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1 Politiche agricole e concorrenza imperfetta: perché la riforma della PAC ha bisogno di una politica per la concorrenza. Carlo Russo Università di Cassino, Dipartimento Istituzioni, Metodi Quantitativi e Territorio [email protected] Abstract: Il lavoro si propone di dimostrare che l’attuale processo di riforma della Politica Agricola Comunitaria dovrebbe essere accompagnato da misure volte a favorire la concorrenza nel sistema agroalimentare. Lo studio affronta il tema della potenziale interazione fra politiche agricole e potere di mercato descrivendo gli effetti della rimozione di un regime di prezzi minimi garantiti in un mercato imperfettamente concorrenziale. L’analisi proposta dimostra che l’esercizio del potere di mercato nella filiera agroalimentare può ridurre i benefici del disaccoppiamento delle politiche agricole. L’entità della distorsione indotta dal potere di mercato può raggiungere livelli tali che, in teoria, un regime ottimale di prezzi minimi può essere più efficiente di un mercato imperfettamente concorrenziale deregolamentato. Tuttavia, la politica accoppiata può essere al più una soluzione di second best rispetto ad un mercato perfettamente concorrenziale. Il mantenimento del regime dei prezzi minimi è una soluzione meno efficiente di una riforma delle politiche basata sul disaccoppiamento e sulla simultanea riduzione del potere di mercato. Da questo punto di vista è possibile concludere che le politiche per la concorrenza costituiscono il naturale complemento dell’attuale processo di riforma della PAC. Agricultural policy and imperfect competition: why the CAP reform needs a competition policy. Abstract: The objective of this paper is to show that the reform of the EU Common Agricultural Policy (CAP) should be accompanied by policy measures aimed to reduce market power in the European food system. I provide an example of the potential interaction between market power and agricultural policy by describing the effects of removing a price floor policy in an imperfectly competitive market. The model shows that the oligopsony power in the food system may reduce the benefit from decoupling. In theory, if the price floor is optimally chosen, decoupling may reduce the social welfare. Thus, in presence of oligopsony the price floor policy may be socially efficient. However the policy is at most a “second best”, because the social welfare under the policy regime is equal or lower than under the perfect competition regime. Keeping the price floors is less efficient than decoupling and, at the same time, increasing the level of competition in the market. From this point of view, pro-competition policies are a complement of the CAP reform.

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Politiche agricole e concorrenza imperfetta: perché la riforma della PAC ha bisogno di una politica per la concorrenza.

Carlo Russo

Università di Cassino, Dipartimento Istituzioni, Metodi Quantitativi e Territorio [email protected]

Abstract: Il lavoro si propone di dimostrare che l’attuale processo di riforma della Politica Agricola Comunitaria dovrebbe essere accompagnato da misure volte a favorire la concorrenza nel sistema agroalimentare. Lo studio affronta il tema della potenziale interazione fra politiche agricole e potere di mercato descrivendo gli effetti della rimozione di un regime di prezzi minimi garantiti in un mercato imperfettamente concorrenziale. L’analisi proposta dimostra che l’esercizio del potere di mercato nella filiera agroalimentare può ridurre i benefici del disaccoppiamento delle politiche agricole. L’entità della distorsione indotta dal potere di mercato può raggiungere livelli tali che, in teoria, un regime ottimale di prezzi minimi può essere più efficiente di un mercato imperfettamente concorrenziale deregolamentato. Tuttavia, la politica accoppiata può essere al più una soluzione di second best rispetto ad un mercato perfettamente concorrenziale. Il mantenimento del regime dei prezzi minimi è una soluzione meno efficiente di una riforma delle politiche basata sul disaccoppiamento e sulla simultanea riduzione del potere di mercato. Da questo punto di vista è possibile concludere che le politiche per la concorrenza costituiscono il naturale complemento dell’attuale processo di riforma della PAC.

Agricultural policy and imperfect competition: why the CAP reform needs a competition policy.

Abstract: The objective of this paper is to show that the reform of the EU Common Agricultural Policy (CAP) should be accompanied by policy measures aimed to reduce market power in the European food system. I provide an example of the potential interaction between market power and agricultural policy by describing the effects of removing a price floor policy in an imperfectly competitive market. The model shows that the oligopsony power in the food system may reduce the benefit from decoupling. In theory, if the price floor is optimally chosen, decoupling may reduce the social welfare. Thus, in presence of oligopsony the price floor policy may be socially efficient. However the policy is at most a “second best”, because the social welfare under the policy regime is equal or lower than under the perfect competition regime. Keeping the price floors is less efficient than decoupling and, at the same time, increasing the level of competition in the market. From this point of view, pro-competition policies are a complement of the CAP reform.

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Politiche agricole e concorrenza imperfetta:

perché la riforma della pac ha bisogno di una politica per la concorrenza.

1. Introduzione.

Lo studio presentato in questo articolo si propone di dimostrare che l’attuale processo di

riforma della Politica Agricola Comunitaria (PAC) dovrebbe essere accompagnato da

un incisivo programma di interventi volti a favorire la concorrenza nei mercati

agroalimentari. L’analisi svolta mostra che la presenza di potere di mercato nella filiera

può ridurre in misura significativa il beneficio sociale derivante dal disaccoppiamento

della PAC. Di conseguenza, il grado di concorrenza nei mercati agricoli è un elemento

fondamentale da tenere in considerazione nella progettazione delle nuove misure di

politica agricola.

Da ormai due decenni la PAC è sottoposta ad un costante processo di riforma. Una delle

principali linee guida di questa evoluzione è il progressivo disaccoppiamento

dell’intervento pubblico in agricoltura. Le misure di sostegno ai prezzi sono state

progressivamente attenuate e l’aiuto agli agricoltori è stato convertito in pagamenti

diretti basati sulla produzione storica. La Commisione Europea ha indicato un orizzonte

temporale per il completamento di questa transizione: nel 2013 le ultime misure

accoppiate (ad esempio le quote latte) dovranno essere smantellate. Inoltre l’agenda

delle riforme per il dopo 2013 è già basata sulla convinzione che nel lungo periodo sarà

sempre più difficile trovare una giustificazione politicamente sostenibile per i

pagamenti storici. In questo scenario, è presumibile che la PAC del dopo 2013 sarà

completamente orientata al mercato e l’intervento pubblico si concentrerà su finalità

quali la tutela dell’ambiente e lo sviluppo rurale, utilizzando strumenti di tipo “scatola

verde”. La riduzione degli interventi accoppiati si propone di raggiungere due obiettivi

fondamentali: aumentare l’efficienza dei mercati agricoli (esponendo i produttori ad una

maggiore concorrenza) e rendere disponibili maggiori risorse finanziarie per le misure

di sviluppo rurale senza incrementare la spesa totale per le politiche agricole.

Il modello teorico sviluppato in questo contributo mostra come la strategia della

Commissione Europea sia in realtà fondata sull’ipotesi implicita che i mercati agricoli

siano perfettamente concorrenziali. Infatti, è possibile dimostrare come, in presenza di

potere di mercato, il disaccoppiamento delle politiche agricole non aumenti

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necessariamente il benessere sociale. Di conseguenza, il trasferimento di risorse dal

primo al secondo pilastro della PAC, se non accompagnato da adeguate politiche per la

concorrenza, potrebbe non garantire il raggiungimento degli obiettivi della

Commissione in termini di efficienza allocativa dei mercati.

Il tema del rapporto fra il grado di competizione nella filiera e politiche agricole è di

estrema attualità, vista la crescente concentrazione nelle fasi a valle della filiera

agroalimentare (Sexton 2000; Bucirossi, Marette e Schiavina 2002; McCorriston 2002).

Nel 1999 una relazione della Dobson Consulting ha rilevato l’impatto del potere

oligopsonistico sul sistema agroalimentare (Dobson-Consulting 1999). Nel 2000 la

Direzione Generale per la Concorrenza della Commissione Europea ha evidenziato

l’esistenza di un potere di mercato esercitato dalla Distribuzione Organizzata a danno

dei fornitori (Cooper 2003). Nel 2005 il Comitato Sociale ed Economico Europeo ha

espresso preoccupazione per gli effetti negativi dei processi di concentrazione in atto

nel settore distributivo (Parere NAT/262/2005). Più recentemente, il Parlamento

Europeo ha approvato una dichiarazione formale nella quale si chiede alla DG

Concorrenza di indagare approfonditamente sugli effetti che la concentrazione nel

settore della distribuzione alimentare sta avendo sui piccoli dettaglianti, i fornitori e i

consumatori e ha sollecitato la proposta di una regolamentazione del fenomeno

(Dichiarazione 0088/2007). L’esistenza del potere di mercato nel sistema

agroalimentare europeo è stata documentata da diversi studi empirici (per una breve

rassegna si veda Dobson, Waterson e Davies 2003). Nonostante l’importanza del tema e

l’acceso dibattito pubblico, la maggior parte delle analisi di politica agricola si basano

su modelli di concorrenza perfetta (Rude e Meilke 2004). Le argomentazioni sviluppate

nelle sezioni successive mostrano come questa impostazione possa portare a conclusioni

non corrette.

2. Un modello teorico per l’analisi del disaccoppiamento delle politiche agricole in

mercati imperfettamente concorrenziali.

In questa sezione viene proposto un modello teorico che esamina le conseguenze in

termini di benessere sociale della adozione (o rimozione) di un sistema di prezzi minimi

garantiti nel caso in cui il mercato di riferimento sia imperfettamente concorrenziale.

L’analisi mostra che in un oligopsonio il beneficio sociale derivante dal

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disaccoppiamento può essere sensibilmente inferiore rispetto ad un mercato

perfettamente concorrenziale. In casi estremi, il regime di prezzi minimi può essere più

efficiente rispetto al mercato deregolamentato.

Nell’esposizione vengono utilizzate alcune ipostesi semplificatrici, di seguito discusse,

che consentono una agevole presentazione della materia senza tuttavia inficiare la

generalità dei risultati. In questo modo è possibile esaminare l’impatto sul benessere

sociale del disaccoppiamento in mercati imperfettamente concorrenziali attraverso una

semplice analisi grafica, senza appesantire la discussione con elementi non essenziali.

Il modello teorico descrive l’interazione fra tre gruppi di agenti economici: i

consumatori, i produttori agricoli e gli intermediari. Le prime due categorie sono agenti

passivi ed il loro comportamento può essere riassunto in funzioni di domanda e di

offerta lineari. Gli intermediari rappresentano l’insieme degli operatori della filiera che

si collocano a valle dei produttori e a monte dei consumatori. Essi agiscono

strategicamente con l’obiettivo di massimizzare il profitto e possono utilizzare a questo

scopo il proprio potere di mercato sia verso i produttori (potere oligopsonistico) che

verso i consumatori (potere oligopolistico). Il modello descrive il comportamento

strategico degli intermediari seguendo il tipico approccio della New Empirical

Industrial Organization (NEIO) (Appelbaum 1982; Bresnahan 1989; Sheldon e

Sperling 2003). Il potere di mercato degli intermediari viene rappresentato mediante i

due parametri θ e ξ che misurano l’intensità del potere di oligopsonio e oligopolio,

rispettivamente. Entrambi i parametri variano fra zero (in caso di concorrenza perfetta)

e uno (in caso di monopsonio/monopolio). Utilizzando questi due parametri è possibile

rappresentare l’equilibrio di mercato mediante un semplice modello statico anche

qualora gli agenti seguano modelli comportamentali dinamici e complessi (Dockner

1992; Cabral 1995). Gli intermediari utilizzano una tecnologia a rendimenti costanti di

scala e che converte i prodotti agricoli nei beni finali secondo una proporzione fissa. Di

conseguenza, la funzione di costo di una degli n identici intermediari può essere

espressa come segue:

( ) ( )i f iC q P mc q F= + +

dove C(q) è il costo totale di produzione, Pf rappresenta il prezzo pagato ai produttori

per l’acquisto di materie prime sufficienti a produrre un’unità del bene finale, mc è il

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costo marginale di trasformazione (ipotizzato identico per tutti gli intermediari), qi è la

quantità del bene finale prodotta dall’intermediario i e F rappresenta i costi fissi. La

funzione di costo utilizzata soddisfa le usuali condizioni di aggregazione.

L’analisi si basa su un modello semplificato nel quale un’agenzia governativa è

disponibile ad acquistare direttamente dai produttori qualunque quantità di prodotto

pagando un prezzo predeterminato dal legislatore. I beni acquistati dall’agenzia

governativa vengono immediatamente distrutti; di conseguenza il valore sociale delle

scorte accumulate è pari a zero. Infine si presuppone che non vi sia incertezza nei

mercati e che tutti gli agenti siano perfettamente informati.

Figura 1: Prezzi e quantità di equilibrio per un mercato di concorrenza imperfetta non regolamentato (pannello A) e per un mercato perfettamente concorrenziale regolamentato con un regime di prezzi minimi (pannello B)

(A) Mercato imperfettamente concorrenziale non regolamentato

(B) Mercato perfettamente concorrenziale regolamentato con un regime di prezzi

minimi

L’area ombreggiata rappresenta la perdita

di benessere sociale dovuta alla concorrenza imperfetta

L’area ombreggiata rappresenta la perdita di benessere sociale conseguente

all’adozione della politica

Prima di analizzare la concorrenza imperfetta e il regime dei prezzi minimi

congiuntamente, può essere utile descrivere l’impatto sul benessere sociale di ciascuna

delle due componenti considerate singolarmente. La Figura 1 pone a confronto i due

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modelli. Il pannello A illustra l’equilibrio in un mercato imperfettamente

concorrenziale. La quantità di equilibrio (QS) è determinata dall’intersezione delle

curve del Costo Marginale Percepito del Fattore oggetto di scambio (CMPF) e dei

Ricavi Marginali Percepiti (RMP) (Sexton 2000; Sexton e Zhang 2001). Queste curve

rappresentano rispettivamente il costo marginale ed il beneficio marginale che gli

intermediari valutano di poter ottenere da un incremento della produzione. La pendenza

del CMPF e dei RMP è funzione dei parametri θ e ξ, rispettivamente. Il grafico

rappresenta un modello generalizzato che include la concorrenza perfetta, il monopolio

ed il monopsonio come casi particolari. Se i due parametri sono pari a zero (ovvero in

concorrenza perfetta) il CMPF e i RMP si sovrappongono alle curve di offerta e

domanda. Se ξ è pari a 1, la curva dei RMP corrisponde alla ben nota curva dei ricavi

marginali del monopolista; se θ è pari a 1 la curva del CMPF coincide con la spesa

marginale per il fattore del monopsonista. Qualunque combinazione intermedia dei

parametri può essere direttamente rappresentata mediante la corrispondente pendenza

delle curve RMP e CMPF. Proiettando la quantità QS sulle curve di offerta e domanda

netta1 si ottengono i prezzi di equilibrio sul mercato finale (Pr) e sul mercato all’origine

(Pf). In un mercato imperfettamente concorrenziale, il surplus dei consumatori è

misurato dal triangolo con base QS e altezza pari alla distanza fra l’intercetta della curva

di domanda ed il prezzo Pr; il surplus dei produttori è pari al triangolo con base QS e

altezza pari alla distanza fra Pf e l’intercetta della curva di offerta. Il surplus degli

intermediari è pari al rettangolo con base QS ed altezza pari alla differenza fra il prezzo

al consumo ed il prezzo all’origine. La riduzione del benessere sociale è rappresentata

dal triangolo ombreggiato nel pannello A della Figura 1.

Il pannello B della Figura 1 illustra l’equilibrio che si ottiene imponendo il regime dei

prezzi minimi in un mercato perfettamente concorrenziale. In questo modello, i

produttori sono incentivati a produrre la quantità QP (determinata dalla proiezione

mediante la curva di offerta del prezzo minimo PM sull’asse delle quantità) mentre i

consumatori sono disposti ad acquistare al massimo la quantità QS (ottenuta proiettando

PM sull’asse delle quantità mediante la curva di domanda). La differenza QP-QS è

acquistata dall’agenzia governativa al prezzo PM. Il surplus dei produttori nel regime

1 Per comodità il grafico rappresenta la domanda netta (o indiretta) per il fattore ottenuta sottraendo alla domanda finale per il bene di consumo il costo marginale di trasformazione.

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dei prezzi minimi è dato dal triangolo con base QP ed altezza pari alla differenza fra

PM e l’intercetta della curva di offerta, il surplus dei consumatori è pari al triangolo con

base QS e altezza pari alla differenza fra l’intercetta della curva di domanda e PM, la

spesa pubblica a carico dei contribuenti è pari al rettangolo con base QP-QS ed altezza

pari a PM. La perdita secca derivante dall’imposizione del regime è indicata dall’area

ombreggiata nel pannello B della Figura 1.

L’effetto sul benessere sociale dell’imposizione di un regime di prezzi minimi garantiti

in un mercato imperfettamente concorrenziale non può essere derivato semplicemente

dal confronto fra i due pannelli della Figura 1. Ciò in quanto gli intermediari, che sono

agenti strategici, sono consapevoli dell’intervento pubblico e modificano il loro

comportamento di conseguenza. Tale reazione strategica può essere rappresentata

introducendo una discontinuità nella funzione di CMPF.

Il Costo Marginale Percepito del Fattore in presenza di un regime di prezzi minimi

(CMPFR) per gli intermediari, espresso come funzione della quantità scambiata sul

mercato, è così definito:

se

( ) se

lim ( ) ; lim ( )Q QA Q QA

QA

PM Q QA

PfCMPFR Q Pf Q Q QA

Q

PfCMPF Q PM CMPF Q Pf QA

Q

!

!" +# #

$%

<%% &%

= + >'&%

% &% = = + (

&%)

dove PM è il prezzo minimo garantito dall’agenzia governativa e QA indica la quantità

che i produttori sono disposti a produrre quando il prezzo per il loro prodotto è pari al

prezzo minimo garantito, con ( )Pf QA PM= .

La funzione riflette semplicemente il comportamento dei produttori e degli intermediari

in presenza di un regime di prezzi minimi. Infatti gli intermediari possono acquisire al

prezzo PM qualsiasi quantità di prodotto compresa fra zero e QA senza che questo

determini un incremento di prezzo. Pertanto il costo marginale dell’unità aggiuntiva di

input è pari a PM. Se invece gli intermediari vogliono acquistare una quantità superiore

a QA, essi dovranno garantire agli agricoltori un prezzo superiore a PM e che è funzione

crescente della quantità richiesta. Di conseguenza il costo marginale dell’unità

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addizionale sarà il prezzo pagato per l’unità marginale Pf più l’incremento unitario

percepito di prezzo pari a Pf

Q!

" #$% &

$' ( moltiplicato per l’intera quantità acquistata Q.

Sulla base di queste ipotesi, è possibile derivare l’equilibrio di mercato uguagliando il

costo marginale percepito per il fattore con i ricavi marginali percepiti. Date le proprietà

di aggregazione della funzione di costo, tale condizione è equivalente ad imporre la

massimizzazione del profitto degli intermediari sotto il vincolo del rispetto delle

funzioni di domanda e offerta da parte di consumatori e produttori.

La Figura 2 mostra l’equilibrio in un mercato imperfettamente concorrenziale regolato

mediante un regime di prezzi minimi, illustrando graficamente la discontinuità nel costo

marginale percepito per il fattore indotta dall’intervento pubblico. Se la quantità

considerata è inferiore a QA, il costo marginale percepito è coincide con il prezzo

minimo, ma, non appena tale quantità è superata, il costo marginale percepito ritorna

sulla curva CMPFI (ovvero la curva del costo marginale percepito del fattore nel

mercato non regolamentato). Nei tre pannelli della figura le quantità scambiate in

equilibrio nel mercato regolamentato, non regolamentato e perfettamente competitivo

sono indicate con le sigle QR, QI e Q0, rispettivamente; QA rappresenta la quantità

offerta dai produttori agricoli nel regime dei prezzi minimi garantiti.

La Figura 2 scompone l’analisi in tre casi, secondo il livello del prezzo minimo

garantito PM. Nel pannello A, il prezzo minimo garantito è stato fissato al di sopra del

prezzo corrispondente all’intersezione fra la curva dei RMP e la curva del CMPFI. La

curva dei RMP interseca la curva CMPFR nell’area dove questa coincide con il prezzo

minimo PM e la quantità scambiata nel mercato regolamentato (QR) è inferiore a quella

scambiata in assenza di intervento pubblico (QI). In questo caso, l’imposizione del

regime di prezzi minimi garantiti determina l’aumento dei prezzi al consumo, la

riduzione del surplus degli intermediari, l’aumento del surplus dei produttori e la

creazione di eccedenze produttive (misurate dalla distanza QA-QR). Il risultato netto è

una riduzione del benessere sociale pari all’area ombreggiata.

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Figura 2: Variazione del benessere sociale derivante dall’adozione di un regime di prezzi minimi garantiti in un mercato imperfettamente concorrenziale

(A) PM è fissato ad un livello superiore rispetto all’intersezione fra CMPF e RMP

(B) PM è inferiore rispetto all’intersezione fra CMPF e RMP e superiore all’intersezione fra RMP

e l’offerta

L’area ombreggiata rappresenta la riduzione di benessere sociale derivante dall’adozione del

regime di prezzi minimi garantiti.

La variazione del benessere sociale è pari alla differenza fra l’area ombreggiata in scuro

(beneficio) e l’area ombreggiata in chiaro (perdita)

(C) PM è fissato ad un livello superiore a PfI ed inferiore all’intersezione fra RMP e la curva di

offerta

L’area ombreggiata rappresenta il beneficio sociale derivante dall’adozione del regime dei prezzi

minimi.

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Se il prezzo minimo ricade al di sotto dell’intersezione fra le curve RMP e CMPFI e al

di sopra dell’intersezione fra la curva di offerta e RMP (indicata con PM* in Figura 2,

pannello B), il segno della variazione del benessere sociale conseguente all’adozione

della politica dipende dall’intensità del potere di mercato (ξ e θ) e dall’elasticità della

domanda e dell’offerta. Come si può osservare nel pannello B, infatti, in questo caso la

quantità QR – individuata dall’intersezione fra RMP e CMPFR – è superiore rispetto a

QI. I consumatori traggono beneficio dalla politica poiché l’incremento nell’offerta

determina una riduzione dei prezzi al consumo, gli intermediari vedono ridursi i profitti

e i contribuenti devono finanziare l’assorbimento delle eccedenze. La variazione netta

del beneficio può essere scomposta nella somma due componenti: una positiva legata

all’aumento delle quantità scambiate (l’area ombreggiata in scuro), l’altra negativa

dovuta al costo delle eccedenze (ombreggiata in chiaro). Il segno della variazione del

beneficio sociale dovuta all’adozione della politica dipende dalla grandezza relativa

delle due componenti.

Infine, se il prezzo minimo garantito ricade sotto all’intersezione fra la curva RPM e la

curva di offerta (pannello C), l’intervento pubblico produce un beneficio netto per la

società. In questo caso, la quantità di equilibrio è pari a QA poiché tale quantità è

l’unica che non offre agli agenti alcun incentivo a deviare. Gli intermediari non hanno

incentivo a produrre una quantità superiore a QA perché il loro costo marginale sarebbe

superiore al beneficio marginale (la curva RMP si trova al di sotto della curva CMPFR).

Qualora gli intermediari decidessero di commercializzare una quantità di prodotto

inferiore a QA il loro beneficio marginale percepito sarebbe superiore al costo

marginale percepito di acquisizione del fattore (la curva RMP si trova al di sopra della

curva CMPFR). I produttori sono disposti a produrre QA per un prezzo pari a PM ed i

consumatori sono disposti ad acquistare tale quantità per il prezzo PrR. Di conseguenza

QA è l’unica quantità che soddisfa le condizioni di equilibrio di tutti gli agenti. Nel caso

descritto dal pannello C, l’adozione del regime dei prezzi minimi genera un aumento

della quantità prodotta che si traduce completamente in un aumento degli scambi sul

mercato al consumo, senza generare eccedenze produttive. Ciò determina un incremento

dei surplus di consumatori e produttori ed in una riduzione dei profitti degli

intermediari. Il risultato netto è un aumento del benessere sociale, rappresentato nel

grafico dall’area ombreggiata.

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L’imposizione di un regime di prezzi minimi impedisce agli intermediari di esercitare

liberamente il loro potere oligopsonistico. I tre pannelli della Figura 2 mostrano come

in nessun caso l’equilibrio del mercato regolamentato dipenda dal parametro θ. La

curva RMP attraversa la curva CMPFR nella regione dove questa coincide con PM (nei

pannelli A e B) oppure nel punto di discontinuità. In entrambi i casi, la pendenza di

CMPFR nel punto di interesse non dipende da θ. L’esercizio di potere oligopsonistico

non influenza il benessere sociale prodotto nel mercato regolamentato ma riduce quello

prodotto in un mercato non regolamentato. Di conseguenza, il disaccoppiamento

produce minori benefici in un oligopsonio rispetto ad un mercato perfettamente

concorrenziale. In teoria, qualora il parametro θ fosse sufficientemente alto ed il prezzo

minimo fosse sufficientemente basso, la regolamentazione mediante il regime dei prezzi

minimi di un oligopsonio potrebbe portare ad un aumento del benessere sociale.

L’effetto del potere oligopolistico sul disaccoppiamento dipende dal valore assunto dai

parametri del modello e non può essere determinato a priori. I pannelli A e B mostrano

come – a parità di altre condizioni – la quantità scambiata sul mercato regolamentato

diminuisca all’aumentare della pendenza della curva RMP (ovvero al crescere del valore

di ξ). Il potere oligopolistico determina un aumento dei prezzi sul mercato al consumo,

riducendo il surplus dei consumatori, e può accrescere le eccedenze produttive,

aumentando la spesa dei contribuenti. Di conseguenza, il potere oligopolistico degli

intermediari riduce l’efficienza dell’intervento pubblico. Il potere oligopolistico,

tuttavia, riduce l’efficienza anche del mercato non regolamentato. L’effetto netto sul

disaccoppiamento dipende dalla dimensione relativa di questi due fattori.

Il modello teorico mostra come il potere di mercato degli intermediari interagisca con

l’intervento pubblico, alterandone gli effetti. Le due tipologie di potere di mercato

(oligopolistico e oligopsonistico) agiscono in maniera diversa. Il potere oligopsonistico

riduce inequivocabilmente i benefici del disaccoppiamento, mentre l’effetto del potere

oligopolistico dipende dai valori assunti dai parametri del modello. In entrambi i casi

l’interazione fra politiche e potere di mercato deriva direttamente dal meccanismo di

intervento insito nel regime dei prezzi minimi garantiti. Infatti, l’adozione di questa

misura è equivalente all’ingresso sul mercato alla produzione di un nuovo acquirente

(l’agenzia governativa) in grado di acquistare una illimitata quantità di prodotto al

prezzo PM. L’agenzia governativa si comporta, quindi, come un acquirente

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competitivo, uscendo dal mercato non appena il prezzo alla produzione supera PM. La

presenza di un simile acquirente competitivo elimina il potere di oligopsonistico degli

intermediari poiché offre ai produttori la possibilità di collocare il prodotto mediante un

canale alternativo. Poiché l’agenzia opera solo sul mercato alla produzione, senza

intervenire sul mercato al consumo, la sua azione non può mitigare le conseguenze del

potere oligopolistico degli intermediari.2

3. Il design ottimale del regime dei prezzi minimi garantiti.

Il modello teorico può essere utilizzato per individuare il livello del prezzo minimo

garantito che massimizza il benessere sociale. Dall’analisi esposta nella sezione

precedente è possibile concludere che l’ottimo sociale è raggiunto quando il valore di

PM è fissato al livello dell’intersezione fra la curva RMP e la curva di offerta (indicato

con PM*). Questo valore corrisponde al prezzo che i produttori riceverebbero qualora

gli intermediari esercitassero solamente il loro potere oligopolistico. La Figura 3 illustra

l’equilibrio di mercato derivante dall’adozione di un prezzo minimo garantito fissato al

livello ottimale.

Nella sezione precedente si è visto come il regime dei prezzi minimi impedisca

l’esercizio del potere oligopsonistico ma, al tempo stesso, aggravi le conseguenze

negative del potere oligopolistico. Intuitivamente, quindi, appare evidente come il

prezzo minimo ottimale sia quello che consente di prevenire l’esercizio del potere

oligopsonistico senza tuttavia offrire agli intermediari alcun incentivo per esercitare un

maggiore potere oligopolistico. L’imposizione di un prezzo minimo pari a PM* obbliga

gli intermediari a comportarsi come se non avessero potere di mercato nei confronti dei

produttori, senza dare adito a maggiori speculazioni sul mercato finale.

2 In teoria una gestione strategica delle scorte accumulate mediante lo stoccaggio delle eccedenze potrebbe garantire la possibilità di ridurre il potere oligopolistico degli intermediari. L’analisi di questa ipotesi, peraltro di difficile attuazione pratica, viene lasciata a successivi contributi.

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Figura 3: Regime ottimale dei prezzi minimi garantiti

L’area ombreggiata rappresenta il beneficio sociale derivante dall’adozione del regime ottimale di prezzi minimi garantiti.

È possibile dimostrare che PM* è il prezzo minimo ottimale semplicemente osservando

che qualsiasi altro valore di PM ridurrebbe il beneficio sociale (Russo 2008). Se il

prezzo minimo garantito fosse inferiore a PM* (come nel pannello C della Figura 2), un

suo incremento aumenterebbe il benessere sociale. Infatti, così facendo, si otterrebbe un

aumento delle quantità scambiate sul mercato, senza generare eccedenze e riducendo al

tempo stesso il prezzo al consumo. L’aumento del surplus di consumatori e produttori

sarebbe più che sufficiente a compensare la diminuzione del surplus degli intermediari.

Se il prezzo minimo si collocasse al di sopra di PM* (come nei pannelli A e B), una sua

riduzione aumenterebbe il benessere sociale. Infatti, abbassando il prezzo minimo si

aumenterebbero le quantità scambiate e si ridurrebbero le eccedenze produttive. Il

conseguente aumento di surplus dei consumatori e dei contribuenti sarebbe sufficiente a

compensare la riduzione del surplus di produttori e intermediari.

L’esercizio di potere oligopsonistico da parte degli intermediari è condizione necessaria

e sufficiente perché il regime ottimale dei prezzi minimi garantiti sia più efficiente del

mercato non regolamentato. Se gli intermediari non esercitano un potere oligopsonistico

il beneficio netto dell’intervento pubblico è pari a zero. Infatti, in questo caso, PM*

corrisponde al prezzo che si ha nel mercato alla produzione in assenza di

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regolamentazione (PfI) e l’imposizione del regime dei prezzi minimi non altera

l’equilibrio di mercato.

In presenza di potere oligopsonistico degli intermediari l’adozione del regime ottimale

dei prezzi minimi determina un beneficio sociale netto. Se θ è maggiore di zero,

l’intervento pubblico determina un aumento della quantità scambiata sul mercato senza

generare eccedenze produttive (QR=QA>QI). La Figura 3 mostra che, all’aumentare di

θ (ovvero della pendenza del CMPFI), QI si riduce mentre QA rimane invariato e, di

conseguenza, il beneficio sociale netto derivante dall’intervento pubblico aumenta. Ciò

implica che, se gli intermediari esercitano un potere di mercato sui fornitori, un mercato

regolamentato è preferibile ad un mercato non regolamentato (a condizione che,

ovviamente, l’intervento pubblico sia stato disegnato in modo ottimale).

4. Implicazioni per le politiche agricole

Il modello appena descritto ha importanti implicazioni per l’attuale processo di riforma

della PAC. Come si è visto, le argomentazioni a sostegno del disaccoppiamento delle

politiche agricole si basano sulla convinzione comunemente accettata che i mercati

deregolamentati siano più efficienti di quelli soggetti all’intervento pubblico. Il modello

teorico descritto nelle sezioni precedenti, invece, costituisce un esempio di come in

particolari condizioni (la presenza di un oligopsonio) la rimozione di una misura

accoppiata (il regime ottimale di prezzi minimi garantiti) possa ridurre il benessere

sociale, anziché aumentarlo. Questo risultato mostra come in mercati non perfettamente

concorrenziali il disaccoppiamento non comporti sempre un aumento dell’efficienza. Ne

consegue che le conseguenze sociali delle liberalizzazioni dei mercati agricoli possono

dipendono dal livello e dalla natura della concorrenza e devono essere oggetto di attenta

valutazione.

Nonostante queste premesse, sarebbe tuttavia semplicistico concludere che il regime dei

prezzi minimi dovrebbe essere mantenuto in quei mercati dove i produttori subiscono il

potere di mercato degli intermediari. Infatti, il modello teorico mostra chiaramente che

la regolamentazione ottimale del mercato è una soluzione di tipo second best dal

momento che il benessere sociale da essa raggiunto è inferiore a quello ottenibile in un

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mercato di concorrenza perfetta liberalizzato. Mantenere il regime dei prezzi minimi,

pertanto, è una soluzione meno efficiente rispetto ad una politica basata sull’adozione

congiunta di politiche disaccoppiate e di interventi a favore della concorrenza.

Le politiche per la concorrenza costituiscono un naturale complemento delle attuali

politiche agricole. Il modello teorico mostra che, almeno in alcuni casi, le politiche

accoppiate possono contenere gli effetti negativi della concorrenza imperfetta. Pertanto,

qualora si rimuovesse solo la distorsione dovuta alle all’intervento pubblico, si potrebbe

ottenere il risultato di amplificare gli effetti negativi del potere di mercato. I risultati

dell’analisi sin qui svolta suggeriscono che il disaccoppiamento totale della PAC può

produrre tutti i suoi benefici solo se i mercati agroalimentari sono perfettamente

competitivi. Il completamento della riforma della PAC, pertanto, dovrebbe essere

preparato da un intervento organico a favore della concorrenza.

5. Conclusioni

Il completo disaccoppiamento delle politiche agricole è uno degli obiettivi più

ambiziosi del processo di riforma della PAC. Nella visione strategica della

Commissione Europea, la liberalizzazione è una condizione indispensabile per

migliorare l’efficienza dei mercati agricoli. Tuttavia, le politiche di disaccoppiamento

possono mancare questo obiettivo se i mercati non sono perfettamente competitivi. La

liberalizzazione, infatti, rimuovendo i vincoli imposti agli agenti economici, può offrire

loro nuove opportunità per esercitare il potere di mercato. Qualora ciò si verificasse,

l’effetto netto della riforma sarebbe dato dalla somma algebrica dei benefici del

disaccoppiamento e della perdita derivante dalle imperfezioni nella concorrenza.

Questo contributo ha illustrato queste considerazioni attraverso l’esposizione di un

modello teorico che descrive come gli effetti di un regime dei prezzi minimi possano

variare notevolmente a seconda del grado di concorrenza. In particolare, il modello ha

dimostrato che il potere di mercato degli intermediari nei confronti dei produttori può

ridurre significativamente ridurre i benefici del disaccoppiamento. In teoria, qualora il

prezzo minimo garantito fosse stabilito in maniera ottimale, il disaccoppiamento

potrebbe ridurre il benessere sociale. Tuttavia, anche in presenza di potere

oligopsonistico, la regolamentazione del mercato costituisce un second best rispetto alla

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concorrenza perfetta. Di conseguenza, la soluzione più efficiente dal punto di vista

sociale non è il mantenimento del regime dei prezzi minimi, ma un adeguato mix di

liberalizzazioni e di politiche per la concorrenza.

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