamo effettivamente quanto gli osta-coli alla comunicazione e le paure dei medici (paura di sentirsi sotto accusa, di sentirsi sviliti) siano reali, e quanto sia effettivamente premiato chi, nelle con-dizioni attuali, parla apertamente dei propri errori con i colleghi e con i pazienti impegnandosi a migliorare il proprio lavoro.

Sarà importante capire in futuro quanto l’aumento delle denunce possa inibire o, viceversa, stimolare la comunicazione degli errori nel mondo dell’assistenza.

Ricevuto il 14 dicembre 2005.Accettato il 20 giugno 2006.

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