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1. INTRODUZIONE

La tularemia è una zoonosi batterica cau-sata da Francisella tularensis. Il primo iso-lamento avvenne da un caso di malattiasimile alla peste avvenuto in California,Tulare County, nel 1911.

F. tularensis è uno dei batteri a più altopotenziale infettivo richiedendo l’inalazionedi soli 10 organismi per causare malattia [1,2]: per tale motivo, unito alla facilità con cuipuò essere disseminato e alla capacità dicausare una grave e spesso fatale malattia,viene inserito tra gli agenti di classe A comepotenziale arma biologica.

2. EZIOPATOGENESI

Francisella tularensis è un piccolo coccoba-cillo gram-negativo, aerobio obbligato,intracellulare facoltativo. Può sopravviverea lungo nell’acqua, nel fango e nelle carcas-se di animali in decomposizione. Vi sonodiverse sottospecie di F. tularensis che sidistinguono per importanti caratteristichedi virulenza, distribuzione geografica emodalità di trasmissione: accanto alle duesottospecie principali - tularensis (tipo A) eholarctica (tipo B) - ne sono state identifica-te altre due con importanza clinica menorilevante, novicida e mediasiatica [3-7].

F. tularensis tipo A, diffusa soprattuttoin Nord America, è trasmessa frequente-mente attraverso vettori (zecche e mosche),altamente infettiva e dotata di elevata pato-genicità [5]. La dose infettante è estrema-mente bassa: LD50 <102 CFU nella granparte dei mammiferi suscettibili; nell’uomocompresa tra le 10 - quando iniettate pervia sottocutanea - e le 25 CFU - se trasmes-se attraverso aerosol [1-3,8]. Inoltre,l’infezione con 50 organismi di tipo A indu-ce una malattia moderatamente grave negliuomini, mentre sono necessari 12.000organismi di tipo B per causare una malat-tia lieve e autolimitantesi [9]. Studi epide-miologici e molecolari condotti su numero-

si isolati nel territorio degli Stati Unitimostrano due diversi cluster del tipo A conprevalenza diversa in relazione alla diver-sa distribuzione dei vettori [10].

F. tularensis tipo B, diffusa prevalente-mente in Nord-America, Europa e Asia,presenta virulenza minore: la dose infettan-te è relativamente alta nei mammiferi (p.es.LD50 >106 CFU nei conigli) e raramenterisulta fatale. È associata a malattia nellevolpi e nei roditori e può essere trasmessaattraverso contatto diretto con animali,inalazione, ingestione di cibo o acqua con-taminata [5].Bassa virulenza mostrano F. tularensis

mediasiatica, diffusa in Asia Centrale, e F.tularensis novicida, generalmente causa dimalattia in ospiti immunodepressi [5].Poco si conosce sui classici fattori di

virulenza del batterio. La maggior partedegli studi sono stati effettuati sulla sub-specie novicida dotata di scarsa patogenici-tà. La virulenza è in parte determinatadalla capacità dei batteri di replicare neimacrofagi e di diminuire la stimolazionealla secrezione di citochine; alla morte deimacrofagi per apoptosi i batteri vengono,quindi, rilasciati [5]. La capsula è essenzia-le nella resistenza alla lisi del complemen-to, mentre non risulta tale nella resistenzaalla fagocitosi [11]. Il lipopolisaccaride(LPS) sembra avere peculiari caratteristi-che rispetto alla classica endotossina batte-rica: sembra dotato di bassissima tossicitàin vitro e in vivo (l’abilità di stimolare ilrilascio di IL-1 e TNF-alfa è 1.000 volteinferiore rispetto al LPS di E. coli), anchese studi recenti provano una sua azionenello stimolare la produzione di proteinepro-infiammatorie e nella capacità di cre-scita all’interno dei macrofagi [4,11,12]. Infine, alcuni geni di F. tularensis

potrebbero condizionarne la virulenza[13,14] e la capacità di sopravvivere all’in-terno del macrofago [5] e il batterio potreb-be essere implicato nella downregulation digeni coinvolti nella risposta immunitaria

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innata e acquisita [15]. L’immunità cellulo-mediata gioca il ruolo fondamentale nellarisposta all’infezione: nella fase inizialeviene attivato il sistema delle citochine[16]. In vitro la maturazione della rispostaimmunologica specifica avviene dopo circa2 settimane [17]. La risoluzione dellamalattia è seguita dallo sviluppo di immu-nità protettiva come provano i soli 12 casidi reinfezione riportati in letteratura [18]. Gli eventi patogenetici successivi all’in-

fezione dipendono principalmente dallamodalità di infezione, dalle difese dell’ospi-te e dalla virulenza del batterio. Nelle forme ghiandolare e ulceroghian-

dolare, F. Tularensis entra nella cute attra-verso puntura di artropodi, contatto conmateriale infetto o inoculo percutaneo conoggetto tagliente. Nella forma ulceroghian-dolare i batteri moltiplicano rapidamente alivello del sito di inoculazione entro 3-5giorni dall’esposizione e formano unapapula, risultato dell’intensa rispostainfiammatoria locale, con accumulo dimacrofagi, neutrofili, fibrina e linfociti T.La papula può andare incontro a necrosisuppurativa lasciando il posto ad un’ulceratipica, di 2-4 cm di diametro, irregolare e abordi rilevati. Sopra l’area dell’ulcera puòresiduare un’escara nera (simile alla cica-trice dell’antrace). Dalla cute il batterio dif-fonde ai linfonodi regionali provocandouna linfadenite necrotizzante con possibileformazione di granulomi e ascessi: il linfo-nodo può andare incontro a rottura e dre-nare attraverso fistole cutanee. F. tularensispuò quindi raggiungere il torrente ematicoe diffondere a numerosi organi, special-mente fegato, milza e polmone. Nellaforma ghiandolare, si ha il coinvolgimentolinfonodale senza la comparsa della classi-ca ulcera [5].Nella forma polmonare i batteri arriva-

no ai polmoni per inalazione di aerosol oper via ematogena. La dose infettantel’uomo, per via respiratoria e percutanea, èdi 10-50 organismi; studi su modelli muri-

ni suggeriscono che la morte per esposi-zione a basse dosi di aerosol è dovuta prin-cipalmente ad effetti sistemici più che aproblemi polmonari. I batteri entranoquindi rapidamente nei macrofagi, all’in-terno dei quali si verifica una violentareplicazione, fattore importante di virulen-za nell’infezione polmonare. Nei siti direplicazione si osserva un intenso accumu-lo di cellule infiammatorie, soprattuttoneutrofili e macrofagi: i neutrofili sembra-no giocare un ruolo distruttivo più cheprotettivo nella risposta dell’ospite. Ireperti patologici più frequenti consistonoin bronchite ulcerativa e bronchiolite,edema emorragico, essudati alveolari dimononucleati, consolidamento nodulare olobare, pleurite e linfoadenopatia ilare.Tardi nell’evoluzione della malattia, si pos-sono osservare lesioni caseose o cavitarie eformazione di granulomi [5]. La forma oculoghiandolare è dovuta

all’entrata del batterio attraverso la con-giuntiva (spesso per auto-inoculazione);può essere presente storia di traumi ocula-ri, nuoto in acque potenzialmente contami-nate o esposizione a zecche. Si possonoosservare necrosi e ulcerazioni corneali,con infiltrati linfocitari e papule e successi-va formazione di granulomi. I batteri dif-fondono ai linfonodi preauricolari, sotto-mandibolari o cervicali, dove provocanolesioni simili a quelle descritte nella tulare-mia ghiandolare. Generalmente l’infezioneè unilaterale [5].Attraverso ingestione o inalazione di

materiale contaminato, F. tularensis puòprovocare un’infezione orofarinfea, carat-terizzata da faringite essudativa, tonsillite,talvolta con ulcerazioni e coinvolgimentodei linfonodi cervicali [5].Infine, nella forma tifoidea, si ha un

interessamento sistemico senza evidentelocalizzazione d’organo: i batteri entranonel torrente ematico attraverso la cute o lemucose e possono raggiungere qualsiasiorgano, in particolare del sistema reticolo-

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endoteliale, polmoni, linfonodi, fegato emilza, provocando in essi lesioni necroti-che e granulomi caseosi. La malattia puòevolvere in sepsi, shock, insufficienza mul-tiorgano e coagulazione intravascolare dis-seminata [5].

3. EPIDEMIOLOGIA

Un’ampia varietà di mammiferi tra i qualitopi, conigli, lepri, scoiattoli, costituisconoil réservoir naturale dell’infezione[5,19,20]. L’uomo, cani, gatti, alcuni uccel-li e pesci, costituiscono ospiti occasionalidel batterio. Un recente studio sui gatti diNew York ha mostrato una sieroprevalen-za del 12% [21]. L’esperienza derivata daglioutbreak di Martha’s Vineyard [22,23],negli Stati Uniti, e il ritrovamento del bat-terio nei filtri di sistemi di aerazione [24],mostrano come F. tularensis persista nel-l’ambiente a lungo e l’uomo possa acquisi-re l’infezione attraverso attività che porti-no all’aerosolizzazione del batterio. Unodei possibili meccanismi con cui il batterio

potrebbe persistere nell’ambiente, anchenell’acqua, è attraverso la sua sopravviven-za all’interno dell’Acanthamoeba, protozooubiquitario [25]. Sono stati identificati numerosi artro-

podi che fungono da vettori di F. tularensis:principalmente zecche, ma anche zanzaree mosche (Figura 1). L’incubazione è di 3-5 giorni, con un

range di 1-14 giorni [5]. F. tularensis puòessere trasmessa all’uomo attraverso [5]:

il morso di artropodi infetti; la manipolazione di tessuti e fluidi dianimali infetti; l’ingestione di acqua e cibo contami-nato; l’inalazione di aerosol, compresa lapolvere generata da ambienti conta-minati; l’esposizione in laboratorio;il contatto diretto con terreno oacqua contaminata.

Dalla revisione dei vari outbreak, le viepiù comuni di trasmissione sembrano esse-re il contatto con animali infetti ed i morsidi insetti, seguite dall’ingestione di acquacontaminata e dal contatto con il terreno.Le vie di trasmissione variano in base allearee coinvolte, in relazione allo stato diurbanizzazione e alle condizioni climatiche[2,10,22,23,26-36]. La forma ulceroghian-dolare e polmonare sono le forme di malat-tia prevalenti.Sebbene il bacillo sia altamente patoge-

no e trasmissibile, non sono stati documen-tati casi di trasmissione interumana. Lamalattia è endemica in tutto il mondo,soprattutto nelle aree dell’emisfero setten-trionale.

Outbreak sono stati descritti in Europa[5,31]. L’incidenza è alta in Scandinavia,soprattutto in Svezia, ed in Russia [29, 31,33]. In Svezia vengono riportati regolar-mente casi di tularemia: 698 casi di malat-tia nel 2003 e 90 nel 2006, trasmessi preva-lentemente attraverso morsi di vettori ocontatto con animali infetti [29,33]. Altri

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Amblyomma Americanum.Tale zecca, che gli anglosassoni definiscono lone star thick,è il classico vettore dellaF. tularensis endemica. Da:http://bepast.org/dataman.pl?c=flib&dir=docs/photos/tularemia/

Figura 1.

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outbreak sono stati riportati in Bulgaria(1997-2005) e Slovacchia, probabilmentedovuti al cambiamento delle pratiche agri-cole con alterazione della fauna locale[5,28,30]. Quindici casi - 12 forme polmo-nari, 3 tifoidee - si sono verificati in Francianel 2004, probabilmente legati all’inalazio-ne di polvere contaminata in un mulino[34]. Infine, numerosi casi di tularemiaorofaringea, oculoghiandolare ed ulcero-ghiandolare sono stati recentemente segna-lati in Turchia (2004-2005) ed attribuiti adingestione di acqua contaminata [26-27]. In Italia le prime segnalazioni di malat-

tia risalgono agli anni ’30; diversi casi furo-no riportati negli anni ‘60 e ‘80 in seguito acontatto con lepri infette; infine la malattiaassunse andamento epidemico in Toscanadal 1982 con epidemie saltuarie conse-guenti, quasi sicuramente, a contaminazio-ne degli impianti di approvvigionamentoidrico [35,36]. Negli anni ‘90 l’incidenza di malattia

negli Stati Uniti era stimata tra i 100 e i 200casi per anno, riportati in tutti gli stati adeccezione delle Hawaii, la maggior parteverificatisi in aree rurali o semirurali, inbambini ed anziani, tra maggio e agosto.Negli Stati Uniti sono stati riconosciutioccasionalmente alcuni outbreak: il piùrecente è quello di Martha’s Vineyard nel2000, da F. tularensis tipo A, con 15 casi ditularemia, di cui 11 polmonare e uno fata-le [5,32].

3.1 Tularemia e bioterrorismoNon sono stati documentati casi di malat-tia a seguito di rilascio intenzionale.Diverse nazioni quali Giappone, la exUnione Sovietica e Stati Uniti hanno con-dotto numerosi studi sull’uso del batteriocome arma biologica [1]. La modalità dirilascio più probabile è attraverso aerosol:l’OMS ha stimato che il rilascio di 50 Kg dipolvere contenente il batterio su un’areametropolitana di 5 milioni di abitanti pro-vocherebbe 250.000 casi di malattia,

19.000 fatali [37]. Bisogna poi tenere inconsiderazione l’eventuale propagazionedell’epidemia attraverso il rilascio di ani-mali infetti, che possono fungere da markerdi rischio di esposizione durante un attac-co bioterroristico [38].

4. MANIFESTAZIONI CLINICHE

L’esordio è caratterizzato da febbre (38-40°C), mialgie, brividi, tosse e, più raramente,nausea, vomito e diarrea. Sono descrittevarie forme cliniche [5, 39-42]:

ulceroghiandolare (45-85% dei casi“naturali”);ghiandolare (10-25%);polmonare (<5%; polmoniti seconda-rie, spesso associate alla forma tifoi-dea, si verificano con relativa fre-quenza);oculoghiandolare (<5%);orofaringea (<5%);tifoidea (<5%, sebbene negli outbreakcausati da esposizione ad aerosol lapercentuale possa essere più alta).

Sia nell’infezione da tipo A che da tipo Bvi è una ampia variabilità nella gravità dellamalattia in relazione, principalmente allaquantità di inoculo ed allo stato immunita-rio dell’ospite [1,2]. Nell’infezione da tipo Ail quadro clinico tende ad essere fulminan-te, con possibili shock settico e rabdomioli-si Nell’era antibiotica la mortalità è passa-ta dal 5-10% (30-60% nelle forme polmona-ri gravi) all’1-2%. Il tipo B non causa formeletali, a meno che non venga ritardatol’inizio di appropriata terapia antibiotica.Vengono di seguito descritte le caratteri-

stiche cliniche delle varie forme [5].

Forma ulceroghiandolare e ghiandolare Sono le modalità di presentazione più

frequente, caratterizzate dai seguenti segnie sintomi:

papula dolorosa nel sito di inoculo,che si ulcera entro pochi giorni(assente nella forma ghiandolare);

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tale papula può essere accompagnatada vescicole satelliti. (Figura 2 A-B);linfoadenopatia regionale: può persi-stere per diversi mesi, con possibilesuppurazione dei linfonodi (il rischiodi suppurazione in era antibiotica èdel 30-40% se la terapia viene iniziatadopo più di 2 settimane dall’esordio);febbre e sintomi costituzionali (brivi-di, cefalea, malessere, artromialgie,anoressia);diverse lesioni cutanee (eritemanodoso, orticaria, rash maculo-papu-lare, vescicole) possono essere notate.Tra le complicazioni possibili la sup-purazione dei linfonodi e polmonitisecondarie.

Forma oculoghiandolare Si riscontrano a livello della congiuntiva

noduli multipli dolorosi ed ulcerazioni,chemosi, edema periorbitale, fotofobia,dolore e linfoadenopatia regionale cervica-le, preauricolare e sottomandibolare, conpossibile suppurazione. I pazienti possonopresentare la sindrome di Parinaud (con-giuntivite granulomatosa unilaterale e lin-

foadenopatia preauricolare). Spesso pre-senti sintomi costituzionali.

Forma orofaringeaSi caratterizza per faringite essudativa o

tonsillite con o senza ulcerazioni faringee,tonsillari, del palato, accanto a febbre e sin-tomi costituzionali. Alcune lesioni richia-mano le membrane faringee difteriche,rispetto alle quali però non sanguinano allarimozione. Meno comune la stomatite. Sihanno inoltre adenopatia cervicale o retro-faringea e spesso una polmonite concomi-tante. In una ampia casistica osservata in

Turchia i sintomi e segni più comuni eranocostituiti da linfoadenomegalia, febbre efaringodinia [26-27]. Anche in questo casovi può essere la suppurazione dei linfonodi.

Forma polmonareLa forma polmonare segue la diretta

inalazione di aerosol contaminato o puòessere complicanza di altre forme. Si puòpresentare con i sintomi classici di una pol-monite atipica acquisita in comunità, nonresponsiva alla terapia antibiotica conven-

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A. Classica lesione cutanea causata F. tularensis. La lesione è costituita dauna papula ulcerata sulla faccia dorsaledella mano destra.B. Piccola papula ulcerata sulla facciapalmare del III dito della mano sinistra. Da: http://bepast.org/dataman.pl?c=flib&dir= docs/photos/tularemia/

Figura 2.

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zionale, inclusi tosse, dispnea e dolore tora-cico, oppure, più raramente, con febbre emalessere generale senza sintomi respira-tori. La forma polmonare causata dal tipoA è responsabile della maggior parte deicasi di malattia a decorso fulminante.Esordisce con comparsa improvvisa di feb-bre, brividi, dispnea, dolore toracico, tossenon produttiva e sudorazione profusa.Possono essere presenti lesioni cutaneeaspecifiche (eritema nodoso, rash maculo-papulare, orticaria). La malattia può essererapidamente ingravescente o indolente,con progressiva astenia e perdita di peso.In era pre-antibiotica la mortalità raggiun-geva il 60%. Se il coinvolgimento polmona-re è complicanza di altre forme di malattia,i sintomi possono comparire da 1-2 giornia diversi mesi dall’esordio. Il tipo B è causadi malattia polmonare meno grave, confebbre, malessere generale e sintomi respi-ratori meno impegnativi. Il coinvolgimentopolmonare secondario è meno frequentenell’infezione da tipo B. I reperti radiografici più comuni sono

opacità irregolari subsegmentali, adenopa-tie ilari, effusione pleurica. La malattia puòcomplicarsi con ascessi polmonari e lesionicavitarie, insufficienza respiratoria, pleuri-te granulomatosa (simile alla tubercolare),empiema, sepsi e coinvolgimento di altriorgani per via ematogena. Alla risoluzionedella malattia possono residuare fibrosi ecalcificazioni delle aree polmonari colpite.

Forma tifoideaLa tularemia può presentarsi infine con

sintomi sistemici, da malessere generale ashock settico, senza l’evidenza di una speci-fica porta di entrata. Si parla allora diforma tifoidea in cui, solitamente, nel qua-dro di un’infezione sistemica grave con ilcoinvolgimento di diversi organi, prevalecomunque la compromissione polmonare.Caratteristiche di questa forma sono la bra-dicardia paradossa e l’alterazione dellostato di coscienza [2].

In ogni forma, la successiva dissemina-zione ematogena può complicare la malat-tia con svariate manifestazioni d’organo.Soprattutto nelle zone endemiche per iltipo A, vengono riportati casi di sepsigrave, meningite, pericardite, insufficienzaepatica o renale e manifestazioni cutaneeimmunomediate (in particolare nellaforma tifoidea) quali eritema nodoso ederitema polimorfo. La malattia può esseredebilitante, con guarigione completa inmolti mesi; recidive sono state descrittenella forma polmonare e tifoidea con l’usodi antibiotici ad ampio spettro.

5. DIAGNOSI

Nella tularemia il sospetto clinico rimane ilprincipale strumento diagnostico. Gliesami ematochimici non presentano ele-menti caratteristici che possano indirizzareil sospetto: occasionalmente, soprattuttonella forma tifoidea, vi possono essere ele-vazione degli enzimi epatici, trombocitope-nia, iponatriemia e segni di rabdomiolisi.La tularemia ulceroghiandolare nella

sua forma classica presenta segni clinicicaratteristici che possono indirizzare pre-cocemente il sospetto di malattia; da sot-tolineare, al contrario, la difficile diagnosidifferenziale delle lesioni cutanee aspecifi-che: le lesioni vescicolari, se non in prossi-mità di un ulcera e senza il reperto di feb-bre e linfadenopatia, ricordano le classi-che lesioni erpetiche [43].Il sospetto di tularemia polmonare in

paziente con segni e sintomi di polmoniteva preso in considerazione nei seguenticasi: presenza di infiltrati peribronchialiche evolvono in broncopolmonite in uno opiù lobi e/o adenopatia ilare e versamentopleurico e/o pattern nodulare alla radio-grafia del torace; presentazione concomi-tante di casi con altre manifestazioni ditularemia. Si distingue dall’antrace da ina-lazione e dalla peste polmonare per unapiù lenta evoluzione verso la grave com-

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promissione respiratoria, per l’assenza dislargamento mediastinico come nell’an-trace e per la minor frequenza di emottisirispetto alla peste.La tularemia nelle sue varie forme clini-

che può, d’altra parte, richiamare numero-se altre patologie infettive, ad alcune dellequali si fa riferimento in Tabella 1. Il sospetto di tularemia può essere for-

mulato, nel contesto di un’infezione natu-rale, in pazienti che risiedono in aree ende-miche che presentino febbre, lesioni cuta-nee ulcerative e linfoadenomegalia dolente.Il livello di sospetto deve essere particolar-mente elevato per cacciatori, guardacaccia,veterinari e per soggetti con storia di espo-sizione a insetti o altri animali vettori(tenendo tuttavia presente che fino al 40%dei pazienti non riferisce contatto anamne-stico con un vettore). Nel contesto di un’epidemia da rilascio

intenzionale, la comparsa di più casi nonprovenienti da zone endemiche, senza fat-tori di rischio occupazionale e correlati neltempo e nello spazio, deve subito far porre

il sospetto. La presenza di un concomitan-te interessamento cutaneo, orofaringeo,oculare può essere di aiuto nell’indirizzarela diagnosi.Le caratteristiche epidemiologiche, cli-

niche e di laboratorio per la diagnosi dimalattia polmonare in seguito a rilasciointenzionale sono riassunte in Tabella 2 (v.pag. 190).

5.1 Diagnosi di laboratorioFrancisella tularensis si isola da sangue,ulcere, essudato congiuntivale e faringeo,espettorato e lavaggio gastrico, liquido cere-brospinale e urine [5,44,45]. Le colonie, pic-cole, grigiastre, tonde, lisce, lievementemucidi, si evidenziano dopo 24-48 ore. La ricerca dell’agente si può effettuare

anche con metodi molecolari, mediantePCR specifica, utilizzando i differenti cam-pioni biologici. Da segnalare, il recente svi-luppo di una Real-time PCR multipla capa-ce di identificare Bacillus anthracis,Francisella tularensis e Yersinia pestis in untest “singolo a singolo” che potrebbe diven-

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Diagnosi differenziale

Peste bubbonica, antrace, malattia da graffio di gatto, scrofola e altrelinfadeniti batteriche e virali, herpes genitale, sifilide, rickettsiosi, cel-luliti stafilococciche e streptococciche

Polmoniti batteriche acquisite in comunità, carbonchio, peste, febbre Q,tubercolosi, polmoniti virali

Infezione da Adenovirus, malattia da graffio di gatto, coccidioidomi-cosi, herpes, infezioni piogeniche, sporotricosi, sifilide, tubercolosi

Faringite streptococcica, mononucleosi infettiva, infezione daAdenovirus, difterite

Brucellosi, infezioni disseminate micobatteriche e fungine, endocardi-te, leptospirosi, legionellosi, malaria, febbre Q, tifo, meningococce-mia, peste setticemica

Tularemia

Tularemia ghiandola-re ed ulceroghiando-lare

Tularemia polmonare

Tularemiaoculoghiandolare

Tularemia orofaringea

Tularemia tifoidea

Tabella 1 � DIAGNOSI DIFFERENZIALE DELLE DIVERSE FORME DI TULAREMIA

Fonte: [5]

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tare un utilissimo strumento veloce perl’identificazione degli agenti da bioterrori-smo [46].Gli anticorpi si sviluppano entro la

prima settimana, ma livelli di significatodiagnostico si raggiungono piuttosto tardi-vamente (non prima di 2 settimane) e per-tanto la ricerca sierologica non è di grandeaiuto nelle fasi iniziali dell’infezione. Èdisponibile un kit commerciale qualitativoe semi-quantitativo per la ricerca deglianticorpi (Febrile Antigens for FebrileAntigen Agglutination Tests, BectonDickinson). La ricerca di anticorpi in cop-pie di sieri intervallati si dimostra utilenelle analisi retrospettive. I tipi di campione, le modalità di raccol-

ta sono riportate in Tabella 3.

5.2 Gestione dei campioni biologici Gli operatori di laboratorio sono particolar-

mente esposti al rischio di contrarrel’infezione, sia per inoculazione accidentaleche per inalazione di aerosol. F. tularensispuò essere isolata da lesioni cutanee essu-dative, espettorato e secrezioni respiratorie,liquido cerebrospinale, sangue e urine, essu-dato congiuntivale e faringeo e lavaggiogastrico. F. tularensis tipo A è un patogeno digruppo 3 mentre il tipo B è un patogeno digruppo 2. Il livello di biosicurezza 2 è racco-mandato per tutte le attività routinarie conmateriale contaminato o potenzialmentecontaminato. Quando le procedure compor-tino la formazione di aerosol, durante lamanipolazione di elevati quantitativi delmicrorganismo, per la manipolazione di col-ture e per studi sperimentali condotti suglianimali è raccomandato un livello di BSL-3.La raccolta e il trasporto dei campioni

biologici devono essere effettuati nel rispet-to delle Precauzioni Standard.

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Grave malattia respiratoria acuta in persona precedentemente sana

Anamnesi epidemiologica per malattia naturale assente

Malattia acuta febbrile con possibile progressione a faringite, bronchio-lite, polmonite, pleurite, linfoadenopatia ilare

Infiltrati peribronchiali compatibili con broncopolmonite in 1 o più lobicon frequente presenza di versamento pleurico e aumento di dimensio-ne dei linfonodi ilari

I segni possono essere minimi o assenti con la sola presenza di piccoliinfiltrati polmonari o lesioni granulomatose polmonari e/o pleuriche

Piccoli coccobacilli Gram - all’esame microscopico diretto su sangue,espettorato, feci, essudato della lesione e congiuntivale

Immunofluorescenza diretta per la ricerca di anticorpi

Test diagnostici rapidi

Necrosi suppurativa seguita da reazione granulomatosa nei polmoni,linfonodi, milza, fegato e rene

Epidemiologia

Manifestazioni cliniche

Diagnosi strumentale

Microbiologia

Anatomia patologica

Tabella 2 � DIAGNOSI DI TULAREMIA POLMONARE A SEGUITO DI RILASCIO INTENZIONALE

Adattato da: Dennis DT. JAMA 2001 [1]

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Per le modalità di prelievo, imballag-gio, etichettatura, documentazione di tra-sporto e spedizione dei campioni diagno-stici vanno seguite le indicazioni del

Ministero della Salute (Circolare n. 3dell’8 Maggio 2003) e le raccomandazionidell’OMS . Informazioni più dettagliate sono ripor-

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TULAREMIA

Tipo di campione

Sangue

Espettorato (nel paziente consintomatologiarespiratoria)

Essudato da papula(forma ulcero-glandulare)

Feci (nel pazientecon sintomatologiatifoide)

Essudato congiuntivale

Siero

Modalità di raccolta ed esecuzione

Raccogliere in contenitore per emocoltura. 2 mlvanno immessi nella provetta per esame emocro-mo, contenente EDTA

Raccogliere in contenitore sterile a bocca larga.Allestire uno striscio per la colorazione di Gram.1 ml va immesso nella provetta con tampone perl’estrazione degli acidi nucleici. Una parte vaseminata su piastra agar sangue, agar cioccola-to, agar Thayer-Martin e/o agar cioccolato concuore-cisteina (agar CHA) per l’esame colturale

Raccogliere l’essudato sterilmente con una sirin-ga. Una goccia di liquido va strisciato e sottopo-sto a colorazione di Gram. Una goccia va immes-sa nella provetta con tampone per l’estrazionedegli acidi nucleici. Il resto va seminato su pia-stra agar sangue, agar cioccolato, agar Thayer-Martin e/o agar cioccolato con cuore-cisteina(agar CHA) per l’esame colturale

Il campione dovrà essere sottoposto ad estrazio-ne di acidi nucleici. Nella forma tifoide si consi-glia di effettuare una emocoltura in parallelo

Prelevare l’essudato con un tampone. Il materia-le va strisciato su piastra agar sangue, agarcioccolato, agar Thayer-Martin e/o agar ciocco-lato con cuore-cisteina (agar CHA) per l’esamecolturale. Una parte del materiale va immessonella provetta con tampone per l’estrazionedegli acidi nucleici

Prelevare un campione di siero in fase acuta eduno in fase convalescente per l’esame sierologico

Tipo di analisie disponibilità

attuale

Esame colturale,ricerca di acidi nucleici*

Ricerca diretta,esame colturale, ricerca di acidinucleici*

Ricerca diretta, esame colturale, ricerca di acidinucleici*

Esame colturale,ricerca di acidi nucleici*

Esame colturale,ricerca di acidi nucleici*

Ricerca di anticorpi

Tabella 3 � TIPO DI CAMPIONE E MODALITÀ DI RACCOLTA

* Presso l’INMI è stata allestita ed è pronta per l’uso una PCR home-made che consente la ricerca degli acidinucleici sui diversi campioni biologici

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tate nel capitolo dedicato al trasporto deicampioni biologici.

6. TRATTAMENTO

La streptomicina e la gentamicina sono ifarmaci di scelta [2,47-50]. La ciprofloxaci-na ed altri fluorochinoloni sono stati ado-perati con efficacia sebbene l’esperienzacon questi farmaci sia ad oggi limitata,soprattutto per il tipo A [49,50]: in una

recente epidemia in Spagna sono statiassociati ad un tasso di fallimenti terapeu-tici inferiore rispetto alle tetracicline edalla streptomicina [50] e a minori effetticollaterali. I chinoloni, inoltre, potrebberocostituire un’alternativa terapeutica neibambini e in caso di recidiva dopo terapiacon gentamicina [49]. Le tetracicline ed ilcloramfenicolo sono caratterizzati da unpiù alto tasso di recidiva di malattia rispet-to agli aminoglicosidi in ragione della loro

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TULAREMIA

Terapia raccomandata

Streptomicinaζ, 1 gr IM ogni 12 ore per 10 giornioGentamicina, 5 mg/kg/die IM o EV per 10 giorni

Doxiciclina, 100 mg EV ogni 12 ore per 14-21 giornioCloramfenicolo§, 15 mg/kg EV ogni 6 ore per 14-21 giornioCiprofloxacina°, 400 mg EV ogni 12 ore per 10 giorni

Streptomicina*, 15 mg/kg IM ogni 12 ore (massima dose giornalie-ra, 2 gr) per 10 giornioGentamicina*, 2,5 mg/kg IM or EV ogni 8 ore per 10 giorni

Doxiciclina:>45 kg, dosaggio come per adulti per 14-21 giorni<45 kg, 2,2 mg/kg EV ogni 12 ore per 14-21 giorni

oCiprofloxacina°, 15 mg/kg EV ogni 12 ore per 10 giorni (massimadose giornaliera, 1 gr)oCloramfenicolo§, 15 mg/kg EV ogni 6 ore per 14-21 giorni (massimadose giornaliera, 4 gr)

Pazienti

Adulti

Adulti: Farmaci alternativi

Bambini

Bambini: Farmaci alternativi

Tabella 4 � TRATTAMENTO DELLA TULAREMIA*

Abbreviazioni: IM, intramusculare; EV, endovenosa.* raccomandazioni del Working Group on Civilian Biodefense: potrebbero non necessariamente essere approva-te dalla Food and Drug Administration

ζ vanno monitorati la funzione renale ed i livelli ematici del farmaco° possono essere impiegati altri fluorochinoloni con provata attività (p. es. ofloxacina, levofloxacina) a dosaggiequivalenti.

§ la concentrazione ematica deve essere mantenuta tra 5 e 20 mcg/mL; concentrazioni >25 mcg/mL possonocausare soppressione midollare irreversibile.

Fonte: [1,5]

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azione batteriostatica: sono stati quindiproposti trattamenti più prolungati contetraciclina e cloramfenicolo. I pazientirispondono entro 48 ore dall’inizio del trat-tamento. In una recente analisi di 145 casidi tularemia orofaringea il fattore maggior-mente associato al fallimento terapeuticoera un intervallo maggiore di 14 giorni dal-l’inizio dei sintomi all’inizio della terapia[27]. Da qui la necessità di instaurareun’adeguata terapia antibiotica nel piùbreve tempo possibile. Dosaggi e modalitàdi somministrazione degli antibiotici sonomostrati in Tabella 4 [1,5].Gli antibiotici dovrebbero essere som-

ministrati per via parenterale, quandopossibile. In uno scenario di massa puòrendersi necessario l’uso di antibiotici pervia orale [1,5]: raccomandate doxiciclina(100 mg PO ogni 12 ore per gli adulti e ibambini con peso superiore a 45 kg; 2,2mg/kg PO ogni 12 ore per peso <45 kg) ociprofloxacina (500 mg PO ogni 12 ore pergli adulti; 15 mg/kg PO ogni 12 ore, massi-ma dose giornaliera 1 g nei bambini [53]),come nella profilassi post-esposizione(Tabella 5).

La terapia va continuata in tal caso per14 giorni [1]. Va inoltre considerato il possibile rila-

scio intenzionale di ceppi di F. tularensisresistenti alla terapia convenzionale,soprattutto qualora il paziente presenti unpeggioramento clinico nonostante il preco-ce inizio della terapia antibiotica [1,5].

Critica la terapia di supporto con neces-sario monitoraggio emodinamico. Alcunipazienti potrebbero richiedere terapiaintensiva con supporto respiratorio perfronteggiare la sepsi da gram-negativi edeventuali complicazioni [5].

7. DEFINIZIONE DI CASO E CLASSIFICAZIONE

Esse dipendono dalla combinazione di daticlinici e di laboratorio supportati dall’evi-denza o dall’anamnesi di morso di zecca,esposizione a tessuti di animale infetto oesposizione ad acqua potenzialmente con-taminata [5].

Descrizione clinicaTularemia: malattia caratterizzata dalle

seguenti forme cliniche:

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TULAREMIA

Terapia raccomandata

Doxiciclina, 100 mg PO ogni 12 ore per 14 giorni‡oCiprofloxacina, 500 mg PO ogni 12 ore per 14 giorni ‡

Doxiciclina>45 kg: dosaggi come per adulti<45 kg: 2,2 mg/kg PO ogni 12 ore per 14 giorni

oCiprofloxacina, 15 mg/kg PO ogni 12 ore per 14 giorni (massimadose giornaliera, 1 gr)

Pazienti

Adulti (incluse donne in gravidanza)

Bambini

Tabella 5 � RACCOMANDAZIONI PER LA PROFILASSI ANTIBIOTICA

Abbreviazioni: PO, per os. * raccomandazioni del Working Group on Civilian Biodefense: potrebbero non necessariamente essere appro-vate dalla Food and Drug Administration

‡ sebbene la doxiciclina possa essere responsabile di tossicità fetale, il Working Group on Civilian Biodefenseraccomanda l’uso di doxiciclina o ciprofloxacina nella profilassi post-esposizione di donne in gravidanza onel trattamento di donne in gravidanza nel contesto di un’epidemia di massa

Fonte: [1,5]

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ulceroghiandolare: ulcera cutaneacon linfoadenopatia regionale; ghiandolare: linfoadenopatia regio-nale senza ulcera; oculoghiandolare: congiuntivite conlinfoadenopatia preauricolare; orofaringea: stomatite o faringite otonsillite più linfoadenopatia cervi-cale; polmonare: malattia pleuropolmona-re primaria; tifoidale: malattia febbrile senzasegni e sintomi precoci di localizza-zione.

Diagnosi di laboratorio Probabile: Un singolo titolo anticorpale elevatooRilevazione di F. tularensis in uncampione clinico mediante immuno-fluorescenza Conferma: Isolamento di F. tularensis in campio-ne clinicooDimostrazione di una risposta anti-corpale specifica

Caso probabile: malattia respiratoria grave non spie-gata in soggetto altrimenti sano;sepsi grave non spiegata o insuffi-cienza respiratoria non dovuta acause predisponenti;sepsi grave con identificazione dalsangue o dal liquor di coccobacilliGram- che non crescono nei comuniterreni;caso clinicamente compatibile chesoddisfa i criteri di laboratorio percaso probabile o presenta un’anamnesiepidemiologica suggestiva.

Caso confermato: un caso clinicamentecompatibile confermato in laboratorio.

8. MISURE DI CONTROLLO

8.1 Allerta della Sanità Pubblica La tularemia è soggetta a notifica obbliga-toria secondo le modalità previste dal D.M.15 dicembre 1990, che la inserisce tra lemalattie di Classe II. La segnalazione dicaso sospetto deve essere effettuata entro48 ore.

8.2 Gestione dei pazienti Le misure previste dalle PrecauzioniStandard per l’isolamento, il ricovero e iltrasporto di tutti i pazienti sono valideanche in caso di sospetta o accertata infe-zione da F. tularensis [5,51]. Non sononecessarie precauzioni aggiuntive.Parimenti, per la sanificazione ambien-

tale e la gestione dei rifiuti e degli effetti let-terecci devono essere seguite le procedurestandard.Non sono necessarie istruzioni specifi-

che per la dimissione del paziente.Le Precauzioni Standard raccomandate

per l’esecuzione di accertamenti post-mor-tem sono misure di prevenzione sufficientianche in caso di paziente deceduto coninfezione da F. tularensis [5,52,53].Dovrebbero essere evitate le procedureautoptiche che possono causare aerosol,quali quelle sulle ossa.

8.3 Misure preventive su esposti eambienteIn caso di contatto con materiale contami-nato o potenzialmente tale in laboratorio oin caso di uso intenzionale per cui le auto-rità ravvedano la possibilità di un rischioambientale, può essere considerato utileper gli esposti:

effettuare una doccia con acqua esapone;lavare i vestiti con acqua e sapone;decontaminare le superfici usandouna soluzione al 10% di ipoclorito(una parte di varechina ad uso dome-stico e nove parti di acqua). Dopo

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dieci minuti può essere utilizzata unasoluzione di alcool al 70% per rimuo-vere la soluzione di ipoclorito, al finedi continuare la decontaminazionedelle superfici e ridurre l’azione cor-rosiva dell’ipoclorito [5].

8.3.1 Misure di profilassi degli esposti edei contattiLa profilassi dei contatti stretti di pazientiaffetti da tularemia non è raccomandata [1].Un unico studio su volontari ha dimo-

strato che la profilassi post-esposizionecon doxiciclina è efficace nei soggetti espo-sti solamente se instaurata nelle prime 24ore [54].Le raccomandazioni nel contesto di

contaminazione intenzionale o naturalesono le seguenti [1]:

nel contesto raro in cui la contamina-zione sia riconosciuta prima che visiano casi clinici manifesti (p. es. nelperiodo di incubazione), i soggettiesposti nelle aree riconosciute vannosottoposti a profilassi antibiotica oraleper 14 giorni (Tabella 5 v. pag. 193); nel contesto in cui il rilascio nonvenga riconosciuto prima della com-parsa dei primi casi di malattia, lepersone potenzialmente espostevanno messe sotto stretta sorveglian-za con indicazione a misurazione fre-quente della temperatura corporea:ogni soggetto che sviluppi febbre osintomi simil-influenzali va valutatoe sottoposto a terapia.

8.4 Informazione per i pazienti, parentie visitatoriDovrebbero essere predisposti materialeinformativo e incontri dedicati per spiega-re che le persone esposte a F. tularensis nonsono contagiose e che l’eventuale dissemi-nazione ambientale del batterio determinaun rischio minimo di contrarre l’infezioneda morsi di animali o punture di artropodi.Il rischio può essere ridotto istruendo la

popolazione ad evitare contatti con anima-li malati o morti e ad adottare misure pro-tettive contro le punture di artropodi.

9. VACCINO

Un vaccino vivo attenuato, disponibile perdiverso tempo negli Stati Uniti e indicatoper personale di laboratorio ad alto rischiodi esposizione, è stato infine ritirato ed èattualmente sotto la revisione della Foodand Drug Administration [5]. Una nuovapreparazione di vaccino vivo attenuato èstata testata in fase preclinica nei conigli edè in corso di valutazione nell’uomo [55]. Acondizionare, comunque, l’uso di vaccinivivi attenuati vi è innanzitutto il rischio didisseminazione ematogena con infezionesistemica. Inoltre, vi è il rischio teorico di trasmis-

sione interumana dal sito di inoculazione,soprattutto nel caso di contatti con sogget-ti immunocompromessi: la presenza delDNA batterico nel sito di inoculazione delvaccino dopo due settimane dalla sommi-nistrazione conferma la reale esistenza diun rischio, seppur minimo, di trasmissione[56]. Infine, nel contesto di un’esposizionedi massa, la breve incubazione (3-5 giorni)ed il lungo intervallo necessario per lamaturazione della risposta immune speci-fica (2 settimane) rendono inefficace, comestrategia di sanità pubblica, la vaccinazio-ne post-esposizione [5]. Maggiore attenzione viene volta a ceppi

di F. tularensismutanti per geni che garan-tirebbero l’attenuazione del batterio per-mettendo la costruzione di vaccini piùsicuri [57, 58]. Sarebbe auspicabile l’uso divaccini costituiti da subunità antigeniche[11], ma, ad oggi, la scarsa conoscenzadegli antigeni immunodominanti e deifattori di virulenza, insieme alla necessitàdi una adeguata risposta immune umora-le e cellulare nel controllo dell’infezione,rendono tali prospettive relativamentelontane.

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