Ugo Santamaria (ePub) - liberliber.it · La principessa Nazli chiede ospitalità ... invano chi...

240

Transcript of Ugo Santamaria (ePub) - liberliber.it · La principessa Nazli chiede ospitalità ... invano chi...

Questo e-book è stato realizzato anche grazie al so-stegno di:

E-textWeb design, Editoria, Multimedia

(pubblica il tuo libro, o crea il tuo sito con E-text!)http://www.e-text.it/

QUESTO E-BOOK:

TITOLO: L'allevatore di dinosauri, ovvero L’uovo dipterodattiloAUTORE: Yambo (alias Enrico Novelli)TRADUTTORE: CURATORE: NOTE:

CODICE ISBN E-BOOK: 9788828100249

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:http://www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze/

COPERTINA: [elaborazione da] "An extinct Pterodacty-le as it appeared in flight, the extinct Teleosaurus(on left) and two examples of the duck-billed platy-pus" di William Percival Westell - BiodiversityHeritage Library - Creative Commons Attribuzione 2.0Generico - https://commons.wikimedia.org/wiki/File:The_book_of_the_animal_kingdom_(Plate_XIV)_(7335346838).jpg -Pubblico Dominio

TRATTO DA: L'allevatore di dinosauri, ovvero L'uovo

2

Questo e-book è stato realizzato anche grazie al so-stegno di:

E-textWeb design, Editoria, Multimedia

(pubblica il tuo libro, o crea il tuo sito con E-text!)http://www.e-text.it/

QUESTO E-BOOK:

TITOLO: L'allevatore di dinosauri, ovvero L’uovo dipterodattiloAUTORE: Yambo (alias Enrico Novelli)TRADUTTORE: CURATORE: NOTE:

CODICE ISBN E-BOOK: 9788828100249

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:http://www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze/

COPERTINA: [elaborazione da] "An extinct Pterodacty-le as it appeared in flight, the extinct Teleosaurus(on left) and two examples of the duck-billed platy-pus" di William Percival Westell - BiodiversityHeritage Library - Creative Commons Attribuzione 2.0Generico - https://commons.wikimedia.org/wiki/File:The_book_of_the_animal_kingdom_(Plate_XIV)_(7335346838).jpg -Pubblico Dominio

TRATTO DA: L'allevatore di dinosauri, ovvero L'uovo

2

di pterodattilo / Yambo. - Roma : Stampa alternati-va, \1994. – 206 p. : ill. ; 17 cm.

CODICE ISBN FONTE: 88-7226-145-7

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 9 gennaio 2014

INDICE DI AFFIDABILITÀ: 10: affidabilità bassa1: affidabilità standard2: affidabilità buona3: affidabilità ottima

SOGGETTO:JUV001000 FICTION PER RAGAZZI / Generale

DIGITALIZZAZIONE:Paolo Alberti, [email protected]

REVISIONE:Catia Righi, [email protected] Santamaria

IMPAGINAZIONE:Paolo Alberti, [email protected] Santamaria (ePub)Rosario Di Mauro (revisione ePub)

PUBBLICAZIONE:Catia Righi, [email protected] Santamaria

Informazioni sul "progetto Manuzio"Il "progetto Manuzio" è una iniziativa dell'associa-zione culturale Liber Liber. Aperto a chiunque vo-glia collaborare, si pone come scopo la pubblicazio-ne e la diffusione gratuita di opere letterarie informato elettronico. Ulteriori informazioni sono di-sponibili sul sito Internet:http://www.liberliber.it/

3

di pterodattilo / Yambo. - Roma : Stampa alternati-va, \1994. – 206 p. : ill. ; 17 cm.

CODICE ISBN FONTE: 88-7226-145-7

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 9 gennaio 2014

INDICE DI AFFIDABILITÀ: 10: affidabilità bassa1: affidabilità standard2: affidabilità buona3: affidabilità ottima

SOGGETTO:JUV001000 FICTION PER RAGAZZI / Generale

DIGITALIZZAZIONE:Paolo Alberti, [email protected]

REVISIONE:Catia Righi, [email protected] Santamaria

IMPAGINAZIONE:Paolo Alberti, [email protected] Santamaria (ePub)Rosario Di Mauro (revisione ePub)

PUBBLICAZIONE:Catia Righi, [email protected] Santamaria

Informazioni sul "progetto Manuzio"Il "progetto Manuzio" è una iniziativa dell'associa-zione culturale Liber Liber. Aperto a chiunque vo-glia collaborare, si pone come scopo la pubblicazio-ne e la diffusione gratuita di opere letterarie informato elettronico. Ulteriori informazioni sono di-sponibili sul sito Internet:http://www.liberliber.it/

3

Aiuta anche tu il "progetto Manuzio"Se questo "libro elettronico" è stato di tuo gradi-mento, o se condividi le finalità del "progetto Ma-nuzio", invia una donazione a Liber Liber. Il tuosostegno ci aiuterà a far crescere ulteriormente lanostra biblioteca. Qui le istruzioni:http://www.liberliber.it/online/aiuta/

4

Aiuta anche tu il "progetto Manuzio"Se questo "libro elettronico" è stato di tuo gradi-mento, o se condividi le finalità del "progetto Ma-nuzio", invia una donazione a Liber Liber. Il tuosostegno ci aiuterà a far crescere ulteriormente lanostra biblioteca. Qui le istruzioni:http://www.liberliber.it/online/aiuta/

4

Indice generale

Prologo............................................................................9I. L'uomo che veniva da lontano...................................12II. Una scena straordinaria............................................27III. Una scena straordinaria..........................................43IV. Come conobbi il plesiosauro...................................53V. La storia di Crostino.................................................73VI. Il mostro che aveva inghiottito un cuore................83VII. Il delitto di Crostino..............................................96VIII. L'uovo, la donna e lo scienziato.........................109IX. La nascita di un pulcino che aveva sedici milioni dianni.............................................................................122X. In che modo Piri-Piri lasciò il nido........................133XI. La trilogia drammatica di Piri-Piri, Buzzino e Scric-ciolo............................................................................150XII. Piri-Piri mette il mondo a soqquadro..................160XIII. Lo ‘scandalo maremmano’................................172XIV. Piri-Piri a Montecitorio!.....................................182XV. L'automobile nera................................................193XVI. La principessa Nazli chiede ospitalità...............202XVII. Il mostro conteso..............................................210XVIII. Piri-Piri diventa un orso..................................224XIX. La nave dei morti...............................................233XX. Tutto per Piri-Piri................................................241Conclusione................................................................247

5

Indice generale

Prologo............................................................................9I. L'uomo che veniva da lontano...................................12II. Una scena straordinaria............................................27III. Una scena straordinaria..........................................43IV. Come conobbi il plesiosauro...................................53V. La storia di Crostino.................................................73VI. Il mostro che aveva inghiottito un cuore................83VII. Il delitto di Crostino..............................................96VIII. L'uovo, la donna e lo scienziato.........................109IX. La nascita di un pulcino che aveva sedici milioni dianni.............................................................................122X. In che modo Piri-Piri lasciò il nido........................133XI. La trilogia drammatica di Piri-Piri, Buzzino e Scric-ciolo............................................................................150XII. Piri-Piri mette il mondo a soqquadro..................160XIII. Lo ‘scandalo maremmano’................................172XIV. Piri-Piri a Montecitorio!.....................................182XV. L'automobile nera................................................193XVI. La principessa Nazli chiede ospitalità...............202XVII. Il mostro conteso..............................................210XVIII. Piri-Piri diventa un orso..................................224XIX. La nave dei morti...............................................233XX. Tutto per Piri-Piri................................................241Conclusione................................................................247

5

YamboL'ALLEVATORE

DIDINOSAURI

OvveroL'UOVO DI

PTERODATTILO

6

YamboL'ALLEVATORE

DIDINOSAURI

OvveroL'UOVO DI

PTERODATTILO

6

Disegno di Yambo per la copertina del“Giornale illustrato dei Viaggi”

con la prima puntata de L'uovo di pterodactilo(1926)

7

Disegno di Yambo per la copertina del“Giornale illustrato dei Viaggi”

con la prima puntata de L'uovo di pterodactilo(1926)

7

Prologo1

Un tempo – qualche miliardo di anni fa – noi non esi-stevamo. L'uomo non era ancora apparso sulla scenadel mondo, e tanto meno la donna, per cui la terra ave-va un aspetto molto malinconico: gli alberghi erano de-serti, nessuno frequentava i teatri di varietà, le spiaggedi mare, anche nell'infuriare della canicola, non acco-glievano il più scalcinato bagnante, i futuri lidi di Vene-zia, Viareggio, Rimini, Riccione, le non ancora fondateterme di Montecatini e di Salsomaggiore, aspettavanoinvano chi volesse profittare delle loro grandi virtù cu-rative. Basti dire che il Casinò di Montecarlo non avevaancora incassato uno scudo!E allora, quali bestie, in mancanza dell'uomo, popola-vano, a quei tempi, la terra? I rettili. Rettili immensi,naturalmente: rettili alti come case, coperti di squame,di punte, di bitorzoli, armati di unghie e di zanne, orri-bili e buffi a vedersi; rettili erbivori, carnivori, acquati-ci, terrestri; ora provvisti di lunghi colli di serpente, oradi corazze ossee come le tartarughe; vivevano nellegrandi foreste dell'età secondaria, o nei laghi e neimari, mangiandosi a vicenda, tranquillamente, senzapensare affatto che un giorno le loro ossa avrebbero co-stituito il più divertente rompicapo per gli scienziati ri-cercatori e restauratori di fossili. Poveri rettili! Crede-1 Dall'edizione del 1947.

8

Prologo1

Un tempo – qualche miliardo di anni fa – noi non esi-stevamo. L'uomo non era ancora apparso sulla scenadel mondo, e tanto meno la donna, per cui la terra ave-va un aspetto molto malinconico: gli alberghi erano de-serti, nessuno frequentava i teatri di varietà, le spiaggedi mare, anche nell'infuriare della canicola, non acco-glievano il più scalcinato bagnante, i futuri lidi di Vene-zia, Viareggio, Rimini, Riccione, le non ancora fondateterme di Montecatini e di Salsomaggiore, aspettavanoinvano chi volesse profittare delle loro grandi virtù cu-rative. Basti dire che il Casinò di Montecarlo non avevaancora incassato uno scudo!E allora, quali bestie, in mancanza dell'uomo, popola-vano, a quei tempi, la terra? I rettili. Rettili immensi,naturalmente: rettili alti come case, coperti di squame,di punte, di bitorzoli, armati di unghie e di zanne, orri-bili e buffi a vedersi; rettili erbivori, carnivori, acquati-ci, terrestri; ora provvisti di lunghi colli di serpente, oradi corazze ossee come le tartarughe; vivevano nellegrandi foreste dell'età secondaria, o nei laghi e neimari, mangiandosi a vicenda, tranquillamente, senzapensare affatto che un giorno le loro ossa avrebbero co-stituito il più divertente rompicapo per gli scienziati ri-cercatori e restauratori di fossili. Poveri rettili! Crede-1 Dall'edizione del 1947.

8

vano, forse, di aver conquistato il dominio assoluto del-la terra. Si vedevano così giganteschi, si sentivano cosìirresistibili! Avevano nomi altisonanti e paurosi: uno sichiamava atlantosauro, un altro ittiosauro, un terzobrontosauro, un quarto iguanodonte; come avrebberopotuto pensare che un giorno, nonostante la magnifi-cenza del nome, sarebbero scomparsi dalla faccia delmondo?Eppure! Ci piange il cuore a pensarci. Un improvviso,spaventevole cataclisma si portò via, a un tratto, i mi-lioni di rettili che ornavano la superficie terrestre.Quando spuntò l'alba del primo gennaio dell'anno…(impossibile segnare la cifra) il regno dei rettili era or-mai liquidato.Dove erano finiti?Mistero.Perché sono spariti?Mistero.Ma è possibile che qualche esemplare di questi infelicirappresentanti di un regno distrutto viva ancora?Può darsi che un disgraziato atlantosauro allunghi an-cora il suo collo grinzoso sotto il sole dei tropici o inqualche isola del Pacifico? Non viveva forse fino a po-chi anni or sono, nella Nuova Zelanda, l'ultimo rappre-sentante di una gigantesca razza di uccelli, il dinornis,le cui uova erano grosse come teste di elefante?

9

vano, forse, di aver conquistato il dominio assoluto del-la terra. Si vedevano così giganteschi, si sentivano cosìirresistibili! Avevano nomi altisonanti e paurosi: uno sichiamava atlantosauro, un altro ittiosauro, un terzobrontosauro, un quarto iguanodonte; come avrebberopotuto pensare che un giorno, nonostante la magnifi-cenza del nome, sarebbero scomparsi dalla faccia delmondo?Eppure! Ci piange il cuore a pensarci. Un improvviso,spaventevole cataclisma si portò via, a un tratto, i mi-lioni di rettili che ornavano la superficie terrestre.Quando spuntò l'alba del primo gennaio dell'anno…(impossibile segnare la cifra) il regno dei rettili era or-mai liquidato.Dove erano finiti?Mistero.Perché sono spariti?Mistero.Ma è possibile che qualche esemplare di questi infelicirappresentanti di un regno distrutto viva ancora?Può darsi che un disgraziato atlantosauro allunghi an-cora il suo collo grinzoso sotto il sole dei tropici o inqualche isola del Pacifico? Non viveva forse fino a po-chi anni or sono, nella Nuova Zelanda, l'ultimo rappre-sentante di una gigantesca razza di uccelli, il dinornis,le cui uova erano grosse come teste di elefante?

9

Insomma: è ammissibile l'ipotesi che un qualsiasi rettileantidiluviano viva sempre la sua pigra vita, nascosto inuna remota e incognita caverna, nel mezzo di una qual-che regione deserta del globo: il Tibet o il centrodell'Africa, il Mato Grosso o le terre inesplorate delSud?Rispondete: è ammissibile, questa ipotesi, o no?Se voi non avete il coraggio di rispondere, risponderòio per voi, con una storia che certamente turberà i vo-stri sonni. I fantasmi di quel mondo scomparso, gli ulti-mi esemplari di razze animali che oltrepassano i confinidell'incubo, entreranno, mostruosi e schiaccianti, nellafrivola vita di cui ci sentiamo orgogliosamente gli atto-ri, sorvoleranno le nostre città, rientreranno, infine,nell'oscurità della favola dalla quale li ha evocatil'autore.

10

Insomma: è ammissibile l'ipotesi che un qualsiasi rettileantidiluviano viva sempre la sua pigra vita, nascosto inuna remota e incognita caverna, nel mezzo di una qual-che regione deserta del globo: il Tibet o il centrodell'Africa, il Mato Grosso o le terre inesplorate delSud?Rispondete: è ammissibile, questa ipotesi, o no?Se voi non avete il coraggio di rispondere, risponderòio per voi, con una storia che certamente turberà i vo-stri sonni. I fantasmi di quel mondo scomparso, gli ulti-mi esemplari di razze animali che oltrepassano i confinidell'incubo, entreranno, mostruosi e schiaccianti, nellafrivola vita di cui ci sentiamo orgogliosamente gli atto-ri, sorvoleranno le nostre città, rientreranno, infine,nell'oscurità della favola dalla quale li ha evocatil'autore.

10

IL'UOMO CHE VENIVA DA LON-

TANO

Il fatto si svolse nei termini precisi che or ora vi espor-rò: soltanto, non posso dirvi il paese dove il fatto avven-ne, perché mi tirerei addosso una casa del diavolo. Pas-serei anche per un mancatore di parola, perché a suotempo per carpire il terribile segreto mi lasciai sfuggirela promessa solenne del silenzio. È vero che in tutti imodi io, ora, raccontando le cose come andarono, tradi-sco la promessa: ma siccome non scriverò mai il veronome del paese che fu teatro del dramma e nemmenoquello dei personaggi principali dell'“azione”, nessunostimerà conveniente, per il semplice gusto di additar mealla riprovazione degli uomini onesti, di rivelare gli au-tentici eroi dello “scandalo antidiluviano”.Insomma, in questo modo salvo la dignità altrui e ancheun po' le mie spalle: e posso seguitare a girare il mondoa fronte alta, come un galantuomo qualunque.Dunque, mettiamo che il paese si chiamasse la Roccal-begna, ma non è: siamo sempre nell'Amiata, ma nondalla parte di Maremma, e dove le “dramatis personae”fossero press'a poco queste:1. Romeo Gualandi, sindaco di Roccalbegna (non è

11

IL'UOMO CHE VENIVA DA LON-

TANO

Il fatto si svolse nei termini precisi che or ora vi espor-rò: soltanto, non posso dirvi il paese dove il fatto avven-ne, perché mi tirerei addosso una casa del diavolo. Pas-serei anche per un mancatore di parola, perché a suotempo per carpire il terribile segreto mi lasciai sfuggirela promessa solenne del silenzio. È vero che in tutti imodi io, ora, raccontando le cose come andarono, tradi-sco la promessa: ma siccome non scriverò mai il veronome del paese che fu teatro del dramma e nemmenoquello dei personaggi principali dell'“azione”, nessunostimerà conveniente, per il semplice gusto di additar mealla riprovazione degli uomini onesti, di rivelare gli au-tentici eroi dello “scandalo antidiluviano”.Insomma, in questo modo salvo la dignità altrui e ancheun po' le mie spalle: e posso seguitare a girare il mondoa fronte alta, come un galantuomo qualunque.Dunque, mettiamo che il paese si chiamasse la Roccal-begna, ma non è: siamo sempre nell'Amiata, ma nondalla parte di Maremma, e dove le “dramatis personae”fossero press'a poco queste:1. Romeo Gualandi, sindaco di Roccalbegna (non è

11

Roccalbegna; vorrei dirvelo, ma non posso, c'è di mezzola promessa), chimico farmacista, naturalista, cacciatoreall'aspetto, lettore dei più noiosi giornali della penisola,ricercatore di pietre filosofali a tempo perso, un po' tri-ste, un po' timido, un po' vano, un po' grinzo, ma provvi-sto di una corona di bei capelli color stoppa a riflessid'argento, che gli conferiva un aspetto di filosofo ispira-to (egli doveva la nomina a sindaco semplicemente allacorona di capelli color stoppa a riflessi argentei: se neson viste delle peggiori in politica), era inoltre sposo ria-mato di:2. Flavia Gualandi, detta la “sindachessa”, di età incerta;ammirevole avanzo di statua etrusca un po' imbastarditanelle linee del naso e del mento, ma sempre degna dielogio per l'eleganza della persona e per il taglio indovi-natissimo degli occhi, che somigliavano a quelli indi-menticabili della Gorgonide scolpita e dipinta nel soffit-to dell'ipogeo dei Volumni: donna, in sostanza, più pia-cevole a vedersi che a udirsi, ma che aveva saputo, congli anni e le astuzie più grossolane, conquistare l'animoindeciso e fluttuante di Romeo e dominarlo in un modoeccezionalissimo.3. Il canonico Lorenzo Pelanda, amico e frequentatoredi casa Gualandi.4. L'amico d'infanzia di Romeo, Michele Orcagna, expittore, ex baritono, ex giornalista, presentemente viag-giatore senza mèta fissa: quarantacinque anni bene spe-si, viso abbronzato, vivacissimo, voce possente, gesto

12

Roccalbegna; vorrei dirvelo, ma non posso, c'è di mezzola promessa), chimico farmacista, naturalista, cacciatoreall'aspetto, lettore dei più noiosi giornali della penisola,ricercatore di pietre filosofali a tempo perso, un po' tri-ste, un po' timido, un po' vano, un po' grinzo, ma provvi-sto di una corona di bei capelli color stoppa a riflessid'argento, che gli conferiva un aspetto di filosofo ispira-to (egli doveva la nomina a sindaco semplicemente allacorona di capelli color stoppa a riflessi argentei: se neson viste delle peggiori in politica), era inoltre sposo ria-mato di:2. Flavia Gualandi, detta la “sindachessa”, di età incerta;ammirevole avanzo di statua etrusca un po' imbastarditanelle linee del naso e del mento, ma sempre degna dielogio per l'eleganza della persona e per il taglio indovi-natissimo degli occhi, che somigliavano a quelli indi-menticabili della Gorgonide scolpita e dipinta nel soffit-to dell'ipogeo dei Volumni: donna, in sostanza, più pia-cevole a vedersi che a udirsi, ma che aveva saputo, congli anni e le astuzie più grossolane, conquistare l'animoindeciso e fluttuante di Romeo e dominarlo in un modoeccezionalissimo.3. Il canonico Lorenzo Pelanda, amico e frequentatoredi casa Gualandi.4. L'amico d'infanzia di Romeo, Michele Orcagna, expittore, ex baritono, ex giornalista, presentemente viag-giatore senza mèta fissa: quarantacinque anni bene spe-si, viso abbronzato, vivacissimo, voce possente, gesto

12

largo e complicato, scatti di nervi, risate a sproposito,mancanza assoluta di riguardi e di educazione elementa-re.5. “Bubi”, il negro del bacino dello Tchad, personaggiomisterioso in apparenza, insignificante in sostanza, alservizio di Michele.6. “Crostino”, il giovane gorilla delle foreste del centroafricano: malato di nostalgia e forse di tisi incipiente,tipo romantico, molto quotato alla borsa degli animali diAmburgo.7. La principessa Nazli: tipo di fanciulla arabo-egiziana,ricchissima, vivacissima, stranissima, in continua guerracol senso comune.8. Lo zio di Nazli, gran barba di profeta, idee millenarie,costumi misteriosi, ma illibati.9. “Piri-Piri” l'eroe: animale delle età preistoriche, in-gombrante e insopportabile.10. Il popolo della Roccalbegna: personaggio multifor-me e multanime, sospettoso, chiacchierone, ingombran-te – specie la domenica e le feste comandate – ma ne-cessario per costituire il “coro” alla greca di un poemaeroicomico come il presente.Dopo questi rapidi cenni spiegativi, possiamo comincia-re la narrazione…Un momento.Debbo accennare ai luoghi.

13

largo e complicato, scatti di nervi, risate a sproposito,mancanza assoluta di riguardi e di educazione elementa-re.5. “Bubi”, il negro del bacino dello Tchad, personaggiomisterioso in apparenza, insignificante in sostanza, alservizio di Michele.6. “Crostino”, il giovane gorilla delle foreste del centroafricano: malato di nostalgia e forse di tisi incipiente,tipo romantico, molto quotato alla borsa degli animali diAmburgo.7. La principessa Nazli: tipo di fanciulla arabo-egiziana,ricchissima, vivacissima, stranissima, in continua guerracol senso comune.8. Lo zio di Nazli, gran barba di profeta, idee millenarie,costumi misteriosi, ma illibati.9. “Piri-Piri” l'eroe: animale delle età preistoriche, in-gombrante e insopportabile.10. Il popolo della Roccalbegna: personaggio multifor-me e multanime, sospettoso, chiacchierone, ingombran-te – specie la domenica e le feste comandate – ma ne-cessario per costituire il “coro” alla greca di un poemaeroicomico come il presente.Dopo questi rapidi cenni spiegativi, possiamo comincia-re la narrazione…Un momento.Debbo accennare ai luoghi.

13

Il paese (non è Roccalbegna: ma gli somiglia, ed è pro-prio alle falde del Monte Amiata) è costruito quasi inpiano, con belle strade diritte, larghe, ben lastricate…(vedete che non può essere Roccalbegna?).Intorno è un digradare di contrafforti boscosi, di insena-ture, di poggi, oltre i quali si indovina la chiara dolcezzadella campagna senese, tutta pervasa di misticismo e diamore. Il sindaco abita fuori del paese, in cima a unacollinetta, che tutti chiamano “Schiantacore” perché c'èuna salita da metter paura.Ma in questo modo Romeo può invigilare i suoi ammi-nistrati senza dover temere la vigilanza di nessuno. Altempo dei rossi, anzi, ci fu un tentativo di rovesciamen-to politico per colpa della salita di “Schiantacore”.— Perché il sindaco si ostina a vivere in cima al pog-gio? – sbraitavano i più sfegatati caporioni “bolscevi-chi” – perché vuol dominare il popolo!… ma è tempo difinirla colle tirannie! Venga giù in paese anche lui, senon vuole che al suo posto si metta lo Squarci, il valoro-so spaccapietre che conosce meglio i nostri bisogni, ecc.ecc..Romeo ricevette con le lacrime agli occhi una deputa-zione di “rossi”; e disse loro pianamente, con una graziaineffabile:— Ma che importa a loro se io abito qui alla “Lodola”?Io qui non faccio niente di male…Proprio, lui non faceva niente di male e niente di bene:

14

Il paese (non è Roccalbegna: ma gli somiglia, ed è pro-prio alle falde del Monte Amiata) è costruito quasi inpiano, con belle strade diritte, larghe, ben lastricate…(vedete che non può essere Roccalbegna?).Intorno è un digradare di contrafforti boscosi, di insena-ture, di poggi, oltre i quali si indovina la chiara dolcezzadella campagna senese, tutta pervasa di misticismo e diamore. Il sindaco abita fuori del paese, in cima a unacollinetta, che tutti chiamano “Schiantacore” perché c'èuna salita da metter paura.Ma in questo modo Romeo può invigilare i suoi ammi-nistrati senza dover temere la vigilanza di nessuno. Altempo dei rossi, anzi, ci fu un tentativo di rovesciamen-to politico per colpa della salita di “Schiantacore”.— Perché il sindaco si ostina a vivere in cima al pog-gio? – sbraitavano i più sfegatati caporioni “bolscevi-chi” – perché vuol dominare il popolo!… ma è tempo difinirla colle tirannie! Venga giù in paese anche lui, senon vuole che al suo posto si metta lo Squarci, il valoro-so spaccapietre che conosce meglio i nostri bisogni, ecc.ecc..Romeo ricevette con le lacrime agli occhi una deputa-zione di “rossi”; e disse loro pianamente, con una graziaineffabile:— Ma che importa a loro se io abito qui alla “Lodola”?Io qui non faccio niente di male…Proprio, lui non faceva niente di male e niente di bene:

14

sfogliava i libri di storia naturale e guardava le moschenel microscopio: ma più per curiosità che per acre desi-derio di studio. Le vicende politiche di quei giorni glierano assolutamente ignote, perché nei giornali non leg-geva mai gli articoli di fondo.— Ma non lo sa – gli disse il bolscevico più violento, ilterribile “Cicche” garzone del droghiere Bucalossi –non lo sa, che tra poco c'è la rivoluzione? Che la ci sta afare, in villa? La venga giù, sarà meglio!A questo punto scappò fuori la signora Flavia, armatacon una doppietta da caccia carica a pallini:— Se non vi levate dintorno, vi impallino tutti quanti,sciaborditi, fannulloni, leccapiatti!… Via, mondezza!A quell'uscita, la deputazione rossa còlta alla sprovvistadovette adunarsi per deliberare. E deliberò… di discen-dere in paese provvisoriamente, per aspettare la rivolu-zione e prendere le opportune vendette contro gli infamiborghesi della ‘Lodola’".Ma poi vennero i fascisti coi loro argomenti sbrigativi, el'ottimo Gualandi, tranquillizzato, seguitò a guardar lemosche e le formiche nel microscopio, e a non far nien-te di male né di bene come sindaco…Una sera d'ottobre – il sole era andato giù in una coltredi vapori sanguigni – Romeo disse alla moglie:— Questa sera succede il finimondo. Io me ne intendo.— Ma se non ne infili mai una, col tempo! – protestò la

15

sfogliava i libri di storia naturale e guardava le moschenel microscopio: ma più per curiosità che per acre desi-derio di studio. Le vicende politiche di quei giorni glierano assolutamente ignote, perché nei giornali non leg-geva mai gli articoli di fondo.— Ma non lo sa – gli disse il bolscevico più violento, ilterribile “Cicche” garzone del droghiere Bucalossi –non lo sa, che tra poco c'è la rivoluzione? Che la ci sta afare, in villa? La venga giù, sarà meglio!A questo punto scappò fuori la signora Flavia, armatacon una doppietta da caccia carica a pallini:— Se non vi levate dintorno, vi impallino tutti quanti,sciaborditi, fannulloni, leccapiatti!… Via, mondezza!A quell'uscita, la deputazione rossa còlta alla sprovvistadovette adunarsi per deliberare. E deliberò… di discen-dere in paese provvisoriamente, per aspettare la rivolu-zione e prendere le opportune vendette contro gli infamiborghesi della ‘Lodola’".Ma poi vennero i fascisti coi loro argomenti sbrigativi, el'ottimo Gualandi, tranquillizzato, seguitò a guardar lemosche e le formiche nel microscopio, e a non far nien-te di male né di bene come sindaco…Una sera d'ottobre – il sole era andato giù in una coltredi vapori sanguigni – Romeo disse alla moglie:— Questa sera succede il finimondo. Io me ne intendo.— Ma se non ne infili mai una, col tempo! – protestò la

15

signora Flavia.— Lasciami dire – oppose dolcemente il sindaco natura-lista – bisognerebbe preparare la camera dei forestieri…— Perché?— Perché stasera tocca la “scopa” col canonico: e sicco-me non potrà tornare alla Pieve, per via del tempo…— Tu sogni! è un tempo magnifico!— Ci sarà tempesta.A questo punto, in fondo alle valli lontane, verso il Fio-ra, parve rotolare il rombo cupo del tuono.— Te l'ho detto? – gridò Romeo, trionfante. – Tempestasicura!— Avremo una notte di paradiso.

* * *

— C'è di molto alla casa del sindaco? – domandò Mi-chele Orcagna, che era sceso dalla sua “tre litri e mez-zo” (motore spinto) e cercava di raccapezzarsi, nelle pri-me ore del crepuscolo.Il ragazzo interrogato levò gli occhietti vispi sul belviaggiatore, tutto vestito di cuoio, e penò un poco a ri-spondere.— Se mi ci porta anche me, le fo fare la strada buona…C'è di molta salita…

16

signora Flavia.— Lasciami dire – oppose dolcemente il sindaco natura-lista – bisognerebbe preparare la camera dei forestieri…— Perché?— Perché stasera tocca la “scopa” col canonico: e sicco-me non potrà tornare alla Pieve, per via del tempo…— Tu sogni! è un tempo magnifico!— Ci sarà tempesta.A questo punto, in fondo alle valli lontane, verso il Fio-ra, parve rotolare il rombo cupo del tuono.— Te l'ho detto? – gridò Romeo, trionfante. – Tempestasicura!— Avremo una notte di paradiso.

* * *

— C'è di molto alla casa del sindaco? – domandò Mi-chele Orcagna, che era sceso dalla sua “tre litri e mez-zo” (motore spinto) e cercava di raccapezzarsi, nelle pri-me ore del crepuscolo.Il ragazzo interrogato levò gli occhietti vispi sul belviaggiatore, tutto vestito di cuoio, e penò un poco a ri-spondere.— Se mi ci porta anche me, le fo fare la strada buona…C'è di molta salita…

16

Giù, nelle svolte della via che conduce al Fiora, romba-va un'altra automobile.— Questo è il camion con la roba – spiegò Michele, of-frendo macchinalmente una sigaretta al monello. –Fumi?— Il babbo non vòle, ma ora tanto non mi vede… – e ilbimbo arricciò il visetto in una smorfia comica – ci haun cerino, scusi?– Ecco. Bisogna aspettare il camion e poi andremo sualla villa del sindaco… Come si chiama?— Il sindaco?— No, la villa!— Si chiama la “Lodola” perché le cambiò il nome lasignora Flavia, ma prima si chiamava “La Paura”, e nes-suno ci voleva stare perché ci si sentiva…Michele si mise a ridere.— Che sciocchezza! ci credi tu, buacciòlo?— Io no, perché sono un ragazzo moderno. Ma il nonnodice che è vero e che anche lui, quand'era giovine, vollepassare la notte nella villa che era abbandonata, si sa, inquei tempi, e non poté dormire per i gran lamenti e ilgran strusciare di catene…La sagoma gigantesca di un camion carico di casse e disacchi apparve nell'ombra.— Andiamo, pispolino! – gridò subito Michele in vettu-

17

Giù, nelle svolte della via che conduce al Fiora, romba-va un'altra automobile.— Questo è il camion con la roba – spiegò Michele, of-frendo macchinalmente una sigaretta al monello. –Fumi?— Il babbo non vòle, ma ora tanto non mi vede… – e ilbimbo arricciò il visetto in una smorfia comica – ci haun cerino, scusi?– Ecco. Bisogna aspettare il camion e poi andremo sualla villa del sindaco… Come si chiama?— Il sindaco?— No, la villa!— Si chiama la “Lodola” perché le cambiò il nome lasignora Flavia, ma prima si chiamava “La Paura”, e nes-suno ci voleva stare perché ci si sentiva…Michele si mise a ridere.— Che sciocchezza! ci credi tu, buacciòlo?— Io no, perché sono un ragazzo moderno. Ma il nonnodice che è vero e che anche lui, quand'era giovine, vollepassare la notte nella villa che era abbandonata, si sa, inquei tempi, e non poté dormire per i gran lamenti e ilgran strusciare di catene…La sagoma gigantesca di un camion carico di casse e disacchi apparve nell'ombra.— Andiamo, pispolino! – gridò subito Michele in vettu-

17

ra – monta dietro il seggiolino! Andiamo a svegliare glispiriti dormenti alla “Lodola”!E la macchina fragorosa si avventò su la salita di“Schiantacore”…

* * *

Dalla finestra del salotto da pranzo, il sindaco Gualandispiava sempre il cielo, nella speranza di vedere accen-dersi un baleno e di poter dire all'ostinata consorte:— Lo vedi, che ho ragione io? che c'è la burrasca?Ma invece del lampo, al bravo signor Romeo parve a untratto di risentire il tuono. Ed era un brontolio continuo,che si avvicinava, si avvicinava, e diveniva sempre piùvibrante, più sonoro…— È il finimondo, sì o no? – e Romeo si voltò trionfantea guardare la signora Flavia che disponeva alcuni piattisu la tavola.— Il finimondo? perché il finimondo?…— La burrasca…— E dàgli, ma non senti che sono due automobili?Romeo Gualandi aguzzò le pupille per guardare megliola straduccia che saliva alla “Lodola”. E infatti, tra il lu-sco e il brusco, egli intravvide la “tre litri e mezzo” diMichele Orcagna sbucare da una stretta voltata e preci-pitarsi verso il piazzale della villa.

18

ra – monta dietro il seggiolino! Andiamo a svegliare glispiriti dormenti alla “Lodola”!E la macchina fragorosa si avventò su la salita di“Schiantacore”…

* * *

Dalla finestra del salotto da pranzo, il sindaco Gualandispiava sempre il cielo, nella speranza di vedere accen-dersi un baleno e di poter dire all'ostinata consorte:— Lo vedi, che ho ragione io? che c'è la burrasca?Ma invece del lampo, al bravo signor Romeo parve a untratto di risentire il tuono. Ed era un brontolio continuo,che si avvicinava, si avvicinava, e diveniva sempre piùvibrante, più sonoro…— È il finimondo, sì o no? – e Romeo si voltò trionfantea guardare la signora Flavia che disponeva alcuni piattisu la tavola.— Il finimondo? perché il finimondo?…— La burrasca…— E dàgli, ma non senti che sono due automobili?Romeo Gualandi aguzzò le pupille per guardare megliola straduccia che saliva alla “Lodola”. E infatti, tra il lu-sco e il brusco, egli intravvide la “tre litri e mezzo” diMichele Orcagna sbucare da una stretta voltata e preci-pitarsi verso il piazzale della villa.

18

— Flavia! – disse il sindaco di Roccalbegna con un tre-mito nella voce – si è fermata un'automobile qui sotto…— Qualche visita? – e anche la signora Flavia atteggiò ilviso a meraviglia.— Ma… chi vuoi che…? Noi non conosciamo quasinessuno…Proprio allora, fu un gran picchiare al portone, e tutti ivetri ne tremarono: e i cani della casa del fattore comin-ciarono ad abbaiare come disperati, rabbiosi per esserestati destati nel primo sonno.Romeo si affacciò alla finestra e domandò con voce ti-mida:— Chi è?— Amici – rispose Michele Orcagna smettendo di pic-chiare. – Vorrei vedere il signor Gualandi…— Sono io…— Sei tu! … Io sono Michele Orcagna… mi conosci?Già, non puoi riconoscermi al buio… Sono venuto a far-ti visita…Ora si sentiva l'affannoso battito del motore del camionche arrancava su per la china.— Un'altra automobile! – balbettò confuso il signor Ro-meo, e volse un'occhiata supplichevole alla signora Fla-via. – Sai… è un amico d'infanzia… quel Michele Orca-gna… di cui ti ho sempre parlato…

19

— Flavia! – disse il sindaco di Roccalbegna con un tre-mito nella voce – si è fermata un'automobile qui sotto…— Qualche visita? – e anche la signora Flavia atteggiò ilviso a meraviglia.— Ma… chi vuoi che…? Noi non conosciamo quasinessuno…Proprio allora, fu un gran picchiare al portone, e tutti ivetri ne tremarono: e i cani della casa del fattore comin-ciarono ad abbaiare come disperati, rabbiosi per esserestati destati nel primo sonno.Romeo si affacciò alla finestra e domandò con voce ti-mida:— Chi è?— Amici – rispose Michele Orcagna smettendo di pic-chiare. – Vorrei vedere il signor Gualandi…— Sono io…— Sei tu! … Io sono Michele Orcagna… mi conosci?Già, non puoi riconoscermi al buio… Sono venuto a far-ti visita…Ora si sentiva l'affannoso battito del motore del camionche arrancava su per la china.— Un'altra automobile! – balbettò confuso il signor Ro-meo, e volse un'occhiata supplichevole alla signora Fla-via. – Sai… è un amico d'infanzia… quel Michele Orca-gna… di cui ti ho sempre parlato…

19

La signora Flavia levò le braccia al cielo.— Ma come! a quest'ora? Viene a farti visita? Ma è im-pazzito questo tuo amico? Oppure è un villan rifatto…— Piano, ti prego…— Piano un corno. Sta a vedere che la nostra casa è di-ventata l'albergo dei tuoi amici!Michele Orcagna aveva riacchiappato l'anello della por-ta e si era rimesso a battere con violenza sbraitando:— Ohè!… apri o non apri? Ho fame e ho sonno!— Non fa mica complimenti, eh? – mormorò la signoraFlavia nauseata. – È un tanghero. Già, se è un tuo ami-co…Romeo, tutto curvo e mortificato traversò il salotto perscendere ad aprire all'amico.Arrivato su l'uscio, tentò un'ultima raccomandazione.— Ti prego, Flavia… non mi far fare brutte figure… èun amico… un caro amico.— Va' all'inferno te e lui!Romeo Gualandi andò ad incontrare Michele con lamorte nel cuore e un falso sorriso sulle labbra.

* * *

— Oh! finalmente!… ci voleva tanto, amico mio? – eMichele serrò più volte tra le braccia poderose, l'esile e

20

La signora Flavia levò le braccia al cielo.— Ma come! a quest'ora? Viene a farti visita? Ma è im-pazzito questo tuo amico? Oppure è un villan rifatto…— Piano, ti prego…— Piano un corno. Sta a vedere che la nostra casa è di-ventata l'albergo dei tuoi amici!Michele Orcagna aveva riacchiappato l'anello della por-ta e si era rimesso a battere con violenza sbraitando:— Ohè!… apri o non apri? Ho fame e ho sonno!— Non fa mica complimenti, eh? – mormorò la signoraFlavia nauseata. – È un tanghero. Già, se è un tuo ami-co…Romeo, tutto curvo e mortificato traversò il salotto perscendere ad aprire all'amico.Arrivato su l'uscio, tentò un'ultima raccomandazione.— Ti prego, Flavia… non mi far fare brutte figure… èun amico… un caro amico.— Va' all'inferno te e lui!Romeo Gualandi andò ad incontrare Michele con lamorte nel cuore e un falso sorriso sulle labbra.

* * *

— Oh! finalmente!… ci voleva tanto, amico mio? – eMichele serrò più volte tra le braccia poderose, l'esile e

20

sospiroso Romeo. – Scommetto che non avresti maipensato…?— Ah! no di certo – disse il sindaco ricambiando con ti-midezza gli abbracci dell'amico – non avrei mai potutofigurarmi… che… son tant'anni che non ho più notiziedi te…— Come tant'anni? L'ultima volta ti scrissi dalla Cina…— Nel '900…— Già. Son passati… perbacco, come vola il tempo!Senti, io mi trattengo da te: hai dove collocare le mac-chine?— C'è la rimessa.— Ma il camion è grande… e poi è molto carico… ba-sta, lo lasceremo qui sul piazzale… Bubi?…Un'ombra nera come la notte si avanzò verso il sindacoche allibì a quella inaspettata apparizione.— Questo è Bubi, il mio domestico particolare… L'hoportato con me dal Congo… un bravo ragazzo, sai!…prima era un po' cannibale… ma non molto… eh! eh!Gli piaceva la carne umana, a questo brigantaccio!I denti bianchissimi di Bubi, lampeggiarono minacciosinell'oscurità.— Beh, non ne parliamo più. Ora è un servitore prezio-so. È anche il mio chauffeur. Piange tutte le volte cheschiaccia un cane: perché è un nobile cuore, sai!…

21

sospiroso Romeo. – Scommetto che non avresti maipensato…?— Ah! no di certo – disse il sindaco ricambiando con ti-midezza gli abbracci dell'amico – non avrei mai potutofigurarmi… che… son tant'anni che non ho più notiziedi te…— Come tant'anni? L'ultima volta ti scrissi dalla Cina…— Nel '900…— Già. Son passati… perbacco, come vola il tempo!Senti, io mi trattengo da te: hai dove collocare le mac-chine?— C'è la rimessa.— Ma il camion è grande… e poi è molto carico… ba-sta, lo lasceremo qui sul piazzale… Bubi?…Un'ombra nera come la notte si avanzò verso il sindacoche allibì a quella inaspettata apparizione.— Questo è Bubi, il mio domestico particolare… L'hoportato con me dal Congo… un bravo ragazzo, sai!…prima era un po' cannibale… ma non molto… eh! eh!Gli piaceva la carne umana, a questo brigantaccio!I denti bianchissimi di Bubi, lampeggiarono minacciosinell'oscurità.— Beh, non ne parliamo più. Ora è un servitore prezio-so. È anche il mio chauffeur. Piange tutte le volte cheschiaccia un cane: perché è un nobile cuore, sai!…

21

Bubi, bisogna scaricare quelle casse. E poi pensa a Cro-stino… Sai che Crostino si secca a viaggiare in ca-mion…Romeo Gualandi ascoltava l'amico come trasognato, enon osava guardare i denti di Bubi.— Dunque… oh! – gridò alla fine Michele Orcagna – timuovi? Andiamo a cena?— Ah! sei venuto a cena?— Diavolo! credi che abbia percorso metà dello stivaleper venire a morir di fame da te?— Ma si può sapere di dove vieni, benedetto figliuolo?— Dal paese delle Chimere e dei Mostri, dal centrodell'Africa…— Eh! allora avrai farne di certo… – e queste parole ilbuon Romeo le disse distrattamente, pensando solo allabattaglia che avrebbe dovuto sostenere con la signoraFlavia. – Vieni… in qualche modo ci accomoderemo.

* * *

— Lo sai che la Cleofe è dovuta andare alla Pieve? –ruggì dall'alto delle scale la signora Flavia.— Sì, cara, lo so… – fece Romeo con estrema umiltà –è andata alla Pieve e per questo il signor Michele dovràadattarsi… sai… è Michele… quel caro amico Miche-le…

22

Bubi, bisogna scaricare quelle casse. E poi pensa a Cro-stino… Sai che Crostino si secca a viaggiare in ca-mion…Romeo Gualandi ascoltava l'amico come trasognato, enon osava guardare i denti di Bubi.— Dunque… oh! – gridò alla fine Michele Orcagna – timuovi? Andiamo a cena?— Ah! sei venuto a cena?— Diavolo! credi che abbia percorso metà dello stivaleper venire a morir di fame da te?— Ma si può sapere di dove vieni, benedetto figliuolo?— Dal paese delle Chimere e dei Mostri, dal centrodell'Africa…— Eh! allora avrai farne di certo… – e queste parole ilbuon Romeo le disse distrattamente, pensando solo allabattaglia che avrebbe dovuto sostenere con la signoraFlavia. – Vieni… in qualche modo ci accomoderemo.

* * *

— Lo sai che la Cleofe è dovuta andare alla Pieve? –ruggì dall'alto delle scale la signora Flavia.— Sì, cara, lo so… – fece Romeo con estrema umiltà –è andata alla Pieve e per questo il signor Michele dovràadattarsi… sai… è Michele… quel caro amico Miche-le…

22

— Tanto piacere.Proprio in quel punto Michele si drizzò davanti alla si-gnora Flavia e la signora Flavia dovette rassegnarsi adabbozzare qualche cenno di saluto e di invito, ma avevaun diavolo per capello, proprio. Brontolò con un sorrisoche pareva una maledizione:— Dovrà scusarci… se… capirà… si vive in campa-gna… bisognerà che ella si adatti… non c'è quasi nul-la… la sera, da noi non viene mai nessuno, per fortu-na… cioè, capisce… io intendo dire di certe persone… epoi, le donne di servizio…Michele interruppe quelle parole con una gran risata.— Ma è tutto questo!… e per questo siete rimasti lì av-viliti e confusi, come se vi stesse sul collo una gran di-sgrazia! ah! ah!… ma abbiamo Bubi, per fortuna… Si-gnora, i miei complimenti… Bubi!Bubi apparve su le scale, silenzioso e improvviso, comeun “babau”.— Bubi, bisogna tirar fuori quelle scatole di conserve…sai?… pesci, crostacei, carni, selvaggina, frutta, antipa-sto, dolci… e bottiglie… molte bottiglie!…Poi aggiunse a mo' di spiegazione:— Io viaggio sempre… e a furia di viaggiare, ho acqui-stato la virtù della previdenza… Rimedieremo una cenapossibile, e voi, signora, darete al simposio improvvisa-to quella grazia e quella freschezza che purtroppo le sca-

23

— Tanto piacere.Proprio in quel punto Michele si drizzò davanti alla si-gnora Flavia e la signora Flavia dovette rassegnarsi adabbozzare qualche cenno di saluto e di invito, ma avevaun diavolo per capello, proprio. Brontolò con un sorrisoche pareva una maledizione:— Dovrà scusarci… se… capirà… si vive in campa-gna… bisognerà che ella si adatti… non c'è quasi nul-la… la sera, da noi non viene mai nessuno, per fortu-na… cioè, capisce… io intendo dire di certe persone… epoi, le donne di servizio…Michele interruppe quelle parole con una gran risata.— Ma è tutto questo!… e per questo siete rimasti lì av-viliti e confusi, come se vi stesse sul collo una gran di-sgrazia! ah! ah!… ma abbiamo Bubi, per fortuna… Si-gnora, i miei complimenti… Bubi!Bubi apparve su le scale, silenzioso e improvviso, comeun “babau”.— Bubi, bisogna tirar fuori quelle scatole di conserve…sai?… pesci, crostacei, carni, selvaggina, frutta, antipa-sto, dolci… e bottiglie… molte bottiglie!…Poi aggiunse a mo' di spiegazione:— Io viaggio sempre… e a furia di viaggiare, ho acqui-stato la virtù della previdenza… Rimedieremo una cenapossibile, e voi, signora, darete al simposio improvvisa-to quella grazia e quella freschezza che purtroppo le sca-

23

tole di conserve alimentari non hanno più…La signora Flavia divenne rossa; il complimento, nono-stante fosse molto forzato, non le dispiacque.— Se il signore vuol passare… avrà certo bisogno dirinfrescarsi…La sua voce aveva perduto ogni asprezza, tanto che Ro-meo, un po' stupito, fissò la moglie e poi l'amico, comeper cercare le ragioni di quell'improvviso mutamento.Era un bell'uomo, Michele Orcagna, malgrado i suoiquarantacinque anni suonati… e forse ribattuti. Grande,robusto, ancora elastico e vivace nelle mosse, ben prov-visto di capelli castani, appena macchiati di grigio, conun viso espressivo, un po' duro, ma ben squadrato, conun paio d'occhi azzurro chiari, nei quali parevano accen-dersi scintille e bagliori, egli poteva a buon diritto consi-derarsi ancora come un campione della categoria degli“uomini vittoriosi”.Per questo, forse, dopo che si fu lavato in fretta nella“camera dei forestieri” Michele entrò da conquistatorenel salotto da pranzo e affrontando risolutamente la si-gnora Flavia ordinò in tono reciso:— Bisogna mangiare. Muoio di fame.E la signora Flavia, docilmente, scostò una sedia dallatavola e disse con un fil di voce:— Se vuole accomodarsi, signor Michele…

24

tole di conserve alimentari non hanno più…La signora Flavia divenne rossa; il complimento, nono-stante fosse molto forzato, non le dispiacque.— Se il signore vuol passare… avrà certo bisogno dirinfrescarsi…La sua voce aveva perduto ogni asprezza, tanto che Ro-meo, un po' stupito, fissò la moglie e poi l'amico, comeper cercare le ragioni di quell'improvviso mutamento.Era un bell'uomo, Michele Orcagna, malgrado i suoiquarantacinque anni suonati… e forse ribattuti. Grande,robusto, ancora elastico e vivace nelle mosse, ben prov-visto di capelli castani, appena macchiati di grigio, conun viso espressivo, un po' duro, ma ben squadrato, conun paio d'occhi azzurro chiari, nei quali parevano accen-dersi scintille e bagliori, egli poteva a buon diritto consi-derarsi ancora come un campione della categoria degli“uomini vittoriosi”.Per questo, forse, dopo che si fu lavato in fretta nella“camera dei forestieri” Michele entrò da conquistatorenel salotto da pranzo e affrontando risolutamente la si-gnora Flavia ordinò in tono reciso:— Bisogna mangiare. Muoio di fame.E la signora Flavia, docilmente, scostò una sedia dallatavola e disse con un fil di voce:— Se vuole accomodarsi, signor Michele…

24

IIUNA SCENA STRAORDINARIA

Avevano appena cominciato a gustare gli antipasti, ser-viti da Bubi con molta dignità, quando Michele diede ungran pugno su la tavola, facendo traballare piatti e bic-chieri, e urlò selvaggiamente:— Ho dimenticato Scricciolo. È una cosa inverosimile!Se lo sarà mangiato Crostino!La signora Flavia guardò sbigottita Romeo, il quale, dirimando, guardò Michele, con timida aria interrogativa.— Scricciolo… – spiegò Michele rapidamente – non co-noscete Scricciolo? È un bambino… Sì, un bambino,qui, del paese…— Ah! deve essere il figliolo del magnano… sai Go-lia… quello che ci ha il merlo che fischia“Giovinezza”…— Mi ha fatto da guida fin qui e io l'ho dimenticatonell'automobile… Bubi, va' a vedere se è sempre vivo…Bubi scomparve in silenzio.— Crostino è un buon figliuolo… – continuò MicheleOrcagna, senza badare ai gesti di stupore dei suoi ospiti– ma è un po' nervoso, patisce di nostalgia… non si saspiegare, naturalmente, ma io lo capisco bene… oh! se

25

IIUNA SCENA STRAORDINARIA

Avevano appena cominciato a gustare gli antipasti, ser-viti da Bubi con molta dignità, quando Michele diede ungran pugno su la tavola, facendo traballare piatti e bic-chieri, e urlò selvaggiamente:— Ho dimenticato Scricciolo. È una cosa inverosimile!Se lo sarà mangiato Crostino!La signora Flavia guardò sbigottita Romeo, il quale, dirimando, guardò Michele, con timida aria interrogativa.— Scricciolo… – spiegò Michele rapidamente – non co-noscete Scricciolo? È un bambino… Sì, un bambino,qui, del paese…— Ah! deve essere il figliolo del magnano… sai Go-lia… quello che ci ha il merlo che fischia“Giovinezza”…— Mi ha fatto da guida fin qui e io l'ho dimenticatonell'automobile… Bubi, va' a vedere se è sempre vivo…Bubi scomparve in silenzio.— Crostino è un buon figliuolo… – continuò MicheleOrcagna, senza badare ai gesti di stupore dei suoi ospiti– ma è un po' nervoso, patisce di nostalgia… non si saspiegare, naturalmente, ma io lo capisco bene… oh! se

25

lo capisco! e poi è geloso dei bambini. Perché mi vuoleun gran bene, un bene incredibile. Ma è malizioso, astu-to, falso. Mi fa rabbia la sua falsità!… Se arriva ad ac-ciuffare il braccio di una persona che non gli è gradita,“trac!” è capace di troncarlo come una cannuccia di pen-na. È un brigante, un demonio. Direte: e allora perché telo trascini dietro? Me lo trascino dietro perché l'hostrappato io, dalle braccia di sua madre… già, di suamadre morente… Avevo sostenuto una lotta terribile colpadre… un pezzo d'accidente alto quasi due metri, condue spalle gigantesche… una cosa informe e spavento-sa… Per l'ira si batteva i pugni sul petto enorme e lo fa-ceva rimbombare come un tamburo. Aveva la mascheralivida e stirata dal furore: digrignava i denti con unoscricchiolio sinistro. Dovetti ucciderlo, e quando si gettòin terra rantolando, mi lanciò un'occhiata che mi parvedi implorazione… Poco più distante, come ho detto, ago-nizzava la compagna del mostro, che avevo colpito conuna fucilata nel ventre. Le tolsi dalle braccia il piccino eper addolcire gli ultimi istanti dei due abitatori dei boschimi diedi a cullare quel brutto rospo e lo accarezzai. Sì,giunsi a superare il disgusto e lo baciai sul cranio… Pro-vo ancora la nausea di quel bacio. Ma dovevo fare così:ci sono sacrifici necessari anche nelle foreste equatoriali.I due gorilla morirono, stavo per dire benedicendomi!…no, non riesco a spiegarmi bene, questa sera… moriro-no, insomma, serenamente, dopo avermi perdonato…Eh, non sorridete, cari miei. Io son certo che quei duegorilla pensando che io avrei avuto cura del loro picci-

26

lo capisco! e poi è geloso dei bambini. Perché mi vuoleun gran bene, un bene incredibile. Ma è malizioso, astu-to, falso. Mi fa rabbia la sua falsità!… Se arriva ad ac-ciuffare il braccio di una persona che non gli è gradita,“trac!” è capace di troncarlo come una cannuccia di pen-na. È un brigante, un demonio. Direte: e allora perché telo trascini dietro? Me lo trascino dietro perché l'hostrappato io, dalle braccia di sua madre… già, di suamadre morente… Avevo sostenuto una lotta terribile colpadre… un pezzo d'accidente alto quasi due metri, condue spalle gigantesche… una cosa informe e spavento-sa… Per l'ira si batteva i pugni sul petto enorme e lo fa-ceva rimbombare come un tamburo. Aveva la mascheralivida e stirata dal furore: digrignava i denti con unoscricchiolio sinistro. Dovetti ucciderlo, e quando si gettòin terra rantolando, mi lanciò un'occhiata che mi parvedi implorazione… Poco più distante, come ho detto, ago-nizzava la compagna del mostro, che avevo colpito conuna fucilata nel ventre. Le tolsi dalle braccia il piccino eper addolcire gli ultimi istanti dei due abitatori dei boschimi diedi a cullare quel brutto rospo e lo accarezzai. Sì,giunsi a superare il disgusto e lo baciai sul cranio… Pro-vo ancora la nausea di quel bacio. Ma dovevo fare così:ci sono sacrifici necessari anche nelle foreste equatoriali.I due gorilla morirono, stavo per dire benedicendomi!…no, non riesco a spiegarmi bene, questa sera… moriro-no, insomma, serenamente, dopo avermi perdonato…Eh, non sorridete, cari miei. Io son certo che quei duegorilla pensando che io avrei avuto cura del loro picci-

26

no, perdonarono la mia crudeltà di uomo civile… Pove-re bestie!… Permettete: bisogna che ci beva sopra…Quando rammento i genitori di Crostino… sì, dico, pro-vo una specie di uggiolina in fondo allo stomaco…A Michele Orcagna, infatti, luccicavano gli occhi. Ma lostrano personaggio affogò la commozione in un bicchie-re di vinetto aspro e frizzante. E, poco dopo vedendo en-trare Bubi che si trascinava dietro Crostino, il quale te-neva per mano Scricciolo, uscì in una clamorosa risata.L'entrata del negro, del gorilla e del bambino avrebbe ri-destato l'allegria nel più malinconico uomo della terra:ma la signora Flavia e Romeo non erano più in grado divalutare esattamente l'importanza spirituale degli avve-nimenti che si svolgevano sotto i loro occhi spauriti. Mi-chele Orcagna li aveva come avvolti in una atmosfera dimeraviglia e di vago sgomento. Così quando videro se-dersi a tavola il ragazzo e la scimmia antropomorfa nonebbero neppure la forza di commentare il fatto con qual-che vaga parola illustrativa. Romeo tentò di sorridere ela signora Flavia di nascondere la propria confusioneasciugandosi la fronte col tovagliolo: cosa che non ave-va fatto mai, neanche quando era bambina.Dei due nuovi commensali, il più risoluto e aggressivoera Crostino, il quale si era impadronito di un vassoio ditonno e aveva cominciato a diluviare. Scricciolo invece,rosso rosso, teneva il nasino sul piatto e non si arrischia-va di acchiappare una ciambellina che era lì, sotto i suoiocchi…

27

no, perdonarono la mia crudeltà di uomo civile… Pove-re bestie!… Permettete: bisogna che ci beva sopra…Quando rammento i genitori di Crostino… sì, dico, pro-vo una specie di uggiolina in fondo allo stomaco…A Michele Orcagna, infatti, luccicavano gli occhi. Ma lostrano personaggio affogò la commozione in un bicchie-re di vinetto aspro e frizzante. E, poco dopo vedendo en-trare Bubi che si trascinava dietro Crostino, il quale te-neva per mano Scricciolo, uscì in una clamorosa risata.L'entrata del negro, del gorilla e del bambino avrebbe ri-destato l'allegria nel più malinconico uomo della terra:ma la signora Flavia e Romeo non erano più in grado divalutare esattamente l'importanza spirituale degli avve-nimenti che si svolgevano sotto i loro occhi spauriti. Mi-chele Orcagna li aveva come avvolti in una atmosfera dimeraviglia e di vago sgomento. Così quando videro se-dersi a tavola il ragazzo e la scimmia antropomorfa nonebbero neppure la forza di commentare il fatto con qual-che vaga parola illustrativa. Romeo tentò di sorridere ela signora Flavia di nascondere la propria confusioneasciugandosi la fronte col tovagliolo: cosa che non ave-va fatto mai, neanche quando era bambina.Dei due nuovi commensali, il più risoluto e aggressivoera Crostino, il quale si era impadronito di un vassoio ditonno e aveva cominciato a diluviare. Scricciolo invece,rosso rosso, teneva il nasino sul piatto e non si arrischia-va di acchiappare una ciambellina che era lì, sotto i suoiocchi…

27

Bubi dovette riempirgli il piatto di acciughe e mettergliin mano la ciambellina. Solo quando ebbe anche un in-coraggiamento verbale da parte di Michele Orcagna,Scricciolo cominciò, lento lento, a sgranocchiare qual-che cosa.Tratto tratto Crostino smetteva di mangiare e alzava gliocchietti vispi sulla signora Flavia; ma subito li riabbas-sava, confuso, perché si sentiva sorvegliato dal padrone.Il giuoco però si ripeteva: e allora Michele uscì inescandescenze tremende. Si alzò e sbattendo un piattoper terra urlò:— Ma insomma, la finisci di guardare la signora, bruttoanimalaccio del diavolo? E pure lo sai che non vogliocerti scherzi!… Non mi conosci più? Non lo sai che tiprendo per il collo e ti strozzo, brigante? Ti strozzo, tistrozzo!…La scimmia, impaurita, illividiva e mostrava i dentiaguzzi lasciando ricadere dagli angoli della bocca dueruscelletti di saliva.Ma Michele non si calmò: tutt'altro; a forza di pugniruppe altri piatti e spezzò lo schienale della propria se-dia. Il gorilla, atterrito, emetteva certi urli che parevanoi fischi di una locomotiva: all'improvviso, attraversandola tavola di un balzo andò ad arrampicarsi sopra la cre-denza: e il suo passaggio fu segnato da una rovina im-mensa di cristalli e di stoviglie.

28

Bubi dovette riempirgli il piatto di acciughe e mettergliin mano la ciambellina. Solo quando ebbe anche un in-coraggiamento verbale da parte di Michele Orcagna,Scricciolo cominciò, lento lento, a sgranocchiare qual-che cosa.Tratto tratto Crostino smetteva di mangiare e alzava gliocchietti vispi sulla signora Flavia; ma subito li riabbas-sava, confuso, perché si sentiva sorvegliato dal padrone.Il giuoco però si ripeteva: e allora Michele uscì inescandescenze tremende. Si alzò e sbattendo un piattoper terra urlò:— Ma insomma, la finisci di guardare la signora, bruttoanimalaccio del diavolo? E pure lo sai che non vogliocerti scherzi!… Non mi conosci più? Non lo sai che tiprendo per il collo e ti strozzo, brigante? Ti strozzo, tistrozzo!…La scimmia, impaurita, illividiva e mostrava i dentiaguzzi lasciando ricadere dagli angoli della bocca dueruscelletti di saliva.Ma Michele non si calmò: tutt'altro; a forza di pugniruppe altri piatti e spezzò lo schienale della propria se-dia. Il gorilla, atterrito, emetteva certi urli che parevanoi fischi di una locomotiva: all'improvviso, attraversandola tavola di un balzo andò ad arrampicarsi sopra la cre-denza: e il suo passaggio fu segnato da una rovina im-mensa di cristalli e di stoviglie.

28

Ma insomma, la finisci di guardare la signora,brutto animalaccio del diavolo?…

29

Ma insomma, la finisci di guardare la signora,brutto animalaccio del diavolo?…

29

Dinanzi a tutto quello spicinìo, Michele Orcagna riac-quistò la padronanza su se stesso e, volgendosi agliospiti, disse in tono quasi tranquillo:— Scusate… miei cari… un momento di rabbia… Ioero venuto qui da voi con le migliori intenzioni… eroanzi così felice di poter passare con voi qualche ora…Ma quel lurido idiota mi ha fatto uscire dai gangheri…io lo conosco… quando guarda così è segno che meditaqualche brutto tiro… e bisogna dargli subito una lezio-ne… è un gesuita: finge, finge… Ma a me non la dà abere! Scendi, sudicia bestia, scendi! e vieni a finir dimangiare… Quanto ai danni, signora Flavia… io non socome farmi perdonare da voi di averli prodotti… ma viprometto che riparerò… oh! riparerò certamente…La signora Flavia abbozzò una smorfia di consenso, e Ro-meo si strinse nelle spalle. Che potevano dire, oramai?D'altra parte Michele Orcagna non lasciò loro il tempo diriflettere. Bevve un altro bicchiere di vino e mugolò:— Quando si son passati tanti anni nei luoghi più sel-vaggi del mondo… in fondo alle cupe boscaglie africa-ne, in continua lotta con la morte in agguato dall'alto de-gli alberi, sul margine dei fiumi, nelle nebbie pestilen-ziali delle paludi… quando ci si è rassegnati a non par-lare più l'idioma degli uomini civili, ma a regolare lapropria vita col cammino del sole, a conoscere soltantoil grande linguaggio della foresta brulicante di esseriignoti e mostruosi, e le voci della notte che non ha dol-cezze né riposi… quando si è sofferto come me l'impla-

30

Dinanzi a tutto quello spicinìo, Michele Orcagna riac-quistò la padronanza su se stesso e, volgendosi agliospiti, disse in tono quasi tranquillo:— Scusate… miei cari… un momento di rabbia… Ioero venuto qui da voi con le migliori intenzioni… eroanzi così felice di poter passare con voi qualche ora…Ma quel lurido idiota mi ha fatto uscire dai gangheri…io lo conosco… quando guarda così è segno che meditaqualche brutto tiro… e bisogna dargli subito una lezio-ne… è un gesuita: finge, finge… Ma a me non la dà abere! Scendi, sudicia bestia, scendi! e vieni a finir dimangiare… Quanto ai danni, signora Flavia… io non socome farmi perdonare da voi di averli prodotti… ma viprometto che riparerò… oh! riparerò certamente…La signora Flavia abbozzò una smorfia di consenso, e Ro-meo si strinse nelle spalle. Che potevano dire, oramai?D'altra parte Michele Orcagna non lasciò loro il tempo diriflettere. Bevve un altro bicchiere di vino e mugolò:— Quando si son passati tanti anni nei luoghi più sel-vaggi del mondo… in fondo alle cupe boscaglie africa-ne, in continua lotta con la morte in agguato dall'alto de-gli alberi, sul margine dei fiumi, nelle nebbie pestilen-ziali delle paludi… quando ci si è rassegnati a non par-lare più l'idioma degli uomini civili, ma a regolare lapropria vita col cammino del sole, a conoscere soltantoil grande linguaggio della foresta brulicante di esseriignoti e mostruosi, e le voci della notte che non ha dol-cezze né riposi… quando si è sofferto come me l'impla-

30

cabile febbre equatoriale popolata di spettri orrendi, e lospasimo delle lunghe marce sotto le fiamme del cielo,con la gola arsa di sete… sì, dico… allora si possono ca-pire e scusare certe stranezze, vero? Ma qui non si man-gia. Bubi, servi i pasticci di selvaggina… sono ottimi…E tu, scimmia d'inferno, scendi!…Crostino, mogio mogio, si calò dalla credenza e tornò asedersi a tavola. E questa volta tenne ostinatamente eipocritamente gli occhi fissi nel piatto.Quando furono alla frutta, il sindaco di Roccalbegnaprese un po' di ardimento e domandò all'ospite, con unadiscreta disinvoltura:— Senti, Michelino: ma come mai ti venne in mente dilasciare la Cina dove stavi tanto bene, per… andare acacciar le scimmie in Africa?Michele Orcagna tornò ad aggrottare le ciglia, e si dette abattere il tamburo con le dita sul piatto: segno di tempesta,ben conosciuto dai suoi familiari, perché Bubi cominciò astralunare gli occhi e Crostino a digrignare i denti.— Vedi – mormorò il terribile esploratore, dopo un lun-go silenzio – se un altro mi avesse domandato una cosasimile, parola d'onore, sarebbe finita male…La signora Flavia credette opportuno di lanciare unaciambella di salvataggio al marito.— Creda, signor Michele: il mio Romeo non voleva of-fenderla… ha chiesto, così per fare… come si chiedono

31

cabile febbre equatoriale popolata di spettri orrendi, e lospasimo delle lunghe marce sotto le fiamme del cielo,con la gola arsa di sete… sì, dico… allora si possono ca-pire e scusare certe stranezze, vero? Ma qui non si man-gia. Bubi, servi i pasticci di selvaggina… sono ottimi…E tu, scimmia d'inferno, scendi!…Crostino, mogio mogio, si calò dalla credenza e tornò asedersi a tavola. E questa volta tenne ostinatamente eipocritamente gli occhi fissi nel piatto.Quando furono alla frutta, il sindaco di Roccalbegnaprese un po' di ardimento e domandò all'ospite, con unadiscreta disinvoltura:— Senti, Michelino: ma come mai ti venne in mente dilasciare la Cina dove stavi tanto bene, per… andare acacciar le scimmie in Africa?Michele Orcagna tornò ad aggrottare le ciglia, e si dette abattere il tamburo con le dita sul piatto: segno di tempesta,ben conosciuto dai suoi familiari, perché Bubi cominciò astralunare gli occhi e Crostino a digrignare i denti.— Vedi – mormorò il terribile esploratore, dopo un lun-go silenzio – se un altro mi avesse domandato una cosasimile, parola d'onore, sarebbe finita male…La signora Flavia credette opportuno di lanciare unaciambella di salvataggio al marito.— Creda, signor Michele: il mio Romeo non voleva of-fenderla… ha chiesto, così per fare… come si chiedono

31

tante cose… perché lei volle lasciare la Cina… Del re-sto, è vero, se invece di occuparsi di cose che non lo ri-guardano pensasse ai fatti suoi!… – e a questo punto sirivolse a Romeo, che avrebbe voluto cacciarsi sotto latavola – la colpa è tua, di certo. Per te o la Cina, o l'Afri-ca non è uguale? Anche un mese fa tu avesti una que-stione col segretario comunale per via che s'era iscrittoal Fascio, mentre prima cantava sempre “Bandiera rossala trionferà” e tu volevi sapere, grullo, come aveva fattoa cambiare idea così di secco in secco! Scusi sa, signorMichele, lo compatisca…Michele Orcagna scosse la capigliatura grigia come unacriniera, e poi disse:— No, no. Romeo non c'entra. Lui può domandarmiquello che vuole. Sono io invece, che… Io, che quandoricordo!… ma ora mi spiegherò in due parole. Bubi,dammi da bere.Bubi vuotò nel capace bicchiere del padrone il fondo diun fiasco e Michele, dopo avere centellinato il buonvino, fece questo singolare racconto:— Tornai dalla Cina nel '910. Poiché nel nostro paese,per chi non voleva passare il tempo a visitare le esposi-zioni di Roma e di Torino, non c'era da far nulla, mi ar-ruolai volontario e presi parte alla guerra di Libia. Lanostra “prima guerra” dopo il Settanta! Una guerra con-dotta con criteri esclusivamente politici… Se non ci fos-sero stati a illustrarla i Canti d'Oltremare di Gabriele

32

tante cose… perché lei volle lasciare la Cina… Del re-sto, è vero, se invece di occuparsi di cose che non lo ri-guardano pensasse ai fatti suoi!… – e a questo punto sirivolse a Romeo, che avrebbe voluto cacciarsi sotto latavola – la colpa è tua, di certo. Per te o la Cina, o l'Afri-ca non è uguale? Anche un mese fa tu avesti una que-stione col segretario comunale per via che s'era iscrittoal Fascio, mentre prima cantava sempre “Bandiera rossala trionferà” e tu volevi sapere, grullo, come aveva fattoa cambiare idea così di secco in secco! Scusi sa, signorMichele, lo compatisca…Michele Orcagna scosse la capigliatura grigia come unacriniera, e poi disse:— No, no. Romeo non c'entra. Lui può domandarmiquello che vuole. Sono io invece, che… Io, che quandoricordo!… ma ora mi spiegherò in due parole. Bubi,dammi da bere.Bubi vuotò nel capace bicchiere del padrone il fondo diun fiasco e Michele, dopo avere centellinato il buonvino, fece questo singolare racconto:— Tornai dalla Cina nel '910. Poiché nel nostro paese,per chi non voleva passare il tempo a visitare le esposi-zioni di Roma e di Torino, non c'era da far nulla, mi ar-ruolai volontario e presi parte alla guerra di Libia. Lanostra “prima guerra” dopo il Settanta! Una guerra con-dotta con criteri esclusivamente politici… Se non ci fos-sero stati a illustrarla i Canti d'Oltremare di Gabriele

32

D'Annunzio… basta, lasciamola lì… A Tripoli conobbi laprincipessa Nazli… una creatura meravigliosa, propriomeravigliosa… certi occhi più oscuri della notte… certicapelli!… sottile, sottile e pieghevole come una serpicina.Aveva un sorriso ambiguo, ma su le prime non me ne ac-corsi. Il vecchio zio – ella era orfana – aveva congiuratocontro l'ultimo kedive Abbas II, ed era fuggito da moltis-simi anni dall'Egitto per non aver fastidi: ma anche aTripoli aveva acquistato fama di uomo bizzarro e miste-rioso, dedito agli studi di occultismo e alle pratiche piùstraordinarie della gaia scienza, possessore di favolositesori nascosti chi sa dove, custode geloso di segretispaventevoli, e tante altre cose che non vi dico per nonfarvi ridere. Il tesoro cui teneva maggiormente era Naz-li: questo sì. Nazli aveva il potere di ricondurre il sorrisosu le sue labbra grinzose come la pergamena antica.Poiché Nazli mi vedeva di buon occhio e si intrattenevavolentieri con me a giocare a dama, anche il vecchiocongiurato si compiacque di avermi come amico e miaccolse senza diffidenza nella sua casa. Terminata laguerra, io dissi a Nazli quello che gli uomini di cuore edi onore dicono alle donne che amano: “Volete diventa-re mia moglie?”. Nazli mi rispose con una risata. Ridevasempre, Nazli: anche quando io le rivelavo, sommessa-mente, tutta la dolcezza della mia anima. Una notte era-vamo sulla terrazza della casa e sopra il nostro capo eraun divino palpitare di stelle.

33

D'Annunzio… basta, lasciamola lì… A Tripoli conobbi laprincipessa Nazli… una creatura meravigliosa, propriomeravigliosa… certi occhi più oscuri della notte… certicapelli!… sottile, sottile e pieghevole come una serpicina.Aveva un sorriso ambiguo, ma su le prime non me ne ac-corsi. Il vecchio zio – ella era orfana – aveva congiuratocontro l'ultimo kedive Abbas II, ed era fuggito da moltis-simi anni dall'Egitto per non aver fastidi: ma anche aTripoli aveva acquistato fama di uomo bizzarro e miste-rioso, dedito agli studi di occultismo e alle pratiche piùstraordinarie della gaia scienza, possessore di favolositesori nascosti chi sa dove, custode geloso di segretispaventevoli, e tante altre cose che non vi dico per nonfarvi ridere. Il tesoro cui teneva maggiormente era Naz-li: questo sì. Nazli aveva il potere di ricondurre il sorrisosu le sue labbra grinzose come la pergamena antica.Poiché Nazli mi vedeva di buon occhio e si intrattenevavolentieri con me a giocare a dama, anche il vecchiocongiurato si compiacque di avermi come amico e miaccolse senza diffidenza nella sua casa. Terminata laguerra, io dissi a Nazli quello che gli uomini di cuore edi onore dicono alle donne che amano: “Volete diventa-re mia moglie?”. Nazli mi rispose con una risata. Ridevasempre, Nazli: anche quando io le rivelavo, sommessa-mente, tutta la dolcezza della mia anima. Una notte era-vamo sulla terrazza della casa e sopra il nostro capo eraun divino palpitare di stelle.

33

…sopra il nostro capo era un divino palpitare di stelle.

34

…sopra il nostro capo era un divino palpitare di stelle.

34

Le chiesi, balbettando per la commozione: “Ma dunque,Nazli, voi non mi amate? Vi dilettate a burlarvi di me?”.Nazli smise di sorridere e i suoi occhi balenarononell'ombra. “No, io vi amo, Michele. E pure non so. C'èqualcosa che mi allontana talvolta da voi… Io ho comeil ricordo di avvenimenti lontani, nei quali voi aveteavuto una parte non lieta. Ma questi avvenimenti non sisono mai svolti dinanzi ai miei occhi, intendetemibene… ne ho come un pallido riflesso nella memoria…Lasciatemi libera di sognare e di ridere, Michele. Io nonpotrei mai rendervi felice. Una mia remotissima antena-ta, mi dice lo zio, fu principessa al tempo della reggenzadella regina Hatason, della diciottesima dinastia dei Fa-raoni. E fu rapita da uno schiavo negro e condotta attra-verso il deserto, e poi chi sa, abbandonata in fondo aqualche tenebrosa foresta popolata di mostri. Tuttaviaella riuscì a tornare su le rive del Nilo, e, moribonda,ebbe ancora la somma fortuna di poter baciare il suo fi-danzato, Ramsete, e di confidargli che lontano lontano,presso le rive di un torbido lago, era seppellito il suocuore… Una strana leggenda, vero, mio buon amico? Iosono un po' come quella povera principessa della leg-genda. Ho lasciato il mio cuore in un abisso remoto ‘chevoi non riuscireste mai a scoprire…’. Restiamo così,buoni amici, Michele: ve ne scongiuro. Sono tanto sin-cera in questo momento: mi sembra che dalla vòlta ca-dano ad una ad una le stelle su di me come gocce lumi-nose e scendano fino dentro la mia anima. No, no, Mi-chele, ‘io non ho più cuore’. Il mio affetto per voi è nato

35

Le chiesi, balbettando per la commozione: “Ma dunque,Nazli, voi non mi amate? Vi dilettate a burlarvi di me?”.Nazli smise di sorridere e i suoi occhi balenarononell'ombra. “No, io vi amo, Michele. E pure non so. C'èqualcosa che mi allontana talvolta da voi… Io ho comeil ricordo di avvenimenti lontani, nei quali voi aveteavuto una parte non lieta. Ma questi avvenimenti non sisono mai svolti dinanzi ai miei occhi, intendetemibene… ne ho come un pallido riflesso nella memoria…Lasciatemi libera di sognare e di ridere, Michele. Io nonpotrei mai rendervi felice. Una mia remotissima antena-ta, mi dice lo zio, fu principessa al tempo della reggenzadella regina Hatason, della diciottesima dinastia dei Fa-raoni. E fu rapita da uno schiavo negro e condotta attra-verso il deserto, e poi chi sa, abbandonata in fondo aqualche tenebrosa foresta popolata di mostri. Tuttaviaella riuscì a tornare su le rive del Nilo, e, moribonda,ebbe ancora la somma fortuna di poter baciare il suo fi-danzato, Ramsete, e di confidargli che lontano lontano,presso le rive di un torbido lago, era seppellito il suocuore… Una strana leggenda, vero, mio buon amico? Iosono un po' come quella povera principessa della leg-genda. Ho lasciato il mio cuore in un abisso remoto ‘chevoi non riuscireste mai a scoprire…’. Restiamo così,buoni amici, Michele: ve ne scongiuro. Sono tanto sin-cera in questo momento: mi sembra che dalla vòlta ca-dano ad una ad una le stelle su di me come gocce lumi-nose e scendano fino dentro la mia anima. No, no, Mi-chele, ‘io non ho più cuore’. Il mio affetto per voi è nato

35

per un impulso spirituale… Vi dico che non ho più cuo-re! Vogliamo ridere insieme di questa pazzia?”.E Nazli ricominciò a ridere in modo che per poco nonebbi la tentazione di strozzarla. Il giorno dopo lasciaiTripoli, e cominciai un lungo viaggio nell'interno. Cre-devo in tal modo di stordirmi e di dimenticare! Ma eroun imbecille. Sì, perché dopo un anno di vita bestiale,trascorso nel centro del continente, e dopo aver fatto al-cune scoperte non inutili per la scienza, compii la supre-ma viltà: abbandonai i miei lavori e i miei studi, lasciai imiei negri e i miei scimpanzè e tornai a Tripoli…Ma Nazli non c'era più.

* * *

Michele si tacque un poco. Romeo e la signora Flavia loguardavano con grande curiosità e aspettavano ansiosi ilseguito del racconto: invece Bubi, Scricciolo e Crostinodopo avere spolverato tutti i dolciumi dalla tavola, s'era-no messi a dormire; perché loro, delle avventure di Mi-chele e della signorina Nazli non si dilettavano punto.L'ospite non badò a quella mancanza di riguardo e quan-do volle, seguitò il suo dire così:— Ebbi notizia di quella stranissima ragazza nel '914,durante un mio viaggio in Tunisia. Un capo di carovanemi disse di averla incontrata nel basso Sudan, insiemecon un esercito di turisti inglesi. Andava forse alla ricer-ca del suo cuore? In ogni modo, fui preso dall'impeto

36

per un impulso spirituale… Vi dico che non ho più cuo-re! Vogliamo ridere insieme di questa pazzia?”.E Nazli ricominciò a ridere in modo che per poco nonebbi la tentazione di strozzarla. Il giorno dopo lasciaiTripoli, e cominciai un lungo viaggio nell'interno. Cre-devo in tal modo di stordirmi e di dimenticare! Ma eroun imbecille. Sì, perché dopo un anno di vita bestiale,trascorso nel centro del continente, e dopo aver fatto al-cune scoperte non inutili per la scienza, compii la supre-ma viltà: abbandonai i miei lavori e i miei studi, lasciai imiei negri e i miei scimpanzè e tornai a Tripoli…Ma Nazli non c'era più.

* * *

Michele si tacque un poco. Romeo e la signora Flavia loguardavano con grande curiosità e aspettavano ansiosi ilseguito del racconto: invece Bubi, Scricciolo e Crostinodopo avere spolverato tutti i dolciumi dalla tavola, s'era-no messi a dormire; perché loro, delle avventure di Mi-chele e della signorina Nazli non si dilettavano punto.L'ospite non badò a quella mancanza di riguardo e quan-do volle, seguitò il suo dire così:— Ebbi notizia di quella stranissima ragazza nel '914,durante un mio viaggio in Tunisia. Un capo di carovanemi disse di averla incontrata nel basso Sudan, insiemecon un esercito di turisti inglesi. Andava forse alla ricer-ca del suo cuore? In ogni modo, fui preso dall'impeto

36

pazzo di correre su le sue tracce e partii per il basso Su-dan… E la ritrovai. La ritrovai – immaginate! – dopoun'interminabile alternanza di speranze e di delusioni: laritrovai in mezzo ad uno stuolo di arabi armati fino aidenti, bella e fiera sul suo cammello, con un atteggia-mento di scorridrice selvaggia, che le stava a meravi-glia. Quando mi vide, esclamò semplicemente: “Miche-le!” ed io pensai “adesso ride!”. Invece non rise: ma nonmi disse niente che potesse compensarmi delle mie an-gosce e delle mie fatiche. Davvero ella aveva perduto ilcuore in qualche introvabile nascondiglio della terraafricana! Che avrei dovuto fare? Seguirla? Certamente.Così feci. Ma quando mi parve di aver riconquistato unpo' della sua amicizia, quando sembrò che ella stesse perconfidarmi un suo caro segreto… dovetti lasciarla. Erascoppiata la guerra…Già, la guerra. Bisognava bene che facessi il mio dove-re… Prima fui sul Carso: ma alla battaglia dell'Hermadavenni ferito gravemente. Ebbi una lunga licenza e tornaiin Libia, e qui seguitai a prestar servizio nelle truppe co-loniali. Anche in Libia non si stava bene, sapete!… Maio speravo… Già, speravo di “incontrarla ancora”. Erauna speranza pazza. Che volete? Gli italiani potevanodirsi assediati in Tripoli e nelle poche città della costache ci erano rimaste. Come ammettere che la principes-sa Nazli e il suo inverosimile zio volessero traversare lelinee nemiche per venire a dividere il pericolo e i disagicon noi?

37

pazzo di correre su le sue tracce e partii per il basso Su-dan… E la ritrovai. La ritrovai – immaginate! – dopoun'interminabile alternanza di speranze e di delusioni: laritrovai in mezzo ad uno stuolo di arabi armati fino aidenti, bella e fiera sul suo cammello, con un atteggia-mento di scorridrice selvaggia, che le stava a meravi-glia. Quando mi vide, esclamò semplicemente: “Miche-le!” ed io pensai “adesso ride!”. Invece non rise: ma nonmi disse niente che potesse compensarmi delle mie an-gosce e delle mie fatiche. Davvero ella aveva perduto ilcuore in qualche introvabile nascondiglio della terraafricana! Che avrei dovuto fare? Seguirla? Certamente.Così feci. Ma quando mi parve di aver riconquistato unpo' della sua amicizia, quando sembrò che ella stesse perconfidarmi un suo caro segreto… dovetti lasciarla. Erascoppiata la guerra…Già, la guerra. Bisognava bene che facessi il mio dove-re… Prima fui sul Carso: ma alla battaglia dell'Hermadavenni ferito gravemente. Ebbi una lunga licenza e tornaiin Libia, e qui seguitai a prestar servizio nelle truppe co-loniali. Anche in Libia non si stava bene, sapete!… Maio speravo… Già, speravo di “incontrarla ancora”. Erauna speranza pazza. Che volete? Gli italiani potevanodirsi assediati in Tripoli e nelle poche città della costache ci erano rimaste. Come ammettere che la principes-sa Nazli e il suo inverosimile zio volessero traversare lelinee nemiche per venire a dividere il pericolo e i disagicon noi?

37

Alla fine, in una imboscata presso Tripoli, fui fatto pri-gioniero e condotto al Garian. Come riuscii a fuggire dalCastello ve lo racconterò un'altra volta. Accennerò sol-tanto che la mia fuga fu agevolata da alcuni arabi miste-riosi, che mi condussero, nel cuore della notte, sopra unpoggio deserto. E lì… mi aspettava Nazli.

38

Alla fine, in una imboscata presso Tripoli, fui fatto pri-gioniero e condotto al Garian. Come riuscii a fuggire dalCastello ve lo racconterò un'altra volta. Accennerò sol-tanto che la mia fuga fu agevolata da alcuni arabi miste-riosi, che mi condussero, nel cuore della notte, sopra unpoggio deserto. E lì… mi aspettava Nazli.

38

IIILA PRINCIPESSA CAPRICCIOSA

In quel punto si sentì suonare il campanello di strada.— Sta' a vedere che è la principessa! – gridò Michele, ilquale ormai si era assuefatto a creder possibili le cosepiù assurde. Ma Romeo, con molto garbo, spiegò chedoveva essere semplicemente la domestica, la Cleofe, laquale aveva preso un giorno di permesso per andare atrovare il nonno malato d'itterizia, a Saturnia. Dopo averbrontolato alquanto su gli insopportabili costumi delledonne di servizio in genere e della Cleofe in particolare,la signora Flavia andò ad aprire. Era proprio la Cleofe.Ma insieme con lei era arrivato anche don Lorenzo Pe-landa, per la consueta partita a scopone con il sindaco.Dopo la presentazione – Bubi e Crostino si erano sve-gliati, e anche loro vollero conoscere don Lorenzo – fu-rono stappate certe bottiglie di vecchio vino di Montal-cino, e cortesemente Michele fu sollecitato a riprendereil filo della piacevolissima narrazione.Michele, che evidentemente ci teneva a sollevarsi lo sto-maco da certi ricordi strani e penosi, ricominciò in que-sti termini:— Dunque, la principessa Nazli, che aveva favorito lamia fuga, mi condusse in un antico castello arabo mezzo

39

IIILA PRINCIPESSA CAPRICCIOSA

In quel punto si sentì suonare il campanello di strada.— Sta' a vedere che è la principessa! – gridò Michele, ilquale ormai si era assuefatto a creder possibili le cosepiù assurde. Ma Romeo, con molto garbo, spiegò chedoveva essere semplicemente la domestica, la Cleofe, laquale aveva preso un giorno di permesso per andare atrovare il nonno malato d'itterizia, a Saturnia. Dopo averbrontolato alquanto su gli insopportabili costumi delledonne di servizio in genere e della Cleofe in particolare,la signora Flavia andò ad aprire. Era proprio la Cleofe.Ma insieme con lei era arrivato anche don Lorenzo Pe-landa, per la consueta partita a scopone con il sindaco.Dopo la presentazione – Bubi e Crostino si erano sve-gliati, e anche loro vollero conoscere don Lorenzo – fu-rono stappate certe bottiglie di vecchio vino di Montal-cino, e cortesemente Michele fu sollecitato a riprendereil filo della piacevolissima narrazione.Michele, che evidentemente ci teneva a sollevarsi lo sto-maco da certi ricordi strani e penosi, ricominciò in que-sti termini:— Dunque, la principessa Nazli, che aveva favorito lamia fuga, mi condusse in un antico castello arabo mezzo

39

diroccato, mezzo sepolto nella sabbia, nel fondo di unavalletta: e là dopo avermi costretto ad abbracciare e abaciare il suo misterioso zio – vi assicuro che non è unuomo piacevole, lo zio di Nazli! – mi offrì una lautacena e mi disse con schietta cortesia:“Voi non avrete più niente da temere dalle mehalle delGarian. Gli arabi del Garian sono amici miei. Ma non viconsiglio di uscire dal castello. Potreste incontrare qual-che gruppo di ribelli nomadi… Ricadreste, forse, prigio-niero. Gli italiani non godono di una grande simpatia inquesta regione: ve ne sarete accorto. Ebbene, rimanetequi”.Protestai subito:“Io debbo tornare fra i miei compagni. Sono soldato. Èil mio dovere”.Nazli si strinse nelle spalle.“A me non importa niente del vostro dovere. Rimanetequi… ben guardato, fino a nuovo ordine!”“Ancora prigioniero, dunque?”La principessa si mise a ridere.“Sì: mio prigioniero questa volta! Ma un prigioniero cuisaranno usati i maggiori riguardi…”

* * *

— Quella notte non dormii. Se vi dicessi che il pensiero

40

diroccato, mezzo sepolto nella sabbia, nel fondo di unavalletta: e là dopo avermi costretto ad abbracciare e abaciare il suo misterioso zio – vi assicuro che non è unuomo piacevole, lo zio di Nazli! – mi offrì una lautacena e mi disse con schietta cortesia:“Voi non avrete più niente da temere dalle mehalle delGarian. Gli arabi del Garian sono amici miei. Ma non viconsiglio di uscire dal castello. Potreste incontrare qual-che gruppo di ribelli nomadi… Ricadreste, forse, prigio-niero. Gli italiani non godono di una grande simpatia inquesta regione: ve ne sarete accorto. Ebbene, rimanetequi”.Protestai subito:“Io debbo tornare fra i miei compagni. Sono soldato. Èil mio dovere”.Nazli si strinse nelle spalle.“A me non importa niente del vostro dovere. Rimanetequi… ben guardato, fino a nuovo ordine!”“Ancora prigioniero, dunque?”La principessa si mise a ridere.“Sì: mio prigioniero questa volta! Ma un prigioniero cuisaranno usati i maggiori riguardi…”

* * *

— Quella notte non dormii. Se vi dicessi che il pensiero

40

di non poter correre a Tripoli, per riprendere coraggiosa-mente il mio posto nelle file dell'esercito coloniale miassillasse in modo atroce, mentirei come un greco. Ilmio rammarico era temperato dalla gioia di sapermi pri-gioniero della principessa Nazli, della mia bella e in-comprensibile principessa…Così, pensando a lei, alle sue grazie, alle sue stranezze,al suo fascino, ai suoi capelli, al suo straordinario sorri-so, non potei dormire, e l'alba mi sorprese seduto su lastuoia, nel mezzo della mia cameretta scialbata a calce.Un domestico arabo entrò dalla terrazza col primo rag-gio di sole, mi salutò cerimoniosamente e depose ai mieipiedi una sontuosa colazione. Il mio trattamento di pri-gioniero cominciava sotto piacevoli auspici. Mangiaiabbondantemente e dopo essermi lavato e ravviato allameglio uscii in cerca di Nazli. La trovai su l'angolodell'ampia terrazza del castello, intenta a guardare il cie-lo che avvampava di luce. Non si mosse per salutarmi.Le presi leggermente la mano. Per molto tempo ella lalasciò inerte, entro la mia, che non osava di stringerla.Balbettai qualche sciocca parola di convenienza: “Comestate? È una mattina incantevole… amate la luce?”, maella tacque ostinatamente, ferocemente.Da ultimo quando, scoraggiatissimo, stavo per ritornarelemme lemme nella mia stanza, ella proruppe in questadomanda: “Mi volete dunque bene, Michele?”Con due salti alquanto grotteschi fui ancora vicino aquella indiavolata ragazza.

41

di non poter correre a Tripoli, per riprendere coraggiosa-mente il mio posto nelle file dell'esercito coloniale miassillasse in modo atroce, mentirei come un greco. Ilmio rammarico era temperato dalla gioia di sapermi pri-gioniero della principessa Nazli, della mia bella e in-comprensibile principessa…Così, pensando a lei, alle sue grazie, alle sue stranezze,al suo fascino, ai suoi capelli, al suo straordinario sorri-so, non potei dormire, e l'alba mi sorprese seduto su lastuoia, nel mezzo della mia cameretta scialbata a calce.Un domestico arabo entrò dalla terrazza col primo rag-gio di sole, mi salutò cerimoniosamente e depose ai mieipiedi una sontuosa colazione. Il mio trattamento di pri-gioniero cominciava sotto piacevoli auspici. Mangiaiabbondantemente e dopo essermi lavato e ravviato allameglio uscii in cerca di Nazli. La trovai su l'angolodell'ampia terrazza del castello, intenta a guardare il cie-lo che avvampava di luce. Non si mosse per salutarmi.Le presi leggermente la mano. Per molto tempo ella lalasciò inerte, entro la mia, che non osava di stringerla.Balbettai qualche sciocca parola di convenienza: “Comestate? È una mattina incantevole… amate la luce?”, maella tacque ostinatamente, ferocemente.Da ultimo quando, scoraggiatissimo, stavo per ritornarelemme lemme nella mia stanza, ella proruppe in questadomanda: “Mi volete dunque bene, Michele?”Con due salti alquanto grotteschi fui ancora vicino aquella indiavolata ragazza.

41

“Se vi voglio bene, Nazli!” esclamai con le fiamme alviso. “Se vi voglio bene! Ma come debbo dirvelo? Inqual modo debbo provarvi che sono sincero, terribil-mente sincero? Voi mi avete fatto soffrire… Nazli,ma…”“Sì” e qui Nazli aggrottò le ciglia e le pinne rosate delsuo nasino ebbero fremiti felini “io amo di far soffrire,perché sono cattiva. Ho nelle vene, forse, la crudeltàatavica della razza. Io sarei capace di ripetere il gesto diNitakrit, la bella dalle guance di rosa. Nitakrit volle ungiorno vendicarsi di coloro che avevano ucciso suo ma-rito, il grande e glorioso Menthesouphis. Fece scavareuna immensa sala sotterranea e per inaugurarla convitòa un sontuoso banchetto i regicidi e i loro complici. Poi,per mezzo di un profondo canale, fatto anch'esso scava-re nascostamente, allagò la sala con le acque del Nilo. Etutti i commensali affogarono… Capite? Tutti. Nitakrit,poi, per sfuggire a sua volta alla vendetta dei familiaridelle sue vittime, si uccise… Che donna, vero, Miche-le?”“Straordinaria” approvai, senza molta convinzione.“Ebbene. Io sarei capace di ripetere il suo gesto!”Subito il viso di Nazli si spianò; i suoi occhi e la suabocca tornarono a sorridere.“Andiamo dallo zio Pansiris… Egli solo capisce le miebizzarrie… Forse egli potrà dirvi il modo di conquistareil mio spirito. Io non lo so. Anch'io vi voglio bene, Mi-

42

“Se vi voglio bene, Nazli!” esclamai con le fiamme alviso. “Se vi voglio bene! Ma come debbo dirvelo? Inqual modo debbo provarvi che sono sincero, terribil-mente sincero? Voi mi avete fatto soffrire… Nazli,ma…”“Sì” e qui Nazli aggrottò le ciglia e le pinne rosate delsuo nasino ebbero fremiti felini “io amo di far soffrire,perché sono cattiva. Ho nelle vene, forse, la crudeltàatavica della razza. Io sarei capace di ripetere il gesto diNitakrit, la bella dalle guance di rosa. Nitakrit volle ungiorno vendicarsi di coloro che avevano ucciso suo ma-rito, il grande e glorioso Menthesouphis. Fece scavareuna immensa sala sotterranea e per inaugurarla convitòa un sontuoso banchetto i regicidi e i loro complici. Poi,per mezzo di un profondo canale, fatto anch'esso scava-re nascostamente, allagò la sala con le acque del Nilo. Etutti i commensali affogarono… Capite? Tutti. Nitakrit,poi, per sfuggire a sua volta alla vendetta dei familiaridelle sue vittime, si uccise… Che donna, vero, Miche-le?”“Straordinaria” approvai, senza molta convinzione.“Ebbene. Io sarei capace di ripetere il suo gesto!”Subito il viso di Nazli si spianò; i suoi occhi e la suabocca tornarono a sorridere.“Andiamo dallo zio Pansiris… Egli solo capisce le miebizzarrie… Forse egli potrà dirvi il modo di conquistareil mio spirito. Io non lo so. Anch'io vi voglio bene, Mi-

42

chele, ve lo dissi l'altra volta… rammentate?… Nonvorrete neppure voi mettere in dubbio la mia sincerità.Ma c'è qualche cosa in me che mi spinge a fuggirvi,come un nemico. E quando vi sono lontana… ecco, al-lora, Michele, allora… io penso tanto a voi!…”Per la commozione e l'entusiasmo mi salirono le lacrimeagli occhi.“Oh! Nazli! mia divina Nazli! permettete che io mi ingi-nocchi dinanzi a voi… che vi ripeta il mio amore…”Ella mi interruppe con uno dei suoi nervosissimi scoppidi risa.“No… no… non mi ripetete niente… Piuttosto, andiamoa consultare lo zio!…”Scendemmo, io rassegnato e lei festante nella sala terre-na dove, tra i mucchi di stuoie e di tappeti, sonnecchiavail vecchio cospiratore egiziano.Quando ci vide si scosse: ci salutò gravemente e ci chie-se il motivo di quella visita mattutina.Nazli gli spiegò, brevemente:“Zio Pansiris, tu che conosci tutti i segreti dell'anima,perché non studi il mio? Io amo questo italiano, tu losai. Ma sono costretta a fuggirlo, a farlo soffrire. Zio,leggimi nel cuore”.Il vecchio scosse il capo e mormorò alcune parole che sipersero nell'immensa barba. Poi si alzò, e ci preparò ilcaffè. Era un uomo compíto, lo zio Pansiris.

43

chele, ve lo dissi l'altra volta… rammentate?… Nonvorrete neppure voi mettere in dubbio la mia sincerità.Ma c'è qualche cosa in me che mi spinge a fuggirvi,come un nemico. E quando vi sono lontana… ecco, al-lora, Michele, allora… io penso tanto a voi!…”Per la commozione e l'entusiasmo mi salirono le lacrimeagli occhi.“Oh! Nazli! mia divina Nazli! permettete che io mi ingi-nocchi dinanzi a voi… che vi ripeta il mio amore…”Ella mi interruppe con uno dei suoi nervosissimi scoppidi risa.“No… no… non mi ripetete niente… Piuttosto, andiamoa consultare lo zio!…”Scendemmo, io rassegnato e lei festante nella sala terre-na dove, tra i mucchi di stuoie e di tappeti, sonnecchiavail vecchio cospiratore egiziano.Quando ci vide si scosse: ci salutò gravemente e ci chie-se il motivo di quella visita mattutina.Nazli gli spiegò, brevemente:“Zio Pansiris, tu che conosci tutti i segreti dell'anima,perché non studi il mio? Io amo questo italiano, tu losai. Ma sono costretta a fuggirlo, a farlo soffrire. Zio,leggimi nel cuore”.Il vecchio scosse il capo e mormorò alcune parole che sipersero nell'immensa barba. Poi si alzò, e ci preparò ilcaffè. Era un uomo compíto, lo zio Pansiris.

43

Quando ebbe preparato la gustosa bevanda, parve racco-gliere le idee.“Chi sa!…” fece a un tratto, scuotendosi. E andò a unostipo da cui trasse una grande barca di legno prezioso,nel cui centro sorgeva una cabina chiusa a un lato dadue usciolini di avorio.Posò la barca sopra un mucchio di tappeti, e si accocco-lò dietro lo strano oggetto, indicando a noi, col gesto diosservare con raccoglimento quello che stava per acca-dere.Di schianto, gli usciolini della cabina si spalancarono elasciarono vedere la minuscola scena di un teatrino dimarionette. Nel centro della scena una figurina articola-ta, presso un albero, levava le braccia al cielo e si agita-va piuttosto comicamente. Il vecchio Pansiris, che eraintento a inspiegabili manipolazioni, cominciò a recitarecon voce lenta e nasale queste parole:“Il sangue di Isis, le lacrime di Isis, gli incantesimi diIsis sono gli amuleti che proteggono il Dio immobile etrionfano degli spiriti del male…”.Accanto alla figura di donna, disteso nel fondo, stava unaltro pupo che faceva il morto. Non potei reggere allatentazione di domandare a Nazli qualche chiarimento suquel curiosissimo gioco: ma Nazli mi sussurrò, sdegna-tissima:“Taci! non vedi? È il dramma sacro di Osiris ucciso daSit, e di Isis che ricerca il cadavere dello sposo nel

44

Quando ebbe preparato la gustosa bevanda, parve racco-gliere le idee.“Chi sa!…” fece a un tratto, scuotendosi. E andò a unostipo da cui trasse una grande barca di legno prezioso,nel cui centro sorgeva una cabina chiusa a un lato dadue usciolini di avorio.Posò la barca sopra un mucchio di tappeti, e si accocco-lò dietro lo strano oggetto, indicando a noi, col gesto diosservare con raccoglimento quello che stava per acca-dere.Di schianto, gli usciolini della cabina si spalancarono elasciarono vedere la minuscola scena di un teatrino dimarionette. Nel centro della scena una figurina articola-ta, presso un albero, levava le braccia al cielo e si agita-va piuttosto comicamente. Il vecchio Pansiris, che eraintento a inspiegabili manipolazioni, cominciò a recitarecon voce lenta e nasale queste parole:“Il sangue di Isis, le lacrime di Isis, gli incantesimi diIsis sono gli amuleti che proteggono il Dio immobile etrionfano degli spiriti del male…”.Accanto alla figura di donna, disteso nel fondo, stava unaltro pupo che faceva il morto. Non potei reggere allatentazione di domandare a Nazli qualche chiarimento suquel curiosissimo gioco: ma Nazli mi sussurrò, sdegna-tissima:“Taci! non vedi? È il dramma sacro di Osiris ucciso daSit, e di Isis che ricerca il cadavere dello sposo nel

44

Nilo… è il mistero della risurrezione del Dio… Ma nonsai dunque nulla, tu?”.Giunsi le mani supplichevoli dinanzi a Nazli per implo-rare il perdono: cosa che del resto mi venne subito silen-ziosamente concessa, con una piccola stretta di mano eun sorriso. Intanto il vecchio seguitò la rappresentazionedelle marionette sacre. Apparvero altre figure che con-tribuirono alle scene degli onori funebri resi da Iside alsuo sposo. Questi preliminari dovevano preparare ilgrande evento della risurrezione di Iside. Il fantocciomorto compiva un viaggio attraverso i mondi sconosciu-ti. Cominciava la guardia dei Geni infernali, i quali can-tavano per bocca dello zio di Nazli:“Vegliate, o voi che siete nella nostra ora, vegliate o voiche siete nella notte. Oh! fate buona guardia sul Dio nel-la sua persona nuova, quando la bara si aprirà. Egli avràrivestita la forma del sol levante, all'orizzonte orientaledel cielo. La sua immagine sarà la fenice, egli risorgeràdella sua stessa esistenza e abbatterà i nemici di Ra…”.Durante questa seconda parte della rappresentazione, lemarionette che simboleggiavano la ricomparsa dellaluce si rialzavano dal fondo della barca finché all'ultimoversetto sorgeva lo sparviero, ossia il genio Horus.Ma sul finire della lunga vicenda lo zio di Nazli ebbe unsussulto e per poco non rovesciò la preziosa barca contutte le sue mirabili marionette.“Nazli, Nazli” egli mugolò, strappandosi i peli della bar-

45

Nilo… è il mistero della risurrezione del Dio… Ma nonsai dunque nulla, tu?”.Giunsi le mani supplichevoli dinanzi a Nazli per implo-rare il perdono: cosa che del resto mi venne subito silen-ziosamente concessa, con una piccola stretta di mano eun sorriso. Intanto il vecchio seguitò la rappresentazionedelle marionette sacre. Apparvero altre figure che con-tribuirono alle scene degli onori funebri resi da Iside alsuo sposo. Questi preliminari dovevano preparare ilgrande evento della risurrezione di Iside. Il fantocciomorto compiva un viaggio attraverso i mondi sconosciu-ti. Cominciava la guardia dei Geni infernali, i quali can-tavano per bocca dello zio di Nazli:“Vegliate, o voi che siete nella nostra ora, vegliate o voiche siete nella notte. Oh! fate buona guardia sul Dio nel-la sua persona nuova, quando la bara si aprirà. Egli avràrivestita la forma del sol levante, all'orizzonte orientaledel cielo. La sua immagine sarà la fenice, egli risorgeràdella sua stessa esistenza e abbatterà i nemici di Ra…”.Durante questa seconda parte della rappresentazione, lemarionette che simboleggiavano la ricomparsa dellaluce si rialzavano dal fondo della barca finché all'ultimoversetto sorgeva lo sparviero, ossia il genio Horus.Ma sul finire della lunga vicenda lo zio di Nazli ebbe unsussulto e per poco non rovesciò la preziosa barca contutte le sue mirabili marionette.“Nazli, Nazli” egli mugolò, strappandosi i peli della bar-

45

ba gialliccia “la figura di Isis è stata aperta… le hannostrappato il piccolo cuore di corallo che aveva nel pet-to… intendi? E io che conservo così gelosamente questipreziosi amuleti del tempo della sapiente regina Hata-son, la sublime viaggiatrice!… È terribile, Nazli!… Ilcuore di Isis rubato!… Infamia! Orrore!…”Il venerando cospiratore si rotolò qualche tempo su lestuoie, mugolando e soffiando come un vecchio gatto.Si fermò solo quando Nazli parlò, serenamente.“Zio, voi non sapete quando il cuore della dea Isidescomparve. Forse è cosa remota. Ma ricordate di avereesaminato prima d'ora l'interno della figurina?”Lo zio Pansiris rifletté alquanto.“No… Non ricordo…”“E se fosse un avvertimento, zio?”“Un avvertimento?”“Non ricordate la leggenda dell'infelice principessaKhelmis, figlia della regina Hatason? Non fu trovatanella sua tomba questa barca? La principessa morì poi-ché le avevano rubato il cuore…”“È vero… la leggenda dice così…”“Anch'io, purtroppo, come Khelmis, sento di non avercuore!…”E la povera Nazli si distese, desolatamente, sulle stuoiea fianco dello zio Pansiris. Ma di lì a cinque minuti ride-

46

ba gialliccia “la figura di Isis è stata aperta… le hannostrappato il piccolo cuore di corallo che aveva nel pet-to… intendi? E io che conservo così gelosamente questipreziosi amuleti del tempo della sapiente regina Hata-son, la sublime viaggiatrice!… È terribile, Nazli!… Ilcuore di Isis rubato!… Infamia! Orrore!…”Il venerando cospiratore si rotolò qualche tempo su lestuoie, mugolando e soffiando come un vecchio gatto.Si fermò solo quando Nazli parlò, serenamente.“Zio, voi non sapete quando il cuore della dea Isidescomparve. Forse è cosa remota. Ma ricordate di avereesaminato prima d'ora l'interno della figurina?”Lo zio Pansiris rifletté alquanto.“No… Non ricordo…”“E se fosse un avvertimento, zio?”“Un avvertimento?”“Non ricordate la leggenda dell'infelice principessaKhelmis, figlia della regina Hatason? Non fu trovatanella sua tomba questa barca? La principessa morì poi-ché le avevano rubato il cuore…”“È vero… la leggenda dice così…”“Anch'io, purtroppo, come Khelmis, sento di non avercuore!…”E la povera Nazli si distese, desolatamente, sulle stuoiea fianco dello zio Pansiris. Ma di lì a cinque minuti ride-

46

va come una folle.“Non è possibile, non è possibile!” strillava “che scioc-chezze! Non mi ascoltate, Michele!… io non so quelloche mi dico!…”“Eppure esistono misteri che si debbono penetrare” sen-tenziò lugubremente il vecchio, raccogliendo le sue ma-rionette e chiudendole nella barca “non dovresti parlar-ne troppo, Nazli, della leggenda di Khelmis.Noi viviamo sotto funeste influenze, piccina mia. Io cre-do che il tuo destino sia legato al destino di altre illustriprincipesse della tua razza. Credo che l'uomo che potes-se ritrovare il cuore di Khelmis, ad esempio, ti rendereb-be la gioia e la serenità. Ma forse l'unico mezzo per ri-trovare il cuore di Khelmis, è svanito. Il petto di Iside èvuoto! No, no, non ricerchiamo più oltre. Sarebbe, forse,un sacrilegio”.E il vecchio, dopo aver chiuso nello stipo la barca dellarappresentazione sacra, si diede, alacremente, a prepara-re un altro caffè…Quella sera stessa io chiamai Nazli nella terrazza tuttabagnata di luna e le domandai risolutamente:“Ditemi, principessa: se io riuscissi a compiere il mira-colo… se vi riportassi davvero, un giorno o l'altro, ilcuore della principessa Khelmis, acconsentireste a di-ventare mia moglie?”“Credo di sì, Michele,” sussurrò Nazli, abbandonando lesue piccole mani nelle mie.

47

va come una folle.“Non è possibile, non è possibile!” strillava “che scioc-chezze! Non mi ascoltate, Michele!… io non so quelloche mi dico!…”“Eppure esistono misteri che si debbono penetrare” sen-tenziò lugubremente il vecchio, raccogliendo le sue ma-rionette e chiudendole nella barca “non dovresti parlar-ne troppo, Nazli, della leggenda di Khelmis.Noi viviamo sotto funeste influenze, piccina mia. Io cre-do che il tuo destino sia legato al destino di altre illustriprincipesse della tua razza. Credo che l'uomo che potes-se ritrovare il cuore di Khelmis, ad esempio, ti rendereb-be la gioia e la serenità. Ma forse l'unico mezzo per ri-trovare il cuore di Khelmis, è svanito. Il petto di Iside èvuoto! No, no, non ricerchiamo più oltre. Sarebbe, forse,un sacrilegio”.E il vecchio, dopo aver chiuso nello stipo la barca dellarappresentazione sacra, si diede, alacremente, a prepara-re un altro caffè…Quella sera stessa io chiamai Nazli nella terrazza tuttabagnata di luna e le domandai risolutamente:“Ditemi, principessa: se io riuscissi a compiere il mira-colo… se vi riportassi davvero, un giorno o l'altro, ilcuore della principessa Khelmis, acconsentireste a di-ventare mia moglie?”“Credo di sì, Michele,” sussurrò Nazli, abbandonando lesue piccole mani nelle mie.

47

Fu quello un momento di dolcezza infinita. Ma lo supe-rai rapidamente, per mostrare alla fanciulla il mio riso-luto eroismo:“Vi giuro, Nazli, che d'ora innanzi tutta la mia vita saràdedicata alla più bella delle imprese: quella… di ritro-varvi il cuore!…”“Sì, Michele,” concluse Nazli, con un sorriso ambiguo“ma, per carità… non ritornate troppo vecchio!…”.Il giorno dopo, nel cuor della notte, fuggii dal castelloper ritornare a Tripoli. Il viaggio fu lungo e tormentoso,ma riuscii a passare attraverso le file dei ribelli. Di lì abreve si seppe che la guerra con l'Austria era finita vitto-riosamente per noi. Ebbi una lunga licenza, e ne appro-fittai per cominciare le mie straordinarie ricerche.Un anno dopo, cercavo ancora.Due anni dopo, cercavo ancora!E intanto, forse, Nazli rideva di me.

48

Fu quello un momento di dolcezza infinita. Ma lo supe-rai rapidamente, per mostrare alla fanciulla il mio riso-luto eroismo:“Vi giuro, Nazli, che d'ora innanzi tutta la mia vita saràdedicata alla più bella delle imprese: quella… di ritro-varvi il cuore!…”“Sì, Michele,” concluse Nazli, con un sorriso ambiguo“ma, per carità… non ritornate troppo vecchio!…”.Il giorno dopo, nel cuor della notte, fuggii dal castelloper ritornare a Tripoli. Il viaggio fu lungo e tormentoso,ma riuscii a passare attraverso le file dei ribelli. Di lì abreve si seppe che la guerra con l'Austria era finita vitto-riosamente per noi. Ebbi una lunga licenza, e ne appro-fittai per cominciare le mie straordinarie ricerche.Un anno dopo, cercavo ancora.Due anni dopo, cercavo ancora!E intanto, forse, Nazli rideva di me.

48

IVCOME CONOBBI IL PLESIOSAU-

RO

Michele Orcagna continuò:— Non volli tuttavia darmi per vinto. E l'anno scorso,sempre per seguire le tracce ideali della principessaNazli, io mi addentrai con la sola compagnia del fedeleBubi, nelle foreste dell'Africa centrale. Avevo oltrepas-sato la zona desertica che fascia il lago Tchad, e lasciatole vie esplorate dai corrispondenti dei grandi giornalimoderni, non escluso Marco Appelius, il quale sembradormisse su le rive dei fiumi frequentate dai coccodrilli.Non starò a descrivervi gli orrori e la magnificenza dellaforesta vergine.— Per carità – interruppe don Lorenzo con un gesto elo-quente – ormai le foreste vergini le conoscono tutti!…— …Perfettamente. Non vi descriverò nulla di quelloche avrete già letto nei giornali illustrati dei viaggi. Vidirò solo che, dopo un faticoso cammino di molti giorniattraverso i boschi, mi parve bello e opportuno fermarmiqualche tempo nelle vicinanze di un piccolo lago, fian-cheggiato di rocce rossigne, che pareva un occhio azzur-ro fra le palpebre di un Ciclope. Per non complicare lanostra fermata con faticosi lavori, rinunciammo a fab-

49

IVCOME CONOBBI IL PLESIOSAU-

RO

Michele Orcagna continuò:— Non volli tuttavia darmi per vinto. E l'anno scorso,sempre per seguire le tracce ideali della principessaNazli, io mi addentrai con la sola compagnia del fedeleBubi, nelle foreste dell'Africa centrale. Avevo oltrepas-sato la zona desertica che fascia il lago Tchad, e lasciatole vie esplorate dai corrispondenti dei grandi giornalimoderni, non escluso Marco Appelius, il quale sembradormisse su le rive dei fiumi frequentate dai coccodrilli.Non starò a descrivervi gli orrori e la magnificenza dellaforesta vergine.— Per carità – interruppe don Lorenzo con un gesto elo-quente – ormai le foreste vergini le conoscono tutti!…— …Perfettamente. Non vi descriverò nulla di quelloche avrete già letto nei giornali illustrati dei viaggi. Vidirò solo che, dopo un faticoso cammino di molti giorniattraverso i boschi, mi parve bello e opportuno fermarmiqualche tempo nelle vicinanze di un piccolo lago, fian-cheggiato di rocce rossigne, che pareva un occhio azzur-ro fra le palpebre di un Ciclope. Per non complicare lanostra fermata con faticosi lavori, rinunciammo a fab-

49

bricarci, Bubi ed io, una capanna e ci limitammo a sten-dere due amache tra i rami più eccelsi di un immensobaobab, da cui si dominava un tratto della foresta e ilpiccolo lago di cristallo nel cerchio delle rupi rogge. Siè molto parlato, nei libri di avventure, delle intollerabilinoie sofferte dai viaggiatori durante le brevi notti equa-toriali: le punzecchiature infernali delle zanzare e di altriinsetti non meno fastidiosi, gli urli feroci degli animalida preda, i crepitii degli alberi in disfacimento, i rombidegli uragani che si succedono a intervalli più o menoregolari… Tutte storie. Nella foresta vergine si dormebenissimo: quando si ha sonno, beninteso. Solo certi ci-nematografi delle grandi città offrono una quiete e un ri-poso di spirito così assoluti. Basta spalmarsi le parti delcorpo esposte all'aria con un po' di vaselina, e tapparsi leorecchie con due batuffoli di ovatta. Poi non c'è bisognod'altro. Anche il pensiero di sentir fremere a qualchemetro sotto di voi la misteriosa vita della foresta africa-na, vi può aiutare nel sonno. Sul vostro corpo sfavillanole costellazioni estreme dell'uno e dell'altro emisfero.Voi dominate col vostro sonno lo spazio e l'ignoto.Se qualche nottola sfiora con le sue ali di guttaperca ilvostro naso vi illudete che una fantastica Urì sventoliper voi il suo leggero scettro di piume. Tutt'al più,all'alba, quando tutto il cielo diventa color limone puòcapitarvi sul naso una grossa noce, o un'enorme banana.Ma sareste sciocchi a dimostrare il vostro malumore,perché provochereste un vero bombardamento vegetale.Le scimmie sono animali tanto dispettosi!

50

bricarci, Bubi ed io, una capanna e ci limitammo a sten-dere due amache tra i rami più eccelsi di un immensobaobab, da cui si dominava un tratto della foresta e ilpiccolo lago di cristallo nel cerchio delle rupi rogge. Siè molto parlato, nei libri di avventure, delle intollerabilinoie sofferte dai viaggiatori durante le brevi notti equa-toriali: le punzecchiature infernali delle zanzare e di altriinsetti non meno fastidiosi, gli urli feroci degli animalida preda, i crepitii degli alberi in disfacimento, i rombidegli uragani che si succedono a intervalli più o menoregolari… Tutte storie. Nella foresta vergine si dormebenissimo: quando si ha sonno, beninteso. Solo certi ci-nematografi delle grandi città offrono una quiete e un ri-poso di spirito così assoluti. Basta spalmarsi le parti delcorpo esposte all'aria con un po' di vaselina, e tapparsi leorecchie con due batuffoli di ovatta. Poi non c'è bisognod'altro. Anche il pensiero di sentir fremere a qualchemetro sotto di voi la misteriosa vita della foresta africa-na, vi può aiutare nel sonno. Sul vostro corpo sfavillanole costellazioni estreme dell'uno e dell'altro emisfero.Voi dominate col vostro sonno lo spazio e l'ignoto.Se qualche nottola sfiora con le sue ali di guttaperca ilvostro naso vi illudete che una fantastica Urì sventoliper voi il suo leggero scettro di piume. Tutt'al più,all'alba, quando tutto il cielo diventa color limone puòcapitarvi sul naso una grossa noce, o un'enorme banana.Ma sareste sciocchi a dimostrare il vostro malumore,perché provochereste un vero bombardamento vegetale.Le scimmie sono animali tanto dispettosi!

50

— Signor Michele – interruppe a questo punto don Lo-renzo – noi non dormiremo mai fra i rami dei baobab, eperciò non avremo mai motivo di seguire i vostri consi-gli…— Avete torto, don Lorenzo – ribatté l'esploratore. – Voinon potete prevedere le vicende della vita… Si puòsempre finire i propri giorni tra i rami di un albero…specie in questi tempi di caro-affitti… Basta, lasciamoandare. Il fatto è che noi trascorrevamo una lieta esisten-za, io e Bubi, sul nostro osservatorio naturale. Io mi di-lettavo alla caccia degli elefanti. Non riuscivo mai ad at-terrarne uno, ma mi divertivo a sparare alcune fucilatesul loro corpo rigonfio e a vederli fuggire disordinata-mente tra le ramaglie del bosco. Spesso i cacciatori sicontentano di questi modesti spettacoli. Avrei potuto, èvero, far provvista di denti d'avorio, dato che i signorielefanti fossero stati tanto gentili da offrirmeli, ma a chiavrei venduto questi denti? Dove? Come avrei potutotrasportarli? E se, nella migliore delle ipotesi, fossi arri-vato a un mercato internazionale, carico di denti di ele-fante, non avrei corso il rischio di essere accusato daimercanti ebrei come spacciatore di falsi denti… in cel-luloide? Dunque, niente caccia sul serio. Passavo il tem-po a sparare innocue fucilate e a sonnecchiare. Fortuna-tamente non avevo portato meco nessun libro di Guidoda Verona e nemmeno di Pitigrilli. Un giorno però lamia tranquilla vita arborea fu turbata da un incidente.Bubi, che era sceso fino al lago, tornò al nido in preda auna strana commozione.

51

— Signor Michele – interruppe a questo punto don Lo-renzo – noi non dormiremo mai fra i rami dei baobab, eperciò non avremo mai motivo di seguire i vostri consi-gli…— Avete torto, don Lorenzo – ribatté l'esploratore. – Voinon potete prevedere le vicende della vita… Si puòsempre finire i propri giorni tra i rami di un albero…specie in questi tempi di caro-affitti… Basta, lasciamoandare. Il fatto è che noi trascorrevamo una lieta esisten-za, io e Bubi, sul nostro osservatorio naturale. Io mi di-lettavo alla caccia degli elefanti. Non riuscivo mai ad at-terrarne uno, ma mi divertivo a sparare alcune fucilatesul loro corpo rigonfio e a vederli fuggire disordinata-mente tra le ramaglie del bosco. Spesso i cacciatori sicontentano di questi modesti spettacoli. Avrei potuto, èvero, far provvista di denti d'avorio, dato che i signorielefanti fossero stati tanto gentili da offrirmeli, ma a chiavrei venduto questi denti? Dove? Come avrei potutotrasportarli? E se, nella migliore delle ipotesi, fossi arri-vato a un mercato internazionale, carico di denti di ele-fante, non avrei corso il rischio di essere accusato daimercanti ebrei come spacciatore di falsi denti… in cel-luloide? Dunque, niente caccia sul serio. Passavo il tem-po a sparare innocue fucilate e a sonnecchiare. Fortuna-tamente non avevo portato meco nessun libro di Guidoda Verona e nemmeno di Pitigrilli. Un giorno però lamia tranquilla vita arborea fu turbata da un incidente.Bubi, che era sceso fino al lago, tornò al nido in preda auna strana commozione.

51

“Padrone bianco, bisogna andare a piantare le amache inun altro luogo…”“Perché?”“Perché il lago è abitato dagli spiriti maligni!…”Mi cacciai a ridere, come potrete facilmente comprende-re, e coprii di villanie affettuose il mio povero Bubi. Ilquale finì per stringersi nelle spalle e brontolare:“Padrone bianco si arrabbia, padrone bianco non vuollasciare baobab vicino al lago, ma padrone bianco hatorto!…”Che avreste fatto voialtri?— Io sarei subito scappato via – proruppe impetuosa-mente il sindaco di Roccalbegna, ma non aggiunse altroperché la signora Flavia lo avvolse d'uno sguardo pienodi commiserazione.— Eh! tu… sfido!Michele Orcagna continuò:— Non mi mossi dal baobab perché ci stavo benissimo.L'unica mancanza da deplorarsi era quella dell'ascenso-re: ma per il resto, credetemi, ci si viveva d'incanto. Sic-ché, il giorno dopo discesi sulle rive del laghetto. Pove-ro laghetto calunniato! Pareva tranquillo tranquillo, e lesue acque azzurre lampeggiavano al sole.“Ma non vedi, imbecille, che è un lago come tutti gli al-tri?” gridai rivolgendomi a Bubi.

52

“Padrone bianco, bisogna andare a piantare le amache inun altro luogo…”“Perché?”“Perché il lago è abitato dagli spiriti maligni!…”Mi cacciai a ridere, come potrete facilmente comprende-re, e coprii di villanie affettuose il mio povero Bubi. Ilquale finì per stringersi nelle spalle e brontolare:“Padrone bianco si arrabbia, padrone bianco non vuollasciare baobab vicino al lago, ma padrone bianco hatorto!…”Che avreste fatto voialtri?— Io sarei subito scappato via – proruppe impetuosa-mente il sindaco di Roccalbegna, ma non aggiunse altroperché la signora Flavia lo avvolse d'uno sguardo pienodi commiserazione.— Eh! tu… sfido!Michele Orcagna continuò:— Non mi mossi dal baobab perché ci stavo benissimo.L'unica mancanza da deplorarsi era quella dell'ascenso-re: ma per il resto, credetemi, ci si viveva d'incanto. Sic-ché, il giorno dopo discesi sulle rive del laghetto. Pove-ro laghetto calunniato! Pareva tranquillo tranquillo, e lesue acque azzurre lampeggiavano al sole.“Ma non vedi, imbecille, che è un lago come tutti gli al-tri?” gridai rivolgendomi a Bubi.

52

Bubi crollò il capo.“Padrone bianco finirà col dar ragione al povero Bubi”Io, per dimostrare la mia sprezzante superiorità sugli uo-mini neri, cominciai a spogliarmi.“Padrone bianco, che cosa fai?” gemeva Bubi, diventan-do color cenere per lo spavento.“Non vedi?” ripetevo fischiettando un'arietta della 'Dan-za delle libellule' “mi spoglio per fare un bagno… e ap-profitto dell'assenza delle guardie comunali, per nonmettermi le mutandine…”.Un altro gemito di Bubi, un'altra risata mia e subito, es-sendo rimasto in costume adamitico, mi rivoltai su lasponda e scivolai nelle acque tranquille del lago.Ma qui avvenne il fatto inconcepibile. Appena mi fuituffato, qualche cosa di ruvido, di scaglioso, mi percosseil dorso, e poco dopo, sospinto da una forza straordina-ria, mi sentii lanciato come un proietto nell'aria… Bubiseguì con l'occhio vigile la traiettoria del mio corpo eandò ad aspettarmi proprio nel punto in cui dovevo ca-dere.“Padroncino bianco, che cosa ti avevo detto? Gli spiritimaligni abitano il fondo del lago. Noi dobbiamo fuggiredi qui. Dobbiamo levare le nostre amache dalbaobab…”Non volli mostrare di cedere all'uomo di razza inferiore,e lì per lì misi insieme alcune parole senza senso:

53

Bubi crollò il capo.“Padrone bianco finirà col dar ragione al povero Bubi”Io, per dimostrare la mia sprezzante superiorità sugli uo-mini neri, cominciai a spogliarmi.“Padrone bianco, che cosa fai?” gemeva Bubi, diventan-do color cenere per lo spavento.“Non vedi?” ripetevo fischiettando un'arietta della 'Dan-za delle libellule' “mi spoglio per fare un bagno… e ap-profitto dell'assenza delle guardie comunali, per nonmettermi le mutandine…”.Un altro gemito di Bubi, un'altra risata mia e subito, es-sendo rimasto in costume adamitico, mi rivoltai su lasponda e scivolai nelle acque tranquille del lago.Ma qui avvenne il fatto inconcepibile. Appena mi fuituffato, qualche cosa di ruvido, di scaglioso, mi percosseil dorso, e poco dopo, sospinto da una forza straordina-ria, mi sentii lanciato come un proietto nell'aria… Bubiseguì con l'occhio vigile la traiettoria del mio corpo eandò ad aspettarmi proprio nel punto in cui dovevo ca-dere.“Padroncino bianco, che cosa ti avevo detto? Gli spiritimaligni abitano il fondo del lago. Noi dobbiamo fuggiredi qui. Dobbiamo levare le nostre amache dalbaobab…”Non volli mostrare di cedere all'uomo di razza inferiore,e lì per lì misi insieme alcune parole senza senso:

53

“No… no… perché dovremmo fuggire? Per le tue scioc-chezze? Si sta tanto bene, qui… Sì, non dico… Il lagonon è molto adatto per i bagni… ma che cosa significaquesto? Siamo forse venuti a fare i bagni?”.Verso il tramonto dopo un'inutile caccia all'okapi nelfolto del bosco, noi tornavamo al baobab. Eravamo stan-chi morti e la fame ci attanagliava le viscere.Quand'ecco, proprio mentre costeggiavamo la riva dellaghetto, sorgere dalle acque un grosso muso di lucerto-la e poi un lunghissimo collo serpentino, che oscillò eschioccò nell'aria come una frusta gigantesca. Bubi, in-chiodato sul posto dal terrore, mugolava:“Vedi, padroncino? È il padrone del lago! Lo spirito ma-ligno!”Aveva ragione il povero Bubi, sì o no?Non volli diminuire la mia dignità di uomo bianco di-nanzi al povero negro. E sussurrai, con la gola stretta dalterrore:“No… Bubi… Non c'è niente di strano… Non nego chequel collo sia un po' esagerato… e anche quella testa…ma…”D'improvviso, la luce si fece viva nel mio cervello.“Il plesiosauro!” gridai. “È un plesiosauro! Ah! Ma allo-ra è un'altra cosa… sicuro… un rettile anfibio del perio-do siluriano… ma come diamine campa ancora?”Bubi non seppe rispondermi. Si era tappato gli occhi

54

“No… no… perché dovremmo fuggire? Per le tue scioc-chezze? Si sta tanto bene, qui… Sì, non dico… Il lagonon è molto adatto per i bagni… ma che cosa significaquesto? Siamo forse venuti a fare i bagni?”.Verso il tramonto dopo un'inutile caccia all'okapi nelfolto del bosco, noi tornavamo al baobab. Eravamo stan-chi morti e la fame ci attanagliava le viscere.Quand'ecco, proprio mentre costeggiavamo la riva dellaghetto, sorgere dalle acque un grosso muso di lucerto-la e poi un lunghissimo collo serpentino, che oscillò eschioccò nell'aria come una frusta gigantesca. Bubi, in-chiodato sul posto dal terrore, mugolava:“Vedi, padroncino? È il padrone del lago! Lo spirito ma-ligno!”Aveva ragione il povero Bubi, sì o no?Non volli diminuire la mia dignità di uomo bianco di-nanzi al povero negro. E sussurrai, con la gola stretta dalterrore:“No… Bubi… Non c'è niente di strano… Non nego chequel collo sia un po' esagerato… e anche quella testa…ma…”D'improvviso, la luce si fece viva nel mio cervello.“Il plesiosauro!” gridai. “È un plesiosauro! Ah! Ma allo-ra è un'altra cosa… sicuro… un rettile anfibio del perio-do siluriano… ma come diamine campa ancora?”Bubi non seppe rispondermi. Si era tappato gli occhi

54

con le mani e tremava visibilmente. Quell'angosciadell'uomo primitivo mi richiamò alla realtà della vita.Presi dolcemente per le spalle il mio servo e lo sospinsiverso il baobab, mentre gli mormoravo all'orecchio spie-gazioni scientifiche di nessuna utilità pratica per il suospirito vacuo.“Sì… un plesiosauro… un animale che visse alcune mi-gliaia di secoli or sono… e che ora dovrebbe essere spa-rito dalla faccia della terra… ma e per questo? C'è biso-gno di disperarsi? E se tu ti incontrassi con un bronto-sauro, con un atlantosauro, che erano animalacci alticome una casa a quattro piani? Oh! se mi dici che è unascoperta interessante, siamo d'accordo. Ma non c'è ra-gione di tremare e di gemere come tu fai. Forse questo èun avanzo di terreno secondario, scampato alle vicendegeologiche del pianeta. Non ti avvilire, figliuolo mio! Almondo, c'è di peggio. Ammetto anche che se questo ple-siosauro scappa di qui e comincia a far razza, chissà!con i coccodrilli, ci sarà da temere l'invasione di unanuova razza di rettili spaventosi. No, no; non bisognaesagerare nemmeno questo terrore. Se non è scappatofino adesso di qui, perché dovrebbe scappare domani?…Coraggio, Bubi: pensa che proprio al tuo padrone, a Mi-chele Orcagna, è spettato l'onore di veder vivo un ple-siosauro”.

55

con le mani e tremava visibilmente. Quell'angosciadell'uomo primitivo mi richiamò alla realtà della vita.Presi dolcemente per le spalle il mio servo e lo sospinsiverso il baobab, mentre gli mormoravo all'orecchio spie-gazioni scientifiche di nessuna utilità pratica per il suospirito vacuo.“Sì… un plesiosauro… un animale che visse alcune mi-gliaia di secoli or sono… e che ora dovrebbe essere spa-rito dalla faccia della terra… ma e per questo? C'è biso-gno di disperarsi? E se tu ti incontrassi con un bronto-sauro, con un atlantosauro, che erano animalacci alticome una casa a quattro piani? Oh! se mi dici che è unascoperta interessante, siamo d'accordo. Ma non c'è ra-gione di tremare e di gemere come tu fai. Forse questo èun avanzo di terreno secondario, scampato alle vicendegeologiche del pianeta. Non ti avvilire, figliuolo mio! Almondo, c'è di peggio. Ammetto anche che se questo ple-siosauro scappa di qui e comincia a far razza, chissà!con i coccodrilli, ci sarà da temere l'invasione di unanuova razza di rettili spaventosi. No, no; non bisognaesagerare nemmeno questo terrore. Se non è scappatofino adesso di qui, perché dovrebbe scappare domani?…Coraggio, Bubi: pensa che proprio al tuo padrone, a Mi-chele Orcagna, è spettato l'onore di veder vivo un ple-siosauro”.

55

…ecco sorgere dalle acque un grosso muso di lucertolae poi un lunghissimo collo serpentino…

56

…ecco sorgere dalle acque un grosso muso di lucertolae poi un lunghissimo collo serpentino…

56

Bubi non palesava nessun entusiasmo. Le mie parolenon arrivavano al suo cuore. Seguitava a crollare il capoe a mugolare. Pianse e sospirò tutta la notte. All'alba le-vai le amache e con immensa gioia di Bubi ripresi ilcammino verso il lago Tchad.A Tombuctu mi incontrai con un vecchio ebreo tedescocamuffato da mercante algerino. E poiché ero assillatodal desiderio di far denari, gli vendetti il segreto del ple-siosauro.“Potremo catturarlo…” gli dissi “e poi portarlo in giroper il mondo… sai… il fenomeno vivente… Anche amettere un'entrata di venti lire, siamo sicuri di incassaremiliardi”.All'ebreo piacque l'idea e così potei subito avere un'anti-cipazione di cento monete d'oro. Ci mettemmo subito inviaggio malgrado le proteste e i lamenti di Bubi, ma perquanto cercassimo nella foresta, non ci riuscì più di ri-trovare il laghetto misterioso!L'ebreo dopo un mese di ricerche inutili mi impose direstituirgli le cento monete d'oro.Gli offrii in cambio un pacchetto di sigarette Macedoniaalquanto ammuffite…

* * *

— Al mercante ebreo l'offerta del pacchetto di Macedo-nia piacque pochissimo. Forse anche perché egli fumavala pipa. In ogni modo egli ebbe la deplorevole idea di

57

Bubi non palesava nessun entusiasmo. Le mie parolenon arrivavano al suo cuore. Seguitava a crollare il capoe a mugolare. Pianse e sospirò tutta la notte. All'alba le-vai le amache e con immensa gioia di Bubi ripresi ilcammino verso il lago Tchad.A Tombuctu mi incontrai con un vecchio ebreo tedescocamuffato da mercante algerino. E poiché ero assillatodal desiderio di far denari, gli vendetti il segreto del ple-siosauro.“Potremo catturarlo…” gli dissi “e poi portarlo in giroper il mondo… sai… il fenomeno vivente… Anche amettere un'entrata di venti lire, siamo sicuri di incassaremiliardi”.All'ebreo piacque l'idea e così potei subito avere un'anti-cipazione di cento monete d'oro. Ci mettemmo subito inviaggio malgrado le proteste e i lamenti di Bubi, ma perquanto cercassimo nella foresta, non ci riuscì più di ri-trovare il laghetto misterioso!L'ebreo dopo un mese di ricerche inutili mi impose direstituirgli le cento monete d'oro.Gli offrii in cambio un pacchetto di sigarette Macedoniaalquanto ammuffite…

* * *

— Al mercante ebreo l'offerta del pacchetto di Macedo-nia piacque pochissimo. Forse anche perché egli fumavala pipa. In ogni modo egli ebbe la deplorevole idea di

57

amareggiarmi il soggiorno nella foresta equatoriale.Eravamo da poco ritornati da una delle solite inutili cac-ce agli elefanti e ci eravamo stesi nelle nostre amache,Bubi ed io, fra i rami di una gigantesca sequoia, comin-ciando a pregustare le delizie di una siesta, quando cisentimmo arrivare addosso una grandinata di sassi.Credendo che si trattasse di un improvviso assalto dellescimmie che popolavano i più alti rami degli alberi,brandii il fucile. Ma Bubi mi indicò il suolo del bosco,mormorando con la sua flemma abituale:“Padrone, non fate bum! inutilmente. Scimmie non get-tano mai sassi. Uomini, sì. Guardate lì sotto: ombrenere”.Guardai e vidi infatti alcune ombre umane che si curva-vano a terra frettolose per raccogliere le pietre e tirarlesu di noi. Sparai un colpo in aria, poi cominciai ad urla-re come uno spiritato. E una voce sottile, la vocedell'implacabile mercante ebreo scivolò di sotto i rami esalì fino a me, tra un sasso e l'altro.“Io sono Mohamed, il povero venditore di Algeri, che tuhai incontrato per sua sventura a Tombuctu…”“La finisci, sì o no, di lapidarmi? So bene che è un co-stume ebraico. Ma qui siamo nel centro dell'Africa…”“Desidero parlamentare con te” e la vocetta dell'ebreo sifece flebile e quasi supplichevole.“Parla. Che cosa vuoi?”

58

amareggiarmi il soggiorno nella foresta equatoriale.Eravamo da poco ritornati da una delle solite inutili cac-ce agli elefanti e ci eravamo stesi nelle nostre amache,Bubi ed io, fra i rami di una gigantesca sequoia, comin-ciando a pregustare le delizie di una siesta, quando cisentimmo arrivare addosso una grandinata di sassi.Credendo che si trattasse di un improvviso assalto dellescimmie che popolavano i più alti rami degli alberi,brandii il fucile. Ma Bubi mi indicò il suolo del bosco,mormorando con la sua flemma abituale:“Padrone, non fate bum! inutilmente. Scimmie non get-tano mai sassi. Uomini, sì. Guardate lì sotto: ombrenere”.Guardai e vidi infatti alcune ombre umane che si curva-vano a terra frettolose per raccogliere le pietre e tirarlesu di noi. Sparai un colpo in aria, poi cominciai ad urla-re come uno spiritato. E una voce sottile, la vocedell'implacabile mercante ebreo scivolò di sotto i rami esalì fino a me, tra un sasso e l'altro.“Io sono Mohamed, il povero venditore di Algeri, che tuhai incontrato per sua sventura a Tombuctu…”“La finisci, sì o no, di lapidarmi? So bene che è un co-stume ebraico. Ma qui siamo nel centro dell'Africa…”“Desidero parlamentare con te” e la vocetta dell'ebreo sifece flebile e quasi supplichevole.“Parla. Che cosa vuoi?”

58

“Non posso risponderti per ora. Non voglio avere que-stioni personali con te. Mi sono limitato a citarti pressoil tribunale del re Magongo…”“Non conosco questo re. D'altra parte t'avverto che nonammetto che i re costituzionali: io sono liberale di de-stra…”“Ma il re Magongo è il sovrano di queste terre” insistédolcemente l'ebreo. “È possente ed è giusto. Egli ti ac-coglierà con ogni riguardo”.“E se non volessi conoscerlo?”“Discendi, ti prego… Il re ti aspetta per il pranzo d'ono-re…”“Mi dispiace. La cucina di questi paesi mi produce lanausea. Sarà per un'altra volta…”“Discendi, buon italiano!…”“Ma se non volessi discendere?”“Sarebbe molto spiacevole per noi il dovere accendereun gran fuoco intorno al tronco del tuo albero…”Bubi mi sussurrò:“Non ostinarti, padrone. Scendiamo. Porta con te buonfucile, buone pistole, io buon coltello. Meglio fingereobbedienza”.“Potevi almeno aspettare che avessimo finito la siesta”brontolai caricandomi la cintura di cartucce “ma se tuconoscessi le regole della buona creanza non faresti il

59

“Non posso risponderti per ora. Non voglio avere que-stioni personali con te. Mi sono limitato a citarti pressoil tribunale del re Magongo…”“Non conosco questo re. D'altra parte t'avverto che nonammetto che i re costituzionali: io sono liberale di de-stra…”“Ma il re Magongo è il sovrano di queste terre” insistédolcemente l'ebreo. “È possente ed è giusto. Egli ti ac-coglierà con ogni riguardo”.“E se non volessi conoscerlo?”“Discendi, ti prego… Il re ti aspetta per il pranzo d'ono-re…”“Mi dispiace. La cucina di questi paesi mi produce lanausea. Sarà per un'altra volta…”“Discendi, buon italiano!…”“Ma se non volessi discendere?”“Sarebbe molto spiacevole per noi il dovere accendereun gran fuoco intorno al tronco del tuo albero…”Bubi mi sussurrò:“Non ostinarti, padrone. Scendiamo. Porta con te buonfucile, buone pistole, io buon coltello. Meglio fingereobbedienza”.“Potevi almeno aspettare che avessimo finito la siesta”brontolai caricandomi la cintura di cartucce “ma se tuconoscessi le regole della buona creanza non faresti il

59

finto mercante di tappeti algerini a Tombuctu… ti per-dono”.Scivolai fino a terra e mi trovai dinanzi il degno ebreoche sogghignava per la estrema soddisfazione.“Andiamo, buon italiano… la strada non è lunga… epoi, siamo ben guardati”.Tra il folto delle ramaglie vidi scaturire alcune mascherenere, su le quali biancheggiava un riso bestiale. Bubi midette nel gomito, per consigliarmi ancora, tacitamente,la prudenza.“Vi ringrazio del gentile pensiero, mio caro Salomone”dissi un po' a denti stretti. “Anche la scorta d'onore?…Ma io vi ricompenserò a dovere non dubitate!”“Andiamo?”I negri si mossero aprendoci con le zagaglie il sentierodel bosco, e noi movemmo i passi dietro di loro.Il dispetto mi soffocava e avrei volentieri appiccicatoall'ebreo tedesco alcuni schiaffi; ma mi trattenni per nondar dispiacere a Bubi che mi raccomandava con gli oc-chi la calma e la moderazione.

* * *

— Prima dell'imbrunire giungemmo a un villaggio dipoche capanne, sulle rive di un fiumiciattolo. Subitofummo introdotti nella capanna più vasta, dove il granre Magongo, un vecchio negro affetto da idropisia, ci at-

60

finto mercante di tappeti algerini a Tombuctu… ti per-dono”.Scivolai fino a terra e mi trovai dinanzi il degno ebreoche sogghignava per la estrema soddisfazione.“Andiamo, buon italiano… la strada non è lunga… epoi, siamo ben guardati”.Tra il folto delle ramaglie vidi scaturire alcune mascherenere, su le quali biancheggiava un riso bestiale. Bubi midette nel gomito, per consigliarmi ancora, tacitamente,la prudenza.“Vi ringrazio del gentile pensiero, mio caro Salomone”dissi un po' a denti stretti. “Anche la scorta d'onore?…Ma io vi ricompenserò a dovere non dubitate!”“Andiamo?”I negri si mossero aprendoci con le zagaglie il sentierodel bosco, e noi movemmo i passi dietro di loro.Il dispetto mi soffocava e avrei volentieri appiccicatoall'ebreo tedesco alcuni schiaffi; ma mi trattenni per nondar dispiacere a Bubi che mi raccomandava con gli oc-chi la calma e la moderazione.

* * *

— Prima dell'imbrunire giungemmo a un villaggio dipoche capanne, sulle rive di un fiumiciattolo. Subitofummo introdotti nella capanna più vasta, dove il granre Magongo, un vecchio negro affetto da idropisia, ci at-

60

tendeva con la sua corte, composta di uno stregone, didue guerrieri irti di denti di rinoceronte, e di due donneorribilmente obese.Non vi descriverò minutamente il re Magongo. Certeosservazioni di carattere etnografico saranno un giornoraccolte in un grosso volume che pubblicherò alla finedei miei viaggi e che dedicherò all'on. Giovanni Gentile.Basti dirvi che il re Magongo portava in capo una gigan-tesca scatola di conserva di pomodoro e vestiva un me-raviglioso manto fatto di vecchi giornali europei illu-strati a colori. I familiari del monarca erano tutti abbi-gliati con questo sistema bizzarro ed economico; soloavevano in più alcuni ornamenti vari, fatti di scatole disardine usate, di bicchieri rotti, di gusci di tartarughe edi zucche disseccate.Non mi dilungo di più per non cadere nella prolissitàtanto rimproverata ai narratori di avventure africane.Appena mi vide il re Magongo abbozzò una specie disorriso, e mi indicò una stuoia perché mi sedessi.“Vuoi accettare il giudizio del mio tribunale?” domandòil monarca negro in un francese spaventevole “io ti pro-metto giustizia. Dopo ceneremo insieme e faremo fe-sta”.“Io non ho chiesto nessun giudizio” dichiarai “è questonoioso ebreo che vuole ad ogni costo litigare con me…non so bene su quale argomento…”“Sì che lo sai, buon italiano” interruppe il falso mercan-

61

tendeva con la sua corte, composta di uno stregone, didue guerrieri irti di denti di rinoceronte, e di due donneorribilmente obese.Non vi descriverò minutamente il re Magongo. Certeosservazioni di carattere etnografico saranno un giornoraccolte in un grosso volume che pubblicherò alla finedei miei viaggi e che dedicherò all'on. Giovanni Gentile.Basti dirvi che il re Magongo portava in capo una gigan-tesca scatola di conserva di pomodoro e vestiva un me-raviglioso manto fatto di vecchi giornali europei illu-strati a colori. I familiari del monarca erano tutti abbi-gliati con questo sistema bizzarro ed economico; soloavevano in più alcuni ornamenti vari, fatti di scatole disardine usate, di bicchieri rotti, di gusci di tartarughe edi zucche disseccate.Non mi dilungo di più per non cadere nella prolissitàtanto rimproverata ai narratori di avventure africane.Appena mi vide il re Magongo abbozzò una specie disorriso, e mi indicò una stuoia perché mi sedessi.“Vuoi accettare il giudizio del mio tribunale?” domandòil monarca negro in un francese spaventevole “io ti pro-metto giustizia. Dopo ceneremo insieme e faremo fe-sta”.“Io non ho chiesto nessun giudizio” dichiarai “è questonoioso ebreo che vuole ad ogni costo litigare con me…non so bene su quale argomento…”“Sì che lo sai, buon italiano” interruppe il falso mercan-

61

te algerino. “Tu mi hai promesso il plesiosauro”.“Ebbene?”“Ebbene, hai mancato alla tua parola. Hai ingannato ilpovero mercante che logora la sua vita nel lavoro, e glihai fatto sborsare cento monete d'oro, tutto il poco dana-ro accumulato in trent'anni di fatiche e di stenti… L'haicondotto fin qui, e poi l'hai burlato. Forse perché siamosotto l'equatore debbono restare impuniti certi delitti?La giustizia divina può svolgersi in ogni luogo. Tu sorri-di perché sei un infedele. Ma io ti giuro per Allah…”“Perché invochi un dio che non è il tuo?” gridai furibon-do “io non ti debbo nessuna spiegazione. Mi fai schi-fo…”“Almeno, rendimi le cento monete…” sussurrò l'ebreoun po' intimidito.“Tu mi devi mille napoleoni per avermi disturbato neimiei studi e avermi intentato una lite temeraria. Ma nonvoglio mostrarmi più esoso di te: mi contenterò di cin-quecento napoleoni…”.Magongo che, per ascoltare e meditare meglio i nostridiscorsi, si era sdraiato sopra una stuoia, cominciava adappisolarsi.Il mercante volse l'occhio volpino al re:“Re dell'Ubanghi! gran re!” disse disperatamente “tudevi decidere… a te spetta il giudizio!… io voglio lemie cento monete da questo onorabilissimo viaggiatore,

62

te algerino. “Tu mi hai promesso il plesiosauro”.“Ebbene?”“Ebbene, hai mancato alla tua parola. Hai ingannato ilpovero mercante che logora la sua vita nel lavoro, e glihai fatto sborsare cento monete d'oro, tutto il poco dana-ro accumulato in trent'anni di fatiche e di stenti… L'haicondotto fin qui, e poi l'hai burlato. Forse perché siamosotto l'equatore debbono restare impuniti certi delitti?La giustizia divina può svolgersi in ogni luogo. Tu sorri-di perché sei un infedele. Ma io ti giuro per Allah…”“Perché invochi un dio che non è il tuo?” gridai furibon-do “io non ti debbo nessuna spiegazione. Mi fai schi-fo…”“Almeno, rendimi le cento monete…” sussurrò l'ebreoun po' intimidito.“Tu mi devi mille napoleoni per avermi disturbato neimiei studi e avermi intentato una lite temeraria. Ma nonvoglio mostrarmi più esoso di te: mi contenterò di cin-quecento napoleoni…”.Magongo che, per ascoltare e meditare meglio i nostridiscorsi, si era sdraiato sopra una stuoia, cominciava adappisolarsi.Il mercante volse l'occhio volpino al re:“Re dell'Ubanghi! gran re!” disse disperatamente “tudevi decidere… a te spetta il giudizio!… io voglio lemie cento monete da questo onorabilissimo viaggiatore,

62

oppure la consegna del plesiosauro!”Il re Magongo si scosse un poco.“Il plesiosauro?” ripeté con voce fatta rauca dal sonno“ma che rob'è questo plesiosauro?”“Un animale immenso, maestà, che dovrebbe vivere inun certo laghetto… Io avrei preso l'animale e l'avrei por-tato in giro nelle fiere guadagnandomi onoratamente untozzo di pane. In Europa c'è molta curiosità per certesciocchezze. Un tale ha fatto fortuna con una vecchiafoca che giocava alle bocce. Una ragazza tedesca, unacerta Teresina, ha guadagnato tesori mostrando le suegambe che misuravano due metri di circonferenza. Iovolevo tentare di strappar la vita col plesiosauro. Maquesto buon italiano, che rispetto e onoro, mi ha truffa-to. Mi ha preso cento monete d'oro con la scusa di ce-dermi l'animale straordinario e poi si è beffato del mise-ro venditore algerino…”.Il re Magongo udì questa lamentosa storia? Non credo.Fatto è che quando l'ebreo ebbe finito, Magongo emiseun grande sbadiglio e si addormentò: né ci fu più possi-bile di svegliarlo.Ci rassegnammo a rimandare al giorno dopo il seguitodella lite: e intanto accettammo la cena che i familiaridel re ci servirono su le stuoie. Non mi chiedete, viscongiuro, come fosse composta quella cena. Accenneròsolo che v'era di tutto: uova di formiche, cavallette arro-sto, scorpioni in umido, frittelle di fango: di tutto, eccet-

63

oppure la consegna del plesiosauro!”Il re Magongo si scosse un poco.“Il plesiosauro?” ripeté con voce fatta rauca dal sonno“ma che rob'è questo plesiosauro?”“Un animale immenso, maestà, che dovrebbe vivere inun certo laghetto… Io avrei preso l'animale e l'avrei por-tato in giro nelle fiere guadagnandomi onoratamente untozzo di pane. In Europa c'è molta curiosità per certesciocchezze. Un tale ha fatto fortuna con una vecchiafoca che giocava alle bocce. Una ragazza tedesca, unacerta Teresina, ha guadagnato tesori mostrando le suegambe che misuravano due metri di circonferenza. Iovolevo tentare di strappar la vita col plesiosauro. Maquesto buon italiano, che rispetto e onoro, mi ha truffa-to. Mi ha preso cento monete d'oro con la scusa di ce-dermi l'animale straordinario e poi si è beffato del mise-ro venditore algerino…”.Il re Magongo udì questa lamentosa storia? Non credo.Fatto è che quando l'ebreo ebbe finito, Magongo emiseun grande sbadiglio e si addormentò: né ci fu più possi-bile di svegliarlo.Ci rassegnammo a rimandare al giorno dopo il seguitodella lite: e intanto accettammo la cena che i familiaridel re ci servirono su le stuoie. Non mi chiedete, viscongiuro, come fosse composta quella cena. Accenneròsolo che v'era di tutto: uova di formiche, cavallette arro-sto, scorpioni in umido, frittelle di fango: di tutto, eccet-

63

to che un semplice indizio di roba commestibile. Nono-stante, Bubi si ingozzò di uova di formiche e quel male-detto ebreo, tanto per non buttar via niente, piluccò lefrittelle di fango e gli scorpioni.Poi dormimmo alla meglio, sulle stuoie popolate di in-setti.

* * *

— La mattina dopo, a brùzzico, il gran re Magongo cidestò con un grido terribile.“È vero! I cattivi geni del lago! li ho sognati questa not-te. È necessario liberare il paese dai mostri che chiedonovittime ad ogni calar di luna! Ma in qual modo?”“Anche tu, sai?…” chiesi al re Magongo che per lacommozione pareva più gonfio e più idropico del solito“sai dei mostri?”“Sì… nel lago rosso… Hanno il collo simile a un ser-pente… Ho paura! Bisogna chiamare Popò lostregone!..”“Hai visto, noiosissimo ebreo?” dissi, volgendomi alfalso Mohamed, che pareva alquanto confuso “hai vistoche non ti ho ingannato?”“Rispettabile italiano, tu dammi il plesiosauro ed io tibacerò le scarpe…”“Paga i cinquecento napoleoni!”

64

to che un semplice indizio di roba commestibile. Nono-stante, Bubi si ingozzò di uova di formiche e quel male-detto ebreo, tanto per non buttar via niente, piluccò lefrittelle di fango e gli scorpioni.Poi dormimmo alla meglio, sulle stuoie popolate di in-setti.

* * *

— La mattina dopo, a brùzzico, il gran re Magongo cidestò con un grido terribile.“È vero! I cattivi geni del lago! li ho sognati questa not-te. È necessario liberare il paese dai mostri che chiedonovittime ad ogni calar di luna! Ma in qual modo?”“Anche tu, sai?…” chiesi al re Magongo che per lacommozione pareva più gonfio e più idropico del solito“sai dei mostri?”“Sì… nel lago rosso… Hanno il collo simile a un ser-pente… Ho paura! Bisogna chiamare Popò lostregone!..”“Hai visto, noiosissimo ebreo?” dissi, volgendomi alfalso Mohamed, che pareva alquanto confuso “hai vistoche non ti ho ingannato?”“Rispettabile italiano, tu dammi il plesiosauro ed io tibacerò le scarpe…”“Paga i cinquecento napoleoni!”

64

“Tu vuoi rovinarmi!”“O cinquecento napoleoni, o niente plesiosauro”.L'ebreo aveva le lacrime agli occhi:“Ebbene” sussurrò “se tu mi darai l'animale, io vedrò dirimediare la somma…”.Pregai il re Magongo di cederci qualche ora lo stregonePopò per guidarci fino al laghetto. Lo stregone Popò,tremante di paura, acconsentì a indicarci la via fino auna svolta del fiume: ma poi ci consigliò di tornare in-dietro: e fu solo dopo che lo ebbi minacciato di fucila-zione provvisoria che egli acconsentì a muovere qualchealtro passo, sotto certe rupi che si innalzavano a piccofra la foresta e il corso d'acqua.“Andate… fino al livello del fiume…” ci disse Popòbattendo i denti e schiumando per l'orrore “troveretel'imboccatura di una grotta… di lì passerete più facil-mente fino alle rive del lago maledetto… Io non pos-so… non posso… ho già rischiato due volte la vita…Ho invocato tutte le forze della foresta, del cielo, dellaterra, ma è stato inutile… Voi morirete certamente, in-cauti stranieri… Ma in ogni modo, meglio voi cheio…”.E cadde fra le erbe, rotolandosi e piangendo come unbambino. Tanta vigliaccheria mi commosse profonda-mente. Presi a calci l'infelice stregone e lo obbligai arialzarsi. Poi, con altre pedate non meno vigorose, lospinsi su la via del villaggio.

65

“Tu vuoi rovinarmi!”“O cinquecento napoleoni, o niente plesiosauro”.L'ebreo aveva le lacrime agli occhi:“Ebbene” sussurrò “se tu mi darai l'animale, io vedrò dirimediare la somma…”.Pregai il re Magongo di cederci qualche ora lo stregonePopò per guidarci fino al laghetto. Lo stregone Popò,tremante di paura, acconsentì a indicarci la via fino auna svolta del fiume: ma poi ci consigliò di tornare in-dietro: e fu solo dopo che lo ebbi minacciato di fucila-zione provvisoria che egli acconsentì a muovere qualchealtro passo, sotto certe rupi che si innalzavano a piccofra la foresta e il corso d'acqua.“Andate… fino al livello del fiume…” ci disse Popòbattendo i denti e schiumando per l'orrore “troveretel'imboccatura di una grotta… di lì passerete più facil-mente fino alle rive del lago maledetto… Io non pos-so… non posso… ho già rischiato due volte la vita…Ho invocato tutte le forze della foresta, del cielo, dellaterra, ma è stato inutile… Voi morirete certamente, in-cauti stranieri… Ma in ogni modo, meglio voi cheio…”.E cadde fra le erbe, rotolandosi e piangendo come unbambino. Tanta vigliaccheria mi commosse profonda-mente. Presi a calci l'infelice stregone e lo obbligai arialzarsi. Poi, con altre pedate non meno vigorose, lospinsi su la via del villaggio.

65

“E voi,” domandai a Bubi e al finto Mohamed “avetepaura?”“Sì!” risposero risolutamente i due uomini. “Allora,aspettatemi qui”.E io solo mi avventurai nella grotta che dopo brevecammino divenne ampia ed altissima.Avevo fatto due o trecento passi nella penombra, quan-do vidi sorgere improvvisamente dinanzi a me qualchecosa di immenso, di bizzarro, di inconcepibile. Una be-stia orrida e gigantesca, che riempiva tutta la cavità del-la grotta…Possibile che in quel luogo vivessero ancora i mostriapocalittici delle prime età? Quello era un sauriano, sen-za alcun dubbio: un atlantosauro, un rettile lungo alme-no trentacinque metri, alto dieci o dodici, un colosso ter-ribile e ripugnante.“Bisognerà tornare in questo luogo con una preparazio-ne migliore” pensai, risoluto a battere in ritirata.Proprio in quel punto, udii un gemito sommesso, e misentii prendere le mani da due altre mani fredde e nervo-se.Due occhi fosforescenti mi fissavano nell'oscurità!Gli occhi di Crostino!

66

“E voi,” domandai a Bubi e al finto Mohamed “avetepaura?”“Sì!” risposero risolutamente i due uomini. “Allora,aspettatemi qui”.E io solo mi avventurai nella grotta che dopo brevecammino divenne ampia ed altissima.Avevo fatto due o trecento passi nella penombra, quan-do vidi sorgere improvvisamente dinanzi a me qualchecosa di immenso, di bizzarro, di inconcepibile. Una be-stia orrida e gigantesca, che riempiva tutta la cavità del-la grotta…Possibile che in quel luogo vivessero ancora i mostriapocalittici delle prime età? Quello era un sauriano, sen-za alcun dubbio: un atlantosauro, un rettile lungo alme-no trentacinque metri, alto dieci o dodici, un colosso ter-ribile e ripugnante.“Bisognerà tornare in questo luogo con una preparazio-ne migliore” pensai, risoluto a battere in ritirata.Proprio in quel punto, udii un gemito sommesso, e misentii prendere le mani da due altre mani fredde e nervo-se.Due occhi fosforescenti mi fissavano nell'oscurità!Gli occhi di Crostino!

66

VLA STORIA DI CROSTINO

A questo punto don Lorenzo dopo aver bevuto un granbicchiere di vino in onore di Michele Orcagna volle fareuna piccola dichiarazione formale per mettere a posto lapropria coscienza.— L'illustre viaggiatore che ci ha narrato or ora la storiadella scoperta di un plesiosauro, nientemeno, e di unbrontosauro, è uomo la cui fede non può essere messa indubbio. Tuttavia… le Sacre Scritture… non accennanoaffatto alla possibilità di una creazione di mostri antece-dente agli animali che vissero col primo uomo e che,come sapete, scamparono con lui dal Diluvio. Senza vo-ler negare le scoperte della scienza geologica e paleon-tologica, io, come uomo di religione, debbo necessaria-mente confinarle nel limite delle supposizioni o dellededuzioni arrischiate. Per noi sacerdoti la teoria delleevoluzioni è un blasfema. Ora… non se ne abbia a malel'illustre e intrepido signor Michele Orcagna! Ma… for-se… egli… nella commozione, nella confusione suscita-te dal pericolo… avrà scambiato… che so io… il corpodi un serpente boa per il collo del cosidetto plesiosau-ro… o una gigantesca giraffa con l'altro… animale favo-loso… come si chiama?… l'atlantosauro…Tutti si aspettavano che Michele Orcagna desse in

67

VLA STORIA DI CROSTINO

A questo punto don Lorenzo dopo aver bevuto un granbicchiere di vino in onore di Michele Orcagna volle fareuna piccola dichiarazione formale per mettere a posto lapropria coscienza.— L'illustre viaggiatore che ci ha narrato or ora la storiadella scoperta di un plesiosauro, nientemeno, e di unbrontosauro, è uomo la cui fede non può essere messa indubbio. Tuttavia… le Sacre Scritture… non accennanoaffatto alla possibilità di una creazione di mostri antece-dente agli animali che vissero col primo uomo e che,come sapete, scamparono con lui dal Diluvio. Senza vo-ler negare le scoperte della scienza geologica e paleon-tologica, io, come uomo di religione, debbo necessaria-mente confinarle nel limite delle supposizioni o dellededuzioni arrischiate. Per noi sacerdoti la teoria delleevoluzioni è un blasfema. Ora… non se ne abbia a malel'illustre e intrepido signor Michele Orcagna! Ma… for-se… egli… nella commozione, nella confusione suscita-te dal pericolo… avrà scambiato… che so io… il corpodi un serpente boa per il collo del cosidetto plesiosau-ro… o una gigantesca giraffa con l'altro… animale favo-loso… come si chiama?… l'atlantosauro…Tutti si aspettavano che Michele Orcagna desse in

67

escandescenze. Lo stesso don Lorenzo, mentre parlava,sentiva una voce intima che lo ammoniva:— Ora ti arriverà una bottiglia nella testa, ché con queldiavolo non si scherza!Invece niente.Michele Orcagna si limitò a chiamare a sé Crostino, a li-sciargli un poco la schiena vellosa, sussurrandogli qual-che parola confidenziale:— Hai sentito, eh? mettono in dubbio le mie parole… setu sapessi parlare, la storia del tuo salvamento potrestifarla molto meglio di me… e mi serviresti da testimo-ne…Romeo Gualandi, ispirato da alcune occhiate della si-gnora Flavia, intervenne per rimediare alla malefatta delparroco.— No, caro Michele… don Lorenzo non vuol dire pre-cisamente che… vedi… egli è un sacerdote, devi com-prendere… ma…Michele Orcagna sbottò in una delle sue fragorose risa-te.— Ma che importa! So ben io il modo di convinceredon Lorenzo! La prova fa credere i ciechi…Don Lorenzo interruppe flebilmente:— Io non ho affatto dubitato delle sue parole… Dioguardi! Se mai, ho accennato alla probabilità che i suoi

68

escandescenze. Lo stesso don Lorenzo, mentre parlava,sentiva una voce intima che lo ammoniva:— Ora ti arriverà una bottiglia nella testa, ché con queldiavolo non si scherza!Invece niente.Michele Orcagna si limitò a chiamare a sé Crostino, a li-sciargli un poco la schiena vellosa, sussurrandogli qual-che parola confidenziale:— Hai sentito, eh? mettono in dubbio le mie parole… setu sapessi parlare, la storia del tuo salvamento potrestifarla molto meglio di me… e mi serviresti da testimo-ne…Romeo Gualandi, ispirato da alcune occhiate della si-gnora Flavia, intervenne per rimediare alla malefatta delparroco.— No, caro Michele… don Lorenzo non vuol dire pre-cisamente che… vedi… egli è un sacerdote, devi com-prendere… ma…Michele Orcagna sbottò in una delle sue fragorose risa-te.— Ma che importa! So ben io il modo di convinceredon Lorenzo! La prova fa credere i ciechi…Don Lorenzo interruppe flebilmente:— Io non ho affatto dubitato delle sue parole… Dioguardi! Se mai, ho accennato alla probabilità che i suoi

68

nervi, troppo tesi nelle difficili prove così valorosamen-te superate…

* * *

— Che ore sono? – disse Michele, guardando l'orologioe seguitando a ridere. – Le una… benissimo! In un quar-to d'ora vi racconto anche la storia di Crostino… poi an-dremo a letto… riposeremo tranquilli e domani… chisa! avremo dimenticato i mostri dell'età secondaria. Maqualche cosa, fra non molto ve li ricorderà… e alloradon Lorenzo ai capitoli della fede dovrà aggiungere an-che questo… eh! eh! Sicuro. Crostino, vattene. Bubiconduci a dormire questo brigante. Dunque, come dissidianzi, io mi trovai nella caverna che precedeva il la-ghetto, dove avevo veduto il plesiosauro… o il boa,come vorrebbe don Lorenzo, a tu per tu con un atlanto-sauro lungo almeno, dalla punta del muso alla coda,trenta o trentacinque metri. Ma tra me e l'orribile rettileun'ombra si drizzò improvvisa: quella di Crostino. Il po-vero figliuolo, come seppi dopo, era fuggito dal nido fa-miliare, forse per sfuggire a qualche punizione paterna,ed era venuto a baloccarsi nella grotta. Anche Crostino– questo nome gliel'ho messo naturalmente io più tardi,per ironia – anche Crostino dunque, s'era veduto appari-re dinanzi, a un tratto, il tremendo abitatore dell'antro.Crostino è astuto e anche forte, ma è vile. Avrebbe potu-to fuggire e non vi riuscì. Il terrore lo teneva inchiodatoal suolo. Ecco perché, indietreggiando per uscire dalla

69

nervi, troppo tesi nelle difficili prove così valorosamen-te superate…

* * *

— Che ore sono? – disse Michele, guardando l'orologioe seguitando a ridere. – Le una… benissimo! In un quar-to d'ora vi racconto anche la storia di Crostino… poi an-dremo a letto… riposeremo tranquilli e domani… chisa! avremo dimenticato i mostri dell'età secondaria. Maqualche cosa, fra non molto ve li ricorderà… e alloradon Lorenzo ai capitoli della fede dovrà aggiungere an-che questo… eh! eh! Sicuro. Crostino, vattene. Bubiconduci a dormire questo brigante. Dunque, come dissidianzi, io mi trovai nella caverna che precedeva il la-ghetto, dove avevo veduto il plesiosauro… o il boa,come vorrebbe don Lorenzo, a tu per tu con un atlanto-sauro lungo almeno, dalla punta del muso alla coda,trenta o trentacinque metri. Ma tra me e l'orribile rettileun'ombra si drizzò improvvisa: quella di Crostino. Il po-vero figliuolo, come seppi dopo, era fuggito dal nido fa-miliare, forse per sfuggire a qualche punizione paterna,ed era venuto a baloccarsi nella grotta. Anche Crostino– questo nome gliel'ho messo naturalmente io più tardi,per ironia – anche Crostino dunque, s'era veduto appari-re dinanzi, a un tratto, il tremendo abitatore dell'antro.Crostino è astuto e anche forte, ma è vile. Avrebbe potu-to fuggire e non vi riuscì. Il terrore lo teneva inchiodatoal suolo. Ecco perché, indietreggiando per uscire dalla

69

caverna, incontrai il piccolo gorilla che subito mi tese lemani, come a un amico. Egli sperò che io lo avrei pro-tetto dalla minaccia orrenda di quel mostro immane. Ca-pirete… tra scimmia e uomo… c'è una specie di paren-tela… Insomma, Crostino, nel porgermi le sue estremitàanteriori, mi affidò in certo modo il compito di salvar-lo… Mentre pensavo a trascinar meco quel monellomezzo morto di paura mi accorsi, con spiegabile inquie-tudine, che l'atlantosauro dopo aver sfiorato con la mi-nuscola testa la vòlta della grotta, dirigeva il collo inter-minabile verso di noi… Lì per lì, confuso e commossoanch'io, come bene ha detto il nostro don Lorenzo, nonseppi compiere l'unico atto possibile: quello di balzareverso l'uscita della caverna. Mi appigliai invece al parti-to peggiore. Mi tolsi di spalla il fucile e sparai uno, duecolpi. L'atlantosauro sussultò: vidi il suo corpo gigante-sco scuotersi, e la vasta pelle rugosa incresparsi in pic-cole ondate; superando l'orrore e l'inspiegabile esitazio-ne, volsi le spalle per fuggire: ma troppo tardi, perché ilrettile con una mossa rapidissima aveva girato intornoalle pareti della grotta tagliandomi la via dell'uscita!A questo punto pensai che ero un solenne imbecille.Perché non proseguire la corsa davanti a me? Se la grot-ta conduceva al lago io avrei potuto salvarmi ugualmen-te. Presi per un braccio Crostino, che mugolava e digri-gnava i denti in modo disgustoso, e mi spinsi risoluta-mente verso la parte più tenebrosa del sotterraneo.Quanto durò quel viaggio? Non saprei dirvelo. Forsepochi minuti. Forse un'ora. Ero nelle tenebre folte e non

70

caverna, incontrai il piccolo gorilla che subito mi tese lemani, come a un amico. Egli sperò che io lo avrei pro-tetto dalla minaccia orrenda di quel mostro immane. Ca-pirete… tra scimmia e uomo… c'è una specie di paren-tela… Insomma, Crostino, nel porgermi le sue estremitàanteriori, mi affidò in certo modo il compito di salvar-lo… Mentre pensavo a trascinar meco quel monellomezzo morto di paura mi accorsi, con spiegabile inquie-tudine, che l'atlantosauro dopo aver sfiorato con la mi-nuscola testa la vòlta della grotta, dirigeva il collo inter-minabile verso di noi… Lì per lì, confuso e commossoanch'io, come bene ha detto il nostro don Lorenzo, nonseppi compiere l'unico atto possibile: quello di balzareverso l'uscita della caverna. Mi appigliai invece al parti-to peggiore. Mi tolsi di spalla il fucile e sparai uno, duecolpi. L'atlantosauro sussultò: vidi il suo corpo gigante-sco scuotersi, e la vasta pelle rugosa incresparsi in pic-cole ondate; superando l'orrore e l'inspiegabile esitazio-ne, volsi le spalle per fuggire: ma troppo tardi, perché ilrettile con una mossa rapidissima aveva girato intornoalle pareti della grotta tagliandomi la via dell'uscita!A questo punto pensai che ero un solenne imbecille.Perché non proseguire la corsa davanti a me? Se la grot-ta conduceva al lago io avrei potuto salvarmi ugualmen-te. Presi per un braccio Crostino, che mugolava e digri-gnava i denti in modo disgustoso, e mi spinsi risoluta-mente verso la parte più tenebrosa del sotterraneo.Quanto durò quel viaggio? Non saprei dirvelo. Forsepochi minuti. Forse un'ora. Ero nelle tenebre folte e non

70

capivo più niente: sentivo un intollerabile zufolìo nelleorecchie e mi pareva, tratto tratto, che l'alito caldodell'atlantosauro soffiasse nel mio collo… Vi assicuroche un altro, al mio posto, avrebbe provato il mio stessosgomento. Alla fine, ecco un po' di chiarore. La galleriasi allarga, si illumina. Una svolta, ed eccoci, ansanti, sfi-niti, dinanzi allo spiazzo di rocce rossastre nel cui centroocchieggiava il piccolo lago. Ma proprio in quel puntodel lago un altro mostro stillante acqua usciva e muove-va verso di noi: il plesiosauro!…

* * *

— Certo il lurido animalaccio ci aveva veduti, perché ilsuo collo serpentiforme si allungava nella nostra dire-zione e le grandi pupille vitree, circondate di una speciedi aureola ossea, si fissavano su noi con espressione in-descrivibile di stupida ferocia.“Ora è finita davvero!” pensai.Ma intanto giravo gli occhi intorno a me nell'assurdasperanza di trovare una qualsiasi difesa o un rifugio.Proprio all'entrata del sotterraneo, all'altezza di unuomo, si apriva un crepaccio… Crostino, che seguivaansioso i miei atti vide anch'esso il crepaccio. Con unsalto meraviglioso, vi giunse: ma non seppe tenersibene, e cadde. Io mi ero già arrampicato su la parete diroccia; vidi rotolare il piccolo gorilla, e nel tempo stessosopraggiungere, soffiando e ruggendo, l'atlantosauro…ebbi un'ispirazione: tesi il fucile a Crostino, questi vi si

71

capivo più niente: sentivo un intollerabile zufolìo nelleorecchie e mi pareva, tratto tratto, che l'alito caldodell'atlantosauro soffiasse nel mio collo… Vi assicuroche un altro, al mio posto, avrebbe provato il mio stessosgomento. Alla fine, ecco un po' di chiarore. La galleriasi allarga, si illumina. Una svolta, ed eccoci, ansanti, sfi-niti, dinanzi allo spiazzo di rocce rossastre nel cui centroocchieggiava il piccolo lago. Ma proprio in quel puntodel lago un altro mostro stillante acqua usciva e muove-va verso di noi: il plesiosauro!…

* * *

— Certo il lurido animalaccio ci aveva veduti, perché ilsuo collo serpentiforme si allungava nella nostra dire-zione e le grandi pupille vitree, circondate di una speciedi aureola ossea, si fissavano su noi con espressione in-descrivibile di stupida ferocia.“Ora è finita davvero!” pensai.Ma intanto giravo gli occhi intorno a me nell'assurdasperanza di trovare una qualsiasi difesa o un rifugio.Proprio all'entrata del sotterraneo, all'altezza di unuomo, si apriva un crepaccio… Crostino, che seguivaansioso i miei atti vide anch'esso il crepaccio. Con unsalto meraviglioso, vi giunse: ma non seppe tenersibene, e cadde. Io mi ero già arrampicato su la parete diroccia; vidi rotolare il piccolo gorilla, e nel tempo stessosopraggiungere, soffiando e ruggendo, l'atlantosauro…ebbi un'ispirazione: tesi il fucile a Crostino, questi vi si

71

attaccò disperatamente; allora, raccogliendo le mie for-ze, trassi a me il povero animale… Fu una cosa rapidis-sima: ma a me parve enormemente lunga.L'atlantosauro sfiorò col sottile muso equino la schienadel gorilla.Intanto il plesiosauro avanzava… I due grugni si scon-trarono. Fu un cozzo singolare. I due bruti stupiti rima-sero un certo tempo, muso contro muso, a fissarsi scioc-camente. Noi potevamo adesso contemplare la scenacon qualche serenità. Perché evidentemente le due orri-de bestie antidiluviane ci avevano già dimenticati. Illoro pigro cervello minuscolo non doveva suggerire chemovimenti primordiali e istintivi. Si erano urtati il gru-gno: questo fatto era bastato per fermare ogni loro mo-vimento: adesso si guardavano ma probabilmente aspet-tavano che il centro della loro sensibilità ricevesse dalcurioso incidente una qualsiasi impressione di terrore odi rabbia.Io approfittai della tregua per scaricare cinque o sei vol-te il mio fucile su quei corpi abominevoli: e questo forseaccelerò la battaglia. Il plesiosauro, forse colpito doloro-samente al collo, avventò un morso feroce al musodell'atlantosauro. Questi si drizzò un poco su le zampeposteriori a modo del kanguro, e si precipitò su l'avver-sario con tutto il peso della sua massa enorme. Il plesio-sauro sparì sotto il corpo dell'atlantosauro, ma di lì apoco vidi scaturire il suo collo flessuoso di sotto il ven-tre del rettile gigantesco e quel collo orribile era rosso di

72

attaccò disperatamente; allora, raccogliendo le mie for-ze, trassi a me il povero animale… Fu una cosa rapidis-sima: ma a me parve enormemente lunga.L'atlantosauro sfiorò col sottile muso equino la schienadel gorilla.Intanto il plesiosauro avanzava… I due grugni si scon-trarono. Fu un cozzo singolare. I due bruti stupiti rima-sero un certo tempo, muso contro muso, a fissarsi scioc-camente. Noi potevamo adesso contemplare la scenacon qualche serenità. Perché evidentemente le due orri-de bestie antidiluviane ci avevano già dimenticati. Illoro pigro cervello minuscolo non doveva suggerire chemovimenti primordiali e istintivi. Si erano urtati il gru-gno: questo fatto era bastato per fermare ogni loro mo-vimento: adesso si guardavano ma probabilmente aspet-tavano che il centro della loro sensibilità ricevesse dalcurioso incidente una qualsiasi impressione di terrore odi rabbia.Io approfittai della tregua per scaricare cinque o sei vol-te il mio fucile su quei corpi abominevoli: e questo forseaccelerò la battaglia. Il plesiosauro, forse colpito doloro-samente al collo, avventò un morso feroce al musodell'atlantosauro. Questi si drizzò un poco su le zampeposteriori a modo del kanguro, e si precipitò su l'avver-sario con tutto il peso della sua massa enorme. Il plesio-sauro sparì sotto il corpo dell'atlantosauro, ma di lì apoco vidi scaturire il suo collo flessuoso di sotto il ven-tre del rettile gigantesco e quel collo orribile era rosso di

72

sangue. Fu una lotta silenziosa, atroce, lunghissima.Alla forza prepotente dell'atlantosauro il plesiosauro op-poneva la sua agilità e la sua vigoria nell'attacco. Egliriusciva a mordere più profondamente e più lungamenteil corpo del nemico. Questa odiosa scena che non riescoa descrivere tanto è l'orrore e il ribrezzo che mi prendo-no solo nel ricordarla, si protrasse fino a sera.Nell'ombra violacea del tramonto, i due rettili colossaliagitavano ancora convulsamente le loro membra visci-de. Poi, a poco a poco, rallentarono i loro movimenti;furono appena percorsi da qualche fremito: si fermaro-no. Erano morti? Prudentemente, io e Crostino nonscendemmo fino a che il sole non apparve ancoraall'orizzonte. La notte trascorse ben dolorosamente pernoi, rannicchiati nell'angusto crepaccio, alle prese con leformiche, con le zanzare e con la fame… ma i mostrierano sotto di noi e benché non dessero più alcun segnodi vita, ci incutevano sempre un senso di misterioso sgo-mento. Capirete, non son cose troppo comuni, vero?All'alba, mi feci coraggio. Poiché i mostri erano ancorarigidi e immobili, mi lasciai scivolare fino a terra. Cro-stino mi imitò. Dopo aver dato un'occhiata aquell'ammasso di carni e di pelli lacerate, mi avviai riso-lutamente verso il luogo dove avevo lasciato l'ebreoMohamed e Bubi. Li trovai che stavano infilando in cer-te bacchettine alcune cavallette e si preparavano ad arro-stirle ad un fuoco di erbe secche.

* * *

73

sangue. Fu una lotta silenziosa, atroce, lunghissima.Alla forza prepotente dell'atlantosauro il plesiosauro op-poneva la sua agilità e la sua vigoria nell'attacco. Egliriusciva a mordere più profondamente e più lungamenteil corpo del nemico. Questa odiosa scena che non riescoa descrivere tanto è l'orrore e il ribrezzo che mi prendo-no solo nel ricordarla, si protrasse fino a sera.Nell'ombra violacea del tramonto, i due rettili colossaliagitavano ancora convulsamente le loro membra visci-de. Poi, a poco a poco, rallentarono i loro movimenti;furono appena percorsi da qualche fremito: si fermaro-no. Erano morti? Prudentemente, io e Crostino nonscendemmo fino a che il sole non apparve ancoraall'orizzonte. La notte trascorse ben dolorosamente pernoi, rannicchiati nell'angusto crepaccio, alle prese con leformiche, con le zanzare e con la fame… ma i mostrierano sotto di noi e benché non dessero più alcun segnodi vita, ci incutevano sempre un senso di misterioso sgo-mento. Capirete, non son cose troppo comuni, vero?All'alba, mi feci coraggio. Poiché i mostri erano ancorarigidi e immobili, mi lasciai scivolare fino a terra. Cro-stino mi imitò. Dopo aver dato un'occhiata aquell'ammasso di carni e di pelli lacerate, mi avviai riso-lutamente verso il luogo dove avevo lasciato l'ebreoMohamed e Bubi. Li trovai che stavano infilando in cer-te bacchettine alcune cavallette e si preparavano ad arro-stirle ad un fuoco di erbe secche.

* * *

73

— Bubi, appena mi vide, sia detto in suo onore, uscì ingrandi esclamazioni di gioia. L'altro invece continuò ainfilare le cavallette con una flemma irritante.“Andiamo” dissi, vibrando un vigoroso calcio nellaschiena del finto arabo “venite ad aiutarmi a spellare ilplesiosauro”.“Come!” gridò l'ebreo buttando via le cavallette “tu haiammazzato il plesiosauro?…”“Io no. È stato l'atlantosauro. Io non ci ho colpa. Si sonoscontrati…”“Ma tu mi avevi promesso di darmelo vivo!”“Ebbene, te lo darò morto. Anzi, ti darò la sua pelle e ilsuo scheletro. Potrai sempre rivenderlo vantaggiosa-mente in qualche Museo…”“Questi non sono i patti! Tu dovevi darmi vivo il plesio-sauro!”“La finisci, Assalonne?”"La finirò, generoso italiano, quando mi avrai pagato idanni dell'affare mancato!'“Io ti prenderò a pugni e a calci: ecco! Sei un volgarissi-mo furfante…”“Il valoroso giovane italiano può coprire di invettive ilpovero Mohamed e Mohamed si prostrerà umilmente aisuoi piedi: ma questo non gl'impedirà di citare il nobilis-simo giovane italiano dinanzi al tribunale per chiedergli

74

— Bubi, appena mi vide, sia detto in suo onore, uscì ingrandi esclamazioni di gioia. L'altro invece continuò ainfilare le cavallette con una flemma irritante.“Andiamo” dissi, vibrando un vigoroso calcio nellaschiena del finto arabo “venite ad aiutarmi a spellare ilplesiosauro”.“Come!” gridò l'ebreo buttando via le cavallette “tu haiammazzato il plesiosauro?…”“Io no. È stato l'atlantosauro. Io non ci ho colpa. Si sonoscontrati…”“Ma tu mi avevi promesso di darmelo vivo!”“Ebbene, te lo darò morto. Anzi, ti darò la sua pelle e ilsuo scheletro. Potrai sempre rivenderlo vantaggiosa-mente in qualche Museo…”“Questi non sono i patti! Tu dovevi darmi vivo il plesio-sauro!”“La finisci, Assalonne?”"La finirò, generoso italiano, quando mi avrai pagato idanni dell'affare mancato!'“Io ti prenderò a pugni e a calci: ecco! Sei un volgarissi-mo furfante…”“Il valoroso giovane italiano può coprire di invettive ilpovero Mohamed e Mohamed si prostrerà umilmente aisuoi piedi: ma questo non gl'impedirà di citare il nobilis-simo giovane italiano dinanzi al tribunale per chiedergli

74

il risarcimento dei danni. La legge è la legge”.“Riprenderemo questo discorso più tardi. Intanto andia-mo a spellare l'atlantosauro e il suo collega”.Mi avvidi che Crostino, mentre noi parlavamo, si allon-tanava cautamente. Allora lo chiamai. Ma quello scimu-nito cominciò a scappare verso la foresta. Lo inseguiiper puntiglio. Perché mi dispiaceva che Crostino si pale-sasse tanto presto per un animale volgare e ingrato. Loinseguii, dimenticando Bubi, l'ebreo, il plesiosauro,l'atlantosauro. Io sono un uomo puntiglioso e ostinato.Ma dovetti mettere a dura prova le mie qualità di corri-dore dei boschi equatoriali!… Crostino abitava proprionel folto della foresta. A un tratto, vidi scaturire da uncespuglio un vecchio gorilla con la barba grigia, seguitoda un'altra scimmia antropomorfa di sesso femminile.Intuii che quei due selvaggi abitatori dei boschi erano ilpadre e la madre di Crostino. Volli andar loro incontrocome un amico. Mi accolsero invece come un nemico.Mi assalirono. Dovetti difendermi e… come ebbi occa-sione di dirvi dianzi, uccisi i gorilla: resi orfano Crosti-no. E fui costretto a prenderlo con me. Io sono punti-glioso, ostinato, ma sono anche un uomo di cuore.Quando tornai alla caverna tenendo per mano Crostinoche sospirava e gemeva – povera bestia! – trovai l'ebreoe Bubi intenti al lavoro di scuoiamento dei mostri.

75

il risarcimento dei danni. La legge è la legge”.“Riprenderemo questo discorso più tardi. Intanto andia-mo a spellare l'atlantosauro e il suo collega”.Mi avvidi che Crostino, mentre noi parlavamo, si allon-tanava cautamente. Allora lo chiamai. Ma quello scimu-nito cominciò a scappare verso la foresta. Lo inseguiiper puntiglio. Perché mi dispiaceva che Crostino si pale-sasse tanto presto per un animale volgare e ingrato. Loinseguii, dimenticando Bubi, l'ebreo, il plesiosauro,l'atlantosauro. Io sono un uomo puntiglioso e ostinato.Ma dovetti mettere a dura prova le mie qualità di corri-dore dei boschi equatoriali!… Crostino abitava proprionel folto della foresta. A un tratto, vidi scaturire da uncespuglio un vecchio gorilla con la barba grigia, seguitoda un'altra scimmia antropomorfa di sesso femminile.Intuii che quei due selvaggi abitatori dei boschi erano ilpadre e la madre di Crostino. Volli andar loro incontrocome un amico. Mi accolsero invece come un nemico.Mi assalirono. Dovetti difendermi e… come ebbi occa-sione di dirvi dianzi, uccisi i gorilla: resi orfano Crosti-no. E fui costretto a prenderlo con me. Io sono punti-glioso, ostinato, ma sono anche un uomo di cuore.Quando tornai alla caverna tenendo per mano Crostinoche sospirava e gemeva – povera bestia! – trovai l'ebreoe Bubi intenti al lavoro di scuoiamento dei mostri.

75

VIIL MOSTRO CHE AVEVA IN-

GHIOTTITO UN CUORE

Dopo un breve riposo Michele ripigliò la narrazione inquesti termini:— È necessario, ora, che don Lorenzo mi ascolti conmolta serenità, per modificare le sue prevenzioni a mioriguardo.— Ma io… – interruppe flebilmente il parroco; e si che-tò subito quando vide che Michele Orcagna aggrottavaun poco le ciglia.— Dunque – riprese con voce sorda l'esploratore – Bubie l'ebreo scuoiavano i rettili giganteschi. Io frattanto cer-cavo di tranquillizzare il povero Crostino che aveva an-cora dinanzi agli occhi la spaventosa battaglia svoltasinelle foreste. Gli regalai una scatola di conserva dimele, un fiaschetto da tramviere, un vecchio libro diGuglielmo Ferrero, una collezione di francobolli e, fi-nalmente, uno specchietto. Questo regalo ebbe la magi-ca virtù di rasserenare il muso alquanto grinzoso e ma-linconico di Crostino.Si specchiò, fece alcune smorfie spaventose, poi comin-ciò a mugolare di soddisfazione e venne a strofinarsi vi-cino a me. Da quel momento diventammo amici. Che

76

VIIL MOSTRO CHE AVEVA IN-

GHIOTTITO UN CUORE

Dopo un breve riposo Michele ripigliò la narrazione inquesti termini:— È necessario, ora, che don Lorenzo mi ascolti conmolta serenità, per modificare le sue prevenzioni a mioriguardo.— Ma io… – interruppe flebilmente il parroco; e si che-tò subito quando vide che Michele Orcagna aggrottavaun poco le ciglia.— Dunque – riprese con voce sorda l'esploratore – Bubie l'ebreo scuoiavano i rettili giganteschi. Io frattanto cer-cavo di tranquillizzare il povero Crostino che aveva an-cora dinanzi agli occhi la spaventosa battaglia svoltasinelle foreste. Gli regalai una scatola di conserva dimele, un fiaschetto da tramviere, un vecchio libro diGuglielmo Ferrero, una collezione di francobolli e, fi-nalmente, uno specchietto. Questo regalo ebbe la magi-ca virtù di rasserenare il muso alquanto grinzoso e ma-linconico di Crostino.Si specchiò, fece alcune smorfie spaventose, poi comin-ciò a mugolare di soddisfazione e venne a strofinarsi vi-cino a me. Da quel momento diventammo amici. Che

76

cosa abbia trovato di bello quel ridicolo mostriciattolonel mio specchio da due lire e sessanta centesimi, nonso. Certo che egli mi volle molto bene dopo che ebbeguardato più volte il proprio grugno sulla superficie del-lo specchio.Gli avevo salvato la vita, come sapete: ma questo fattonon era bastato a commuoverlo. Per arrivare al suo cuo-re, avevo dovuto sollecitare la sua vanità. Che ne dite,don Lorenzo? È una cosa umiliante. Ma insomma, Cro-stino è un gorilla: e non si possono pretendere da un go-rilla le virtù di una signorina iscritta nell'Esercito dellaSalute. La stupidissima bestia volle specchiarsi a lungoprima di inghiottire il contenuto della scatola di conser-va: da ultimo pretese di frugare nella mia bisaccia pertrovarci qualche altra leccornia dimenticata. Ripescònon so come un pezzo di sapone per la barba e lo man-giò ingordamente: poi ritornò a specchiarsi facendo lesmorfie più ignobili e più volgari.Ero sul punto di somministrare al lurido bruto una primavigorosa lezione sui doveri degli animali ben educati:ma d'un tratto sentii urlare Bubi:“Padrone, padrone. Un sasso nel corpo delcoccodrillo!..”.Per Bubi il plesiosauro era un coccodrillo.Più tardi ho cercato di dimostrargli il suo errore e di av-viarlo allo studio dei primi elementi della paleontologia.Ma è stata fatica sprecata.

77

cosa abbia trovato di bello quel ridicolo mostriciattolonel mio specchio da due lire e sessanta centesimi, nonso. Certo che egli mi volle molto bene dopo che ebbeguardato più volte il proprio grugno sulla superficie del-lo specchio.Gli avevo salvato la vita, come sapete: ma questo fattonon era bastato a commuoverlo. Per arrivare al suo cuo-re, avevo dovuto sollecitare la sua vanità. Che ne dite,don Lorenzo? È una cosa umiliante. Ma insomma, Cro-stino è un gorilla: e non si possono pretendere da un go-rilla le virtù di una signorina iscritta nell'Esercito dellaSalute. La stupidissima bestia volle specchiarsi a lungoprima di inghiottire il contenuto della scatola di conser-va: da ultimo pretese di frugare nella mia bisaccia pertrovarci qualche altra leccornia dimenticata. Ripescònon so come un pezzo di sapone per la barba e lo man-giò ingordamente: poi ritornò a specchiarsi facendo lesmorfie più ignobili e più volgari.Ero sul punto di somministrare al lurido bruto una primavigorosa lezione sui doveri degli animali ben educati:ma d'un tratto sentii urlare Bubi:“Padrone, padrone. Un sasso nel corpo delcoccodrillo!..”.Per Bubi il plesiosauro era un coccodrillo.Più tardi ho cercato di dimostrargli il suo errore e di av-viarlo allo studio dei primi elementi della paleontologia.Ma è stata fatica sprecata.

77

Bubi e Crostino, come educazione e come intelligenza,si equivalgono.Dunque, Bubi mi chiamava. Vincendo la mia naturaleripugnanza mi accostai a lui che pareva nuotare in unammasso di carni, di pelli, di ossa, di viscere, e gli do-mandai:“Un sasso? Dov'è questo sasso?”Il finto Mohamed uscì da una specie di grotta che si erascavata nel ventre dell'atlantosauro e sbraitò: “Un mo-mento! Voglio vedere io!…”“E tu, che c'entri, Salomone?”L'ebreo riprese il tono umile e strisciante:“No… carissimo giovine italiano… Non ti sdegnare…io dico semplicemente che tu mi hai venduto la pelle de-gli animali e tutto quello che è contenuto nella pelle…”“Non è vero”.“Mio degnissimo padrone, il povero Mohamed non samentire. Egli ha accettato le pelli degli animali che tugli avevi venduto ‘vivi’ solo per dimostrarti il suo spiritoconciliativo. Tu lo hai rovinato. L'hai precipitato nellapiù triste miseria. Eppure, il povero Mohamed ha taciu-to: ha accettato in cambio di oro sonante – la sola suafortuna! – un paio di pellacce da cui usciranno, sì e no,dieci o dodici paia di stivali. Ebbene! io dico che ancheil contenuto delle pelli mi appartiene!”“No!”

78

Bubi e Crostino, come educazione e come intelligenza,si equivalgono.Dunque, Bubi mi chiamava. Vincendo la mia naturaleripugnanza mi accostai a lui che pareva nuotare in unammasso di carni, di pelli, di ossa, di viscere, e gli do-mandai:“Un sasso? Dov'è questo sasso?”Il finto Mohamed uscì da una specie di grotta che si erascavata nel ventre dell'atlantosauro e sbraitò: “Un mo-mento! Voglio vedere io!…”“E tu, che c'entri, Salomone?”L'ebreo riprese il tono umile e strisciante:“No… carissimo giovine italiano… Non ti sdegnare…io dico semplicemente che tu mi hai venduto la pelle de-gli animali e tutto quello che è contenuto nella pelle…”“Non è vero”.“Mio degnissimo padrone, il povero Mohamed non samentire. Egli ha accettato le pelli degli animali che tugli avevi venduto ‘vivi’ solo per dimostrarti il suo spiritoconciliativo. Tu lo hai rovinato. L'hai precipitato nellapiù triste miseria. Eppure, il povero Mohamed ha taciu-to: ha accettato in cambio di oro sonante – la sola suafortuna! – un paio di pellacce da cui usciranno, sì e no,dieci o dodici paia di stivali. Ebbene! io dico che ancheil contenuto delle pelli mi appartiene!”“No!”

78

“Sì, illustre giovine bianco, splendore della mia vita! Iosarò costretto a citarti dinanzi al tribunale e vedremo se iltuo povero schiavo Mohamed ha torto o ha ragione…”“Ma qui si tratta di un sasso nello stomaco del plesio-sauro!”“Non importa, il sasso è mio!…”“Bubi dammi il sasso”.“Giovine bianco, luce degli occhi miei, tu mi costringi arinnovare una citazione ai tuoi danni dinanzi al tribunalepiù vicino…”.Bubi mi porse il sasso ed io glielo strappai dalle manicon stizza, mentre il noiosissimo ebreo dava in smanie estrillava come una scimmia rossa.

* * *

— Non era, quel sasso, una cosa molto comune. Potevaessere lungo un palmo e mezzo e largo un palmo: avevala forma di una scatola rettangolare e nonostante fosseconsumato dal tempo e corroso dagli acidi dello stoma-co del plesiosauro, mostrava, ai lati, tracce di geroglificie di misteriose incisioni.“Ah! Tu lo osservi con troppa attenzione!” mugolò im-provvisamente il finto Mohamed. “Voglio vederloanch'io!… Forse è uno scrigno; forse racchiude qualchegioiello… Voglio vederlo!… Tu mi inganni!… Aiuto!”.Poiché l'ebreo urlava in modo intollerabile, Crostino,

79

“Sì, illustre giovine bianco, splendore della mia vita! Iosarò costretto a citarti dinanzi al tribunale e vedremo se iltuo povero schiavo Mohamed ha torto o ha ragione…”“Ma qui si tratta di un sasso nello stomaco del plesio-sauro!”“Non importa, il sasso è mio!…”“Bubi dammi il sasso”.“Giovine bianco, luce degli occhi miei, tu mi costringi arinnovare una citazione ai tuoi danni dinanzi al tribunalepiù vicino…”.Bubi mi porse il sasso ed io glielo strappai dalle manicon stizza, mentre il noiosissimo ebreo dava in smanie estrillava come una scimmia rossa.

* * *

— Non era, quel sasso, una cosa molto comune. Potevaessere lungo un palmo e mezzo e largo un palmo: avevala forma di una scatola rettangolare e nonostante fosseconsumato dal tempo e corroso dagli acidi dello stoma-co del plesiosauro, mostrava, ai lati, tracce di geroglificie di misteriose incisioni.“Ah! Tu lo osservi con troppa attenzione!” mugolò im-provvisamente il finto Mohamed. “Voglio vederloanch'io!… Forse è uno scrigno; forse racchiude qualchegioiello… Voglio vederlo!… Tu mi inganni!… Aiuto!”.Poiché l'ebreo urlava in modo intollerabile, Crostino,

79

annoiato, gli saltò accanto e gli consegnò, silenziosa-mente ma ruvidamente, un paio di schiaffi. Allora il fin-to venditore di tappeti si limitò a levare le braccia scarneal cielo, per invocare la giustizia divina.Prima che il sole sparisse all'orizzonte e le tenebre ci av-volgessero, volli esaminare con attenzione lo strano og-getto che Bubi aveva trovato nello stomaco del plesio-sauro. Mi avvicinai alla riva del laghetto, dove ancoraindugiava la chiarità del giorno, appoggiai il sasso allesporgenze di una rupe e cominciai a raschiarlo con ilmio coltello da caccia.I segni e i geroglifici apparivano sempre più netti e pro-fondi. Quando la corteccia di terra e di detriti vegetali cheaderiva alla superficie fu tolta, vidi anche una sottile fes-sura intorno alle pareti minori del sasso rettangolare.Era quello, dunque, veramente uno scrigno? Avevo giàosservato con giusta meraviglia come le incisioni delsasso rappresentassero, senza alcun dubbio, geroglifici edisegni egiziani. Ma adesso la meraviglia si mutavaquasi in sgomento. Che cosa stavo per scoprire, mioDio? Introdussi la lama del mio coltello nella fessura trai fianchi della pietra, feci leva con violenza e… ruppi ilcoltello. Allora ne presi un altro, che si ruppe pure. Poine ruppi un terzo. Per non rimanere senza armi da tagliofui costretto a servirmi di una accetta dalla lama ecce-zionalmente robusta. Uno sforzo… e questa volta si rup-pe un angolo del coperchio. Ma lo scrigno di pietra siaprì… ed io gettai avidamente il mio sguardo nell'inter-

80

annoiato, gli saltò accanto e gli consegnò, silenziosa-mente ma ruvidamente, un paio di schiaffi. Allora il fin-to venditore di tappeti si limitò a levare le braccia scarneal cielo, per invocare la giustizia divina.Prima che il sole sparisse all'orizzonte e le tenebre ci av-volgessero, volli esaminare con attenzione lo strano og-getto che Bubi aveva trovato nello stomaco del plesio-sauro. Mi avvicinai alla riva del laghetto, dove ancoraindugiava la chiarità del giorno, appoggiai il sasso allesporgenze di una rupe e cominciai a raschiarlo con ilmio coltello da caccia.I segni e i geroglifici apparivano sempre più netti e pro-fondi. Quando la corteccia di terra e di detriti vegetali cheaderiva alla superficie fu tolta, vidi anche una sottile fes-sura intorno alle pareti minori del sasso rettangolare.Era quello, dunque, veramente uno scrigno? Avevo giàosservato con giusta meraviglia come le incisioni delsasso rappresentassero, senza alcun dubbio, geroglifici edisegni egiziani. Ma adesso la meraviglia si mutavaquasi in sgomento. Che cosa stavo per scoprire, mioDio? Introdussi la lama del mio coltello nella fessura trai fianchi della pietra, feci leva con violenza e… ruppi ilcoltello. Allora ne presi un altro, che si ruppe pure. Poine ruppi un terzo. Per non rimanere senza armi da tagliofui costretto a servirmi di una accetta dalla lama ecce-zionalmente robusta. Uno sforzo… e questa volta si rup-pe un angolo del coperchio. Ma lo scrigno di pietra siaprì… ed io gettai avidamente il mio sguardo nell'inter-

80

no. Maledizione! Dentro la scatola di sasso era un altroscrigno di metallo.E la notte calava…Proprio mentre le ombre notturne si addensavano intor-no a me, un debole chiarore tremò su le acque del picco-lo lago. La luna si levava, gialla e gigantesca, di là daglialberi.Allora, quietamente, con uno sciaguattìo ritmico e lento,un enorme animale uscì dalla superficie del lago e ven-ne verso la riva. Avanzava come un grosso battello, re-migando con le larghe zampe fatte a mo' di pale, e allun-gava l'orribile muso da coccodrillo verso la luna. Checosa era quello? Un ittiosauro? Un labirintodonte? Biso-gnava in ogni modo che il nuovo bestione dell'età se-condaria non approdasse vicino a me.Francamente, ne avevo abbastanza di animali antidilu-viani. Ed ecco, sul mio capo, un bizzarro batter d'ali eun crocchiare di mascelle: e una ventata avvolgermi difrescura. Alzo gli occhi… Immaginate! Nel tersissimocielo equatoriale passava il più inconcepibile dei mostriapocalittici; una sorta di pipistrello gigantesco, con le alidi velluto nero, la coda lunghissima, e un grifo… oh,che grifo! Lungo, enorme, provvisto di una doppia filadi denti aguzzi, e sostenuti da un collo di anitra!… Unacosa inaudita, atta ad ispirare ilarità, ribrezzo, sgomento,stupore… E quell'ibrido impasto di rettile, di uccello, dimammifero, di dragone, si avviava quietamente verso

81

no. Maledizione! Dentro la scatola di sasso era un altroscrigno di metallo.E la notte calava…Proprio mentre le ombre notturne si addensavano intor-no a me, un debole chiarore tremò su le acque del picco-lo lago. La luna si levava, gialla e gigantesca, di là daglialberi.Allora, quietamente, con uno sciaguattìo ritmico e lento,un enorme animale uscì dalla superficie del lago e ven-ne verso la riva. Avanzava come un grosso battello, re-migando con le larghe zampe fatte a mo' di pale, e allun-gava l'orribile muso da coccodrillo verso la luna. Checosa era quello? Un ittiosauro? Un labirintodonte? Biso-gnava in ogni modo che il nuovo bestione dell'età se-condaria non approdasse vicino a me.Francamente, ne avevo abbastanza di animali antidilu-viani. Ed ecco, sul mio capo, un bizzarro batter d'ali eun crocchiare di mascelle: e una ventata avvolgermi difrescura. Alzo gli occhi… Immaginate! Nel tersissimocielo equatoriale passava il più inconcepibile dei mostriapocalittici; una sorta di pipistrello gigantesco, con le alidi velluto nero, la coda lunghissima, e un grifo… oh,che grifo! Lungo, enorme, provvisto di una doppia filadi denti aguzzi, e sostenuti da un collo di anitra!… Unacosa inaudita, atta ad ispirare ilarità, ribrezzo, sgomento,stupore… E quell'ibrido impasto di rettile, di uccello, dimammifero, di dragone, si avviava quietamente verso

81

una roccia che si levava come un pinnacolo presso lesponde del lago…Non volli tentare altre avventure. Ripresi la mia scatoladi pietra e ritornai nella caverna, dove l'ebreo e Bubiavevano acceso un buon fuoco per tener lontane le zan-zare e le belve.

* * *

— Ma come il sonno fu tardo e penoso quella notte! Aiprimi bagliori dell'alba balzai all'aperto e ricominciaifebbrilmente il lavoro intorno allo scrigno misterioso.Ormai ero come ossessionato. Mi pareva che dentro loscrigno dovesse esser chiuso il più importante segretodel mondo, e che dalla scoperta di quel segreto potesse-ro nascere le mie più grandi fortune… Follia, certamen-te. Ma avrei voluto veder voialtri, laggiù, sotto l'equato-re, presso le rive del lago che serviva da abbeveratoio atutti i mostri del periodo carbonifero, dopo aver lottatocon un plesiosauro e con un atlantosauro, dopo aver se-guito il volo di uno pterodattilo, dopo aver preso un go-rilla come figlio adottivo… sì, dico, avrei voluto vedervoi altri e sapere se i vostri cervelli dopo tante scosse,sarebbero stati ancora in condizioni di prestar servizio!Dopo qualche ora di fatiche inenarrabili, riuscii ad apri-re lo scrigno di metallo. Ma ahimé!… ne conteneva unaltro! Uno scrigno d'argento.Nuovo lavoro, nuovi assilli, mentre l'ebreo si lamentava e

82

una roccia che si levava come un pinnacolo presso lesponde del lago…Non volli tentare altre avventure. Ripresi la mia scatoladi pietra e ritornai nella caverna, dove l'ebreo e Bubiavevano acceso un buon fuoco per tener lontane le zan-zare e le belve.

* * *

— Ma come il sonno fu tardo e penoso quella notte! Aiprimi bagliori dell'alba balzai all'aperto e ricominciaifebbrilmente il lavoro intorno allo scrigno misterioso.Ormai ero come ossessionato. Mi pareva che dentro loscrigno dovesse esser chiuso il più importante segretodel mondo, e che dalla scoperta di quel segreto potesse-ro nascere le mie più grandi fortune… Follia, certamen-te. Ma avrei voluto veder voialtri, laggiù, sotto l'equato-re, presso le rive del lago che serviva da abbeveratoio atutti i mostri del periodo carbonifero, dopo aver lottatocon un plesiosauro e con un atlantosauro, dopo aver se-guito il volo di uno pterodattilo, dopo aver preso un go-rilla come figlio adottivo… sì, dico, avrei voluto vedervoi altri e sapere se i vostri cervelli dopo tante scosse,sarebbero stati ancora in condizioni di prestar servizio!Dopo qualche ora di fatiche inenarrabili, riuscii ad apri-re lo scrigno di metallo. Ma ahimé!… ne conteneva unaltro! Uno scrigno d'argento.Nuovo lavoro, nuovi assilli, mentre l'ebreo si lamentava e

82

Crostino gli riempiva la faccia di schiaffi! Purtroppo, loscrigno d'argento ne conteneva un altro d'oro. Ma questofu l'ultimo. E quando lo aprii, e ne estrassi trionfalmente ilcontenuto, una intensa commozione mi serrò la gola.L'oggetto racchiuso nell'ultimo dei quattro scrigni, era sol-tanto un cuore! Un piccolo cuore umano, disseccato, im-balsamato, dipinto ancora di vermiglio… Il cuore dellaprincipessa egiziana, dell'antenata della principessa Nazli!… Sì, proprio quello di cui parlava la leggenda.“Hanno seppellito il mio cuore, lontano lontano, pressole rive di un torbido lago, oltre una foresta popolata dimostri…” così aveva detto la povera principessa Ram-ses2. E io avevo ritrovato quel cuore! Nel ventre di unplesiosauro, dove forse giaceva da migliaia d'anni, poi-ché probabilmente, quegli immondi rettili avevanoun'esistenza immensamente lunga. A dire il vero, ripen-sandoci a mente fredda, dovetti convenire che quellascoperta, per quanto singolare e avventurosa, non eramolto poetica: non aveva per lo meno quell'eleganzaesteriore che di solito si accompagna alla conclusionedelle leggende di passione e di morte. Il cuore dellaprincipessa Khelmis tornava alla luce dopo sette o otto-mila anni in modo bizzarro, ma volgaruccio. Lì per lìnon feci queste sensate riflessioni, naturalmente. Miparve davvero di aver conquistato, con quel tesoro, lafelicità.

2 Così nel testo di riferimento, ma probabilmente andrebbe letto Khelmis[nota per l'edizione elettronica Manuzio].

83

Crostino gli riempiva la faccia di schiaffi! Purtroppo, loscrigno d'argento ne conteneva un altro d'oro. Ma questofu l'ultimo. E quando lo aprii, e ne estrassi trionfalmente ilcontenuto, una intensa commozione mi serrò la gola.L'oggetto racchiuso nell'ultimo dei quattro scrigni, era sol-tanto un cuore! Un piccolo cuore umano, disseccato, im-balsamato, dipinto ancora di vermiglio… Il cuore dellaprincipessa egiziana, dell'antenata della principessa Nazli!… Sì, proprio quello di cui parlava la leggenda.“Hanno seppellito il mio cuore, lontano lontano, pressole rive di un torbido lago, oltre una foresta popolata dimostri…” così aveva detto la povera principessa Ram-ses2. E io avevo ritrovato quel cuore! Nel ventre di unplesiosauro, dove forse giaceva da migliaia d'anni, poi-ché probabilmente, quegli immondi rettili avevanoun'esistenza immensamente lunga. A dire il vero, ripen-sandoci a mente fredda, dovetti convenire che quellascoperta, per quanto singolare e avventurosa, non eramolto poetica: non aveva per lo meno quell'eleganzaesteriore che di solito si accompagna alla conclusionedelle leggende di passione e di morte. Il cuore dellaprincipessa Khelmis tornava alla luce dopo sette o otto-mila anni in modo bizzarro, ma volgaruccio. Lì per lìnon feci queste sensate riflessioni, naturalmente. Miparve davvero di aver conquistato, con quel tesoro, lafelicità.

2 Così nel testo di riferimento, ma probabilmente andrebbe letto Khelmis[nota per l'edizione elettronica Manuzio].

83

E tutto infervorato in quest'idea, non posi tempo in mez-zo: raccolsi le mie armi, i miei bagagli e ripresi la viadel nord attraverso la grande foresta equatoriale. L'ebreoprotestava: un bel giorno per liberarmi di quella odiosacompagnia, lo legai sopra un ramo di un baobab a quin-dici metri da terra e lo lasciai a piangere su le sventureumane. Forse sarà ancora laggiù… E forse sarà riuscitoa trarre vantaggio anche da quell'incomoda posizione…Sapete: un ebreo… non c'è da meravigliarsi.

* * *— Insomma, dopo qualche mese di viaggio, ritornai aTripoli. Volevo rintracciare ad ogni costo la principessaNazli e il suo inverosimile zio.Ma Nazli non era a Tripoli. Seppi, dopo molto cercare einterrogare, che si trovava a Cirene. Andai a Cirene. DaCirene corsi a Bengasi. Finalmente l'incontrai ritornan-do a Tripoli. Nazli è una brava ragazza che non sta maiferma. Non la consiglierei come fidanzata ad un uomocui dispiacesse il viaggiare o facesse semplicementemale il mare. Non vi dirò come mi ricevette Nazli.Come se mi avesse visto il giorno prima! Mi tese le bel-le mani, mi sorrise, mi offrì il caffè. Poi mi domandòquando me ne sarei andato.

84

E tutto infervorato in quest'idea, non posi tempo in mez-zo: raccolsi le mie armi, i miei bagagli e ripresi la viadel nord attraverso la grande foresta equatoriale. L'ebreoprotestava: un bel giorno per liberarmi di quella odiosacompagnia, lo legai sopra un ramo di un baobab a quin-dici metri da terra e lo lasciai a piangere su le sventureumane. Forse sarà ancora laggiù… E forse sarà riuscitoa trarre vantaggio anche da quell'incomoda posizione…Sapete: un ebreo… non c'è da meravigliarsi.

* * *— Insomma, dopo qualche mese di viaggio, ritornai aTripoli. Volevo rintracciare ad ogni costo la principessaNazli e il suo inverosimile zio.Ma Nazli non era a Tripoli. Seppi, dopo molto cercare einterrogare, che si trovava a Cirene. Andai a Cirene. DaCirene corsi a Bengasi. Finalmente l'incontrai ritornan-do a Tripoli. Nazli è una brava ragazza che non sta maiferma. Non la consiglierei come fidanzata ad un uomocui dispiacesse il viaggiare o facesse semplicementemale il mare. Non vi dirò come mi ricevette Nazli.Come se mi avesse visto il giorno prima! Mi tese le bel-le mani, mi sorrise, mi offrì il caffè. Poi mi domandòquando me ne sarei andato.

84

Un piccolo cuore umano, disseccato, imbalsamato,dipinto ancora di vermiglio…

85

Un piccolo cuore umano, disseccato, imbalsamato,dipinto ancora di vermiglio…

85

Allora feci esplodere la bomba.“Nazli” le dissi traendo di sotto il cofanetto d'oro “io tiporto il cuore della tua antenata… di Khelmis… quelcuore che fu seppellito nel lago tenebroso… lontano,lontano… e dove anche tu hai seppellito il tuo!… Nazli!guarda!…”La giovane aprì il cofanetto, osservò il prezioso conte-nuto, arrossì, mostrò di commuoversi. Finalmente!…“Michele…” ella cominciò con voce grave. “Michele, viringrazio…” Ma a questo punto scoppiò a ridere.“Non è questo il cuore che dovevate portarmi! Avetesbagliato! Dovevate riportarmi ‘il mio!’ Il ‘mio’ intende-te?”.Ci separammo come due nemici. Io le dissi una quantitàdi cose amare. La pazienza dell'uomo ha pure i suoi li-miti, non vi pare? Ella mi disse che non la seccassi più,e che tornassi a spellare i plesiosauri. Bella gratitudine,eh? Insomma me n'andai da Tripoli col veleno nell'ani-ma e il cuore raggrinzito della principessa egiziana intasca. Dicono che porti fortuna. Sarà. Poi ve lo farò ve-dere.Mentre gli ospiti allibiti guardavano Michele Orcagnasenza avere il fiato di pronunciare parola, questi sorrisee strizzando gli occhi mormorò:— Prima di lasciare il lago… mandai Crostino sul pin-nacolo roccioso dove avevo visto fermarsi lo pterodatti-

86

Allora feci esplodere la bomba.“Nazli” le dissi traendo di sotto il cofanetto d'oro “io tiporto il cuore della tua antenata… di Khelmis… quelcuore che fu seppellito nel lago tenebroso… lontano,lontano… e dove anche tu hai seppellito il tuo!… Nazli!guarda!…”La giovane aprì il cofanetto, osservò il prezioso conte-nuto, arrossì, mostrò di commuoversi. Finalmente!…“Michele…” ella cominciò con voce grave. “Michele, viringrazio…” Ma a questo punto scoppiò a ridere.“Non è questo il cuore che dovevate portarmi! Avetesbagliato! Dovevate riportarmi ‘il mio!’ Il ‘mio’ intende-te?”.Ci separammo come due nemici. Io le dissi una quantitàdi cose amare. La pazienza dell'uomo ha pure i suoi li-miti, non vi pare? Ella mi disse che non la seccassi più,e che tornassi a spellare i plesiosauri. Bella gratitudine,eh? Insomma me n'andai da Tripoli col veleno nell'ani-ma e il cuore raggrinzito della principessa egiziana intasca. Dicono che porti fortuna. Sarà. Poi ve lo farò ve-dere.Mentre gli ospiti allibiti guardavano Michele Orcagnasenza avere il fiato di pronunciare parola, questi sorrisee strizzando gli occhi mormorò:— Prima di lasciare il lago… mandai Crostino sul pin-nacolo roccioso dove avevo visto fermarsi lo pterodatti-

86

lo… e Crostino mi portò, tutto trionfante, un uovo! Sì,un uovo di pterodattilo! Forse quel demonio di scimmiadoveva averne bevuto qualcuno… perché quando tornòdal pinnacolo aveva il muso sporco di giallo… Ma in-somma io posseggo un uovo di pterodattilo! e te lo vo-glio regalare, amico Romeo. Anche tu devi avere un ri-cordo dei miei viaggi! Alla signora Flavia il cuore dellaprincipessa egiziana: a te l'uovo più raro del mondo,l'uovo che racchiude il germe di un rettile uccello. Ioson fatto così: sono generoso, voglio che tutti siano feli-ci intorno a me!…E il gran viaggiatore attese placidamente che i suoi ospi-ti, compreso don Lorenzo, gli si buttassero fra le bracciaper ringraziarlo e per benedirlo.Ma poiché nessuno si mosse, egli si alzò e, soffocandoelegantemente uno sbadiglio, propose:— Se andassimo a dormire? Sono piuttosto stanco…La proposta, naturalmente, fu accolta con sincero entu-siasmo. E di lì a poco Michele russava nel suo letto,beatamente.Ma il sindaco della Roccalbegna sognò tutto il resto del-la notte i mostri più inverosimili e la signora Flavia ebbel'impressione, sul far del giorno, di veder apparire di làdai vetri della sua camera, la figura satanica di Crostino.

87

lo… e Crostino mi portò, tutto trionfante, un uovo! Sì,un uovo di pterodattilo! Forse quel demonio di scimmiadoveva averne bevuto qualcuno… perché quando tornòdal pinnacolo aveva il muso sporco di giallo… Ma in-somma io posseggo un uovo di pterodattilo! e te lo vo-glio regalare, amico Romeo. Anche tu devi avere un ri-cordo dei miei viaggi! Alla signora Flavia il cuore dellaprincipessa egiziana: a te l'uovo più raro del mondo,l'uovo che racchiude il germe di un rettile uccello. Ioson fatto così: sono generoso, voglio che tutti siano feli-ci intorno a me!…E il gran viaggiatore attese placidamente che i suoi ospi-ti, compreso don Lorenzo, gli si buttassero fra le bracciaper ringraziarlo e per benedirlo.Ma poiché nessuno si mosse, egli si alzò e, soffocandoelegantemente uno sbadiglio, propose:— Se andassimo a dormire? Sono piuttosto stanco…La proposta, naturalmente, fu accolta con sincero entu-siasmo. E di lì a poco Michele russava nel suo letto,beatamente.Ma il sindaco della Roccalbegna sognò tutto il resto del-la notte i mostri più inverosimili e la signora Flavia ebbel'impressione, sul far del giorno, di veder apparire di làdai vetri della sua camera, la figura satanica di Crostino.

87

VIIIL DELITTO DI CROSTINO

La mattina dopo il memorando arrivo di Michele allavilla della ‘Lodola’, Don Lorenzo arrivò, secondo il so-lito, per prendere il caffè e latte gratis e per impartire al-cune lezioni di morale cristiana alla signora Flavia. Era-no circa le otto di mattina: l'aia dinanzi alla villetta eratutta bionda di sole e i passeri strillavano a squarciagolanel folto degli alberi. Ma la villa taceva.Don Lorenzo pigiò il bottone del campanello elettrico,una, due, tre, dieci volte.Niente. Un canino uggiolò un poco dietro il pollaio, mapoi si chetò. E tutto fu silenzio.— Diamine – borbottò Don Lorenzo – o che siano tuttiaddormentati? A quest'ora? Già, questa notte s'è fattotardi…Raccattò un ciottolino di terra e lo lanciò contro le im-poste della stanza del sindaco.— Oh! sor Romeo! Levatevi, egli è l'ora!…Si sentì un certo tramestìo nella stanza del sindaco e poiun'imposta si aprì lasciando apparire il naso del sor Ro-meo.— Toh! o che siete voi, don Lorenzo? Avete furia sta-

88

VIIIL DELITTO DI CROSTINO

La mattina dopo il memorando arrivo di Michele allavilla della ‘Lodola’, Don Lorenzo arrivò, secondo il so-lito, per prendere il caffè e latte gratis e per impartire al-cune lezioni di morale cristiana alla signora Flavia. Era-no circa le otto di mattina: l'aia dinanzi alla villetta eratutta bionda di sole e i passeri strillavano a squarciagolanel folto degli alberi. Ma la villa taceva.Don Lorenzo pigiò il bottone del campanello elettrico,una, due, tre, dieci volte.Niente. Un canino uggiolò un poco dietro il pollaio, mapoi si chetò. E tutto fu silenzio.— Diamine – borbottò Don Lorenzo – o che siano tuttiaddormentati? A quest'ora? Già, questa notte s'è fattotardi…Raccattò un ciottolino di terra e lo lanciò contro le im-poste della stanza del sindaco.— Oh! sor Romeo! Levatevi, egli è l'ora!…Si sentì un certo tramestìo nella stanza del sindaco e poiun'imposta si aprì lasciando apparire il naso del sor Ro-meo.— Toh! o che siete voi, don Lorenzo? Avete furia sta-

88

mani, eh! Vi siete levato a brùzzico…— Ma che brùzzico, che sono le nove tra poco!… Voi,piuttosto, vi siete dimenticato di mettere i piedi fuori delletto!…— Allora, la colpa è della Flavia. Tutte le mattine allesette mi sveglia lei col caffè…— Se voi aspettate il caffè della sora Flavia, potete ri-buttarvi sul letto. Secondo me, fino a mezzogiorno…— Mezzogiorno? Ma se ci ho il consiglio alle dieci!Aspettatemi, m'infilo i calzoni e vengo…Poiché il sindaco berciava, chiamando la signora Flaviae la Cleofe, a poco a poco tutti si svegliarono nella villa:la domestica, Michele Orcagna, Scricciolo, il servoBubi… e tutti si affacciarono alle rispettive finestre…— Che è successo? – domandò Michele, ficcando gliocchi addosso al prete.— Nulla… che vuole che sia successo, Dio benedetto? –e don Lorenzo, che in fondo non poteva soffrire i modidell'esploratore, cominciò a passeggiare per l'aia a granpassi. – Aspetto il signor Romeo!… Non è permessoaspettare il signor Romeo?Fortunatamente il sindaco della Roccalbegna comparvemolto presto su la porta dell'orto ed evitò in tal modo unbattibecco fra l'immenso esploratore e il suo cordiale ne-mico.— Avete visto la Flavia? – domandò, fra uno sbadiglio e

89

mani, eh! Vi siete levato a brùzzico…— Ma che brùzzico, che sono le nove tra poco!… Voi,piuttosto, vi siete dimenticato di mettere i piedi fuori delletto!…— Allora, la colpa è della Flavia. Tutte le mattine allesette mi sveglia lei col caffè…— Se voi aspettate il caffè della sora Flavia, potete ri-buttarvi sul letto. Secondo me, fino a mezzogiorno…— Mezzogiorno? Ma se ci ho il consiglio alle dieci!Aspettatemi, m'infilo i calzoni e vengo…Poiché il sindaco berciava, chiamando la signora Flaviae la Cleofe, a poco a poco tutti si svegliarono nella villa:la domestica, Michele Orcagna, Scricciolo, il servoBubi… e tutti si affacciarono alle rispettive finestre…— Che è successo? – domandò Michele, ficcando gliocchi addosso al prete.— Nulla… che vuole che sia successo, Dio benedetto? –e don Lorenzo, che in fondo non poteva soffrire i modidell'esploratore, cominciò a passeggiare per l'aia a granpassi. – Aspetto il signor Romeo!… Non è permessoaspettare il signor Romeo?Fortunatamente il sindaco della Roccalbegna comparvemolto presto su la porta dell'orto ed evitò in tal modo unbattibecco fra l'immenso esploratore e il suo cordiale ne-mico.— Avete visto la Flavia? – domandò, fra uno sbadiglio e

89

l'altro, il signor Romeo.— La signora Flavia? – ripeté sorridendo don Lorenzo.– Ma la signora dorme la grossa, a quest'ora…Romeo Gualandi sbarrò tanto d'occhi.— No, che non dorme. Almeno, nella sua stanza.— E dove volete che sia andata?Romeo si batté le mani su la fronte.— Ora ho capito. È andata alla conigliera. La coniglieraè la sua passione. Durante la guerra le misero in testache l'allevamento dei conigli era un dovere delle massa-ie patriottiche ed economiche. Le dissero che per tiraresu un coniglio non ci voleva nulla. Un po' d'erba… unpo' di avena… Centesimi. E il dottore le assicurò che lecarni del coniglio sono migliori di quelle del pollo. Piùnutrienti, di certo. Io non potei mai fare il paragone per-ché il coniglio non mi va. Ma mi accorsi che per tirar sua modo un coniglio, a forza di crusca, d'erba, di cavolo,di grano, di avena, ci volevano almeno settanta o ottantalire. Poi cominciarono le malattie. In un mese se ne an-darono via cinquanta, che ci costavano un patrimonio.Dieci ce ne mangiò il gatto, cinque se li presero i solda-ti. Ma tant'è: la Flavia ci si è affezionata, e guai a toccar-glieli!… Di certo è laggiù, in fondo all'orto, dai coni-gli…Discorrendo, il sindaco e don Lorenzo arrivarono al fon-do dell'orto, alla chiudenda degli olivi, dietro la quale si

90

l'altro, il signor Romeo.— La signora Flavia? – ripeté sorridendo don Lorenzo.– Ma la signora dorme la grossa, a quest'ora…Romeo Gualandi sbarrò tanto d'occhi.— No, che non dorme. Almeno, nella sua stanza.— E dove volete che sia andata?Romeo si batté le mani su la fronte.— Ora ho capito. È andata alla conigliera. La coniglieraè la sua passione. Durante la guerra le misero in testache l'allevamento dei conigli era un dovere delle massa-ie patriottiche ed economiche. Le dissero che per tiraresu un coniglio non ci voleva nulla. Un po' d'erba… unpo' di avena… Centesimi. E il dottore le assicurò che lecarni del coniglio sono migliori di quelle del pollo. Piùnutrienti, di certo. Io non potei mai fare il paragone per-ché il coniglio non mi va. Ma mi accorsi che per tirar sua modo un coniglio, a forza di crusca, d'erba, di cavolo,di grano, di avena, ci volevano almeno settanta o ottantalire. Poi cominciarono le malattie. In un mese se ne an-darono via cinquanta, che ci costavano un patrimonio.Dieci ce ne mangiò il gatto, cinque se li presero i solda-ti. Ma tant'è: la Flavia ci si è affezionata, e guai a toccar-glieli!… Di certo è laggiù, in fondo all'orto, dai coni-gli…Discorrendo, il sindaco e don Lorenzo arrivarono al fon-do dell'orto, alla chiudenda degli olivi, dietro la quale si

90

stendevano in doppia fila le capannucce dei roditori.I conigli c'erano, ma la signora Flavia no.E il signor Romeo cominciò ad essere un po' turbato.— O dove s'è ficcata?— Nel pollaio… – sussurrò don Lorenzo.— Ma che! nel pollaio non ci va mai… perché dice chei polli, se non sono in tegame, o in padella, non le piac-ciono… Flavia! o Flavia!…Lemme lemme, fumando una sigaretta turca, apparvedietro i filari delle viti spoglie di grappoli Michele Orca-gna.— Dov'è la signora? – domandò con molta buona gra-zia, lanciando in aria nuvolette di fumo e di profumo.— Non c'è – disse il signor Romeo stringendosi nellespalle.— Non c'è! Come, non c'è?— Non c'è, non c'è. In che modo debbo dirlo? Non c'è, èsparita. È strano, perché non ha fatto mai così…In quel mentre arrivarono uno dopo l'altro, la domesticadel signor Gualandi, il servo di Michele e il figliolo delmagnano di Roccalbegna, detto Scricciolo.— Avete visto la signora Flavia? – domandò in tono im-perioso Michele Orcagna.I tre scossero il capo negativamente.

91

stendevano in doppia fila le capannucce dei roditori.I conigli c'erano, ma la signora Flavia no.E il signor Romeo cominciò ad essere un po' turbato.— O dove s'è ficcata?— Nel pollaio… – sussurrò don Lorenzo.— Ma che! nel pollaio non ci va mai… perché dice chei polli, se non sono in tegame, o in padella, non le piac-ciono… Flavia! o Flavia!…Lemme lemme, fumando una sigaretta turca, apparvedietro i filari delle viti spoglie di grappoli Michele Orca-gna.— Dov'è la signora? – domandò con molta buona gra-zia, lanciando in aria nuvolette di fumo e di profumo.— Non c'è – disse il signor Romeo stringendosi nellespalle.— Non c'è! Come, non c'è?— Non c'è, non c'è. In che modo debbo dirlo? Non c'è, èsparita. È strano, perché non ha fatto mai così…In quel mentre arrivarono uno dopo l'altro, la domesticadel signor Gualandi, il servo di Michele e il figliolo delmagnano di Roccalbegna, detto Scricciolo.— Avete visto la signora Flavia? – domandò in tono im-perioso Michele Orcagna.I tre scossero il capo negativamente.

91

— Insomma dov'è?— Non c'è nella villa – dichiarò con un fil di voce la do-mestica.— Interroghiamo il fattore – suggerì il sindaco.

* * *

E passarono tutti in fila indiana dall'orto nel podere, echiamarono con gran voce il fattore. Ma neanche il fat-tore aveva visto la signora Flavia… Una certa inquietu-dine cominciò a infiltrarsi nell'anima di quelle onestepersone.— Oh! Dio! – berciò a un tratto la Cleofe, donna incon-siderata e impetuosa, scoppiando in singhiozzi – che siasuccessa una disgrazia?— Va' all'inferno! – gridò il sindaco – sempre a fare ilbarbagianni. Anche l'altra notte, ci svegliò per dirci cheaveva sentito passeggiare in cantina qualcuno carico dicatene!… Ma si può dir di peggio! Finiscila, brutta grul-la!— Non parliamo di disgrazie – disse don Lorenzo – ra-gioniamo invece con tranquillità… Nella villa pericolinon ce ne sono… Ma di questi giorni succedono certifatti… Non che io creda… no, il cielo me ne guardi!Tuttavia… sapete bene… avete letto i giornali di Roma?… Chi sa!… Un rapimento…Seguì un gran silenzio. Poi il sindaco di Roccalbegna

92

— Insomma dov'è?— Non c'è nella villa – dichiarò con un fil di voce la do-mestica.— Interroghiamo il fattore – suggerì il sindaco.

* * *

E passarono tutti in fila indiana dall'orto nel podere, echiamarono con gran voce il fattore. Ma neanche il fat-tore aveva visto la signora Flavia… Una certa inquietu-dine cominciò a infiltrarsi nell'anima di quelle onestepersone.— Oh! Dio! – berciò a un tratto la Cleofe, donna incon-siderata e impetuosa, scoppiando in singhiozzi – che siasuccessa una disgrazia?— Va' all'inferno! – gridò il sindaco – sempre a fare ilbarbagianni. Anche l'altra notte, ci svegliò per dirci cheaveva sentito passeggiare in cantina qualcuno carico dicatene!… Ma si può dir di peggio! Finiscila, brutta grul-la!— Non parliamo di disgrazie – disse don Lorenzo – ra-gioniamo invece con tranquillità… Nella villa pericolinon ce ne sono… Ma di questi giorni succedono certifatti… Non che io creda… no, il cielo me ne guardi!Tuttavia… sapete bene… avete letto i giornali di Roma?… Chi sa!… Un rapimento…Seguì un gran silenzio. Poi il sindaco di Roccalbegna

92

cominciò a sforzarsi di piangere. Storse la bocca, strizzògli occhi e finalmente riuscì, Dio sa con quali stenti, afar scaturire una lacrima.— Un rapimento? – mugolò – mia moglie rapita! No,via… don Lorenzo… non lo dica neanche per chiasso…Chi vuole che si sia preso l'incarico di rapire mia mo-glie? Povera donna! Non dava noia a nessuno… – e quiil sor Romeo aggiunse mentalmente: – eccetto che a me.Il tono di don Lorenzo diventò misterioso:— Son tempi tristi… caro signor Romeo… voi siete sin-daco… capite? Alle volte, una vendetta politica…Qui la domestica credette opportuno di scoppiare nuo-vamente in singhiozzi disperati.— Povera la mia signora! L'hanno assassinata!— La finisci, sì o no? – ruggì il sindaco stringendo i pu-gni e simulando un'ira che non provava. – Assassinata!imbecille!… stupida! Che si dicono certe cose?— Bisognerà avvertire subito il maresciallo… – dissedon Lorenzo. – Se volete corro io in paese…— Sì… forse è meglio – bisbigliò il signor Romeo dopoessere stato alquanto sopra di sé – mi faccia il piacere…vada lei… faccia attaccare il bagher qui dal fattore…La domestica non poté trattenere un altro scoppio dipianto. Ma dovette smetter subito perché Michele Orca-gna levando le braccia in aria, ordinò a tutti di chetarsi.E rimase un po' ad ascoltare, a orecchio teso.

93

cominciò a sforzarsi di piangere. Storse la bocca, strizzògli occhi e finalmente riuscì, Dio sa con quali stenti, afar scaturire una lacrima.— Un rapimento? – mugolò – mia moglie rapita! No,via… don Lorenzo… non lo dica neanche per chiasso…Chi vuole che si sia preso l'incarico di rapire mia mo-glie? Povera donna! Non dava noia a nessuno… – e quiil sor Romeo aggiunse mentalmente: – eccetto che a me.Il tono di don Lorenzo diventò misterioso:— Son tempi tristi… caro signor Romeo… voi siete sin-daco… capite? Alle volte, una vendetta politica…Qui la domestica credette opportuno di scoppiare nuo-vamente in singhiozzi disperati.— Povera la mia signora! L'hanno assassinata!— La finisci, sì o no? – ruggì il sindaco stringendo i pu-gni e simulando un'ira che non provava. – Assassinata!imbecille!… stupida! Che si dicono certe cose?— Bisognerà avvertire subito il maresciallo… – dissedon Lorenzo. – Se volete corro io in paese…— Sì… forse è meglio – bisbigliò il signor Romeo dopoessere stato alquanto sopra di sé – mi faccia il piacere…vada lei… faccia attaccare il bagher qui dal fattore…La domestica non poté trattenere un altro scoppio dipianto. Ma dovette smetter subito perché Michele Orca-gna levando le braccia in aria, ordinò a tutti di chetarsi.E rimase un po' ad ascoltare, a orecchio teso.

93

— Non sentite nulla? – domandò di lì a poco.Il prete e il sindaco scossero il capo sospirando desola-tamente. – Non importa… io sì… Crostino ha la tosse!…E Michele Orcagna si lanciò a corsa disperata giù per unviottolo che conduceva in una macchia di castagni.— Crostino ha la tosse? – domandò don Lorenzo al sin-daco. – Che c'entra Crostino?Romeo Gualandi si strinse nelle spalle.— Che vuol che sappia, io?

* * *

Si avviarono giù per la viottola: ma arrivati a mezzosentirono le urla di Michele Orcagna che pareva còltoda un accesso di frenesia feroce.— Ah!… brutto maledetto! Ah! luridissimo animale!Canaglia, brigante, ladro!… Ti schiaccerò la testa a pu-gni, mostro schifoso! Scendi giù… Scendi giù… caro-gna!…Romeo Gualandi e don Lorenzo si precipitarono verso illuogo ove si era fermato Michele, il quale, evidentemen-te in preda a un furore tremendo ballava come un burat-tino e avventava i pugni in aria, come se avesse volutocolpire un nemico invisibile. Ma il nemico c'era, il ne-mico era Crostino, il giovane gorilla che Michele Orca-gna aveva adottato in condizioni tanto drammatiche, nel

94

— Non sentite nulla? – domandò di lì a poco.Il prete e il sindaco scossero il capo sospirando desola-tamente. – Non importa… io sì… Crostino ha la tosse!…E Michele Orcagna si lanciò a corsa disperata giù per unviottolo che conduceva in una macchia di castagni.— Crostino ha la tosse? – domandò don Lorenzo al sin-daco. – Che c'entra Crostino?Romeo Gualandi si strinse nelle spalle.— Che vuol che sappia, io?

* * *

Si avviarono giù per la viottola: ma arrivati a mezzosentirono le urla di Michele Orcagna che pareva còltoda un accesso di frenesia feroce.— Ah!… brutto maledetto! Ah! luridissimo animale!Canaglia, brigante, ladro!… Ti schiaccerò la testa a pu-gni, mostro schifoso! Scendi giù… Scendi giù… caro-gna!…Romeo Gualandi e don Lorenzo si precipitarono verso illuogo ove si era fermato Michele, il quale, evidentemen-te in preda a un furore tremendo ballava come un burat-tino e avventava i pugni in aria, come se avesse volutocolpire un nemico invisibile. Ma il nemico c'era, il ne-mico era Crostino, il giovane gorilla che Michele Orca-gna aveva adottato in condizioni tanto drammatiche, nel

94

fondo di una foresta africana!… Crostino se ne stavaadesso dolcemente accoccolato in una inforcatura deirami di un enorme castagno: e tossiva per la commozio-ne e per la gioia. Perché aveva accanto a sé… orribile adirsi! la signora Flavia, l'infelice signora Flavia, pallida,spaurita, con i capelli scarmigliati, le vesti stracciate…E Crostino, l'odioso Crostino, spingeva il suo ardimentofino ad offrirle, con mossa odiosamente sdolcinata, unfico! un piccolo fico, l'ultimo fico della stagione, strap-pato a un venerando albero dell'orto… Lo spettacolo eraripugnante e tragico a un tempo. Michele Orcagna levòdi tasca la sua pistola e mirò, freddamente, il ventre diCrostino.— O scendi, o tiro! – avvertì il grande esploratore convoce fatta metallica dall'impazienza.Crostino discese piano piano e venne a strisciare umil-mente ai piedi di Michele.Allora, aiutata dal fattore e da Romeo, anche la poverasignora Flavia poté discendere dall'albero.Subito tutti le furono intorno e l'affollarono di domandecuriose. Ma ella se la cavò con poche parole:

95

fondo di una foresta africana!… Crostino se ne stavaadesso dolcemente accoccolato in una inforcatura deirami di un enorme castagno: e tossiva per la commozio-ne e per la gioia. Perché aveva accanto a sé… orribile adirsi! la signora Flavia, l'infelice signora Flavia, pallida,spaurita, con i capelli scarmigliati, le vesti stracciate…E Crostino, l'odioso Crostino, spingeva il suo ardimentofino ad offrirle, con mossa odiosamente sdolcinata, unfico! un piccolo fico, l'ultimo fico della stagione, strap-pato a un venerando albero dell'orto… Lo spettacolo eraripugnante e tragico a un tempo. Michele Orcagna levòdi tasca la sua pistola e mirò, freddamente, il ventre diCrostino.— O scendi, o tiro! – avvertì il grande esploratore convoce fatta metallica dall'impazienza.Crostino discese piano piano e venne a strisciare umil-mente ai piedi di Michele.Allora, aiutata dal fattore e da Romeo, anche la poverasignora Flavia poté discendere dall'albero.Subito tutti le furono intorno e l'affollarono di domandecuriose. Ma ella se la cavò con poche parole:

95

…aveva accanto a sé… orribile a dirsi! la signoraFlavia, l'infelice signora Flavia, pallida, spaurita…

96

…aveva accanto a sé… orribile a dirsi! la signoraFlavia, l'infelice signora Flavia, pallida, spaurita…

96

— Dormivo… quando all'alba, ho sentito aprirsi la fine-stra… e ho veduto entrare nella stanza quella scimmiac-cia… È stato un attimo. Volevo resistere, chiamare gen-te. Non m'è stato possibile. Con un salto mi ha agguan-tata, mi ha caricata su le spalle e portata fuori… È unanimalaccio furbo! Temendo che potessi gridare mi hachiuso la bocca con quella sua manaccia indecente! Poimi ha trascinata ai piedi di quell'albero e ha voluto perforza che mangiassi due marroni d'India!… Alla fine miha sollevata fin su l'albero… E mi ha imposto una cosaorrenda! una cosa che non potrò mai dimenticare nellavita!!… quella di grattargli la testa!… Che umiliazione,gente mia!… In compenso voleva darmi un fico. Perfortuna siete venuti voialtri!…Michele Orcagna, dopo aver tirato un violentissimo cal-cio a Crostino che cominciò a mugolare e a frignarecome un bambino, si volse agli ospiti e disse dolcemen-te:— Ero venuto per trascorrere con voi qualche giorno.Mi sorrideva il pensiero di vivere per un po' di tempo,dopo tante avventure tristi e pericolose, la vostra quietavita familiare. Crostino, col suo atto ignobile di briganteimbecille, mi toglie la possibilità di gustare questa gioia.Dovrei ucciderlo. Ma ho sempre il cuore oppresso dalrimorso di avere ucciso i suoi genitori… là, in quella fo-resta remota… nel fondo dell'Africa equatoriale. Voi micomprendete. Vi chiedo perdono per lui. È un luridissi-mo bruto: una scimmia abominevole. Sarò costretto, per

97

— Dormivo… quando all'alba, ho sentito aprirsi la fine-stra… e ho veduto entrare nella stanza quella scimmiac-cia… È stato un attimo. Volevo resistere, chiamare gen-te. Non m'è stato possibile. Con un salto mi ha agguan-tata, mi ha caricata su le spalle e portata fuori… È unanimalaccio furbo! Temendo che potessi gridare mi hachiuso la bocca con quella sua manaccia indecente! Poimi ha trascinata ai piedi di quell'albero e ha voluto perforza che mangiassi due marroni d'India!… Alla fine miha sollevata fin su l'albero… E mi ha imposto una cosaorrenda! una cosa che non potrò mai dimenticare nellavita!!… quella di grattargli la testa!… Che umiliazione,gente mia!… In compenso voleva darmi un fico. Perfortuna siete venuti voialtri!…Michele Orcagna, dopo aver tirato un violentissimo cal-cio a Crostino che cominciò a mugolare e a frignarecome un bambino, si volse agli ospiti e disse dolcemen-te:— Ero venuto per trascorrere con voi qualche giorno.Mi sorrideva il pensiero di vivere per un po' di tempo,dopo tante avventure tristi e pericolose, la vostra quietavita familiare. Crostino, col suo atto ignobile di briganteimbecille, mi toglie la possibilità di gustare questa gioia.Dovrei ucciderlo. Ma ho sempre il cuore oppresso dalrimorso di avere ucciso i suoi genitori… là, in quella fo-resta remota… nel fondo dell'Africa equatoriale. Voi micomprendete. Vi chiedo perdono per lui. È un luridissi-mo bruto: una scimmia abominevole. Sarò costretto, per

97

non sfigurare per lui, a vivere nei paesi più remoti emeno civili. Posso io entrare in una città – sia purenell'ultima delle città di provincia – con questo mascal-zone accanto? Ditelo voi. No: non è possibile. Mi rasse-gno. Me ne vado. Riprendo il mio viaggio. A te, Romeo,lascio l'uovo dello pterodattilo; alla signora Flavia ilcuore della principessa egiziana: tutti i miei tesori per ri-cordo! Addio!Romeo voleva dire qualche parola di convenienza, manon ne ebbe la forza. Don Lorenzo storse la bocca. Lasignora Flavia sospirò. Soltanto Scricciolo disse:— Non vada via, ora c'è la caccia dei tordi!…Michele Orcagna sorrise. Carezzò la testolina ricciuta diScricciolo, tirò un altro calcio a Crostino e riprese, conpassi lenti e solenni, la via della villa.Prima dell'ora di colazione rimontò con Crostino nellasua automobile e partì, mentre Bubi si preparava a se-guirlo a bordo del gigantesco camion. La breve parente-si avventurosa e fantastica si chiuse, per gli abitatoridella villa della ‘Lodola’…Almeno, così credettero il sindaco Romeo e la signoraFlavia.Ma dimenticavano che Michele aveva lasciato lorol'uovo di pterodattilo e il cuore mummificato!E che ormai in paese tutti sapevano del rapimento! Ciaveva pensato quella birba di Scricciolo a diffondere la

98

non sfigurare per lui, a vivere nei paesi più remoti emeno civili. Posso io entrare in una città – sia purenell'ultima delle città di provincia – con questo mascal-zone accanto? Ditelo voi. No: non è possibile. Mi rasse-gno. Me ne vado. Riprendo il mio viaggio. A te, Romeo,lascio l'uovo dello pterodattilo; alla signora Flavia ilcuore della principessa egiziana: tutti i miei tesori per ri-cordo! Addio!Romeo voleva dire qualche parola di convenienza, manon ne ebbe la forza. Don Lorenzo storse la bocca. Lasignora Flavia sospirò. Soltanto Scricciolo disse:— Non vada via, ora c'è la caccia dei tordi!…Michele Orcagna sorrise. Carezzò la testolina ricciuta diScricciolo, tirò un altro calcio a Crostino e riprese, conpassi lenti e solenni, la via della villa.Prima dell'ora di colazione rimontò con Crostino nellasua automobile e partì, mentre Bubi si preparava a se-guirlo a bordo del gigantesco camion. La breve parente-si avventurosa e fantastica si chiuse, per gli abitatoridella villa della ‘Lodola’…Almeno, così credettero il sindaco Romeo e la signoraFlavia.Ma dimenticavano che Michele aveva lasciato lorol'uovo di pterodattilo e il cuore mummificato!E che ormai in paese tutti sapevano del rapimento! Ciaveva pensato quella birba di Scricciolo a diffondere la

98

notizia. Una sciocchezza, vero? ma intanto, quando ilgiorno dopo la signora Flavia passò per il paese, le co-mari ammiccarono e gli uomini risero sotto i baffi. Nonaccade tutti i giorni alla Roccalbegna (veramente quelpaese non è la Roccalbegna: ma ormai si è convenuto dichiamarlo così!) non accade tutti i giorni, ripeto, che lasignora del sindaco sia rapita da un gorilla.

99

notizia. Una sciocchezza, vero? ma intanto, quando ilgiorno dopo la signora Flavia passò per il paese, le co-mari ammiccarono e gli uomini risero sotto i baffi. Nonaccade tutti i giorni alla Roccalbegna (veramente quelpaese non è la Roccalbegna: ma ormai si è convenuto dichiamarlo così!) non accade tutti i giorni, ripeto, che lasignora del sindaco sia rapita da un gorilla.

99

VIIIL'UOVO, LA DONNA E LO SCIEN-

ZIATO

Il sindaco di Roccalbegna, Romeo Gualandi, era, comeavemmo occasione di dire altra volta, un dilettante dibiologia e di scienze fisico-chimiche.Questa sua pacifica tendenza agli studi e ai complicatiproblemi che affliggono il cervello dei sapienti, gli ave-va procurato molti dispiaceri in famiglia. La signoraFlavia, donna soprattutto romantica, aborriva le sinistreesperienze del laboratorio e le formule brutali dellascienza investigatrice. Da questo aborrimento nascevanole inquietudini e i dissidi. Ella affermava solennementeche se avesse saputo quand'era ragazza di dover sposareun alchimista e un astrologo – espressioni letterali dellasignora Flavia – si sarebbe piuttosto buttata giù da qual-che greppo del Monte Amiata.Il signor Romeo rispondeva con calma, si difendeva: masoffriva crudelmente di questa spiccata fobia antiscienti-fica della sua dolce signora, e a volte, quando la sua fe-nomenale pazienza stava per cedere allo sdegno, egliprorompeva in frasi di questo genere:— Ma è possibile che mia moglie non senta il fascinosublime della chimica biologica?

100

VIIIL'UOVO, LA DONNA E LO SCIEN-

ZIATO

Il sindaco di Roccalbegna, Romeo Gualandi, era, comeavemmo occasione di dire altra volta, un dilettante dibiologia e di scienze fisico-chimiche.Questa sua pacifica tendenza agli studi e ai complicatiproblemi che affliggono il cervello dei sapienti, gli ave-va procurato molti dispiaceri in famiglia. La signoraFlavia, donna soprattutto romantica, aborriva le sinistreesperienze del laboratorio e le formule brutali dellascienza investigatrice. Da questo aborrimento nascevanole inquietudini e i dissidi. Ella affermava solennementeche se avesse saputo quand'era ragazza di dover sposareun alchimista e un astrologo – espressioni letterali dellasignora Flavia – si sarebbe piuttosto buttata giù da qual-che greppo del Monte Amiata.Il signor Romeo rispondeva con calma, si difendeva: masoffriva crudelmente di questa spiccata fobia antiscienti-fica della sua dolce signora, e a volte, quando la sua fe-nomenale pazienza stava per cedere allo sdegno, egliprorompeva in frasi di questo genere:— Ma è possibile che mia moglie non senta il fascinosublime della chimica biologica?

100

Queste e simili espressioni raddoppiavano il furore dellasignora Flavia.— Te la darei io sul groppone, vedi, la chimica biologi-ca! Faresti meglio a mettere la tassa di soggiorno sui fo-restieri, per ricordare alla gente, almeno, che tu sei ilsindaco!…Invano Romeo protestava che la tassa di soggiorno allaRoccalbegna era inapplicabile perché mancava il mate-riale tassabile, cioè il forestiero. La signora Flavia eracapace di ribattere:— E allora, perché non fai fabbricare un teatro? D'inver-no non si sa mai come passar le serate, e anche la mo-glie del farmacista dice che è una vergogna, e che tu nonfai nulla per rimettere la Roccalbegna sul cammino dellaciviltà.Romeo, sospirando, chiedeva un po' di aiuto al buonsenso.— Ma Flavia, rifletti un poco… un paese di montanaricome la Roccalbegna non può trovarsi sul cammino delprogresso… anche perché non può camminare.La filosofia stoica del sindaco, spesso, riusciva vincitri-ce nell'aspra battaglia, ma quelle erano vittorie di Pirro.Il povero Romeo tornava fra i suoi lambicchi e le suestorte con l'animo avvelenato. La scienza non gli sem-brava più tanto bella e la quiete del suo caro laboratoriogli pareva minacciosa come il silenzio dei sepolcretietruschi. Ah! quella benedetta signora Flavia! Era inuti-

101

Queste e simili espressioni raddoppiavano il furore dellasignora Flavia.— Te la darei io sul groppone, vedi, la chimica biologi-ca! Faresti meglio a mettere la tassa di soggiorno sui fo-restieri, per ricordare alla gente, almeno, che tu sei ilsindaco!…Invano Romeo protestava che la tassa di soggiorno allaRoccalbegna era inapplicabile perché mancava il mate-riale tassabile, cioè il forestiero. La signora Flavia eracapace di ribattere:— E allora, perché non fai fabbricare un teatro? D'inver-no non si sa mai come passar le serate, e anche la mo-glie del farmacista dice che è una vergogna, e che tu nonfai nulla per rimettere la Roccalbegna sul cammino dellaciviltà.Romeo, sospirando, chiedeva un po' di aiuto al buonsenso.— Ma Flavia, rifletti un poco… un paese di montanaricome la Roccalbegna non può trovarsi sul cammino delprogresso… anche perché non può camminare.La filosofia stoica del sindaco, spesso, riusciva vincitri-ce nell'aspra battaglia, ma quelle erano vittorie di Pirro.Il povero Romeo tornava fra i suoi lambicchi e le suestorte con l'animo avvelenato. La scienza non gli sem-brava più tanto bella e la quiete del suo caro laboratoriogli pareva minacciosa come il silenzio dei sepolcretietruschi. Ah! quella benedetta signora Flavia! Era inuti-

101

le: leggeva troppi romanzi, troppi romanzi… Così sigonfiava il cervello e non lasciava più beneavere nessu-no…Qualche giorno dopo la partenza di Michele Orcagna, ilgrande esploratore, dalla villa, Romeo si ricordòdell'uovo di pterodattilo. Come sapete, Michele avevalasciato agli ospiti, per suo gradito ricordo, un uovo dipterodattilo e il cuore mummificato di una principessaegiziana. Il cuore era stato chiuso in una cassetta e mes-so nella stanza di sbratto e l'uovo aveva avuto un postod'onore nel salotto da pranzo, perché era bello, così li-scio liscio, così perfetto di forme, così ben colorito digiallo e di macchioline verdi…Ma Romeo, quella mattina, fu còlto da uno scrupoloscientifico.— Lasciare… come soprammobile… nel salotto dapranzo… un ovo antidiluviano… un ovo di pterodattilo,di animale che non era né rettile né uccello, ma che ave-va i denti come i coccodrilli, le ali come le nottole, e co-vava le ova come le galline? Ma è roba dell'altro mon-do. Che cosa direbbero i professori di paleontologia del-la mia ignoranza, della mia trascuratezza, se io lasciassiancora… fra i servizi di porcellana e le bottigliequest'ovo straordinario?E il buon Romeo commosso e scandalizzato dai suoistessi rimproveri agguantò con molta precauzione l'uovodi pterodattilo e se lo portò nel laboratorio. E qui entrò

102

le: leggeva troppi romanzi, troppi romanzi… Così sigonfiava il cervello e non lasciava più beneavere nessu-no…Qualche giorno dopo la partenza di Michele Orcagna, ilgrande esploratore, dalla villa, Romeo si ricordòdell'uovo di pterodattilo. Come sapete, Michele avevalasciato agli ospiti, per suo gradito ricordo, un uovo dipterodattilo e il cuore mummificato di una principessaegiziana. Il cuore era stato chiuso in una cassetta e mes-so nella stanza di sbratto e l'uovo aveva avuto un postod'onore nel salotto da pranzo, perché era bello, così li-scio liscio, così perfetto di forme, così ben colorito digiallo e di macchioline verdi…Ma Romeo, quella mattina, fu còlto da uno scrupoloscientifico.— Lasciare… come soprammobile… nel salotto dapranzo… un ovo antidiluviano… un ovo di pterodattilo,di animale che non era né rettile né uccello, ma che ave-va i denti come i coccodrilli, le ali come le nottole, e co-vava le ova come le galline? Ma è roba dell'altro mon-do. Che cosa direbbero i professori di paleontologia del-la mia ignoranza, della mia trascuratezza, se io lasciassiancora… fra i servizi di porcellana e le bottigliequest'ovo straordinario?E il buon Romeo commosso e scandalizzato dai suoistessi rimproveri agguantò con molta precauzione l'uovodi pterodattilo e se lo portò nel laboratorio. E qui entrò

102

purtroppo in ballo la scienza biologica.Perché Romeo ebbe, improvvisamente, l'idea che l'uovofosse ancora… vivo.— Michele Orcagna ha detto che Crostino tolse dal nidoquest'ovo, dopo essersi bevuto gli altri. Nel nido covavala femmina dello pterodattilo. Se covava è segno che ilsuo istinto di madre le imponeva di covare. Dunque nonsolo quest'ovo era fresco pochi mesi fa, ma era anche incondizione di schiudersi. Il germe dell'ovo è propriomorto? Si crede comunemente che la vitalità dei primianimali che abitarono la terra fosse singolarmente tena-ce… chi sa!Un bel sorriso illuminò la faccia ossuta di Romeo.— Se provassi a mettere in una macchina incubatricequest'ovo?Pronunciando queste parole Romeo ebbe quasi orroredella propria audacia e si guardò intorno, per la paura diesser stato ascoltato.— Un uovo di pterodattilo… come un uovo di gallina…in una incubatrice? No, no, impossibile. Cioè: non esa-geriamo. Impossibile no. Tutto sta a vedere se il germesia vivo ancora. E che io sappia indovinare il grado dicalore necessario allo sviluppo del germe e alla nascitadel pulcino. Quale sarà stata la temperatura dei rettili delperiodo terziario e cretaceo? Senza dubbio altissima…molti dei nostri uccelli hanno una temperatura di 39 e 40gradi… Chi sa! i sauriani dell'età carbonifera avranno

103

purtroppo in ballo la scienza biologica.Perché Romeo ebbe, improvvisamente, l'idea che l'uovofosse ancora… vivo.— Michele Orcagna ha detto che Crostino tolse dal nidoquest'ovo, dopo essersi bevuto gli altri. Nel nido covavala femmina dello pterodattilo. Se covava è segno che ilsuo istinto di madre le imponeva di covare. Dunque nonsolo quest'ovo era fresco pochi mesi fa, ma era anche incondizione di schiudersi. Il germe dell'ovo è propriomorto? Si crede comunemente che la vitalità dei primianimali che abitarono la terra fosse singolarmente tena-ce… chi sa!Un bel sorriso illuminò la faccia ossuta di Romeo.— Se provassi a mettere in una macchina incubatricequest'ovo?Pronunciando queste parole Romeo ebbe quasi orroredella propria audacia e si guardò intorno, per la paura diesser stato ascoltato.— Un uovo di pterodattilo… come un uovo di gallina…in una incubatrice? No, no, impossibile. Cioè: non esa-geriamo. Impossibile no. Tutto sta a vedere se il germesia vivo ancora. E che io sappia indovinare il grado dicalore necessario allo sviluppo del germe e alla nascitadel pulcino. Quale sarà stata la temperatura dei rettili delperiodo terziario e cretaceo? Senza dubbio altissima…molti dei nostri uccelli hanno una temperatura di 39 e 40gradi… Chi sa! i sauriani dell'età carbonifera avranno

103

avuto 45, 50 gradi di temperatura… Eccetto che nonfossero animali a sangue freddo… È possibile. I rettilimoderni sono appunto animali a sangue freddo. In talcaso basterebbe un calore moderatissimo… No, non èvero. Le uova dei coccodrilli si schiudono al sole…Le riflessioni e i dubbi scientifici durarono a lungo: tan-to a lungo che a poco a poco la luce del giorno disparvedal laboratorio e Romeo rimase ad almanaccare nelle te-nebre fitte.

* * *

Fu sorpreso in quel buio, con l'uovo in mano e il naso inaria, dalla signora Flavia, che dopo aver girato la chia-vetta della luce elettrica balzò nel laboratorio come unatigre urlando:— Ma che fai? La minestra è diventata una pappa!…Possibile che tu non ricordi neanche di mangiare?…Romeo sospirò, depose l'uovo sul banco e mogio mogioseguì l'inferocita signora nel salotto da pranzo. Questosilenzio e questa rassegnazione fecero stupire e stizzirela sora Flavia che riprese con violenza progressivamenteaccelerata l'offensiva contro lo sposo.Romeo Gualandi tuffò il naso nel piatto e tacque ancora,tacque sempre. In realtà egli era lontano: la sua fantasiavagava nei dintorni di quel misterioso laghetto, nel cen-tro della foresta equatoriale, dove Michele aveva cono-sciuto il plesiosauro: e rievocava le strane forme della

104

avuto 45, 50 gradi di temperatura… Eccetto che nonfossero animali a sangue freddo… È possibile. I rettilimoderni sono appunto animali a sangue freddo. In talcaso basterebbe un calore moderatissimo… No, non èvero. Le uova dei coccodrilli si schiudono al sole…Le riflessioni e i dubbi scientifici durarono a lungo: tan-to a lungo che a poco a poco la luce del giorno disparvedal laboratorio e Romeo rimase ad almanaccare nelle te-nebre fitte.

* * *

Fu sorpreso in quel buio, con l'uovo in mano e il naso inaria, dalla signora Flavia, che dopo aver girato la chia-vetta della luce elettrica balzò nel laboratorio come unatigre urlando:— Ma che fai? La minestra è diventata una pappa!…Possibile che tu non ricordi neanche di mangiare?…Romeo sospirò, depose l'uovo sul banco e mogio mogioseguì l'inferocita signora nel salotto da pranzo. Questosilenzio e questa rassegnazione fecero stupire e stizzirela sora Flavia che riprese con violenza progressivamenteaccelerata l'offensiva contro lo sposo.Romeo Gualandi tuffò il naso nel piatto e tacque ancora,tacque sempre. In realtà egli era lontano: la sua fantasiavagava nei dintorni di quel misterioso laghetto, nel cen-tro della foresta equatoriale, dove Michele aveva cono-sciuto il plesiosauro: e rievocava le strane forme della

104

vita primordiale: e si tuffava insieme con l'ittiosauronelle acque profonde del lago, o si trascinava sulle spon-de con l'iguanodonte, o frullava nell'aria cheta, insiemecol gruppo degli pterodattili, animali orrendi e buffi, chedovevano aver messo a dura prova la bizzarria creatricedella natura.La signora Flavia dopo un certo tempo si alzò da tavola,gonfia d'ira e di vergogna. I torrenti di parole, le invetti-ve, le vociferazioni non avevano potuto scuotere, nem-meno per un attimo, il sindaco di Roccalbegna. Era statocome tirare migliaia di pallottole di carta contro l'elmet-to di un soldato.— Non c'è neanche soddisfazione a… discutere con te!– brontolò alla fine esausta, la signora Flavia. – Sembriun pezzo di legno!… –. E andò a letto invocando ad al-tissima voce la protezione del cielo contro un uomo tan-to insensibile e tanto infame, che le rendeva la vita uninferno, che non si curava di lei, che non la poteva vede-re, che aspettava con ansia la sua morte, ecc… ecc…Il buon Romeo non la sentì neanche. Prima di andarsenea letto si stropicciò le mani, e con accenno di soddisfa-zione, mormorò a sé stesso:— Forse hai ragione tu… in quel modo… si potrà vede-re…E tornò a chiudersi nel laboratorio.Quindici giorni dopo – sfidando altri numerosissimi egravissimi litigi con la signora Flavia – egli riuscì a met-

105

vita primordiale: e si tuffava insieme con l'ittiosauronelle acque profonde del lago, o si trascinava sulle spon-de con l'iguanodonte, o frullava nell'aria cheta, insiemecol gruppo degli pterodattili, animali orrendi e buffi, chedovevano aver messo a dura prova la bizzarria creatricedella natura.La signora Flavia dopo un certo tempo si alzò da tavola,gonfia d'ira e di vergogna. I torrenti di parole, le invetti-ve, le vociferazioni non avevano potuto scuotere, nem-meno per un attimo, il sindaco di Roccalbegna. Era statocome tirare migliaia di pallottole di carta contro l'elmet-to di un soldato.— Non c'è neanche soddisfazione a… discutere con te!– brontolò alla fine esausta, la signora Flavia. – Sembriun pezzo di legno!… –. E andò a letto invocando ad al-tissima voce la protezione del cielo contro un uomo tan-to insensibile e tanto infame, che le rendeva la vita uninferno, che non si curava di lei, che non la poteva vede-re, che aspettava con ansia la sua morte, ecc… ecc…Il buon Romeo non la sentì neanche. Prima di andarsenea letto si stropicciò le mani, e con accenno di soddisfa-zione, mormorò a sé stesso:— Forse hai ragione tu… in quel modo… si potrà vede-re…E tornò a chiudersi nel laboratorio.Quindici giorni dopo – sfidando altri numerosissimi egravissimi litigi con la signora Flavia – egli riuscì a met-

105

tere insieme una macchina di sua invenzione che classi-ficò tra gli apparecchi speciali per l'incubazione delleuova di rettili anti-diluviani. Non faremo il torto al letto-re di spiegargli troppo minutamente la macchina. Unagrossa campana di vetro, una specie di grande termofo-ro, un distributore d'aria calda regolabile, un filtro perl'assorbimento del gas acido carbonico; il tutto conge-gnato con discreto senso pratico: questo, press'a poco,era l'apparecchio del signor Romeo, che meriterebbe,sinceramente, di essere riscattato dal nostro Governo eregalato a qualche Museo di Scienze naturali, nonfoss'altro come curiosità.Il signor Gualandi, nella sera memorabile del 28 ottobre1924, collocò nella campana di vetro l'uovo di pterodat-tilo, mise i contatti della macchina termica, e andò acena. Si sentiva commosso e soddisfatto. Sperava! Checosa? Non osava dirselo chiaramente: la formula dellasperanza era come seppellita nel segreto del suo cuore.Chissà!… Se davvero l'uovo si fosse dischiuso… Già.Ma bisognava che nessuno sapesse. Specie la signoraFlavia, altrimenti, guai!

* * *

Nel salotto da pranzo, invece della tumultuosa consorte,notò il placido don Lorenzo che lo salutò piuttosto fred-damente.— Buona sera, don Lorenzo… avete visto la Flavia?

106

tere insieme una macchina di sua invenzione che classi-ficò tra gli apparecchi speciali per l'incubazione delleuova di rettili anti-diluviani. Non faremo il torto al letto-re di spiegargli troppo minutamente la macchina. Unagrossa campana di vetro, una specie di grande termofo-ro, un distributore d'aria calda regolabile, un filtro perl'assorbimento del gas acido carbonico; il tutto conge-gnato con discreto senso pratico: questo, press'a poco,era l'apparecchio del signor Romeo, che meriterebbe,sinceramente, di essere riscattato dal nostro Governo eregalato a qualche Museo di Scienze naturali, nonfoss'altro come curiosità.Il signor Gualandi, nella sera memorabile del 28 ottobre1924, collocò nella campana di vetro l'uovo di pterodat-tilo, mise i contatti della macchina termica, e andò acena. Si sentiva commosso e soddisfatto. Sperava! Checosa? Non osava dirselo chiaramente: la formula dellasperanza era come seppellita nel segreto del suo cuore.Chissà!… Se davvero l'uovo si fosse dischiuso… Già.Ma bisognava che nessuno sapesse. Specie la signoraFlavia, altrimenti, guai!

* * *

Nel salotto da pranzo, invece della tumultuosa consorte,notò il placido don Lorenzo che lo salutò piuttosto fred-damente.— Buona sera, don Lorenzo… avete visto la Flavia?

106

— La signora Flavia – corresse con voce lugubre donLorenzo, – mi ha incaricato di dirvi che non verrà acena.— O dove è andata?— Si è ritirata in camera.— Si sentiva male?— Sì.Romeo fissò don Lorenzo con aria interrogativa.Il parroco credette opportuno di cambiar tono e ne as-sunse uno profondamente patetico.— Signor Romeo, io vi voglio bene…— Anch'io…— Vi ho voluto bene fin da quando eravate giovinetto etutti dicevano che eravate un discolo…— Perché andavo a Siena in bicicletta tutte le settimane!— Capirete… andare a Siena in bicicletta, tutte le setti-mane, non è una cosa tanto semplice… Sapete com'èfatta la gente nei paesi. Si comincia a mormorare, a rica-marci sopra e aggiungine una oggi, mettine un'altra do-mani, uno si trova addosso una fama di scavezzacollosenza che nemmeno se ne avveda. Ma ora è acqua pas-sata. Mi permettete di parlarvi così, col cuore su la pal-ma della mano?

107

— La signora Flavia – corresse con voce lugubre donLorenzo, – mi ha incaricato di dirvi che non verrà acena.— O dove è andata?— Si è ritirata in camera.— Si sentiva male?— Sì.Romeo fissò don Lorenzo con aria interrogativa.Il parroco credette opportuno di cambiar tono e ne as-sunse uno profondamente patetico.— Signor Romeo, io vi voglio bene…— Anch'io…— Vi ho voluto bene fin da quando eravate giovinetto etutti dicevano che eravate un discolo…— Perché andavo a Siena in bicicletta tutte le settimane!— Capirete… andare a Siena in bicicletta, tutte le setti-mane, non è una cosa tanto semplice… Sapete com'èfatta la gente nei paesi. Si comincia a mormorare, a rica-marci sopra e aggiungine una oggi, mettine un'altra do-mani, uno si trova addosso una fama di scavezzacollosenza che nemmeno se ne avveda. Ma ora è acqua pas-sata. Mi permettete di parlarvi così, col cuore su la pal-ma della mano?

107

…collocò nella campana di vetro l'uovo di pterodattilo,mise i contatti della macchina termica, e andò a cena.

108

…collocò nella campana di vetro l'uovo di pterodattilo,mise i contatti della macchina termica, e andò a cena.

108

— Ma figuratevi, don Lorenzo… Soltanto ecco, io houn appetito, e… la minestra si raffredda… Se volete fa-vorire anche voi… So che la minestra di magro vi va…a fagiolo…— Gradirò tanto per farvi piacere. Ma statemi a sentire;la signora Flavia vuole chiamare un avvocato. È un affarserio.— Un avvocato? E per farne che?— Per commettergli una causa.— Una causa?— Contro di voi, per separazione, intendete, figliuolomio? Separazione legale. Una cosa da fare inorridire.Sarebbe uno scandalo. Uno scandalo grosso!Romeo lasciò cadere il cucchiaio nella minestra.— Mia moglie vuole la separazione? Con l'avvocato?Ma perché, dico io!— Perché dice che con voi la vita è diventata impossibi-le. Chiederà la separazione per… per… come si dice?Per incompatibilità di carattere.— Ma se io sto sempre zitto! Se non le do il minimomotivo… Lei, piuttosto… lei non mi lascia mai respira-re! E brontola, e brontola, peggio di una macchina pertrebbiare il grano! Io non fo niente di male: lavoro…— Ecco il punto! – gridò don Lorenzo, puntando il ditocontro Romeo – voi lavorate! E dove?

109

— Ma figuratevi, don Lorenzo… Soltanto ecco, io houn appetito, e… la minestra si raffredda… Se volete fa-vorire anche voi… So che la minestra di magro vi va…a fagiolo…— Gradirò tanto per farvi piacere. Ma statemi a sentire;la signora Flavia vuole chiamare un avvocato. È un affarserio.— Un avvocato? E per farne che?— Per commettergli una causa.— Una causa?— Contro di voi, per separazione, intendete, figliuolomio? Separazione legale. Una cosa da fare inorridire.Sarebbe uno scandalo. Uno scandalo grosso!Romeo lasciò cadere il cucchiaio nella minestra.— Mia moglie vuole la separazione? Con l'avvocato?Ma perché, dico io!— Perché dice che con voi la vita è diventata impossibi-le. Chiederà la separazione per… per… come si dice?Per incompatibilità di carattere.— Ma se io sto sempre zitto! Se non le do il minimomotivo… Lei, piuttosto… lei non mi lascia mai respira-re! E brontola, e brontola, peggio di una macchina pertrebbiare il grano! Io non fo niente di male: lavoro…— Ecco il punto! – gridò don Lorenzo, puntando il ditocontro Romeo – voi lavorate! E dove?

109

— Come? Dove? Dove voglio. Nel mio laboratorio.— Benissimo, la vostra franchezza mi piace. Bravo!Soltanto non dovete lavorare nel… laboratorio. Ci statetroppe ore del giorno, vi ci chiudete troppo… Doveteconvenire che non è una cosa naturale…Il buon Romeo arrossì fino alla punta delle orecchie.— Ma che cosa può importare a mia moglie… – comin-ciò a fior di labbra. E subito don Lorenzo riprese conenergia:— Una brava, una degna compagna non può permettereche il proprio marito si chiuda tutti i giorni in un labora-torio. Ci deve essere qualche cosa sotto, dice lei. E que-sto penso anch'io: ci deve essere qualche cosa sotto. Conme voi potete confidarvi, caro signor Romeo… Voi co-vate qualche cosa! Parlate, siate franco… Vedrò io diaccomodare tutto per il meglio…Romeo diede in una risata nervosa, poi riempì un bic-chiere di vino e lo alzò fino alle sue pupille, per guarda-re il lampadario attraverso quel gran rubino liquido.Alla fine bisbigliò, in tono di mistero e di promessa:— È vero, qualche cosa sta covando nel laboratorio, perora non posso parlare. Ma di qui a pochi giorni… sapre-te tutto! Sarà una gran meraviglia per voi, per Flavia.Ma bisognerà tenere segreta la faccenda… eh, sì! pervia che in paese sono troppi gli ignoranti… Chissà checosa direbbero… Don Lorenzo, vi assicuro che ci saràda divertirsi, da ridere, da pensare.

110

— Come? Dove? Dove voglio. Nel mio laboratorio.— Benissimo, la vostra franchezza mi piace. Bravo!Soltanto non dovete lavorare nel… laboratorio. Ci statetroppe ore del giorno, vi ci chiudete troppo… Doveteconvenire che non è una cosa naturale…Il buon Romeo arrossì fino alla punta delle orecchie.— Ma che cosa può importare a mia moglie… – comin-ciò a fior di labbra. E subito don Lorenzo riprese conenergia:— Una brava, una degna compagna non può permettereche il proprio marito si chiuda tutti i giorni in un labora-torio. Ci deve essere qualche cosa sotto, dice lei. E que-sto penso anch'io: ci deve essere qualche cosa sotto. Conme voi potete confidarvi, caro signor Romeo… Voi co-vate qualche cosa! Parlate, siate franco… Vedrò io diaccomodare tutto per il meglio…Romeo diede in una risata nervosa, poi riempì un bic-chiere di vino e lo alzò fino alle sue pupille, per guarda-re il lampadario attraverso quel gran rubino liquido.Alla fine bisbigliò, in tono di mistero e di promessa:— È vero, qualche cosa sta covando nel laboratorio, perora non posso parlare. Ma di qui a pochi giorni… sapre-te tutto! Sarà una gran meraviglia per voi, per Flavia.Ma bisognerà tenere segreta la faccenda… eh, sì! pervia che in paese sono troppi gli ignoranti… Chissà checosa direbbero… Don Lorenzo, vi assicuro che ci saràda divertirsi, da ridere, da pensare.

110

IXLA NASCITA DI UN PULCINO

CHE AVEVA SEDICI MILIONI DIANNI

Dopo cena, Romeo Gualandi disse risolutamente a donLorenzo:— Voi siete uomo tale da mantenere un segreto. Fateconto ch'io mi confessi a voi. Voglio che sappiate tutto!Don Lorenzo, per non compromettersi troppo, bisbigliò:— Voi siete libero di fare quello che vi suggerisce ilcuore. Io non vi voglio forzare… Qui non si tratta diconfessione, capite? Ho parlato per il vostro bene, per ildesiderio di vedervi in buona pace con la signora Flavia.Pensate che la vita è breve: le ore passano, purtroppo,inesorabili: e ricordate che vulnerant omnes ultima ne-cat.Il sindaco della Roccalbegna scosse il capo, e la suagran capigliatura di stoppa si agitò come la vetta di unolmo scosso dal vento.— No… no… sono io, io, intendete? che ho bisogno diconfidarmi con voi, che ho bisogno di offrirvi un po' delmio segreto… Forse, quando saprete quello che so io…mi comprenderete e mi aiuterete a scongiurare la cata-

111

IXLA NASCITA DI UN PULCINO

CHE AVEVA SEDICI MILIONI DIANNI

Dopo cena, Romeo Gualandi disse risolutamente a donLorenzo:— Voi siete uomo tale da mantenere un segreto. Fateconto ch'io mi confessi a voi. Voglio che sappiate tutto!Don Lorenzo, per non compromettersi troppo, bisbigliò:— Voi siete libero di fare quello che vi suggerisce ilcuore. Io non vi voglio forzare… Qui non si tratta diconfessione, capite? Ho parlato per il vostro bene, per ildesiderio di vedervi in buona pace con la signora Flavia.Pensate che la vita è breve: le ore passano, purtroppo,inesorabili: e ricordate che vulnerant omnes ultima ne-cat.Il sindaco della Roccalbegna scosse il capo, e la suagran capigliatura di stoppa si agitò come la vetta di unolmo scosso dal vento.— No… no… sono io, io, intendete? che ho bisogno diconfidarmi con voi, che ho bisogno di offrirvi un po' delmio segreto… Forse, quando saprete quello che so io…mi comprenderete e mi aiuterete a scongiurare la cata-

111

strofe. Voi vi adoprerete a placare mia moglie. Pensate,don Lorenzo, che io lavoro per il bene dell'umanità!Don Lorenzo fissò sbigottito Romeo Gualandi.— Badate, – mormorò poi flebilmente, – non vi fateprendere da certe esaltazioni pericolose. Anche i comu-nisti, Dio ci liberi! dicono di lavorare per il benedell'umanità…— Venite con me, don Lorenzo! – gridò eroicamente ilsindaco, alzandosi – venite e giudicate!— Dove andiamo?— Nel laboratorio!…Don Lorenzo si levò a malincuore perché aveva lasciatouna bottiglia a mezzo e, sospirando, seguì i passidell'ospite.Quando furono dinanzi alla porta del laboratorio, Ro-meo fece una domanda suprema al vecchio prete.— Don Lorenzo! Giuratemi che custodirete il segreto acosto della vita!— Allora, – balbettò don Lorenzo – non ne potrò parla-re con vostra moglie?— No!… Voi le parlerete… ma senza spiegarle nulla…Le direte che io merito la sua confidenza, il suo affet-to… Le direte… Insomma, le direte quello che vi piace-rà, ma non accennerete al mistero!— Farò come volete, figliuolo! Siete stato sempre un

112

strofe. Voi vi adoprerete a placare mia moglie. Pensate,don Lorenzo, che io lavoro per il bene dell'umanità!Don Lorenzo fissò sbigottito Romeo Gualandi.— Badate, – mormorò poi flebilmente, – non vi fateprendere da certe esaltazioni pericolose. Anche i comu-nisti, Dio ci liberi! dicono di lavorare per il benedell'umanità…— Venite con me, don Lorenzo! – gridò eroicamente ilsindaco, alzandosi – venite e giudicate!— Dove andiamo?— Nel laboratorio!…Don Lorenzo si levò a malincuore perché aveva lasciatouna bottiglia a mezzo e, sospirando, seguì i passidell'ospite.Quando furono dinanzi alla porta del laboratorio, Ro-meo fece una domanda suprema al vecchio prete.— Don Lorenzo! Giuratemi che custodirete il segreto acosto della vita!— Allora, – balbettò don Lorenzo – non ne potrò parla-re con vostra moglie?— No!… Voi le parlerete… ma senza spiegarle nulla…Le direte che io merito la sua confidenza, il suo affet-to… Le direte… Insomma, le direte quello che vi piace-rà, ma non accennerete al mistero!— Farò come volete, figliuolo! Siete stato sempre un

112

tipo così strano!… Basta… Pur di vedervi contento…— Giurate?— Ma sì, giuro!Entrarono.Romeo girò la chiavetta della luce e con un gesto ampioindicò la grossa campana che serviva da incubatriceall'uovo di pterodattilo.— Ecco, don Lorenzo – egli disse con voce grave – eadesso… giudicatemi!Don Lorenzo si accostò con molta diffidenza alla mac-china misteriosa: guardò a lungo; e non riuscendo a rac-capezzare niente, domandò al sindaco:— L'avete fabbricato voi?Romeo Gualandi, offeso, puntò gli occhietti cerulei nelvolto del prete.— Io? L'ho fabbricato io? Ma mi credete un mistificato-re? Questo è un uovo, un uovo naturale, come quello dalquale siamo nati io e voi. Un uovo più grande degli altri;ma un vero, un autentico uovo…— …di struzzo!— Di struzzo? don Lorenzo, e io sarei stato così imbe-cille da dedicare il mio tempo e sacrificare la pace dellamia famiglia a un volgarissimo uovo di struzzo? DonLorenzo, sentitemi bene: questo è un uovo di pterodatti-lo: un uovo di rettile del tempo secondario! E se io rie-

113

tipo così strano!… Basta… Pur di vedervi contento…— Giurate?— Ma sì, giuro!Entrarono.Romeo girò la chiavetta della luce e con un gesto ampioindicò la grossa campana che serviva da incubatriceall'uovo di pterodattilo.— Ecco, don Lorenzo – egli disse con voce grave – eadesso… giudicatemi!Don Lorenzo si accostò con molta diffidenza alla mac-china misteriosa: guardò a lungo; e non riuscendo a rac-capezzare niente, domandò al sindaco:— L'avete fabbricato voi?Romeo Gualandi, offeso, puntò gli occhietti cerulei nelvolto del prete.— Io? L'ho fabbricato io? Ma mi credete un mistificato-re? Questo è un uovo, un uovo naturale, come quello dalquale siamo nati io e voi. Un uovo più grande degli altri;ma un vero, un autentico uovo…— …di struzzo!— Di struzzo? don Lorenzo, e io sarei stato così imbe-cille da dedicare il mio tempo e sacrificare la pace dellamia famiglia a un volgarissimo uovo di struzzo? DonLorenzo, sentitemi bene: questo è un uovo di pterodatti-lo: un uovo di rettile del tempo secondario! E se io rie-

113

sco a farlo schiudere, divento l'uomo più famoso delmondo! Marconi dovrà ripiegare in buon ordine. Io avròregalato alla scienza l'esemplare vivo di un animale vis-suto centomila secoli or sono! Mi intendete, don Loren-zo!… Mi fanno una statua in ogni piazza, e il Governodovrà creare per me un nuovo ministero che io natural-mente presiederò: il ministero degli animali antidiluvia-ni…Don Lorenzo levò le mani verso il soffitto.— Gesù! che cosa mi tocca sentire! anche voi!… voi,povero il mio figliuolo! Quel pazzo stravagante di viag-giatore vi ha attaccato il suo male! Via, via… rientratein voi stesso… levate quell'uovo di gesso dalla campanadi vetro… è certamente un uovo di gesso… Quel signo-re…. come si chiama? Michele… Michele… beh, quel-lo lì… ha voluto farvi uno scherzo… è tanto strambo,pover'uomo! Chi sa come ride a quest'ora!Romeo Gualandi, senza badare alle chiacchiere del pre-te, si avvicinò alla macchina, guardò il termometro, emise un contatto che accendeva certe lampade collocatedi fianco all'uovo. L'esame parve confortarlo perché, su-bito dopo, con voce tremante, ma con accento soddisfat-to egli fece la seguente solenne dichiarazione:— Ho veduto l'involucro dell'embrione che sta indub-biamente sviluppandosi!… ho veduto l'allantoide! Hoindovinato, dunque, il grado di temperatura necessarioalla incubazione e allo sviluppo di questo uovo meravi-

114

sco a farlo schiudere, divento l'uomo più famoso delmondo! Marconi dovrà ripiegare in buon ordine. Io avròregalato alla scienza l'esemplare vivo di un animale vis-suto centomila secoli or sono! Mi intendete, don Loren-zo!… Mi fanno una statua in ogni piazza, e il Governodovrà creare per me un nuovo ministero che io natural-mente presiederò: il ministero degli animali antidiluvia-ni…Don Lorenzo levò le mani verso il soffitto.— Gesù! che cosa mi tocca sentire! anche voi!… voi,povero il mio figliuolo! Quel pazzo stravagante di viag-giatore vi ha attaccato il suo male! Via, via… rientratein voi stesso… levate quell'uovo di gesso dalla campanadi vetro… è certamente un uovo di gesso… Quel signo-re…. come si chiama? Michele… Michele… beh, quel-lo lì… ha voluto farvi uno scherzo… è tanto strambo,pover'uomo! Chi sa come ride a quest'ora!Romeo Gualandi, senza badare alle chiacchiere del pre-te, si avvicinò alla macchina, guardò il termometro, emise un contatto che accendeva certe lampade collocatedi fianco all'uovo. L'esame parve confortarlo perché, su-bito dopo, con voce tremante, ma con accento soddisfat-to egli fece la seguente solenne dichiarazione:— Ho veduto l'involucro dell'embrione che sta indub-biamente sviluppandosi!… ho veduto l'allantoide! Hoindovinato, dunque, il grado di temperatura necessarioalla incubazione e allo sviluppo di questo uovo meravi-

114

glioso, di quest'uovo unico e impareggiabile. Se anche ilpiccolo pterodattilo non nascerà vitale avremo almeno ilsuo pulcino… e anche questo basterà a sbalordire gliscienziati delle cinque parti del mondo!… Don Lorenzo,dite a mia moglie che tra poco ella sarà costretta ad an-dare gloriosa di me!…Don Lorenzo si turava le orecchie per non sentire.— Figliuolo, figliuolo, voi peccate di superbia! Dovre-ste cospargervi il capo di cenere e chieder perdono aDio!… Ma che vi pare!… Ostinarvi a ripetere le mani-polazioni eresiarche dei maghi del Medio Evo… Andia-mo via, Romeo… rientrate in voi stesso!… per l'amordel cielo…Ma quella sera il mite Romeo era in vena di fare l'uomoterribile. Stendendo la mano verso don Lorenzo urlò mi-nacciosamente:— Vi porterò a casa il piccolo pterodattilo e rideremoinsieme! Perché dovrete arrendervi all'evidenza, comeben disse Michele Orcagna! Io vi proverò che gli anima-li antidiluviani sono esistiti davvero!… ma serberemoper noi il glorioso mistero. La folla non deve saper nien-te. Niente! Questi villanacci ignoranti ci prenderebberoper due stregoni. Silenzio!Don Lorenzo a piccoli passi retrocedette fino all'usciodel laboratorio: ma quando fu sul limitare, con un saltoprecipitò in giardino e l'attraversò a salti, borbottandoconvulsamente:

115

glioso, di quest'uovo unico e impareggiabile. Se anche ilpiccolo pterodattilo non nascerà vitale avremo almeno ilsuo pulcino… e anche questo basterà a sbalordire gliscienziati delle cinque parti del mondo!… Don Lorenzo,dite a mia moglie che tra poco ella sarà costretta ad an-dare gloriosa di me!…Don Lorenzo si turava le orecchie per non sentire.— Figliuolo, figliuolo, voi peccate di superbia! Dovre-ste cospargervi il capo di cenere e chieder perdono aDio!… Ma che vi pare!… Ostinarvi a ripetere le mani-polazioni eresiarche dei maghi del Medio Evo… Andia-mo via, Romeo… rientrate in voi stesso!… per l'amordel cielo…Ma quella sera il mite Romeo era in vena di fare l'uomoterribile. Stendendo la mano verso don Lorenzo urlò mi-nacciosamente:— Vi porterò a casa il piccolo pterodattilo e rideremoinsieme! Perché dovrete arrendervi all'evidenza, comeben disse Michele Orcagna! Io vi proverò che gli anima-li antidiluviani sono esistiti davvero!… ma serberemoper noi il glorioso mistero. La folla non deve saper nien-te. Niente! Questi villanacci ignoranti ci prenderebberoper due stregoni. Silenzio!Don Lorenzo a piccoli passi retrocedette fino all'usciodel laboratorio: ma quando fu sul limitare, con un saltoprecipitò in giardino e l'attraversò a salti, borbottandoconvulsamente:

115

— È pazzo! è pazzo!

* * *

Manco a dirlo, Romeo trascorse la notte sopra una pol-trona, accanto alla macchina incubatrice.E da quella notte, per passare il tempo e calmar le sma-nie, il brav'uomo cominciò a scrivere alcuni appunti in-torno allo svolgimento dello straordinario fenomeno. Cicrederemmo i più volgari, i più perversi degli scrittoriitaliani se defraudassimo il nostro pubblico di questi im-portantissimi documenti umani, che riproducono al vivole ansie e il travaglio del sindaco di Roccalbegna, dilet-tante a tempo perso di scienze fisiche e biologiche. I do-cumenti, d'altra parte, non occuperanno un grande spa-zio.

3 novembre, notteAmmessa – e come non ammetterla, ormai? – l'esistenzadi animali dell'epoca secondaria in un angolo inesplora-to dell'Africa, io debbo attendere con tranquilla certezzalo sviluppo dell'uovo di pterodattilo.Ho elevato la temperatura nell'interno della campana in-cubatrice. Siamo a cinquanta gradi. Quando penso chealcuni scienziati racchiudono i limiti della vitalità tra lozero gradi e i quarantacinque gradi! E con questo ap-punto scientifico pretendono di dimostrare che in Martenon ci sono abitanti, perché la temperatura di quel pia-

116

— È pazzo! è pazzo!

* * *

Manco a dirlo, Romeo trascorse la notte sopra una pol-trona, accanto alla macchina incubatrice.E da quella notte, per passare il tempo e calmar le sma-nie, il brav'uomo cominciò a scrivere alcuni appunti in-torno allo svolgimento dello straordinario fenomeno. Cicrederemmo i più volgari, i più perversi degli scrittoriitaliani se defraudassimo il nostro pubblico di questi im-portantissimi documenti umani, che riproducono al vivole ansie e il travaglio del sindaco di Roccalbegna, dilet-tante a tempo perso di scienze fisiche e biologiche. I do-cumenti, d'altra parte, non occuperanno un grande spa-zio.

3 novembre, notteAmmessa – e come non ammetterla, ormai? – l'esistenzadi animali dell'epoca secondaria in un angolo inesplora-to dell'Africa, io debbo attendere con tranquilla certezzalo sviluppo dell'uovo di pterodattilo.Ho elevato la temperatura nell'interno della campana in-cubatrice. Siamo a cinquanta gradi. Quando penso chealcuni scienziati racchiudono i limiti della vitalità tra lozero gradi e i quarantacinque gradi! E con questo ap-punto scientifico pretendono di dimostrare che in Martenon ci sono abitanti, perché la temperatura di quel pia-

116

neta deve mantenersi costantemente sotto zero! Come sele esperienze di Raul Pictet non avessero dimostrato checerti pesci gelati in un blocco di ghiaccio a 15 gradi pos-sono, se riscaldati progressivamente, ritornare alla vita!E che le rane resistono a una temperatura di 28 gradi, imillepiedi di 50, le lumache di 120, i batteri di 200…Qui, poi, si tratta di 50 gradi. Ho sperato l'uovo!… Cheemozione! L'allantoide si gonfia…

4 novembre, notteL'allantoide seguita a gonfiarsi. Come mia moglie, delresto, perché questa sera, incontrandomi di sfuggita nel-lo studio mi ha tirato nella testa un romanzo di VirgilioBrocchi. Avesse almeno scelto un altro autore! Ma Vir-gilio Brocchi non scrive mai meno di 500 pagine…Ho un bernoccolo sul naso. Ma che m'importa? A mebasta di seguire lo sviluppo del mio capolavoro.

5 novembreNulla di nuovo. Mi pare che l'allantoide tenda a dimi-nuire. Comincia il periodo di regressione. Sono il più fe-lice degli uomini.

6 novembreHo ricevuto un severo richiamo dal Prefetto di Grossetoperché non ho festeggiato degnamente in paese il giornodella Vittoria. È vero, sono un funzionario colpevole.Sono un marito colpevole. Sono tutto quello che si vuo-

117

neta deve mantenersi costantemente sotto zero! Come sele esperienze di Raul Pictet non avessero dimostrato checerti pesci gelati in un blocco di ghiaccio a 15 gradi pos-sono, se riscaldati progressivamente, ritornare alla vita!E che le rane resistono a una temperatura di 28 gradi, imillepiedi di 50, le lumache di 120, i batteri di 200…Qui, poi, si tratta di 50 gradi. Ho sperato l'uovo!… Cheemozione! L'allantoide si gonfia…

4 novembre, notteL'allantoide seguita a gonfiarsi. Come mia moglie, delresto, perché questa sera, incontrandomi di sfuggita nel-lo studio mi ha tirato nella testa un romanzo di VirgilioBrocchi. Avesse almeno scelto un altro autore! Ma Vir-gilio Brocchi non scrive mai meno di 500 pagine…Ho un bernoccolo sul naso. Ma che m'importa? A mebasta di seguire lo sviluppo del mio capolavoro.

5 novembreNulla di nuovo. Mi pare che l'allantoide tenda a dimi-nuire. Comincia il periodo di regressione. Sono il più fe-lice degli uomini.

6 novembreHo ricevuto un severo richiamo dal Prefetto di Grossetoperché non ho festeggiato degnamente in paese il giornodella Vittoria. È vero, sono un funzionario colpevole.Sono un marito colpevole. Sono tutto quello che si vuo-

117

le. Ma il mio uovo! ah, il mio uovo… Io non ho più do-veri verso la patria, verso mia moglie, verso il mondo.Ho un solo dovere! Vigilare, come l'antica vestale vigi-lava il fuoco sacro, l'uovo sacro della scienza!

7 novembreForse è vero. In addietro sono stato anche troppo meti-coloso. Ho cercato sempre il pelo nell'uovo. Ma ora…ora, no! Io nell'uovo non cerco più il pelo. Cerco lo pte-rodattilo!

8 novembreHo diminuito la temperatura. Quarantacinque gradi.Credo che l'embrione sarà soddisfatto di questa piccoladelicata attenzione. Ah! perché non posso sprigionare ioun calore di almeno quaranta gradi? Io stesso mi asse-gnerei l'onore di covare l'uovo primordiale…

9 novembreSe non nasce il pulcino, muoio io!

10 novembreNulla.

11, 12, 13, 14 novembreSempre nulla. Ma quanti giorni d'incubazione sarannonecessari, mio Dio?

118

le. Ma il mio uovo! ah, il mio uovo… Io non ho più do-veri verso la patria, verso mia moglie, verso il mondo.Ho un solo dovere! Vigilare, come l'antica vestale vigi-lava il fuoco sacro, l'uovo sacro della scienza!

7 novembreForse è vero. In addietro sono stato anche troppo meti-coloso. Ho cercato sempre il pelo nell'uovo. Ma ora…ora, no! Io nell'uovo non cerco più il pelo. Cerco lo pte-rodattilo!

8 novembreHo diminuito la temperatura. Quarantacinque gradi.Credo che l'embrione sarà soddisfatto di questa piccoladelicata attenzione. Ah! perché non posso sprigionare ioun calore di almeno quaranta gradi? Io stesso mi asse-gnerei l'onore di covare l'uovo primordiale…

9 novembreSe non nasce il pulcino, muoio io!

10 novembreNulla.

11, 12, 13, 14 novembreSempre nulla. Ma quanti giorni d'incubazione sarannonecessari, mio Dio?

118

15 novembreMia moglie mi ha citato dinanzi al tribunale di Grosseto.Comincia la serie delle sventure. Fortunatamente,l'allantoide seguita a rimpicciolire.

16, 17, 18 novembreFuori nevica. La prima neve! La prima neve! Gli altrianni, andavo a caccia per prendere qualche raffreddoredi passaggio. Ora no. Il mio posto è qui, vicino al miouovo. Io cadrò, se sarà necessario, a fianco dell'uovo:ma nessuno potrà accusarmi di esser fuggito!

19 novembreL'uovo è sempre impassibile. Pare un uovo di gesso,come disse quella sera don Lorenzo…

20 novembreE se fosse un uovo di gesso? E allora, l'allantoide?

21 novembreMichele, Michele! Se fu fossi qui!…

22 novembreMi è parso di vedere entrare nel laboratorio, orrendo esilenzioso, un diplodoco, confratello del brontosauro.Quando finirà questa tortura? Il diplodoco si è accostatoa me, come se mi volesse divorare… Mi sono destato…Ho rivisto l'uovo… ma sono stanco. Molto stanco.

119

15 novembreMia moglie mi ha citato dinanzi al tribunale di Grosseto.Comincia la serie delle sventure. Fortunatamente,l'allantoide seguita a rimpicciolire.

16, 17, 18 novembreFuori nevica. La prima neve! La prima neve! Gli altrianni, andavo a caccia per prendere qualche raffreddoredi passaggio. Ora no. Il mio posto è qui, vicino al miouovo. Io cadrò, se sarà necessario, a fianco dell'uovo:ma nessuno potrà accusarmi di esser fuggito!

19 novembreL'uovo è sempre impassibile. Pare un uovo di gesso,come disse quella sera don Lorenzo…

20 novembreE se fosse un uovo di gesso? E allora, l'allantoide?

21 novembreMichele, Michele! Se fu fossi qui!…

22 novembreMi è parso di vedere entrare nel laboratorio, orrendo esilenzioso, un diplodoco, confratello del brontosauro.Quando finirà questa tortura? Il diplodoco si è accostatoa me, come se mi volesse divorare… Mi sono destato…Ho rivisto l'uovo… ma sono stanco. Molto stanco.

119

23 novembreSeguita a nevicare. L'uovo seguita a far… l'uovo. Io se-guito a guardare. Fino a quando?

24 novembreSono, ormai, ventisette giorni che…

25 novembre…ventotto giorni!

26 novembreDomani, se non succede nulla, darò fuoco al laboratorio.

27 novembreQuesta sera, entrando, ho provato uno spasimo. Mi pa-reva che l'uovo… si agitasse!

28 novembre, ore 22, 10Vittoria! Vittoria! L'uovo si è screpolato. Ho vinto. Sonoil più grand'uomo del secolo XX e forse anche del seco-lo XXI.

* * *

L'uovo, infatti, il 28 novembre alle 11 e un quarto disera si schiuse. Romeo Gualandi non poté resistere atanta gioia. Dopo aver alzato la campana di vetro e averdeposto con trepida cautela l'uovo nel mezzo di un enor-

120

23 novembreSeguita a nevicare. L'uovo seguita a far… l'uovo. Io se-guito a guardare. Fino a quando?

24 novembreSono, ormai, ventisette giorni che…

25 novembre…ventotto giorni!

26 novembreDomani, se non succede nulla, darò fuoco al laboratorio.

27 novembreQuesta sera, entrando, ho provato uno spasimo. Mi pa-reva che l'uovo… si agitasse!

28 novembre, ore 22, 10Vittoria! Vittoria! L'uovo si è screpolato. Ho vinto. Sonoil più grand'uomo del secolo XX e forse anche del seco-lo XXI.

* * *

L'uovo, infatti, il 28 novembre alle 11 e un quarto disera si schiuse. Romeo Gualandi non poté resistere atanta gioia. Dopo aver alzato la campana di vetro e averdeposto con trepida cautela l'uovo nel mezzo di un enor-

120

me mucchio di cotone idrofilo, si abbandonò, come uncorpo morto, su l'impiantito del laboratorio. E lì rimase,fino al giorno dopo. Ma quando ripigliò i sensi, qualespettacolo si offerse alla sua vista!Proprio in cima alla montagna di cotone, si drizzava unanimale indescrivibile, una specie di pipistrello con latesta enorme e gli occhi spropositati, e questo animalegoffo e spaventoso, poco più grande di un pollo, allun-gava il collo esile e tentava di agitare due ali sottili e tra-sparenti come due fogli di caucciù…— È proprio lui… lo riconosco!… – balbettò il poveroRomeo, che aveva perduto il cervello. – Com'è bello!Che tesoro! Bisogna che non muoia! La mia gloria è le-gata alla sua vita. Io stesso lo nutrirò… io sarò… la suaseconda madre!E nuovamente, il sindaco di Roccalbegna svenne mentreil piccolo pterodattilo batteva le ali tremante e allargavail tremendo becco per invocare il cibo.

121

me mucchio di cotone idrofilo, si abbandonò, come uncorpo morto, su l'impiantito del laboratorio. E lì rimase,fino al giorno dopo. Ma quando ripigliò i sensi, qualespettacolo si offerse alla sua vista!Proprio in cima alla montagna di cotone, si drizzava unanimale indescrivibile, una specie di pipistrello con latesta enorme e gli occhi spropositati, e questo animalegoffo e spaventoso, poco più grande di un pollo, allun-gava il collo esile e tentava di agitare due ali sottili e tra-sparenti come due fogli di caucciù…— È proprio lui… lo riconosco!… – balbettò il poveroRomeo, che aveva perduto il cervello. – Com'è bello!Che tesoro! Bisogna che non muoia! La mia gloria è le-gata alla sua vita. Io stesso lo nutrirò… io sarò… la suaseconda madre!E nuovamente, il sindaco di Roccalbegna svenne mentreil piccolo pterodattilo batteva le ali tremante e allargavail tremendo becco per invocare il cibo.

121

XIN CHE MODO PIRI-PIRI LASCIÒ

IL NIDO

Romeo uscì dal laboratorio col cuore in tumulto. Era fe-lice e commosso, ma era anche sbalordito. Mai, neanchequando la signora Flavia, molti anni prima – era unamore di ragazza, veh! – gli aveva consegnato con moltiriguardi il primo bacio di fidanzamento, egli aveva pro-vato una gioia tanto profonda e tanto complicata. Perchéadesso cominciavano i guai. Egli, sì, poteva ritenersi untrionfatore. Aveva lottato contro le oscure forze dellanatura e del senso comune: aveva sfidato i pericoli piùgrandi, non escluso quello di una battaglia in piena re-gola, con la diletta compagna dei suoi giorni. Era riusci-to a vincere le difficoltà più spaventevoli, senza il soc-corso morale e materiale di nessuno, e il mirabile fruttodelle sue intelligenti fatiche era là, nel misterioso padi-glione ingombro di macchine e di vecchi scartafacci.Ma Romeo sentiva che la vera, la grande guerra comin-ciava allora. Egli aveva fatto nascere l'orrendo pulcinodalle ali di pipistrello: ma con quella nascita inverosimi-le egli aveva firmato una solenne rinuncia a vivere quie-tamente e inutilmente, come vive la maggior parte degliuomini. Perché adesso bisognava che il pulcino vivesse,crescesse, divenisse adulto! Ecco, ormai, il formidabile

122

XIN CHE MODO PIRI-PIRI LASCIÒ

IL NIDO

Romeo uscì dal laboratorio col cuore in tumulto. Era fe-lice e commosso, ma era anche sbalordito. Mai, neanchequando la signora Flavia, molti anni prima – era unamore di ragazza, veh! – gli aveva consegnato con moltiriguardi il primo bacio di fidanzamento, egli aveva pro-vato una gioia tanto profonda e tanto complicata. Perchéadesso cominciavano i guai. Egli, sì, poteva ritenersi untrionfatore. Aveva lottato contro le oscure forze dellanatura e del senso comune: aveva sfidato i pericoli piùgrandi, non escluso quello di una battaglia in piena re-gola, con la diletta compagna dei suoi giorni. Era riusci-to a vincere le difficoltà più spaventevoli, senza il soc-corso morale e materiale di nessuno, e il mirabile fruttodelle sue intelligenti fatiche era là, nel misterioso padi-glione ingombro di macchine e di vecchi scartafacci.Ma Romeo sentiva che la vera, la grande guerra comin-ciava allora. Egli aveva fatto nascere l'orrendo pulcinodalle ali di pipistrello: ma con quella nascita inverosimi-le egli aveva firmato una solenne rinuncia a vivere quie-tamente e inutilmente, come vive la maggior parte degliuomini. Perché adesso bisognava che il pulcino vivesse,crescesse, divenisse adulto! Ecco, ormai, il formidabile

122

còmpito che Romeo Gualandi, sindaco di Roccalbegna,si era imposto con la sublime incoscienza degli uominidi studio. Poiché, diversamente, che cosa avrebbe dovu-to fare? Lasciare che quel campione meraviglioso e rac-capricciante della fauna secondaria si spegnesse? E nonsi sarebbe scagliata contro di lui tutta la scienza ufficialedell'universo, cui avrebbero seguito le società per la pro-tezione degli animali, con a capo il venerando LuigiLuzzatti che lo avrebbe denunciato certamente “al pub-blico obrobrio e abominio per incuria e crudeltà controun povero augelletto inoffensivo, per quanto antidiluvia-no”?Forse egli si sarebbe sottratto a tante sventure, pubbli-cando una memoria su lo svolgimento del singolarissi-mo fenomeno e affidando le sorti del giovane pterodatti-lo alle cure materne della scienza. Ma intanto? Il piccolomostro poteva morire!… E dato che non morisse, comecomportarsi con la terribile signora Flavia, con i colle-ghi del Consiglio comunale, con lo stesso on. Mussolini,Presidente del Consiglio?Se la scienza avesse rifiutato di prendere sul serio la suamemoria? Se la stampa avesse iniziato una campagnaantigovernativa per denunciare alla pubblica opinione lestranezze e le follie di un sindaco di parte fascista? Egligià immaginava le frasi dei giornali di opposizione: “Sitenta di atterrire le buone popolazioni ingenue e fedelidelle nostre montagne con straordinarie leggende di mo-stri e di chimere, proprio come un tempo usavano i torvi

123

còmpito che Romeo Gualandi, sindaco di Roccalbegna,si era imposto con la sublime incoscienza degli uominidi studio. Poiché, diversamente, che cosa avrebbe dovu-to fare? Lasciare che quel campione meraviglioso e rac-capricciante della fauna secondaria si spegnesse? E nonsi sarebbe scagliata contro di lui tutta la scienza ufficialedell'universo, cui avrebbero seguito le società per la pro-tezione degli animali, con a capo il venerando LuigiLuzzatti che lo avrebbe denunciato certamente “al pub-blico obrobrio e abominio per incuria e crudeltà controun povero augelletto inoffensivo, per quanto antidiluvia-no”?Forse egli si sarebbe sottratto a tante sventure, pubbli-cando una memoria su lo svolgimento del singolarissi-mo fenomeno e affidando le sorti del giovane pterodatti-lo alle cure materne della scienza. Ma intanto? Il piccolomostro poteva morire!… E dato che non morisse, comecomportarsi con la terribile signora Flavia, con i colle-ghi del Consiglio comunale, con lo stesso on. Mussolini,Presidente del Consiglio?Se la scienza avesse rifiutato di prendere sul serio la suamemoria? Se la stampa avesse iniziato una campagnaantigovernativa per denunciare alla pubblica opinione lestranezze e le follie di un sindaco di parte fascista? Egligià immaginava le frasi dei giornali di opposizione: “Sitenta di atterrire le buone popolazioni ingenue e fedelidelle nostre montagne con straordinarie leggende di mo-stri e di chimere, proprio come un tempo usavano i torvi

123

frati del lontano medioevo, per affermare il loro domi-nio sulle anime. Nel Mille si minacciava il finimondo.Oggi si minacciano le invasioni di animali antidiluviani.È tempo di finirla con queste sciagurate manovre chenon possono condurre se non alla rivolta armata. Noi di-fenderemo il nostro popolo da così gravi insidie spiri-tuali, ecc. ecc.”.Mentre queste idee, che riportiamo brevemente, per nonannoiare troppo i lettori, si avvicendavano nel cervellodi Romeo, la signora Flavia, lenta lenta, scendeva dicasa e traversava il giardino con passo drammatico perpreparare degnamente un incontro con lo sposo sospet-to. Romeo si accorse di Flavia, quando era troppo tardiper sfuggirla: e allora si preparò coraggiosamente a re-spingere il primo attacco.— Don Lorenzo mi ha detto che voi mi volete parlare –sibilò la signora Flavia, quando si trovò a due passi dalmarito.Romeo tentò di guadagnar tempo.— Io? Lo ha detto don Lorenzo? Ma no, cara, qui c'è unpiccolo equivoco. Io…In quel punto un grido acuto, lacerante, simile al fischiodi una sirena mescolato col pianto di un ippopotamo,ruppe la quiete dell'ora. Il sindaco allibì. La signora Fla-via si portò le mani al viso, desolatamente.— Hai sentito?… Hanno scannato qualcuno!

124

frati del lontano medioevo, per affermare il loro domi-nio sulle anime. Nel Mille si minacciava il finimondo.Oggi si minacciano le invasioni di animali antidiluviani.È tempo di finirla con queste sciagurate manovre chenon possono condurre se non alla rivolta armata. Noi di-fenderemo il nostro popolo da così gravi insidie spiri-tuali, ecc. ecc.”.Mentre queste idee, che riportiamo brevemente, per nonannoiare troppo i lettori, si avvicendavano nel cervellodi Romeo, la signora Flavia, lenta lenta, scendeva dicasa e traversava il giardino con passo drammatico perpreparare degnamente un incontro con lo sposo sospet-to. Romeo si accorse di Flavia, quando era troppo tardiper sfuggirla: e allora si preparò coraggiosamente a re-spingere il primo attacco.— Don Lorenzo mi ha detto che voi mi volete parlare –sibilò la signora Flavia, quando si trovò a due passi dalmarito.Romeo tentò di guadagnar tempo.— Io? Lo ha detto don Lorenzo? Ma no, cara, qui c'è unpiccolo equivoco. Io…In quel punto un grido acuto, lacerante, simile al fischiodi una sirena mescolato col pianto di un ippopotamo,ruppe la quiete dell'ora. Il sindaco allibì. La signora Fla-via si portò le mani al viso, desolatamente.— Hai sentito?… Hanno scannato qualcuno!

124

— Ma no, Flavia – balbettò Romeo tremando come unavette – no… non devi esagerare… qui non si scannanessuno… sarà stata un'automobile che…— Un'automobile? Nel tuo laboratorio?— Che c'entra nel mio laboratorio?— Il grido è partito di lì…Il povero Romeo abbozzò un sorriso cadaverico:— Ah! tu dici che il grido?… ma via! ma come puoipensare, che?… Ah! ah!…— Non far lo strullo. Ti dico che qualcuno ha gridato lìdentro.— Come sarei contento di dimostrarti che sei in errore,mia cara Flavia! Ma no, non voglio abbassarmi fino aquesto. Tu devi credere alle mie parole…Nemmeno a farlo apposta, un secondo strido, più acuto,più lacerante, più spaventevole dell'altro, parve traforareil tetto del laboratorio e salire verso il grigio cielo inver-nale.La signora Flavia rispose con un terzo grido, cui feceseguire queste vociferazioni varie:— Aiuto! all'assassino!… Cleofe!… corri a chiamare icarabinieri!…— Taci! – ripigliò Romeo, stringendo i pugni – vuoi ro-vinarmi? È lui che ha fame! Capisci?…

125

— Ma no, Flavia – balbettò Romeo tremando come unavette – no… non devi esagerare… qui non si scannanessuno… sarà stata un'automobile che…— Un'automobile? Nel tuo laboratorio?— Che c'entra nel mio laboratorio?— Il grido è partito di lì…Il povero Romeo abbozzò un sorriso cadaverico:— Ah! tu dici che il grido?… ma via! ma come puoipensare, che?… Ah! ah!…— Non far lo strullo. Ti dico che qualcuno ha gridato lìdentro.— Come sarei contento di dimostrarti che sei in errore,mia cara Flavia! Ma no, non voglio abbassarmi fino aquesto. Tu devi credere alle mie parole…Nemmeno a farlo apposta, un secondo strido, più acuto,più lacerante, più spaventevole dell'altro, parve traforareil tetto del laboratorio e salire verso il grigio cielo inver-nale.La signora Flavia rispose con un terzo grido, cui feceseguire queste vociferazioni varie:— Aiuto! all'assassino!… Cleofe!… corri a chiamare icarabinieri!…— Taci! – ripigliò Romeo, stringendo i pugni – vuoi ro-vinarmi? È lui che ha fame! Capisci?…

125

La signora Flavia guardò il marito facendo tantod'occhi.— Lui? chi lui?— Mi giuri il segreto?— Ma sì… ma dimmi…— Giuri?— Giuro.— Così mi sono provveduto di due giuramenti – pensòRomeo e prendendo la mano della moglie camminò ri-soluto, verso la porta del laboratorio.— Ho paura – confessò improvvisamente la signora Fla-via.— Anch'io ho paura – disse con una certa nobiltà Ro-meo – ma l'uomo, e tanto meno la donna, non debbonovivere di sola paura. Anche Napoleone era un vile, maquesto non gli impedì di conquistare l'Europa e morire aSant'Elena sotto le cure degli inglesi. Vieni, e giudica.Dio mi è testimonio che io avrei fatto di tutto per impe-dire, almeno così presto, questa dolorosa spiegazione!Ma quando Romeo ficcò la chiave nella porta dell'usciola signora Flavia colpita da un accesso di terrore, similea quello da cui era stato afflitto don Lorenzo, si svincolòdalla stretta del marito e fuggì rapidamente verso la vil-la.

* * *

126

La signora Flavia guardò il marito facendo tantod'occhi.— Lui? chi lui?— Mi giuri il segreto?— Ma sì… ma dimmi…— Giuri?— Giuro.— Così mi sono provveduto di due giuramenti – pensòRomeo e prendendo la mano della moglie camminò ri-soluto, verso la porta del laboratorio.— Ho paura – confessò improvvisamente la signora Fla-via.— Anch'io ho paura – disse con una certa nobiltà Ro-meo – ma l'uomo, e tanto meno la donna, non debbonovivere di sola paura. Anche Napoleone era un vile, maquesto non gli impedì di conquistare l'Europa e morire aSant'Elena sotto le cure degli inglesi. Vieni, e giudica.Dio mi è testimonio che io avrei fatto di tutto per impe-dire, almeno così presto, questa dolorosa spiegazione!Ma quando Romeo ficcò la chiave nella porta dell'usciola signora Flavia colpita da un accesso di terrore, similea quello da cui era stato afflitto don Lorenzo, si svincolòdalla stretta del marito e fuggì rapidamente verso la vil-la.

* * *

126

Il sindaco restò un po' in forse, poi stringendosi nellespalle, si allontanò anch'egli dal padiglione, dirigendosiverso la conigliera.— Sarà erbivoro, insettivoro, o carnivoro? – borbottaval'infelice, tormentandosi con le dita adunche la folta ca-pigliatura – ecco il problema!Per non sbagliare, agguantò un coniglio cui tirò il collo,poi raccolse una bracciata di foglie, e da ultimo entrònel pollaio e si empì le tasche di uova.— Se è insettivoro sono rovinato: dove li trovo, d'inver-no, tanti insetti da nutrire quel demonio? ma forse le ovadi gallina gli piaceranno…Tornò al laboratorio anche più turbato di dianzi. Il pro-blema dell'alimentazione del mostro si presentava im-provviso in tutta la sua tremenda realtà. Se davvero lopterodattilo avesse rifiutato le uova, le erbe o la carne,che cosa poteva fare Romeo, malgrado tutta la sua buo-na volontà? Sì: egli possedeva una sterminata collezionedi lepidotteri e di coleotteri che era stata l'orgoglio dellasua giovinezza: ma dato che il mostro avesse accettatodi cibarsi di quegli insetti aridi, disseccati, quanto temposarebbe durata quella provvista? Un paio di giorni almassimo. E poi?Entrò. Lo pterodattilo, disceso dalla collina di cotone,muoveva i suoi passi goffi ed incerti nel mezzo dellasala. Aveva sempre la bocca spalancata per la vaga spe-ranza che il cibo dovesse cadergli provvidenzialmente

127

Il sindaco restò un po' in forse, poi stringendosi nellespalle, si allontanò anch'egli dal padiglione, dirigendosiverso la conigliera.— Sarà erbivoro, insettivoro, o carnivoro? – borbottaval'infelice, tormentandosi con le dita adunche la folta ca-pigliatura – ecco il problema!Per non sbagliare, agguantò un coniglio cui tirò il collo,poi raccolse una bracciata di foglie, e da ultimo entrònel pollaio e si empì le tasche di uova.— Se è insettivoro sono rovinato: dove li trovo, d'inver-no, tanti insetti da nutrire quel demonio? ma forse le ovadi gallina gli piaceranno…Tornò al laboratorio anche più turbato di dianzi. Il pro-blema dell'alimentazione del mostro si presentava im-provviso in tutta la sua tremenda realtà. Se davvero lopterodattilo avesse rifiutato le uova, le erbe o la carne,che cosa poteva fare Romeo, malgrado tutta la sua buo-na volontà? Sì: egli possedeva una sterminata collezionedi lepidotteri e di coleotteri che era stata l'orgoglio dellasua giovinezza: ma dato che il mostro avesse accettatodi cibarsi di quegli insetti aridi, disseccati, quanto temposarebbe durata quella provvista? Un paio di giorni almassimo. E poi?Entrò. Lo pterodattilo, disceso dalla collina di cotone,muoveva i suoi passi goffi ed incerti nel mezzo dellasala. Aveva sempre la bocca spalancata per la vaga spe-ranza che il cibo dovesse cadergli provvidenzialmente

127

nell'esofago. Con febbrile prestezza Romeo cacciò inquella voragine un mucchio di foglie. Il mostro chiuse ilbecco, facendo orribili sforzi per inghiottire: ma di lì apoco sputò le foglie con evidente disprezzo. No: le fo-glie non potevano costituire il suo cibo ordinario. AlloraRomeo ruppe alcune uova e ne rovesciò il contenutonella bocca del feroce pulcino. Le uova scivolarono giùper quella gola a imbuto e non riapparvero, fortunata-mente. Ma l'animale, poco soddisfatto, cacciò uno deisuoi gridi lugubri che avrebbero agghiacciato di orrorel'uomo più coraggioso del mondo. Romeo, armato di uncoltelluccio, spellò con furia nervosa il coniglio, lo ta-gliò a pezzetti, e così caldo e sanguinolento, lo scara-ventò tra le fauci dello pterodattilo.Il mostro assaporò, inghiottì, batté le ali di pipistrello insegno di allegrezza. Dunque il coniglio gli piaceva! Ro-meo uscì dal laboratorio, andò a prendere altri due coni-gli – figurarsi poi gli strilli della signora Flavia! – e tor-nò a ingozzare l'animalaccio preistorico, che pareva in-saziabile.Alla fine del terzo coniglio, avendo il gozzo pieno fino ascoppiare, lo pterodattilo si accoccolò in terra, chiuse glienormi occhi globiformi e cominciò a russare.E Romeo, tranquillizzato, esultante, se ne andò in puntadi piedi, perché quel tesoro non dovesse destarsi. Salì incasa, si ripulì, e con animo rasserenato discese nel salot-to da pranzo.

128

nell'esofago. Con febbrile prestezza Romeo cacciò inquella voragine un mucchio di foglie. Il mostro chiuse ilbecco, facendo orribili sforzi per inghiottire: ma di lì apoco sputò le foglie con evidente disprezzo. No: le fo-glie non potevano costituire il suo cibo ordinario. AlloraRomeo ruppe alcune uova e ne rovesciò il contenutonella bocca del feroce pulcino. Le uova scivolarono giùper quella gola a imbuto e non riapparvero, fortunata-mente. Ma l'animale, poco soddisfatto, cacciò uno deisuoi gridi lugubri che avrebbero agghiacciato di orrorel'uomo più coraggioso del mondo. Romeo, armato di uncoltelluccio, spellò con furia nervosa il coniglio, lo ta-gliò a pezzetti, e così caldo e sanguinolento, lo scara-ventò tra le fauci dello pterodattilo.Il mostro assaporò, inghiottì, batté le ali di pipistrello insegno di allegrezza. Dunque il coniglio gli piaceva! Ro-meo uscì dal laboratorio, andò a prendere altri due coni-gli – figurarsi poi gli strilli della signora Flavia! – e tor-nò a ingozzare l'animalaccio preistorico, che pareva in-saziabile.Alla fine del terzo coniglio, avendo il gozzo pieno fino ascoppiare, lo pterodattilo si accoccolò in terra, chiuse glienormi occhi globiformi e cominciò a russare.E Romeo, tranquillizzato, esultante, se ne andò in puntadi piedi, perché quel tesoro non dovesse destarsi. Salì incasa, si ripulì, e con animo rasserenato discese nel salot-to da pranzo.

128

Ma qui incontrò don Lorenzo, torvo, accigliato, minac-cioso. Un don Lorenzo che non aveva visto mai!— Mi avete costretto a leggere uno di quei libri perni-ciosi che tentano di confutare la verità delle Sacre Carte.Come si chiama? la paleo… palon…— …paleontologia! – dichiarò dolcemente Romeo, ras-segnato ad un nuovo combattimento.— Sicuro. La paleontologia. Ecco qua – e don Lorenzotrasse di tasca un piccolo libro e lo sfogliò cercando. –Rettili… Rettili… ah! ecco! “I rettili terrestri fossiliprendono generalmente il nome di dinosauri, cioè serpi-rettili, e davvero tali appaiono i loro scheletri ai nostriocchi per le forme bizzarre e per le armi naturali di cuisono forniti… Ve ne erano di piccole dimensioni – comequelle di un cane press'a poco – e altri che arrivavano aiventicinque, ai trenta metri di lunghezza. Esempiolo‘atlantosauro’. Alcuni di essi erano feroci carnivori,come si può giudicare dalla loro dentatura, altri perquanto protetti da forti corazze ossee, erano mansuetierbivori…”. Ma questo poco importa. Vediamo piùavanti. “Prima che comparissero nella storia della vitagli uccelli, fecero una relativa breve comparsa gli ptero-dattili, cioè a diti alati; un po' simili ai pipistrelli perquanto questi siano mammiferi ed abbiano le ali soste-nute da quattro diti allungati e aperti a ventaglio, mentrenello pterodattilo uno solo era il dito che sosteneva illembo superiore dell'ala e gli altri restavano liberi amodo di artigli. Sul principio gli pterodattili furono pic-

129

Ma qui incontrò don Lorenzo, torvo, accigliato, minac-cioso. Un don Lorenzo che non aveva visto mai!— Mi avete costretto a leggere uno di quei libri perni-ciosi che tentano di confutare la verità delle Sacre Carte.Come si chiama? la paleo… palon…— …paleontologia! – dichiarò dolcemente Romeo, ras-segnato ad un nuovo combattimento.— Sicuro. La paleontologia. Ecco qua – e don Lorenzotrasse di tasca un piccolo libro e lo sfogliò cercando. –Rettili… Rettili… ah! ecco! “I rettili terrestri fossiliprendono generalmente il nome di dinosauri, cioè serpi-rettili, e davvero tali appaiono i loro scheletri ai nostriocchi per le forme bizzarre e per le armi naturali di cuisono forniti… Ve ne erano di piccole dimensioni – comequelle di un cane press'a poco – e altri che arrivavano aiventicinque, ai trenta metri di lunghezza. Esempiolo‘atlantosauro’. Alcuni di essi erano feroci carnivori,come si può giudicare dalla loro dentatura, altri perquanto protetti da forti corazze ossee, erano mansuetierbivori…”. Ma questo poco importa. Vediamo piùavanti. “Prima che comparissero nella storia della vitagli uccelli, fecero una relativa breve comparsa gli ptero-dattili, cioè a diti alati; un po' simili ai pipistrelli perquanto questi siano mammiferi ed abbiano le ali soste-nute da quattro diti allungati e aperti a ventaglio, mentrenello pterodattilo uno solo era il dito che sosteneva illembo superiore dell'ala e gli altri restavano liberi amodo di artigli. Sul principio gli pterodattili furono pic-

129

coli di statura, ma presto arrivarono a otto metri ad aliaperte. La loro pelle doveva esser nuda come quella de-gli anfibi. Erano animali mostruosi per la grossezza del-la testa in rapporto col resto del corpo e le loro ossa ri-velano cavità analoghe a quelle degli uccelli, che li ren-devano specialmente adatti al volo. Certe specie eranoprive di coda, altre la possedevano molto lunga, termi-nata da un'espansione membranacea, di forma lanceola-ta, che probabilmente era utile anch'essa nel volo cometimone…”.— Tutto questo lo so a memoria! – interruppe con rasse-gnazione Romeo. – Se voleste sedere a tavola con me…don Lorenzo…— Eh! no! c'è altro!— Allora, sentiamo.— I rettili, tra i quali questo famoso pterodattilo, vissero– così dice questo infernale libriccino – nell'èra meso-zoica, ossia secondaria, e specialmente nel periodo…— …Triassico, giurassico, cretaceo…— Aspettate. Dopo l'èra secondaria – dice il libro – ven-ne l'èra….— Neozoica o terziaria.— E scomparvero i grandi rettili…— Certamente. Nel periodo eocenico comparvero imammiferi placentati, nell'oligocenico i pachidermi, nelmiocenico i mastodonti, nel pliocenico i rinoceronti, le

130

coli di statura, ma presto arrivarono a otto metri ad aliaperte. La loro pelle doveva esser nuda come quella de-gli anfibi. Erano animali mostruosi per la grossezza del-la testa in rapporto col resto del corpo e le loro ossa ri-velano cavità analoghe a quelle degli uccelli, che li ren-devano specialmente adatti al volo. Certe specie eranoprive di coda, altre la possedevano molto lunga, termi-nata da un'espansione membranacea, di forma lanceola-ta, che probabilmente era utile anch'essa nel volo cometimone…”.— Tutto questo lo so a memoria! – interruppe con rasse-gnazione Romeo. – Se voleste sedere a tavola con me…don Lorenzo…— Eh! no! c'è altro!— Allora, sentiamo.— I rettili, tra i quali questo famoso pterodattilo, vissero– così dice questo infernale libriccino – nell'èra meso-zoica, ossia secondaria, e specialmente nel periodo…— …Triassico, giurassico, cretaceo…— Aspettate. Dopo l'èra secondaria – dice il libro – ven-ne l'èra….— Neozoica o terziaria.— E scomparvero i grandi rettili…— Certamente. Nel periodo eocenico comparvero imammiferi placentati, nell'oligocenico i pachidermi, nelmiocenico i mastodonti, nel pliocenico i rinoceronti, le

130

scimmie antropomorfe e forse l'uomo…— Non dite eresie! Ora sapete che cosa afferma questolibro? Che per il periodo arcaico, cioè quando si forma-rono gli strati di rocce prive di fossili, occorsero cin-quantadue milioni di anni! Un'enormità. Ma andiamoavanti! Per l'èra paleozoica – quella dei vostri pterodatti-li! – undici milioni di anni. Per l'èra neozoica due milio-ni di anni, per la quaternaria, antropozoica attuale, cen-tomila anni! Ergo… ascoltatemi bene! Ammesso che illibro dica il vero…— Ma don Lorenzo, scusate: la paleontologia è unascienza, capite? Una vera scienza, come la geologia, lageografia, la fisica, l'astronomia…— Basta. Ammettiamo dunque che il libro blasfemodica il vero. Gli pterodactili sparirono alla fine dell'etàmesozoica. Sapete quanti secoli sarebbero passati da al-lora? Ventunmila secoli! Lasciamo andare che tutto que-sto è in palese contrasto con i libri sacri: ma come pote-te farci credere, voi e il vostro viaggiatore e addomesti-catore di scimmie, che uno pterodattilo possa vivereoggi, due milioni e centomila anni dopo la fine della suarazza?— Appunto – disse il sindaco – ecco il problema. Forseper speciali condizioni di clima, di terreno, di ambiente,chi sa, pochi campioni della fauna secondaria avrannopotuto vivere e perpetuarsi anche dopo la scomparsa deigrandi sauriani che popolarono la terra nell'età seconda-

131

scimmie antropomorfe e forse l'uomo…— Non dite eresie! Ora sapete che cosa afferma questolibro? Che per il periodo arcaico, cioè quando si forma-rono gli strati di rocce prive di fossili, occorsero cin-quantadue milioni di anni! Un'enormità. Ma andiamoavanti! Per l'èra paleozoica – quella dei vostri pterodatti-li! – undici milioni di anni. Per l'èra neozoica due milio-ni di anni, per la quaternaria, antropozoica attuale, cen-tomila anni! Ergo… ascoltatemi bene! Ammesso che illibro dica il vero…— Ma don Lorenzo, scusate: la paleontologia è unascienza, capite? Una vera scienza, come la geologia, lageografia, la fisica, l'astronomia…— Basta. Ammettiamo dunque che il libro blasfemodica il vero. Gli pterodactili sparirono alla fine dell'etàmesozoica. Sapete quanti secoli sarebbero passati da al-lora? Ventunmila secoli! Lasciamo andare che tutto que-sto è in palese contrasto con i libri sacri: ma come pote-te farci credere, voi e il vostro viaggiatore e addomesti-catore di scimmie, che uno pterodattilo possa vivereoggi, due milioni e centomila anni dopo la fine della suarazza?— Appunto – disse il sindaco – ecco il problema. Forseper speciali condizioni di clima, di terreno, di ambiente,chi sa, pochi campioni della fauna secondaria avrannopotuto vivere e perpetuarsi anche dopo la scomparsa deigrandi sauriani che popolarono la terra nell'età seconda-

131

ria… Sapete bene, don Lorenzo, che la scienza non haancora svelato tutti i misteri del globo… È fama chenelle isole della Nuova Zelanda si trovino ancora alcuniesemplari del famoso uccello antidiluviano, il dinor-nis… una specie di struzzo alto cinque metri!… Si diceanche che nelle remote solitudini della Siberia viva sem-pre il mammouth… che nelle solitudini dell'Americameridionale, in Patagonia, errino tuttavia il megaterio eil gliptodonte.— Basta, caro Romeo. Voi non mi potete raggirare coivostri discorsi.— Don Lorenzo!— O voi siete vittima di qualche stregoneria o sietecomplice di un inganno terribile. In un caso o nell'altroio ho il dovere di tentare ogni mezzo per salvarvi…— Per carità, don Lorenzo, non fate scandali!— Ecco la vostra vittima!… – proruppe don Lorenzo in-dicando la signora Flavia che entrava silenziosa e lacri-mante nel salotto. – Ella è disposta a perdonarvi… Mache la storia del dattilografo… come si chiama? dellopterodattilo sia finita per sempre!…— Ma insomma, – domandò Romeo, guardando con lepupille sbarrate ora il parroco ora la consorte – insom-ma, secondo voialtri, che cosa dovrei fare?— Liberarvi di quel mostro apocalittico! – sentenziòdon Lorenzo.

132

ria… Sapete bene, don Lorenzo, che la scienza non haancora svelato tutti i misteri del globo… È fama chenelle isole della Nuova Zelanda si trovino ancora alcuniesemplari del famoso uccello antidiluviano, il dinor-nis… una specie di struzzo alto cinque metri!… Si diceanche che nelle remote solitudini della Siberia viva sem-pre il mammouth… che nelle solitudini dell'Americameridionale, in Patagonia, errino tuttavia il megaterio eil gliptodonte.— Basta, caro Romeo. Voi non mi potete raggirare coivostri discorsi.— Don Lorenzo!— O voi siete vittima di qualche stregoneria o sietecomplice di un inganno terribile. In un caso o nell'altroio ho il dovere di tentare ogni mezzo per salvarvi…— Per carità, don Lorenzo, non fate scandali!— Ecco la vostra vittima!… – proruppe don Lorenzo in-dicando la signora Flavia che entrava silenziosa e lacri-mante nel salotto. – Ella è disposta a perdonarvi… Mache la storia del dattilografo… come si chiama? dellopterodattilo sia finita per sempre!…— Ma insomma, – domandò Romeo, guardando con lepupille sbarrate ora il parroco ora la consorte – insom-ma, secondo voialtri, che cosa dovrei fare?— Liberarvi di quel mostro apocalittico! – sentenziòdon Lorenzo.

132

— Ammazzarlo?… – e il sindaco di Roccalbegna si res-se alla tavola per non cadere.— Sì, Romeo… così tutto sarà finito… e allora… – quila signora Flavia non riuscendo a conchiudere il discor-so scoppiò in singhiozzi.— Ammazzare quel sublime testimonio del nostro pas-sato? Annientare la prova vivente della trasformazioneorganica, dello sviluppo storico delle faune animali? Masarebbe un delitto. Il più grande delitto dell'età moder-na! Non ci pensate.— Coraggio, signora Flavia! – esclamò don Lorenzocon accento ispirato. – Egli è immerso nel suo errore…ma noi… noi lo salveremo!— E io – promise a se stesso Romeo – veglierò il miopterodattilo!

* * *

A questo punto riportiamo altri foglietti del libriccino dinote personali del valoroso e sfortunato dilettante discienze fisiobiologiche.

133

— Ammazzarlo?… – e il sindaco di Roccalbegna si res-se alla tavola per non cadere.— Sì, Romeo… così tutto sarà finito… e allora… – quila signora Flavia non riuscendo a conchiudere il discor-so scoppiò in singhiozzi.— Ammazzare quel sublime testimonio del nostro pas-sato? Annientare la prova vivente della trasformazioneorganica, dello sviluppo storico delle faune animali? Masarebbe un delitto. Il più grande delitto dell'età moder-na! Non ci pensate.— Coraggio, signora Flavia! – esclamò don Lorenzocon accento ispirato. – Egli è immerso nel suo errore…ma noi… noi lo salveremo!— E io – promise a se stesso Romeo – veglierò il miopterodattilo!

* * *

A questo punto riportiamo altri foglietti del libriccino dinote personali del valoroso e sfortunato dilettante discienze fisiobiologiche.

133

Mangio, leggo, scrivo, dormo qui. È una cosaaffliggente ma necessaria.

134

Mangio, leggo, scrivo, dormo qui. È una cosaaffliggente ma necessaria.

134

La nostra penna non saprebbe mai riprodurre con la do-vuta efficacia e con la necessaria brevità le trepidanze ei timori di Romeo Gualandi, minacciato in quanto egliaveva di più caro e di più prezioso su la terra: il suo pul-cino millenario!…

5 dicembreSono diversi giorni che vivo nel laboratorio, mangiandogli avanzi dei conigli che il mio pterodattilo rifiuta.Mangio, leggo, scrivo, dormo qui. È una cosa affliggen-te ma necessaria. Ogni notte sento scalpiccii sospetti nelgiardino. C'è aria di congiura qui intorno. Ma la mia co-stanza vincerà ogni insidia. Il mio pterodattilo ingrossa:è una bellezza! Che appetito ha! Quando gli dò il cibo,lo chiamo come si chiamano le galline: Piri Piri…

12 dicembreOgni giorno ricevo la posta di sotto l'uscio. La Cleofedopo aver fatto scivolare quei fogli inutili nel laborato-rio mi domanda: – Che è sempre malato, signor padro-ne? – Io rispondo: – Sempre! – E quando guarirà? –Quando guariranno gli altri! – Ha bisogno di nulla? – Sì,portami due conigli!La Cleofe si allontana borbottando: – È uscito di cervel-lo! È uscito di cervello! – La solita! E tutti i giorni ècosì. L'uccello rettile ingrandisce a vista d'occhio. Aproposito: l'ho chiamato definitivamente Piri-Piri…

135

La nostra penna non saprebbe mai riprodurre con la do-vuta efficacia e con la necessaria brevità le trepidanze ei timori di Romeo Gualandi, minacciato in quanto egliaveva di più caro e di più prezioso su la terra: il suo pul-cino millenario!…

5 dicembreSono diversi giorni che vivo nel laboratorio, mangiandogli avanzi dei conigli che il mio pterodattilo rifiuta.Mangio, leggo, scrivo, dormo qui. È una cosa affliggen-te ma necessaria. Ogni notte sento scalpiccii sospetti nelgiardino. C'è aria di congiura qui intorno. Ma la mia co-stanza vincerà ogni insidia. Il mio pterodattilo ingrossa:è una bellezza! Che appetito ha! Quando gli dò il cibo,lo chiamo come si chiamano le galline: Piri Piri…

12 dicembreOgni giorno ricevo la posta di sotto l'uscio. La Cleofedopo aver fatto scivolare quei fogli inutili nel laborato-rio mi domanda: – Che è sempre malato, signor padro-ne? – Io rispondo: – Sempre! – E quando guarirà? –Quando guariranno gli altri! – Ha bisogno di nulla? – Sì,portami due conigli!La Cleofe si allontana borbottando: – È uscito di cervel-lo! È uscito di cervello! – La solita! E tutti i giorni ècosì. L'uccello rettile ingrandisce a vista d'occhio. Aproposito: l'ho chiamato definitivamente Piri-Piri…

135

23 dicembreSi avvicina il Natale. Oggi ho ricevuto la seconda cita-zione dell'avvocato di mia moglie. Tra poco si discuteràla causa di separazione. Io rimarrò solo! Cioè, solo no.Avrò il mio pterodattilo… E la gloria…

1 gennaioChe feste squallide! Che freddo! Davvero la scienza allevolte impone ben duri sacrifici! Ma l'uccello-rettile pro-gredisce… Oggi ha tentato il primo volo. Ha sbattuto diqua, di là, starnazzando, soffiando, facendo un chiassodel diavolo. Mi ha rotto tutti i lambicchi sullo scaffale.Che cara bestiola! La luce del giorno le dà fastidio. Dinotte soltanto i suoi occhi si allargano e risplendono.

10 gennaioSto scrivendo la memoria intorno allo pterodattilo.Quando l'avrò terminata la spedirò al Ministerodell'Istruzione Pubblica e a tutte le Società scientifichedel mondo. Inviterò qui un gruppo di scienziati. Così,quando avrò consegnato il rettile-uccello a un Comitatoresponsabile, io tornerò libero cittadino… uscirò diqui…

15 gennaioChe farò? Darò le dimissioni dall'ufficio di sindaco!Tutto per il mio pterodattilo, che è già alto un metro etrenta centimetri. Stupendo! Bravo Piri-Piri!

136

23 dicembreSi avvicina il Natale. Oggi ho ricevuto la seconda cita-zione dell'avvocato di mia moglie. Tra poco si discuteràla causa di separazione. Io rimarrò solo! Cioè, solo no.Avrò il mio pterodattilo… E la gloria…

1 gennaioChe feste squallide! Che freddo! Davvero la scienza allevolte impone ben duri sacrifici! Ma l'uccello-rettile pro-gredisce… Oggi ha tentato il primo volo. Ha sbattuto diqua, di là, starnazzando, soffiando, facendo un chiassodel diavolo. Mi ha rotto tutti i lambicchi sullo scaffale.Che cara bestiola! La luce del giorno le dà fastidio. Dinotte soltanto i suoi occhi si allargano e risplendono.

10 gennaioSto scrivendo la memoria intorno allo pterodattilo.Quando l'avrò terminata la spedirò al Ministerodell'Istruzione Pubblica e a tutte le Società scientifichedel mondo. Inviterò qui un gruppo di scienziati. Così,quando avrò consegnato il rettile-uccello a un Comitatoresponsabile, io tornerò libero cittadino… uscirò diqui…

15 gennaioChe farò? Darò le dimissioni dall'ufficio di sindaco!Tutto per il mio pterodattilo, che è già alto un metro etrenta centimetri. Stupendo! Bravo Piri-Piri!

136

31 gennaio: mezzogiornoSciagura! Questa notte il rettile-uccello era inquieto.Mugolava, sbatteva le ali. Ad un tratto ha cominciato asvolazzare per il laboratorio, come per sgranchirsi leali… Poi… – mentre scrivo queste parole mi si anneb-bia la vista! – è andato diritto contro il finestrone… hapicchiato una, due volte… ed è successo il finimondo.Tutti i vetri in terra, insieme coi telai della finestra.Che rovina! Che fracasso!… Sono stato avvolto in unanube di frammenti di vetri, di sassi, di calcina, di scheg-ge di legno. Quando ho potuto riavermi, l'uccello-rettileera sparito!…È volato via!…Si è perduto nella notte con le sue vaste ali di pipistrel-lo!…Che cosa posso sperare, ormai?

2 febbraioL'hanno veduto. La notte scorsa. Stava appollaiato su lerovine del Castellaccio, quel brigante! Il fattore Gian-santi e Zuccadiaccia, il segretario del Comune, venivanosu in paese: saranno state le dieci e mezzo o le undici.All'altezza del Cimitero han sentito uno strido che veni-va su i poggi. Han guardato in alto, verso le rovine. Ehan visto… Hanno visto Piri-Piri!La Provvidenza mi assista!

137

31 gennaio: mezzogiornoSciagura! Questa notte il rettile-uccello era inquieto.Mugolava, sbatteva le ali. Ad un tratto ha cominciato asvolazzare per il laboratorio, come per sgranchirsi leali… Poi… – mentre scrivo queste parole mi si anneb-bia la vista! – è andato diritto contro il finestrone… hapicchiato una, due volte… ed è successo il finimondo.Tutti i vetri in terra, insieme coi telai della finestra.Che rovina! Che fracasso!… Sono stato avvolto in unanube di frammenti di vetri, di sassi, di calcina, di scheg-ge di legno. Quando ho potuto riavermi, l'uccello-rettileera sparito!…È volato via!…Si è perduto nella notte con le sue vaste ali di pipistrel-lo!…Che cosa posso sperare, ormai?

2 febbraioL'hanno veduto. La notte scorsa. Stava appollaiato su lerovine del Castellaccio, quel brigante! Il fattore Gian-santi e Zuccadiaccia, il segretario del Comune, venivanosu in paese: saranno state le dieci e mezzo o le undici.All'altezza del Cimitero han sentito uno strido che veni-va su i poggi. Han guardato in alto, verso le rovine. Ehan visto… Hanno visto Piri-Piri!La Provvidenza mi assista!

137

XILA TRILOGIA DRAMMATICA DI

PIRI-PIRI, BUZZINO E SCRICCIO-LO

Passarono giorni dolorosissimi per l'incauto sindaco del-la Roccalbegna. L'infernale Piri-Piri sembrava tropposoddisfatto della propria libertà per ritornare all'angustoasilo del laboratorio: e intanto l'infelice Romeo si senti-va limare il cuore, un po' per la delusione di vedersi trat-tato così da quella bestiaccia ingrata, un po' per il timoreche avessero da succedere guai e danni irreparabili: per-ché un animale simile, abbandonato ai propri istinti, po-teva mettere a soqquadro mezzo mondo. Già correvavoce che avesse sbranato una pecora alla fattoria dellaTriana. Si diceva anche che avesse menato strage in cer-ti pollai e in certe conigliere dalla parte di Arcidosso.Per ora, nessuno era venuto a reclamare; ma c'era daaspettarsi da un momento all'altro qualche spaventosanovità. Romeo non poteva nemmeno trovar confortonell'affetto coniugale, perché la signora Flavia ormais'era incaponita nell'idea di non aver più nessun rappor-to con lo sciaguratissimo consorte fintantoché quell'atro-ce animale antidiluviano non fosse levato di mezzo. No-nostante i buoni uffici del medico del paese, di don Lo-renzo e del farmacista, ella aveva mantenuto il suo at-

138

XILA TRILOGIA DRAMMATICA DI

PIRI-PIRI, BUZZINO E SCRICCIO-LO

Passarono giorni dolorosissimi per l'incauto sindaco del-la Roccalbegna. L'infernale Piri-Piri sembrava tropposoddisfatto della propria libertà per ritornare all'angustoasilo del laboratorio: e intanto l'infelice Romeo si senti-va limare il cuore, un po' per la delusione di vedersi trat-tato così da quella bestiaccia ingrata, un po' per il timoreche avessero da succedere guai e danni irreparabili: per-ché un animale simile, abbandonato ai propri istinti, po-teva mettere a soqquadro mezzo mondo. Già correvavoce che avesse sbranato una pecora alla fattoria dellaTriana. Si diceva anche che avesse menato strage in cer-ti pollai e in certe conigliere dalla parte di Arcidosso.Per ora, nessuno era venuto a reclamare; ma c'era daaspettarsi da un momento all'altro qualche spaventosanovità. Romeo non poteva nemmeno trovar confortonell'affetto coniugale, perché la signora Flavia ormais'era incaponita nell'idea di non aver più nessun rappor-to con lo sciaguratissimo consorte fintantoché quell'atro-ce animale antidiluviano non fosse levato di mezzo. No-nostante i buoni uffici del medico del paese, di don Lo-renzo e del farmacista, ella aveva mantenuto il suo at-

138

teggiamento ostile, e aveva anzi confermato presso ilTribunale di Grosseto il proposito di volersi separare daRomeo.— Tanto – ripeteva sempre la donna inesorabile – a unascelta deve venire quel… – e qui un aggettivo scarsa-mente lusinghiero per il sindaco consorte. – O lo ptero-dattilo o me!Romeo si sentiva andar via di cervello. Certo, la rispostadegli scienziati italiani doveva essere per strada. Sareb-bero venuti, avrebbero preso in consegna il preziosoanimale, e il sindaco di Roccalbegna avrebbe potuto ri-cominciare a vivere. Ma se Piri-Piri, il maledetto Piri-Piri, avesse continuato nei suoi ignobili propositi di lati-tanza? Che cosa avrebbe consegnato l'incauto Romeo airigidi custodi della scienza, discesi apposta dall'Olimpoper godersi lo spettacolo del mostro inverosimile? Egli,l'integerrimo Romeo, sarebbe passato per un volgarissi-mo truffatore, per un fabbricante di mostri ipotetici ascopo di lucro. Ah! esser passato accanto alla notorietà,aver sfiorata la fortuna, aver salutato da vicino l'ombravenerata di Darwin e poi… dover cadere miseramente,vergognosamente, come un corridore olimpionico che,giunto buon primo quasi al traguardo, avesse sdrucciola-to in una luridissima buccia di cocomero!… Per Romeola buccia di cocomero era la fuga di Piri-Piri. Agguanta-to Piri-Piri egli era salvo!Il suo fattore, un giorno, cercò di consolarlo:

139

teggiamento ostile, e aveva anzi confermato presso ilTribunale di Grosseto il proposito di volersi separare daRomeo.— Tanto – ripeteva sempre la donna inesorabile – a unascelta deve venire quel… – e qui un aggettivo scarsa-mente lusinghiero per il sindaco consorte. – O lo ptero-dattilo o me!Romeo si sentiva andar via di cervello. Certo, la rispostadegli scienziati italiani doveva essere per strada. Sareb-bero venuti, avrebbero preso in consegna il preziosoanimale, e il sindaco di Roccalbegna avrebbe potuto ri-cominciare a vivere. Ma se Piri-Piri, il maledetto Piri-Piri, avesse continuato nei suoi ignobili propositi di lati-tanza? Che cosa avrebbe consegnato l'incauto Romeo airigidi custodi della scienza, discesi apposta dall'Olimpoper godersi lo spettacolo del mostro inverosimile? Egli,l'integerrimo Romeo, sarebbe passato per un volgarissi-mo truffatore, per un fabbricante di mostri ipotetici ascopo di lucro. Ah! esser passato accanto alla notorietà,aver sfiorata la fortuna, aver salutato da vicino l'ombravenerata di Darwin e poi… dover cadere miseramente,vergognosamente, come un corridore olimpionico che,giunto buon primo quasi al traguardo, avesse sdrucciola-to in una luridissima buccia di cocomero!… Per Romeola buccia di cocomero era la fuga di Piri-Piri. Agguanta-to Piri-Piri egli era salvo!Il suo fattore, un giorno, cercò di consolarlo:

139

— Via, sia bonino, sor Romeo! la non deve mica buttar-si giù a quel modo. C'è rimedio a tutto nel mondo.Anch'io quando persi la mia povera moglie, bonanima,avrei buttato l'anima al diavolo! Ero diventato seccospento: e la gente diceva che davo nel tisico. Ma poi tro-vai la Clotilde che per fortuna somigliava alla mia pove-ra moglie come due gocce d'acqua, meno che la Clotildel'è bruna e la mi' povera moglie l'era bionda. Questa, siadetto in un buon momento, è grassa impallata equell'altra pareva un sacco di mestoli.A parte questo, si somigliavano da scambiarle. Insommala presi e me ne son trovato bene. Ho messo al mondoaltri cinque figliuoli, e se la mi campa, chissà! insommaè questione di farsi coraggio. Se gli è scappato quelcoso… sì, quel pipistrello… o che bisogno c'è di arrab-biarsi tanto? Se ne fabbrichi un altro, benedett'Iddio!uno più, uno meno…Romeo miagolò tra un sospiro e l'altro: — Tu parli beneperché non te ne intendi. Ma quella bestia lì valeva untesoro. E valeva un tesoro perché era unica… capisci?Unica in tutto il mondo!…— 'Gnamo! – fece il fattore poco convinto.— Ti giuro che è così.— Gua'… se lo dice lei… Ma la mi' nonna mi racconta-va sempre la storia di un certo vampiro con le ali comele nottole, che girava per le campagne nelle sere senzaluna per succhiare il sangue ai ragazzi…

140

— Via, sia bonino, sor Romeo! la non deve mica buttar-si giù a quel modo. C'è rimedio a tutto nel mondo.Anch'io quando persi la mia povera moglie, bonanima,avrei buttato l'anima al diavolo! Ero diventato seccospento: e la gente diceva che davo nel tisico. Ma poi tro-vai la Clotilde che per fortuna somigliava alla mia pove-ra moglie come due gocce d'acqua, meno che la Clotildel'è bruna e la mi' povera moglie l'era bionda. Questa, siadetto in un buon momento, è grassa impallata equell'altra pareva un sacco di mestoli.A parte questo, si somigliavano da scambiarle. Insommala presi e me ne son trovato bene. Ho messo al mondoaltri cinque figliuoli, e se la mi campa, chissà! insommaè questione di farsi coraggio. Se gli è scappato quelcoso… sì, quel pipistrello… o che bisogno c'è di arrab-biarsi tanto? Se ne fabbrichi un altro, benedett'Iddio!uno più, uno meno…Romeo miagolò tra un sospiro e l'altro: — Tu parli beneperché non te ne intendi. Ma quella bestia lì valeva untesoro. E valeva un tesoro perché era unica… capisci?Unica in tutto il mondo!…— 'Gnamo! – fece il fattore poco convinto.— Ti giuro che è così.— Gua'… se lo dice lei… Ma la mi' nonna mi racconta-va sempre la storia di un certo vampiro con le ali comele nottole, che girava per le campagne nelle sere senzaluna per succhiare il sangue ai ragazzi…

140

— Son fiabe, coteste!— O senta, veh! vuole che glielo acchiappi io, quelcoso? Mi metterò a fargli la posta e se mi riesce di ve-derlo, lo impallino quant'è vero la Madonna…Romeo, di pallido che era, diventò verde.— Impallinarlo? – balbettò – sei matto! ti proibisco, sai?ti proibisco di fargli male… Bisogna che lo riabbia, sì,ma vivo… vivo e sano…Il fattore si grattò la zucca sodo sodo.— O aspetti – disse dopo matura riflessione. – C'è loScricciolo che ha imparato a pigliar le bestie col lac-cio… sa… come fanno quei guardiani delle bandite giùnelle maremme… Egli è un costume che importaronocerti cavallai che venivan dalle Americhe… Lo Scric-ciolo è un diavolo! L'altro giorno quando andavo almercato a Santa Fiora, o che non gli saltò in mente dibuttare il laccio al collo del mi' ciuco? Povera bestia:quando si sentì il collo nel cappio cominciò a ragliarecome fosse stato di maggio, e intanto mi sbirciava comea dire: “Se non mi aiuti te son fritto!”. Hanno più giudi-zio di noi le bestie, davvero, davverone!— Manda a chiamare Scricciolo – ordinò risoluto il sin-daco.Nelle tenebre che gli fasciavano il cervello era filtratoun barlume di speranza. Tanto che appena ebbe parlatocon il ragazzo, e gli ebbe spiegato il suo desiderio, si

141

— Son fiabe, coteste!— O senta, veh! vuole che glielo acchiappi io, quelcoso? Mi metterò a fargli la posta e se mi riesce di ve-derlo, lo impallino quant'è vero la Madonna…Romeo, di pallido che era, diventò verde.— Impallinarlo? – balbettò – sei matto! ti proibisco, sai?ti proibisco di fargli male… Bisogna che lo riabbia, sì,ma vivo… vivo e sano…Il fattore si grattò la zucca sodo sodo.— O aspetti – disse dopo matura riflessione. – C'è loScricciolo che ha imparato a pigliar le bestie col lac-cio… sa… come fanno quei guardiani delle bandite giùnelle maremme… Egli è un costume che importaronocerti cavallai che venivan dalle Americhe… Lo Scric-ciolo è un diavolo! L'altro giorno quando andavo almercato a Santa Fiora, o che non gli saltò in mente dibuttare il laccio al collo del mi' ciuco? Povera bestia:quando si sentì il collo nel cappio cominciò a ragliarecome fosse stato di maggio, e intanto mi sbirciava comea dire: “Se non mi aiuti te son fritto!”. Hanno più giudi-zio di noi le bestie, davvero, davverone!— Manda a chiamare Scricciolo – ordinò risoluto il sin-daco.Nelle tenebre che gli fasciavano il cervello era filtratoun barlume di speranza. Tanto che appena ebbe parlatocon il ragazzo, e gli ebbe spiegato il suo desiderio, si

141

sentì allargare il cuore. Perché Scricciolo, fin dalle pri-me parole, mostrò di aver capito e di esser disposto atentare l'avventura.Però Scricciolo fece i patti avanti.— Voglio una bella corda di canapa lunga almeno diecimetri.— Ma sì, figliolo! – singhiozzava Romeo – avrai dieci,cinquanta, cento metri di canapa… quanta canapavuoi…— E poi, se riesco ad agguantare quell'uccellaccio, vo-glio un paio di scarpe nove!— Avrai le scarpe nove e un biglietto di cento lire! Seicontento?Scricciolo scosse il capo in segno di approvazione.— Con cento lire, si diventa ricchi. Io le darò al mi' bab-bo, così chiude bottega e si compra l'automobile comehanno fatto quei venditori di pelli di pecora dopo laguerra. Allora, sor Romeo, la mi dia la corda e lasci farea me…

* * *

Scricciolo prese la corda, si fece dare dal fattore un paneappena sfornato e un sacchetto pieno di noci: e così siavviò, vispo e saltellante, verso la montagna. Perchéaveva sentito dire che il mostro fosse rifugiato tra certigreppi sotto Santa Fiora, passato di poco le miniere del

142

sentì allargare il cuore. Perché Scricciolo, fin dalle pri-me parole, mostrò di aver capito e di esser disposto atentare l'avventura.Però Scricciolo fece i patti avanti.— Voglio una bella corda di canapa lunga almeno diecimetri.— Ma sì, figliolo! – singhiozzava Romeo – avrai dieci,cinquanta, cento metri di canapa… quanta canapavuoi…— E poi, se riesco ad agguantare quell'uccellaccio, vo-glio un paio di scarpe nove!— Avrai le scarpe nove e un biglietto di cento lire! Seicontento?Scricciolo scosse il capo in segno di approvazione.— Con cento lire, si diventa ricchi. Io le darò al mi' bab-bo, così chiude bottega e si compra l'automobile comehanno fatto quei venditori di pelli di pecora dopo laguerra. Allora, sor Romeo, la mi dia la corda e lasci farea me…

* * *

Scricciolo prese la corda, si fece dare dal fattore un paneappena sfornato e un sacchetto pieno di noci: e così siavviò, vispo e saltellante, verso la montagna. Perchéaveva sentito dire che il mostro fosse rifugiato tra certigreppi sotto Santa Fiora, passato di poco le miniere del

142

mercurio.Prima dell'imbrunire trovò una ragazza che badava a ungregge, proprio su la vetta di un poggio, sparso di vec-chie rovine.Scricciolo conosceva di vista la ragazza e le domandònotizie del ‘pipistrello’. Ormai in quei luoghi, lo ptero-dattilo si chiamava così.— L'ho visto sarà mezz'ora – disse la guardiana dellepecore con aria sbigottita – svolazzava basso, proprio suquel ciglio… e faceva un rumore!… Io gli ho buttatocontro un sasso e poi il randello… tanto per spaventar-lo… ed è scappato via… ma sto sempre con la paurache abbia a ricomparire… Io gliel'ho detto alla massara:se i cacciatori non ammazzano quell'animalaccio, io nonesco più con le pecore. Una sera o l'altra succede qual-che malanno…— Zitta! – disse Scricciolo – mi par di sentire uno sbat-ter d'ali…Il cane da guardia delle pecore che aveva al fianco unaltro canino cucciolo, cominciò a ringhiare. Il cuccioli-no, sentendo ringhiare il babbo, tentò addirittura di ab-baiare e si spinse innanzi coraggiosamente, fin verso lacima del poggio.— Buzzino, vien qua! – chiamava la ragazza, che avevagià raccolto le pecore in una valletta a bacìo, dove eratant'erba, ma tutta strinata dal gelo. Le pecore non labrucavano volentieri, quell'erba ghiaccia; e si lamenta-

143

mercurio.Prima dell'imbrunire trovò una ragazza che badava a ungregge, proprio su la vetta di un poggio, sparso di vec-chie rovine.Scricciolo conosceva di vista la ragazza e le domandònotizie del ‘pipistrello’. Ormai in quei luoghi, lo ptero-dattilo si chiamava così.— L'ho visto sarà mezz'ora – disse la guardiana dellepecore con aria sbigottita – svolazzava basso, proprio suquel ciglio… e faceva un rumore!… Io gli ho buttatocontro un sasso e poi il randello… tanto per spaventar-lo… ed è scappato via… ma sto sempre con la paurache abbia a ricomparire… Io gliel'ho detto alla massara:se i cacciatori non ammazzano quell'animalaccio, io nonesco più con le pecore. Una sera o l'altra succede qual-che malanno…— Zitta! – disse Scricciolo – mi par di sentire uno sbat-ter d'ali…Il cane da guardia delle pecore che aveva al fianco unaltro canino cucciolo, cominciò a ringhiare. Il cuccioli-no, sentendo ringhiare il babbo, tentò addirittura di ab-baiare e si spinse innanzi coraggiosamente, fin verso lacima del poggio.— Buzzino, vien qua! – chiamava la ragazza, che avevagià raccolto le pecore in una valletta a bacìo, dove eratant'erba, ma tutta strinata dal gelo. Le pecore non labrucavano volentieri, quell'erba ghiaccia; e si lamenta-

143

vano, perché non potevano capire quale capriccio fossepreso alla loro guardiana di ficcarle in quel luogo tantotristo, oscuro e battuto dai venti rabbiosi della monta-gna.Invece, su le rovine in cima al poggio, il sole d'invernometteva ancora la sua leggera vernice d'oro pallido. Lepecore volevano rivedere il sole. Ma la ragazza le mi-nacciava col randello… crudele, quel giorno, la padron-cina! Perché? Il perché forse, lo capirono più tardi.Intanto un episodio drammatico si svolgeva in cima allacollinetta. Piri-Piri, l'ingratissimo Piri-Piri, s'era posatosu un mucchio di sassi e girava intorno la testa perché laluce gli dava noia, mentre le sue larghe ali membranosevibravano come due immensi ventagli. Anche lo ptero-dattilo aveva freddo? Forse sì. Egli proveniva da unarazza di animali adatti ai calori torridi del periodo se-condario. Ma il suo organismo non sembrava aver trop-po sofferto della bassa temperatura dell'inverno etrusco.Tremava un poco, a fior di pelle, ma sembrava vivacis-simo e fiero. Era cresciuto straordinariamente in queipochi giorni di vita libera.Stando appollaiato come un'enorme gallina, era semprepiù alto di un uomo normale, e le sue ali spiegate nondovevano misurare meno di sei metri di larghezza. Unpiccolo aeroplano, insomma.Improvvisamente, l'attenzione del mostro si fermò sopraBuzzino, il minuscolo e valoroso Buzzino, che gli muo-

144

vano, perché non potevano capire quale capriccio fossepreso alla loro guardiana di ficcarle in quel luogo tantotristo, oscuro e battuto dai venti rabbiosi della monta-gna.Invece, su le rovine in cima al poggio, il sole d'invernometteva ancora la sua leggera vernice d'oro pallido. Lepecore volevano rivedere il sole. Ma la ragazza le mi-nacciava col randello… crudele, quel giorno, la padron-cina! Perché? Il perché forse, lo capirono più tardi.Intanto un episodio drammatico si svolgeva in cima allacollinetta. Piri-Piri, l'ingratissimo Piri-Piri, s'era posatosu un mucchio di sassi e girava intorno la testa perché laluce gli dava noia, mentre le sue larghe ali membranosevibravano come due immensi ventagli. Anche lo ptero-dattilo aveva freddo? Forse sì. Egli proveniva da unarazza di animali adatti ai calori torridi del periodo se-condario. Ma il suo organismo non sembrava aver trop-po sofferto della bassa temperatura dell'inverno etrusco.Tremava un poco, a fior di pelle, ma sembrava vivacis-simo e fiero. Era cresciuto straordinariamente in queipochi giorni di vita libera.Stando appollaiato come un'enorme gallina, era semprepiù alto di un uomo normale, e le sue ali spiegate nondovevano misurare meno di sei metri di larghezza. Unpiccolo aeroplano, insomma.Improvvisamente, l'attenzione del mostro si fermò sopraBuzzino, il minuscolo e valoroso Buzzino, che gli muo-

144

veva incontro, abbaiando, e tremando tutto per la stizza.Egli è che Buzzino non aveva mai visto una bestia diquel genere.Nella sua breve esistenza aveva conosciuto di già moltianimali curiosi: le tartarughe, le donnole, le faine, levolpi, i conigli, le galline, i piccioni, senza contare i suoidi famiglia. Ma un colosso strano e ridicolo come quellolì, no… Buzzino si sentiva morso dalla curiosità edall'indignazione. Gli sarebbe piaciuto studiare da vici-no il mostro, ma avrebbe gradito di più che, spaventatodai suoi latrati furibondi, avesse preso il volo…Invano il padre, fatto prudente per l'età e la grave espe-rienza, lo chiamava a sé, dietro un riparo di macerie.Buzzino non voleva, non poteva ascoltare. Buzzino vo-leva conoscere a fondo la misteriosa bestia che non sidegnava, nemmeno per educazione, di fingere una certapaura per i suoi abbaiamenti. Buzzino seguitava adavanzare, a ringhiare, a latrare e a tremare.

* * *

Ma la tragedia avvenne in un attimo. Lo pterodattilo al-lungò l'esile collo e la testa gigantesca verso Buzzino…Un piccolo colpo. I latrati del cucciolo si mutarono inguaiti. Ahi! Il piccino era stato preso tra le faucidell'animale immondo ed assurdo.Allora, vincendo lo sgomento, il cane padre si gettòavanti abbaiando. E accorse anche, tutta scarmigliata e

145

veva incontro, abbaiando, e tremando tutto per la stizza.Egli è che Buzzino non aveva mai visto una bestia diquel genere.Nella sua breve esistenza aveva conosciuto di già moltianimali curiosi: le tartarughe, le donnole, le faine, levolpi, i conigli, le galline, i piccioni, senza contare i suoidi famiglia. Ma un colosso strano e ridicolo come quellolì, no… Buzzino si sentiva morso dalla curiosità edall'indignazione. Gli sarebbe piaciuto studiare da vici-no il mostro, ma avrebbe gradito di più che, spaventatodai suoi latrati furibondi, avesse preso il volo…Invano il padre, fatto prudente per l'età e la grave espe-rienza, lo chiamava a sé, dietro un riparo di macerie.Buzzino non voleva, non poteva ascoltare. Buzzino vo-leva conoscere a fondo la misteriosa bestia che non sidegnava, nemmeno per educazione, di fingere una certapaura per i suoi abbaiamenti. Buzzino seguitava adavanzare, a ringhiare, a latrare e a tremare.

* * *

Ma la tragedia avvenne in un attimo. Lo pterodattilo al-lungò l'esile collo e la testa gigantesca verso Buzzino…Un piccolo colpo. I latrati del cucciolo si mutarono inguaiti. Ahi! Il piccino era stato preso tra le faucidell'animale immondo ed assurdo.Allora, vincendo lo sgomento, il cane padre si gettòavanti abbaiando. E accorse anche, tutta scarmigliata e

145

piangente, la guardiana delle pecore: – Povero il mi'Buzzino!… Buzzino!… aiuto!Lo pterodattilo cui il minuscolo cervello poteva forniresoltanto sensazioni tarde ed istintive, non riuscendo araccapezzarsi di quel clamoroso sopraggiungere di nuo-vi nemici, stette in forse se dovesse prendere il volo oprepararsi alla difesa: e intanto dimenticò di inghiottireBuzzino. Ma di lì a poco dovette aprire le mascelle dicoccodrillo e risputarlo fuori, un po' spiaccicato e cinci-schiato, ma vivo: perché la gola gli si era stretta d'untratto, nel nodo formidabile di una corda, che Scricciolotirava, dall'alto di un muro, proprio sul ciglio della colli-netta.Scricciolo aveva lanciato il suo laccio ed era riuscitomeravigliosamente in quel tiro maestro. Adesso biso-gnava mandare qualcuno a chiamare gente alla Roccal-begna. Scricciolo sarebbe rimasto a fare la guardia allapreda.La ragazza che aveva raccolto tra le sue braccia Buzzinoe se lo coccolava come un bimbo, coprendolo di baci edi carezze, promise dopo qualche esitazione di andar lei,alla Rocca. Solo prima voleva riportar le pecore allamasseria. La strada era lunga, ma forse il capocciaavrebbe consentito di attaccare il bagher e di andare in-sieme con lei dal sindaco di Roccalbegna.— Ma ci vorrà tempo – mormorò la bimba, guardandoScricciolo con occhio compassionevole – tra poco sarà

146

piangente, la guardiana delle pecore: – Povero il mi'Buzzino!… Buzzino!… aiuto!Lo pterodattilo cui il minuscolo cervello poteva forniresoltanto sensazioni tarde ed istintive, non riuscendo araccapezzarsi di quel clamoroso sopraggiungere di nuo-vi nemici, stette in forse se dovesse prendere il volo oprepararsi alla difesa: e intanto dimenticò di inghiottireBuzzino. Ma di lì a poco dovette aprire le mascelle dicoccodrillo e risputarlo fuori, un po' spiaccicato e cinci-schiato, ma vivo: perché la gola gli si era stretta d'untratto, nel nodo formidabile di una corda, che Scricciolotirava, dall'alto di un muro, proprio sul ciglio della colli-netta.Scricciolo aveva lanciato il suo laccio ed era riuscitomeravigliosamente in quel tiro maestro. Adesso biso-gnava mandare qualcuno a chiamare gente alla Roccal-begna. Scricciolo sarebbe rimasto a fare la guardia allapreda.La ragazza che aveva raccolto tra le sue braccia Buzzinoe se lo coccolava come un bimbo, coprendolo di baci edi carezze, promise dopo qualche esitazione di andar lei,alla Rocca. Solo prima voleva riportar le pecore allamasseria. La strada era lunga, ma forse il capocciaavrebbe consentito di attaccare il bagher e di andare in-sieme con lei dal sindaco di Roccalbegna.— Ma ci vorrà tempo – mormorò la bimba, guardandoScricciolo con occhio compassionevole – tra poco sarà

146

buio. E a far bene bene, torneremo qui a notte alta.— Vai, vai – disse Scricciolo mentre attorcigliava lacorda intorno a un grosso macigno – tanto il prigionieronon scappa di certo!…— Ma avrai freddo…— Mi metterò a ballare sotto le stelle. Fortuna, egli ètempo buono…La ragazza se ne andò con le pecore, e il bambino restòsul greppo a far la sentinella allo pterodattilo. Di tantoin tanto per levarsi la ruggine dai denti sgretolava qual-che noce e piluccava qualche raspo d'uva passa. E comevide apparire le prime stelle cantò:

Fiorin fiorelloTutte le bestie ballano un gran balloEd io faccio la guardia al pipistrello…

147

buio. E a far bene bene, torneremo qui a notte alta.— Vai, vai – disse Scricciolo mentre attorcigliava lacorda intorno a un grosso macigno – tanto il prigionieronon scappa di certo!…— Ma avrai freddo…— Mi metterò a ballare sotto le stelle. Fortuna, egli ètempo buono…La ragazza se ne andò con le pecore, e il bambino restòsul greppo a far la sentinella allo pterodattilo. Di tantoin tanto per levarsi la ruggine dai denti sgretolava qual-che noce e piluccava qualche raspo d'uva passa. E comevide apparire le prime stelle cantò:

Fiorin fiorelloTutte le bestie ballano un gran balloEd io faccio la guardia al pipistrello…

147

XIIPIRI-PIRI METTE IL MONDO

A SOQQUADRO

Nella notte giunsero i rinforzi: e giunsero a propositoperché Scricciolo si era sgranocchiato tutte le noci eaveva piluccato tutta l'uva secca: e dondolava dal sonno.Il terribile Piri-Piri aveva passato il tempo a tentare dispiccare il volo: ad ogni tentativo corrispondeva, è vero,un inesorabile strattone al collo e la bestiaccia si sentivasoffocare; ma la sua suprema stupidaggine le impedivadi capire quale fosse il motivo che la teneva inchiodataal suolo, e perciò a intervalli regolari ritentava la prova.Avrebbe seguitato fino alla morte. Fortunatamente arri-varono in tempo il sindaco di Roccalbegna, il fattoredella ‘Lodola’ e un contadino, muniti di conigli spellatie di tele di sacco.E dopo aver rimpinzato di conigli lo pterodattilo, riusci-rono, dopo molto danno e molti sforzi, a infagottargli ilmuso perché non mordesse e a trascinarlo fino al ba-gher. Per alzarlo sul carrozzino ci volle il ben di Dio:pesava come un bove, quel terremoto, e poi si dibattevae allungava le ali enormi con certi colpi secchi che pare-vano frustate; Romeo ebbe il viso pesto dai colpi dizampa, e il fattore si sentì dare un colpo d'ala nelle reniche gli parve un colpo di trave; ma da ultimo, dài, pic-

148

XIIPIRI-PIRI METTE IL MONDO

A SOQQUADRO

Nella notte giunsero i rinforzi: e giunsero a propositoperché Scricciolo si era sgranocchiato tutte le noci eaveva piluccato tutta l'uva secca: e dondolava dal sonno.Il terribile Piri-Piri aveva passato il tempo a tentare dispiccare il volo: ad ogni tentativo corrispondeva, è vero,un inesorabile strattone al collo e la bestiaccia si sentivasoffocare; ma la sua suprema stupidaggine le impedivadi capire quale fosse il motivo che la teneva inchiodataal suolo, e perciò a intervalli regolari ritentava la prova.Avrebbe seguitato fino alla morte. Fortunatamente arri-varono in tempo il sindaco di Roccalbegna, il fattoredella ‘Lodola’ e un contadino, muniti di conigli spellatie di tele di sacco.E dopo aver rimpinzato di conigli lo pterodattilo, riusci-rono, dopo molto danno e molti sforzi, a infagottargli ilmuso perché non mordesse e a trascinarlo fino al ba-gher. Per alzarlo sul carrozzino ci volle il ben di Dio:pesava come un bove, quel terremoto, e poi si dibattevae allungava le ali enormi con certi colpi secchi che pare-vano frustate; Romeo ebbe il viso pesto dai colpi dizampa, e il fattore si sentì dare un colpo d'ala nelle reniche gli parve un colpo di trave; ma da ultimo, dài, pic-

148

chia, mena, spingi, issa, Piri-Piri fu schiaffato nel ba-gher, legato al mantice e la comitiva poté riprendere lastrada del paese.Naturalmente gli uomini andavano a piedi e lo pterodat-tilo in carrozza; e quello era davvero uno spettacolo cosìbuffo e così dilettevole da levare la malinconia a unmorto. Peccato che in quell'ora le vie della montagnafossero deserte!Arrivati presso il paese, il fattore domandò al sindaco sesi dovesse portare ‘la bestia’ alla ‘Lodola’. Ma Romeo,che aveva riflettuto per la strada, dette ordine di salirefino alla Casaccia, che era al confine del suo podere, suun poggio che dominava la Rocca. Così fecero. Dinanzialla Casaccia – una specie di fattoria diroccata e abban-donata, della quale era rimasto in piedi solo un angolo –lo pterodattilo fu scaraventato fuori dal carrozzino e tra-scinato con corde fino alla scala.— Che si deve salire di sopra? – brontolò il fattore, sof-fiando per la fatica. – Bisognerà chiamare qualcuno inpaese perché io son stracco morto.— No!… No!… – disse Romeo in tono supplichevole –per adesso, mettiamolo nel sottoscala… poi si vedrà…Anzi, mi raccomando non dite nulla a nessuno, neanchealla Flavia…— Ma lei, sor padrone, rimane quassù?— Vuoi che lasci solo Piri-Piri?

149

chia, mena, spingi, issa, Piri-Piri fu schiaffato nel ba-gher, legato al mantice e la comitiva poté riprendere lastrada del paese.Naturalmente gli uomini andavano a piedi e lo pterodat-tilo in carrozza; e quello era davvero uno spettacolo cosìbuffo e così dilettevole da levare la malinconia a unmorto. Peccato che in quell'ora le vie della montagnafossero deserte!Arrivati presso il paese, il fattore domandò al sindaco sesi dovesse portare ‘la bestia’ alla ‘Lodola’. Ma Romeo,che aveva riflettuto per la strada, dette ordine di salirefino alla Casaccia, che era al confine del suo podere, suun poggio che dominava la Rocca. Così fecero. Dinanzialla Casaccia – una specie di fattoria diroccata e abban-donata, della quale era rimasto in piedi solo un angolo –lo pterodattilo fu scaraventato fuori dal carrozzino e tra-scinato con corde fino alla scala.— Che si deve salire di sopra? – brontolò il fattore, sof-fiando per la fatica. – Bisognerà chiamare qualcuno inpaese perché io son stracco morto.— No!… No!… – disse Romeo in tono supplichevole –per adesso, mettiamolo nel sottoscala… poi si vedrà…Anzi, mi raccomando non dite nulla a nessuno, neanchealla Flavia…— Ma lei, sor padrone, rimane quassù?— Vuoi che lasci solo Piri-Piri?

149

— Io non voglio nulla… ma ecco… a stare in questa to-paia c'è da farsi venire tre polmoniti il giorno… non losente che sizza?— Ho portato con me il fornello a spirito e la macchinaper fare i ponci… Giusto, datemi quell'involto… e quel-le coperte… e anche il pacco dei conigli e degli scoiat-toli spellati… Mi accomoderò un angolino nella stanzadi sopra e ci starò divinamente. Del resto, fra poco, ver-rà la Commissione degli scienziati per prendere in con-segna Piri-Piri… ed io potrò tornare in casa…— La badi, sor padrone, se io fossi ne' su' panni, chiude-rei la bestia nel sottoscala e scenderei a ficcarmi nel let-to con un paio di bottiglie calde ai piedi. Così lei fareb-be una bella sudata e quel coso… come lo chiama? Piri-Piri? Già, dicevo, Piri-Piri intanto digerirebbe i conigliin santa pace…— Andate a rimetter il bagher e non vi occupate d'altro– ordinò secco secco Romeo, per tagliar corto. – Soprat-tutto, mi raccomando di non far chiacchiere inutili…— E io, sor Romeo? – domandò sbadigliando Scricciolo– che ho da rimanere con lei a farle compagnia?— Appunto! dimenticavo – e Romeo andò vicino al fa-nale del bagher e levò di tasca il portafogli. – Eccoti lecento lire… ma anche a te… sbarazzino, raccomando ilsilenzio!…— Grazie, sor Romeo – fece Scricciolo, intascando ilbel foglio nuovo nuovo, – ora son ricco! Ma però mi di-

150

— Io non voglio nulla… ma ecco… a stare in questa to-paia c'è da farsi venire tre polmoniti il giorno… non losente che sizza?— Ho portato con me il fornello a spirito e la macchinaper fare i ponci… Giusto, datemi quell'involto… e quel-le coperte… e anche il pacco dei conigli e degli scoiat-toli spellati… Mi accomoderò un angolino nella stanzadi sopra e ci starò divinamente. Del resto, fra poco, ver-rà la Commissione degli scienziati per prendere in con-segna Piri-Piri… ed io potrò tornare in casa…— La badi, sor padrone, se io fossi ne' su' panni, chiude-rei la bestia nel sottoscala e scenderei a ficcarmi nel let-to con un paio di bottiglie calde ai piedi. Così lei fareb-be una bella sudata e quel coso… come lo chiama? Piri-Piri? Già, dicevo, Piri-Piri intanto digerirebbe i conigliin santa pace…— Andate a rimetter il bagher e non vi occupate d'altro– ordinò secco secco Romeo, per tagliar corto. – Soprat-tutto, mi raccomando di non far chiacchiere inutili…— E io, sor Romeo? – domandò sbadigliando Scricciolo– che ho da rimanere con lei a farle compagnia?— Appunto! dimenticavo – e Romeo andò vicino al fa-nale del bagher e levò di tasca il portafogli. – Eccoti lecento lire… ma anche a te… sbarazzino, raccomando ilsilenzio!…— Grazie, sor Romeo – fece Scricciolo, intascando ilbel foglio nuovo nuovo, – ora son ricco! Ma però mi di-

150

spiace di lasciarlo così tutto solo… di notte…— Di che vuoi che abbia paura?— Con quell'animalaccio là… io non istarei tranquillo.Se vedesse! A volte guarda in un certo modo… se ilbuio è più fitto gli si accendono gli occhi…Romeo tentò di ridere.— Smettila, buacciòlo! E poi, non vedi che comincia abaluginare il giorno?Infatti l'aria sbiancava, e per i monti si levava un ventac-cio gelido che spazzava le cime, mugolando comeun'anima in pena.— Andate, andate! – insistette Romeo, spartanamente. –Lasciatemi pure senza scrupoli. La solitudine mi è ne-cessaria…Il fattore, il contadino e Scricciolo, benché a malincuo-re, finirono per andarsene. E Romeo entrò nella stam-berga per comporsi un giaciglio alla meno peggio. Ca-scava dal sonno, ma non poté dormire a causa di Piri-Piri che, secondo le sue consuetudini di animale nottur-no, faceva un chiasso d'inferno. Solo quando fu giornoalto lo pterodattilo si acquietò e cominciò il suo letargoquotidiano. Ma Romeo non aveva più sonno. Allora sifece un ponce bollente e scrisse alcune note nel suo li-briccino.Egli sperava che gli scienziati venissero presto a toglier-lo da quella incomoda condizione di vita. Ma l'ingenuo

151

spiace di lasciarlo così tutto solo… di notte…— Di che vuoi che abbia paura?— Con quell'animalaccio là… io non istarei tranquillo.Se vedesse! A volte guarda in un certo modo… se ilbuio è più fitto gli si accendono gli occhi…Romeo tentò di ridere.— Smettila, buacciòlo! E poi, non vedi che comincia abaluginare il giorno?Infatti l'aria sbiancava, e per i monti si levava un ventac-cio gelido che spazzava le cime, mugolando comeun'anima in pena.— Andate, andate! – insistette Romeo, spartanamente. –Lasciatemi pure senza scrupoli. La solitudine mi è ne-cessaria…Il fattore, il contadino e Scricciolo, benché a malincuo-re, finirono per andarsene. E Romeo entrò nella stam-berga per comporsi un giaciglio alla meno peggio. Ca-scava dal sonno, ma non poté dormire a causa di Piri-Piri che, secondo le sue consuetudini di animale nottur-no, faceva un chiasso d'inferno. Solo quando fu giornoalto lo pterodattilo si acquietò e cominciò il suo letargoquotidiano. Ma Romeo non aveva più sonno. Allora sifece un ponce bollente e scrisse alcune note nel suo li-briccino.Egli sperava che gli scienziati venissero presto a toglier-lo da quella incomoda condizione di vita. Ma l'ingenuo

151

cultore di scienze chimico-fisiologiche ignorava che alMinistero della Pubblica Istruzione non c'è mai troppafretta. Il ministro aveva ricevuto, sì, la sua memoria, madopo matura riflessione, per non compromettersi troppo,aveva nominato una Commissione, la quale dopo averpreso visione della memoria di Romeo Gualandi, avreb-be passato la pratica all'Ufficio competente, il quale, asua volta, avrebbe nominato una Commissione che…ecc. ecc.. Prima che uno scienziato ufficiale qualsiasifosse arrivato alla Roccalbegna per conoscere de visu lopterodattilo sarebbero occorsi almeno cinque o sei anni.Ma Romeo ignorava – e sperava…

* * *

Quel giorno venne a tenergli compagnia Scricciolo,molto serio perché avendo trovato un passerotto tramor-tito dal freddo, voleva mettere in opera tutti i mezzi etutte le cure più acconce per costringere la povera be-stiolina a campare. Romeo accolse con simpatia il pic-colo amico e dopo avergli offerto il ponce che era dive-nuto ormai la sua specialità gli fornì una quantità di as-siomi scientifici intorno al metodo più sicuro per richia-mare in vita i passerotti assiderati.Quella notte, Scricciolo e Romeo dormirono uno accan-to all'altro, sotto la stessa coperta alla Casaccia. Inutiledire che lo pterodattilo ebbe una larga provvigione diconigli e di scoiattoli, cosa che non gli impedì di strilla-re e di starnazzare fino all'alba.

152

cultore di scienze chimico-fisiologiche ignorava che alMinistero della Pubblica Istruzione non c'è mai troppafretta. Il ministro aveva ricevuto, sì, la sua memoria, madopo matura riflessione, per non compromettersi troppo,aveva nominato una Commissione, la quale dopo averpreso visione della memoria di Romeo Gualandi, avreb-be passato la pratica all'Ufficio competente, il quale, asua volta, avrebbe nominato una Commissione che…ecc. ecc.. Prima che uno scienziato ufficiale qualsiasifosse arrivato alla Roccalbegna per conoscere de visu lopterodattilo sarebbero occorsi almeno cinque o sei anni.Ma Romeo ignorava – e sperava…

* * *

Quel giorno venne a tenergli compagnia Scricciolo,molto serio perché avendo trovato un passerotto tramor-tito dal freddo, voleva mettere in opera tutti i mezzi etutte le cure più acconce per costringere la povera be-stiolina a campare. Romeo accolse con simpatia il pic-colo amico e dopo avergli offerto il ponce che era dive-nuto ormai la sua specialità gli fornì una quantità di as-siomi scientifici intorno al metodo più sicuro per richia-mare in vita i passerotti assiderati.Quella notte, Scricciolo e Romeo dormirono uno accan-to all'altro, sotto la stessa coperta alla Casaccia. Inutiledire che lo pterodattilo ebbe una larga provvigione diconigli e di scoiattoli, cosa che non gli impedì di strilla-re e di starnazzare fino all'alba.

152

Ed ecco, poco dopo l'alba, un clamore di voci sotto laCasaccia.— Signor sindaco!…— Fuori il signor Romeo!— È tempo di finirla!…— È una vergogna!Romeo si infilò il pastrano e uscì dalla stamberga mor-morando: — Sta' a vedere, che sono arrivati quelli diRoma!…Si sporse fuori dal poggetto su cui era stata fabbricata laCasaccia ed ebbe una delle sue consuete delusioni. Altroche quelli di Roma! Lì sotto erano adunati i maggiorentidel paese: il farmacista Schianti, il magnano Golia, ildroghiere Bucalossi, il medico condotto, il carabiniere,il milite nazionale, don Lorenzo e la moglie del bidellodelle scuole.E tutti appena lo videro, ruppero in grida di indignazio-ne.— Che cosa volete? – domandò Romeo – Non capisconiente!Vi fu un breve conciliabolo fra i maggiorenti: poi il me-dico Sballi, che era anche consigliere comunale e capodella Sezione fascista locale, prese la parola:— Noi invitiamo il signor Romeo Gualandi, sindaco diRoccalbegna, a spiegare chiaramente il suo contegno.

153

Ed ecco, poco dopo l'alba, un clamore di voci sotto laCasaccia.— Signor sindaco!…— Fuori il signor Romeo!— È tempo di finirla!…— È una vergogna!Romeo si infilò il pastrano e uscì dalla stamberga mor-morando: — Sta' a vedere, che sono arrivati quelli diRoma!…Si sporse fuori dal poggetto su cui era stata fabbricata laCasaccia ed ebbe una delle sue consuete delusioni. Altroche quelli di Roma! Lì sotto erano adunati i maggiorentidel paese: il farmacista Schianti, il magnano Golia, ildroghiere Bucalossi, il medico condotto, il carabiniere,il milite nazionale, don Lorenzo e la moglie del bidellodelle scuole.E tutti appena lo videro, ruppero in grida di indignazio-ne.— Che cosa volete? – domandò Romeo – Non capisconiente!Vi fu un breve conciliabolo fra i maggiorenti: poi il me-dico Sballi, che era anche consigliere comunale e capodella Sezione fascista locale, prese la parola:— Noi invitiamo il signor Romeo Gualandi, sindaco diRoccalbegna, a spiegare chiaramente il suo contegno.

153

Egli fugge e si nasconde come un delinquente, mentre ilpaese è sotto l'incubo di avvenimenti misteriosi e straor-dinari. E i più gravi problemi, quelli che si colleganocon la rinascita civile e spirituale di Roccalbegna, ri-mangono insoluti tra le scartoffie del Municipio. Si diceche vi siano un Consiglio comunale, una Amministra-zione civile, un Sindaco di Roccalbegna, ma in veritànon abbiamo più alcuna traccia di queste nobili istitu-zioni. Noi siamo abbandonati come i rottami di un nau-fragio, nei gorghi del disordine e dell'incertezza. Gli ani-mi cominciano ad agitarsi. I nemici della nazione, chelavorano nell'ombra, rialzano il capo. È questo che vo-gliamo? Così assolviamo il còmpito che ci venne affida-to? Senza contare che ora conviene rispondere agli im-mondi attacchi dei nostri avversari! Il “Padule Settima-nale” di Grosseto pubblica in neretto questa interroga-zione:“Che cosa succede a Roccalbegna? Il sindaco Gualandiè diventato allevatore di mostri?”.E noi dobbiamo permettere che a Grosseto il nostro sin-daco sia chiamato un ‘allevatore di mostri’?— Non esageriamo – interruppe Romeo, che comincia-va a veder girare ogni cosa intorno a sé – non esageria-mo… io non ho mai allevato nessun mostro…— Romeo, confessate – mugolò dolcemente don Loren-zo, – confessate di aver fatto nascere il vampiro… Cre-dete, tutto può accomodarsi…

154

Egli fugge e si nasconde come un delinquente, mentre ilpaese è sotto l'incubo di avvenimenti misteriosi e straor-dinari. E i più gravi problemi, quelli che si colleganocon la rinascita civile e spirituale di Roccalbegna, ri-mangono insoluti tra le scartoffie del Municipio. Si diceche vi siano un Consiglio comunale, una Amministra-zione civile, un Sindaco di Roccalbegna, ma in veritànon abbiamo più alcuna traccia di queste nobili istitu-zioni. Noi siamo abbandonati come i rottami di un nau-fragio, nei gorghi del disordine e dell'incertezza. Gli ani-mi cominciano ad agitarsi. I nemici della nazione, chelavorano nell'ombra, rialzano il capo. È questo che vo-gliamo? Così assolviamo il còmpito che ci venne affida-to? Senza contare che ora conviene rispondere agli im-mondi attacchi dei nostri avversari! Il “Padule Settima-nale” di Grosseto pubblica in neretto questa interroga-zione:“Che cosa succede a Roccalbegna? Il sindaco Gualandiè diventato allevatore di mostri?”.E noi dobbiamo permettere che a Grosseto il nostro sin-daco sia chiamato un ‘allevatore di mostri’?— Non esageriamo – interruppe Romeo, che comincia-va a veder girare ogni cosa intorno a sé – non esageria-mo… io non ho mai allevato nessun mostro…— Romeo, confessate – mugolò dolcemente don Loren-zo, – confessate di aver fatto nascere il vampiro… Cre-dete, tutto può accomodarsi…

154

— Ma che vampiro! – proruppe il sindaco – non con-fondiamo lo pterodattilo, animale incomparabile vissutonell'epoca secondaria, con il leggendario vampiro!…— Voi, piuttosto, non ci confondete con chiacchiere –strillò il farmacista Schianti. – Intanto in paese c'è unfermento da non dirsi! Le donne non voglion più man-dare i bambini alla scuola. I contadini vengono a rac-contarci ogni giorno storie di stragi di pollai e di coni-gliere. Non si è più sicuri né in paese né su le monta-gne…— E intanto – incalzò il dottore – i bolscevichi e i mas-soni approfittano di questo smarrimento, di questo pani-co, per speculare contro di noi! Dicono che l'animale èun trucco politico per far paura ai gonzi!— Proprio come avevo previsto! – sospirò Romeo Gua-landi. E dopo una lunga pausa dichiarò solennemente: –Signori! Oggi stesso svelerò al paese il mio segreto.Purtroppo gli avvenimenti hanno superato la mia volon-tà. Oggi, nella piazza di Roccalbegna, parlerò…

* * *

Infatti, il giorno stesso, avendo lasciato Scricciolo aguardia dello pterodattilo, Romeo discese in paese eparlò ai suoi concittadini spiegando coi termini più sem-plici e più facili il singolare avvenimento che aveva cer-tamente una grande importanza scientifica, ma non po-teva in alcun modo turbare la politica nazionale. Al me-

155

— Ma che vampiro! – proruppe il sindaco – non con-fondiamo lo pterodattilo, animale incomparabile vissutonell'epoca secondaria, con il leggendario vampiro!…— Voi, piuttosto, non ci confondete con chiacchiere –strillò il farmacista Schianti. – Intanto in paese c'è unfermento da non dirsi! Le donne non voglion più man-dare i bambini alla scuola. I contadini vengono a rac-contarci ogni giorno storie di stragi di pollai e di coni-gliere. Non si è più sicuri né in paese né su le monta-gne…— E intanto – incalzò il dottore – i bolscevichi e i mas-soni approfittano di questo smarrimento, di questo pani-co, per speculare contro di noi! Dicono che l'animale èun trucco politico per far paura ai gonzi!— Proprio come avevo previsto! – sospirò Romeo Gua-landi. E dopo una lunga pausa dichiarò solennemente: –Signori! Oggi stesso svelerò al paese il mio segreto.Purtroppo gli avvenimenti hanno superato la mia volon-tà. Oggi, nella piazza di Roccalbegna, parlerò…

* * *

Infatti, il giorno stesso, avendo lasciato Scricciolo aguardia dello pterodattilo, Romeo discese in paese eparlò ai suoi concittadini spiegando coi termini più sem-plici e più facili il singolare avvenimento che aveva cer-tamente una grande importanza scientifica, ma non po-teva in alcun modo turbare la politica nazionale. Al me-

155

dico condotto che negava violentemente la possibilitàdell'esistenza di un vero animale antidiluviano, il sinda-co oppose ragioni apparentemente irrefutabili: disse cheanche oggi vivono in libertà animali delle epoche pri-mordiali e portò come esempio lo sfenodonte, un rettilepiù antico del dinosauro, che ancora sbadiglia al sole inuna isoletta al largo della costa est della Nuova Zelanda.Lo sfenodonte vive ormai da otto milioni di anni e nonaccenna a sparire…Inutile dire che questa storia dello sfenodonte non con-vinse nessuno. Mentre parlava, Romeo vide traversarela folla e venire verso di lui il suo fattore, che agitava inaria un telegramma.— Ecco gli scienziati di Roma! – pensò il bravo figliuo-lo, mentre il viso gli si illuminava di gioia.Prese il telegramma, lo lesse e per poco non cadde dallatavola su cui era salito per parlare al pubblico. Il tele-gramma diceva così:Presidente Consiglio invita Sindaco Roccalbegna venireRoma chiarire gravi incidenti verificatisi paese, sfrutta-ti opposizione in strane leggende degne medioevo.Firmato: Il Sottosegretario alla Presidenza del Consi-glio.

156

dico condotto che negava violentemente la possibilitàdell'esistenza di un vero animale antidiluviano, il sinda-co oppose ragioni apparentemente irrefutabili: disse cheanche oggi vivono in libertà animali delle epoche pri-mordiali e portò come esempio lo sfenodonte, un rettilepiù antico del dinosauro, che ancora sbadiglia al sole inuna isoletta al largo della costa est della Nuova Zelanda.Lo sfenodonte vive ormai da otto milioni di anni e nonaccenna a sparire…Inutile dire che questa storia dello sfenodonte non con-vinse nessuno. Mentre parlava, Romeo vide traversarela folla e venire verso di lui il suo fattore, che agitava inaria un telegramma.— Ecco gli scienziati di Roma! – pensò il bravo figliuo-lo, mentre il viso gli si illuminava di gioia.Prese il telegramma, lo lesse e per poco non cadde dallatavola su cui era salito per parlare al pubblico. Il tele-gramma diceva così:Presidente Consiglio invita Sindaco Roccalbegna venireRoma chiarire gravi incidenti verificatisi paese, sfrutta-ti opposizione in strane leggende degne medioevo.Firmato: Il Sottosegretario alla Presidenza del Consi-glio.

156

— Signori! Oggi stesso svelerò al paese il mio segreto.

157

— Signori! Oggi stesso svelerò al paese il mio segreto.

157

Un grido uscì dal fondo dell'anima dell'onesto Romeo:un grido di dolore e di amarezza: – Accidenti a Piri-Piri!Ma subito dopo egli si riprese: – No: Piri-Piri è innocen-te. È troppo antidiluviano per sapere certe cose…

158

Un grido uscì dal fondo dell'anima dell'onesto Romeo:un grido di dolore e di amarezza: – Accidenti a Piri-Piri!Ma subito dopo egli si riprese: – No: Piri-Piri è innocen-te. È troppo antidiluviano per sapere certe cose…

158

XIIILO ‘SCANDALO MAREMMANO’

Il segretario politico del partito fascista della provinciadi Grosseto arrivò quel giorno stesso alla Roccalbegna.Anch'egli aveva ricevuto un telegramma dal Governocentrale che lo invitava a far luce sul misterioso avveni-mento. L'incontro col sindaco fu piuttosto brusco.— I momenti che attraversiamo non consentono debo-lezze – cominciò subito il segretario del Fascio corru-gando le folte sopracciglia. – Posso capire fino a un cer-to punto la megalomania arrivista di qualche elementoirresponsabile del partito. Ma voi siete un alto funziona-rio dello Stato. Voi avete enormi responsabilità dellequali dovete rispondere dinanzi al Paese…Investito a quel modo il povero Romeo seppe soltantobalbettare qualche parola di scusa che non servì nemme-no ad attenuare l'indignazione del segretario politico.— Insomma! – gridò questi battendo il piede… su unpiede del sindaco, che emise un urlo di spasimo – oh!…scusate…! insomma, qui bisogna uscirne. Non possiamotenere il paese in condizioni pericolose di tensione spiri-tuale… mi capite, non è vero? Dunque, questa notte, an-dremo a Roma. Diremo tutto al Presidente. Quello cheegli deciderà, noi faremo. È giusto!?

159

XIIILO ‘SCANDALO MAREMMANO’

Il segretario politico del partito fascista della provinciadi Grosseto arrivò quel giorno stesso alla Roccalbegna.Anch'egli aveva ricevuto un telegramma dal Governocentrale che lo invitava a far luce sul misterioso avveni-mento. L'incontro col sindaco fu piuttosto brusco.— I momenti che attraversiamo non consentono debo-lezze – cominciò subito il segretario del Fascio corru-gando le folte sopracciglia. – Posso capire fino a un cer-to punto la megalomania arrivista di qualche elementoirresponsabile del partito. Ma voi siete un alto funziona-rio dello Stato. Voi avete enormi responsabilità dellequali dovete rispondere dinanzi al Paese…Investito a quel modo il povero Romeo seppe soltantobalbettare qualche parola di scusa che non servì nemme-no ad attenuare l'indignazione del segretario politico.— Insomma! – gridò questi battendo il piede… su unpiede del sindaco, che emise un urlo di spasimo – oh!…scusate…! insomma, qui bisogna uscirne. Non possiamotenere il paese in condizioni pericolose di tensione spiri-tuale… mi capite, non è vero? Dunque, questa notte, an-dremo a Roma. Diremo tutto al Presidente. Quello cheegli deciderà, noi faremo. È giusto!?

159

— È giusto – bisbigliò Romeo, smarritamente – ma…alla fin fine… anche il signor Presidente dovrà capire…che la Scienza… le conquiste della Scienza… i grandiproblemi scientifici…— Voi mi parlate di Scienza, e io vi parlo di Patria! –rimbeccò tenacemente il segretario politico. – È grave.Porterò al Consiglio il vostro caso e prenderemo energi-ci provvedimenti contro di voi. Intanto, pensiamo al no-stro dovere, che è uno solo: obbedire ai comandi delDuce. Questa notte partiremo.— Ebbene, sì – gridò Romeo riacquistando a un trattoun po' di energia. – Sì!… verrò a Roma! ma non solo.Trasporterò meco la prova della mia innocenza!…E il degno uomo lasciò il segretario per risalire alla Ca-saccia, seguito da un gruppo di operai del Club Sindaca-le Amiatino, tutti giovani bizzarri, di fede incerta, chefacevano le boccacce quando vedevano don Lorenzo edurante le commemorazioni patriottiche andavano a farebisboccia nei castagneti, per non compromettersi troppo.L'avvenire, si sa, non lo indovina nessuno; e loro vole-vano essere sempre pronti a seguire la corrente più velo-ce e più grossa, per non trovarsi mai nel partito dei po-chi.Dunque, questi operai, carichi di grosse tavole di abete earmati di seghe e di martelli, arrivarono alla Casacciainsieme col sindaco e si diedero subito, secondo i suoiordini, a costruire una specie di enorme gabbia, nella

160

— È giusto – bisbigliò Romeo, smarritamente – ma…alla fin fine… anche il signor Presidente dovrà capire…che la Scienza… le conquiste della Scienza… i grandiproblemi scientifici…— Voi mi parlate di Scienza, e io vi parlo di Patria! –rimbeccò tenacemente il segretario politico. – È grave.Porterò al Consiglio il vostro caso e prenderemo energi-ci provvedimenti contro di voi. Intanto, pensiamo al no-stro dovere, che è uno solo: obbedire ai comandi delDuce. Questa notte partiremo.— Ebbene, sì – gridò Romeo riacquistando a un trattoun po' di energia. – Sì!… verrò a Roma! ma non solo.Trasporterò meco la prova della mia innocenza!…E il degno uomo lasciò il segretario per risalire alla Ca-saccia, seguito da un gruppo di operai del Club Sindaca-le Amiatino, tutti giovani bizzarri, di fede incerta, chefacevano le boccacce quando vedevano don Lorenzo edurante le commemorazioni patriottiche andavano a farebisboccia nei castagneti, per non compromettersi troppo.L'avvenire, si sa, non lo indovina nessuno; e loro vole-vano essere sempre pronti a seguire la corrente più velo-ce e più grossa, per non trovarsi mai nel partito dei po-chi.Dunque, questi operai, carichi di grosse tavole di abete earmati di seghe e di martelli, arrivarono alla Casacciainsieme col sindaco e si diedero subito, secondo i suoiordini, a costruire una specie di enorme gabbia, nella

160

quale doveva essere chiuso Piri-Piri.Sì!… perché Romeo non avrebbe abbandonato Piri-Piri,nemmeno se gli avessero offerto di far la pace colla si-gnora Flavia. Piri-Piri era legato alla sua sorte. Piri-Piridoveva morire con lui!Ormai non era più questione di serbare il segreto. Tuttisapevano la tremenda storia. Tanto valeva combattere avisiera alzata, ad armi scoperte. Egli sarebbe partito dal-la Roccalbegna col suo pterodattilo: in tal modo avrebberisolto il problema che lo angustiava. Avrebbe dimostra-to all'on. Mussolini la grandiosità e la bellezza della suaimpresa scientifico-preistorica: avrebbe facilmente fattocadere la debole impalcatura dello ‘scandalo maremma-no’, che già allagava le prime pagine dei giornali di op-posizione: e si sarebbe liberato dal tremendo e adorabilemostro, affidandolo alle cure provvisorie del Ministrodella Pubblica istruzione.Forse, al suo ritorno in paese, avrebbe veduto la fine deldramma lacrimevole: sua moglie gli avrebbe aperte lebraccia, don Lorenzo si sarebbe riconciliato con lui, isuoi bravi compaesani, mettendo da parte le diffidenze ele ostilità superstiziose, lo avrebbero accolto con rinno-vato affetto, anzi, con entusiasmo, riconoscendo final-mente in lui il più glorioso figlio del Monte Amiata –dopo il compianto straccione filosofo Davide Lazzaretti,– il vero martire della scienza paleontologica, l'autenticoe unico fabbricante di animali antidiluviani!!…

161

quale doveva essere chiuso Piri-Piri.Sì!… perché Romeo non avrebbe abbandonato Piri-Piri,nemmeno se gli avessero offerto di far la pace colla si-gnora Flavia. Piri-Piri era legato alla sua sorte. Piri-Piridoveva morire con lui!Ormai non era più questione di serbare il segreto. Tuttisapevano la tremenda storia. Tanto valeva combattere avisiera alzata, ad armi scoperte. Egli sarebbe partito dal-la Roccalbegna col suo pterodattilo: in tal modo avrebberisolto il problema che lo angustiava. Avrebbe dimostra-to all'on. Mussolini la grandiosità e la bellezza della suaimpresa scientifico-preistorica: avrebbe facilmente fattocadere la debole impalcatura dello ‘scandalo maremma-no’, che già allagava le prime pagine dei giornali di op-posizione: e si sarebbe liberato dal tremendo e adorabilemostro, affidandolo alle cure provvisorie del Ministrodella Pubblica istruzione.Forse, al suo ritorno in paese, avrebbe veduto la fine deldramma lacrimevole: sua moglie gli avrebbe aperte lebraccia, don Lorenzo si sarebbe riconciliato con lui, isuoi bravi compaesani, mettendo da parte le diffidenze ele ostilità superstiziose, lo avrebbero accolto con rinno-vato affetto, anzi, con entusiasmo, riconoscendo final-mente in lui il più glorioso figlio del Monte Amiata –dopo il compianto straccione filosofo Davide Lazzaretti,– il vero martire della scienza paleontologica, l'autenticoe unico fabbricante di animali antidiluviani!!…

161

* * *

Mentre l'immensa gabbia che conteneva lo pterodattiloveniva fatta scivolare a balzelloni giù per la china checonduceva al paese, Romeo sorrideva, sognando il suoimmancabile trionfo. Egli avrebbe fatto il contrario deiconsoli romani vinti: dopo la Rupe Tarpea, il Campido-glio!…Scricciolo, che gli saltellava al fianco, tratto tratto leva-va gli occhietti su di lui e domandava, supplichevole: –Ma tornerà presto, vero?Alla fine, un po' infastidito, Romeo rispose: — Tornerò,senza dubbio: ma per confondere i miei nemici!…— E tornerà con lo pterodattilo?— No…! cioè… non so. In ogni modo, non dubitare…mi ricorderò di te… tu sei un bravo ragazzo…— Perché ecco… io volevo… – e qui Scricciolo si fer-mò.— Avanti, su: che cosa vuoi?— Ecco, io volevo che lei scrivesse a quel signore dellascimmia perché mi prendesse con lui e mi portasse nelpaese dove si trovano quelle bestie con le ali e il beccocoi denti. Se avessi anch'io un Piri-Piri, creda, diventereia dir poco miliardario…— E come?— Andrei girando il mondo con un baraccone e farei

162

* * *

Mentre l'immensa gabbia che conteneva lo pterodattiloveniva fatta scivolare a balzelloni giù per la china checonduceva al paese, Romeo sorrideva, sognando il suoimmancabile trionfo. Egli avrebbe fatto il contrario deiconsoli romani vinti: dopo la Rupe Tarpea, il Campido-glio!…Scricciolo, che gli saltellava al fianco, tratto tratto leva-va gli occhietti su di lui e domandava, supplichevole: –Ma tornerà presto, vero?Alla fine, un po' infastidito, Romeo rispose: — Tornerò,senza dubbio: ma per confondere i miei nemici!…— E tornerà con lo pterodattilo?— No…! cioè… non so. In ogni modo, non dubitare…mi ricorderò di te… tu sei un bravo ragazzo…— Perché ecco… io volevo… – e qui Scricciolo si fer-mò.— Avanti, su: che cosa vuoi?— Ecco, io volevo che lei scrivesse a quel signore dellascimmia perché mi prendesse con lui e mi portasse nelpaese dove si trovano quelle bestie con le ali e il beccocoi denti. Se avessi anch'io un Piri-Piri, creda, diventereia dir poco miliardario…— E come?— Andrei girando il mondo con un baraccone e farei

162

vedere la bestia: a due soldi ogni persona, in un paiod'anni ci sarebbe da fare le montagne di quattrini…Romeo voleva ridere a quest'uscita del ragazzo: ma ilriso gli restò in gola perché, d'improvviso, in fondo allostradellino che sboccava nella via maestra vide un grup-po di uomini in attitudine minacciosa.— Un'altra!… – borbottò, sospirando. – Certo ce l'han-no con me. Ma quando sarà finita?Si accostò agli uomini che lo guardavano tentennando ilcapo e iniziò la conversazione in termini cordiali.— Buonasera, cari amici. Che si fa di bello, a quest'ora?Uno del gruppo parlò per tutti:— Lei è il sindaco, vero?— Già… io sono il sindaco… Romeo Gualandi…— Noi si viene da Scansano. Creda, a Scansano non sischerza. È tempo di farla finita: giusto ieri la moglie delmaniscalco ha partorito un bambino con le ali, Dio cisalvi, di pipistrello. L'è una settimana che le donne e ibambini stanno chiusi nei locali delle scuole e tutti re-clamano un rifugio sotterraneo, come quando c'erano gliaeroplani austriaci. Noi si domanda a lei se le pare lecitoe umano di seminare lo spavento e la rovina nelle pove-re famiglie innocenti…Un altro personaggio si fece largo nel gruppo e porse alsindaco atterrito un voluminoso pacco di carte bollate:— Io, vede? sono un usciere della Pretura di Grosseto…

163

vedere la bestia: a due soldi ogni persona, in un paiod'anni ci sarebbe da fare le montagne di quattrini…Romeo voleva ridere a quest'uscita del ragazzo: ma ilriso gli restò in gola perché, d'improvviso, in fondo allostradellino che sboccava nella via maestra vide un grup-po di uomini in attitudine minacciosa.— Un'altra!… – borbottò, sospirando. – Certo ce l'han-no con me. Ma quando sarà finita?Si accostò agli uomini che lo guardavano tentennando ilcapo e iniziò la conversazione in termini cordiali.— Buonasera, cari amici. Che si fa di bello, a quest'ora?Uno del gruppo parlò per tutti:— Lei è il sindaco, vero?— Già… io sono il sindaco… Romeo Gualandi…— Noi si viene da Scansano. Creda, a Scansano non sischerza. È tempo di farla finita: giusto ieri la moglie delmaniscalco ha partorito un bambino con le ali, Dio cisalvi, di pipistrello. L'è una settimana che le donne e ibambini stanno chiusi nei locali delle scuole e tutti re-clamano un rifugio sotterraneo, come quando c'erano gliaeroplani austriaci. Noi si domanda a lei se le pare lecitoe umano di seminare lo spavento e la rovina nelle pove-re famiglie innocenti…Un altro personaggio si fece largo nel gruppo e porse alsindaco atterrito un voluminoso pacco di carte bollate:— Io, vede? sono un usciere della Pretura di Grosseto…

163

Debbo notificarle trentacinque citazioni per danni direttie indiretti a trentacinque famiglie di qui intorno!— Ma è una congiura… – fece Romeo, girando intornogli sguardi sbigottiti – io sono un galantuomo… ho fattosempre il mio dovere di sindaco e di scienziato… noncapisco…— Voi avete provocato il danno – sentenziò un terzopersonaggio – e voi riparate. Ammazzate quella infa-missima bestiaccia!— Voi siete matti! – e Romeo indicò la gabbia che bar-collando scendeva la china – ammazzare… lo pterodat-tilo! Anche mia moglie mi disse la stessa cosa e io pre-ferii allontanarmi da lei. Io sto lavorando per la scienzae per la gloria della regione! Voi non sapete…!In quel momento giunse opportunamente il segretariodel partito fascista.— Signor sindaco, il camion per andare alla nostra sta-zione è pronto… È meglio avvantaggiarsi perché conqueste stradacce…— Bisogna collocare sul camion anche quella gabbia –dichiarò Romeo: – desidero portare, come ho detto dian-zi, all'on. Presidente la prova della mia innocenza!Il gruppo degli scansanesi emetteva un brontolìo che ri-cordava quello del tuono lontano.— Che cosa vogliono questi borghesi? – domandò il se-gretario rivolto a Romeo.

164

Debbo notificarle trentacinque citazioni per danni direttie indiretti a trentacinque famiglie di qui intorno!— Ma è una congiura… – fece Romeo, girando intornogli sguardi sbigottiti – io sono un galantuomo… ho fattosempre il mio dovere di sindaco e di scienziato… noncapisco…— Voi avete provocato il danno – sentenziò un terzopersonaggio – e voi riparate. Ammazzate quella infa-missima bestiaccia!— Voi siete matti! – e Romeo indicò la gabbia che bar-collando scendeva la china – ammazzare… lo pterodat-tilo! Anche mia moglie mi disse la stessa cosa e io pre-ferii allontanarmi da lei. Io sto lavorando per la scienzae per la gloria della regione! Voi non sapete…!In quel momento giunse opportunamente il segretariodel partito fascista.— Signor sindaco, il camion per andare alla nostra sta-zione è pronto… È meglio avvantaggiarsi perché conqueste stradacce…— Bisogna collocare sul camion anche quella gabbia –dichiarò Romeo: – desidero portare, come ho detto dian-zi, all'on. Presidente la prova della mia innocenza!Il gruppo degli scansanesi emetteva un brontolìo che ri-cordava quello del tuono lontano.— Che cosa vogliono questi borghesi? – domandò il se-gretario rivolto a Romeo.

164

E Romeo, intravedendo la salvezza, gridò: — Vorrebbe-ro ammazzare Piri-Piri per impedire che il Presidentepossa farsi un'idea precisa dei fatti!… Io ho cercato dipersuaderli, ma…— Ho capito. Sono avversari del regime! Silenzio! Viatutti!…E l'incidente fu chiuso.

* * *

Caricata la gabbia sul camion, Romeo e il segretario la-sciarono la Roccalbegna discendendo la strada che daSaturnia conduce fin sotto Manciano attraverso i poggiselvosi, poi in mezzo ai macereti e alle stoppie finoall'Albegna.Giunsero alla stazione a notte alta; fortunatamente versola marina il cielo si era schiarito e la luna aveva illumi-nato la pessima strada, sconvolta dalle carrarecce e tra-versata dai torrentelli di fango. Ma alla stazione nacqueun'altra difficoltà.Gli impiegati non volevano prendersi la responsabilitàdi spedire a bagaglio un animalaccio di quel genere, nonclassificato in nessun regolamento ferroviario.Il segretario del Fascio dovette minacciare gravi sanzio-ni contro tutti gli impiegati, compreso il facchino, ben-ché non avesse detto niente. Così anche questo ostacolofu abbattuto.

165

E Romeo, intravedendo la salvezza, gridò: — Vorrebbe-ro ammazzare Piri-Piri per impedire che il Presidentepossa farsi un'idea precisa dei fatti!… Io ho cercato dipersuaderli, ma…— Ho capito. Sono avversari del regime! Silenzio! Viatutti!…E l'incidente fu chiuso.

* * *

Caricata la gabbia sul camion, Romeo e il segretario la-sciarono la Roccalbegna discendendo la strada che daSaturnia conduce fin sotto Manciano attraverso i poggiselvosi, poi in mezzo ai macereti e alle stoppie finoall'Albegna.Giunsero alla stazione a notte alta; fortunatamente versola marina il cielo si era schiarito e la luna aveva illumi-nato la pessima strada, sconvolta dalle carrarecce e tra-versata dai torrentelli di fango. Ma alla stazione nacqueun'altra difficoltà.Gli impiegati non volevano prendersi la responsabilitàdi spedire a bagaglio un animalaccio di quel genere, nonclassificato in nessun regolamento ferroviario.Il segretario del Fascio dovette minacciare gravi sanzio-ni contro tutti gli impiegati, compreso il facchino, ben-ché non avesse detto niente. Così anche questo ostacolofu abbattuto.

165

Il treno doveva passare dall'Albarese alle 11,37 senzafermarsi. Era un diretto. Fu messo un segnale di ferma-ta, naturalmente sotto la responsabilità del segretario.Alle 12,45 con soli sessanta minuti di ritardo arrivò iltreno. I viaggiatori in quell'ora dormivano: se no, a ve-der caricare nel bagagliaio un animale dell'età seconda-ria, sia pure dentro una gabbia di legno, avrebbero fattol'ira di Dio. La cosa invece si svolse relativamente bene:solo il capotreno stese un rapporto contro l'abusiva spe-dizione di uno pterodattilo sopra un diretto che non do-veva fermare all'Albarese, e il macchinista volle assolu-tamente che il rettile inghiottisse in sua presenza un gat-to morto che aveva trovato vicino alla locomotiva.Alle 1,50 con appena centroventitré minuti di ritardo ildiretto partì alla volta di Roma.Ma prima di arrivare alla stazione di Orbetello, Romeo,che spiava la campagna dal finestrino, vide passareun'ombra dinanzi alla luna. Si sporse dal finestrino.Eterni numi! Lo pterodattilo volava alto nell'azzurro!…Fuggiva, fuggiva, lo sciaguratissimo animale!… Edecco, improvvisamente, un colpo di fucile. Qualcunoaveva tirato contro il rettile volante. Romeo non sentì,non vide più nulla. Si gettò rovescio sul divano dellacarrozza, mormorando disperatamente: — Ora è finitodavvero! Ora davvero… non lo vedrò più!Il segretario ruggì: — Io scendo a Orbetello. Bisognaordinare subito un inseguimento con gli idrovolanti. Voipresentatevi al Presidente e dite che…

166

Il treno doveva passare dall'Albarese alle 11,37 senzafermarsi. Era un diretto. Fu messo un segnale di ferma-ta, naturalmente sotto la responsabilità del segretario.Alle 12,45 con soli sessanta minuti di ritardo arrivò iltreno. I viaggiatori in quell'ora dormivano: se no, a ve-der caricare nel bagagliaio un animale dell'età seconda-ria, sia pure dentro una gabbia di legno, avrebbero fattol'ira di Dio. La cosa invece si svolse relativamente bene:solo il capotreno stese un rapporto contro l'abusiva spe-dizione di uno pterodattilo sopra un diretto che non do-veva fermare all'Albarese, e il macchinista volle assolu-tamente che il rettile inghiottisse in sua presenza un gat-to morto che aveva trovato vicino alla locomotiva.Alle 1,50 con appena centroventitré minuti di ritardo ildiretto partì alla volta di Roma.Ma prima di arrivare alla stazione di Orbetello, Romeo,che spiava la campagna dal finestrino, vide passareun'ombra dinanzi alla luna. Si sporse dal finestrino.Eterni numi! Lo pterodattilo volava alto nell'azzurro!…Fuggiva, fuggiva, lo sciaguratissimo animale!… Edecco, improvvisamente, un colpo di fucile. Qualcunoaveva tirato contro il rettile volante. Romeo non sentì,non vide più nulla. Si gettò rovescio sul divano dellacarrozza, mormorando disperatamente: — Ora è finitodavvero! Ora davvero… non lo vedrò più!Il segretario ruggì: — Io scendo a Orbetello. Bisognaordinare subito un inseguimento con gli idrovolanti. Voipresentatevi al Presidente e dite che…

166

Ma Romeo non lo ascoltava. Gli pareva che mille venti-latori gli girassero vertiginosamente nel cranio e glielovuotassero del cervello. Avrebbe voluto piangere, manon poteva.Gli pareva di morire: invece si addormentava.E intanto, il mostro dei tempi secondari batteva le largheali di vampiro su le onde del Tirreno, imbrillantate dallaluna.

167

Ma Romeo non lo ascoltava. Gli pareva che mille venti-latori gli girassero vertiginosamente nel cranio e glielovuotassero del cervello. Avrebbe voluto piangere, manon poteva.Gli pareva di morire: invece si addormentava.E intanto, il mostro dei tempi secondari batteva le largheali di vampiro su le onde del Tirreno, imbrillantate dallaluna.

167

Si sporse dal finestrino. Eterni numi!Lo pterodattilo volava alto nell'azzurro!…

168

Si sporse dal finestrino. Eterni numi!Lo pterodattilo volava alto nell'azzurro!…

168

XIVPIRI-PIRI A MONTECITORIO!

Quando Romeo Gualandi, ancora trasognato, discesealla stazione di Roma e uscì in Piazza dei Cinquecento,dovette rimanere molti minuti a naso in aria per racca-pezzarsi. Dov'era? Che cosa era successo? Vide, final-mente, passare su l'orizzonte due larghe ipotetiche ali dipipistrello. Ricordò Piri-Piri, la ragione del suo viaggio,i suoi dolori… E ricordò anche di non aver più la vali-gia, che conteneva il suo unico vestito nero, decoratodella croce di cavaliere e di alcune medaglie più o menocommemorative.— Non ho più valigia! – gridò a un tratto fissando ilviso ironico di un facchino – e come faccio?…— E a me che me ne importa? – mugolò il facchino, fa-cendo le più curiose smorfie del mondo.— E come mi presento a Sua Eccellenza? – seguitò Ro-meo, grattandosi disperatamente la collottola. – Sonorovinato!…In quel tragico momento, l'integerrimo sindaco scienzia-to corse il rischio di essere travolto da un'automobile dipiazza. Allora egli ebbe un'ispirazione: – Meglio sopra,che sotto!E fece fermare il taxi.

169

XIVPIRI-PIRI A MONTECITORIO!

Quando Romeo Gualandi, ancora trasognato, discesealla stazione di Roma e uscì in Piazza dei Cinquecento,dovette rimanere molti minuti a naso in aria per racca-pezzarsi. Dov'era? Che cosa era successo? Vide, final-mente, passare su l'orizzonte due larghe ipotetiche ali dipipistrello. Ricordò Piri-Piri, la ragione del suo viaggio,i suoi dolori… E ricordò anche di non aver più la vali-gia, che conteneva il suo unico vestito nero, decoratodella croce di cavaliere e di alcune medaglie più o menocommemorative.— Non ho più valigia! – gridò a un tratto fissando ilviso ironico di un facchino – e come faccio?…— E a me che me ne importa? – mugolò il facchino, fa-cendo le più curiose smorfie del mondo.— E come mi presento a Sua Eccellenza? – seguitò Ro-meo, grattandosi disperatamente la collottola. – Sonorovinato!…In quel tragico momento, l'integerrimo sindaco scienzia-to corse il rischio di essere travolto da un'automobile dipiazza. Allora egli ebbe un'ispirazione: – Meglio sopra,che sotto!E fece fermare il taxi.

169

— Dove? – chiese il conduttore, gettando un'occhiatasospettosa a quel miserabile viandante.— A Palazzo Chigi! – rispose Romeo, mentre si gettavanel fondo della carrozza.Il conduttore ebbe un attimo di esitazione.— E se è un matto?…La filosofia soccorse in buon punto il bravo automobili-sta.— Se è un matto, vuol dire che da Palazzo Chigi lo por-terò alla Longara, e là mi pagheranno la corsa di certo!…Ma arrivato a Palazzo Chigi egli ebbe un foglio di cin-quanta lire dallo sventuratissimo Romeo, che subito sal-tò come un capriolo dalla carrozza al portone.L'automobilista, persona sostanzialmente onesta, gli gri-dò dietro: — E il resto?Il sindaco di Roccalbegna si voltò furibondo: — Come?Vuoi anche il resto? Non ti bastano cinquanta lire, bri-gante? Un milite si parò dinanzi all'inferocito Romeo.— Che cosa vuole lei?— Voglio parlare con Sua Eccellenza.— Chi?— Io.— Ma chi è lei?

170

— Dove? – chiese il conduttore, gettando un'occhiatasospettosa a quel miserabile viandante.— A Palazzo Chigi! – rispose Romeo, mentre si gettavanel fondo della carrozza.Il conduttore ebbe un attimo di esitazione.— E se è un matto?…La filosofia soccorse in buon punto il bravo automobili-sta.— Se è un matto, vuol dire che da Palazzo Chigi lo por-terò alla Longara, e là mi pagheranno la corsa di certo!…Ma arrivato a Palazzo Chigi egli ebbe un foglio di cin-quanta lire dallo sventuratissimo Romeo, che subito sal-tò come un capriolo dalla carrozza al portone.L'automobilista, persona sostanzialmente onesta, gli gri-dò dietro: — E il resto?Il sindaco di Roccalbegna si voltò furibondo: — Come?Vuoi anche il resto? Non ti bastano cinquanta lire, bri-gante? Un milite si parò dinanzi all'inferocito Romeo.— Che cosa vuole lei?— Voglio parlare con Sua Eccellenza.— Chi?— Io.— Ma chi è lei?

170

— Io sono il sindaco della Roccalbegna.Il milite chiamò un graduato.— Sindaco… della… Roccalbegna? – ripeté questi –mai sentito nominare.— Io devo parlare col Presidente! – sbraitò ancora Ro-meo. – Avete capito?…Il graduato chiamò un superiore.Seguì un breve conciliabolo. Poi lo sciagurato Romeodovette subire un interrogatorio spiccio e drammatico.— Chi siete? Il Sindaco?…— Romeo Gualandi…— Che cosa venite a fare qui?— Debbo parlare con Sua Eccellenza.— A quest'ora?— E perché ad un'altra?— Non cominciamo coi soliti giuochi di parole. Abbia-mo capito. Ragazzi, frugate questo signore…— Un momento… perché?— Che cosa sono queste carte?— La storia dello pterodattilo…— Come? La storia?… Via, via, non perdiamo tempo!— Dobbiamo telefonare al Comando?

171

— Io sono il sindaco della Roccalbegna.Il milite chiamò un graduato.— Sindaco… della… Roccalbegna? – ripeté questi –mai sentito nominare.— Io devo parlare col Presidente! – sbraitò ancora Ro-meo. – Avete capito?…Il graduato chiamò un superiore.Seguì un breve conciliabolo. Poi lo sciagurato Romeodovette subire un interrogatorio spiccio e drammatico.— Chi siete? Il Sindaco?…— Romeo Gualandi…— Che cosa venite a fare qui?— Debbo parlare con Sua Eccellenza.— A quest'ora?— E perché ad un'altra?— Non cominciamo coi soliti giuochi di parole. Abbia-mo capito. Ragazzi, frugate questo signore…— Un momento… perché?— Che cosa sono queste carte?— La storia dello pterodattilo…— Come? La storia?… Via, via, non perdiamo tempo!— Dobbiamo telefonare al Comando?

171

— Sì… no… un momento… Attenti! ecco il Presidente!…Sua Eccellenza Benito Mussolini passò rapidissimo: maavendo veduto con la coda dell'occhio la figura singola-re di Romeo, egli arrestò di schianto lo slancio sul pri-mo gradino delle scale e si voltò a guardare l'incognito,curiosamente.— Eccellenza – esclamò allora il sindaco di Roccalbe-gna – io vengo dal monte Amiata… sono Romeo Gua-landi, sapete? quello dello pterodattilo…L'on. Mussolini aggrottò le ciglia:— Lo pterodattilo? Che c'entra?— Ma sì… c'entra… – spiegò angosciosamente Romeo– lo ‘scandalo maremmano’… Vostra Eccellenza sabene…— Ah! voi! – disse il presidente crollando il capo nervo-samente – proprio voi! sì… infatti… è tempo di chiarirequesto mistero… Salite. Vi riceverò subito. Non sonocose da prendersi alla leggera… Vi aspetto.L'on. Mussolini vertiginosamente arrivò nel suo ufficio.E Romeo, un quarto d'ora dopo, lo raggiunse.Il presidente masticava con impazienza rabbiosa il gam-bo di un garofano bianco.— Eccellenza – cominciò Romeo – lei mi scuserà, spe-ro, se oso di presentarmi vestito così dimesso: ma la va-ligia…

172

— Sì… no… un momento… Attenti! ecco il Presidente!…Sua Eccellenza Benito Mussolini passò rapidissimo: maavendo veduto con la coda dell'occhio la figura singola-re di Romeo, egli arrestò di schianto lo slancio sul pri-mo gradino delle scale e si voltò a guardare l'incognito,curiosamente.— Eccellenza – esclamò allora il sindaco di Roccalbe-gna – io vengo dal monte Amiata… sono Romeo Gua-landi, sapete? quello dello pterodattilo…L'on. Mussolini aggrottò le ciglia:— Lo pterodattilo? Che c'entra?— Ma sì… c'entra… – spiegò angosciosamente Romeo– lo ‘scandalo maremmano’… Vostra Eccellenza sabene…— Ah! voi! – disse il presidente crollando il capo nervo-samente – proprio voi! sì… infatti… è tempo di chiarirequesto mistero… Salite. Vi riceverò subito. Non sonocose da prendersi alla leggera… Vi aspetto.L'on. Mussolini vertiginosamente arrivò nel suo ufficio.E Romeo, un quarto d'ora dopo, lo raggiunse.Il presidente masticava con impazienza rabbiosa il gam-bo di un garofano bianco.— Eccellenza – cominciò Romeo – lei mi scuserà, spe-ro, se oso di presentarmi vestito così dimesso: ma la va-ligia…

172

— Basta, non parliamo di valige. Parliamo di quello cheinteressa il paese. Il paese prima di tutto. Insomma an-che voi credete giusto, umano, di turbarmi nel mio lavo-ro? Non sapete che non passo un minuto in pace? Anchevoi adesso! Un sindaco montanaro! Dovreste almenoavere… lo ‘spirito elevato’…Il presidente si compiacque con se stesso del motto e ad-dolcì alquanto l'espressione della fisionomia, ma Romeonon seppe cogliere il buon momento. Borbottò una spe-cie di tiritera, che non aveva né capo né coda: e nellaquale entravano in parti uguali pterodattili, plesiosauri,brontosauri, scimmie, negri dell'Africa centrale, cuori diprincipesse egiziane, coccodrilli, mogli insopportabili,cacce agli elefanti, incubatrici e via discorrendo.Per un poco l'on. Mussolini pazientò, poi cominciò astralunare gli occhi e da ultimo esplose:— Spero che la faremo finita, vero? Credete che io nonlegga il vostro pensiero? Voi, sindaco di parte fascista,avete mancato al vostro dovere prestandovi alle mano-vre degli avversari del Governo. E adesso tentate di ab-bozzare un romanzo-salvataggio. No: vi dico in modochiaro e inequivocabile. No. Il tempo è venuto per tuttidi prendere le rispettive responsabilità. Questa faccendadel pelodattero… no… come lo chiamate?— …Pterodattilo, Eccellenza, un animale dell'età secon-daria… una meraviglia. Lo chiamavo Piri-Piri!— Piri-Piri? – domandò stupito Sua Eccellenza.

173

— Basta, non parliamo di valige. Parliamo di quello cheinteressa il paese. Il paese prima di tutto. Insomma an-che voi credete giusto, umano, di turbarmi nel mio lavo-ro? Non sapete che non passo un minuto in pace? Anchevoi adesso! Un sindaco montanaro! Dovreste almenoavere… lo ‘spirito elevato’…Il presidente si compiacque con se stesso del motto e ad-dolcì alquanto l'espressione della fisionomia, ma Romeonon seppe cogliere il buon momento. Borbottò una spe-cie di tiritera, che non aveva né capo né coda: e nellaquale entravano in parti uguali pterodattili, plesiosauri,brontosauri, scimmie, negri dell'Africa centrale, cuori diprincipesse egiziane, coccodrilli, mogli insopportabili,cacce agli elefanti, incubatrici e via discorrendo.Per un poco l'on. Mussolini pazientò, poi cominciò astralunare gli occhi e da ultimo esplose:— Spero che la faremo finita, vero? Credete che io nonlegga il vostro pensiero? Voi, sindaco di parte fascista,avete mancato al vostro dovere prestandovi alle mano-vre degli avversari del Governo. E adesso tentate di ab-bozzare un romanzo-salvataggio. No: vi dico in modochiaro e inequivocabile. No. Il tempo è venuto per tuttidi prendere le rispettive responsabilità. Questa faccendadel pelodattero… no… come lo chiamate?— …Pterodattilo, Eccellenza, un animale dell'età secon-daria… una meraviglia. Lo chiamavo Piri-Piri!— Piri-Piri? – domandò stupito Sua Eccellenza.

173

— Sì… quando nacque era così grazioso… con quellealucce di pipistrellino…— E intanto – qui l'on. Mussolini ingrossò ancora lavoce – intanto, col vostro pipistrello, avete spaventatol'universo! E i miei nemici dicono che anche questocomplotto zoologico-fantastico è stato architettato dame! Dunque, la faccenda del rettile deve finire!… Eccotutto.— È finita! – sospirò dolorosamente Romeo.— Come?— Piri-Piri è fuggito!…— Ma come? Di dove?— Dal bagagliaio… Speravo di portarglielo qui, sano esalvo, perché anche lei potesse ammirarlo… So che leiama tanto le bestie…L'on. Mussolini sussultò:— Io amo le bestie?…— Non andava al Giardino Zoologico a salutare la sualeonessa… Italia?… quando era piccina? L'ho letto su igiornali…— È vero – ammise Sua Eccellenza, – ma prima di tuttoun leone non è un animale inverosimile, non drago, nonpipistrello, non mostro dell'età primordiale. In secondoluogo, io non credo alla vostra storia. Voi, cercate di na-scondere con una ridicola invenzione il vostro equivoco

174

— Sì… quando nacque era così grazioso… con quellealucce di pipistrellino…— E intanto – qui l'on. Mussolini ingrossò ancora lavoce – intanto, col vostro pipistrello, avete spaventatol'universo! E i miei nemici dicono che anche questocomplotto zoologico-fantastico è stato architettato dame! Dunque, la faccenda del rettile deve finire!… Eccotutto.— È finita! – sospirò dolorosamente Romeo.— Come?— Piri-Piri è fuggito!…— Ma come? Di dove?— Dal bagagliaio… Speravo di portarglielo qui, sano esalvo, perché anche lei potesse ammirarlo… So che leiama tanto le bestie…L'on. Mussolini sussultò:— Io amo le bestie?…— Non andava al Giardino Zoologico a salutare la sualeonessa… Italia?… quando era piccina? L'ho letto su igiornali…— È vero – ammise Sua Eccellenza, – ma prima di tuttoun leone non è un animale inverosimile, non drago, nonpipistrello, non mostro dell'età primordiale. In secondoluogo, io non credo alla vostra storia. Voi, cercate di na-scondere con una ridicola invenzione il vostro equivoco

174

atteggiamento…Il colloquio prendeva un tono pericoloso. Come avrebbepotuto difendersi Romeo, se la prova della sua innocen-za gli era sfuggita? Ma il Cielo, qualche volta, proteggeanche gli innocenti. E proprio nel punto che il Presiden-te del Consiglio si preparava a un definitivo formidabileassalto contro l'incauto sindaco della Roccalbegna, unusciere recò un dispaccio, il telefono trillò. Benito Mus-solini corse al ricevitore e, a mano a mano che ascoltavala comunicazione, il suo viso si stendeva, il suo sguardodiveniva più dolce.Finalmente egli disse in tono tranquillo:— Il Segretario dei Fasci di Grosseto avverte che il vo-stro pterodattilo è stato ferito da un aviatore proprio sullago di Orbetello. Sta bene. Ho piacere di aver la provadella vostra sincerità. In fondo voi avete contribuito conla vostra paziente indagine scientifica a dar vita e so-stanza a quel che, fino adesso, costituiva una pazientericostruzione teorica del passato. Bravo! Voi siete unsindaco veramente fascista. Ma oggi, alla Camera, checosa risponderò a quei signori dell'opposizione?— Riferirete il fonogramma del fascio grossetano – sug-gerì timidamente Romeo.— E sia. Tenteremo. Voi meritate un segno della miaparticolare amicizia.L'on. Mussolini firmò una fotografia, la consegnò albuon Romeo, e gli disse:

175

atteggiamento…Il colloquio prendeva un tono pericoloso. Come avrebbepotuto difendersi Romeo, se la prova della sua innocen-za gli era sfuggita? Ma il Cielo, qualche volta, proteggeanche gli innocenti. E proprio nel punto che il Presiden-te del Consiglio si preparava a un definitivo formidabileassalto contro l'incauto sindaco della Roccalbegna, unusciere recò un dispaccio, il telefono trillò. Benito Mus-solini corse al ricevitore e, a mano a mano che ascoltavala comunicazione, il suo viso si stendeva, il suo sguardodiveniva più dolce.Finalmente egli disse in tono tranquillo:— Il Segretario dei Fasci di Grosseto avverte che il vo-stro pterodattilo è stato ferito da un aviatore proprio sullago di Orbetello. Sta bene. Ho piacere di aver la provadella vostra sincerità. In fondo voi avete contribuito conla vostra paziente indagine scientifica a dar vita e so-stanza a quel che, fino adesso, costituiva una pazientericostruzione teorica del passato. Bravo! Voi siete unsindaco veramente fascista. Ma oggi, alla Camera, checosa risponderò a quei signori dell'opposizione?— Riferirete il fonogramma del fascio grossetano – sug-gerì timidamente Romeo.— E sia. Tenteremo. Voi meritate un segno della miaparticolare amicizia.L'on. Mussolini firmò una fotografia, la consegnò albuon Romeo, e gli disse:

175

— Ripassate questa notte, verso le due. Parleremodell'avvenire del Monte Amiata…Quel giorno, però, alla Camera, successero cose inaudi-te. Il capo dell'opposizione svolse la sua interpellanza sulo scandalo maremmano. Riportiamo, dai giornali deltempo, un riassunto della memorabile seduta.L'on. Amendola: — On. colleghi, io non vorrei, Dio miè testimone, volgere al Presidente del Consiglio che nonci è amico questa nuova rampogna. Corrono difficilitempi e il dovere di ogni cittadino è quello di non creareimbarazzi al governo. Ma come possiamo impedire alnostro sdegno di erompere, quando intere popolazioniche gemono sotto il regime del terrore più spaventoso,volgono verso di noi il loro grido di dolore…On. Giunta: — Speculatori!…On. Amendola (calmo): — Qui non si tratta di specula-zioni. Noi portiamo dei fatti, non scriviamo comme-die…On. De Collibus: — Il commediografo ce l'avete però…On. Bracco (alzandosi): — Io ho scritto, è vero, qualchemodesto lavoretto che ha avuto l'onore di esser tradottoin Germania e in altri paesi, ma l'Italia…On. Casertano (Presidente della Camera): — Signori,non usciamo dall'argomento.On. Amendola (segni di attenzione): — Si è parlato diun rettile volante, di uno pterodattilo, di un animale del-

176

— Ripassate questa notte, verso le due. Parleremodell'avvenire del Monte Amiata…Quel giorno, però, alla Camera, successero cose inaudi-te. Il capo dell'opposizione svolse la sua interpellanza sulo scandalo maremmano. Riportiamo, dai giornali deltempo, un riassunto della memorabile seduta.L'on. Amendola: — On. colleghi, io non vorrei, Dio miè testimone, volgere al Presidente del Consiglio che nonci è amico questa nuova rampogna. Corrono difficilitempi e il dovere di ogni cittadino è quello di non creareimbarazzi al governo. Ma come possiamo impedire alnostro sdegno di erompere, quando intere popolazioniche gemono sotto il regime del terrore più spaventoso,volgono verso di noi il loro grido di dolore…On. Giunta: — Speculatori!…On. Amendola (calmo): — Qui non si tratta di specula-zioni. Noi portiamo dei fatti, non scriviamo comme-die…On. De Collibus: — Il commediografo ce l'avete però…On. Bracco (alzandosi): — Io ho scritto, è vero, qualchemodesto lavoretto che ha avuto l'onore di esser tradottoin Germania e in altri paesi, ma l'Italia…On. Casertano (Presidente della Camera): — Signori,non usciamo dall'argomento.On. Amendola (segni di attenzione): — Si è parlato diun rettile volante, di uno pterodattilo, di un animale del-

176

le età scomparse, ma ognuno vede la debolezza, la pue-rilità di simile leggenda. La realtà è ben altra. Che cosavuole, in sostanza S.E. Mussolini, Governatore del Ter-rore? Tenere avvinte le popolazioni con qualunque mez-zo materiale e spirituale. Ecco, per gli ingenui montana-ri dell'Amiata, il mostro apocalittico! Ecco lo pterodatti-lo!… E così si conduce ciecamente, alla rovina, un po-polo di trentanove milioni di abitanti, che ha un passatodi grandezza e di civiltà! (Due o tre applausi all'estremasinistra. Mormorii tempestosi al centro. Urli a destra).On. Farinacci: — On. Amendola, voi meritereste la for-ca!On. Turati: — Esagerato!On. Giunta: — Traditore, finiscila o ti faccio mangiarela barba!…Si susseguono urli ed epiteti vari, lanciati contro la spa-ruta schiera degli oppositori:— Canaglie! – Venduti! – Mangiatori di gatti morti! –Vigliacchi ecc. ecc..A questo punto l'on. Giunta marcia contro i banchi semi-vuoti dell'Opposizione seguito dall'on. Farinacci, armatodi una mitragliatrice tascabile e dall'on. Meriano, che harisoluto oggi di farsi notare da S.E. on. Mussolini.Per sedare il tumulto si alza l'on. Mussolini e fa questebrevi dichiarazioni:

177

le età scomparse, ma ognuno vede la debolezza, la pue-rilità di simile leggenda. La realtà è ben altra. Che cosavuole, in sostanza S.E. Mussolini, Governatore del Ter-rore? Tenere avvinte le popolazioni con qualunque mez-zo materiale e spirituale. Ecco, per gli ingenui montana-ri dell'Amiata, il mostro apocalittico! Ecco lo pterodatti-lo!… E così si conduce ciecamente, alla rovina, un po-polo di trentanove milioni di abitanti, che ha un passatodi grandezza e di civiltà! (Due o tre applausi all'estremasinistra. Mormorii tempestosi al centro. Urli a destra).On. Farinacci: — On. Amendola, voi meritereste la for-ca!On. Turati: — Esagerato!On. Giunta: — Traditore, finiscila o ti faccio mangiarela barba!…Si susseguono urli ed epiteti vari, lanciati contro la spa-ruta schiera degli oppositori:— Canaglie! – Venduti! – Mangiatori di gatti morti! –Vigliacchi ecc. ecc..A questo punto l'on. Giunta marcia contro i banchi semi-vuoti dell'Opposizione seguito dall'on. Farinacci, armatodi una mitragliatrice tascabile e dall'on. Meriano, che harisoluto oggi di farsi notare da S.E. on. Mussolini.Per sedare il tumulto si alza l'on. Mussolini e fa questebrevi dichiarazioni:

177

Le dichiarazioni dell'On. Mussolini— Onorevoli deputati: il mezzo più spiccio di risponde-re alle provocazioni degli avversari, sarebbe quello dinon rispondere. Potrei, se volessi, tagliar corto alle paro-le dei miei avversari con un colpo netto di forbici. Qui sitratta, semplicemente, di un fatto naturale, per quantosoprannaturale. Chi in buona fede vorrà far carico alGoverno nazionale, se, tre mesi or sono, in un paese del-la montagna maremmana, è nato uno pterodattilo?Voci: — Fuori lo pterodattilo!On. Mussolini: — Lo pterodattilo esiste e il valentescienziato che l'ha allevato potrà, se vorrete, darvi mag-giori ragguagli. Vi dirò che egli ha chiamato questo stra-no animale, uccello o rettile che sia, col vezzeggiativodi Piri-Piri!…Una voce dalla tribuna della Stampa: — Fuori Piri-Piri.Altre voci: — Fuori l'uccello rettile!…Il pandemonio è al colmo. Le invettive e le urla si incro-ciano in tutti i settori della Camera. E d'improvviso ac-cade l'imprevedibile. Da una tribuna riservata, dovepoco prima era salito un gruppo di fascisti trascinandouna specie di enorme sacco partì una voce squillante cheannunciò:— Volete lo pterodattilo? O pigliatevelo, signori opposi-tori!…Subito un gigantesco pipistrello si librò battendo le ali

178

Le dichiarazioni dell'On. Mussolini— Onorevoli deputati: il mezzo più spiccio di risponde-re alle provocazioni degli avversari, sarebbe quello dinon rispondere. Potrei, se volessi, tagliar corto alle paro-le dei miei avversari con un colpo netto di forbici. Qui sitratta, semplicemente, di un fatto naturale, per quantosoprannaturale. Chi in buona fede vorrà far carico alGoverno nazionale, se, tre mesi or sono, in un paese del-la montagna maremmana, è nato uno pterodattilo?Voci: — Fuori lo pterodattilo!On. Mussolini: — Lo pterodattilo esiste e il valentescienziato che l'ha allevato potrà, se vorrete, darvi mag-giori ragguagli. Vi dirò che egli ha chiamato questo stra-no animale, uccello o rettile che sia, col vezzeggiativodi Piri-Piri!…Una voce dalla tribuna della Stampa: — Fuori Piri-Piri.Altre voci: — Fuori l'uccello rettile!…Il pandemonio è al colmo. Le invettive e le urla si incro-ciano in tutti i settori della Camera. E d'improvviso ac-cade l'imprevedibile. Da una tribuna riservata, dovepoco prima era salito un gruppo di fascisti trascinandouna specie di enorme sacco partì una voce squillante cheannunciò:— Volete lo pterodattilo? O pigliatevelo, signori opposi-tori!…Subito un gigantesco pipistrello si librò battendo le ali

178

interminabili nell'aula di Montecitorio. E in meno didieci secondi l'aula fu deserta… Solo una voce lamento-sa invocava, dalla tribuna riservata:— Piri-Piri… piccino mio!Era la voce di Romeo Gualandi.

179

interminabili nell'aula di Montecitorio. E in meno didieci secondi l'aula fu deserta… Solo una voce lamento-sa invocava, dalla tribuna riservata:— Piri-Piri… piccino mio!Era la voce di Romeo Gualandi.

179

XVL'AUTOMOBILE NERA

Quel che accadde in Roma, dopo la clamorosa entrata diPiri-Piri nell'aula di Montecitorio, non si può descrivere.La folla che si addensava nello stretto corridoio del Cor-so Umberto, e sotto l'angusta galleria, trovò finalmenteun diversivo alla placida noia pomeridiana. Vide correredi qua, di là, all'impensata, due o trecento deputati conle vesti in disordine, i capelli al vento, il viso contrattodalla meraviglia e dal terrore, e credette su le prime aduna rivoluzione improvvisata quanto imprevista: mapoi, raccogliendo le voci disperate degli onorevoli, capìche si trattava di tutt'altro. Montecitorio era stato invaso,sì, ma non da un esercito nemico, fortunatamente. I va-gabondi delle ore crepuscolari afferrarono una parola:pterodattilo. Che cos'era, poi, lo pterodattilo? La follanon sapeva niente di paleontologia. Toccò a uno studen-te universitario di arrampicarsi su un fanale e tenere unaconcitata conferenza intorno agli animali antidiluvianiin generale e agli pterodattili in particolare.Dopo la concione, la folla, sbigottita e commossa, mar-ciò, divisa in varie colonne, verso il Parlamento con illodevole scopo di cacciarne l'animale intruso, e di tron-carne l'immonda profanazione. Ma alcuni soldati ferma-rono lo slancio generoso dei cittadini, dichiarando che,

180

XVL'AUTOMOBILE NERA

Quel che accadde in Roma, dopo la clamorosa entrata diPiri-Piri nell'aula di Montecitorio, non si può descrivere.La folla che si addensava nello stretto corridoio del Cor-so Umberto, e sotto l'angusta galleria, trovò finalmenteun diversivo alla placida noia pomeridiana. Vide correredi qua, di là, all'impensata, due o trecento deputati conle vesti in disordine, i capelli al vento, il viso contrattodalla meraviglia e dal terrore, e credette su le prime aduna rivoluzione improvvisata quanto imprevista: mapoi, raccogliendo le voci disperate degli onorevoli, capìche si trattava di tutt'altro. Montecitorio era stato invaso,sì, ma non da un esercito nemico, fortunatamente. I va-gabondi delle ore crepuscolari afferrarono una parola:pterodattilo. Che cos'era, poi, lo pterodattilo? La follanon sapeva niente di paleontologia. Toccò a uno studen-te universitario di arrampicarsi su un fanale e tenere unaconcitata conferenza intorno agli animali antidiluvianiin generale e agli pterodattili in particolare.Dopo la concione, la folla, sbigottita e commossa, mar-ciò, divisa in varie colonne, verso il Parlamento con illodevole scopo di cacciarne l'animale intruso, e di tron-carne l'immonda profanazione. Ma alcuni soldati ferma-rono lo slancio generoso dei cittadini, dichiarando che,

180

ormai, ‘la bestiaccia’ era andata chi sa dove. Avevasfondato – nientemeno! – la cupola a vetrate della nuovaaula ed era volata via, verso porta del Popolo. Era giàstato disposto telegraficamente un servizio d'insegui-mento con gli aeroplani di Centocelle. Queste notizieacquietarono l'ira della folla ma non spensero la sua ar-dente curiosità. Tutti avrebbero voluto vedere lo ptero-dattilo. Le donne erano le più esigenti e facinorose.— Andiamo al Popolo, andiamo a vedere il pipistrello!Gli uomini ragionevoli e più pigri, mugolavano:— Bastasse, andare al Popolo! ma a quest'ora quell'ani-male sarà almeno almeno a Viterbo!I giornali si pubblicarono con mezz'ora di ritardo. La“Tribuna” riuscì a battere il “Giornale d'Italia” di setteminuti, e uscì con una vecchia caricatura di don Sturzosotto cui era scritto: “ecco il vero pterodattilo dell'età se-condaria!”. In un editoriale molto sensato, il direttore in-vitava il pubblico alla calma, per non dare pretesti ai ne-mici del Governo di profittare dell'incidente. Il “Giorna-le d'Italia”, senza nascondere il proprio malumore con-tro il Governo, il quale avrebbe dovuto, secondo lui,provvedere a impedire uno scandalo simile, rifaceva conmolta dottrina e con vivacità la storia degli animali delleepoche preistoriche. Gli altri periodici, su per giù, dice-vano le stesse cose: eccetto il “Tevere”, foglio partico-larmente devoto al Presidente del Consiglio, che defini-va l'avvenimento straordinario “una vera e assoluta vit-

181

ormai, ‘la bestiaccia’ era andata chi sa dove. Avevasfondato – nientemeno! – la cupola a vetrate della nuovaaula ed era volata via, verso porta del Popolo. Era giàstato disposto telegraficamente un servizio d'insegui-mento con gli aeroplani di Centocelle. Queste notizieacquietarono l'ira della folla ma non spensero la sua ar-dente curiosità. Tutti avrebbero voluto vedere lo ptero-dattilo. Le donne erano le più esigenti e facinorose.— Andiamo al Popolo, andiamo a vedere il pipistrello!Gli uomini ragionevoli e più pigri, mugolavano:— Bastasse, andare al Popolo! ma a quest'ora quell'ani-male sarà almeno almeno a Viterbo!I giornali si pubblicarono con mezz'ora di ritardo. La“Tribuna” riuscì a battere il “Giornale d'Italia” di setteminuti, e uscì con una vecchia caricatura di don Sturzosotto cui era scritto: “ecco il vero pterodattilo dell'età se-condaria!”. In un editoriale molto sensato, il direttore in-vitava il pubblico alla calma, per non dare pretesti ai ne-mici del Governo di profittare dell'incidente. Il “Giorna-le d'Italia”, senza nascondere il proprio malumore con-tro il Governo, il quale avrebbe dovuto, secondo lui,provvedere a impedire uno scandalo simile, rifaceva conmolta dottrina e con vivacità la storia degli animali delleepoche preistoriche. Gli altri periodici, su per giù, dice-vano le stesse cose: eccetto il “Tevere”, foglio partico-larmente devoto al Presidente del Consiglio, che defini-va l'avvenimento straordinario “una vera e assoluta vit-

181

toria del Ministero, contro gli oppositori che gli rimpro-veravano ogni giorno di non saper compiere qualche mi-racolo!”.Gli animi cominciarono a scaldarsi.I primi incidenti avvennero in Piazza Venezia, tra fasci-sti e oppositori.Gli oppositori piagnucolavano:— Dopo il manganello, lo pterodattilo, quando la finire-te?E i fascisti:— Vigliacchi! avete paura anche dei fossili!E giù botte da orbi. Un tram fu rovesciato. In via Nazio-nale dovettero intervenire i carabinieri. Furono eseguitipiù di mille arresti che, naturalmente, non furono mante-nuti. Capirete: mantenere mille persone! Con questocaro-viveri! Ma insomma, il chiasso ci fu, e si estese an-che alla periferia della città. A San Lorenzo accadderotafferugli gravi, che vennero poi troncati dall'arrivo op-portuno di due autoblindate.Nei teatri, manco a dirlo, accaddero manifestazioni diogni genere. Al ‘Salone Margherita’, mentre cantava laFougez, apparve, entrato Dio sa come, un pipistrello.Non fu più possibile continuare lo spettacolo. Gli spetta-tori cominciarono a gridare:— Lo pterodattilo! ecco lo pterodattilo!

182

toria del Ministero, contro gli oppositori che gli rimpro-veravano ogni giorno di non saper compiere qualche mi-racolo!”.Gli animi cominciarono a scaldarsi.I primi incidenti avvennero in Piazza Venezia, tra fasci-sti e oppositori.Gli oppositori piagnucolavano:— Dopo il manganello, lo pterodattilo, quando la finire-te?E i fascisti:— Vigliacchi! avete paura anche dei fossili!E giù botte da orbi. Un tram fu rovesciato. In via Nazio-nale dovettero intervenire i carabinieri. Furono eseguitipiù di mille arresti che, naturalmente, non furono mante-nuti. Capirete: mantenere mille persone! Con questocaro-viveri! Ma insomma, il chiasso ci fu, e si estese an-che alla periferia della città. A San Lorenzo accadderotafferugli gravi, che vennero poi troncati dall'arrivo op-portuno di due autoblindate.Nei teatri, manco a dirlo, accaddero manifestazioni diogni genere. Al ‘Salone Margherita’, mentre cantava laFougez, apparve, entrato Dio sa come, un pipistrello.Non fu più possibile continuare lo spettacolo. Gli spetta-tori cominciarono a gridare:— Lo pterodattilo! ecco lo pterodattilo!

182

E la gentile canzonettista, nonostante avesse rinnovatoproprio quella sera un magnifico vestito di penne di ca-soaro, dovette rientrare tra le quinte.Seguì una scena di confusione e di terrore e, purtroppo,mentre la gente si precipitava alle uscite, vi furono nonpochi contusi.Intanto, che cos'era avvenuto di Romeo Gualandi,l'innocente causa di tutti quei disordini?Egli si era recato – con quale animo, potete immaginar-velo! – da Sua Eccellenza, che aveva rifiutato di ricever-lo.Alla persona che si era assunta l'incarico di annunciareil sindaco di Roccalbegna, il Presidente con la sua rudeimpulsività romagnola, aveva gridato:— Se lo vedo, guai!Tuttavia, Romeo era rimasto in anticamera, aspettandol'uscita di Sua Eccellenza, per aver l'occasione di buttar-si ai suoi piedi e proclamare ancora una volta la sua in-nocenza, la sua devozione, il suo lealismo…Ma l'attesa fu vana. Il Presidente del Consiglio non uscìdalla stanza neanche a giorno chiaro. Aveva trascorso lanotte a lavorare con i suoi collaboratori, e adesso riposa-va, sopra un divano.Contristato, avvilito, il povero Romeo si recò al proprioalbergo, dove trovò una folla di giornalisti, di fotografi edi curiosi che lo aspettavano. Dovette subire una mezza

183

E la gentile canzonettista, nonostante avesse rinnovatoproprio quella sera un magnifico vestito di penne di ca-soaro, dovette rientrare tra le quinte.Seguì una scena di confusione e di terrore e, purtroppo,mentre la gente si precipitava alle uscite, vi furono nonpochi contusi.Intanto, che cos'era avvenuto di Romeo Gualandi,l'innocente causa di tutti quei disordini?Egli si era recato – con quale animo, potete immaginar-velo! – da Sua Eccellenza, che aveva rifiutato di ricever-lo.Alla persona che si era assunta l'incarico di annunciareil sindaco di Roccalbegna, il Presidente con la sua rudeimpulsività romagnola, aveva gridato:— Se lo vedo, guai!Tuttavia, Romeo era rimasto in anticamera, aspettandol'uscita di Sua Eccellenza, per aver l'occasione di buttar-si ai suoi piedi e proclamare ancora una volta la sua in-nocenza, la sua devozione, il suo lealismo…Ma l'attesa fu vana. Il Presidente del Consiglio non uscìdalla stanza neanche a giorno chiaro. Aveva trascorso lanotte a lavorare con i suoi collaboratori, e adesso riposa-va, sopra un divano.Contristato, avvilito, il povero Romeo si recò al proprioalbergo, dove trovò una folla di giornalisti, di fotografi edi curiosi che lo aspettavano. Dovette subire una mezza

183

dozzina di piccole interviste e passare per venti o trentafotografi, prima di salire nella propria camera.Ma mentre, esausto, si spogliava per gettarsi sul letto,udì un picchiar discreto all'uscio della camera. Pensòche, forse, il Presidente, riconoscendo di essere statotroppo severo, aveva mandato a richiamarlo…E, incautamente, aprì l'uscio della camera.

* * *

Una signora su i quarant'anni, alta, magra, ossuta, condue enormi occhiali sul naso, si precipitò verso di luitendendogli le lunghissime mani sparse di nodi e di cor-de.— Signor Gualandi! – esclamò la visitatrice, con unospiccato accento inglese – Yes!… io non posso sbaglia-re… Direttore aver dato numero vostra camera: quaran-tasette! Finalmente! Non avere chiuso occhio tutta lanotte! Very well! Storia straordinaria pterodattilo! Ma-gnifica! Beautiful! Io viaggiatrice, corrispondente DailyTelegraph… Possiamo parlare?Romeo Gualandi chinò la testa, con un sublime atto dirassegnazione. E per la millesima volta dovette raccon-tare la storia di Piri-Piri.Alla fine del racconto, la signora domandò seccamente:— Dove si trova, adesso, Piri-Piri?Romeo allargò le braccia.

184

dozzina di piccole interviste e passare per venti o trentafotografi, prima di salire nella propria camera.Ma mentre, esausto, si spogliava per gettarsi sul letto,udì un picchiar discreto all'uscio della camera. Pensòche, forse, il Presidente, riconoscendo di essere statotroppo severo, aveva mandato a richiamarlo…E, incautamente, aprì l'uscio della camera.

* * *

Una signora su i quarant'anni, alta, magra, ossuta, condue enormi occhiali sul naso, si precipitò verso di luitendendogli le lunghissime mani sparse di nodi e di cor-de.— Signor Gualandi! – esclamò la visitatrice, con unospiccato accento inglese – Yes!… io non posso sbaglia-re… Direttore aver dato numero vostra camera: quaran-tasette! Finalmente! Non avere chiuso occhio tutta lanotte! Very well! Storia straordinaria pterodattilo! Ma-gnifica! Beautiful! Io viaggiatrice, corrispondente DailyTelegraph… Possiamo parlare?Romeo Gualandi chinò la testa, con un sublime atto dirassegnazione. E per la millesima volta dovette raccon-tare la storia di Piri-Piri.Alla fine del racconto, la signora domandò seccamente:— Dove si trova, adesso, Piri-Piri?Romeo allargò le braccia.

184

— Magari, lo sapessi, signora!— Bisogna ritrovarlo.— Il Governo ha provveduto con gli aeroplani…— No, andremo io e voi – affermò la miss, con forza. –Io e voi ritroveremo lo pterodattilo. Yes. Animale straor-dinario deve appartenere all'Inghilterra. Ho risoluto: ioho disponibile aeroplani, aviatori, tutto. Andiamo!…Romeo Gualandi ascoltava, al colmo dello stupore. Maquando la terribile signora ebbe detto ‘andiamo’ egli ri-spose con voce irritata:— No, miss. Lo pterodattilo è nato in Italia e rimarràqui. Non ci mancherebbe altro che noi dovessimo perde-re l'unico campione di una razza spenta da ventimila se-coli…— Io vi offro duemila sterline.— Vi dico di no, miss.— Quattromila!— Né quattromila, né centomila!…La signora non si diede per vinta.— Yes. Se non volete vendere questo animale, fatene unaltro per l'Inghilterra. Io ve lo compro!— Un altro! un altro pterodattilo! e l'uovo chi me lo dà?La signora si alzò, rigidamente, e mosse per andarsene.Su la soglia della camera, si voltò a salutare l'infelice

185

— Magari, lo sapessi, signora!— Bisogna ritrovarlo.— Il Governo ha provveduto con gli aeroplani…— No, andremo io e voi – affermò la miss, con forza. –Io e voi ritroveremo lo pterodattilo. Yes. Animale straor-dinario deve appartenere all'Inghilterra. Ho risoluto: ioho disponibile aeroplani, aviatori, tutto. Andiamo!…Romeo Gualandi ascoltava, al colmo dello stupore. Maquando la terribile signora ebbe detto ‘andiamo’ egli ri-spose con voce irritata:— No, miss. Lo pterodattilo è nato in Italia e rimarràqui. Non ci mancherebbe altro che noi dovessimo perde-re l'unico campione di una razza spenta da ventimila se-coli…— Io vi offro duemila sterline.— Vi dico di no, miss.— Quattromila!— Né quattromila, né centomila!…La signora non si diede per vinta.— Yes. Se non volete vendere questo animale, fatene unaltro per l'Inghilterra. Io ve lo compro!— Un altro! un altro pterodattilo! e l'uovo chi me lo dà?La signora si alzò, rigidamente, e mosse per andarsene.Su la soglia della camera, si voltò a salutare l'infelice

185

Una signora su i quarant'anni, alta, magra, ossuta, condue enormi occhiali sul naso, si precipitò verso di lui…

186

Una signora su i quarant'anni, alta, magra, ossuta, condue enormi occhiali sul naso, si precipitò verso di lui…

186

Romeo, e disse, con studiata lentezza:— Voi dovete trovare l'uovo, dovete fare il nuovo ptero-dattilo. Yes, io aspetterò. Non lascerete Roma se primanon avrete steso con me regolare contratto. Io pronta an-ticipare mille sterline. Intesi? A rivederci, mister!E la donna tremenda scomparve.La sera stessa Romeo decise di fuggire da Roma comeun volgare delinquente. Pensò di noleggiare un'automo-bile e di farsi condurre a Bolsena.Di lì, con le corriere automobilistiche, sarebbe potutotornare a casa abbastanza facilmente, dopo aver fattoperdere le sue tracce ai curiosi, ai seccatori, e alla signo-ra inglese.Il disegno parve ottimo allo sconsiderato Romeo, tantoche volle metterlo subito in esecuzione. Trovò l'automo-bile, contrattò con il conduttore il prezzo del lungo viag-gio, e dopo essersi bene assicurato che, intorno a lui,nessuno lo spiasse, montò nella carrozza e partì.Al piazzale di ponte Milvio però il conduttore fermò adun tratto la macchina e disse al suo passeggero che do-veva fermarsi per mangiare un boccone e rifornirsid'olio. Romeo, a malincuore, accondiscese al desideriodel conduttore, e, non avendo appetito, per ingannare iltempo si diede a passeggiare intorno al piazzale e neiviali adiacenti.D'improvviso, una grande automobile nera sbucò da unviale e si fermò a brevissima distanza da Romeo. Questi

187

Romeo, e disse, con studiata lentezza:— Voi dovete trovare l'uovo, dovete fare il nuovo ptero-dattilo. Yes, io aspetterò. Non lascerete Roma se primanon avrete steso con me regolare contratto. Io pronta an-ticipare mille sterline. Intesi? A rivederci, mister!E la donna tremenda scomparve.La sera stessa Romeo decise di fuggire da Roma comeun volgare delinquente. Pensò di noleggiare un'automo-bile e di farsi condurre a Bolsena.Di lì, con le corriere automobilistiche, sarebbe potutotornare a casa abbastanza facilmente, dopo aver fattoperdere le sue tracce ai curiosi, ai seccatori, e alla signo-ra inglese.Il disegno parve ottimo allo sconsiderato Romeo, tantoche volle metterlo subito in esecuzione. Trovò l'automo-bile, contrattò con il conduttore il prezzo del lungo viag-gio, e dopo essersi bene assicurato che, intorno a lui,nessuno lo spiasse, montò nella carrozza e partì.Al piazzale di ponte Milvio però il conduttore fermò adun tratto la macchina e disse al suo passeggero che do-veva fermarsi per mangiare un boccone e rifornirsid'olio. Romeo, a malincuore, accondiscese al desideriodel conduttore, e, non avendo appetito, per ingannare iltempo si diede a passeggiare intorno al piazzale e neiviali adiacenti.D'improvviso, una grande automobile nera sbucò da unviale e si fermò a brevissima distanza da Romeo. Questi

187

voleva allontanarsi, ma una voce dall'interno dell'auto-mobile lo chiamò.— Signor Gualandi!…Romeo allibì. La voce della signora inglese. Avrebbevoluto fuggire. Non poté. Due braccia robuste lo afferra-rono e lo scaraventarono come un sacco di cenci nellacarrozza. Lo sportello si chiuse, il conduttore salì pressoil volante, e l'automobile misteriosa si lanciò con la ve-locità di un proiettile nel buio folto della campagna.

188

voleva allontanarsi, ma una voce dall'interno dell'auto-mobile lo chiamò.— Signor Gualandi!…Romeo allibì. La voce della signora inglese. Avrebbevoluto fuggire. Non poté. Due braccia robuste lo afferra-rono e lo scaraventarono come un sacco di cenci nellacarrozza. Lo sportello si chiuse, il conduttore salì pressoil volante, e l'automobile misteriosa si lanciò con la ve-locità di un proiettile nel buio folto della campagna.

188

XVILA PRINCIPESSA NAZLI CHIEDE

OSPITALITÀ

Quel giorno la signora Flavia spiò ansiosamente l'arrivodi Stinchi, il postino: perché le notizie che correvano inpaese e che erano arrivate un po' frammentarie e confu-se fino alla ‘Lodola’ non erano tali da tranquillizzarlasul conto del disgraziato consorte. Si diceva, nienteme-no, che Roma era messa in stato d'assedio per colpa diquel famigerato pterodattilo! E che intere legioni batte-vano la campagna intorno alla capitale per catturare ilmostro e il suo autore! E poi tante e tante altre cose ter-ribili e strane, assurde e catastrofiche…Ma la signora Flavia sperava che in tutte queste voci cifosse molta esagerazione. Aspettava anzi qualche chiari-mento, qualche parola di conforto da Romeo: perchénon poteva immaginarsi che egli si trovasse in condizio-ni da non poter scrivere, almeno un rigo solo! Eranquattro lunghi giorni che aspettava: ma adesso, ecco, sì,adesso, qualche cosa le diceva che l'inspiegabile silenziostava per finire, che ella avrebbe, finalmente, saputo laverità…Ecco Stinchi, il quale infila la viottola dell'orto, e salelemme lemme l'erta della villa.

189

XVILA PRINCIPESSA NAZLI CHIEDE

OSPITALITÀ

Quel giorno la signora Flavia spiò ansiosamente l'arrivodi Stinchi, il postino: perché le notizie che correvano inpaese e che erano arrivate un po' frammentarie e confu-se fino alla ‘Lodola’ non erano tali da tranquillizzarlasul conto del disgraziato consorte. Si diceva, nienteme-no, che Roma era messa in stato d'assedio per colpa diquel famigerato pterodattilo! E che intere legioni batte-vano la campagna intorno alla capitale per catturare ilmostro e il suo autore! E poi tante e tante altre cose ter-ribili e strane, assurde e catastrofiche…Ma la signora Flavia sperava che in tutte queste voci cifosse molta esagerazione. Aspettava anzi qualche chiari-mento, qualche parola di conforto da Romeo: perchénon poteva immaginarsi che egli si trovasse in condizio-ni da non poter scrivere, almeno un rigo solo! Eranquattro lunghi giorni che aspettava: ma adesso, ecco, sì,adesso, qualche cosa le diceva che l'inspiegabile silenziostava per finire, che ella avrebbe, finalmente, saputo laverità…Ecco Stinchi, il quale infila la viottola dell'orto, e salelemme lemme l'erta della villa.

189

La signora Flavia si mette subito a strillare:— Stinchi, Stinchi, c'è niente per me?— Sissignora – risponde Stinchi – ci son due lettere perlei e una quantità di scartafacci per il signor sindaco.— Fa' presto allora, tu sia benedetto!…Come Stinchi fu alla porta della villa la signora Flavia,che era discesa, gli si avventò addosso, gli strappò dimano le lettere e gli scartafacci, e saltò in casa gridando:— Andate giù dal fattore, Stinchi, e fatevi dare un fiascodi vino…— Un fiasco di vinooo? – fece Stinchi sbarrando gli oc-chi – o che è bell'e arrivato il Natale?…— È sua, è sua! – badava a ripetere tutta allegra la si-gnora Flavia, guardando e riguardando la busta di unadelle lettere – meno male… pover'omo… perché se scri-ve… è segno che non è morto!…Strappò la busta, lesse avidamente e… rimase di stucco.La breve lettera di Romeo diceva precisamente così:

Sono quasi prigioniero di una miss inglese che vuolecomprare a forza il mio pterodattilo. Ma non cederò, mioffrisse tutte le ricchezze del mondo! Tanto più che quelbrigante è fuggito. Lo riagguanterò, sai! Questa notteparto. Il cielo mi protegga!… Non maledirmi, Flavia.Piuttosto compiangimi. Quando ritornerò? Forse do-mani, forse domani l'altro, forse tra un anno, forse mai.

190

La signora Flavia si mette subito a strillare:— Stinchi, Stinchi, c'è niente per me?— Sissignora – risponde Stinchi – ci son due lettere perlei e una quantità di scartafacci per il signor sindaco.— Fa' presto allora, tu sia benedetto!…Come Stinchi fu alla porta della villa la signora Flavia,che era discesa, gli si avventò addosso, gli strappò dimano le lettere e gli scartafacci, e saltò in casa gridando:— Andate giù dal fattore, Stinchi, e fatevi dare un fiascodi vino…— Un fiasco di vinooo? – fece Stinchi sbarrando gli oc-chi – o che è bell'e arrivato il Natale?…— È sua, è sua! – badava a ripetere tutta allegra la si-gnora Flavia, guardando e riguardando la busta di unadelle lettere – meno male… pover'omo… perché se scri-ve… è segno che non è morto!…Strappò la busta, lesse avidamente e… rimase di stucco.La breve lettera di Romeo diceva precisamente così:

Sono quasi prigioniero di una miss inglese che vuolecomprare a forza il mio pterodattilo. Ma non cederò, mioffrisse tutte le ricchezze del mondo! Tanto più che quelbrigante è fuggito. Lo riagguanterò, sai! Questa notteparto. Il cielo mi protegga!… Non maledirmi, Flavia.Piuttosto compiangimi. Quando ritornerò? Forse do-mani, forse domani l'altro, forse tra un anno, forse mai.

190

Credimi, nonostante tutto, il tuo affezionato ed infelicesposo.

Romeo Gualandi

P.S. Ti prego di sospendere fino al mio arrivo gli attidella nostra separazione…

Alla signora Flavia spuntarono le lacrime agli occhi. Po-ver'uomo! anche in mezzo a tanti guai, si ricordava!..Dunque le voleva sempre bene! In fondo, la colpa deldissidio era tutta di quell'uccellaccio. Uh! Un buon col-po di moschetto!… Magari! Chi sa! a volte, la provvi-denza risolve con un avvenimento semplicissimo le si-tuazioni più complicate.Del resto, don Lorenzo l'aveva già consigliata di sospen-dere gli atti: fin dal primo giorno della partenza di Ro-meo per la capitale. Perché anche il buon sacerdote spe-rava in qualche fatto nuovo, imprevisto, che servisse aricondurre, finalmente, la pace e la concordia nella villadella ‘Lodola’.Dopo aver pianto e sospirato in abbondanza, la signoraFlavia volle leggere l'altra lettera, indirizzata a suo mari-to. La sopraccarta era scritta con una calligrafia grande,nervosa, ed era coperta di bolli e di timbri esteri.Il contenuto valeva esteticamente l'esterno. Poche parolefrancesi scritte con inchiostro rosso, illustrate da miste-riosi geroglifici in oro e azzurro.

191

Credimi, nonostante tutto, il tuo affezionato ed infelicesposo.

Romeo Gualandi

P.S. Ti prego di sospendere fino al mio arrivo gli attidella nostra separazione…

Alla signora Flavia spuntarono le lacrime agli occhi. Po-ver'uomo! anche in mezzo a tanti guai, si ricordava!..Dunque le voleva sempre bene! In fondo, la colpa deldissidio era tutta di quell'uccellaccio. Uh! Un buon col-po di moschetto!… Magari! Chi sa! a volte, la provvi-denza risolve con un avvenimento semplicissimo le si-tuazioni più complicate.Del resto, don Lorenzo l'aveva già consigliata di sospen-dere gli atti: fin dal primo giorno della partenza di Ro-meo per la capitale. Perché anche il buon sacerdote spe-rava in qualche fatto nuovo, imprevisto, che servisse aricondurre, finalmente, la pace e la concordia nella villadella ‘Lodola’.Dopo aver pianto e sospirato in abbondanza, la signoraFlavia volle leggere l'altra lettera, indirizzata a suo mari-to. La sopraccarta era scritta con una calligrafia grande,nervosa, ed era coperta di bolli e di timbri esteri.Il contenuto valeva esteticamente l'esterno. Poche parolefrancesi scritte con inchiostro rosso, illustrate da miste-riosi geroglifici in oro e azzurro.

191

Je sais que Michel Orcagna a été chez-vouz. Ilreviendra, peut-être.Arrêtez-le! Je veux le revoir. Absolument. Il doit merendre le coeur de la princesse. Au revoir.

Nazli

Su le prime, la signora Flavia, non capì nulla. Poi ricor-dò vagamente le storie che aveva raccontato quel terribi-le viaggiatore, amico delle scimmie e di tutti i mostridella creazione.— Deve essere quella principessa che voleva il cuoredell'antenata – brontolò a un tratto la moglie del sinda-co, facendo una pallina della lettera – quella pazza! Oraè proprio il momento di pensare a lei!… E poi, giusto…se rammento che tutti questi guai sono accaduti per viadell'ovo lasciato da quel signore…

* * *

Un rombo di automobile, giù, dinanzi alla villa. Poimolte voci discordi. Poi uno scalpiccìo veloce su laghiaia del giardino. La signora Flavia, lasciando in tron-co il suo monologo, si buttò di sfascio sopra una poltro-na.— Romeo!Sbiancava tutta, la povera donna, mentre tendeva lebraccia smaniose verso l'uscio.

192

Je sais que Michel Orcagna a été chez-vouz. Ilreviendra, peut-être.Arrêtez-le! Je veux le revoir. Absolument. Il doit merendre le coeur de la princesse. Au revoir.

Nazli

Su le prime, la signora Flavia, non capì nulla. Poi ricor-dò vagamente le storie che aveva raccontato quel terribi-le viaggiatore, amico delle scimmie e di tutti i mostridella creazione.— Deve essere quella principessa che voleva il cuoredell'antenata – brontolò a un tratto la moglie del sinda-co, facendo una pallina della lettera – quella pazza! Oraè proprio il momento di pensare a lei!… E poi, giusto…se rammento che tutti questi guai sono accaduti per viadell'ovo lasciato da quel signore…

* * *

Un rombo di automobile, giù, dinanzi alla villa. Poimolte voci discordi. Poi uno scalpiccìo veloce su laghiaia del giardino. La signora Flavia, lasciando in tron-co il suo monologo, si buttò di sfascio sopra una poltro-na.— Romeo!Sbiancava tutta, la povera donna, mentre tendeva lebraccia smaniose verso l'uscio.

192

Ma Romeo non apparve. Apparve invece impetuosa, ru-morosa, invadente, una signora, tutta avvolta di veli e disciarpe.— Madame Gualandi?— domandò con accento intradu-cibile, facendosi dinanzi a donna Flavia sbigottita.Poiché costei non rispondeva, la signora insisté, a preci-pizio:— Siete voi, madame Gualandi? Io sono la principessaNazli. Avete ricevuto la mia lettera da Singapore? Cisiamo intrattenuti per strada… Bisogna – intendete? –che io riveda Michele. Sono stata cattiva con lui. Ma orasono pentita. Voglio rivederlo. Vous comprenez, n'est-cepas?La signora Flavia accennò prima di sì, poi di no.— Vous ne comprenez pas? sì? allora! Michele? Miche-le non c'è?La principessa rapidamente si sciolse dai veli e dallesciarpe e si gettò anche lei sopra la poltrona, esclaman-do:— Ebbene! aspetterò qui.Donna Flavia guardò la strana visitatrice.Era una bellissima giovane, bruna, snella, con gli occhiimmensi, velati di lunghe ciglia brune che avevano pal-piti di farfalla. Ma la fronte della principessa era solcatada una gran ruga che la sciupava. E quella ruga, semprecontratta, significava ostinazione, audacia, orgoglio: os-

193

Ma Romeo non apparve. Apparve invece impetuosa, ru-morosa, invadente, una signora, tutta avvolta di veli e disciarpe.— Madame Gualandi?— domandò con accento intradu-cibile, facendosi dinanzi a donna Flavia sbigottita.Poiché costei non rispondeva, la signora insisté, a preci-pizio:— Siete voi, madame Gualandi? Io sono la principessaNazli. Avete ricevuto la mia lettera da Singapore? Cisiamo intrattenuti per strada… Bisogna – intendete? –che io riveda Michele. Sono stata cattiva con lui. Ma orasono pentita. Voglio rivederlo. Vous comprenez, n'est-cepas?La signora Flavia accennò prima di sì, poi di no.— Vous ne comprenez pas? sì? allora! Michele? Miche-le non c'è?La principessa rapidamente si sciolse dai veli e dallesciarpe e si gettò anche lei sopra la poltrona, esclaman-do:— Ebbene! aspetterò qui.Donna Flavia guardò la strana visitatrice.Era una bellissima giovane, bruna, snella, con gli occhiimmensi, velati di lunghe ciglia brune che avevano pal-piti di farfalla. Ma la fronte della principessa era solcatada una gran ruga che la sciupava. E quella ruga, semprecontratta, significava ostinazione, audacia, orgoglio: os-

193

sia tre qualità che, messe insieme, bastano a trasformareuna donna in un cataclisma a getto continuo.— Signorina! – balbettò finalmente la moglie di RomeoGualandi, quando vide che l'altra era ben risoluta a nonmuoversi – e se non venisse?La principessa inarcò le ciglia lunghissime.— Se non venisse? – ripeté – non è possibile. Un giornoo l'altro verrà.— Il signor Michele sa che lei è venuta qui?…— No. Ci vedemmo di sfuggita, un paio di mesi orsono… al Cairo. Mi raccontò il suo viaggio in Italia, lasua visita al suo amico d'infanzia… Mi disse anche delcuore della principessa. Io avrei dovuto rispondergli:“Caro! la prova è finita! Sono pronta a diventare vostramoglie!”. Così sarebbe finito tutto… che ne dite, mada-me?— Oh! certo… sarebbe stato meglio…— Sì… anche mio zio Pausiris era contento! Ma io hoqualche cosa di strano in fondo all'anima… Non appenami viene un impeto buono, gentile, subito questo qual-che cosa mi impedisce di dargli libero sfogo… e alloraapparisco cattiva, aspra, beffarda… È una gran disgra-zia, vero?— Bisognerebbe emendarsi…— Potere! Ma io non posso. C'è un diavolino, ecco, un

194

sia tre qualità che, messe insieme, bastano a trasformareuna donna in un cataclisma a getto continuo.— Signorina! – balbettò finalmente la moglie di RomeoGualandi, quando vide che l'altra era ben risoluta a nonmuoversi – e se non venisse?La principessa inarcò le ciglia lunghissime.— Se non venisse? – ripeté – non è possibile. Un giornoo l'altro verrà.— Il signor Michele sa che lei è venuta qui?…— No. Ci vedemmo di sfuggita, un paio di mesi orsono… al Cairo. Mi raccontò il suo viaggio in Italia, lasua visita al suo amico d'infanzia… Mi disse anche delcuore della principessa. Io avrei dovuto rispondergli:“Caro! la prova è finita! Sono pronta a diventare vostramoglie!”. Così sarebbe finito tutto… che ne dite, mada-me?— Oh! certo… sarebbe stato meglio…— Sì… anche mio zio Pausiris era contento! Ma io hoqualche cosa di strano in fondo all'anima… Non appenami viene un impeto buono, gentile, subito questo qual-che cosa mi impedisce di dargli libero sfogo… e alloraapparisco cattiva, aspra, beffarda… È una gran disgra-zia, vero?— Bisognerebbe emendarsi…— Potere! Ma io non posso. C'è un diavolino, ecco, un

194

diavolino stizzoso che mi balla nel cuore. Voi non potetecapire! Io avrei voluto dirgli: “Caro Michele, bravo!” in-vece gli ho detto: “Non mi importa niente di voi, dellevostre chiacchiere…”. E lo piantai in asso e me ne an-dai… in Egitto…— E lui?La principessa si strinse nelle spalle.— Non so. Ma ora io sono pentita. Lo aspetto qui.— Ma scusi – mormorò atterrita la signora Flavia – puòdarsi che il signor Michele, trattato a quel modo, abbiadeciso di continuare i suoi viaggi…— Tanto meglio.— …Un anno, due anni…— Dieci anni! Che m'importa? Io lo aspetterò qui.— E se non ritornasse più?— Io l'aspetterò fino alla morte. Poi, non so…— Qui sola?— È venuto anche lo zio…— Anche lo zio!!!…— Sì, con i servi… arriveranno con le altre automobili.La signora Flavia svenne…

* * *

195

diavolino stizzoso che mi balla nel cuore. Voi non potetecapire! Io avrei voluto dirgli: “Caro Michele, bravo!” in-vece gli ho detto: “Non mi importa niente di voi, dellevostre chiacchiere…”. E lo piantai in asso e me ne an-dai… in Egitto…— E lui?La principessa si strinse nelle spalle.— Non so. Ma ora io sono pentita. Lo aspetto qui.— Ma scusi – mormorò atterrita la signora Flavia – puòdarsi che il signor Michele, trattato a quel modo, abbiadeciso di continuare i suoi viaggi…— Tanto meglio.— …Un anno, due anni…— Dieci anni! Che m'importa? Io lo aspetterò qui.— E se non ritornasse più?— Io l'aspetterò fino alla morte. Poi, non so…— Qui sola?— È venuto anche lo zio…— Anche lo zio!!!…— Sì, con i servi… arriveranno con le altre automobili.La signora Flavia svenne…

* * *

195

Prima di sera la ‘Lodola’ veniva regolarmente occupatadalla leggiadra principessa Nazli, dallo zio e dal loro se-guito: una trentina di robusti africani d'ambo i sessi, ca-richi di bagagli e di tende. E dinanzi agli occhi sbarratidi donna Flavia, di don Lorenzo, del fattore e di altri fa-miliari, gli ospiti inattesi lavorarono a stender tappeti, apreparare giacigli, a sciorinare panni, ad appiccicar lam-pade, ad allestire una specie di trono con pelli e stoffepreziose, dinanzi al quale veniva drizzata una mensa ca-rica di vasellami d'oro e d'argento.Quando i lavori furon terminati, Nazli indicò alla signo-ra Flavia il trono e le disse, semplicemente:— Voi potrete sedere accanto a me, madama: perchéspero che accetterete questa sera di prender parte allanostra cena…La signora Flavia, dopo aver scambiato una lunga oc-chiata con don Lorenzo, sospirò:— Grazie: non ho fame… sarà per un'altra volta…Il giorno dopo, le chiacchiere del paese arrivavano asfondare l'azzurro del cielo.

196

Prima di sera la ‘Lodola’ veniva regolarmente occupatadalla leggiadra principessa Nazli, dallo zio e dal loro se-guito: una trentina di robusti africani d'ambo i sessi, ca-richi di bagagli e di tende. E dinanzi agli occhi sbarratidi donna Flavia, di don Lorenzo, del fattore e di altri fa-miliari, gli ospiti inattesi lavorarono a stender tappeti, apreparare giacigli, a sciorinare panni, ad appiccicar lam-pade, ad allestire una specie di trono con pelli e stoffepreziose, dinanzi al quale veniva drizzata una mensa ca-rica di vasellami d'oro e d'argento.Quando i lavori furon terminati, Nazli indicò alla signo-ra Flavia il trono e le disse, semplicemente:— Voi potrete sedere accanto a me, madama: perchéspero che accetterete questa sera di prender parte allanostra cena…La signora Flavia, dopo aver scambiato una lunga oc-chiata con don Lorenzo, sospirò:— Grazie: non ho fame… sarà per un'altra volta…Il giorno dopo, le chiacchiere del paese arrivavano asfondare l'azzurro del cielo.

196

XVIIIL MOSTRO CONTESO

All'alba, l'automobile nera si fermò presso il lago diBolsena.E una rauca voce femminile sussurrò all'orecchio di Ro-meo Gualandi:— Voi date vostra sacra parola d'onore di non fuggire eio vi permetto di scendere a chiedere notizie del grandeuccello antidiluviano…Il sindaco di Roccalbegna si chiuse in uno sdegnoso ri-serbo. Scendere a patti colla sua rapitrice, sì, gli ripu-gnava. D'altra parte… scendere dall'automobile gli pre-meva ugualmente, perché aveva una grandissima fame.E poi, era torturato dalla curiosità di sapere qualche no-tizia del suo Piri-Piri… Volle tuttavia mettere alla provale buone disposizioni della formidabile inglese ostentan-do una fiera resistenza.Così la rapitrice dovette ripetere quattro volte la sua do-manda allettatrice per avere, alla fine, una vaga risposta.— Voi non avete nessun diritto di permettermi di scen-dere…La virago britannica ruggì:— Vi offro un… come si può chiamare? Vi offro un ar-

197

XVIIIL MOSTRO CONTESO

All'alba, l'automobile nera si fermò presso il lago diBolsena.E una rauca voce femminile sussurrò all'orecchio di Ro-meo Gualandi:— Voi date vostra sacra parola d'onore di non fuggire eio vi permetto di scendere a chiedere notizie del grandeuccello antidiluviano…Il sindaco di Roccalbegna si chiuse in uno sdegnoso ri-serbo. Scendere a patti colla sua rapitrice, sì, gli ripu-gnava. D'altra parte… scendere dall'automobile gli pre-meva ugualmente, perché aveva una grandissima fame.E poi, era torturato dalla curiosità di sapere qualche no-tizia del suo Piri-Piri… Volle tuttavia mettere alla provale buone disposizioni della formidabile inglese ostentan-do una fiera resistenza.Così la rapitrice dovette ripetere quattro volte la sua do-manda allettatrice per avere, alla fine, una vaga risposta.— Voi non avete nessun diritto di permettermi di scen-dere…La virago britannica ruggì:— Vi offro un… come si può chiamare? Vi offro un ar-

197

mistizio! Voi dovete cercare il vostro animale!— Sì, signora. È vero.— Ebbene, io metto a vostra disposizione tutti i mezzinecessari… tutti!… yes! beautiful! per conseguire il vo-stro scopo…— Bene, signora: voi potrete in tal modo cancellarel'odioso atto…— No, no, niente odioso, niente atto. Il vostro pterodat-tilo può volare verso il mare…— Certo.— O nell'interno del paese…— Anche questo è possibile.— In tal caso, occorreranno automobili, motoscafi…— Ne convengo.— Forse, anche aeroplani…— Ah! sì… anche aeroplani…— Yes! io vi offro tutto questo.— Capisco: voi desiderate che io, dimenticando l'offesamortale, vi ringrazi…— No, no, non questo. Desidero che voi possiate ripren-dere l'animale…— E poi?— E poi, io cercherò di riprenderlo a voi…

198

mistizio! Voi dovete cercare il vostro animale!— Sì, signora. È vero.— Ebbene, io metto a vostra disposizione tutti i mezzinecessari… tutti!… yes! beautiful! per conseguire il vo-stro scopo…— Bene, signora: voi potrete in tal modo cancellarel'odioso atto…— No, no, niente odioso, niente atto. Il vostro pterodat-tilo può volare verso il mare…— Certo.— O nell'interno del paese…— Anche questo è possibile.— In tal caso, occorreranno automobili, motoscafi…— Ne convengo.— Forse, anche aeroplani…— Ah! sì… anche aeroplani…— Yes! io vi offro tutto questo.— Capisco: voi desiderate che io, dimenticando l'offesamortale, vi ringrazi…— No, no, non questo. Desidero che voi possiate ripren-dere l'animale…— E poi?— E poi, io cercherò di riprenderlo a voi…

198

— Io mi difenderò, signora! Mi rivolgerò alle leggi delmio paese…— All right! – concluse la inesorabile femmina e ripeté:– Promettete di non fuggire.— Prometto…— Allora, siete libero di scendere.Romeo discese. L'alba tingeva di giallo ogni cosa: le ac-que del lago, la terra, gli alberi, i volti degli uomini.Tanto che egli dovette, sulle prime, strizzare gli occhi,abbagliati da tanto splendore. Poi cominciarono le ricer-che.Un povero villano, che andava verso il lago per pescare,non capì le domande ansiose di Romeo e si allontanòbrontolando una quantità di male parole contro i fore-stieri, contro i signori, contro le automobili, macchinemaledette e via di questo tono. Un secondo villano,mezzo inebetito, finì per chiedere l'elemosina. Solo unadonna, grossa femmina color di rame come una Cibeleantica, che veniva giù da un viottolo armata di una granfalce lucente, si fermò per prestare benevolo ascolto aidiscorsi del padre di Piri-Piri. A mano a mano che Ro-meo parlava, la Cibele si faceva scura in viso, e da ulti-mo con voce bassa e metallica, proruppe:— Che? Quell'uccellaccio che ieri sera volava sullago… è roba vostra? Non ve ne vergognate? Ha spa-ventato tutto il paese… e poi voleva ghermire la Roset-ta, la figliola de Toto… certi strilli!… Le donne han co-

199

— Io mi difenderò, signora! Mi rivolgerò alle leggi delmio paese…— All right! – concluse la inesorabile femmina e ripeté:– Promettete di non fuggire.— Prometto…— Allora, siete libero di scendere.Romeo discese. L'alba tingeva di giallo ogni cosa: le ac-que del lago, la terra, gli alberi, i volti degli uomini.Tanto che egli dovette, sulle prime, strizzare gli occhi,abbagliati da tanto splendore. Poi cominciarono le ricer-che.Un povero villano, che andava verso il lago per pescare,non capì le domande ansiose di Romeo e si allontanòbrontolando una quantità di male parole contro i fore-stieri, contro i signori, contro le automobili, macchinemaledette e via di questo tono. Un secondo villano,mezzo inebetito, finì per chiedere l'elemosina. Solo unadonna, grossa femmina color di rame come una Cibeleantica, che veniva giù da un viottolo armata di una granfalce lucente, si fermò per prestare benevolo ascolto aidiscorsi del padre di Piri-Piri. A mano a mano che Ro-meo parlava, la Cibele si faceva scura in viso, e da ulti-mo con voce bassa e metallica, proruppe:— Che? Quell'uccellaccio che ieri sera volava sullago… è roba vostra? Non ve ne vergognate? Ha spa-ventato tutto il paese… e poi voleva ghermire la Roset-ta, la figliola de Toto… certi strilli!… Le donne han co-

199

minciato a tirar sassi… e poi son venuti gli uomini, congli schioppi. Dicono che Beppe guercio gli abbia sfon-dato un'ala.— Un'ala? Gli ha sfondato un'ala?— Magari l'avesse ammazzato! Figuratevi che anchepoc'anzi l'ho visto svolazzare laggiù verso San Lorenzo.Romeo si volse al conduttore dell'automobile e gli gri-dò, affannosamente:— Verso San Lorenzo… presto, per amore del cielo!…E saltò a fianco della virago inglese, che appariva anchepiù commossa di lui.Poco prima di San Lorenzo Nuovo dovette fermarsi per-ché la strada era chiusa da una siepe di cacciatori e dicontadini che guardavano in alto e gesticolavano comepazzi.Romeo si sporse per chiedere notizie. Il mostro era statoveduto. Aveva rapito due pecore di un gregge… gli ave-vano sparato contro, ma inutilmente… Quell'uccello,quel demonio era salito tanto alto, tanto alto… ed erasparito laggiù verso Pitigliano.Ecco il dolente Romeo e la virago inglese a Pitigliano:ma poco prima del loro arrivo, la bestia apocalittica ave-va ripreso il volo verso il mare.

* * *

200

minciato a tirar sassi… e poi son venuti gli uomini, congli schioppi. Dicono che Beppe guercio gli abbia sfon-dato un'ala.— Un'ala? Gli ha sfondato un'ala?— Magari l'avesse ammazzato! Figuratevi che anchepoc'anzi l'ho visto svolazzare laggiù verso San Lorenzo.Romeo si volse al conduttore dell'automobile e gli gri-dò, affannosamente:— Verso San Lorenzo… presto, per amore del cielo!…E saltò a fianco della virago inglese, che appariva anchepiù commossa di lui.Poco prima di San Lorenzo Nuovo dovette fermarsi per-ché la strada era chiusa da una siepe di cacciatori e dicontadini che guardavano in alto e gesticolavano comepazzi.Romeo si sporse per chiedere notizie. Il mostro era statoveduto. Aveva rapito due pecore di un gregge… gli ave-vano sparato contro, ma inutilmente… Quell'uccello,quel demonio era salito tanto alto, tanto alto… ed erasparito laggiù verso Pitigliano.Ecco il dolente Romeo e la virago inglese a Pitigliano:ma poco prima del loro arrivo, la bestia apocalittica ave-va ripreso il volo verso il mare.

* * *

200

Alla foce dell'Albegna, Romeo Gualandi ebbe il colpodi grazia. Alcuni carbonai che andavano verso Marcianoaffermarono anch'essi di aver veduto l'inqualificabileuccello volare a bassa quota lungo la spiaggia. Ma uncacciatore proprio vicino alla vecchia torre dei doganierigli aveva sparato contro: e l'uccello, spaventato, avevapreso la fuga verso l'alto mare…— È finita – pianse il povero biologo, guardando pieto-samente la virago. – Non lo vedremo più…— Perché? – chiese freddamente l'inglese – noi possia-mo inseguirlo come abbiamo fatto finora. Very well! Sulmare, è più facile…— Avete un piroscafo a vostra disposizione?…La tremenda femmina accennò di sì col capo e aggiunse,con accento di orgoglio:— Piroscafo, motoscafo, sommergibile, idroplano… tut-to quello che può essere utile in simili casi… Io viaggiomolto. Durante la guerra, facevo il servizio di spionag-gio per il mio paese. Lloyd George mi ama molto. An-che Chamberlain. Anche il Re. Tutti mi amano, in In-ghilterra. Solo voi non mi amate, lo so. Ma quando laquestione dello pterodattilo… pterodattilo, yes, sarà ri-solta, allora… allora!…La donna sorrise, mettendo in mostra la minacciosachiostra dei denti.Romeo, con un brivido di orrore domandò evasivamen-

201

Alla foce dell'Albegna, Romeo Gualandi ebbe il colpodi grazia. Alcuni carbonai che andavano verso Marcianoaffermarono anch'essi di aver veduto l'inqualificabileuccello volare a bassa quota lungo la spiaggia. Ma uncacciatore proprio vicino alla vecchia torre dei doganierigli aveva sparato contro: e l'uccello, spaventato, avevapreso la fuga verso l'alto mare…— È finita – pianse il povero biologo, guardando pieto-samente la virago. – Non lo vedremo più…— Perché? – chiese freddamente l'inglese – noi possia-mo inseguirlo come abbiamo fatto finora. Very well! Sulmare, è più facile…— Avete un piroscafo a vostra disposizione?…La tremenda femmina accennò di sì col capo e aggiunse,con accento di orgoglio:— Piroscafo, motoscafo, sommergibile, idroplano… tut-to quello che può essere utile in simili casi… Io viaggiomolto. Durante la guerra, facevo il servizio di spionag-gio per il mio paese. Lloyd George mi ama molto. An-che Chamberlain. Anche il Re. Tutti mi amano, in In-ghilterra. Solo voi non mi amate, lo so. Ma quando laquestione dello pterodattilo… pterodattilo, yes, sarà ri-solta, allora… allora!…La donna sorrise, mettendo in mostra la minacciosachiostra dei denti.Romeo, con un brivido di orrore domandò evasivamen-

201

te:— E… il piroscafo… il motoscafo… dove sono?— In Inghilterra. Ma qui vicino ho il mio idroplano…Qui… a Orbetello…Romeo seguitò a cadere dalle nuvole.— Un idroplano… a Orbetello?— Yes! e uno a Civitavecchia… Ieri ordinai ai mieiaviatori di Londra di tenersi pronti, lungo le spiagge diToscana…— Stupendo! – fece il sindaco della Roccalbegna, vintoda un senso di ammirazione sincera. E per poco non siinginocchiò dinanzi alla feroce miss con i denti di caval-lo…Ma il tempo stringeva. Bisognava, ad ogni costo, ritro-vare il fuggitivo. E tuttavia, prima di aver ritrovatol'idroplano, in un hangar presso Orbetello, occorseun'ora: una lunga ora. Dove era giunto, intanto, l'ingratopterodattilo? Il suo volo era inuguale e goffo, ma abba-stanza rapido…L'idroplano si alzò ad altissima quota, per poter domina-re un immenso spazio. La miss girava in ogni senso ungigantesco cannocchiale da marina: ma di tanto in tantosi lasciava sfuggire qualche brontolìo di malcontento.Ella non vedeva nulla purtroppo. E Romeo Gualandi se-guitava a sospirare.A metà del giorno la miss interruppe le sue osservazioni

202

te:— E… il piroscafo… il motoscafo… dove sono?— In Inghilterra. Ma qui vicino ho il mio idroplano…Qui… a Orbetello…Romeo seguitò a cadere dalle nuvole.— Un idroplano… a Orbetello?— Yes! e uno a Civitavecchia… Ieri ordinai ai mieiaviatori di Londra di tenersi pronti, lungo le spiagge diToscana…— Stupendo! – fece il sindaco della Roccalbegna, vintoda un senso di ammirazione sincera. E per poco non siinginocchiò dinanzi alla feroce miss con i denti di caval-lo…Ma il tempo stringeva. Bisognava, ad ogni costo, ritro-vare il fuggitivo. E tuttavia, prima di aver ritrovatol'idroplano, in un hangar presso Orbetello, occorseun'ora: una lunga ora. Dove era giunto, intanto, l'ingratopterodattilo? Il suo volo era inuguale e goffo, ma abba-stanza rapido…L'idroplano si alzò ad altissima quota, per poter domina-re un immenso spazio. La miss girava in ogni senso ungigantesco cannocchiale da marina: ma di tanto in tantosi lasciava sfuggire qualche brontolìo di malcontento.Ella non vedeva nulla purtroppo. E Romeo Gualandi se-guitava a sospirare.A metà del giorno la miss interruppe le sue osservazioni

202

e fece colazione imponendo al prigioniero di imitarla.Erano nel bel mezzo del Mediterraneo, sotto un arco dicristallo divinamente azzurro. Giù, su le onde, passava-no le navi che parevano insetti acquatici, disegnandonella gran superficie tersa gli arabeschi d'argento dellescie.Lentamente, a larghi giri concentrici, l'idroplano discen-deva a breve altezza, risaliva avvitando la sua enormeelica nel cielo. E l'aviatore tenendo con una mano laruota del comando ingoiava silenziosamente e dignito-samente biscotti e panini ripieni. La virago beveva certogrog infernale da una enorme bottiglia di metallo: e Ro-meo Gualandi, che a fatica aveva piluccato un biscottinocon i canditi, inghiottiva saliva e lacrime.Di un tratto, egli, che teneva i malinconici occhi voltiverso il basso, ebbe un sussulto:— Eccolo! eccolo! – urlò sporgendosi fuori dalla carlin-ga. Anche la virago si sporse.— Dove? – domandò con voce alquanto commossa.— Laggiù… sul pomo dell'albero di quella nave…— Finalmente!… – ed ella si armò del suo poderosocannocchiale – eccolo!… Molto bene! Adesso bisognacatturarlo!— Non mi sembra troppo facile…— Yes… facilissimo! Walter, scendete presso quellanave…

203

e fece colazione imponendo al prigioniero di imitarla.Erano nel bel mezzo del Mediterraneo, sotto un arco dicristallo divinamente azzurro. Giù, su le onde, passava-no le navi che parevano insetti acquatici, disegnandonella gran superficie tersa gli arabeschi d'argento dellescie.Lentamente, a larghi giri concentrici, l'idroplano discen-deva a breve altezza, risaliva avvitando la sua enormeelica nel cielo. E l'aviatore tenendo con una mano laruota del comando ingoiava silenziosamente e dignito-samente biscotti e panini ripieni. La virago beveva certogrog infernale da una enorme bottiglia di metallo: e Ro-meo Gualandi, che a fatica aveva piluccato un biscottinocon i canditi, inghiottiva saliva e lacrime.Di un tratto, egli, che teneva i malinconici occhi voltiverso il basso, ebbe un sussulto:— Eccolo! eccolo! – urlò sporgendosi fuori dalla carlin-ga. Anche la virago si sporse.— Dove? – domandò con voce alquanto commossa.— Laggiù… sul pomo dell'albero di quella nave…— Finalmente!… – ed ella si armò del suo poderosocannocchiale – eccolo!… Molto bene! Adesso bisognacatturarlo!— Non mi sembra troppo facile…— Yes… facilissimo! Walter, scendete presso quellanave…

203

L'aviatore, dopo avere ingoiato un gran cannello di cioc-colata, scivolò con ammirevole maestria verso l'acqua econ alcune sapienti mosse di timone si accostò al piro-scafo indicato. Ora l'onesto Piri-Piri appariva nettamen-te come un ammasso di cenci sudici, sul pomo dell'albe-ro. La lunga testa lucertolare tagliata dalla fitta sega deidenti, dominava il corpo informe e si disegnava in nerosu la limpidezza del cielo. Evidentemente l'uccello pri-mordiale era stanco; perché, all'avvicinarsi dell'idropla-no, non si scosse neppure.Quando il velivolo ebbe toccato la superficie del mare,la miss rivolse la sua voce stentorea al comandante delpiroscafo. E un dialogo straordinario si svolse tra il pon-te di comando della nave e la carlinga dell'idroplano.— Siete naufraghi? – domandò il capitano, un uomoalto come un palo, sbarbato, coi capelli rossi – avete bi-sogno di aiuto?— Che nave è questa?— Questa non è una nave.— E che cos'è?— È uno yacht. Si chiama Abramo Lincoln. Appartienea mister James Flessing, il Re delle Aringhe.— Americano, dunque?— Yes.

204

L'aviatore, dopo avere ingoiato un gran cannello di cioc-colata, scivolò con ammirevole maestria verso l'acqua econ alcune sapienti mosse di timone si accostò al piro-scafo indicato. Ora l'onesto Piri-Piri appariva nettamen-te come un ammasso di cenci sudici, sul pomo dell'albe-ro. La lunga testa lucertolare tagliata dalla fitta sega deidenti, dominava il corpo informe e si disegnava in nerosu la limpidezza del cielo. Evidentemente l'uccello pri-mordiale era stanco; perché, all'avvicinarsi dell'idropla-no, non si scosse neppure.Quando il velivolo ebbe toccato la superficie del mare,la miss rivolse la sua voce stentorea al comandante delpiroscafo. E un dialogo straordinario si svolse tra il pon-te di comando della nave e la carlinga dell'idroplano.— Siete naufraghi? – domandò il capitano, un uomoalto come un palo, sbarbato, coi capelli rossi – avete bi-sogno di aiuto?— Che nave è questa?— Questa non è una nave.— E che cos'è?— È uno yacht. Si chiama Abramo Lincoln. Appartienea mister James Flessing, il Re delle Aringhe.— Americano, dunque?— Yes.

204

Ora l'onesto Piri-Piri appariva nettamente come unammasso di cenci sudici, sul pomo dell'albero.

205

Ora l'onesto Piri-Piri appariva nettamente come unammasso di cenci sudici, sul pomo dell'albero.

205

— All right! Io sono inglese! Miss Jane Castbell, diEdimburgo…— Volete essere rimorchiata?— No, io voglio riprendere l'uccello che si è posato sulpomo dell'albero…— L'uccello vi appartiene?A questo punto credette opportuno intervenire Romeo:— L'animale appartiene a me: e vi prego…Il capitano del Lincoln scosse il capo:— Dolentissimo, signori: l'uccello si è posato sul nostroalbero. È un animale molto strano. Ma si trova su terri-torio americano. Cercheremo di catturarlo e lo portere-mo a Nuova York. Tutto quello che è a bordo appartienea mister Flessing. Yes. Dolentissimo…— Ma l'animale ci appartiene!… – scattò inviperita lamiss.— Voi potrete risolvere la questione con mister James, aNuova York…— Riflettete alla responsabilità…— Nessuna responsabilità, signora: a bordo comandoio… Già molti abili marinai, armati di lacci, si arrampi-cavano sui sartiami per accalappiare il mostro preistori-co.La virago inglese ebbe una crisi di nervi che spaventò

206

— All right! Io sono inglese! Miss Jane Castbell, diEdimburgo…— Volete essere rimorchiata?— No, io voglio riprendere l'uccello che si è posato sulpomo dell'albero…— L'uccello vi appartiene?A questo punto credette opportuno intervenire Romeo:— L'animale appartiene a me: e vi prego…Il capitano del Lincoln scosse il capo:— Dolentissimo, signori: l'uccello si è posato sul nostroalbero. È un animale molto strano. Ma si trova su terri-torio americano. Cercheremo di catturarlo e lo portere-mo a Nuova York. Tutto quello che è a bordo appartienea mister Flessing. Yes. Dolentissimo…— Ma l'animale ci appartiene!… – scattò inviperita lamiss.— Voi potrete risolvere la questione con mister James, aNuova York…— Riflettete alla responsabilità…— Nessuna responsabilità, signora: a bordo comandoio… Già molti abili marinai, armati di lacci, si arrampi-cavano sui sartiami per accalappiare il mostro preistori-co.La virago inglese ebbe una crisi di nervi che spaventò

206

enormemente il buon Romeo. Alla fine, ella chiese di-speratamente al capitano del Lincoln:— Rifiuterete anche di riceverci a bordo perché noi pos-siamo rivedere il nostro pterodattilo?Il capitano esitò alquanto prima di rispondere. Poi disse:— Potrei ricevervi a bordo solo nel caso che voi fostenaufraghi…— Ebbene, noi siamo naufraghi!— Prima avete detto di no…— E ora ci siamo accorti che i tiranti di direzione nonagiscono più… rischiamo di andare alla deriva…— Yes! allora se siete molto in pericolo, io vi salvo…Fu gettata una oscillante scaletta fuori bordo, e la miss eRomeo poterono, come Dio volle, salire a bordo.Proprio allora le grida festose dei marinai annunziaronola cattura di Piri-Piri.Ma Romeo si sentì stringere la gola per lo sdegno e ildolore. Il suo diletto Piri-Piri, ormai, apparteneva al Redelle Aringhe!…

207

enormemente il buon Romeo. Alla fine, ella chiese di-speratamente al capitano del Lincoln:— Rifiuterete anche di riceverci a bordo perché noi pos-siamo rivedere il nostro pterodattilo?Il capitano esitò alquanto prima di rispondere. Poi disse:— Potrei ricevervi a bordo solo nel caso che voi fostenaufraghi…— Ebbene, noi siamo naufraghi!— Prima avete detto di no…— E ora ci siamo accorti che i tiranti di direzione nonagiscono più… rischiamo di andare alla deriva…— Yes! allora se siete molto in pericolo, io vi salvo…Fu gettata una oscillante scaletta fuori bordo, e la miss eRomeo poterono, come Dio volle, salire a bordo.Proprio allora le grida festose dei marinai annunziaronola cattura di Piri-Piri.Ma Romeo si sentì stringere la gola per lo sdegno e ildolore. Il suo diletto Piri-Piri, ormai, apparteneva al Redelle Aringhe!…

207

XVIIIPIRI-PIRI DIVENTA UN ORSO

Una notte, ormai l'Abramo Lincoln navigava in pienoAtlantico, Romeo Gualandi fu destato nel meglio delsonno da alcuni colpettini discreti bussati alla porta del-la sua cabina.Si infilò alla rovescia un paio di calzoni e aprì. Nel vanoaperto verso il cielo fiorito di stelle apparve la terribilefigura della miss inglese, i cui occhi lustravano comequelli di certi animali da preda.— Andiamo… – sussurrò ella rapidamente – bisogna la-sciare lo yacht… armatevi perché il capitano, se ci sco-pre… ordinerà di metterci ai ferri… e noi dovremo di-fenderci… e impedire a costo della vita che quei mari-nai ci tocchino…Romeo non riusciva a raccapezzarci.— Ma… lo pterodattilo lo lasciamo qui?— No… lo portiamo con noi…— Dove?— Yes… lo portiamo nel canotto… io ho comprato iguardiani dell'animale… e anche il canotto… Presto, ve-nite…L'integerrimo sindaco della Roccalbegna sudava freddo.

208

XVIIIPIRI-PIRI DIVENTA UN ORSO

Una notte, ormai l'Abramo Lincoln navigava in pienoAtlantico, Romeo Gualandi fu destato nel meglio delsonno da alcuni colpettini discreti bussati alla porta del-la sua cabina.Si infilò alla rovescia un paio di calzoni e aprì. Nel vanoaperto verso il cielo fiorito di stelle apparve la terribilefigura della miss inglese, i cui occhi lustravano comequelli di certi animali da preda.— Andiamo… – sussurrò ella rapidamente – bisogna la-sciare lo yacht… armatevi perché il capitano, se ci sco-pre… ordinerà di metterci ai ferri… e noi dovremo di-fenderci… e impedire a costo della vita che quei mari-nai ci tocchino…Romeo non riusciva a raccapezzarci.— Ma… lo pterodattilo lo lasciamo qui?— No… lo portiamo con noi…— Dove?— Yes… lo portiamo nel canotto… io ho comprato iguardiani dell'animale… e anche il canotto… Presto, ve-nite…L'integerrimo sindaco della Roccalbegna sudava freddo.

208

Finì alla meglio di vestirsi e scivolò nel ponte comeun'ombra, dietro la virago che gli accennava risoluta-mente la ringhiera, come per avvertirlo che si sarebberodovuti buttare in mare.Alla ringhiera, infatti, era legata una scala di corda. Lamiss impose a Romeo, con energici cenni, di scendereper primo. L'innocuo scienziato non aveva mai compiu-to un esercizio ginnastico in vita sua: e l'idea di doverscendere per quella scaletta oscillante, fino alle ondeche sciaguattavano là in basso, orlate di spume candide,gli metteva orrore. Ma la donna, per troncare le sue in-certezze lo afferrò per le ascelle e lo alzò come se fossestato un burattino e lo passò fuori della ringhiera. Ro-meo allora, chiamando a raccolta tutti i santi del paradi-so, agguantò le corde della scaletta e discese, chiudendogli occhi… Quanto durò quella tortura? Un secolo. Ilpovero Romeo ebbe modo di riveder tutta la sua vita finda quando era piccino e faceva disperare la mamma per-ché tornava di scuola con il berretto pieno di farfalle, discarafaggi, di lucertole, acchiappati lungo le strade. Ri-volse anche un mesto saluto alla sua Flavia. Buona don-na, in fondo. Non aveva saputo capirlo: aveva odiato lesue innocenti manie e l'aveva afflitto con certe maniereautoritarie, che egli non meritava: ma, in fin dei conti,era sempre stata una compagna fedele, laboriosa, accor-ta. Povera Flavia! Non l'avrebbe riveduta più…A questo punto Romeo si sentì tirare le gambe. Era arri-vato! Un marinaio lo agguantava per depositarlo sopra

209

Finì alla meglio di vestirsi e scivolò nel ponte comeun'ombra, dietro la virago che gli accennava risoluta-mente la ringhiera, come per avvertirlo che si sarebberodovuti buttare in mare.Alla ringhiera, infatti, era legata una scala di corda. Lamiss impose a Romeo, con energici cenni, di scendereper primo. L'innocuo scienziato non aveva mai compiu-to un esercizio ginnastico in vita sua: e l'idea di doverscendere per quella scaletta oscillante, fino alle ondeche sciaguattavano là in basso, orlate di spume candide,gli metteva orrore. Ma la donna, per troncare le sue in-certezze lo afferrò per le ascelle e lo alzò come se fossestato un burattino e lo passò fuori della ringhiera. Ro-meo allora, chiamando a raccolta tutti i santi del paradi-so, agguantò le corde della scaletta e discese, chiudendogli occhi… Quanto durò quella tortura? Un secolo. Ilpovero Romeo ebbe modo di riveder tutta la sua vita finda quando era piccino e faceva disperare la mamma per-ché tornava di scuola con il berretto pieno di farfalle, discarafaggi, di lucertole, acchiappati lungo le strade. Ri-volse anche un mesto saluto alla sua Flavia. Buona don-na, in fondo. Non aveva saputo capirlo: aveva odiato lesue innocenti manie e l'aveva afflitto con certe maniereautoritarie, che egli non meritava: ma, in fin dei conti,era sempre stata una compagna fedele, laboriosa, accor-ta. Povera Flavia! Non l'avrebbe riveduta più…A questo punto Romeo si sentì tirare le gambe. Era arri-vato! Un marinaio lo agguantava per depositarlo sopra

209

la panca di un canotto a motore. Salvo! Almeno per ilmomento. Mentre si accoccolava su la panca egli vide apoppa del canotto una enorme cassa: e il cuore gli battéforte.Piri-Piri era lì… vicino a lui! Ma non era più suo! O me-glio, era suo, ma avrebbe dovuto contenderlo agli adun-chi artigli della miss: avrebbe dovuto, per riconquistareil diritto a proclamarsi proprietario e… autore del mo-stro antidiluviano, lottare ferocemente, tremendamente,con quella inverosimile femmina che gli incuteva spa-vento e disgusto insieme… Eccola, la virago: la suagrande persona sorge fra lui e la cassa: poi si piega, siaccorcia, siede, dopo aver ordinato al marinaio di allon-tanarsi.— Dove andremo? – bisbigliò Romeo che pigliava lepispole per il freddo.— Verso la costa d'Europa… Yes! incontreremo, doma-ni, un battello sulla nostra rotta. All right!Il canotto si allontanò dalla nave quietamente, e si per-dette nella immensità della notte e del mare.Al primo baluginare dell'alba, però, Romeo che nonaveva chiuso occhio per la grande ansietà, volle avvici-narsi alla cassa per riguardare il suo amatissimo mo-stro…

210

la panca di un canotto a motore. Salvo! Almeno per ilmomento. Mentre si accoccolava su la panca egli vide apoppa del canotto una enorme cassa: e il cuore gli battéforte.Piri-Piri era lì… vicino a lui! Ma non era più suo! O me-glio, era suo, ma avrebbe dovuto contenderlo agli adun-chi artigli della miss: avrebbe dovuto, per riconquistareil diritto a proclamarsi proprietario e… autore del mo-stro antidiluviano, lottare ferocemente, tremendamente,con quella inverosimile femmina che gli incuteva spa-vento e disgusto insieme… Eccola, la virago: la suagrande persona sorge fra lui e la cassa: poi si piega, siaccorcia, siede, dopo aver ordinato al marinaio di allon-tanarsi.— Dove andremo? – bisbigliò Romeo che pigliava lepispole per il freddo.— Verso la costa d'Europa… Yes! incontreremo, doma-ni, un battello sulla nostra rotta. All right!Il canotto si allontanò dalla nave quietamente, e si per-dette nella immensità della notte e del mare.Al primo baluginare dell'alba, però, Romeo che nonaveva chiuso occhio per la grande ansietà, volle avvici-narsi alla cassa per riguardare il suo amatissimo mo-stro…

210

Il canotto si allontanò dalla nave quietamente,e si perdette nella immensità della notte e del mare.

211

Il canotto si allontanò dalla nave quietamente,e si perdette nella immensità della notte e del mare.

211

Ma ebbe appena gettato uno sguardo attraverso i grossimurali che costituivano la prigione della bestia, che unurlo angoscioso gli scaturì dalla gola e si diffuse perl'ampia distesa dell'Oceano.— Non è Piri-Piri!…La virago sobbalzò.— Che cosa accade?— Succede… – e qui l'infelice sindaco di Roccalbegnascoppiò in un pianto dirotto – che… abbiamo sbaglia-to…— Chi? come sbagliato?…— In questa cassa non c'è il mio uccello preistorico…— Yes! questa è la cassa…— Ma dentro c'è un orso!…— Un orso!!!Neanche la miss inglese, per quanto gagliarda, poté reg-gere a quel formidabile colpo. Pianse un poco, stralunògli occhi, agitò le braccia in aria e svenne.

* * *

Più tardi, il fatto, molto semplice, fu spiegato dagli stes-si marinai dell'Abramo Lincoln. La gabbia che contene-va lo pterodattilo era stata messa nella stiva accanto aun'altra gabbia che conteneva un magnifico orso siberia-no. Il Re delle Aringhe, che si vantava di possedere il

212

Ma ebbe appena gettato uno sguardo attraverso i grossimurali che costituivano la prigione della bestia, che unurlo angoscioso gli scaturì dalla gola e si diffuse perl'ampia distesa dell'Oceano.— Non è Piri-Piri!…La virago sobbalzò.— Che cosa accade?— Succede… – e qui l'infelice sindaco di Roccalbegnascoppiò in un pianto dirotto – che… abbiamo sbaglia-to…— Chi? come sbagliato?…— In questa cassa non c'è il mio uccello preistorico…— Yes! questa è la cassa…— Ma dentro c'è un orso!…— Un orso!!!Neanche la miss inglese, per quanto gagliarda, poté reg-gere a quel formidabile colpo. Pianse un poco, stralunògli occhi, agitò le braccia in aria e svenne.

* * *

Più tardi, il fatto, molto semplice, fu spiegato dagli stes-si marinai dell'Abramo Lincoln. La gabbia che contene-va lo pterodattilo era stata messa nella stiva accanto aun'altra gabbia che conteneva un magnifico orso siberia-no. Il Re delle Aringhe, che si vantava di possedere il

212

più vasto e ben fornito giardino zoologico degli StatiUniti, aveva mandato apposta in Europa il suo yacht,per prendere ad Amburgo un orso che gli intenditoriavevano stimato il più grande orso del mondo. Per lafretta, per la confusione, i marinai comprati dall'ingleseerano caduti in un deplorevole errore: avevano scambia-to le gabbie.Ostinarsi a portare in Europa un orso in luogo di unopterodattilo sarebbe stato ridicolo. La miss, superato ilnaturale sbalordimento, risolvette di precedere l'AbramoLincoln a Nuova York per abboccarsi con il Re delleAringhe.— Non c'è da disperarsi! – esclamò improvvisamente,rivolta al sindaco della Roccalbegna – Noi riprenderemoil nostro animale! Bisogna solo arrivare in America pri-ma dello yacht…— Con questo canotto? – domandò storditamente Ro-meo.La miss si strinse nelle spalle.— No! Bisogna aspettare una nave… Poi salire a bor-do… Poi radiotelegrafare a Londra… Capite?… Un al-tro idroplano… verrà a prenderci… Yes! Io possiedomolte macchine… Andremo avanti! Sempre avanti!Forward!— Dio ci salvi! – conchiuse tristemente il disgraziatobiologo.

213

più vasto e ben fornito giardino zoologico degli StatiUniti, aveva mandato apposta in Europa il suo yacht,per prendere ad Amburgo un orso che gli intenditoriavevano stimato il più grande orso del mondo. Per lafretta, per la confusione, i marinai comprati dall'ingleseerano caduti in un deplorevole errore: avevano scambia-to le gabbie.Ostinarsi a portare in Europa un orso in luogo di unopterodattilo sarebbe stato ridicolo. La miss, superato ilnaturale sbalordimento, risolvette di precedere l'AbramoLincoln a Nuova York per abboccarsi con il Re delleAringhe.— Non c'è da disperarsi! – esclamò improvvisamente,rivolta al sindaco della Roccalbegna – Noi riprenderemoil nostro animale! Bisogna solo arrivare in America pri-ma dello yacht…— Con questo canotto? – domandò storditamente Ro-meo.La miss si strinse nelle spalle.— No! Bisogna aspettare una nave… Poi salire a bor-do… Poi radiotelegrafare a Londra… Capite?… Un al-tro idroplano… verrà a prenderci… Yes! Io possiedomolte macchine… Andremo avanti! Sempre avanti!Forward!— Dio ci salvi! – conchiuse tristemente il disgraziatobiologo.

213

E qualche istante dopo a bordo del canotto che si dondo-lava su le onde quiete dell'Atlantico, la miss, Romeo e itre marinai americani fecero colazione.E poiché l'orso nella sua cassa mugolava annusandonell'aria l'odore del cibo, Romeo spinse la sua generositàfino ad offrire al placido ghiottone quel che spettava alui di diritto: un gran pezzo di schiacciata, un pacco dibiscotti, una scatola di carne in conserva e un ananassoin giulebbe…Quando, verso sera, fu avvistata una nave che facevarotta verso la costa americana, il degno scienziato inter-rogò la miss intorno alla sorte riservata al povero orso.— Lo porteremo con noi… per aria?Ella fece una smorfia di scherno.— Un orso… sopra un idroplano? E perché non un ele-fante? un ippopotamo?— Lo lascerete… qui?— Lo consegneremo, come deposito, al capitano dellanave –. Romeo parve rasserenarsi.Ma due giorni dopo, allorché l'idroplano venne da Lon-dra per trasportarli a Nuova York, egli mormorò, tra isospiri:— Vedrete che quell'orso ci darà qualche grossa noia…La miss non si degnò neanche di rispondergli.Ma ella dovette accorgersi della giustezza dei presenti-

214

E qualche istante dopo a bordo del canotto che si dondo-lava su le onde quiete dell'Atlantico, la miss, Romeo e itre marinai americani fecero colazione.E poiché l'orso nella sua cassa mugolava annusandonell'aria l'odore del cibo, Romeo spinse la sua generositàfino ad offrire al placido ghiottone quel che spettava alui di diritto: un gran pezzo di schiacciata, un pacco dibiscotti, una scatola di carne in conserva e un ananassoin giulebbe…Quando, verso sera, fu avvistata una nave che facevarotta verso la costa americana, il degno scienziato inter-rogò la miss intorno alla sorte riservata al povero orso.— Lo porteremo con noi… per aria?Ella fece una smorfia di scherno.— Un orso… sopra un idroplano? E perché non un ele-fante? un ippopotamo?— Lo lascerete… qui?— Lo consegneremo, come deposito, al capitano dellanave –. Romeo parve rasserenarsi.Ma due giorni dopo, allorché l'idroplano venne da Lon-dra per trasportarli a Nuova York, egli mormorò, tra isospiri:— Vedrete che quell'orso ci darà qualche grossa noia…La miss non si degnò neanche di rispondergli.Ma ella dovette accorgersi della giustezza dei presenti-

214

menti di Romeo non appena si trovò dinanzi al Re delleAringhe che era un uomo più ruvido, più imperioso, piùostinato e più forte di lei.Egli non volle ascoltare nulla. Prevenuto telegrafica-mente dal capitano dell'Abramo Lincoln di quel che erasuccesso, mister Flessing aveva già steso il suo piano diazione, non molto complicato, a dire il vero.— Voi avete due sole vie d'uscita – egli spiegò ai suoiospiti: – O mi rendete il canotto con l'orso, o io vi faccioarrestare…La miss voleva insistere su la questione dello pterodatti-lo. Ma l'altro, cocciuto, ripetè:— O il canotto con l'orso o la prigione…E Romeo e la terribile virago inglese, non avendo né ilcanotto né l'orso, finirono in prigione. Invano la miss of-frì una somma favolosa come indennizzo. Bisognòaspettare che la pigra nave che portava l'orso e il canottoa rimorchio arrivasse a Nuova York. Frattanto il velocis-simo yacht del Re delle Aringhe aveva sbarcato l'ottavameraviglia del mondo: e tutta Nuova York stupefatta ecommossa aveva assistito al solenne trasporto del gran-de uccello primordiale che andava ad arricchire il Giar-dino Zoologico del più fortunato miliardario dell'Unio-ne.Da quel giorno, le azioni del Re delle Aringhe salironoal cielo. I suoi miliardi si moltiplicarono. Gli altri mi-liardari erano schiacciati.

215

menti di Romeo non appena si trovò dinanzi al Re delleAringhe che era un uomo più ruvido, più imperioso, piùostinato e più forte di lei.Egli non volle ascoltare nulla. Prevenuto telegrafica-mente dal capitano dell'Abramo Lincoln di quel che erasuccesso, mister Flessing aveva già steso il suo piano diazione, non molto complicato, a dire il vero.— Voi avete due sole vie d'uscita – egli spiegò ai suoiospiti: – O mi rendete il canotto con l'orso, o io vi faccioarrestare…La miss voleva insistere su la questione dello pterodatti-lo. Ma l'altro, cocciuto, ripetè:— O il canotto con l'orso o la prigione…E Romeo e la terribile virago inglese, non avendo né ilcanotto né l'orso, finirono in prigione. Invano la miss of-frì una somma favolosa come indennizzo. Bisognòaspettare che la pigra nave che portava l'orso e il canottoa rimorchio arrivasse a Nuova York. Frattanto il velocis-simo yacht del Re delle Aringhe aveva sbarcato l'ottavameraviglia del mondo: e tutta Nuova York stupefatta ecommossa aveva assistito al solenne trasporto del gran-de uccello primordiale che andava ad arricchire il Giar-dino Zoologico del più fortunato miliardario dell'Unio-ne.Da quel giorno, le azioni del Re delle Aringhe salironoal cielo. I suoi miliardi si moltiplicarono. Gli altri mi-liardari erano schiacciati.

215

Egli solo, James Flessing, era riuscito a sbalordirel'America. Egli solo aveva offerto agli occhi dei suoiconcittadini la vista di uno pterodattilo!Il Re del Petrolio e il Re del Lucido per le scarpe tenta-rono di riguadagnare il favore del pubblico promettendosul New York Herald di trovare e di regalare al Museodella Metropoli un dinosauro… Ma nessuno abboccò. Eil Re delle Aringhe espresse argutamente il proprio pen-siero in proposito, il giorno dopo, facendo girare perNuova York lo pterodattilo incatenato sopra un carrotrionfale che portava la seguente scritta in lettere im-mense: “Meglio uno pterodattilo oggi che un dinosaurodomani…”.Tutta l'America fu scossa da un grande impeto di gio-condità.

216

Egli solo, James Flessing, era riuscito a sbalordirel'America. Egli solo aveva offerto agli occhi dei suoiconcittadini la vista di uno pterodattilo!Il Re del Petrolio e il Re del Lucido per le scarpe tenta-rono di riguadagnare il favore del pubblico promettendosul New York Herald di trovare e di regalare al Museodella Metropoli un dinosauro… Ma nessuno abboccò. Eil Re delle Aringhe espresse argutamente il proprio pen-siero in proposito, il giorno dopo, facendo girare perNuova York lo pterodattilo incatenato sopra un carrotrionfale che portava la seguente scritta in lettere im-mense: “Meglio uno pterodattilo oggi che un dinosaurodomani…”.Tutta l'America fu scossa da un grande impeto di gio-condità.

216

XIXLA NAVE DEI MORTI

Quel che accadde dopo, Romeo Gualandi lo ricordacome in sogno. Uscito di prigione insieme con la fero-cissima inglese, egli dovè prender parte a una specie dicongiura per riconquistare lo pterodattilo: congiura affi-data all'astuzia e alla forza di una comitiva di vecchipellirosse del Far West che erano stati allora cacciati perindegnità da una delle innumerevoli società segrete delKu-Klux-Klan.I congiurati durante una notte fosca di tempesta, pene-trarono nel giardino zoologico del Re delle Aringhe e,dopo aver cloroformizzato i guardiani, rapirono l'anima-le preistorico insieme con una rarissima collezione discimmie antropomorfe che un emulo di Woronoff stavacercando per mare e per terra.Frattanto una grave questione diplomatica si svolgevatra gli uffici dell'Ambasciata italiana e inglese alla CasaBianca. L'Italia aveva protestato contro l'Inghilterra perl'aperta violazione dei diritti di un cittadino italiano per-petrata da una cittadina inglese: l'Inghilterra aveva pro-testato contro il Governo americano per la violazionedei diritti di una cittadina inglese perpetrata da un citta-dino dell'Unione.Il Governo americano aveva, a sua volta, avanzato una

217

XIXLA NAVE DEI MORTI

Quel che accadde dopo, Romeo Gualandi lo ricordacome in sogno. Uscito di prigione insieme con la fero-cissima inglese, egli dovè prender parte a una specie dicongiura per riconquistare lo pterodattilo: congiura affi-data all'astuzia e alla forza di una comitiva di vecchipellirosse del Far West che erano stati allora cacciati perindegnità da una delle innumerevoli società segrete delKu-Klux-Klan.I congiurati durante una notte fosca di tempesta, pene-trarono nel giardino zoologico del Re delle Aringhe e,dopo aver cloroformizzato i guardiani, rapirono l'anima-le preistorico insieme con una rarissima collezione discimmie antropomorfe che un emulo di Woronoff stavacercando per mare e per terra.Frattanto una grave questione diplomatica si svolgevatra gli uffici dell'Ambasciata italiana e inglese alla CasaBianca. L'Italia aveva protestato contro l'Inghilterra perl'aperta violazione dei diritti di un cittadino italiano per-petrata da una cittadina inglese: l'Inghilterra aveva pro-testato contro il Governo americano per la violazionedei diritti di una cittadina inglese perpetrata da un citta-dino dell'Unione.Il Governo americano aveva, a sua volta, avanzato una

217

nota di rammarico all'Italia e all'Inghilterra per la viola-zione dei diritti di un cittadino americano perpetrati daun suddito italiano e da una suddita inglese. I Governieuropei avevano, di rimando, presentata altra nota di la-gnanza per rivendicare i diritti dei loro rispettivi sudditie a poco a poco mescolandosi il curioso incidente con laben più grave questione dei debiti interalleati, si videl'atmosfera intorbidarsi sopra l'Atlantico. Anche la Fran-cia che non entrava direttamente nell'affare fu costrettaa dir la sua, non foss'altro per difendere il franco rispettoal dollaro. L'Inghilterra, vista la mala parata, strinse ilnodo delle relazioni amichevoli col Giappone che co-minciò a mostrare i denti agli Americani, richiedendoun trattamento di favore per i commercianti giapponesicostretti a trafficare sulle coste americane. Di qui a riac-cendere il vecchio litigio sugli armamenti navali degliStati Uniti nel Pacifico c'era un passo solo.Il re del Belgio per metter fine al conflitto intervenneproponendo alle parti di richiedere il giudizio della So-cietà delle Nazioni: ma il Presidente dell'Unione risposeche l'America non aveva niente da spartire con la Socie-tà in parola, e che, pur rispettando le idee e i princìpiumanitari che la ispiravano non avrebbe mai accettatoun suo qualsiasi giudizio sopra una vertenza che toccavadirettamente gli interessi di un cittadino americano.Questa fiera risposta che ribadiva il concetto ormai dif-fuso nel mondo civile della immensa utilità della Socie-tà delle Nazioni, gettò nello scompiglio i popoli di qua e

218

nota di rammarico all'Italia e all'Inghilterra per la viola-zione dei diritti di un cittadino americano perpetrati daun suddito italiano e da una suddita inglese. I Governieuropei avevano, di rimando, presentata altra nota di la-gnanza per rivendicare i diritti dei loro rispettivi sudditie a poco a poco mescolandosi il curioso incidente con laben più grave questione dei debiti interalleati, si videl'atmosfera intorbidarsi sopra l'Atlantico. Anche la Fran-cia che non entrava direttamente nell'affare fu costrettaa dir la sua, non foss'altro per difendere il franco rispettoal dollaro. L'Inghilterra, vista la mala parata, strinse ilnodo delle relazioni amichevoli col Giappone che co-minciò a mostrare i denti agli Americani, richiedendoun trattamento di favore per i commercianti giapponesicostretti a trafficare sulle coste americane. Di qui a riac-cendere il vecchio litigio sugli armamenti navali degliStati Uniti nel Pacifico c'era un passo solo.Il re del Belgio per metter fine al conflitto intervenneproponendo alle parti di richiedere il giudizio della So-cietà delle Nazioni: ma il Presidente dell'Unione risposeche l'America non aveva niente da spartire con la Socie-tà in parola, e che, pur rispettando le idee e i princìpiumanitari che la ispiravano non avrebbe mai accettatoun suo qualsiasi giudizio sopra una vertenza che toccavadirettamente gli interessi di un cittadino americano.Questa fiera risposta che ribadiva il concetto ormai dif-fuso nel mondo civile della immensa utilità della Socie-tà delle Nazioni, gettò nello scompiglio i popoli di qua e

218

di là dall'Atlantico.I cantieri navali, le officine metallurgiche in Europa e inAmerica ricominciarono i loro lavori febbrili, con gran-de vantaggio dei banchieri e degli speculatori interna-zionali.Venne un giorno in cui il premier inglese in una memo-rabile seduta alla Camera dei Comuni ebbe a fare questesolenni dichiarazioni, confidate ormai alla storia:“Sarebbe forse inopportuno il dire che i nostri rapporticon l'America siano diversi da quelli che ordinariamenteintercorrono fra i nostri Governi. Si afferma che la no-stra amicizia sembra traversare un periodo di stasi, men-tre l'orizzonte è invaso dalla bruma tanto temuta dai na-vigatori del nord. Ma noi non abbiamo nessun motivoper giudicare che fra breve il sole non diraderà questebrume. Sarà bene tuttavia tenerci preparati al caso, dav-vero improbabile, che le nubi dovessero addensarsi. Adogni modo, noi terremo conto delle osservazioni dei si-gnori deputati, senza nascondere che certi argomentisono sempre meglio trattati e discussi in seno al Gover-no”.Data la proverbiale cautela e la dignitosa riservatezza ditutti i discorsi politici inglesi, questo apparve se non de-cisivo, minaccioso anche ai più ostinati ottimisti dellecinque parti del mondo. Una guerra, una nuova guerra,era dunque alle viste.E perché?

219

di là dall'Atlantico.I cantieri navali, le officine metallurgiche in Europa e inAmerica ricominciarono i loro lavori febbrili, con gran-de vantaggio dei banchieri e degli speculatori interna-zionali.Venne un giorno in cui il premier inglese in una memo-rabile seduta alla Camera dei Comuni ebbe a fare questesolenni dichiarazioni, confidate ormai alla storia:“Sarebbe forse inopportuno il dire che i nostri rapporticon l'America siano diversi da quelli che ordinariamenteintercorrono fra i nostri Governi. Si afferma che la no-stra amicizia sembra traversare un periodo di stasi, men-tre l'orizzonte è invaso dalla bruma tanto temuta dai na-vigatori del nord. Ma noi non abbiamo nessun motivoper giudicare che fra breve il sole non diraderà questebrume. Sarà bene tuttavia tenerci preparati al caso, dav-vero improbabile, che le nubi dovessero addensarsi. Adogni modo, noi terremo conto delle osservazioni dei si-gnori deputati, senza nascondere che certi argomentisono sempre meglio trattati e discussi in seno al Gover-no”.Data la proverbiale cautela e la dignitosa riservatezza ditutti i discorsi politici inglesi, questo apparve se non de-cisivo, minaccioso anche ai più ostinati ottimisti dellecinque parti del mondo. Una guerra, una nuova guerra,era dunque alle viste.E perché?

219

Perché seguendo l'impulso sconsiderato della propriapassione scientifica, qualche mese avanti il sindaco diun paese dell'Amiata aveva avuto l'inesplicabile corag-gio di far dischiudere un uovo di pterodattilo!

* * *

Il quale pterodattilo, adesso, si trovava nascosto nel ca-pace ventre di una nave rapidissima, vicina a salpare,non appena completato il suo carico di scatole di salmo-ne e di casse da morto. Molti trafficanti cinesi venuti aSan Francisco come coolies, dopo aver fatto fortuna interra americana ed essere morti in grazia di Budda, ritor-navano così, dentro comode ed elegantissime bare, allapatria diletta.Una popolazione di familiari e di servi dovevano ac-compagnare i morti nel Celeste Impero. Non sarebbestato un viaggio molto gaio, quello: ma la spaventevoleinglese non aveva trovato niente di meglio nel porto diSan Francisco. Aspettare la partenza di un piroscafo po-stale mentre il Re delle Aringhe metteva a soqquadrol'America per ritrovare lo pterodattilo e i suoi custodi,sarebbe stata un'imperdonabile follia.Noleggiare navi di trasporto lente e in cattivo arnese sa-rebbe stato anche peggio. La nave dei morti, nonostanteil suo lugubre carico, aveva un bel nome: Butterfly, e poile sue macchine a turbina modernissima promettevanola ragguardevole velocità di ventisette nodi l'ora.

220

Perché seguendo l'impulso sconsiderato della propriapassione scientifica, qualche mese avanti il sindaco diun paese dell'Amiata aveva avuto l'inesplicabile corag-gio di far dischiudere un uovo di pterodattilo!

* * *

Il quale pterodattilo, adesso, si trovava nascosto nel ca-pace ventre di una nave rapidissima, vicina a salpare,non appena completato il suo carico di scatole di salmo-ne e di casse da morto. Molti trafficanti cinesi venuti aSan Francisco come coolies, dopo aver fatto fortuna interra americana ed essere morti in grazia di Budda, ritor-navano così, dentro comode ed elegantissime bare, allapatria diletta.Una popolazione di familiari e di servi dovevano ac-compagnare i morti nel Celeste Impero. Non sarebbestato un viaggio molto gaio, quello: ma la spaventevoleinglese non aveva trovato niente di meglio nel porto diSan Francisco. Aspettare la partenza di un piroscafo po-stale mentre il Re delle Aringhe metteva a soqquadrol'America per ritrovare lo pterodattilo e i suoi custodi,sarebbe stata un'imperdonabile follia.Noleggiare navi di trasporto lente e in cattivo arnese sa-rebbe stato anche peggio. La nave dei morti, nonostanteil suo lugubre carico, aveva un bel nome: Butterfly, e poile sue macchine a turbina modernissima promettevanola ragguardevole velocità di ventisette nodi l'ora.

220

Accadde però che sul punto di salpare, il Re delle Arin-ghe arrivasse tutto ansante sulla banchina: e guidato dauna squadra di poliziotti dilettanti, egli si precipitasse abordo.Quel che seguì, Romeo Gualandi non riuscì mai a spie-gare perché a scanso di dolorose complicazioni egli siera prudentemente ritirato e… sbarrato nella sua cabina.Fatto sta che la Butterfly, mentre la miss era alle presecol grande miliardario, levò l'ancora e uscì dal porto.In alto mare le parti contendenti si abbandonarono ad unlavorio costoso e drammatico: quello di comprare il ca-pitano e l'equipaggio della nave per conseguire, ciascu-no per proprio conto, la vittoria finale. Il Re delle Arin-ghe offriva alcune decine di migliaia di dollari perché lanave tornasse indietro: la tremenda miss offriva migliaiadi sterline perché la nave seguitasse la sua rotta. Il capi-tano della Butterfly, che era stato un accorto pirata nellasua fiorente e disonesta giovinezza si sentì, a poco apoco, riprendere dalla nostalgia del passato, e delle anti-che consuetudini.Quella fantasmagoria di dollari e di sterline gli mettevale vertigini. Già il Re delle Aringhe era arrivato a cin-quantamila dollari e la miss a diecimila sterline. E l'anti-co pirata pensò, saggiamente, che da persone così coc-ciute c'era da ricavare un beneficio maggiore. Finse al-lora di essere colto da alcuni scrupoli di coscienza.L'americano schiumando per la rabbia offrì sessantamiladollari. Poiché la miss mezzo soffocata tentava invano

221

Accadde però che sul punto di salpare, il Re delle Arin-ghe arrivasse tutto ansante sulla banchina: e guidato dauna squadra di poliziotti dilettanti, egli si precipitasse abordo.Quel che seguì, Romeo Gualandi non riuscì mai a spie-gare perché a scanso di dolorose complicazioni egli siera prudentemente ritirato e… sbarrato nella sua cabina.Fatto sta che la Butterfly, mentre la miss era alle presecol grande miliardario, levò l'ancora e uscì dal porto.In alto mare le parti contendenti si abbandonarono ad unlavorio costoso e drammatico: quello di comprare il ca-pitano e l'equipaggio della nave per conseguire, ciascu-no per proprio conto, la vittoria finale. Il Re delle Arin-ghe offriva alcune decine di migliaia di dollari perché lanave tornasse indietro: la tremenda miss offriva migliaiadi sterline perché la nave seguitasse la sua rotta. Il capi-tano della Butterfly, che era stato un accorto pirata nellasua fiorente e disonesta giovinezza si sentì, a poco apoco, riprendere dalla nostalgia del passato, e delle anti-che consuetudini.Quella fantasmagoria di dollari e di sterline gli mettevale vertigini. Già il Re delle Aringhe era arrivato a cin-quantamila dollari e la miss a diecimila sterline. E l'anti-co pirata pensò, saggiamente, che da persone così coc-ciute c'era da ricavare un beneficio maggiore. Finse al-lora di essere colto da alcuni scrupoli di coscienza.L'americano schiumando per la rabbia offrì sessantamiladollari. Poiché la miss mezzo soffocata tentava invano

221

di controbattere l'offerta, il Re delle Aringhe si credettesicuro del proprio trionfo. Il capitano della Butterfly, congrandi sospiri, fingendo di compiere un grave sacrificio,dette ordine ai suoi uomini di virare di bordo e di mette-re nuovamente la prua su San Francisco. E intanto steseuna regolare ricevuta di sessantamila dollari, mentre ilRe delle Aringhe, a sua volta, firmava uno chéque per lasomma convenuta… Ma a questo punto, sventuratamen-te, si guastarono le macchine della Butterfly. Cosa nongrave, ma che richiedeva molte ore di lavoro. Durante lanotte fu un martellare continuo nel ventre della nave eun succedersi di prove e di contro prove. All'alba, chia-mato radiotelegraficamente venne un pontone da SanFrancisco con macchine, operai e utensili. E mentre ilRe delle Aringhe cercava di acquietare la smania beven-do fiumi di birra forte, la virago inglese si dibatteva frale crisi di rabbia, e Romeo Gualandi scriveva gli appuntidi queste avventure straordinarie. Il lavoro continuò piùaccanito e più fervido: ma ci volle tutto il giorno, e partedella notte successiva, avanti che le turbine della Butter-fly riprendessero il loro moto vertiginoso…

* * *

Prima del levar del sole, grazie alla divina provvidenza,la nave potè attraccare a una banchina del porto di SanFrancisco: e il capitano ossequioso indicò al Re delleAringhe e ai suoi poliziotti la scaletta per discendere aterra. Il miliardario, insospettito domandò:

222

di controbattere l'offerta, il Re delle Aringhe si credettesicuro del proprio trionfo. Il capitano della Butterfly, congrandi sospiri, fingendo di compiere un grave sacrificio,dette ordine ai suoi uomini di virare di bordo e di mette-re nuovamente la prua su San Francisco. E intanto steseuna regolare ricevuta di sessantamila dollari, mentre ilRe delle Aringhe, a sua volta, firmava uno chéque per lasomma convenuta… Ma a questo punto, sventuratamen-te, si guastarono le macchine della Butterfly. Cosa nongrave, ma che richiedeva molte ore di lavoro. Durante lanotte fu un martellare continuo nel ventre della nave eun succedersi di prove e di contro prove. All'alba, chia-mato radiotelegraficamente venne un pontone da SanFrancisco con macchine, operai e utensili. E mentre ilRe delle Aringhe cercava di acquietare la smania beven-do fiumi di birra forte, la virago inglese si dibatteva frale crisi di rabbia, e Romeo Gualandi scriveva gli appuntidi queste avventure straordinarie. Il lavoro continuò piùaccanito e più fervido: ma ci volle tutto il giorno, e partedella notte successiva, avanti che le turbine della Butter-fly riprendessero il loro moto vertiginoso…

* * *

Prima del levar del sole, grazie alla divina provvidenza,la nave potè attraccare a una banchina del porto di SanFrancisco: e il capitano ossequioso indicò al Re delleAringhe e ai suoi poliziotti la scaletta per discendere aterra. Il miliardario, insospettito domandò:

222

— Dov'è l'animale antidiluviano?Il capitano si strinse nelle spalle. Il Re delle Aringhe in-sistè.L'altro continuò a fare l'indiano. Allora il miliardariochiese di parlare con la sua competitrice, la gigantescamiss inglese.Ma, per un caso inesplicabile, la miss non si trovava piùa bordo, e neanche il suo compagno di viaggio italiano,e neanche lo pterodattilo.— Ma dove li avete messi? – ruggiva il Re delle Arin-ghe, rivolto al capitano, il quale fingeva la più olimpicaindifferenza.— Mister – dichiarò alla fine l'ottimo pirata, levandodall'ampia tasca il cronometro d'oro – sono le cinque delmattino: voi potrete fino alle dieci frugare ogni riposti-glio della mia nave. Verificherete, dopo tanto lavoro,che io non ho nella stiva nessun animale antidiluviano:ma solo casse da morto. Alle dieci del mattino, con miosommo dispiacere, sarò costretto a pregarvi di scenderea terra, poiché io riprenderò il mio viaggio…Alle dieci, naturalmente, le ricerche minuziose ed acca-nite del Re delle Aringhe e dei suoi poliziotti non eranoapprodate a nulla. E il miliardario, pur minacciando tuo-ni e fulmini, dovette rassegnarsi a scendere. Alle dieci edieci minuti, fischiando allegramente, la Butterfly ripi-gliava la sua rotta verso l'Asia. E prima di sera, in altomare, passò vicino al pontone, che l'aspettava, dondo-

223

— Dov'è l'animale antidiluviano?Il capitano si strinse nelle spalle. Il Re delle Aringhe in-sistè.L'altro continuò a fare l'indiano. Allora il miliardariochiese di parlare con la sua competitrice, la gigantescamiss inglese.Ma, per un caso inesplicabile, la miss non si trovava piùa bordo, e neanche il suo compagno di viaggio italiano,e neanche lo pterodattilo.— Ma dove li avete messi? – ruggiva il Re delle Arin-ghe, rivolto al capitano, il quale fingeva la più olimpicaindifferenza.— Mister – dichiarò alla fine l'ottimo pirata, levandodall'ampia tasca il cronometro d'oro – sono le cinque delmattino: voi potrete fino alle dieci frugare ogni riposti-glio della mia nave. Verificherete, dopo tanto lavoro,che io non ho nella stiva nessun animale antidiluviano:ma solo casse da morto. Alle dieci del mattino, con miosommo dispiacere, sarò costretto a pregarvi di scenderea terra, poiché io riprenderò il mio viaggio…Alle dieci, naturalmente, le ricerche minuziose ed acca-nite del Re delle Aringhe e dei suoi poliziotti non eranoapprodate a nulla. E il miliardario, pur minacciando tuo-ni e fulmini, dovette rassegnarsi a scendere. Alle dieci edieci minuti, fischiando allegramente, la Butterfly ripi-gliava la sua rotta verso l'Asia. E prima di sera, in altomare, passò vicino al pontone, che l'aspettava, dondo-

223

landosi su le acque chete: si fermò per far risalire a bor-do… la miss inglese, Romeo Gualandi e lo pterodattilo,e continuò il viaggio senza altri incidenti. Il capitano,con quel piccolo stratagemma, aveva guadagnato ses-santamila dollari dal Re delle Aringhe, e dodicimilasterline dalla miss!— Se io non vi facevo scendere nel pontone con il vo-stro orrendo pellicano – spiegò poi l'integerrimo corsa-ro, per placare le ire della virago – voi avreste avuto tut-te le noie possibili, perché il Re delle Aringhe nonscherza. E certamente vi avrebbe ritolto il pellicano. In-vece voi siete 'spariti' dalla mia nave, e io ho potuto di-mostrare al signor Flessing che il pellicano esisteva solonella sua fantasia.— Yes! – fece la virago, aggrottando le ciglia – avete in-gannato il Re delle Aringhe. Molto bene! Ma avete gua-dagnato ventiquattromila sterline…— Incerti del mestiere! – e il buon pirata sorrise bona-riamente – in compenso il vostro pellicano è salvo!— Vi proibisco di chiamarlo pellicano! è un uccellostraordinario che ha almeno duecento secoli!— E non l'avete ancora fatto imbalsamare? – concluse ilcapitano uscendo in una gran risata.

224

landosi su le acque chete: si fermò per far risalire a bor-do… la miss inglese, Romeo Gualandi e lo pterodattilo,e continuò il viaggio senza altri incidenti. Il capitano,con quel piccolo stratagemma, aveva guadagnato ses-santamila dollari dal Re delle Aringhe, e dodicimilasterline dalla miss!— Se io non vi facevo scendere nel pontone con il vo-stro orrendo pellicano – spiegò poi l'integerrimo corsa-ro, per placare le ire della virago – voi avreste avuto tut-te le noie possibili, perché il Re delle Aringhe nonscherza. E certamente vi avrebbe ritolto il pellicano. In-vece voi siete 'spariti' dalla mia nave, e io ho potuto di-mostrare al signor Flessing che il pellicano esisteva solonella sua fantasia.— Yes! – fece la virago, aggrottando le ciglia – avete in-gannato il Re delle Aringhe. Molto bene! Ma avete gua-dagnato ventiquattromila sterline…— Incerti del mestiere! – e il buon pirata sorrise bona-riamente – in compenso il vostro pellicano è salvo!— Vi proibisco di chiamarlo pellicano! è un uccellostraordinario che ha almeno duecento secoli!— E non l'avete ancora fatto imbalsamare? – concluse ilcapitano uscendo in una gran risata.

224

XXTUTTO PER PIRI-PIRI

Ma il viaggio su la nave carica di bare non si svolsetroppo tranquillamente. A metà del viaggio, una terribileburrasca che terminò in un ciclone mise a dura prova lequalità nautiche della Butterfly e fece allibire di terroretutti i passeggeri, i quali credettero ad un certo punto didover morire tra i vortici spaventevoli del mare furibon-do. Placata la tempesta degli elementi, si scatenò la tem-pesta degli uomini. I cinesi minacciarono una rivolta:perché essi dicevano che l'orrendo pericolo trascorso erastato soltanto un avvertimento degli Dei, sdegnati controdi loro, e che tra poco si sarebbero veduti più chiari edefinitivi i segni della collera celeste. Il capitano non ca-piva. E i cinesi si spiegarono. Avveniva a bordo un infa-me sacrilegio: le ombre implacate dei mandarini morti siagitavano nella stiva, invocando la vendetta di Budda edi tutti i trecentotrenta milioni di dei della Cina. Perchénella stiva vicino alle sacre bare, i bianchi osavano tene-re chiuso in una gabbia un grande spirito maligno sottoforma di uccello!Il capitano si grattò furiosamente la zucca. Poi mandò achiamare la virago inglese e lo scienziato italiano. Nonc'era da scherzare. Se quei maledetti cinesi si intestava-no, bisognava contentarli e buttare in mare il ‘pellica-

225

XXTUTTO PER PIRI-PIRI

Ma il viaggio su la nave carica di bare non si svolsetroppo tranquillamente. A metà del viaggio, una terribileburrasca che terminò in un ciclone mise a dura prova lequalità nautiche della Butterfly e fece allibire di terroretutti i passeggeri, i quali credettero ad un certo punto didover morire tra i vortici spaventevoli del mare furibon-do. Placata la tempesta degli elementi, si scatenò la tem-pesta degli uomini. I cinesi minacciarono una rivolta:perché essi dicevano che l'orrendo pericolo trascorso erastato soltanto un avvertimento degli Dei, sdegnati controdi loro, e che tra poco si sarebbero veduti più chiari edefinitivi i segni della collera celeste. Il capitano non ca-piva. E i cinesi si spiegarono. Avveniva a bordo un infa-me sacrilegio: le ombre implacate dei mandarini morti siagitavano nella stiva, invocando la vendetta di Budda edi tutti i trecentotrenta milioni di dei della Cina. Perchénella stiva vicino alle sacre bare, i bianchi osavano tene-re chiuso in una gabbia un grande spirito maligno sottoforma di uccello!Il capitano si grattò furiosamente la zucca. Poi mandò achiamare la virago inglese e lo scienziato italiano. Nonc'era da scherzare. Se quei maledetti cinesi si intestava-no, bisognava contentarli e buttare in mare il ‘pellica-

225

no’. Poiché diversamente, i cinesi eran capaci di buttarea mare loro. Eran più di cento, e tutti pezzi di diavolinerboruti e svelti. L'equipaggio della Butterfly contavaappena diciotto uomini, compreso il cuoco, che era ilpiù pauroso e flebile cuoco delle cinque parti del mon-do.Invano la miss tentò di lottare, di difendere il suo ptero-dattilo. Il capitano, quando si trattava della pelle, nonamava discutere.— Mi dispiace – dichiarò, dopo una lunga discussionecon i suoi passeggeri – ma se domattina questi ignobilicinesi non cambiano idea, io sarò costretto ad aprire lagabbia al 'pellicano'.— Voi non farete questo! – urlò la miss, al colmo del fu-rore.— Sì, farò questo e anche peggio, per evitare una trage-dia a bordo!Il giorno dopo, i cinesi mandarono una deputazione dalcapitano per implorare la liberazione dello spirito mali-gno. Le bare durante la notte si erano aperte e ne eranousciti gli spiriti dei defunti, che avevano minacciato ladistruzione della nave sacrilega. Non c'era da perdertempo…E l'ottimo corsaro, dopo aver fatto chiudere in cabina lavirago, diede ordine di issare la gabbia dello pterodattilosul ponte, per poi dar la via al lugubre uccello.

226

no’. Poiché diversamente, i cinesi eran capaci di buttarea mare loro. Eran più di cento, e tutti pezzi di diavolinerboruti e svelti. L'equipaggio della Butterfly contavaappena diciotto uomini, compreso il cuoco, che era ilpiù pauroso e flebile cuoco delle cinque parti del mon-do.Invano la miss tentò di lottare, di difendere il suo ptero-dattilo. Il capitano, quando si trattava della pelle, nonamava discutere.— Mi dispiace – dichiarò, dopo una lunga discussionecon i suoi passeggeri – ma se domattina questi ignobilicinesi non cambiano idea, io sarò costretto ad aprire lagabbia al 'pellicano'.— Voi non farete questo! – urlò la miss, al colmo del fu-rore.— Sì, farò questo e anche peggio, per evitare una trage-dia a bordo!Il giorno dopo, i cinesi mandarono una deputazione dalcapitano per implorare la liberazione dello spirito mali-gno. Le bare durante la notte si erano aperte e ne eranousciti gli spiriti dei defunti, che avevano minacciato ladistruzione della nave sacrilega. Non c'era da perdertempo…E l'ottimo corsaro, dopo aver fatto chiudere in cabina lavirago, diede ordine di issare la gabbia dello pterodattilosul ponte, per poi dar la via al lugubre uccello.

226

Così, Piri-Piri fu libero.Ma invece di fuggire per l'ampia distesa del mare, Piri-Piri lanciò un grido lacerante e spiccò il goffo volo ver-so una nave che appariva a breve distanza.Il capitano della Butterfly respirò. I cinesi respirarono.Le ombre indignate dei mandarini rientrarono placida-mente nelle loro casse. Lo spirito maligno aveva lascia-to la nave!

* * *

Anche la miss e il travagliatissimo Romeo lasciarono laButterfly e si fecero raccogliere a bordo del battello sucui si era posato Piri-Piri. Il battello batteva bandiera in-glese e andava a Shangai.A bordo, la miss inglese presentò a Romeo un conto dispese che ammontava a più di ventottomila sterline. Tut-te spese, spiegò la virago, sostenute per Piri-Piri: viaggi,noleggi, riparazioni, mance, carte bollate, conti di alber-go, ecc.. Romeo timidamente osservò che egli non ave-va punto autorizzato quelle spese: che per evitarle, sa-rebbe bastato di non ostinarsi a volergli contendere laproprietà di Piri-Piri. Egli avrebbe ritrovato il suo ptero-dattilo con mezzi più economici, e lo avrebbe riportatosano e salvo a casa…A Shangai, lo pterodattilo fuggì ancora. L'inseguimentosi svolse lungo lo Yang-tze-kiang, sopra una giunca avapore, con una serie di avvenimenti ora comici ora

227

Così, Piri-Piri fu libero.Ma invece di fuggire per l'ampia distesa del mare, Piri-Piri lanciò un grido lacerante e spiccò il goffo volo ver-so una nave che appariva a breve distanza.Il capitano della Butterfly respirò. I cinesi respirarono.Le ombre indignate dei mandarini rientrarono placida-mente nelle loro casse. Lo spirito maligno aveva lascia-to la nave!

* * *

Anche la miss e il travagliatissimo Romeo lasciarono laButterfly e si fecero raccogliere a bordo del battello sucui si era posato Piri-Piri. Il battello batteva bandiera in-glese e andava a Shangai.A bordo, la miss inglese presentò a Romeo un conto dispese che ammontava a più di ventottomila sterline. Tut-te spese, spiegò la virago, sostenute per Piri-Piri: viaggi,noleggi, riparazioni, mance, carte bollate, conti di alber-go, ecc.. Romeo timidamente osservò che egli non ave-va punto autorizzato quelle spese: che per evitarle, sa-rebbe bastato di non ostinarsi a volergli contendere laproprietà di Piri-Piri. Egli avrebbe ritrovato il suo ptero-dattilo con mezzi più economici, e lo avrebbe riportatosano e salvo a casa…A Shangai, lo pterodattilo fuggì ancora. L'inseguimentosi svolse lungo lo Yang-tze-kiang, sopra una giunca avapore, con una serie di avvenimenti ora comici ora

227

paurosi. Ma la bestia diabolica fu ripresa ad Hanku; echiusa definitivamente in una gabbia di ferro.Inutile narrare le difficoltà e i disagi di un viaggio, com-piuto con mezzi di trasporto primordiali, fino nella peni-sola indiana. Romeo, quasi per uno sfogo dell'anima, in-viava ad ogni fermata radiogrammi drammatici alla si-gnora Flavia, supplicandola di pregare per lui, che tra-versava le ore più angosciose della sua vita…Ma la serie delle avventure non si chiudeva. A Calcutta,mentre stava per imbarcarsi, insieme colla sua cordialenemica, ebbe la straordinaria sorpresa di incontrare, sulmolo… il grande esploratore Michele Orcagna, seguitoda Bubi e da Crostino!Michele Orcagna aveva compiuto un grande viaggio inOceania e ora si preparava a una audace esplorazionenelle regioni malconosciute del Tibet. Voleva dimentica-re il suo amore, a forza di fatiche e di colpi di sole. Mapurtroppo, l'immagine sorridente della principessa Nazlilo perseguitava ancora!Immaginate come rimase quando Romeo Gualandi,dopo avergli sommariamente raccontato le sue disgra-zie, gli fece leggere un telegramma della signora Flavia,arrivato proprio il giorno del suo arrivo a Calcutta:

Qui vita impossibile. Ritorna più presto che puoi: tuttoperdonato. Necessaria tua presenza anche per convin-cere principessa Nazli rinunciare interminabile attesa

228

paurosi. Ma la bestia diabolica fu ripresa ad Hanku; echiusa definitivamente in una gabbia di ferro.Inutile narrare le difficoltà e i disagi di un viaggio, com-piuto con mezzi di trasporto primordiali, fino nella peni-sola indiana. Romeo, quasi per uno sfogo dell'anima, in-viava ad ogni fermata radiogrammi drammatici alla si-gnora Flavia, supplicandola di pregare per lui, che tra-versava le ore più angosciose della sua vita…Ma la serie delle avventure non si chiudeva. A Calcutta,mentre stava per imbarcarsi, insieme colla sua cordialenemica, ebbe la straordinaria sorpresa di incontrare, sulmolo… il grande esploratore Michele Orcagna, seguitoda Bubi e da Crostino!Michele Orcagna aveva compiuto un grande viaggio inOceania e ora si preparava a una audace esplorazionenelle regioni malconosciute del Tibet. Voleva dimentica-re il suo amore, a forza di fatiche e di colpi di sole. Mapurtroppo, l'immagine sorridente della principessa Nazlilo perseguitava ancora!Immaginate come rimase quando Romeo Gualandi,dopo avergli sommariamente raccontato le sue disgra-zie, gli fece leggere un telegramma della signora Flavia,arrivato proprio il giorno del suo arrivo a Calcutta:

Qui vita impossibile. Ritorna più presto che puoi: tuttoperdonato. Necessaria tua presenza anche per convin-cere principessa Nazli rinunciare interminabile attesa

228

viaggiatore Michele Orcagna… Amici compreso DonLorenzo ti scongiurano abbandonare uccello malaugu-rio suo destino…

Michele lesse tre o quattro volte il radiogramma, impal-lidì, arrossì, poi si abbandonò fra le braccia del fedelis-simo Bubi, che teneva sempre per mano l'incomparabileCrostino.— La principessa… è in casa tua! – rantolò alla fine,fissando con occhi spiritati Romeo Gualandi – e non midicevi nulla!…— Ma quando avrei dovuto dirtelo? – domandò il sinda-co della Roccalbegna in tono patetico – se ti ho incon-trato adesso…— E mi aspetta! mi aspetta, la principessa! nella tua vil-la!Michele parve riprendere a un tratto l'usata energia.— Sta bene – disse, stirando le gambe come dovesseprepararsi ad una partita di boxe. – Si vede che la prov-videnza ci ha fatti incontrare! Non perdiamo tempo… Arivederci!— Ma dove vai?— Chi sa?Michele Orcagna si dileguò tra la folla, con il negro e lascimmia. E Romeo salì lemme lemme a bordo del piro-scafo, mentre la virago inglese cominciava a dar segni

229

viaggiatore Michele Orcagna… Amici compreso DonLorenzo ti scongiurano abbandonare uccello malaugu-rio suo destino…

Michele lesse tre o quattro volte il radiogramma, impal-lidì, arrossì, poi si abbandonò fra le braccia del fedelis-simo Bubi, che teneva sempre per mano l'incomparabileCrostino.— La principessa… è in casa tua! – rantolò alla fine,fissando con occhi spiritati Romeo Gualandi – e non midicevi nulla!…— Ma quando avrei dovuto dirtelo? – domandò il sinda-co della Roccalbegna in tono patetico – se ti ho incon-trato adesso…— E mi aspetta! mi aspetta, la principessa! nella tua vil-la!Michele parve riprendere a un tratto l'usata energia.— Sta bene – disse, stirando le gambe come dovesseprepararsi ad una partita di boxe. – Si vede che la prov-videnza ci ha fatti incontrare! Non perdiamo tempo… Arivederci!— Ma dove vai?— Chi sa?Michele Orcagna si dileguò tra la folla, con il negro e lascimmia. E Romeo salì lemme lemme a bordo del piro-scafo, mentre la virago inglese cominciava a dar segni

229

di feroce impazienza.Avrebbero dovuto salpare il giorno dopo per Porto Saide Alessandria, ma accadde che, nella notte, la gabbia diPiri-Piri sparì dalla stiva del battello; e la miss pazza difurore, impose allo sbigottito Romeo di scendere con leie di cominciare subito le più appassionate e faticose ri-cerche.Questa volta, anche Romeo rivolse un accidente di cuo-re al suo adorato Piri-Piri.

230

di feroce impazienza.Avrebbero dovuto salpare il giorno dopo per Porto Saide Alessandria, ma accadde che, nella notte, la gabbia diPiri-Piri sparì dalla stiva del battello; e la miss pazza difurore, impose allo sbigottito Romeo di scendere con leie di cominciare subito le più appassionate e faticose ri-cerche.Questa volta, anche Romeo rivolse un accidente di cuo-re al suo adorato Piri-Piri.

230

CONCLUSIONE

Prima che baluginasse il giorno, il farmacista Schianti, ildroghiere Bucalossi, e il magnano Golia, provvisti diarmi e di bagagli uscivano dalla Roccalbegna per andarverso la Triana a far strage di lepri e di starne. Dinanziai formidabili cacciatori saltellavano, uggiolando e la-trando, tre cani che costituivano l'orgoglio cinegeticodel paese. Far padella con quei cani eccezionali, eracosa impossibile. Almeno così diceva sempre il medicocondotto che li aveva comprati ad una esposizione cani-na, ed ora li prestava via via ai cacciatori dilettanti pur-ché questi promettessero di parteggiare con lui il lorobottino.Il farmacista, il droghiere e il magnano, che era poi ilbabbo di Scricciolo, marciavano di buon passo, con ilcuor leggero, fiduciosi nel fiuto infallibile e nella raffi-nata esperienza dei cani del dottore: e intanto cianciava-no di pappardelle su la lepre, di arrosti di tordi, di salmìdi beccacce ed altre cose da far venire l'acquolina inbocca.— Per me, se da qualche forteto vedo sbucare il musodel cignale, gli tiro, quant'è vero Iddio! – e il magnanoGolia, per dar forza al discorso, imbracciò il suo fucile.Bisogna sapere che il fucile, o meglio l'archibugio delmagnano era l'arma più straordinaria che si potesse im-

231

CONCLUSIONE

Prima che baluginasse il giorno, il farmacista Schianti, ildroghiere Bucalossi, e il magnano Golia, provvisti diarmi e di bagagli uscivano dalla Roccalbegna per andarverso la Triana a far strage di lepri e di starne. Dinanziai formidabili cacciatori saltellavano, uggiolando e la-trando, tre cani che costituivano l'orgoglio cinegeticodel paese. Far padella con quei cani eccezionali, eracosa impossibile. Almeno così diceva sempre il medicocondotto che li aveva comprati ad una esposizione cani-na, ed ora li prestava via via ai cacciatori dilettanti pur-ché questi promettessero di parteggiare con lui il lorobottino.Il farmacista, il droghiere e il magnano, che era poi ilbabbo di Scricciolo, marciavano di buon passo, con ilcuor leggero, fiduciosi nel fiuto infallibile e nella raffi-nata esperienza dei cani del dottore: e intanto cianciava-no di pappardelle su la lepre, di arrosti di tordi, di salmìdi beccacce ed altre cose da far venire l'acquolina inbocca.— Per me, se da qualche forteto vedo sbucare il musodel cignale, gli tiro, quant'è vero Iddio! – e il magnanoGolia, per dar forza al discorso, imbracciò il suo fucile.Bisogna sapere che il fucile, o meglio l'archibugio delmagnano era l'arma più straordinaria che si potesse im-

231

maginare: la enorme canna stava attaccata al calcio perun complicato sistema di fili di ferro e di piastrine di ot-tone: il congegno dello sparo simile a quelli delle armida fuoco primitive, con l'acciarino e l'esca, aveva subìtoinverosimili modificazioni, fino a conseguire l'aspetto diun tamburo per mitragliatrice… ma poiché le modifica-zioni a questa parte essenziale del fucile non erano ter-minate, il magnano seguitava a caricare l'arma dallacanna, per mezzo di un imbuto e di un palo di ferro. E cimetteva dentro ogni cosa: polvere, pallini, limatura diferro, schegge di vetro, sassolini, stoppacci di canapo,cenci, cicche di sigaro toscano: tantoché gli amici, quelfucile, lo chiamavano elegantemente l'immondezzaio.Quando Golia imbracciava il fucile, tutti si allontanava-no prudentemente: ché non c'era mai da sapere quel chepotesse succedere. Prima di tutto il magnano sbagliavasempre la mira. E poi!… altro che colpi di fucile! appe-na egli aveva, con uno sforzo titanico, abbassato il canedell'archibugio, una gran fiamma scaturiva dallo scodel-lino: e poi un tonfo orrendo squarciava le orecchie ditutti: e dalla bocca della terribile arma si scatenava unuragano!… Le erbe, le fronde, gli alberelli, tutto era fal-ciato da quelle scariche micidiali. Tutto, eccetto la sel-vaggina.Perché Golia si ostinasse a portare in giro quel mostruo-so congegno di distruzione, nessuno poté mai spiegare:neanche lui. Forse egli era affezionato a quell'avanzodelle brutalità umane di altri tempi: forse credeva di po-tere, in tal modo, assumere un aspetto più caratteristico

232

maginare: la enorme canna stava attaccata al calcio perun complicato sistema di fili di ferro e di piastrine di ot-tone: il congegno dello sparo simile a quelli delle armida fuoco primitive, con l'acciarino e l'esca, aveva subìtoinverosimili modificazioni, fino a conseguire l'aspetto diun tamburo per mitragliatrice… ma poiché le modifica-zioni a questa parte essenziale del fucile non erano ter-minate, il magnano seguitava a caricare l'arma dallacanna, per mezzo di un imbuto e di un palo di ferro. E cimetteva dentro ogni cosa: polvere, pallini, limatura diferro, schegge di vetro, sassolini, stoppacci di canapo,cenci, cicche di sigaro toscano: tantoché gli amici, quelfucile, lo chiamavano elegantemente l'immondezzaio.Quando Golia imbracciava il fucile, tutti si allontanava-no prudentemente: ché non c'era mai da sapere quel chepotesse succedere. Prima di tutto il magnano sbagliavasempre la mira. E poi!… altro che colpi di fucile! appe-na egli aveva, con uno sforzo titanico, abbassato il canedell'archibugio, una gran fiamma scaturiva dallo scodel-lino: e poi un tonfo orrendo squarciava le orecchie ditutti: e dalla bocca della terribile arma si scatenava unuragano!… Le erbe, le fronde, gli alberelli, tutto era fal-ciato da quelle scariche micidiali. Tutto, eccetto la sel-vaggina.Perché Golia si ostinasse a portare in giro quel mostruo-so congegno di distruzione, nessuno poté mai spiegare:neanche lui. Forse egli era affezionato a quell'avanzodelle brutalità umane di altri tempi: forse credeva di po-tere, in tal modo, assumere un aspetto più caratteristico

232

dinanzi ai suoi colleghi cacciatori: chissà! Certo, eglinon avrebbe mai accettato di prender parte a una qual-siasi partita di caccia senza il suo inaudito trombone.Quella mattina in specie, essendosi aperta una piccolagara di amor proprio fra il farmacista, il droghiere e lui,egli aveva ripulito e preparato la macchina devastatricecon cura insolita, e si era caricato di munizioni per al-meno cento colpi: un sacco di materiali diversi, che egliteneva su le spalle, come uno zaino.Potevano essere le sei: nel cielo chiaro passavano legge-re nubi e veli rosati, che prendevano i bagliori biondidell'aurora. A un tratto, nel traversare una macchia dinoccioli selvatici, i tre cacciatori videro i cani come pre-si dal terrore, rotolarsi per la terra e poi acquattarsi tral'erbe folte.— Ci siamo – disse il farmacista Schianti con aria mi-steriosa fermandosi ad annusare l'aria.— Ci siamo, dove? – domandò il droghiere Bucalossi.— C'è la lepre!— Macché lepre! quando mai i cani, sentendo la leprefanno quei versi? No, no, per me deve essere qualcheanimalaccio grosso…— Un lupo!… – e ad ogni buon conto, Golia cominciò apestare la carica nel suo trombone.— Un lupo… o un cignale… – brontolò, incerto, il dro-ghiere – ma sarebbe meglio andar via…

233

dinanzi ai suoi colleghi cacciatori: chissà! Certo, eglinon avrebbe mai accettato di prender parte a una qual-siasi partita di caccia senza il suo inaudito trombone.Quella mattina in specie, essendosi aperta una piccolagara di amor proprio fra il farmacista, il droghiere e lui,egli aveva ripulito e preparato la macchina devastatricecon cura insolita, e si era caricato di munizioni per al-meno cento colpi: un sacco di materiali diversi, che egliteneva su le spalle, come uno zaino.Potevano essere le sei: nel cielo chiaro passavano legge-re nubi e veli rosati, che prendevano i bagliori biondidell'aurora. A un tratto, nel traversare una macchia dinoccioli selvatici, i tre cacciatori videro i cani come pre-si dal terrore, rotolarsi per la terra e poi acquattarsi tral'erbe folte.— Ci siamo – disse il farmacista Schianti con aria mi-steriosa fermandosi ad annusare l'aria.— Ci siamo, dove? – domandò il droghiere Bucalossi.— C'è la lepre!— Macché lepre! quando mai i cani, sentendo la leprefanno quei versi? No, no, per me deve essere qualcheanimalaccio grosso…— Un lupo!… – e ad ogni buon conto, Golia cominciò apestare la carica nel suo trombone.— Un lupo… o un cignale… – brontolò, incerto, il dro-ghiere – ma sarebbe meglio andar via…

233

— Fuggire? Per un lupo?!— Caro Schianti, noi siam venuti a caccia di lepri e nondi lupi!— Io rimango: e giurammio se gli è un lupo, tanto me-glio! Giusto con la pelle mi ci farò uno scendiletto…— No… no! guardate! – e Golia indicò la cima di unaquercia che si intravedeva di sopra alla macchia e checominciava a dorarsi di sole.— Che c'è? – domandarono insieme i due cacciatoriaguzzando la vista.— Un uccellaccio grosso grosso… lassù.— Un uccellaccio…— Sì… Ah! Dio benedetto! egli è quel maledettissimoanimale… quello del sindaco…— Come! – fece il farmacista – quel pe… quel te…quel dattilografo…— Ma che dattilografo – rimbeccò il droghiere – pero-gàttilo!…— Ma no! – qui il magnano assunse un'aria di importan-za. – Lo so io… il mio figliolo ha passato tante ore afargli la guardia! Si chiama: sierobàttilo!— Ma non scappò or è l'anno e successe tutto quel puti-ferio?— Si vede che ora è tornato…

234

— Fuggire? Per un lupo?!— Caro Schianti, noi siam venuti a caccia di lepri e nondi lupi!— Io rimango: e giurammio se gli è un lupo, tanto me-glio! Giusto con la pelle mi ci farò uno scendiletto…— No… no! guardate! – e Golia indicò la cima di unaquercia che si intravedeva di sopra alla macchia e checominciava a dorarsi di sole.— Che c'è? – domandarono insieme i due cacciatoriaguzzando la vista.— Un uccellaccio grosso grosso… lassù.— Un uccellaccio…— Sì… Ah! Dio benedetto! egli è quel maledettissimoanimale… quello del sindaco…— Come! – fece il farmacista – quel pe… quel te…quel dattilografo…— Ma che dattilografo – rimbeccò il droghiere – pero-gàttilo!…— Ma no! – qui il magnano assunse un'aria di importan-za. – Lo so io… il mio figliolo ha passato tante ore afargli la guardia! Si chiama: sierobàttilo!— Ma non scappò or è l'anno e successe tutto quel puti-ferio?— Si vede che ora è tornato…

234

Proprio a questo punto, qualche cosa frusciò fra i piedidel farmacista e andò a fermarsi nel mezzo di un cespu-glio.— Ecco la lepre! – bisbigliò Golia, imbracciando la co-lubrina preistorica.— O che sparate voi? – domandò il droghiere, indietreg-giando insieme col farmacista.— L'ho vista io…E lanciò la botta. Fu come una scarica di fuochi d'artifi-cio, che distrusse in parte la macchia. Quando il fumodella bordata si dissipò, apparvero tra le erbe bruciate ibrandelli sanguinosi di un cane.— Acci… derba! – rantolò Golia – ho tirato troppo adestra…— E avete ammazzato un cane… – disse severamente ilfarmacista – ora c'è da sentirlo il dottore…Golia ricaricava febbrilmente il trombone.— M'importa assai del dottore! Vedete? La lepre è lag-giù, dietro quella siepe… vedo le orecchie.— Per carità, Golia, fate a modino…— Questa sera le pappardelle si mangiano, quant'è veroIddio!E Golia lanciò il secondo cataclisma sul mondo. Questavolta per cinque o sei minuti, tutto fu avvolto in un tur-bine di fumo e di polvere: anche i grandi alberi lontani,

235

Proprio a questo punto, qualche cosa frusciò fra i piedidel farmacista e andò a fermarsi nel mezzo di un cespu-glio.— Ecco la lepre! – bisbigliò Golia, imbracciando la co-lubrina preistorica.— O che sparate voi? – domandò il droghiere, indietreg-giando insieme col farmacista.— L'ho vista io…E lanciò la botta. Fu come una scarica di fuochi d'artifi-cio, che distrusse in parte la macchia. Quando il fumodella bordata si dissipò, apparvero tra le erbe bruciate ibrandelli sanguinosi di un cane.— Acci… derba! – rantolò Golia – ho tirato troppo adestra…— E avete ammazzato un cane… – disse severamente ilfarmacista – ora c'è da sentirlo il dottore…Golia ricaricava febbrilmente il trombone.— M'importa assai del dottore! Vedete? La lepre è lag-giù, dietro quella siepe… vedo le orecchie.— Per carità, Golia, fate a modino…— Questa sera le pappardelle si mangiano, quant'è veroIddio!E Golia lanciò il secondo cataclisma sul mondo. Questavolta per cinque o sei minuti, tutto fu avvolto in un tur-bine di fumo e di polvere: anche i grandi alberi lontani,

235

le querce e i castagni sul dorso dei poggi, vennero scossida lunghi fremiti, come per il soffio della bufera.Il farmacista e il droghiere che si erano buttati prudente-mente in terra aprirono gli occhi dopo lungo tempo. Evidero… orrore! un'altra parte della macchia rasa al suo-lo, un altro cane ucciso, e più in là, sopra un greppo, unasino sventrato.Golia si grattò le orecchie.— Ho mirato troppo alto… peccato! il colpo era buono!…— Per carità – urlarono il farmacista e il droghiere, alli-biti – smettetela Golia! qui si finisce in galera!…— Chi ha paura, se ne vada – disse il magnano, ricari-cando per la terza volta il suo cannone a mitraglia – lalepre è scappata laggiù… ma io la vedo!… È in quelfossetto… Mi sfida!… Canaglia! Ma tanto le pappardel-le questa sera le mangio!E dopo poco la terza catastrofe avvenne. Questo scoppiosuperò per il tragico orrore e per le spaventose conse-guenze tutti gli altri. Parve che una parte della montagnasi sgretolasse. Poi, tra le rovine, per le terre, si vide ilterzo cane ridotto in brandelli, e oltre la macchia qual-che cosa di gigantesco e di informe, che palpitava anco-ra… Lo pterodattilo!La tempesta di fuoco non aveva risparmiato neanchel'ottava meraviglia del mondo, l'uccello dell'età seconda-

236

le querce e i castagni sul dorso dei poggi, vennero scossida lunghi fremiti, come per il soffio della bufera.Il farmacista e il droghiere che si erano buttati prudente-mente in terra aprirono gli occhi dopo lungo tempo. Evidero… orrore! un'altra parte della macchia rasa al suo-lo, un altro cane ucciso, e più in là, sopra un greppo, unasino sventrato.Golia si grattò le orecchie.— Ho mirato troppo alto… peccato! il colpo era buono!…— Per carità – urlarono il farmacista e il droghiere, alli-biti – smettetela Golia! qui si finisce in galera!…— Chi ha paura, se ne vada – disse il magnano, ricari-cando per la terza volta il suo cannone a mitraglia – lalepre è scappata laggiù… ma io la vedo!… È in quelfossetto… Mi sfida!… Canaglia! Ma tanto le pappardel-le questa sera le mangio!E dopo poco la terza catastrofe avvenne. Questo scoppiosuperò per il tragico orrore e per le spaventose conse-guenze tutti gli altri. Parve che una parte della montagnasi sgretolasse. Poi, tra le rovine, per le terre, si vide ilterzo cane ridotto in brandelli, e oltre la macchia qual-che cosa di gigantesco e di informe, che palpitava anco-ra… Lo pterodattilo!La tempesta di fuoco non aveva risparmiato neanchel'ottava meraviglia del mondo, l'uccello dell'età seconda-

236

ria, lo stupendo prodotto della scientifica febbre di Ro-meo Gualandi!— Sempre troppo alto! – confessò allora Golia; ma pri-ma che avesse tentato di ricaricare il trombone, il dro-ghiere e il farmacista, riavutisi dallo sbigottimento, glifuron sopra e lo fermarono.— Basta, giurammio! – urlò il droghiere Bucalossi – oche volete la fine del mondo?Golia sospirò ma si arrese: e caricato lo strumento terri-bile in spalla consentì a seguire, mogio mogio, i suoiamici.Così per la Roccalbegna si seppe della morte del mo-stro: e fu tanta e tale l'allegrezza che il ciuco e i canipassarono in seconda linea.Ma la notizia salì per l'erta di ‘Schiantacore’ fino allavilla della ‘Lodola’ e arrivò, gelida e improvvisa, alleorecchie di Romeo Gualandi, tornato proprio in queigiorni dal suo gran viaggio intorno al mondo. Romeo,sotto la prima impressione, parve un uomo colpito dauna mazzata nella testa. Intorno, la signora Flavia, donLorenzo, Michele Orcagna, la principessa Nazli e perfi-no il suo barbuto zio, cominciarono una lunga teoria divoci gaudiose e consolatrici.La signora Flavia: — Ora che l'uccellaccio è morto, tiperdono davvero e dimentico tutto!La principessa Nazli: — Bisogna guarire di certe manìe.

237

ria, lo stupendo prodotto della scientifica febbre di Ro-meo Gualandi!— Sempre troppo alto! – confessò allora Golia; ma pri-ma che avesse tentato di ricaricare il trombone, il dro-ghiere e il farmacista, riavutisi dallo sbigottimento, glifuron sopra e lo fermarono.— Basta, giurammio! – urlò il droghiere Bucalossi – oche volete la fine del mondo?Golia sospirò ma si arrese: e caricato lo strumento terri-bile in spalla consentì a seguire, mogio mogio, i suoiamici.Così per la Roccalbegna si seppe della morte del mo-stro: e fu tanta e tale l'allegrezza che il ciuco e i canipassarono in seconda linea.Ma la notizia salì per l'erta di ‘Schiantacore’ fino allavilla della ‘Lodola’ e arrivò, gelida e improvvisa, alleorecchie di Romeo Gualandi, tornato proprio in queigiorni dal suo gran viaggio intorno al mondo. Romeo,sotto la prima impressione, parve un uomo colpito dauna mazzata nella testa. Intorno, la signora Flavia, donLorenzo, Michele Orcagna, la principessa Nazli e perfi-no il suo barbuto zio, cominciarono una lunga teoria divoci gaudiose e consolatrici.La signora Flavia: — Ora che l'uccellaccio è morto, tiperdono davvero e dimentico tutto!La principessa Nazli: — Bisogna guarire di certe manìe.

237

Vede: io ho ritrovato il cuore della mia antenata… nellasoffitta della vostra casa, dimenticato dentro una scatoladi pietra, come un oggetto inutile… E dopo averlo ritro-vato, mi son detta che… fra un vecchio cuore mummifi-cato e il cuore vivo, palpitante di un essere caro… nonc'è paragone possibile… Così, gettando a mare tutte lemie stranezze, le mie ridicole esigenze, ho aspettato quiil ritorno di Michele… del mio amore! Anche lei, signorsindaco, faccia altrettanto. Butti a mare il ricordodell'animale antidiluviano e si raccolga nell'affetto sere-no e schietto della sua signora…Romeo (come in sogno): — Sereno?… non troppo…Michele: — Vedi, Romeo, io ho fatto l'impossibile persalvare quell'indiavolato uccello. L'ho sottratto alle cu-pidigie della miss inglese, togliendolo con l'aiuto diBubi e di Crostino dalla stiva del piroscafo a Calcutta:l'ho portato qui, Dio sa con quante difficoltà, e proprio ilgiorno del tuo arrivo, ecco che lo pterodattilo riesce afuggire dalla gabbia… Non ci vedi, in questo, una preci-sa disposizione del destino? Rassegnati! Tu sarai sempreil creatore del drago dell'età primordiale! La scienza do-vrà a te una tra le più strane scoperte del secolo! La pos-sibilità della vita negli uovi fossili! Contentati, vecchiomio!… Ora il paese è ritornato tranquillo, la tua signoraricomincia a sorriderti…Don Lorenzo: — È stato come un brutto sogno! Ma pen-sate!… c'era persino, per aria, la minaccia di una guerra.E tutto per un animale… diabolico! Voi dovete accoglie-

238

Vede: io ho ritrovato il cuore della mia antenata… nellasoffitta della vostra casa, dimenticato dentro una scatoladi pietra, come un oggetto inutile… E dopo averlo ritro-vato, mi son detta che… fra un vecchio cuore mummifi-cato e il cuore vivo, palpitante di un essere caro… nonc'è paragone possibile… Così, gettando a mare tutte lemie stranezze, le mie ridicole esigenze, ho aspettato quiil ritorno di Michele… del mio amore! Anche lei, signorsindaco, faccia altrettanto. Butti a mare il ricordodell'animale antidiluviano e si raccolga nell'affetto sere-no e schietto della sua signora…Romeo (come in sogno): — Sereno?… non troppo…Michele: — Vedi, Romeo, io ho fatto l'impossibile persalvare quell'indiavolato uccello. L'ho sottratto alle cu-pidigie della miss inglese, togliendolo con l'aiuto diBubi e di Crostino dalla stiva del piroscafo a Calcutta:l'ho portato qui, Dio sa con quante difficoltà, e proprio ilgiorno del tuo arrivo, ecco che lo pterodattilo riesce afuggire dalla gabbia… Non ci vedi, in questo, una preci-sa disposizione del destino? Rassegnati! Tu sarai sempreil creatore del drago dell'età primordiale! La scienza do-vrà a te una tra le più strane scoperte del secolo! La pos-sibilità della vita negli uovi fossili! Contentati, vecchiomio!… Ora il paese è ritornato tranquillo, la tua signoraricomincia a sorriderti…Don Lorenzo: — È stato come un brutto sogno! Ma pen-sate!… c'era persino, per aria, la minaccia di una guerra.E tutto per un animale… diabolico! Voi dovete accoglie-

238

re anzi con giocondità la notizia che l'orribile bestia èmorta! Che il popolo dell'Amiata torna a respirare! Voidovete pensare alla salute del popolo. Salus populi su-prema lex esto!Michele: — E poi, pensa… ti faranno commendatore!La Cleofe (singhiozzando): — Che si gira, sor padrone?Commendatore!Ora, tra le lacrime, negli occhi grigi di Romeo brillava ilriflesso di un sorriso…— Rivederlo! – mormorò, finalmente, con dolcezza – ri-vederlo, per l'ultima volta! Non chiedo altro!— È giusto – approvò Michele Orcagna, commosso. –Andremo a cercarlo.

* * *

Ma per quante ricerche fossero fatte, quel giorno, sulluogo dell'ecatombe provocata dallo spaventoso trombo-ne di Golia, non fu possibile ritrovare la carogna dellopterodattilo. Piri-Piri, come il re di Roma leggendario,era sparito senza lasciare tracce di sé.I maligni e gli scettici si servirono di questa stranascomparsa per avventare l'ipotesi che Piri-Piri non fosseesistito che nella ricca fantasia di Romeo Gualandi.Ma l'illustre uomo sta ora scrivendo una memoria scien-tifica che, certo, sbalordirà il mondo e smentirà recisa-mente le ridicole menzogne dei suoi detrattori.

239

re anzi con giocondità la notizia che l'orribile bestia èmorta! Che il popolo dell'Amiata torna a respirare! Voidovete pensare alla salute del popolo. Salus populi su-prema lex esto!Michele: — E poi, pensa… ti faranno commendatore!La Cleofe (singhiozzando): — Che si gira, sor padrone?Commendatore!Ora, tra le lacrime, negli occhi grigi di Romeo brillava ilriflesso di un sorriso…— Rivederlo! – mormorò, finalmente, con dolcezza – ri-vederlo, per l'ultima volta! Non chiedo altro!— È giusto – approvò Michele Orcagna, commosso. –Andremo a cercarlo.

* * *

Ma per quante ricerche fossero fatte, quel giorno, sulluogo dell'ecatombe provocata dallo spaventoso trombo-ne di Golia, non fu possibile ritrovare la carogna dellopterodattilo. Piri-Piri, come il re di Roma leggendario,era sparito senza lasciare tracce di sé.I maligni e gli scettici si servirono di questa stranascomparsa per avventare l'ipotesi che Piri-Piri non fosseesistito che nella ricca fantasia di Romeo Gualandi.Ma l'illustre uomo sta ora scrivendo una memoria scien-tifica che, certo, sbalordirà il mondo e smentirà recisa-mente le ridicole menzogne dei suoi detrattori.

239

Don Lorenzo ha già promesso di correggere le bozze distampa.La commedia è per istrada.

240

Don Lorenzo ha già promesso di correggere le bozze distampa.La commedia è per istrada.

240