UCCIO BANDELLO

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LA VOCE DELLA TRADIZIONE. Per capire la storia di un popolo bisogna conoscerne il ritmo, la musica, la poesia: tutti quegli aspetti che di solito non sono contemplati nei libri di storia propriamente detti ma che fanno parte integrante dell’essere uomini e sono perciò fondamentali per conoscersi, capirsi e aprirsi all’accoglienza dell’altro, portatore a sua volta di altri ritmi, altre musiche, altra poesia. Nella storia della musica di tradizione del Salento si leva la voce possente e straordinaria di Uccio Bandello, finissimo cantore e depositario della memoria di tutto un popolo.

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uCCio BandeLLoLa voce della tradizione

Con scritti di

Tonio BandelloSergio Blasi

Luigi ChiriattiFlavia GervasiSergio Torsello

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edizioni KurumunySede legale:Via Palermo, 13 – 73021 Calimera (Le)Sede operativa:Via S. Pantaleo, 12 – 73020 Martignano (Le)Tel. e Fax 0832 801528on line: www.kurumuny.itmail to: [email protected]

iSBn 978-88-95161-43-3

elaborazione grafica di copertina: alberto Giammaruco.Stampato presso Martano editrice – Z.i. Lecce.

© edizioni Kurumuny – 2010

Si ringraziala famiglia Bandello in particolare Tonio e Lina; antonio Melegari; Fernando Bevilacqua; Valerio daniele;l’unione dei Comuni della Grecìa Salentina e l’istituto diego Carpitella;tutti i cantori e i suonatori che hanno reso possibile quest’opera: antonio aloisi, Roberto angelelli, ugo Gorgoni, Giuseppe Luceri, antonio Melissano, Leonardo Vergaro.

Questo volume è stato curato da Luigi Chiriatti.

Le foto 4 e 8 sono di Luigi Chiriatti; le foto 12 e 13 sono di Fernando Bevilacqua; le restanti immagini sono statefornite dalla famiglia Bandello, che ha concesso la pubblicazione.

L’editore si rende disponibile per eventuali richieste di soggetti o enti che possano vantare dimostrati dirittisulle immagini riprodotte nel volume.

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indice

5 Via Mantova Sergio Blasi

7 Mio padre Tonio Bandello

11 uccio Bandello ovvero la presenza la voce Sergio Torsello

17 antonio Bandello: una voce per ripensare alla tradizione Flavia Gervasi

23 uccio Bandello Luigi Chiriatti

27 i canti 62 Bandello e gli ucci: bibliografia Sergio Torsello

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Via MantovaSergio Blasi

era di aprile quando la Fiat uno nera si mosse da Melpignano per rag-giungere Cutrofiano: destinazione via Mantova.

era lì che abitava uccio Bandello. era lì che la uno nera si sarebbe fermata. a guidarla chi l’11 agosto di quello stesso anno – il 1993– sarebbe diven-

tata mia moglie. e la ragione di quel viaggio sino a via Mantova nel comunedi Cutrofiano era proprio in questo non trascurabile dettaglio: proporre auccio e i suoi amici di venire a suonare al nostro matrimonio. Quella seradi aprile, quella porta di via Mantova che si spalancava conteneva il nostroprimo incontro di persona.

Lo avevo sentito cantare tante volte, ma non lo avevo mai incontratoprima. uccio ci accolse con la cordialità semplice di un signore ormai an-ziano, dall’aspetto longilineo, signorile ed elegante. di chi, nel corso dellasua vita ha molto visto, molto vissuto, a tratti molto sofferto. Ci portò luistesso a contattare gli “altri della compagnia”: da Cutrofiano a Coriglianoper mettere insieme gli ucci.

Quella sera di agosto, la voce, limpida e dritta come una spada, di uccioBandello si conficcò nel mio stomaco di “rocchettaro” per non lasciarmi più.

accanto a me e a mia moglie sedevano Gianni Maroccolo e Giovanni Lindo

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Ferretti: rapiti. Portati via da quel cerchio coperto di pelle e sonagli su cui“ballano i tarantolati stretti nello spazio senza tempo”.

Maroccolo e Ferretti sarebbero partiti “in viaggio” l’indomani mattina perFinibusterrae dove avrebbero incominciato a scrivere e progettare Kode-

mondo l’album d’esordio dei C.S.i.Sarebbero partiti con le orecchie cariche della voce di uccio Bandello, di

quel ritmo che “marcava” una terra.Quella lirica popolare che la voce finissima di uccio ci consegnava era un

deposito di saggezza ma anche un portafoglio di soluzioni, a lungo consi-derate marginali e inutilizzabili, con le quali costruire una parte del nostrosviluppo.

un modello di sviluppo autonomo e originale che non indossava la tutamimetica di modelli che non ci appartenevano.

Qualche sera dopo corsi a salutarlo sotto il palco de La festa te lu mieru aCarpignano.

La sua signorile ed elegante cordialità si fece largo per salutarmi.Stava nascendo – per me – una storia.

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Mio padreTonio Bandello

La pubblicazione di questo nuovo Cd con brani inediti rappresenta lacontinuazione di un percorso cominciato qualche anno fa allo scopo

di celebrare i dieci anni dalla scomparsa di mio padre.Ho partecipato attivamente, insieme a mia sorella Lina, a tutte le fasi del

programma fin qui svolto che ha portato all’organizzazione a Cutrofiano diun convegno di studi e memorie e di un concerto con i vecchi cantori suoicompagni di viaggio, e alla nascita del gruppo i Cardisanti, dove la voce fem-minile è quella di Lina, che con coraggio e caparbietà porta avanti la tradi-zione canora di papà.

Quel sabato sera del 5 luglio 2008 c’ero anch’io sul palco. Ho voluto fareun regalo a mio padre che in vita aveva sempre cercato di coinvolgerminella sua passione per il canto popolare senza mai riuscirvi. Con Lina ab-biamo duettato cantando Una furtiva lacrima. Quel gesto, da me fortementevoluto, mi ha dato un’emozione immensa perché ho avuto la sensazione chemio padre fosse ancora realmente accanto a me.

adesso il mio amico Luigi Chiriatti, che per i suoi percorsi di ricerca e distudio della musica popolare salentina è profondo conoscitore della voce edella persona di uccio Bandello, mi ha chiesto di scrivere su mio padre. Ho

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accettato subito. Mi sono detto: sono tante le cose che voglio dire su papà.Questa è certamente l’occasione giusta per dirle e farle rimanere scritte persempre. Mi sono illuso. Per alcuni giorni ho preso carta e penna. Ho scrittoe strappato il foglio più di una volta.

Solo ora mi sono reso conto di quanto sia difficile tramutare in scritturai propri pensieri e le proprie considerazioni su chi hai amato e non c’è più.

Papà aveva un grande rispetto nei confronti delle altre persone. era quasiimpossibile vederlo arrabbiato o sentirgli dire qualche parolaccia. affron-tava le situazioni, anche le più difficili, con molta calma e serenità anche senon mancava di determinazione. era molto legato alla sua famiglia e nonsolo a sua moglie e ai suoi figli. Voleva molto bene anche agli altri suoi pa-renti e in particolare ai nipoti che spesso, proprio per la sua puntuale pre-senza, vedevano in lui più di uno zio. nel periodo della sua sofferenza, e inparticolare negli ultimi mesi della sua vita, hanno voluto dimostrare tuttoil loro affetto attraverso una presenza continua, anche nelle ore notturne,al pari di noi figli, per tutte le necessità dovute allo stato di salute di papà.

Papà era così anche nel sociale. aveva una grande capacità di comunica-zione che lo portava a instaurare con facilità un buon rapporto umano coni suoi interlocutori. era sempre pronto, anche nelle situazioni più difficili,a rinunciare a qualcosa di proprio per venire incontro alle esigenze deglialtri. Significativo è l’episodio avvenuto durante la sua prigionia e ricordatoanche da Luigi nella presentazione di questo Cd.

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Fu fatto prigioniero insieme ai suoi commilitoni e mandato a lavorare inminiera dove la fatica era tanta e il cibo era poco se non addirittura scarso.Lì riusciva, nonostante la gravosità del lavoro, a coltivare la sua passioneper il bel canto. Gli inglesi, o forse i padroni della miniera come mi sembradi ricordare, gli proposero di esibirsi nel canto di qualche romanza di cuiera finissimo conoscitore, in cambio di cibo.

Lui rifiutò o meglio chiese e ottenne, in cambio delle sue canzoni, cibo eun migliore trattamento per tutti i prigionieri.

Tutto questo era sicuramente frutto anche della sua forte religiosità: nonmancava mai agli appuntamenti religiosi e in particolare alla messa. Ri-cordo quando, soprattutto durante il periodo estivo, c’era grande lavoro incampagna anche di domenica e lui lasciava tutto perché doveva recarsi inparrocchia per ascoltare la santa messa alla quale partecipava anche comecomponente del coro parrocchiale.

Forse non ho soddisfatto le esigenze del lettore, certo è che per me questipiccoli ricordi servono a ravvivare, se mai ce ne fosse bisogno, i grandi everi valori della vita nei quali lui ha fortemente creduto e che ha saputo congrande naturalezza trasmettermi e che convintamente ho fatto miei.

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Uccio Bandello ovvero la presenza della voce

Sergio Torsello

Gli aborigeni credevano che una terra non cantata sia una terra morta. Se i canti vengono dimenticati la terra ne morirà.

Permettere che questo accada è il peggiore di tutti i mali possibili.Bruce Chatwin, Le vie dei canti

Se c’è un’immagine che più di ogni altra nella mia mente si associa alnome di uccio Bandello questa è “la presenza della voce”. è un’“imma-

gine” presa in prestito da un libro bello e straordinario scritto da Paul Zum-thor ormai quasi venticinque anni fa. ecco, Bandello era la voce. La suapresenza immateriale, pervasiva, che riempiva l’aria. non so se Bandellosia stato – come in molti sostengono – il più straordinario interprete del-l’ultima generazione di cantori popolari salentini. di molti abbiamo persoormai ogni memoria. di certo, tra quelli di cui resta qualche testimonianza,Bandello appare non solo uno dei più dotati ma anche uno dei più consa-pevoli delle sue qualità, a dispetto del suo atteggiamento schivo, appartato,poco appariscente quando saliva sul palco. L’esatto contrario, per fare unesempio, del suo “gemello” uccio aloisi, l’anziano e acclamato “patriarcadella taranta”, che a ottant’anni suonati è oggi l’icona venerabile del rina-

scimento della pizzica. avevano iniziato a cantare insieme nei primi anni

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’70. Ma già negli anni Sessanta, Bandello si era segnalato come uno dei can-tori più rappresentativi della sua comunità, Cutrofiano, un piccolo centronel cuore di quella che un tempo fu l’enclave ellenofona salentina, terra dicontadini e d’argilla che sin dall’etimo, kutra, rievoca antiche tradizioni co-

timare. è un destino che corre a lungo in parallelo quello dei due: stessoluogo di nascita, stesso mestiere, una vicenda musicale lunga quasi tren-t’anni che li accomuna nell’esperienza degli ucci, un gruppo che raccoglievaquasi tutti i migliori musicisti tradizionali allora in circolazione. La storiadella musica popolare, del resto, è costellata dalle figure di grandi coppiedi interpreti: Bandello e aloisi nel Salento, andrea Sacco e antonio Picci-ninno sul Gargano, per fare solo un esempio. Sarà un caso, ma aloisi si rivelapienamente lo sfolgorante “albero di canto” che oggi tutti conosciamo solodopo la morte di Bandello, quasi si fosse finalmente affrancato dal peso diuna eredità ingombrante. e non è certo un caso che nell’eccezionale ensem-ble degli ucci, quasi un “supergruppo” popolare per dirla con il lessico delrock, uccio aloisi figurasse come tamburellista e seconda voce. il canto eralui: Bandello, classe 1917, morto nel 1998, proprio nell’anno in cui l’esplo-sione del revival della pizzica, lo avrebbe sicuramente consacrato come unodei più importanti testimoni della cultura tradizionale del Salento. C’era ungrande senso di rispetto tra i due, una profonda amicizia (la leggenda vuoleche Bandello abbia acquistato un piccolo podere accanto a quello di aloisiper poter cantare insieme anche durante il lavoro), ma anche una forte ri-valità, perché il timbro, l’estensione, l’esuberante vocalità di Bandello “oscu-

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ravano” inevitabilmente ogni altra voce, ogni altro strumento che gli fosseaccanto. Lo ricorda puntualmente proprio aloisi, nella sua immaginifica au-tobiografia, quando dice: «Bandello cantava, per carità, le cose mie sonobelle e chiare, era l’immagine del canto, ma a me non mi prendeva per fesso.Perché per il controcanto a me non mi prendevano per fesso, potevi startranquillo. anzi molta gente a Cutrofiano, intellettuali, dicevano di preferirela mia voce a quella di Bandello. Mi dicevano che avevo una voce più fem-minile, più cristallina». e ancora: «io per esempio stornelli ne posso farecento, uno diverso dall’altro. Bandello ne poteva fare centoventi. Se anchenon li sapeva li andava a prendere a casa di dio. era uno di quegli uominiveramente saggi che dovevano sempre sapere quello che facevano». ascol-tare le esecuzioni di Bandello, in effetti, è come ascoltare un piccolo con-densato della “grammatica” (e della poetica) della musica popolaresalentina: i “modi” della tradizione, la particolare emissione del suono, la«varietà del colore vocale che va da un timbro ispirato quasi al “tenorile”quando canta in italiano, a uno molto intenso e lacerato, su registro acuto,“sporcato” da magnifici intervalli microtonali e da raffinati giochi melisma-tici quando interpreta i brani dialettali», osserva ignazio Macchiarella inuno dei rari scritti sulla sua figura, pubblicato nel libretto allegato a Buo-

nasera a quista casa, «il più bel disco di musica popolare che io conosca»,lo definì alla sua uscita un acuto osservatore della realtà salentina comeSandro Portelli. Ma ciò che in lui maggiormente colpiva era l’estrema con-sapevolezza del suo ruolo e della sua collocazione sociale. in una significa-

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