Ubertino da Casale Ubertino da Casale (+1330) Nato a Casale Monferrato nel 1259 entrò nellOrdine...

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Ubertino da Casale (+1330) Nato a Casale Monferrato nel 1259 entrò nell’Ordine nel 1273 a 14 anni. Dopo il periodo di studi all’università di Parigi, nel 1287 è a Firenze nel convento di Santa Croce dove diventa discepolo di Pietro di Giovanni Olivi. Sembra che Ubertino abbia conosciuto anche Angela da Foligno, Cecilia di Firenze e Chiara da Montefalco. Grande predicatore, divenne un punto di riferimento per gli spirituali della Toscana, noti per la loro ostilità contro i papi Gregorio IX (1227-1241) e Niccolò III (1277-1280), accusati di aver concesso la mitigazione della Regola francescana. In seguito, papa Benedetto IX (1303-1304) proibì ad Ubertino di predicare e gli impose di ritirarsi a La Verna.

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Ubertino da Casale (+1330)

Nato a Casale Monferrato nel 1259 entrò nell’Ordine nel 1273 a 14 anni.Dopo il periodo di studi all’università di Parigi, nel 1287 è a Firenze nel convento di Santa Crocedove diventa discepolo di Pietro di Giovanni Olivi.

Sembra che Ubertino abbia conosciuto anche Angela da Foligno, Cecilia di Firenze e Chiara da Montefalco.

Grande predicatore, divenne un punto di riferimento per gli spirituali della Toscana, noti per la loro ostilità contro i papi Gregorio IX (1227-1241) e Niccolò III (1277-1280), accusati di aver concesso la mitigazione della Regola francescana. In seguito, papa Benedetto IX (1303-1304) proibì ad Ubertino di predicare e gli impose di ritirarsi a La Verna.

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A La Verna scrisse nel 1305 la sua opera Arbor vitae crucifixae Jesu Christi.

con la quale difendeva gli ideali di povertà degli spirituali.

l’opera fu condannata e Ubertino scomunicato.

Ma nel 1310 papa Clemente V (+1314) lo invitò ad Avignone per discutere sulla possibilità di una rappacificazione tra le 2 anime dei francescani:

quanti seguivano la radicale obbedienza all’insegnamento di Francesco

quanti invece volevano mitigare la regola

Ubertino riaffermò che i Frati Minori dovevano seguire alla lettera la Regola.

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Nel 1317 papa Giovanni XXII (+1334) lo recluse nel convento di Gembloux in Belgio.

Nel 1322 fu convocato di nuovo ad Avignone a motivo della disputa sorta tra Domenicani e Francescani sulla povertà di Cristo e degli apostoli.

In questa occasione, Ubertino affermò che Gesù e gli apostoli erano poveri in termini di proprietà personali, ma che avevano potuto far uso di beni e denari per ogni necessità.

Ma nel Capitolo generale, convocato dal Ministro Generale Michele da Cesena (+1342) Ubertino dichiarò l’assoluta povertà di Cristo e degli apostoli.

Questo provocò la reazione di papa Giovanni XXII, che scomunicò nel 1323 scomunicò le dichiarazioni del Capitolo.

Nel 1325 Ubertino fu di nuovo scomunicato per aver difeso il pensiero del suo maestro Pietro di Giovanni Olivi. Morì poi verso il 1330.

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La dottrina di Ubertino è contenuta nell’Arbor vitae crucifixae Jesu, opera divisa in due parti:

il capitolo 5° dove narra le visioni dell’Apocalisse e la storia della Chiesa

la “vita di Gesù Cristo”, che raggruppa i primi 4 capitoli

La prima parte è suddivisa in quattro argomenti:

1. la preesistenza e generazione eterna del Verbo e l’incarnazione (libro I)

2. l’infanzia di Gesù (libro II)

3. la sua vita pubblica (libro III)

4. gli avvenimenti pasquali e l’assunzione di Maria, l’incontro con il Figlio, e la gerarchia celeste (libro IV)

Ubertino ripercorrendo la vita di Gesù pone sempre accanto la Madre che lo segue sino alla croce, seguendo entrambi uno stesso itinerario, che passando per la via dell’umiltà, della povertà e dalla croce, raggiunge la dimora della gloria.

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Ubertino, fedele seguace di Francesco d’Assisi, vede in Maria il modello di una perfetta sequela del Cristo. Anzi, Gesù e Maria sono il modello che ogni fedele deve seguire e imitare. Perciò scrive:

O anima mia, sentiti tutta sconvolta nell’incontrare la Vergine Madre che porta nell’utero il Salvatore e che tu vedi errabonda, perché rifiutata da ogni servizio di ospitalità. Sforzati di introdurla benignamente nella dimora del tuo cuore; infatti non disdegnerà di rivolgersi a te colui che per te volle adattarsi ad una simile situazione di indigenza. Dentro di te non mancherà una stalla di giumenti per la presenza dei tuoi bestiali difetti, che tuttavia tu riuscirai ad allontanare, se ti aprirai devotamente sia alla così grande benevolenza del nato Re che alla misericordiosa preghiera della Vergine Madre in tuo favore.

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Si sofferma sulla nascita di Gesù e sull’amore della madre, sull’umiltà del Dio che si è fatto umile bambino e che ora è baciato e allattato da Maria:

O quale festa gioconda hai preparato alla Madre tua quando vide che tu, o Dio, eri diventato il piccolo bambino del suo seno, che ella umilmente adorò, accolse con riverenza, strinse soavemente e baciò dolcemente, quale suo Creatore, donatore di beatitudine e Redentore! Oh, «baciasse anche me con il bacio della sua bocca» (Ct 1, 1), lui che così dolcemente accoglie gli ossequi della Madre sua, sua purissima sposa, graziosissima Figlia, sua Sorella rispettabilissima, Madre amantissima, che lo ha portato premurosamente e che è stata la sua ostetrica... O bambino Gesù, tu succhi più al cuore della Vergine santissima nel quale ella ti generò, che non al petto del suo corpo, dalla cui carne sei stato concepito per opera dello Spirito Santo e dalla quale oggi sei voluto nascere temporalmente.

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E Gesù è il fanciullo “nato da Madre povera”che diventa il modello di coloro che hanno iniziato il cammmino di conversione.

Ubertino evidenzia che il cuore di Maria

“pieno di Spirito Santo e da lui mosso e stimolato”

vive in una costante contemplazione di quel bambino, Dio-uomo, che le era stato affidato.

La povertà della sacra famiglia si nota anche quando sono profughi in Egitto:

giunta in Egitto, la beata Vergine non trovò un palazzo reale né abbondanza di tesori a sollievo della trascorsa fatica; ma, quale povera profuga, raggiunse un tugurio e si nutriva poverissimamente con la fatica delle sue sante mani e del santo vecchio Giuseppe.

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Ubertino mette in luce anche le relazioni tra lo Spirito Santo e Maria. Egli vuole spiegare anzitutto il relativo silenzio delle Scritture su Maria, considerando che “uno dei motivi che ebbe lo Spirito Santo” fu

perché quei familiari colloqui tra Madre e Figlio e quei sublimi segni di amore dovettero talmente trascendere l’umana capacità da preferire che venissero onorati con il silenzio.

In ogni caso lo Spirito Santo, nelle Scritture

ha posto i fondamenti dai quali una mente aperta conclude più di ciò che la lettera o la lingua possano narrare; per esempio, descrivendo il modo del suo altissimo concepimento, all’annunzio dell’Angelo e alla venuta su di lei dello Spirito Santo, e rilevando la presenza, presso la croce, dell’Addolorata Madre dell’Unigenito di Dio morente, fra strazi, per noi.

Ubertino sottolinea che il profondo legame tra la madre e il Figlio è stato mosso dallo Spirito Santo, che riempiendo il cuore della Vergine lo spingeva a ricercare tutto ciò che concerneva il Figlio.

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lo stesso Spirito Santo andò incontro alla Vergine gloriosa riconoscendo in Lei

la Fornace del suo amore e l’Officina della sua stupenda operazione;

in Essa e da Essa fu formato il corpo purissimo del Figlio di Dio,

al quale fu infusa l’anima per costituire, insieme,

una integra e perfetta natura umana unita alla persona del Figlio di Dio.

Il Paraclito fu, Colui che agì in modo speciale nell’evento dell’incarnazione perché

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Lo Spirito agisce attraverso Maria nella Visitazione:

Per i meriti di lei la madre del Battista viene riempita di Spirito Santo e le viene concesso di conoscere il mistero dell’Incarnazione, di gridare con fervore, di predicare benedetta la Vergine, di comprendere la dignità di Lei, e di ritenersi indegna di una tale visita: lo Spirito Santo, infatti, non lasciò colei che Egli aveva riempito di umiltà.

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La Vergine è talmente unita al Figlio nelle gioie e nelle sofferenze, che alle affermazioni di Simeone al tempio, risponde:

So quello che faccio, che cosa dono e che cosa ricevo in cambio. Ricevo in cambio supplizi dai figli adottivi ai quali offro il mio Unigenito in espiazione, per la loro redenzione e la loro guarigione. Egli è il vero Agnello; il solo Agnello che toglie i peccati del mondo; che io, l’unica ricca, offro, perché io sola lo possiedo. L’ho concepito senza vergogna; l’ho portato senza sentirne il peso; l’ho partorito senza dolore; conservando pienamente la mia verginità, ho generato l’Uomo-Dio per opera dello Spirito Santo. Egli è il vero e unico Agnello che non può essere offerto da nessuno tranne che da me, sua madre ricchissima di ogni grazia, per redimere i miserabili e poveri figli adottivi, che sono tenuti prigionieri ... Perciò, con il vero Agnello, ho offerto anche gli uccelli, affinché l’oblazione del vero Agnello accolga anche il gemito della colpa e della pena. A tal fine ho offerto le tortore e le colombe … Così ciò che vola, si eleva al di sopra della terra. So dunque che cosa dono; anzi, dopo mio Figlio, sono la sola a saperlo, perché sono la sola a partecipare, più di tutti gli altri, al suo immenso dolore; e pertanto con pienissimo e perfettissimo amore offro il mio Figlio dilettissimo Gesù a coloro che debbono essere formati, istruiti, redenti, restaurati e glorificati; a coloro cioè che vogliono partecipare al beneficio di questa redenzione. E quanto a me stessa, prometto con immutabile carità di diventare la loro avvocata, la loro madre, protettrice e conduttrice; colei che li scusa e li difende da tutti i nemici; che distribuisce loro i beni.Ubertino è convinto che la “perfezione” della Vergine si realizza nel desiderare la salvezza degli uomini.

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Tutto questo Maria lo fa per amore. Gesù aveva educato la madre all’amore:

[Gesù] quale perfettissimo promotore e allenatore della santissima Madre nella via dell’amore, volle mostrare che durante la sua infanzia ella fu sommamente perfetta nel gustare i due tipi di amore. L’amore infatti si può gustare in 2 modi: in modo soavissimo e trasformante; il che avviene in presenza dell’amato. Questo amore, Cristo stesso l’ha dimostrato a sua Madre nei precedenti atti quando era insieme a lei: con baci e abbracci soavi verso la santa Madre sia con la mente che con il corpo. L’altro gusto (dell’amore) è amaro, affliggente, che mette alla prova e promuove la riflessione: avviene nella misteriosa scomparsa dell’amato, nella perdita del diletto, per cui l’anima, da lui totalmente dipendente, non può trovare tranquillità: ha sempre paura che il diletto si allontani per colpa sua; è sempre insicura di sé, a meno che non si senta sempre rinfrancata dalla premura dell’amato; e abbandonandosi completamente a lui, rinuncia a se stessa. Ne consegue che l’anima vaga tutt’intorno in cerca del suo diletto, invocando aiuto a tutte le creature onde poter trovare colui che la sua anima ama. Quale dolore, altamente improntato alla virtù, ci fosse in lei, la Madre stessa lo fa vedere quando dice: «Addolorati ti cercavamo». In questo participio, ella associa anche il santo Giuseppe e nella sua umiltà lo pone prima di sé: «Tuo padre e io». Quantunque la santissima Vergine non abbia avuto bisogno di maturare attraverso tali prove, dal momento che fin dal concepimento di Dio fu sovrappiena della presenza sovrastante dello Spirito Santo, tuttavia, per renderla nostro modello, il fanciullo Gesù a ragione ha agito comportandosi così con lei, dal momento che tutta la vita di ambedue doveva essere di aiuto e di esempio per noi. Ci ha mostrato quanto l’anima progredisce in una simile esperienza di dolore per l’assenza dell’amato e nella sollecita ricerca di lui.

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L’amore di Gesù e Maria è indissolubile e compartecipe:

O buon Gesù, chi potrebbe dire da quale grande dardo di compassione fosti ferito allorché vedevi le viscere di tua Madre riempirsi di tanta amarezza a causa della tua passione! E poi contemplavi quel volto pallido e lei quasi morta senza morire, con le mani e le vesti cosparse del tuo sangue e il viso insanguinato scosso dai gemiti, con voce flebile, inondata di lacrime, tutta immersa nei tuoi dolori, percossa dai colpi dei tuoi flagelli per il desiderio di toccarti, privata del conforto di qualsiasi consolazione; davvero, o buon Gesù, ti sei caricato per noi peccatori di una nuova e grande croce di amarezza derivante dalla presenza della Madre tua; per cui nessuna creatura inferiore a lei è in grado di valutare i dolori del suo cuore; mentre tu solo hai avuto un’adeguata compassione verso la tua dilettissima Madre per quanto ha sofferto per te e per noi figli miseri e indegni. E questo, o buon Gesù, venne ad aumentare il tuo dolore, tanto che non solo in te stesso ma anche nel cuore della Madre tu fosti così mortalmente crocifisso.

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Mentre Maria attendeva la risurrezione del Figlio lo invocava affinché la prendesse con se nella gloria. Lei che era “morta crocifissa con lui” desiderava “conformarsi” pienamente in tutto a lui. Ma Gesù le rispose:

Madre mia dolcissima, questo piccolo gregge dei tuoi figli non può essere privato della tua presenza. Tutti infatti verrebbero meno se non venissero rafforzati dal sostegno della tua fede. Sarebbe troppo duro per loro privarsi contemporaneamente di me, pastore e padre, e di te, madre e maestra. Per mezzo di essi io devo ancora procurarmi un popolo che procederà dalle tue viscere di carità. Perciò, o Madre dolcissima, sopporta pazientemente che io ti lasci temporaneamente con loro e che assuma il mio corpo nella gloria della Maestà.

La vergine è consapevole che la Chiesa nasce dal suo grembo pieno di carità, perciò dice:

... morendo sulla tua santissima Croce, nel dolore, mi hai affidato a Giovanni. In lui tu hai incluso tutti; tu hai racchiuso nelle mie viscere tutti gli eletti.

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Il giorno di Pentecoste, la presenza di Maria nel Cenacolo è segno della sua mediazione. Ubertino racconta che gli Apostoli

si avvicinavano anche umilmente e devotamente, come piamente si deve credere, ai piedi della sacratissima Vergine, Madre del loro Signore, e conferivano su tutte le cose con Colei che, tutta piena di Spirito Santo, era maestra cosciente di tutte le azioni del Figlio suo. A Lei si raccomandavano umilmente, e la pregavano con ardore a degnarsi di intercedere per essi presso il Figlio, affinché, a causa delle loro colpe, non avesse tardato ad inviare loro lo Spirito Santo.

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Ubertino, dunque, attribuisce la discesa dello Spirito alla mediazione di Maria, e va oltre, affermando che

Tutta la Trinità con uniforme e concorde volontà, dimostra che questa inestimabile Vergine è la munifica dispensatrice di tutti i tesori celesti, secondo il beneplacito della sua volontà.

Il mistico francescano conclude:

lo Spirito Santo ha dimostrato espressamente agli eletti che in questa officina (Maria) e per mezzo di lei, ha costruito tutto ciò che di mirifico opera la grazia, e che ha rinchiuso in questa tutto il fuoco delle sue operazioni, che egli ha disposto di dare alle creature razionali.

Maria si trova ora nella gloria e continua ad essere per tutti “madre, consolatrice e maestra”.