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TUTTI I SEGRETI SUL FOREX:

COME GUADAGNARE NEL

MERCATO VALUTARIO

Torti Matteo

Non vi proponiamo un metodo per guadagnare 5.000 euro in una settimana, ma delle informazioni dirette, precise ed utili per operare, con profitto, nel medio-lungo periodo

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INDICE

INTRODUZIONE

1. Uno sguardo sul Forex

2. Un glossario sul Forex

3. Come analizzare il mercato: analisi tecnica vs.

analisi fondamentale

4. L’analisi grafica: come osservare il prezzo

5. Indicatori ed oscillatori: tutte le possibili strategie

6. Il money management

7. La price action daily

CONCLUSIONI

NOTE SULL’AUTORE

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INTRODUZIONEIl Forex. Nel corso degli ultimi tre anni, su Internet, si sono moltiplicati i blog ed i libri che

propongono strategie in grado di generare guadagni ingenti in pochissime settimane. Sono tutte delle falsità. Non ci credete? Provate, meglio con un conto demo, quanto vi propongono e scoprirete, in pochi giorni di operatività, che le regole che vi hanno elencato non si traducono in un effettivo guadagno.

Il motivo? In pochi conoscono davvero il mercato del Forex e, tra questi, ancor meno sono gli

autori veramente appassionati alle valute ed alla loro negoziazione. Questi ultimi due aspetti, almeno secondo me, fanno la differenza. Un conto è spiegare, con pressappochismo, una disciplina ed un altro conto, invece, è unire conoscenza ed esperienza per dare, al lettore, uno sguardo di insieme su ciò di cui si sta parlando. Ed è stato questo pressappochismo ad

infondere in coloro che si sono avvicinati a questa disciplina l’idea che i traders, generalmente, sono persone che fanno un lavoro molto semplice, ripetitivo e dalle facili gratificazioni.

Per esperienza personale, vi dico che non è affatto così. Il trading, nelle valute così come in qualsiasi altro strumento finanziario, è un lavoro. E’ un lavoro che, per prima cosa, deve essere appreso e, per far questo, è necessaria passione, motivazione e disponibilità a

mettersi in gioco. E’ un lavoro che necessita di pianificazione, strutturazione e programmazione. E’ un lavoro che necessita di fatica, di impegno, di serenità mentale e di sicurezza interiore. E’, quindi, un lavoro e, come tale, deve essere preso. Solo chi non fallirà il primo approccio potrà avere successo in questo mercato ed averlo nel medio-lungo termine,

vero nostro obiettivo.

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“Chi entra in contatto con il Forex non puòpensare di guadagnare 5.000 euro in pochi giorni. Il Forex è un lavoro e come tale deve essere svolto: passione, conoscenza, dedizione, studio, pianificazione edimpegno sonofondamentali”

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1. Uno sguardo sul Forex

1.1 – Le origini del Forex

1.2 – La struttura del Forex

1.3 – Vantaggi e svantaggi del Forex

1.4 – Cross valutari e correlazioni

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1.1 – Le origini del Forex

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Prima di addentrarci nel fantastico mondo del Forex (letteralmente FOReign EXchange o FX)

ritengo opportuno delineare quelle che sono le sue caratteristiche principali partendo dalla storia. Come ha avuto origine il mercato valutario? Anche se a molti potrà sembrare strano, la compravendita di valute ha origini molto antiche; già nel basso Medioevo, infatti, si poteva trovare un numero notevole di Comuni liberi, di imperatori, di vescovi e di grandi aristocratici

che si arrogarono il diritto di battere moneta. Seppur in uno sviluppo ancora tutto da definire, questi soggetti possiamo vederli oggi come i primi forex broker. Già allora, quindi, trovavamo una moltitudine di monete che potevano essere scambiate, con alcune che avevano un carattere dominante su altre: il Fiorino allora, il dollaro americano oggi.

Venendo ai giorni nostri, lo sviluppo del mercato Forex ha avuto una data fondamentale nel

1875, quando il modello monetario venne agganciato all'oro. Verso la fine del diciannovesimo secolo, quindi, si diede origine al "gold exchange" che prevedeva la valutazione in oro e la misura in once. La differenza di prezzo di una oncia d'oro tra due valute diverse era il tasso di cambio per queste due valute.

Una seconda svolta nella storia del Forex la si può ricondurre al 1944, quando vennero definiti gli accordi di Bretton Woods. Il dollaro americano, data l'importanza degli Usa nella ed alla

fine della Seconda Guerra Mondiale, divenne la valuta di riferimento per gli scambi a livello globale e si diede origine ad un sistema di tassi fissi di conversione tra la divisa americana e le altre valute.

“Il FOReign EXchange affonda le sue radici addirittura nel Medioevo, ma ha avuto una dirompente sviluppo a partire dal 1875 con l’introduzione del “gold exchange” e con gli accordi di Bretton Woods che ancorarono le valute al dollaro americano, la divisa più importante a livello globale”

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Due decenni più tardi fu già ora di modificare parte del sistema monetario; il sistema dei

cambi fissi non era più attuale e, nel 1971, gli accordi di Bretton Woods furono abbandonati, ponendo le basi per la nascita del vero mercato valutario fondato su un sistema di cambi flessibili. Ciò avvenne nel 1973: da qui in avanti le valute furono lasciate libere di fluttuare.

L'avvento dei computer ed il costante progresso tecnologico degli anni seguenti fece il resto: il mercato valutario raggiunse, in pochi anni, dimensioni globali sia a livello di volumi di scambio

sia a livello di attori coinvolti. Londra, da lì a poco, divenne il centro del mercato grazie alla sua collocazione geografica ed all'interconnessione tra i tre principali continenti: Asia, Europa e Stati Uniti.

Con gli anni 2000 il Forex si è aperto anche ai soggetti privati, che hanno iniziato ad interessarsi con maggiore enfasi e sicurezza alla compravendita di valute riuscendo ad ottenere, in alcuni casi, ottimi risultati. Nonostante il Forex possa essere visto, oggi, come un

mercato pienamente sviluppato, sono in molti a credere che molte potenzialità, di fatto, non siano ancora emerse e che, quindi, sia lecito attendersi un'ulteriore evoluzione da qui ai prossimi dieci anni.

“L’introduzione dei cambi flessibili del 1971 fu l’evento in assoluto più importante della storia del Forex: valute lasciate libere di fluttuare e Londra centro dell’intero mercato. Il progresso tecnologico degli anni novanta fece il resto”

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1.2 – La struttura del Forex

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"Il foreign exchange market avrà duplicato la sua dimensione l'anno prossimo, in soli tre anni,

grazie ad un incremento della partecipazione da parte dei gestori di fondi e dei fondi pensione, è quanto sostenuto da una ricerca uscita lunedì. TowerGroup, una società di consulenza e ricerca finanziaria, dice di attendersi che i volumi totali giornalieri sul foreign exchange market eccedano i 3.000 miliardi di dollari nel 2007. I volumi del foreign market,

cresciuti dai 1.770 miliardi di dollari del 2004 ai 2.000 miliardi l'anno scorso, erano destinati a crescere fino a 2.600 miliardi di dollari quest'anno e fino a 3.600 miliardi di dollari l'anno prossimo, per via dell'accettazione del mercato valutario come un asset class a tutti gli effetti, nelle parole della TowerGroup. Negli ultimi anni il trading sul forex è diventato molto popolare

tra gli investitori privati. La popolarità del forex trading è stata trainata soprattutto dalla possibilità dell'utilizzo della leva e dalla opportunità di sfruttare il mercato in ambo le direzioni. Molti dei maggiori broker offriranno conti di prova gratuiti ai principianti per fare pratica di trading. È importante conoscere gli strumenti finanziari offerti dai Broker FX e sapere che è

sempre presente una possibilità di perdita. È necessario individuare il livello di rischio che si intende correre". Peter Garnham, il 9 ottobre del 2006, si esprimeva così sul sito del Financial Times parlando del mercato del Forex.

Da questa emblematica descrizione si può facilmente comprendere l'importanza del Forex, mercato dove le transazioni giornaliere ammontano a, circa, 4 trilioni di dollari di controvalore.

E' questa una cifra immensa, superiore a quella di qualsiasi altro mercato finanziario. Il Forex, poi, è un mercato fondamentale per l'intera economia globale visto che, oltre a consentire a speculatori e traders di ottenere profitti, è la base per il commercio internazionale.

“I numeri del Forex sono spaventosi: circa 4 trilioni di dollari di controvalore quotidiano scambiato ed uno sviluppo che, negli ultimi anni, è stato a livello esponenziale. Ecco a voi il Forex, il mercato fondamentale per l’intera economia globale”

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Volete un esempio? Pensate di recarvi negli Stati Uniti e, quindi, di dover cambiare i vostri

euro in dollari americani. Avete utilizzato, per fini non di profitto, il Forex. Pensate di essere un'azienda e di importare/esportare il vostro prodotto in altri Paesi del mondo. State utilizzando, per fini non di profitto, il Forex. Da questi due semplici esempi potete immaginare l'importanza che ha avuto la globalizzazione nello sviluppo del commercio di valute. Senza il

Forex non potremmo fare nulla.

Le transazioni possibili sul mercato del Forex possono essere classificate sulla base dell'orizzonte temporale relativo e sulla base della direzionalità; nel primo caso possiamo distinguere in operazioni a brevissimo termine (è lo scalping, prevede l'apertura di un numero notevole di operazioni che durano, generalmente, pochi minuti e che sfruttano, grazie

all'effetto leva, piccole oscillazioni dei prezzi), a breve termine (durano da qualche ora a massimo un giorno e riguardano, prevalentemente, investitori privati), a medio termine (durano qualche settimana) ed a lungo termine (possono durare anche dei mesi e sono, solitamente, operazioni di copertura messe in atto da coloro che vogliono assicurarsi contro il

rischio di cambio). Nella seconda classificazione, invece, possiamo distinguere le operazioni long (si punta a guadagnare dall'apprezzamento di una certa valuta rispetto ad un'altra) ed operazioni short (dove il guadagno deriva dal potenziale deprezzamento di una valuta rispetto all'altra).

Per chiudere questo paragrafo, quindi, non ci resta che fare un esempio. Abbiamo già detto che nel mercato del Forex si scambiano coppie di valute. La più scambiata è l'euro/dollaro

(EUR/USD).

“Privati che si recano all’estero, aziende che fanno import/export: senza il Forex non potremmo fare nulla. Le transazioni possono essere distinte per orizzonte temporale e per direzionalità”

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La valuta che si trova a sinistra del rapporto (al numeratore) viene chiamata valuta base e le

viene assegnato, simbolicamente, il valore di 1. La quotazione di questa coppia, quindi, ci dice quanti dollari americani sono necessari per comprare un euro.

Se la quotazione è 1,3050 vuol dire che sono necessari 1,3050 dollari americani per acquistare 1 euro. Se il rapporto tra queste due valute sale a 1,3150 vuol dire che l'euro si èapprezzato: ora per acquistarne uno servono 1,3150 dollari e non più 1,3050. Se il rapporto

tra queste due valute scende a 1,2900, allora l'euro si è deprezzato nei confronti del dollaro visto che, ora, per acquistare un euro servono 1,2900 dollari e non più 1,3050.

“La valuta che si trova al numeratore èchiamata valuta base: ci dice quanti dollari sono necessari per comprare un euro”

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1.3 – Vantaggi e svantaggi del Forex

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Dopo aver definito una panoramica generale del mercato del Forex addentriamoci

nell'analizzare quelli che sono i vantaggi e gli svantaggi di questo mercato che, sempre di più, riesce ad attirare verso di sé appassionati di finanza, piccoli investitori, lavoratori desiderosi di avere un secondo introito e studenti universitari. Partiamo dai vantaggi:

�Il Forex è un mercato OTC (Over The Counter): non ha una sede fisica al contrario di quanto avviene per le Borse Valori, come Piazza Affari a Milano. Non c'è nessun soggetto,

quindi, che può influenzare nel medio periodo l'andamento e l'oscillazione delle valute;

�Alla base c'è un importante sistema di vigilanza che garantisce ai traders di operare in un

mercato controllato, protetto e vigilato. Questo ruolo, in Italia, fino a pochi anni fa era svolto dall'Ufficio Italiano Cambi (UCI), ma poi è stato inglobato tra le funzioni della Banca d'Italia;

�Il Forex è un mercato sempre aperto: è un mercato internazionale e, per ragioni di fuso orario, è aperto 24 ore su 24 per 5 giorni a settimana. L'inizio è fissato per le 23.00 (ora italiana) della domenica e la chiusura è fissata per le 23.00 (ora italiana) del venerdì

seguente. La possibilità di ottenere guadagni c'è, quindi, sempre sia di giorno che di notte;

�Il Forex, come detto nel paragrafo precedente, è un mercato estremamente liquido e, per

questa sua caratteristica, c'è sempre la possibilità di contrattazione. Chi vuole comprare puòfarlo in qualunque momento, così come chi vuole vendere può farlo in qualsiasi istante perchéc'è sempre qualcuno, privato, commerciale o istituzionale, disposto a contrattare;

�Il Forex prevede l'effetto leva: anche avendo a disposizione 1.000 euro di saldo iniziale, èpossibile operare come se si avessero a disposizione 100.000 euro (con una leva 100).

“Il Forex non ha sedi fisiche, non può essere influenzato da nessuno, è aperto 24 ore al giorno per 5 giorni alla settimana, è un mercato estremamente liquido e prevede l’effetto leva”

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Identificare degli svantaggi nel mercato del Forex non è affatto semplice; più che veri e propri

punti di debolezza, quindi, vi forniamo di seguito delle raccomandazioni che è bene sapere prima di iniziare a fare trading nel mercato valutario:

�L'effetto leva, oltre che fungere da moltiplicatore di guadagni, può fungere anche da moltiplicatore di perdite;

�Il Forex non è un gioco: chi opera con soldi veri deve farlo consapevolmente e responsabilmente. Qui non si tratta di azzeccare se una coppia valutaria salirà o scenderà in base alle nostre idee. Alla base ci deve essere studio, disciplina, passione, impegno e voglia

di imparare.

La varietà di fattori che influenzano i tassi di cambio sono notevoli e, per chi trada le notizie, non è sempre facile "stare al passo con i tempi"; ecco perché, nel nostro e-book, vi offriremo un metodo molto semplice ed intuitivo per ottenere profitti senza tradare notizie o rumors.

“Identificare degli svantaggi nel Forex non è facile; importante, però, èprestare attenzione alle potenziali perdite generate dall’effetto leva e tenere presente che fare trading nel mercato valutario è un lavoro e come tale deve essere considerato”

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1.4 – Cross valutari e correlazioni

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Anticamente, se qualcuno avesse voluto cambiare la propria moneta in altre divise, doveva

prima attuare la conversione della stessa in dollari Usa e, solo dopo questo passaggio, convertire i dollari americani così risultanti nella moneta che desiderava. Oggi, fortunatamente, non è più così. Questa modifica è dovuta all'introduzione dei Currency Crosses, letteralmente incroci valutari.

I cross valutari presentano le maggiori opportunità di trading e, quindi, di guadagno; sul

mercato valutario oltre il 90% delle transazioni ha come oggetto il dollaro Usa. Il motivo? Il dollaro Usa, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, è diventato la divisa più importante a livello globale superando il primato che, nei secoli precedenti, era della sterlina inglese; non finisce qui, visto che una grande parte dei prodotti dell'agricoltura e di quelli industriali (oro,

petrolio, argento) sono quotati in dollari e, quindi, se una nazione ha bisogno di acquistarli deve, prima di tutto, convertire la propria valuta in dollari. Proprio per superare il problema del rischio di cambio, le nazioni che devono importare prodotti quotati in dollari tengono, come riserva, una quantità notevole di "biglietti verdi". La Cina, ad esempio, ha accantonato scorte

di dollari americani per oltre mille miliardi.

Da queste prime righe possiamo comprendere facilmente l'importanza che il dollaro

americano ha sull'intero mercato valutario; e questo è testimoniato anche dai dati: le major scambiate sono GBP/USD (sterlina britannica/dollaro americano), EUR/USD (euro/dollaro americano), USD/CHF (dollaro americano/franco svizzero), USD/JPY (dollaro americano/yen giapponese), AUD/USD (dollaro australiano/dollaro americano), NZD/USD (dollaro

neozelandese/dollaro americano) e USD/CAD (dollaro americano/dollaro canadese).

“Il dollaro americano èla divisa di riferimento a livello globale; le major scambiate sono GBP/USD, EUR/USD, USD/CHF, USD/JPY; AUD/USD, NZD/USD e USD/CAD sono invece definite come commodity pairs”

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Tra queste, le ultime tre sono definite commodity pairs in virtù della forte quantità di materie

prime di cui dispongono i tre stati in questione, Australia, Canada e Nuova Zelanda.

All'interno delle major, le tre valute principali che seguono il dollaro per volumi scambiati sono l'euro (EUR), lo yen giapponese (JPY) e la sterlina inglese (GBP). Al fianco delle major troviamo anche le valute esotiche, che fanno riferimento alle divise dei paesi emergenti come, ad esempio, Brasile, Messico, Ungheria, Russia. Queste valute non vengono scambiate con

volumi pari alle major e, di conseguenza, il costo di transazione delle stesse è più alto in termine di spread richiesto dal broker.

In molti avranno già sentito parlare del concetto di correlazioni. All'interno del mercato del Forex conoscere questo meccanismo è di fondamentale importanza per avere, in certi casi, più profitti con un'unica "notizia". Abbiamo già detto, nell'esempio del paragrafo precedente, che il cross valutario si compone della valuta base (quella posta al numeratore) e della valuta

variabile (posta al denominatore). Prendiamo, ad esempio, il cambio GBP/USD (sterlina inglese/dollaro americano): se la divisa Usa si rafforza il tasso di cambio scende e viceversa. Molte coppie, avendo in comune la valuta base o la valuta variabile, di fatto sono caratterizzate da una correlazione matematica diretta (si muovono allo stesso modo) o

inversa (si muovono in senso contrario). Se GBP/USD tende a salire perché il dollaro americano è debole, allora è lecito attendersi che anche EUR/USD, AUD/USD e NZD/USD tendano a crescere, visto che tutte hanno in comune il dollaro a denominatore che, essendo debole, fa aumentare il rapporto. La correlazione inversa, invece, si sostanzia quando

abbiamo un cross valutario con una certa valuta posta al numeratore ed un altro con la stessa valuta precedente posta al denominatore; un esempio tipico può essere EUR/USD e USD/CHF.

“Dollaro americano, euro, yen giapponese e sterlina inglese sono le più scambiate. Non dimenticate le correlazioni: riuscirete a moltiplicare i profitti in breve tempo”

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In chiusura vi proponiamo altre due tipiche correlazioni che si sviluppano sui mercati

finanziari:

�Quando l'azionario americano sale, il dollaro americano tende a salire ed a rafforzarsi sulle altre valute dal momento che funge, in un contesto di avversione al rischio, come bene rifugio;

�Un'altra correlazione diretta è quella che emerge tra tassi di interesse dei Paesi e valute di riferimento. Un innalzamento dei tassi di interesse tende a far salire il valore della valuta di quel Paese e questo per due ragioni: alti tassi di interesse corrispondono ad un'economia in espansione e poi perché converrà comprarla visto che si potranno accumulare ingenti

interessi.

“Se l’azionario Usa sale, allora il dollaro americano sale; ma occhio ai tassi di interesse di un Paese”

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2. Un glossario sul Forex

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Analisi fondamentale: è una modalità di analisi e comprensione del mercato, generalmente

contrapposta all’analisi tecnica, che prevede lo studio approfondito dei dati economici delle singole aziende, di un Paese o dell’intera economia di un’area al fine di verificare se la quotazione corrente è corretta e, qualora così non fosse, ottenere profitti sulla base della differenza.

Analisi tecnica: fa riferimento all’insieme degli strumenti matematico-statistici-grafici che

consentono di studiare le serie storiche dei prezzi e dei volumi al fine di evidenziare potenziali punti di ingresso e di uscita dal mercato per conseguire profitti nel medio-lungo termine.

Ask: prezzo al quale un operatore è disposto a vendere un determinato quantitativo di titoli o contratti.

Bid: prezzo al quale un operatore è disposto a comprare un determinato quantitativo di titoli o contratti.

Breakout: è un tipico movimento dei prezzi che porta alla perforazione di un supporto o di una resistenza o di un canale e che dà origine ad una nuova direzionalità fino al livello storico successivo; molto spesso, a seguito di un breakout, si assiste ad un pullback (vedasi

omonima voce).

Canale: descrive un’area di oscillazione all’interno della quale il titolo in questione si muove andando a testare, ripetutamente e con precisione, la trendline superiore (resistenza) e la trendline inferiore (supporto). La violazione di una delle due “soglie”, definita breakout, spesso restituisce informazioni utili su come impostare l’operatività nel futuro prossimo.

“Analisi fondamentale, analisi tecnica, ask, bid, breakout e canale”

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Candlestick: si tratta di una rappresentazione grafica molto utilizzata nel Forex che si basa

su una sorta di candela. Questa, al contrario del grafico a linee, ci fornisce importanti informazioni circa il massimo ed il minimo raggiunto nella seduta ed il prezzo di chiusura ed apertura. Nel primo caso avremo una visione immediata sulla volatilità che ha caratterizzato il timeframe di riferimento, mentre nel secondo caso potremo vedere il trend in atto.

Correzione: solitamente dopo un deciso trend al rialzo o al ribasso, si tratta di quella fase che

porta i prezzi a correggere, a stornare parzialmente mettendo in atto, quindi, un movimento inverso rispetto a quello che ha caratterizzato il trend precedente. Nell’analisi tecnica le correzioni sono considerate fisiologiche dal momento che rappresentano un momento in cui i prezzi rallentano per prepararsi ad un nuovo balzo; importante considerare che oltre

determinati limiti non si parla più di correzione, ma di inversione vera e propria.

Divergenza: la divergenza fa riferimento alla situazione in cui il grafico dei prezzi e

l'oscillatore analizzato presentano un andamento opposto. Questo confronto sarà dunque molto utile per capire quando ci troviamo in fase rialzista o ribassista e perciò quando è il momento più adatto per piazzare un ordine sfruttando delle potenziali inversioni di tendenza. Le divergenze possono essere regolari (positive o negative) o inverse (rialzisti o ribassiste).

Effetto leva: è un meccanismo tipico presente nel mercato del Forex e nei derivati che

consente di poter operare per un capitale di cui se ne dispone solamente una parte. Generalmente i broker offrono un effetto leva di 200:1 o di 100:1, anche se sono molti a consigliare, ai privati, di operare con leve non superiori a 10:1 per evitare di incorrere in perdite eccessive.

“Candlestick, correzione, divergenza ed effetto leva”

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Gap: in analisi tecnica il gap si forma quando il valore di apertura del timeframe di riferimento

si allontana dal prezzo di chiusura del timeframe precedente creando un "vuoto" tra i due prezzi. Avremo un gap up quando l'apertura è superiore alla chiusura precedente, mentre avremo un gap down quando l'apertura sarà inferiore alla chiusura della sessione precedente. Mentre sui mercati azionari e dei futuro i gap sono frequenti, nel mercato valutario queste

configurazioni sono molto rare e, generalmente, faticano a superare i 50-100 pip di escursione.

Indicatore: si tratta di uno strumento matematico-statistico che consente di rappresentare, con una o più linee, la tendenza in atto nel prezzo. Ha maggiore validità durante le fasi di trend, ossia quando i corsi hanno movimenti direzionali. I più importanti sono le medie mobili

(soprattutto esponenziali), le Bollinger bands e l’Macd.

Intraday: tipologia di operatività che prevede l’apertura e la chiusura delle posizioni durante la

medesima seduta.

Ipercomprato: è il tipico livello che viene raggiunto negli oscillatori, stocastico e RSI su tutti, e che mostra un eccesso di acquisti che potrebbe dar luogo ad una inversione di tendenza.

Ipervenduto: è il tipico livello che viene raggiunto negli oscillatori, stocastico e RSI su tutti, e che mostra un eccesso di vendite che potrebbe dar luogo ad una inversione di tendenza.

Long: posizione in acquisto.

“Gap, indicatore, intraday, ipercomprato, ipervenduto e long”

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Momentum: è una procedura di calcolo che sta alla base della costruzione di moltissimi

oscillatori (vedasi omonima voce) e che si fonda sull’osservazione della differenza tra il prezzo attuale e quello registrato in un determinato periodo precedente. Ciò che consente di fare è di valutare la velocità e l’accelerazione del prezzo e, quindi, di ottenere importanti informazioni circa la reale forza del trend in atto.

Oscillatore: si tratta di uno strumento matematico-statistico che consente di rappresentare,

con una o più linee, la tendenza in atto nel prezzo. Ha maggiore validità durante le fasi di range, ossia quando i corsi si muovono in orizzontale ed all’interno di canali (vedasi omonima voce) predefiniti. Interessanti e da osservare sono le divergenze che si sviluppano sugli oscillatori, ma anche le zone di ipercomprato e di ipervenduto. Gli oscillatori più importanti

sono lo stocastico e l’RSI.

Pattern: si tratta di una configurazione grafica rispondente a determinate caratteristiche la cui

presenza anticipa, molto spesso, significativi movimenti di prezzo. Esempi sono le figure di inversione, di continuazione, ma anche alcuni candlestick (vedasi omonima voce).

Pip: si tratta del più piccolo movimento che il prezzo di una coppia può avere.

Position trading: applicato al trading, il positioning è quell’approccio che prevede una operatività fondata sull’apertura di operazioni in un’ottica di medio periodo che, quindi, rimarranno aperte da alcuni giorni ad alcune settimane.

“Momentum, oscillatore, pattern, pip e position trading”

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Pullback: si tratta di un’azione dei prezzi che avviene a seguito di un breakout (vedasi

omonima voce); essa si sostanzia in un tentativo di ritest della zona di supporto o di resistenza precedentemente violata. In molti casi entrare sul pullback è molto più vantaggioso e sicuro che entrare con un breakout dal momento che, in alcuni casi, possiamo avere delle false rotture. Il pullback, quindi, può essere visto come una conferma del movimento

precedente.

Range: escursione tra due livello di prezzo che, in genere, sono il minimo ed il massimo della seduta o del periodo considerato.

Resistenza: si tratta di un livello di prezzo in cui, storicamente, la forza rialzista è svanita a seguito della sua mancata violazione dal basso verso l’alto. In un trend al rialzo è una soglia molto importante per evidenziare fin dove i corsi si potranno spingere e per definire eventuali e possibili breakout.

Risk/reward: rapporto di fondamentale importanza all’interno del money management dal

momento che descrive quante unità di perdita si è disposti a contabilizzare per avere una certa quantità di unità di profitto. Più il rapporto è alto meglio è. Gli esperti consigliano di non aprire posizioni con risk/reward inferiore all’1:1. Il motivo è semplice: con un rapporto risk/reward maggiore di 1:1 potremo essere profittevoli, nel medio-lungo termine, anche con

una percentuale di operazioni chiuse in profitto inferiore al 50%.

Scalping: tecnica operativa che prevede l’apertura e la chiusura di posizioni nell’arco di pochi

minuti e per un elevato numero all’interno della stessa seduta. L’opportunità di guadagno, in questo caso, viene ricercata nelle piccole oscillazioni che ha il prezzo nel periodo di riferimento.

“Pullback, range, resistenza, risk/reward e scalping”

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Shadow: è l’ombra, ossia la parte superiore ed inferiore di una candlestick (vedasi omonima

voce) che rappresenta l’escursione del titolo sottostante, nel timeframe di riferimento, tra il massimo ed il minimo registrati.

Short: posizione di vendita. Può essere intesa sia come chiusura di un’operazione long (vedasi omonima voce), sia come apertura vera e propria di una posizione in vendita allo scoperto, di cui non si detiene effettivamente lo strumento finanziario shortato.

Stop loss: livello di prezzo che, una volta raggiunto, prevede di liquidare l’operazione contabilizzando una perdita prefissata con l’obiettivo di proteggersi da ulteriori movimenti del

mercato contrari alla direzione del proprio investimento.

Supporto: si tratta di un livello di prezzo in cui, storicamente, la forza ribassista è svanita a seguito della sua mancata violazione dall’alto verso il basso. In un trend al ribasso è una soglia molto importante per evidenziare fin dove i corsi si potranno spingere e per definire eventuali e possibili breakout.

Timeframe: unità temporale considerata nell’attività di trading o nella rappresentazione grafica dell’andamento dei prezzi. Esistono timeframe mensili, settimanali, giornalieri, a 4, 2

ed un’ora, ma anche a 30, 15 e 5 minuti.

Trading System: sistema computerizzato in grado di generare segnali di acquisto e di vendita sulla base di un insieme di regole e formule matematiche precedentemente individuate ed inserite.

“Shadow, short, stop loss, supporto, timeframe e trading System”

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Trendline: si tratta di una linea di tendenza che definisce la tendenza di fondo del grafico dei

prezzi; per la sua costruzione è necessario congiungere almeno due punti. Possiamo avere trendline rialziste, che saranno costruite su minimi crescenti e che avranno luogo in up-trend e trendline ribassiste, che saranno costruite su massimi decrescenti e che avranno luogo in down-trend.

Take profit: livello di prezzo che, una volta raggiunto, prevede di chiudere l’operazione

contabilizzando un profitto prefissato con l’obiettivo di proteggersi da movimenti contrari o di ritracciamento che potrebbero erodere, in parte, il guadagno conseguito in precedenza.

Valuta di base: la moneta posta al numeratore all’interno di un cross valutario.

“Trendline e take profit”

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3. Come analizzare il mercato: analisi tecnica vs. analisi fondamentale

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3.1 – L’efficienza nel mercato

3.2 – L’analisi tecnica

3.3 – L’analisi fondamentale

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3.1 – L’efficienza nel mercato

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Prima di addentrarci nell’interessante e variegato mondo dell’analisi tecnica ci sembra

doveroso, essendo lo scopo di questo e-book anche formativo, fare una parentesi sull’efficienza nel mercato.

I mercati sono efficienti? L’efficienza nei mercati finanziari è davvero una condizione realizzabile e desiderabile? I prezzi espressi dalle quotazioni azionarie sono effettivamente rappresentativi del valore reale dello strumento finanziario in questione? Queste sono solo

alcune delle più significative domande sulle quali, il mondo accademico da una parte e quello pratico dall’altra, stanno cercando di dare risposte negli ultimi decenni.

La questione non sembra di facile risoluzione visto che il concetto di efficienza, per sua natura generico, può essere scomposto in efficienza informativa, valutativa, di assicurazione, funzionale e tecnico-operativa. Ad ogni modo, una più che completa definizione di efficienza può essere quella proposta da Fama: si può considerare efficiente un mercato in cui i prezzi

rispecchiano sempre e pienamente tutte le informazioni disponibili.

La domanda, a questo punto, viene da sé: il mercato finanziario è efficiente secondo la definizione sopra proposta? L’esperienza ci insegna che un mercato molto difficilmente è del tutto efficiente o del tutto inefficiente. Infatti non è possibile affermare, in positivo o in negativo, che il prezzo sia contestualmente in grado di scontare informazioni di natura storica, di

informazioni pubbliche e di informazioni private accessibili solamente agli insiders.

“I mercati sono efficienti? I prezzi espressi dalle quotazioni azionarie sono effettivamente rappresentativi del valore reale dello strumento finanziario in Questione? L’esperienza ci insegna che un mercato molto difficilmente è del tutto efficiente o del tutto inefficiente”

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Sulla base di queste considerazioni, quindi, noi possiamo individuare tre livelli di efficienza:

�Efficienza debole (weak form): i titoli riflettono solo e soltanto le informazioni di natura

storica, riguardanti la serie storica dei prezzi e dei volumi;

�Efficienza semi-forte (semi-strong form): implica quella debole, ma prevede anche che i

prezzi riflettano tutte le informazioni di pubblico dominio;

�Efficienza forte (strong form): implica le due precedenti, ma prevede che i prezzi riflettano tutte le informazioni private e di natura riservata.

In un contesto di questo tipo, oltre alla tipologia di efficienza caratterizzante un certo mercato, è importante ed interessante andare ad analizzare la rapidità con la quale si innesca e viene portato a compimento il processo di aggiustamento dei prezzi. Perché è evidente che questi due aspetti andranno ad influenzare l’analisi finanziaria, intensa come l’insieme di tutte le

attività finalizzate a determinare il rendimento atteso ed il livello di rischio di un titolo (o di un portafoglio di titoli).

“Oltre alla tipologia di efficienza presente sul mercato è importante, per realizzare una corretta analisi finanziaria, definire la rapidità con cui avviene il processo di aggiustamento dei prezzi”

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3.2 – L’analisi tecnica

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Abbiamo concluso il paragrafo precedente affermando che la tipologia di efficienza presente

su un mercato e la rapidità con cui avviene il processo di aggiustamento dei prezzi influenzano, notevolmente, l’analisi finanziaria dello stesso. Un secondo punto di partenza èquello di classificare l’analisi finanziaria in due grandi macro aree: analisi tecnica ed analisi fondamentale. A questo punto non ci resta che chiedersi: che tipologia di efficienza

presuppone l’analisi tecnica? E che tipo di efficienza richiede l’analisi fondamentale? In questo paragrafo risponderemo alla prima domanda, nel seguente alla seconda.

L’analisi tecnica, così come definita da Murphy, è lo studio dell’azione del mercato – dove per azione di mercato si intende la dinamica dei prezzi e dei volumi – attraverso l’utilizzo di grafici, con lo scopo di determinare le tendenze future del prezzo. Da qui si comprende facilmente

come l’essenza dell’analisi tecnica sia quella di esaminare continuamente le attività finanziarie al fine di individuare quelle tendenze al rialzo o al ribasso che sono fatte registrare dai titoli in questione, per scovare dei possibili punti di inversione e, sulla base di ciò, formulare le proprie strategie di investimento in termini di acquisto (buy) o di vendita allo scoperto (sell).

Se i fautori dell’analisi fondamentale, come vedremo nel prossimo paragrafo, studiano le singole aziende (o i singoli Paesi) al fine di determinare il valore intrinseco dei titoli azionari e

verificare una loro, eventuale, sotto o sopra valutazione, gli analisti tecnici prescindono dall’esame dell’oggetto scambiato e dalle dinamiche attese al processo di formazione dei prezzi, occupandosi solo e soltanto dell’andamento dei prezzi stessi e dei volumi scambiati.

“L’analisi tecnica, cosìcome definita da Murphy, è lo studio dell’azione del mercato – dove per azione di mercato si intende la dinamica dei prezzi e dei volumi – attraverso l’utilizzo di grafici, con lo scopo di determinare le tendenze future del prezzo. Che differenza c’è tra analisi tecnici ed analisti fondamentali?”

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Le origini dell’analisi tecnica devono essere fatte risalire agli inizi del 1900, quando Charles

Henry Dow pubblicò nel suo Wall Street Journal, alcuni articoli con lo scopo di analizzare e spiegare il fenomeno della ciclicità dell’andamento dei prezzi di Borsa evidenziando, con stupore dei più, la sistematicità e la ripetitività che caratterizzava l’andamento dei prezzi nel tempo. Ci sono voluti, però, quasi cent’anni per capire l’importanza e le solide basi su cui si

fonda l’analisi tecnica e per far evolvere e diffondere questa area dell’analisi finanziaria; l’ulteriore spinta all’evoluzione dell’analisi tecnica è arrivata dalla tecnologia, che ha permesso ai numerosi trader di poter sfruttare la maggiore potenza di calcolo degli elaboratori per avere indicatori ed oscillatori sempre più aggiornati e sempre più precisi. I presupposti su cui si

fonda l’analisi tecnica sono tre:

�L’azione del mercato sconta ogni cosa: l’analista tecnico compie le sue valutazioni e realizza le sue analisi nella convinzione che il mercato sia perfettamente efficiente, pertanto appare evidente che sarà più interessato agli effetti che alle cause delle movimentazioni dei prezzi. In questo contesto per guadagnare è necessario “cavalcare” le fasi direzionali ed

evitare di andare contro trend;

�I prezzi si muovono all’interno dei trend: lo scopo dell’analista tecnico è quello di

individuare i trend nella loro fase embrionale ed entrare a mercato per sfruttare questo movimento direzionale. Il quadro è favorito da una semplice affermazione: quando un trend èin movimento, è più probabile che esso continui piuttosto che inverta la propria azione;

�La storia ripete se stessa: lo studio del prezzo e delle sue dinamiche può essere realizzato solo partendo da quanto successo nel passato e, quindi, dalle serie storiche e dall’esperienza.

“Introdotta agli inizi del 1900, l’analisi tecnica èstata riscoperta solo negli ultimi due o tre lustri. Importante, a tal proposito, l’avvento tecnologico. Vediamo i presupposti su cui si fonda”

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Non ci resta che chiudere l’introduzione sull’analisi tecnica andando a menzionare il suo

legame con l’efficienza dei mercati finanziari. Essendo l’analisi tecnica basata sullo studio delle dinamiche di serie storiche di prezzi e volumi, un mercato efficiente in forma debole la porterebbe ad essere inefficace e, quindi, a non produrre rendimenti extra rispetto a quelli “normali”. Sulla base di questa ipotesi, quindi, è possibile derivare che l’analisi tecnica sarà in

grado di condurre gli investitori al successo soltanto in ipotesi di completa inefficienza del mercato finanziario.

“L’analisi tecnica è in grado di generare rendimenti extra solamente in un contesto di completa inefficienza. Se un mercato è efficiente in forma debole, l’analisi tecnica fallisce”

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3.3 – L’analisi fondamentale

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Dopo aver parlato dell’analisi tecnica, vero punto cardine di questo e-book, trattiamo anche

l’argomento dell’analisi fondamentale al fine di avere un quadro più completo delle tipologie di materie con cui è possibile analizzare il mercato. Il processo di analisi di un qualsiasi strumento finanziario è volto a raggiungere un unico obiettivo: determinare il valore dell’attivitàin esame. Solamente la conoscenza di questo aspetto consente al fondamentalista di

prendere scelte soddisfacenti sotto il profilo della redditività, della rischiosità e, quindi, e della crescita del capitale investito.

L’analisi fondamentale fonda le proprie radici sul presupposto che il valore reale dei titoli rappresentativi di quote sociali, tipicamente le azioni, sia funzione dell’andamento economico-finanziario dell’azienda a cui gli stessi titoli si riferiscono e, quindi, esprima le capacità

dell’azienda stessa di generare flussi di reddito e di cassa nel futuro. In questo contesto, l’obiettivo dell’analista fondamentale è quello di andare a determinare il reale valore intrinseco dell’azione che scaturisce da un’analisi storica e futura dell’azienda da un punto di vista economico, finanziario e patrimoniale.

Da ciò si possono derivare due semplici regole:

�Se il valore intrinseco del titolo in oggetto è maggiore del prezzo di mercato, il titolo saràsottovalutato e, quindi, sarà conveniente acquistarlo;

�Se il valore intrinseco del titolo in oggetto è minore del prezzo di mercato, il titolo saràsopravvalutato e, quindi, sarà conveniente venderlo.

“L’obiettivo dell’analisi fondamentale è quello di individuare una eventuale differenza tra valore reale intrinseco del titolo e quotazione effettiva dello stesso sul mercato”

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L’approccio, però, non è così semplice come si potrebbe evincere dalle righe precedenti.

L’analista fondamentale, nel determinare il reale valore intrinseco del titolo in questione deve tenere presente molti aspetti che, di fatto, si possono classificare in tre grandi analisi:

�Analisi a livello macro economico: per comprendere le potenzialità di un titolo bisogna, innanzitutto, indagare lo stato di salute generale dell’economia in cui lo stesso è inserito, per cercare di individuare come certe variabili potranno influenzarne l’andamento. Bisognerà

focalizzare l’attenzione sulle politiche monetarie di un Paese, senza trascurare quella fiscale, il saldo della bilancia dei pagamenti, la domanda aggregata, eventuali programmi di contenimento del debito pubblico, il tasso di inflazione, ma anche il Pil, il tasso di disoccupazione, il livello dei redditi e del risparmio e la dinamica salariale;

�Analisi a livello settoriale: qui si tratta di compiere un’analisi ad un livello intermedio tra l’economia in generale e la singola impresa. E’ necessario, quindi, individuare la fase di un

settore (espansione, recessione, stagnazione) e ricercare informazioni coerenti sotto il profilo della struttura competitiva del settore e del suo ciclo di vita attraverso, ad esempio, il modello delle cinque forze competitive di Porter (concorrenza interna, potenziali entranti, prodotti sostitutivi, potere contrattuale dei clienti e potere contrattuale dei fornitori);

�Analisi a livello di singola impresa: dopo aver determinato le dinamiche poste “sopra” la

singola impresa, bisogna entrare nello specifico definendo le potenzialità attuali e future dell’azienda individuata. Lo strumento basilare, in questo contesto, è rappresentato dai bilanci e dai principali documenti che lo compongono. Una volta determinato il valore intrinseco lo si confronterà con la quotazione di mercato e, attraverso le due semplici regole poco fa definite,

si prenderà la decisione di investimento collegata.

“L’approccio prevede una analisi a livello macro economico, una analisi a livello settoriale ed una analisi a livello di singola impresa. Solo dopo questa triplice prospettiva saràpossibile evidenziare il reale valore intrinseco del titolo e confrontarlo con la quotazione di mercato: sarà sotto o sopravvalutato?”

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Chiudiamo, come fatto in precedenza, evidenziando il legame tra analisi fondamentale ed

efficienza sul mercato. Così come l’analisi tecnica fallisce in un contesto di efficienza in forma debole, l’analisi fondamentale dipende dal grado di efficienza semi-forte. Il motivo è presto detto: in un mercato efficiente in forma semi-forte, l’utilizzo delle tecniche tipiche dell’analista fondamentale non trova compimento dal momento che la teoria prevede che un mercato di

questo tipo sia in grado di inglobare, simultaneamente, i dati storici su prezzi e volumi e le informazioni pubbliche e, pertanto, non prevede che vi possa essere una differenza tra quotazione di mercato e valore intrinseco del titolo. Di conseguenza, quindi, l’analisi fondamentale avrà utilità in un mercato efficiente in forma debole o, comunque, inefficiente.

“L’analisi fondamentale sarà in grado di generare rendimenti extra solo in un contesto di inefficienza o di efficienza in forma debole. Se un mercato è efficiente in forma semi-forte, l’analisi fondamentale fallisce”

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4. L’analisi grafica: come osservare il prezzo

4.1 – Le tipologie di grafici

4.2 – I principali pattern candlestick

4.3 – Linee di tendenza, resistenze e supporti

4.4 – Le figure di continuazione e di

inversione

4.5 – Breakout e pullback

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4.1 – Le tipologie di grafici

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Il Forex, così come qualsiasi altra tipologia di investimento finanziario, si deve basare su

un’analisi grafica. Importante, quindi, è cercare di capire quali sono le tipologie di grafici che possono essere utilizzati scoprendo, per ciascuno di questi, i pregi ed i difetti.

Iniziamo col dire che, generalmente, sono tre i grafici che vengono utilizzati: a linee, a barre ed a candele. A questi, poi, si aggiungono i point & figure, che però non tratteremo vista la loro non immediata lettura e la loro complessità di costruzione.

I grafici borsistici, come facilmente immaginabile, rappresentano l’essenza fondamentale per svolgere una corretta analisi tecnica dal momento che sono in grado di fornire la tendenza di

fondo dei prezzi, i massimi ed i minimi fatti registrare dallo strumento finanziario analizzato.

Innanzitutto bisogna precisare che un grafico vede la presenza di due assi che, tipicamente, rappresentano il tempo (sulla linea delle ascisse, la X) e la quotazione dello strumento finanziario in questione (sulla linea delle ordinate, la Y). Un primo aspetto da considerare, quindi, è quello di definire il dominio temporale di riferimento, ossia l’intervallo tra una

rilevazione e la successiva. Dai quotidiani finanziari e dalle apposite rubriche dei telegiornali, siamo abituati ad un dominio temporale giornaliero, dove la rilevazione viene svolta al termine della seduta. Oltre a questo, però, possiamo avere un timeframe di riferimento settimanale o mensile, ma anche intraday con grafici che vanno dai 5 minuti fino alle 8 ore.

“I grafici più utilizzati sono tre: a linee, a barre ed a candele; meno diffusi, invece, sono i point & figure. Il tempo è rappresentato sull’asse delle ascisse (X), mentre la quotazione sull’asse delle ordinate (Y)”

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Veniamo ora alla descrizione delle tipologie di grafici che possono essere utilizzati partendo

dal più semplice e, per i meno esperti, dal più diffuso. I quotidiani finanziari e le rubriche apposite dei telegiornali presentano l’andamento delle azioni o degli indici di Borsa con grafici a linee. Questo, molto banalmente, viene costruito congiungendo i valori di chiusura registrati quotidianamente. La sua semplicità ha fatto si che il line chart sia stato considerato, a lungo,

la migliore rappresentazione grafica in virtù dell’estrema sintesi in grado di fornire. Nell’esempio seguente mettiamo in evidenza il grafico a linee sul cross valutario euro/dollaro americano (EUR/USD) giornaliero.

“I grafici a linee, molto semplici e diffusi, sintetizzano i valori di chiusura nel timeframe di riferimento”

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Con lo scorrere degli anni e, soprattutto, grazie all’evoluzione tecnologica, il grafico a linee ha

però lasciato spazio ai bar chart ed al candlestick chart che, per la loro natura, sono in grado di fornire, contestualmente, molte più informazioni rispetto ai precedenti. Questa rappresentazione è formata da barre che, simultaneamente, indicano il massimo, il minimo, il prezzo di chiusura e di apertura del titolo in questione. Da qui, quindi, si evince subito la

completezza informativa che li contraddistingue: sintetizzano, in un colpo solo, l’intera giornata borsistica evidenziando la volatilità e l’andamento della seduta nel timeframe di riferimento.

La loro costruzione è relativamente semplice: si traccia una barra verticale congiungente il massimo ed il minimo nel timeframe definito e, successivamente, si definiscono due “tacche”

orizzontali che indicano il prezzo di apertura e quello di chiusura rispettivamente sul lato sinistro e sul lato destro della barra verticale.

“A differenza dei grafici a linee, quelli a barre sintetizzano prezzo di apertura, di chiusura, prezzo massimo e minimo raggiunto nel timeframe di riferimento”

BARRA RIALZISTA BARRA RIBASSISTA

CHIUSURA

CHIUSURAAPERTURA

APERTURA

MASSIMO MASSIMO

MINIMO MINIMO

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Dopo aver analizzato la costruzione di un bar chart, vediamo un esempio grafico proponendo,

come per il line chart, il cross euro/dollaro americano su timeframe daily.

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Una particolare variazione del grafico a barre è il candlestick chart; questa rappresentazione,

nata nel Giappone del 1700, sta vivendo un periodo di notevole successo tra i trader di tutto il pianeta. Con le “candele” giapponesi, infatti, si riesce a sintetizzare l’andamento e la volatilitàdella giornata borsistica; con il tempo, poi, sono state classificate alcune configurazioni di candele che vengono utilizzate in analisi tecnica per ricercare punti di ingresso e di uscita dal

mercato. Tra queste le più famose sono le “pin candle”, utilizzate soprattutto da coloro che operano seguendo la price action, di cui ci occuperemo nel capitolo conclusivo di questo e-book.

Torniamo alla formazione delle candele: queste saranno bianche (o verdi) quando la seduta di riferimento sarà rialzista e saranno nere (o rosse) quando la seduta di riferimento sarà

ribassista. Le candele giapponesi, nella loro costruzione, vedono due elementi di fondamentale importanza: il real body e le shadow. Il primo, il corpo della candela, indica la distanza tra il valore di apertura e quello di chiusura, mentre le shadow sono quelle linee verticali poste al di sopra ed al di sotto del real body e indicano il massimo ed il minimo

raggiunto.

“Al grafico a barre si aggiunge la rappresentazione con le candele giapponesi, introdotta nel 1700. Consentono di sintetizzare la volatilitàe l’andamento della seduta presa in considerazione”

CANDELA RIALZISTA CANDELA RIBASSISTA

REAL BODY

UPPER SHADOW = MASSIMO

LOWER SHADOW = MINIMO

CHIUSURA

APERTURA

APERTURA

CHIUSURA

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Dopo aver analizzato la costruzione di un candlestick chart, vediamo un esempio grafico

proponendo, come per le due precedenti tipologie, il cross euro/dollaro americano su timeframe daily.

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4.2 – I principali pattern candlestick

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Renato Di Lorenzo, esperto di Borsa, scrive in “Guadagnare in Borsa con l’analisi tecnica: le

candele giapponesi”, che un grafico è assimilabile ad una carta geografica: maggiore è il numero di informazioni che riesce a trasmettere e maggiore è la probabilità che sia utile per raggiungere gli obiettivi che ci si era prefissi disegnandola; i colori, le curve di livello, i simboli ecc. sono tutti elementi in più che trasmettono informazioni in più rispetto al solo disegno dei

contorni. Bene, le candle charts visualizzano una mappa del mercato più accurata e dettagliata di quanto facciano i diagrammi di comune utilizzo, perché i simboli che si usano sono in numero maggiore, pur rimanendo il tutto compatto e leggibile.

Nel paragrafo precedente abbiamo visto che i due elementi che compongono una candle line sono il real body (corpo della candela) e le shadow (aste al di sopra ed al di sotto del real

body).

Da qui si possono distinguere, da subito, due importanti classi di candele: le long real body,

cioè la categoria di candele giapponesi caratterizzate da un corpo centrale particolarmente lungo e pronunciato, in contrasto con quelle che vengono chiamate short real body.

“Un grafico è come unacartina geografica: maggiore è il numero di informazioni che riesce a trasmettere e maggiore è la probabilità che sia utile per raggiungere gli obiettivi che ci si era prefissi disegnandolo”

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Le prime, come è facile intuire, rappresentano un mercato in cui il flusso di domanda, o di

offerta, ha travolto ogni opposizione provocando un netto strappo, in salita o in discesa, dei prezzi. Le candele con un corpo centrale piccolo, invece, danno la sensazione di aver di fronte un mercato che non ha preso una vera e propria direzione, soprattutto se li short real body è accompagnato da pronunciate shadow. Il real body corto, però, non è sinonimo di

bassa volatilità visto che, quest’ultimo aspetto, lo si evince dalle “aste” poste al di sopra ed al di sotto del corpo della candela.

Nel tentativo di definire e rendere oggettivo cosa si intende per long real body, i giapponesi specificano che è tale quando è almeno tre volte quello della sessione precedente.

“Innanzitutto possiamo distinguere le candele con un ampio corpo e quelle che, invece, presentano un real body poco pronunciato”

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Facciamo un esempio: se troviamo una white long real body dopo un lungo trend al ribasso,

potremmo derivarne un primo segnale di inversione del trend; tanto maggiore sarà ampio il corpo centrale della candela e tanto più forte ed interessante sarà il segnale di reversal trend. Il motivo? Molto semplice: dopo un pronunciato down-trend, si è avuta una sessione dominata dai “tori”, i quali hanno avuto la meglio sugli “orsi”, fino alla sessione precedente assoluti

protagonisti del mercato in questione. Nel caso descritto poche righe sopra possiamo evidenziare un altro punto critico: essendosi formata una white long real body dopo un lungo trend al ribasso, il minimo della suddetta candela rappresenterà un’ottima area di supporto, da tenere in considerazione per l’operatività futura; supporto che potrà essere considerato, oltre

che al minimo della candela, anche alla metà del real body. In questo caso, quindi, si potrebbe pensare di inserire nella nostra trading station un ordine pendente in buy posto a metà della white long candle visto che, in una situazione del genere, i prezzi andranno a ritracciare prima di dar vita all’up-trend. Ovviamente lo stesso discorso, seppur in senso

inverso, lo si potrebbe fare anche nel caso emergesse una black long real body candle al termine di un up-trend.

Nonostante i giapponesi attribuiscano una notevole importanza alle candele con real body lungo e pronunciato, questo non vuol dire che le small real body candle non siano altrettanto efficaci ed interessanti dal punto di vista del trading. Queste, per loro natura, implicano un segnale di congestione, di indecisione del mercato, di sostanziale equilibrio e bilanciamento

tra domanda ed offerta. In questa direzione possiamo menzionare, innanzitutto, la spinning top.

“Non solo long real body: nelle candele giapponesi un’ampia considerazione ed una grande importanza la rivestono anche i pattern con short real body. Come le spinning top”

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Questa configurazione grafica si ha, a prescindere dalla lunghezza delle shadow, quando il

real body della candela in questione è corto. Il significato di questa candela è molto facile: il mercato fa fatica a proseguire il trend in atto in precedenza. I giapponesi, a tal proposito, affermano che “il mercato sta perdendo il suo respiro”.

Un’altra candela che appartiene alla classe delle small real body è la doji; di fatto con questa configurazione grafica siamo in presenza di una sessione che non presenta un vero e proprio corpo della candela; i prezzi di apertura e di chiusura, quindi, sono sostanzialmente identici e

si notano solamente le shadow, che possono essere sia corte che lunghe; è uguale.

“Passiamo alle candele giapponesi con short real body; oltre alla spinning top, èfondamentale considerare il doji, caratterizzato da prezzi di apertura e chiusura sostanzialmente identici”

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A differenza delle precedenti, il doji non ha un significato univoco e, quindi, dipende dal

contesto di mercato in cui si verifica. Molto rilevante è un doji che appare a seguito di un trend, ascendente o discendente che sia, perché con buone probabilità anticipa quella che sarà, di lì a poco, una inversione della tendenza di fondo. Ciò è ancora più vero quando il doji si verifica dopo una candela con corpo pronunciato: lo sforzo nella sessione precedente è

stato pagato e, il mercato, da lì a poco potrebbe far partire un’ampia correzione. L’importante, con il doji formato, è attendere una, due o tre sessioni per capire come si muovono i prezzi: ricordiamo che il doji non è, in automatico, un segnale di vendita (in caso di up-trend precedente) o di acquisto (in caso di down-trend precedente). Una strategia, a questo

proposito, potrebbe essere quella di combinare l’utilizzo del doji con un oscillatore: in caso di ipervenduto o di ipercomprato, concetto che andremo ad esporre nel prossimo capitolo e che abbiamo già trattato nel glossario del Forex, un doji diventa un chiaro segnale di inversione del trend in atto.

“Il significato del doji non è univoco, ma dipende dal contesto del mercato in cui si verifica. Dopo un trend ampio, però, puòanticipare una inversione di tendenza”

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Dopo aver visto le principali configurazione grafiche classificandole in base al real body

veniamo, ora, ad analizzare le shadow. Una candela che presenta upper e lower shadow lunghe viene detta high wave candle.

Una high wave candle evidenzia, in particolare, uno stallo tra tori ed orsi, i quali hanno generato una seduta volatile, ma equilibrata. Quando appare a seguito di un forte up o down trend, i giapponesi sono soliti affermare che il mercato “ha perso l’orientamento” e, quindi, non sa più dove andare. Questo, ovviamente, genera un rischio di inversione del trend, ma non

ancora un vero e proprio segnale.

“Dopo aver analizzato il real body delle candele, andiamo a definire una classificazione delle stesse sulla base delle shadows, partendodall’high wave candle”

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Altre figure molto importanti sono l’hammer, l’hanging man e la shooting star. Vediamole una

per una iniziando, come sempre, dalla loro rappresentazione grafica.

Il martello (hammer), generalmente, si viene a formare dopo un lungo trend al ribasso ed è

costituito da un real body che, preferibilmente, dovrà essere bianco (rialzista) e modesto rispetto alla dimensione della lower shadow, che invece sarà lunga ed evidente. L’upper shadow, in questo caso, non ci sarà nemmeno o, comunque, sarà irrilevante. Iniziamo a precisare che, come tutti gli altri segnali di inversione, per essere considerato tale deve avere,

innanzitutto, un qualcosa da invertire, cioè un lungo trend al ribasso.

“Veniamo ora alla differenza che sussiste tra hammer (martello), hanging man (impiccato) e shooting star (stella cadente)”

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La strategia, in questo caso, sarebbe quella di entrare in buy con ordine al di sopra del

massimo del martello e stop loss al di sotto del minimo; altri, adottando un approccio piùrischioso, tentano di migliorare il loro livello di ingresso posizionando l’ordine a metà della candela in questione. Questo secondo approccio è più rischioso per due motivi: in caso di up-trend molto forte, senza quindi un ritracciamento del 50% del precedente movimento, l’ordine

rischia di non essere triggerato; e poi, in caso di falso segnale e di prosecuzione di trend al ribasso, si rischia di veder, incautamente, triggerato l’ordine che, a breve, prenderà lo stop loss. Chiudiamo la trattazione del martello specificando che il colore del corpo non deve essere obbligatoriamente bianco al termine di un down-trend; è evidente, però, che un

hammer rialzista sarà un segnale più forte ed efficace di inversione del mercato.

Passiamo ora all’hanging man: la forma dell’impiccato, come si vede nel grafico della pagina

precedente, è identica a quella dell’hammer. Ciò che cambia, invece, è quando appare: generalmente dopo un lungo trend al rialzo. E’ anch’essa, quindi, una figura di inversione. Per far si che questa configurazione grafica possa avere significato è necessario che la candela seguente a quella “dell’impiccato” sia una black long e che, quindi, vada a chiudere al di sotto

del minimo dell’hanging man. Una strategia, in questo senso, potrebbe essere quella di posizione un ordine pendente di vendita al di sotto del minimo dell’hanging man con stop loss al di sopra del massimo.

“Come possiamo operare quando vediamo formarsi un hammer, un hanging man o una shooting star?”

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Chiudiamo la trattazione delle figure ad una candela con il pattern della shooting star; la stella

cadente, per forma, è identica all’hammer ed all’hanging man. Ciò che cambia è solo che non ha una lower shadow, ma solo una upper, tra l’altro pronunciata. Qui non importa se il corpo della candela sarà bianco o nero; ciò che conta è che avvenga al termine di un lungo trend al rialzo, evidenziando un possibile segnale di inversione. Questa conseguenza è rafforzata nel

caso in cui la candela si vada a formare in un mercato in ipercomprato. Anche qui la strategia operativa da impostare è molto semplice: ingresso in sell al di sotto del minimo della shooting star con stop loss al di sopra del massimo.

Per chiudere definitivamente la trattazione delle candlestick vi presentiamo l’engulfing pattern; questa configurazione prevede due possibili scenari: uno bullish ed uno bearish.

“Terminiamo con una configurazione a due candele: l’engulfing pattern; possiamo trovarlo sia in un trend ascendente che in uno discendente”

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Nel primo caso avremo una candela nera completamente inghiottita (dove per completamente

si intende massimo, minimo, chiusura ed apertura) da una lunga candela bianca; il risultato èun martello e, quindi, segnale di inversione. Nel secondo caso, invece, avremo una candela bianca completamente inghiottita da una candela nera; il risultato, quindi, è una stella cadente (shooting star) e, quindi, inversione del trend precedentemente in atto.

“Vediamo le due tipologie di engulfing pattern”

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4.3 – Linee di tendenza, resistenze e supporti

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Nel capitolo dedicato all’analisi grafica non si può non trattare il tema delle linee di tendenza

e, di riflesso, delle aree di resistenza e supporto statiche e dinamiche. Un vero analista tecnico non può non analizzare, per prima cosa, il trend in atto; in questo senso la definizione di un trend al rialzo o di un trend al ribasso è di fondamentale importanza per comprendere come orientarsi nel mercato e, di conseguenza, per circoscrivere la propria operatività in

relazione ai segnali emersi.

Prima di definire le trendline, però, è importante capire cosa si intende per trend. Questo puòessere definito come la direzione lungo la quale si muove il grafico e, quindi, i prezzi dello strumento finanziario analizzato. Le tipologie di trend principali, legati all’arco temporale di riferimento, sono essenzialmente tre: quello primario, quello intermedio e quello di medio

periodo. All’interno del movimento primario, riferito a più anni, si svilupperanno più movimenti intermedi, riferiti a più settimane, all’interno dei quali troveremo più movimenti di breve periodo, riferiti a più giorni.

Con riferimento, invece, alla direzione dei corsi, possiamo distinguere tra trend rialzista (minimi e massimi sono crescenti), trend ribassista (minimi e massimi sono decrescenti) e trend neutrale (minimi e massimi si mantengono all’interno di un canale di orizzontalità e

lateralità ben preciso).

“Prima di analizzare le linee di tendenza, èimportante definire cosa si intende per trend, che può essere classificato in base all’orizzonte temporale ed alla direzione intrapresa dai corsi”

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Iniziamo dalle linee di tendenza (trendline), ossia delle linee che i trader possono disegnare

sui grafici e che consentono, assieme ad una serie di punti, di evidenziare come si stanno movendo i corsi e se, eventualmente, un precedente trend sia stato o meno violato. Le linee di tendenza, quindi, possono essere rialziste o ribassiste. Nel primo caso vengono tracciate unendo due minimi consecutivi crescenti mentre, nel secondo caso, saranno tracciate unendo

due massimi consecutivi decrescenti. E’ evidente che più saranno, rispettivamente, i minimi ed i massimi toccati dalla trendline e più la stessa fornirà un segnale chiaro, efficace e definitivo nel tempo. Anche a seconda del timeframe che viene scelto, le trendline possono cambiare radicalmente visto che i minimi ed i massimi sono differenti.

Le linee di tendenza a pendenza positiva, rialziste e costruite su minimi crescenti, sono poste

al di sotto del prezzo ed indicano che si sta avendo un up-trend; le linee di trend a pendenza negativa, invece, ribassiste e costruite su massimi decrescenti, sono poste al di sopra del prezzo ed indicano la presenza di un down-trend.

Collegate al concetto di linee di tendenza troviamo quello di canale: questo viene a crearsi, molto semplicemente, con una retta parallela sui massimi alla trendline disegnata su minimi crescenti o, in caso di down-trend, con una retta parallela sui minimi alla trendline disegnata

su massimi decrescenti.

“Le linee di tendenza vengono disegnate sui grafici e ci consentono di evidenziare il movimento avuto dai prezzi, definendo se il trend è rialzista (pendenza positiva), ribassista (pendenza negativa) o neutrale (orizzontale)”

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Le linee di tendenza, quindi, sono uno strumento molto semplice che può essere utilizzato, in

prima analisi, per comprendere la direzione complessiva dello strumento finanziario analizzato e per definire le aree di supporto e resistenza che possono interessare l’andamento dei corsi.

E’ bene fare molta attenzione quando il prezzo si dirige verso una linea di tendenza visto che, in quell’area, si possono verificare delle importanti variazioni del trend di brevissimo periodo. Sono due, in quel contesto, gli scenari che si possono generare:

�Il prezzo potrebbe rimbalzare sulla trendline continuando nella stessa direzione del trend precedente;

�Il prezzo potrebbe violare la trendline e, quindi, dar vita ad un nuovo trend. La linea di

tendenza precedente, una volta che il prezzo si è allontanato da essa, diviene non più in grado di rappresentare l’andamento dei corsi nel mercato.

“Come si costruiscono le linee di tendenza? Vediamo un esempio. Due sono gli scenari possibili quando il prezzo raggiunge una linea di tendenza: vediamo quali sono”

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Proprio per questi due motivi e riprendendo le definizioni di resistenza e supporto date nel

glossario, è abbastanza evidente che una trendline rialzista fungerà da supporto ed una trendline ribassista fungerà da resistenza. Nel primo caso, infatti, i prezzi saranno destinati a salire e, quindi, essendo la linea di tendenza costruita su minimi crescenti, supporterà questo rialzo dei corsi mentre, nel secondo, essendo la linea di tendenza costruita su massimi

decrescenti, farà da “massimo superiore” al ribasso dei corsi. Trendline rialziste e ribassiste, quindi, saranno dette aree di supporto e di resistenza dinamiche. Con il termine ‘dinamiche’ si intende che l’area definita come supporto o come resistenza non è stabile e fissa nel tempo, ma varia da timeframe a timeframe.

Per chiarire ulteriormente questo concetto facciamo un esempio: ipotizziamo di prendere una

trendline rialzista che, come detto sopra, fungerà da area di supporto dinamica. Essendo la linea di trend rialzista, è evidente che la sua pendenza sarà positiva e che, a differenza di una retta orizzontale, il valore riferito ad ogni seduta, e che considereremo come area di supporto, muterà. Ad ogni timeframe successivo, quindi, avremo che il supporto sarà posto sempre ad

un valore superiore e, questo, per soddisfare l’assunto che la trendline rialzista supporta il rialzo dei prezzi. Ovviamente la stessa analisi si può compiere, in senso inverso, in caso di trend ribassista.

“Leghiamo il concetto di trendline a quello di resistenze e supporti: una linea di tendenza rialzista fungerà da supporto, mentre una linea di tendenza ribassista fungerà da resistenza”

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Chiudiamo il terzo paragrafo di questo capitolo parlando di supporti e resistenze; analizzando

un qualsiasi grafico possiamo notare delle aree in cui i prezzi interrompono bruscamente la loro corsa al rialzo o al ribasso. In quei casi, rispettivamente, avremo delle aree di resistenza e di supporto. Una resistenza, quindi, è un livello in prossimità del quale i prezzi hanno avuto un rimbalzo innescando un trend discendente in conseguenza del precedente up-trend; un

supporto, invece, può essere visto come un livello in prossimità del quale i prezzi hanno avuto un rimbalzo innescando un trend ascendente in conseguenza del precedente down-trend.

“I supporti e le resistenze: cosa ci indicano questi due importanti livelli? Quando sono statici? Quando sono dinamici?”

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Resistenze e supporti, però, non sempre possono, nella storia finanziaria, essere rispettate e

respingere le quotazioni; in molte circostanze, infatti, si assiste ad una loro violazione. Cosa implica questo? Molto semplice: la violazione al rialzo di una resistenza darà nuovo impulso alle forze rialziste, mentre la violazione al ribasso di un supporto darà nuovo impulso alle forze ribassiste. E’ evidente che una resistenza violata si trasformerà, in caso di proseguimento del

movimento rialzista, in supporto e un supporto violato si trasformerà, in caso di prosecuzione del movimento ribassista, in resistenza. Resistenze e supporti avranno maggiore validità ed efficacia a seconda di quante più volte, nel tempo, sono riusciti a far rimbalzare i prezzi giunti in prossimità di quelle aree chiave.

Parlando di trendline abbiamo visto aree di resistenze e supporti dinamici che sono

caratterizzati dal fatto che il loro valore numerico muta al passare del tempo; le aree di resistenza e di supporto statiche, invece, sono definite tali quando il valore numerico delle stesse non muta nel tempo e, quindi, sono rappresentate da rette orizzontali parallele all’asse del tempo.

“Supporti e resistenze, però, non sempre vengono rispettati: cosa succede quando avviene una violazione di questi livelli? Come possiamo operare in questi casi?”

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4.4 – Le figure di continuazione e di inversione

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Dopo aver introdotto il tema del trend, delle trendline, delle resistenze e dei supporti possiamo

parlare dell’utilizzo di questi strumenti nell’operatività quotidiana andando a definire, brevemente, i tratti essenziali delle continuation e reversal pattern.

Le figure di continuazione, come facilmente intuibile dal loro nome, rappresentano dei modelli di comportamento dei prezzi che danno utili indicazioni circa la modalità con cui una coppia valutaria, dopo una fase di consolidamento, riprenderà il trend precedentemente in atto; del

tutto analogo, in senso opposto, il concetto che sta alla base delle figure di inversione, che invece sono modelli di comportamento del prezzo che ci indicano quando una coppia valutaria invertirà il trend precedentemente in atto, rompendo la fase di consolidamento in corso. Tra le prime possiamo menzionare le bandiere, i triangoli, i cunei, il breakout e la “tazza con

manico”, mentre tra le secondo possiamo includere doppi massimi e doppi minimi, testa e spalle e “croce della morte”.

Iniziamo dalle figure di continuazione proponendo, come primo aspetto, le bandiere; queste sono sicuramente il pattern grafico maggiormente diffuso e si forma dopo una forte fase di trend, sia rialzista che ribassista. L’asta della bandiera sarà il movimento precedentemente in atto, mentre ora i prezzi si muoveranno all’interno di un canale tracciato su massimi e minimi

crescenti (in caso di up-trend) o su massimi e minimi decrescenti (in caso di down-trend). Essendo una figura di continuazione, è previsto che dopo questa iniziale fase di consolidamento, il prezzo possa rompere il livello nella direzione d’entrata nella bandiera (trendline superiore in caso di up-trend e trendline inferiore in caso di down-trend) e

riprendere il trend precedentemente in atto. Il movimento futuro sarà stimabile andando, semplicemente, a proiettare l’asta della bandiera nel punto di rottura del pattern stesso.

“Prima di passare ai breakout e pullback, chiudiamo l’argomento dell’analisi grafica individuando le figure di continuazione e quelle di inversione: quali elementi ci restituiscono questi pattern grafici?”

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Continuiamo con i triangoli. Oltre alle bandiere, anche questa è una delle figure più

interessante, gratificante e diffusa nel mercato valutario. Prima di passare ad analizzare le quattro diverse tipologie di triangoli, è bene specificare che questo pattern si forma quando una coppia valutaria colpisce un livello di supporto (o di resistenza, a seconda del trend in atto) ed inizia a muoversi in un range di consolidamento che, via via, si fa sempre più stretto.

Le tipologie di triangoli che possiamo trovare sono sostanzialmente quattro; vediamo, per ciascuno, i tratti più distintivi:

�Triangoli simmetrici: i massimi ed i minimi sono convergenti verso un punto centrale; all’interno di questo canale i prezzi si muoveranno colpendo, in modo molto preciso, le due trendline definite. La rottura verso l’alto della resistenza in caso di precedente up-trend o

quella verso il basso del supporto in caso di precedente down-trend, comporta il proseguimento del movimento direzionale in atto prima della formazione della suddetta figura;

“Dopo aver visto le bandiere, passiamo in rassegna tutte le possibili formazioni di triangoli: simmetrici, ascendenti, discendenti ed in espansione”

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“Cosa differenzia i triangoli ascendenti da quelli discendenti? Semplice: nel primo caso avremo minimi crescenti e resistenza statica, mentre nel secondo massimi decrescenti e supporto statico”

� Triangoli ascendenti: in questo caso troveremo minimi crescenti ed una resistenza

statica; i minimi, quindi, saliranno fino a convergere verso il punto di resistenza che, essendo statica, si manterrà sullo stesso livello di prezzo. Questo sarà un pattern di continuazione che si sviluppa a seguito di un up-trend; quando i tori saranno in grado di violare la resistenza, il movimento precedentemente in atto riprenderà forza e vigore ed i

prezzi torneranno a salire;

� Triangoli discendenti: si tratta del caso esattamente inverso al precedente; questa volta sono i massimi ad essere decrescenti ed a convergere verso un supporto statico che, essendo tale, si manterrà sullo stesso livello di prezzo. La violazione al ribasso dello stesso darà nuova linfa al precedente down-trend;

� Triangoli in espansione: tra le quattro tipologie di triangoli che possiamo individuare, questa è sicuramente quella meno diffusa. Si distingue dai precedenti perché le trendline

tracciate sono divergenti e non convergenti come nei casi precedenti. In particolare, quindi, avremo una resistenza dinamica tracciata su massimi crescenti ed un supporto, anch’esso dinamico, tracciato su minimi decrescenti. Di conseguenza, appare facilmente intuibile come il range all’interno del quale i corsi oscilleranno, sarà sempre maggiore allo

scorrere del tempo. A seconda del trend precedentemente in atto sarà possibile individuare se il prezzo violerà la trendline superiore o quella inferiore.

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“Dopo aver parlato dei triangoli, introduciamo i cunei: figure molto inclinate verso il basso o, analogamente, verso l’alto”

Veniamo ora ai cunei che, per forma e natura, sono molto simili al pattern del triangolo. Il

cuneo, in analisi tecnica, viene visto come un triangolo molto inclinato verso il basso o, in modo analogo, verso l’alto. Con la formazione dei cunei, quindi, si ha una interruzione del trend precedentemente in atto, con un ritracciamento dei corsi, ma subito dopo il rally riprenderà vigore.

E’ evidente, trattandosi di ritracciamento, che avremo un cuneo che punta verso il basso

(discendente) in seguito ad un trend rialzista ed un cuneo rivolto verso l’alto (ascendente) a seguito di un trend ribassista.

Il movimento che si potrà verificare alla rottura del cuneo è definito proiettando l’ampiezza della base a partire dal punto di breakout.

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“Molto particolare è la figura della “tazza con manico”: avviene al termine di un periodo rialzista, in un contesto di ritracciamento e rientra tra le figure di continuazione”

Dal momento che il tema del breakout sarà trattato, specificatamente, nel paragrafo

successivo, per chiudere il tema delle figure di continuazione ci resta da analizzare la “tazza con manico” (in inglese Cup with handle). Si tratta di un pattern di continuazione rialzista che evidenzia un periodo di consolidamento al quale seguirà un breakout del prezzo. Le parti in cui è suddivisa la figura sono essenzialmente due: la tazza (cup) ed il manico (handle). La

tazza, in particolare, viene a crearsi a seguito di un periodo rialzista e, visivamente, è vista come una correzione dalla base “tondeggiante”; una volta che i corsi hanno terminato la figura della tazza, si viene a creare un range di trading, che rappresenta il manico. La “tazza con manico” è un pattern molto recente, è stato introdotto solamente nel 1988 da William O’Neill,

e si forma prevalentemente su grafici giornalieri e mensili.

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“Dopo aver descritto le figure di continuazione, introduciamo quelle di inversione, iniziando dal doppio massimo e dal doppio minimo”

Passiamo ora alle figure di inversione, iniziando dalle più semplici e frequenti; stiamo parlando

dei doppi massimi e dei doppi minimi. Il loro nome è sufficientemente eloquente per spiegare la loro natura, il loro fondamento e la loro struttura.

Nel doppio massimo avremo un up-trend dei prezzi che, dopo aver interrotto la propria corsa su un livello di resistenza, ritracceranno definendo un supporto dal quale, di lì a poco, partiràun nuovo movimento rialzista che condurrà i corsi al livello di resistenza precedentemente

toccato; qualora quest’ultimo livello non dovesse essere violato al rialzo si avrà un doppio massimo che, dato il fondamento psicologico, condurrà i prezzi ad un rimbalzo e, quindi, daràorigine ad un down-trend, invertendo la direzionalità precedentemente in atto;

Stesso discorso, anche se in modo speculare, per il doppio minimo. Qui avremo un down-trend con i corsi che, in due circostanze, toccheranno, senza violarlo, un livello di supporto. La mancata violazione dello stesso provocherà un rimbalzo dei prezzi che scaturirà in un up-

trend deciso.

Alla base c’è un fondamento psicologico molto importante; ipotizziamo il caso di un doppio massimo: i tori, in questo caso, arrivano da un importante movimento rialzista e hanno cercato, per ben due volte, di violare una resistenza storicamente rilevante; la mancata rottura della stessa farà perdere vitalità alle forze rialziste, che saranno schiacciate dai venditori.

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“Molto più rara, anche se decisamente valida ed efficace, è la figura del “testa e spalle”: come si forma? Quali segnali operativi ci restituisce?”

Passiamo ora al testa e spalle. L’Head and Shoulder è una figura di inversione dell’analisi

tecnica più complessa delle precedenti; è caratterizzata da tre diversi picchi di massimo (due dei quali sono le spalle), di cui il secondo è maggiore e rappresenta il massimo assoluto (la testa), prima dell’inversione effettiva.

In particolare, questo reversal pattern, si forma quando il prezzo di una coppia valutaria colpisce un livello di resistenza (la prima spalla), poi perfora il primo livello di resistenza e

colpisce il secondo, più alto, (formando la testa) e quindi colpisce nuovamente il primo livello di resistenza (formando la seconda spalla). Questa figura si può sviluppare anche a seguito di un down-trend, in questo caso sarà chiamata “testa e spalle rovesciato”.

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“Finiamo con la “croce della morte”: richiede l’introduzione delle medie mobili, indicatore molto in uso che analizzeremo piùavanti”

Chiudiamo con la “croce della morte”. Questa, a differenza delle precedenti, oltre alle candele

giapponesi coinvolge anche un indicatori, la media mobile. In particolare la “croce della morte”si verifica quando si ha un incrocio di una media mobile veloce al di sotto di una media mobile lenta, su un grafico con ampi timeframe. Questo segnale, come vedremo nel capitolo dedicato agli indicatori, sarà gratificante ed efficace solo in presenza di trend e non in fase di range,

dove gli indicatori perdono di utilità favorendo l’emergere degli oscillatori.

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4.5 – Breakout e pullback

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Di questi due temi ne abbiamo, brevemente, già parlato nel glossario propostovi nel secondo

capitolo di questo e-book. Partiamo, quindi, dalla loro definizione; avevamo definito il breakout come un tipico movimento dei prezzi che porta alla perforazione di un supporto o di una resistenza o di un canale e che dà origine ad una nuova direzionalità fino al livello storico successivo; molto spesso, a seguito di un breakout, si assiste ad un pullback, che invece è

visto come un’azione dei prezzi che avviene a seguito di un breakout; essa si sostanzia in un tentativo di ritest della zona di supporto o di resistenza precedentemente violata. In molti casi entrare sul pullback è molto più vantaggioso e sicuro che entrare con un breakout dal momento che, in alcuni casi, possiamo avere delle false rotture. Il pullback, quindi, può essere

visto come una conferma del movimento precedente.

Dopo aver descritto supporti e resistenze, il concetto di breakout e pullback dovrebbe esserci più chiaro. Nel breakout assistiamo, in caso di trend rialzista, ad una violazione della resistenza in essere; i corsi, però, ritracciano andando a testare ciò che con la violazione èdiventato supporto. La tenuta di questo livello dà vita al pullback, ossia ad un movimento

rialzista efficace, solido e sicuro da tradare.

“Per riconoscere breakout e pullback èimportante fare riferimento al concetto di resistenze e supporti”

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Ovviamente avviene tutto, seppur in senso inverso, nel caso di un trend ribassista; in questo

caso avremo dei prezzi in down-trend che vanno a testare un supporto, la cui violazione fa emergere un breakout. I prezzi, successivamente, ritraccianoo andando a ritestare ciò che con la violazione è diventato una resistenza. La tenuta di questo livello genera il pullback, ossia un movimento ribassista efficace, solido e sicuro da tradare.

Bisogna però chiarire che, non sempre, dopo un breakout si assiste ad un pullback dei prezzi

che vanno a ritestare ciò che, in precedenza, è stato importante livello di resistenza o di supporto; in questo caso, data la forza del movimento in atto, i corsi proseguono senza esitazioni nella direzione della violazione. A livello operativo, tradare il breakout o il pullback si sostanzia in una scelta di "propensione al rischio vs. avversione al rischio". Cerchiamo di

spiegarne i motivi.

“Non sempre, però, un breakout è seguito da un pullback: qui bisogna decidere se adottare una strategia prudente o aggressiva”

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Parliamo di propensione al rischio per il breakout perché, in molte occasioni, assistiamo a

delle false rotture di livelli chiave; questo perché resistenze e supporti non devono essere considerati come punti statici e fissi di prezzo, ma come aree, pertanto entrare alla rottura esatta della nostra resistenza/supporto potrebbe, in caso di falsa rottura della stessa, portarci ad uno stop loss. D'altro canto, però, il breakout ci consentirebbe, in caso di violazione solida

e di non ritracciamento, di essere in posizione e raggiungere il take profit impostato.

Tradare il pullback, invece, è più sicuro perché ci ripariamo da eventuali false rotture ed, in più, ci risparmiamo la fatica psicologica derivante da un ritracciamento seguito al breakout; d'altra parte, però, in caso di violazione effettiva e netta, senza ritracciamento, non saremo a mercato e, quindi, avremo perso l'opportunità.

Io, sinceramente, preferisco comunque la seconda ipotesi. Il mercato è pieno di potenziali punti di ingresso e, come diremo nel capitolo dedicato, una disciplina su money e risk

management è fondamentale; essere troppo aggressivi, alla lunga, potrebbe non pagare. Non dimentichiamo mai che noi siamo trader privati, retail, che dovrebbero operare semplicemente seguendo quanto "le mani forti" hanno già fatto.

Tornando all’operatività, consiglio di entrare sul pullback con un segnale operativo interessante come, ad esempio, una pin candle rialzista; ossia una candela che,

indipendentemente dal colore, abbia chiuso vicino ai suoi massimi o, comunque, lontano dai minimi. In questo caso lo stop loss sarà posto sul minimo della candela stessa.

“Tradare il breakout può generare falsi segnali, ma un maggior profitto; tradare il pullback, invece, ci porta ad avere una maggiore sicurezza nel movimento, ma rischiamo di non riuscire ad entrare nello stesso”

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5. Indicatori ed oscillatori: tutte le possibili strategie

5.1 – Un’introduzione

5.2 – La media mobile

5.3 – Le bande di Bollinger

5.4 – L’Macd

5.5 – L’Rsi

5.6 – Lo stocastico

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5.1 – Un’introduzione

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Prima di andare ad analizzare i principali indicatori ed oscillatori che vengono utilizzati dagli

analisti tecnici è importante riproporre una definizione dei due concetti che, seppur utilizzati assieme, presentano tratti e caratteristiche distintive. Gli indicatori, nel lessico matematico, comprendono tutti quei modelli costituiti da una o più formule che vengono applicati ad una serie di valori, composta da prezzi piuttosto che da volumi. La distinzione tra ciò che si

intende per indicatori e ciò che si intende per oscillatori, quindi, viene realizzata sulla base dello spazio all'interno del quale viene sviluppato il movimento.

L'indicatore, in particolare, si muove liberamente in funzione dei valori che assume; non ha, quindi, limiti massimi o minimi precostituiti, cosa che invece caratterizza un oscillatore, il quale si muove all'interno di un range predefinito che in alcuni casi è 0/100 ed in altri è -100/+ 100; è

negli oscillatori, quindi, che troveremo la linea di equilibrio (posta a 50 o a 0 a seconda del range di oscillazione), i livelli di ipercomprato ed ipervenduto (0-20 e 20-80 oppure 0-30 e 70-100) e dove potremo andare a tradare le divergenze (ossia delle situazioni in cui i prezzi e l'oscillatore analizzato si muovono in direzione opposta).

Un altro punto che distingue indicatori ed oscillatori è la loro collocazione all'interno delle trading station; gli indicatori vengono sovrapposti ai grafici dei prezzi, mentre gli oscillatori

vengono rappresentati in una finestra separata, data la differenza di scala.

Ovviamente la differenza tra indicatori ed oscillatori la si riscontra anche nell'operatività; in particolare, durante fasi di trend si utilizzeranno gli indicatori, mentre durante le fasi di range saranno maggiormente gratificanti gli oscillatori. Tra i primi, il cardine è sicuramente la media mobile, che poi viene sviluppata in altre declinazioni che prendono il nome di bande di

Bollinger o Macd; tra i secondi, invece, troviamo lo stocastico e l'RSI.

“Indicatori ed oscillatori sono la stessa cosa? No. Li differenziano tre aspetti: lo spazio del movimento, la collocazione rispetto al grafico dei prezzi e la situazione di mercato in cui utilizzarli”

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5.2 – La media mobile

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Iniziamo trattando le medie mobili che, in assoluto, sono la base per la costruzione di tutti gli

indicatori di analisi tecnica. Il loro obiettivo è quello di andare a minimizzare la volatilità dei prezzi dello strumento finanziario a cui vengono applicate, dando una maggiore armonia al trend in atto. Per la loro efficacia e per la loro semplicità di interpretazione, le medie mobili sono strumenti utilizzati dalla gran parte dei trader. Tralasciando gli aspetti di matematica

pura, possiamo affermare che alla base delle medie mobili troviamo il concetto di media aritmetica dei prezzi di uno strumento finanziario, calcolata in base a differenti domini temporali. Nel trading sono quattro le medie mobili che possono essere applicate: media mobile semplice (molto utilizzata, ma poco apprezzata visto che dà a tutti i valori la stessa

importanza), media mobile ponderata (è strutturata in modo da dare maggiore peso agli ultimi valori rilevati), media mobile esponenziale (EMA, è la più efficace e la più utilizzata visto che attribuisce un peso differente a ciascun dato campionato) e la media mobile adattiva (èchiamata così perchè riesce ad adattarsi alla velocità del mercato). Noi, in questo lavoro,

tratteremo solo e soltanto la media mobile esponenziale visto che è la tipologia in assoluto piùutilizzata e più spiegata.

Un aspetto molto importante legato alle medie mobili è quello di dominio temporale; abbiamo detto, poco sopra, che esse si basano su medie aritmetiche calcolate su diversi archi temporali. La domanda che tutti i neofiti si fanno è la seguente: qual è il dominio temporale

migliore in assoluto?

“La struttura della media mobile è molto semplice: è una media aritmetica calcolata su un determinato arco temporale. Ne troviamo quattro tipi: semplice, ponderata, esponenziale ed adattiva. L’esponenziale (EMA) è la più utilizzata dai trader”

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La risposta non c'è. Il motivo? Dipende dall'uso che volete fare della media mobile. Facciamo

degli esempi: possiamo trovare chi, come fanno gli investitori istituzionali, desidera avere una media mobile in grado di restituirgli il trend di lungo termine (200 periodi sembra la scelta migliore); possiamo trovare chi, come fanno molti neotrader, decide di operare con il crossover tra due medie mobili (21 e 50 periodi sembra una buona scelta); possiamo trovare

chi, come i seguaci della price action, decide di utilizzare un'unica media mobile su grafici giornalieri in grado di restituirgli il trend di fondo (21 periodi è la scelta da fare); infine possiamo trovare chi fa scalping e, quindi, opera su grafici con timeframe di pochi minuti o, al più di un'ora e proprio per questa reattività maggiore preferisce medie mobili molto veloci.

Una cosa è certa: maggiore sarà il dominio temporale della media mobile e maggiore sarà il

tempo necessario alla stessa per adattarsi ad una variazione dei prezzi; di riflesso, minore sarà il dominio temporale della media mobile e minore sarà il tempo necessario alla stessa per adattarsi ad una variazione dei prezzi. E' per questo motivo che la media mobile a 200 periodi sarà molto più distante dai prezzi e bilancerà meglio l'andamento dei corsi, rispetto ad

una media mobile a 13 periodi che, per il concetto espresso sopra, sarà più volatile, reattiva ed adattiva a delle minime variazioni dei prezzi.

Cosa fare quindi? Semplice. Definiamo prima la nostra strategia impostando il giusto timeframe ai grafici e definendo i nostri setup di ingresso e, solamente dopo questa operazione, andiamo a cercare il dominio temporale della nostra EMA che meglio ci aggrada. Una buona mediazione, per chi vuole focalizzare la propria operatività su indicatori ed

oscillatori, potrebbe essere quella di dotarsi di quattro medie mobili: 13, 21, 50 e 200 periodi.

“Qual è il dominio temporale migliore per le medie mobili? La risposta non esiste, dipende dalla nostra strategia. Una cosa ècerta: maggiore sarà il dominio temporale e maggiore sarà il tempo necessario alla media mobile per adeguarsi ai prezzi. La scelta, quindi, deve essere tra equilibrio nel lungo termine ed reattività”

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Nel grafico seguente riportiamo un esempio di applicazione delle quattro medie mobili

esponenziali definite in precedenza: 13, 21, 50 e 200 periodi.

Possiamo notare facilmente tutto quanto detto sopra: maggiore sarà il dominio temporale della media mobile e maggiore sarà il tempo necessario alla stessa per adattarsi ad una variazione dei prezzi; di riflesso, minore sarà il dominio temporale della media mobile e minore sarà il tempo necessario alla stessa per adattarsi ad una variazione dei prezzi. La

media mobile a 200 periodi, di colore viola, è quella in grado di rendere maggiormente armonico il movimento avuto dai prezzi, ma nel breve periodo è quella che ci restituisce meno informazioni; valgono le considerazioni esattamente opposte per, ad esempio, la media mobile a 13 periodi (arancione): reattiva nel breve ed insignificante nel lungo visto le sue

continue intersezioni con i prezzi.

“Nel grafico si puònotare quanto detto in precedenza: nel medio-lungo termine ha piùsenso la media mobile a 200 periodi, nel breve quella a 13 o 21 periodi”

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A questo punto possiamo venire alle strategie operative; due, fondamentalmente, sono le

modalità in cui le medie mobili possono essere utilizzate nell’operatività quotidiana. Crossover tra medie mobili o incroci con i prezzi.

Nel primo caso dovremo inserire sul grafico due o più medie mobili ed andare ad operare, molto semplicemente, come segue: acquisto quando la media mobile veloce (quella con dominio temporale minore) incrocia al rialzo l’EMA lenta (quella con dominio temporale

maggiore) e vendita nella situazione inversa: quando l’EMA veloce incrocia al ribasso quella lenta.

Nel grafico seguente abbiamo evidenziato, con riferimento all’EUR/USD, un esempio di operatività con questa strategia.

“Come si può operare con le medie mobili? Iniziamo dal crossover, ossia dall’incrocio tra una media mobile lenta ed una media mobile veloce”

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Quali sono i vantaggi e gli svantaggi? Sicuramente è un metodo abbastanza automatico e

“robotico” che lascia poco spazio alla fantasia, alla discrezione ed all’umore del trader; tuttavia presenta alcuni punti critici: come vediamo dal grafico inserito nella pagina precedente, quando le due medie mobili si incrociano, i prezzi sono distanti da esse e, questo, genera inevitabilmente un minor profitto. Qui si ritorna sul concetto del dominio temporale di

riferimento delle medie mobili e si apre un nuovo trade-off: medie mobili veloci saranno piùreattive e, quindi, più vicine ai prezzi ma, inevitabilmente, genereranno un numero maggiore di intersezioni e, quindi, di falsi segnali. Medie mobili esponenziali più lente, invece, daranno luogo ad un numero minore di segnali, ma si intersecheranno con maggiore distanza dai

prezzi.

Un altro aspetto negativo, che accomuna questa strategia, è quello relativo alle fasi di range; nei contesti in cui il mercato è laterale, ossia si muove senza una precisa direzione, le medie mobili, e tra queste soprattutto quelle veloci, falliscono in quanto, essendo fortemente reattive, continuano ad incrociarsi generando un numero notevole di falsi segnali. Nella pagina

seguente andiamo a vedere un esempio di quanto abbiamo appena detto.

“Il crossover è un sistema molto “robotico” ed automatico, ma anche qui troviamo un trade-off tra dominio temporale delle medie mobili esponenziali e potenziali profitti”

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Provate a guardare cosa è accaduto nel riquadro a sfondo verde. Le due medie mobili

esponenziali, calcolate sempre su dominio temporale di 13 e 21 periodi, si sono incrociate in cinque occasioni senza che i prezzi abbiano preso alcuna direzionalità precisa. Cosa genera tutto questo? Perdita di capitale economico (spread in apertura e stop loss in chiusura) e stress nell’utilizzo del capitale psicologico.

“Le medie mobili funzionano bene in fasi di trend; provate a guardare come si comportano in range: diverse intersezioni senza che i prezzi abbiano preso alcun tipo di direzionalità”

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La seconda strategia operativa è quella che riguarda l’intersezione di una media mobile, più o

meno veloce ed adattiva a seconda del timeframe su cui si sceglie di operare, ed i prezzi. Anche in questo caso valgono le considerazioni fatte in precedenza; è sempre vivo, infatti, il trade-off tra dominio temporale della media e ritardo dei segnali operativi.

Una media veloce ci permetterà di avere la certezza di entrare prima in un movimento direzionale e di uscire prima che esso finisca; d’altra parte, però, ci potrebbe generare una

quantità superiore di falsi segnali.

Nel grafico seguente, come fatto con la precedente strategia, abbiamo verificato rapidamente

l’operatività con una media mobile esponenziale a 21 periodi.

“Passiamo alla seconda strategia, che prevede l’intersezione tra una media mobile esponenziale ed i prezzi”

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Anche in questo caso notiamo l’efficacia della strategia nelle fasi di trend e l’inefficacia, a

causa delle continue e ripetute intersezioni con i grafici dei prezzi, nelle fasi di range.“Vantaggi e svantaggisono uguali alla strategia precedente: ok in trend, ko in range”

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5.3 – Le bande di Bollinger

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Collegato al concetto della media mobile troviamo un altro indicatore, ossia le Bande di

Bollinger. Queste vengono utilizzate, generalmente, per individuare delle possibili opportunitàa livello operativo sfruttando un'idea molto semplice ed intuitiva: tre medie mobili esponenziali formano le tre bande lineari. Alla base, quindi, troviamo una media mobile a 20 periodi, che rappresenta la banda intermedia e che sarà moltiplicata per un fattore predeterminato dallo

stesso ideatore. A questa banda centrale, poi, ne verranno aggiunte altre due, una superiore calcolata su 10 periodi ed una inferiore calcolata su 50 periodi.

Veniamo ora all'operatività: come possono venire utilizzate le bande di Bollinger? Generalmente vengono sfruttate come ulteriore segnale di conferma nella rottura di supporti e resistenze create dalle medie superiori ed inferiori. Due, quindi, sono le situazioni principali:

� Quando il grafico dei prezzi viola al rialzo la banda superiore, per poi rientrare all'interno del fascio "standard", allora avremo la possibilità di vendere per prendere profitto o,

eventualmente, per aprire una posizione al ribasso;

� Quando il grafico dei prezzi viola al ribasso la banda inferiore per poi rientrare nel fascio "standard", allora emergerà la possibilità di acquistare o, eventualmente, ci chiudere una posizione ribassista.

“Sono formate da tre bande ognuna delle quali riferibile ad una media mobile esponenziale; quella centrale vienemoltiplicata per un fattore predeterminato, le altre due sono calcolate a 10 e 50 periodi”

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Nell’esempio, definito sul cambio EURUSD D1, è ben visibile un’applicazione di quanto

esposto nella pagina precedente: acquisto alla violazione della banda inferiore e vendita alla violazione della banda superiore.

Cosa possiamo concludere? Innanzitutto è bene precisare che le bande di Bollinger, essendo un indicatore basato sulle medie mobili, presentano gli stessi vantaggi e svantaggi e che, quindi, migliorano le loro performance nei contesti di trending. Inoltre vengono utilizzate dalla

maggior parte dei trader al fianco di altri segnali di rottura come, ad esempio, alcuni schemi di pattern tipici delle candele giapponesi, piuttosto che le divergenze.

“Presentano gli vantaggi e svantaggi delle medie mobili e, quindi, sono preferibili in mercati trending piuttosto che in fasi di range. Richiedono, però, una conferma della rottura, da ricercarsi nelle candele giapponesi o nell’analisi delle divergenze”

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5.4 – L’Macd

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Nonostante venga compreso nella categoria degli oscillatori, il funzionamento dell'Macd si

basa sulle medie mobili. L'acronimo Macd sta per Moving Average Convergence/Divergence, ossia convergenza e divergenza di medie mobili. In particolare, essendo un oscillatore viene posto su un riquadro proprio che, per una differenza di scala, non è quello relativo al grafico dei prezzi; l'Macd, ideato da Gerard Appel, è uno degli oscillatori più utilizzato in analisi

tecnica ed è formato da due medie mobili esponenziali distinte che descrivono l'andamento avuto dei prezzi nel passato; queste sono calcolate a 29 e 12 periodi, anche se nulla vieta ai trader di modificare l'intervallo temporale per meglio adattarle al contesto di riferimento ed al timeframe analizzato. I segnali operativi che forniscono sono semplici ed immediati: più le due

medie mobili si avvicinano e più il trend salirà, più si allontanano e più sarà debole il movimento direzionale. Quando si incrociano, invece, siamo di fronte ad una fase di incertezza.

“Anche l’Macd si fonda sull’utilizzo di medie mobili, ma viene inserito tra gli oscillatori. E’ stato ideato da Gerard Appel e si basa sull’analisi delle convergenze e delle divergenze tra due medie mobili esponenziali”

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Come possiamo utilizzare questo indicatore? Sicuramente un metodo è quello di applicare a

questo oscillatore lo studio delle divergenze, per avere un focus completo di come si sta comportando il mercato. Altri metodi sono quelli che individuano un segnale di acquisto quando avvengono incroci al rialzo tra le due medie mobili e segnali di vendita per incroci al ribasso.

“L’operatività con l’Macd può essere impostata analizzando e studiando le divergenze o, in alternativa, focalizzandosi sugli incroci che emergono tra le due medie mobili”

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5.5 – L’Rsi

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Veniamo ora all'Rsi, acronimo che sta per Relative Strenght Index; anche in questo caso

siamo di fronte ad un oscillatore che, ora, è in grado di indicare la forza di un trend, rialzista o ribassista che sia, analizzando il momentum del movimento. L'oscillatore si posiziona in un differente riquadro rispetto al prezzo e si compone di una linea delimitata da un valore minimo, 0, ed un valore massimo, 100. Essendo un oscillatore, l'Rsi è maggiormente indicato

per mercati che stanno vivendo fasi di range, ossia che si muovono oscillando all'interno di un certo canale senza mai prendere una direzione vera e propria. Ciò che caratterizza il Relative Strenght Index è la possibilità di ricercare importanti situazioni di ipercomprato e di ipervenduto; in questo senso sono cruciali, rispettivamente, due fasce: una fascia alta, tra 80

e 100, ed una fascia bassa, tra 0 e 20.

“L’Rsi è un oscillatore di momentum in grado di indicare la forza relativa di un trend; oscilla tra 0 e 100, ma sono fondamentali due aree: al di sotto di 20 ed al di sopra di 80; queste indicano le zone di ipervenduto e di ipercomprato”

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Operativamente è molto semplice da utilizzare: l'incrocio della linea dell'Rsi con uno di queste

due aree offre il segnale di acquisto del potenziale trend, quando fuoriesce da una situazione di ipervenduto, o il segnale di vendita, quando entra in un contesto di ipercomprato. Ovviamente questo non è valido in assoluto visto che, prendendo un qualsiasi grafico, possiamo notare come il grafico dei prezzi possa avere la possibilità di continuare nella sua

discesa o nella sua salita, nonostante l'Rsi sia in posizione di ipervenduto o di ipercomprato. E' questo, quindi, il principale limite dell'Rsi; punto di debolezza che, peraltro, è facilmente superabile adottando questo oscillatore solo in fasi di range di mercato e non di trend, dove quindi vige l'incertezza.

“L’operatività con l’Rsiè molto semplice: apertura di posizione long quando esce dall’area di ipervenduto ed apertura di posizione short quando esce dall’area di ipercomprato”

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5.6 – Lo stocastico

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Lo stocastico, all'interno del gruppo degli oscillatori, è senza dubbio quello più conosciuto e

quello più utilizzato dai trader. La sua costruzione è molto semplice e si fonda sull'analisi e sul confronto tra il prezzo di chiusura dello strumento finanziario analizzato ed i movimenti che lo stesso ha avuto nel periodo che viene preso come riferimento. Essendo un oscillatore, anche lo stocastico avrà una collocazione esterna e propria rispetto al grafico dei prezzi e sarà

rappresentato mediante due linee che, nel tempo, si incroceranno ripetutamente. Prima di trattare come lo stocastico può essere utilizzato operativamente, è bene specificare che possiamo trovare due modalità di calcolo dello stesso: lento e veloce. A cambiare, in questo caso, è il modo con cui la media dei prezzi è calcolata. Il primo, come evidente dal nome

stesso, risulterà essere più bilanciato, ma meno reattivo, mentre nel secondo caso avremo ilvantaggio dell'adattamento e lo svantaggio dell'essere meno accurato.

“Il funzionamento dello stocastico è moltointeressante: consente di analizzare e di confrontare il prezzo di chiusura del titolo analizzato con i movimenti avuti dallo stesso nel periodo considerato”

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Operativamente, invece, le strategie con cui lo stocastico può essere utilizzato sono differenti;

innanzitutto possiamo ricavare segnali di trading dall'incrocio delle due linee: crossover al rialzo per un segnale long e crossover al ribasso per un segnale short. Possiamo considerare poi le divergenze che si vengono a formare tra la direzione dell'oscillatore ed il movimento emerso nei prezzi. Infine, come visto anche per l'Rsi, possiamo analizzare le zone di

ipercomprato, al di sopra di 80, e quelle di ipervenduto, al di sotto di 20. Essendo un oscillatore, va da sé che il suo utilizzo è preferibile nelle fasi laterali di range piuttosto che in quelle direzionali e di trend.

“Lo stocastico, essendo un oscillatore, si presta meglio ad essere utilizzato nelle fasi di range; l’operatività puòessere fondata sul crossover tra le due linee, sullo studio delle divergenze e sulle zone di ipercomprato –ipervenduto”

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6. Il money management

6.1 – Un’introduzione

6.2 – Stop loss e Take profit

6.3 – Risk/Reward

6.4 – Il capitale da investire

6.5 – Per concludere

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6.1 – Un’introduzione

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Negli ultimi anni l’attività di trading online, soprattutto per quanto riguarda Forex e CFD, è

cresciuta a livello esponenziale e, con ciò, è aumentato anche il numero delle persone che, seppur non dotate dell’adeguata passione, dedizione, conoscenza ed esperienza, hanno deciso di aprire un conto per cimentarsi in questa attività senza dubbio affascinante ed allettante. In molti hanno e stanno guardando al trading online non tanto come un lavoro, ma

come una facile fonte di profitti e, affascinati dai fuorvianti banner pubblicitari che negli ultimi anni hanno riempito molte pagine di Internet hanno dovuto ammettere clamorosi fallimenti; sono molti i casi di insuccesso nel mercato valutario. Le ricerche, infatti, stimano che il 75-80% dei trader retail che operano nel Forex perdono, in meno di tre mesi, tutto quanto hanno

deciso di investire. Il motivo? La scarsa conoscenza, la mancanza di basi teoriche, la non esperienza. Questa percentuale di trader “falliti”, quindi, potrebbe essere facilmente ridotta se solo si riuscisse a veicolare il messaggio che il Forex è un lavoro come tutti gli altri.

Provate a pensare, per un momento, di voler mettere su una pizzeria. L’attività, in sé, sembra semplice; a parte i problemi logistici ed il capitale iniziale da investire, siete convinti che

chiunque possa aprire una pizzeria dall’oggi col domani? No, ovviamente. E’ necessario, molto semplicemente, essere in grado di fare una pizza. Nel Forex è uguale: nessuno puòlavorare per noi e, tolto il concetto legato al capitale iniziale, la conoscenza dell’attività che andiamo a svolgere è di fondamentale importanza per pensare di poter essere profittevoli nel

medio-lungo termine.

“Il 75-80% dei trader privati falliscono. Il motivo? La scarsa conoscenza e la mancanza di basi teoriche, unite ad una errata strategia di money management. Il Forex è un lavoro: necessita dedizione, passione, conoscenza ed esperienza”

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Su Internet è pieno di articoli in cui si trattano i principali errori commessi dai neo-trader; tra

questi, il più importante, è quello di non aver la minima idea su cosa sia il money management. Questo termine, che tradotto in italiano significa molto semplicemente “gestione del denaro”, prevede un insieme di regole e di norme da conoscere e da applicare per poter sopravvivere all’interno di qualsiasi mercato finanziario. Sia che si decida di attribuire al Forex

l’importanza di un lavoro accessorio, sia che l’investimento nel mercato valutario sia visto come la principale attività lavorativa, il money management è un aspetto che non si può e non si deve trascurare. Il controllo del denaro investito e l’analisi del rischio associato ad ogni posizione aperta sono due aspetti fondamentali per poter essere profittevoli nel medio-lungo

termine.

Sono molti i trader che vengono a conoscenza del money management solamente dopo qualche mese dal loro inizio e, molto spesso, a seguito di fallimenti, parziali o totali. Puòsembrare assurdo, ma i migliori trader non sono quelli che hanno una percentuale di operazioni chiuse in profitto pari al 100% ma, molto spesso, sono quegli operatori che, pur

avendo una percentuale di gain del 50-60%, riescono ad essere profittevoli perché applicano punto per punto le principali regole di cui si compone il money management. E’ la seconda via, quindi, quella che deve essere perseguita da ognuno di noi. E’ evidente, quindi, che èmolto meglio possedere un piano di trading imperfetto accompagnato ad un money

management di successo piuttosto che il contrario; il motivo è semplice: si rischierebbe, con pochissime operazioni chiuse in perdita, di compromettere tutto quanto di buono è stato fatto con l’alto numero di operazioni chiuse in gain.

“Diffidate di chi vi promette di rendervi milionari in poco tempo. Il Forex è un lavoro. Tenete sempre d’occhio il money management, solo così riuscirete ad essere profittevoli nel medio-lungo periodo”

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In questo senso, quindi, sono fondamentalmente due i concetti che è opportuno seguire e

saper applicare: la gestione del denaro investito, ossia la massima quota di capitale che si vuole dedicare ad ogni trade aperto e la gestione del rischio, ossia la perdita massima che si è disposti ad accettare per ogni singolo trade. Quest’ultimo punto, poi, deve essere confrontato con l’opportunità di profitto che ci si prefigge di raggiungere qualora l’operazione

in questione vada in porto.

Traducendo concretamente questi aspetti, possiamo derivarne tre applicazioni: utilizzare stop loss e take profit, aprire posizioni con un risk/reward mai inferiore ad 1:1 ed, infine, investire per ogni singolo trade una percentuale di capitale mai superiore al 2% del saldo del conto e, sommando le operazioni aperte, non aver investito oltre il 10% del totale per evitare una

sovraesposizione.

“Di cosa si compone il money management? Ecco tre semplici concetti da sapere ed applicare per gestire con efficacia e con efficienza i propri soldi”

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6.2 – Stop loss e Take profit

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Partiamo dal primo aspetto, ossia l’utilizzo di stop loss e take profit. Il concetto è molto

semplice; con il primo termine si intende la massima perdita che si è disposti ad accettare per l’operazione aperta, mentre con il secondo termine ci si riferisce al livello di profitto che si vuole ottenere. Una cosa è fondamentale: mai aprire una posizione senza aver fissato, con cura e precisione, lo stop loss; per quanto riguarda il take profit, è possibile anche non

inserirlo, ma questa è uno scenario valido e praticato solamente dai trader più esperti.

Ma come funzionano stop loss e take profit? Sono, in sostanza, delle soglie fissate in cui il broker, in automatico, chiude la posizione contabilizzando una perdita, nel caso in cui il prezzo abbia raggiunto il livello di “basta perdita”, o un profitto, nel caso in cui i corsi abbiano raggiunto il livello di “presa di profitto”. Qui, però, si apre la questione di come fissare stop loss

e take profit; la risposta è molto semplice: analizzando il movimento del prezzo nel momentoin cui si intende entrare a mercato e, unitamente a questo punto, le aree chiave statiche e dinamiche di resistenza e di supporto.

Immaginiamo, ad esempio, di voler utilizzare la citata tecnica di price action; l’apertura di una posizione long in seguito alla formazione di una pin candle rialzista ci induce a posizionare lo stop loss al di sotto del minimo della candela in questione ed il take profit qualche pip prima

del prossimo livello di resistenza.

“All’apertura di una posizione o all’inserimento di un ordine, ricordiamoci di mettere sempre stop loss e take profit, analizzando supporti e resistenze statistiche e dinamiche”

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6.3 – Risk/Reward

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Collegato al concetto di stop loss e di take profit c’è, poi, quello di rapporto tra rischio e

rendimento. Il risk/reward, come è spesso indicato, è un punto cruciale che deve essere analizzato ogniqualvolta si intenda aprire una nuova posizione. Fa riferimento, sostanzialmente, all’analisi di quanto si è disposti a perdere, il rischio, per poter ottenere la quantità prefissata, il rendimento. Un risk/reward di 1:1, quindi, indica che siamo disposti a

perdere una unità di conto per poterne guadagnare una; allo stesso modo, un risk/reward di 1:2 ci indica che siamo disposti a perdere una unità per poterne ottenere due di profitto. E via dicendo. E’ evidente che il concetto di risk/reward può essere collegato, nel determinare le performance di un trader, a quello delle posizioni chiuse con profitto/perdita. Maggiore sarà il

risk/reward medio delle operazioni da noi aperte e maggiore sarà la possibilità di essere profittevoli nel medio-lungo termine avendo una percentuale minore di operazioni chiuse in gain.

Facciamo un esempio: ipotizziamo di aver aperto 10 posizioni, ciascuna con r/r di 1:2. I conti sono semplici: sarà sufficiente averne chiuse 4 su 10 in profitto (il 40%) per poter avere

ottenuto un guadagno: 4 x 2 = 8. Mentre 6 x 1 = 6. Avremo ottenuto 2 unità di profitto. Proviamo ad aumentare questo rapporto e passiamo ad un r/r 1:4. In questo caso saràsufficiente chiuderne con profitto 3 su 10 per poter avere, alla fine della serie, un guadagno di 5. E via dicendo. E’ evidente, però, che imporre nel nostro piano di trading di aprire posizioni

solo quanto il r/r è, ad esempio, 1:4 ci porterà ad avere una regola molto rigida e, nella maggior parte delle occasioni, difficilmente applicabile. La letteratura, accompagnata da statistiche solide ed efficaci, ha però precisato che il risk/reward ideale è di 1:1,5 – 1:2. Noi ci sentiamo di essere meno rigidi: l’importante è non aprire posizioni con un r/r inferiore ad 1:1.

“Quante unità di conto vogliamo rischiare per ottenere quel profitto? Ecco cosa significa il rapporto risk/reward. Apriamo posizioni con R/R mai inferiore ad 1:1”

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6.4 – Il capitale da investire

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Un ultimo aspetto che è opportuno considerare è quello che riguarda la parte di capitale da

investire; innanzitutto è bene guardare, per ogni decisione che deve essere assunta, il saldo del proprio conto e non l’equity. Il motivo è semplice: solo ciò che troviamo sotto la voce saldo è quanto, effettivamente, disponiamo. L’equity, invece, ingloba e contabilizza anche i profitti e le perdite relative alle posizioni che abbiamo aperto che, essendo ancora in esecuzione, non

mostrano ancora risultati definitivi. Una strategia molto efficace, nella scelta del capitale da investire per ogni singolo trade, è quella di non destinare per singola operazione più del 2% dell’intero saldo che abbiamo a disposizione e, nell’insieme delle posizioni aperte, non aver occupato più del 10% del saldo. In questo modo eviteremo di essere sopra esposti a mercato

e riusciremo a controllare al meglio l’efficacia della nostra operatività.

La strategia di destinare, per ogni singola operazione, non più del 2% del saldo del nostro conto si rivela efficace perché, durante un periodo di perdite, si va a ridurre di volta in volta l’investimento in nuove operazioni, diminuendo le potenziali perdite ed allontanando la possibilità di rimanere senza soldi nel nostro conto. D’altra parte, in un periodo di profitti, si

destina una maggiore quantità di denaro per singolo trade e, quindi, si aumenta il profitto potenzialmente ottenibile da ogni operazione.

“Investiamo, in ogni trade, una percentuale fissa del nostro saldo di conto. Identifichiamo questa percentuale nel 2%, mai di più. Nel complesso delle operazioni aperte rispettiamo la regola di non più del 10% del saldo investito. Eviteremo così di essere sovraesposti”

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6.5 – Per concludere

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Prima di chiudere il capitolo dedicato al money management è importante considerare il

capitale minimo che è consigliato depositare per aprire un conto Forex. Senza dubbio anche questo è un aspetto che può fare la differenza tra l’essere profittevoli e l’essere in perdita. I broker, generalmente, considerano gli investitori con capitali fino a 50mila euro con day trader, ossia come clienti che hanno poca forza contrattuale nella scelta del profilo di

commissioni; in genere, comunque, il consiglio che si può dare è di partire con un capitale non inferiore ai 3-4 mila euro. Altrimenti l’operatività potrebbe risultare fortemente condizionata dalle commissioni e dall’idea di operare con una sotto-capitalizzazione. E’ importante, poi, che il denaro impiegato nell’esercizio di trading possa essere accantonato per un lungo periodo, in

modo da garantire all’investitore quella tranquillità e quella serenità mentale e psicologica necessaria per operare nel lungo termine ed, in questo periodo, riuscire ad essere profittevole.

“Chiudiamo dicendo qualcosa sul capitale minimo da investire; i broker considerano clienti retail fino a 50mila euro, per partire l’ideale è non scendere al di sotto dei 3-4 mila euro”

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7. La price action daily

7.1 – Un’introduzione

7.2 – I setup di ingresso

7.3 – Il piano di trading

7.4 – Qualche esempio di trade …

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7.1 – Un’introduzione

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Le strategie con cui è possibile essere profittevoli nel mercato del Forex sono molte; nel

capitolo dove abbiamo trattato gli indicatori e gli oscillatori ve ne abbiamo presentate qualcuna, esprimendo quelli che sono i loro punti di forza ed i loro punti di debolezza. In questo capitolo presenteremo un approccio completamente diverso al mercato; un approccio che non si fonda su indicatori ed oscillatori, ma che si focalizza unicamente sull’analisi del

prezzo, vero strumento fondamentale nel Forex ed in qualsiasi altro mercato finanziario.

La price action non è solo una strategia, ma è un vero e proprio cambio di mentalità e di approccio. Per capire il perché di questa frase è sufficiente vedere due grafici; il primo, a destra, è un tipico grafico utilizzato da un analista tecnico puro, dove troviamo indicatori ed oscillatori che, di fatto, mettono in secondo piano i movimenti dei prezzi. Nel secondo, a

sinistra, l’approccio è completamente ribaltato: si osserva il prezzo e non si usa nessun indicatore o oscillatore, ad eccezione di una media mobile a 21 periodi che consente di identificare il trend in atto.

“Dopo avervi presentato indicatori ed oscillatori, in questo capitolo ci soffermeremo sulla strategia della price action. Vediamo, da subito, come si presenta un grafico di price action rispetto a quello di una classica analisi tecnica”

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In cosa consiste, quindi, la price action? Molto semplice: nell’osservazione del prezzo, nella

sua forma più pura e nitida utilizzando grafici a candele giapponesi che, come detto nel relativo capitolo, sono in grado di sintetizzare al meglio l’andamento della seduta e la volatilitàregistrata nella stessa. Il timeframe è quello daily, anche se le analisi possono essere effettuate anche su un grafico settimanale o sull’otto ore. Ad ogni modo, operare con la

tecnica della price action daily significa analizzare ogni sera, alle 22.30-23.00 circa, come si èmosso il mercato nella giornata che si sta per chiudere ed inserire, qualora vengano ravvisate situazioni favorevoli, ordini sulla piattaforma del nostro broker che, se le analisi si riveleranno corrette, verranno “triggerati” nelle ore seguenti. Essendo una tecnica fondata su un

timeframe daily, poi, non è necessario rimanere davanti ai grafici per l’intera giornata, anzi questa è una pratica da evitare; tutt’al più potremo dare un’occhiata ai grafici verso le 15.30-16.00 del pomeriggio, quando c’è l’apertura del mercato USA. Dopodiché, ogni analisi ed ogni azione è rimandata alle 22.30-23.00 della sera, quando la candela si sta chiudendo e quando

la giornata finanziaria sta terminando.

“La price action non èaltro che l’osservazione del prezzo, mediante l’analisi di un candlestick chart costruito su timeframe giornaliero”

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Prima di iniziare a scoprire quali sono le strategie di entrata nel metodo della price action daily

è bene precisare tre concetti:

�Trend: abbiamo già detto che la tendenza di fondo sarà analizzata tramite una media mobile esponenziale a 21 periodi. L’idea generale è quella di non andare ad effettuare alcun tipo di operazioni contro-trend;

�Resistenza: si tratta di un livello di prezzo in cui, storicamente, la forza rialzista è svanita a seguito della sua mancata violazione dal basso verso l’alto;

�Supporto: si tratta di un livello di prezzo in cui, storicamente, la forza ribassista è svanita a seguito della sua mancata violazione dall’alto verso il basso.

Nel grafico, quindi, oltre ai prezzi rappresentati con candlestick non visualizzeremo altro al di fuori di una media mobile esponenziale a 21 periodi e delle resistenze e dei supporti

storicamente rilevanti ed efficaci per lo strumento finanziario analizzato, nel nostro caso le valute.

“Prima di scoprire i setup di ingresso, precisiamo tre aspetti che ci ritorneranno utili nel prosieguo dell’analisi”

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7.2 – I setup di ingresso

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A questo punto è importante andare ad analizzare i setup di ingresso che ci permetteranno di

operare nella price action daily. Si tratta, sostanzialmente, di tre pattern candlestick: pin candle, inside candle ed engulfing pattern.

Iniziamo dalle pin candle che sono sicuramente il setup più frequente, semplice ed efficace. Sono anche chiamate “candele di pinocchio” per la lunga ombra che presentano al di sopra o al di sotto del loro real body; almeno in questa prima fase non interessiamoci del colore del

corpo della candela, ma guardiamo solamente la loro struttura. Avremo una pin candle ribassista quando il prezzo di chiusura è prossimo ai minimi della seduta e quando la candela avrà una upper shadow pronunciata, mentre avremo una pin candle rialzista quando il prezzo di chiusura è prossimo ai massimi della seduta e quando la candela avrà una lower shadow

pronunciata. Rispettivamente, poi, è necessario che sia nulla o irrilevante la lower shadow e l’upper shadow. Vediamole graficamente:

“Partiamo dalle pin candle, ossia candele rialziste e ribassiste che presentano, rispettivamente, chiusure sui massimi e sui minimi con ampie lower ed upper shadow”

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Tradare queste candele sarà estremamente semplice; sarà sufficiente posizionare un ordine

di ingresso sul massimo della stessa in caso di pin rialzista o sul minimo della stessa per una pin ribassista; lo stop loss, invece, sarà posizionato sul minimo in una pin rialzista o sul massimo in una pin ribassista. Il take profit, invece, viene determinato sulla base dell’analisi grafica di supporti e resistenze e sulla base di quanto prevede il nostro money management in

relazione al risk/reward.

Ora, invece, veniamo all’aspetto legato al colore di queste candele. E’ evidente che avràmaggiore forza ed efficacia una pin candle rialzista di colore verde ed una pin candle ribassista di colore rosso, ma anche qualora i colori dovessero essere invertiti, permane la validità di questo pattern che, però, dovrà essere tradato solo e soltanto in trend.

Ovviamente, non essendo un sistema automatizzabile, non è che ogni pin candle che appare sul grafico dovrà essere tradata. Abbiamo bisogno di alcuni paletti che sarà necessario

rispettare; traderemo, infatti, solo le pin candle aventi queste caratteristiche:

�A favore del trend;

�Buon rapporto rischio/rendimento offerto;

�Su aree di prezzo strategicamente rilevanti.

“Come traderemo queste candele? Semplice, vediamo dove mettere entry level, stop loss e take profit”

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Facciamo ora un esempio. Prendiamo il grafico giornaliero di euro/yen giapponese e, con

riferimento al 23 gennaio 2013, notiamo la formazione di una pin candle rialzista che ho evidenziato con un cerchio a sfondo verdino. La candela viene a formarsi su un’area di prezzo interessante visto che la chiusura è sopra il supporto in area 117,410 e visto che la prossima resistenza, in area 121,070, ci lascia spazio di movimento.

Come tradiamo questa pin? Semplice: entry level sul massimo (118,324), stop loss sul

minimo (117,039) e take profit pochi pip sotto la resistenza (120,870).

Cosa succede nelle ore successive? L’ordine viene triggerato nella prima mattina del 24

gennaio e, nello stesso giorno, i prezzi raggiungono il nostro take profit consentendoci un guadagno di 254,60 pip, a fronte di un rischio di 128,50; praticamente un trade con R/R 1:2.

“Un esempio ci aiuteràa chiarire quanto detto nelle pagine precedenti. Trade su EUR/JPY con risk/reward 1:2 che, in una sola giornata, ci porta 254,6 pip di guadagno”

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Dopo le pin candle, è giunto il momento di parlare delle inside candle. Questa particolare

pattern è formato da due candele dove la seconda è completamente contenuta nella precedente, sia per quanto riguarda apertura/chiusura, sia per quanto riguarda minimo/massimo. E’, di fatto, un chiaro segnale di inversione del trend pertanto, per poter essere tradata, richiede che ci sia qualcosa da invertire. Anche in questo caso possiamo

trovare una inside bearish ed una inside bullish; nel primo caso, ribassista, avremo una candela rossa contenuta interamente nella candela relativa alla seduta precedente mentre nel secondo caso, rialzista, avremo una candela verde contenuta per intero nella precedente candela.

“Veniamo ora alle inside candle, dove troviamo una candela, l’inside, contenuta in un’altra, outside, relativa alla seduta precedente. Possono emergere segnali rialzisti e ribassisti”

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Tradare queste candele in trend è comunque molto semplice; vediamo, di seguito, tutti i punti

importanti. In una inside candle rialzista l’entry level sarà posto sulla rottura del massimo della outside, ossia della candela contenente, mentre lo stop loss sarà determinato sul minimo della outside candle. In una inside candle ribassista, invece, avremo l’entry level sul minimo della outside candle e lo stop loss sul massimo della stessa. Il take profit, invece, viene determinato

sulla base dell’analisi grafica di supporti e resistenze e sulla base di quanto prevede il nostro money management in relazione al risk/reward.

Facciamo ora un esempio:

“Come traderemo queste candele? Semplice, vediamo dove mettere entry level, stop loss e take profit”

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Prendiamo la coppia EUR/GBP dove, tra il 15 ed il 16 gennaio 2013, si è formata una

interessante inside candle rialzista; dopo aver verificato l’up-trend dei corsi tramite la media mobile esponenziale a 21 periodi e dopo aver analizzato supporti e resistenze per stabilire il rapporto rischio/rendimento, si decide di inserire un ordine con entry level sul massimo della outside (0,83243), con stop loss sul minimo della stessa (0,82646) e con take profit pochi pip

prima della prossima resistenza (0,83995). Il risultato? Estremamente positivo: il 17 gennaio l’ordine viene eseguito e nella seduta del 21 dello stesso mese si raggiunge il take profit, contabilizzando il profitto.

Dopo aver esposto le pin e le inside candle, veniamo ora all’engulfing pattern che, di fatto, èil terzo ed ultimo setup di ingresso che vi presentiamo in questo e-book. Si tratta, per certi versi, dell’esatto contrario delle inside candle visto che si caratterizza per avere una

“candelona” che ingloba quella della seduta precedente. L’outside, in questo caso, sarà la candela della seduta in corso, mentre l’inside sarà la candela che descrive e che manifesta le contrattazioni precedenti. Per quanto riguarda il “colore” delle candele, valgono le stesse considerazioni delle inside candle: avremo un engulfing rialzista se l’outside è verde, mentre

avremo un engulfing ribassista nel caso in cui l’outside sarà rossa. Ricordiamo, però, che anche questa configurazione grafica deve essere tradata sempre in trend: rialzista in up-trend e ribassista in down-trend.

“Qual è stato il risultato del trade in questione? Positivo. Passiamo quindi all’ultimo setup di ingresso, l’engulfing pattern”

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Vediamo, graficamente, la conformazione di questo pattern di ingresso utilizzato nella price

action daily:

Anche in questo caso l’ordine da inserire nella piattaforma del nostro broker di fiducia prevede livelli e punti fermi estremamente semplici. Nel primo caso, quello di engulfing rialzista, avremo un entry level sul massimo della inside ed uno stop loss sul minimo della outside; nel caso di pattern ribassista, invece, l’entry level sarà posto sul minimo della inside, mentre lo

stop loss sul massimo della outside. In entrambi gli scenari, come detto anche per i setup precedenti, il take profit sarà determinato sulla base dell’analisi di supporti e resistenze statiche e dinamiche e sul risk/reward che l’operazione presenta.

“Anche in questo caso abbiamo livelli di ingresso e di stop loss molto semplici. Due promemoria: tradiamo l’engulfing sempre in trend e stiamo attenti al risk/reward”

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Chiudiamo la parte relativa ai setup di ingresso con un esempio di engulfing pattern. Ci

troviamo ancora sul cross valutario EUR/GBP, ma dobbiamo tornare al 21 e 22 maggio 2012. Il pattern è chiarissimo, il trend è ribassista e, quindi, inseriamo un ordine con entry level sul minimo della inside (0,80616), con stop loss sul massimo della stessa (0,80973) e con take profit a 0,80005. Anche in questo caso si può notare l’efficacia del pattern.

“Chiudiamo con un esempio di engulfing pattern ribassista su EUR/GBP risalente al 21 e 22 maggio 2012 ”

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7.3 – Il piano di trading

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Il piano di trading per colui che opera nel Forex è importante tanto quanto lo è un business

plan per un imprenditore o un’azienda. L’attività di investimento nel mercato valutario non puòprescindere da questo punto. Perché? Molto semplice: ogni attività che prevede decisioni su soldi propri è, di fatto, esposta ad una notevole dose di irrazionalità, di paura, di follia e di irragionevolezza. Se per alcuni, soprattutto i più esperti, queste doti sono l’essenza stessa

dell’attività, per altri, soprattutto i neofiti, sono ciò che deve essere eliminato. Almeno inizialmente, non si può pensare di poter essere profittevoli nel medio-lungo periodo basando la propria operatività su sentimenti, emozioni e soggettività. Il piano di trading, quindi, aiuta ad eliminare questi aspetti attraverso la definizione e la stesura di poche e semplici regole che,

per ogni ordine inserito e per ogni operazione aperta, dovranno essere totalmente applicate ed esaustivamente rispettate. Avere un piano di trading vi permetterà di essere disciplinati, di avere autocontrollo, di sapere sempre cosa fare nelle varie situazioni che possono manifestarsi e di mettere da parte l’impulso e l’impazienza.

Molti aspiranti trader, presi dall’euforia di aver contabilizzato un profitto, pensano di avere

quell’intuito sufficiente per poter operare sul mercato finanziario senza avere le necessarie conoscenze o senza aver fatto le indispensabili analisi; ben presto, però, si accorgeranno che il loro “naso” non basta e che le perdite inizieranno a sopraffare i profitti, portandoli al fallimento.

“Irrazionalità, soggettività, impulso, emozione, follia, sentimento ed impazienza. Tutti aspetti da eliminare nel Forex: ecco perchéserve dotarsi di un buon piano di trading”

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Ma cosa deve contenere un buon piano di trading? Essenzialmente deve essere composto da

quattro parti: sapere quanto si vuole rischiare per ciascuna operazione, chiarire i setup di ingresso, specificare setup di uscita e mettere per iscritto qualcosa che deve essere fatto dopo aver appreso la notizia della perdita o del profitto derivante da una posizione aperta. Questo documento, poi, dovrà essere stampato e messo in bella vista di fianco al pc con cui

opererete, in modo da poterlo sempre consultare e, di conseguenza, rispettare. Analizziamo, quindi, punto per punto queste macro classi che il nostro piano di trading dovrà contenere.

Iniziamo dal quanto si vuole rischiare per ogni operazione; questo tema l’abbiamo già trattato nel capitolo precedente, quando abbiamo parlato di money management. Il consiglio è quello di non destinare più del 2% del saldo del conto per ogni trade; solo così si eviterà di essere

sovraesposti e, in caso di perdite, di veder calare considerevolmente i soldi depositati. In questo ambito potete seguire delle operazioni molto semplici per legare il 2% allo stop loss: calcolate il 2% del vostro saldo; dividete questo ammontare per il numero di pip che separano l’entry level dallo stop loss e, così facendo, avrete ottenuto quanto rischierete/incamererete

per pip; a questo punto non vi resta che aprire la quantità di micro lotti che soddisfa questo valore.

L’aspetto legato ai setup di ingresso e di uscita dal mercato l’abbiamo trattato nel precedente paragrafo; ve ne abbiamo proposti tre: pin candle, inside candle ed engulfing pattern. L’uscita, generalmente, avviene in automatico con il take profit, a meno che non si formi un chiaro e netto segnale di inversione del trend.

“Cosa deve contenere un buon piano di trading? Quanto capitale destinare ad ogni operazione, i setup di ingresso e di uscita ed un’attività da svolgere ogni qual volta si chiude un’operazione, positiva o negativa che sia”

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L’ultimo punto che deve prevedere un buon piano di trading è quello di trovare un’attività da

fare nel momento in cui si apprende la notizia che una posizione si è chiusa, a prescindere che venga contabilizzato un profitto o una perdita. Questo è volto ad evitare che nel trader si formi la voglia di rientrare a mercato per recuperare subito l’eventuale perdita o, in caso di profitto, per cercare di mettere a segno un’altra operazione con guadagno. Le azioni sono le

più svariate ed ognuno di voi sarà in grado di trovare la più appagante e la più rilassante: si va dalla partita al videogame preferito alla corsa, dalle flessioni al mangiare una caramella, dal leggere un capitolo di un libro allo scrivere un commento all’operazione stessa. Insomma, fate ciò che vi pare, ma prendetevi una pausa di 10/15 minuti per smorzare la tensione, positiva o

negativa che sia.

“Correte, leggete, scrivete, mangiate una caramella, fate flessioni o addominali. Fate ciòche vi pare, ma prendetevi 10/15 minuti di pausa dopo aver appreso la notizia che un’operazione si èchiusa”

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7.4 – Alcuni esempi …

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“The last, but not the least”. Per ultimo, non per ordine di importanza, abbiamo deciso di

inserire un paragrafo in cui vi proponiamo alcuni esempi di operazioni eseguite nei mesi scorsi con riferimento alla tecnica della Price Action Daily che vi abbiamo introdotto e spiegato nelle sezioni precedenti di questo settimo capitolo.

Iniziamo dal primo: EUR/GBP. Sono le 22.30 circa dell’8 aprile 2013 e sul grafico di questo cross valutario vediamo un chiaro esempio di engulfing pattern rialzista (cerchio a sfondo

giallo) su un up-trend come testimoniato dalla pendenza positiva della media mobile esponenziale a 21 periodi. Come si evince dal grafico che vi proponiamo di seguito, il risk/reward è molto interessante visto che il massimo dell’inside è al di sopra del supporto in area 0,8498; la prossima resistenza, posta a 0,8718 è decisamente lontana. C’è spazio per

uno strappo rialzista.

“Vediamo qualche esempio. Iniziamo dall’engulfing pattern rialzista manifestatosi l’8 aprile 2013 sul cross valutario che mette in relazione l’Euro con la Sterlina Inglese”

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Cosa fare? Semplice. Si decide di inserire un ordine long con entry level su rottura del

massimo dell’inside a 0,85149 e stop loss sul minimo della outside a 0,84620 (- 50,90 pip). Nella mia operatività sono solito impostare una chiusura parziale di 1/3 della posizione al raggiungimento del risk/reward di 1:1 (in questo caso 0,85658). Il take profit finale, analizzando anche quanto fatto dal prezzo nelle settimane precedenti, lo fissiamo a 0,86210

(+ 106,10 pip). Cosa fare ora? Ipotizziamo di avere sul conto 5.000 euro. Prendiamo il 2% di 5.000 euro (100,00 euro) e dividiamo tale importo per il numero di pip che separano entry level dallo stop loss, ossia 50,90; il risultato è 1,964 euro per pip (è quanto siamo disposti a perdere per pip in questo trade). Dalla piattaforma sappiamo che possiamo acquistare 16

micro lotti (corrispondenti a 1,90 euro per pip). L’ordine è inserito.

Cosa succede nei giorni seguenti? Ecco il grafico.

“Dopo aver descritto l’operazione, vediamo quali sono i principali punti chiave da impostare nell’ordine. Abbiamo previsto la chiusura parziale di 1/3 dell’operazione aperta al raggiungimento di R/R 1:1”

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Tutto come annunciato. Nella seduta del 9 aprile 2013 l’ordine viene eseguito ed i corsi

mostrano praticamente subito quello strappo rialzista tanto atteso. Il 16 ed il 16 aprile 2013 vengono centrate la chiusura parziale (C.P.) ed il take profit finale, portando a contabilizzare un profitto di 32,24 euro prima (1,90 /3 x 50,90) e di 134,39 euro poi (1,90 x 2/3 x 106,10). Nel complesso, quindi, l’operazione ha fruttato 166,63 euro.

Vediamo una seconda operazione; siamo al 17 aprile 2013 e vediamo che sul grafico dell’oro (XAU/USD) si forma una pin candle ribassista in favore del trend. L’analisi del rapporto

rischio/rendimento è molto positiva: a fronte di un’escursione della candela di circa 3.000 pip, c’è spazio di movimento quasi doppio.

“Il risultato di questo primo esempio? Molto positivo. I prezzi hanno manifestato il movimento rialzista annunciato ed in una settimana il profitto complessivo è di 166,63 euro. Passiamo alla seconda operazione, quella sull’oro del 17 aprile 2013”

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Decidiamo di impostare un ordine short con entry level a 1.364,90, stop loss a 1.395,15 (-

3.025 pip), chiusura parziale a 1.334,65 e take profit finale a 1.323,12 (+ 4.178 pip). Prendiamo sempre i nostri 100,00 euro e li dividiamo per 3.025 pip: 0,033 euro per pip. Possiamo acquistare 4 micro lotti (0,03 euro per pip).

Qui il risultato non è stato positivo come nel caso precedente. L’ordine è stato triggerato nella seduta seguente, quella del 18 aprile 2013; a dir la verità i prezzi hanno dapprima sfiorato la nostra chiusura parziale, per poi andare a centrare lo stop loss. In questo caso si contabilizza

una perdita, pari a 90,75 euro.

“Come si è conclusa l’operazione sull’oro? Non bene, nonostante il chiaro segnale di price action e l’operazione in trend. Può capitare: in ogni lavoro ci sono delle perdite o dei costi da mettere in conto. L’importante è saperle gestire: - 90,75 euro sono sostenibili per un conto di 5.000 euro”

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Facciamo un terzo esempio. Vediamo l’EUR/JPY il 4 marzo 2013. Con il classico cerchio a

sfondo giallo abbiamo evidenziato una pin candle rialzista molto interessante visto che, in questa seduta, i prezzi sono andati a testare il livello di supporto posto in area 121,067 ed hanno chiuso al di sopra di questo punto chiave.

Inseriamo un ordine long con entrata a 121,982, stop loss a 121,100 (- 88,20 pip), chiusura parziale di 1/3 della posizione a 122,860 e take profit finale a 123,650 (+ 258,30). Prendiamo sempre i nostri 100,00 euro, ossia il 2% di un conto da 5.000 euro, e dividiamoli per 88,20:

troviamo che la perdita massima che siamo disposti a sopportare, per pip, è di 1,134 euro. Acquistiamo, quindi, 14 micro lotti (1,09 euro per pip).

“Vediamo la terza ed ultima operazione. Si tratta della pin candle rialzista formatasi il 4 marzo 2013 sul cross valutario Euro/Yen giapponese. Ottimo il risk/reward in questa circostanza: quasi pari ad 1:3”

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Come si può vedere dal grafico di cui sopra, i prezzi hanno manifestato il movimento desiderato ed il 7 marzo dello stesso mese, è stata raggiunta sia la chiusura parziale che

quella finale. Profitti di 32,05 e 187,70 euro. Totale pari a 219,75 euro. Niente male, vero?

“Come si è chiusa l’operazione? Molto bene visto che i corsi, in soli tre giorni, hanno centrato sia la chiusura parziale che il target finale, portando ad un profitto complessivo pari a 219,75 euro ”

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CONCLUSIONIQuesto primo viaggio nel mondo del Forex è giunto al termine. Gli aspetti e gli argomenti che

meriterebbero degli approfondimenti sono tanti; troppi per poter essere discussi in modo esaustivo all’interno di un solo e-book. Crediamo di aver selezionato i principali e ci siamo ripromessi di trattarli approfonditamente. L’obiettivo di questo e-book era duplice: far avvicinare nuovi potenziali trader all’appassionante ed entusiasmante mercato del Forex e

consentire ai trader neofiti di aumentare le loro basi informative e conoscitive. Molto spesso, all’interno dei vari capitoli, abbiamo posto l’attenzione sull’importanza che riveste la conoscenza, l’informazione e l’esperienza nei risultati conseguiti nel mercato valutario cosìcome in qualsiasi altro mercato finanziario; questo è il principale messaggio che vogliamo

veicolare.

Su Internet sono molteplici i banner che promettono sistemi per guadagnare migliaia di euro in poche settimane; siamo nel 2013: c’è ancora qualcuno che crede che nel Mondo ci sia gente seria e professionale disposta a regalarci soldi o a svelarci metodi infallibili? Suvvia, cerchiamo di essere realistici.

Lavorare nel Forex è affascinante, ma per farlo è necessario essere disposti a sacrificare parte del proprio tempo e delle proprie risorse per imparare un vero e proprio mestiere. Le

opportunità non mancano: libri cartacei o digitali, articoli di analisi sui principali quotidiani finanziari, forum dei broker, seminari fisici ed interattivi, incontri didattici. L’importante è avere passione, motivazione e determinazione, come in tutte le cose del resto.

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Per esperienza personale, soprattutto nelle prime settimane, si vivono fasi alterne fatte di

profonda gratificazione e seguite da giorni di totale delusione; il “termometro psicologico”(chiamiamolo anche “spread psicologico”) sale e scende a seconda del numero di operazioni chiuse in profitto o in perdita. E’ normale, ma è qui che si capisce chi ce la potrà fare e chi, invece, abbandonerà presto e male questo appassionante mondo; è in questi casi che si

capisce chi è realmente motivato e chi, invece, non vuole utilizzare parte del proprio tempo per leggersi un libro o una guida su come utilizzare un indicatore o su come tracciare correttamente le trendline.

Siate professionali prima ancora di essere professionisti: se all’inizio vi può aiutare ad aumentare la motivazione, pensate anche che tra dieci anni avrete il vostro studio, con dieci

computer pieni di grafici davanti a voi, con una macchina di lusso parcheggiata sotto e una bottiglia di buon vino vicino per brindare ai successi; ma poi cercate di svegliarvi: non siamo in un film. Se aprite un conto depositerete i vostri soldi, quelli che avrete guadagnato con la fatica e con lo stress, quelli che meritano una gestione oculata, seria e professionale, non

quelli che meritano di essere sperperati con una semplice puntata Buy/Sell.

Le tecniche viste nel libro ed il piano di trading sono fondamentali, ma vi garantiranno un

approccio solido solo dopo che avrete letto, capito, accettato e condiviso queste righe.

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NOTE SULL’AUTORE

Laureando con una tesi dal titolo “L’analisi tecnica nei mercati finanziari: dalla teoria all’operatività”, Matteo Torti èiscritto al secondo anno della Magistrale in Management per l’Impresa all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Si è appassionato alla materia nel 2011 e, giornalmente, si occupa di inserire articoli guida, analisi ed approfondimenti su www.e-investimenti.com, blog curato da SeoWebbs.

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