u Giù Brasile, Cina, India e Medio Oriente - Primi segnali ... · primo bimestre. Spostandosi...
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Mercoledì 27 Aprile 2016 IL GIORNALE DELL’ECONOMIA REALE www.ilsole24ore.com
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Commercio estero. A marzo calo del 5,2% sui mercati extraUe Trimestre in rosso, è il peggior dato dalla fine del 2009
La crisi dei Brics frena l’export Giù Brasile, Cina, India e Medio Oriente - Primi segnali di stabilizzazione in Russia
Luca OrlandoMILANO
pIn tre mesi gli incassi si riducono di 2,3 miliardi. Il rallentamento del commercio mondiale presenta il conto anche all’Italia, le cui vendite neimercati extraeuropei si riducono per il terzo mese consecutivo. Una frenata, quella dimarzo, appena mitigata dal solitario rimbalzo degli StatiUniti, peraltro amplificato dacommesse una tantum di navi.La frenata è del 5,2% (0,3% il dato mensile), con una discesacorale che riguarda tutte le tipologie di beni, più marcataper l’energia (42,6% per i prodotti riesportati) ma rilevanteanche per beni di consumo, strumentali e intermedi. Anche al netto dell’energia, la riduzione delle vendite è pari al3,5%: in tre mesi le nostre vendite extraUe si riducono del5,2%, peggior risultato dalla fine del 2009.
In termini geografici, oltrealla ripresa degli Stati Uniti e alguadagno di nove punti inGiappone, nei dati Istat si può trovare solo un’altra buonanotizia, riguardante la Russia.A marzo gli acquisti di Mosca sono in calo appena marginale, una frenata dello 0,9% che potrebbe segnare infine il termine del tracollo iniziato ametà 2014.
Stabilizzazione quanto maigradita, per un mercato che inpoco tempo ha quasi dimezzato il proprio valore; nel primo trimestre del 2014 gli acquisti di made in Italy furono pari a 2,28 miliardi di euro, tra gennaio e marzo del 2016 appena 1,38miliardi, il 40% in meno.
Il calo limitato di Mosca èperò purtroppo superato al ribasso da molte altre aree del globo, che nei dati Istat si manifestano con una lunga sequenza di segni meno: vi sonocali a doppia cifra per Turchia,Africa settentrionale, Medio Oriente e America Latina, quest’ultima appesantita dallarecessione in Brasile. In tremesi il gap di vendite nell’areaMercosur per le aziende italiane supera già i 300 milioni di euro. Notizie poco gradite anche dal resto dei Bric’s, con l’India a cedere oltre il 7% e laCina in rosso del 2,5%, in lineacon la performance debole delprimo bimestre.
Spostandosi sull’altro latodella statistica, il tracollo deilistini energetici dei prodottiacquistati (30,8%) appesantisce il “rosso” anche per leimportazioni italiane. Chetuttavia, per la prima volta damolti mesi, presentano segnimeno anche per la parte manifatturiera in senso stretto,con l’unica eccezione dei beni strumentali, ancora in crescita. Al netto dell’energial’import cede nel mese il4,2%, mantenendo tuttaviaun punto di crescita dall’inizio del 2016.
Il saldo commerciale, positivo per poco più di 4 miliardi,è in crescita di quasi mezzomiliardo rispetto allo stessomese del 2015. Determinantela bolletta “light”, con il crollo dei listini di gas e greggioad abbattere il nostro deficitin campo energetico: neimercati extraUe nel primotrimestre 2015 era pari a 7,28miliardi, oggi si è ridotto del24% a 5,5 miliardi.
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Mercati emergenti. Dal 2010 le esportazioni verso Taiwan, India, Cina e Corea del Sud sono cresciute del 26%
L’irresistibile ascesa dei Tickscambia le rotte del made in ItalyCarlo Andrea FinottoMILANO
pUn nuovo acronimo si aggira per il mondo globalizzato e “minaccia” di monopolizzare le statistiche dei prossimi anni relative alcommercio internazionale. Scalzando i cari, vecchi Brics.
Una sigla, quest’ultima, inventata dal capo economista di GoldmanSachs, Jim O’Neil, nell’ormai lontano 2001 – preistoria, in un contesto internazionale che muta alla velocità della luce – per identificare e raggruppare i Paesi che guidavano la crescita globale: Brasile, Russia, India, Cina e, successivamente, Sud Africa. Complice la recessione del Brasile, le difficoltà del Sud Africa, il crollo della Russia negli ultimi due anni sotto il peso di una crisi interna aggravata da tensioni e sanzioni internazionali, e la frenata della Cina, il posto dei Brics lo stanno prendendo i Ticks.
Il passaggio di testimone, nelmondo della finanza globale, è già stato sancito: i principali fondi internazionali stanno spostando i loro investimenti verso i nuovi – più o meno – “motori” dell’economia mondiale: Taiwan, India e Cina (che restano una costante e l’unico punto in comune con l’acronimo di inizio millennio) e, soprattutto, Corea del Sud: sono queste le nazioni le cui iniziali hanno dato vita alla nuova sigla, che sottintende quattro realtà asiatiche accomunate, tra le altre
cose, dalla forte spinta nell’innovazione tecnologica. È questo aspetto, in particolare, che segna la differenza rispetto a Paesi comeBrasile, Sud Africa e anche Russia,che hanno puntato molto, sin qui, sul volàno delle materie prime. Nel mondo della globalizzazione non c’è posto per i sentimenti: tant’è vero che – come annunciava Il Sole 24 Ore con un articolo sul sitointernet a fine gennaio – proprio
Goldman Sachs ha chiuso il fondodedicato alla “sua creatura”.
Il made in Italy, tuttavia, non haaspettato le sentenze degli economisti e degli analisti finanziari, per fiutare il nuovo ordine mondiale. I numeri sono lì a parlare: tra il 2010 e il2015 le esportazioni di prodotti manifatturieri italiani sono cresciute del 26%, passando da meno di 15 miliardi di euro a quasi 19 miliardi. Resta ancora un gap di circa 7 miliardi rispetto ai Brics, ma le vendite versoquesti ultimi dal 2010 sono aumentate “solo” del 6,4%. Una differenza evidente. In questo lasso di tempo, inoltre, l’export verso la Corea del
Sud è balzato praticamente dell’80%, sfiorando i 4,5 miliardi di euroe superando in valore l’India di 1,3 miliardi e, volendo fare un confronto con i Brics, lasciando staccato di 2,6 miliardi il Sud Africa e di 600 milioni il Brasile. E anche il dinamismodella piccola Taiwan non è da sottovalutare: +25% tra 2010 e 2015.
Nell’ultimo anno, poi, complicile cadute economiche di Russia (24,8% il nostro export verso Mosca) e Brasile (17,4%) e la frenata di Pechino (0,9%), le esportazioni manifatturiere verso i Brics si sono ridotte di oltre dieci punti percentuali. Al contrario (pur condizionate, sempre, dal risultato cinese) quelle verso i Ticks sono cresciute di quasi quattro punti, grazie al traino di Taiwan (+12,4%) e Corea del Sud (+8,4%).
Tra i settori del made in Italy apiù forte internazionalizzazione c’è quello dei macchinari e, in particolare, il comparto delle macchine utensili e robot, che realizza oltre il 70% dei ricavi oltre confine. «Per i costruttori italiani di macchine utensili il peso dell’Asia è sempre più importante – conferma il presidente di Ucimu, Luigi Galdabini –. Nel 2015, l’aera ha assorbito il 22% del totale delle vendite italiane, per un valore pari a 714 milioni di euro, secondo solo a quello della Ue». E Galdabini conferma, allargando lo sguardo, il ruolo delle “nuove tigri”:«Oltre ai paesi affermati quali Cina e Giappone – chiarisce il presidente
di Ucimu –, vi sono mercati che stanno diventano sempre più importanti perché richiedono tecnologie molto innovative. Penso a Paesi come la Corea, che nel corso dell’ultima edizione della fiera Simtos ha visto la presenza di 50 imprese italiane espositrici, oppure la Tailandia, che a Metalex presentava l’offerta di oltre 70 brand italiani».
Ma, oltre alle performance c’èdi più. Esportare meccanica hitech in un’area come quella asiatica che – come ricorda Galdabini – «nel 2015 si è confermata la prima al mondo per produzione e consu
mo di macchine utensili, con una quota del 58% per entrambi gli indicatori» è la migliore prova della competitività delle Pmi italiane.
I Ticks sono probabilmente giànel vocabolario anche delle aziende del sistema moda italiano (altromacro settore che, con la meccanica, ha nel proprio Dna la vocazione a imporsi sui mercati internazionali). In attesa che si concretizzino le previsioni sulla prima parte del 2016 illustrate dal presidente di Smi, Claudio Marenzi (con la crescita dei mercati di Cina, Hong Kong, Giappone e il recupero della Russia, oltre al trainodegli Usa), spiccano le performance messe a segno tra il 2010 e il2015 dalle aziende del tessileabbigliamento pelli e accessori: +70% verso l’Asia nel suo complesso, con un balzo del 113% della Corea del Sud, del 110% della Cina e del 54% di Taiwan.
In tutto questo scenario di flussiglobali e di guerre tra acronimi la manifattura italiana evidenzia però, ancora, un paradosso: l’Unioneeuropea – o, per restare in tema, Ue a 28 – rimane lo sbocco privilegiato dei nostri prodotti con una quota del 54,7% del totale, solo leggermente ridotta rispetto al 57,5% del 2010. L’Asia è salita sì, di oltre un punto, ma resta al 15,4%.
Se l’accordo strategico conAlibaba per la vendita del vino made in Italy in Cina avrà successo, se proseguiranno le azioni di sistema oltre confine e se la crescita dei Ticks proseguirà, il cordone ombelica che lega le imprese italiane alla vecchia Europa potrebbe allentarsi.
.@andreafin8© RIPRODUZIONE RISERVATA
* Revisionato Fonte: Istat; elaborazione dati Il Sole 24 Ore su dati Istat
ESPORTAZIONI EXTRA UEPrincipali partner commerciali. Var. % mar 2016/2015
IMPORTAZIONII EXTRA UEPrincipali partner commerciali. Var. % mar 2016/2015
Corea del Sud
+79,3%4.484
Taiwan
+25,6%1.210
India
-2,9%3.189
Cina
+22,0%9.965
Russia
-8,9%7.072
Sudafrica
+42,3%1.895
Brasile
-0,2%3.839
L’EXPORT VERSO I BRICSDati in milioni di euro
PERFORMANCE DEI SINGOLI PAESIDati in milioni e variazione % 2015/10
L’EXPORT VERSO I TICKSDati in milioni di euro
+26,3%Var. 2015/10
+6,4%Var. 2015/10
14.918
18.848
2014 2015*2013201220112010
2014 2015*2013201220112010
16.128
28.660 28.280
29.782
28.880
16.956
18.177
22.500
25.000
27.500
30.000
12.500
17.500
20.000
24.401
25.959
17.056
+11,3%Stati Uniti
+9,5%Giappone
–0,9%Russia
–2,5%Cina
–4,4%Svizzera
–8,0%Asean
–11,0%Turchia
–21,6%Opec
–28,2%Mercosur
+6,5%Turchia
+3,5%Asean
+2,9%Stati Uniti
–0,7%India
–1,6%Mercosur
–6,8%Opec
–10,9%Svizzera
–15,1%Cina
–18,1%Russia
Lo scenario globale
LA PAROLACHIAVE
Ticks
7È il nuovo acronimo coniato dai manager che si occupano di investimenti a livello mondiale per indicare i Paesi asiatici emergenti con forte sviluppo tecnologico. La sigla indica le economie di Taiwan, India, Cina e Corea del Sud. Nel panorama internazionale l’acronimo sta scalzando, complice le crisi interne, quello dei Brics: Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa
BALZO IN AVANTIA trainare le venditedelle Pmi italiane è soprattutto Seuli cui acquisti sono aumentatiquasi dell’80% in sei anni
L’esperto. Nuova sfida
Noci: «L’Asiaè il futuroma servemarketing»
p«L’acronimo Brics è nato in un mondo che non esiste più. È stata un’intuizione felice ma che ha perso “mattoni”: i Paesi che la formavano non sono mai stati omogenei». Brasile e Russia, hanno valorizzato commodities e risorse naturali, «prendendo la scia buona della Cina che trainava l’economia mondiale. Il rallentamento di Pechino e le varie crisi hanno accelerato il passaggio di consegne».
Giuliano Noci, docente distrategia e marketing del Politecnico di Milano e prorettore del Polo territoriale cinese, non ha dubbi: oggi i Brics «non sono più un target significativo».
Nel nuovo scenario mondiale, secondo Noci, «i Ticks hanno caratteristiche interessanti, soprattutto Taiwan e Corea del Sud. Ma le imprese italiane devono prendere maggiore consapevolezza delle aree di sbocco nello scacchiere mondiale». Guardare oltre, senza fermarsi al fascino degli acronimi: «È l’Asia intera che va attenzionata – sottolinea Giuliano Noci –. Qualsiasi impresa non può permettersi di non guardare a un continentente con 3 miliardi di persone». Altrimenti addio competitività: «Gli Stati Uniti hanno già intercettato questa tendenza con l’accordo Tpp nel Pacifico».
Serve un salto di qualità a livello di imprese e di sistema Paese: «I mercati –afferma Noci – devono essere approcciati tenendo conto delle specificità locali. Un grande polo attrattore non può essere trattato come unicum, altrimenti la scarsa consapevolezza delle specificità diventa una debolezza».C’è poi la sfida digitale, come ricorda Giuliano Noci: «In Asia la propensione al digitale è molto più elevata che da noi. Non siamo avanti, ma l’appeal del made in Italy ci aiuta». Nel digitale, però, bisogna investirci: le aziende lo stanno capendo dotandosi di manager specifici per strategie di comunicazione e marketing legati al web. «E il governo – afferma Noci – accanto alle missioni di sistema deve avviare una grande campagna di promozione del made in Italy nelle sue molteplici declinazioni». L’accordo con Alibaba va nella direzione giusta, perché per affrontare un mercato complesso come quello cinese serve un intermediario. Ma c’è un rischio: «Di essere schiacciati dal potere contrattuale di chi sta vicino al consumatore finale. Per sopravvivere bisogna costruirsi un’immagine ben definita. La sfida è fare in modo che Alibaba non possa fare a meno di dare visibilità premiale al vino italiano. Altrimenti, in un ambiente con decine di migliaia di vetrine, noi non siamo visibili».
C. A. F.© RIPRODUZIONE RISERVATA
CONTRASTO
Politecnico. Giuliano Noci
CAMPANIA
Via al rinnovodei treni regionali Marco Morinoupagina 14
CALL CENTER
Almaviva, la parolapassa ai lavoratoriFrancesco Priscoupagina 15
Authority europea
SICUREZZA ALIMENTAREL’Efsa di Parma«apre» le porte