Un caso di amelogenesi imperfetta risolto con tecniche indirette

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202 | DENTAL CADMOS | 3/2014 Speciale digitale DEFINIZIONE DI AMELOGENESI IMPERFETTA Con il termine di amelogenesi imperfetta (AI) si contraddi- stingue una patologia di origine ereditaria determinata dalla mutazione di cinque geni, ben descritta nella review di Gadhia et al. [1]. Essa è caratterizzata da una mancata o poco coerente for- mazione dello smalto dentale [2]. Tale situazione rende gli elementi dentali malformati più suscettibili alla carie, meno resistenti all’abrasione e all’usura determinata dalla masti- cazione. Sebbene sia abbastanza nota la patogenesi [3], alcuni aspetti risultano oscuri e il renderli chiari [4] potrebbe essere uti- le per orientarsi anche in altre patologie similari che spesso vengono associate all’AI ma nella realtà non lo sono [5-7] (figg. 1-3). SOLUZIONI RICOSTRUTTIVE DURATURE Numerosi studi sono stati eseguiti per giungere alla codifi- cazione di un piano di trattamento congruo [8] in pazienti affetti da questa patologia; non va dimenticato che, non di Un caso di amelogenesi imperfetta risolto con tecniche indirette Sergio Porro a , Franco Brenna b a Tutor Master di II livello Odontoiatria Digitale, Università degli Studi dell’Insubria b Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentale, Università degli Studi dell’Insubria; socio fondatore Digital Dental Academy rado, essa è associata ad altri quadri di disordini sistemici ben più complessi che, per brevità, in questa sede non potranno essere trattati. Non esistono dati sufficienti per stabilire un comportamento clinico univoco, tuttavia è certo che un recupero conservativo degli elementi dentali debba essere preferito [9,10]. Giunti alla maggiore età, per ovvie ragioni associate alla dura- ta temporale dei restauri e per il completamento dell’artico- lato dentale, i soggetti affetti da AI possono essere riabilitati con ricostruzioni che ridefiniscano morfologicamente gli ele- menti dentali interessati dalla patologia. Data l’esiguità delle casistiche, però, è molto difficile rinvenire paradigmi di com- portamento assimilabili a seconda della gravità dell’estrinse- cazione clinica [11]. Qualora più di uno sia coinvolto – e tale coinvolgimento sia bilaterale o interessante elementi antagonisti – l’impiego di tecniche indirette sembra essere quello più adatto [12,13]. Tuttavia, bisogna tenere conto che la struttura dentale è par- ticolarmente friabile e, in presenza di soggetti giovani, da ri- spettare [14], unitamente al complesso pulpodentinale. At- tualmente l’impiego di tecniche adesive indirette, con restauri Fig. 1 Il caso di amelogenesi imperfetta nella visione frontale Fig. 2 Il caso di amelogenesi imperfetta nella visione occlusale superiore Fig. 3 Il caso di amelogenesi imperfetta nella visione occlusale inferiore

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iale

dig

itale

DEFINIZIONE DI AMELOGENESI IMPERFETTACon il termine di amelogenesi imperfetta (AI) si contraddi-

stingue una patologia di origine ereditaria determinata dalla

mutazione di cinque geni, ben descritta nella review di Gadhia

et al. [1].

Essa è caratterizzata da una mancata o poco coerente for-

mazione dello smalto dentale [2]. Tale situazione rende gli

elementi dentali malformati più suscettibili alla carie, meno

resistenti all’abrasione e all’usura determinata dalla masti-

cazione.

Sebbene sia abbastanza nota la patogenesi [3], alcuni aspetti

risultano oscuri e il renderli chiari [4] potrebbe essere uti-

le per orientarsi anche in altre patologie similari che spesso

vengono associate all’AI ma nella realtà non lo sono [5-7]

(figg. 1-3).

SOLUZIONI RICOSTRUTTIVE DURATURENumerosi studi sono stati eseguiti per giungere alla codifi-

cazione di un piano di trattamento congruo [8] in pazienti

affetti da questa patologia; non va dimenticato che, non di

Un caso di amelogenesi imperfetta risolto con tecniche indiretteSergio Porroa, Franco Brennab

a Tutor Master di II livello Odontoiatria Digitale, Università degli Studi dell’Insubriab Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentale, Università degli Studi dell’Insubria; socio fondatore Digital Dental Academy

rado, essa è associata ad altri quadri di disordini sistemici ben

più complessi che, per brevità, in questa sede non potranno

essere trattati.

Non esistono dati sufficienti per stabilire un comportamento

clinico univoco, tuttavia è certo che un recupero conservativo

degli elementi dentali debba essere preferito [9,10].

Giunti alla maggiore età, per ovvie ragioni associate alla dura-

ta temporale dei restauri e per il completamento dell’artico-

lato dentale, i soggetti affetti da AI possono essere riabilitati

con ricostruzioni che ridefiniscano morfologicamente gli ele-

menti dentali interessati dalla patologia. Data l’esiguità delle

casistiche, però, è molto difficile rinvenire paradigmi di com-

portamento assimilabili a seconda della gravità dell’estrinse-

cazione clinica [11].

Qualora più di uno sia coinvolto – e tale coinvolgimento sia

bilaterale o interessante elementi antagonisti – l’impiego di

tecniche indirette sembra essere quello più adatto [12,13].

Tuttavia, bisogna tenere conto che la struttura dentale è par-

ticolarmente friabile e, in presenza di soggetti giovani, da ri-

spettare [14], unitamente al complesso pulpodentinale. At-

tualmente l’impiego di tecniche adesive indirette, con restauri

Fig. 1 Il caso di amelogenesi imperfetta nella visione frontale

Fig. 2 Il caso di amelogenesi imperfetta nella visione occlusale superiore

Fig. 3 Il caso di amelogenesi imperfetta nella visione occlusale inferiore

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Speciale digitale

parziali, eseguibili all’interno dello studio odontoiatrico in

un’unica seduta, elimina spiacevoli effetti collaterali spesso

dovuti a una pur breve provvisorizzazione (fig. 4).

Tra i materiali che maggiormente si sono impiegati nelle

ricostruzioni indirette adesive a copertura cuspidale, il di-

silicato di litio pare essere quello maggiormente affidabile

[15,16] (figg. 5 e 6). Non mancano peraltro riscontri che

certificano la validità di questo materiale per la risoluzione

di casi normali.

Occorre infine specificare che dovendo ricorrere a trattamenti

adesivi, il substrato dentinale, sebbene presenti alcune pecu-

liarità – come dimostrato nello studio di Yaman et al. [17]

– offre in ogni caso garanzie per un legame saldo e duraturo

nel tempo.

Senza scendere nei dettagli si può facilmente comprendere

come una tecnica minimamente invasiva, additiva e adesiva

possa soddisfare i requisiti funzionali ed estetici anche in pa-

zienti giovani, la cui lunga prospettiva di vita impone tutte le

Fig. 12 La paziente soddisfatta del restauro protesico

Fig. 4 La tipologia di preparazione minimamente invasiva prescelta

Fig. 6 La progettazione a computer delle morfologie dentali

Fig. 5 I manufatti protesici prima della cementazione

Fig. 8 Una fase della cementazione adesiva

Fig. 7 Manufatti protesici in prova prima della cementazione adesiva

Fig. 11 Il quadro occlusale superiore del caso ultimato

Fig. 9 La prospettiva occlusale inferiore

Fig. 10 Il sorriso della paziente

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itale attenzioni per la salvaguardia dei tessuti duri dentali e della

polpa dentale (figg. 7-12).

BIBLIOGRAFIA1. Gadhia K, McDonald S, Arkutu N, Malik K. Amelogenesis imperfecta: an

introduction. Br Dent J 2012;212(8):377-9.2. Chaudhary M, Dixit S, Singh A, Kunte S. Amelogenesis imperfecta:

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