Tuttolibri n. 1752 (12-02-2011)

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Scrittore dimmi perché fai il giornalista Con le recensioni e le classifiche dei bestseller Tra la vocazione e il mestiere Un rapporto ambivalente di attrazione e repulsione: così i letterati, da D’Annunzio a Gadda, da Piovene alla Ortese, spiegano la loro «corvée da scribacchino», miserabile fatica e grande passione MIRELLA SERRI Giornalistivilrazzadan- nata. Mai stato così vero. Anche perché stavolta a pronunciare il verdetto di autoaccusa sono gli stessi interessati. A impegnarsi nell’harakiri è però una partico- lare categoria della carta stam- pata ovvero quello speciale seg- mento che va sotto l’egida di scrittori-giornalisti. Unacorvéeda«scribacchino fesso» (così Carlo Emilio Gad- da), «miserabile fatica quotidia- na»(D’Annunzio),«secondome- stiere» (Eugenio Montale): tan- te le diffidenze per la scrittura più volatile. Che però ha finito per catturare i più noti scrittori del secolo passato. E per far strage di adepti ai giorni nostri. Da Parise a Sciascia, Arbasino, Moravia per arrivare a Saviano, Magris, Ceronetti, Dacia Marai- ni, Piperno, Scurati e Camilleri, il fior fiore della nostra intelli- ghenzia ha occupato e occupa la sua trincea di carta quotidiana. Guardandola sempre con un certo sospetto, a differenza di tantiautorichesisonosentitiar- ruolati speciali o combattenti per il quarto potere come He- mingway,Orwell,Capote. Allora la domanda sorge spontanea: cosa li ha spinti a in- dossare l’elmetto e a scendere in campo per quel medium non sempre apprezzato? A porsi il quesito e a esplorare questo sin- golare e assai tormentato rap- porto tra «Letteratura e giorna- lismo»èlaraccoltadisaggiacu- ra di Carlo Serafini, Parola di scrittore, in uscita da Bulzoni, cheripercorrelacomplicatasto- ria del giornalismo d’autore fat- ta di attrazione e di repulsione findaiprimiapprocci. «Mi sono recato a visitare... la biblioteca per adulti», scrive un cronista all’inizio degli Anni Cinquanta che non si riferisce a scaffali erotici o pruriginosi bensì alla castigata collezione di tomi del Liceo scientifico di Alessandria. E’ un giovanissi- mo reporter d’eccezione Um- berto Eco che intervista il pre- side sulla collezione scolastica. Il romanziere del Cimitero di Praga pubblica i suoi primi arti- coletti su Gioventù, giornalino (si fa per dire) da 200 mila co- pie dell’Associazione dei giova- ni cattolici e, già da quell’epo- ca, il suo interesse è focalizzato sulle biblioteche. Non solo: Eco perpiùdi4anniscaricainque- sta palestra di carta, odorosa di incenso e di confessionale, scintillanti interventi che van- no dall’abbordaggio del gentil sesso nei campi-scuola - sem- pre con tono molto casto e par- rocchiale - alle recensioni di fu- metti e letteratura di genere, a elogidelMedioEvo. Comedimostranoquestepri- me prove, il giornalista e saggi- stafindagliesordinutreglistes- si interessi del futuro narratore (ben lo spiega nel suo bell’inter- vento Luca Mastrantonio). Ma perunoche,comeEco,haprati- catoquest’attività senza paraoc- chi o remore sin dall’età più ver- de,pertantialtriscrittoricimen- tarsi con la pagina più effimera assumeiconnotatidiunabendi- versaprova. Basta andare a frugare nel- le carte dell’inventore del gior- nalismo culturale italiano, il Duca minimo alias D’Annun- zio,cheneparlavainterminidi «miserabile» sforzo giornalie- ro. Però quando la socialista Anna Kuliscioff venne a sapere Oggi tuttoLIBRI iPad Edition p PAROLA DI SCRITTORE Letteratura e giornalismo nel ‘900 p a cura di Carlo Serafini p Bulzoni, pp. 704, e 50 A cura di: LUCIANO GENTA con BRUNO QUARANTA [email protected] www.lastampa.it/tuttolibri/ CLASSICO Il ritorno di Port-Royal I giansenisti di Sainte-Beuve BOGLIOLO P. VI-VIII DIARIO DI LETTURA Con Vaime al Varietà Tra Flaiano e Bianciardi GAMBAROTTA P. XI LA STAMPA Continuaapag.IV NUMERO 1752 ANNO XXXV SABATO 12 FEBBRAIO 2011 NARRATIVA La Madonna sulla luna Nella Macondo di Bauerdick FORTE P. II MANTEGAZZA Il patriota dell’amore I primi abc sessuali nell’Italia unita MARCENARO P. IX TUTTOLIBRI VIDEOINTERVISTA Piperno: attenti a chi muore di persecuzione LA MEMORIA Quando Barthes scriveva discorsi d’amore tutto LIBRI EugenioMontale,redattore alCorrieredellaSera,dicevache «ilgiornalismostaallaletteratura comelariproduzioneall’amore» p PierPaoloPasolinibollòcome «laidaputtana»PieroOttone, ildirettorechepoiglipubblicòin primapaginagli«Scritticorsari» UmbertoEcoiniziòilmestiere direporterecritico sulgiornalinodell’Azione Cattolica,recensendofumetti Un articolo del Vate fupagato nel 1907 quasi 20 mila euro Landolfi definì i giornali letteraturaalimentare Non solo per soldi: Moravia voleva «dire la verità» e Calvino lofacevaper«vivificare larealtàquotidiana» IL COMODINO Anita Caprioli con Truffaut e la Némirovsky I

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Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - I - 12/02/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/01 - Autore: MARGAL - Ora di stampa: 11/02/11 19.35

Scrittore dimmiperché faiil giornalista

Con le recensioni e le classifiche dei bestseller

Tra la vocazione e il mestiere Un rapporto ambivalente di attrazionee repulsione: così i letterati, da D’Annunzio a Gadda, da Piovene alla Ortese,spiegano la loro «corvée da scribacchino», miserabile fatica e grande passione

MIRELLASERRI

Giornalisti vil razza dan-nata. Mai stato così vero. Ancheperché stavolta a pronunciare ilverdetto di autoaccusa sono glistessi interessati. A impegnarsinell’harakiri è però una partico-lare categoria della carta stam-pata ovvero quello speciale seg-mento che va sotto l’egida discrittori-giornalisti.

Una corvée da «scribacchinofesso» (così Carlo Emilio Gad-da), «miserabile fatica quotidia-na» (D’Annunzio), «secondo me-stiere» (Eugenio Montale): tan-te le diffidenze per la scritturapiù volatile. Che però ha finitoper catturare i più noti scrittoridel secolo passato. E per farstrage di adepti ai giorni nostri.Da Parise a Sciascia, Arbasino,Moravia per arrivare a Saviano,Magris, Ceronetti, Dacia Marai-ni, Piperno, Scurati e Camilleri,il fior fiore della nostra intelli-ghenzia ha occupato e occupa lasua trincea di carta quotidiana.Guardandola sempre con uncerto sospetto, a differenza ditanti autori che si sono sentiti ar-ruolati speciali o combattentiper il quarto potere come He-mingway, Orwell, Capote.

Allora la domanda sorgespontanea: cosa li ha spinti a in-dossare l’elmetto e a scenderein campo per quel medium nonsempre apprezzato? A porsi ilquesito e a esplorare questo sin-

golare e assai tormentato rap-porto tra «Letteratura e giorna-lismo» è la raccolta di saggi a cu-ra di Carlo Serafini, Parola discrittore, in uscita da Bulzoni,

che ripercorre la complicata sto-ria del giornalismo d’autore fat-ta di attrazione e di repulsionefin dai primi approcci.

«Mi sono recato a visitare...la biblioteca per adulti», scrive

un cronista all’inizio degli AnniCinquanta che non si riferiscea scaffali erotici o pruriginosibensì alla castigata collezionedi tomi del Liceo scientifico diAlessandria. E’ un giovanissi-mo reporter d’eccezione Um-berto Eco che intervista il pre-side sulla collezione scolastica.Il romanziere del Cimitero diPraga pubblica i suoi primi arti-coletti su Gioventù, giornalino(si fa per dire) da 200 mila co-pie dell’Associazione dei giova-ni cattolici e, già da quell’epo-ca, il suo interesse è focalizzatosulle biblioteche. Non solo: Ecoper più di 4 anni scarica in que-sta palestra di carta, odorosadi incenso e di confessionale,

scintillanti interventi che van-no dall’abbordaggio del gentilsesso nei campi-scuola - sem-pre con tono molto casto e par-rocchiale - alle recensioni di fu-

metti e letteratura di genere, aelogi del Medio Evo.

Come dimostrano queste pri-me prove, il giornalista e saggi-sta fin dagli esordi nutre gli stes-si interessi del futuro narratore

(ben lo spiega nel suo bell’inter-vento Luca Mastrantonio). Maper uno che, come Eco, ha prati-cato quest’attività senza paraoc-chi o remore sin dall’età più ver-de, per tanti altri scrittori cimen-tarsi con la pagina più effimeraassume i connotati di una ben di-versa prova.

Basta andare a frugare nel-le carte dell’inventore del gior-nalismo culturale italiano, ilDuca minimo alias D’Annun-zio, che ne parlava in termini di«miserabile» sforzo giornalie-ro. Però quando la socialistaAnna Kuliscioff venne a sapere

Oggi

tuttoLIBRIiPad Edition

pp PAROLA DI SCRITTORELetteratura e giornalismo nel ‘900p a cura di Carlo Serafinip Bulzoni, pp. 704, € 50

A cura di:LUCIANO GENTAcon BRUNO QUARANTA

[email protected]/tuttolibri/

CLASSICO

Il ritornodi Port-RoyalI giansenistidi Sainte-BeuveBOGLIOLO P. VI-VIII

DIARIO DI LETTURA

Con Vaimeal VarietàTra Flaianoe BianciardiGAMBAROTTA P. XI

LASTAMPA

Continua a pag. IV

NUMERO 1752ANNO XXXVSABATO 12 FEBBRAIO 2011

NARRATIVA

La Madonnasulla lunaNella Macondodi BauerdickFORTE P. II

MANTEGAZZA

Il patriotadell’amoreI primi abc sessualinell’Italia unitaMARCENARO P. IX

TUTTOLIBRI

VIDEOINTERVISTA

Piperno: attentia chi muoredi persecuzione

LA MEMORIA

Quando Barthesscrivevadiscorsi d’amore

tuttoLIBRI

Eugenio Montale, redattoreal Corriere della Sera, diceva che

«il giornalismo sta alla letteraturacome la riproduzione all’amore»

p

Pier Paolo Pasolini bollò come«laida puttana» Piero Ottone,

il direttore che poi gli pubblicò inprima pagina gli «Scritti corsari»

Umberto Eco iniziò il mestieredi reporter e critico

sul giornalino dell’AzioneCattolica, recensendo fumetti

Un articolo del Vatefu pagato nel 1907quasi 20 mila euroLandolfi definì i giornaliletteratura alimentare

Non solo per soldi:Moravia voleva «direla verità» e Calvinolo faceva per «vivificarela realtà quotidiana»

IL COMODINO

Anita Capriolicon Truffaute la Némirovsky

I

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Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - II - 12/02/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: MARGAL - Ora di stampa: 11/02/11 19.35

GIUSEPPECULICCHIA

«Possiamo soltantopregare», sussurra Selah al ma-rito Thaddeus, il protagonista diIo sono Febbraio, esordio del tren-tunenneShane Jones.

A che cosa è dovuto il pessi-mismo di Selah? Thaddeus e lamoglie vivono con la figlia Bian-ca in una cittadina senza nome,dove l'inverno sembra aver deci-so di non finire mai. Sul luogo in-fatti incombe uno spirito mali-gno, Febbraio, che ha proibito ilvolo a cominciare da quello dimongolfiere e aquiloni. Thad-deus, Selah e Bianca non voglio-no rassegnarsi al divieto. Ma in-tanto preti dall'aria inquietanteirrompono a scuola e in bibliote-ca, sequestrandoi libri che parla-no di uccelli, macchine volanti,dirigibili, streghe a bordo di sco-pe o creature mitologiche prov-viste di ali, e una misteriosa ra-gazza che sa di miele e di fumo faarrivare nella cittadina insolitemissivescritte su pergamena.

Non si tratta dell'unica co-sa bizzarra. Ci sono api che ca-dono morte stecchite dopoaver tentato di pungere Feb-braio e bambini rapiti e uccisida quest'ultimo: ma tra quelliseppelliti fuori dal paese ce nesono alcuni che riescono a so-pravvivere e a scavare gallerieper organizzare un Piano Belli-

co Finale contro Febbraio.Ditemi che tutto non finirà

con la morte, si dispera Thad-deus, e si capisce che la morte èFebbraio. Ma Bianca, per esem-pio, è morta davvero quel giornoin cui viene ritrovata sulla riva diun fiume con aquiloni dipinti sullemani e sulle braccia? E chi è la ra-gazza che sa di miele e di fumo, incerca di un uomo sano di aspetto,

con un reddito dignitoso e in gra-do di comportarsi sul serio da uo-mo? Tutte cose che Febbraio nonè, o non fa. E, tra l'altro: chi o cosaè davvero Febbraio? E' la perso-na che vive con la ragazza che sadi miele e di fumo ai margini deiboschi? Una metafora dei tempiin cui viviamo? Un autore chenon riesce a scrivere? Una malat-tia comunemente conosciuta co-

me depressione? Una divinità pa-gana capace di crudeltà inauditema anche di compassione? E per-ché Febbraio malgrado le malva-gità che compie dice di voler esse-re una brava persona? Insomma:quello creato da Jones è un mon-do fiabesco eppure credibile, nelquale si alternano voci narranti,punti di vista e caratteri tipografi-ci, oltre che mistero e follia, mor-te e resurrezione. E guerra.

Pubblicato in appena 600 co-pie da un piccolo editore di Balti-

mora, in patria Io sono Febbraio èpresto diventato un piccolo caso.Favola per adulti, allegoriadi certitormenti creativi in cui all'immagi-nazione viene impedito di prende-re il volo, divertissement meta-lette-rario, sogno in prosa, giocattolonarrativo che flirta con l'assurdo?Qualcuno ha tirato in ballo perfinoil mito di Persefone, la figlia diZeus e Demetra che Ade rapì pro-vocando l'ira della madre, al pun-to che la dea dell'agricoltura scate-nò un inverno senza fine, interrot-to soltanto dall'intervento del redegli dei. Io sono Febbraio è in real-tà tutte queste cose insieme. Alcu-ni di certo se ne innamoreranno,altri invece sicuramente lo odie-ranno. Una volta aperto, però, nonlascerà indifferenti.

MARTAMORAZZONI

Lo stile di Allan Gurga-nus è una coinvolgente commi-stione di mitezza e passione.Quel che coniuga i due termini,a dispetto di una apparente di-stanza tra di loro, è l'impetonarrativo dello scrittore ameri-cano insieme alla disarmantetenerezza con cui accompagnai suoi personaggi. Piccoli eroi so-no tre racconti di vite qualun-que, o quasi, collocate in conte-sti sociali molto differenti maaccomunati da difficili retrosce-na. Nel ricordo di tre personag-gi, tre voci narranti, si entra sul-la scena di una città del NorthCarolina, Falls, in una stagioneintorno agli anni 50, e prendo-no consistenza spaccati di vita,situazioni e ritratti indimentica-bili: una vecchia nera semicie-ca, un giovane uomo dal fascinovirile, un pilota di bombardieridurante la seconda guerramondiale. La voce narrante diogni racconto dialoga con lasua memoria e intanto tracciail profilo di queste tre vite.

Se il problema in un libro diracconti (in questo caso poitratti da due diverse raccoltedello scrittore) è, per chi neparla, trovare un filo comune,mi sembra che Gurganus risol-va tagliando il nodo nella ma-niera più naturale: se un filo te-

matico c'è, è nella scrittura dell'autore, nella sua sensibilità disguardo, nell'affetto che rivolgealla creature della sua fantasia.Se è fantasia! Il calore emotivodella scrittura si sbilancia volen-tieri nell'eccesso, che però hauna precisa necessità e rientrain una naturalezza stilistica: è re-mota e quasi totemica la figuradi Vesta Lotte Battle, da cui il gio-

vane Jerry va ogni sabato a ri-scuotere la rata dell'assicurazio-ne sul funerale. È un archetipodella gioventù americana il belDan, una sorta di James Deanche suscita ammirazione nelmondo perbene e ricco dei fre-quentatori del club di golf dellacittà; e infine è granitico e prigio-niero di se stesso l'eroe di guerrache vive il non sempre facile rein-

tegro nella banalità del quotidia-no e nel rapporto con il figlio.

Per tutti e tre i personaggi, eper le voci che ce ne raccontanola parabola, Gurganus inventaun ritmo altalenante tra passatoe presente, uno swing dalle tona-lità a mezzo tra lo spiritual e lostandard: è un modo che traspa-riva già nel fraseggio del Santomostro, il romanzo di un padre edi un figlio. Qui, beneficiando del-le diverse tonalità dei racconti,delle loro diverse collocazioni,

tra il ghetto nero e la buona bor-ghesia bianca, l'autore sembradare ancora più spazio alle varia-zioni, al gioco di memoria e di ri-flessione nel presente.

È poco preoccupato di tenereun filo narrativo cronologico, chesi compone e scompone nellafranchezza di un colloquio diret-to tra scrittore e lettore, mentremette in campo fatti e interpreta-zioni dei fatti, struggimenti e af-fetti vigorosi, che dilagano sullapagina senza timore di passare lamisura. Viene da pensare a unconfronto con il sottotono delladimessa provincia americana diCarver, per scoprire che qui c'è,al contrario, il mito amato sì, maspietatamente raccontato e sve-lato, di un'altra America.

MIAPELUSO

Possessività, sense ofhumor, attaccamento quasimorboso, comprensione pro-fonda al di là e al di sopra delleparole: sono queste le doti chesi apprezzano in un amante ri-cambiato come Mr. Char-twell, che pure non possiede lefattezze di un Principe Azzur-ro e anzi non è nemmeno ri-cambiato senza riserve, giac-ché la sua adorata Esther nerileva solo i caratteri ripu-gnanti, il modo sguaiato di ma-sticare, i cibi che le prepara,zuppe maleodoranti e barbe-cue di strani uccelli spiumati,le orme che lascia dove passa,la scomoda attitudine a sfon-dare letti e divani.

Mr. Chartwell è il Cane Ne-ro al centro dello splendido ro-manzo dell’esordiente Rebec-ca Hunt, pittrice prestata allaletteratura, carezzata dallacritica inglese. Cane nero (mal’originale inglese usa il dome-

stico vezzeggiativo di BlackPat) è infatti l’appellativo cheWinston Churchill, l’altra perso-na da lui amata e sua illustre vit-tima, assegna alla depressione,cupa e inquietante presenza giàacquattata nella sua famiglia,metafora zoomorfa che l’ha an-nientata. Con quel figuro ingom-brante, lo statista combatte e

amoreggia, si scontra e soggia-ce, in parte sedotto, in parte ri-belle. E quello, mellifluo, ne ac-compagna i sogni di gloria, levittorie, la quiete dei momentidedicati alla pittura, la deliziadelle raffinate scelte culinarie.

Lontana mille miglia dallasua altezza siderale, Esther, labibliotecaria «dalle guance illu-

minate da un sorriso di suora»,in fuga dal ricordo del maritoche la depressione ha spento inun abbraccio mortale, accoglieinvece come inquilino pagantequesto essere surreale, presen-

tatosi sotto il nome di Mr. Cha-twell, preso in prestito da quel-lo della tenuta residenziale diChurchill. «Hai bisogno di unuomo che faccia con te tanti pic-coli porcellini» le ripete l’amicae collega Beth, senza sapereche il suo pretendente implaca-bile e carezzevole è un labradorparlante dalla nobile loquela,sardonica e cattivante. Lei, ti-mida, ne è attratta e respintacon il sentimento ambivalentedi chi si affaccia impotente suun precipizio di cui sente l’orri-do richiamo, stentando a sot-trarsi al suo fascino più catti-vante della bellezza.

Incentrata sui due protago-nisti, la narrazione scorre paral-lela, sul filo dell’enigmatica al-chimia che sa unire personaggitanto dissimili in un unico rac-conto, finché un incontro fortui-to scioglie il mistero.

Ispirato in parte a Mr. Chur-chill’s Black Dog (1981) dello psi-cologo britannico AnthonyStorr e forse anche a Un’oscuri-tà trasparente, il celebre raccon-to autobiografico di WilliamStyron sulla depressione (Mon-dadori, 1996), il romanzo diHunt si segnala per il tono scan-zonato e innovativo del linguag-gio unito al taglio visionario cheincarna un male oscuro dell’ani-ma nella figura concreta, ingom-brante e seduttiva di un ispido espinoso labrador. Il tutto attra-verso una scrittura arguta e atratti persino umoristica, condi-ta da dialoghi di inusitata e sur-reale scioltezza.

Bauerdick Una straripante galleriadi strani casi e bislacchi personaggi

MASOLINOD’AMICO

Caldissima, soffocan-te a Newark l’estate del 1944,con gli echi della guerra in Eu-ropa dove sono impegnati i fi-gli maggiori di molte famigliedella comunità ebraica. Tra ipochi rimasti a casa è il venti-treenne Bucky Cantor, buonatleta malgrado la statura ri-dotta, ma dalla vista troppodebole. Ragazzo di cuore,Bucky non si dà pace perl’esclusione, e si vota quindi aun altro servizio pubblico, co-me animatore dei giochi deibambini in questo periodo incui le scuole sono chiuse.

Grazie all’aiuto dei nonni ealla propria tenacia Bucky hasuperato gli svantaggi di unafamiglia disastrata, madremorta e padre scomparso do-po un vergognoso periodo dicarcere per furto. Sobrio e in-defesso, si è diplomato e so-prattutto si è fatto un’ottimareputazione, che certo gli apri-rà buone possibilità nel futuro;ha anche una deliziosa ragaz-za che lo adora. L’attività coibambini gli piace, e la svolgecon entusiasmo e con grandesenso di responsabilità.

Ma ecco che questo pur mo-desto paradiso viene minaccia-to dal Male. Altrove negli Usasi parla di un’epidemia di polio-mielite, il morbo misterioso eincurabile che affligge persinoil Presidente, che smentendo ilnome di paralisi infantile lo

contrasse a quasi quarant’anni.Almeno come concetto, la poliosbarca nei vialetti di Newarkcon un gruppo di bulletti venutidai quartieri italiani di NewYork a sputare sul marciapiedidove passano i bambini condottida Bucky, dichiarando sprezzan-ti di voler portare il contagio an-che qui: noi ce l’abbiamo, doveteaverlo anche voi.

La pretesa è assurda (nessu-no sa veramente come si diffon-de la polio), ma Bucky reagiscecon coraggio, mettendo in fuga ibulletti e poi lavando per terracon acqua e ammoniaca pertranquillizzare chi ha assistitoalla scena. Nondimeno, che que-sta ne sia o meno la causa scate-nante, ben presto la malattia simanifesta, e in modo atroce.Due ragazzini affidati alle curedi Bucky muoiono in poche ore;dilagano la paura, il dolore, il so-spetto. Bucky non sa come bat-tersi, visita coraggiosamente fa-miglie orbate che se la prendo-no con lui come se fosse un uffi-ciale sanitario, mantiene la disci-plina e intrattiene i suoi pupilli.

Poi però cede a una tentazione.La sua ragazza, che lavora in

un campo estivo, gli procura uningaggio lì in collina, e non senzapatemi Bucky lo accetta, anchese la sua sembra una fuga. Sì, po-chi giorni dopo la sua defezionetutto il quartiere ebraico diNewark viene chiuso in quaran-tena, e i giochi dei bambini nei

parchi pubblici sono proibiti;ma i rimorsi non cessano di visi-tarlo. Il campo estivo è un nuovoparadiso. Non solo c’è la sua in-namorata, Bucky può persino ri-prendere il suo sport predilettotuffandosi nell’acqua tersa dellago, e trova subito un discepoloideale. Ma la maledizione lo rag-giunge. Ben presto questo disce-polo, un ragazzo dotatissimonello sport, si abbatte colto an-

che lui dalla polio; e Bucky stes-so, sottoposto a un controllo, sirivela portatore, prima sano mapoi infetto anche lui. Benché so-pravviva, perde l’uso quasi tota-le di un braccio e di una gamba,il lavoro che più ama, la ragazzache per punirsi deciderà di nonrivedere mai più.

Ancora una volta PhilipRoth racconta dunque la storiadi una brava persona di etniaebraica, benintenzionata e altru-ista ma inesorabilmente schiac-ciata da un destino avverso.

Nemesi è un libro di Giobbesenza redenzione finale: finodalla morte inspiegabile del pri-mo dei suoi ragazzi, che è an-che uno studente modello,Bucky decide che un Dio con-senziente a queste cose nonpuò esistere; e neanche un dia-logo finale col narratore, un exbambino che lo incontra moltianni dopo e tenta di consolarlo,riesce a dargli un minimo di se-renità. Come in altri recenti ro-manzi brevi di Roth, l’attratti-va principale per quei lettoriche ai libri chiedono di essere,se non illusi, almeno non de-pressi, consiste nella consuetamaestria con cui l’autore evocai luoghi e le atmosfere di quel-l’America scomparsa, provin-ciale e ingenua; né manca il fati-dico pezzo di bravura con la de-scrizione di un complesso pro-cedimento artigianale (la fab-bricazione dei guanti in Pasto-rale americana, il taglio dellecarni kosher in Indignazione...).

Questa volta tocca alla tecni-ca del lancio del giavellotto, earriva proprio nell’ultima pagi-na, per mostrarci il protagoni-sta ai tempi della sua giovinez-za felice e perduta per sempre.

LUIGIFORTE

Il paesino di Baia Lu-na con le sue povere case, lachiesa e uno spaccio con tantodi mescita, è solo un puntinoimmaginario a ridosso deiCarpazi sulla cartina della fan-tomatica Transmontania, die-tro cui non è difficile scorgerela Romania. Ma nella strari-pante fantasia del tedescoRolf Bauerdick, autore del ro-manzo Come la Madonna arri-vò sulla luna, quel piccolo vil-laggio di duecentocinquantaanime, una sorta di bislaccaMacondo, è più reale che mai:un microcosmo in cui si scon-trano bene e male, scena allu-cinata di tragici avvenimenti,ma anche galleria di bizzarri estrampalati personaggi comel'oste Ilja e il rom Dimitru Ga-bor avido lettore di testi sacriche dispensa a destra e a man-ca il suo latinorum.

Bauerdick ha girato il mon-do come fotografo e giornali-sta, e conosce benissimo i pae-si del vecchio blocco sociali-sta e la cultura degli zingarisu cui ha fatto ottimi servizi.Ma nel romanzo il reporterspicca altrove il volo, versoun' epica colorita ed estrosa,lasciandosi guidare dal suoprotagonista, il giovane PavelBotev nipote di Ilja, alle presecon un insolito avvenimento:il lancio sovietico dello Sput-nik nello spazio con a bordo lacagnetta Laika. Da quel lonta-no novembre del 1957 la mul-

tietnica Baia Luna in cui convi-vono senza grandi problemi ru-meni e sassoni, ungheresi erom, diventa teatro di misterio-se e tragiche vicende. Scompa-re infatti la maestra AngelaBarbulescu il cui cadavere pen-zola da un albero in montagna;vengono uccisi il parrocoJohannes Baptiste e la perpe-tua; si spegne la fiammella delSantissimo in chiesa ed è intro-vabile la statua lignea della Ma-donna dell'Eterno Conforto.

Il caos regna sovrano comese si fossero spezzati i vincoliche legavano la comunità del vil-laggio. Dimitru l'aveva predet-to: «Lo Sputnik è l'alba di unacatastrofe». In cielo come in ter-ra. Perché il visionario e profeti-co zigano sospetta che i sovieti-ci, in un delirio d'onnipotenza,vogliano provare che nell'uni-verso non c'è traccia di Dio,mentre un demonio sembra sof-focare la vita del paese. Ci pen-serà il parroco, poco prima dimorire, a raddrizzare le cose:l'Onnipotente è invisibile, manon bisogna perdersi d'animo.

Lassù, da qualche parte, maga-ri sulla Luna come credono Di-mitru e il suo amico Ilja, c'è dicerto la Madonna, assunta incielo, ben prima che arrivasse-ro i russi, con anima e corpo, co-me ha detto il papa, e dunque vi-sibile. Ergo: lassù con la madredi Dio esiste per forza anche ilCreatore di tutte le cose.

Quello che sembra un noir inperfetta regola, è in realtà mol-to di più: un thriller politico, per-ché gli omicidi sono opera dellaSecuritate e dei suoi scagnozzi,un romanzo di formazione, sur-reale e grottesco, a mezza stra-da fra il mondo di Kusturica e lepagine di Rabelais, ma anche lastoria di una falsa utopia sociale

degenerata in dittatura che sifrantuma con la caduta del Mu-ro di Berlino e, nel romanzo,con la morte del Conducator Ce-aucescu e la fine, come si leggeironicamente, dell'Età dell'Oro.Bauerdick è bravissimo nell'in-trecciare, attraverso lo sguar-do e il flashback di Pavel, motivie storie, segreti individuali e fol-lie collettive. E' un puzzle com-plesso, talvolta ridondante, configure al limite della stilizzazio-ne; ma il gioco non è mai tedio-so, se mai, inarrestabile.

Pavel riuscirà a vendicare,grazie all'aiuto dell'amico Fritze della rom Buba, suo eternoamore, la morte della maestrascoprendo torbidi intrighi, sto-

rie di ricatti e festini a luci ros-se. E' il mondo della città, di Clu-soara e Bucarest, il regno dellacorruzione a cui si contrapponel'utopia degli umili e dei sempli-ci, la realtà di Baia Luna, doveamicizia e fraternità avranno lameglio. Ma è anche il mondodella collettivizzazione forzata,della burocrazia impazzita checerca di ribaltare in modo vio-lento tradizioni e gesti antichi,memorie in via d'estinzione.

Per fortuna che nel maredella Serenità, sulla Luna, c'èla Vergine Maria, che Dimitruè convinto di aver visto col tele-scopio. Tocca agli americani di-fenderla, pensa Ilja, loro cheper primi arrivano sul pianeta,

contro coloro che, per ragionidiverse, come i russi e il Vatica-no, la vogliono nascondere efar sparire. Per questo scriveuna lettera a Nixon e finisce inmanicomio. Ilja sogna da sem-pre l'America e Nuijorke, dovec'è un' altra Madonna con lafiaccola in mano. Non andrà finlà, ma dopo dieci anni di clausu-ra forzata, torna a Baia Lunaper morire accanto ai suoi scor-gendo la Vergine Maria, comel'amico Dimitru che lo assistenel trapasso. Pavel ora sa, pro-prio dall'alto della sua esperien-za e della sua fredda lucidità,che la maestra non aveva ragio-ne a dire: «Chi speranze nonha, deluso non resterà».

L’AVVENTUROSA «SCHIAVA DI GRANADA»

Né nera né bianco: ermafrodito= Ha tracciato il sentiero Ildefonso Falcones con le suestorie (su tutte: La cattedrale del mare) ambientate in unpassato pregno di religioni e di misteri. Ora la Spagna difine ‘500 - quella bianca che riemerge dai fasti moreschi- torna con Augustín Sánchez Vidal e la sua mirabolanteSchiava di Granada (traduzione di Patrizia Spinato eGiorgia di Tolle, Editrice Nord, pp. 393, € 19,60),fascinosa ed insolita eroina nè uomo nè donna, di pellescura ma non del tutto nera, mai completamentesoggiogata e mai veramente libera neppure quandoinfine assurge al ruolo di gran cerusico.

E’ il suo processo - l’hanno messo sotto accusa persodomia ed ermafroditismo - a tracciare il filo di unadoppia vita perennemente in bilico tra i due sessi.Da giovanissima femmina, Elena Cespedes viene infattidata in isposa a un uomo rozzo e brutale che la metteincinta mentre la riempie di botte. Ma durante un partocomplicato e doloroso qualcosa si rompe in lei: l’organomaschile si estroflette e sboccia Eleno, un ragazzoall’improvviso colto da pulsioni prettamente virili alpunto da spesso innamorarsi e, infine, risposarsi: questavolta però da uomo.Di pari passo procede la sua scalata sociale che locostringe a fughe continue, scatenate dall’invidia chesuscitano i suoi successi. Al punto che c’è sempre

qualcuno che scava nel suo passato e nella suaambivalenza costringendolo, per ultimo, a risponderneall’Inquisitore in un’epoca in cui un androgino non hacittadinanza se non nel peccato più turpe. Un’esistenzapuntellata da mille mestieri: sarto, soldato e aiutomedico, fra gli altri. Da mille avventure: da Madridall’Andalusia, più volte in andata e ritorno. Da millesentimenti contrastanti: padre, madre, amante.Romanzo coinvolgente, organizzato con curiosa perizia,magari di non grandissima scrittura. Ma trascinante: ungrande affresco su un anfratto di storia a noi pocovicino, in grado di raccontarci cose e ambienti con unapenna assai curiosa, mai stanca di descrivere e scavare. Piero Soria

Con lo Sputnikva in orbita

anche la Vergine

«Nemesi»: lo scrittoreamericano ancora unavolta racconta la storiadi una brava personaschiacciata dal destino

A ritmo di swingtra i neri del ghettoe la borghesia bianca

Nel piccolo edenarriva la polio

L’ape cade a terrastecchita quando tentadi pungere Febbraio

Se un giornol’implacabile labradorbussa alla porta

UNA NUOVA TRADUZIONE DI «MOBY DICK»

Una balena con mille varianti= Si contano, in Italia, quasi 40 diverse traduzioni delMoby Dick di Herman Melville: da quando, neldopoguerra, la nostra editoria si ubriacò di letteraturaamericana, la Balena Bianca, non ha conosciuto riposo. Ese anche volessimo trascurare la pioneristica traduzione diPavese per Frassinelli dietro misero compenso, nonpotremmo però non misurarci con la schiera dei traduttoriche, dopo di lui, si cimentarono per dare una formadefinitiva ad un testo tanto sofferto. In un contesto dipolemiche ancora vive, arriva come necessaria l'edizionecurata da Giuseppe Natale (Utet, pp.938, € 22), in cui il

lettore può finalmente orientarsi nella complessa vicendadelle edizioni alternative prodotte dallo stesso Melville.E' risaputo che lo scrittore, sempre preoccupato per ildestino editoriale delle sue opere, pubblicò una primaversione americana che uscì qualche mese prima di quellainglese. Tra i due testi, i critici scoprirono differenzeprofonde dovute alla censura inglese ed un lavoro direvisione che lo stesso Melville riuscì ad imporre solo allaseconda edizione. Da allora le due balene sono in lotta:quella americana, meno edulcorata e originaria pretendeil posto che le spetta, con tutte le integrazioni, l'aggiuntadell'Epilogo (fondamentale per capire la posizione delnarratore Ismaele), i doppi sensi osceni, il portatoblasfemo e sovvertitore della lettera biblica, i giochi di

parole mutuati dallo slang americano (questi si' scappatial vittoriano redattore inglese), il rapporto simbioticomatrimoniale tra il narratore/protagonista e il ramponiereselvaggio Queequeg. L'edizione Utet dunque si basa suquella voluta nel 2005 dalla Longman che una volta pertutte ha decretato che non esista un unico testo di MobyDick ma piuttosto una sorta «testo fluido», di metatestoda attraversare in tutte le sue revisioni ( accertate più di unmigliaio di varianti) dal momento che il manoscrittooriginale di Melville è andato perduto per sempre.Una storia nella storia che rende ancora scottante einesauribile la materia di un romanzo ancora da decifrare,come il cerchio che si chiude sulla voce di Ismaele. Camilla Valletti

pp Rolf Bauerdickp COME LA MADONNA

ARRIVÒ SULLA LUNAp trad. di Aglae Pizzonep Feltrinelli, p. 471, € 19

pp Philip Rothp NEMESIp trad. di Norman Gobettip Einaudi, pp. 184, € 19

pp Allan Gurganusp PICCOLI EROIp trad. di M. Baiocchi e A. Tagliavinip Playground, pp. 168, € 14

pp Shane Jonesp IO SONO FEBBRAIOp trad. di D. Calgarop Isbn, pp. 160, € 13,50

pp Rebecca Huntp IL CANE NEROp trad. di Laura Grandip Ponte alle Grazie, pp. 253, € 16

Jones Una favola per adulti,un divertissement meta-letterario

«Come la Madonnaarrivò sulla luna»:un multietnico villaggio,thriller politico e surrealefra Kusturica e Rabelais

Herman Melville

Gurganus Tre racconti di vitequalunque nel North Carolina

Philip Roth: «Nemesi» è «un libro di Giobbe senza redenzione finale»

Philip Roth Il virus sbarca durante la guerranel quartiere ebraico sconvolgendo un ragazzo di cuore

Allan GurganusShane Jones

Augustín Sánchez Vidal

Scrittori stranieriIITuttolibri

SABATO 12 FEBBRAIO 2011LA STAMPA III

Rebecca Hunt Una bibliotecariae Churchill, uniti dalla depressione

Rebecca Hunt

Rolf Bauerdick

Da Baltimora un piccolocaso: un narratoretrentunenne esordiscecreando un mondofiabesco eppure credibile

La Madonna sulla Luna è una delle fantastiche «visioni» del tedesco Bauerdick

«Piccoli eroi»:una vecchia semicieca,un giovane uomodal fascino virile,un pilota di bombardieri

Un visionario «Canenero», il male oscurodell’anima, fa incontrarelo statista inglesee una timida vedova

Page 3: Tuttolibri n. 1752 (12-02-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - III - 12/02/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: MARGAL - Ora di stampa: 11/02/11 19.35

GIUSEPPECULICCHIA

«Possiamo soltantopregare», sussurra Selah al ma-rito Thaddeus, il protagonista diIo sono Febbraio, esordio del tren-tunenneShane Jones.

A che cosa è dovuto il pessi-mismo di Selah? Thaddeus e lamoglie vivono con la figlia Bian-ca in una cittadina senza nome,dove l'inverno sembra aver deci-so di non finire mai. Sul luogo in-fatti incombe uno spirito mali-gno, Febbraio, che ha proibito ilvolo a cominciare da quello dimongolfiere e aquiloni. Thad-deus, Selah e Bianca non voglio-no rassegnarsi al divieto. Ma in-tanto preti dall'aria inquietanteirrompono a scuola e in bibliote-ca, sequestrandoi libri che parla-no di uccelli, macchine volanti,dirigibili, streghe a bordo di sco-pe o creature mitologiche prov-viste di ali, e una misteriosa ra-gazza che sa di miele e di fumo faarrivare nella cittadina insolitemissivescritte su pergamena.

Non si tratta dell'unica co-sa bizzarra. Ci sono api che ca-dono morte stecchite dopoaver tentato di pungere Feb-braio e bambini rapiti e uccisida quest'ultimo: ma tra quelliseppelliti fuori dal paese ce nesono alcuni che riescono a so-pravvivere e a scavare gallerieper organizzare un Piano Belli-

co Finale contro Febbraio.Ditemi che tutto non finirà

con la morte, si dispera Thad-deus, e si capisce che la morte èFebbraio. Ma Bianca, per esem-pio, è morta davvero quel giornoin cui viene ritrovata sulla riva diun fiume con aquiloni dipinti sullemani e sulle braccia? E chi è la ra-gazza che sa di miele e di fumo, incerca di un uomo sano di aspetto,

con un reddito dignitoso e in gra-do di comportarsi sul serio da uo-mo? Tutte cose che Febbraio nonè, o non fa. E, tra l'altro: chi o cosaè davvero Febbraio? E' la perso-na che vive con la ragazza che sadi miele e di fumo ai margini deiboschi? Una metafora dei tempiin cui viviamo? Un autore chenon riesce a scrivere? Una malat-tia comunemente conosciuta co-

me depressione? Una divinità pa-gana capace di crudeltà inauditema anche di compassione? E per-ché Febbraio malgrado le malva-gità che compie dice di voler esse-re una brava persona? Insomma:quello creato da Jones è un mon-do fiabesco eppure credibile, nelquale si alternano voci narranti,punti di vista e caratteri tipografi-ci, oltre che mistero e follia, mor-te e resurrezione. E guerra.

Pubblicato in appena 600 co-pie da un piccolo editore di Balti-

mora, in patria Io sono Febbraio èpresto diventato un piccolo caso.Favola per adulti, allegoriadi certitormenti creativi in cui all'immagi-nazione viene impedito di prende-re il volo, divertissement meta-lette-rario, sogno in prosa, giocattolonarrativo che flirta con l'assurdo?Qualcuno ha tirato in ballo perfinoil mito di Persefone, la figlia diZeus e Demetra che Ade rapì pro-vocando l'ira della madre, al pun-to che la dea dell'agricoltura scate-nò un inverno senza fine, interrot-to soltanto dall'intervento del redegli dei. Io sono Febbraio è in real-tà tutte queste cose insieme. Alcu-ni di certo se ne innamoreranno,altri invece sicuramente lo odie-ranno. Una volta aperto, però, nonlascerà indifferenti.

MARTAMORAZZONI

Lo stile di Allan Gurga-nus è una coinvolgente commi-stione di mitezza e passione.Quel che coniuga i due termini,a dispetto di una apparente di-stanza tra di loro, è l'impetonarrativo dello scrittore ameri-cano insieme alla disarmantetenerezza con cui accompagnai suoi personaggi. Piccoli eroi so-no tre racconti di vite qualun-que, o quasi, collocate in conte-sti sociali molto differenti maaccomunati da difficili retrosce-na. Nel ricordo di tre personag-gi, tre voci narranti, si entra sul-la scena di una città del NorthCarolina, Falls, in una stagioneintorno agli anni 50, e prendo-no consistenza spaccati di vita,situazioni e ritratti indimentica-bili: una vecchia nera semicie-ca, un giovane uomo dal fascinovirile, un pilota di bombardieridurante la seconda guerramondiale. La voce narrante diogni racconto dialoga con lasua memoria e intanto tracciail profilo di queste tre vite.

Se il problema in un libro diracconti (in questo caso poitratti da due diverse raccoltedello scrittore) è, per chi neparla, trovare un filo comune,mi sembra che Gurganus risol-va tagliando il nodo nella ma-niera più naturale: se un filo te-

matico c'è, è nella scrittura dell'autore, nella sua sensibilità disguardo, nell'affetto che rivolgealla creature della sua fantasia.Se è fantasia! Il calore emotivodella scrittura si sbilancia volen-tieri nell'eccesso, che però hauna precisa necessità e rientrain una naturalezza stilistica: è re-mota e quasi totemica la figuradi Vesta Lotte Battle, da cui il gio-

vane Jerry va ogni sabato a ri-scuotere la rata dell'assicurazio-ne sul funerale. È un archetipodella gioventù americana il belDan, una sorta di James Deanche suscita ammirazione nelmondo perbene e ricco dei fre-quentatori del club di golf dellacittà; e infine è granitico e prigio-niero di se stesso l'eroe di guerrache vive il non sempre facile rein-

tegro nella banalità del quotidia-no e nel rapporto con il figlio.

Per tutti e tre i personaggi, eper le voci che ce ne raccontanola parabola, Gurganus inventaun ritmo altalenante tra passatoe presente, uno swing dalle tona-lità a mezzo tra lo spiritual e lostandard: è un modo che traspa-riva già nel fraseggio del Santomostro, il romanzo di un padre edi un figlio. Qui, beneficiando del-le diverse tonalità dei racconti,delle loro diverse collocazioni,

tra il ghetto nero e la buona bor-ghesia bianca, l'autore sembradare ancora più spazio alle varia-zioni, al gioco di memoria e di ri-flessione nel presente.

È poco preoccupato di tenereun filo narrativo cronologico, chesi compone e scompone nellafranchezza di un colloquio diret-to tra scrittore e lettore, mentremette in campo fatti e interpreta-zioni dei fatti, struggimenti e af-fetti vigorosi, che dilagano sullapagina senza timore di passare lamisura. Viene da pensare a unconfronto con il sottotono delladimessa provincia americana diCarver, per scoprire che qui c'è,al contrario, il mito amato sì, maspietatamente raccontato e sve-lato, di un'altra America.

MIAPELUSO

Possessività, sense ofhumor, attaccamento quasimorboso, comprensione pro-fonda al di là e al di sopra delleparole: sono queste le doti chesi apprezzano in un amante ri-cambiato come Mr. Char-twell, che pure non possiede lefattezze di un Principe Azzur-ro e anzi non è nemmeno ri-cambiato senza riserve, giac-ché la sua adorata Esther nerileva solo i caratteri ripu-gnanti, il modo sguaiato di ma-sticare, i cibi che le prepara,zuppe maleodoranti e barbe-cue di strani uccelli spiumati,le orme che lascia dove passa,la scomoda attitudine a sfon-dare letti e divani.

Mr. Chartwell è il Cane Ne-ro al centro dello splendido ro-manzo dell’esordiente Rebec-ca Hunt, pittrice prestata allaletteratura, carezzata dallacritica inglese. Cane nero (mal’originale inglese usa il dome-

stico vezzeggiativo di BlackPat) è infatti l’appellativo cheWinston Churchill, l’altra perso-na da lui amata e sua illustre vit-tima, assegna alla depressione,cupa e inquietante presenza giàacquattata nella sua famiglia,metafora zoomorfa che l’ha an-nientata. Con quel figuro ingom-brante, lo statista combatte e

amoreggia, si scontra e soggia-ce, in parte sedotto, in parte ri-belle. E quello, mellifluo, ne ac-compagna i sogni di gloria, levittorie, la quiete dei momentidedicati alla pittura, la deliziadelle raffinate scelte culinarie.

Lontana mille miglia dallasua altezza siderale, Esther, labibliotecaria «dalle guance illu-

minate da un sorriso di suora»,in fuga dal ricordo del maritoche la depressione ha spento inun abbraccio mortale, accoglieinvece come inquilino pagantequesto essere surreale, presen-

tatosi sotto il nome di Mr. Cha-twell, preso in prestito da quel-lo della tenuta residenziale diChurchill. «Hai bisogno di unuomo che faccia con te tanti pic-coli porcellini» le ripete l’amicae collega Beth, senza sapereche il suo pretendente implaca-bile e carezzevole è un labradorparlante dalla nobile loquela,sardonica e cattivante. Lei, ti-mida, ne è attratta e respintacon il sentimento ambivalentedi chi si affaccia impotente suun precipizio di cui sente l’orri-do richiamo, stentando a sot-trarsi al suo fascino più catti-vante della bellezza.

Incentrata sui due protago-nisti, la narrazione scorre paral-lela, sul filo dell’enigmatica al-chimia che sa unire personaggitanto dissimili in un unico rac-conto, finché un incontro fortui-to scioglie il mistero.

Ispirato in parte a Mr. Chur-chill’s Black Dog (1981) dello psi-cologo britannico AnthonyStorr e forse anche a Un’oscuri-tà trasparente, il celebre raccon-to autobiografico di WilliamStyron sulla depressione (Mon-dadori, 1996), il romanzo diHunt si segnala per il tono scan-zonato e innovativo del linguag-gio unito al taglio visionario cheincarna un male oscuro dell’ani-ma nella figura concreta, ingom-brante e seduttiva di un ispido espinoso labrador. Il tutto attra-verso una scrittura arguta e atratti persino umoristica, condi-ta da dialoghi di inusitata e sur-reale scioltezza.

Bauerdick Una straripante galleriadi strani casi e bislacchi personaggi

MASOLINOD’AMICO

Caldissima, soffocan-te a Newark l’estate del 1944,con gli echi della guerra in Eu-ropa dove sono impegnati i fi-gli maggiori di molte famigliedella comunità ebraica. Tra ipochi rimasti a casa è il venti-treenne Bucky Cantor, buonatleta malgrado la statura ri-dotta, ma dalla vista troppodebole. Ragazzo di cuore,Bucky non si dà pace perl’esclusione, e si vota quindi aun altro servizio pubblico, co-me animatore dei giochi deibambini in questo periodo incui le scuole sono chiuse.

Grazie all’aiuto dei nonni ealla propria tenacia Bucky hasuperato gli svantaggi di unafamiglia disastrata, madremorta e padre scomparso do-po un vergognoso periodo dicarcere per furto. Sobrio e in-defesso, si è diplomato e so-prattutto si è fatto un’ottimareputazione, che certo gli apri-rà buone possibilità nel futuro;ha anche una deliziosa ragaz-za che lo adora. L’attività coibambini gli piace, e la svolgecon entusiasmo e con grandesenso di responsabilità.

Ma ecco che questo pur mo-desto paradiso viene minaccia-to dal Male. Altrove negli Usasi parla di un’epidemia di polio-mielite, il morbo misterioso eincurabile che affligge persinoil Presidente, che smentendo ilnome di paralisi infantile lo

contrasse a quasi quarant’anni.Almeno come concetto, la poliosbarca nei vialetti di Newarkcon un gruppo di bulletti venutidai quartieri italiani di NewYork a sputare sul marciapiedidove passano i bambini condottida Bucky, dichiarando sprezzan-ti di voler portare il contagio an-che qui: noi ce l’abbiamo, doveteaverlo anche voi.

La pretesa è assurda (nessu-no sa veramente come si diffon-de la polio), ma Bucky reagiscecon coraggio, mettendo in fuga ibulletti e poi lavando per terracon acqua e ammoniaca pertranquillizzare chi ha assistitoalla scena. Nondimeno, che que-sta ne sia o meno la causa scate-nante, ben presto la malattia simanifesta, e in modo atroce.Due ragazzini affidati alle curedi Bucky muoiono in poche ore;dilagano la paura, il dolore, il so-spetto. Bucky non sa come bat-tersi, visita coraggiosamente fa-miglie orbate che se la prendo-no con lui come se fosse un uffi-ciale sanitario, mantiene la disci-plina e intrattiene i suoi pupilli.

Poi però cede a una tentazione.La sua ragazza, che lavora in

un campo estivo, gli procura uningaggio lì in collina, e non senzapatemi Bucky lo accetta, anchese la sua sembra una fuga. Sì, po-chi giorni dopo la sua defezionetutto il quartiere ebraico diNewark viene chiuso in quaran-tena, e i giochi dei bambini nei

parchi pubblici sono proibiti;ma i rimorsi non cessano di visi-tarlo. Il campo estivo è un nuovoparadiso. Non solo c’è la sua in-namorata, Bucky può persino ri-prendere il suo sport predilettotuffandosi nell’acqua tersa dellago, e trova subito un discepoloideale. Ma la maledizione lo rag-giunge. Ben presto questo disce-polo, un ragazzo dotatissimonello sport, si abbatte colto an-

che lui dalla polio; e Bucky stes-so, sottoposto a un controllo, sirivela portatore, prima sano mapoi infetto anche lui. Benché so-pravviva, perde l’uso quasi tota-le di un braccio e di una gamba,il lavoro che più ama, la ragazzache per punirsi deciderà di nonrivedere mai più.

Ancora una volta PhilipRoth racconta dunque la storiadi una brava persona di etniaebraica, benintenzionata e altru-ista ma inesorabilmente schiac-ciata da un destino avverso.

Nemesi è un libro di Giobbesenza redenzione finale: finodalla morte inspiegabile del pri-mo dei suoi ragazzi, che è an-che uno studente modello,Bucky decide che un Dio con-senziente a queste cose nonpuò esistere; e neanche un dia-logo finale col narratore, un exbambino che lo incontra moltianni dopo e tenta di consolarlo,riesce a dargli un minimo di se-renità. Come in altri recenti ro-manzi brevi di Roth, l’attratti-va principale per quei lettoriche ai libri chiedono di essere,se non illusi, almeno non de-pressi, consiste nella consuetamaestria con cui l’autore evocai luoghi e le atmosfere di quel-l’America scomparsa, provin-ciale e ingenua; né manca il fati-dico pezzo di bravura con la de-scrizione di un complesso pro-cedimento artigianale (la fab-bricazione dei guanti in Pasto-rale americana, il taglio dellecarni kosher in Indignazione...).

Questa volta tocca alla tecni-ca del lancio del giavellotto, earriva proprio nell’ultima pagi-na, per mostrarci il protagoni-sta ai tempi della sua giovinez-za felice e perduta per sempre.

LUIGIFORTE

Il paesino di Baia Lu-na con le sue povere case, lachiesa e uno spaccio con tantodi mescita, è solo un puntinoimmaginario a ridosso deiCarpazi sulla cartina della fan-tomatica Transmontania, die-tro cui non è difficile scorgerela Romania. Ma nella strari-pante fantasia del tedescoRolf Bauerdick, autore del ro-manzo Come la Madonna arri-vò sulla luna, quel piccolo vil-laggio di duecentocinquantaanime, una sorta di bislaccaMacondo, è più reale che mai:un microcosmo in cui si scon-trano bene e male, scena allu-cinata di tragici avvenimenti,ma anche galleria di bizzarri estrampalati personaggi comel'oste Ilja e il rom Dimitru Ga-bor avido lettore di testi sacriche dispensa a destra e a man-ca il suo latinorum.

Bauerdick ha girato il mon-do come fotografo e giornali-sta, e conosce benissimo i pae-si del vecchio blocco sociali-sta e la cultura degli zingarisu cui ha fatto ottimi servizi.Ma nel romanzo il reporterspicca altrove il volo, versoun' epica colorita ed estrosa,lasciandosi guidare dal suoprotagonista, il giovane PavelBotev nipote di Ilja, alle presecon un insolito avvenimento:il lancio sovietico dello Sput-nik nello spazio con a bordo lacagnetta Laika. Da quel lonta-no novembre del 1957 la mul-

tietnica Baia Luna in cui convi-vono senza grandi problemi ru-meni e sassoni, ungheresi erom, diventa teatro di misterio-se e tragiche vicende. Scompa-re infatti la maestra AngelaBarbulescu il cui cadavere pen-zola da un albero in montagna;vengono uccisi il parrocoJohannes Baptiste e la perpe-tua; si spegne la fiammella delSantissimo in chiesa ed è intro-vabile la statua lignea della Ma-donna dell'Eterno Conforto.

Il caos regna sovrano comese si fossero spezzati i vincoliche legavano la comunità del vil-laggio. Dimitru l'aveva predet-to: «Lo Sputnik è l'alba di unacatastrofe». In cielo come in ter-ra. Perché il visionario e profeti-co zigano sospetta che i sovieti-ci, in un delirio d'onnipotenza,vogliano provare che nell'uni-verso non c'è traccia di Dio,mentre un demonio sembra sof-focare la vita del paese. Ci pen-serà il parroco, poco prima dimorire, a raddrizzare le cose:l'Onnipotente è invisibile, manon bisogna perdersi d'animo.

Lassù, da qualche parte, maga-ri sulla Luna come credono Di-mitru e il suo amico Ilja, c'è dicerto la Madonna, assunta incielo, ben prima che arrivasse-ro i russi, con anima e corpo, co-me ha detto il papa, e dunque vi-sibile. Ergo: lassù con la madredi Dio esiste per forza anche ilCreatore di tutte le cose.

Quello che sembra un noir inperfetta regola, è in realtà mol-to di più: un thriller politico, per-ché gli omicidi sono opera dellaSecuritate e dei suoi scagnozzi,un romanzo di formazione, sur-reale e grottesco, a mezza stra-da fra il mondo di Kusturica e lepagine di Rabelais, ma anche lastoria di una falsa utopia sociale

degenerata in dittatura che sifrantuma con la caduta del Mu-ro di Berlino e, nel romanzo,con la morte del Conducator Ce-aucescu e la fine, come si leggeironicamente, dell'Età dell'Oro.Bauerdick è bravissimo nell'in-trecciare, attraverso lo sguar-do e il flashback di Pavel, motivie storie, segreti individuali e fol-lie collettive. E' un puzzle com-plesso, talvolta ridondante, configure al limite della stilizzazio-ne; ma il gioco non è mai tedio-so, se mai, inarrestabile.

Pavel riuscirà a vendicare,grazie all'aiuto dell'amico Fritze della rom Buba, suo eternoamore, la morte della maestrascoprendo torbidi intrighi, sto-

rie di ricatti e festini a luci ros-se. E' il mondo della città, di Clu-soara e Bucarest, il regno dellacorruzione a cui si contrapponel'utopia degli umili e dei sempli-ci, la realtà di Baia Luna, doveamicizia e fraternità avranno lameglio. Ma è anche il mondodella collettivizzazione forzata,della burocrazia impazzita checerca di ribaltare in modo vio-lento tradizioni e gesti antichi,memorie in via d'estinzione.

Per fortuna che nel maredella Serenità, sulla Luna, c'èla Vergine Maria, che Dimitruè convinto di aver visto col tele-scopio. Tocca agli americani di-fenderla, pensa Ilja, loro cheper primi arrivano sul pianeta,

contro coloro che, per ragionidiverse, come i russi e il Vatica-no, la vogliono nascondere efar sparire. Per questo scriveuna lettera a Nixon e finisce inmanicomio. Ilja sogna da sem-pre l'America e Nuijorke, dovec'è un' altra Madonna con lafiaccola in mano. Non andrà finlà, ma dopo dieci anni di clausu-ra forzata, torna a Baia Lunaper morire accanto ai suoi scor-gendo la Vergine Maria, comel'amico Dimitru che lo assistenel trapasso. Pavel ora sa, pro-prio dall'alto della sua esperien-za e della sua fredda lucidità,che la maestra non aveva ragio-ne a dire: «Chi speranze nonha, deluso non resterà».

L’AVVENTUROSA «SCHIAVA DI GRANADA»

Né nera né bianco: ermafrodito= Ha tracciato il sentiero Ildefonso Falcones con le suestorie (su tutte: La cattedrale del mare) ambientate in unpassato pregno di religioni e di misteri. Ora la Spagna difine ‘500 - quella bianca che riemerge dai fasti moreschi- torna con Augustín Sánchez Vidal e la sua mirabolanteSchiava di Granada (traduzione di Patrizia Spinato eGiorgia di Tolle, Editrice Nord, pp. 393, € 19,60),fascinosa ed insolita eroina nè uomo nè donna, di pellescura ma non del tutto nera, mai completamentesoggiogata e mai veramente libera neppure quandoinfine assurge al ruolo di gran cerusico.

E’ il suo processo - l’hanno messo sotto accusa persodomia ed ermafroditismo - a tracciare il filo di unadoppia vita perennemente in bilico tra i due sessi.Da giovanissima femmina, Elena Cespedes viene infattidata in isposa a un uomo rozzo e brutale che la metteincinta mentre la riempie di botte. Ma durante un partocomplicato e doloroso qualcosa si rompe in lei: l’organomaschile si estroflette e sboccia Eleno, un ragazzoall’improvviso colto da pulsioni prettamente virili alpunto da spesso innamorarsi e, infine, risposarsi: questavolta però da uomo.Di pari passo procede la sua scalata sociale che locostringe a fughe continue, scatenate dall’invidia chesuscitano i suoi successi. Al punto che c’è sempre

qualcuno che scava nel suo passato e nella suaambivalenza costringendolo, per ultimo, a risponderneall’Inquisitore in un’epoca in cui un androgino non hacittadinanza se non nel peccato più turpe. Un’esistenzapuntellata da mille mestieri: sarto, soldato e aiutomedico, fra gli altri. Da mille avventure: da Madridall’Andalusia, più volte in andata e ritorno. Da millesentimenti contrastanti: padre, madre, amante.Romanzo coinvolgente, organizzato con curiosa perizia,magari di non grandissima scrittura. Ma trascinante: ungrande affresco su un anfratto di storia a noi pocovicino, in grado di raccontarci cose e ambienti con unapenna assai curiosa, mai stanca di descrivere e scavare. Piero Soria

Con lo Sputnikva in orbita

anche la Vergine

«Nemesi»: lo scrittoreamericano ancora unavolta racconta la storiadi una brava personaschiacciata dal destino

A ritmo di swingtra i neri del ghettoe la borghesia bianca

Nel piccolo edenarriva la polio

L’ape cade a terrastecchita quando tentadi pungere Febbraio

Se un giornol’implacabile labradorbussa alla porta

UNA NUOVA TRADUZIONE DI «MOBY DICK»

Una balena con mille varianti= Si contano, in Italia, quasi 40 diverse traduzioni delMoby Dick di Herman Melville: da quando, neldopoguerra, la nostra editoria si ubriacò di letteraturaamericana, la Balena Bianca, non ha conosciuto riposo. Ese anche volessimo trascurare la pioneristica traduzione diPavese per Frassinelli dietro misero compenso, nonpotremmo però non misurarci con la schiera dei traduttoriche, dopo di lui, si cimentarono per dare una formadefinitiva ad un testo tanto sofferto. In un contesto dipolemiche ancora vive, arriva come necessaria l'edizionecurata da Giuseppe Natale (Utet, pp.938, € 22), in cui il

lettore può finalmente orientarsi nella complessa vicendadelle edizioni alternative prodotte dallo stesso Melville.E' risaputo che lo scrittore, sempre preoccupato per ildestino editoriale delle sue opere, pubblicò una primaversione americana che uscì qualche mese prima di quellainglese. Tra i due testi, i critici scoprirono differenzeprofonde dovute alla censura inglese ed un lavoro direvisione che lo stesso Melville riuscì ad imporre solo allaseconda edizione. Da allora le due balene sono in lotta:quella americana, meno edulcorata e originaria pretendeil posto che le spetta, con tutte le integrazioni, l'aggiuntadell'Epilogo (fondamentale per capire la posizione delnarratore Ismaele), i doppi sensi osceni, il portatoblasfemo e sovvertitore della lettera biblica, i giochi di

parole mutuati dallo slang americano (questi si' scappatial vittoriano redattore inglese), il rapporto simbioticomatrimoniale tra il narratore/protagonista e il ramponiereselvaggio Queequeg. L'edizione Utet dunque si basa suquella voluta nel 2005 dalla Longman che una volta pertutte ha decretato che non esista un unico testo di MobyDick ma piuttosto una sorta «testo fluido», di metatestoda attraversare in tutte le sue revisioni ( accertate più di unmigliaio di varianti) dal momento che il manoscrittooriginale di Melville è andato perduto per sempre.Una storia nella storia che rende ancora scottante einesauribile la materia di un romanzo ancora da decifrare,come il cerchio che si chiude sulla voce di Ismaele. Camilla Valletti

pp Rolf Bauerdickp COME LA MADONNA

ARRIVÒ SULLA LUNAp trad. di Aglae Pizzonep Feltrinelli, p. 471, € 19

pp Philip Rothp NEMESIp trad. di Norman Gobettip Einaudi, pp. 184, € 19

pp Allan Gurganusp PICCOLI EROIp trad. di M. Baiocchi e A. Tagliavinip Playground, pp. 168, € 14

pp Shane Jonesp IO SONO FEBBRAIOp trad. di D. Calgarop Isbn, pp. 160, € 13,50

pp Rebecca Huntp IL CANE NEROp trad. di Laura Grandip Ponte alle Grazie, pp. 253, € 16

Jones Una favola per adulti,un divertissement meta-letterario

«Come la Madonnaarrivò sulla luna»:un multietnico villaggio,thriller politico e surrealefra Kusturica e Rabelais

Herman Melville

Gurganus Tre racconti di vitequalunque nel North Carolina

Philip Roth: «Nemesi» è «un libro di Giobbe senza redenzione finale»

Philip Roth Il virus sbarca durante la guerranel quartiere ebraico sconvolgendo un ragazzo di cuore

Allan GurganusShane Jones

Augustín Sánchez Vidal

Scrittori stranieriIITuttolibri

SABATO 12 FEBBRAIO 2011LA STAMPA III

Rebecca Hunt Una bibliotecariae Churchill, uniti dalla depressione

Rebecca Hunt

Rolf Bauerdick

Da Baltimora un piccolocaso: un narratoretrentunenne esordiscecreando un mondofiabesco eppure credibile

La Madonna sulla Luna è una delle fantastiche «visioni» del tedesco Bauerdick

«Piccoli eroi»:una vecchia semicieca,un giovane uomodal fascino virile,un pilota di bombardieri

Un visionario «Canenero», il male oscurodell’anima, fa incontrarelo statista inglesee una timida vedova

Page 4: Tuttolibri n. 1752 (12-02-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - IV - 12/02/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/04 - Autore: MARGAL - Ora di stampa: 11/02/11 19.36

Moretti Esordio di un antimoralista beffardo:una desolazione vera, che disturba e coinvolge

quanto gli erano state versa-te dal Corriere della Sera perun solo pezzo 5 mila lire,l’equivalente di quasi 20 milaeuro, subì una specie di trau-ma. E non era a conoscenzache l’Immaginifico potevapure contare sull’appoggiodi Luigi Albertini, direttoredel Corriere, per difenderlodagli assalti dei debitori edelle amanti avidi di soldi.

Don Benedetto Croce, in-vece, si dichiarava scoccia-to dalle sue collaborazioniancorché redditizie perchéspesso sollecitavano polemi-che e lui non amava rispon-dere a quei «mediocri dissi-denti» dei suoi lettori. AnnaMaria Ortese si autoraffigu-rava come vittima sacrifica-le sull’altare dell’indegnomestiere: con il suo taccui-no in borsetta saliva e scen-

deva dai treni «barcollante distanchezza» per conto deisuoi emissari di carta. Però ri-badiva che suoi mandanti«erano i giornali di destra -che pagavano - e di sinistra odi piccola sinistra che elargi-vano pochi spiccioli». GuidoPiovene, commentando la di-sponibilità degli scrittori ver-so quest’attività «minore», so-steneva che era conseguenzadella «povertà». TommasoLandolfi concordava e il gior-nalismo lo chiamava «lettera-tura alimentare» anche se gliforniva i quattrini che luisperperava al tavolo verde, lasua ossessione.

Eppure, nonostante il latoeconomico abbia sempre avutola sua parte, ben altre sono lemolle che spingono alle collabo-razioni. Per D’Annunzio c’era ildesiderio di ampliare il raggio

di azione delle sue provocazio-ni e delle battaglie politiche maanche (come sosteneva il con-temporaneo Francesco Save-rio Nitti) di «imporre la suaopera». E lo stesso si potrebbedire persino di un narratoreagli antipodi, lo schivo Landol-

fi: quando il direttore del Cor-riere della sera, Mario Missiroli,cominciò a cestinargli gli arti-coli, s’indignò: «Me ne stavo inpace sobrio e pudico Ella miscovò e mi indusse ad accetta-re. Ora sembra, assurdamenteche nulla Le stia bene».

Montale era solito sostene-re che «il giornalismo sta allaletteratura come la riproduzio-ne sta all’amore». Però poiquando si trattò di ostacolarel’approdo di Testori come col-laboratore al Corriere si impe-gnò con tutte le sue forze. Leragioni dell’opposizione? Nonerano letterarie, spiega nelsuo saggio Serafini riprenden-do una testimonianza dellostesso Testori, ma originatedall’idiosincrasia del poetaper la non dissimulata omoses-sualità del narratore.

A volte però gli scrittori siriconoscono una vera e pro-pria passione per questa artedi seconda scelta: Goffredo Pa-rise, straordinario reporter diguerra, sosteneva: «Viaggiareo è transfert o non è niente»;Alberto Moravia fidava in queicani da guardia che consenti-

vano agli intellettuali «di nontacere e di dire la verità».

Pasolini che pure tanteenergie impiegò in quel di-scusso «secondo mestiere»,al contrario, riteneva che lecorazzate di carta e i loro di-rettori spesso limitassero le li-bertà. Ecco come si rivolgevaa Piero Ottone al timone delCorriere: «Direttore con cheanimo hai la spudoratezzadi... parlare di libertà di stam-pa, quando ne fai mercimo-nio... Sei una triviale e laidaputtana». Però circa un annodopo affidava i suoi scritti piùcorsari proprio a Ottone cheli pubblicava in prima pagina.

Ugualmente accanito con-tro chi dirigeva l'orchestraera l’anarchico Bianciardi:Aristerco, così ribattezzavaAristarco a capo di Cinemanuovo e sfidava a duello Lucia-

no Barca, responsabile del-l’Unità, che lo aveva messo al-la porta per aver descrittoFranco Ferri, direttore del-l’Istituto Gramsci, fiore all'oc-chiello del Pci, come un perdi-giorno sempre impegnato agiocare a biliardo.

Persino per Calvino, chetanto si dedicò al giornalismo,questo amore fu controverso.Nel 1960 mandò addirittura almacero le bozze di un suo re-portage sugli Stati Uniti per-ché non lo convinceva e teme-va potesse sollecitare diffiden-ze e resistenze. Ma alla fine luistesso riconosceva che il bi-strattato mestiere nasconde-va in sé una fatale attrazione,era il vivificante rapporto conla vita di tutti giorni. Forseproprio per questo anche oggiva per la maggiore.

Flaiano analogamente so-steneva: «I giornalisti? Chi cisalverà da questi cuochi dellarealtà?». Dimenticando peròche anche lui trafficava conpentole e fornelli.

Quando le predesono i ragazzini

GIOVANNITESIO

Diciamolo subito.Questo Scappare fortissimo,appena pubblicato da Einau-di, non è nato per essere il ro-manzo di un giorno. Non è uningegnoso montaggio di astu-zie narrative, di ideuzze sti-racchiate e di facili incantiper palati contentabili, ma unromanzo che scava, spiazza,offende e costringe a verifi-che palombare, convertendola menzogna in verità. In sin-tesi estrema è il giudizio chesi può fare dell'esordio narra-tivo (tutt'altro che «ubriaco»)di un quasi sessantenne di na-scita alessandrina e di resi-denza torinese che rispondeal nome di Stefano Moretti.

Il romanzo di una vita, aprescindere dal fatto chescaturisca da esperienze re-ali o inventate: in ogni casomai accadute come vengo-no narrate. Non è però pleo-nastico che nell'«Avverten-za dell'autore» Moretti invi-ti a scongiurare l'indebitoesercizio di identità (tra ioche scrive e io che vive) dacui un lettore maldestro -essendo sempre diffuso unvoyeurismo più curioso dipettegolezzi che di idee - po-trebbe lasciarsi sedurre.

Venire al merito è agevo-le perché la narrazione si tie-

ne a un'impalcatura essen-ziale. La vicenda si svolge inun fine settimana ma imme-diatamente si espande nellospazio e nel tempo, sia per-ché il presente arriva a tocca-re - nel più evidente dispettodella cronologia - i molti annigià vissuti, sia perché dal pie-no centro di Torino, che è lacittà dei ritorni irregolar-mente periodici, vengono im-barcate le stazioni più diver-se in una vertiginosa lista dicittà e di soggiorni.

Il protagonista coincidecon l'io narrante che è un uo-mo in preda al sentimentodel suo declino («la storia diuna vita vista dalla fine»). Ilsuo nome è Giovanni Prati,la sua professione è quelladel procacciatore di dati perun'azienda multinazionaledell'aviation marketing, lasua condizione è quella di un

uomo affetto da omosessuali-tà compulsiva, e noi lo incon-triamo nel punto in cui sta peravviare un'ennesima svoltaprofessionale.

Pagina dopo pagina, il ro-manzo diventa la storia di unapersonalità sgradevole, ma an-che della verità che va oltre lasua auto-rappresentazione.Una verità che sta nelle crepee nei dissidi della carne e delcuore, nei rimorsi senza indul-genza, nella disarmata neces-sità di confessare un'angosciasenza remissione («una vitasenza niente»), la fatica di vi-vere che si fa strada tra le infi-nite prestazioni, le prodezzesessuali, le bottiglie bevute, lepastiglie ingurgitate, le nottibrave, gli eccessi, i festini, gliincubi, i successi, i viaggi con-tinui, ma anche la desolataconsapevolezza di una traiet-toria senza comando, e tutta-

via non aliena da momenti diattonita perfezione, che bale-nano attraverso ben corporaliepifanie del sacro.

Giovanni Prati è un uomoche non riesce a essere norma-le, che convive con i suoi gatti(di Minna il «vedovo allegro»,di Jirka e di Orazio il compa-gno amorevole), che fiuta i ra-gazzini e insegue le sue predein luoghi deputati e non, che di-sprezza «i valori condivisi»,che è brutto, che è appassito,che sente «il puzzo dell'età»,che ama ballare sull'orlo del ba-ratro, che insegue la memoriadel grande e impossibile amoreper un ragazzo di nome Manu.Un antieroe che tramuta lasgradevolezza, la solitudine, ilsenso del vuoto e del nulla inuna specie di non cercato ri-scatto, mostrando la faccia in-versa e irridente della vita.

Con lui, un'estrosa serie di

figure ritratte con sottigliezzaironica e satirica, da antimora-lista beffardo, o una bella anto-logia di resoconti di città lonta-ne dagli stereotipi turistici. Einfine una galleria di personag-gi memorabili: il padrone dell'azienda (con la madre soprav-vissuta ad Auschwitz), la signo-ra «Teocon», l'amica (o ex-ami-ca) Susanna («Suor Algida»),l'amico David Morgan, i nume-rosi compagni di una notte o dipiù notti, la sinfonia dei tantiaddii, gli struggimenti della bel-lezza furtiva, gli inguini lanci-nanti, la nostalgia dei dettagli.Il tutto all'insegna di una scrit-tura da journal, che tiene unpasso desultorio, aritmico,esplicito, inclusivo.

Sulla scia di Pasolini e Siti,Scappare fortissimo si candida asfidare la coscienza pigra deilettori che non amano esseredisturbati.

DIALOGHI IN VERSIMAURIZIO CUCCHI

Ecco René Chara modo mio

«Due rive ci vogliono»: il poetafrancese «reso» da Vittorio Sereni

BRUNOQUARANTA

Non è facile reggersiin equilibrio sulla leggerezzanon evaporando. A LucaBianchini l’esercizio riescenuovamente (come non ri-cordarne il febbrile esordio,Instant love?) in Siamo soloamici. E’ un aquilone - la com-media lungo la linea Venezia-Torino - che non gigioneggia,ma sapientemente cogliequesto e quel vento, visitan-do calli e campielli e borghe-si anse sotto la Mole (e inchi-nandosi di fronte a un soffiodi saudade).

Tra spezie goldoniane elapilli scovati nell’officinaF&L, Luca Bianchini cuceun mondo sempre a un pas-so eppur distante - qui l’acro-bazia - dalla macchietta, nondalla maschera, ovvero l’ar-te di raccontare camuffatada «vanity fair». Nel bazarumano aggirandosi con ariadivertita e consapevole (del-l’oliatissima trappola realitytesa a ciascuno di noi, il reali-ty che umilia la realtà, l’au-tenticità): così soppesando,saggiando, orientando, ele-gantemente cozzando (fa-cendo cozzare), lestamenteporgendo il fazzoletto cheasciughi la lacrima.

E’ una giostra di silhouet-te, Siamo soli amici. LucaBianchini è come se scrives-

se con le forbici. Allestito unsalon, un cartamodello, di fi-gure e figurine, vi passeggiaariosamente, ritagliando i ca-ratteri, ora isolandoli ora me-scolandoli, ora scrutandolinell’intimo ora apparente-mente dimenticandoli, affi-dandoli al caso.

Un bricoleur di destini,Bianchini. Un torinese cheama Torino, confessa, sbia-dendo il riserbo indigeno, ri-velando una disposizione al-l’entusiasmo che ne contagiala pagina. Se solo saprà atte-nuare la complicità con i suoipersonaggi, potrà offrireuna prova di consistenza do-cumentaria, poeticamentedocumentaria, sulla nostraItalia nel cuore frollata.

Siamo solo amici, no? Gia-como e Rafael, tutt’al più, agemellarli, è «un’insinuazio-

ne di omosessualità». Loroche nell’altra metà del cielogenerosamente dondolano.Giacomo-Jack, giunto in La-guna dal proustiano Ritz, con-cierge all’«Abadessa», «servi-tore» di una madamina turi-neisa. Rafael, anch’egli portie-re, ex numero uno, ma dietroi pali, Santos e Mirasol lesquadre, perdutamente inna-morato di Carmelinda, regi-na della telenovela.

Un girotondo di baci, ab-bracci, giocosi amplessi, sapi-di equivoci, taluni arcinoti, mavividissimi, di intatta freschez-za, come le torte in faccia sulset di Stanlio e Ollio (il gioiellonatalizio destinato all’amante

che sarà donato, dommage, al-la consorte). Un’altalena comi-ca e quindi malinconica chesubirà l’arrembaggio di Frida(una femme de joie convintadi assomigliare a Gesù, una«Pretty Woman» di Laguna) eTamara-Tammy, camerieraal Tonga Bar, mise Lady Ga-ga. Quale lei, quale gozzania-no «mistero senza fine bello»infine folgorerà i nostri eroi,Giacomo-Jack e Rafael?

Luca Bianchini è una frec-cia rossa (rare le soste, le pau-se) tra piazza San Marco e ilPo, da via Della Rocca, una viacanapè, alla precollina. Un mi-nuetto di caratteri. A ciascu-no il suo, va da sé. Chi non hadimenticato la donna della do-menica si affeziona a ElenaBarsanti, discendente - senzapretesa di esserne all’altezza -per li rami di Anna Carla. In-torno a lei, una «Madame Bo-vary con l’iPhone» (e poco im-porta se non ne ha contezza),ecco dipanarsi un ritratto«gourmant» di città: di inge-gnere (marito) fedigrafo inmessa domenicale, di tatamultilingue in caffè da Mulas-sano, di bignole in coiffuer...

Finale (a Venezia) in gra-maglie, ma è solo l’ultimo attodi un ballo in maschera, nevve-ro Bianchini?

MARGHERITAOGGERO

Di scuola negli ultimidue anni si è parlato e scrittomolto, e la conclusionequasi una-nime di tanto dibattito è che sof-fra di gravi malanni da curarecon sapienza e diligenza, se sivuole che sopravviva in statonon comatoso. Affronta l’argo-mento il bel libro di Silvia DaiPra' Quelli che però è lo stesso: unpiccolo romanzo quasi autobio-grafico, non tanto perché la pro-tagonista ha lo stesso nome e etàdell'autrice, ma perché solo chiha fatto un'esperienza sul cam-po è in grado di raccontare credi-bilmente uno spaccato odiernodi vita scolastica.

La protagonista Silvia - lau-rea in lettere a pieni voti, dotto-rato di ricerca con borsa vinto aventicinque anni, due anni distudi all'estero, due lingue stra-niere scritte e parlate, varie pub-blicazioni, proprio come l'autri-ce - poco dopo la trentina fa la

sua prima esperienza da inse-gnante precaria in un istitutoprofessionale a Ostia Nord. E'animata da entusiasmo, buoneintenzioni, fiducia nell'importan-za e utilità del suo lavoro, maper fortuna nutre dubbi su sestessa, sulle sue convinzioni e so-prattutto è dotata di un'intelli-genza lucida che le permette dinon aderire acriticamente a nes-suna ideologia preconfezionata.Neppure a quelle consolatoriedi un progressismo che credenelle sorti magnifiche e chiudegli occhi di fronte alla realtà. In-somma, Silvia è priva di ogni ti-po di corazza, di lancia e di scu-do per difendersi nella mischiain cui è piombata.

Nella mischia ci sono gli inse-gnanti di lungo corso, stanchi erassegnati, o prigionieri di opi-nioni granitiche, o cinicamenteattenti solo al proprio particula-re, o buonisti per sfinimento: co-me Marta, intransigente sessan-tottina in ritardo; come l'inse-gnante di sostegno sempre per-donista; come Olimpia, pelliccialeopardata, suv, e contempora-neamente responsabile di unprogetto sull'ecologia; come l'as-senteista cronico a causa degliimpegniprivati di lavoro.

Ci sono soprattutto loro, gliallievi: adolescenti sui quindicianni nel corso diurno, e adulti

del serale. Fascistelli omofobi earroganti, cresciuti a tivù, rivistedi gossip e stadio i primi, convin-ti che insegnare non sia un lavo-ro e che la promozione sia un di-ritto i secondi.

E Silvia che fa? Prova a impor-si a classi riluttanti e sfottenti, sisforza di capire le ragioni di males-seri e disinteresse, soprattuttocerca di liberare i suoi allievi daipregiudizi con lo strumento dellapoesia. In mezzo alle prevalenti de-lusioni, intravede forse un barlu-me di speranza, ma ne esce, a fineanno, con lo spiritoammaccato.

Il lettore, invece, a chiusura dilibro, rinfrancato per l'asciutto ri-gore e la scorrevolezza della sto-ria, per l'assenza di lenocini stilisti-ci, e per la speranza che di inse-gnanticosì ce ne siano tanti.

Sempre sull'argomento, mada un punto di vista particolare, èIl cinema va a scuola, un saggioben documentato di GiampieroFrasca, in cui il mondo della scuo-la è visto attraverso 200 film di va-ri Paesi, perlopiù occidentali, daZero in condotta (1933) a La classe(2008), Il nastro bianco e Precious(entrambi 2009). Più che un cata-logo, il libro è una guida analiticadi situazioni ricorrenti (violenza,repressione, recupero, innovazio-ne didattica), figure fondamentali(studenti, insegnanti, dirigenti, bi-delli, genitori), di luoghi (aula, cor-tile, servizi igienici, sala insegnan-ti) e di modalità educative (cattivie buoni maestri). Uno strumentodi lavoro che aggiunge un interes-sante contributo di conoscenze aldibattito in corso.

MIRELLA SERRI

Char al primo contatto mirespingeva. Mi apparivalontanissimo da qualun-

que idea io avessi di poesia. In so-stanza non lo capivo». Così Vitto-rio Sereni in occasione del premioMonselice per la traduzione, nel1976, che gli veniva conferito perla sua splendida traduzione daChar, Ritorno Sopramonte. Di-ceva anche: «Per altro verso latensione che avvertivo in lui, [...]mi faceva soggezione e al tempostesso mi sfidava».

Sereni, dunque, si era impe-gnato in una corpo a corpo con lapoesia di Char: da un lato per me-glio penetrarla e capirla, dall'al-tro, io credo, nella convinzioneche solo da ciò che è altro sia pos-sibile apprendere, veramente,qualcosa di importante. In que-

sta avventura il lavoro di tradu-zione è impareggiabile. Diventaun'officina aperta in cui ogni det-taglio assume un senso decisivo.Ritorno Sopramonte (edito daMondadori nel '74 con un saggiodi Starobinski) fu dunque unagrande impresa, perché consentìa chi non conosceva il francese dientrare nell'opera di uno dei pro-tagonisti della poesia di Novecen-to con la migliore delle mediazio-ni, quella di un altro grande. Maanche perché, verosimilmente, la-sciò qualche non trascurabile resi-duo anche nell'idea di poesia nelsuo farsi dello stesso Sereni. Ilquale, però, escluse dalla pubbli-cazione un pacchetto consistentedi traduzioni, ora in Due rive civogliono (Donzelli, p.140, € 14)con presentazione di Pier Vincen-zo Mengaldo e grazie al lavoro fi-lologico della curatrice Elisa Don-zelli (con la collaborazione di Bar-

bara Colli per l'apparato critico).Sono quarantasette traduzioni, icui originali si trovano nell'archi-vio «Vittorio Sereni» della bibliote-ca comunale di Luino, dove il poetaera nato nel 1913.

Come sottolinea Mengaldo, unodegli aspetti più notevoli di questetraduzioni è nella scelta del tradut-tore di trasformarli in brevi compo-nimenti in versi. Forse Sereni volevaavvicinarsi di più alla pronuncia li-rica di quei testi in prosa proprio at-traverso l'uso del verso. Una doman-da naturale che poi viene al lettore,e che si pone anche Mengaldo, ri-guarda la scelta del traduttore diescludere da Ritorno Sopramontequesti pezzi. Risulta difficile andareoltre le più semplici supposizioni.Forse per ragioni di spazio. Ma sa-rebbe una ragione insufficiente. For-

se perché Sereni non si sentiva sicu-rissimo dell'esito. O forse perché ap-parivano come testi meno rilevantirispetto a quelli scelti. Certo, oltre al-le brevi prose aforistiche, questonuovo libro ci dà modo di affrontarenella versione del poeta del Diariodi Algeria testi di Char di importan-te complessità e risalto, come Tabel-la di longevità o Quote. E dunque cioffre l'occasione per tornare anche aRitorno Sopramonte e considerarenel loro insieme il lavoro del poeta,di cui ricordo la bellissima poesiaTraducevo Char: «A modo mio,René Char / con i miei soli mezzi / sumateriali vostri // Nel giorno chesplende di sopra la sera / gualcita lasua soglia d'agonia. / O trepidandoal seguito di quelle / falcate pulvero-lente / che una primavera dietro sésollevano. // Un'acqua corse, unasperanza / da berne tutto il verde /sotto la signoria dell'estate».

[email protected]

«Siamo solo amici»:due portieri (di albergoe di calcio) si piaccionocosì tanto da votarsiall’altra metà del cielo

Bianchini Tra Venezia e Torino,un girotondo di amori ed equivoci

Al romanzo diariosi affianca la guida«Il cinema va a scuola»dai Trenta ad oggiattraverso 200 film

Dai Pra’ Le fatiche di una insegnanteprecaria, uno spaccato di vite in classe

NALDINI L’AFRICANO

Eros senza divieti«Adolescenti riempivano i vicoli etendevano sorridenti agguati...».Con Nico Naldini in Nordafrica. Ilsuo «Shahrazad ascoltami»(l’ancora del mediterraneo, pp.108, € 13,50) è, attraverso lastoria di un uomo scomparso e diun manoscritto ritrovato, unomaggio all’erotismo che nonimpone divieti né suscitascandali, come sfolgora lungo lacosta nord. Poeta, biografo diComisso e di Pasolini (suocugino), Naldini rievoca «incontriteneri e segreti», rivendica il«libero arbitrio nell’uso delproprio corpo».

pp Silvia Dai Pra'p QUELLI CHE PERÒ È LO STESSOp Laterzap pp. 162, € 10

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pp Luca Bianchinip SIAMO SOLO AMICIp Mondadorip pp. 284, € 19

pp Stefano Morettip SCAPPARE FORTISSIMOp Einaudi, pp. 441, € 24

Luca Bianchiniè nato

a Torinonel 1970

Ha esorditonel 2003

conil romanzo

«Instant love»In «Siamo

solo amici»allestisce

un girotondodi baci,

abbracci,giocosi

amplessi,sapidi equivoci

Se madaminasi sente come

Pretty Woman

Una scena dal film «Ultimi della classe»

Cari studentiprovo a curarvi

con la poesia

Da scrittori a giornalistiSegue da pag. I

Un dipinto di Henry Scott Tuke

René Char

«Scappare fortissimo»un uomo affettoda omosessualitàcompulsiva, sullascia di Pasolini e Siti

Flaiano definivai giornalisti «cuochidella realtà», ma anchelui trafficava volentiericon pentole e fornelli

Vittorio Sereni

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Moretti Esordio di un antimoralista beffardo:una desolazione vera, che disturba e coinvolge

quanto gli erano state versa-te dal Corriere della Sera perun solo pezzo 5 mila lire,l’equivalente di quasi 20 milaeuro, subì una specie di trau-ma. E non era a conoscenzache l’Immaginifico potevapure contare sull’appoggiodi Luigi Albertini, direttoredel Corriere, per difenderlodagli assalti dei debitori edelle amanti avidi di soldi.

Don Benedetto Croce, in-vece, si dichiarava scoccia-to dalle sue collaborazioniancorché redditizie perchéspesso sollecitavano polemi-che e lui non amava rispon-dere a quei «mediocri dissi-denti» dei suoi lettori. AnnaMaria Ortese si autoraffigu-rava come vittima sacrifica-le sull’altare dell’indegnomestiere: con il suo taccui-no in borsetta saliva e scen-

deva dai treni «barcollante distanchezza» per conto deisuoi emissari di carta. Però ri-badiva che suoi mandanti«erano i giornali di destra -che pagavano - e di sinistra odi piccola sinistra che elargi-vano pochi spiccioli». GuidoPiovene, commentando la di-sponibilità degli scrittori ver-so quest’attività «minore», so-steneva che era conseguenzadella «povertà». TommasoLandolfi concordava e il gior-nalismo lo chiamava «lettera-tura alimentare» anche se gliforniva i quattrini che luisperperava al tavolo verde, lasua ossessione.

Eppure, nonostante il latoeconomico abbia sempre avutola sua parte, ben altre sono lemolle che spingono alle collabo-razioni. Per D’Annunzio c’era ildesiderio di ampliare il raggio

di azione delle sue provocazio-ni e delle battaglie politiche maanche (come sosteneva il con-temporaneo Francesco Save-rio Nitti) di «imporre la suaopera». E lo stesso si potrebbedire persino di un narratoreagli antipodi, lo schivo Landol-

fi: quando il direttore del Cor-riere della sera, Mario Missiroli,cominciò a cestinargli gli arti-coli, s’indignò: «Me ne stavo inpace sobrio e pudico Ella miscovò e mi indusse ad accetta-re. Ora sembra, assurdamenteche nulla Le stia bene».

Montale era solito sostene-re che «il giornalismo sta allaletteratura come la riproduzio-ne sta all’amore». Però poiquando si trattò di ostacolarel’approdo di Testori come col-laboratore al Corriere si impe-gnò con tutte le sue forze. Leragioni dell’opposizione? Nonerano letterarie, spiega nelsuo saggio Serafini riprenden-do una testimonianza dellostesso Testori, ma originatedall’idiosincrasia del poetaper la non dissimulata omoses-sualità del narratore.

A volte però gli scrittori siriconoscono una vera e pro-pria passione per questa artedi seconda scelta: Goffredo Pa-rise, straordinario reporter diguerra, sosteneva: «Viaggiareo è transfert o non è niente»;Alberto Moravia fidava in queicani da guardia che consenti-

vano agli intellettuali «di nontacere e di dire la verità».

Pasolini che pure tanteenergie impiegò in quel di-scusso «secondo mestiere»,al contrario, riteneva che lecorazzate di carta e i loro di-rettori spesso limitassero le li-bertà. Ecco come si rivolgevaa Piero Ottone al timone delCorriere: «Direttore con cheanimo hai la spudoratezzadi... parlare di libertà di stam-pa, quando ne fai mercimo-nio... Sei una triviale e laidaputtana». Però circa un annodopo affidava i suoi scritti piùcorsari proprio a Ottone cheli pubblicava in prima pagina.

Ugualmente accanito con-tro chi dirigeva l'orchestraera l’anarchico Bianciardi:Aristerco, così ribattezzavaAristarco a capo di Cinemanuovo e sfidava a duello Lucia-

no Barca, responsabile del-l’Unità, che lo aveva messo al-la porta per aver descrittoFranco Ferri, direttore del-l’Istituto Gramsci, fiore all'oc-chiello del Pci, come un perdi-giorno sempre impegnato agiocare a biliardo.

Persino per Calvino, chetanto si dedicò al giornalismo,questo amore fu controverso.Nel 1960 mandò addirittura almacero le bozze di un suo re-portage sugli Stati Uniti per-ché non lo convinceva e teme-va potesse sollecitare diffiden-ze e resistenze. Ma alla fine luistesso riconosceva che il bi-strattato mestiere nasconde-va in sé una fatale attrazione,era il vivificante rapporto conla vita di tutti giorni. Forseproprio per questo anche oggiva per la maggiore.

Flaiano analogamente so-steneva: «I giornalisti? Chi cisalverà da questi cuochi dellarealtà?». Dimenticando peròche anche lui trafficava conpentole e fornelli.

Quando le predesono i ragazzini

GIOVANNITESIO

Diciamolo subito.Questo Scappare fortissimo,appena pubblicato da Einau-di, non è nato per essere il ro-manzo di un giorno. Non è uningegnoso montaggio di astu-zie narrative, di ideuzze sti-racchiate e di facili incantiper palati contentabili, ma unromanzo che scava, spiazza,offende e costringe a verifi-che palombare, convertendola menzogna in verità. In sin-tesi estrema è il giudizio chesi può fare dell'esordio narra-tivo (tutt'altro che «ubriaco»)di un quasi sessantenne di na-scita alessandrina e di resi-denza torinese che rispondeal nome di Stefano Moretti.

Il romanzo di una vita, aprescindere dal fatto chescaturisca da esperienze re-ali o inventate: in ogni casomai accadute come vengo-no narrate. Non è però pleo-nastico che nell'«Avverten-za dell'autore» Moretti invi-ti a scongiurare l'indebitoesercizio di identità (tra ioche scrive e io che vive) dacui un lettore maldestro -essendo sempre diffuso unvoyeurismo più curioso dipettegolezzi che di idee - po-trebbe lasciarsi sedurre.

Venire al merito è agevo-le perché la narrazione si tie-

ne a un'impalcatura essen-ziale. La vicenda si svolge inun fine settimana ma imme-diatamente si espande nellospazio e nel tempo, sia per-ché il presente arriva a tocca-re - nel più evidente dispettodella cronologia - i molti annigià vissuti, sia perché dal pie-no centro di Torino, che è lacittà dei ritorni irregolar-mente periodici, vengono im-barcate le stazioni più diver-se in una vertiginosa lista dicittà e di soggiorni.

Il protagonista coincidecon l'io narrante che è un uo-mo in preda al sentimentodel suo declino («la storia diuna vita vista dalla fine»). Ilsuo nome è Giovanni Prati,la sua professione è quelladel procacciatore di dati perun'azienda multinazionaledell'aviation marketing, lasua condizione è quella di un

uomo affetto da omosessuali-tà compulsiva, e noi lo incon-triamo nel punto in cui sta peravviare un'ennesima svoltaprofessionale.

Pagina dopo pagina, il ro-manzo diventa la storia di unapersonalità sgradevole, ma an-che della verità che va oltre lasua auto-rappresentazione.Una verità che sta nelle crepee nei dissidi della carne e delcuore, nei rimorsi senza indul-genza, nella disarmata neces-sità di confessare un'angosciasenza remissione («una vitasenza niente»), la fatica di vi-vere che si fa strada tra le infi-nite prestazioni, le prodezzesessuali, le bottiglie bevute, lepastiglie ingurgitate, le nottibrave, gli eccessi, i festini, gliincubi, i successi, i viaggi con-tinui, ma anche la desolataconsapevolezza di una traiet-toria senza comando, e tutta-

via non aliena da momenti diattonita perfezione, che bale-nano attraverso ben corporaliepifanie del sacro.

Giovanni Prati è un uomoche non riesce a essere norma-le, che convive con i suoi gatti(di Minna il «vedovo allegro»,di Jirka e di Orazio il compa-gno amorevole), che fiuta i ra-gazzini e insegue le sue predein luoghi deputati e non, che di-sprezza «i valori condivisi»,che è brutto, che è appassito,che sente «il puzzo dell'età»,che ama ballare sull'orlo del ba-ratro, che insegue la memoriadel grande e impossibile amoreper un ragazzo di nome Manu.Un antieroe che tramuta lasgradevolezza, la solitudine, ilsenso del vuoto e del nulla inuna specie di non cercato ri-scatto, mostrando la faccia in-versa e irridente della vita.

Con lui, un'estrosa serie di

figure ritratte con sottigliezzaironica e satirica, da antimora-lista beffardo, o una bella anto-logia di resoconti di città lonta-ne dagli stereotipi turistici. Einfine una galleria di personag-gi memorabili: il padrone dell'azienda (con la madre soprav-vissuta ad Auschwitz), la signo-ra «Teocon», l'amica (o ex-ami-ca) Susanna («Suor Algida»),l'amico David Morgan, i nume-rosi compagni di una notte o dipiù notti, la sinfonia dei tantiaddii, gli struggimenti della bel-lezza furtiva, gli inguini lanci-nanti, la nostalgia dei dettagli.Il tutto all'insegna di una scrit-tura da journal, che tiene unpasso desultorio, aritmico,esplicito, inclusivo.

Sulla scia di Pasolini e Siti,Scappare fortissimo si candida asfidare la coscienza pigra deilettori che non amano esseredisturbati.

DIALOGHI IN VERSIMAURIZIO CUCCHI

Ecco René Chara modo mio

«Due rive ci vogliono»: il poetafrancese «reso» da Vittorio Sereni

BRUNOQUARANTA

Non è facile reggersiin equilibrio sulla leggerezzanon evaporando. A LucaBianchini l’esercizio riescenuovamente (come non ri-cordarne il febbrile esordio,Instant love?) in Siamo soloamici. E’ un aquilone - la com-media lungo la linea Venezia-Torino - che non gigioneggia,ma sapientemente cogliequesto e quel vento, visitan-do calli e campielli e borghe-si anse sotto la Mole (e inchi-nandosi di fronte a un soffiodi saudade).

Tra spezie goldoniane elapilli scovati nell’officinaF&L, Luca Bianchini cuceun mondo sempre a un pas-so eppur distante - qui l’acro-bazia - dalla macchietta, nondalla maschera, ovvero l’ar-te di raccontare camuffatada «vanity fair». Nel bazarumano aggirandosi con ariadivertita e consapevole (del-l’oliatissima trappola realitytesa a ciascuno di noi, il reali-ty che umilia la realtà, l’au-tenticità): così soppesando,saggiando, orientando, ele-gantemente cozzando (fa-cendo cozzare), lestamenteporgendo il fazzoletto cheasciughi la lacrima.

E’ una giostra di silhouet-te, Siamo soli amici. LucaBianchini è come se scrives-

se con le forbici. Allestito unsalon, un cartamodello, di fi-gure e figurine, vi passeggiaariosamente, ritagliando i ca-ratteri, ora isolandoli ora me-scolandoli, ora scrutandolinell’intimo ora apparente-mente dimenticandoli, affi-dandoli al caso.

Un bricoleur di destini,Bianchini. Un torinese cheama Torino, confessa, sbia-dendo il riserbo indigeno, ri-velando una disposizione al-l’entusiasmo che ne contagiala pagina. Se solo saprà atte-nuare la complicità con i suoipersonaggi, potrà offrireuna prova di consistenza do-cumentaria, poeticamentedocumentaria, sulla nostraItalia nel cuore frollata.

Siamo solo amici, no? Gia-como e Rafael, tutt’al più, agemellarli, è «un’insinuazio-

ne di omosessualità». Loroche nell’altra metà del cielogenerosamente dondolano.Giacomo-Jack, giunto in La-guna dal proustiano Ritz, con-cierge all’«Abadessa», «servi-tore» di una madamina turi-neisa. Rafael, anch’egli portie-re, ex numero uno, ma dietroi pali, Santos e Mirasol lesquadre, perdutamente inna-morato di Carmelinda, regi-na della telenovela.

Un girotondo di baci, ab-bracci, giocosi amplessi, sapi-di equivoci, taluni arcinoti, mavividissimi, di intatta freschez-za, come le torte in faccia sulset di Stanlio e Ollio (il gioiellonatalizio destinato all’amante

che sarà donato, dommage, al-la consorte). Un’altalena comi-ca e quindi malinconica chesubirà l’arrembaggio di Frida(una femme de joie convintadi assomigliare a Gesù, una«Pretty Woman» di Laguna) eTamara-Tammy, camerieraal Tonga Bar, mise Lady Ga-ga. Quale lei, quale gozzania-no «mistero senza fine bello»infine folgorerà i nostri eroi,Giacomo-Jack e Rafael?

Luca Bianchini è una frec-cia rossa (rare le soste, le pau-se) tra piazza San Marco e ilPo, da via Della Rocca, una viacanapè, alla precollina. Un mi-nuetto di caratteri. A ciascu-no il suo, va da sé. Chi non hadimenticato la donna della do-menica si affeziona a ElenaBarsanti, discendente - senzapretesa di esserne all’altezza -per li rami di Anna Carla. In-torno a lei, una «Madame Bo-vary con l’iPhone» (e poco im-porta se non ne ha contezza),ecco dipanarsi un ritratto«gourmant» di città: di inge-gnere (marito) fedigrafo inmessa domenicale, di tatamultilingue in caffè da Mulas-sano, di bignole in coiffuer...

Finale (a Venezia) in gra-maglie, ma è solo l’ultimo attodi un ballo in maschera, nevve-ro Bianchini?

MARGHERITAOGGERO

Di scuola negli ultimidue anni si è parlato e scrittomolto, e la conclusionequasi una-nime di tanto dibattito è che sof-fra di gravi malanni da curarecon sapienza e diligenza, se sivuole che sopravviva in statonon comatoso. Affronta l’argo-mento il bel libro di Silvia DaiPra' Quelli che però è lo stesso: unpiccolo romanzo quasi autobio-grafico, non tanto perché la pro-tagonista ha lo stesso nome e etàdell'autrice, ma perché solo chiha fatto un'esperienza sul cam-po è in grado di raccontare credi-bilmente uno spaccato odiernodi vita scolastica.

La protagonista Silvia - lau-rea in lettere a pieni voti, dotto-rato di ricerca con borsa vinto aventicinque anni, due anni distudi all'estero, due lingue stra-niere scritte e parlate, varie pub-blicazioni, proprio come l'autri-ce - poco dopo la trentina fa la

sua prima esperienza da inse-gnante precaria in un istitutoprofessionale a Ostia Nord. E'animata da entusiasmo, buoneintenzioni, fiducia nell'importan-za e utilità del suo lavoro, maper fortuna nutre dubbi su sestessa, sulle sue convinzioni e so-prattutto è dotata di un'intelli-genza lucida che le permette dinon aderire acriticamente a nes-suna ideologia preconfezionata.Neppure a quelle consolatoriedi un progressismo che credenelle sorti magnifiche e chiudegli occhi di fronte alla realtà. In-somma, Silvia è priva di ogni ti-po di corazza, di lancia e di scu-do per difendersi nella mischiain cui è piombata.

Nella mischia ci sono gli inse-gnanti di lungo corso, stanchi erassegnati, o prigionieri di opi-nioni granitiche, o cinicamenteattenti solo al proprio particula-re, o buonisti per sfinimento: co-me Marta, intransigente sessan-tottina in ritardo; come l'inse-gnante di sostegno sempre per-donista; come Olimpia, pelliccialeopardata, suv, e contempora-neamente responsabile di unprogetto sull'ecologia; come l'as-senteista cronico a causa degliimpegniprivati di lavoro.

Ci sono soprattutto loro, gliallievi: adolescenti sui quindicianni nel corso diurno, e adulti

del serale. Fascistelli omofobi earroganti, cresciuti a tivù, rivistedi gossip e stadio i primi, convin-ti che insegnare non sia un lavo-ro e che la promozione sia un di-ritto i secondi.

E Silvia che fa? Prova a impor-si a classi riluttanti e sfottenti, sisforza di capire le ragioni di males-seri e disinteresse, soprattuttocerca di liberare i suoi allievi daipregiudizi con lo strumento dellapoesia. In mezzo alle prevalenti de-lusioni, intravede forse un barlu-me di speranza, ma ne esce, a fineanno, con lo spiritoammaccato.

Il lettore, invece, a chiusura dilibro, rinfrancato per l'asciutto ri-gore e la scorrevolezza della sto-ria, per l'assenza di lenocini stilisti-ci, e per la speranza che di inse-gnanticosì ce ne siano tanti.

Sempre sull'argomento, mada un punto di vista particolare, èIl cinema va a scuola, un saggioben documentato di GiampieroFrasca, in cui il mondo della scuo-la è visto attraverso 200 film di va-ri Paesi, perlopiù occidentali, daZero in condotta (1933) a La classe(2008), Il nastro bianco e Precious(entrambi 2009). Più che un cata-logo, il libro è una guida analiticadi situazioni ricorrenti (violenza,repressione, recupero, innovazio-ne didattica), figure fondamentali(studenti, insegnanti, dirigenti, bi-delli, genitori), di luoghi (aula, cor-tile, servizi igienici, sala insegnan-ti) e di modalità educative (cattivie buoni maestri). Uno strumentodi lavoro che aggiunge un interes-sante contributo di conoscenze aldibattito in corso.

MIRELLA SERRI

Char al primo contatto mirespingeva. Mi apparivalontanissimo da qualun-

que idea io avessi di poesia. In so-stanza non lo capivo». Così Vitto-rio Sereni in occasione del premioMonselice per la traduzione, nel1976, che gli veniva conferito perla sua splendida traduzione daChar, Ritorno Sopramonte. Di-ceva anche: «Per altro verso latensione che avvertivo in lui, [...]mi faceva soggezione e al tempostesso mi sfidava».

Sereni, dunque, si era impe-gnato in una corpo a corpo con lapoesia di Char: da un lato per me-glio penetrarla e capirla, dall'al-tro, io credo, nella convinzioneche solo da ciò che è altro sia pos-sibile apprendere, veramente,qualcosa di importante. In que-

sta avventura il lavoro di tradu-zione è impareggiabile. Diventaun'officina aperta in cui ogni det-taglio assume un senso decisivo.Ritorno Sopramonte (edito daMondadori nel '74 con un saggiodi Starobinski) fu dunque unagrande impresa, perché consentìa chi non conosceva il francese dientrare nell'opera di uno dei pro-tagonisti della poesia di Novecen-to con la migliore delle mediazio-ni, quella di un altro grande. Maanche perché, verosimilmente, la-sciò qualche non trascurabile resi-duo anche nell'idea di poesia nelsuo farsi dello stesso Sereni. Ilquale, però, escluse dalla pubbli-cazione un pacchetto consistentedi traduzioni, ora in Due rive civogliono (Donzelli, p.140, € 14)con presentazione di Pier Vincen-zo Mengaldo e grazie al lavoro fi-lologico della curatrice Elisa Don-zelli (con la collaborazione di Bar-

bara Colli per l'apparato critico).Sono quarantasette traduzioni, icui originali si trovano nell'archi-vio «Vittorio Sereni» della bibliote-ca comunale di Luino, dove il poetaera nato nel 1913.

Come sottolinea Mengaldo, unodegli aspetti più notevoli di questetraduzioni è nella scelta del tradut-tore di trasformarli in brevi compo-nimenti in versi. Forse Sereni volevaavvicinarsi di più alla pronuncia li-rica di quei testi in prosa proprio at-traverso l'uso del verso. Una doman-da naturale che poi viene al lettore,e che si pone anche Mengaldo, ri-guarda la scelta del traduttore diescludere da Ritorno Sopramontequesti pezzi. Risulta difficile andareoltre le più semplici supposizioni.Forse per ragioni di spazio. Ma sa-rebbe una ragione insufficiente. For-

se perché Sereni non si sentiva sicu-rissimo dell'esito. O forse perché ap-parivano come testi meno rilevantirispetto a quelli scelti. Certo, oltre al-le brevi prose aforistiche, questonuovo libro ci dà modo di affrontarenella versione del poeta del Diariodi Algeria testi di Char di importan-te complessità e risalto, come Tabel-la di longevità o Quote. E dunque cioffre l'occasione per tornare anche aRitorno Sopramonte e considerarenel loro insieme il lavoro del poeta,di cui ricordo la bellissima poesiaTraducevo Char: «A modo mio,René Char / con i miei soli mezzi / sumateriali vostri // Nel giorno chesplende di sopra la sera / gualcita lasua soglia d'agonia. / O trepidandoal seguito di quelle / falcate pulvero-lente / che una primavera dietro sésollevano. // Un'acqua corse, unasperanza / da berne tutto il verde /sotto la signoria dell'estate».

[email protected]

«Siamo solo amici»:due portieri (di albergoe di calcio) si piaccionocosì tanto da votarsiall’altra metà del cielo

Bianchini Tra Venezia e Torino,un girotondo di amori ed equivoci

Al romanzo diariosi affianca la guida«Il cinema va a scuola»dai Trenta ad oggiattraverso 200 film

Dai Pra’ Le fatiche di una insegnanteprecaria, uno spaccato di vite in classe

NALDINI L’AFRICANO

Eros senza divieti«Adolescenti riempivano i vicoli etendevano sorridenti agguati...».Con Nico Naldini in Nordafrica. Ilsuo «Shahrazad ascoltami»(l’ancora del mediterraneo, pp.108, € 13,50) è, attraverso lastoria di un uomo scomparso e diun manoscritto ritrovato, unomaggio all’erotismo che nonimpone divieti né suscitascandali, come sfolgora lungo lacosta nord. Poeta, biografo diComisso e di Pasolini (suocugino), Naldini rievoca «incontriteneri e segreti», rivendica il«libero arbitrio nell’uso delproprio corpo».

pp Silvia Dai Pra'p QUELLI CHE PERÒ È LO STESSOp Laterzap pp. 162, € 10

pp Giampiero Frascap IL CINEMA VA A SCUOLAp Le Manip pp. 252, € 15

pp Luca Bianchinip SIAMO SOLO AMICIp Mondadorip pp. 284, € 19

pp Stefano Morettip SCAPPARE FORTISSIMOp Einaudi, pp. 441, € 24

Luca Bianchiniè nato

a Torinonel 1970

Ha esorditonel 2003

conil romanzo

«Instant love»In «Siamo

solo amici»allestisce

un girotondodi baci,

abbracci,giocosi

amplessi,sapidi equivoci

Se madaminasi sente come

Pretty Woman

Una scena dal film «Ultimi della classe»

Cari studentiprovo a curarvi

con la poesia

Da scrittori a giornalistiSegue da pag. I

Un dipinto di Henry Scott Tuke

René Char

«Scappare fortissimo»un uomo affettoda omosessualitàcompulsiva, sullascia di Pasolini e Siti

Flaiano definivai giornalisti «cuochidella realtà», ma anchelui trafficava volentiericon pentole e fornelli

Vittorio Sereni

Scrittori italianiIVTuttolibri

SABATO 12 FEBBRAIO 2011LA STAMPA V

p

Page 6: Tuttolibri n. 1752 (12-02-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VI - 12/02/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/06 - Autore: MARGAL - Ora di stampa: 11/02/11 19.36

GUIDODAVICO BONINO

Ignoto ai più al di fuo-ri della ristretta cerchia deglispecialisti, Agostino Nifo, cam-pano (era nato nel 1469 a SessaAurunca, in quel di Caserta),fu uno dei più fecondi filosofiaristotelici tra Quattro e Cin-quecento in Italia. Dalla catte-dra di svariate università (Pa-dova, Napoli, Salerno, Roma ePisa) commentò a più ripreselo Stagirita e scrisse trattati diastrologia, medicina, filosofiamorale, estetica, concedendosiqualche incursione anche nelpensiero politico: un suo De re-gnandi peritia, dedicato a CarloV, è un non felice esempio diantimachiavellismo. Un altrogrande del tempo, papa LeoneX, gli aveva concesso il cavalie-rato e la facoltà di aggiungereal proprio il cognome dei Medi-ci per aver attaccato il manto-vano Pietro Pomponazzi, filo-sofo d’altra mole e statura, chenel De immortalitate animae(1516) aveva sostenuto l’impos-sibilità di dimostrare l’immor-

talità dell’anima in base ai prin-cipi d’Aristotele (fu GiovanniGentile a ripubblicarne lo scrit-to nel 1925).

Del Nifo quel benemerito di-vulgatore del pensiero occiden-tale che è il filosofo GiovanniReale (editore egregio di De-mocrito, Diogene Laerzio, Epit-teto, Parmenide e di tutto Pla-tone) ha ora incluso nell’omoni-ma collana La filosofia nella cor-te, per l’appunto, del Nifo: cheè il suo trattato De re aulica,edito nel 1534 e tradotto con va-rie libertà ventisei anni dopoda Francesco Baldelli.

Ma nell’edizione Bompianila traduzione cinquecentescaè ripresa in appendice, mentrela nuova versione è di EnnioDe Bellis, a cui dobbiamo, oltrea note e apparati, una cosiddet-ta «monografia introduttiva»di centotrenta pagine a stam-pa, ricca di ogni possibile infor-mazione utile a una migliorecomprensione del testo.

Il quale incuriosisce soprat-tutto per l’accostamento al Li-bro del Cortegiano del nostroBaldassarre Castiglione, di cuiuna dozzina d’anni orsono Wal-ter Barberis ci fornì un’eccel-lente edizione presso Einaudi.Parlo d’accostamento, giacchéogni giudizio comparativo è im-possibile e sarebbe oltretuttoingiusto: Il Cortegiano è un dia-logo, è scritto in un italiano disuperiore eleganza, ed è - co-me ogni italianista ben sa - uncapolavoro; il De re aulica è untrattato, è scritto in latino e, aleggerlo difilato, com’è accadu-

to a chi qui scrive, non produceparticolari coinvolgimenti esteti-ci (né forse l’autore li avrebbepretesi) quanto una serie diprovvide riflessioni.

La prima (degna forse del si-gnor de la Palisse) è che se unprofessore universitario, da dueanni (come si direbbe oggi) inpensione - l’opera è compiuta ededita, come s’è scritto, nel ’34 -sente il bisogno di dire la sua sulcomportamento dell’ospite-gen-tiluomo in una delle grandi cortiitaliane, ciò sta a significare cheil convivere con un Grande Si-gnore dell’epoca non era soltan-to un problema comportamenta-le, ma ormai decisamente mora-le e politico.

Castiglione, dall’alto d’unasuperiore personalità intellet-tuale, lo aveva fatto comprende-re già sei anni prima (le due edi-zioni, Maurizio e Giunti, sono del’28), con l’espediente di un accat-tivante autobiografismo (avevavissuto alla corte dei Montefel-tro ad Urbino dal 1504 al 1513,ambientandovi il dialogo nel1506); Nifo, da scrupoloso docen-

te, si congeda (per così dire) daisuoi allievi di ben quattro diversiatenei (ma in due insegnò a dueriprese), ammonendoli - quasi alivello pratico - a mantenere uncerto ben programmato conte-gno se vogliono (sembra un gio-co di parole, ma non lo è) «man-tenersi» (una vita, e con una buo-na rendita).

Ecco perché li esorta all’affa-bilità e all’urbanità. Non siate(sto ovviamente parafrasando ilSessuano) né scontrosi né adula-tori: ma nel dialogo diretto parla-te al vostro Signore col dovutogarbo, così da indurlo a ricono-scere i propri errori e a rimetter-si sulla retta via; nel dialogo col-lettivo siate urbani, cioè argutimedianamente , non eccedete inastrattezze intellettuali né inbuffonerie volgari.

E le donne? Risponde per noiil De Bellis: ad esse Nifo «consi-glia la mitezza, che è la virtù diplaudire il bene e di opporsi conil dovuto garbo al male, senza es-sere moleste all’interlocutore».

Sembrerebbero dei suggeri-menti di puro buon senso: ma suun punto non possiamo che ap-plaudire al Nifo: là dove ritiene«assolutamente pericoloso»,per citare le parole del suo mo-derno curatore, «che il principesi circondi solo di adsentatores,in quanto ciò determina la rovi-na degli Stati, perché la mancan-za di critica porta il sovrano asentirsi onnipotente e a perpe-trare ingiustizie presso il popo-lo». Siate sinceri: non state pen-sando anche voi a qualcosa checi minaccia da vicino?

GIOVANNIBOGLIOLO

Torna, dopo che laprecedente traduzione italia-na era finita nei Remainder'se poi diventata irreperibile, ilPort-Royal di Sainte-Beuve.E torna con tutti gli onori,magistralmente curato daMario Richter, tradotto daun'affiatata équipe di studio-se, impreziosito dalle illustra-zioni scelte da Carlo Carenae presentato nella eleganteveste dei «Millenni» einau-diani. È un evento, per alme-no tre buone ragioni. La pri-ma, che da sola sarebbe suffi-ciente, è che si tratta di uncapolavoro assoluto, di un'opera che, per la concezioneardimentosa, la vastità delladocumentazione, la ricchez-za dei dettagli, la lucidità e lacoerenza della visione, la vi-vacità e la finezza della scrit-tura, non ha riscontri nellaletteratura storico-critica.

L'assunto, che Sainte-Beuve concepisce nel pienodi una crisi religiosa e sottol'influsso di Lamennais, ègrandioso: restituire e com-prendere la spiritualità delGran Secolo della cultura edella civiltà francesi rico-struendo i cento anni dellastoria dell'abbazia di Port-Royal des Champs che van-no dal 1609, l'anno in cui lasedicenne badessa Angéli-que Arnauld, col gesto cla-moroso di lasciare i genitoriin visita al di là dello sportel-lino del parlatorio, afferma il

ritorno all'austera disciplinacistercense delle origini, al1709, quando Luigi XIV, inesecuzione di una bolla papa-le, fa radere al suolo l'abba-zia e avvia verso altri mona-steri le restanti quindici suo-re e sette converse accusatedi fomentare l'eresia gianse-nista. Per realizzare questoimmane progetto si docu-menta con rigore e minuzia(per il corso di lezioni che tie-ne a Losanna nel 1837-38 eche costituisce la prima ste-sura della ricerca si portadietro un bagaglio di seicen-to volumi) e, superata l'inizia-le e momentanea empatia, siassesta in un atteggiamentodi programmatica imparzia-

lità che gli consente di «studia-re ed esporre la grandezza e lafollia cristiana, senza dimi-nuirla e senza condividerla innulla», ma anche di apparire,con tutte le sfumature che l'os-simoro comporta, «uno scetti-co credente».

Anche per questo dalla spe-cola limitata dell'abbazia bene-dettina riesce a gettare unosguardo straordinariamenterivelatore non solo sul fermen-to di spiritualità che si è svilup-pato alla sua ombra, sulle figu-re di religiose, teologi, filosofi,

pedagogisti e linguisti chel'hanno animata, gli Arnauld, iSaint-Cyran, i Nicole, i Saci egli altri meno illustri «solita-ri», su quelle degli scrittori -Pascal e Racine soprattutto -che ne hanno condiviso lo spi-rito e sulle personalità che, re-standone più o meno estranee,vi hanno avuto un peso deter-minante come san Francescodi Sales o ne hanno subito il fa-scino, come il principe di Contie Madame de Sévigné. Con sa-gaci accorgimenti retorici esempre seguendo la spirale av-

volgente della sua narrazioneesplicativa, Sainte-Beuve spa-zia anche su terreni culturaliprossimi e remoti, Fénelon e ilsuo antagonista Bossuet, il car-tesiano Malebranche e l'«ateovirtuoso» Bayle, i drammatur-ghi Corneille e Rotrou, i mora-listi laici La Bruyère e Mada-me de Sablé spingendosi finoallo scettico Molière. Quelloche dipinge nel corso di lunghianni (il primo volume esce nel1840, l'ultimo nel '59, ma la ste-sura completa e definitiva dell'opera è 1867) è un grande af-

fresco del XVII secolo che nemette in primo piano l'animagiansenista e cartesiana senzamortificare o nascondere i fer-menti barocchi, la casistica ge-suita, le tentazioni mondane,le tensioni politiche, la dinami-ca centripeta e normalizzatri-ce dell' assolutismo.

Con la stessa naturalezza ealtrettanta efficacia dimostra-tiva il critico si concede illumi-nanti escursioni oltre i confinidel secolo, sia a monte, versoMontaigne, che a valle, versoVoltaire, fino a lambire la con-

temporaneità degli Chateau-briand e dei Lamartine. D'al-tronde Port-Royal, malgrado ilsuo assunto orgogliosamenteinattuale, è a pieno titolo un'opera del suo tempo: si collo-ca, come sottolinea Richter,«alla confluenza di due prece-denti storico-letterari dellacultura romantica francese»,Il genio del Cristianesimo diChateaubriand e Notre-Damede Paris di Victor Hugo ed è inpiena e totale sintonia di svi-luppo rispetto alle opere poeti-che e narrative di Sainte-Beu-

ve che l'hanno preceduta e aigrandi saggi critici che l'ac-compagnano e la seguiranno.Di questi ha la perspicuità, laprofondità e la dottrina; diquelle la sensibilità e l'elegan-za formale. E a dare coerenzadi stile e duttilità di toni a un'opera tanto ricca e vasta è latensione dell'oralità, forse re-taggio delle originarie confe-renze losannesi, ma sceltaespressiva capace di coinvol-gere il lettore, quasi fosse unascoltatore incantato, nell'ese-gesi argomentativa più rigoro-sa, nella documentata rievoca-zione narrativa e in pagine digrande suggestione inventiva,come quelle del funerale im-maginario di Montaigne e del-la conversazione impossibiletra Molière e Pascal.

È il «parlato» che tanto di-sturbava Proust e che, comeaggravante del metodo biogra-fico, gli ha fatto emettere la se-vera condanna del Contro Sain-te-Beuve. Una condanna acriti-camente accettata e subitopassata in giudicato, contro la

quale ora anche in Italia (inGermania e in Francia ha giàprovveduto l'illuminante anali-si di Wolf Lepenies che collocaSainte-Beuve sulla soglia dellamodernità) si potrà finalmen-te interporre appello. E questoè il secondo grande merito.

Il terzo sta invece nellascommessa che questa impe-gnativa impresa editorialerappresenta: Port-Royal ap-partiene all'infelice schieradei libri molto citati e pochissi-mo letti. Ha avuto qualche let-tore entusiasta, come Gide o,da noi, Bo e Contini, ma i più sisono limitati a relegarlo, tal-volta senza neppure occasio-nali verifiche, nel limbo dei ca-polavori meritevoli di gratuitorispetto. Era così già ai tempidi Sainte-Beuve che raccontadell'impressione che avevano,lui e il liberale dottrinarioRoyer-Collard, di essere gliunici due al mondo ad appas-sionarsi ancora a quel temainattuale. Oggi però c'è chi suun blog si domanda: «Se Sain-te-Beuve ci ha messo vent'an-ni a scrivere Port-Royal, cosavuoi mai che sia metterceneuno o due a leggerlo?». C'è dasperare che non resti solo.

L’ abbazia benedettinadal 1609 al 1709quando Luigi XIVla fece radere al suoloobbedendo al Papa

LORENZOMONDO

Si è conclusa, conl’uscita del terzo volume, chesi intitola Il ritorno alla poesia,la pubblicazione dell’Epistola-rio Clemente Rebora. Una im-presa di gran lena e utilissi-ma agli studiosi (mentre sa-rebbe opportuna, a seguire,una scelta delle lettere più si-gnificative per consentire atutti una più abbandonata let-tura). Non possiamo fare ameno di richiamare alla me-moria, nel chiudersi della pa-rabola, i tratti salienti di unaaffascinante vicenda poeticaed esistenziale.

Avevamo già registrato,nelle lettere, il rapporto affet-tuosissimo con i familiari, inprimo luogo il padre, che loeducò a una severa moralitàd’impronta laica e mazzinia-na; ma anche la frequentazio-ne di intellettuali come Prez-zolini, suo primo editore, eAntonio Banfi, che acuì i suoiinteressi filosofici; oltre al-l’amicizia per Sibilla Aleramoe alla «passione folle» per lapianista russa Lydia Natus,ispiratrice delle sue traduzio-ni da Andreev, Tolstoj, Gogol.Traspariva inoltre la dura ap-plicazione che, nelle strettoiedella povertà e dell’insegna-mento alle scuole tecniche, loportò a comporre i Frammen-ti lirici, ottenendo un pieno ri-conoscimento soltanto da Gio-vanni Boine, anima fraterna.

Ma l’episodio centrale nelprimo tempo della sua esi-

stenza fu la Grande Guerra,alla quale partecipò come ser-gente di fanteria. Al fronte eb-be modo di sperimentare l’im-preparazione degli ufficiali ela nativa generosità della«bassa» truppa mandata almacello. Confida ai familiari,in un crescendo di orrore, che«l’enorme rantolo di centina-ia di cannoni squarcia un innoalla brutalità». Quanto a lui,si sente «come un ugolinoanonimo, fra lezzo di vivi emorti, imbestiato e paralizza-to per la colpa e la pietà, e l’or-rendezza degli uomini». Lasua guerra finisce quando, se-polto da una frana in seguitoa un’esplosione, ne riporta untrauma nervoso che lo conse-gna all’ospedale e al congedo.Ma lo ferisce irrimediabil-mente nell’anima la notiziache sono morti i suoi compa-gni più cari, «che mi cercava-no come la luce. Ne son statostrangolato».

Si rafforza allora in lui l’im-perioso dovere di «una bontàcostruttiva». Consente con ilfratello Piero secondo cui«Nietzsche è impazzito per-chè ha sentito che la Veritàdella Vita è amare gli uomini,ma non ha potuto credervi».Le lettere dal fronte costitui-scono il retroterra, non soloemotivo, delle bellissime poe-sie di guerra, tra cui spiccal’ineguagliabile Viatico. Ave-vano visto bene i medici chelo ebbero in cura all’ospedalepsichiatrico, quando senten-ziarono che aveva «la maniadell’eterno».

Rebora è avviato ormaisulla strada che, dopo averetentato varie esperienze mi-stiche, lo porterà a convertir-si alla religione cattolica. Fi-no a entrare nell’Istituto dellaCarità, la congregazione fon-data da Antonio Rosmini, e a

prendervi gli ordini sacerdota-li. Mentre la critica va scopren-do il vigore del suo pietrosoespressionismo (l’aggettivo ap-partiene a Boine), la sua arro-ventata testimonianza stilisti-ca e morale, Rebora rinuncia al-la poesia, in rigorosa obbedien-za alla sua ascetica vocazione.Sono anni di dedizione assolutaai compiti pastorali, svolti nellaluce di una inesausta opera dicarità, di soccorso alle infermi-tà del corpo e dello spirito.

Ne è documento flagrantequesto terzo volume di lettereche lo accompagna fino alle so-glie della morte, avvenuta nel1957, settantaduenne, dopolunghe sofferenze. Ma la poe-sia, abbandonata dopo la con-versione e appena risarcita daqualche testo devozionale, tor-na a urgere nell’animo di Rebo-ra, che pure sembra volerseneschermire: «...è vero ch’io tor-no a sentirla -scrive al fratelloPiero - e convengo con te ri-guardo alla sua efficacia sullavita interiore, quasi veicolodell’invisibile nel visibile (...)ma è pur vero che non si può

esprimere se non ci è donata:“Io mi son un, che quandoAmore spira...”».

La sua vita si svolge tra Ro-vereto e Stresa, ma tra il 1948e il 1953 soggiorna ogni anno,di luglio e agosto, alla Sacra diSan Michele, il convento-forti-lizio che domina la Valle di Su-sa. E’ un sacro monte che sem-bra compendiare emblemati-camente le vette con le quali sicimentò fisicamente negli annigiovanili e che nelle poesie sicontrappongono alle «schiavepianure», alla città mefitica ecorrotta. La Sacra viene defini-ta via via «culmine vertiginosa-mente santo», «ardimentoinaudito di Fede», «sopranna-turale nido d’aquile» che l’ar-

cangelo San Michele proteggedai turbini avversi. E’ un susse-guirsi, nelle lettere, di clausoleestatiche che compongono insua lode una sorta di litania,mistica e poetica. Nonostantele ripulse, in Rebora qualcosasta germinando, che si direb-be propiziato dall’elevazionedella Sacra.

Lassù concluderà un compo-nimento per il centenario di Ro-smini, Il gran grido, che apre lastagione più feconda e intensadella sua poesia religiosa, daiCanti dell’infermità al Curri-culum vitae. Non a caso accettadi intrattenersi sulle sue poesiedi prima, di assecondare unaedizione «generale» dei suoiversi apprestata da amici edestimatori. La poesia, permea-ta in tutto il suo svolgimento daun brividente senso dell’attesa,rinasce per rispecchiarsi nellafede religiosa: in una vita che,vicina a spegnersi, sembra pro-porsi sotto il segno di una esem-plare compiutezza.

Sainte-Beuve L’ eresia giansenista nel segno di Pascal e Racine che improntò la Francia del ’600:vent’anni per scrivere un capolavoro della letteratura storico-critica, ora in un’edizione magistrale

Rebora L’itinerario umano e poeticodel rosminiano, attraverso le lettere

Sia clementeil gran gridodell’Eterno

Siate affabili(non servili)con il Sovrano

L’enfasi che la cultura oc-cidentale pone sempredi più sul sentimento co-

me criterio dirimente per le scel-te decisive nella vita quotidia-na - svuotandole così di ogni di-mensione di durata e rendendo-le incessantemente reversibili -rischia ormai di degenerare inuna dittatura dell'emozione.

L'assecondare la momenta-nea soddisfazione personale,l'andare «dove porta il cuore»,il mito del realizzare se stessiviene scisso dalla sua dimensio-ne di profondità: conoscere sestessi è cosa ben diversa dal fa-re quello che «si sente» di volerfare in un determinato momen-to. La conoscenza di sé non èaccondiscendenza alle sensa-zioni, richiede invece ascesi, vi-ta interiore, rinunce, lavorioquotidiano per cesellare la pro-pria personalità in un dialogofecondo con gli altri e con lapropria storia.

Interrogarsi su «sentimentie legami umani» è allora que-stione decisiva per discernere

natura e qualità dell'essere uma-no e per collocare se stessi in unadimensione di verità, di pienaappartenenza alla fragile e me-ravigliosa condizione umana.

L'ultimo saggio del card.Gianfraco Ravasi viene in aiutoa questa ricerca, con la consuetacompetenza e con l'ormai notama sempre stupefacente capaci-tà di tradurre in un linguaggiopiano e accattivante anche le ri-

flessioni più complesse e artico-late. Che cos'è l'uomo. Senti-menti e legami umani nellabibbia (San Paolo, pp. 152,€ 16) è un appassionante viag-gio lungo due piste complemen-tari: la prima prende avvio dal«cuore» nella ricchezza del suosignificato biblico per adden-trarsi in quelle sensazioni - lamitezza e la paura, la festa e lasofferenza - che si tramutano in

atteggiamenti e comportamentiquotidiani. Il secondo itinerarioè invece, per così dire, «pittori-co». Tratteggia come in un di-pinto i diversi volti che assumel'amore quando si rende visibilee palpabile: l'amicizia, l'amoresponsale e la sua dilatazione nel-la famiglia, fino alla vecchiaia

concepita come «corona di glo-ria» posta sulla vita intera.

Il filo rosso che consente all'autore di queste pagine, cosìdense e al contempo lievi, di noncadere nel trabocchetto delleemozioni fine a se stesse è il pen-siero biblico: la sapienza di Isra-ele, le parole di Gesù, gli insegna-menti apostolici costituisconol'ossatura di un ragionamentoche si arricchisce dei contributi

di filosofi e pensatori di ognitempo. Uomo di profonda cultu-ra e di dialogo franco e cordiale,il cardinal Ravasi riesce a dire avoce alta quanto ciascuno di noi,se è onesto con se stesso, ricono-sce come vero per sé e per gli al-tri, come cifra della propria e al-trui condizione umana.

Le essenziali illustrazioni diAlessandro Nastasio contribui-scono a rendere ancor più scorre-vole il discorso e ci riconduconoa quel versetto del salmo 8 chel'autore ha voluto porre come ti-tolo e incipit del libro: «Che cos'èl'uomo perché ti ricordi di lui?Che cos'è il figlio dell'uomo per-ché di lui ti prenda cura?».

È domanda che non smettedi abitare il nostro cuore, do-manda cui nessuno di noi riusci-rà mai a dare una risposta pie-na e definitiva, eppure domandache percepiamo chiaramente co-me decisiva per il nostro viverequotidiano e per trasformare inostri sentimenti di un attimo inlegami duraturi, per fare dellanostra vita un'opera d'arte.

Nifo Un trattato cinquecentescosul modo di comportarsi a Corte

LONTANO E VICINOENZO BIANCHI

Lungo i sentieribiblici del cuore

«Che cos’è l’uomo»: il viaggio di Ravasiin dialogo con pensatori di ogni tempo

Personaggi e storieVITuttolibri

SABATO 12 FEBBRAIO 2011LA STAMPA VII

LA BIBBIA ALLA RADIOCompieunanno«Leggere laBibbia»aRadioTre.Domani (h.9,30-11),unapuntataspecialediUominieProfeti, a curadiGabriellaCaramore, farà ilpuntosuquesta letturasistematicaerifletterà inparticolare sul«SanguediDio.Religionieviolenza»(conStefanoLeviDellaTorre,BenedettoCarucciViterbi,MariaCristinaBartolomei,EnzoBianchi,AlbertoVentura).

Ritratto di Agostino Nifo

L’oro di Port-Royal

Immagini dal sito «www.port-royal-des-champs.eu»: una veduta dell’abbazia, il chiostro, il coro della chiesa

Sainte-Beuve

pp Agostino Nifop LA FILOSOFIA NELLA CORTEp a cura di Ennio De Bellisp Bompiani, pp. 784, € 28

Crogiuolo di spiritualitàcon teologi, filosofi,pedagogisti, linguisti,un lungo percorsoda Montaigne a Voltaire

Il cardinale Gianfranco Ravasi

Blaise Pascal

pp Sainte-Beuvep PORT-ROYALp a cura di Mario Richterp Einaudip 2 volumi, pp. CVI - 2098, € 150

Il terzo e ultimo attodell’epistolario,gli anni fra il 1945e il 1957, tra Rovereto,Stresa, la Val Susa

Clemente Rebora in un ritratto di Michele Cascella, 1919

pp Clemente Reborap EPISTOLARIOp Vol.3 1945-1957p Il ritorno alla poesiap a cura di Carmelo Giovanninip Edizioni Dehonianep pp. 623, € 52p Terzo e ultimo volume. Il primo,

«L’anima del poeta» copre gli an-ni 1893 - 1928; il secondo, «Lasvolta rosminiana» va dal 1929al 1944. Attraverso le lettere,un ritratto umano e critico delsacerdote poeta

«Veicolo dell’invisibilenel visibile»: rinascela vocazione liricaper rispecchiarsinella fede religiosa

La necessità di andareoltre la dittaturadell’emozione: comefare della nostravita un’opera d’arte

pp Gianfranco Ravasip CHE COS'È L'UOMO. Sentimen-

ti e legami umani nella bibbiap San Paolo, pp. 152, € 16

Page 7: Tuttolibri n. 1752 (12-02-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VII - 12/02/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/06 - Autore: MARGAL - Ora di stampa: 11/02/11 19.36

GUIDODAVICO BONINO

Ignoto ai più al di fuo-ri della ristretta cerchia deglispecialisti, Agostino Nifo, cam-pano (era nato nel 1469 a SessaAurunca, in quel di Caserta),fu uno dei più fecondi filosofiaristotelici tra Quattro e Cin-quecento in Italia. Dalla catte-dra di svariate università (Pa-dova, Napoli, Salerno, Roma ePisa) commentò a più ripreselo Stagirita e scrisse trattati diastrologia, medicina, filosofiamorale, estetica, concedendosiqualche incursione anche nelpensiero politico: un suo De re-gnandi peritia, dedicato a CarloV, è un non felice esempio diantimachiavellismo. Un altrogrande del tempo, papa LeoneX, gli aveva concesso il cavalie-rato e la facoltà di aggiungereal proprio il cognome dei Medi-ci per aver attaccato il manto-vano Pietro Pomponazzi, filo-sofo d’altra mole e statura, chenel De immortalitate animae(1516) aveva sostenuto l’impos-sibilità di dimostrare l’immor-

talità dell’anima in base ai prin-cipi d’Aristotele (fu GiovanniGentile a ripubblicarne lo scrit-to nel 1925).

Del Nifo quel benemerito di-vulgatore del pensiero occiden-tale che è il filosofo GiovanniReale (editore egregio di De-mocrito, Diogene Laerzio, Epit-teto, Parmenide e di tutto Pla-tone) ha ora incluso nell’omoni-ma collana La filosofia nella cor-te, per l’appunto, del Nifo: cheè il suo trattato De re aulica,edito nel 1534 e tradotto con va-rie libertà ventisei anni dopoda Francesco Baldelli.

Ma nell’edizione Bompianila traduzione cinquecentescaè ripresa in appendice, mentrela nuova versione è di EnnioDe Bellis, a cui dobbiamo, oltrea note e apparati, una cosiddet-ta «monografia introduttiva»di centotrenta pagine a stam-pa, ricca di ogni possibile infor-mazione utile a una migliorecomprensione del testo.

Il quale incuriosisce soprat-tutto per l’accostamento al Li-bro del Cortegiano del nostroBaldassarre Castiglione, di cuiuna dozzina d’anni orsono Wal-ter Barberis ci fornì un’eccel-lente edizione presso Einaudi.Parlo d’accostamento, giacchéogni giudizio comparativo è im-possibile e sarebbe oltretuttoingiusto: Il Cortegiano è un dia-logo, è scritto in un italiano disuperiore eleganza, ed è - co-me ogni italianista ben sa - uncapolavoro; il De re aulica è untrattato, è scritto in latino e, aleggerlo difilato, com’è accadu-

to a chi qui scrive, non produceparticolari coinvolgimenti esteti-ci (né forse l’autore li avrebbepretesi) quanto una serie diprovvide riflessioni.

La prima (degna forse del si-gnor de la Palisse) è che se unprofessore universitario, da dueanni (come si direbbe oggi) inpensione - l’opera è compiuta ededita, come s’è scritto, nel ’34 -sente il bisogno di dire la sua sulcomportamento dell’ospite-gen-tiluomo in una delle grandi cortiitaliane, ciò sta a significare cheil convivere con un Grande Si-gnore dell’epoca non era soltan-to un problema comportamenta-le, ma ormai decisamente mora-le e politico.

Castiglione, dall’alto d’unasuperiore personalità intellet-tuale, lo aveva fatto comprende-re già sei anni prima (le due edi-zioni, Maurizio e Giunti, sono del’28), con l’espediente di un accat-tivante autobiografismo (avevavissuto alla corte dei Montefel-tro ad Urbino dal 1504 al 1513,ambientandovi il dialogo nel1506); Nifo, da scrupoloso docen-

te, si congeda (per così dire) daisuoi allievi di ben quattro diversiatenei (ma in due insegnò a dueriprese), ammonendoli - quasi alivello pratico - a mantenere uncerto ben programmato conte-gno se vogliono (sembra un gio-co di parole, ma non lo è) «man-tenersi» (una vita, e con una buo-na rendita).

Ecco perché li esorta all’affa-bilità e all’urbanità. Non siate(sto ovviamente parafrasando ilSessuano) né scontrosi né adula-tori: ma nel dialogo diretto parla-te al vostro Signore col dovutogarbo, così da indurlo a ricono-scere i propri errori e a rimetter-si sulla retta via; nel dialogo col-lettivo siate urbani, cioè argutimedianamente , non eccedete inastrattezze intellettuali né inbuffonerie volgari.

E le donne? Risponde per noiil De Bellis: ad esse Nifo «consi-glia la mitezza, che è la virtù diplaudire il bene e di opporsi conil dovuto garbo al male, senza es-sere moleste all’interlocutore».

Sembrerebbero dei suggeri-menti di puro buon senso: ma suun punto non possiamo che ap-plaudire al Nifo: là dove ritiene«assolutamente pericoloso»,per citare le parole del suo mo-derno curatore, «che il principesi circondi solo di adsentatores,in quanto ciò determina la rovi-na degli Stati, perché la mancan-za di critica porta il sovrano asentirsi onnipotente e a perpe-trare ingiustizie presso il popo-lo». Siate sinceri: non state pen-sando anche voi a qualcosa checi minaccia da vicino?

GIOVANNIBOGLIOLO

Torna, dopo che laprecedente traduzione italia-na era finita nei Remainder'se poi diventata irreperibile, ilPort-Royal di Sainte-Beuve.E torna con tutti gli onori,magistralmente curato daMario Richter, tradotto daun'affiatata équipe di studio-se, impreziosito dalle illustra-zioni scelte da Carlo Carenae presentato nella eleganteveste dei «Millenni» einau-diani. È un evento, per alme-no tre buone ragioni. La pri-ma, che da sola sarebbe suffi-ciente, è che si tratta di uncapolavoro assoluto, di un'opera che, per la concezioneardimentosa, la vastità delladocumentazione, la ricchez-za dei dettagli, la lucidità e lacoerenza della visione, la vi-vacità e la finezza della scrit-tura, non ha riscontri nellaletteratura storico-critica.

L'assunto, che Sainte-Beuve concepisce nel pienodi una crisi religiosa e sottol'influsso di Lamennais, ègrandioso: restituire e com-prendere la spiritualità delGran Secolo della cultura edella civiltà francesi rico-struendo i cento anni dellastoria dell'abbazia di Port-Royal des Champs che van-no dal 1609, l'anno in cui lasedicenne badessa Angéli-que Arnauld, col gesto cla-moroso di lasciare i genitoriin visita al di là dello sportel-lino del parlatorio, afferma il

ritorno all'austera disciplinacistercense delle origini, al1709, quando Luigi XIV, inesecuzione di una bolla papa-le, fa radere al suolo l'abba-zia e avvia verso altri mona-steri le restanti quindici suo-re e sette converse accusatedi fomentare l'eresia gianse-nista. Per realizzare questoimmane progetto si docu-menta con rigore e minuzia(per il corso di lezioni che tie-ne a Losanna nel 1837-38 eche costituisce la prima ste-sura della ricerca si portadietro un bagaglio di seicen-to volumi) e, superata l'inizia-le e momentanea empatia, siassesta in un atteggiamentodi programmatica imparzia-

lità che gli consente di «studia-re ed esporre la grandezza e lafollia cristiana, senza dimi-nuirla e senza condividerla innulla», ma anche di apparire,con tutte le sfumature che l'os-simoro comporta, «uno scetti-co credente».

Anche per questo dalla spe-cola limitata dell'abbazia bene-dettina riesce a gettare unosguardo straordinariamenterivelatore non solo sul fermen-to di spiritualità che si è svilup-pato alla sua ombra, sulle figu-re di religiose, teologi, filosofi,

pedagogisti e linguisti chel'hanno animata, gli Arnauld, iSaint-Cyran, i Nicole, i Saci egli altri meno illustri «solita-ri», su quelle degli scrittori -Pascal e Racine soprattutto -che ne hanno condiviso lo spi-rito e sulle personalità che, re-standone più o meno estranee,vi hanno avuto un peso deter-minante come san Francescodi Sales o ne hanno subito il fa-scino, come il principe di Contie Madame de Sévigné. Con sa-gaci accorgimenti retorici esempre seguendo la spirale av-

volgente della sua narrazioneesplicativa, Sainte-Beuve spa-zia anche su terreni culturaliprossimi e remoti, Fénelon e ilsuo antagonista Bossuet, il car-tesiano Malebranche e l'«ateovirtuoso» Bayle, i drammatur-ghi Corneille e Rotrou, i mora-listi laici La Bruyère e Mada-me de Sablé spingendosi finoallo scettico Molière. Quelloche dipinge nel corso di lunghianni (il primo volume esce nel1840, l'ultimo nel '59, ma la ste-sura completa e definitiva dell'opera è 1867) è un grande af-

fresco del XVII secolo che nemette in primo piano l'animagiansenista e cartesiana senzamortificare o nascondere i fer-menti barocchi, la casistica ge-suita, le tentazioni mondane,le tensioni politiche, la dinami-ca centripeta e normalizzatri-ce dell' assolutismo.

Con la stessa naturalezza ealtrettanta efficacia dimostra-tiva il critico si concede illumi-nanti escursioni oltre i confinidel secolo, sia a monte, versoMontaigne, che a valle, versoVoltaire, fino a lambire la con-

temporaneità degli Chateau-briand e dei Lamartine. D'al-tronde Port-Royal, malgrado ilsuo assunto orgogliosamenteinattuale, è a pieno titolo un'opera del suo tempo: si collo-ca, come sottolinea Richter,«alla confluenza di due prece-denti storico-letterari dellacultura romantica francese»,Il genio del Cristianesimo diChateaubriand e Notre-Damede Paris di Victor Hugo ed è inpiena e totale sintonia di svi-luppo rispetto alle opere poeti-che e narrative di Sainte-Beu-

ve che l'hanno preceduta e aigrandi saggi critici che l'ac-compagnano e la seguiranno.Di questi ha la perspicuità, laprofondità e la dottrina; diquelle la sensibilità e l'elegan-za formale. E a dare coerenzadi stile e duttilità di toni a un'opera tanto ricca e vasta è latensione dell'oralità, forse re-taggio delle originarie confe-renze losannesi, ma sceltaespressiva capace di coinvol-gere il lettore, quasi fosse unascoltatore incantato, nell'ese-gesi argomentativa più rigoro-sa, nella documentata rievoca-zione narrativa e in pagine digrande suggestione inventiva,come quelle del funerale im-maginario di Montaigne e del-la conversazione impossibiletra Molière e Pascal.

È il «parlato» che tanto di-sturbava Proust e che, comeaggravante del metodo biogra-fico, gli ha fatto emettere la se-vera condanna del Contro Sain-te-Beuve. Una condanna acriti-camente accettata e subitopassata in giudicato, contro la

quale ora anche in Italia (inGermania e in Francia ha giàprovveduto l'illuminante anali-si di Wolf Lepenies che collocaSainte-Beuve sulla soglia dellamodernità) si potrà finalmen-te interporre appello. E questoè il secondo grande merito.

Il terzo sta invece nellascommessa che questa impe-gnativa impresa editorialerappresenta: Port-Royal ap-partiene all'infelice schieradei libri molto citati e pochissi-mo letti. Ha avuto qualche let-tore entusiasta, come Gide o,da noi, Bo e Contini, ma i più sisono limitati a relegarlo, tal-volta senza neppure occasio-nali verifiche, nel limbo dei ca-polavori meritevoli di gratuitorispetto. Era così già ai tempidi Sainte-Beuve che raccontadell'impressione che avevano,lui e il liberale dottrinarioRoyer-Collard, di essere gliunici due al mondo ad appas-sionarsi ancora a quel temainattuale. Oggi però c'è chi suun blog si domanda: «Se Sain-te-Beuve ci ha messo vent'an-ni a scrivere Port-Royal, cosavuoi mai che sia metterceneuno o due a leggerlo?». C'è dasperare che non resti solo.

L’ abbazia benedettinadal 1609 al 1709quando Luigi XIVla fece radere al suoloobbedendo al Papa

LORENZOMONDO

Si è conclusa, conl’uscita del terzo volume, chesi intitola Il ritorno alla poesia,la pubblicazione dell’Epistola-rio Clemente Rebora. Una im-presa di gran lena e utilissi-ma agli studiosi (mentre sa-rebbe opportuna, a seguire,una scelta delle lettere più si-gnificative per consentire atutti una più abbandonata let-tura). Non possiamo fare ameno di richiamare alla me-moria, nel chiudersi della pa-rabola, i tratti salienti di unaaffascinante vicenda poeticaed esistenziale.

Avevamo già registrato,nelle lettere, il rapporto affet-tuosissimo con i familiari, inprimo luogo il padre, che loeducò a una severa moralitàd’impronta laica e mazzinia-na; ma anche la frequentazio-ne di intellettuali come Prez-zolini, suo primo editore, eAntonio Banfi, che acuì i suoiinteressi filosofici; oltre al-l’amicizia per Sibilla Aleramoe alla «passione folle» per lapianista russa Lydia Natus,ispiratrice delle sue traduzio-ni da Andreev, Tolstoj, Gogol.Traspariva inoltre la dura ap-plicazione che, nelle strettoiedella povertà e dell’insegna-mento alle scuole tecniche, loportò a comporre i Frammen-ti lirici, ottenendo un pieno ri-conoscimento soltanto da Gio-vanni Boine, anima fraterna.

Ma l’episodio centrale nelprimo tempo della sua esi-

stenza fu la Grande Guerra,alla quale partecipò come ser-gente di fanteria. Al fronte eb-be modo di sperimentare l’im-preparazione degli ufficiali ela nativa generosità della«bassa» truppa mandata almacello. Confida ai familiari,in un crescendo di orrore, che«l’enorme rantolo di centina-ia di cannoni squarcia un innoalla brutalità». Quanto a lui,si sente «come un ugolinoanonimo, fra lezzo di vivi emorti, imbestiato e paralizza-to per la colpa e la pietà, e l’or-rendezza degli uomini». Lasua guerra finisce quando, se-polto da una frana in seguitoa un’esplosione, ne riporta untrauma nervoso che lo conse-gna all’ospedale e al congedo.Ma lo ferisce irrimediabil-mente nell’anima la notiziache sono morti i suoi compa-gni più cari, «che mi cercava-no come la luce. Ne son statostrangolato».

Si rafforza allora in lui l’im-perioso dovere di «una bontàcostruttiva». Consente con ilfratello Piero secondo cui«Nietzsche è impazzito per-chè ha sentito che la Veritàdella Vita è amare gli uomini,ma non ha potuto credervi».Le lettere dal fronte costitui-scono il retroterra, non soloemotivo, delle bellissime poe-sie di guerra, tra cui spiccal’ineguagliabile Viatico. Ave-vano visto bene i medici chelo ebbero in cura all’ospedalepsichiatrico, quando senten-ziarono che aveva «la maniadell’eterno».

Rebora è avviato ormaisulla strada che, dopo averetentato varie esperienze mi-stiche, lo porterà a convertir-si alla religione cattolica. Fi-no a entrare nell’Istituto dellaCarità, la congregazione fon-data da Antonio Rosmini, e a

prendervi gli ordini sacerdota-li. Mentre la critica va scopren-do il vigore del suo pietrosoespressionismo (l’aggettivo ap-partiene a Boine), la sua arro-ventata testimonianza stilisti-ca e morale, Rebora rinuncia al-la poesia, in rigorosa obbedien-za alla sua ascetica vocazione.Sono anni di dedizione assolutaai compiti pastorali, svolti nellaluce di una inesausta opera dicarità, di soccorso alle infermi-tà del corpo e dello spirito.

Ne è documento flagrantequesto terzo volume di lettereche lo accompagna fino alle so-glie della morte, avvenuta nel1957, settantaduenne, dopolunghe sofferenze. Ma la poe-sia, abbandonata dopo la con-versione e appena risarcita daqualche testo devozionale, tor-na a urgere nell’animo di Rebo-ra, che pure sembra volerseneschermire: «...è vero ch’io tor-no a sentirla -scrive al fratelloPiero - e convengo con te ri-guardo alla sua efficacia sullavita interiore, quasi veicolodell’invisibile nel visibile (...)ma è pur vero che non si può

esprimere se non ci è donata:“Io mi son un, che quandoAmore spira...”».

La sua vita si svolge tra Ro-vereto e Stresa, ma tra il 1948e il 1953 soggiorna ogni anno,di luglio e agosto, alla Sacra diSan Michele, il convento-forti-lizio che domina la Valle di Su-sa. E’ un sacro monte che sem-bra compendiare emblemati-camente le vette con le quali sicimentò fisicamente negli annigiovanili e che nelle poesie sicontrappongono alle «schiavepianure», alla città mefitica ecorrotta. La Sacra viene defini-ta via via «culmine vertiginosa-mente santo», «ardimentoinaudito di Fede», «sopranna-turale nido d’aquile» che l’ar-

cangelo San Michele proteggedai turbini avversi. E’ un susse-guirsi, nelle lettere, di clausoleestatiche che compongono insua lode una sorta di litania,mistica e poetica. Nonostantele ripulse, in Rebora qualcosasta germinando, che si direb-be propiziato dall’elevazionedella Sacra.

Lassù concluderà un compo-nimento per il centenario di Ro-smini, Il gran grido, che apre lastagione più feconda e intensadella sua poesia religiosa, daiCanti dell’infermità al Curri-culum vitae. Non a caso accettadi intrattenersi sulle sue poesiedi prima, di assecondare unaedizione «generale» dei suoiversi apprestata da amici edestimatori. La poesia, permea-ta in tutto il suo svolgimento daun brividente senso dell’attesa,rinasce per rispecchiarsi nellafede religiosa: in una vita che,vicina a spegnersi, sembra pro-porsi sotto il segno di una esem-plare compiutezza.

Sainte-Beuve L’ eresia giansenista nel segno di Pascal e Racine che improntò la Francia del ’600:vent’anni per scrivere un capolavoro della letteratura storico-critica, ora in un’edizione magistrale

Rebora L’itinerario umano e poeticodel rosminiano, attraverso le lettere

Sia clementeil gran gridodell’Eterno

Siate affabili(non servili)con il Sovrano

L’enfasi che la cultura oc-cidentale pone sempredi più sul sentimento co-

me criterio dirimente per le scel-te decisive nella vita quotidia-na - svuotandole così di ogni di-mensione di durata e rendendo-le incessantemente reversibili -rischia ormai di degenerare inuna dittatura dell'emozione.

L'assecondare la momenta-nea soddisfazione personale,l'andare «dove porta il cuore»,il mito del realizzare se stessiviene scisso dalla sua dimensio-ne di profondità: conoscere sestessi è cosa ben diversa dal fa-re quello che «si sente» di volerfare in un determinato momen-to. La conoscenza di sé non èaccondiscendenza alle sensa-zioni, richiede invece ascesi, vi-ta interiore, rinunce, lavorioquotidiano per cesellare la pro-pria personalità in un dialogofecondo con gli altri e con lapropria storia.

Interrogarsi su «sentimentie legami umani» è allora que-stione decisiva per discernere

natura e qualità dell'essere uma-no e per collocare se stessi in unadimensione di verità, di pienaappartenenza alla fragile e me-ravigliosa condizione umana.

L'ultimo saggio del card.Gianfraco Ravasi viene in aiutoa questa ricerca, con la consuetacompetenza e con l'ormai notama sempre stupefacente capaci-tà di tradurre in un linguaggiopiano e accattivante anche le ri-

flessioni più complesse e artico-late. Che cos'è l'uomo. Senti-menti e legami umani nellabibbia (San Paolo, pp. 152,€ 16) è un appassionante viag-gio lungo due piste complemen-tari: la prima prende avvio dal«cuore» nella ricchezza del suosignificato biblico per adden-trarsi in quelle sensazioni - lamitezza e la paura, la festa e lasofferenza - che si tramutano in

atteggiamenti e comportamentiquotidiani. Il secondo itinerarioè invece, per così dire, «pittori-co». Tratteggia come in un di-pinto i diversi volti che assumel'amore quando si rende visibilee palpabile: l'amicizia, l'amoresponsale e la sua dilatazione nel-la famiglia, fino alla vecchiaia

concepita come «corona di glo-ria» posta sulla vita intera.

Il filo rosso che consente all'autore di queste pagine, cosìdense e al contempo lievi, di noncadere nel trabocchetto delleemozioni fine a se stesse è il pen-siero biblico: la sapienza di Isra-ele, le parole di Gesù, gli insegna-menti apostolici costituisconol'ossatura di un ragionamentoche si arricchisce dei contributi

di filosofi e pensatori di ognitempo. Uomo di profonda cultu-ra e di dialogo franco e cordiale,il cardinal Ravasi riesce a dire avoce alta quanto ciascuno di noi,se è onesto con se stesso, ricono-sce come vero per sé e per gli al-tri, come cifra della propria e al-trui condizione umana.

Le essenziali illustrazioni diAlessandro Nastasio contribui-scono a rendere ancor più scorre-vole il discorso e ci riconduconoa quel versetto del salmo 8 chel'autore ha voluto porre come ti-tolo e incipit del libro: «Che cos'èl'uomo perché ti ricordi di lui?Che cos'è il figlio dell'uomo per-ché di lui ti prenda cura?».

È domanda che non smettedi abitare il nostro cuore, do-manda cui nessuno di noi riusci-rà mai a dare una risposta pie-na e definitiva, eppure domandache percepiamo chiaramente co-me decisiva per il nostro viverequotidiano e per trasformare inostri sentimenti di un attimo inlegami duraturi, per fare dellanostra vita un'opera d'arte.

Nifo Un trattato cinquecentescosul modo di comportarsi a Corte

LONTANO E VICINOENZO BIANCHI

Lungo i sentieribiblici del cuore

«Che cos’è l’uomo»: il viaggio di Ravasiin dialogo con pensatori di ogni tempo

Personaggi e storieVITuttolibri

SABATO 12 FEBBRAIO 2011LA STAMPA VII

LA BIBBIA ALLA RADIOCompieunanno«Leggere laBibbia»aRadioTre.Domani (h.9,30-11),unapuntataspecialediUominieProfeti, a curadiGabriellaCaramore, farà ilpuntosuquesta letturasistematicaerifletterà inparticolare sul«SanguediDio.Religionieviolenza»(conStefanoLeviDellaTorre,BenedettoCarucciViterbi,MariaCristinaBartolomei,EnzoBianchi,AlbertoVentura).

Ritratto di Agostino Nifo

L’oro di Port-Royal

Immagini dal sito «www.port-royal-des-champs.eu»: una veduta dell’abbazia, il chiostro, il coro della chiesa

Sainte-Beuve

pp Agostino Nifop LA FILOSOFIA NELLA CORTEp a cura di Ennio De Bellisp Bompiani, pp. 784, € 28

Crogiuolo di spiritualitàcon teologi, filosofi,pedagogisti, linguisti,un lungo percorsoda Montaigne a Voltaire

Il cardinale Gianfranco Ravasi

Blaise Pascal

pp Sainte-Beuvep PORT-ROYALp a cura di Mario Richterp Einaudip 2 volumi, pp. CVI - 2098, € 150

Il terzo e ultimo attodell’epistolario,gli anni fra il 1945e il 1957, tra Rovereto,Stresa, la Val Susa

Clemente Rebora in un ritratto di Michele Cascella, 1919

pp Clemente Reborap EPISTOLARIOp Vol.3 1945-1957p Il ritorno alla poesiap a cura di Carmelo Giovanninip Edizioni Dehonianep pp. 623, € 52p Terzo e ultimo volume. Il primo,

«L’anima del poeta» copre gli an-ni 1893 - 1928; il secondo, «Lasvolta rosminiana» va dal 1929al 1944. Attraverso le lettere,un ritratto umano e critico delsacerdote poeta

«Veicolo dell’invisibilenel visibile»: rinascela vocazione liricaper rispecchiarsinella fede religiosa

La necessità di andareoltre la dittaturadell’emozione: comefare della nostravita un’opera d’arte

pp Gianfranco Ravasip CHE COS'È L'UOMO. Sentimen-

ti e legami umani nella bibbiap San Paolo, pp. 152, € 16

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AUGUSTOROMANO

Si muore soli. Lo sap-piamo tutti, anche se facciamofinta di niente. E morire solivuol dire anzitutto che l’espe-rienza della morte non può es-sere condivisa, ma anche cheimprovvisamente scompari-ranno dal nostro orizzonte(non avremo più un orizzon-te!) le persone, i luoghi, gli og-getti che costituiscono il no-stro mondo affettivo. Essi ciabbandoneranno, pensiamo avolte con rancore, per trasci-nare ancora per un poco la lo-ro effimera vita.

Alla solitudine del moritu-ro si accompagna quella dei so-pravvissuti. Nel diario intitola-to Dove lei non è (Einaudi 2010)Barthes ha dato voce, con ac-centi straziati, a ciò che la mor-te della madre ha significatoper lui: «Tristezza intensa econtinua; scorticato senza tre-gua. […]La solitudine definiti-va è presente, opaca, senza or-

mai nessun altro termine chela mia propria morte». Irrevo-cabilità della perdita; doloresenza speranza, se non forsequella di fare delle lacrime ungiaciglio su cui poter riposare,come scrive con penetrantedelicatezza Sant’Agostino.

Né le morti sono soltanto fi-siche. Muoiono gli amori e ir-rompe l’infelicità (che, leopar-dianamente, è felicità perdu-ta); sentiamo che ciò che èscomparso, ed era l’oggettodel nostro desiderio, continuaa possederci e vuole portarcivia con sé. Siamo disperati espaventati; temiamo chel’amore, che nella tradizioneoccidentale è figlio del biso-gno, ci torni indietro inerte, co-me un peso che ci schiaccerà.E’ per venire incontro al no-stro spavento che la culturaha inventato dei modi per ad-domesticare la morte ed attua-re ciò che Ernesto De Martinoha chiamato «controllo ritualedel patire»: per permetterci disopravvivere, essa ci induce al-l’aspra fatica di farci procura-tori di morte, dentro di noi, de-gli estinti voraci e degli amorifiniti. Andremo poi a visitarlibrevemente il due di novem-bre, o in qualche altra più pri-vata ricorrenza.

La solitudine del morente, Laseparazione degli amanti: sono ti-toli di libri (rispettivamente diNorbert Elias e di Igor Caruso),ma sono anche parole che, nellaloro lenta pronuncia, si fanno se-gnali della inevitabilità della soli-tudine. Una solitudine che, nei ca-si più disperati, si fa isolamento,rifiuto di ogni possibile dialogo,desertificazione delle emozioni,assenza di futuro. La testimo-nianza letteraria più alta di que-sto esito è il mirabile racconto diH. Melville che si intitola Bart-leby. Il protagonista, che fa il copi-sta nello studio di un avvocato, ri-sponde «Preferirei di no» a qual-

siasi richiesta, e appare al suo da-tore di lavoro «così sbiadito nellasua decenza, così miserabile nel-la sua rispettabilità, così dispera-to nella sua solitudine». Una iner-mità inscalfibile; e un’ascesi coat-ta, una spoliazione che non si puòevitare, tragica in quanto non è ilrisultato di una scelta, il punto diarrivo di un percorso, ma piutto-sto la contrazione di un destinoin un punto, in cui l’energia restaincapsulata per sempre.

Da anni Eugenio Borgna vacompiendo, in una serie di libriaffascinanti, un ampio affrescodei costrutti affettivi colti nel lo-ro vario declinarsi. I pregi di que-

sto suo impegno sono molteplici,e tanto più importanti in quantovanno in controtendenza rispet-to all’attuale asfissiante propen-sione a ricondurre ogni sapere auna tecnica.

Anzitutto Borgna, che pure èpsichiatra, mostra persuasiva-mente come la psicopatologia af-fondi le sue radici nell’universal-mente umano; ed evita così quel-la che potremmo chiamare lamedicalizzazione dei sentimenti,che è una delle più tristi manife-stazioni del disincanto del mon-do. Inoltre, in quanto assume unpunto di vista fenomenologico, èalieno da ogni forma di riduzioni-smo e si impegna piuttosto nelladescrizione accurata e partecipedelle tante sfumature che i senti-menti mostrano nel loro concre-to presentarsi.

A tal fine, utilizza spesso testiletterari e poetici, giustamenteconvinto che i prodotti dell’im-maginazione creatrice rivelino,assai meglio della ragione discor-siva, le radici profonde delle

esperienze emozionali. Si potreb-be dire che il linguaggio poetico,con la sua pregnanza e la suaabissalità, è il più adatto a espri-mere la illimitata significazionedei vissuti emotivi.

Nell’ ultimo saggio, La solitu-dine dell’anima viene descritta edesemplificata non solo nel suoversante distruttivo ma anchenel suo nucleo positivo. Giacché,se è vero che l’isolamento tragi-co e senza speranza è ciò chemaggiormente colpisce, la solitu-dine resta però un farmaco es-senziale per la cura dell’anima.Essa è il luogo della riflessione,dell’incontro con se stessi, del ri-trovamento e del rinnovamentodi ciò che dà significato. Anche ildolore può farsi promotore diquesta discesa ad inferos, di que-sto silenzio che fa veci di madre,almeno sino a quando in essobrilli la fiamma di una speranza.

Se oggi la ideologia prevalen-te predica l’oblio di noi stessi al fi-ne di alienarci a un’idea della vitacome «passatempo», praticarela solitudine è tornare a casa: èquesta – scrive Borgna – «la com-pagna di strada che ci salva daidiscorsi inutili e dagli impegnicontaminati dalla insignifican-za». Perché, scriveva Nietzsche,«là dove la solitudine finisce, co-mincia il mercato».

GIUSEPPEMARCENARO

Sperimentò la fecon-dazione artificiale. Ignoti i risul-tati. Vagheggiò l'ibernazione estudiò una ghiacciaia per con-servare lo sperma dei soldati inpartenza per la guerra. Scien-ziato furibondo, darwinianoconvinto, antropologo acceso,patriota - aveva partecipatocon la madre Laura Solera allaCinque Giornate di Milano - einfine parlamentare: deputatoprogressista dal 1865 al '76,quindi senatore del Regno. De-finì il parlamento quale «il piùalto laboratorio di forze disper-se. Qui abbiamo la più alta per-fezione di un meccanismo al ro-vescio, dove tutte le forze si tra-sformano in attriti». Ma PaoloMantegazza, monzese, classe1831, fu soprattutto il ferventedivulgatore delle più disparatefisiologie dei piaceri, dell'igienedell'amore, del sesso nelle sueforme più combinatorie, delleestasi umane al naturale, consapiente ed abbondante uso diadditivi del tipo cocaina, me-scalina, caffeina, ecc. nelle piùcuriose e inaspettate declina-zioni: in questo Mantegazza fuproblematico scienziato dell'esperienza umana, in fase ab-bondantementesperimentale.

Procedeva a naso con positi-vistica illusione, sprofondandoin abbaglianti e inaspettati va-neggiamenti. Era un convintosostenitore della sostituzionedel tabacco con la coca, rite-nendo quest'ultima un piacerepiù salubre: «Fatevi coquero;l'aria che voi rendete insalubrecol tabacco per voi, incomodaper gli altri, riprenderà tutta lasua purezza; e se voi sceglietela coca di buona qualità, vedre-te che un pizzico di foglie masti-cate soavemente, vale benequalche zigaro e vi riscalderà ilcuore al di dentro e al di fuori».

Autore di una rutilante bi-bliografia dalle inaspettate tira-ture, vendeva scienza ed eraletto come scrittore erotico. Isuoi libri vennero esplorati conlubriche partecipazioni. Fu for-se il primo a metter mano auna specie di educazione ses-suale spiegata al popolo, susci-tando insani vapeurs in fanciul-le timorate e in azzimati gani-medi. Convinto divulgatore diuna scienza dietro cui s'occul-tavano solettichii prude, eral'autore di strepitose fiction, in-clinate sulle sue pervicaci con-vinzioni: il godimento, le varieforme dell'amore, le proibizio-ni, le perversioni…

Forse non era proprio lui,restando sospeso il dubbio, a

voler mettere nelle sue pagine ilseme d'ogni malizia, lasciato na-turalmente alla frenesia dei suoilettori, a un tempo imbarazzati egolosissimi. Ammantava con lascienza quel che al tempo suo,diffusamente, era consideratopeccaminoso. Storia vecchia co-me il mondo e di sempre lampan-

te attualità. Mantegazza produ-ceva proibizioni da sottobanco:al contrario d'oggi, esibito e col-lettivo diletto affidato ai reality eai settimanali di gossip.

Sempre e comunque la stes-sa minestra: la cupidigia versussesso, di chi, con chi e quando.Ai tempi del fisiologo dei piace-ri «degenerazioni» da sussurra-re. Poi, nel tempo, da renderepalesi sui patinati quali meda-glie al valore, esibite alla dichia-rata, dissimulata riprovazionee all'invidia repressa di bramosilettori voyeurs.

Esordì nel 1868 con un auten-tico best-seller: Un giorno a Ma-dera. Solo in apparenza operad'accatto - lettura comunqueprediletta da portinaie, cocotte einsospettabili nobildonne - concui Mantegazza si illuse di svol-gere un'opera di propaganda po-polare contro i matrimoni tra tu-bercolotici. Libro che nelladrammaticità del tema ebbe laforza, non certo letteraria, d'es-sere letto per la sua fatalisticaaura di proibito. Qui si trattavadi malattia colpevole cui non sidoveva far cenno. E fu comun-que l'opera che, reso celebrel'autore, funse da introibo a unaserie di mantegazzate para-scientifiche, sapientemente or-chestrate, lette con furibondacuriosità, specie quando tratta-

vano di «spinosità» quali la Fisio-logia dell'amore (1873), Igienedell'amore (1877), La fisiologiadel piacere (1880), Le estasi uma-ne (1887), trionfando con la Fisio-logia della donna (1893), dove,con ginecologica acribia Mante-gazza suggerisce - education sen-timentale di derivazione anato-mica - dove si debba toccare, sol-lecitare, agire e succedanee rea-zioni. Per arrivare al verticismod'un tomo di quasi 900 paginededicato a «Quadri della naturaumana»: Feste ed ebbrezze, edito

nel 1871, con l'ambizione antro-pologica di raccontare come sipossa godere degli stordimentidell'amore, in gioventù e in vec-chiaia, partecipando a baccanalipubblici e privati. Insomma unimproprio kamasutra delle for-me collettive di incontri d'ognitipo: dalle «giostre» tribali ai fe-stini privati dei potenti, con de-cor di zambraccole e ruffiani.

E in questo Mantegazza fuprofeta: «La natura ancor pocoesplorata darà ai nostri figliuolimille nuove occasioni che velli-cheranno i loro nervi e il cervellonei modi più svariati …Man ma-no che l'uomo s'innalza getta viala zavorra del pregiudizio facen-do crescere in sé un'ebbrezza in-definita e inspiegabile…».

A detta dei cultori pare cheMantegazza un merito comun-que l'abbia avuto, frutto del suc-cesso dei suoi Almanacchi d'igie-ne, avviati nel 1864 che, con la lo-ro enorme diffusione anche nellafamiglie più semplici, contribui-rono alla diffusione delle normeigieniche connesse alla sessuali-tà, dalle sue forme «elementari»a quelle più «speciosamente pro-blematiche». L'ineffabile autorechiuse la propria attività lettera-ria nel 1890 con Le leggende deifiori, trattato sulle impollinazionie la sessualità nel mondo vegeta-le. Ovviamente.

Una «compagnadi strada che ci salvadai discorsi inutilie dagli impegniinsignificanti»

Lo psichiatra, ancheattraverso testi poeticie letterari, mostrale radici più profondedelle nostre emozioni

Nell’Italia unita fuforse il primo a spiegareal popolo una sortadi educazione sessuale,tra scienza e peccato

Impollineraicosì la fanciulla

La solitudineè il farmacodell’anima

FLAVIOCAROLI

Volti d’amore= Eros e arte. Flavio Caroli haallestito una galleria cheattraversa i secoli: Il voltodell’amore (Mondadori, pp.100, € 18), dalla sensualitàpagana al nostro tempo. Traparole e immagini, come«L’Amor sacro e l’Amor

profano» di Tiziano Vecellio(sopra riprodotto), stazionecinquecentesca di un viaggioche dalle decorazioni parietalipomepiane giunge a FrancisBacon e a Jeff Koons. Dicapolavoro in capolavoro, unomaggio al «pensiero infigura» d’Occidente, firmatovia via Lotto, Buonarroti,Bernini, Courbet («L’origine delmondo»), Hayez «Il bacio»,Modigliani («Il grande nudo»),Picasso («Dora Maaar»).«L’anima e il volto. Laspeculazione sul profondoattraverso la raffigurazione delvolto e del corpo - ricordaFlavio Caroli - significaanzitutto - come sostengonoCartesio nel Seicento, Diderotnel Settecento e Freud nelNovecento - analisi delleemozioni, o per meglio dire,delle passioni. Prima delle qualil’amore».

IN VERSI

Un lungo sogno= Antologie di versi doveattingere un non ovvio «ti amo».Scovando le parole ad hoc inquesta o in quella officina lirica.Poeti innamoratiè l’antologia acura di Patrizia ValdugaperInterlinea (pp. 87, € 10). DaGuittone a Raboni, dal Duecentoa oggi, una scelta di cuore più checritica, innalzando e escludendo,ma non motivando. Ignorando,per esempio, Gozzano (ma il suo«donna mistero senza fine bello»è un omaggio di rara essenza),retrocedendoMontale, rispetto aRebora e Betocchi (ma «l’attesa èlunga / il mio sogno di te non èfinito» è un sillabare di sicuraseduzione).Da Einaudi, Che cos’è l’amor,ovvero «poesie per chi si ama» (acura di Fabiano Massimi, pp. 329,

€ 18): da Petrarca a FeliceCavallotti, da Gozzano (eccolo) aBufalino,da Pavese a AntoniaPozzi. Ponte alle Grazie proponeChe cosa è per me la tua bocca,versi e disegni di E.E.Cummings(pp. 139, € 13). Da Mondadori: Ilnostroamore un sogno, vociromantiche, a cura di GuidoDavico Bonino (pp. 336, € 12) ePoesied’amore di Hesse tradotteda Anna Ruchat. (pp. 126, € 9).

COLETTE E CVETAEVA

A Missy e Rilke= «Mia amata che adoro...».Dal 1907 al 1940, le Lettere aMissy di Colette, ora daArchinto (pp. 217, € 17, a curadi Samai Borddji e FrédéricMaget, traduzione di AnnaMorpurgo). Un capitolo dellainquieta vita sentimentale di

Colette. Separatasi da Willy,uno dei tre mariti, la scrittricesi volgerà alla marchesa deMormy, detta Missy, ricca eanticonvenzionale. Una storiad’amore che non resisterà alcarattere di Colette: «...dabambina incorreggibile,troppo viziata, collerica qual è,mal si adatta all’inguaribilemalinconia dell’amica»,inevitabile sarà la rottura...Da SE, le Lettere di MarinaCvetaeva e Rainer Maria Rilke(a cura di Pikn a De Luca eAmnelia Valtolina, traduzionedi Ugo Persi, pp. 103, € 13).Mai incontrandosi i due poetiche entrano fra loroincontatto tramite BorisPasternak vivono una storia di«amor lontano». Lunga quasitutto il 1926, dal mese dimaggio al 7 novembre: «CaroRainer! Io vivo qui. Mi amiancora?».

MORLEY CALLAGHAN

Tre amanti= I racconti di MorleyCallaghan (1903 - 1990), loscrittore che salì sul ring conHeningway, mandandolo altappeto. Tre amanti esce nellaBur Rizzoli (pp. 125, € 8,40, trad.di Paolo Falcone). «Callaghan -osserva nella postfazioneAntonio Pascale - vuole dirci:piccoli e ben appropriatimovimenti dell’animo umanoconducono al ritrovamento disentimenti primordiali, semplici,rozzi, ma potenti e affilati. Glistati d’animo primordiali rivelanosì l’essenza dei personaggi e nellostesso tempo li dissolvono. Restal’aureola, un rumore dirisacca...».Il racconto «Un’avventura», funel 1928 la prima short storypubblicata dal New Yorker.

RICHARD YATES

Che bugiardi= Sette racconti inediti diRichard Yates, voce del realismoamericano secondo ‘900, con iltitolo Bugiardi e innamorati,escono da minimum fax (pp.319, € 13,50, trad. di AndreinaLombardi Bom, pref. di GiorgioVasta): illusioni e tormentidell’amore, un grande abbaglio.

PER LEGGERLOLibridi PaoloMantegazzasonostati ripropostidaStudioTesi(«Fisiologiadel piacere»,1992),PensaMultimedia («Igienedell’amore»e «Fisiologiadell’amore»,2003e 2004),Carocci «L’artedi prendermoglie.L’artedi prendermarito»,2008).MonicaBonigli ha dedicato labiografia«L’eroticosenatore»,ed.Name,2002.

pp Eugenio Borgnap LA SOLITUDINE DELL’ANIMAp Feltrinellip pp. 194, € 15

Borgna Scoprire anche il nucleo positivo del restare soli:una riflessione per ritrovare, curare e rinnovare se stessi

Lettere e racconti

PaoloMantegazza,

monzese,classe 1831,Scienziatofuribondo,

darwinianoconvinto,

antropologoacceso,

patriotache partecipò

alle Cinquegiornate,deputato

progressista.Enorme

diffusioneebbero i suoi

«Almanacchid'igiene»,

avviatinel 1864

Mantegazza L’ottocentesco, fervente divulgatoredelle più disparate fisiologie dei piaceri e dell’amore

Idee, oltre San ValentinoVIIITuttolibri

SABATO 12 FEBBRAIO 2011LA STAMPA IX

Dipinti e versi

Un dipinto di Edward Hopper

Eugenio Borgna

«L’Amor sacro e l’Amor profano» di Tiziano, 1514 -1515

150O

Libri d’ItaliaPer il 2011

...raccolgaci un’ unica bandiera, una speme.Dal Canto degli Italiani di Goffredo Mameli

Da mercoledì 16 febbraioin edicola a 12,90 € in più

...mi sono trovato rapidamente coinvolto dalla lettura di un testo dai toni pacati, privo di espedienti retorici, che ho però trovato capace di provocare in me una forte partecipazione emotiva. Arrigo Levi

La Stampa e Scripta Maneant presentano Bandiera Madre: i tre colori della vita di Ugo Bellocchi

Prefazione di Arrigo Levi - Introduzione di Rita Levi Montalcini

CON L’ADESIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

A centocinquant'anni dalla nascita dell'Italia questo splendido volume racconta, attraverso la storia del Tricolore, quella del nostro Paese e delle sue radici. Un testo scrupolosamente documentato in ogni suo passaggio, un'occasione per rifl ettere oggi sul valore della nostra identità nazionale.

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AUGUSTOROMANO

Si muore soli. Lo sap-piamo tutti, anche se facciamofinta di niente. E morire solivuol dire anzitutto che l’espe-rienza della morte non può es-sere condivisa, ma anche cheimprovvisamente scompari-ranno dal nostro orizzonte(non avremo più un orizzon-te!) le persone, i luoghi, gli og-getti che costituiscono il no-stro mondo affettivo. Essi ciabbandoneranno, pensiamo avolte con rancore, per trasci-nare ancora per un poco la lo-ro effimera vita.

Alla solitudine del moritu-ro si accompagna quella dei so-pravvissuti. Nel diario intitola-to Dove lei non è (Einaudi 2010)Barthes ha dato voce, con ac-centi straziati, a ciò che la mor-te della madre ha significatoper lui: «Tristezza intensa econtinua; scorticato senza tre-gua. […]La solitudine definiti-va è presente, opaca, senza or-

mai nessun altro termine chela mia propria morte». Irrevo-cabilità della perdita; doloresenza speranza, se non forsequella di fare delle lacrime ungiaciglio su cui poter riposare,come scrive con penetrantedelicatezza Sant’Agostino.

Né le morti sono soltanto fi-siche. Muoiono gli amori e ir-rompe l’infelicità (che, leopar-dianamente, è felicità perdu-ta); sentiamo che ciò che èscomparso, ed era l’oggettodel nostro desiderio, continuaa possederci e vuole portarcivia con sé. Siamo disperati espaventati; temiamo chel’amore, che nella tradizioneoccidentale è figlio del biso-gno, ci torni indietro inerte, co-me un peso che ci schiaccerà.E’ per venire incontro al no-stro spavento che la culturaha inventato dei modi per ad-domesticare la morte ed attua-re ciò che Ernesto De Martinoha chiamato «controllo ritualedel patire»: per permetterci disopravvivere, essa ci induce al-l’aspra fatica di farci procura-tori di morte, dentro di noi, de-gli estinti voraci e degli amorifiniti. Andremo poi a visitarlibrevemente il due di novem-bre, o in qualche altra più pri-vata ricorrenza.

La solitudine del morente, Laseparazione degli amanti: sono ti-toli di libri (rispettivamente diNorbert Elias e di Igor Caruso),ma sono anche parole che, nellaloro lenta pronuncia, si fanno se-gnali della inevitabilità della soli-tudine. Una solitudine che, nei ca-si più disperati, si fa isolamento,rifiuto di ogni possibile dialogo,desertificazione delle emozioni,assenza di futuro. La testimo-nianza letteraria più alta di que-sto esito è il mirabile racconto diH. Melville che si intitola Bart-leby. Il protagonista, che fa il copi-sta nello studio di un avvocato, ri-sponde «Preferirei di no» a qual-

siasi richiesta, e appare al suo da-tore di lavoro «così sbiadito nellasua decenza, così miserabile nel-la sua rispettabilità, così dispera-to nella sua solitudine». Una iner-mità inscalfibile; e un’ascesi coat-ta, una spoliazione che non si puòevitare, tragica in quanto non è ilrisultato di una scelta, il punto diarrivo di un percorso, ma piutto-sto la contrazione di un destinoin un punto, in cui l’energia restaincapsulata per sempre.

Da anni Eugenio Borgna vacompiendo, in una serie di libriaffascinanti, un ampio affrescodei costrutti affettivi colti nel lo-ro vario declinarsi. I pregi di que-

sto suo impegno sono molteplici,e tanto più importanti in quantovanno in controtendenza rispet-to all’attuale asfissiante propen-sione a ricondurre ogni sapere auna tecnica.

Anzitutto Borgna, che pure èpsichiatra, mostra persuasiva-mente come la psicopatologia af-fondi le sue radici nell’universal-mente umano; ed evita così quel-la che potremmo chiamare lamedicalizzazione dei sentimenti,che è una delle più tristi manife-stazioni del disincanto del mon-do. Inoltre, in quanto assume unpunto di vista fenomenologico, èalieno da ogni forma di riduzioni-smo e si impegna piuttosto nelladescrizione accurata e partecipedelle tante sfumature che i senti-menti mostrano nel loro concre-to presentarsi.

A tal fine, utilizza spesso testiletterari e poetici, giustamenteconvinto che i prodotti dell’im-maginazione creatrice rivelino,assai meglio della ragione discor-siva, le radici profonde delle

esperienze emozionali. Si potreb-be dire che il linguaggio poetico,con la sua pregnanza e la suaabissalità, è il più adatto a espri-mere la illimitata significazionedei vissuti emotivi.

Nell’ ultimo saggio, La solitu-dine dell’anima viene descritta edesemplificata non solo nel suoversante distruttivo ma anchenel suo nucleo positivo. Giacché,se è vero che l’isolamento tragi-co e senza speranza è ciò chemaggiormente colpisce, la solitu-dine resta però un farmaco es-senziale per la cura dell’anima.Essa è il luogo della riflessione,dell’incontro con se stessi, del ri-trovamento e del rinnovamentodi ciò che dà significato. Anche ildolore può farsi promotore diquesta discesa ad inferos, di que-sto silenzio che fa veci di madre,almeno sino a quando in essobrilli la fiamma di una speranza.

Se oggi la ideologia prevalen-te predica l’oblio di noi stessi al fi-ne di alienarci a un’idea della vitacome «passatempo», praticarela solitudine è tornare a casa: èquesta – scrive Borgna – «la com-pagna di strada che ci salva daidiscorsi inutili e dagli impegnicontaminati dalla insignifican-za». Perché, scriveva Nietzsche,«là dove la solitudine finisce, co-mincia il mercato».

GIUSEPPEMARCENARO

Sperimentò la fecon-dazione artificiale. Ignoti i risul-tati. Vagheggiò l'ibernazione estudiò una ghiacciaia per con-servare lo sperma dei soldati inpartenza per la guerra. Scien-ziato furibondo, darwinianoconvinto, antropologo acceso,patriota - aveva partecipatocon la madre Laura Solera allaCinque Giornate di Milano - einfine parlamentare: deputatoprogressista dal 1865 al '76,quindi senatore del Regno. De-finì il parlamento quale «il piùalto laboratorio di forze disper-se. Qui abbiamo la più alta per-fezione di un meccanismo al ro-vescio, dove tutte le forze si tra-sformano in attriti». Ma PaoloMantegazza, monzese, classe1831, fu soprattutto il ferventedivulgatore delle più disparatefisiologie dei piaceri, dell'igienedell'amore, del sesso nelle sueforme più combinatorie, delleestasi umane al naturale, consapiente ed abbondante uso diadditivi del tipo cocaina, me-scalina, caffeina, ecc. nelle piùcuriose e inaspettate declina-zioni: in questo Mantegazza fuproblematico scienziato dell'esperienza umana, in fase ab-bondantementesperimentale.

Procedeva a naso con positi-vistica illusione, sprofondandoin abbaglianti e inaspettati va-neggiamenti. Era un convintosostenitore della sostituzionedel tabacco con la coca, rite-nendo quest'ultima un piacerepiù salubre: «Fatevi coquero;l'aria che voi rendete insalubrecol tabacco per voi, incomodaper gli altri, riprenderà tutta lasua purezza; e se voi sceglietela coca di buona qualità, vedre-te che un pizzico di foglie masti-cate soavemente, vale benequalche zigaro e vi riscalderà ilcuore al di dentro e al di fuori».

Autore di una rutilante bi-bliografia dalle inaspettate tira-ture, vendeva scienza ed eraletto come scrittore erotico. Isuoi libri vennero esplorati conlubriche partecipazioni. Fu for-se il primo a metter mano auna specie di educazione ses-suale spiegata al popolo, susci-tando insani vapeurs in fanciul-le timorate e in azzimati gani-medi. Convinto divulgatore diuna scienza dietro cui s'occul-tavano solettichii prude, eral'autore di strepitose fiction, in-clinate sulle sue pervicaci con-vinzioni: il godimento, le varieforme dell'amore, le proibizio-ni, le perversioni…

Forse non era proprio lui,restando sospeso il dubbio, a

voler mettere nelle sue pagine ilseme d'ogni malizia, lasciato na-turalmente alla frenesia dei suoilettori, a un tempo imbarazzati egolosissimi. Ammantava con lascienza quel che al tempo suo,diffusamente, era consideratopeccaminoso. Storia vecchia co-me il mondo e di sempre lampan-

te attualità. Mantegazza produ-ceva proibizioni da sottobanco:al contrario d'oggi, esibito e col-lettivo diletto affidato ai reality eai settimanali di gossip.

Sempre e comunque la stes-sa minestra: la cupidigia versussesso, di chi, con chi e quando.Ai tempi del fisiologo dei piace-ri «degenerazioni» da sussurra-re. Poi, nel tempo, da renderepalesi sui patinati quali meda-glie al valore, esibite alla dichia-rata, dissimulata riprovazionee all'invidia repressa di bramosilettori voyeurs.

Esordì nel 1868 con un auten-tico best-seller: Un giorno a Ma-dera. Solo in apparenza operad'accatto - lettura comunqueprediletta da portinaie, cocotte einsospettabili nobildonne - concui Mantegazza si illuse di svol-gere un'opera di propaganda po-polare contro i matrimoni tra tu-bercolotici. Libro che nelladrammaticità del tema ebbe laforza, non certo letteraria, d'es-sere letto per la sua fatalisticaaura di proibito. Qui si trattavadi malattia colpevole cui non sidoveva far cenno. E fu comun-que l'opera che, reso celebrel'autore, funse da introibo a unaserie di mantegazzate para-scientifiche, sapientemente or-chestrate, lette con furibondacuriosità, specie quando tratta-

vano di «spinosità» quali la Fisio-logia dell'amore (1873), Igienedell'amore (1877), La fisiologiadel piacere (1880), Le estasi uma-ne (1887), trionfando con la Fisio-logia della donna (1893), dove,con ginecologica acribia Mante-gazza suggerisce - education sen-timentale di derivazione anato-mica - dove si debba toccare, sol-lecitare, agire e succedanee rea-zioni. Per arrivare al verticismod'un tomo di quasi 900 paginededicato a «Quadri della naturaumana»: Feste ed ebbrezze, edito

nel 1871, con l'ambizione antro-pologica di raccontare come sipossa godere degli stordimentidell'amore, in gioventù e in vec-chiaia, partecipando a baccanalipubblici e privati. Insomma unimproprio kamasutra delle for-me collettive di incontri d'ognitipo: dalle «giostre» tribali ai fe-stini privati dei potenti, con de-cor di zambraccole e ruffiani.

E in questo Mantegazza fuprofeta: «La natura ancor pocoesplorata darà ai nostri figliuolimille nuove occasioni che velli-cheranno i loro nervi e il cervellonei modi più svariati …Man ma-no che l'uomo s'innalza getta viala zavorra del pregiudizio facen-do crescere in sé un'ebbrezza in-definita e inspiegabile…».

A detta dei cultori pare cheMantegazza un merito comun-que l'abbia avuto, frutto del suc-cesso dei suoi Almanacchi d'igie-ne, avviati nel 1864 che, con la lo-ro enorme diffusione anche nellafamiglie più semplici, contribui-rono alla diffusione delle normeigieniche connesse alla sessuali-tà, dalle sue forme «elementari»a quelle più «speciosamente pro-blematiche». L'ineffabile autorechiuse la propria attività lettera-ria nel 1890 con Le leggende deifiori, trattato sulle impollinazionie la sessualità nel mondo vegeta-le. Ovviamente.

Una «compagnadi strada che ci salvadai discorsi inutilie dagli impegniinsignificanti»

Lo psichiatra, ancheattraverso testi poeticie letterari, mostrale radici più profondedelle nostre emozioni

Nell’Italia unita fuforse il primo a spiegareal popolo una sortadi educazione sessuale,tra scienza e peccato

Impollineraicosì la fanciulla

La solitudineè il farmacodell’anima

FLAVIOCAROLI

Volti d’amore= Eros e arte. Flavio Caroli haallestito una galleria cheattraversa i secoli: Il voltodell’amore (Mondadori, pp.100, € 18), dalla sensualitàpagana al nostro tempo. Traparole e immagini, come«L’Amor sacro e l’Amor

profano» di Tiziano Vecellio(sopra riprodotto), stazionecinquecentesca di un viaggioche dalle decorazioni parietalipomepiane giunge a FrancisBacon e a Jeff Koons. Dicapolavoro in capolavoro, unomaggio al «pensiero infigura» d’Occidente, firmatovia via Lotto, Buonarroti,Bernini, Courbet («L’origine delmondo»), Hayez «Il bacio»,Modigliani («Il grande nudo»),Picasso («Dora Maaar»).«L’anima e il volto. Laspeculazione sul profondoattraverso la raffigurazione delvolto e del corpo - ricordaFlavio Caroli - significaanzitutto - come sostengonoCartesio nel Seicento, Diderotnel Settecento e Freud nelNovecento - analisi delleemozioni, o per meglio dire,delle passioni. Prima delle qualil’amore».

IN VERSI

Un lungo sogno= Antologie di versi doveattingere un non ovvio «ti amo».Scovando le parole ad hoc inquesta o in quella officina lirica.Poeti innamoratiè l’antologia acura di Patrizia ValdugaperInterlinea (pp. 87, € 10). DaGuittone a Raboni, dal Duecentoa oggi, una scelta di cuore più checritica, innalzando e escludendo,ma non motivando. Ignorando,per esempio, Gozzano (ma il suo«donna mistero senza fine bello»è un omaggio di rara essenza),retrocedendoMontale, rispetto aRebora e Betocchi (ma «l’attesa èlunga / il mio sogno di te non èfinito» è un sillabare di sicuraseduzione).Da Einaudi, Che cos’è l’amor,ovvero «poesie per chi si ama» (acura di Fabiano Massimi, pp. 329,

€ 18): da Petrarca a FeliceCavallotti, da Gozzano (eccolo) aBufalino,da Pavese a AntoniaPozzi. Ponte alle Grazie proponeChe cosa è per me la tua bocca,versi e disegni di E.E.Cummings(pp. 139, € 13). Da Mondadori: Ilnostroamore un sogno, vociromantiche, a cura di GuidoDavico Bonino (pp. 336, € 12) ePoesied’amore di Hesse tradotteda Anna Ruchat. (pp. 126, € 9).

COLETTE E CVETAEVA

A Missy e Rilke= «Mia amata che adoro...».Dal 1907 al 1940, le Lettere aMissy di Colette, ora daArchinto (pp. 217, € 17, a curadi Samai Borddji e FrédéricMaget, traduzione di AnnaMorpurgo). Un capitolo dellainquieta vita sentimentale di

Colette. Separatasi da Willy,uno dei tre mariti, la scrittricesi volgerà alla marchesa deMormy, detta Missy, ricca eanticonvenzionale. Una storiad’amore che non resisterà alcarattere di Colette: «...dabambina incorreggibile,troppo viziata, collerica qual è,mal si adatta all’inguaribilemalinconia dell’amica»,inevitabile sarà la rottura...Da SE, le Lettere di MarinaCvetaeva e Rainer Maria Rilke(a cura di Pikn a De Luca eAmnelia Valtolina, traduzionedi Ugo Persi, pp. 103, € 13).Mai incontrandosi i due poetiche entrano fra loroincontatto tramite BorisPasternak vivono una storia di«amor lontano». Lunga quasitutto il 1926, dal mese dimaggio al 7 novembre: «CaroRainer! Io vivo qui. Mi amiancora?».

MORLEY CALLAGHAN

Tre amanti= I racconti di MorleyCallaghan (1903 - 1990), loscrittore che salì sul ring conHeningway, mandandolo altappeto. Tre amanti esce nellaBur Rizzoli (pp. 125, € 8,40, trad.di Paolo Falcone). «Callaghan -osserva nella postfazioneAntonio Pascale - vuole dirci:piccoli e ben appropriatimovimenti dell’animo umanoconducono al ritrovamento disentimenti primordiali, semplici,rozzi, ma potenti e affilati. Glistati d’animo primordiali rivelanosì l’essenza dei personaggi e nellostesso tempo li dissolvono. Restal’aureola, un rumore dirisacca...».Il racconto «Un’avventura», funel 1928 la prima short storypubblicata dal New Yorker.

RICHARD YATES

Che bugiardi= Sette racconti inediti diRichard Yates, voce del realismoamericano secondo ‘900, con iltitolo Bugiardi e innamorati,escono da minimum fax (pp.319, € 13,50, trad. di AndreinaLombardi Bom, pref. di GiorgioVasta): illusioni e tormentidell’amore, un grande abbaglio.

PER LEGGERLOLibridi PaoloMantegazzasonostati ripropostidaStudioTesi(«Fisiologiadel piacere»,1992),PensaMultimedia («Igienedell’amore»e «Fisiologiadell’amore»,2003e 2004),Carocci «L’artedi prendermoglie.L’artedi prendermarito»,2008).MonicaBonigli ha dedicato labiografia«L’eroticosenatore»,ed.Name,2002.

pp Eugenio Borgnap LA SOLITUDINE DELL’ANIMAp Feltrinellip pp. 194, € 15

Borgna Scoprire anche il nucleo positivo del restare soli:una riflessione per ritrovare, curare e rinnovare se stessi

Lettere e racconti

PaoloMantegazza,

monzese,classe 1831,Scienziatofuribondo,

darwinianoconvinto,

antropologoacceso,

patriotache partecipò

alle Cinquegiornate,deputato

progressista.Enorme

diffusioneebbero i suoi

«Almanacchid'igiene»,

avviatinel 1864

Mantegazza L’ottocentesco, fervente divulgatoredelle più disparate fisiologie dei piaceri e dell’amore

Idee, oltre San ValentinoVIIITuttolibri

SABATO 12 FEBBRAIO 2011LA STAMPA IX

Dipinti e versi

Un dipinto di Edward Hopper

Eugenio Borgna

«L’Amor sacro e l’Amor profano» di Tiziano, 1514 -1515

150O

Libri d’ItaliaPer il 2011

L’autrice di romanzi storiciprima assoluta nelle classifiche

di tutto il mondo.

In tutte le librerieQuesto libro è disponibile anche in versione ebookwww.sperling.it - www.facebook.com/sperling.kupfer

Page 10: Tuttolibri n. 1752 (12-02-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - X - 12/02/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/10 - Autore: MARGAL - Ora di stampa: 11/02/11 19.36

2 80

549La monetadi Akragas

CAMILLERISKIRA

63

6Benvenutinella miacucinaPARODIVALLARDI

577

Tascabili

La mappadel destino

COOPERNORD

100

10

86

SaggisticaNarrativaitaliana

1. La versione di Barney 80RICHLER 12,00 ADELPHI

2. Se questo è un uomo 41LEVI 10,50 EINAUDI

3. Il bambino con il pigiama... 32DE LUCA 10,00 BUR

4. La biblioteca dei morti 30COOPER 13,00 TEA

5. Diario 28FRANK 12,50 EINAUDI

6. Troppu trafficu ppi nenti 25CAMILLERI; DIPASQUALE 11,00 MONDADORI

7. Il piccolo principe 24SAINT-EXUPERY 7,50 BOMPIANI

8. L’amico ritrovato 21UHLMAN 5,50 FELTRINELLI

9. Non avevo capito niente 19DE SILVA 11,00 EINAUDI

10.La solitudine dei numeri... 18GIORDANO 13,00 MONDADORI

55

Ogni cosa allasua stagione

BIANCHIEINAUDI

Narrativastraniera Varia Ragazzi

LA CLASSIFICA DI TUTTOLIBRI È REALIZZATA DALLA SOCIETÀ NIELSEN BOOKSCAN, ANALIZZANDO I DATI DELLE COPIE VENDUTE OGNI SETTIMANA, RACCOLTI IN UN CAMPIONE DI 1100 LIBRERIE.SI ASSEGNANO I 100 PUNTI AL TITOLO PIÙ VENDUTO TRA LE NOVITÀ. TUTTI GLI ALTRI SONO CALCOLATI IN PROPORZIONE. LA RILEVAZIONE SI RIFERISCE AI GIORNI DAL 30 GENNAIO AL 5 FEBBRAIO.

AI PUNTILUCIANO GENTA

A Boseinneggiano:beati i primi

Io e te

AMMANITIEINAUDI

8

Le Beatrici

BENNIFELTRINELLI

Il profumodelle fogliedi limoneSÁNCHEZGARZANTI

La versionedi Barney

RICHLERADELPHI

3

58

1

Odoredi chiuso

MALVALDISELLERIO

5

L’allieva

GAZZOLALONGANESI

74

Beati i primi, inneggiano i monaci di Bose: il loro prio-re conquista i 100 punti con un valore in copie vendu-te poco sotto quota 7000, nel nostro campione di sole

librerie, che da questa settimana include anche quelle religio-se, portando la rosa dei punti di rilevazione a 1100. Il libro diEnzo Bianchi, incluso in saggistica, è soprattutto un raccon-to, tra meditazione e memoria, un diario di concreta e umilevitalità, una ricerca di silenzio interiore oltre il rumore di unmondo esterno, Babele di lingue e Gomorra di seduzioni. Etrova la sua sintesi emblematica nei ritratti finali della mae-stra e della postina, le due donne che han fatto da madri esorelle a Enzo, presto orfano, e hanno condiviso la loro vec-

chiaia in comunità, dove lui le ha accompagnate tenendoleper mano, fino all’ultimo respiro. Sono donne più birichine,giocose e ridarelle le otto Beatrici di Benni, primo ingressonel gruppo dei 10 al vertice, a cominciare da quella che al-l’Alighieri pareva tanto gentile e tanto onesta e ai suoi versiora preferisce le canzoni di Fabrizio e Lucio. E’ una donnasiciliana, medico chirurgo, under trenta, Alessia Gazzola,l’altra novità di questo sabato: la sua Allieva viene lanciatacome un incrocio tra Kay Scarpetta e Bridget Jones nella ter-ra di Montalbano. Fosse un menù, c’è da temere un fritto mi-sto ad alto tasso di colesterolo con il rischio poi di sorbirsi unbrodetto da convalescenza. Per vigore e coraggio letterario

meriterebbero in confronto almeno pari visibilità i romanzidi Alessandro Mari Troppo umana speranza e La vita ac-canto di Mariapia Veladiano, fra gli italiani fuori tabella(15˚ e 17˚), i due esordi più interessanti e coinvolgenti di que-sto inizio d’anno. Sarebbero piaciuti alla rimpianta France-sca Sanvitale, una signora della cultura. Da ricordare alledonne che domani manifestano in piazza. Mentre gli antipu-ritani in mutande si ritrovano oggi in un teatro che di nomefa Del Verme. Una location da lapsus, pensando che fu inau-gurato dagli Ugonotti di Meyerbeer, quelli della strage diSan Bartolomeo, e divenne palcoscenico di futuristi e musso-liniani. Ogni cosa al suo posto, dicono a Bose.

I«barbët» della Claudiana ir-rompono con le loro storie equelle altrui, «dando voce a

chi non l’ha o non l’ha avuta...»Entrano in «Calamite», la primacollana di narrativa che, in oltre150 anni di vita, la casa editricedi riferimento del mondo prote-stante in Italia, sta per aprire (il23 prossimo) con il romanzo-me-moir di Marina Jarre, come sem-pre maestra di scrittura.

Neve in Val d’Angrogna-Cronache di un ritorno, riper-corre, nel brulichio di piccoli-grandi sconosciuti, fragore dicarri, dialoghi al volo, impastoitalo-piemontese-occitano, l’epo-pea dei Valdesi tra il 1686 e il1689, gli anni dell’esilio dai mon-ti del Pellice, del massacro com-piuto dai franco-savoiardi, dellariconquista, «... sospesi fra una fi-ne che ogni sera doveva apparireconclusiva e una speranza chel’indomani li risvegliava al futu-ro...». Con quella fede, da ingolo-sire perfino i laici oggi, che «perfare un popolo grande e felice la

libertà non basta, è necessaria lamoralità».

«Missione» fondamentale lo stu-dio della Bibbia, primo bestsellernel mondo «ma non ancora abba-stanza in Italia», srl sostenuta daun comitato di Chiese evangeliche,la Claudiana ha in Manuel Kromerun direttore editoriale (dal ’98) im-pegnato nella massima apertura

possibile dei suoi orizzonti, già va-sti: come testimoniano lo spazio(tra 10 mila titoli, 450 « viventi»,50 novità l’anno) dedicato al «cat-tolicesimo critico» (Kung, Boff,Den-zler),alle grandi questioni di attua-lità (bioetica, procreazione assiti-ta, omosessualità), ai ragazzi conottimi testi: ferma restando, al di làdell’importanza scientifica delleopere sui grandi riformatori da Lu-tero in poi, la vocazione degli inizi auna condivisa cultura «popolare».

Rosso acceso nel logo e nelle co-pertine, le Calamite sono «un rin-novato tentativo di entrare in dia-logo con la cultura italiana» - spie-ga Kromer cui si deve la recente cu-ratela del Viaggio in Italia diBonhoeffer, il teologo tedesco mor-to a Buchenwald - storie che condu-cano a ragionamenti sociali, stori-ci, politici». Il secondo volume, Dia-rio segreto dei miei giorni feroci,nom de plume Emanuela Violani, èil dramma di una ragazza abusatada un prete. Tutto sotto l’ombrellodi «un’etica che passa attraversola responsabilità».

1. L’abbraccio 17GROSSMAN; ROVNER 10,00 MONDADORI

2. Cambia tutto! 13GARLANDO 11,00 PIEMME

3. L’evoluzione di Calpurnia 13KELLY 16,80 SALANI

4. Le valigie di Auschwitz 11PALUMBO 11,00 PIEMME

5. Gli ultimi eroi 10TROISI 18,00 MONDADORI

6. Hourglass 10GRAY 17,00 MONDADORI

7. Il mare dei mostri 9RIORDAN 17,00 MONDADORI

8. Un sognosul ghiaccioperColette 9STILTON 8,50 PIEMME

9. Le regole raccontate ai bambini 9COLOMBO 12,00 FELTRINELLI

10.Ruti vuole dormiree altre storie 8GROSSMAN 15,00 MONDADORI

Di questo passo, ci vor-ranno 500 anni per rag-giungere la parità fra i

sessi. Così nel trailer del filmMiss Representation di Jen-nifer Siebel Newsom, visto epremiato al Sundance Festi-val: un documentario su come imedia americani rappresenta-no le donne e il corpo delle don-ne. «È importante che le donneraccontino le loro storie», sto-rie di intelligenza e non soltan-to di fisicità, dice una delle in-tervistate. Già. Ma dove, e conquale visibilità?

Mentre in 117 città italianesi manifesta domani e in Ger-mania si discute vigorosamen-te di quote rosa, in Angloame-rica (editorialmente ormaiquasi un'entità unica) esconodevastanti statistiche sullamisoginia delle principali pa-gine e riviste culturali. Il puti-ferio è scatenato dall'associa-zione Vida - Women in Lite-rary Arts, che ha mostrato lepercentuali di recensori don-

na e di libri scritti da donne re-censiti dalla New York TimesBook Review, dal Times Lite-rary Supplement, da Har-pers, dalla London Review ofBooks, eccetera. Per esempio,la New York Review of Booksha pubblicato 462 articoli dimaschi contro 79 di femmine, eha recensito 306 libri di maschi

contro 59 di femmine. Mestacontabilità.

Su blog e giornali è tutta un'analisi sul sessismo letterario,tutto un mea culpa, tutto unoscaricare responsabilità: sonogli editori che pubblicano più li-bri di uomini. Oppure (le animebelle non mancano mai), «ci inte-ressa soltanto avere le migliorirecensioni dei libri più importan-ti», come dice Peter Stothard delTLS (già, ma chi decide checos'è «migliore», in un camposoggettivo come la letteratura?).

Qualche avvisaglia dell'im-pennata si era vista nei mesiscorsi. Anne Hays aveva chiestoil rimborso dell'abbonamento alNew Yorker, visto che in tuttoil numero di gennaio, soltantodue boxini erano di o su donne.E, soprattutto, in autunno siera molto dibattuto sul pregiu-dizio di genere: Freedom di Jo-nathan Franzen sarebbe maistato definito «Il Grande Ro-manzo Americano», se l'avessescritto una donna?

1. Il profumodelle foglie di limone 86SANCHEZ 18,60 GARZANTI

2. La mappa del destino 74COOPER 19,60 NORD

3. Nemesi 35ROTH 19,00 EINAUDI

4. India mon amour 33LAPIERRE 16,50 IL SAGGIATORE

5. LaGenesi. Ildiariodelvampiro 25SMITH 12,90 NEWTON COMPTON

6. La stella di Strindberg 24WALLENTIN 19,00 MARSILIO

7. La caduta dei giganti 22FOLLETT 25,00 MONDADORI

8. Io confesso 21GRISHAM 20,00 MONDADORI

9. I diari dell’angelo custode 18JESS-COOKE 18,60 LONGANESI

10.Morto in famiglia 18HARRIS 15,90 DELOS BOOKS

I PRIMI DIECI INDAGINE NIELSEN BOOKSCAN

60

1. Benvenuti nella mia cucina 58PARODI 14,90 VALLARDI

2. I dolori del giovane Walter 52LITTIZZETTO 18,00 MONDADORI

3. Cotto e mangiato 47PARODI 14,90 VALLARDI

4. Le ricette di Casa Clerici 31CLERICI 15,90 RIZZOLI

5. Instant English 24SLOAN 16,90 GRIBAUDO

6. Nel mezzo del casin di ... 20LASTRICO 16,00 MONDADORI

7. È facilesmettere di fumare... 18CARR 10,00 EWI

8. The secret 16BYRNE 18,60 MACRO ED.

9. Il grande saccheggio 14BEVILACQUA 16,00 LATERZA

10.L’oroscopo 2011 10FOX 10,00 CAIRO

CHE LIBRO FA... IN ANGLOAMERICA

GIOVANNA ZUCCONI

Quote rosaanche per

le recensioni

1. Le Beatrici 63BENNI 9,00 FELTRINELLI

2. Odore di chiuso 60MALVALDI 13,00 SELLERIO

3. Io e te 57AMMANITI 10,00 EINAUDI

4. L’allieva 55GAZZOLA 18,60 LONGANESI

5. La moneta di Akragas 54CAMILLERI 15,00 SKIRA

6. Malastagione 50GUCCINI; MACCHIAVELLI 18,00 MONDADORI

7. Il cimitero di Praga 50ECO 19,50 BOMPIANI

8. Appuntidi unvenditore... 38FALETTI 20,00 B.C. DALAI

9. Il divoratore 36GHINELLI 9,90 NEWTON COMPTON

10.Momentidi trascurabile felicità 35PICCOLO 12,50 EINAUDI

1. Ogni cosa alla sua stagione 100BIANCHI 17,00 EINAUDI

2. La questione morale 50DE MONTICELLI 14,00 CORTINA

3. I segreti del Vaticano 48AUGIAS 19,50 MONDADORI

4. Occidente estremo 28RAMPINI 18,00 MONDADORI

5. Sono venuto per servire 27GALLO; MAZZETTI 17,00 ALIBERTI

6. Impero 24ANGELA 21,00 MONDADORI

7. Qui non ci sono bambini 23GEVE 24,00 EINAUDI

8. Il denaro in testa 21ANDREOLI 17,50 RIZZOLI

9. Terroni 20APRILE 17,50 PIEMME

10.Luce del mondo 19BENEDETTO XVI 19,50 LIBRERIA EDITRICE VATICANA

Classifica TuttolibriSABATO 12 FEBBRAIO 2011

LA STAMPAX

4

PROSSIMAMENTE

MIRELLA APPIOTTI

Claudianaora calamita

romanzi

Page 11: Tuttolibri n. 1752 (12-02-2011)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - XI - 12/02/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/11 - Autore: MARGAL - Ora di stampa: 11/02/11 19.36

ENNIO FLAIANO

Diario notturnoAdelphi, pp. 332, € 15

«Che fortuna frequentarlo,lavorare con lui. Sentivo ilbisogno di un'autorità a cuiappoggiarmi, da cuiimparare»

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LUCIANO BIANCIARDI

Il lavoro culturaleFeltrinelli, pp. 11, € 7

«Un testo, per me inparticolare, importante. Hofrequentato Bianciardi altempo della parabolaautodistruttiva seguita alsuccesso de “La vita agra”»

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EVELYN A. WAUGH

Il caro estintoBompiani, pp. 148, € 9

«Da non sottovalutarel'ironica e crudele comicitàdi Evelyn A. Waugh, nonsolo per il “Il caro estinto”ma anche per gli altri titolimeno famosi»

Fra radio, televisione, cinema, rivista e romanzi:l’arte di raccontare il costume italiano, avendoper maestri Ennio Flaiano e Marcello Marchesi

BRUNOGAMBAROTTA

«A me piace la verità.E cerco di raccontarla sempre.Anche a costo di mentire». Inquesta dichiarazione, contenu-ta in Quando la rucola non c'era,c'è già tutto Enrico Vaime, ilsuo gusto del paradosso.

A Radio 2 ogni domenicaVaime conduce Black Out il pro-gramma più longevo (33 anni)della storia della radio e sulla 7ogni mattina commenta in di-retta i fatti del giorno. Nella sualuminosa casa romana sulla viaCassia, negli immediati dintor-ni del suo 75˚ compleanno, par-la delle sue letture, in un piro-tecnico divagare di ricordi,

aneddoti e folgoranti ritratti diprotagonisti e comprimari del-lo show business.

«Dai miei grandi maestriavevo preso furbescamentequanto di più e immediato pote-va servirmi. Avevo ancora mol-to da imparare». Lo scrive nelsuo I cretini non sono più quellidi una volta. Su quale sia il pri-mo di questi grandi maestrinon possono esserci dubbi, logridano le copertine dei suoidue ultimi libri. Su Santi, poeti,naviganti, evasori e badanti, tri-logia di memorie, il nostro auto-re è fotografato mentre leggeLo spettatore addormentato diEnnio Flaiano, che è sua voltal'autore del delizioso disegnoutilizzato per il romanzo Era or-mai domani, quasi, appena usci-to da Aliberti.

Perché Flaiano? «Ho avutola fortuna di conoscerlo, fre-quentarlo, lavorare con lui».L'ombra di Flaiano, il suo ora-ziano distacco dalle illusioni, siallungano benefiche su pagineche svelano un memorialista dirazza. «Andai da Ennio. Parla-

re con lui mi faceva sentire in-telligente. Di riflesso: l'intelli-gente era lui. Io assorbivo».Flaiano era del '10, aveva 26 an-ni più di Enrico. Marcello Mar-chesi era del '12 («l'età di miopadre») e Vaime ha lavorato alungo anche con lui, disegnan-done in più luoghi un ritratto af-fettuoso e memorabile.

Da dove nasce questo biso-gno di fare coppia con deipadri?

«Sentivo il bisogno di un'au-torità a cui appoggiarmi e dacui imparare».

Andiamo con ordine, o al-meno proviamoci. Le pri-me letture?

«Il nonno si occupava dellamia formazione leggendomibrani del Cuore che per un po'mi fecero singhiozzare. Finchési arriva all'episodio di papàCoretti che accarezza il figliocon la mano ancora calda dallastretta del re. E qui scoppiai aridere (come l'infame Franti).Fine delle letture edificanti,ero diventato grande».

Altri maestri / amici?«Un altro scrittore amico è sta-to per me Luciano Bianciardiche ho frequentato al tempodella parabola autodistruttivaseguita al successo de La vitaagra. Un testo in particolare èstato per me importante, Il la-voro culturale, mentre, doven-done indicare uno per Flaiano,

segnalo il Diario notturno».Altri autori di riferimento?

«Dobbiamo andare nell'Ameri-ca di Mark Twain (Le avventuredi Huckleberry Finn) e in quella diJerome D. Salinger (Il giovaneHolden e soprattutto il primo deiNove racconti). Da non sottovalu-tare l'ironica e crudele comicitàdi Evelyn A. Waugh, non soloper il Il caro estinto ma anche pergli altri titoli meno famosi».

Nel suo percorso formativoche posto occupa il teatro?

«L'esperienza teatrale è stataper me fondamentale; quandoavevo sedici anni, la mia fami-

glia si trasferisce da Perugia aNapoli, al seguito di mio padre,direttore di banca e in questa cit-tà vivo un'intensa stagione dispettatore e non solo».

Dopo Perugia e Napoli qualisono state le sue altre città?

«Roma e Milano, dove vivrò per18 anni, arrivandoci come dipen-dente della Rai, dopo aver vintoun regolare concorso. Dalla Raimi dimetto, caso più unico cheraro, per affrontare il mareaperto del lavoro di autore, sen-za la rete protettiva del posto fis-so. E' un gesto così marzianoche per farmi ricevere dal diret-

tore del personale e fargli con-trofirmare la lettera di dimissio-ni, dovrò farmi raccomandareda Giovanni Leone, allora presi-dente della Camera. Nel corsodella mia vita ho firmato in tutto15 lettere di dimissioni e l'ho fat-to ogni volta che cominciavo asentirmii in gabbia».

La sua prima affermazioneda autore?

«E' stata una commedia, vinci-trice del premio Riccione. Si ga-reggiava in forma anonima e igiurati l'hanno scelta perchépensavano l'avesse scritta Lucia-no Bianciardi. Era I piedi al cal-

do, storia di un gruppo di neo as-sunti alla Rai. Fu rappresentatadue anni dopo, nel 1963, al Festi-val di Spoleto e subito censura-ta; c'era un presepio in scena e ilvescovo di Spoleto tuonò dal pul-pito contro la profanazione».

Da allora ha firmato un nu-mero impressionante di lavo-ri, per la radio, la tv, il cine-ma, la rivista. Come faceva afar passare le sue proposte?

«Gli impresari non amano le no-vità, vogliono andare sul sicuro.Prendi Garinei & Giovannini, co-piatori eccelsi. Raccontavo lamia trama e per farla approvaredicevo che l'avevo vista in teatroin Inghilterra. Loro sospirava-no: eh, gli inglesi... E la propostapassava. Quante ne ho vendutedi commedie inglesi! Era peggioquando il produttore ti convoca-va ed esordiva dicendo: "Ho un'idea!". Remigio Paone mi propo-se di sviluppare un sua idea ori-ginale, la storia di un marzianoche sbarca in Italia e dopo unpo', scontata la novità, non se lofila più nessuno. Ma è il Marzia-no a Roma di Ennio Flaiano, glidissi. Era appena andato in sce-na, con un esito disastroso, pe-raltro. Paone non si scompose:ma il nostro marziano lo faccia-mo sbarcare a Napoli, è tutta un'altra storia».

E con la televisione?«I dirigenti della Rai si dimostra-vano interessati alle proposte in-novative, persino entusiasti. All'approvazione seguiva un sospi-ro... un magari... e la frase finale:purtroppo abbiamo le mani lega-te. Avresti voluto chiedere: lega-

te da chi? O incitarli: slegale unabuona volta queste mani! Neglianni '80 per quattro anni ho avu-to un munifico contratto con lereti antagoniste della Rai e lì lamusica era diversa. Facevi unaproposta al gran capo, non finividi esporla e lui: facciamola. Ber-lusconi era un produttore televi-sivo bravissimo. Poi ha preso un'altra strada. Ripeteva spesso:"Ci vorrebbe qualcuno che sa-pesse consigliarmi. Io di politicanon capisco niente". Era vero».

Poi arriva il desiderio di faredei libri. Dopo il lavoro inéquipe e su commissione,cos'è per l'esercizio solitariodella scrittura?

«E' un modo di spurgare la me-moria e i pensieri, come le lu-mache nella segatura».

Dopo la trilogia delle memo-rie, approda al romanzo.Con un titolo, scusi la sinceri-tà, impossibile da ricordare:«Era ormai domani, quasi».

«Il titolo originario era un altro,era Sembra ieri, ma l'aveva giàpreso De Crescenzo. A mia par-ziale discolpa va detto che è unromanzo breve».

Un vero romanzo di forma-zione, la storia di un ragazzodi quattordici anni che inuna notte d'agosto di tantianni fa vede in faccia per laprima volta la morte e l'origi-ne del mondo, come la chia-mò Courbet in un quadroscandaloso e che lei chiamala passera.

«Sì, ma non è un giallo. Io dete-sto il giallismo che ritorna».

Certifico che non è e non po-trebbe mai essere scambiatoper un giallo, anche se iniziacon il suicidio di un uomoche, dimenticandosi di pesa-re 150 chili, prova ad impic-carsi. A Perugia, mentre inquella stessa domenica 26agosto 1950 a Torino CesarePavese si toglie la vita. E' unacoincidenza voluta?

«No, è frutto del caso. O dell'in-conscio».

E’ lei quel ragazzo di Perugiache nel 1950 ha quattordicianni?

«No, anche se questa è una sto-ria vera. Lalla, la ragazza dagliocchi verdi, l'ho rivista recente-mente. E' una vecchia, ma congli occhi verdi, una cosa che un

italiano non si può permettere».Approfitto della sua arrende-volezza e le faccio la madredi tutte le domande: «Cosapensa della satira oggi?»

«Quante ore ho per risponde-re?».

Cinque secondi«Di solito, alla parola satira siestraggono le pistole. Lei è for-tunato, io non ce l'ho»

Non vorrà cavarsela con unabattuta...

«La satira oggi va come tutto ilresto, cioè male. Ma chiedia-moci: se oggi la satira, nono-stante tutto il resto, andassebene, come ci sentiremmo?Delle merde».Al momento del congedo arrivaJosé, un cane affettuosissimo,arrivato in casa Vaime nel gior-no in cui l'Inter ha vinto la terzacoppa della stagione. Mi lecca emi bacia, incurante del fatto chesono un tifoso del Torino.

I PREFERITI

««Ho firmato in tutto15 lettere di dimissionie l'ho fatto ogni voltache cominciavoa sentirmi in gabbia»

Ilsi

gno

rV

arie

«Sono stato amicodi Bianciardi: vinsiil premio Riccionecon una commedia chesi pensava fosse sua»

“Dico la verità:cala la satira,vola la passera”

«Ho lavorato ancheper Berlusconi,bravissimo a produrreprogrammi tv,ignorante di politica»

«Il nonno mi leggeva“Cuore”: a un certopunto scoppiaia ridere, erodiventato grande»

Diario di lettura TuttolibriSABATO 12 FEBBRAIO 2011

LA STAMPA XI

La vita. Enrico Vaime è nato a Perugia nel 1936. Scrittore, autore televisivo,radiofonico, teatrale, spesso in coppia con Terzoli. Laureato in Giurisprudenza,

entrò in Rai nel 1960. Ha collaborato alla stesura di programmi come «Quellidella domenica» e «Canzonissima». Numerosi i musical realizzati per la coppia

Garinei e Giovannini. Conduce dal 1980 il programma radiofonico «Black Out».

Le opere. E’ appena uscito «Era ormai domani, quasi» (Aliberti, pp. 106, € 11).

Per lo stesso editore: «Santi, poeti, naviganti, evasori, badanti», «Anche a costo dimentire», «Quando la rucola non c’era», «I cretini non sono più quelli di una volta».

Enrico Vaime