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t t t t a - pretrattament i b- congelamento C - frattura d- etching e- ombratura e formazione della replica I I I f - lavaggio delle repliche C - - - - - - - -- - -J Fig. 4. - Rapprcsentazionr schematica dellr varir fasi in cui ai articola la tecnica <Irl,frec;e-frocturity: I possono a loro volta introdurre degli artefatti e devono quindi essere eseguiti solo se strettamente necessari e valutando bene, a seconda del tipo del preparato, gli effetti che possono esercitare sulle strutture in esame. I trattamenti che vengono effettuati prima del congela- mento consistono in genere in una prefissazione e/o in un trattamento con un crioprotettivo. La fissazione chimica ha lo scopo di immobilizzare le strutture subcellulari e macromolecolari in uno stato il più possibile simile a quello vitale. E' quindi necessario che il fimtivo raggiunga e penetri ogni cellula il più rapidamente possibile. La fissazione per immersio. ne è perciò adeguata so10 nel caso di cellule isolate, monostrati cellulari od organelli cellulari in sospensione. Per quanto riguarda invece i tessuti è consigliabile la fissazione per perfusione vascolare. La temperatura della soluzione da perfondere deve avere, all'inizio del tratta- mento, un valore molto vicino a quello fuiologico per 1 evitare riarrangiamenti interni e separazioni di fase dei componenti di membrana; dopo alcuni minuti la tempe- ratura va ridotta e mantenuta a 0-4 O C per prevenire l'estrazione dei lipidi di membrana. Nel caso di sospen- i sioni cellulari, colture batteriche in terreno liquido, or- ganelli cellulari in sospensione ecc., il fissativo può essere direttamente aggiunto alla sospensione fino al rag- giungimento della concentrazione desiderata. Anche in questo caso particolare importanza ha la temperatura al- la quale viene eseguita la fissazione. Il fissativo più usato nei lavori di FF è la glutaraldeide a concentrazioni (1- 4% ) e tempi ( da alcuni minuti ad alcune ore) variabili a seconda delle caratteristiche del preparato. La $utaraldeide non fissa i lipidi per cui non è in grado di arrestare con sufficiente rapidità i processi cellulari che comportano movimenti fisici dei compo- nenti di membrana. Tuttavia altri fisaativi usati in micro- scopia elettronica, come il tetrossido di osmio o il per- manganato di potassio che sono buoni fisaativi dei lipi- di, non possono essere impiegati per il FF in quanto alterano le proprietà idrofobiche dei lipidi di membrana e quindi il processo di frattura attraverso la membrana stessa. I1 trattamento con un crioprotettivo ha lo scopo di ridurre il contenuto di acqua libera all'intemo del preparato e quindi di evitare la formazione di cristal~

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t t t t

a - pretrattament i

b- congelamento

C - frattura

d- etching

e- ombratura e formazione della replica I

I I

f - lavaggio delle repliche C - - - - - - - - - - -J

Fig. 4. - Rapprcsentazionr schematica dellr varir fasi in cui ai articola la tecnica <Irl,frec;e-frocturity:

I possono a loro volta introdurre degli artefatti e devono quindi essere eseguiti solo se strettamente necessari e valutando bene, a seconda del tipo del preparato, gli effetti che possono esercitare sulle strutture in esame. I trattamenti che vengono effettuati prima del congela- mento consistono in genere in una prefissazione e/o in un trattamento con un crioprotettivo.

La fissazione chimica ha lo scopo di immobilizzare le strutture subcellulari e macromolecolari in uno stato il più possibile simile a quello vitale. E' quindi necessario che il fimtivo raggiunga e penetri ogni cellula il più rapidamente possibile. La fissazione per immersio. ne è perciò adeguata so10 nel caso di cellule isolate, monostrati cellulari od organelli cellulari in sospensione. Per quanto riguarda invece i tessuti è consigliabile la fissazione per perfusione vascolare. La temperatura della soluzione da perfondere deve avere, all'inizio del tratta- mento, un valore molto vicino a quello fuiologico per

1 evitare riarrangiamenti interni e separazioni di fase dei componenti di membrana; dopo alcuni minuti la tempe- ratura va ridotta e mantenuta a 0-4 O C per prevenire l'estrazione dei lipidi di membrana. Nel caso di sospen-

i

sioni cellulari, colture batteriche in terreno liquido, or- ganelli cellulari in sospensione ecc., il fissativo può essere direttamente aggiunto alla sospensione fino al rag- giungimento della concentrazione desiderata. Anche in questo caso particolare importanza ha la temperatura al- la quale viene eseguita la fissazione.

Il fissativo più usato nei lavori di FF è la glutaraldeide a concentrazioni (1- 4% ) e tempi ( da alcuni minuti ad alcune ore) variabili a seconda delle caratteristiche del preparato. La $utaraldeide non fissa i lipidi per cui non è in grado di arrestare con sufficiente rapidità i processi cellulari che comportano movimenti fisici dei compo- nenti di membrana. Tuttavia altri fisaativi usati in micro- scopia elettronica, come il tetrossido di osmio o il per- manganato di potassio che sono buoni fisaativi dei lipi- di, non possono essere impiegati per il FF in quanto alterano le proprietà idrofobiche dei lipidi di membrana e quindi il processo di frattura attraverso la membrana stessa.

I1 trattamento con un crioprotettivo ha lo scopo di ridurre il contenuto di acqua libera all'intemo del preparato e quindi di evitare la formazione di cristal~

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l i di ghiaccio durante il congelamento che deve comun- que avvenire il più rapidamente possibile. Le dimen- sioni dei cristalli di ghiaccio dipendono infatti dal- la concentrazione del soluto e dalla velocità del con- Fclamento: più aumentano tali parametri più piccoli sono i cristalli di ghiaccio che si formano.

La maggior parte dei campioni biologici ha una con- iiucibilità termica molto bassa ed un grande contenuto di acqua per cui è necessario proteggerli incuhandoli con agenti anticongelanti a concentrazioni relativa- mehte alte, come glicerolo, dimetilsolfossido (DMSO) o aucosio. La crescita dei cristalli di ghiaccio all'interno del campione causerebbe infatti grossolane alterazioni delle strutture cellulari e ovviamente un netto peggiora- mento del potere risolutivo. Quando invece il congela- mento è ben eseguito, si ottiene la cosiddetta "vetrifica- zidne del campione" con formazione di microcristalli di :hiaccio di dimensioni inferiori a quelle dei granuli metallici che costituiranno la replica (<2 nm). In questo caso non si peggiora il potere risolutivo e non si danneg- giaho le strutture dei preparato.

1.a velocità di congelamento in corrispondenza del- la quale si ottiene la vetrificazione del campione, viene definita velocità critica di congelamento (VcC) (vedi paragrafo successivo). L'uso di crioprotettivi ha proprio lo scopo di ridurre la VcC. L'impiego di una soluzione di gliccrolo al ?O%,per esempio, abbassa la VcC della cellu- la da circa lo4 a 10' O C/s permettendo cosi la vetrifi- cazione di oggetti dello spessore di 0,5 mm ed oltre.

'Tuttavia, anche se è stato dimostrato che la maggior parte dclle cellule soprawive al trattamento con un cnoprotettivo, owiamente il metabolismo cellulare pub essere alterato con conseguente modificazione di alcune strutture. Questi danni sono in gtnere limita- ti dalla precedente fissazione con glutaraldeide.

l ~on~e la rnen to . - Quando la temperatiira di cellule

viventi viene fatta scendere al di sotto del loro punto di congelamento (circa -2 o C), si possono verificare principalmente tre situazioni a seconda della velocità di congelamento che viene impiegata. Per velocità di congelamento (VC) si intende il rapporto AT/At dove AT è la differenza tra la temperatiira iniziale e la tempe- ratura finale di congelamento e At è l'intervallo di tempo in cui viene raggiunta la temperatura finale.

Se la temperatura viene abbassata molto lentamente (<l O-' " Cis), congela prima l'acqua extracellulare ed i cristalli di ghiaccio in formazione estraggono I'ac- qua necessaria alla loro crescita dall'interno della cellula che viene in questo modo disidratata. In seguito a questo proceso le cellule ovviamente diminuiscono di volume e si contraggono ma restano vitali. Questo "congelamento extracellulare" 6 normalmente usato come metodo per la ronservazione di colture cellulari, batteri, ecc.

A velocità di congelamento più elevate (dell'ordine di 1 " Cis), I'acqua intraceIlulare non fa in tempo ad cssere estratta e la formazione di cristalli di ghiac- cio all'intemo della ccllula causa la distruzione del- le struttiire cellulari e quindi la morte della cellula.

ITn ulteriore aumento della velocità di congelamento

produce un gran numero di cristalli di ghiaccio molto piccoli. Se la velocità arriva a valori di circa IO4 "Cls, il numero dei cristalli diventa elevatissimo e la loro dimen- sione si riduce a pochi nanometri. Tali "cristallini" sono talmente piccoli da non danneggiare nè le funzioni nè la struttura della cellula, che rimane quindi vitale. Questo tipo di congelamento viene chiamato "vetrificazione" ed è quello che deve essere adottato per la preparazione di campioni per il freeze-fracturing.

La Fig. 5 mostra graficamente le diverse situazioni legate alla velocità di congelamento mentre la Fig. 6 mostra la relazione tra velocità di congelamento e sopraw~enza cellulare.

Fig. 5. - Rappr~sintasione grafia dclle divcrse situazioni Ifgste alla velocità di congelamento (VC)

Fig. 6. Andamento della soprawivenaa cellulare sl vanare delln velocità di congelamento

La vetrificazione awiene a velocità di congelamento molto elevate in quanto in queste condizioni le stesse molecole d'acqua, owiamente numerosimime, funziona- no come nuclei di cristallizzazione: si ha in questo caso una "nucleazione omogenea". A velocità più basse, in- vece, sono le impurità che agiscono da nuclei di cristal- lizzazione: in questo caso si ha la "nucleazione etero- genea" che produce cristalli meno numerosi e più grandi. il passaggio dalla nucleazione eterogenea a quella omo- genea awiene bmscamente ad una hen preciria velocità di congelamento che viene chiamata velocità critica di

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congelamento (VcC). In Fig. 7 è riportata la variazione delle dimensioni dei cristalli di ghiaccio al variare della VC.

La VcC dell'acqua è di circa lo6 " C/s mentre quella delle cellule fisiologicamente attive è di circa IO4 " Cls. La maggior parte dei campioni biologici possono quindi essere vetrificati applicando velocità di congelamento >io4 W.

Nella procedura standard della tecnica del freeze- fracturing il congelamento viene eseguito ponendo il campione (un piccolissimo frammento di tessuto delle dimensioni inferiori al millimetro o una piccola goccia di sospensione ottenuta con un capillare) su di un ap- posito supporto, realizzato con una lega ad elevata conducibilità termica, ed immergendolo poi il più ra- pidamente possibile in Freon 22 parzialmente solidifi- cato con azoto liquido. I1 Freon si trova in questo modo ad una temperatura di -160 "C e dopo alcuni se- condi di immersione il preparato deve essere rapida- mente trasferito in azoto liquido, senza subire innalza- mento di temperatura, dove può essere conservato fino al trasferimento all'interno della campana sotto vuoto per la successiva fase di frattura. La diretta immer- sione in azoto liquido (-196 O C) ridurrebbe notevol- mente la velocità di congelamento a causa della forma- zione di un involucro gassoso intorno al preparato.

Con questo sistema è possibile tuttavia ottenere la velocità di congelamento desiderata solo alla su- perficie del campione a causa della bassa conducibi- lità termica del materiale biologico. E' stato calcolato che solo un sottile strato superficiale di pochi micro- metri di spessore può essere vetrificato e che tale spesso- re dipende molto dalla geometria del campione stesso. Oggetti biologici molto piccoli possono essere vetrificati con YC>lOS 'C solo se sotto forma di films dello spesso- re inferiore a 10 pni o gocce del diametro inferiore a 20 pm. Se il campione non ha queste caratteristiche, è ne- cessario introdurre variazioni delle sue proprietà fisiche allo scopo di ridurre la velocità critica di congelamento; ciò può essere ottenuto, come abbiamo visto nel para- grafo precedente, facendo uso di agenti crioprotettivi.

Nel caso di sospensioni cellulari i: possibile congelare

0 Cri@talli

di ghiaccio

l nm i

1OW.

Fig. 7. - Variazione delle dimmiani dei cristalli di ghiaeùo d variare della velocità di eonp;elamento

un singolo strato di cellule opportunamente depositate su speciali supporti [41, 421. Analogamente è possibile congelare direttamente colture cellulari in monostrato senza staccare le cellule dal supporto evitando così di danneggiarle e mantenendo integi i rapporti intracellu- lari 143- 451.

Numerose sono le modifiche proposte al metodo di congelamento qui descritto; recentemente sono stati ideati e messi a punto sistemi completamente diversi che consentono di raggiungere elevatissime VC e tali da ottenere ottimi risultati evitando l'uso dei pre- trattamenti. La descrizione di tali metodi va però oltre gli scopi di questo articolo; ci limiteremo a ricordare quelli noti come lo spray-freezirg [46-491, il propan jet [50-531 ed il quick-freezing [54-591

Frattum. - Dopo il congelamento i preparati, monta- ti sugli appositi supporti, vengono trasferiti su un tavoli- no portacampioni, posto all'interno dell'apparecchiatura per il FF, preraffreddato con azoto liquido a -150 'C e successivamente portato a valori di vuoto dell'ordine di IO-' -IO-' Tom. Il trasferimento deve essere eseguito molto rapidamente per evitare fenomeni di ricristallizza- zione che possono awenire se la temperatura viene innalzata al di sopra di -90 "C. L'eventuale ricristallizza- zione renderebbe vani tutti gli accorgimenti presi duran- te la fase di congelamento.

Si procede quindi alla frattura del preparato che può essere eseguita o mediante un microtomo a lama di acciaio preraffreddato alla temperatura dellazoto liquido, o mediante dispositivi che provocano una "spaccatura" del campione in due parti. Quest'ultimo sistema consente di ottenere una coppia di repliche tra loro complementari relative ad entrambe le facce di una stessa frattura.

Quando la lama fredda attraversa il campione conge- lato, si produce un piano di frattura. Tale piano di frattura non procede lungo una superficie piana ma cambia continuamente direzione seguendo piani prefe- renziali in corrispondenza di zone contenenti legami deboli. n piano idrofobico mediano delle membrane costituisce un piano preferenziale di frattura cosicchè le cellule, in seguito alla frattura, espongono vaste superfici delle proprie membrane. h Fig. 8 vengono illustrati, in maniera schematica, i più comuni piani di frattura attraverso la cellula. Nella cellula 4 la frattura passa attraverso il piano idrofohico mediano della membrana citoplasmatica seguendo una superficie convessa; in questo caso è possibile osservare il mo- nostrato della membrana adiacente al citoplasma. Tale faccia di frattura viene chiamata PF (protoplasrnic fracture face) secondo la nomenclatura proposta nel 1975 da un folto gruppo di esperti di F F [60] e adot- tata in questa rassegna. Il caso della cellula B è invece quello di una frattura che attraversa il protoplasma, non permettendo la visualizzazione della membrana cito- plasmatica, ma consentendo in ta l modo l'osservazione dei componenti interni della cellula quali mitocondri, vacuoli, nucleo, ecc. Anche a livello degli organelli cellulari, la frattura può seguire il centro idrofobico delle

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Fig. 8. - Rappresentazione ichematica ilci più comuni piani di frattura attraverso la cellula. A: frattura che percorre il piano idrofobico lilediano della membrana plasmatiea formando una supcrfieie convessa. 0: frattura che attraversa la cellula. C: frattura che percorre il

piano idrofobico mediana della membrana plasmatiea formando una supedicie concava

loro membrane o può attraversarli esponendo la loro matrice interna. Nella cellula C è schematizzato un piano di frattura che segue ancora il piano mediano della Aembrana citoplasmatica, ma lungo una superficie concava, permettendo l'osservazione del monostrato esterno della membrana; questa superficie di frattura viene denominata EF (erternal or exopInsmic fracture fnce).

In Fig. 9 vengono mostrate tre cellule osservate dopo FF, in cui la frattura è avvenuta nei tre modi diversi schematizzati in Fig. 8.

La Fig. 10 mostra, più in particolare, come avviene la frattura attraverso la membrana e le quattro possibili superfici di membrana osservabili. La PF e la EF sono, come detto precedentemente, le facce di frattura osser- vobili direttamente in seguito alla frattura stessa della rhembrana mentre le superfici esterne ed interne (ES e PS rispettivamente) possono essere visualizzate solo se si eb'ittua la successiva fase di etching (vedi prossimo paragafo).

Le particelle, essenzialmente di natura proteica, in- tercalate all'intemo del doppio strato lipidico, vengono esposte in seguito al processo di frattura e sono chiara- mente visibili su entrambe le facce di frattura di tutte le membrane biologiche. Della natura e funzione delle particelle intramembranose (IMP) parleremo più in dettaglio in seguito.

Tn Fig. 11 è mostrato un particolare a forte ingran- dimento della faccia di frattura protoplasmatica del- la membrana citoplasmatica di un fibroblasto in coltura in cui sono ben visihili le IMP.

Sebbene sia oggi largamente accettato che il piano di frattura attraversi il centro idrofobico delle mem- brane, come proposto originariamente da Branton 128-301, e numerose sono le evidenze sperimentali in favore di tale teoria, non mancano tuttavia dubbi in proposito. Sjostrand, in un suo articolo pubblicato nel 1979 [61], analizza con spirito erriremamente cri- tico alcuni risultati ottenuti con il FF, mettendo soprat- tutto in dubbio diverse interpretazioni relative alla localizzazione del piano di frattura. Egli dimostra infatti che, almeno in alcuni casi. la frattura correrebbe lungo la superficie della membrana rilanciando la vecchia ipotesi di Moor e Mihlethaler [27]. In ogni caso è certo che la localizzazione del piano di Frattura può essere influen- zata da diversi parameiri che posaono essere correlati sia al metodo usato per eseguire la frattura stessa, sia agli eventuali trattamenti chimici cui il preparato viene sottoposto che alla composizione stessa della membrana in esame. Tali variabili devono quindi essere ben note e considerate attentamente nella fase di interpretazione delle immagini. Un altro fattore che può influire sul processo di frattura è costituito dalla temperatura del preparato; questa può essere regolata a seconda del valo-

~ i ~ . 9. - Ininiagini al microscopio elettronico d i ccllulr prrprratr con la tecnica dcl freeze-fr.cturiir(l in cui la frattura è avvenuta nei tre modi indicati in Fig. 8. A: faccia d i frattura prutoplnsrnatica (PF). tì: frattura attraverw la cellula. C: faccia di frattura esterna (EF)

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I:ig. 1U. - ScIwni ddla fmltiira ,4liavi,rso iinii mmilirniir iii

cui sona indicate le particelle di mcmbrana e Ic varie superfici C facce di frattura con rclativa nomrnclalura

re di vuoto a cui si lavora e se si vuole eseguire o meno l'eventuale, successiva fase di etclting.

Etching. - Come abbiamo visto in preredenza, i l pro- cesso di frattura del campione congelato evidenzia su- perfici che ne rivelano i principali dettagli strutturali. Le strutture pii1 minute possono tuttavia non esscrc rivelabili in quanto ricoperte da un sottile strato di ghiaccio ed inoltre è possibile osservare solo qiiellr stmt- tnre che siano presenti sulle facrr di frattura. Yel caso delle membrane. per esempio, sarebbe possihile visua-

lizzare solo i componenti interni alla membrana e non quelli eventualmente presenti sulle sue superfici esterne. E' possibile esporrc ulteriori elementi striithiraii al finc di ricavare dalla replica una maggior mole di informa- zioni, facendo suhlimare un sottile strato di ghiaccio superficiale dello spessore di alcuni nanometri. Questa sublimazione produce una sorta di "erosione" della superficie di frattura da cui il nome di freeze-etching dato originariamente a qiicsta tecnica. 1,'entità della suhlimazione dipendc dalla temperatura del campione C

dal valore del vuoto. La rimozione dei ghiaccio awiene infatti solo sc la sua pressione di saturazione è maggiore della pressione parziale nella camera da vuoto e la pressione di saturazione è funzione della temperatura. Se iiivecc P maggiore la pressione parziale, si ha deposizione delle sostanze conteniitc nella camera sulla superficie Frcdda frattiirata. Ad iina pressione di 10W6 Torr i prin- cipali costitiirnti dcl viioto sono H,O, H2, W,, CO, 0 2 e gli idrocarburi provenienti dallr pompe. Alla tempera- tura del preparato di -1 00 o C, condensano essenzial- mente gli idrocarhnri; scendendo a -120 " C l'acqua di- venta la maggior fonte di contaniinazione esscndo a que- sia L<!nipwa~iira la stia ~in:ssione di satiiraxione di IO7 'I'orr. 1.ktching deve quindi essere eseguito tra -110 'C C -100 " C. .Al di sopra di -90 o C infatti inizia la n-

Fig. 11. - Particolure dclla faccia di flrttiira protupiasniitica (W') de,lla n~wirbraiia citoplamnatica di un fibroblasto iti c a l l u r ~ . I.? parti. ecllr di mrmbrann mnu chiaramente v i s ib i l i (200 .000~)

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i:ristallizzazione del preparato mentre al di sotto di -110 " C si avrebbe deposizione di acqua (brinamento dei vapori di H20 sulla superficie fredda fratturata) an- ziché sublimazione. Se si volesse lavorare a temperature più basse senza avere contaminazioni eccessive è neces- sano ricorrere a vuoti molto più spinti. A l@'' Torr, per esempio, non si ha praticamente condensazione sulla superficie del preparato anche se la sua temperatura è inferiore a -200 "C.

Generalmente I'etching viene eseguito ad una tempe- ratura del campione di -100 " C, con un vuoto di circa lo-' 'Torr e con il braccio del microtomo (-180 " C), avente la funzione di "trappola fredda", posto a bre- visaima distanza sopra il preparato. In queste condi- zioni si può raggiungere una profondità di etching di 90-100 nm in un minuto.

L'etching consente tra l'altro, come detto preceden- temente, la nsualizzazione delle superfici esterne dclle membrane. In Fig. 12 è riportato lo schema della frattu- ra attraverso una membrana in cui è visibile, oltre alla faccia di Frattura protoplasmatica (l'l:), la superficie esterna della membrana (ES) esposta dopo I'etchinp in seguito all'abbassamento del livello del ghiaccio. Analo- gamente è possibile osservare la superficie protoplama- tica (I'S) nel caeo in cui la frattura segua il piano concavo dclla membrana.

La Fig. 1 3 mostra iin particolare di una cellula di Escherichin coli osservata dopo FF. L'esecuzione dcl- l'etching (circa 2 min) consente l'osservazione sia della faccia di Frattura protoplasmatica (PF) della membrana citoplasmatica, sia della superficie esterna (ES) dclla membrana esterna dell'involucro cellulare.

Anche la fase di etching può introdurre fattori che possono complicare l'interpretazione delle immagini. In particolare bisogna tenere conto della possibilità di contaminazioni della superficie di frattura durante il tempo di etching, delle possibili variazioni ultra- strutturali conseguenti alla sohlimazione del ghiaccio e del diveno comportamento tra zone sublimabili e quelle che, essendo prive di acqua, non subiscono I'etching. Va infine ricordato che I'etching non av- viene, o awiene solo in misura trasciirabile, nel caso in cui il campione sia infiltrato con crioprotettivi che.

Vig. 12. - Si:iii.tna di iiiu iniimlirani Iratturuta in cui è visibile, oltre alla isccia di f ra t lur~ protoplasrnatica (PF), la superficie esterna della membrana (ES) csposta in seguito al processo di etchiny. L, : livello del kiiaceio nihita dopo la frattura: L , : livella del ghiaccio dopo I'rtchiiig; I?dP: particelle inhamem-

brnnuse:Cil: eitoplasnra

Vig. I:{. - Cdliilr iii I-diwi,:hk d i osservata dopo frar:e-

fmcturiry: L'i:sceuzione dcll'etching (circa 2 minuti) ha permea- 80 la visiializeazione sia dclla faccia di frattura protoplasmatiu

( P F ) della membrana citoplasmatica che appare ricca di parti- celle, sia della superficir esterna (ES) de!la membrana esterna dell'involucro ccllulare. Sulla ES, che appare relativamente

liscia, sono ben visibili i flagelli ( 6 0 . 0 0 0 ~ )

legandosi all'acqua, ne impediscono la siiblimaeione. In questo caso, soprattutto se non si dispone di una trappo- la fredda intorno al preparato o se non si lavora con un vuoto molto spinto, è consigliabile ridurre al minimo il tempo di etching, che provocherebbe solo contamina- zione, o megiio ancora evitarlo del tutto iniziando le evaporazioni per la produzione della replica immediata- mente dopo la frattura.

Ombraturn e formazione del& replica - La frattura e I'etching producono una superficie contenente "rilie- vi" e "awallamenti" di varie dimensioni corrispon- denti a dettagli morfologici ed ultrastmtturali offrendo in tal modo informazioni tridimensionali del campione. Scopo delle evaporazioni è qiiello di produrre una replica, il più possibile fedele della faccia di frattura, i cui dettagli possano essere convenientemente osservati al microscopio elettronico. La replica deve quindi avere le seguenti caratteristiche: buon contrasto, cioè sufficiente densità elettronica; minimo spessore, per sfmttare al massimo il potere risolutivo del microscopio elettronico; granulosità molto sottile, per non nascondere i dettagii ultrastmttiirali più minuti; sufficiente resistenza mecca- nica e massima insolubilità, perché non venga danneggia- ta durante la successiva fase di lavaggio in cui i residui organici vengono rimossi dalla replica mediante oppor- tuni solventi.