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uis T imes Periodico trimestrale registrato il 9/2/2010 presso il Tribunale di Ferrara al numero 4 La norma ISO 9001:2015 N. 9 Aprile 2017 Contro la violenza sugli anziani oggi c’è un Osservatorio di Antonio Patrizio Paonessa Fratture del femore nella terza età di Daniel Di Segni Truffe agli anziani in aumento, ecco come evitarle di redazione Terzaeta.com Gruppo Quisisana, un valido esempio di impresa sociale intervista a Giuliano Fasolino Evoluzione di un modello organizzativo

Transcript of uisTimes - Quisisana Ostellato · Contro la violenza sugli anziani oggi c’è un Osservatorio di...

uisTimesPeriodico trimestrale registrato il 9/2/2010 presso il Tribunale di Ferrara al numero 4

La norma ISO 9001:2015

N. 9 Aprile 2017

Contro la violenza sugli anziani oggi c’è un Osservatorio di Antonio Patrizio Paonessa

Fratture del femore nella terza età di Daniel Di Segni

Truffe agli anziani in aumento, ecco come evitarledi redazione Terzaeta.com

Gruppo Quisisana, un valido esempio di impresa sociale

intervista a Giuliano Fasolino

Evoluzione di un modello organizzativo

3 Cari lettori editoriale di Marco Fasolino

4 La norma ISO 9001:2015 Evoluzione di un modello organizzativo di Riccardo Virardi

6 Truffe agli anziani in aumento, ecco come evitarle redazione Terzaeta.com

8 Progetto intervista: intervista a Andrea Zappaterra Le Iene del CSRR Quisisana Ostellato

10 Contro la Violenza sugli anziani oggi c’è un Osservatorio Dott. Antonio Patrizio Paonessa

12 Training di riabilitazione cognitiva di Cristina Rigacci, Veronica Tosi, Emilia Butelli, Jessica Calderini, Stefania Verduci

14 Frattura del Femore nella terza età di Daniel Di Segni

16 Alimentazione del gruppo sanguigno o AB0 come stile di vita a tutte le età di Alberto Cataldi

18 Gruppo Quisisana Un valido esempio di Impresa Sociale di redazione QuisTimes

20 Tango e Malattia di Alzheimer di Paola Milani

Direttore ResponsabileMarco Fasolino

[email protected]

Art Director e Progetto GraficoMassimo Zizi

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Segreteria di RedazioneMaria Rosa Milani

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Hanno collaborato a questo numeroEmilia Butelli, Jessica Calderini, Alberto Cataldi, Daniel Di Segni,

Paola Milani, Antonio Patrizio Paonessa, Cristina Rigacci, Veronica Tosi,

Stefania Verduci, Riccardo Virardi, Andrea Zappaterra

StampaLitografia Fabbri

Ufficio DistribuzioneUfficio commerciale di distribuzione

EditoreSirte Srl

P.zza Bassani 1, 44020 - Ostellato (Ferrara)

Direzione EditorialeConsorzio Sollievo

Immagini e FotoAlcune immagini sono state acquisite da

album privati. Si ringraziano i proprietari

Pubblicità[email protected]

Trimestrale - Anno 2017 Mese Aprile - Numero 9

SommariouisTimes

Fine vita, più umanità e meno ideologie

Cari Lettori,

otto anni fa, quando l’Italia fu turbata dalla tragedia di Eluana Englaro, nell’opinione

pubblica si diffuse il convincimento che fosse inevitabile una legge sul “fine vita”. Da

allora sono trascorsi anni nei quali la politica, che aveva promesso in tempi rapidi

una legge equilibrata ed adeguata sul “testamento biologico”, non ha saputo dare ri-

sposte, finendo per non prendere nessuna decisione e lasciando i cittadini da soli.

L’angoscioso viaggio in Svizzera di dj Fabo alla ricerca del suicidio assistito, ha ria-

perto in tutta la sua drammaticità il dibattito sul “fine vita”, un dubbio che angoscia

le coscienze di tutti, fautori e detrattori del principio secondo il quale debba essere

la persona stessa l’unica a decidere sul destino del proprio corpo e sull’eventualità di

porre fine a sofferenze vissute come insopportabili.

Ma nel frattempo la legge langue sotto montagne di carte e progetti, rinviata sine die,

rimbalzata tra Commissioni di Camera e Senato, fondamentalmente accantonata,

sospesa, dimenticata… Solo che stavolta non è la solita lentezza burocratica della poli-

tica a bloccare il corso di una legge che da otto anni attende invano di vedere la luce,

ma meri ragionamenti di convenienza temporanea: il desiderio non dichiarato di

non scegliere, di evitare divisioni, di non inserire nell’agenda politica un tema pro-

blematico, scottante, colmo di troppe passioni, politicamente “divisivo”.

E nell’assordante silenzio della politica, ai cittadini non resta altro che rivolgersi alla

magistratura, lasciando che questo momento supremo possa essere deciso di volta in

volta da un giudice investito di una funzione supplente rispetto a una legge che non

c’è.

In conclusione, se per una volta la politica si mostrasse matura e responsabile, se ve-

nissero ammainate le bandiere delle guerre di religione e si arrivasse in tempi rapidi

a una legge supportata da una larga maggioranza trasversale, come dovrebbe sempre

essere nelle grandi scelte eticamente sensibili, lascerebbe intendere che la politica sia

ancora capace di impegnarsi per qualcosa di nobile, in ciò che rimane della legisla-

tura. I cittadini di tutti gli schieramenti gradirebbero questa prova di autorevolezza.

Spes ultima dea!

Marco Fasolino Direttore [email protected]

Editoriale

Quis Times - Anno 2017 - Mese Aprile - Numero 9

L e norme della serie 9000 nascono negli anni ‘80 con l’intento di essere un modello di buo-ne prassi per l’organizzazione di un’impresa, per garantirne la qualità dei prodotti e dei

servizi forniti.Da quella data ad oggi il mondo è radicalmente cambia-to: sono cambiati i mercati, sono cambiati i clienti, sono cambiate le aziende e sono conseguentemente cambiati i modelli organizzativi, questi ultimi sempre più articolati e informatizzati. In questo contesto anche la norma 9001 ha avuto un’evoluzione.La finalità resta quella di essere una buona prassi di ge-stione, ma nell’ultima revisione – ISO 9001:2015 – il focus principale si è spostato sulla qualità dell’organizzazione, dando quasi per scontata la capacità di garantire la qua-lità dei prodotti e dei servizi da parte dell’impresa. “Per scontata” in quanto questa è l’aspettativa naturale di un cliente al momento dell’acquisto.La norma, pur avendo ancora come fine ultimo la soddi-sfazione del cliente quale “motore” vitale dell’azienda

(quest’ultima vive in quanto qualcuno compra i suoi pro-dotti/servizi), è diventata quindi più gestionale, introdu-cendo requisiti maggiormente manageriali.Rispetto alla precedente versione sono state introdotte diverse novità:

» Sono aumentati i requisiti inerenti la leadership dell’impresa, con una crescente richiesta di pianifica-zione strategica e operativa e di un controllo delle pre-stazioni aziendali più efficace. In un mondo sempre più in concorrenza e con difficoltà economiche la “bontà” del management diviene sempre più strategica.

» L’analisi del contesto e delle aspettative delle parti in-teressate è entrata nella nuova norma come strumento propedeutico sul quale basare la pianificazione strate-gica dell’azienda.

» È stata in introdotta la Gestione del Rischio, identifi-cando e gestendo potenziali situazioni di pericolo per

evoluzione di un modello organizzativo

LA NORMA

ISO 9001:2015ISO 9001:2015

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l’impresa. La finalità è quella di cercare di garantire la continuità sostenibile nel tempo.

» La richiesta di formalizzazione di documenti e di re-gistrazioni è diminuita, in virtù anche dell’informatiz-zazione sempre più spinta delle aziende (molti dati e prassi sono oggi presenti e reperibili nei sistemi infor-matici). Non è più formalmente richiesto un Manuale della Qualità (il che non esclude il fatto che un’azienda possa continuare ad avvalersi di questo strumento).

» In un mondo costantemente in evoluzione è stato intro-dotto il requisito della Gestione del Cambiamento orga-nizzativo, affinché quest’ultimo - all’interno dell’impre-sa - possa essere attuato in maniera pianificata.

» Si inizia a parlare di Gestione della Conoscenza, quale strumento per il governo di tutte quelle informazioni, prassi, procedure, istruzioni che rappresentano la base culturale di un’impresa.

» In un contesto dove un’azienda spesso ha più di una certificazione è stato introdotto l’High Level Structure, cioè un indice comune in grado di avere una corri-spondenza diretta con alcune norme. La finalità è facili-tare i sistemi integrati con più schemi di certificazione.

In sintesi, si può affermare che la nuova norma di fatto re-cepisce praticamente tutti i requisiti della ISO 9001:2008,

aggiungendone alcuni più specifici e più mirati alla ge-stione manageriale dell’azienda.Diverse realtà che hanno ottenuto la certificazione negli anni passati lamentano un’eccessiva “burocrazia” e, a vol-te, scarsa utilità dei sistemi di gestione organizzati in ac-cordo con le norme 9001. L’aumento a livello mondiale, negli ultimi 10 anni, delle certificazioni secondo questo standard dovrebbe portar-ci a ritenere che il problema burocratico forse non si tro-va nella norma ma in chi la applica, a volte travisandone le modalità attuative dei requisiti.L’adozione della ISO 9001:2015 può essere un’opportu-nità anche per queste realtà, per rivedere e convertire la loro organizzazione in un modello gestionale più efficace ed efficiente, basato su principi manageriali, vale a dire di pianificazione, controllo, sostenibilità e continuità nel tempo.

La norma 9001:2015 è entrata in vigore il 15 Settembre 2015 e coesisterà per un periodo di 3 anni con la ver-sione 2008. In questi tre anni le aziende potranno esse-re certificate con una o l’altra norma, ma il 15 Settembre 2018 la norma ISO 9001:2008 non avrà più validità e la ISO 9001:2015 sarà l’unico standard di riferimento.

Dasa-Rägister S.p.A.Riccardo Virardi

[email protected]

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aggiungendone alcuni più specifici e più mirati alla ge-

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Si fingono operatori telefonici, preti, assistenti so-ciali, addetti del Comune. Secondo il ministero dell’Interno, a farne le spese sono sempre più spesso gli anziani, bersaglio facile per questi ma-

lintenzionati, soprattutto quando vivono da soli. I reati ai danni di persone di età superiore ai 65 anni sono aumentati dell’otto per cento dal 2011 al 2012 mentre nel 2013 si è avuto un incremento del 7,8 per cento rispetto al 2012. Nel 2013 gli anziani raggirati sono stati oltre 13500, 4400 quelli rapinati. In soli due anni - dal 2012 al 2014 -, le vittime di truffa over65 sono passati da 300 mila a 340 mila.Dati, ovviamente, parziali perché non tutti hanno il corag-gio o la voglia di denunciare, per vergogna o per paura che i familiari vengano informati e li considerino non più in gra-do di gestirsi autonomamente. Numeri da far accapponare la pelle.Le truffe sono un reato odioso perchè, oltre al danno, la vit-tima viene presa dal senso di colpa di essere caduta nell’in-ganno, tanto evidente quando viene scoperto.

Ecco un vademecum con i consigli per evitare di cadere nel-la trappola di qualche malintenzionato e i tipi di comporta-mento sospetto da cui guardarsi.

1 - La truffa “delle banconote”. I truffatori entrano in azione quando l’anziano va alla po-sta o in banca a ritirare del denaro o la pensione. Appe-na esce lo intercettano, presentandosi come dipendenti dell’agenzia incaricati di controllare il numero di serie delle banconote appena prelevate. Il falso dipendente finge di controllare i numeri di serie in cerca di un errore inesisten-te e scambia le banconote vere con quelle false.

2 - La truffa del “pacco”. In questo caso i truffatori si presentano a casa della vittima, e dicono di dover consegnare un pacco, con della merce ordinata da figli o parenti. Per ritirare il pacco, però, agli an-ziani viene chiesto di pagare una somma, che ovviamente finisce nelle tasche dei delinquenti.

Truffe agli anziani in aumento, ecco come evitarle

LE 5 TRUFFE PIÙ COMUNI

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3 - Falsi dipendenti di Aziende o Enti (Enel, Telecom, Comune, ecc). Ma anche falsi elettricisti, poliziotti o idraulici. Quando in-dividuano un anziano che vive solo, i truffatori cercano di introdursi nella sua casa presentandosi con finte qualifiche professionali. Il passo successivo è sottrargli del denaro per finti contratti o inesistenti prestazioni a domicilio.

4 - La truffa “della lotteria”.La truffa arriva via posta: la vittima riceve una lettera che annuncia la vincita di un premio ad una lotteria. Per rice-verlo, però, l’anziano deve inviare dei soldi con un vaglia postale, per sostenere le spese necessarie alla spedizione e al ritiro.

5 - Finte donazioni o eredità.In questo caso i truffatori agiscono in coppia e spiegano all’anziano che, per entrare in possesso della donazione o dell’eredità ricevuta da qualche fantomatico benefattore, è necessario perfezionare l’atto di trasferimento presso un notaio. Il notaio, ovviamente, esigerà il pagamento di una parcella e i delinquenti accompagnano la vittima a ritira-re i soldi e poi fingono di portarla in auto dal notaio. Poi, con un pretesto, l’anziano viene fatto scendere dall’auto e i truffatori fuggono col denaro.

I 9 CONSIGLI “ANTITRUFFA” PER GLI ANZIANI

Le forze dell’ordinePolizia, carabinieri e guardia di finanza operano di norma in coppia e con la divisa d’ordinanza. Prima di aprire la porta, è bene controllare il tesse-rino e verificare che in strada sia parcheggiata l’auto di servizio.Non bisogna aprire la porta a sedicenti agenti in borghese, che spesso chiedono di entrare con la scusa di dover controllare l’appartamento per-chè quelli vicini sono stati svaligiati dai ladri.

I truffatori in borgheseI truffatori normalmente vestono in borghese e si presentano vestiti in modo elegante. Di norma viaggiano in coppia, usano modi gentili ma molto decisi e cercano di confondere la vittima con le chiacchiere. Spesso conoscono il suo nome e fingono di conoscere anche i figli o altri parenti. Attenzione quindi: non aprire la porta a nessuno, senza prima aver con-trollato il tesserino di riconoscimento.

I funzionari degli entiEnti come Inps, Inail e Asl non hanno personale che faccia visite a domi-cilio, quindi non bisogna aprire la porta a chi si presenta come ispettore

per accertamenti sul ticket sanitario, controllo documenti o annuncio di rimborsi. Aziende di servizi come gas, acqua e telefono non arrivano mai senza prima annunciarlo telefonicamente, specificando all’utente l’ora e il giorno della visita e le ragioni dell’intervento.

I volontari parrocchialiSpesso i malintenzionati si presentano come volontari della parrocchia o di associazioni di beneficenza. È bene ricordare, però, che questi enti non inviano volontari porta a porta, ma di solito lasciano opuscoli nella cassetta della posta o avvisi negli androni del palazzo.

Quando si preleva la pensioneQuando ci si reca a prelevare la pensione o a ritirare dei soldi al banco-mat è opportuno evitare di andare durante l’orario di punta. Dopo il riti-ro, attenzione a non farsi distrarre da sconosciuti mentre si maneggia il denaro. Fuori dagli uffici postali, non farsi convincere a dare le banconote a sedicenti dipendenti che dicono di voler controllare se siano false o se l’importo consegnato è corretto.

Al bancomatQuando si deve effettuare un prelievo, è bene evitare di parlarne a voce alta nelle vicinanze. Al momento del prelievo, bisogna stare attenti che nessuno sia in grado di vedere il codice personale e, appena prelevato il denaro, non farsi distrarre. In ogni caso, è bene non tenere il numero di bancomat scritto sulla scheda per non dimenticarlo e nemmeno all’inter-no del portafoglio.

In cittàQuando si esce di casa, è bene camminare sul lato del marciapiede più lontano dalla strada per evitare che la borsa possa essere scippata da auto o motorini. Attenzione, però: se succedesse di venire derubati in questo modo, bisogna lasciare subito la presa della borsa, per evitare di cadere a terra e venire trascinati rimanendo feriti. Se invece ci si sente seguiti, la prima cosa da fare è entrare nel negozio più vicino.

Come comportarsiI truffatori si comportano sempre in modo molto gentile e spesso le vit-time cadono nella trappola perchè temono di risultare maleducate. La paura di offendere spesso per gli anziani diventa un fattore di rischio: in questi casi è opportuno rispondere con un deciso “non ricordo” e comu-nicare che a breve arriverà in visita un familiare.

Chiamare il 112, 113 o 117Se ci si sente minacciati, è importante chiamare subito aiuto, senza te-mere o vergognarsi. Meglio un falso allarme che una truffa subita.

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per accertamenti sul ticket sanitario, controllo documenti o annuncio di

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intervistano Andrea Zappaterra ex Pallavolista di serie A...

»Abbiamo conosciuto Andrea Zappa-terra leggendo un articolo on-line. Era un articolo che celebrava la sua carriera sportiva di successo paral-

lelamente alla storia personale di un ragazzo che, proprio grazie alla pallavolo, ha accettato e vinto la sfida con se stesso. In quell’articolo Andrea raccontava: «Non guardo alle squadre o ai risultati. Io alla pallavolo devo solo dire gra-zie perché mi ha permesso di vincere una sfida contro me stesso. Sono riuscito a realizzare cose, a raggiungere tra-guardi personali che all’inizio era veramente difficile pen-sare di poter realizzare. Nonostante il mio handicap fisico, sono riuscito ad andare oltre, dimostrando che con la testa si possono superare i limiti fisici. La pallavolo mi ha fatto crescere come persona, mi ha insegnato a vivere in grup-po e a mettersi a disposizione degli altri. In un ambiente comunque non troppo facile, in cui esiste molta ignoranza:

l’handicap mi ha messo i bastoni tra le ruote, molte per-sone non hanno capito quanto impegno ci ho messo per arrivare ad alto livello».Questa storia ci ha colpito, molte sono state le curiosità su-scitate da questo articolo e dalla notizia che Andrea stava per ritirarsi dalla carriera di pallavolista. Ed è così che è nata l’idea dell’intervista delle Iene CSRR.Andrea ci ha raggiunto ad Ostellato presso il nostro Centro in un pomeriggio grigio di metà dicembre, in pieno clima natalizio, accolto con allegria e curiosità da tutto il gruppo CSRR riunito per l’occasione. Dopo le prime presentazioni e gli onori di casa, la nostre Iene Giancarlo e Lorena attraverso le domande raccolte tra il gruppo hanno iniziano a ricostruire la storia di questo at-leta. “A che età hai iniziato a giocare?”Col sorriso di chi ha tanti ricordi belli Andrea racconta “Ho iniziato a giocare a 12 anni, in effetti alcuni iniziano anche

“Il mio nome è Lorena…. Lorena Bonsi!”. 55 anni, un marito, due figli che la adorano. Una vita non sempre facile, ma sempre af-frontata con il sorriso e la dolcezza (“Lorena Bon-Bon”). Non le mancano però il carat-terino e la nota grinta della signora di casa ferrarese di sani princìpi, pronta a rimettere presto in riga chi non si comporta bene! Per passione realizza lavoretti di precisione come le collanine multicolor che poi regala a tutti e…. se non hai una collanina di L. non sei del CSRR! Furba, attenta, affettuosa, dal suo personale tavolo di lavoro tiene tutto sotto controllo e, se la vista non è il massimo, l’udito è però eccezionale: a lei NULLA sfugge…. anche perché Lorena… non dorme mai!

Giancarlo Zucconelli, di Codigoro, fu uno dei primi ingressi all’apertura del CSRR nel 2009 e fu Iena fin dalla prima intervista del Quis Times.Abituato alla vita di paese, Giancarlo anche in struttura ha messo a frutto la sua abilità nel socializzare con tutti rendendosi sempre pronto a collaborare. Una figura davvero impagabile... ma se proprio volete pagare, un caffè è sempre ben accetto! E inoltre: allenamento sportivo, lavoro nell’orto, canile, attore di spicco del nostro laboratorio teatrale, sono i suoi impegni settimanali.Veloce, agile, curioso e anche un po’ vanitoso, se riuscite a fermarlo vedrete che.... nessuno è perfetto, ma qualcuno è di certo la nostra Iena perfetta!

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prima… però da subito è stata una vera passione e da lì non mi sono più fermato. Non perdevo un allenamento né una partita, anche quando c’era da andare lontano… mi accom-pagnava mio nonno, alcune volte i miei genitori”. Ci racconta delle molte squadre in cui ha giocato e delle città in cui ha vissuto negli anni successivi, mentre la sua carriera spiccava il volo. “Torino, Monselice, Bologna, Man-tova… una città che mi è rimasta particolarmente nel cuore è Genova, dove ho giocato per anni e dove ritorno spesso, per la nostalgia degli amici che vivono là”.La nostra Iena Giancarlo interviene per raccontare delle gare di atletica leggera distrettuali che ogni anno coinvol-gono alcuni ospiti CSRR, e chiede: “Ma tu non avevi timo-re davanti al pubblico? Che emozioni provavi di fronte al pubblico che fa il tifo?”Andrea ammette che “sempre, ogni volta, è una forte emo-zione scendere in campo, però lo sport in questo senso è non solo divertimento ma anche disciplina: si impara a ge-stire le emozioni, a tenerle sotto controllo e a rimanere con-centrati”. Giancarlo annuisce con ammirazione. Poi è Andrea ad incuriosirsi: “E chi è tra voi il più veloce?” Giancarlo senza timidezza racconta che non sempre arriva sul podio e che è un altro compagno “il più bravo tra noi”. Il compagno “più bravo” dal canto suo neanche si identi-fica… I nostri ospiti conoscono l’emozione delle gare, una tensione mediata dal sentirsi una squadra e dalla solidarie-tà reciproca, nel rispetto delle regole ma anche delle carat-teristiche individuali.Parallelamente alla curiosità per l’atleta Zappaterra, c’è l’in-teresse e la voglia di conoscere la persona. Lorena condu-ce la chiacchierata da brava padrona di casa, spaziando tra aneddoti e curiosità su conoscenze sportive comuni fino alle città e ai viaggi di Andrea in Italia e all’estero, e si arriva a parlare ovviamente di �ibo: per Andrea la migliore cucina rimane sempre quella dell’Emilia Romagna. Lorena prosegue: “A stare tanto tempo con i compagni di squadra vi è mai successo di litigare?” ma Andrea rispon-de che anzi, sono nate anche delle belle amicizie. “Con lo sport si guadagna bene?” ma Andrea ci dice che purtroppo la pallavolo non è tra gli sport più pagati, come ad esempio il calcio.Giancarlo chiede se è vero che smetterà di giocare e An-drea racconta “Mi sono ritirato proprio quest’anno, avevo voglia di fare altro, di fermarmi un po’”. Interviene Lorena: “E stare con la fidanzata”. Andrea sorride, afferma di esse-re fidanzato e racconta del proprio lavoro di insegnante di pallavolo a bambini e bambine nel centese. Alla domanda di Giancarlo “Hai nostalgia della squadra e delle partite?”, Andrea risponde sereno “No. Fare l’insegnante è un lavo-

ro che amo moltissimo, proprio per il valore formativo ed educativo dello sport, che crea nell’individuo solide basi ca-ratteriali utili per far fronte alle difficoltà della vita, oltre a facilitare l’integrazione tra ragazzi di nazionalità diverse”. Si rammarica un po’ per l’assenza di strutture e infrastrut-ture adeguate: “Ancora oggi i ragazzini devono farsi ac-compagnare in palestra dai familiari, non ci sono trasporti organizzati appositamente… questo è anche motivo di ab-bandono dello sport dopo l’infanzia”.Tra le tante domande e i racconti, Giancarlo si sofferma su una curiosità: “È vero che giocavi con la testa storta?” An-drea per spiegarsi mima la posizione che assumeva duran-te la partita per prendere la mira. Ci racconta che da piccolo ebbe un incidente e l’ustione provocata danneggiò il nervo ottico pertanto, per riuscire a mettere a fuoco alla perfezione durante la partita, doveva assumere quella posizione. “Questa lieve disabilità non ha mai costituito per me un limite, ma piuttosto un incentivo all’impegno per migliorare sempre, e nel gioco ha finito per diventare anche il mio punto di forza”. Le Iene accolgono senza battere ciglio, con consapevolez-za. “Ora non tieni più la testa storta” è la considerazione che segue. Andrea conferma di essersi operato soltanto dopo il ritiro dalla scena sportiva. “Non ho mai optato per l’intervento durante la mia carriera in quanto il buon esito non era garantito e in ogni caso il nuovo assetto visivo post-intervento avrebbe implicato un “re-imparare” a valutare le distanze, mettere a fuoco, prendere la mira… e in fasi di-namiche e veloci come quelle di una partita avrebbe potuto compromettere i risultati sportivi”.Le Iene Lorena e Giancarlo e l’intero il gruppo CSRR ascol-tano con partecipazione, annuendo con l’aria di chi già lo sapeva, abituato a lavorare quotidianamente sulle proprie risorse personali, su ciò “che è” e non su ciò che manca, con il necessario impegno e un po’ di coraggio, da veri at-leti nella vita.

»Andrea Zappaterra

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È quello dell’Istituto Sant’Anna e Santa Caterina di Bologna, un tentativo per prevenire, intercetta-re e segnalare gli eventuali e sciagurati episodi di violenza di ogni genere nelle Case Residenza An-

ziani, vere e proprie realtà ad alta valenza socio-sanitaria inserite nel tessuto sanitario del Paese.“L’idea di un OSSERVATORIO CONTRO LA VIOLENZA è nata circa un anno e mezzo fa proprio in ragione delle tante scene di violenza che i media ci portano all’attenzione, che mi hanno spaventato e fatto riflettere, violenza di vario ge-nere contro anziani, bambini, disabili psichici, cioè in tutte quelle situazioni di ‘asimmetria’ fra professionista e utente –malato”. Così ci spiega da dove è nata l’idea di questa iniziativa il suo

fondatore, il dottor Patrizio Paonessa, medico Responsabi-le Sanitario della Casa Residenza Anziani Istituto Sant’Anna di Bologna.“Mi sono chiesto cosa avrei potuto fare non solo come medico, ma anche per il ruolo di responsabilità che rive-sto all’interno di questa grande struttura per Residenti An-ziani, al fine di salvaguardare i nostri residenti e anche la nostra professionalità. Nella nostra struttura abbiamo cir-ca 240/250 anziani fragili residenti tra pubblico e privato e un Nucleo Disabili giovani, di circa 20-25 unità, dislocati in diversi reparti: come poter essere sicuro che non succe-dano episodi di questo tipo anche da noi? Così ho pensato ad un’attività che potesse, se non sostituirsi a telecamere fisse (che riteniamo indispensabili) quantomeno fungere da strumento di osservazione interno, che operasse a livello di équipe multiprofessionali per provare a prevenire, inter-cettare, tutelare e prontamente e segnalare eventuali fatti violenti. Da qui l’Osservatorio contro la Violenza. L’attività dell’Osservatorio – prosegue il dottor Paonessa – agisce in due direzioni che hanno la stessa finalità, una di preven-zione, l’altra operativa. La prevenzione si basa innanzitutto sulla formazione degli operatori (Oss, RAA, Infermieri, FT, medici) su temi quali ad esempio il burn out, l’auto e il mu-tuo soccorso, il problem solving, lo stress lavoro-correlato e sull’informazione di quanto avviene in una struttura. L’in-formazione sul fenomeno, trattarlo e parlarne allo scopo di non farlo diventare un tabù è rivolta a tutti coloro che

CONTRO LA VIOLENZA SUGLI ANZIANI OGGI C’È UN OSSERVATORIO

Medico Chirurgo

Responsabile Sanitario CRA S. Anna

Medico Chirurgo

Responsabile Sanitario CRA S. Anna

Dott. Antonio Patrizio Paonessa

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operano e/o frequentano la struttura socio sanitaria, non solo quindi agli operatori, ma anche ai famigliari, caregi-vers, colleghi medici, dirigenti. Parlarne e parlarne. Perché purtroppo ad oggi è ancora un tabù parlare di violenza e immaginare che possa accadere nella propria struttura. Quando si parla di violenza si intende non solo la violenza fisica ma anche l’incuria, la derisione, il furto di oggetti cari o di valore affettivo oltre che economico, la violenza psico-logica”.La seconda parte del lavoro, invece, è quella operativa e naturalmente la più difficile da mettere in atto, perché ha come obiettivo quello di provare a intercettare nel concre-to l’eventuale caso di violenza, individuando eventuali re-sponsabilità e agendo di conseguenza. La caratteristica premi-nente dell’Osservatorio è che le attività di ‘indagi-ne’possono, anzi devono essere svolte a qualsiasi livello – da quello opera-tivo in reparto a quello amministrativo o d’ufficio in Direzione – quindi è in-teressata tutta la rete or-ganizzativa della Struttu-ra. “Su questo aspetto ho provato a coinvolgere la mia Direzione – continua il dottor Paonessa - in modo da raccogliere più informazioni possibili dai diversi soggetti responsabili per arrivare ad individuare un eventuale fatto violento e catturarlo. Tutti devono lavo-rare insieme per andare a guardare, nel proprio ambito, se e cosa è successo: l’alert di partenza può essere qualsiasi evento ‘sentinella’: la lesione cutanea (ematomi, ferite, ec-chimosi etc) o la ferita psicologica (improvvisi cambiamenti di umore, paura e ansia inattese). In soggetti fragili, con pluripatologie e multiterapie, è assolutamente necessario

effettuare un ‘filtro’ rispetto a questi alert, evitare cioè che ogni evento sia attribuito ad un fatto di violenza: i residenti hanno una elevata fragilità cutanea, sono spesso agitati a livello psicomotorio per quadri misti di disturbi cognitivi e del comportamento”. Ad ogni buon conto, nel sospetto, si esaminano con accuratezza i diari delle attività assistenzia-le, infermieristica, il diario clinico, la documentazione varia prodotta nel periodo, si coinvolge anche l’area del Perso-nale per l’eventuale analisi, nel rispetto della privacy, del fascicolo di ciascuno. L’intervento della psicoterapeuta, attraverso colloqui per-sonali, può contribuire a definire l’evento violento. Inoltre a questa figura è demandata l’attività di supporto a favore

dei professionisti vittime del burnout . In sintesi quindi l’Osserva-torio funziona attraverso diversi e graduali passag-gi: formazione/informa-zione, osservazione, ana-lisi multidisciplinare dei casi dubbi, trasparenza nella comunicazione e informazione ai familia-ri/caregivers, intervento del medico e della psi-coterapeuta, definizione

dell’evento finale. Se la rete funziona si può provare ad intercettare il malaugurato episodio di violenza e agire im-mediatamente.

“Ribadisco – conclude il dottor Paonessa – che lo scopo principale e più importante di questa iniziativa è la sensi-bilizzazione del personale a tutti i livelli sul tema, avere un forte deterrente interno, far capire a tutti fra operatori del settore, familiari, istituzioni, che c’è grande attenzione sulla questione”.

Gli anziani, soli, in famiglia o nelle istitu-zioni, possono subire vari tipi di violenza:

Violenza fisica: spintoni, percosse, contusioni, bruciature…Violenza psicologica: insulti, minacce, ritorsioni…Violenza finanziaria: furti, estorsioni di fondi, eredità anticipate, firme forzate… Violenza medicale: eccessiva somministrazione di farmaci o privazio-ne di medicamenti necessari… Violenza civica: sottrazione della carta d’identità, non rispetto della vita privata… Violenza per omissione: non dare aiuto nei bisogni della vita quotidiana, dimenticanza, abbandono…

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“… ogni volta che un vecchio sbarca da noi, completamente a pezzi, convinto di non essere più niente prima ancora di essere morto, Therese lo attira nel suo angolo, gli prende d’autorità la vecchia mano, stende ad una ad una le dita arrugginite, liscia a lungo il palmo come si fa con i fogli spiegazzati, e quando sente che la mano è perfettamente distesa (mani che non si sono vera-mente aperte da anni!), Therese si mette a parlare. Non sorride, non blandisce, si limita a parlargli del futuro. Ed è la cosa più incredibile che potesse capitargli: il futuro!” (Daniel Pennac, La fata Carabina; pag. 19)

Training di riabilitazione cognitivaper anziani ricoverati presso la residenza sanitaria assistenziale Quisisana Siena – Poggio al Vento

Il Progetto di Trai-ning di Riabilita-zione Cognitivarealizzato pres-so la RSA QUI-SISANA SIENA –

POGGIO AL VENTO, condotto dal Centro di Psicoterapia e Logope-dia Siena con la collaborazione dell’equipe di animazione, è fina-lizzato a rallentare la progressiva perdita delle funzioni cognitive dell’anziano.Questo testo è stato scritto grazie al lavoro, l’impegno e la motiva-zione degli OSS, infermieri, anima-tori, fisioterapisti e RAA che ogni giorno si confrontano con il disa-gio e la sofferenza degli Ospiti.La struttura RSA QUISISANA SIENA – POGGIO AL VENTO sente l’esi-genza di andare oltre alla sempli-ce assistenza, pertanto nel mese di febbraio è iniziata questa av-ventura che ha portato tutti noi a imparare a stimolare gli ospiti con passione e in ogni singolo momen-to della loro vita nella residenza.Negli ultimi cinquant’anni si è assi-stito ad un significativo incremen-to demografico della popolazio-ne mondiale e con esso ad un incremento dell’età media e del-

la popolazione anziana. In Italia, il numero di anziani di età compre-sa tra i 65 e i 74 anni è otto vol-te maggiore rispetto all’inizio del secolo scorso, mentre gli anziani di età superiore agli 85 anni sono aumentati di oltre 24 volte.Proprio a causa di questa mag-giore longevità sono aumentate alcune patologie come quelle cardiovascolari, quelle metabo-liche e soprattutto le malattie neurodegenerative come la De-menza. Il tutto conduce ad un aumento indiscusso anche della popolazione anziana malata e non autosufficiente, in sostanza ad un vero e proprio allarme so-cio- sanitario. Il problema delle patologie lega-te all’invecchiamento della po-polazione sta investendo inesora-bilmente i sistemi sociali e sanitari del mondo industrializzato. Il de-clino cognitivo fino al quadro più estremo di questo processo, la de-menza, è una delle patologie più dirompenti e difficili da affrontare. Le cure disponibili non sono in gra-do di bloccare i processi dege-nerativi e quindi sono necessarie una serie di strategie assistenziali e terapeutiche per ridurre gli effetti

negativi del decadimento cogni-tivo. Non basta una diagnosi ac-curata, né il trattamento farma-cologico, seppure adeguato alle condizioni del soggetto. Occorre saper fornire al paziente una serie di riferimenti sociali e ambientali utili a ridurre l’ansia e la frustrazio-ne che il deficit cognitivo genera nel soggetto.Considerando anche quanto ri-portato nel documento redatto nel 2007 dal Servizio Sanitario Re-gionale Emilia Romagna sulla sti-molazione cognitiva per il benes-sere della persona con demenza (p.7) “Se la mente è quella prezio-sa facoltà che ci distingue dagli altri animali, “perdere la mente” è di sicuro una grande sventura”e sempre più si può capire l’im-portanza data attualmente adun percorso di cura e trattamen-to dell’anziano continuativo ed interdisciplinare, nel quale trovino spazi vari tipi di interventi. I programmi terapeutici non far-macologici - tra cui possiamo col-locare anche il presente proget-to - hanno lo scopo di sostenere ed attivare quelle funzioni mentali non completamente deteriorate, intervenendo sulle potenzialità re-

di: Dott. ssa Rigacci Cristina, psicologa e psicoterapeutaDott. ssa Tosi Veronica, psicologa e psicoterapeutaDott. ssa Butelli Emilia, psicologa e psicoterapeutaDott. ssa Calderini Jessica, psicologa e psicoterapeutaDott. ssa Verduci Stefania, psicologa

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sidue. Nell’insieme queste terapie si caratterizzano per il coinvolgi-mento attivo della persona cura-ta e si fondano sulla preliminare valutazione delle potenzialità re-sidue su cui basare l’intervento. La Stimolazione Cognitiva, in par-ticolar modo, si configura come un intervento finalizzato al benes-sere complessivo della persona in modo da incrementarne il coin-volgimento in compiti mirati alla riattivazione delle competenze residue e al rallentamento della

perdita funzionale causata dalla patologia dementigena. Tale tipo di intervento prevede l’utilizzo di tecniche e “strumenti” mirati e dif-ferenziati con l’obiettivo di massi-mizzare le funzioni residue dell’in-dividuo e tutte le risorse interne ed esterne disponibili per mantenere il più possibile l’autonomia indivi-duale.Il Progetto da noi realizzato si pone proprio come training e interven-to sulle funzioni cognitive dove lo scopo generale è la riabilitazione di tali in un setting di gruppo.

Le funzioni cognitive possono es-sere definite come quelle opera-zioni mentali che ci consentono di raccogliere le informazioni che giungono dall’ambiente, ricono-scerle, immagazzinarle, elaborar-le per agire nel mondo attraverso il comportamento gestuale ed il linguaggio. Esse ci consentono di adattare il nostro comportamento alle caratteristiche dell’ambiente in cui siamo immersi o di modifi-care l’ambiente stesso in funzione delle nostre esigenze.

Le principali funzioni cognitive che consentono all’uomo di com-prendere l’ambiente in cui vive e di interagire con esso sono: Me-moria (a breve, a medio o a lun-go termine), Capacità di orienta-mento nel tempo e nello spazio, Abilità di Pensiero, Funzioni esecu-tive, Adattamento emotivo. Tutte queste funzioni diventano “bersa-glio” dell’intervento proposto. Conseguentemente, grazie alla collaborazione degli OSS, Infer-mieri, Animatori, Fisioterapisti e RAA della struttura RSA QUISISANA

SIENA – POGGIO AL VENTO, che si è prestata in modo favorevo-le e ci ha dato l’opportunità di eseguire all’interno della stessa il Progetto da noi ideato, abbiamo coinvolto un gruppo di 8 persone (di ambo i sessi e non necessaria-mente omogenei per età), scelte tra gli ospiti della Residenza, sul-la base delle informazioni fornite dagli Operatori che già lavorano nella medesima, suddividendo il progetto in tre fasi (valutazione iniziale, training specifico, valuta-zione finale).Il confronto tra i dati ricavati dalla valutazione iniziale e finale - effet-tuato secondo l’iter normativo di prassi in merito all’analisi dei dati ricavati dai test psicologici - ci for-nirà due tipi di informazioni molto importanti: dati sull’efficacia del percorso di lavoro in generale; dati sull’efficacia del percorso la-vorativo su ogni singolo paziente partecipante.Gli Ospiti della RSA QUISISANA SIENA – POGGIO AL VENTO, sono stati molto collaborativi ed entu-siasti, sempre attenti e desiderosi di prendere parte alle attività pro-poste.

Per noi è un piacere ed una gio-ia trovarli sempre così desiderosi di incontrarci. Come richiestoci anche da alcuni dei partecipanti alla fine dell’intero percorso di la-voro consegneremo a ciascuno di loro il relativo plico contenente tutte le attività svolte da ognuno di loro.Al momento possiamo solo ringra-ziare i partecipanti e la direzione della Struttura RSA QUISISANA SIE-NA – POGGIO AL VENTO per aver-ci dato l’opportunità di eseguire il nostro progetto che arricchisce ciascuna di noi.

“Quando ti metterai in viaggio per Itacadevi augurarti che la strada sia lunga fertile in avventure e in esperienze......…….Sempre devi avere in mente Itaca -raggiungerla sia il tuo pensiero costante.Soprattutto, però, non affrettare il viaggio;fa che duri a lungo, per anni,e che da vecchio metta piede sull’isola, tu, riccodei tesori accumulati per stradasenza aspettarti ricchezze da Itaca.Itaca ti ha dato il bel viaggio,senza di lei mai ti saresti messoin viaggio: che cos’altro ti aspetti?E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addossogià tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare”(tratto da “Itaca” di K. Kavafis)

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D iventare anziani non è solamente “avere più esperienza” (cosa tra

l’altro molto vera) ma è acquisire la consapevolezza che il proprio corpo non è più come quello di quando si avevano 40 anni.Cambiamenti nella postura, nella ri-sposta reattiva del corpo, dolori e al-terazioni funzionali sono eventi che fisiologicamente accadono negli over 50; un aspetto molto importante è anche un progressivo impoverimento della componente calcica all’interno delle ossa, generando una patologia molto subdola chiamata osteoporosi.L’osteoporosi è una condizione ca-ratterizzata da una perdita del Cal-cio all’interno della struttura interna dell’osso, rendendo questo fragile e soggetto a modifiche e a fratture.

Con l’avanzare dell’età (si stima che nel 2050 le persone affette dall’o-steoporosi saranno 7 milioni) c’è un inesorabile depauperamento della resistenza delle ossa: questa situa-zione avviene principalmente sulle donne (1a su 3 è osteoporotica) a causa di alterazioni ormonali durante la menopausa e ciò rende frequente la comparsa di fratture spontanee o a seguito di leggere cadute.I distretti più colpiti sono quelli del polso, delle vertebre (spesso le lom-bari) e del femore.Oggi ci focalizzeremo proprio sulle fratture femorali, come queste compaiono e qual è il trattamento da eseguire.Generalmente nel mio studio vengo-no pazienti che dicono: “Sono caduta e mi sono rotta il femore...”; questo

concetto non è sempre vero, in quan-to se si è in presenza di una persona osteoporotica, la realtà è che c’è stata prima una frattura del femore e, con-seguentemente, una caduta.I distretti del femore che vengono più colpiti sono quelli nella zona del collo del femore e della zona trans-trocan-terica (una sorta di zona delimitata da due escrescenze ossee chiamati trocanteri). Questo avviene perchè è la zona in cui, biomeccanicamente, c’è lo scarico delle forze ascendenti e discendenti e quindi è facile capi-re come, in caso di debolezza ossea, questa sia la zona più soggetta a frat-ture.Oltre alle fratture spontanee, c’è nell’anziano la possibilità di un malo-re/perdita di equilibrio che comporta una caduta a terra che, con un osso

nella terza età AL FEMOREFRATTURE

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in normali situazioni non accadrebbe alcunché, ma in presenza di impove-rimento osseo c’è la comparsa di frat-ture femorali.

Qual è il trattamento allora?Innanzitutto è necessario in caso di sospetta frattura del femore chiama-re un ambulanza e recarsi in ospedale dove, attraverso una semplice lastra rx, è possibile vedere la condizione dell’osso e se è presente una rima di frattura.In base al tipo di frattura, alla condi-zione cartilaginea, articolare, condi-zioni generale del paziente è possibile scegliere di utilizzare un trattamento conservativo (purtroppo raro), un trattamento chirurgico che può esse-re o attraverso la sostituzione dell’ar-ticolazione con l’impianto di una pro-

tesi oppure attraverso l’inserimento di placche o chiodi per saldare la frattura e permettere un recupero più veloce.La scelta dell’approccio terapeutico è di competenza del medico ortopedico che adotterà la strategia più efficace per sistemare la frattura e ridare nel minor tempo possibile la possibilità all’anziano di recuperare le proprie autonomie.Autonomie che però devono esse-re ottenute solamente attraverso un periodo di riabilitazione a seguito dell’intervento chirurgico: la fisiote-rapia infatti è fondamentale tanto quanto l’operazione in sé stessa, in quanto non solo deve far tornare un tono muscolare e una coordinazione per la deambulazione, ma anche per recuperare la coscienza di carico del

paziente affetto da frattura femorale.Uno degli aspetti più difficili che i pa-zienti devono capire è che, una volta operati, su quella gamba ci si può pog-giare ancora il peso e che, essendo stata sistemata, può reggere tranquil-lamente il carico.Il recupero è ormai una routine ma deve comunque essere eseguito da un professionista sanitario laureato che saprà adattare la corretta terapia alle possibilità dell’anziano; ricordo inoltre che il ritorno ad una vita nor-male è e deve esser sempre ricercato.

Dr. Daniel Di SegniDottore in Fisioterapia

Terapia ManualeRieducazione Posturale

Trattamento post operatoriowww.cervicalevertigini.it

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Assumiamo quotidiana-mente decine di sostan-ze chimiche che vengono

processate, elaborate e paragonate geneticamente al patrimonio del sin-golo individuo. Ovvero, ogni volta che ci alimentiamo, paragoniamo tutto ciò che ingeriamo, generando una tolleranza alimentare o un’intolle-ranza. Spesso l’intolleranza si genera per quegli alimenti che nella Dieta del Gruppo sono sconsigliati, e successi-vamente per quelli consigliati. Una volta rimossi quelli sconsigliati, l’in-tolleranza ai consigliati scompare. Ad esempio, se si è intolleranti alle me-lanzane, che sono solenacee, in una persona di Gruppo San-guigno B, predisposto alle malattie autoimmunitarie, rimuovendo il glutine, an-che se non siamo ad esso intolleranti, ritorneremo tolleranti alle melanzane.Nel libro: “Stile di vita: la dieta AB0 – evidenze scien-

tifiche” viene descritto il perchè e come alimentarsi adeguatamente con rapporto allo stato di malattia; inoltre ricorda come la scienza ha oramai di-mostrato che la reazione di intolleran-za o quella di allergia non sono geneti-che, ma quello che si eredità è lo stile alimentare imposto.Diverso invece è la genetica di alcu-ne malattie. Ad esempio, se abbiamo geni per la sclerosi multipla e mangia-mo in modo inadeguato, attiveremo quei meccanismi che li esprimono, facilitando l’espressione della malat-tia e non solo, ma facilitando anche a causa di un’inadeguata alimentazione l’ingresso di metalli pesanti che si tro-

vano in tutti i malati di ma-lattie neurodegenerative! Dunque, non è vero che il cibo o meglio gli alimenti non influiscono sul nostro stile di vita e sulla nostra salute. All’inizio, quando si cambia lo stile alimentare, ovvero

ci si avvicina agli alimenti a cui geneti-camente siamo più predisposti, sareb-be opportuno non fare molte associa-zioni alimentari nello stesso piatto, per evitare confusione immunitaria.Ad esempio, evitate un piatto con molte verdure e pesce, sostituendolo con un piatto di fagioli cannellini, ton-no al naturale e olio crudo.Praticamente il primo passo è svezza-re il sistema immunitario dalla tossi-cosi a cui per anni è stato sottoposto a parità di patrimonio genetico.I cibi di origine animale non contengo-no sostanze nutritive migliori di quel-le vegetali, anzi queste ultime risulta-no immunologicamente più valide e

Alimentazione del Gruppo Sanguigno o AB0 come Stile di Vita a tutte le età

La dieta del grup-po sanguigno è uno stile alimentare ba-sato sull’idea che la correlazione tra alimentazione e sistema immuni-tario, che passa dai gruppi sanguigni, è stretta e funzionale al benessere gener-ale. Quindi teoriz-za l’assunzione di cibi freschi, natu-rali e tradizionali e ha come fine quel-lo di migliorare la qualità della vita in modo semplice e naturale.

vano in tutti i malati di malattie neurodegenerative! Dunque, non è vero che il cibo o meglio gli alimenti non influiscono sul nostro stile di vita e sulla nostra salute. All’inizio, quando si cambia lo stile alimentare, ovvero

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meno dannose!I geni contenuti nel nostro genoma (DNA) si attivano se stimolati da un’al-terata ed immunologicamente attiva alimentazione, ovvero assumere ali-menti sbagliati li attiva e li rende pe-ricolosi, dunque la familiarità in gran parte dipende da quello che mangia-mo.Se mangiamo in maniera immunolo-gicamente regolare questi geni riman-gono silenti a vita; o meglio, se il dan-no genetico è elevato, l’espressione risulterà ridotta.L’alimentazione corretta porta alla riduzione dell’assunzione di farmaci e ne riduce gli effetti nocivi in quei soggetti che a causa della privazione

di un organo, ad esempio, li devono assumere cronicamente. Questo vale a tutte le età. Assumere un determi-nato stile alimentare non vuol dire evitare il dottore o fare di testa pro-pria, ma vuol dire aiutare il medico a curare meglio, con i dovuti controlli clinici, sia ematici che strumentali.L’alimentazione corretta che previene la malattia può anche far regredire la forma attiva fino alla scomparsa. Que-sto dipende dall’assunzione di cibi im-munologicamente corretti!Una buona alimentazione abbatte la spesa sanitaria pubblica, generando benessere nelle persone ed equilibrio psico-fisico, che sono alla base del concetto di salute.Vari studi hanno dimostrato che l’ec-cesso di zuccheri e carboidrati com-plessi facilita l’evoluzione della malat-tia depressiva bipolare… e se fossero loro stessi a slatentizzarla?I cereali (pasta, pane, riso, etc) con il passare degli anni di vita aumentano la pressione arteriosa, il colesterolo, il peso corporeo e predispongono a malattia della tiroide e non solo.Sono state ad esempio identificate almeno duecento malattie correlate con il glutine presente in alcuni cereali (dalla sclerosi multipla, alla celiachia, alla malattia reumatica, etc) dunque occorre stare all’erta! Un’altra regola è mangiare alimenti freschi e di stagione. Gli alimenti col-tivati in serra o in cattività non han-no le caratteristiche organolettiche adatte, ed in alcuni casi sono danno-

si. Un pregiudizio da vincere è quello di associare la carne con certi piatti o accompagnare i piatti con pane o de-rivati, sono solo pregiudizi secolari, indotti dal sistema. Ovvero un cibo può essere valido e nutriente anche se vegetale! Ma ricordate, non vuol dire non mangiare carne o pesce. Ma averne maggior rispetto. In alcuni Gruppi Sanguigni il non mangiare car-ne di pesce o animale può nel tempo portare facilmente a depressione o decadimento anticipato.Dunque occorre sempre una dieta equilibrata e varia adattata all’immu-nologia del gruppo sanguigno o dieta AB0.Le malattie alla fine sono generate da una cattiva alimentazione, che viene riconosciuta anche dagli enti mondiali che tutelano la salute. L’Organizza-zione Mondiale della Sanità, nel 1997 lanciò l’allarme obesità secondario all’abuso di cereali e zuccheri raffinati! Allora mi chiedo tuttora perchè tanti colleghi chiudono gli occhi davanti a tale evidenza e perchè non imparia-mo ad insegnare alla gente a nutrirsi adeguatamente ed a prendere meno farmaci!

È doveroso concludere questo arti-coletto con le parole di Thomas Alva Edison (1847-1931): “Il dottore del futuro non darà medicine, ma moti-verà i suoi pazienti ad avere cura del proprio corpo, alla dieta ed alla causa e prevenzione della malattia.”Ippocrate, padre della medicina dice-va: “Se vuoi conoscere la malattia dei tuoi pazienti, guarda cosa mangiano tutti i giorni.”

Dott. Alberto CataldiDirigente medico in chirurgia vascolare

Azienda USL - Ferrarawww.albertocataldi.com

Il gruppo sanguigno AB è il gruppo più recente e più raro. È il risultato della mescolanza tra il sangue cau-casico di tipo A e quello mongolico di tipo B, e oggi è presente in meno del 5 per cento della popolazione. Dodici secoli fa il tipo AB non esisteva: alcuni studi su salme ritrovate in Ungheria dimostrano che in età longobarda (IV-VII secolo d.C.) non aveva an-cora fatto la sua comparsa. Le prime prove della sua esistenza risalgono a circa novecento, mille anni fa, quando le popolazioni barbariche riusciro-no a penetrare nell’Impero romano e il sangue dei vincitori si mescolò a quello dei vinti.

Curiosità

La correlazione tra cibo e sistema immunitario è stata sperimen-tata per la prima volta nel 1957 dal naturopata americano James D’Adamo. Il dottor Peter D’Adamo, medico naturopata americano, ha suc-cessivamente sviluppato la dieta del gruppo sanguigno, continu-ando il lavoro del padre James. Il suo primo libro, tradotto in 50 lingue, ha venduto più di 7 mili-oni di copie.

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Abbiamo avuto il piacere di incontrare Giuliano Fasoli-no, Presidente delle Resi-

denze Quisisana di Bologna, un valido esempio di impresa sociale, non fon-data sul mero profitto ma su un ideale autentico di solidarietà.

Presidente Fasolino, come e perché è nata l’idea di un Mar-chio nel settore Terza età?“Negli ultimi anni il Mondo Anzia-ni è stato invaso da Soggetti attratti dal business derivante dall’aumento dell’età anagrafica degli Italiani, spes-so questi soggetti fanno danni non solo agli anziani stessi, ma all’intero settore, lavorando il più delle volte al limite della legalità. Il nostro Gruppo opera nel settore fin

dal lontano 1999 da un’idea molto ambiziosa: met-tere a disposizio-ne esperienze e professionalità nel settore socio-sanitario che favorissero una condizione di vita migliore per tutti, in particolare per i soggetti più de-boli e, nello stesso tempo, cercare di offrire opportuni-

tà di lavoro a chi aspirasse ad operare nel sociale, affermandosi sin da subito come punto di riferimento nel settore della Terza Età, attraverso la gestione di Residenze per Anziani. Già nel 2002 cercavamo una nostra identità e nac-que la prima -Quisisana-”.

Dalla nascita ad oggi, cosa è cambiato?“Un lungo percorso è stato effettuato da allora fino ad oggi. Un percorso fatto di sfide, cambiamenti, sviluppo, obiettivi raggiunti e tanto lavoro di equipe che, partendo dalla dimen-sione territoriale della Regione Emi-lia Romagna, si è esteso, anno dopo anno nel Centro Nord Italia, raggiun-gendo risultati sempre più significativi e importanti”.

Ci faccia qualche esempio pra-tico.“Il Gruppo rappresenta oggi una re-altà consolidata e stimata non solo in Emilia-Romagna, ma anche in altre regioni (Toscana e Piemonte), dove presta assistenza a diverse centinaia di anziani autosufficienti e non, po-nendosi come obiettivo fondamentale il benessere dell’Ospite. L’identifica-zione della Struttura e la convinzio-ne di aver fatto una scelta buona e oculata per il proprio genitore (pre-valentemente sono i figli a trovarsi all’improvviso di fronte al problema), permette a chi si trova nel momento del bisogno di assicurare serenità per tutta la famiglia. Noi rispondiamo a questi bisogni.

Quali sono gli obiettivi che le Residenze Quisisana si prefig-gono?“L’obiettivo principale, a cui non in-tendiamo rinunciare, è mantenere e migliorare la qualità di vita dell’an-ziano, sia dal punto di vista sanitario che dal punto di vista sociale, offren-do soluzioni, anche personalizzate, che garantiscano lo sviluppo organiz-zativo e l’aumento della qualità delle prestazioni offerte. Inoltre miriamo a garantire rispetto, lavoro e retribuzio-ni adeguate ai soci, ai dipendenti, ai collaboratori, ai nostri stakeholder in genere, ricercando e adottando stan-

Gruppo Quisisana Un valido esempio di Impresa Sociale

RESIDENZE

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dard di qualità di vita della forza la-vorativa che si riversa, a sua volta, in qualità assistenziali sempre più mira-te alle persone che si trovano in una condizione di necessità”.

L’ambito sociale, più di ogni al-tro, deve rispettare le più rigo-rose certificazioni per garanti-re i migliori livelli qualitativi, sia in termini di erogazione dei servizi che di sicurezza. Voi cosa fate in tal senso?“Le Residenze Quisisana, consapevoli che la strada della qualità sia il mez-zo più sicuro per raggiungere la pie-na soddisfazione del Cliente, hanno conseguito la certificazione di qualità da diversi anni, da pioniere in un set-tore fatto di aziende certificate “sulla carta” che utilizzano tali requisiti solo per le gare di appalto. Noi siamo cer-tificati EN ISO 9001:2008 per i settori EA 38f - 38d - 30 per le attività di pro-gettazione, gestione ed erogazione dei servizi socio-sanitari ed assisten-ziali rivolti ad anziani autosufficienti e non, in regime residenziale e semi re-sidenziale, organizzazione del servizio di prestazioni infermieristiche ed assi-stenziali, preparazione e somministra-zione dei pasti”. “Inoltre – continua il Presidente Fasolino - tutti i dipendenti e collaboratori devono perseguire gli obiettivi prefissati da tale sistema, ognuno nell’ambito della propria area di competenza, ricercando un miglio-ramento continuo delle proprie pre-stazioni, la sicurezza dei lavoratori è la sicurezza stessa degli utenti”.

In un mondo sempre più proiet-tato nel futuro, che importanza hanno le nuove tecnologie in ambito socio-sanitario?“L’informatizzazione ormai fa parte del nostro quotidiano, e noi prestiamo una particolare attenzione alle nuove tecnologie, precursori anche in que-

sto… nel nostro gruppo compare in-fatti un portale Internet di punta nel settore della comunicazione sociale: www.terzaeta.com. Il sito vanta nu-meri da primato, e con le sue circa 2,5 milioni di pagine visualizzate annual-mente, si attesta a livello nazionale come punto di riferimento dell’infor-mazione e dei servizi rivolti alla terza età, offrendo l’opportunità di infor-marsi sulle pensioni, sulla normativa nazionale, regionale e i decreti legi-slativi riguardanti la materia. Grazie ad un’esperienza ultra decennale ed al relativo know how acquisito, la di-visione web del gruppo rappresenta a tutti gli effetti una realtà della comu-nicazione sociale in Italia. L’esperienza Terzaeta.com è stata infatti racconta-ta da più di 50 tra giornali, quotidiani, periodici di informazione, costume ed economia, da oltre 30 testate on line e dai principali network televisivi e ra-diotelevisivi del Paese”.

Che prospettive avete per i prossimi anni? “Continuare a crescere e far sì che

sempre più anziani in stato di biso-gno si possano rivolgere a noi piutto-sto che a realtà non qualificate, che sempre più nascono nel nostro setto-re. Abbiamo un traguardo ambizioso che ci piace definire - Obiettivo 20-20 - proprio perché intendiamo realizzar-lo entro l’anno 2020: raddoppiare il numero dei posti letti che al momento sono Residenze Quisisana, sia attra-verso acquisizioni dirette sia attraver-so un’attività di Franchising che stia-mo studiando con i nostri consulenti”.

Desideri…?“Una Legge Nazionale che regolamen-ti il settore, sbarramenti all’ingresso di personaggi che approcciano al sociale come se fosse una qualsiasi attività commerciale, controlli e regole più stringenti per tutti, non solo per chi lavora in regime di trasparenza ma, soprattutto per chi non ha bisogno di nessuna autorizzazione per aprire pic-cole strutture per anziani ed erogare servizi socio sanitari, districandosi tra i meandri di leggine regionali che non tutelano gli anziani”.

La sede del Gruppo ad Ostellato (Fe)

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Il Tango Argentino trova origine alle fine dell’800 presso i porti sudamericani del Rio della Plata. Danza tipica di Buenos Aires, ma con grosse radici italiane (tra gli autori/compositori più

famosi spiccano Canaro, Calò, Di Sarli, D’Arienzo, Pugliese, Piazzola…), si è diffuso in modo capillare soprattutto in Eu-ropa, con una crescita esponenziale. Dal 2009 il Tango Argentino è stato dichiarato dall’UNESCO patrimonio dell’umanità grazie alle caratteristiche che lo differenziano da qualsiasi altro tipo di ballo e ai suoi effetti “terapeutici”.

Innanzitutto si basa sull’improvvisazione e interpretazione, lasciando libero sfogo alla creatività, espressività e perso-nalità di ciascuno: non si vedranno mai due coppie ballare allo stesso modo il medesimo brano musicale.

Il tango, efficacissima forma di “comunicazione non verba-le”, si fonda su un ben definito gioco di ruoli: l’uomo con-duce e la donna segue. (Nel tango olistico viene proposta anche l’inversione dei ruoli, ove la donna può sperimenta-re l’autorevolezza e la determinazione della guida, mentre l’uomo prova ad affidarsi, lasciandosi condurre).La pratica del tango apre una possibilità per esplorare cosa accade in se stessi quando si è impegnati nell’avere la “re-sponsabilità” di guidare un’altra persona o la “fiducia” nel lasciarsi guidare, andando così a migliorare l’equilibrio psi-co-fisico e nell’ambito della coppia.

EFFETTI “TERAPEUTICI” E INDICAZIONIPer come è strutturato, il Tango Argentino è adatto a tutti e va ad agire positivamente sulla sfera fisica, psicologica e di comunicazione relazione.È inoltre indicato come terapia coadiuvante in diverse pa-tologie o situazioni di disagio.

Aspetto Fisico: come per altri tipi di danza permette di fare attività fisica in modo piacevole, ma per la particolare modalità tecnica di esecuzione dei passi, obbliga a miglio-rare la consapevolezza e il controllo della propria corpo-reità: la forte connessione tra l’intenzionalità di compiere un preciso movimento e il corpo che deve eseguirlo attiva-mente sfruttando cambi di peso e di direzione, torsione del busto, passi sia in avanzamento che in arretramento, pause e accelerazioni, fanno si che via sia un progressivo e co-stante miglioramento dell’equilibrio, della postura e della qualità del movimento.

» Indicato per persona affette patologie dementigene come dimostrato dalla letteratura scientifica sull’argo-mento

» Indicato per il caregiver formale e informale come attivi-tà ludico-ricreativa.

Aspetto Psicologico: essendo basato sulla distinzione dei ruoli, il Tango Argentino va a lavorare incentivando la

Alzheimermalattia di

eTango

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parte maschile (più attiva), dando più intenzionalità e de-terminazione, con uno stile di comando chiaro e continuo, ma al contempo rassicurante e protettivo.Per la donna (più recettiva), migliora la sensibilità, la capa-cità di attesa senza prendere iniziativa, la predisposizione all’ascolto dell’altro. Non si lascia però condurre passiva-mente: prova il piacere di lasciarsi portare, esprimendo co-munque la propria presenza e partecipazione con uno stile personale.

Aspetto di Comunicazione-Relazione: nel tango non si parla, ma permette di esprimere molto di sé attraverso il linguaggio del corpo. Tramite l’abbraccio, si entra in un con-tatto immediato e piuttosto intimo anche tra sconosciuti. Oltre che nell’ambito della coppia, la relazione si crea an-che con le altre coppie presenti contemporaneamente in pista, nel rispetto delle quali occorre fare attenzione alla gestione degli spazi, delle distanze e delle direzioni.

» Indicato per persone insicure, con scarsa fiducia nelle proprie capacità/potenzialità.

» Per soggetti con difficoltà a rapportarsi/accettare il pro-prio corpo (difficoltà nel farsi toccare/abbracciare, in so-vrappeso, nel post intervento di mastectomia, isterecto-mia, colonstomia…)

» Per persone poco sciolte nell’eloquio, nell’approccio con il prossimo, con scarsa capacità dialettica.

» In stati d’ansia, di stress e di depressione (non grave).

» In presenza di fobie sociali (es. esibirsi o parlare in pub-blico, temere esageratamente il giudizio degli altri…)

» Per coppie che vogliono rinvigorire il proprio rapporto, riequilibrando i propri ruoli e condividendo un interesse comune.

Accostarsi al Tango Argentino con una visione “olistica” permette di compiere un viaggio conoscitivo e migliorativo all’interno di se stessi e di conseguenza nel rapporto con gli altri.Mettersi in gioco in prima persona nello spazio di un ab-braccio per ballare con l’altro e per l’altro, aumenta in modo provato il livello di benessere fisico, psichico e sociale.Se utilizzato come terapia o coadiuvante di essa, il tango rappresenta un’opportunità per curarsi in modo piacevo-le, che fa sentire fin da subito “meno malati”, grazie anche

all’associazione mentale tra il ballo e situazioni di benesse-re, di allegria o di festa.Da giovedì 30 marzo, ha preso il via il “Progetto pilota di Tangoterapia metodo Riabilitango”, ideato e progettato dall’Associazione Malattia Alzheimer di Ferrara (Ama Ferra-ra) in collaborazione con il Centro per i disordini cognitivi di Ferrara (Unità operativa di Neurologia) dell’Azienda ospe-daliera di Ferrara. Il metodo è già stato sperimentato con successo su altre tipologie di pazienti (Malati di Parkinson e Affetti da pato-logie cardio-respiratorie) all’ospedale S. Giuseppe di Mila-no da Marilena Patuzzo, caposala e tanguera. Il progetto è rivolto a un gruppo selezionato di 15 pazienti, inviati da Ama, con patologie allo stadio iniziale di demenza del tipo Alzheimer, selezionati dal Centro per i disordini cognitivi dell’ospedale di Cona (Ferrara), in particolare dell’Unità operativa di Neurologia. Alla Tangoterapia parteciperanno anche i loro familiari, con l’intento di sviluppare un’inte-grazione maggiore della persona malata all’ambiente circo-stante, limitandone stigmatizzazione ed isolamento. Attualmente non esiste una terapia in grado di prevenire o guarire l’Alzheimer, in Italia sono 800mila i malati, di cui 74.000 in Emilia-Romagna, e il loro numero raddoppierà entro il 2050 (dati Istat e Organizzazione Mondiale della Sanità). Ferrara sarà la prima città in Emilia-Romagna a spe-rimentare gli esiti di tale esperienza ed i risultati verranno resi noti il 21 settembre prossimo, in occasione della ricor-renza della giornata mondiale dell’Alzheimer.

Dott.ssa Paola Milani Psicologa

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