Tutti i diritti riservati proprietà ARTIS s.n.c. · La Dott.ssa Giuliana Zavadini Con l ’Alto...

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  • Tutti i diritti riservati propriet ARTIS s.n.c.

    Foto di copertina: Fondazione Archivio Ansaldo - nn. 34566 ruota polare di alternatore trifase per centrale diPorto della Torre (MI), Stabilimento Elettrotecnico Ansaldo

    Foto II e III di copertina incisione palazzo di via Veneto, sede di Fintecna gi sede dellIRI - Roma

    Foto depoca: Fondazione Archivio Ansaldo

    Foto delle opere darte in catalogo: Fotografia Antonio Idini

    Foto pag. 96 - Italsider - Arnaldo Pomodoro accanto alla sua Colonna del Viaggiatore nella fabbrica di Lovere, 1962

    Foto archivio Beverly Pepper, Foto archivio Eugenio Carmi, Foto archivio Sinisca, Foto archivio Luigi Gheno

    Foto copertine della rivista Civilt delle macchine - Edindustria

    Impaginazione e stampa:

    ISBN: 978-88-941330-1-1

    STAMPERIA ROMANA Srl - INDUSTRIA GRAFICA

  • METAMATERiadal 4 dicembre 2015 al 30 aprile 2016

  • PROGETTO E CURA:

    Maurizio Prato(Presidente)

    Riccardo Taddei(Direttore Generale)

    Giorgio Incurvati(Direttore del Personale)

    Coordinamento generaleSabrina Fiorino(Artis snc)

    Si ringraziano:

    il personale Fintecna per la collaborazione e lacquisizione del materiale documentario;

    CDP Immobiliare srlper il prestito dellopera di Arnaldo Pomodoro Colonna del viaggiatore

    SOCIETA PER CORNIGLIANO SpAper il prestito dellopera di Beverly Pepper Salute a Genova

    Un particolare ringraziamento ad Emilio Acerna (Presidente Edindustria) per il prezioso contributo, per i riferimentistorici, le donazioni e i prestiti

    CATALOGOgmgprogettocultura

    Testi, ricerche e documentazione:Claudia Canalini(Storica dellarte)Nicoletta Provenzano(Storica dellarte)Sabrina Fiorino(Conservatrice)Paolo Bertoletti(Professore di Psicologia, esperto darte)Carlo Fabrizio Carli(Storico e critico darte)

    Per le interviste rilasciate, la generosa disponibilit e il tempo dedicato si ringraziano gli artisti:Beverly Pepper, Eugenio Carmi, Luigi Gheno, Arnaldo Pomodoro, Sinisca

    e il gentile supporto dei collaboratori:Antonio Buonfiglio, Michele Ciribifera, Bitta Leonetti, Carmine Siniscalco, Elisa Veschini, Sara Villa

    Fotografie:Studio IdiniFondazione Archivio AnsaldoFoto archivio PepperFoto archivio CarmiFoto archivio SiniscaFoto archivio GhenoFoto archivio Pomodoro

    Progettazione grafica e stampa:Stamperia Romana gmgprogettocultura

    Restauri:Antonio Buonfiglio, Michele Ciribifera, Sabrina Fiorino

    Realizzazione allestimento:Progetto Artiser snc

    Si ringrazia per il trasporto dellopera di Eugenio CarmiVincenzo Elifani(Sagad srl)

    Video promo:Dario Antimi Matteo Sposini

    Si ringraziano:La Presidenza del Consigliodei Ministri-Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (DIS)La Fondazione Arnaldo Pomodoro La Soprintendenza Archivistica MiBAC dellArchivio Centrale dello StatoIl Prof. Alessandro Tinterri La Dott.ssa Giuliana Zavadini

    Con l Alto Patrocinio del Ministero dei Beni e le Attivit Culturali e del Turismo

    S.p.A.

    Con il sostegno di:

  • Il Palazzo di via Veneto consegna al grande pubblico di Roma un percorso tra le opere del patrimonio storico artistico dellallora Istituto per la Ricostruzione Industriale. Ledificio appare dallesterno imponente e austero, in realt nasconde dentro di s unanima dinamica e attiva, che, fin dalla nascita dellIRI, ha contribuito in modo decisivo a dare vita a molte delle pi significative iniziative, in un contesto di grandi trasformazioni economiche e sociali, che hanno fatto la storia industriale del nostro Paese. Di questa importante pagina italiana, nata ormai pi di ottantanni fa, c un passag-gio forse poco conosciuto ai pi, che, a mio avviso, riveste una rilevanza straordina-ria: la stagione dellimpresa pubblica degli anni 50 e 60, che ha saputo riconoscere, con grande lungimiranza e con visioni di ampio respiro, lassoluta centralit della cultura e dellarte, quali valori necessari e imprescindibili per il suo sviluppo.Attraverso lapporto di industriali illuminati, il cambiamento epocale di quegli anni fu affidato alle voci di intellettuali e artisti, assegnando uno spazio di primo ordine alle loro eloquenti testimonianze e allingresso della cultura nei meccanismi dellimpresa. Importanti opere darte, che attestano questo straordinario fermento, figurano nellambito della mostra MetaMateria, che si accompagna alle opere della rivista Civilt delle Macchine, modello culturale di ineguagliato livello. La Fintecna, memore di questa grande lezione, diventa custode di tali valori con li-stituzione di un polo espositivo. Tutto ci consolida in me la profonda convinzione che questo spazio e le attivit proposte, possano rappresentare un modello e un punto di riferimento interdisciplinare per costruire corrette pratiche di cambiamento, intro-ducendo spunti di riflessione che aspirino a sviluppare coscienza critica, culturale e sociale.

    Maurizio Prato

    (Presidente Fintecna S.p.A.)

  • La storia della collezione darte Fintecna, definita negli ultimi anni in modo organi-co dalla valorizzazione delle opere esistenti in loco e ricostruita attraverso lo studio degli eventi che hanno frammentato lunit di tutte le raccolte dellI.R.I., restituisce oggi, non solo lidentit di unazienda, ma anche il rapporto, forse unico, di una grande cultura dimpresa che ha sempre avuto stretti legami con gli artisti. Da qui emersa la necessit di una divulgazione dei beni, come progetto di restituzione alla memoria collettiva, attraverso listituzione di un polo museale permanente, fruibile, che diventi uno spazio di salvataggio critico dei saperi e dei significati simbolici di un cambiamento sociale, civile ed epocale. Lo sviluppo naturale di questo progetto quello di incentivare iniziative culturali, soprattutto attraverso mostre temporanee connesse a questi contenuti, che diventino occasione per riallacciare trame storiche a nuove prospettive di indagine e riflessione legate allarte.Tali iniziative sono soprattutto inviti a unesplorazione matura dei beni storici che indagavano il futuro dellindustrializzazione, ma sono anche il tentativo di avviare un percorso coinvolgente, con i linguaggi dellarte contemporanea, in grado di generare unanalisi critica della nostra societ.Il catalogo e la mostra MetaMateria rientrano in questo ampio, complesso, ma entu-siasmante progetto di valorizzazione e diffusione della conoscenza intrapreso dalla Fintecna e dai curatori.Sento di rivolgere molti, sinceri e calorosi ringraziamenti a quanti hanno reso possi-bile questo straordinario evento culturale, lavorando con impegno e grande profes-sionalit.Desidero esprimere particolare riconoscenza per il prezioso sostegno dato allinizia-tiva agli sponsor, che condividono con noi valori come cultura e arte nelle aziende, come motori di sviluppo e innovazione.

    Riccardo Taddei (Direttore Generale Fintecna S.p.A.)

  • Il palazzo storico che stato la sede dellI.R.I. in Via Veneto, grazie alla volont e alla sensibilit dei nostri amministratori, ha subto in questi ultimi anni, attraverso impor-tanti opere di ammodernamento e messa in sicurezza, una profonda trasformazione. Alcuni ambienti, precedentemente destinati ad esclusivo uso interno, sono diventati luoghi di prestigio per convegni ed incontri istituzionali.Tale valorizzazione ha fatto s che potesse realizzarsi lidea di creare uno spazio de-stinato ad ospitare le opere della collezione Fintecna. Il nucleo composto da oltre sessanta opere tornate alla luce grazie a un progetto di studio e restauro, volto a creare il nuovo polo museale permanente dell Auditorium Via Veneto. Lobiettivo di questultima metamorfosi quello di rafforzare lidentit aziendale attraverso larte e la cultura, consentendo, in pari tempo, la fruibilit ai nostri dipendenti e al pubblico di una importante collezione di autori contemporanei che, con la mostra Ingegni dArte dello scorso anno, ha fatto riscontrare un grande interesse anche da parte di studiosi e intellettuali.Le responsabilit che competono al ruolo che ricopro in azienda mi richiedono di prestare la necessaria attenzione a tutti gli strumenti che possono, a vario titolo, con-correre alla valorizzazione, alla crescita professionale e allo sviluppo delle risorse. In tal senso, questa iniziativa mi offre lopportunit di aprire una riflessione sul va-lore che larte pu rivestire allinterno dellimpresa: il nostro patrimonio culturale unopportunit formativa e comunicativa, ma non solo, loccasione per rafforzare la coesione e il senso di appartenenza aziendale, insieme alla diffusione di un modello relazionale pi proficuo e positivo.Le arti, portate nella vita di unazienda, possono essere in grado di aumentare la no-stra capacit percettiva, favorire un approccio consapevole e consentire di elevare la qualit di quello che facciamo, che siano rapporti, processi o prodotti. Intraprendere un percorso di alto valore culturale, come quello rappresentato dalla nuova iniziativa MetaMateria, la dimostrazione di quanto gli scambi, lapertura e le relazioni possano rappresentare un fattore incredibile di ricchezza e di crescita per lazienda e la collettivit.

    Giorgio Incurvati

    (Direttore del Personale Fintecna S.p.A.)

  • Ci auguriamo, con questo catalogo, di poter dare un contributo significativo che ren-da noto al pubblico il ruolo guida che aveva assunto larte allinterno dellimpresa tra gli anni 50 e 60.Consapevoli dellimportanza di quella stagione e dellesempio che pu rappresentare oggi, abbiamo riallacciato i rapporti con alcuni degli artisti che in quegli anni hanno collaborato con le istituzioni, per restituire ai lavoratori e alle imprese la loro dimen-sione umana. La ricostruzione storica del periodo stata completata dai contributi che Beverly Pepper, Eugenio Carmi, Luigi Gheno, Arnaldo Pomodoro e Sinisca hanno voluto of-frirci: opere scultoree, testimonianze fotografiche e interviste, che rappresentano i percorsi che hanno cambiato i linguaggi dellarte e della societ moderna.La mostra MetaMateria intende documentare, ricomporre e recuperare, in maniera corale, lesperienza di un fenomeno tutto italiano, che ha saputo dimostrare quanto la cultura e la responsabilit sociale, se inserite nel processo industriale, conducano alla riflessione sul vero progresso umano.Allora come oggi necessario che questo impegno sia affidato al mondo della cul-tura per avere, ancora una volta, loccasione di esplorare la realt contemporanea attraverso le riflessioni degli artisti che, rispondendo ai veri bisogni sociali, genera-no autonomia e capacit critica. La funzione inalienabile dellarte allinterno della societ deve essere ribadita ogni giorno, prendere coscienza che il servizio reso allartista un servizio reso alluomo un dovere. Quando le aziende investono in arte, danno prova di una grande maturit civica, come segno di rispetto e attenzione verso la comunit in cui operano, contribuendo alla crescita intellettuale e spirituale, individuale e collettiva. Questo il lavoro, prima di tutto concettuale e poi direttamente pratico, a cui sen-tiamo di dover aderire come curatori e restauratori attraverso il nostro impegno di recupero e valorizzazione, il quale racchiude in s una doppia funzione: quella di atto conoscitivo e insieme di azione di salvaguardia, per preservare queste testimonianze, descriverne il valore profondo materiale e immateriale e offrire un modello alle istitu-zioni che possono fare la differenza nella societ.

    gmgprogettocultura

  • INDICE 16 L'arte in fabbrica

    18 Il Mecenatismo della Mano Pubblica Carlo Fabrizio Carli

    22 Restituzione pubblica e cultura dimpresa Paolo Bertoletti

    26 Scultura in fabbrica: da dimensione funzionale a dimensione spirituale

    30 Sculture nella Citt: Spoleto 62 52 artisti per 104 opere

    35 Artisti in mostra

    37 Beverly Pepper. La scintilla della forza creativa

    55 Eugenio Carmi. Laminati al servizio creativo

    65 Luigi Gheno. Da scarti di lavorazione a citt industriale

    81 Sinisca. Variabilit della materia

    97 Arnaldo Pomodoro. Viaggio nei codici del futuro

    106 Pensiero critico e altre narrazioni

    109 Bibliografia

  • L' ARTE IN FABBRICA

    La fabbrica non deve limitarsi a produrre oggetti,

    ma deve fare cultura.

    Gian Lupo Osti

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    gmgprogettocultura METAMATERIA

    Nel panorama industriale italiano degli anni 50 e 60 del Novecento, sotto la spinta propulsiva della rico-struzione postbellica, larte e lindustria danno vita ad un eccezionale connubio in grado di analizzare

    e interpretare i bisogni di un Paese, mosso da una voglia inarrestabile di rigenerazione e progresso. La sperimen-tazione e laffinamento dei nuovi materiali, portano lin-dustria ad uno sviluppo esponenziale che la caratterizza quale catalizzatore economico dellintero Paese. Limpatto dellindustrializzazione coinvolge direttamente anche larte che, nel tentativo di liberarsi dai canoni tra-dizionali del proprio fare, sperimenta nuove tecniche di produzione utilizzando materiali di recupero industriale.La scultura in particolare, tesa a superare il suo legame con la figurazione, trova nelle materie dindustria degli alleati per fare di se stessa una costruzione plastica in grado di colloquiare con lo spazio, di rappresentare la poesia della forma, di appropriarsi dellalternarsi ritmico della luce e delle ombre e di riuscire ad essere una libera estensione e rappresentare, cos, lo slancio propulsivo che caratterizza la societ di quegli anni. I prodotti della civilt industriale diventano materia duttile e versatile nelle mani degli ar-tisti, che li plasmano in forme pure in cui racchiudere la forza creatrice. La metamorfosi della materia, il suo tra-sformarsi da prodotto strettamente pratico e strumentale a forma dello spirito, d il titolo alla mostra MetaMate-ria, che analizza il rapporto instauratosi tra la scultura e

    lindustria attraverso le opere e la testimonianza diretta di cinque artisti contemporanei: Beverly Pepper, Eugenio Carmi, Luigi Gheno, Arnaldo Pomodoro e Sinisca. Protagonisti di una stagione culturale straordinaria, non solo reinterpretano i materiali seguendo un cambiamento epocale, ma entrano a contatto con il mondo dellindu-strializzazione mettendo al centro della loro ricerca arti-stica e tecnica luomo, loperaio e gli spazi della fabbrica. Gli artisti presenti in mostra, esponenti di spicco delle ricer-che formali degli anni 60, vivono lesperienza industriale in modi diversi, ma tutti sanno cogliere le trasformazioni sociali e ambientali di unItalia che stava cambiando il suo volto durante il boom economico. Il confronto tra le tecniche di produzione industriale e il sapere tecnico-artistico, porta anche alla scoperta e alla sperimentazione di nuove soluzioni negli stessi meccani-smi produttivi. Dallambiente siderurgico i cinque protagonisti traggono spunto creativo e cercano di rigenerarne i meccanismi, le misure, lorganizzazione, le possibilit. Assorbono gli am-bienti quanto pi possono, instaurando rapporti umani profondi con chi vi lavora. La loro storia ci insegna che la creativit e il valore umano non si coltivano solo in paesag-gi assolati o in ambienti ovattati, ma traggono ancora pi forza e motivazione in luoghi di sudore e di fatica, luoghi in cui speranze e bisogni sono ancora materiali e forme futuribili da forgiare.

  • IL MECENATISMO DELLA MANO PUBBLICACARLO FABRIZIO CARLI

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    gmgprogettocultura METAMATERIA

    Quelle che le giovani studiose di GMGProgettoCul-tura vanno, con iniziative davvero meritevoli, stu-diando e, per cos dire, riportando alla luce, sono le testimonianze superstiti di una grande pagina eco-

    nomica, ma anche pi estesamente culturale, che coinvol-ge mezzo secolo di storia italiana; di quelle che andarono pure sotto il nome di Partecipazioni Statali e, in partico-lare, dellIRI. E lecito, naturalmente, avanzare valutazioni e bilanci di-versi di questa esperienza di Stato imprenditore (tant che ad essa stato posto termine), con sullo sfondo la ri-costruzione del Paese dopo la disfatta militare e il mira-colo economico italiano (anche se i prodromi sono ante-cedenti, da ricondurre agli anni Trenta, con il salvataggio da parte dello Stato di alcune grandi banche; lo scenario internazionale era allora la terribile crisi economica), ma non si pu contestarne limportanza e, si vorrebbe dire, la grandiosit.Fatto sta che la Mano pubblica esercit un vero e pro-prio mecenatismo interessante vari ambiti della cultura e in particolare quello delle arti visive. A dire il vero, di mo-derno mecenatismo si davano esempi anche nel campo dellimprenditorialit privata: memorabile quello dellOli-vetti ad Ivrea, grazie alla illuminata lungimiranza di una fi-gura dai contorni ormai quasi mitici come Adriano Olivetti; ovvero, in ambiti, via via pi circoscritti, dei Marzotto pro-motori a Valdagno dellomonimo Premio, al tempo assai rilevante; o dellindustriale di laterizi Giuseppe Verzocchi, con la sua raccolta pittorica in cui aveva coinvolto una set-tantina dei pi noti artisti italiani del tempo.Eppure piace pensare che nel mecenatismo di Stato ope-rasse un suggerimento, e forse pi di questo, da parte della cosiddetta legge del 2% che, in realt, riguardava soprattutto larchitettura e i suoi rapporti con le arti visi-ve, disponendo che il 2% della cifra complessiva stanzia-ta per un qualsivoglia edificio realizzato dallo Stato fosse destinato allacquisizione di sculture o pitture destinate a decorarlo. La legge del 2% fu approvata ufficialmente nel 1942, ma era de facto operante gi da alcuni anni; inoltre, seppure in genere poco e male applicata, fu recepita dallo Stato repubblicano ed tuttora in vigore. E lecito ipotiz-zare che essa esercitasse un influsso di trascinamento in ambiti contigui.Nel suo articolato complesso - suddivisa in molteplici sedi e realt societarie, quanto sprovvista di un disegno e per-

    fino di una volont conservativi - quella dellIRI merita co-munque di essere considerata la maggiore raccolta di arte italiana del secondo 900. Purtroppo di essa si deve oggi parlare al passato: Nellarco di mezzo secolo, i passaggi societari, i cambi di sedi, le liquidazioni, lincuria e le alie-nazioni operate con le aste, hanno condotto al progressivo smembramento. Cos, giustamente affermano i curatori delliniziativa; come frutto concreto della quale lecito chiedere venga sancita linalienabilit di quanto sopravvis-suto e assicurata lesposizione permanente e unitaria. Se, nel tempo, mancarono un regista a coordinare le acqui-sizioni e uno studioso a scongiurarne la dispersione, oggi non lecito essere ulteriormente disattenti. Gi nel 1989 unimportante mostra allestita a Roma in Pa-lazzo Venezia (IRIARTE, Antico e moderno nelle collezioni del Gruppo IRI; a cura di Italo Faldi, Renato Laschena, Ma-risa Volpi, Federico Zeri), che peraltro era per una buona met dedicata al patrimonio pi storicizzato, ovvero alle opere datate dallantichit classica allOttocento, aveva avuto il merito di richiamare lattenzione degli intendito-ri sulla sorprendente entit (soprattutto qualitativa) e la molteplicit tipologica del patrimonio, senza per giunge-re ad assicurarne la sistemazione e la fruibilit.Una volont umanistica (pi che un vero e proprio proget-to) indirizzava quel mecenatismo di Stato, si trattasse dei grandi arazzi tessuti su cartoni di artisti italiani contempo-ranei, destinati ai saloni di rappresentanza dei transatlanti-ci, orgoglio della nostra marina mercantile (la Leonardo da Vinci, la Michelangelo, la Raffaello); oppure il molteplice coinvolgimento di poeti, scrittori, artisti visivi, scienziati, architetti ingegneri, celebri fotografi a rivendicare che le macchine e leconomia, dovevano avere unanima; non potevano essere considerate valori fini a se stessi, come vertici di una gerarchia fatta di soli bilanci, produttivi-t, efficienza. Del resto, non era forse lItalia la terra della Classicit, di una mai inter-rotta tradizione umanistica? In concreto: gran parte degli ingegneri e dei tecnici non si erano allora formati nel liceo classico? Anche il vivacissimo dibattito aperto dal famoso saggio di Charles Percy Snow sulle due culture, che si pa-

    Bruno Chersicla, Leonardo Sinisgalli, 1978grafite-acquerello, cm 24 x 18

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    gmgprogettocultura METAMATERIA

    ventava, e non ci si rassegnava ad accettare, inconciliabili, recava sostanza alle iniziative dellIRI.Lungimirante si rivel anche la scelta, quale consulente culturale, di Leonardo Sinisgalli, poeta tra i pi originali del Novecento Italiano, ingegnere con la passione della mate-matica, scrittore, giornalista, critico darte, perfino pitto-re: fu lui a ideare e titolare la rivista dellIRI Civilt delle Macchine. A prima vista poteva essere giudicata una delle riviste aziendali (di grandi aziende), al tempo assai diffuse, nate per collegare tra loro il personale e presentare le pro-prie realizzazioni alla classe politica, alle societ amiche e a quelle concorrenti. Rivista qui declinata nellaccezione pi alta, frutto di un vero mecenatismo e ispirata a un proget-to alto e ambizioso. La testata usc per 27 anni, a partire dal 1953, con una cadenza che fu a lungo bimestrale. Civilt delle macchine fu presto idealmente affiancata da una seconda testata la Rivista Italsider, diretta da Carlo Fedeli e con responsabile artistico un altro personaggio fuori del comune, Eugenio Carmi, uomo di eccezionale e versatile cultura, pittore e scultore, tuttora in piena attivi-t.Che io sappia, nel panorama italiano, soltanto unaltra te-stata si prov a gareggiare con Civilt delle Macchine e questa fu Esso Rivista. Anchessa esibiva testi di primor-dine; ogni fascicolo aveva una copertina diversa, firmata da grafici e pittori di gran nome; comunque pi univoca-mente calibrata sul registro del design. La rivista dur un trentennio e fu, qualche tempo addietro, oggetto di una mostra presso la Galleria Nazionale dArte Moderna.Gi, le copertine: grande, meritato vanto di Civilt delle Macchine. A dire il vero, gli esordi ci appaiono oggi, ri-guardo la scelta delle immagini, alquanto incerti, pi in-fluenzati dalle scelte di tipo concettuale di Sinisgalli, che era assai intrigato da particolari di macchinari, capaci di far concorrenza ad opere astratte. Poi fu la volta della dire-zione di Francesco dArcais: in questo secondo momento, tutti i maggiori artisti del momento, non soltanto italiani, furono coinvolti nellimpresa. E un vero peccato che mol-te delle opere (furono in tutto 130) siano al momento di-sperse: nel loro complesso avrebbero costituito una stra-ordinaria e variatissima galleria, visto anche il pluralismo rispettato tra artisti astratti e figurativi, in un periodo in cui forti erano i toni della polemica tra le due tendenze.Ma, forse, un altro lepisodio che merita, ancora di pi, di assumere un valore simbolico del mecenatismo attiva-to dallIRI, nella fattispecie dallItalsider. Mi riferisco alla

    in alto: Umberto Mastroianni, Gioiello, co-pertina di, Civilt delle Macchine, n. 5-6 del 1972al centro: Alexander Calder, Teodolapio, co-pertina di Rivista Italsider, n.4 del 1962in basso: Victor Vasarely, Forme e contrasti cromatici, copertina di Esso Rivista

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    gmgprogettocultura METAMATERIA

    memorabile mostra a cielo aperto Sculture nella citt, allestita a Spoleto nel 1962, in occasione del Festival dei Due Mondi, ideata dallo storico e critico dArte Giovanni Carandente, con lappoggio di Giancarlo Menotti. Si tratt di una mostra che recep e impose la vocazione della scul-tura contemporanea a dimensione urbana. Carandente in-vit 52 scultori con 104 opere: tutti i maggiori scultori del mondo (scegliere il meglio era lobbiettivo dellideatore) aderirono entusiasticamente: da Arp ad Azuma, Chillida, Caro, Fontana, Lipchitz; da Manz a Marino, Mastroianni, Moore, Viani, Zadkine, tra i molti altri. LItalsider volle es-sere della partita e mise a disposizione di dieci artisti (Cal-der, Carmi, Chadwick, Colla, Consagra, Franchina, lallora giovanissimo Lorenzetti: autentico enfant prodige, Pepper, Arnaldo Pomodoro, Smith) i suoi stabilimenti (di Bagnoli, Cornigliano, Lovere, Piombino, Savona, Voltri) e il suo per-sonale per realizzarne le ideazioni degli scultori. Si tratt di uninvasione della citt, pacifica ma non effimera. Se ne parla ancora oggi come di un evento irripetibile; per tra-mandarne la memoria, Carandente chiese a Ugo Mulas di fotografare gli artisti al lavoro nelle vie di Spoleto.A diffe-renza di quanto si crede, il mecenatismo e la promozione della cultura, se attuate con intelligenza, possono spesso trasformarsi anche in felici operazioni economiche. Come ricordava con fierezza Carandente, le sculture in piazza di Spoleto, entrate oggi in musei e collezioni prestigiose, raggiungono in molti casi quotazioni assai elevate.

    Scultori in fabbrica: Nino franchina e Lynn Chadwick al lavoro nella fabbrica siderurgica di Cornigliano

  • RESTITUZIONE PUBBLICA E CULTURA DIMPRESA PAOLO BERTOLETTI

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    gmgprogettocultura METAMATERIA

    Dopo un anno ritorno nel palazzo che fu dellIRI (nome che Giorgio de Chirico aveva scherzosamente accostato alla divinit greca che impersona i colori dellarcobaleno). Attualmente FINTECNA che ne

    riassume strutture e funzioni restituendo un frammento non minore di storia dellarte della seconda met del no-vecento legata alle attivit dellItalsider. Risalendo via Vit-torio Veneto con Carlo Fabrizio Carli ammiriamo le vetrate di Sironi nel palazzo delle ex Corporazioni, poi diventato sede del Ministero dellIndustria (di Marcello Piacentini e Giuseppe Vaccaro) e giungiamo a via Versilia. Gentili cu-stodi in severa divisa ci accolgono e, dopo la verifica del passi, ci introducono da Sabrina Fiorino, curatrice delle-vento insieme a Nicoletta Provenzano e Claudia Canalini, che ci attende paziente per mostrarci il primo provviso-rio allestimento della mostra. Evento che riassume quan-to gi esposto un anno fa (e nel quale ebbi il privilegio di partecipare al catalogo) con un progetto ulteriore e am-bizioso che riassume una stagione artistico-industriale irripetibile. Un connubio tra arte e industria che ancora oggi, a ripensarlo, sembra utopistico o quantomeno im-probabile. Anche se non mancano precedenti significativi. Penso a personaggi come Riccardo Gualino, tra i maggiori industriali tra le due guerre e raffinato collezionista, alle-sperienza artistico-umanistica di Adriano Olivetti ad Ivrea, al connubio tra industria e musica realizzato da Antonio Pellizzari ad Arzignano, al conte-industriale Marzotto e al suo Premio per larte figurativa: forse il pi prestigioso del dopoguerra. E curioso come solo dopo tanti decenni mi sia reso conto che, da adolescente, mi ero trovato accanto ad una delle figure che parteciparono allo sviluppo di quel progetto oggi riproposto allattenzione del grande pubblico attraverso la riscoperta della rivista Civilt delle Macchine. Da ragazzo e fino alla sua scomparsa (1978) fui molto lega-to ad un mio zio piemontese, alessandrino, Fausto Bima. Frequentavo la sua casa. Mi seguiva negli studi. Diventai il suo medico. Si trattava di un personaggio singolare: pit-tore, scrittore, collezionista darte raffinato, intellettuale e politico non minore in unepoca fin troppo piena di fervori idealistici e ricostruttivi. Fu amico personale di Giuseppe Saragat e del ministro Roberto Tremelloni; soprattutto amico, collezionista e discepolo di Giorgio de Chirico (forse il suo unico allievo) e di quel grande uomo europeo ante litteram che era Alberto Savinio, come noto di Giorgio de Chirico fratello e, in qualche misura, rivale. Bima era un uomo dellIRI. Fece tutta la sua carriera di-

    rigenziale in quell Ente, dopo il ritiro dalla politica attiva allAnsaldo di Genova, e ivi traspose il suo ingegno e la sua passione coinvolgendo proprio de Chirico, tra gli altri, al progetto di sintesi tra arte e industria. A lui devo parte della mia formazione e anche un primo concreto guada-gno economico correlato proprio allIRI e al suo nascente rapporto con larte. Avevo sedici anni (1959) quando, per puro caso, gli segnalai una incisione musicale di Aleksandr Vasilevi Mosolov (che ancora conservo, un vecchio e in-tonso settantotto giri) relativa alla musica della fabbrica, per la fabbrica e nella fabbrica. Il brano aveva come titolo Fonderie dacciaio, musica di macchine per lOrchestra Sinfonica della EIAR, diretto da Victor de Sabata. Faceva parte di una collezione di musica donatami dal gi citato Antonio Pellizzari noto industriale, ottimo musicista e di-rettore dorchestra amico di mio padre Giorgio. Ricordo lo stupore con il quale accolsi un assegno regolarmente fatturato per quella fortunata segnalazione. Ma non po-tevo immaginare che questa fosse destinata alle ricerche relative alla nascente Civilt delle Macchine. Fausto Bima tuttora presente nella storia di Civilt delle Macchine e il suo lavoro non caduto nelloblio. Ne sono chiari e con-creti testimoni i pastelli di Giorgio de Chirico che proprio attraverso Bima furono donati dal maestro allIRI. E il suo libro Armadio 44, presente nel catalogo Ingegni dArte (a cura di gmgprogettocultura, 2014) ha in copertina il ri-tratto in costume che de Chirico gli fece e regal. Passeg-giando tra le opere esposte negli ambienti, che definirei opulenti, del palazzo che fu dellIRI si scorgono in mostra, sciorinati con gusto, frammenti darte che, a distanza dellepoca e della ragione per la quale furono concepiti, retituiscono appieno fascino e valore di quel progetto. E pensare che, mi dicono, essi sono solo una parte mode-sta, ancorch eccellente, della primitiva collezione. Gli am-bienti, si diceva sono ricchi, sovrabbondano di spazio e ar-redi di pregio e gusto raffinato. Qu e l si scoprono opere, non in mostra, di interesse non minore come una grande tela,forse, di Gisberto Ceracchini e un bel dipinto di Aldo Carpi, gi direttore di Brera. Ebbi la fortuna di conoscere in modo non occasionale questo artista sensibile e di valo-re. Ero amico personale del figlio Fiorenzo, musicista che rese celebre Ornella Vanoni con le canzoni della malavita. Insomma gli ambienti del palazzo ci (mi) introducono alla riscoperta di un frammento di storia culturale, sociale, ar-tistica e industriale che non credo sia facilmente recupe-rabile altrove. Del resto, al di l del citato Fausto Bima il

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    gruppo di personalit che sostennero e realizzarono il pro-getto fu veramente eccellente. Due nomi su tutti, come Leonardo Sinisgalli e Eugenio Carmi, emergono a loro volta come atipici geni divisi tra poesia, scultura, pittura e impegno industriale. La mostra essenzialmente ripropo-ne i contributi di tutti coloro che realizzarono le copertine della rivista. E si rinnova con una specifica esposizione di sculture che si integrano con i temi di Civilt delle Macchi-ne. Tali sculture e gli artisti che le hanno realizzate ci intro-ducono in una dimensione ardita e ricca di implicazioni e speculazioni filosofiche oltre che estetiche. La dimensione metamaterica citata nel titolo della mostra.A quale categoria estetica ci si vuole riferire con il concet-to di metamateria riferito alla scultura? La metamatericit sembra, nella sua coniugazione antinomica con la materi-cit (propria della scultura e dellarte in generale, esclusa la musica e la letteratura), particolarmente significativa se messa in relazione al binomio Industria-Arte. Anzi la scultura, proprio perch ipermaterica di suo, rappresen-ta icasticamente uno dei poli di riferimento dellantinomia che esce cos dalla apparentemente insolubile aporia che i termini costituenti rappresentano. E si tratta di un pro-cesso di non poco conto. Il connubio materia dindustria-materia darte potrebbe apparire un azzardo filologico se lo stesso non fosse stato nella pratica realizzato gi in Civilt delle Macchine. Quando Carmi, Sinisgalli e i loro so-dali misero in atto il loro progetto essi lasciarono in eredit agli osservatori che li seguirono un modello da persegui-re e proseguire prevedendo quanto sarebbe stato foriero (il loro progetto) della rinascita di un nuovo umanesimo dopo il necessario e ciclico periodo di oblio.Dobbiamo al lavoro appassionato, allintelligenza e cultura del restauro, alla competenza artistica del gruppo gmgpro-gettocultura, se da oltre un anno si sono potute riunire e studiare non poche tra le opere che fecero grande il pro-getto Civilt delle Macchine.Il gruppo riuscito nellintento di restaurare parte di una collezione prestigiosa che meriterebbe di diventare mu-seo permanente. E una occasione straordinaria avere la possibilit di vedere sistemate oggi, nei locali del palazzo dellIRI, delle importanti opere ipermateriche (sculture appunto) alle quali fanno da corona le opere grafiche e pittoriche della precedente mostra Ingegni dArte. Esse appaiono collegate tra loro da un denominatore, la meta-matericit, che le contiene e riassume al di l di una intrin-seca ambiguit concettuale. Come si accennava il termine

    metamateria di per s pu suscitare perplessit se rife-rito alla scultura. Che, come espressione artistica, non ap-pare affatto collocabile al di l, met, della materia. Ma limmaginazione scultorea forse si: essa, nella fattispecie, si pu concepire e collocare proprio in tale dimensione. Se sullimmagine prevale limmaginazione al servizio di un processo di sviluppo immaginale, appunto, allora la scultu-ra si accinge a superare quelle Colonne dErcole, che la pit-tura ( e persino la poesia) azzardarono a valicare cavalcan-do i movimenti che caratterizzarono il secolo breve: penso al futurismo, al dadaismo, lastrattismo, il cubismo (che gi evoca una concettualit materica diversa rispetto ad altri movimenti) etc. E si accinge a cogliere, tale processo, lim-maginario scultoreo, attraverso il superamento di quella che era ritenuta la funzione principe della materia da tra-sformare: il raggiungimento della perfezione e delliden-tit dellimmagine scolpita. Si tratterebbe di un processo analogo al filosofico passaggio dalla fisica alla metafisica. Insomma di una spiritualizzazione della materia. Si passa dal tridimensionale allimmateriale, diciamo cos spiritua-lizzato, che proprio attraverso la materia (il supporto) ci introduce nel mondo immaginale dellartista. Qualche anno fa ho avuto modo di partecipare alla realizzazione di una mostra di un giovane scultore, Fabio Mattei, che ave-va abbandonato la sua attivit di importante coscenografo assieme al padre di numerose opere liriche nei maggiori teatri europei e nordamericani. Lultimo lavoro della ditta Mattei, che chiuse i battenti perch ormai i teatri sceglie-vano strade scenografiche meno costose (e certamente di diverso valore estetico) fu la ricostruzione del teatro La Fenice di Venezia. Fabio Mattei abbandon lantico e pregiato mestiere e si diede ad una produzione scultorea che potrebbe a buon diritto rientrare nellambito meta-materico. Influssi e reminiscenze pi o meno consapevoli produssero opere che rinviano a piante di citt morte (con reminiscenze hittite e assiro-babilonesi). Esse consentono di gettare uno sguardo nella spiritualit dellartista al di l della mera (si fa per dire) rappresentazione.Ancora una parola sul progetto di lavoro del gruppo gmgprogettocultura. Quanto fin qui realizzato, e non sem-bra poco, merita di non andare disperso. Anzi, come si ac-cennava, meriterebbe dignit museale permanente. Una stagione come quella di Civilt delle Macchine, comunque contrassegnata da forti testimonianze di interazione intel-ligente tra arte e industria, non fu seguita da altrettante iniziative dopo la fine degli anni settanta del novecento.

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    gmgprogettocultura METAMATERIA

    Anzi un prolungato silenzio e una perdurante obsolescen-za hanno disperso gran parte non solo del patrimonio ar-tistico ma soprattutto della sensibilit degli operatori delle industrie. Costoro, preoccupati da imminenti e perduranti crisi dei diversi settori non hanno pi avuto nei loro oriz-zonti altro che affannosi e purtroppo non sempre riusciti teantativi di salvataggio dei patrimoni aziendali naziona-li. Il progetto di gmgprogettocultura, quindi, non pu o non dovrebbe limitarsi a quanto fin qui realizzato. Un re-astauro, sia pur immateriale, di quella stagione culturale

    dovrebbe poter essere accompagnato da un progetto di formazione, o meglio di riscostituzione, di quelle sensi-bilit perdute. Occorrer molto lavoro interattivo con gli operatori di quei settori industriali eredi della fortunata stagione della quale si occupa levento attuale. Lavoro in-terattivo che ricostituisca, riformi o formi ex novo, quelle sensibilit perdute anche alla luce delle nuove tendenze artistiche e culturali del XXI secolo.

    Corrispondenza tra Fausto Bima e Giorgio de Chirico per la commissione dei dieci acquerelli raffiguranti le industrie dellIRI che lartista realizz nel 1961

  • SCULTURA IN FABBRICA:DA DIMENSIONE FUNZIONALEA DIMENSIONE SPIRITUALE

    Fa di me un arco dello spirito. Fa che io non sia pi rupe, ma acqua e cielo.Fa che io non sia un oggetto, ma unestensione. Fa che io non sia prigioniera di uno stile,

    ma disinvolta sostanza. Fa che io sia linsondabile architettura per raggiungere luniversale.

    Arturo Martini, La Scultura lingua morta, 1945

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    gmgprogettocultura METAMATERIA

    La scultura viene teorizzata e interpretata sovente come la lotta dellartista contro la materia che porta al superamento della stessa per giungere allidea, allo spirito sotteso in essa. Una necessit, dunque, di superare la dimensione materiale per giungere alla forma, allintelletto. Scrive Baldine Saint Girons: Lo scultore utilizza il tangibile per convocare lintangibile1, centrando il punto essenziale di un rapporto intenso ed energico con la massa che lartista sfiora, svuota, fonde, scava e tormenta.Aristotele concepisce la materia (dal greco tronco dalbero) come pura potenzialit e componente peculiare e concreta di ogni essere, sostanza primordiale indifferenziata che, assumendo una forma, diventa intellegibile e, attraverso lintervento artistico, rivela il suo significato estetico.Caratteristica precipua dellArte quella di saper esprimere il pensiero spirituale attraverso la materia. La scultura, la pi materica delle arti, risponde pi di ogni altra a questo assunto, adottando valore trasformativo e attuando una vera e propria metamorfosi del materiale.Arturo Martini nel 1945, nel testo La Scultura lingua morta, prospetta la crisi dellarte scultorea, intesa come figurazione e aneddoto dal valore retorico, auspicando una sua liberazione, una sua indipendenza dal dato reale, in favore di una capacit astrattiva, che in quegli anni vede come terreno esclusivo della pittura. Cera bisogno di rifondare la scultura perch potesse essere libera nello spazio, perch lo cingesse e si lasciasse penetrare. Cera bisogno di ripensarla perch potesse conquistare il tempo, viaggiare nelleternit, redimere il passato, colmare il presente e abbracciare il futuro.La rottura radicale con la concezione plastica nella cultura artistica di quegli anni, un maggiore confronto con il panorama artistico internazionale, labbandono progressivo della figura umana e il conseguente ingresso nel mondo dellastrazione, sono le chiavi di volta che consentono alla scultura di raggiungere la quarta dimensione, limmediatezza inventiva ed esecutiva. Essa diviene costruzione non pi di un oggetto, ma di una forma costituita da luci e ombre, da pieni e vuoti, che si alternano sapientemente in unarmonica composizione di complementari. In particolare negli anni 50 e 60 gli artisti sentono lesigenza di sperimentare nuovi materiali, principalmente legati al mondo industriale e alla civilt tecnica, riconoscendo alla

    stessa materia lo spirito poetico, lemozione e lenergia che si trovano racchiusi nellidea creativa. Gi dallepoca degli antichi greci e romani lasprezza e la durezza del ferro viene piegata dalla volont e dalla laboriosit multiforme e generosa dello spirito creatore; nel settimanale LEuropeo del 1960 Grazia Livi, nel suo reportage Inchiesta tra gli scultori italiani: la parola allavanguardia. Arrabbiati in Fonderia, testimonia lattivit e il segno di una generazione di scultori che ai tradizionali materiali e metodi di lavorazione plastica, preferiscono il ferro e la fiamma ossidrica.2

    La materia dellindustria stimolata e corteggiata dallinvenzione creatrice dellarte si fa materia dello spirito, rifugio di unanima cosmica, senza tempo, in cui la scintillante politezza degli strumenti e dei prodotti industriali si volge verso il principio ideatore e creatore, che da un materiale meramente utilitaristico riesce a ricavare un significato, un simbolo che si anima nello spazio e diviene patrimonio universale, non dissipabile dalla logica consumistica dellepoca moderna.Essa viene trasformata, innalzata sopra i suoi supposti limiti ed elevata a materia darte, scultura, spazio di contemplazione, riflessione, per contrasto o in armonia con il mondo circostante, proprio negli anni di un cambiamento sociale irreversibile.Lingresso ufficiale dei prodotti e strumenti della societ industrializzata nel tempio dellarte, in Italia, si verifica gi nel 1955, allorch la Galleria Nazionale dArte Moderna di Roma inaugura la mostra Le arti plastiche e la civilt meccanica, in cui dodici pezzi meccanici, provenienti dalle officine, si affiancano a cinquanta opere darte - dipinti e sculture - dei maggiori esponenti dellastrattismo e dellarte concreta italiana. Leonardo Sinisgalli ideatore delliniziativa, insieme ad Achille Perilli, Enrico Prampolini e Palma Bucarelli, racconta cos la portata innovativa della mostra:

    E questo un fatto nuovo nelle cronache della vita artistica non solo italiana. Le fabbriche non avevano mai finora indirizzato i loro prodotti ad una galleria darte: le macchine sono entrate per la prima volta in cappella passando per la porta principale non dalla sagrestia, sistemandosi sui piedistalli non dietro gli angolini come gli estintori alla mostra di Picasso, mettendosi di fronte ai fedeli non di sbieco come i ventilatori alla mostra di Van Gogh []. Queste opere uscite dalle mani degli

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    gmgprogettocultura METAMATERIA

    operai e dalla testa degli ingegneri sono state messe qui accanto alle pitture e alle sculture davanguardia perch testimoniano, secondo il nostro punto di vista, una consanguineit, una stretta parentela spirituale3.

    Se in questo caso troviamo la volont di equiparare la civilt delle macchine alla civilt artistico-culturale, quali figlie entrambe dellumanesimo rinascimentale, lesempio emblematico di trasformazione vera e propria della componentistica e del lavoro meccanico-industriale in opera darte, lo troviamo in unaltra mostra del 1962 che avrebbe influito fortemente, non soltanto nel modo di rapportarsi con il mondo industriale, ma in particolar modo sulle vicende artistiche del tempo e successive: Sculture nella Citt. Un esperimento, come lo definisce il suo ideatore Giovanni Carandente, che destinato ad essere ricordato come uno degli episodi, dal respiro internazionale, pi rilevanti della scultura del Novecento. Tra le piazze e le vie di una storica e suggestiva cittadina medievale, Spoleto, prendono posto centoquattro straordinarie sculture dei maggiori interpreti del panorama artistico internazionale contemporaneo, nellambito del V Festival dei Due Mondi. Dei cinquantadue artisti coinvolti nella mostra spoletina, dieci sono chiamati da Carandente per realizzare unopera allinterno delle fabbriche siderurgiche dellItalsider, che, sponsor della manifestazione, mette a disposizione spazi, materiali e personale per la realizzazione di opere di grandi dimensioni, impossibili da realizzare in un atelier dartista.Lesperienza dellItalsider unoccasione preziosa, una speranza di rinascita clta in passato dalle imprese e dagli artisti. Unoccasione che vede tramutare gli strumenti del lavoro alacre e febbrile, che anima la fabbrica, in una esibizione della materia che manifesta in ogni sua venatura lintenzione ordinatrice dellarte4. Gli artisti, a pi riprese coinvolti nellambiente industriale e affascinati dalla vita produttiva della fabbrica, stravolgono laridit del materiale e dei ritmi di lavorazione, introducendo tra le pieghe della catena di montaggio la creativit e la fantasia, suggellando ununione tra poetica e produzione e facendo proprio il significato della poiesis, dal greco 5 : arte, poema, ma anche costruzione, fabbricazione, composizione e produzione, qui riferibile sia allarte scultorea che allindustria.Nelle fabbriche gli artisti trasformano putrelle, sbarre dacciaio e lastre di ferro in volumi e forme che travalicano

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    il loro peso specifico, per quasi librarsi nello spazio, costruendo linee aeree che metafisicamente sono in sintonia e dialogo con la realt interiore e esteriore, utilizzando il materiale di scarto, segnato dal vissuto, per tracciare una mappa di citt industriale dalla lucentezza siderea. Come sottolineato dal critico e storico dellarte Giulio Carlo Argan:

    Basta separare una cosa dalla sua funzione utilitaria, dalla sua strumentalit, e subito assumer un significato simbolico; e poich, diventando simbolica, oltrepassa il proprio limite, assumer un significato spaziale5.

    La fabbrica, indagata per capirne gli equilibri, le forme e le memorie, diviene miniera da cui attingere nuovi incanti per il pensiero e la creazione.La materia stata immersa nelle fiamme dellinferno per farla diventare duttile e governabile dallingegno, dalla sapienza degli uomini e ne uscita luminescente e incorruttibile.I prodotti della siderurgia subiscono una metamorfosi: vanno oltre il dato tecnico e meccanicistico, per diventare concetto, sensibilit e sinuosit oltre la durezza, formando una sostanza che, nel riaffermare ed estendere se stessa, travalica i limiti della sua stessa fisicit per farsi moto dello spirito: METAMATERIA.

    1) Baldine Saint Girons, LAtto estetico. Un saggio in cinquanta questioni, Modena, Mucchi editore, 2010

    2) Grazia Livi, Inchiesta tra gli scultori italiani: la parola allavanguardia. Arrabbiati in fonderia, LEuropeo, 26, 1960, pp.42-47

    3) Leonardo Sinisgalli, Le macchine in cappella, in Civilt delle Macchine, 4, 1955

    4) Umberto Eco, I colori del ferro, a cura di Eugenio Carmi e Carlo Fedeli, Italsider, 1963, p. V

    5) Per il concetto di poiesis, ulteriori approfondimenti in Giacomo Pezzano, La Tecnica e lantichit, 2009

    6) Argan, LArte Moderna 1770- 1970, p.300

    Artisti in fabbrica: Nino Franchina, Lynn Chadwick, Eugenio Carmi e Beverly Pepper nelle industrie siderurgiche di Cornigliano e Piombino.

  • SCULTURE NELLA CITT: SPOLETO 6252 artisti per 104 opere

    Senza il contributo dell Italsider, lidea dellintegrazione tra lantico e il moderno non avrebbe avuto le sue punte effettive di dimostrazione. Il fatto che il grande complesso siderurgico abbia invitato scultori come David Smith, Alexander Calder, Chadwick, Consagra, Franchina, Arnaldo Pomodoro, Ettore Colla,

    Beverly Pepper, Eugenio Carmi e il giovanissimo Carlo Lorenzetti, alla sua prima prova dimpegno, a realizzare nelle grandi officine le sculture per Spoleto 1962 ha consentito agli stessi artisti di realizzare

    opere che in altre circostanze non sarebbe stato possibile creare n rendere agibili.

    Giovanni Carandente

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    Con queste parole Giovanni Carandente scrive su Civilt delle Macchine della sua coraggiosa iniziativa che ha lasciato una traccia profonda e indelebile nella storia della scultura moderna. Opere poderose, svettanti, forgiate dai pi grandi scultori del mondo invadono pacificamente la citt con un solo obiettivo: educare al linguaggio contemporaneo il grande pubblico, non attraverso una mostra, ma attraverso unesperienza di vita quotidiana, che permetta di provare lo stesso agio sia nellosservazione di campanili medievali, che nellosservazione dei manufatti in acciaio; opere che, messe in relazione allo spazio della vita attiva della citt, possano avere la stessa funzione vitale, se non addirittura attivarla al massimo grado.Sculture nella citt diventa, quindi, una grande impresa per raggiungere una soluzione di continuit tra lantico e il moderno e, tuttora, risulta la pi grande esperienza di mecenatismo fatto, non per vanit esteriore, ma perch un servizio fatto allartista un servizio reso alluomo. LItalsider, uno dei maggiori gruppi siderurgici dellIndustria di Stato, non solo sponsor della manifestazione, ma ospita dieci dei cinquantadue artisti allinterno delle proprie officine. Gli artisti aderiscono con fortissimo entusiasmo allidea e allopportunit di eseguire il proprio lavoro in fabbrica, affiancati dagli operai. Le macchine, gli scarti di lavorazione

    e il fervente lavoro degli uomini in acciaieria con la creativit visionaria degli artisti, generano opere dalla monumentalit e dalla forza espressiva strabiliante.Questo esperimento, pi che una mostra, attivato nel cuore di una cittadina in cui i crocevia temporali si intrecciano e si cedono vicendevolmente il passo e ben risponde al desiderio di dialogo e intesa tra larte e la collettivit. Linclusione nelle piazze, nelle vie, negli slarghi, del linguaggio scultoreo, contemporaneo e allavanguardia, consegna unarte dinamica e a portata di mano, che instaura un rapporto avvincente e intimo con la citt e i suoi abitanti. Nel traffico quotidiano, nel brulicare della vita cittadina, le sculture delle pi autorevoli voci dellarte contemporanea fanno della citt unopera unica, uno scrigno, un libro aperto su di una storia daffezione profonda tra la scultura e larchitettura urbana. Le opere, molto distanti dai monumenti celebrativi del passato, come lucenti figure al primo mattino, conducono un mondo surreale e fantastico nella realt quotidiana, addormentata o frenetica, giocosa o terribile, affascinata o turbata, dedita alla tradizione oppure giovane e vitale.

    Spoleto 62 tra le pi belle prove di maturit civica che unindustria offre a tutti come segno di rispetto e di incremento per la vita dello spirito.

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    Rivista Italsider, Sculture nella Citt, n. 3 del 1962

  • ARTISTI IN MOSTRA

  • BEVERLY PEPPERLA SCINTILLA DELLA FORZA CREATIVA

    Dopotutto larte non creata per confermare il nostro modo di vedere,ma piuttosto per estenderlo e , inevitabilmente, sfidarlo.

    Larte non deve essere sottomessa, rendendola familiare, ma deve inquietarci e disturbarci.Abbiamo sbagliato qualcosa se vediamo ci che gi conosciamo,

    se non abbiamo fatto alcuna scoperta.

    Beverly Pepper, 1979.

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    Beverly Stoll Pepper nasce a Brooklyn nel 1922 e intraprende una brillante e prolifica carriera, dopo intensi studi di design pubblicitario, fotografia e design industriale presso lArt Students League e al Pratt Institute di Brooklyn, lavora come Art director commerciale. Alla fine degli anni 40 si trasferisce a Parigi, dove stu-dia presso lAcadmie de la Grande Chaumire, con Ferdinand Lger e Andr Lhote, nel clima artistico parigino frequenta gli artisti Zadkine e Brancusi. Du-rante il soggiorno Europeo visita lItalia e Roma, dove incontra lo scrittore giornalista Curtis Bill Pepper, che diventer suo marito. Tra Parigi, Roma e New York si intesse la vita privata e quella artistica di Beverly Pepper. La sua prima personale, presentata da Carlo Levi, nel 1952, alla Galleria dello Zodiaco a Roma, e vede il passaggio da una prima maniera figurativa a quella astratta. Frequenta in questi anni gli artisti Achille Perilli, Pietro Consagra, Piero Dora-zio, Giulio Turcato del Grup-po Forma1 e intesse nume-rosi rapporti con lambiente culturale romano.Nel 1960, dopo un viaggio in Cambogia ad Angkor Wat, cambia radicalmente il suo linguaggio artistico, avvici-nandosi alla scultura e realiz-zando piccole forme in legno e argilla. Espone per la prima volta come scultrice nel 1961 a New York e nello stesso anno, espone a Roma alla Galleria Pogliani, con presentazione critica di Giulio Carlo Argan. E a seguito di questa mostra e dellin-contro con Giovanni Carandente che la Pepper si av-vicina alla scultura in metallo e partecipa nel 1962 alla mostra Sculture nella Citt nellambito del V Festival dei Due Mondi di Spoleto. Lartista realizza allinter-no delle officine Italsider di Piombino varie opere di medie e grandi dimensioni e dona lopera Gift ofIcarus al Comune di Spoleto che la colloca nel luogo per cui era stata creata. Alla manifestazione parteci-

    pano le pi grandi voci della scultura contemporanea tra cui David Smith, suo caro amico, e Alexander Cal-der. Lesperienza avuta nelle officine dellItalsider san-cisce il suo definitivo passaggio allarte di forgiare e modellare il metallo. I suoi successivi lavori si orientano sempre pi verso forme geometriche e sulla sperimentazione di nuo-vi materiali, come lacciaio inossidabile o il Cor-ten, che sperimenta per prima come materiale scultoreo, mentre lavora alla US Steel in Pennsylvania.Tra il 1967 e il 1969 sperimenta vere e proprie forme di connectiv-art e progetti ambientali utilizzando erba, sabbia, fieno, macchine. Tra il 1971 e il 1975 realizza il suo primo progetto ambientale a Dallas, Dallas Land Canal and Hillside e mette a fuoco la propria perso-nalit artistica realizzando opere squilibrate, forme dal ritmo spezzato e concitato che si impongono con forza, ma sempre cercando un dialogo con il paesag-

    gio e una inclusione dello spettatore nello spazio, in relazione con lopera, come per Campond, esposta alla Galleria Nazionale dArte Moderna di Roma prima di essere trasferita definitivamente a New York. Nel 1971 la Pepper viene ospitata dalla citt di Roma per esporre una decina di sculture in acciaio inox nella suggestiva e storica piazza Margana. Nel 1972 pre-sente alla XXXVI Biennale di Venezia e si trasferisce definitamente a Todi, dove nella propria residenza co-struisce il suo atelier-fabbrica.

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    Tra il 1974 e il 1976 realizza una delle sue prime opere di land art, Amphisculpture, in New Jersey e nel 1977 espone alla Documenta 6 di Kassel. Imponente la sua installazione al Forte Belvedere nel 1998, una grandiosa retrospettiva che celebra i suoi trentanni di attivit artistica nel campo della scultura. Grandioso e strettissimo il suo rapporto con il pa-esaggio che caratterizza con monumentali sculture: Todi Columns installate nella piazza del Popolo di Todi, Spazio Teatro Celle a Pistoia, Narni Columns a Narni, Palingenesis a Zurigo, Sol y Ombra Park a Barcellona, Manhattan Sentinels nella Federal Plaza di New York, Departure, For My Grandmother a Vilnius in Lituania.Una scultura ambientale Brufa Broken Circle, in accia-io Cor-ten, pietra, terra, prato e ghiaia, viene collocata allinterno del Parco sculture di Brufa nel 2011. Nel 2014 Beverly Pepper espone i suoi Circle al Museo dellAra Pacis a Roma, riuscendo a coniugare magnifi-camente il passato con il presente. Lartista attualmente coinvolta nella realizzazione di Amphisculpture, un anfiteatro allaperto per lAquila (il pi grande del centro Italia) nellambito del proget-to Nove artisti per la ricostruzione.Nel corso degli anni riceve molti premi e riconosci-menti tra cui ricordiamo: il Premio alla Carriera dallIn-ternational Sculpture Center di New York, Il National Academician della National Academy Museum and school di New York, il Premio alla Scultura Alexander Calder in Francia, Chevalier de lOrdre des Arts et Let-tres Paris, Accademico di Merito allAccademia di Bel-le Arti di Perugia. Vive e lavora tra Todi e New York.

    Beverly Pepper, Leda, 1962 Spoleto, V Festival dei Due Mondi.Acciaio inossidabile - cm 203x304x152

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    A Piombino inventavo...come una scultrice, inventavo.Nelle officine dell Italsider condividevo il tempo con gli operai, lavoravo con loro con loro mangiavo ottimi panini alle cipolle, maestranze che adoravano la mia compagnia perch ero giovane e divertente. Tutto iniziato quando ho incontrato Carandente a Roma durante la presentazione della mia mostra alla Galleria Pogliani, curata da Giulio Carlo Argan. Siamo diventati amici e a Piombino gli facevo da tramite nelle relazioni con David Smith che era a Genova.David era gi un gigante dellarte allepoca, e dopo lesperienza di Spoleto, indic me per un lavoro che un ar-chitetto americano gli aveva commissionato. Io non avevo ancora molta esperienza, ma David disse che ero lunica in grado di sviluppare opere monumentali, che ero lunica in grado di fare tutto questodi elaborare proporzioni che potessero generare lo spazio della memoria umanaaveva riconosciuto il mio talento ma non mi ha mai detto queste cose direttamente!A Piombino ho imparato a saldare grandi lastre, a organizzare il lavoro, ma la cosa pi importante stata im-parare con entusiasmo che TUTTO E POSSIBILE!Nella totale incoscienza e temerariet, non mi limitavo nel lavoro, producevo opere monumentali, come quelle di Spoleto, senza nessun tipo di indugio affrontavo dimensioni enormi. Non era questione di coraggio ma di pura incoscienza! Giustificata naturalmente dallentusiasmo. La prima scultura che ho fatto era alta sei metri e cos ho preso labitudine al grande e a lavorare direttamente con il ferro.Nel mio linguaggio artistico la monumentalit un istinto, non credo si possa insegnare. unemozione, come la gioia; la monumentalit in tutto: ci sono cose molto piccole che sembrano avere pro-porzioni enormi la fabbrica mi ha insegnato il senso della misura e le proporzioni, limportanza dello spazio in relazione alluomo, mi ha fatto capire che volevo umanizzare lacciaio.Ad ispirarmi sono le anime e le storie dei luoghi, i posti dove vivo in Italia, tra Roma e lUmbria. Tutto mi in-fluenza: il privilegio di vivere in questi paesaggi una cosa incredibile, questi luoghi mi hanno guidata la loro essenza mistica, la memoria, linfluenza sulle persone, gli equilibri che si creano e che sconfinano nel carattere straordinario di questo popolo. Io viaggio molto, ma qui in Italia c una dimensione che non si trova altroveTrovo che gli italiani siano bizzarri, imprevedibili, sempre in bilico tra passato e futuro, costantemente influen-zati dalla stratificazione della loro storia, tutti i secoli in un unico luogo. Sono sempre stati i primi in tutto e negli anni 50 - 60 del miracolo industriale io mi sentivo partecipe del loro entusiasmo anche nello sfidare alcuni materiali.Lacciaio inox, il corTen o lacciaio lucido sono materiali seduttivi ma poco duttili, nonostante ci non ho mai avuto limiti di scelta sia dei supporti che delle composizioni che sfidano le leggi di gravit.Mio marito Bill diceva sempre che ci sono, infatti, due maniere di affrontare le sfide con i nemici: o ti allei o combatti!A me piace la sfida, la lotta le cose facili non mi interessano.

    Beverly Pepper

    (Todi, 2015/intervista all'artista)

    Beverly Pepper

    (Todi, 2015/intervista all'artista)(Todi, 2015/intervista all'artista)(T

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    La scintilla della forza creativa

    Lintuizione ha il vantaggio di entrare nella vera essenza della vita, di sentire il suo movi-mento, la sua creazione, ma ha lo svantaggio di non potersi esprimere da sola, il linguaggio lo strumento dellintelletto.

    Beverly Pepper1

    Le opere di Beverly Pepper restituiscono allo spazio la sua essenza, si fanno artefici e complici della sua stessa esi-stenza. Le sue sculture sono costruzioni che dilatano e moltipli-cano lo spazio, come afferma Lorenza Trucchi2; allo stesso tempo, per, esse cingono in un armonico abbraccio il pa-esaggio circostante, catturato in uno sguardo che proten-de allinfinito. Anche la categoria di tempo viene racchiusa in una forza che non ha dimensioni, ma si libra nelleternit.Emblematica per la sua produzione, come in Gift of Icarus, la leggerezza, il volo, rappresentano quellanelito verso il cielo il suo amante che cattura magnetiche presenze e rievoca miti di un passato classico. E proprio alla classicit che si fa sovente riferimento quan-do si parla delle sue opere. Esse mantengono una presen-za incorruttibile che travalica le epoche e le coordinate temporali. Presente, Passato e Futuro sono in esse, come se si fossero appropriate definitivamente del regno di Kro-nos, non lasciandosi soggiogare dalle sue leggi.Immortalate per sempre nella loro maestosit, le sculture enfatizzano ed esternano una loro intima fragilit, facendo della caducit del materiale lo strumento proprio delleter-nit, delluscita dalle spire divoratrici del tempo, per farsi immagine della forza vitale che unisce Aion (tempo immu-tabile, principio cosmico) a Kronos (il tempo empirico e mutevole). La scultura non nega gli effetti del proprio corso temporale, ma sfoggia e blocca il processo erosivo, interrogandolo per poterlo comandare. In questo modo la materia seguendo il proprio naturale sviluppo rappresenta lo scorrere e il mu-tare della storia narrativa in senso universale.La materia non pi, dunque, solo il corpo, ma il fine: la ruggine invoca la mutevolezza di un destino umano.Ci che lartista cerca il punto di contatto, la congiunzio-ne tra elementi e principi di dualit. Le sue sculture specchianti, incontaminate, sono le ordina-

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    gmgprogettocultura METAMATERIA

    trici di una relazione intensa, armonica e consapevole tra il fruitore e la realt circostante, lelemento naturalistico. La presenza si fa essenza condivisa con il creato, il vuoto e il pieno si alternano in una danza ritmica avvolgente, una raffinata e melodica poesia, che ferisce o innalza oltre i li-miti della materia, per riaffermarsi prepotentemente nella fisicit, nella mater-materia che compone sia luomo che la natura. Lartista infonde flessuosit ed eleganza in un materiale te-nace, possente, energico e inesorabile. Lenergia viene racchiusa in un flusso di volute lucenti, leg-gere e aeree, in forme perfette, dinamicamente animate da un moto turbolento. Una materia fredda come lacciaio traslucido si oppone alla sensualit dei volumi, la lotta con-duce ad un vivace equilibrio che si alimenta della compe-netrazione degli opposti. Apollineo (lordine e larmonia delle forme) e Dionisiaco (passione ed esaltazione, potenza pura), forma e materia,

    staticit e dinamicit, eterno e mutevole si fondono e gio-strano senza mai prevaricarsi. Lopera della Pepper vive su queste dualit che agiscono in unione tra razionalit e sentimento, il riconoscimento di una esistenza spirituale e corporea, in cui i due elementi sono inscindibili, perch non separabile il sentire dal di-scernimento, il pathos dal logos, entrambi elementi costi-tutivi e co-appartenenti alla realt antropica. Essenzialit e trasformazione animano loperato di questa artista, le sue opere sono come lacqua: essenziale alla vita e mai uguale nel suo scorrere, sempre in divenire (panta rei). Ma poich ogni cosa vive in virt del suo contrario questo elemento vorticoso e fuggevole si condensato in una monumentalit che ha preso le mosse tra le fiamme di un altoforno. Loscuro e saldo metallo trova il suo naturale e fecondo posto nella immateriale e abbagliante luce.

    gmgprogettocultura

    1) Robert Hobbs, Beverly Peppers Spazio Teatro Celle, Umberto Allemandi & C., Torino 1998, pp. 12-76. I diari e i quaderni menzionati in questo saggio sono custoditi negli archivi della casa dellartista a Todi.2) Lorenza Trucchi, Beverly Pepper alla Marlborough, in Arte per Tutti, Febbraio 1968

    Beverly Pepper, AMPHISCULPTURE, 1974 New Jersey

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    Beverly Pepper, UNTITLED 1, 1963

    Acciaio e ardesia - cm 69x 60x 45

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    Beverly Pepper, UNTITLED 2, 1963

    Acciaio e ardesia - cm 60 x 95 x 45

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    Beverly Pepper , UNTITLED 4, 1963

    Acciaio inox e travertino - cm 51x 70 x 36

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    Beverly Pepper, UNTITLED 3, 1963

    Acciaio inox - cm 100x 90 x 70

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    Beverly Pepper, EMBRACE, 1963

    Acciaio inox e pietra serena - cm 74 x 100 x 66

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    Beverly Pepper, MEDEA, 2014,

    Acciaio e pietra serena - cm 50 x 40 x 34,9

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    Beverly Pepper, RHEA SILVIA, 2014

    Acciaio e pietra serena - cm 39,8x 35 x 21,5

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    Salute a Genova.Storia di un recupero.

    Il nostro incontro con Beverly Pepper a Todi, nel suo ate-lier, stato lesperienza che traccia, per il nostro percorso da esploratrici dellarte, la via pi chiara per ricomporre le fila di una storia mai dimenticata

    Negli anni 30 il quartiere Cornigliano a Genova perde il suo carattere pi naturale legato allagricoltura e alla pe-sca, e vede nascere gli stabilimenti di impianti siderurgici a ciclo integrale. In soli venti anni Genova cambia i suoi con-notati per diventare una delle prime citt industriali e pro-duttive. E l che, nei primi anni 60, con la grande iniziativa di Carandente legata al Festival dei due Mondi di Spoleto, approdano i grandi artisti per eseguire un cambiamento epocale della storia dellarte in fabbrica! David Smith, Lynn Chadwick, Nino Franchina ed Eugenio Carmi sono proprio nelle acciaierie della periferia di Geno-va, tra Cornigliano e Voltri, ma rimangono in contatto con gli artisti operanti allinterno degli stabilimenti Italsider sparsi per lItalia, in particolar modo con Beverly Pepper, ospitata nella fabbrica di Piombino. Gli artisti costruiscono le loro sculture nel pieno entusia-smo di un evento che sarebbe diventato unico e irripeti-bile, una propulsione creativa dettata dallopportunit di adempiere allattivazione di un nuovo concetto di fare e fruire Arte.Beverly Pepper, stimolata ed elettrizzata dal duro lavoro di fabbrica, realizza diciassette sculture, tre delle quali vengo-no esposte a Spoleto nel 1962. Salute a Genova, una delle sculture forgiate nelle acciaierie di Piombino, unopera dal titolo gi molto visionario rispetto a quello che la storia racconter di Genova. Gi alla fine degli anni 50, infatti, lo stabilimento siderurgico chiude per sempre il contatto con il mare, limpatto ambientale drastico, le forti emissioni cancerogene mobiliteranno, solo molto tempo dopo, i co-mitati locali a chiudere le produzioni pi inquinanti. Beverly Pepper, nella sua prefigurazione artistica, intuisce che il destino di Genova sar proprio quello di restituire lintegrit e il benessere ai propri cittadini; giocando sul termine salute la scultrice rende omaggio a Genova e le augura salvezza. Dopo i paradossi del progresso, Cornigliano oggi un esempio di riqualificazione ambientale con sfide plurime di rigenerazione, oltre che nel tessuto urbano, anche in quello produttivo.

    Ed proprio nella sede della Societ Per Cornigliano - che si sta occupando di questa trasformazione - che siamo riu-scite a ritrovare, dopo cinquantanni, Salute a Genova, nei giardini di Villa Bombrini. Come a volte accade, si era persa la memoria storica del valore immateriale di questopera, che, per, non ha mai smesso di rappresentare lo scorcio di unepoca che ha trasformato luomo, la materia e la citt.La Pepper, durante la nostra intervista, racconta della sua incredibile esperienza presso le acciaierie e di come il co-raggio e lincoscienza labbiano spinta ad osare nella realiz-zazione di opere monumentali, tra le quali appunto Salute a Genova. Nel rivedere lopera, dopo tanti anni, lartista ha esclamato: Ero proprio brava. Ero brava, ma ancora non lo sapevo!, quasi dispiacendosi di non averla esposta a Spoleto. A quel tempo era giovanissima e la decisione di non presentarla era motivata dal timore di essersi avvi-cinata troppo ai linguaggi di David Smith, uno dei giganti della scultura americana. Lopera da allora rimase nelle fabbriche di Piombino. Con i cambi societari, da questa sede lopera fu trasferita, allinizio degli anni 70, nelle sedi amministrative della Cornigliano di Oscar Sinigaglia.

    Averla trovata in quei bellissimi giardini dingresso di Villa Bombrini, sonnecchiante e un po gravata dal tempo, ma pur sempre elegante e incisiva nel suo significato, ci ha emozionate!Da ricercatori e restauratori, non capita spesso di vedere il ricongiungimento, dopo tanti anni, tra lartista e la sua opera.La mostra Metamateria, attiva questo recupero ecceziona-le dalla doppia natura: il valore della memoria e la restitu-zione al pubblico di unopera considerata uno dei capola-vori della produzione di Beverly Pepper.

    Per limmagine dellopera Salute a Genova e Rolfsi ringrazia: lArchivio Beverly Pepper

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    Beverly Pepper, SALUTE A GENOVA, 1962

    Acciaio e pietra serena - cm 193 x 150 x 120

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    Beverly Pepper, ROLF, 1962/2015

    Acciaio e acciaio - cm 255 x 190 x 100

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    Pepper. La geniale flessibilit della materia connota questa significativa voce scultorea contemporanea. Flessibilt come scultura metamaterica. Una fles-sibilit spettacolare come appaiono spettacolari le immagini della scultrice al lavoro. Dinamicit e for-za connotano la flessibilt della Pepper. A queste qualit metamateriche si sommano gusto, ricono-scibilt, forza, stile personalissimo. La Pepper esce da qualsivoglia schema di riferimento. Lespressivit creativa di questa artista ci restituisce, metamateri-camente, limmagine della sua dimensione animica.

    Paolo Bertoletti

  • EUGENIO CARMILAMINATI AL SERVIZIO CREATIVO

    Larte quella attivit, tuttora sconosciuta, prodotta dal perfetto computer che stanel nostro cervello e che, a nostra insaputa, traduce linconscio in realt.

    Forse il desiderio del mito della bellezza, forse il desiderio di un colloquio con il nostro dio,forse il desiderio di scoprire il mistero delluniverso.

    Eugenio Carmi, 2009

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    Eugenio Carmi nasce a Genova nel 1920. Proveniente da una famiglia ebrea laica, durante la guerra, a causa delle leggi razziali del 38, costretto ad abbandonare i suoi studi e a emigrare in Svizzera. Qui termina le scuole superiori e si iscrive alla Facolt di Chimica. Il clima Zurighese, carico di fermenti culturali e artistici, lo avvicina al mondo dellarte e, insieme ad un gruppo di studenti espatriati, fonda il circolo Piero Gobetti. Alla fine del conflitto, nel 1945, torna a Genova dalla sua famiglia. In questo periodo continua il suo percorso artistico e tra il 1947 e il 1948 allievo di Felice Casorati a Torino. Nel 1950 si sposa con Kiky Vices Vinci, una giovane colta pittrice conosciuta nel 1945. Dal 1950 Carmi passa dal figurativo alla poetica dellinformale, abbandonando lo studio di Casorati. Nel 1956 viene chiamato da Gian Lupo Osti, il direttore dellazienda siderurgica Cornigliano (dal 1958 Italsider), come responsabile dellimmagine della fabbrica siderurgica; collaborer con lazienda fino al 1968. La sua fiducia nella forza educativa e liberatoria dellarte lo guida nel lavoro in fabbrica, dove introduce larte contemporanea come elemento fondante nelle strategie culturali dellazienda. Qui organizza numerose attivit culturali, come le aste darte per i dipendenti e cura la veste grafica della rivista Cornigliano-Italsider, le cui copertine sono tutte opere di artisti. Nel 1962 si fa promotore di una brillante iniziativa ospitando, con lappoggio di Osti, 10 artisti allinterno delle fabbriche per la realizzazione delle opere destinate alla mostra di Carandente Sculture nella Citt a Spoleto. Riorganizza la vita in fabbrica tramite il suo linguaggio artistico: dalla realizzazione dei cartelli anti-infortunistici allarchiviazione, secondo ordini cromatici, dei documenti dellazienda siderurgica. Alla fine degli anni 50 sperimenta il ferro e lacciaio, materiali che ha imparato a lavorare in fabbrica a contatto con gli operai e realizza la serie degli Smalti su Acciaio. Del 58 la sua prima personale organizzata da Gillo Dorfles alla Galleria Numero di Firenze. Degli anni 60 sono le opere Appunti sul nostro tempo, realizzazioni in ferro e acciaio. Accanto a questa produzione scultorea, Carmi continua la sperimentazione grafica. Nel 1963 insieme a Carlo Fedeli, Flavio Costantini, Achille Perilli, Kiky Vices Vinci, Emanuele Luzzati, Bruno Alfieri, Germano Facetti, Kurt Blum e altri, costituisce la Cooperativa di Boccadasse e lo stesso anno fonda la Galleria del Deposito a cui si associano numerosi intellettuali ed artisti. Tra questi si annoverano: Getulio Alviani, Max Bill, Germano Celant, Gillo Dorfles, Dusan

    Dzamonia, Lucio Fontana, Richard P. Lohse, Jesus Rafael Soto, Victor Vasarely. Nella Galleria del Deposito gli artisti realizzano multipli da vendere tutti allo stesso prezzo, sufficientemente basso per permettere lacquisto ad un vasto pubblico. Nel 1966 Carmi partecipa alla XXXIII Biennale di Venezia. Lartista sperimenta diversi materiali e realizza delle opere elettroniche: Superlund 1967 curata da Pierre Restany e Carm-o-matic del 68, opera esposta a Cybernetic Serendipity a Londra. Negli anni 70 il suo linguaggio pittorico assume rigore geometrico e si allontana dallinformale; insegna allAccademia di Macerata, allAccademia di Ravenna e al Rhode Island Institute of Design di Providence, USA. Nello stesso arco di anni illustra le favole di Umberto Eco.Nel 1999 invitato alla Quadriennale di Roma e lanno successivo tiene una mostra a Palazzo Montecitorio. Nel 2000 viene nominato membro dellAccademia Nazionale di San Luca. Nel 2011 partecipa alla LIV Biennale di Venezia. Carmi attualmente vive e lavora a Milano.

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    All Italsider collaborai cos tanto con gli operai che posso affermare che la creativit non solo degli artisti, la creativit appartiene a chiunque se ne accosti.Lallora direttore dellItasider GianLupo Osti, un oliviettiano, una mente illuminata, desiderava che la cultura entrasse in fabbrica, affermava che una fabbrica non pu limitarsi a produrre oggetti, ma deve fare Cultura. Come art-director, Osti mi permetteva di andare nelle officine e lavorare insieme agli operai, era facile per loro, perch sapevano perfettamente quello che era necessario fare: cos saldare, ta-gliare e fare arte diventava parte del mio e del loro lavoro. per questo che mi faccio chiamare Fabbricante di Immagini.Istituimmo la rivista Italsider, di stampo culturale, che aveva come tema centrale larte, cosa dav-vero eccezionale per unindustria dacciaio, e ogni mese usciva un numero. Fui cos entusiasta che chiesi a tutti i miei amici artisti di fare una copertina per la rivista e tutti parteciparono con passio-ne senza chiedere compensi.Un giorno ricevetti una telefonata da Carandente, che stava organizzando una mostra, e mi chie-se: Tu sei allItalsider, no? ci puoi dare una mano?; si trattava della mostra Sculture nella citt a Spoleto, gli risposi che avrei fatto il possibile e immediatamente andai a parlarne a Osti. Gli dissi che lItalsider poteva intervenire in questa grande mostra non solo con un semplice ap-porto finanziario, ma invitando alcuni scultori da tutto il mondo a lavorare nelle officine. Infatti 10 artisti, tra i 52 che parteciparono alla mostra, ebbero la possibilit di realizzare le loro opere in ferro nelle acciaierie, opere di grandi dimensioni che normalmente in uno studio non si possono fare. Osti accett immediatamente. Ci mettemmo subito in moto e invitammo artisti scultori italiani e stranieri, ciascuno a lavorare in unofficina di uno degli stabilimenti dellitalsider sparsi per lItalia. Gli artisti che allora venivano ospitati in officina avevano due o tre operai a loro disposizione per potere creare le opere. Ricordo che grazie a questa esperienza mi legai molto a David Smith: lui era nellofficina di Voltri, ed era cos entusiasta di lavorare in una fabbrica, che non si limit a fare una sola scultura, come richiesto ne fece venti! Lultima mostra che Smith fece a New York la chiam Voltri un omaggio allesperienza in quell acciaieria, ma la cosa divertente fu che nessuno cap cosa volesse dire quel nome..!Sculture nella citt ebbe un enorme successo, furono migliaia i visitatori, ne parlarono i giornali e la radio, fu una delle esposizioni pi importanti di quegli anni. E cosa ancora pi importante che oggi visitare Spoleto significa poter ammirare le sculture lasciate da quelleredit: Calder, Franchina, Pepper, Pomodoro, Chadwick, ConsagraLesempio di Italsider un grande manifesto di collaborazione tra arte e tecnica, tra pensiero illuminato e progresso umano, un tassello importante e universalmente contemporaneo come i graffiti delle grotte di Lescaux.

    Eugenio Carmi

    (Milano maggio 2014/intervista all'artista)

    Eugenio Carmi

    (Milano maggio 2014/intervista all'artista)

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    Laminati al servizio creativo

    La geometria per le arti plastiche comela grammatica per lo scrittore.

    Guillame Apollinaire

    La poetica di Eugenio Carmi ha la forza conoscitiva dellim-mediatezza, dellarmonia geometrica che si concretizza in forme lucide, pure. Lo spirito nellartista si incarna in una materia che soprattutto immagine teorica la quale, con le sue elevate punte di espressivit, riesce a rappresentare in maniera ordinata lessenza della realt, ora contenuta in una forma osservabile, circoscritta e compresa, che pa-droneggia e include il complesso, il molteplice, lindefinito. Il genio dellanalisi, attraverso la creativit e limmagina-zione, costruisce nuove forme della logica; la geometria, quale contenitore chiaro e coerente del mondo, costruisce la sua poetica in una tensione verso lesattezza, quella che Italo Calvino nelle sue Lezioni Americane, definisce come immagine incisiva, icastica. Lopera Il Teorema di Pitagora del 2011 la logica ester-nata in una raffinata elaborazione artistica in cui tutto proporzione e calcolo, tutto si costruisce tramite rapporti geometrici che evidenziano larmonia del creato. Il fruitore si eleva verso un livello pi alto di conoscenza, verso le leggi di natura che lartista interpreta con il suo astrattismo spirituale. Il triangolo specchiante mostra los-servatore pienamente inserito nel teorema, nellequilibrio geometrico pitagorico, nella chiarezza e nella certezza di un pensiero astratto che si richiude sulluomo stesso, sulla realt circostante che viene riflessa. Il Teorema di Pitagora ci introduce ad una perfezione celeste: cerchio, quadrato e triangolo sono i simboli di culti mistici, cosmici e alche-mici che bilanciano la vita sulla terra. Il cerchio para-digma dellanima, del cielo, delleternit e, in rapporto al quadrato, rappresenta il dialogo, la dialettica tra il terreno e lultraterreno, tra materiale e immateriale, tra eterno e contingente, ma anche il mutevole e dinamico passaggio tra perfetto ed imperfetto. Il triangolo, che per i greci era la prima fondamentale figura in cui si poteva suddividere ogni altra, rappresenta la proporzione, larmonia universa-le e come tale riflette ogni singolo individuo, la bilancia su cui lanima, che congiungimento tra cielo e terra, vie-ne pesata. Tutta la realt per Pitagora pu essere espressa mediante rapporti numerici, questa larmonia delluni-

    verso. Una realt complessa e molteplice, da concetto prima solo immateriale, viene compresa nella sua materialit concreta: lartista ci fa riflettere sul mistero dellesistenza attraverso la lucida geometria.

    Ci che ci rende umani il desideriodi creare bellezza e comunicare spiritualit.Le arti, partorite dalla mente umana,hanno questo insostituibile compito misterioso1.

    Eugenio Carmi

    Immergendosi completamente nellambiente della fabbri-ca, Eugenio Carmi ha saputo indagarne le potenzialit e ritrovare tra gli spazi febbrili e a volte tremendi delle ac-ciaierie una dimensione umana, una misura in grado di dialogare con lo spirito. Nellopera AllAlgeria, purtroppo perduta, realizzata per la mostra spoletina Sculture nella citt del 1962, Carmi trasforma il metallo di risulta in una creazione geometrica incline alle ricerche gestaltiche di quegli anni; le lastre di laminatoi, disposte in movimen-to ascensionale dentro una cornice, anchessa in lamiera, instaurano un dialogo lucido, strutturato e razionale tra drammaticit ed equilibrio. Per la realizzazione dellopera concorrono con entusiasmo e creativit gli operai della Cornigliano, un tale connubio la dimostrazione, come affermato dallo stesso Carmi, di una diversa modalit di concepire la realt lavorativa, la scoperta di un nuovo punto di vista operativo, la rivela-zione di unutilizzazione imprevista e provocatoria dellof-ficina2.

    Eugenio Carmi, ALLALGERIA, 1962.

    Foto di Ugo Mulas Archivio Carmi

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    All'Algeria ha una storia singolare: durante il trasporto da Genova a Spoleto, l'opera andata distrutta frantumandosi in pi parti. Per tre giorni (perfino la notte) gli operai aiutarono Carmi a ripristinarla. L'episodio estremamente significa-tivo perch enfatizza l'importanza del ruolo dell'arte all'interno dell'industria come motore di conoscenza, condivisione e comunicazione.

    Eugenio Carmi al lavoro sullopera AllAlgeria nella fabbrica siderurgica di Cornigliano - 1962

    1) Eugenio Carmi, in Ci che ci rende umani, catalogo della mostra, Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles, 2010

    2) Eugenio Carmi, Storia di una Scultura, in Umberto Eco, Eugenio Carmi. Una pittura di paesaggio?, Preraro Editore, 1973

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    Eugenio Carmi, SENZA TITOLO, 1960

    pannello di alluminio dipinto a smalto - cm 96 x 40

    Gli smalti su acciaio di Eugenio Carmi, rappresentano uno dei momenti pi alti della sua produzione.L'artista sceglie i materiali industriali e con pochi segniinformali, riesce a sintetizzare ed evocare immediatamen-te le impressioni dell'acciaieria.

    L'unione tra il rosso e il nero ricorda il fuoco e gli alti forni della fonderia, i bagliori delle fornaci e il momento della "maestosa colata".

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    La Natura preoccupata.

    Ci che ci rende umani il desiderio di creare bellezza e comunicare spiritualit, e larte ne testimonianza nei se-coli e nei millenni. Ma oltre a quelle degli artisti mi interessano particolar-mente le ricerche delle grandi intelligenze dellantichit, quelle del mondo orientale, i fenici, gli egiziani, i greci, con le loro osservazioni sulle leggi della natura, e con i teoremi che ne sono derivati. I miei ultimi lavori testimoniano soprattutto ci che mi af-fascina nei greci, ho cercato e continuo a cercare di rende-re visibile la bellezza nascosta delle leggi della natura che essi hanno indagato duemilacinquecento anni orsono. Il teorema di Pitagora ne un simbolo, e le tele a cui lavoro insistono sul tema, con il desiderio di creare nuove imma-gini. Esse rappresentano ci che percepisco quasi come unapparizione celeste, lincredibile armonia del nostro universo.

    Sto anche cercando di dare secondo i miei canoni uninter-pretazione della sezione aurea. Artisti e architetti di tutti i tempi ne sono stati interpreti, chi coscientemente e chi istintivamente, coscientemente o inconsciamente affasci-nati dalla divina proporzione. Mi interessa particolarmente la bellezza della spirale che essa genera, ed sulla sua percezione che ho concentrato le mie recenti ricerche. Mi sembra per che la Natura, preoccupata per la soprav-vivenza delle sue regole di bellezza visibili e invisibili, stia trasmettendo segnali profetici alla modernit, mentre Ta-lete, Pitagora, Archimede, con angoscia ci osservano.

    Eugenio Carmi

    Dal catalogo della mostra Eugenio Carmi. Il Teorema di Pitagora

    Casa dei Carraresi, Treviso. 2012

    Eugenio Carmi, IL TEOREMA DI PITAGORA, 2011 (particolare dell'elemento a specchio)

    ferro e acciaio - cm 59x49x49Realizzazione a cura di Matteo Siesa - Foto di Ferdinando Scianna

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    gmgprogettocultura METAMATERIA

    Carmi. Il ferreo teorema di Pitagora di Eu-genio Carmi ci introduce nel mondo dellanima razionale e severa. Come severe e nitide sono le forme che lo delimitano e costituiscono. La materialit della geometria (la pi immateria-le ed astratta delle scienze: come noto non esiste in natura alcuna struttura aderente pie-namente al modello geometrico) rinvia losser-vatore ad una dimensione animica e metama-terica rigorosa. Essa prefigura, nellespressivit artistica, il punto di contatto tra psiche e mate-ria. Lo stile nitido, rigoroso, autenticamente personale.

    Paolo Bertoletti

  • LUIGI GHENODA SCARTI DI LAVORAZIONE

    A CITT INDUSTRIALEServivano dei pannelli che chiarissero il loro lavoro, non soltanto a parole Durante il lavoro in

    fabbrica, avevo tutto a mia disposizione, ma io volevo soltanto che gli operai mi aiutassero a realizzare quelle che erano le mie intenzioni artistiche. La scultura deve far da tramite, trasmettere quello che il valore negli spazi, io non sono mai soddisfatto, in scultura affronto le problematiche in pi soluzioni

    contemporaneamente, la ricerca continua. A volte una luce diversa sulla scultura pu offrire una lettura diversa che cambia le sensazioni.

    Luigi Gheno, 2014

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    Luigi Gheno nasce a Nove di Vicenza nel 1930. Fin da giovane frequenta i laboratori di ceramica. Si iscrive alla Scuola Statale dArte Novese, successivamente frequenta listituto darte e i corsi di Magistero di Venezia. Nel 1954 espone alla triennale di Milano e due anni dopo invitato alla XXVIII Biennale di Venezia. Qui la commis-sione lo propone per una collettiva a Parigi, a cui lartista partecipa con entusiasmo. Nel 1956 vince il Premio del-la Biennale di Gubbio e insegna, per un anno, allIstituto dArte di Comiso. Nel 1957 si trasferisce a Roma, dove fre-quenta lAccademia di Belle Arti e insegna allIstituto darte di Velletri. Del 1958 la sua prima personale alla Galleria Il Prisma di Milano. Nello stesso anno partecipa alla mostra promossa dal Ministero della Pubblica Istruzione alla Gal-leria dArte Moderna di Roma. Nel 1959 vince il Premio Na-zionale di Scultura del Ministero della Pubblica Istruzione. Nel 1960 presente alla VIII Quadriennale di Roma. Nel 1961 realizza i pannelli per la sala della Direzione Generale della FINSIDER a Roma, in collaborazione con larchitetto Enrico Mandolesi. Nello stesso anno realizza il monumen-to a Rodolfo Valentino per la citt di Castellaneta e conte-stualmente viene realizzato un altro monumento dedicato allattore per la citt di Los Angeles. Partecipa alla Mostra Internazionale di Praga, al Premio Termoli e alla Biennale del Bronzetto di Padova. Nel 1962 invitato alla Biennale Internazionale di Scultu-ra Citt di Carrara. Nel 1963 riceve un premio dalla Gal-leria Nazionale dArte Moderna nellambito del concorso promosso dal Ministero della Pubblica Istruzione. Lanno successivo vince il Premio Termoli per la Scultura, alla ma-nifestazione parteciper assiduamente fino al 1970. Nel 1967 lartista vince la medaglia doro alla Biennale Nazio-nale di Verona. Nel 1968 espone alla Galleria Schneider di Roma per la rassegna di Scultura e partecipa alla Biennale di Roma al Palazzo delle Esposizioni. In questi stessi anni viaggia tra Parigi, Colonia e Amster-dam; qui, nel 1969, tiene una mostra alla Galleria de Sfinx. Nello stesso anno espone nella Kunstverein di Colonia e vince la medaglia doro e il premio Tiber- Rhein nella stessa citt. Nel 1970 insegna al Terzo Liceo Artistico Statale di Roma. Nel 1971 tiene unesposizione a piazza Margana, liniziati-va si prefiggeva lo scopo di riportare lattenzione su di uno spazio dimenticato e abbandonato. Da questa manifesta-zione scaturiranno altre iniziative simili, in numerose citt

    italiane, ispirate dalla ferma convinzione dellartista circa il ruolo vitale della scultura nel contesto urbano, capace di intessere un dialogo con la citt e con chi la vive. Nel 1972 espone numerose opere nel Giardino della Guastalla a Mi-lano. Nel 1976 espone di nuovo a Piazza Margana, in una mostra collettiva. Tra 1978-79 vive a Parigi ed espone alla Place du Louvre e allEcole Spciale dArchitecture. Gheno, personalit risoluta e attenta ai grandi pers