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La comunicazione del colore in odon-toiatria in modo semplice e predicibileDr. Roberto Favero, Odt. Davide Bigerna
Per ottenere il successo in odontoiatria è necessario raggiungere obiettivi funzionali e estetici. L’odontoiatra e l’odontotecnico de-vono saper valutare i classici fattori essenziali dell’estetica dentale: la forma, la tessitura di superficie, la composizione ed il colore. L’analisi del colore dentale, la comunicazione efficace con il laboratorio odontotecnico e, soprattutto, la riproduzione di un restauro finale che imiti i denti naturali adiacenti rappresentano da tempo una grande sfida per l’odontoiatria. Anche dal punto di vista del paziente la corrispondenza cromatica di un restauro ai tessuti dentali esistenti è cruciale nella valutazione del successo del risultato e nell’accettazione del trattamento. Tre sono le modalità per una valutazione colorimetrica degli elementi dentali: un’analisi vi-suale, in cui vengono affiancate delle palette ai denti naturali, un’analisi visuale assistita con la fotocamera digitale ed una analisi tecnologica con colorimetri e spettrofotometri.La tecnica più utilizzata è l’analisi visuale, ma questa procedura dipende soprattutto dalla percezione dell’osservatore. Inoltre variabili come il metamerismo, il tipo di illuminante, la riflessione della luce contribuiscono alla scarsa predicibilità nella scelta del colore. È fondamentale, quindi, conoscere i principi di base della colorimetria, dell’interazione della luce con i materiali dentali e dei vari dispositivi tecnici che possono essere utilizzati e seguire un protocollo validato e condiviso per una scelta più rigorosa e consapevole del colore in odontoiatria restaurativa e protesica
Introduzione (Scopi del lavoro)
Uno dei problemi che assilla ormai da tempo l’estetica in odontoia-
tria conservativa e protesica è l’analisi del colore. La sostituzione di un dente mancante o notevolmente discromi-co, soprattutto nell’area estetica an-teriore, con un restauro che si integri totalmente con la dentatura circostan-te, rappresenta da sempre una grande sfida (Fig. 1). Il colore dei denti non è un argomento importante e cruciale solo per l’odontoiatra e per l’odonto-tecnico (che realizza il restauro), ma anche per il paziente che desidera migliorare il suo sorriso; ciò è riporta-to da numerosi studi che evidenziano come il 15% della popolazione del Re-gno Unito, il 34% negli Stati Uniti ed il 52% di una popolazione di studio adulta cinese è insoddisfatta del co-lore dei propri denti [1]. È comunque comprovato che la valutazione e la scelta del colore dei denti sono pro-cessi molto complessi che richiedono la conoscenza e l’interazione di fattori scientifici, fisiologici, psicologici ed ar-tistici. Basti pensare che senza la cono-
scenza delle nozioni di base di colori-metria, la selezione del colore diventa una metodica affidata al caso, sia nello studio odontoiatrico sia nel laborato-rio odontotecnico. Per migliorare l’ac-curatezza nella scelta del colore, è di fondamentale importanza avere una conoscenza obiettiva di tutti i fattori coinvolti nel processo di selezione del colore stesso. Inoltre è indispensabile una perfetta comunicazione tra il cli-nico e l’odontotecnico. Si dice che una comunicazione efficace all’interno del team sia alla base del successo in mol-te discipline e se questa è inadegua-ta, il risultato non potrà essere che un compromesso con risultati imprevedi-bili [2]. Quando si verificano errori di comunicazione, tipicamente il medico ed il tecnico tendono ad incolparsi l’u-no con l’altro. Inoltre la maggior parte degli odontoiatri non ha il desiderio o il tempo di gestire in prima persona la diagnosi del colore, delegando questa valutazione ad altre figure con risultati del tutto aleatori. Risultati eccellen-ti non si verificano per caso. Un altro problema insito nel colore è la sua variabile riproduzione con i normali si-
stemi di visualizzazione. Tutti ci siamo resi conto che, se osserviamo un’im-magine su monitor diversi, la stessa immagine probabilmente avrà colori diversi; se la stampiamo i colori saran-no ancora diversi e, se cambiamo car-ta o inchiostri, apparirà ancora diversa (Fig. 2). Insomma, se non interveniamo in qualche modo, vedremo sempre colo-ri diversi [3]. Lo scopo di questo report è di pro-porre un metodo semplice, fruibile da chiunque, ma nello stesso tempo affidabile, scientificamente misurabile e riproducibile, che possa mantenere inalterati i colori di un’immagine du-rante i vari passaggi, dalla ripresa della scena con la fotocamera, alla visualiz-zazione a monitor ed eventualmente alla sua riproduzione in stampa (Fig. 3). L’obiettivo è di mantenere invariati gli stessi colori su tutte le periferiche: fotocamera, scanner, monitor, stam-pante [4].In generale, il principio di un CMS (Co-lor Management System) o Sistema di Gestione del Colore consiste nell’asse-gnare ad ogni periferica un cosiddet-to profilo colore (il profilo colore è la
Fig. 1 La sostituzione di un dente mancante o notevolmente discromico, soprattutto nell’area estetica anteriore, con un restauro che si integri totalmente con la dentatura circostante, rappresenta da sempre una grande sfida
Fig. 2 Se non abbiamo un corretto uso della gestione del colore, l’immagine che osserveremo su monitor diversi avrà probabilmente colori diversi; se la stamperemo, i colori saranno ancora diversi e, se cambieremo carta o inchiostri, apparirà ancora diversa
Fig. 3 Lo scopo di questo report è di proporre un metodo semplice, fruibile da chiunque, ma nello stesso tempo affidabile, scientifi-camente misurabile e riproducibile, che possa mantenere inalterati i colori di un'immagine durante i vari passaggi, dalla ripresa della scena con la fotocamera, alla visualizzazione a monitor ed eventualmente alla sua riproduzione in stampa
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descrizione matematica delle caratte-ristiche colorimetriche di una periferi-ca). Ad ogni immagine prodotta viene associato il profilo colore della peri-ferica che mette in relazione le coor-dinate colorimetriche della periferica stessa espresse in qualche modalità di colore (per esempio RGB, CMYK, Lab, Scala di grigi) con le coordinate colori-metriche di XYZ o Lab (Fig. 4) [3].Il Sistema di Gestione del Colore (CMS) mette quindi in collegamento due profili, quello della periferica di ori-gine (fotocamera, scanner, monitor, stampante), e quello di destinazione (monitor o stampante). In base a que-
sto confronto, esso converte i dati nu-merici dell’immagine mantenendo se possibile inalterati i colori [5]. Per fare questa conversione il CMS può utiliz-zare diverse modalità chiamate Intenti di rendering. Il profilo della periferica, per esempio un monitor, permette al CMS di convertire lo spazio colore del monitor in uno spazio colore indipen-dente (XYZ o Lab) (Fig. 5). Un tempo non c’era la necessità della gestione colore poiché il flusso di lavoro dipen-deva da un’unica periferica di input e da un’unica periferica di output. Oggi le periferiche sono numerosissime: includiamo nelle periferiche di input
le fotocamere digitali, gli scanner di fascia alta, gli scanner per slide etc., in quelle di output le stampanti inkjet, le stampanti laser, e in una terza classe i monitor. Questa notevole diversi-tà rompe il vecchio flusso di lavoro a ciclo chiuso in un numero infinito di collegamenti tra periferica e periferi-ca. La soluzione a tutto ciò si è avuta introducendo come PCS (Profile Con-nection Space) lo spazio CIELAB che rappresenta l’HUB per le conversioni del colore tra periferica e periferica [6]. Esso si comporta come gli aeroporti hub. Piuttosto che avere voli diretti e separati da singolo aeroporto a singo-
lo aeroporto per un numero elevato di voli le varie compagnie possono convogliare i voli verso i maggiori ae-roporti denominati appunto hub e di lì smistarli alle altre destinazioni con notevoli riduzioni di tratte (Figg. 6 e 7).La bontà di avere un PCS come l’hub è quindi di ridurre il numero di con-nessioni: da un prodotto (mxn) ad una somma (m+n), dove m rappresenta la connessione tra la periferica di origine ed n la connessione della periferica di destinazione. Per convertire un colore da una perife-rica di origine ad una di destinazione si utilizzano i profili delle due periferi-che. Il PCS (Profile Connection Space) realizza il collegamento tra i due profili e quindi converte i numeri di origine (RGB, CMYK…) in numeri di destina-
zione in modo che i colori non cambi-no. Negli anni tra il 1980 e gli inizi del 1990, molte aziende, tra cui Agfa, Ap-ple, Kodak, Xerox hanno cercato di svi-luppare un sistema per risolvere i mol-teplici problemi legati alla gestione del colore. Oggi questa associazione conta più di 70 membri, tra cui Canon, Nikon etc. ed è conosciuta come ICC (International Color Consortium) la quale si prefigge di sviluppare degli standard per la gestione digitale del colore [7]. I profili che noi utilizzeremo per i nostri monitor saranno profili ICC i quali possono essere utilizzati per tutte le altre periferiche (Fig. 8).Anche per la fotocamera possiamo avere profili ICC, ma esistono anche al-tri tipi di profili soprattutto per le foto-camere utilizzate per scattare in RAW.
Cosa dobbiamo fare affinchè i no-stri colori rimangano inalterati nei vari passaggi del flusso di lavoro, dalla ripresa delle immagini alla loro visualizzazione?
È irreale immaginare che tutti i dispo-sitivi della catena grafica (fotocamera, scanner, monitor, stampante) possa-no rappresentare il colore nello stesso modo. Per mantenere inalterati i colori su tutte le periferiche abbiamo bisogno di una lingua comune che possa funge-re da interprete e che possa far dialoga-re tra loro le diverse periferiche. Ci sono diversi sistemi per ottenere questo dia-logo, il più usato dei quali è il sistema ICC (International Color Consortium) [3,7] che descrive le capacità di riproduzione del colore di ogni periferica (Fig. 8).
INPUT OUTPUT
Digital camera
Scanner Printer
MonitorProfilo ICC
Profilo ICCProfilo ICC
Profilo ICC
Fig. 4 Il principio di un CMS (Color Management System) o Sistema di Ge-stione del Colore consiste nell’assegnare ad ogni periferica un cosiddetto profilo colore (il profilo colore è la descrizione matematica delle carat-teristiche colorimetriche di una periferica). Ad ogni immagine prodotta viene associato il profilo colore della periferica che mette in relazione le coordinate colorimetriche della pe-riferica stessa espresse in qualche modalità di colore (per esempio RGB, CMYK, Lab, Scala di grigi) con le coordinate colorimetriche di XYZ o Lab
MONITOR CIE XYZ, CIELAB STAMPANTE
Fig. 5 Il Sistema di Gestione del Colore (CMS) mette in collegamento due profili, quello della periferica di origine (fotocamera, scanner, monitor, stampante), e quello di destinazione (monitor o stampante). In base a questo confronto, esso converte i dati numerici dell’immagine mantenendo se possibile inalterati i colori. Per fare questa conversione il CMS può utilizzare diverse modalità chiamate Intenti di rendering. Il profilo della periferica, esempio un monitor, permette al CMS di convertire lo spazio colore del monitor in uno spazio colore indipendente (XYZ o Lab)
Fig. 6 Le periferiche oggi sono numerosissime: includiamo nelle periferiche di input le fotocame-re digitali, gli scanner di fascia alta, gli scanner per
slide etc., in quelle di output le stampanti inkjet, le stampanti laser, e in una terza classe i monitor. Questa notevole diversità di dispositivi compor-
ta un numero infinito di collegamenti tra periferica e periferica
Fig. 7 La soluzione a tutto ciò si è avuta introducen-do come PCS (Profile Connection Space) lo spazio
CIELAB che rappresenta l’HUB per le conversioni del colore tra periferica e periferica. Esso si comporta
come gli aeroporti hub. Piuttosto che avere voli diretti e separati da singolo aeroporto a singolo ae-roporto per un numero elevato di voli le varie com-pagnie possono convogliare i voli verso i maggiori aeroporti denominati appunto hub e di lì smistarli
alle altre destinazioni con notevoli riduzioni di tratte
Fig. 8 L'International Color Consortium (abbreviato ICC) è un'organizzazione indipendente fondata nel 1993 allo scopo di sviluppare e mantenere uno
standard aperto, a livello di sistema operativo e multipiattaforma per la gestione digitale del colore e a questo scopo pubblica proprie specifiche di
modalità di costruzione e uso dei profili di colore. Gli otto membri fondatori sono: Adobe, Agfa, Apple, Kodak, Taligent, Microsoft, Sun Microsystems e
Silicon Graphics. Un profilo di colore conforme a tali specifiche è chiamato profilo ICC (https://it.wikipedia.org/wiki/International_Color_Consortium)
origine x destinazione
3x4=12
Senza PCS
Con PCS
origine + destinazione
3+4=7
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Per ottenere una corretta gestione del colore occorre effettuare dapprima la calibrazione della periferica, seguita poi dalla caratterizzazione della stessa e infine dalla profilazione (Fig. 9) [8].Si tratta di procedure utili ed allo stes-so tempo semplici che ci permettono di creare un profilo specifico per ogni periferica utilizzata. Il colore di un monitor è determinato da tre fattori: i suoi tre colori primari (spesso fissi, ma nei nuovi monitor mo-dificabili), il gamma, il punto di bianco.Ora vediamo in breve le tre fasi:1) Calibrazione: La calibrazione di un monitor consiste nell’impostare i suoi tre primari, il gamma (o TRC), il punto di bianco (Fig. 10).
2) Caratterizzazione: Il software invia alla periferica (monitor) una serie di valori RGB conosciuti e poi misura ciò che la periferica produce. Le misure sono fatte utilizzando un colorimetro che viene appoggiato allo schermo del monitor. Infine correla i valori RGB con i valori di uno spazio colore indipen-dente (tipicamente Lab) (Fig. 11).3) Profilazione: È la fase in cui il softwa-re analizza tutte le misure effettuate e costruisce le tabelle (una per ogni in-tento di rendering) che descrivono il monitor, secondo le specifiche dell’In-ternational Color Consortium) (Fig. 12).La sola profilazione del nostro monitor di studio non garantisce che la nostra
immagine sarà vista in modo adeguato sul monitor dell’odontotecnico: anche lui dovrà profilare il suo monitor [9].La corrispondenza dei colori è il risul-tato di un incastro perfetto tra tutte le periferiche e ciò sarà a garanzia del risultato finale. Un singolo tassello di questo processo, per esempio cali-brare solamente il nostro monitor o calibrare la sola fotocamera, non ga-rantirà che la nostra immagine sarà vista con le medesime caratteristiche colorimetriche sul monitor del labo-ratorio odontotecnico e sul monitor dello studio (Figg. 13 e 14). Il lavoro di calibrazione, caratterizzazione e pro-filazione del monitor viene eseguito nella maggior parte dei casi da uno
Fig. 9 Per ottenere una corretta gestione del colore occorre effettuare dappri-ma la calibrazione della periferica, seguita poi dalla caratterizzazione della stessa e infine dalla profilazione. È stato utilizzato il colorimetro i1Profiler X-Rite
Fig. 10 Fase di calibra-zione del monitor con il colorimetro i1Profiler. La calibrazione di un monitor consiste nell’ impostare i suoi tre pri-mari, il gamma (o TRC), il punto di bianco
Fig. 11 Caratterizzazione del monitor: il software invia alla periferica (monitor) una serie di valori RGB conosciuti e poi misura ciò che la periferica produce. Le misure sono fatte utilizzando un colorimetro che viene appoggiato allo schermo del monitor. Infine correla i valori RGB con i valori di uno spazio colore indipendente (tipicamente Lab)
Fig. 12 File profilo ICC (International Color Consortium) creato con il colo-rimetro i1Profiler
Fig. 13 Visualizzazione senza la Gestione del colore (CMS = Color Management System)
CMSFig. 14 Visualizzazione
con la Gestione del colore (CMS = Color
Management System)
strumento detto colorimetro. Nono-stante la varietà di colorimetri, che offre il mercato, tutti questi strumenti sono costituiti da una parte hardware e da una parte software.
I nostri monitor sono stati calibrati, ca-ratterizzati e profilati con il colorimetro i1 Display Pro della X-Rite.Per la calibrazione sono stati impostati i seguenti parametri:
• Gamma 2.2• Temperatura del bianco 6500 K• Gamut e spazio di colore sRGB• Luminosità 120cd/m^2
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Creazione di un profilo per la foto-camera
La maggior parte delle periferiche offre profili preconfezionati del tutto insoddisfacenti, quindi è quasi sem-pre opportuno creare profili persona-lizzati. Per la fotocamera lo possiamo fare con un Colorchecker Passport a 24 patch (X-Rite) (Fig. 15). Il prodotto si compone di due parti: il dispositivo di calibrazione ed il software per cre-are il profilo di calibrazione. Profilare una fotocamera significa costruire una descrizione del comportamento della
macchina in quelle precise condizioni di scatto e con quelle precise regola-zioni perché, come abbiamo detto, tutte le fotocamere che vengono pro-dotte hanno caratteristiche, anche se pur minime, diverse tra loro (Fig. 16) [10].
Come caratterizzare la fotocamera
Le fotocamere vengono calibrate scat-tando una foto ad un target, in questo caso al Colorchecker Passport della X-Rite nelle condizioni di illuminazio-ne desiderate. Il profilo risultante sarà
valido solo nelle condizioni di illumi-nazione in cui è stata acquisita l’imma-gine originale. La foto viene importa-ta in Lightroom e viene bilanciato il bianco con lo strumento contagocce. Viene dato il comando “file-esporta”, si attiva “ColorChecker Passport”, viene dato un nome al profilo e si clicca su “esporta”. Il profilo così creato apparirà nel menu a tendina di Camera Calibra-tion del modulo Sviluppo di Lightro-om.Questo profilo rappresenta la carta d’i-dentità di quella specifica fotocamera (Figg. da 17a a 17f ).
Fig. 15 Colorchecker Passport a 24 patch (X-Rite) per la profilazione della fotocameraFig. 16 Le fotocamere vengono cali-brate scattando una foto ad un tar-get, in questo caso al Colorchecker Passport della X-Rite nelle condizioni di illuminazione desiderate. Il profilo risultante sarà valido solo nelle con-dizioni di illuminazione in cui è stata acquisita l’immagine originale
Figg. da 17a a 17f La foto ripresa con il target viene importata in Lightroom (a) e viene bilanciato il bianco con lo strumento conta-gocce (b). Viene dato il comando “file-esporta” (c), si attiva “ColorChecker Passport”, viene dato un nome al profilo (d) e si clicca su “esporta” (e). Il profilo così creato apparirà nel menu a tendina di Camera Calibration del modulo Sviluppo di Lightroom (f).Questo profilo rappresenta la carta d’identità di quella specifica fotocamera
Fig. 18 L’odontotecnico visualizza le immagini in
formato TIF inviate dall’o-dontoiatra con Lightroom.
I file TIF hanno il profilo dell’immagine incorporato.I monitor dello studio e del laboratorio devono essere
calibrati e profilati
Fig. 19 Profilo dell’immagine
Le immagini (TIF) che invieremo al laboratorio dovranno contenere que-sto profilo. In questo modo i colori dell’immagine verranno comunicati al laboratorio (ovviamente con il lin-guaggio del CMS utilizzato) (Figg. 18 e 19).
Calibrazione del monitor
Come abbiamo già detto preceden-temente, se visualizziamo la stessa
immagine su monitor diversi la ve-dremo con colori diversi ed ancora, se stampiamo l’immagine, questa sarà ancora diversa. La gestione del colore è una procedura di gestione delle im-magini digitali che permette di man-tenere inalterati i colori su qualunque periferica di visualizzazione, monitor o stampanti (Figg. 13 e 14). Per ottene-re questo deve essere creato per ogni periferica il “profilo di colore” in modo che siano certe le sue caratteristiche
cromatiche: ciò significa portare la periferica da uno stato non noto, per esempio quello di acquisto, ad uno stato noto e descritto numericamente.I profili in questione vengono chiama-ti ICC (International Color Consortium) e, come per la fotocamera, rappresen-tano la carta d’identità di ogni moni-tor. I monitor normalmente vengono forniti con un profilo generico, ma anche in questo caso è utile creare un profilo personalizzato.
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L’immagine ripresa da una fotocamera digitale avrà un profilo colore associa-to (Fig. 19) e, quando l’immagine verrà inviata ad un monitor il sistema di ge-stione di colore provvederà alla con-versione di colore tra il profilo dell’im-magine ripresa con la fotocamera e il profilo del monitor (Fig. 20), in modo che le caratteristiche colorimetriche dei colori di ingresso corrispondano alle caratteristiche colorimetriche del-la periferica di uscita. In questo modo i colori originali e quelli dell’immagine visualizzata coincideranno. Il processo di creazione del profilo del monitor, come è stato detto, avviene attraverso tre operazioni: la calibrazio-ne, la caratterizzazione e la profilazio-ne (Fig. 21). Il software di calibrazione
esegue in perfetta autonomia, una dopo l’altra, le tre operazioni: calibra-zione, caratterizzazione e profilazione [12]. Una volta lanciato il software di calibrazione è necessario seguire le semplici istruzioni fino a quando il software stesso non chiederà di posi-zionare il colorimetro sullo schermo.
Digital color workflow
1. L’odontoiatra esegue le riprese in formato RAW con la fotocamera settata con le stesse impostazioni che sono state utilizzate per creare il profilo con Colorchecker Passport.
2. L’odontoiatra apre Lightroom e vi-sualizza le immagini, con il profilo fotocamera installato nel menu del
tab camera calibration. Effettua il bilanciamento del bianco cliccando sulla palette target che riporta il gri-gio neutro. Può anche modificare l’esposizione.
3. L’immagine viene esportata, sal-vata in formato TIF con spazio co-lore ProPhoto RGB.
4. L’immagine viene inviata al labo-ratorio tramite il servizio di condi-visione Dropbox.
5. L’odontotecnico visualizza le im-magini in formato TIF con Lightro-om inviate dall’odontoiatra. I file TIF hanno il profilo dell’immagine incorporato.
6. I monitor dello studio e del labo-ratorio devono essere calibrati e profilati.
Fig. 20 L’ immagine ripresa da una fotoca-mera digitale avrà un profilo colore asso-ciato e, quando l'immagine verrà inviata ad un monitor il sistema di gestione di colore provvederà alla conversione di colore tra il profilo dell’immagine ripresa con la fotoca-mera e il profilo del monitor in modo che le caratteristiche colorimetriche dei colori di ingresso corrispondano alle caratteristi-che colorimetriche della periferica di uscita
Fig. 21 Calibrazione del monitor
Scala colori utilizzata
La scala colori VITAPAN Classical, intro-dotta nel 1956, si è rivelata per molti decenni il gold standard in odontoia-tria per la presa del colore, ma è stata progettata empiricamente, includen-do una gamma di colori più ristretta e senza distribuzione uniforme del colo-re stesso (Fig. 22).Successivamente è stata introdotta la scala VITA 3D-MASTER nelle tre forme toothguide, linearguide e bleachgui-de (Fig. 23).La determinazione del colore con VITA Toothguide 3D-MASTER richiede tre passaggi. Nel primo passaggio viene
determinato il valore e successiva-mente in due passaggi separati la cro-ma e la tinta. Questo approccio non è fattibile con la scala VITA Classical in quanto le tre dimensioni del colore non sono ben definite.La scala VITA 3D-Master linearguide ha ulteriormente semplificato la metodi-ca di selezione del colore riducendo il procedimento a due passaggi. Si sce-glie inizialmente il valore e successiva-mente la tinta/croma (13).Nella stesura di questo articolo ci sia-mo avvalsi della scala colori Vita 3D - MASTER linearguide (Fig. 24).
Equipaggiamento fotografico ed impostazioni della fotocamera per la documentazione del colore
Quale è la migliore attrezzatura foto-grafica? Non esiste, in verità, una for-mula, unica, valida per tutti i generi di fotografia e non è possibile ottenere ottime immagini senza i giusti stru-menti di lavoro.La passione e la creatività sono impor-tanti, ma senza una macchina fotogra-fica, senza un’adeguata strumentazio-ne hardware e software, indispensabili per gestire il flusso di lavoro, senza le luci adatte, non si possono ottenere immagini eccellenti soprattutto se sia-
Fig. 22 La scala colori VITAPAN Classical, introdotta nel 1956, si è rivelata per molti decenni il gold standard in odontoiatria per la presa del colore, ma è stata progetta-ta empiricamente, includendo una gamma di colori più ristretta e senza distribuzione uniforme del colore stesso
Fig. 23 La scala VITA 3D-MASTER nelle tre forme toothguide, linearguide e bleachguide
Fig. 24 La scala VITA 3D-Master linearguide ha ulteriormente sem-plificato la metodica di selezione del colore riducendo il procedi-mento a due passaggi. Si sceglie inizialmente il valore e successi-vamente la tinta/croma. Nella stesura di questo articolo ci siamo avvalsi della scala colori Vita 3D -MASTER linearguide
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mo nel campo della fotografia clinica. Ci sono dunque cose necessarie a tutti i fotografi (professionisti e non) e altre riservate solo ad alcuni specializzati in un determinato settore, impegnati ad ottenere il massimo nella propria pro-fessione. La fotografia in odontoiatria è fotografia clinica [14] quindi scienti-fica, e come tale deve saper risponde-re a quesiti di misurabilità e di riprodu-cibilità. Non è importante focalizzare l’attenzione su un solo marchio, ma è invece fondamentale scegliere un ido-neo corpo macchina (DSLR-Reflex), un obiettivo con lunghezza focale stabili-ta, una illuminazione adeguata.L’equipaggiamento fotografico che abbiamo utilizzato per la stesura dell’articolo e quindi per la valuta-zione del colore è il medesimo che
normalmente utilizziamo per la docu-mentazione fotografica dei nostri pa-zienti in studio (Fig. 25).
Qui di seguito l’attrezzatura utilizzata:• Corpo macchina Nikon D7200• Obiettivo Nikkor 105 mm f2.8 VR• Flash Nikon SB-R200 (2)• Staffa Attachment Ring SX-1
(Nikon)• Bouncers (2) Pocket Bouncer Lu-
miquest
Impostazioni della fotocamera per la documentazione del colore
Vediamo ora di impostare la fotoca-mera per crearne un profilo e per ef-fettuare le riprese. Il flash interno alla fotocamera è stato utilizzato in modo
Commander ad una potenza di 1/128. I due flashes SB-R200 sono stati im-postati ad una potenza di 1/2 della potenza massima. La messa a fuoco manuale con distanza piano sensore oggetto di 45 cm.Le impostazioni di esposizione: f32, 1/125, iso 200. Le riprese: formato RAW (Fig. 26).
Riprese fotografiche per la docu-mentazione del colore e workflow digitale
Dopo aver portato a termine le impo-stazioni preliminari (profilazione della fotocamera, calibrazione e profilazio-ne del monitor dello studio e del labo-ratorio), possiamo effettuare le riprese per la documentazione del colore.
Fig. 25 Equipaggiamento fotografico
IMPOSTAZIONI
“f” 32
Tempi 1/125
ISO 200
Camera Mode M
Flash incorporato (modalità) Modalità commander
Flash incorporato (power) 1/128
Flash SB-R200 (power) 1/2
White balance Premisurazione manuale
Formato immagine RAW -NEF
Fuoco Manuale
Distanza di ripresa 45 cm
Attachment Ring SX-1 (staffa) 1
Bouncers 2
Fig. 26 Impostazioni della fotocamera
Ricordiamo che le immagini devono essere scattate in formato RAW.
Il protocollo che noi suggeriamo è il seguente:
Prima foto La scala colori 3D Master linearguide, permette di effettuare una prima se-lezione per stabilire il corretto livello
di valore tra 0 e 5 (Fig. 27). Questa pri-ma ripresa può essere trasformata in bianco e nero e visualizzata sul display della fotocamera per valutare con maggior accuratezza il valore (Fig. 28). Viene poi prelevata la guida croma/tinta corrispondente al valore scelto e si procede alla determinazione precisa del colore (Fig. 29).
Seconda fotoLa o le palette valore che risultano essere maggiormente compatibili, in-sieme ad una palette con target grigio neutro, vengono affiancate agli ele-menti dentali (Fig. 30).
Fig. 27 La scala colori 3D Master linearguide, permette di effettuare una prima selezione
per stabilire il corretto livello di valore tra 0 e 5
Fig. 28 Trasformazione della foto a colori in
scala di grigi
Fig. 29 Viene prelevata la guida croma/tinta corrispondente al valore scelto e si procede alla determinazione precisa del colore
Fig. 30 La o le palette valore che risultano essere maggior-mente compatibili, insieme ad una palette con target grigio neutro, vengono affiancate agli elementi dentali
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Importazione delle immagini in Lightroom
La foto viene importata in Lightroom e utilizzando lo strumento contagocce vie-ne bilanciato il bianco. Questo significa neutralizzare eventuali dominanti resi-due e ottenere colori bilanciati.Nel modulo sviluppo nella sezione Ca-librazione Fotocamera, sceglieremo il profilo della fotocamera creato con cui visualizzare le nostre immagini.
Di default Lightroom utilizza un pro-filo preimpostato su Adobe Standard, cioè il profilo che Adobe ritiene il più adatto per ottenere la miglior quali-tà possibile nella conversione del file RAW. Nel menu a comparsa Camera Calibration noi invece sceglieremo il profilo personalizzato con il quale ab-biamo precedentemente calibrato la nostra fotocamera per la valutazione del colore (Fig. 31). Se disponiamo di eventuali altre immagini dello stesso
paziente, riprese con le stesse impo-stazioni, le possiamo sincronizzare ed esportare per inviarle al laboratorio.
Salvataggio ed esportazione delle foto
Le immagini vengono salvate in for-mato TIF, spazio colore ProPhotoRGB ed esportate (Figg. 32 e 33).
Fig. 31 La foto viene importata in Lightroom e utilizzando lo strumento contagocce viene bilanciato il bianco. Questo significa neutralizzare eventuali dominanti residue e ottenere colori bilanciati. Nel modulo
sviluppo nella sezione Calibrazione Fotocamera, sceglieremo il profilo della fotocamera creato con cui visualizzare le nostre immagini.Di default Lightroom utilizza un profilo preimpostato su Adobe
Standard, cioè il profilo che Adobe ritiene il più adatto per ottenere la miglior qualità possibile nella conversione del file RAW. Nel menu a comparsa Camera Calibration noi invece sceglieremo il profilo perso-
nalizzato con il quale abbiamo precedentemente calibrato la nostra fotocamera per la valutazione del colore
Export photos
TIFFFormatFig. 32 Le immagini vengono salvate in formato TIF, spazio colore ProPhotoRGB ed esportate
Fig. 33 L’immagine viene esportata, salvata in formato TIF con spazio colore ProPhotoRGB
In laboratorio
L’odontotecnico, avendo il monitor calibrato e profilato dovrà visualizza-re, con un software che supporterà la conversione del colore (monitor compensation), ad esempio Lightro-om, le foto che gli sono state inviate, i cui colori saranno rimasti inalterati nel passaggio da periferica a periferica secondo la moderna tecnologia della gestione digitale del colore.
Comunicazione: linguaggio comune, codici comuni, scale colori
È importante comunicare, per poter ot-tenere il colore adeguato (Fig. 34). Non è sufficiente utilizzare un materiale
codificato. Bisogna saper combinare e dosare i colori tra di loro in un contesto di traslucenza e opacità. Quando si co-munica il colore, va sempre fissato un punto di partenza e un punto di arrivo (ad esempio se si parte da un A2, l’in-formazione corretta deve essere: siamo partiti da un A2, bisogna saturare il co-lore fino ad arrivare ad un A3”.Per interpretare il colore correttamen-te, è utile allenare il nostro occhio a scomporre il colore, riconoscere le varie componenti del dente naturale, partendo sempre da immagini che raf-figurino denti integri (Fig. 35). Personal-mente ho adottato un metodo: ho cre-ato una bacheca di immagini di sorrisi naturali. In questo modo, le immagini raccolte, fungono da “palestra” nell’e-
ducare il mio occhio a rilevare il colore, allenandomi a trasferire ciò che vedo, con i codici del materiale che uso quo-tidianamente (ceramica, composito, ecc). Tutta questa analisi va fatta dopo aver eseguito i vari passaggi elencati nell’articolo (profilatura della macchi-na fotografica, del monitor, ecc.) (Figg. 9,10,11,15,16). Inoltre è opportuno cre-are un contesto predicibile e ripetibile; ad esempio per quanto riguarda l’a-spetto fotografico è consigliabile usare sempre lo stesso protocollo di ripresa (fare foto con i denti bagnati, alla stessa distanza di osservazione etc.).È molto importante saper interpretare nella giusta misura le riprese fotografi-che.
Fig. 34 È importante la comunicazione tra le parti per il raggiungimento del
risultato ottimale
Fig. 35 Fototeca di denti naturali: è importante
che non ci siano fattori che possano influenzare
la nostra percezione nell’analisi del colore
(rossetti vistosi)
TW_fotografia dentale TW_fotografia dentale
teamwork Clinic 2/2018 71teamwork Clinic 2/201870
Uno dei software che possiamo utiliz-zare per visualizzare correttamente le nostre immagini è Lightroom. Dob-biamo avere dal clinico una fotografia del sorriso e di tutto il viso, ma soprat-tutto avere a disposizione una foto in bianco e nero degli elementi dentali
per poter interpretare il corretto valo-re e la tessitura di eventuali denti vicini (Fig. 36).Eventuali immagini con esposizioni diverse, possono essere utili per iden-tificare le masse di assorbimento pre-senti nei denti vicini alla preparazione
interessata (per masse di assorbimen-to si intendono tutte quelle croma-ticità di colore grigio, blu e viola che possono alterare il valore del restauro finale) (Fig. 37).Inoltre, avere a disposizione un’imma-gine del dente protesicamente prepa-
Fig. 36 L’importanza della foto in bianco e nero contrapposta a quella a colori,
per poter individuare meglio la tessitura e il valore della nostra ricostruzione
Fig. 37 Le foto con esposizioni diverse, possono essere di aiuto per individuare le masse di assorbimento
Fig. 38 L’impor-tanza di avere
una foto della o delle prepara-
zioni per poter rilevare even-
tuali variazioni colorimetriche
che possono influenzare
negativamente la finalizzazione
del restauro
rato permetterà all’odontotecnico di evidenziare eventuali disomogeneità colorimetriche mascherate da tessu-to dentale non ancora asportato (Fig. 38).
Per ottenere un risultato il più predi-cibile possibile, per poter impiegare al meglio i materiali estetici in nostro possesso, bisogna sfruttare nel miglior modo possibile le caratteristiche di questi ultimi.Non esiste un materiale universale che possa essere utilizzato per tutti i casi.
Un risultato estetico di eccellenza sarà legato sia all’esperienza dell’operatore sia ad una scelta accurata del materia-le. È consigliabile creare un campio-nario individuale del materiale scelto per il rivestimento estetico (Fig. 39). Nel caso della ceramica è opportuno utilizzare il forno che usiamo abitual-mente in modo che, quando si andrà a realizzare la cottura del nostro ma-nufatto esso risulterà fedele al risulta-to desiderato. Un metodo alternativo, ma meno oneroso, consiste nell’avva-lersi di scale colori fornite dalle case
produttrici dei rivestimenti estetici di materiale ceramico o composito.Nella pratica di ogni giorno l’odon-totecnico dovrebbe utilizzare uno schema che permetta di annotare in maniera dettagliata le peculiarità e caratteristiche del colore del restauro che andrà in seguito ad eseguire (Fig. 40). L’ausilio di questa “scheda colore” è irrinunciabile sia per la rilevazione del colore effettuata in maniera diretta (dal paziente) sia in maniera indiretta (dalle immagini fotografiche).
Fig. 39 Campionario individuale eseguito in laboratorio del rivestimento estetico ceramico
Fig. 40 Foglio contenente informazioni dallo studio al laboratorio
TW_fotografia dentale TW_fotografia dentale
teamwork Clinic 2/2018 73teamwork Clinic 2/201872
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Bibliografia
Roberto Favero è medico chirurgo-odontoiatra, libero professionista e docente di fotografia clinica.Dr. Roberto FaveroVia Fadigà 1 • 32021 Agordo (BL)Tel. +39 0437 640 [email protected]
Davide Bigerna è odontotecnico rela-tore e docente in Italia e all’estero.Lab. Od. PRO.BIDA SasVia Cengolina 164/A35030 Galzignano (PD)Tel. +39 049 89 76 [email protected]
Gli autori
Anche l’ambiente orale può celare delle insidie per la presa del colore; lo stato di salute dei tessuti gengivali, le labbra con rossetto possono alterare la nostra percezione. È sempre consi-gliabile utilizzare uno sfondo grigio, possibilmente un grigio neutro, da porre dietro agli elementi dentali pri-ma di effettuare le riprese fotografiche (Fig. 41).Riassumendo gli aspetti colorimetrici che noi dobbiamo tenere presente ed individuare in un dente sono: 1. tonalità cromatica (indica il grup-
po cromatico di appartenenza, rosso, giallo marrone)
2. saturazione cromatica (descrive la proprietà di un colore fondamen-tale, come il rosso che può appa-rire sbiadito o meno
3. luminosità, definisce il grado di colore da più scuro a più chiaro.
La palette di una determinata sca-la colori, anche se scelta con ac-curatezza non potrà darci tutte le informazioni di cui abbiamo biso-gno, ma rappresenterà il primum movens verso il restauro finale.
La presa diretta su paziente
Importante è avere un apribocca per eliminare fattori di disturbo, attenzio-ne inoltre alla presa del colore dopo una seduta di igiene dentale, i tessuti gengivali potrebbero essere infiam-mati, e ciò potrebbe alterare la nostra percezione del colore.È opportuno seguire un protocollo condiviso e validato.Eliminare tutto ciò che può creare di-sturbo, (gli abiti dei pazienti e degli operatori con colori vistosi dovreb-bero essere neutralizzati, ad esempio
coperti con un asciugamano grigio), rimuovere eventuali rossetti dalle lab-bra, utilizzare uno sfondo grigio.La temperatura della fonte illuminan-te dovrebbe essere pari a 5500 kelvin.Una volta individuato il colore di base, possiamo determinare il tipo di lucen-tezza del dente rendendolo asciutto.Si consiglia il trasferimento della map-pa del colore del dente in uno schema che rappresenti la stratificazione con la nomenclatura del materiale che ver-rà utilizzato (Figg. 42 e 43).
Ringraziamenti
Si ringrazia il Dr. Mauro Boscarol per la cortesia e disponibilità nella consu-lenza scientifica sul colore e nelle varie problematiche inerenti alla fotografia digitale.
Fig. 42 Mappa con i codici del materiale estetico utilizzato
Fig. 43 Risultato finale ottenuto grazie alla procedura applicata
Fig. 41 Labbra con rossetti vistosi possono compromettere la corretta analisi del colore dentale